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Paolo Calza
Dipartimento di Ingegneria Meccanica
Universit di Padova
1. INTRODUZIONE TEORICA
Il sistema costituito dalla massa di fluido che allistante generico compreso fra le sezioni 1 e
2. Questo volume si dir volume di controllo. Allistante + la detta massa di fluido occupa il
volume compreso fra le sezioni 1 e 2.
Si vuole ora applicare il teorema delle forze vive secondo il quale la variazione di energia cinetica
del sistema nellintervallo di tempo uguale alla somma dei lavori delle forze interne ed
esterne fatti sul sistema nellintervallo di tempo stesso. Si scrive:
U c = L( e ) + L(i )
1
Tutte le grandezze termodinamiche e cinetiche che caratterizzano il deflusso sono funzione della
sola posizione e invarianti rispetto al tempo.
1
Ing. Paolo Calza
Dipartimento di Ingegneria Meccanica
Universit di Padova
c2 c2 c2
U III
c = V = A2 x2 = A2 c2
III
2 2 2
c2 c2 c2
U cI = V I = A1 x1 = A1 c1
2 2 2
Facendo tendere a zero il tempo e ricordando che il prodotto A c = m uguale alla portata
di massa si ottiene:
c12 c12
U = 1 A1 c1 = m 1
I
c
2 2
c22 c2
U cIII = 2 A2 c2 = 2 m 2
2 2
Per continuit e visto che siamo in condizioni stazionarie avremo che m 1 = m 2 = m . Siamo ora in
grado di scrivere la variazione di energia cinetica per la massa considerata nellintervallo di tempo
:
c22 c12 c22 c12
U c = U III
c
U = m m =
I
c m
2 2 2
Il lavoro delle forze esterne comprende:
a) Il lavoro delle forze di volume, dovuto alla gravit;
b) Il lavoro delle pressioni normali in corrispondenza alle sezioni di ingresso e di uscita;
c) Il lavoro utile scambiato con lesterno
d) Il lavoro delle forze di attrito.
Il lavoro delle forze di gravit si esprime:
Lg = U p
essendo U p la variazione di energia potenziale. In modo analogo a quanto fatto per lenergia
cinetica si pu considerare la variazione dellenergia potenziale del sistema dal tempo al tempo
+ dovuta allo spostamento della massa contenuta nel volume V I nel volume V III , visto
che il volume V II non soggetto ad alcun spostamento. Indicando con z laltezza del baricentro
del volume considerato avremo che:
U p = V III 2 g z2 V I 1 g z1 = m2 g z2 m1 g z1 = m 2 g z2 m 1 g z1
2
Ing. Paolo Calza
Dipartimento di Ingegneria Meccanica
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A c
dove con si esprime il volume specifico medio. Sapendo che = A c = m e facendo
tendere a zero possiamo scrivere:
Ln = p1 1 m 1 p2 2 m 2 = ( p1 1 p2 2 ) m
Facendo tendere sia che xi j a zero si ottiene (si ricorda che se xi j 0 anche
i j 0 ):
Li = p d m
Il lavoro fatto da tutti i sottosistemi infinitesimi in cui si divide il sistema considerato pertanto
2
Li 12 = m p d
1
3
Ing. Paolo Calza
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c22 c12
m = g ( z2 z1 ) m + ( p1 1 p2 2 ) m
2
2
L12 m R12 m + m p d
1
2 2
essendo p1 1 p2 2 + p d = dp ,
1 1
c2 c2 2
2 ( )
2
1
+ g z 2 z1 + d p + L12 + R12 m = 0
1
Questa lequazione di Bernoulli generalizzata per deflusso stazionario, monodimensionale, riferita
alla massa m transitata nellintervallo . Dividendo ambo i membri per si ha:
2 2
c2 c1 + g ( z z ) + d p + L + R m = 0
2
2 2 1 12 12
1
ossia lequazione di Bernoulli generalizzata in termini di potenza. Dividendo infine per la portata
m si ottiene:
2
c22 c12
+ g ( z2 z1 ) + d p + L12 + R12 = 0
2 1
c) Deflusso senza lavoro utile e senza attrito di un fluido incomprimibile ( L12 = 0 , R12 = 0 e
1
= = costante):
c22 c12 c 2 c12 ( p p1 )
+ g ( z2 z1 ) + ( p2 p1 ) = 2 + g ( z2 z1 ) + 2 =0
2 2
ossia si ha la costanza lungo il condotto del trinomio di Bernoulli (Teorema di Bernoulli):
c2 p
+ g z + = costante
2
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L = L12
'
m
Il calcolo della variazione dell'energia totale U t porge;
U t = (ut ,2 ut ,1 ) m
essendo ut ,2 , ut ,1 i valori dellenergia totale per unit di massa nelle sezioni di ingresso e di uscita.
ossia
c22 c12
Q12 = u2 u1 + + g(z2 - z1) + L12
'
2
'
Il lavoro L12 rappresenta il totale lavoro scambiato fra il sistema e l'esterno, somma del lavoro utile
L12 e del lavoro di immissione e di emissione
'
L12 = L12+ p2v2 p1v1
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c22 c12
Q12 = (u2 + p2v2) - (u1 + p1v1) + L12 + + g(z2 - z1)
2
Si definisce una nuova grandezza
h = u + pv
cui si d il nome di entalpia, avente ovviamente ancora la caratteristica di parametro di stato e si
scrive in definitiva
c22 c12
Q12 = h2 - h1 + L12 + + g(z2 - z1)
2
questa la forma con cui si presenta l'equazione del primo principio riferito ai sistemi con deflusso.
Il termine L12 , che si ripete rappresenta il solo lavoro utile e non il totale lavoro scambiato tra il
sistema e l'esterno, coincide con l'espressione
2
dp
1
nel caso in cui la trasformazione sia reversibile e non vi siano variazioni di energia cinetica e
potenziale.
Lequazione del primo principio in versione entalpia, si ripete, ha validit generale, qualunque sia
il tipo di trasformazione. Essa non aggiunge niente di nuovo rispetto a quella che contiene lenergia
interna ma applicata ai sistemi con deflusso ove opportuno mettere in evidenza il lavoro utile,
separato dal lavoro di immissione e di emissione.
Spesso i termini relativi alle variazioni di energia cinetica e di energia potenziale possono essere
trascurati e si ha
Q12 = h2 h1 + L12.
In particolare se il sistema subisce una trasformazione adiabatica (Q12 = 0), il lavoro scambiato con
l'esterno immediatamente dato dalla variazione di entalpia fra lo stato iniziale e lo stato finale:
L12 = h1 - h2.
(E questo a prescindere dalla reversibilit o meno del processo).
Nel caso non vi sia variazione dei carichi cinetici e dellenergia potenziale, si dice che in una
turbina di espansione tutto il lavoro ottenuto dato dalla caduta di entalpia. Allo stesso modo, in
un compressore (adiabatico) tutto il lavoro somministrato va ad aumentare l'entalpia del sistema.
Viceversa, sempre trascurando le variazioni di velocit e quota, se in un processo non si ha scambio
di lavoro con l'esterno, il calore scambiato coincide con la variazione di entalpia:
Q12 = h2 h1 .
In particolare se il processo reversibile per il quale
2
L12 = dp
1
il porre dL12 = 0 per ogni variazione infinitesima, significa considerare il processo isobaro.
Si deve sottolineare infine che la entalpia, come stata definita, determinata a meno di una
costante additiva. Questa costante arbitraria e viene fissata precisando per quale stato del fluido si
assume l'entalpia eguale a zero.
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Generalmente per i gas si fissa h = 0 alla temperatura di zero gradi Celsius e alla pressione di una
atmosfera; per i fluidi che possono essere liquidi a zero gradi Celsius, si fissa h = 0 per il liquido
alla pressione di saturazione a questa temperatura.
L'espressione del primo principio per sistemi con deflusso si scrive talvolta in termini di potenza,
riferita cio non alla unit di massa ma alla massa m che fluisce nell'unit di tempo. Si ha:
c22 c12
q12 = m (h2 h1 ) + P12 + m + m g ( z2 z1 ) .
2
Per la definizione del primo principio la variazione dellenergia del fluido dallingresso alluscita
deve tener conto oltre che dellentalpia anche del termine cinetico e gravitazionale. Questultimo
nullo nel caso di propulsori orizzontali e comunque altamente trascurabile nel caso di gas.
Si definisce quindi con il termine di entalpia totale (H0) la somma:
c2
H0 = H + .
2
In questo modo lequazione del primo principio si semplifica nella forma:
Q12 = L12 + H 20 - H10
Mediante tale formula si vede come lenergia fornita dal compressore al fluido (supponendo il
processo adiabatico) sia uguale alla variazione dellentalpia totale tra fine diffusore e inizio camera
di combustione. Analogamente in turbina. Nella combustione, visto che non si ha scambio di
lavoro, il calore somministrato al fluido sar pari sempre alla variazione di entalpia totale.
A conclusione di quanto detto finora giova confrontare l'equazione generalizzata di Bernoulli con
l'equazione del primo principio nei sistemi con deflusso:
2
c22 c12
2
+ g(z2 z1) + dp + L12 + R12 = 0
1
c22 c12
Q12 = h2 - h1 + L12 + + g(z2 - z1)
2
Nello studio dei sistemi con deflusso, secondo i casi, si applica l'una o l'altra delle equazioni.
Si ricorda infine che Bernoulli deriva dallapplicazione ad una certa massa del teorema della
variazione della quantit di moto (infatti non contempla il calore scambiato tra i sistemi), mentre,
come appunto stato dimostrato, l'equazione del primo principio deriva dalla conservazione
dellenergia (e contempla quindi anche il calore scambiato tra i sistemi).
p d + dp = R dT ,
ricordando che ( R = c p cv ) e facendo una semplice sostituzione avremo che:
cp
( p d + dp ) dp = 0
c p cv
ossia
c p p d + cv dp = 0 ,
d dp
k + =0
p
da cui (supponendo k costante):
d dp
k =
p
k ln ( ) = ln ( p ) + C
dove C una costante arbitraria. Si pu ancora sviluppare la precedente equazione nel seguente
modo:
k ln( ) ln( p)
e =e eC
1 C
k = e
p
p k = eC
p k = costante
Per mezzo dellequazione di stato si arriva alle altre due relazioni:
T k 1 = costante
1k
Tp k
= costante
Queste relazioni sono molto importanti nella tecnica dato che, come si detto, i processi nei
compressori e negli espansori sono con buona approssimazione adiabatici e il comportamento dei
gas tecnici prossimo a quello del gas ideale (per pressioni non elevate). Si ribadisce ancora una
volta che le ultime tre equazioni scritte presuppongono che i calori specifici e quindi il rapporto k
non variano con la temperatura e che non sono equazioni di stato ma descrivono un legame fra due
delle tre grandezze p , , T durante un processo quasistatico reversibile nel quale il sistema non
scambia calore con lesterno.
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Nella fluidodinamica si definisce come velocit del suono la velocit di propagazione di una
perturbazione infinitesima di pressione. Per determinare una espressione per la velocit del suono u
si consideri un condotto ad asse rettilineo ed orizzontale e sezione costante, munito allestremit
sinistra di un pistone, e contenente un fluido inizialmente in quiete alla pressione (uniforme) p ,
temperatura (uniforme) T e densit .
Il movimento del pistone verso destra con velocit uniforme (al limite infinitesima) dc causer nel
fluido la propagazione di unonda piana infinitesima di compressione con velocit (costante) u . Il
fluido attraverso cui il fronte donda passato sar alla pressione p + dp , ed avr densit + d e
velocit dc . Il fluido verso cui il fronte donda procede sar alla pressione p , densit e in quiete.
Rispetto ad un riferimento solidale con il condotto, la situazione sar quella schematizzata nella
figura seguente.
Rispetto ad un nuovo riferimento (ancora inerziale) solidale con il fronte donda, la situazione
dinamica quella rappresentata nella figura successiva.
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Il fluido scorre da destra a sinistra e, passando attraverso il fronte donda (stazionario) la sua
velocit si riduce dal valore u al valore u dc ; contemporaneamente la pressione passa dal valore
p al valore p + dp e la densit dal valore al valore + d . Essendo il moto a regime
stazionario rispetto al riferimento solidale con il fronte donda, si possono applicare le equazioni
della quantit di moto e di continuit al fluido compreso tra le sezioni di controllo immediatamente
a monte del fronte donda e immediatamente a valle dello stesso.
La prima fornisce (forze dattrito trascurabili):
A p ( p + dp ) = m (u dc ) u
p
Dato che in una trasformazione adiabatica isoentropica = C = costante, avremo che:
k
= (
dp d C k ) k 1 p k 1 p
=C
Nk = k k = k
d d p
S
k
p
Attraverso lequazione del gas ideale = R T si ottiene infine che:
dp
= p k = k R T
d S
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Come si pu notare la velocit del suono dipende sia dalle caratteristiche del fluido considerato ( k
e R ) che dalla temperatura statica locale: quindi in un deflusso generico di un gas ideale la velocit
del suono pu variare da punto a punto in funzione della temperatura locale. Nel caso di aria a 20C
( k = 1.4 , R = 287 e T = 293K ) avremo che la velocit del suono sar pari a:
u = k R T = 1.4 287 293 = 343.11 m
s
Un parametro assai utile per il riferimento dello stato dinamico del fluido in problemi di gas-
dinamica il numero di Mach locale, simbolo M , definito come rapporto della velocit locale del
fluido c ed il valore u della velocit locale del suono del fluido nello stesso punto:
c
M=
u
Con riferimento al valore del numero di Mach locale si distinguono il moto subsonico ed il moto
supersonico; il moto subsonico si ha dove risulta M < 1 , mentre il moto supersonico si ha dove
risulta M > 1 ; nel caso particolare in cui M = 1 , risultando quindi c = u , si parla di moto sonico.
Tale definizioni risultano particolarmente utili nella gas dinamica visto che le caratteristiche del
deflusso variano completamente nei due casi.
Vengono a volte impiegate anche le dizioni di moto transonico (numero di Mach attorno al valore
unitario) e moto ipersonico (numero di Mach notevolmente maggiore di uno): questi regimi di
moto, come si vede, non sono quantitativamente ben definiti.
dove T 0 definita come temperatura totale, cio la temperatura che avrebbe il gas se il moto fosse
portato, a partire dalle condizioni locali, adiabaticamente allo stato di velocit nulla. Tenendo conto
kR
dellespressione della velocit del suono e che c p = lequazione diventa:
(k 1)
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T0 c2 c2 k 1 c 2
= 1+ = 1+ = 1+
T 2 k R T (k 1) 2 u 2 (k 1) 2 u2
e quindi:
T0 k 1 2
= 1+ M
T 2
Il rapporto tra la temperatura di ristagno T 0 e la temperatura statica T della corrente indisturbata
funzione del numero di Mach e del rapporto k dei calori specifici.
Si pu ora definire la pressione di ristagno (o totale) p 0 come il valore della pressione cui il fluido
si porterebbe se, a partire dalle condizioni locali nella sezione di tubo di flusso considerata, fosse
portato con un processo isoentropico fino allo stato di velocit nulla. Per un gas ideale la relazione
tra la pressione totale p 0 e la pressione statica p del moto quindi:
k k
p 0 T 0 k 1 k 1 2 k 1
= = 1 + M
p T 2
T p
Valori dei rapporti , 0 e 0 in funzione del numero di Mach sono diagrammati per gas ideale
T 0
p
con k = 1.4 (aria) nella figura seguente.
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c2
d + g /z + dp + L / = c dc + dp = 0
/+R
2
Da questultima si pu ricavare immediatamente:
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dp d dp d
=
dp
c dc = dp = =
d d S
dove S lentropia specifica del fluido. Ricordando la definizione di velocit del suono e del
d
numero di Mach, il rapporto risulta cos esprimibile:
d c dc dc c 2 2
= = = dc c = dc M 2
dp c dp c u 2
c
d d
S S
d
Eliminando dallequazione di continuit si arriva ad ottenere la seguente espressione:
d dc dc dc dc
= + = M 2 + = ( M 2 1)
dA
A c c c c
Questa, nota come equazione di Hugoniot, fondamentale per il moto isoentropico
monodimensionale e non dipende dalla natura del fluido, gas ideale o no. Da notare che per un
fluido incomprimibile la velocit del suono infinita ( d = 0 M = 0 ) e quindi lequazione prima
scritta si riduce alla semplice relazione di continuit c A = costante qualunque sia la velocit del
fluido.
dp d dc
Analogamente, ricordando che = c dc e che = M 2 , si ottengono le variazioni
c
dellarea della sezione trasversale in funzione delle variazioni di pressione e densit:
dA dp
2 (
= M 2 1)
A c
d ( M 1)
2
dA
=
A M2
e quindi riassumendo:
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quello supersonico. Un diffusore invece un condotto attraverso il quale il fluido viene decelerato
con recupero di pressione e quindi avr la forma di un convergente nel moto supersonico e di un
divergente in quello subsonico.
Quando il moto sonico (Mach=1) in accordo alle equazioni prima scritte e nellipotesi ovvia che
dc dA
non ci siano discontinuit nella velocit ( ) si ottiene = 0 . La velocit locale del fluido
dx dx
pu quindi essere eguale a quella sonica solo in una sezione del tubo di flusso avente area minima
(lalternativa di unarea massima viene esclusa da quanto dimostrato in precedenza).
Il reciproco di tale propriet pu essere vero: infatti in una sezione di area minima, chiamata
dc
comunemente gola, si pu avere M 1 ; dovr allora essere = 0 . Se si considera lesempio
dx
illustrato nella figura seguente del convergente divergente con moto subsonico allimbocco si
presentano due alternative:
1. Nella sezione di gola Ag la velocit locale del fluido eguaglia quella locale del suono. In
questo caso nel divergente il moto pu essere supersonico (curva a) o subsonico (curva b) a
seconda delle condizioni di pressione allo sbocco del condotto.
2. Nella sezione di gola la velocit pu essere minore di quella del suono. In Ag si ha allora
M < 1 ed il deflusso completamente subsonico (curva c).
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Considerazioni analoghe alle precedenti rivelano anche nel caso di moto inizialmente supersonico la
possibilit di avere nella sezione di gola M 1 .
Concludendo, nella ipotesi di un deflusso continuo il passaggio da moto subsonico a moto
supersonico (e viceversa) pu avvenire solo nella sezione di gola.
Per il moto a regime permanente di un fluido in un tubo di flusso possibile ricavare una relazione
tra il numero di Mach e larea della sezione trasversale. Dallequazione di continuit applicata a due
sezioni diverse, rispettivamente 1 e 2, si ha:
m = c A = 1 c1 A1 = 2 c2 A2
da cui:
A1 c2 2
=
A2 c1 1
Attraverso semplici passaggi si pu ricavare che:
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1
2
1
c T 2
( ) = M k R T 0
1
c = u = M k R T = M k R T 0 0
u
T k 1 2
1 + 2 M
1
k 1
1
0 T
0 =
k 1 1
= = 0 0
0 T k 1 2
1 + 2 M
Ricordando che nel caso di moto adiabatico ed isoentropico le grandezze totali rimangono costanti
( T 0 = T10 = T20 = costante, 0 = 10 = 20 = costante) si ottiene dopo semplici sostituzioni:
1 1 k +1
2 k 1 2(k 1)
0 1 + k 1 M 12 1 + k 1 M 12 1 + k 1 M 12
A1 M 2 /k R
/ T/2 0
/2 M
= 2
2
0 = 2 2
/ T/10 1 + k 1 M 2 1 + k 1 M 2
A2 M 1 /k R
/1 M 1 1 + k 1 M 2
2 2 2
2 2 2
Assumendo che A2 sia pari proprio alla sezione critica di gola A2 = A* (ossia la sezione per la
quale si in condizioni soniche) M 2 = M * = 1 si arriva ad ottenere la relazione seguente:
k +1
2(k 1)
1 + k 1 M 2
=
A 1 2
A*
M k +1
2
A
I valori del rapporto sono diagrammati nella figura seguente in funzione del numero di Mach
A*
A
per differenti valori di k ; si vede che il valore di k influenza in modo determinante il rapporto *
A
solo ad elevati numeri di Mach. Le curve presentano un minimo in corrispondenza alla sezione
A
A = A* in cui M = 1 ; per ogni altro valore del rapporto * > 1 si hanno due valori di M : uno per
A
il regime di moto subsonico ed uno per il regime di moto supersonico. In accordo con quanto
dedotto dallequazione di Hugoniot si ha che nel moto isoentropico in un condotto a sezione
variabile per aumentare il numero di Mach larea della sezione trasversale deve diminuire (nel senso
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del deflusso) a velocit subsoniche ed aumentare a velocit supersoniche (e viceversa per diminuire
il numero di Mach).
Rapporto A/A* in funzione del numero di Mach per il moto isoentropico di gas ideali a
differenti valori di k.
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M0>1
In queste condizioni le equazioni di conservazione della massa, della quantit di moto e dellenergia
si possono scrivere nella forma:
1 c1 = 2 c2
p1 + 1 c12 = p2 + 2 c22
c12 c2
h1 + = h2 + 2 T10 = T20
2 2
Partendo da queste equazioni, nel caso di un gas perfetto si possono ricavare le relazioni per
p T p0
unonda durto normale. Queste esprimono M 2 , 2 , 2 , 20 e 2 in funzione del solo numero di
p1 T1 p1 1
Mach M 1 e di k . Di interesse per la trattazione sono:
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2
+ M 12
M 2 = k 1
2k
M 12 1
k 1
k
k + 1 2 k 1
2 M 1
k 1 2
1 + M1
p20 2
0
= 1
p1
2k k 1 k 1
M 12
k +1 k +1
tracciate nella figura seguente.
Da questa si deduce che dopo unonda durto normale il numero di Mach sempre minore di 1 e
quindi la corrente subsonica. Si vede inoltre che tanto maggiore il numero di Mach prima
dellonda, tanto pi questo minore dopo londa e londa durto pi violenta (la discontinuit
delle propriet del fluido attraverso essa maggiore). Per M 1 = 1 si ha
p2 T2 2 p20
M2 = = = = = 1 . Questo il caso di unonda durto infinitamente debole, nella quale
p1 T1 1 p10
non ci sono variazioni finite delle variabili in gioco come avviene per unonda sonora.
Rapporto delle pressioni totali e numero di Mach a valle di unonda durto normale
Come si pu vedere inoltre dalla figura le perdite di pressione totale cominciano a diventare
considerevoli per numeri di Mach della corrente indisturbata maggiori di 1.5. Questo significa che
utilizzare unonda durto normale per rallentare una corrente supersonica, pu significare
notevolissime perdite.
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Anche nel caso di onda durto leggermente incurvata, le equazioni viste sopra possono essere usate
abbastanza tranquillamente per la zona centrale del fronte donda, che pu essere considerata
perpendicolare alla direzione della corrente.
Notando che:
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M 1 = M 1 sin
M 2 = M 2 sin ( )
c1
tan =
c1&
c2
tan ( ) =
c2&
Combinando le ultime due equazioni scritte e ricordando che c1& = c2& , si ottiene:
tan ( ) c2
=
tan c1
Dal rapporto delle densit per unonda durto normale 2 =
( k + 1) M 1 , insieme alle equazioni
2
1 ( k 1) M 12 + 2
di continuit ed alla definizione di M 1 , si ricava lespressione:
tan ( ) 2 + ( k 1) M 12 sin 2
=
tan ( k + 1) M 12 sin 2
che, con qualche manipolazione trigonometrica, pu essere espressa come
M 12 sin 2 1
tan = 2 cot 2
M 1 ( k + cos ( 2 ) ) + 2
22
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p20 T2 2 p
Nel caso di unonda durto obliqua, M 2 , 0 , , e 2 dipendono da M 1 e k , come visto
p1 T1 1 p1
p20
per il caso normale, ma anche dallangolo . In particolare il rapporto 0 risulta uguale a:
p1
k
k + 1 k 1
2 M 1
2
sin 2
k 1
1 + M 2
sin 2
1
p20 2
= 1
p10
2k k 1 k 1
M 12 sin 2
k +1 k +1
Onde durto
E evidente che le onde normali sono un caso particolare con =/2. Langolo dipende dalla
geometria dellostacolo che provoca londa durto, oltre che da M 1 e k . Si noti che a parit di k e
di geometria, linclinazione donda diminuisce al crescere di M 1 . In definitiva, considerando k
costante, le propriet del fluido a monte e a valle di unonda durto obliqua dipendono solo da M 1 e
dalla geometria. Questultima, nel caso bidimensionale di un cuneo, pu definirsi in funzione
dellangolo , e quindi, in relazione alla figura, si possono fare le seguenti considerazioni:
1. Per ogni M 1 esiste un angolo massimo oltre il quale non esiste soluzione per unonda
durto obliqua. Londa risulta normale e distaccata, anche se curva.
2. Per ogni < max sono possibili due valori di per un dato M 1 . Essendo la discontinuit
del fluido maggiore quanto pi elevato, la soluzione con grande detta soluzione
forte, quella con piccolo debole. In natura preferita questultima, vale a dire unonda
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Dipartimento di Ingegneria Meccanica
Universit di Padova
durto inclinata di un angolo piccolo, con M 2 >1 e con minori perdite di pressione.
Attraverso unonda durto pi forte, la variazione di pressione maggiore, perci,
aumentando la contropressione agente a valle dellonda durto (ad esempio in una presa
daria), si pu forzare la soluzione forte. In questultima M 2 subsonico, e le perdite
paragonabili a quelle di unonda normale.
3. Se =0 allora = /2.
4. Per un determinato angolo esiste un valore minimo di M 1 sotto il quale non c nessuna
soluzione donda obliqua. Di conseguenza il fronte donda risulta distaccato e M 2 sempre
subsonico.
Nel caso bidimensionale, la funzione che lega allangolo in funzione di k e M 1 esatta.
Nellesempio del cuneo, infatti, la pressione p2 sulle pareti del medesimo costante, e le linee di
corrente dopo londa durto sono rettilinee e parallele alla superficie. Il caso a tre dimensioni, come
quello delle onde durto oblique che si formano sulla punta di un cono in un flusso supersonico,
invece di pi difficile trattazione. Allontanandosi dallasse del cono il fluido ha a disposizione uno
spazio sempre maggiore attraverso cui muoversi, perci la deviazione imposta dalla presenza fisica
del cono attenuata. Questo fenomeno chiamato effetto attenuante tridimensionale, ed
caratteristico di tutte le correnti tridimensionali. Si possono ancora utilizzare le relazioni delle onde
oblique valide nel caso bidimensionale, per pi corretto usare metodi numerici. Nel caso 3D,
infatti, il campo di corrente tra il fronte durto ed il cono non pi uniforme, ed inoltre londa
risulta pi debole che nel caso del cuneo (a parit dangolo ).
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