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Capitolo 2
Relatività ristretta
Fra l’Ottocento ed il Novecento la meccanica classica entrò in una grave crisi che
portò ad una critica profonda dei suoi fondamenti. Si trattò, però, di una crisi tanto
travagliata quanto costruttiva che gettò le basi per la nascita delle due teorie su cui
è fondata la scienza contemporanea: la teoria della relatività (relatività ristretta,
Einstein, 1905, relatività generale, Einstein, 1915) e la meccanica quantistica
(ipotesi dei quanti di Planck, 1900, principio di indeterminazione di Heisenberg,
1927).
Il fatto principale che aprì le porte alla teoria della relatività fu la non coe-
renza fra il modello di Maxwell che stava consolidandosi in quegli anni circa la
propagazione delle onde elettromagnetiche e gli assunti della meccanica classica, in
particolare il fondamentale principio di relatività galileiana. Il tentativo, finalmente
coronato da Einstein nel 1905, di risolvere l’incoerenza, salvando ed aggiornando
l’irrinunciabile principio di relatività, portò a qualcosa di assolutamente imprevisto:
un ripensamento radicale dei concetti fisici fondamentali di spazio e di tempo.
Rifondati i concetti di spazio e di tempo che confluiscono, indissolubilmente uniti,
nel concetto di spazio−tempo (cronotopo), fu poi possibile riscrivere la teoria
della gravitazione e di estendere il principio di relatività, a sistemi di riferimento
qualunque (relatività generale).
17
Amadori-Lussardi Introduzione alla teoria della relatività
18 Capitolo 2
e
B = (Bx (x, y, z, t), By (x, y, z, t), Bz (x, y, z, t)).
I vettori E e B possono essere definiti a partire dal potenziale scalare Φ e dal
potenziale vettore A nel seguente modo:
∂A
E = −∇Φ − , B = rotA.
∂t
Anche Φ e A sono matematicamente dei campi regolari dipendenti anche dal tempo
t, cioè
299.792.458 m/s
Amadori-Lussardi Introduzione alla teoria della relatività
Relatività ristretta 19
ed è detta velocità della luce nel vuoto. L’equazione di D’Alembert, detta equazione
delle onde, esprime matematicamente il fatto fondamentale che il campo elettroma-
gnetico si comporta nel vuoto come onde che si propagano alla velocità della luce
c: le cosidette onde elettromagnetiche. Per esempio, l’onda piana dipendente da
una sola coordinata espressa da
x
f t−
c
è una soluzione dell’equazione d’onda, e rappresenta un’onda il cui fronte d’onda
viaggia a velocità c. Infatti il fronte d’onda è dato dalla condizione
x
t− = costante
c
che rappresenta appunto la legge oraria di un moto rettilineo uniforme con velocità
c. Posto x
ψ(x, t) = f t −
c
x
e ξ = t − , si ha
c
∂ψ df ∂ξ 1 df ∂ψ df ∂ξ df
= =− , = =
∂x dξ ∂x c dξ ∂t dξ ∂t dξ
∂2ψ ∂ ∂ψ 1 ∂ df 1 d2 f ∂ξ 1 d2 f
= = − = − =
∂x2 ∂x ∂x c ∂x dξ c dξ 2 ∂x c2 dξ 2
∂2ψ ∂ ∂ψ ∂ df d2 f ∂ξ d2 f
2
= = = 2 = 2
∂t ∂t ∂t ∂t dξ dξ ∂t dξ
per cui ψ risolve l’equazione (2.2).
z z!
K!
K0
c
0 x x!
0 !
t t!
y y!
x = αx + βt
0
T : (2.3)
t0 = γx + δt
Amadori-Lussardi Introduzione alla teoria della relatività
Relatività ristretta 21
∂ψ ∂ψ ∂x0 ∂ψ ∂t0 ∂ψ ∂ψ
= 0
+ 0
= α 0 +γ 0,
∂x ∂x ∂x ∂t ∂x ∂x ∂t
∂ψ ∂ψ ∂x0 ∂ψ ∂t0 ∂ψ ∂ψ
= 0
+ 0
= β 0 +δ 0,
∂t ∂x ∂t ∂t ∂t ∂x ∂t
∂2ψ ∂ ∂ψ ∂ ∂ψ ∂x0 ∂ ∂ψ ∂t0
= = + 0
∂x2 ∂x ∂x ∂x0 ∂x ∂x ∂t ∂x∂x
∂ ∂ψ ∂ψ ∂ ∂ψ ∂ψ
=α 0 α 0 +γ 0 +γ 0 α 0 +γ 0
∂x ∂x ∂t ∂t ∂x ∂t
2 2 2
∂ ψ ∂ ψ ∂ ψ
= α2 02 + 2αγ 0 0 + γ 2 02 ,
∂x ∂x ∂t ∂t
e
∂2ψ ∂ ∂ψ ∂ ∂ψ ∂x0 ∂ ∂ψ ∂t0
= = +
∂t2 ∂t ∂t ∂x0 ∂t ∂t ∂t0 ∂t∂t
∂ ∂ψ ∂ψ ∂ ∂ψ ∂ψ
=β 0 β 0 +δ 0 +δ 0 β 0 +δ 0
∂x ∂x ∂t ∂t ∂x ∂t
2 2 2
∂ ψ ∂ ψ ∂ ψ
= β 2 02 + 2βδ 0 0 + δ 2 02 .
∂x ∂x ∂t ∂t
Nel caso delle trasformazioni di Galileo si ha
α = 1, β = −V, γ = 0, δ=1
∂2ψ 1 ∂2ψ
2
− 2 2 =0 (2.4)
∂x c ∂t
si ricava
∂2ψ 2V ∂2ψ 1 ∂2ψ
02
+ 2 0 0
− 2 = 0. (2.5)
∂x 2
c − V ∂x ∂t c − V ∂t02
2
Amadori-Lussardi Introduzione alla teoria della relatività
22 Capitolo 2
L’onda piana
x0
0
f t −
a
si dovrebbe propagare quindi rispetto al sistema K 0 con velocità c − V , esatta-
mente come ci si deve aspettare applicando i presupposti della meccanica classica.
In un SRI qualunque, quindi, un raggio di luce (d’ora in poi ci riferiremo alle
onde elettromagnetiche chiamandole raggi di luce) dovrebbe possedere una ve-
locità dipendente dalla velocità del suddetto SRI rispetto all’etere. Per rilevare
sperimentalmente tale dipendenza, nel 1887 Michelson e Morley eseguirono un
esperimento considerato universalmente un esperimento cruciale. Esso non portò
ad alcun risultato e non fu possibile rilevare, nonostante la grande precisione ed
accuratezza, alcuna velocità relativa, nella fattispecie della Terra rispetto all’etere.
Il profondo significato dell’esperimento di Michelson e Morley, nell’interpretazione
che ne diede Einstein, è che la velocità della luce c nel vuoto è la stessa in tutti i
SRI. Questo risultato costituisce una nuova legge di natura, sconosciuta ai creatori
della meccanica classica, che va sotto il nome di principio di costanza della velocità
della luce.
Sulla base di questo risultato, nel 1905, Einstein propose una modifica al
principio di relatività galileiana in questi termini: tutti i SRI devono essere mecca-
nicamente ed elettromagneticamente equivalenti ovvero le leggi della meccanica e
dell’elettromagnetismo devono essere le stesse in tutti i SRI. Queste affermazioni
equivalenti costituiscono il cosiddetto principio di relatività ristretta. Questo prin-
cipio, in definitiva, consiste nella fusione di due principi: il principio di relatività,
ovvero che tutti i SRI devono essere meccanicamente equivalenti, ed il principio di
costanza della velocità della luce.
Siamo così pervenuti al seguente scenario: la meccanica classica descritta dalla
lagrangiana (1.2) è invariante rispetto alle trasformazioni di Galileo; la teoria
Amadori-Lussardi Introduzione alla teoria della relatività
Relatività ristretta 23
dove i segni negativi sono stati presi per convenienza. La trasformazione T diventa
perciò data da √
x = αx − ct α − 1
0 2
T :
t0 = − 1 α2 − 1x + αt.
p
c
Osserviamo che det T = 1. L’inversa T −1 è di conseguenza data da
√
x = αx + ct α − 1
0 0
2
T −1 :
t = 1 α2 − 1x0 + αt0 .
p
c
Dobbiamo ora determinare α. Per fare questo ricordiamo che il SRI dato da K 0 si
muove con velocità uniforme V nella direzione positiva dell’asse x, rispetto al SRI
dato da K. Poiché
p 1p 2
dx = αdx0 + c α2 − 1dt0 , dt = α − 1dx0 + αdt0
c
possiamo scrivere per il moto di 00 rispetto al sistema di riferimento K
√
dx αdx0 + c α2 − 1dt0
= p = V.
dt 1
α2 − 1dx0 + αdt0
c
Ma, rispetto al SRI K 0 , l’origine 00 è immobile per cui si ha dx0 = 0. Possiamo
perciò scrivere √
dx α2 − 1
=c =V
dt α
da cui si ricava immediatamente
1
α= r
V2
1− 2
c
dove il segno positivo è stato preso per convenienza. Le trasformazioni di Lorentz
cercate sono quindi date da
V 0
x0 + V t 0 2
x + t0
x= r , c
t= r .
V2 V2
1− 2 1− 2
c c
Amadori-Lussardi Introduzione alla teoria della relatività
Relatività ristretta 25
Si noti che, per c → +∞, come è giusto che sia, si riottengono le trasformazioni di
Galileo.
z z!
K!
K
0 x x!
0 !
t t!
y y!
v
Figura 2.2: K 0 si muove con velocità V rispetto a K.
z z!
K!
V
(x!A , t! ) 2 x + t
K 0 0
x0 + V t 0 y = y0
x= r , c
t= r . (2.6)
V2 z = z0, (x!B , t!V) 2
1− 2 1−
0 c x cx2 !
0!
Esse conducono ad un radicale ripensamento dei concetti classici di spazio e di
tempo. Tali concetti sono desunti dal senso comune che si è evoluto avendo il
y fare continuamente con
nostro cervello a che y ! fenomeni ordinari, fenomeni cioè che
avvengono a velocità molto piccole rispetto a c,vmentre tale velocità non è percepita
dai sensi.
Mostriamo che questa è stata una vera e propria rivoluzione nel pensiero scien-
z aspetti: simultaneità,
tifico in alcuni fondamentali z! lunghezza, durata, composizione
K!
di velocità.
K
Consideriamo, nel SRI dato da K 0 , i due eventi (il significato !della parola evento
(x! , t!A ) (x0B , t0!B )
è intuitivo, per la definizione esatta si veda la Asezione 2.4) (x A , t ) e (x0B , t0 ) con
xA 6= xB . Si tratta di0 due eventi simultanei
0 0
x
0 !
rispetto a K x che avvengono in due
punti diversi dello spazio, rispetto al riferimento0! K 0 come illustrato nella figura 2.3.
Usando il senso comune e la meccanica classica, in cui il tempo è considerato
universale, ovvero ylo stesso per ogni SRI,y !cioè t = t0 , ci si aspetterebbe che anche
0 x x!
Amadori-Lussardi 0! relatività
Introduzione alla teoria della
26 t Capitolo 2 t!
y y!
V
z z!
K!
K (x!A , t! )
(x!B , t! )
0 x x!
0!
y y!
v
Figura 2.3: I due eventi (x0A , t0 ) e (x0B , t0 ) in K 0 .
z z!
K!
K
in K i medesimi due eventi avvengano nello (x
stesso ! istante di tempo, ovvero siano
A , tA )
!
(x! , t!B )
ancora simultanei. Applicando le trasformazioni di Lorentz si B ottiene invece
0 x x!
0!
V 0
x0A + V t0 x + t0
2 A
xA = r c
, ! tA = r
y
V2 y V2
1− 2 1− 2
c c
V 0
x0 + V t 0 x + t0
2 B
xB = rB , c
tB = r .
V2 V2
1− 2 1− 2
c c
Come si vede bene tA 6= tB , perciò, rispetto a K i due eventi non sono più
simultanei. 2
Il concetto di simultaneità, apparentemente così ordinario, riceve così una
radicale modifica: eventi simultanei in un SRI non lo sono rispetto ad un altro SRI,
se in punti diversi dello spazio.
Consideriamo nel SRI dato da K 0 un regolo rigido, ovvero un corpo rigido
usabile come metro per misurare le lunghezze, solidale, ovvero in quiete, con esso e
posizionato parallelamente all’asse x0 come nella figura 2.4. Tale regolo rappresenta
un intervallo spaziale. Agli estremi A e B del regolo possono essere associati gli
eventi (x0A , t0A ) e (x0B , t0B ) con x0A < x0B e dove t0A e t0B sono opportuni istanti. Si
tenga presente che, essendo il regolo in quiete rispetto al riferimento K 0 , in ogni
istante, misurato in K 0 , gli estremi A e B saranno, nel riferimento K 0 , in posizioni
spaziali invariate.
(xA , t )
(x!B , t! )
0 x x!
Amadori-Lussardi 0! relatività
Introduzione alla teoria della
Relatività ristretta 27
y y !
z z!
K!
K
(x!A , t!A ) (x!B , t!B )
0 x x!
0!
y y!
V 0
x0 + V t0A x + t0A
2 A
xA = rA , c
tA = r
V 22 V2
1− 2 1− 2
c c
V 0
x0B + V t0B x + t0B
2 B
xB = r , tB = r c .
V2 V2
1− 2 1− 2
c c
Affinchè la misura del regolo rispetto al riferimento K abbia senso, occorre che
tA = tB , ovvero che sia
V 0 V
x + t0A = 2 x0B + t0B
c2 A c
da cui
V
t0B − t0A = 2 (x0A − x0B ).
c
La lunghezza del regolo nel riferimento K sarà allora data da
V2
x0B − x0A + V (t0B − t0A ) x0B − x0A + 2 (x0A − x0B )
xB − xA = r = r c
V2 V2
1− 1− 2
c2 c
da cui r
V2
xB − xA = (x0B − x0A ) 1− .
c2
Amadori-Lussardi Introduzione alla teoria della relatività
28 Capitolo 2
Consideriamo ora nel SRI dato da K 0 un orologio solidale con esso e posizionato,
per comodità, nell’origine 00 . All’orologio siano associati gli eventi che rappresentano
l’inizio e la fine di un intervallo temporale (00 , t01 ) e (00 , t02 ) con t01 < t02 , come mostrato
nella figura 2.5
z z!
K!
K
(0! , t!1 ) (0! , t!2 )
0 x x!
y y!
V
Figura 2.5: Inizio e fine dell’intervallo temporale (00 , t01 ) − (00 , t02 ).
z z!
K!
Applicando le trasformazioni di Lorentz si ottiene
K (x!1 , t!10)
V t01 t1 v!
x1 = r , t1 = r (x!2 , t!2 )
V2 V2
1− 2 1− 2 x!
0 cx c
0!
V t02 t02
x2 = r , t2 = r .
y V2 V2
1− 2 y !
1− 2
c c
x0 ∆x0B
B
∆x0A
A
P ∆x0C
C
x0
Amadori-Lussardi Introduzione alla teoria della relatività
Relatività ristretta 29
t0 − t01
t2 − t1 = r 2 .
V2
1− 2
c
Indicando con ∆t0 l’intervallo temporale rispetto al riferimento K 0 , il SRI rispetto
al quale l’orologio è in quiete, e con ∆t l’intervallo temporale rispetto al riferimento
K, abbiamo
∆t0
∆t = r .
V2
1− 2
c
Il valore ∆t0 si chiama tempo proprio, il tempo misurato dall’orologio in quiete, e
∆t, che risulta maggiore del tempo proprio, si dice che ha subito la dilatazione di
Lorentz. Anche in questo caso si noti l’importante fatto indicato dal limite
lim ∆t = +∞.
V →c
Consideriamo infine nel SRI dato da K 0 un punto che si muove di moto rettilineo
uniforme lungo una traiettoria parallela all’asse x0 e con verso positivo. La velocità
di detto punto sia, nel riferimento K 0 , data da v 0 . Si considerino i due eventi (x01 , t01 )
e (x02 , t02 ), con x01 < x02 e t01 < t02 , per cui valga
x02 − x01
v0 =
t02 − t01
0 x x!
Amadori-Lussardi Introduzione alla teoria della relatività
30 Capitolo 2
y y!
V
z z!
K!
K (x!1 , t!1 ) v!
(x!2 , t!2 )
0 x x!
0 !
y y!
x0 ∆x00
B (x01 , t01 ) e (x02 , B
Figura 2.6: Gli eventi t2 ).
∆x0A
A
P ∆x0C
C
x0
che, sostituendo e semplificando, diventa
v0 + V
cono di luce v= .
v0 V
1 +∆x21
c
0 x1 x1
Questa è la formula della composizione relativistica delle velocità. È interessante
notare il caso limite in cui V = c e v 0 = c perché il conseguente risultato v = c
mostra chiaramente che, come è giusto aspettarsi in relatività ristretta, la velocità
della luce nel vuoto c risulta insuperabile. D’altra parte, invece, facendo il limite
classico c → +∞, ritorna la legge classica di composizione delle velocità v = v 0 + V .
2.4 Lo spazio−tempo M4
Siano K e K 0 due SRI di cui il secondo si muove con velocità uniforme V
lungo la direzione positiva dell’asse x rispetto al primo, come nella figura 2.2. La
trasformazione di Lorentz è dunque data da
3
V 0
x0 + V t 0
y = y0 2
x + t0
x= r , , c
t= r .
V2 z = z0 V2
1− 2 1− 2
c c
Il fatto saliente di questa trasformazione è che le coordinate spaziali e temporali
sono mescolate. Questo suggerisce la rivoluzionaria idea, rispetto alla meccanica
classica ed al senso comune, di spazio−tempo (cronotopo), cioè di un unicum in
cui spazio e tempo sono indissolubilmente legati. Un evento spazio−temporale,
detto anche punto d’universo, è indicato dalla quaterna (x, y, z, t) ed una curva
nello spazio−tempo è detta linea d’universo.
Amadori-Lussardi Introduzione alla teoria della relatività
Relatività ristretta 31
Nella letteratura a volte si trova anche una analoga definizione in cui il segno meno
è presente al primo termine mentre gli altri segni sono positivi. Lo spazio R4 dotato
del prodotto interno (2.7) è detto spazio pseudoeuclideo di Minkowski M4 . È facile
dimostrare che
ha, bi = hL(a), L(b)i.
Per questo motivo L è un operatore ortogonale e questo significa che L può conside-
rarsi un operatore di rotazione nello spazio pseudoeuclideo M4 . La trasformazione
di Lorentz, quindi, rappresenta geometricamente una rotazione in M4 . Il prodotto
interno (2.7) induce in M4 la pseudometrica di Lorentz
0 0 0 −1
Il significato fisico della pseudometrica (2.8) sta nel fatto che la formula della
distanza (2.8) vale anche per eventi non infinitamente vicini; si ha perciò
ha la seguente espressione:
V1 V2 V3
γ −γ −γ −γ
c c c
V1 γ 2 (V 1 )2 γ2 V 1V 2 γ2 V 1V 3
−γ 1+
c γ + 1 c2 γ + 1 c2 γ + 1 c2
−γ V
2
γ2 V 1V 2 γ 2 (V 2 )2 γ2 V 2V 3
1+
c γ + 1 c2 γ + 1 c2 γ + 1 c2
V3 γ2 V 1V 3 γ2 V 2V 2 γ 2 (V 3 )2
−γ 1+
c γ + 1 c2 γ + 1 c2 γ + 1 c2
dove abbiamo posto
1
γ=r .
(V 1 )2 + (V 2 )2 + (V 3 )2
1−
c2
L’insieme delle trasformazioni di Lorentz forma un gruppo, e più precisamente un
sottogruppo del gruppo delle isometrie (gruppo di Poincaré) dello spazio−tempo M4 ;
in particolare il gruppo delle isometrie di M4 contiene le trasformazioni di Lorentz e
le traslazioni. Lo spazio−tempo di Minkowski quindi può essere studiato, dal punto
di vista matematico, seguendo il Programma di Erlangen, ovvero studiando le
trasformazioni dello spazio stesso. Osserviamo a tal proposito che la pseudometrica
di Lorentz rende la geometria dello spazio M4 una geometria non euclidea, e più
precisamente di tipo iperbolico; per maggiori dettagli sullo studio matematico dello
spazio di Minkowski si veda [8].
0 Introduzione alla
x teoria della x!
Amadori-Lussardi 0! relatività
34 Capitolo 2
y y!
x0 ∆x0B
B
∆x0A
A
P ∆x0C
C
x0
cono di luce
∆x1
0 x1 x1
x0
cono di luce
0
x2
x1
x0 B
∆x0B
Figura 2.8: Cono di luce.
P
x0
∆x1
0 x1 x1
Amadori-Lussardi Introduzione alla teoria della relatività
Relatività ristretta 35
è formata da eventi dai quali nel passato di P , tenendo fisse le sue coordinate
spaziali, sono partiti raggi di luce che poi hanno raggiunto P , mentre la superficie
del semicono superiore è formata da eventi che saranno raggiunti nel futuro di P
x0
da raggi di luce che partono da P .
L’intervallo P B ha lunghezza
q cono di luce
P B = (∆x0B )2 − (∆x1 )2 > 0.
P
Si tratta, come si dice, di un intervallo di genere tempo, rappresentato dalla
figura 2.9 Il significato fisico di un intervallo di genere tempo è che i suoi estremi,
nell’esempio gli eventi P e B, sono collegabili da un eventuale segnale di velocità
0
minore di c. Infatti, il segnale rappresentato dal segmento P B ha velocità minore
di c essendo ∆x0B > ∆x1 da cui deriva che x2
∆x
< c.
∆tB
L’intervallo P C ha lunghezza
x1
x0 B
∆x0B
P
x0
∆x1
0 x1 x1
x0
Figura 2.9: Intervallo di genere tempo.
∆x0
qP C C
x0 P C = (∆xC ) − (∆x )
0 2 1 2
∆x1
> c.
∆tC
4
x
∆x
1
Amadori-Lussardi Introduzione alla teoria della relatività
36 0 x1
Capitolo 2 x1
x0
P ∆x0C
C
x0
∆x1
0 x1 x1
Per quanto riguarda i concetti di prima, dopo, futuro e passato, si deve notare
quanto segue, illustrato nella figura 2.114 L’intervallo P A è di genere tempo ovvero
x0 futuro assoluto
A
P
F B
C
E
D
0 x1
passato assoluto
cono di luce
0
x
B e passato assoluto.
Figura 2.11: Futuro assoluto
la sua lunghezza è positiva. Questo significa che, essendo essa invariante per la
trasformazione di Lorentz, sarà positiva anche per ogni altro SRI. Poiché tA > tP ,
l’evento A sarà sempre dopo l’evento P in ogni SRI, cioè in modo assoluto. I
punti interni al semicono superiore del cono di luce con vertice in P sono detti il
A
futuro assoluto di P . Anche l’intervallo P D è di genere tempo, ma per esso vale
tD < tP . I punti interni al semicono inferiore del cono di luce con vertice in P
sono detti, per questo,0 il passato assoluto di P . Gli intervallix P B, P C, P E, P F ,
1
sono di genere spazio cioè hanno lunghezza immaginaria. Per questi eventi, pur
essendo le lunghezze dei suddettiz intervalli ancora degli invarianti, il prima e il dopo
K µ1
F1
r1
F2
µ2
Amadori-Lussardi Introduzione alla teoria della relatività
Relatività ristretta 37
l’evento P non sono concetti assoluti, bensì sono relativi. Per esempio, l’evento B
nel grafico risulta dopo P . In un altro SRI il suo trasformato potrebbe avvenire
prima del trasformato di P .
dove k è una opportuna costante che in questa fase non possiamo ancora definire, e
AB è un arco di curva che congiunge gli eventi A e B, dunque una traiettoria nello
spazio−tempo M4 . Supponendo che il principio di minima azione sia un principio
generale che sta alla base di ogni teoria fisica, possiamo scrivere la condizione
E C
Amadori-Lussardi Introduzione alla D
teoria della relatività
38 0 Capitolo 2 x1
passato assoluto
cono di luce
0
x
B
0 x1
variazionale Z
δS = kδ ds = 0.
AB
Questa equazione determina l’equazione del moto di una particella libera in mec-
canica relativistica. Definiamo dx0 = dx0 e dxi = −dxi per i = 1, 2, 3; allora si
ha v
u 3
uX
ds = t dxi dxi
i=0
Ne segue che
3
dxi
Z X
δS = k δdxi = 0.
AB i=0 ds
dxi dxi
ui = , ui =
ds 5 ds
si ha
Z 3
X
δS = k ui δdxi = 0.
AB i=0
Poiché per definizione di variazione è δxi (A) = δxi (B) = 0, si ottiene infine, per
l’arbitrarietà di δxi ,
dui
= 0. (2.10)
ds
che sono le equazioni di Eulero−Lagrange per l’azione (2.9). Queste sono le
dui
equazioni del moto di una particella libera in meccanica relativistica. Il vettore
ds
è detto quadriaccelerazione e la (2.10) dice, in analogia con la meccanica classica,
che l’accelerazione di una particella libera in un SRI è nulla, ovvero la sua velocità
è costante.
Le equazioni del moto (2.10) sono Lorentz−invarianti in quanto un vettore
che è nullo in un sistema di riferimento lo sarà, date le leggi di trasformazioni
dei vettori, anche in ogni altro. Abbiamo così costruito la meccanica relativistica
almeno soddisfacendo il requisito di Lorentz−invarianza. Per soddisfare il limite
classico, cioè
β 2 00
L = L(β) = L(0) + βL0 (0) + L (0) + o(β 2 )
2
Essendo
β 1
L0 (β) = −kc p , L00 (β) = −kc p
1− β2 (1 − β 2 )3
avremo
1 v2
L = kc − k + o(v 2 /c2 )
2 c
Tenendo presente che la lagrangiana è definibile a meno di una costante additiva
v
e facendo il limite β = → 0, otteniamo, approssimando al secondo ordine, la
c
Amadori-Lussardi Introduzione alla teoria della relatività
40 Capitolo 2
1 v2 1
lagrangiana classica L = − k che, confrontata con la nota L = mv 2 , fornisce
2 c 2
k = −mc. La lagrangiana relativistica della particella libera è allora data da
r
v2
L = −mc 1 − 2
2
(2.11)
c
mentre l’azione sarà dunque data da
r
tB
v2
Z
S = −mc 2
1− dt.
tA c2
Ricaviamo ora le equazioni del moto per la particella libera. Deve essere
d ∂L ∂L d ∂L ∂L d ∂L ∂L
= , = , =
dt ∂ ẋ ∂x dt ∂ ẏ ∂y dt ∂ ż ∂z
da cui, utilizzando la (2.11), si deduce
d ẋ d ẏ d ż
r = 0, r = 0, r =0
dt v2 dt v2 dt v2
1− 2 1− 2 1− 2
c c c
ovvero
ẋ ẏ ż
r = costante, r = costante, r = costante.
v2 v2 v2
1− 1− 1− 2
c2 c2 c
La soluzione del sistema precedente è il moto rettilineo uniforme
x = a1 t + b1
y = a2 t + b2
z = a3 t + b3
mc2
E=r .
v2
1− 2
c
Amadori-Lussardi Introduzione alla teoria della relatività
Relatività ristretta 41
Φ
dove q è la carica della particella e Ai = , −A . Applichiamo il principio di
c
minima azione; si ha
Z 3
X
δS = δ(S1 + S2 ) = δ − mc ds − q Ai dxi = 0.
AB i=0
0
F01 F02 F03
−F01 0 F12 F13
Fik = .
−F02 −F12 0 F23
−F03 −F13 −F23 0
Si ottiene
1 Ex Ey Ez
∂A1 ∂A0 ∂Ax ∂Φ
F01 = 0
− 1
= − − = , F02 = , F03 =
∂x ∂x c ∂t ∂x c c c
dxi
ui =
ds
e l’elemento ds, espresso nelle coordinate cartesiane x, y, z ed il tempo t, vale
r
v2
ds = cdt 1 − 2 .
c
Amadori-Lussardi Introduzione alla teoria della relatività
44 Capitolo 2
dove dΩ = dx0 dx1 dx2 dx3 = cdtdxdydz = cdtdV è l’elemento volumetrico quadri-
dimensionale e l’integrale è eseguito su tutto il volume, rispetto alle coordinate
spaziali, e fra gli istanti tA e tB rispetto alla coordinata temporale. Nella maggio-
ranza dei casi pratici, invece di considerare cariche puntiformi, si usa considerare
dq
distribuzioni continue di cariche. Sia % = la densità di carica. Poiché dq = %dV
dV
è uno scalare, possiamo costruire il quadrivettore
dxi
dqdxi = %dV dxi = %dV dt .
dt
dxi
Poiché dV dt è uno scalare, si deduce che è un quadrivettore. Definiamo così il
dt
quadrivettore densità di corrente, o semplicemente quadricorrente, come il vettore
dxi
Ji = %
dt
le cui componenti sono Ji = (c%, %ẋ, %ẏ, %ż) = (c%, %v) = (c%, J), dove J è la densità
di corrente della teoria del campo elettromagnetico di Maxwell. L’azione S2 allora
diventa
3 3 3
XZ dxi
X Z X Z X
S2 = − qj Ai dx = − %
i
Ai dx dV = − %
i
Ai dV dt
j AB i=0 i=0 i=0
dt
3
Z X
=− Ai Ji dV dt
i=0
cioè
3
1
Z X
S2 = − Ai Ji dΩ
c i=0
Amadori-Lussardi Introduzione alla teoria della relatività
46 Capitolo 2
dove l’integrale è eseguito su tutto il volume, rispetto alle coordinate spaziali, e fra
gli istanti tA e tB rispetto alla coordinata temporale. Applichiamo il principio di
minima azione. Si ha
3 3
1
Z X
cε0 X
δS = δ(S2 + S3 ) = −δ Ai Ji + Fik F ik dΩ = 0.
c i=0 4
i,k=0
per cui, integrando per parti il secondo termine e supponendo il campo nullo
all’infinito, si ricava
3 3
1 ∂F ik
Z X X
J + cε0
i
δAi dΩ = 0.
i=0
c ∂xk
k=0
1
per ogni i = 0, 1, 2, 3. Ricordando che = ε0 µ0 possiamo infine scrivere
c2
3
X ∂F ik
= −µ0 Ji , i = 0, 1, 2, 3. (2.15)
∂xk
k=0
Amadori-Lussardi Introduzione alla teoria della relatività
Relatività ristretta 47
% ∂E
divE = , rotB = µ0 J + ε0 µ0
ε0 ∂t
che costituiscono le altre due delle quattro equazioni di Maxwell (2.1). La (2.15)
rappresenta quindi la notazione quadridimensionale delle altre due equazioni di
Maxwell, quelle che descrivono il campo elettromagnetico generato dalle cariche.