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IDRAULICA AMBIENTALE
Maurizio Brocchini
Maurizio Brocchini
Tel.: 010 353 2471, e-m.: brocchin@diam.unige.it, Ricevimento: martedı̀ 16-18 presso DIAM
2
1 FONDAMENTI
I meccanismi che conducono al mescolamento in ambiente flui-
do di traccianti passivi (soluti non reattivi) si differenziano in
funzione delle caratteristiche del moto del fluido stesso.
Schema dei processi di mescolamento
Proprietà del Moto Meccanismi di Mescolamento
Quiete (v = 0) Diffusione molecolare
Laminare (Re < Rec ) e Uniforme (∇v = 0) Diffusione molecolare+Convezione
Laminare (Re < Rec ) e Disuniforme (∇v 6= 0) Diff. molec.+Convezione+Dispersione
Turbolento (Re > Rec ) e Mediamente uniforme (∇V = 0) Diff. molec.+Convezione+Diff. turbolenta
Turbolento (Re > Rec ) e Mediamente disuniforme (∇V 6= 0) Diff. molec.+Convezione+Diff. turbolenta
+Dispersione
² x
∂c
Con questa scelta di ² si evidenzia bene che ∂x < 0. Impossibile per ² molto grande.
3
CAPITOLO 1. FONDAMENTI 4
3. Flusso di massa
(a) Il flusso di massa assoluto di A è q A tale che
q A·n∆S∆t sia la massa ∆MA che attraversa l’elemento
di superficie ∆S di normale n in un tempo ∆t cioè:
n qA
∆MA ≡ q A ·n∆S∆t.
∆S
Ma essendo ∆V = v A ·n∆S∆t il volume di A che at-
traversa ∆S nel tempo ∆t, ed essendo, per definizione,
∆MA = cA∆V ne segue:
cA |(v A ·n∆S∆t)
{z }
= ∆MA ≡ q A ·n∆S∆t
(∆V )
cioè q A = cA v A . (1.4)
(b) Il flusso di massa relativo q̂ A si definisce in analogia a
v̂ A: q̂ A ≡ cAv̂ A = cA (v A − v̄) .
lim c(x, t) = 0
x6=0,t→0
lim c(0, t) = ∞
t→0
π dλ λ λ=1 π 2 λ λ=1
(iv) dalle (2.11) si determina la varianza σZ2:
R∞ ∞
2R∞
R∞
2
2
−∞ x cdx−2µ xcdx+ µ −∞ cdx% %
−∞ (x−µ) cdx −∞
σ2 ≡ =
M0 M0
M2 2MDt
= = = 2Dt (2.11e)
M0 M
CAPITOLO 2. LA DIFFUSIONE MOLECOLARE (QUIETE) 13
Note:
• la (2.11d) mostra che la regione spaziale su cui c(x, t) è si-
gnificativa (di ampiezza σ 2) cresce linearmente con D e t;
• si dimostra che tutti i momenti pari sono funzione di σ 2;
dσ 2
• dalla (2.11d) è chiaro che = 2D. (2.12)
dt
Quest’ultimo risultato è molto più generale e vale per ogni
funzione che soddisfa la (2.4) e tale che
n n ∂c
lim x c = 0, x→±∞ lim x = 0 ∀ n. (2.13)
x→±∞ ∂x
Infatti moltiplicando la (2.4) per x e integrando:
Z ∞ Z ∞ Z Z ∞
∂c ∂ 2c d ∞ ∂ ∂c
x dx =D x 2 dx =⇒ xcdx =D x −cdx
−∞ ∂t −∞ ∂x dt | −∞{z } −∞ ∂x ∂x
∞
1 =M
dM1 ∂c dµ
=⇒ = D x −c
=(2.13)= 0 =⇒ M = 0 cioè
dt ∂x −∞ dt
µ = cost. (2.14)
Analogamente moltiplicando la (2.4) per x2 e integrando:
Z ∞ Z ∞ 2 Z ∞ Z ∞ Z ∞
∂c ∂ c d ∂ ∂c
x2 dx=D x2 2 dx =⇒ x2cdx=D 2
x −2xcdx+2D cdx
−∞ ∂t −∞ ∂x dt|−∞ {z } −∞ ∂x ∂x −∞
∞ =M2
dM2 2 ∂c d(M0σ 2)
=⇒ =Dx −2xc +2DM=(2.13)=2DM =⇒
=2DM
dt ∂x −∞ dt
dσ 2 dσ 2
=⇒ M = 2DM =⇒ = 2D. (2.15)
dt dt
Cioè la varianza di una qualsiasi distribuzione c limitata nel
senso di (2.13) cresce con t alla velocità 2D indipendentemente
dalla sua forma specifica.
3 ESTENSIONE APPLICABILITÀ
SOLUZIONE FONDAMENTALE
Si analizzano alcuni casi specifici di Soluzione fondamen-
tale in funzione di particolari condizioni iniziali/al contorno.
x
CAPITOLO 3. ESTENSIONE APPLICABILITÀ SOLUZIONE FONDAMENTALE 17
L L x
M M M M M x
−4L −2L −L L 2L 4L
(a) (b)
(c)
(d)
3.4 La diffusione 2D
x
√
4Dxt
3.5 La diffusione 3D
tale che
dM = c0(ξ, η, ζ)dξdηdζ
è la massa immessa istantaneamente nel generico punto (ξ, η, ζ)
[si veda (3.2)-(3.3)]. Quindi, in analogia alla (3.4), si ottiene la
soluzione al generica tempo t come:
"Ã ! Ã ! Ã !#
Z ∞Z ∞Z ∞ (x−ξ)2 (y−η)2 (z−ζ)2
1 − 4Dx t + 4Dy t + 4Dz t
c(x,y,z,t)= 3r dξ dη c0(ξ,η,ζ)e dζ.
(4πt) DxDyDz −∞ −∞ −∞
2
(3.15)
Se, invece, la condizione assegnata impone l’immissione di
una portata massica per unità di volume Ṁ = Ṁ(ξ, η, ζ, τ ),
[Ṁ] = M L−3T −1 la soluzione è:
Z t Z ∞ Z ∞
1 dτ
c(x, y, z, t) = 3 r 3 dξ dη
(4π) DxDy Dz −∞ (t − τ ) −∞
2 2 −∞
"Ã ! Ã ! Ã !#
Z ∞ (x−ξ)2 (y−η)2 (z−ζ)2
− 4Dx (t−τ ) + 4Dy (t−τ ) + 4Dz (t−τ )
Ṁ(ξ, η, ζ, τ )e dζ.
−∞
Note:
• in questo caso, a differenza della (3.15) che rappresenta
3
un’immissione istantanea, la dipendenza da t 2 compare
come somma integrale su tutti i dτ compresi tra l’inizio
dell’immissione (−∞) e il tempo attuale (t);
• come nella (3.15) al numeratore compare una grandezza di
dimensioni M cioè Ṁdξdηdζdτ ;
• in tutti i casi 2D e 3D la presenza di contorni solidi viene
modellata tramite il ‘metodo delle immagini’ come visto
per il caso 1D.
4 LA DIFFUSIONE-CONVEZIONE
(moto laminare)
Nell’ipotesi
∂c ∂c
= =0
∂y ∂z
la (4.3) diventa
∂c ∂c ∂ 2c
+u = D 2. (4.4)
∂t ∂x ∂x
Se poi si utilizza come condizione iniziale quella di gradino di
equazione (3.5)
c0 = cost. x≤0
c (x)
c0 0
c0(x) =
0
x>0
x
t = t̂ t = 2t̂
c0/2
x
CAPITOLO 4. LA DIFFUSIONE-CONVEZIONE (MOTO LAMINARE) 25
c0 c0
c0
∂c
∂x 6= 0
In realtà esiste anche della diffusione longitudinale causata
dalla disuniformità di c in x. Questa, però, è trascurabile se la
convezione è abbastanza intensa.
Infatti in un tempo prefissato t̂ (qui solo ‘scala temporale’
e non coordinata temporale per la stazionarietà del problema)
il fluido si sposta convettivamente di xC = ut̂ mentre il so-
√
luto diffonde di una distanza xD = Dt̂. =⇒ la diffusione
longitudinale è trascurabile rispetto alla convezione se:
v
u −9 2
uDxC D 10 m /s −9
u
xCÀxD =⇒ x
t̂ = x /u C
Àu
t =⇒ xC À ≈ =10 m (4.7)
C u u 1m/s
CAPITOLO 4. LA DIFFUSIONE-CONVEZIONE (MOTO LAMINARE) 26
r
2
cioè per t̂ tale che: xCÀxD =⇒
x = ut̂
ut̂À D t̂
C
=⇒ t̂ÀD/u .
Dalla (4.7) discende anche che
v v
u v u
u
u D ν D u
u 1
u
u
u
u
t ¿ 1 =⇒ u
u
t =⇒ √ u
t ¿ 1.
uxC uxC | {zν } (1.6)
ReSc
Sc−1/2
δx
u z
y
x
Sorgente Ṁ
La massa (Ṁδx)/u
diffonde come una
sorgente 2D nella
‘fetta’ di spessore δx
Una ‘fetta di fluido’ di spessore δx in moto a velocità u at-
traverso la sorgente si carica di una massa Ṁδξ essendo
δξ = tempo impiegato ad attraversare la sorgente=δx/u.
CAPITOLO 4. LA DIFFUSIONE-CONVEZIONE (MOTO LAMINARE) 28
δx
z
Diffusore y
dη x Diffusione
in direzione z
Sorgente puntuale
dc = e 4Dx = e 4Dx
4πDx 4πDx
e, integrando sulla lunghezza del diffusore (sovrapposizione
degli effetti):
Z Z ∞
ṁdη − ((y−η) +z )u
2 2
c ≡ dc = e 4Dx =
−∞
Z
4πDx
ṁ − z2u ∞ − (y−η)2u
= e 4Dx e 4Dx dη =(Y ≡ (y − η)/p4Dx/u, dη = −p4Dx/udY )=
4πDx v
−∞
u Z ∞
ṁ − z2u u
u 4Dx
−Y 2 ṁ − z2u
= e 4Dx u
t e dY = √ e 4Dx . (4.12)
4πDx u | −∞ {z }
4πDxu
√
= π
5 LA DIFFUSIONE TURBOLENTA:
RICHIAMI DI TURBOLENZA
La diffusione molecolare è importante nel caso di moti laminari.
Ma la gran parte dei moti di fluidi naturali avviene in regime
turbolento =⇒ la diffusione turbolenta è più importante di
quella molecolare. Le 2 differiscono qualitativamente ma, in
opportune condizioni, si può usare per la diffusione turbolenta
lo stesso formalismo già usato per la diffusione molecolare.
5.1 Proprietà dei moti turbolenti
(i) impredicibilità: andamento casuale di v e p.
N ◦ esperimenti (o ‘realizzazioni’)
4
3 umax
umax
2 teorica
Q
Sonda 1
t
Esperimento di Reynolds
(Moto di Pouiselle con Q = cost.) t̂
Macrovortici
‘Turbolenza di griglia’
30
CAPITOLO 5. LA DIFFUSIONE TURBOLENTA: RICHIAMI DI TURBOLENZA 31
Osservazioni:
• i microvortici hanno tempi caratteristici (tempi di rotazio-
ne) molto minori dei macrovortici =⇒ sono statisticamente
indipendenti dalla macroturbolenza e dal moto medio;
• la microturbolenza è isotropa mentre la macroturbolenza
è anisotropa perchè forzata dal moto medio.
L
z
x
x2
t0
P
P
X t > t0
x x1
x3
CAPITOLO 5. LA DIFFUSIONE TURBOLENTA: RICHIAMI DI TURBOLENZA 33
X X
Particelle rilasciate in X a t0 e osservate Particella rilasciata in X a t0 e osservata
in t per 3 diverse realizzazioni. in t: x1 = x(t) − X, x2 = x(2t) − X, ...
5.3 Definizioni
• Media di insieme:
Z ∞
hxii ≡ xip(xi|X, t0, t)dxi; (5.3)
−∞
CAPITOLO 5. LA DIFFUSIONE TURBOLENTA: RICHIAMI DI TURBOLENZA 35
• Momento di ordine k:
Z ∞
hxki i ≡ xki p(xi|X, t0, t)dxi; (5.4)
−∞
• Auto-correlazione:
Z ∞Z ∞
(1) (2) (1) (2) (1) (2) (1) (2)
hxi xi i ≡ xi xi p(xi , xi |X, t0, t1, t2)dxi dxi
−∞ −∞
p(c|x, t)dc
1 XN 1 XN 1 XN
2.ha+λbi= lim (an+λbn)= lim an+λ lim bn= hai+λhbi
N →∞ N n=1 N →∞ N n=1 N →∞ N n=1
(5.12)
la quale afferma che la variazione di k seguendo le particelle
fluide (0) è dovuta a:
(I)= trasferimento di energia dal moto medio a quello tur-
bolento, rappresenta un contributo di produzione di k;
(II)= ridistribuzione di k all’interno di un volume fluido per-
chè il termine è espresso quale divergenza di un tensore;
CAPITOLO 5. LA DIFFUSIONE TURBOLENTA: RICHIAMI DI TURBOLENZA 39
U∞
L
(ii) i vortici alle scale minori sono molto influenzati dalle azio-
ni viscose. A tale scala, detta ‘scala di Kolmogorov’ ηK
si ha trasformazione di energia cinetica in calore cioè una
dissipazione di k in favore di energia termica.
CAPITOLO 5. LA DIFFUSIONE TURBOLENTA: RICHIAMI DI TURBOLENZA 40
Trasferimento di k
(interazione tra vortici)
ηK
Dissipazione di k
in calore
Realizzazione 1
Realizzazione N
t
= punto di immissione = origine del sistema in moto con velocità v
= baricentro della nuvola
41
CAPITOLO 6. LA DIFFUSIONE TURBOLENTA: LE NUVOLE DI TRACCIANTE 42
Realizzazione 1
Realizzazione N
Nuvola Media
i=1
3
X 2
= hl2(t)i + 13 h(x
|
i −h
{z
x̄i i) i} . (6.7)
i=1
(> 0)
Questa esprime formalmente il fatto che la dimensione della
Nuvola Media è maggiore della media delle dimensioni delle
singole nuvole a causa dello scostamento dei baricentri delle
singole nuvole rispetto a quello della Nuvola Media.
t
x̄1
Real. 1
l1(t)
x̄2
Real. 2
l2(t)
x̄N Real. N
lN(t)
2 1
Nuvola Media
N
L(t)
Baricentro Nuvola Media hx̄i
7 LA ‘TEORIA DI TAYLOR’ SULLA
DIFFUSIONE TURBOLENTA
Ha come finalità principale determinare, tramite opportune
ipotesi, le proprietà di L(t).
Dopo aver studiato separatamente le proprietà (cinemati-
che) delle particelle fluide e quelle (dinamiche) delle nuvole di
traccianti si studia il trasporto di massa che genera le nuvole
tramite l’analisi delle proprietà di particelle cariche di soluto.
Si considera l’immissione all’istante t0 nel punto X di N
particelle fluide ognuna con massa m di soluto.
=⇒ la massa totale di soluto immessa è M = N m.
Si definisce il vettore spostamento r tale che:
punto
x2 d’immissione r ≡ x−X (=⇒ dr = dx) (7.1)
r (1) 1
X 2
x(1) x1
x3
Trascurando la diffusione molecolare (molto minore di quella
turbolenta) la massa m di soluto associata ad ogni particel-
la rimane con essa durante il moto. In x la C(x, t) cambia
perchè:
a) cambia la massa totale M al punto di immissione;
b) cambia in x il numero di particelle che, ciascuna, porta m.
Cioè C(x, t) è proporzionale tramite M alla probabilità che
ogni particella partita da X a t0 sia in x a t cioè che abbia
subito uno spostamento r: C(x, t) = Mp(r|X, t0, t). (7.2)
45
CAPITOLO 7. LA ‘TEORIA DI TAYLOR’ SULLA DIFFUSIONE TURBOLENTA 46
L (t) = r
1 + r 2 + r 3 p(r|X, t0 , t)dr =(7.3) =
3
−∞Z Z ∞
1 ∞ 02 02
= r p(r1|X, t0, t)dr1 + r 2 p(r2|X, t0, t)dr2
3 Z −∞ 1
−∞
∞ 02 1 * 0 2 0 2 0 2+
+ r 3 p(r3|X, t0, t)dr3 =(5.4)= r 1 +r 2 +r 3 . (7.7)
−∞ 3
Questo risultato, valido se tutte le particelle sono immesse in
X, può essere generalizzato al caso di una distribuzione iniziale
di C(x, t0) cioè da una nuvola iniziale di volume V0. Infat-
ti immaginando di sovrapporre tante sorgenti puntuali poste
in X ∈ V0 la (7.2) può
Z essere scritta (sovrapposizione degli
effetti): C(x, t) = C(X, t0)p(r|X, t0, t)dX.
V0
Quindi sostituendo nella (7.6), invertendo l’ordine di integra-
zione e cambiando opportunamente l’origine del dominio di
integrazione si ottiene:
ZZ∞
Z Z
2 1 2
0 02
r i C(X, t0)p(r|X, t0, t)dXdx = hr i i+Σ2Xi (t0)
Σxi (t)=
M V0
−∞
(7.8)
CAPITOLO 7. LA ‘TEORIA DI TAYLOR’ SULLA DIFFUSIONE TURBOLENTA 48
2 1 X3 02
= L (t0) + hr i i. (7.9)
3 i=1
Quindi la dimensione della nuvola media al tempo t dipen-
de dalla sua dimensione iniziale L(t0) e della media degli scosta-
menti quadratici delle particelle.
In qualsiasi caso [(7.7)-(7.9)] è necessario calcolare la quan-
02
tità hr i i.
Questo può essere fatto analiticamente solo nel caso di tur-
bolenza omogenea e stazionaria per cui
(7.12)
dove in Sij la media è effettuata allo stesso tempo t mentre in
L
R̂ij componenti (i, j) e istanti (s1, s2) possono essere diversi.
Nell’ipotesi di turbolenza stazionaria la media non di-
pende dall’origine dei tempi ma solo dalla differenza (τ2 − τ1).
Quindi si definisce: z =R̂
}| {
L
ij
0 0
L hvi(τ1; X, t0)vj (τ2; X, t0)i
Rij (τ2 − τ1) ≡ 1 (7.13)
02 02 2
hv (X, t )ihv (X, t )i
i 0 j 0
2 2 1X 3 02 2X 3
02 L
cioè da una
s
diffusività turbolenta prodotto di una scala di
02
velocità hvi i per una scala di lunghezza LLxi .
Per stimare l’entità di DxTi si utilizzano dei valori tipici di
intensità della sturbolenza e di LLxi . Per esempio in un mo-
02 −2 −1
µ ¶
to fluviale: O hvi i = (10
− 10 )m/s, O LLxi = 1m
µ ¶
=⇒ O DxTi = 10−2m2/s À 10−9m2/s = O(D).
8 L’EQUAZIONE DI CONVEZIONE -
DIFFUSIONE TURBOLENTA
L’analisi della diffusione turbolenta ha evidenziato 2 diversi re-
gimi funzione della dimensione dalla nuvola di tracciante (l-L)
rispetto alla dimensione della macroturbolenza (scala lagran-
giana LL). Quest’ultima è la dimensione della macroturbo-
lenza ed è paragonabile alla dimensione della regione di moto
(profondità di fiumi, laghi, mari,...).
Si tratta ora di individuare le metodologie pratiche più op-
portune per descrivere il processo di convezione-diffusione nei
2 suddetti regimi.
54
CAPITOLO 8. L’EQUAZIONE DI CONVEZIONE - DIFFUSIONE TURBOLENTA 55
x2 t0 (1)
x 1 s Si definisce con p(|s|; s0, t, t0)
1 s0 2 2
x (2) la probabilità che una coppia
X(1)X(2)
t > t0 di particelle distanti s0 = |s0| al
x1 al tempo t0 abbia distanza com-
x3 presa tra s e s+ds al tempo t.
Da cui discende la definizione di ‘distanza quadratica media’
Z ∞
hs2i ≡ s2p(|s| |s0, t0, t)ds.
0
Poichè in questo regime la separazione s è controllata dalla
microturbolenza con scale caratteristiche [si veda (5.13)] di-
pendenti da ν e ε risulteràhs2i = f (s0, τ, ν, ε) con τ ≡ t − t0
e applicando il ‘Teorema Π’ con base dimensionale (τ, ε) ([ε] =
2
2 −3 hs i s ν
L T ) si ottiene: 0
3
= f 1 3,
2
.
(8.11)
ετ ετ
2 2 ετ
1
Poichè la scala spaziale di Kolmogorov ηK = (ν 3/ε) 4 è molto
piccola (dell’ordine dei mm negli oceani) è possibile identificare
un particolare regime di moto detto regime intermedio tale
1
che η ¿ s ¿ LL e τ = ν 2 ¿ τ ¿ T L. (8.12)
K 0 K
ε
Quindi, essendo:
• s0 À ηK , la viscosità ν, che agisce solo a scale confrontabili
con ηK , risulterà ininfluente e trascurabile;
• τ > τK , è passato un tempo sufficientemente lungo dal ri-
lascio che la separazione iniziale s0 è dimenticata. [Diver-
so dal tempo necessario perchè una particella dimentichi la
sua velocità iniziale].
CAPITOLO 8. L’EQUAZIONE DI CONVEZIONE - DIFFUSIONE TURBOLENTA 59
dt 2 2
i = hχ i
dt
dhl2i 1 1 2 dhl2i 1 2
=⇒ % 3 =% 2 3
3 C1 ε (3hl i) =⇒
3 3 2 3
= C2ε hl i (8.17)
3
2 2
hχ i = 3hl i
dt dt
2 1
dove C2 = 3 C1 .3 3
a
1 1 1
√ x
a/ 2 2 2 2
= = = =
u u 2ut 2ut
cioè la separazione cresce perchè
2
= r
x(r, t) = u(r)t = 2u 1 − t;
a2
• la diffusione trasversale è tale che per tempi molto lun-
ghi ogni particella ‘visita l’intera sezione Ω’. =⇒ ‘sente’
l’azione convettiva non-uniforme presente in ogni punto.
61
CAPITOLO 9. LA DISPERSIONE LAMINARE. LA TEORIA DI TAYLOR 62
Conv. Long.
a
x
Diff. Trasv.
t0 t0+∆t t0+2∆t t0+3∆t
√ t0 t1 x
a/ 2
t3 t2
=
u
• l’effetto netto è un moto casuale detto ‘random walk’ (la ca-
sualità è dovuta alla diffusione) che sposta, per convezione,
=
le particelle avanti o indietro rispetto alla sezione x = ut.
L’effetto è simile, ma molto più intenso, a quello della
diffusione molecolare in direzione longitudinale.
=⇒ si ipotizza di usare un’equazione di tipo diffusivo [si
veda (2.3)] con coefficiente di dispersione K À D e
funzione del campo di velocità;
• si stima K osservando le analogie a DxT cioè alla diffusività
turbolenta longitudinale. Infatti sia K che DxT sono:
1. molto maggiori di D;
2. funzioni del moto (DxT funzione del moto turbolento
0 =
u = u − hui; K funzione degli scarti ũ0 = u(r) − u).
CAPITOLO 9. LA DISPERSIONE LAMINARE. LA TEORIA DI TAYLOR 63
02
= 2 a2
K = hũ iT L = O
(| u{z) }
. (9.2)
|D
2 {z }
scala di hũ0 i
scala di T L
che comporta:
∂ ∂ξ ∂ ∂ρ ∂ ∂τ ∂ ∂
= + + =
∂x |∂x
{z } ∂ξ ∂x
| {z } ∂ρ ∂x
| {z } ∂τ ∂ξ
=1 =0 =0
∂ ∂ξ ∂ ∂ρ ∂ ∂τ ∂ ∂
= + + =
∂r |∂r
{z } ∂ξ |∂r
{z } ∂ρ |∂r
{z } ∂τ ∂ρ
=0 =1 =0
∂ ∂ξ ∂ ∂ρ ∂ ∂τ ∂ ∂ = ∂
= + + = − u
∂t ∂t
| {z } ∂ξ ∂t
| {z } ∂ρ ∂t
| {z } ∂τ ∂τ ∂ξ
=
= −u =0 =1
∗ =
Dc∗ a2 u
=c
u = 2 =⇒ λ = .
λ a D
Con queste scale si definiscono le seguenti variabili adimensiona-
li: τ τD ξ ξD ρ
T ≡ ∗ = 2 , X ≡ = 2= , η ≡ (9.7)
τ a λ au a
con le quali la (9.5) diventa:
2 2 2
∂c D = µ
2 ∂c D
¶
∂ c D ∂ c1 1 ∂c 1
+u 1 − 2η = = D
=2 + + .
∂T a 2 ∂X a 2 u ∂X a u2 4 2
∂η a 2 η ∂η a2
=
che segue dalla definizione di c
Z Z 2π Z a Z a
= 1 1 2
c≡ cdΩ = 2 cρdρdθ =(∂c/∂θ = 0)= 2 cρdρ
Ω Ω πa 0 0 a 0
Z 1 Z 1 = = Z 1
= ∂ c = ∂c
= (η = ρ/a) = 2 cηdη = 2 +
c g ηdη = +2
c gηdη
0 0 ∂X ∂X 0
Z 1
=⇒ g(η)ηdη = 0.
0
Poichè il membro di sinistra della (9.12) si può scrivere come:
0
00 g 1 d 0
g + = (ηg )
η η dη
la (9.12) diventa: 1 d 0
(ηg ) = (1 − 2η 2).
η dη
Quindi moltiplicando per η e integrando
η2 η4 0
ηg = − + C1.
2 2
Dividendo per η si ottiene
0 η η 3 C1
g (η) = − + .
2 2 η
Ma dalla condizione al contorno (9.13) si ha
0 C1
0 = g (1) = = C1 =⇒ C1 = 0
η η=1
per cui 0ηµ 2
¶
g (η) = 1 − η (9.15)
2
che può essere ancora integrata:
η2 η4
g(η) = − + C2. (9.16)
4 8
CAPITOLO 9. LA DISPERSIONE LAMINARE. LA TEORIA DI TAYLOR 68
0 0 4 8 16 48 2 12
Da cui la soluzione completa per g(η):
η2 η4 1 2 η 4
1
g(η) = − − ossia 4g(η) = η − − . (9.17)
4 8 12 2 3
0
Note Dalle espressioni di g (9.15) e di g (9.17) si desume che:
0
• essendo 0≤η≤1 =⇒ g (η)>0 ∀η =⇒g è monotona crescente;
0 0
• g (0) = 0 (in asse) e g (1) = 0 (alla parete) =⇒ g ⊥ parete;
• 4g(0) = − 13 (in asse) e 4g(1) = − 16 (alla parete).
η
0
g (1) = 0
0
g (0) = 0
− 13 0 1
6 4g, X
Asse centrale
2 2 η η 1 1
(1−2η )gηdη =(9.17)= (1−2η ) − − ηdη = − .
0 0 4 8 12 96
=
Quindi si determina c risolvendo un’equazione del tutto ana-
loga all’equazione di pura diffusione molecolare (2.3):
= =
∂c 1 ∂2 c
= (9.18)
∂T 48 ∂X 2
che ammette una soluzione identica alla soluzione fonda-
mentale (2.8) dove D = 1/48:
à !
2
= C3 (9.19)
− 12X
c (X, T ) = r e T
π T /12
e dove la costante C3 è funzione della massa M immessa.
CAPITOLO 9. LA DISPERSIONE LAMINARE. LA TEORIA DI TAYLOR 70
(9.19)
= =
∂c ∂c
>0 <0
∂X ∂X
T = T̂ fissato
X
1
6 η − 61
− 13 1
3
=
∂c
X, g ∂X
=
∂c
g ∂X Azione diffusione trasversale
• si puó ottenere una legge analoga alla ‘Legge di Fick’ (1.5)
semplicemente calcolando il flusso di massa qx attraverso
una sezione Ω = πa2: qx ≡ Ṁ = Ṁ
Ω πa2
per cui calcolando Ṁ con le soluzioni (9.1) e (9.17)
Z Z 1 =2 =
4u
µ
=¶ 2
µ
= ¶ 1 πa ∂c
Ṁ ≡ c u(r)− u dΩ = 2πa c u(η)− u ηdη = ... = −
Ω 0 48 D ∂ξ
si ottiene Ṁ
=2 =
2u
a ∂c
=
∂c
qx ≡ 2 = − =(9.21)= −K (9.22)
πa 48D ∂ξ ∂ξ
che rappresenta l’equivalente della (1.5) per la dispersione;
CAPITOLO 9. LA DISPERSIONE LAMINARE. LA TEORIA DI TAYLOR 72
U (z)
x
Ū
Analizzando la dispersione per ‘tempi lunghi’ (t À T L) dopo
il rilascio si usa un’equazione di convezione-diffusione (8.8) in
cui la diffusività turbolenta non dipende da t. Per quanto già
visto si trascura la diffusione longitudinale e, quindi:
∂C ∂C ∂ T ∂C
+ U (z) = D
z . (10.1)
∂t ∂x ∂z ∂z
Utilizzando un riferimento in moto con velocità media sulla
profondità Ū , cioè la trasformazione:
z
ξ = x − Ū t, η = , τ = t
Y
73
CAPITOLO 10. LA DISPERSIONE TURBOLENTA. LA TEORIA DI ELDER 74
Ipotesi
Se non esplicitamente specificato il contrario si considerano
moti
1. di un fluido di densità costante (ρ =cost.);
2. bidimensionali (piani o assialsimmetrici):
V= [U (x, y), V (x, y), 0], ovvero V= [U (x, r), V (x, r), 0] (11.1)
3. mediamente stazionari (∂V/∂t = 0);
4. evolvono lentamente procedendo verso valle cioè:
∂V ∂V ∂V ∂V
¿ , ovvero ¿ (11.2)
∂x ∂y ∂x ∂r
5. non forzati dall’esterno cioè in assenza di gradienti di pres-
sione e temperatura.
Scale
Le equazioni dinamiche (in particolare l’equazione di Rey-
nolds 5.11) possono essere semplificate determinando l’entitá
dei termini fondamentali sulla base delle seguenti scale:
U0= scala delle velocità in direzione longitudinale (distante), (11.3a)
Um= scala delle variazioni di velocità in direzione longitudinale,(11.3b)
(locale),
˜ scala di lunghezza in direzione trasversa
l=
= distanza dall’asse a cui U è una frazione prefissata di Um, (11.3c)
L̃= scala di lunghezza in direzione longitudinale
= distanza per cui si ha una significativa variazione di U . (11.3d)
CAPITOLO 11. LA TURBOLENZA LIBERA 79
Figura 11.1: Descrizione grafica di moti 2D a turbolenza libera. Dall’alto verso il basso una Scia,
un Getto e uno Strato di Transizione. Adattatamento da Tennekes & Lumley (1972).
CAPITOLO 11. LA TURBOLENZA LIBERA 80
ρ ρ r
e dove
02 02
P∞ = r→∞
lim P (x, r) e hv i∞ = r→∞
lim hv i(x, r) = 0.
Il caso di Getti+Strati
Poichè Ũ = Um (si veda 11.4c) l’equazione che determina
l’intensità relativa della turbolenza in funzione delle
v
scale di
u
lunghezza diventa: q 2 ˜
l q u ˜
u
u l
2
= O
=⇒
= O u
t
(11.22)
Um L̃ Um L̃
per cui i due termini convettivi della componente−x dell’e-
quazione di Reynolds (11.18) (si veda anche 11.20) sono dello
stesso o.d.g. e i termini viscosi sono trascurabili rispetto alle
2
tensioni di Reynolds per 1 q 2 l˜ l˜
¿ = . (11.23)
RL̃ Ũ Um L̃ L̃2
In definitiva l’equazione approssimata diventa:
0 0
∂U ∂U 1 ∂(rhu v i)
U +V + = 0. (11.24)
∂x ∂r r ∂r
Nel caso specifico dei Getti si ottiene una variabile conser-
vata di fondamentale importanza. Moltiplicando per r l’equa-
zione del moto e utilizzando l’equazione di continuità si ha la
seguente forma conservativa:
2 0 0
∂(rU ) ∂(rU V ) ∂(rhu v i)
+ + =0 (11.25)
∂x ∂r ∂r
che può essere direttamente integrata su 0 < r < ∞ ricordando
0 0
che per definizione limr→∞ U = limr→∞ V = limr→∞ hu v i = 0:
Z ∞ 2
Z
∂(rU )
∂ 0 0
∂ ∞ 2 ∂M
0 = + [(rU V )+(rhu v i)]dr= rU dr =⇒ =0
0 ∂x ∂r ∂x 0 ∂x
Z Z (11.26)
∞
2
dove M ≡ ρU dΩ = 2πρ rU 2dr = flusso di q.d.m. del Getto.
Ω 0
CAPITOLO 11. LA TURBOLENZA LIBERA 85
˜
P (x, r) P (x, η l(x))
P̃ (x, η) ≡ = . (12.1b)
P0(x) P0(x)
Se la proprietà scalata P̃ è indipendente esplicitamente da x
cioè se esiste P̃ (η) tale che P̃ (x, η) = P̃ (η) allora si dice che
P (x, r) è autosimilare e: P (x, r) = P0(x)P̃ (η). (12.2)
• È importante definire opportunamente le scale l e P0 che,
solitamente, dipendono da x come potenze del tipo xn;
• la validità dell’ipotesi autosimilare si determina usando solu-
zioni tipo (12.1) nelle equazioni ed esaminando la consisten-
za dei risultati;
• una soluzione autosimilare è caratterizzata da m sca-
le di grandezza con m = dimensione del problema (ad
esempio l˜ e P0 per moto 2D).
86
CAPITOLO 12. LA SOLUZIONE AUTOSIMILARE 87
Figura 12.1: Il Getto può ammettere soluzione autosimilare a partire dal punto x = xa posto a valle
della regione interessata dal moto irrotazionale. Adattamento da Tennekes & Lumley (1972).
Figura 12.2: Soluzione autosimilare per U : (a) confronto tra valori osservati e di soluzione autosimila-
re di U/Um (x); (b) evoluzione del profilo di velocità U/Ui a diverse sezioni a valle di xa . Adattamenti
da Townsend (1976) e Pope (2000).
CAPITOLO 12. LA SOLUZIONE AUTOSIMILARE 88
l˜ ∝ L̃ ∝ x
u
=O u
t
,
ma q ∝ Um =⇒ (12.6)
Um L̃
˜
l(x) 0.64
U/Ua
lG(x) e−1 = 0.3679
η
Figura 12.3: Soluzione esatta (—) di equazione (12.20) e approssimazione gaussiana (−−) di
equazione (12.23).
|
L̃
{z } | {z } | {z } l˜ }
| {z
|{z}
(IV )
(0) (I) (II) (III)
˜ Ũ q 2):
e, moltiplicando per l/(
˜
l
q
1
[1]
[?] (12.27)
L̃ |{z}
| Ũ
{z }
R˜l |{z}
(I)
| {z } | {z } (IV )
(0) (II) (III)
dove
β
˜
Ũ l ˜
q l
R˜l ≡ e = con β > 0 (β = 1/2 per i Getti).
ν Ũ L̃
(12.28)
CAPITOLO 12. LA SOLUZIONE AUTOSIMILARE 96
V /Ua
η
Figura 12.4: Soluzione autosimilare per V di equazione (12.31).
Figura 12.5: Il bilancio tra i termini di (12.30). Le grandezze sono normalizzate con Ua e lG
(adattamento da Panchapakesan & Lumley, 1993).
99
CAPITOLO 13. ENTRAINMENT, MIXING E TRASPORTO DI MASSA 100
t
I(x̂, η̂, t)
1
t
Figura 13.1: Rappresentazione schematica di un moto intermittente: (a) posizione dell’interfaccia
nel tempo ad un punto spaziale x = x̂ prefissato, (b) funzione di intermittenza corrispondente.
CAPITOLO 13. ENTRAINMENT, MIXING E TRASPORTO DI MASSA 101
η
3σ hζ(x)i
γ
γ=1 x
Figura 13.2: Fattore di intermittenza in un moto a T.L.
CAPITOLO 13. ENTRAINMENT, MIXING E TRASPORTO DI MASSA 102
lG
CAPITOLO 13. ENTRAINMENT, MIXING E TRASPORTO DI MASSA 103
106
CAPITOLO 14. FENOMENI DENSO-MECCANICI 107
14.1 I Pennacchi
14.1.1 I Pennacchi Caldi
∆T ∆W
Figura 14.3: Descrizione grafica del moto di un Pennacchio Caldo tipo Termica. Adattamento da
Tennekes & Lumley (1972).
CAPITOLO 14. FENOMENI DENSO-MECCANICI 108
14.1.2 Le equazioni
L’approssimazione di Boussinesq consiste nel sostituire ρ = ρ0
in tutti i termini dell’equazione del moto tranne che nel ter-
mine gravitazionale in cui invece si usa l’equazione di stato
linearizzata:
ρ = ρ0 [1 − α(T − T 0)] (14.1)
in cui T 0=temperatura
à !
di riferimento, ρ0=ρ(T 0) =densità a T 0
e α = − ρ1 ∂∂ρ
T P =cost = coefficiente di dilatazione isobara.
Tale approssimazione vale per piccoli valori del numero di
Mach e per piccole variazioni di densità [(ρ − ρ0)/ρ0 ¿ 1].
Utilizzando la pressione dinamica media Pd invece di quella
totale P ed ipotizzando il mezzo gassoso (α = 1/T 0) l’equa-
zione di Reynolds diventa:
0 0
∂Vi ∂hv iv j i 1 ∂Pd ∂ 2Vi hT i − T 0
Vj + + −ν 2 −g δi3 = 0.
∂xj ∂xj ρ0 ∂xi ∂xj T0
(14.2)
A questa si aggiungono l’equazione di continuità e l’equazio-
ne di trasporto di hT i:
∂Vj
=0 (14.3)
∂xj
∂hT i ∂hθvj i ∂ 2hT i
Vj + −K =0 (14.4)
∂xj ∂xj ∂x2j
dove θ= fluttuazione turbolenta di T e K= diffusività termica.
[Il termine diffusivo proviene da un legame costitutivo noto
CAPITOLO 14. FENOMENI DENSO-MECCANICI 109
∆S ∆W
Y
Asse
Y <b<Λ Λ
e i regimi del mescolamento si definiscono confrontando la
dimensione (l, L) della nuvola di inquinante con tali scale.
D ≈ Dy ¿ D
x z
x ∂x ∂x ∂y ∂y ∂z ∂z
(15.5)
2) Campo intermedio: x(L = Y ) < x < x(L = b)
In questo caso si ha il completo mescolamento verticale cioè
(L > Y ) e, quindi, è lecito anche teoricamente l’uso dello
schema diffusivo di Fick. Due sono le semplicazioni proposte.
Nel caso di sorgente lineare verticale e stazionaria è possibile
semplificare la (15.2) osservando che:
U z
y
∂ T ∂C ∂ T ∂C ∂ T ∂C
D ≈ D ¿ Dy
x z
x ∂x ∂x ∂z ∂z ∂y ∂y
(15.6)
Ma una semplificazione ancora più efficace si ottiene osser-
vando che in questo regime C ha debole dipendenza da z
e, quindi, è opportuno usare un’equazione di convezione-diffusione
ottenuta integrando la (15.2) in z.
CAPITOLO 15. IL MESCOLAMENTO NEGLI ALVEI NATURALI 120
z LV
y z0 Campo vicino
121
CAPITOLO 16. IL CAMPO VICINO: SOLUZIONE PER SORGENTE LINEARE 122
| ∂t
{z } ∂x | {z∂y } | {z∂z } ∂x| {z∂x } ∂y| {z∂y } ∂z ∂z
∂/∂t=0 (15.3) (15.3) (15.5) (15.5)
(16.3)
CAPITOLO 16. IL CAMPO VICINO: SOLUZIONE PER SORGENTE LINEARE 123
Ma
Z ∞ Z ∞ 2
C1 − (z−zT) Ū 0
C∞ = r e 4D̄z x . (16.9)
b 4πD̄zT xŪ
La presenza della superficie libera a z = Y e del fondo a
z = 0 si mette in conto tramite il Metodo delle sorgenti
immagine. Quindi, la condizione di flusso di massa nullo ai
contorni
∂C∞ ∂C∞
(z = 0) = (z = Y ) = 0
∂z ∂z
si impone introducendo delle sorgenti fittizie che bilanciano il
flusso di massa di Ṁ/b attraverso i contorni. Tramite una
procedura analoga a quella usata per ottenere la (3.10) si
ottiene
∞
X
C(x, z) = C∞(x, z ± z0 + 2nY ). (16.10)
n=−∞
%̇
M ∗ %̇
M −
(z ∗ )2
=⇒ C∞ = √ e 4x∗
Ū%
Yb %b 4πx∗ Y%Ū
∗ 1 (z ∗ )2
=⇒ C∞ (x∗, z ∗)
=√ ∗
e− 4x∗ (16.12)
4πx
Con questa soluzione adimensionale è possibile visualizzare
la soluzione totale in maniera indipendente dalle scale del pro-
blema. Dalle figure 16.1 e 16.2 si possono desumere alcune utili
informazioni:
1. per z0∗ = 0.5 la distribuzione verticale di C ∗ è simmetrica;
2. il picco di C ∗, che per X ∗ = 0 è in corrispondenza della
sorgente tende a spostarsi verso il fondo se 0 ≤ z0∗ ≤ 0.5
(cioè se la sorgente è posizionata al di sotto di Y /2) e verso
la superficie libera se 0.5 ≤ z0∗ ≤ 1 (cioè se la sorgente è
posta al di sopra di Y /2).
CAPITOLO 16. IL CAMPO VICINO: SOLUZIONE PER SORGENTE LINEARE 126
Figura 16.1: Linee a C ∗ costante relative all’efflusso da una sorgente distribuita lineare (modello a
coefficienti costanti). z0∗ = 0 (alto) e z0∗ = 0.25 (basso).
CAPITOLO 16. IL CAMPO VICINO: SOLUZIONE PER SORGENTE LINEARE 128
Figura 16.2: Linee a C ∗ costante relative all’efflusso da una sorgente distribuita lineare (modello a
coefficienti costanti). z0∗ = 0.33 (alto) e z0∗ = 0.50 (basso).
CAPITOLO 16. IL CAMPO VICINO: SOLUZIONE PER SORGENTE LINEARE 129
Figura 16.3: Grado di miscelamento in funzione della distanza a valle di una sorgente (lineare)
distribuita nel modello a coefficienti costanti. La sorgente localizzata alla quota (adimensionale) z0∗ .
Sopra la scala per x∗ è lineare, sotto logaritmica.
Figura 16.4: Confronto fra i profili di concentrazione nei modelli a U e DzT costanti (- - -) e variabili
(—) con Cf ≈ 0.037.
Per alveo scabro i risultati delle due soluzioni sono molto simili
ma il picco di concentrazione è più spostato verso il fondo nel
caso di soluzione a coefficienti variabili. Questo induce a stu-
diare i meccanismi che determinano la quota di Cmax.
CAPITOLO 16. IL CAMPO VICINO: SOLUZIONE PER SORGENTE LINEARE 132
U, C
In definitiva, se il trasporto convettivo non è trascurabile ri-
spetto a quello diffusivo (U ≈ 0, caso raro), Cmax si sposta
sempre verso il fondo: [z(Cmax)]c.v. < [z(Cmax)]c.c.
CAPITOLO 16. IL CAMPO VICINO: SOLUZIONE PER SORGENTE LINEARE 133
0.60
modello a c.v.
0.55
(z0∗ )ott modello a c.c.
0.50
0.45
0.00 0.05 0.10 0.15 0.20 0.25 0.30
f = 8Cf
Figura 16.5: Andamento di (z0 )ott di scarico nei modelli a c.c. e a c.v., in funzione di f = 8Cf .
Figura 16.6: Linee di isoconcentrazione nel caso del modello a coefficienti variabili (— Cf =
0.00125, Ū /u∗ = 28.3; - - - Cf = 0.0375, Ū /u∗ = 5.16).
0.8 2
0.6
1
z0∗
0.4
0.2 2
0.0
0.00 0.05 0.10 0.15 x∗ 0.20 0.25 0.30
Figura 16.7: Confronto fra le distanze necessarie al raggiungimento di un grado di miscelamento 0.8
nel modello a c.c. (—), in quello a c.v. liscio (- - -) e in quello a c.v. scabro (- . - . -).
17 MISCELAMENTO VERTICALE A
VALLE DI UNA SORGENTE
PUNTUALE
È il caso di figura qui sotto e si distinguono due condizioni:
b
Y
LT
Campo intermedio
LV
Campo vicino
| ∂t
{z } ∂x | {z∂y } | {z∂z } ∂x| {z∂x } ∂y ∂y ∂z ∂z
∂/∂t=0 (15.3) (15.3) (15.4)
(17.1)
Quindi l’equazione semplificata è
∂C ∂ T ∂C ∂ T ∂C
U = Dy + D
z
∂x ∂y ∂y ∂z ∂z
di cui si studia la soluzione nel caso di coefficienti costanti:
U = Ū , DyT = D̄yT , DzT = D̄zT .
Per cui l’equazione da risolvere è
2 2
∂C T∂ C T∂ C
U = D̄y 2 + D̄z 2
∂x ∂y ∂z
135
CAPITOLO 17. MISCELAMENTO VERTICALE A VALLE DI UNA SORGENTE PUNTUALE136
C∞(x, y, z) = r T x/Ū
e 4D̄z x s e 4D̄y x
|
4π D̄z {z }
4π D̄ T x/Ū
y
| {z }
Diffusione verticale
Diffusione trasversale
R∞
Nella (16.9) si è calcolata C1 imponendo = Ṁ/b. −∞ C∞ U dz
Qui, imponendo che la massa di soluto immessa è Ṁdt =
Ṁdx/Ū [si veda anche (4.11)], si calcola la costante C1C2:
Z ∞Z ∞
Ṁ = C∞U dydz =(Per esercizio)= C1C2Ū =⇒ C1C2=Ṁ/Ū .
−∞ −∞
Da cui
Ū (z−z0 )2 + (y−y0 )2
Ṁ − 4x
D̄zT D̄yT
Ṁ
C∞(x, y, z)= s e = s f(x, y)g(x, z).
T T
4π D̄y D̄z x T T
4π D̄y D̄z x
Come al solito la soluzione in un dominio limitato si ottiene
usando il metodo delle sorgenti immagine. In questo
caso il dominio è limitato in z = 0 (fondo), z = Y (superficie
libera) e y = 0, b (sponde):
Ṁ
C(x, y, z) = s F (x, y)G(x, y) (17.2)
T T
4π D̄y D̄z x
dove
∞
X ∞
X
F (x, y) ≡ C∞(x, y±y0+2nb), G(x, z) ≡ C∞(x, z±z0+2nY ).
n=−∞ n=−∞
La soluzione (17.2), in forma adimensionale, è illustrata in
figura 17.1 per sorgente posta in (x0, y0, z0) = (0, b/2, Y /2).
0.6
30
z*
0.5
700
CAPITOLO 17. MISCELAMENTO VERTICALE A VALLE DI UNA SORGENTE PUNTUALE137
200
40
0
0.4
10
70
50
0.3
0.2
0.1 30
0 −2 −1
10 10
x*
Figura 17.1: Distribuzione delle linee di isoconcentrazione nel piano y = 0.5b per una sorgente
puntuale localizzata, con y0∗ = z0∗ = 0.5 e b/Y = 50. Si assunto inoltre D̄yT /D̄zT = 2.
0.2 U ρ
0.0
0.0 0.5 1.0 1.5 2.0 2.5 3.0 3.5 4.0 ∆ρ U, ρ
Figura 17.2: Sinistra: illustrazione della relazione (17.4). Destra: definizioni per Ri approssimato.
Stima di D̄xT e Kx
Questi valori si ottengono direttamente dalla ‘Teoria di El-
der’ [si vedano equazioni (10.7) e (10.9)]:
Stima di D̄yT e Ky
La determinazione di questi parametri è più complessa e
connessa alla complessità del moto in un canale naturale.
Pennelli
d
w
z Moto Primario/Thalweg
(Ū , V̄ )
Moto Secondario
z
y
x
Sponda Sponda
Esterna Interna
V˜ 0 = V˜ 0 (z)
CAPITOLO 18. IL CAMPO INTERMEDIO: IL MESCOLAMENTO TRASVERSALE 144
Stima di D̄yT
Ovviamente, come D̄xT , anche D̄yT scala con u∗ e Y , cioè:
D̄yT ∝ u∗Y ossia D̄yT = αu∗Y
si determina α tramite esperimenti specifici.
Misure in canali rettilinei
Si utilizzano per ridurre gli effetti dei moti secondari e, quin-
di, rendere Ky ¿ D̄yT per poter determinare solo D̄yT . Si no-
ti che nella (18.10) i due contributi compaiono insieme come
(D̄yT + Ky ) e, quindi, è difficile separarne gli effetti.
Gli esperimenti di Webel & Schatzmann (1984), effetuati in
canali rettilinei a sezione rettangolare, hanno mostrato che
(D̄yT+ Ky ) α = f (Cf ) (regime liscio)
= (18.12)
u∗Y α ≈ 0.13
(regime scabro).
Poichè Ky è funzione dei moti secondari mentre D̄yT solo
della turbolenza cioè D̄yT = D̄yT (Cf ), il fatto che D̄yT + Ky
dipende da Cf come D̄yT indica che effettivamente D̄yT À Ky
cioè che la (18.12) è in realtà:
D̄yT
α = f (Cf ) (regime liscio)
≈
u∗Y α ≈ 0.13
(regime scabro).
Dal punto di vista operativo
D̄yT D̄zT
= (0.13 − 0.15) =(18.11)= (2.0 − 2.2) (18.13)
u∗Y u∗Y
ad indicare l’anisotropia dovuta a macrovortici con dimensioni
trasverse maggiori di Y .
CAPITOLO 18. IL CAMPO INTERMEDIO: IL MESCOLAMENTO TRASVERSALE 146
Stima di Ky
Si analizza l’influenza dei fenomeni (a), (b) e (c) su Ky .
Effetto di (a) (Y = Y (y)). Si misura D̄yT +Ky in canali a
sezione rettangolare e trapezia. Nei primi ∂Y
∂y = 0 viceversa
nei secondi ∂Y∂y =cost6= 0. Per sezioni trapezie:
D̄yT+Ky (18.12) µ T ¶ µ
T
¶
0.15 ≤ ≤ 0.30 =⇒ D̄y +Ky trapezia ≈ 2 D̄y +Ky rettang.
u∗Y
La dispersione Ky dovuta a ∂Y ∂y tende a raddoppiare D̄y
T
.
Effetto di (b) (b = b(x)). In canali rettilinei rettangolari con
pennelli artificiali risulta:
D̄yT+Ky µ
T
¶ µ
T
¶
0.30 ≤ ≤ 0.70 cioè D̄y +Ky pennelli ≈ 4 D̄y +Ky rettang.
u∗Y
Si potrebbe anche calcolare la dipendenza di D̄yT +Ky dalla
spaziatura d e dalla larghezza w dei pennelli.
Effetti di (c) (curvatura dell’asse). I più influenti:
- Curve a raggio R costante. L’effetto dei fenomeni c1 e c2
= 2
determina Ky Ȳ U
≈ 22 .
(18.14)
u∗ Y R u∗
- Alvei meandriformi (R = R(s)). Gli effetti di c1, c2 e c3
determinano 2 parametrizzazioni
D̄yT+Ky
0.3−0.4 ≤ ≤ 0.8−0.9 (debole meandr.) (18.15a)
u∗Y
2
= 2
Ky b U
= (0.3−0.9)
(forte meandr.)
(18.15b)
u∗Y R u∗
[Quest’ultima è simile alla (18.14) ma con b al posto di Y .]
19 MESCOLAMENTO TRASVERSALE:
SORGENTE LINEARE E VERTICALE
Si studia il mescolamento in campo intermedio indotto dal rila-
scio di una portata massica Ṁ attraverso una sorgente lineare,
verticale e stazionaria posta in y = y0. Per questo processo la
portata specifica è ṁ ≡ Ṁ/Y . z
Y y
x
y = y0
(19.1)
Inoltre ipotizzando un alveo rettilineo a sezione rettangolare
molto larga (b À Y ) si può assumere che
(Ū , V̄ ) ≈ (Ū , 0) e Y = cost., Ū = cost.
147
CAPITOLO 19. MESCOLAMENTO TRASVERSALE: SORGENTE LINEARE E VERTICALE148
Ky = 0, D̄yT = cost.
%̄ %2
4 %̄
T
Dy U b x∗
%̇
M ∗ %̇
M %̄
D T
C̄ = v e y
Yb ∞
Ū%
u
u
%̄
2
u
T U b ∗
%
Y 4π %̄
u
u
u Dy T x %̄
U
t
%̄
Dy
∗ 1 (y ∗ )2
=⇒ C∞ (x∗, y ∗)
=√ e− 4x∗ (19.6)
4πx∗
che è esattamente uguale (z ∗ ↔ y ∗) alla soluzione (16.12) ot-
tenuta per il mescolamento verticale =⇒ si usano i grafici
relativi a tale soluzione (figure 16.1 e 16.2).
In completa analogia al problema del mescolamento verticale:
i. si introduce un parametro di mescolamento sulla
sezione Pm(x∗): ∗ C̄min(x∗)
Pm(x ) ≡
C̄max(x∗)
tale che Pm ≈ 1 per C̄min ≈ C̄max (completo mescolamento);
ii. si definisce LT in analogia a LV cioè come la distanza in x
dalla sorgente a cui Pm = 0.98 e dalla figura 16.3 [si veda
anche equazione (16.14)]:
Ū b2
LT = ( 0.134
| {z } − 0.536
| {z } ) T
. (19.7)
(z = b/2)
0 (z = 0, b)
0
D̄ y
Quindi ogni sorgente contribuisce con dC̄∞ tale che [si veda
(19.3)]:
(y−y0 )2 Ū (y−y0 )2 Ū
dṁ −
4D̄yT x
Ṁdy0 −
4D̄yT x
dC̄∞ = s e = s e .
T
Y 4πD̄y xŪ T
Y LD 4πD̄y xŪ
da cui la soluzione globale ottenuta integrando sulla lunghezza
LD = (y0)f in − (y0)in:
Z (y ) (y−y0 )2 Ū
Ṁdy0 0 f in − T
C̄∞(x, y) = s e 4D̄y x
dy0 (19.9)
Y LD 4πD̄yT xŪ (y0 )in
%̄ % 2
Z %̄
4D
T U b
x∗
%̇
M ∗ %̇
M
∗
(y0 )f in y
%̄
D T
C̄∞ = v e y dy ∗ 0
Ū%
u
Yb u
(y0∗ )in
%̄ %̄
2
u
Ub T
% u
Y L 4πD
u
Du T x %̄
U ∗
t
%̄
Dy y
Z (y ∗ ) (y ∗ −y0∗ )2 ∗
∗ b 0 f in
=⇒ C̄∞ (x∗, y ∗) = √ e − 4x∗
dy0
(19.10)
LD 4πx∗ (y0∗ )in
Ω Y y
−b1 b2
x z=η
Z b Z h Z b Z b
= 1 2 1 2 2
f≡ f dzdy = f¯Y dy con Ω ≡ Ȳ (y)dy
Ω −b1 η Ω −b1 −b1
(20.1)
In particolare
Rb
−b1 Ū Y dy
2
= Q
U≡ =
Ω Ω
Come nel caso del campo intermedio si derivano per sommi
capi le equazioni dinamiche.
153
CAPITOLO 20. IL CAMPO LONTANO: MESCOLAMENTO LONGITUDINALE 154
L’equazione di continuità
Si ottiene integrando in y la (18.4)
Z b Z
2 ∂Y
∂(Ū Y) ∂(V̄ Y) ∂ b2 ∂b2 ∂b1
0=
+ + dy =(Leibnitz) = Ydy −[Y ]b2 −[Y ]b1
−b1 ∂t ∂x ∂y ∂t|
−b1{z }
∂t ∂t
(= Ω)
Z
∂ b2 · ¸ ∂b
2 · ¸ ∂b
1 · ¸ · ¸
+ Ū Y dy − Ū Y b2 − Ū Y b1 + V̄ Y b2 − V̄ Y −b1
∂x | −b1 {z }
∂x ∂x
=
(= U Ω)
Rb µ ¶
2 D
2
Ū − T̄xx Y dy
β ≡ −b1 2
= corr.Ū=Ū (y), 1.03
| {z } ≤ β ≤ 1.33
| {z } (20.5a)
Q (moto turb.) (moto lamin.)
Z b Z b
h 1 η 1
2 2
h
τ̄x ≡ txdy, τ̄x ≡ tηxdy, b = b1 +b2, B= perim. bagnato.(20.5b)
b −b1 B −b1
L’equazione di convezione-diffusione
Si ottiene integrando in y la (18.10) o la forma conservativa
∂(C̄Y ) ∂(Ū C̄Y ) ∂(V̄ C̄Y ) ∂ T ∂ C̄ ∂ T
µ ¶ ∂ C̄
µ ¶
+ + = Y D̄x +Kx + Y
D̄ y +K y .
∂t ∂x ∂y ∂x ∂x ∂y ∂y
(20.6)
Anche in questo caso si usa la regola di Leibnitz e le condi-
zioni (20.2) oltre all’ipotesi:
µ ¶
∂
• ∂y DxT +Kx ≈ 0 cioè che i coefficienti di diffusione e di-
spersione longitudinale non cambino molto attraverso la
sezione
per giungere alla
= == =
∂(C Ω) ∂(U C Ω) ∂
T
¶ ∂C
µ 0 0
+ = Ω D̄x + Kx
− Ū C̄
∂t ∂x ∂x
∂x
dove
0
Ū ≡ Ū − U = scarto di velocità mediata in z;
0
C̄ ≡ C̄ − C = scarto di concentrazione mediata in z.
CAPITOLO 20. IL CAMPO LONTANO: MESCOLAMENTO LONGITUDINALE 156
Soluzione
Si cerca una soluzione della (20.7) usando un sistema in moto
=
a velocità U per cui:
= ∂ = ∂ ∂ ∂ ∂
ξ = x − U t, τ = t, =⇒ = −U + , = .
∂t ∂ξ ∂τ ∂x ∂ξ
Queste sostituite nella (20.7) porgono:
= = = = = =
∂ C = ∂ C = ∂ C 1 ∂ ∂ C ∂ C 1 ∂ ∂ C
% + U% =
−U KΩ =⇒
= KΩ
∂τ ∂ξ ∂ξ Ω ∂ξ ∂ξ ∂τ Ω ∂ξ ∂ξ
che nel caso uniforme (∂Ω/∂ξ = 0, ∂K/∂ξ = 0 diventa
l’equazione di diffusione pura:
= 2=
∂C ∂ C
=K 2 (20.9)
∂τ ∂ξ
di cui è ben nota la Soluzione Fondamentale per immis-
sione istantanea di M in ξ = 0 [si veda (2.8)]:
= M − ξ2
C (ξ, τ ) = √ e 4Kτ (20.10)
Ω 4πKτ
=
[M/Ω invece di M per avere la corretta dimensione di C .]
Questa soluzione non vale finchè il mescolamento non sia com-
pleto su Ω (cioè nel campo vicino e nel campo interme-
dio). La distanza LX dall’immissione da cui la (20.10) è valida
si stima in = 2
Ub
LX ≈ (4 − 10) T
D̄x
che è simile alla (19.7) ma è funzione delle proprietà del mesco-
=
lamento longitudinale (U , D̄xT ) invece che trasversale (Ū , D̄yT ).
[Si dimostri per esercizio che LX > LT ]
CAPITOLO 20. IL CAMPO LONTANO: MESCOLAMENTO LONGITUDINALE 158
Max locale
Colmo
x0
=
• dalla (20.11) si nota che l’ampiezza di C decade nel tempo
√
come 1/ t =⇒ in un tempo t0 il segnale si è propagato
=
da x = 0 a x = x0 = U ts0 con una riduzione d’ampiezza
√ =
proporzionale a 1/ t0 = x0/U ;
=
• alla generica sezione x = x0 il massimo locale di C
è il valore dell’inviluppo e si realizza ad un tempo tM AX
=
(tM AX = 3 in figura) minore di t0 = x0/U (t0 = 4 in
=
figura) al quale il picco di C raggiunge x0.
APPENDICE I: TABELLE DI UTILITÀ
PRATICA
Potenze della coordinata longitudinale (x per i Getti e z per i Pennacchi) che descrive
Lumley (1972).
160
APPENDICE II: STRUTTURA
AUTOSIMILARE DEI TERMINI DI
(12.30)
C1 C2 P1 P2 T
Posizione
Φ(x) Φ(x) Φ(x) Φ(x) Φ(x)
η À1 η3f 2 ηf η2f 2 η3f 2 η3f
Ua3
dove Φ(x) = lG Rl ed A ∼
= 0.067.
T
161
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
Batchelor, G.K. (1967)
“The theory of homogeneous turbulence”.
Cambridge University Press.