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Funzioni di più variabili

Complementi di Matematica (A-L), A.A. 2021-22

Marco Sciandrone
DIAG, Sapienza Università di Roma
email: sciandrone@diag.uniroma1.it
1 Sommario
Queste note contengono i concetti basilari riguardanti le funzioni definite sullo spazio euclideo
n−dimensionale. Sono indirizzate a studenti del secondo anno di Ingegneria Gestionale e non
hanno la velleità di sostituire un libro di testo. Vogliono rappresentare una guida si supporto per
affrontare il passaggio concettuale dall’analisi di funzioni di una variabile a quella di funzioni
a più variabili.

2 Lo spazio euclideo Rn
Per introdurre formalmente lo spazio euclideo Rn abbiamo necessità di richiamare la definizione
di prodotto cartesiano.

Definizione 1 Dati due insiemi A e B, si definisce prodotto cartesiano tra A e B, e si indica


come A × B, l’insieme delle coppie ordinate (a, b) tali che a ∈ A e b ∈ B, i.e.,

A × B = {(a, b) a ∈ A, b ∈ B}

Esempio. A = {2, 3, −1}, B = {1, 10}

A × B = {(2, 1), (2, 10), (3, 1), (3, 10), (−1, 1), (−1, 10)}

Il prodotto cartesiano può essere esteso alla composizione di n insiemi considerando l’insieme
delle n-uple ordinate

A1 × A2 × . . . Ai × . . . × An = {(a1 , a2 , . . . , ai , . . . an ) : ai ∈ Ai , i = 1, . . . , n}

Il piano cartesiano è costruito come prodotto cartesiano

R2 = R × R

di due copie della retta reale. Analogamente, si possono considerare tre copie della retta reale
ottenendo lo spazio

R3 = R × R × R = {(x, y, z) : x ∈ R, y ∈ R, z ∈ R}

In generale, indichiamo lo spazio euclideo con Rn , come l’insieme delle n-uple di numeri reali,
i.e.,
Rn = {(x1 , x2 , . . . , xi , . . . , xn ) : xi ∈ R, i = 1, . . . , n}

2
2.1 Differenza tra R e Rn
Nel passaggio dall’insieme dei reali R allo spazio euclideo Rn osserviamo che “perdiamo” la
relazione d’ordine. A differenza di R, lo spazio Rn non è uno spazio ordinato. Possiamo con-
frontare due qualsiasi numeri (due elementi di R) in termini di maggiore o uguale o minore o
uguale, non possiamo fare la stessa cosa con due vettori (due elementi di Rn ). Descriviamo in
modo leggermente più formale quanto appena detto.
Dato un insieme X, una relazione d’ordine è una relazione binaria (che indichiamo con ≤)

X × X → {0, 1}

che è riflessiva (a ≤ a), antisimmetrica (a ≤ b e b ≤ a implica a = b), transitiva (a ≤ b e b ≤ c


implica a ≤ c) e totale (a ≤ b oppure b ≤ a). Una relazione binaria prende in ingresso due
elementi di X e restituisce in uscita il valore 0 oppure il valore 1.
Si definisce insieme parzialmente ordinato la coppia costituita da un insieme e da una relazione
d’ordine su di esso. L’insieme dei reali è un insieme parzialmente ordinato munito della re-
lazione d’ordine totale a ≤ b. Lo spazio euclideo Rn non è un insieme parzialmente ordinato.
Di conseguenza, concetti come estremo superiore, estremo inferiore di un insieme, che si basano
su una relazione d’ordine e che quindi sono ben definiti in R, non sono estendibili allo spazio
Rn .
Analogamente, l’ampliamento di R a R∗ = R ∪ {−∞} ∪ {+∞} non è integralmente estendibile,
come vedremo, a Rn .

2.2 Spazi vettoriali e Rn


Un insieme V si dice spazio vettoriale o lineare sul campo dei reali R se sono definite le op-
erazioni di somma e di prodotto per numeri reali che verificano un certo numero di assiomi.
L’esempio fondamentale di spazio vettoriale è Rn , in cui abbiamo le usuali somme tra vettori e
prodotto di uno scalare per un vettore:

x + y = (x1 + y1 , x2 + y2 , . . . xi + yi , . . . , xn + yn )

αx = (αx1 , αx2 , . . . , αi xi , . . . , αxn )

Possiamo dare la definizione di sottospazio lineare, come un insieme W ⊆ Rn tale che αx+β y ∈
Rn per ogni x, y ∈ W e per ogni α, β ∈ R.

3 Funzioni a valori scalari e a valori vettoriali


Si consideri una funzione f che prende in ingresso un generico vettore x in Rn e restituisce uno
scalare, i.e., f : Rn → R.

3
Esempio f : R4 → R
f (x1 , x2 , x3 , x4 ) = x1 x2 + x12 x42 − x1 x2 x3 x4

Una funzione a valori vettoriali prende un vettore x in Rn e restituisce un vettore in Rm , con


m ≥ 2, i.e., f : Rn → Rm .
Esempio f : R3 → R2
x2 + xyz − z3
 

f (x, y, z) =  p 
x2 + y2 + z2

Definizione 2 (Dominio)
Si definisce dominio di f l’insieme dei punti x ∈ Rn tali che esiste f (x).

Indichiamo con D ⊆ Rn il dominio di f .


Sintetizzando, una funzione f di n variabili può essere:

• a valori scalari, i.e.,


f : D ⊆ Rn → R

• a valori vettoriali, i.e.,


f : D ⊆ Rn → Rm

Esempi (n = 2)
f (x, y) = x2 y2 + log(x + y), D = {(x, y) : x + y > 0}
p
f (x, y) = x3 − y3 1 − x2 − y2 , D = {(x, y) : 1 − x2 − y2 ≥ 0}
1
f (x, y) = xy + 10 log(x2 + y2 − 9), D = {(x, y) : x2 + y2 − 9 > 0, xy 6= 0}

4 Norma, distanza, prodotto scalare in Rn


Vogliamo inizialmente formalizzare la nozione di “lunghezza” di un vettore. Dato un vettore
x ∈ Rn , una prima possibilità “ragionevole” è quella di considerare la cosiddetta norma euclidea,
indicata con kxk2 e definita come segue
q
kxk2 = x12 + x22 + . . . + xn2

Possiamo generalizzare il concetto di norma di un vettore? La definizione seguente introduce il


concetto generale di norma, da intendere come “lunghezza” di un vettore.

4
Definizione 3 (Norma)
Si definisce norma su Rn una funzione a valori reali che associa a ogni x ∈ Rn un numero reale
kxk (detto norma di x) in modo tale che valgano le seguenti proprietà:

(i) kxk ≥ 0 per ogni x ∈ Rn ;

(ii) kxk = 0 se e solo se x = 0;

(iii) kx + yk ≤ kxk + kyk per ogni x, y ∈ Rn ;

(iv) kαxk = |α|kxk per ogni α ∈ R, x ∈ Rn .

Se x ∈ Rn è un vettore con componenti x1 , x2 , . . . , xn ∈ R una norma su Rn si può definire po-


nendo:
" #1
n p

kxk p = ∑ |xi| p , p≥1


i=1

nel qual caso è detta norma di Hőlder (o norma ` p ). In particolare, per p = 1 si ha la norma `1 :
n
kxk1 = ∑ |xi |
i=1

e per p = 2 si ottiene la cosiddetta norma euclidea (o norma `2 ):


!1
n 2
2
kxk2 = ∑ xi .
i=1

Un’altra norma su Rn (detta norma `∞ o norma di Chebichev) è data da:

kxk∞ = max |xi |.


1≤i≤n

Si dimostra che le funzioni k · k p con 1 ≤ p ≤ ∞ soddisfano le condizioni della Def. 3 e quindi


costituiscono delle norme su Rn .
È facile verificare che dalla definizione di norma segue la diseguaglianza:

kx − yk ≥ |kxk − kyk|

Si dimostra che su uno spazio a dimensione finita (e quindi, in particolare, su Rn ) tutte le


norme sono equivalenti nel senso che se k · ka e k · kb sono due norme qualsiasi esistono costanti
c2 ≥ c1 > 0 tali che, per ogni x ∈ Rn risulti

c1 kxka ≤ kxkb ≤ c2 kxka .

5
In particolare, si verifica che valgono le diseguaglianze seguenti.
kxk1 ≥ kxk2 ≥ kxk∞

kxk1 ≤ nkxk2

kxk2 ≤ nkxk∞
Ricordiamo che in R la distanza tra due numeri a, b è espressa mediante il valore assoluto della
loro differenza, i.e.,
|a − b|
Vogliamo generalizzare il concetto di distanza ed estenderlo al caso di vettori in Rn . Dati due
vettori x, y ∈ Rn , la loro distanza euclidea d(x, y) è
q
d(x, y) = (x1 − y1 )2 + (x2 − y2 )2 + . . . + (xn − yn )2

i.e.,
d(x, y) = kx − yk2
A partire da una generica norma è possibile introdurre una metrica su Rn , ossia definire la
“distanza” tra due vettori x, y ∈ Rn , ponendo:
d(x, y) = kx − yk.
La funzione d : Rn × Rn → R cosı̀ definita si dice distanza o metrica.
Possiamo generalizzare il concetto di distanza come segue.
Definizione 4 (Distanza o metrica)
Una funzione d : Rn × Rn → R si dice distanza o metrica se valgono le proprietà:
(i) d(x, y) ≥ 0 per ogni x, y ∈ Rn ;
(ii) d(x, y) = 0 se e solo se x = y;
(iii) d(x, y) ≤ d(x, z) + d(y, z) per ogni x, y, z ∈ Rn ;
(iv) d(x, y) = d(y, x), per ogni x, y ∈ Rn .

Si verifica facilmente che la funzione d(x, y) = kx − yk soddisfa le condizioni della Def. 4 e


quindi definisce una distanza.
È da notare che il concetto di distanza può essere introdotto indipendentemente da quello di
norma e non presuppone una struttura di spazio lineare. Sullo spazio Rn si può introdurre la
nozione di prodotto scalare di due vettori attraverso la definizione seguente.
Definizione 5 (Prodotto scalare (o prodotto interno))
Una funzione a valori reali definta su Rn × Rn si dice prodotto scalare o prodotto interno se ad
ogni coppia x, y ∈ Rn associa un numero (x, y) (detto prodotto scalare di x per y) in modo che
valgano le seguenti proprietà:

6
(i) (x, x) ≥ 0 per ogni x ∈ Rn

(ii) (x, x) = 0 se e solo se x = 0

(iii) (x, y) = (y, x) per ogni x, y ∈ Rn

(iv) (αx, y) = α(x, y) per ogni α ∈ R, x, y ∈ Rn

(v) (x + y, z) = (x, z) + (y, z) per ogni x, y, z ∈ Rn .

Un prodotto scalare su Rn (detto prodotto scalare euclideo) si può definire ponendo


n
(x, y) = ∑ xi yi
i=1

essendo xi e yi , per i = 1, . . . , n le componenti di x e y rispettivamente. Con notazioni di calcolo


matriciale, si può scrivere:
(x, y) = xT y = yT x
A partire dal prodotto scalare è possibile introdurre una norma ponendo:
1
kxk = (x, x) 2

Si verifica che la funzione cosı̀ definita soddisfa le condizioni della definizione di norma. In
particolare, la norma euclidea si può introdurre ponendo:
1
kxk2 = (xT x) 2

Vale la diseguaglianza seguente.


Proposizione 1 (Diseguaglianza di Cauchy-Schwarz)
Sia (x, y) = xT y. Allora si ha
|(x, y)| ≤ kxk2 kyk2
e vale il segno di eguaglianza se e solo se esiste α ∈ R tale che x = αy.

Dim. Se x = 0 oppure y = 0, la tesi risulta vera. Supponiamo quindi x 6= 0, y 6= 0. Preso λ ∈ R,


possiamo scrivere
0 ≤ kx − λ yk2 = kxk2 − 2λ xT y + λ 2 kyk2 .
Prendiamo
xT y
λ=
kyk2
e otteniamo

(xT y)2
0 ≤ kx − λ yk2 = kxk2 −
kyk2

7
da cui segue
(yT x)2 ≤ kxk2 kyk2 ,
i.e.,
|yT x| ≤ kxkkyk.
Dobbiamo ora dimostrare il se e solo se.
Se x = β y, per sostituzione otteniamo la tesi.
Dimostriamo il solo se, ossia |xT y| = kxkkyk implica x = β y.
Come sopra, possiamo scrivere

(xT y) 2 2 (xT y)2 2 kxk2 kyk2


0 ≤ kx − yk = kxk − = kxk − = 0,
kyk2 kyk2 kyk2

i.e.,
(xT y)
x= y
kyk2
2
La nozione di prodotto scalare consente, in particolare, di definire concetti geometrici quali
l’angolo tra vettori e l’ortogonalità tra vettori.

Definizione 6 (Angolo tra due vettori)


Si definisce angolo tra due vettori x, y ∈ Rn non nulli il numero θ ∈ [0, π], tale che

xT y
cos θ = .
kxk2 kyk2

Dalla definizione precedente segue che l’angolo tra x e y è acuto (θ < π2 ), retto (θ = π2 ) o ottuso
(θ > π2 ) a seconda che il prodotto scalare xT y sia positivo, nullo o negativo.

Definizione 7 (Vettori ortogonali)


Due vettori x, y ∈ Rn si dicono ortogonali se xT y = 0.

5 Definizioni e proprietà di insiemi in Rn


Come richiamato in Appendice , per arrivare alla definizione di limite di una funzione di una
variabile abbiamo bisogno del concetto di punto di accumulazione di un insieme che, a sua
volta, si basa sul concetto di intorno sferico di un punto di R. Al fine di generalizzare questi
concetti, i.e., intorno sferico, punto di accumulazione, limite di una funzione, introduciamo la
definizione seguente.

8
Definizione 8 (Sfera aperta, sfera chiusa)
Si definisce sfera aperta, di centro x0 e raggio ρ > 0 l’insieme

B(x0 , ρ) = {x ∈ Rn : kx − x0 k < ρ},

e sfera chiusa l’insieme

B̄(x0 , ρ) = {x ∈ Rn : kx − x0 k ≤ ρ}.

Una sfera aperta è quindi la generalizzazione di intorno sferico introdotto in R. Nel seguito
parleremo indifferentemente di sfera aperta oppure di intorno sferico. Possiamo quindi definire
la nozione di insieme aperto e di insieme chiuso.

Definizione 9 (Insieme aperto, insieme chiuso)


Si dice che l’insieme E ⊆ Rn è aperto, se per ogni x ∈ E esiste una sfera aperta di centro x tutta
contenuta in E, ossia esiste ρ > 0 tale che

B(x, ρ) ⊆ E.

Si dice che E ⊆ Rn è chiuso se il complemento di E, ossia l’insieme Rn \E = {x ∈ Rn : x 6∈ E}, è


un insieme aperto.

Definizione 10 (Interno e chiusura di un insieme)


Sia E ⊆ Rn ; si dice che x ∈ E è un punto interno di E se esiste un ρ > 0 tale che B(x, ρ) ⊆ E.
Si dice che x ∈ Rn è un punto di chiusura di E se, per ogni ρ > 0, risulta B(x, ρ) ∩ E 6= 0.
/
Si definisce interno di E l’insieme int(E) di tutti i punti interni di E e chiusura di E l’insieme Ē
di tutti i punti di chiusura di E.

Definizione 11 (Punto esterno)


Un punto x ∈ Rn si dice punto esterno dell’insieme E se è un punto interno del complemento di
E, ossia se esiste un intorno B(x, ρ) contenuto nel complemento di E, ossia nell’insieme Rn \E.

Definizione 12 (Frontiera di un insieme)


Sia E ⊆ Rn ; si dice che x ∈ Rn è un punto di frontiera di E se per ogni ρ > 0 si ha B(x, ρ)∩E 6= 0/
e B(x, ρ) ∩ (Rn \E) 6= 0.
/
Si definisce frontiera di E l’insieme ∂ E dei punti di frontiera di E.

Si osservi che un punto di frontiera può o no appartenere all’insieme.

9
Definizione 13 (Punto di accumulazione di un insieme)
Dato un insieme E ⊆ Rn , diremo che un punto x̄ ∈ Rn è un punto di accumulazione di E se in
ogni intorno B(x̄, ρ) esiste almeno un punto x 6= x̄ appartenente all’insieme E:

∀B(x̄, ρ) ⇒ (E ∩ B(x̄, ρ)\ {x̄} 6= 0/

Si osservi che un punto di accumulazione può o no appartenere all’insieme. L’insieme di punti


di accumulazione di un insieme E viene indicato con DE.
Definizione 14 (Punto isolato di un insieme)
Dato un insieme E ⊆ Rn , diremo che un punto x̄ ∈ E è un punto isolato E se non è un punto di
accumulazione dell’insieme.
Si osservi che per definizione un punto isolato appartiene all’insieme. Inoltre, un punto isolato
è un punto di frontiera.
Tenendo conto delle definizioni precedenti si ha:
- int(E) è un insieme aperto e Ē è un insieme chiuso;

- E è aperto se e solo se E = int(E) e E è chiuso se e solo se Ē = E;

- Ē = E ∪ ∂ E;

- la sfera aperta è ovviamente un insieme aperto e la sfera chiusa è un insieme chiuso

- 0/ e Rn sono al tempo stesso insiemi chiusi e aperti.

Proposizione 2 Sia E ⊆ Rn . Le seguenti affermazioni sono equivalenti.


(i) E è chiuso;

(ii) ∂ E ⊆ S;

(iii) E contiene tutti i suoi punti di accumulazione.

Dim.
(i) ⇒ (ii). Dobbiamo far vedere che x ∈ ∂ E implica x ∈ E. Questo equivale a dire che x ∈
/E
implica x ∈/ ∂ E.
Se x ∈
/ E, allora x appartiene al complemento di E che è aperto essendo S chiuso. Quindi esiste
un intorno di x tutto contenuto nel complemento di E, ossia che non ha punti di E e quindi x
non può essere punto di frontiera di E.
(ii) ⇒ (iii)
Supponiamo per assurdo che la tesi sia falsa. Esiste quindi un punto di accumulazione x̄ di E
che è esterno oppure che appartiene a ∂ E. Essendo di accumulazione, deve necessariamente
appartenere a ∂ E, il che è assurdo perchè ∂ E ⊆ E.

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(iii) ⇒ (i)
Possiamo equivalentemente dimostrare che il complemento di E è aperto. Se x̄ non appartiene
a E, per l’ipotesi (iii) non è punto di accumulazione di E, quindi possiamo trovare un intorno di
x̄ che contiene esclusivamente punti del complemento di E che, quindi, risulta aperto. 2
Esempio. Si consideri in R2 il seguente insieme

E = {(x, y) : −1 < x ≤ 1, −1 ≤ y ≤ 1}\{(0, 0)}

Osserviamo che:

- la frontiera è
∂ E = {(x, y) : x = −1, −1 ≤ y ≤ 1} ∪ {(x, y) : x = 1, −1 ≤ y ≤ 1} ∪ {(x, y) : −1 < x ≤ 1, y = −1}

∪{(x, y) : −1 < x ≤ 1, y = 1} ∪ {(0, 0)}

- l’insieme dei punti di accumulazione è

DE = {(x, y) : −1 ≤ x ≤ 1, −1 ≤ y ≤ 1}

- l’insieme chiusura è

E = {(x, y) : −1 ≤ x ≤ 1, −1 ≤ y ≤ 1}

- l’insieme E non è nè aperto (alcuni punti di frontiera appartengono ad E e quindi non
sono punti interni) nè chiuso (la frontiera non è tutta contenuta in E).

Altre proprietà di insiemi in Rn

/ Rn sono sia aperti che chiusi;


(i) Gli insiemi 0,

(ii) l’unione di una sottofamiglia qualsiasi (finita o infinita) di elementi di insiemi aperti è un
insieme aperto;

(iii) l’intersezione di un numero finito di insieme aperti è un insieme aperto.

Come conseguenza delle definizioni introdotte si ha anche:

(iv) l’unione di un numero finito di insiemi chiusi è un insieme chiuso;

(v) l’intersezione di una sottofamiglia qualsiasi di insiemi chiusi è un insieme chiuso.

I seguenti esempi mostrano, rispettivamente, che:

- l’intersezione di un numero infinito di aperti può non essere un aperto;

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- l’unione di un numero infinito di chiusi può non essere un chiuso.
Esempio. Sia In = (0, 1 + 1/n) per n = 1, . . . , ∞. Considerando l’intersezione di un numero
infinito di intervalli aperti In otteniamo

∩∞ ∞
n=1 In = ∩n=1 (0, 1 + 1/n) = (0, 1]

che non è un insieme aperto. 2


Esempio. Sia In = [0, 1 − 1/n] per n = 1, . . . , ∞. Considerando l’unione di un numero infinito
di intervalli chiusi In otteniamo

∪∞ ∞
n=1 In = ∪n=1 [0, 1 − 1/n] = [0, 1)

che non è un insieme chiuso. 2

Definizione 15 (Insieme limitato)


Un insieme E ⊆ Rn si dice limitato se esiste un M > 0 tale che

kxk ≤ M per ogni x ∈ E.

In modo equivalente possiamo dire che l’insieme E si dice limitato se esiste una sfera aperta
B(0, M) di centro l’origine e raggio M che contiene l’insieme.

Definizione 16 (Insieme compatto)


Un insieme E ⊆ Rn si dice compatto se è chiuso e limitato.

In conseguenza della definizione sono compatti, ad esempio:


- l’insieme vuoto 0;
/

- un insieme costituito da un singolo punto {x};

- la sfera chiusa B̄(x; ρ) = {y ∈ Rn : ky − xk ≤ ρ};

- il box n−dimensionale:

S = {x ∈ Rn : a j ≤ x j ≤ b j , j = 1, . . . , n};

mentre non sono compatti


- lo spazio Rn (non è limitato);

- la sfera aperta B(x; ρ) = {y ∈ Rn : ky − xk < ρ} (non è chiuso);

- il semispazio S = {x ∈ Rn : x ≥ 0} (non è limitato).

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6 Il concetto di limite
Come richiamato in appendice, il concetto di limite di una funzione di una variabile poggia sul
concetto di intorno sferico aperto. Avendo introdotto in Rn l’intorno sferico aperto, possiamo
quindi estendere il concetto di limite al caso di funzioni di più variabili. Per maggiore generalità
si può fare riferimento al concetto di intorno.

Definizione 17 (Intorno) Un insieme I è un intorno di un punto x0 ∈ Rn se contiene un aperto


contenente il punto.

Un intorno sferico è ovviamente un particolare intorno, e quindi nulla vieta di pensare il tutto
sempre in termini di intorni sferici aperti.
Sia dato un insieme D ⊆ Rn , sia data una funzione f : D → R, si consideri un punto x0 ∈ Rn , tale
che x0 ∈ D(D), i.e., x0 punto di accumulazione di D. In perfetta analogia con quanto visto per
i limiti di funzioni di una variabile, con l’unica accortezza di tenere conto della definizione di
intorno sferico aperto in Rn , possiamo dare le definizioni seguenti di limiti.

1)
lim f (x) = l
x→x0

∀ε > 0, ∃δε : x ∈ D, 0 < kx − x0 k < δε ⇒ | f (x) − l| < ε

2)
lim f (x) = +∞
x→x0

∀M > 0, ∃δM : x ∈ D, 0 < kx − x0 k < δM ⇒ f (x) > M

3)
lim f (x) = −∞
x→x0

∀M > 0, ∃δM : x ∈ D, 0 < kx − x0 k < δM ⇒ f (x) < −M

Avendo introdotto l’ampliamento dello spazio dei reali definito come segue

R∗ = R ∪ {+∞} ∪ {−∞},

possiamo unificare le definizioni di limite per x tendente a un punto x0 .


/ x0 ∈ D(D), l ∈ R∗ , diremo che l è il limite di f per x → x0 se comunque si
Dati D ⊂ Rn , D 6= 0,
scelga un intorno J di l, esiste un intorno I di x0 tale che f (x) ∈ J per ogni x ∈ I ∩ D, x 6= x0 .
La condizione x0 ∈ D(D) assicura che l’insieme D ∩ I\{x0 } è non vuoto qualunque sia l’intorno
I.
Per le funzioni di una variabile reale, l’ampliamento R∗ = R ∪ {+∞} ∪ {−∞} ha permesso di
considerare gli elementi ±∞ come punti di accumulazione tramite l’introduzione dei loro intorni
(per poi poter definire il concetto di limite per x → ±∞). È evidente che, a causa della mancanza

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di ordinamento, tale tipo di ampliamento non si estende a Rn se n > 1. Rimane comunque possi-
bile introdurre il concetto di limite per kxk → ∞: ciò consentirà di descrivere il comportamento
di funzioni per valori sempre più grandi di kxk. È quindi naturale introdurre come ampliamento
di Rn l’insieme Rn ∪ {∞}. Per caratterizzare il nuovo elemento, ∞, si definiscono gli intorni di
ogni elemento di Rn ∪ {∞} come segue:

- per ogni x ∈ Rn , B(x, ρ) è un intorno di x;

- gli insiemi {y ∈ Rn : kyk > a} ∪ {∞}, con a ∈ [0, +∞) sono intorni di ∞.

In questo modo possiamo parlare di ∞ come punto di accumulazione di un insieme. Sia dato un
insieme D ⊆ Rn , sia data una funzione f : D → R, si assuma che ∞ ∈ D(D).

4)
lim f (x) = l
kxk→∞
se
∀ε > 0, ∃a ≥ 0 : ∀x ∈ D : kxk > a ⇒ | f (x) − l| < ε

5)
lim f (x) = +∞
kxk→∞
se
∀M > 0, ∃a ≥ 0 : ∀x ∈ D : kxk > a ⇒ f (x) > M

6)
lim f (x) = −∞
kxk→∞
se
∀M > 0, ∃a ≥ 0 : ∀x ∈ A : kxk > a ⇒ f (x) < −M

Analogamente a quanto fatto per il limite tendente a un punto x0 , possiamo unificare la definizione.
/ ∞ ∈ D(D), l ∈ R∗ , diremo che l è il limite di f per kxk → ∞ se comunque
Dati D ⊂ Rn , D 6= 0,
si scelga un intorno J di l, esiste un intorno I di ∞ tale che f (x) ∈ J per ogni x ∈ I ∩ D.
Possiamo ora dare la definizione generale di limite.
/ x0 ∈ Rn ∪{∞}, x0 ∈ D(D), l ∈ R∗ , diremo che l è il limite di f per x →→ x0 ,
Dati D ⊂ Rn , D 6= 0,
i.e.,
lim f (x) = l
x→x0

se comunque si scelga un intorno J di l, esiste un intorno I di x0 tale che f (x) ∈ J per ogni
x ∈ I ∩ D, x 6= x0 .

Non è difficile vedere che si estendono a funzioni Rn → R proprietà generali dei limiti di fun-
zioni reali di variabile reale che non dipendono dalla struttura di ordine:

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- teorema di unicità del limite (dipende dal fatto che in Rn , presi due punti distinti, esistono
due intorni dei punti che hanno intersezione nulla);

- limite di somma e prodotto per uno scalare sono uguali, rispettivamente, alla somma e al
prodotto dei limiti qualora questi esistano finiti;

e proprietà che dipendono dal fatto che il codominio R è ordinato

- teorema della permanenza del segno

- Teorema del confronto: date tre funzioni f , g, h tali

f (x) → l x → x0 h(x) → l x → x0

f (x) ≤ g(x) ≤ h(x) ∀x ∈ U/x0


allora
g(x) → l x → x0

6.1 Continuità di una funzione


Il concetto di limite permette di introdurre le definizioni di funzione continua in un punto e di
funzione continua in un insieme.

Definizione 18 (Funzione continua)


Sia f : D ⊆ Rn → R. Diremo che f è continua in un punto x0 ∈ D se x0 è isolato, oppure è punto
di accumulazione di D e risulta
lim f (x) = f (x0 )
x→x0

Inoltre, f si dice continua sull’insieme D se è continua in ogni punto di D.

6.2 Limiti di funzioni a valori vettoriali


Si consideri una funzione f : Rn → Rm a valori vettoriali. Sia D il dominio di f e sia x0 punto di
accumulazione di D. I casi 1)-2) e 4)-5) di limiti di funzioni scalari si generalizzano facilmente
al caso vettoriale. Infatti, occorre solo osservare che nel caso di funzione f a valori scalari
la distanza dal suo limite viene espressa con un valore assoluto, mentre nel caso di funzione
f a valori vettoriali la distanza dal suo limite viene espressa con una norma essendo coinvolti
vettori. Abbiamo, in particolare, le seguenti definizioni.

1v)
lim f (x) = l
x→x0

∀ε > 0, ∃δε : x ∈ D, 0 < kx − x0 k < δε ⇒ || f (x) − l|| < ε

15
2v)
lim f (x) = ∞
x→x0

∀M > 0, ∃δM : x ∈ D, 0 < kx − x0 k < δM ⇒ k f (x)k > M

4v)
lim f (x) = l
kxk→∞
se
∀ε > 0, ∃a : ∀x ∈ D : kxk > a ⇒ k f (x) − lk < ε

5v)
lim f (x) = +∞
kxk→∞
se
∀Γ > 0, ∃M : ∀x ∈ D : kxk > M ⇒ k f (x)k > Γ

Si dimostra facilmente che posto

f (x) = ( f1 (x), f2 (x), . . . , fm (x)) l = (l1 , l2 , . . . , lm )

si ha 

 limx→x0 f1 (x) = l1
 limx→x f2 (x) = l2

0
lim f (x) = l se e solo se ..
x→x0 
 .

x→x0 f m (x) = lm
 lim

Questo significa che il calcolo di limiti di funzioni da Rn in Rm si riduce a quello di limiti di


funzioni scalari. Per il calcolo di limiti di funzioni a più variabili scalari è importante introdurre
concetti e risultati riguardanti le successioni in Rn . Il calcolo di limiti è importante per verificare
la proprietà di continuità di una funzione.

Definizione 19 (Funzione vettoriale continua)


Sia f : D ⊆ Rn → Rm . Diremo che f è continua in un punto x0 ∈ D se x0 è isolato, oppure è
punto di accumulazione di D e risulta

lim f (x) = f (x0 )


x→x0

Inoltre, f si dice continua sull’insieme D se è continua in ogni punto di D.

16
7 Successioni di punti in Rn
Una successione di punti {xk } in Rn è una funzione che va da N → Rn .
Esempio. Si consideri la successione N → R4
 

 1/(k + 1) 

 2
k −1 
{xk } =   k = 0, 1, . . .


 k 

log(k + 1)
 

Definizione 20 (Limite di una successione)


Sia {xk } una successione di elementi di Rn . Si dice che {xk } converge a x ∈ Rn e che x è il limite
di {xk } (in simboli, lim xk = x, oppure xk → x) se risulta:
k→∞

lim kxk − xk = 0,
k→∞

ossia se per ogni ε > 0 esiste un kε tale che kxk − xk < ε per ogni k ≥ kε .

Una successione di dice convergente se esiste finito il limite per k → ∞ di {xk }, di dice diver-
gente se xk → ∞, altrimenti si dice irregolare.
Definizione 21 (Successione limitata)
Sia {xk } una successione di elementi di Rn . Si dice che {xk } è limitata se esiste un numero
M > 0 tale che
kak k ≤ M ∀k
Osserviamo che, dato un vettore x ∈ Rn , abbiamo
q
kxk = x12 + x22 + . . . + xn2 ≥ |xi | ∀i = 1, . . . , n

Di conseguenza, una successione {xk } di punti in Rn è limitata se e solo se sono limitate le


successioni delle singole componenti.
Esempio. Sia {xk } una successione di punti in R2 definita nel modo seguente
 
1
{xk } = −k,
k+1
La successione è illimitata essendo
kxk k ≥ |k|

Data una successione {xk }, una sua sottosuccessione (anche detta “successione estratta), è quel
che si ottiene da {xk } scartando alcuni termini, e conservandone infiniti. Tutto questo equiv-
ale a scegliere una successione strettamente crescente di indici interi {nk }, e a considerare la
successione di termini bk = xnk , dove k ∈ N .

17
In modo equivalente, per definire una sottosuccessione si prende un sottoinsieme K ⊂ N ,
quindi un sottoinsieme dei naturali, e si considerano solo gli elementi della successione as-
sociati a K.
Esempio. K = {1, 3, 5, 7, 9, . . .} Abbiamo

b1 = x1 b2 = a2 b3 = x5 b4 = x7 b5 = x9

Definizione 22 (Punto limite di una successione)


Si dice che x ∈ Rn è un punto limite di una successione {xk } se esiste una sottosuccessione di
{xk } convergente a x, ossia se, comunque si fissino ε > 0 e m > 0 esiste un k ≥ m tale che
kxk − xk < ε.

Una sottosuccessione di {xk } verrà indicata con il simbolo {xk }K , intendendo per K un insieme
infinito di indici. Se quindi x è un punto limite di {xk }, possiamo dire, equivalentemente, che
esiste {xk }K tale che
lim xk = x.
k∈K,k→∞

Esempio. Si consideri la successione di punti in R3


1 2
 
 k, k+1 , k  k ≤ 10
1
{xk } = 1, k+1 , 2  k > 10, k pari
1
−2, k+1 , −1 k > 10, k dispari

Siano K1 = {12, 14, 16, . . . , } e K2 = {11, 13, 15, . . . , }. Possiamo considerare le sottosuccessioni
{xk }K1 e {xk }K2 , i corrispondenti limiti, e ottenere
 
1
lim xk =  0 
k∈K1 ,k→∞
2
 
−2
lim xk =  0 
k∈K2 ,k→∞
−1
La successione {xk } ammette quindi due punti limite.

Vale il risultato seguente.

Proposizione 3 Un insieme E ⊆ Rn è limitato se e solo se ogni successione di elementi di E ha


almeno un punto di accumulazione in Rn (non necessariamente in E).
Un insieme E ⊆ Rn è chiuso se e solo se tutti i punti di accumulazione di ogni successione di
elementi di E appartengono a E.

18
Definizione 23 (Insieme compatto per sottosuccessioni)
Un insieme E ⊆ Rn si dice compatto se ogni successione di elementi di E ammette una sotto-
successione convergente a un elemento di E.

Su spazi a dimensione finita e quindi, in particolare, su Rn , si può dare, come fatto in precedenza,
una definizione equivalente di compattezza.

Proposizione 4 Un insieme E ⊆ Rn è compatto se e solo se è chiuso e limitato.

Teorema 1 (Bolzano-Weirstrass) Una sequenza {xk } limitata in Rn ammette almeno una sot-
tosequenza convergente.

Dim. Consideriamo la sequenza di scalari che si ottiene considerando la prima componente di


{xk }. Indichiamo come segue tale sequenza
(1)
{xk }

dove l’1 ad apice indica che ci stiamo riferendo alla prima componente. Per quanto osservato,
(1)
la successione di scalari {xk } è limitata essendo limitata la successione di punti {xk }.
Per il Teorema 9 in appendice esiste un ulteriore sottoinsieme infinito di indici per cui la
sequenza scalare della prima componente converge. Indichiamo con K1 questo sottoinsieme e
possiamo scrivere
(1)
lim xk = x̄1 .
k∈K1 ,k→∞

Adesso definiamo con l’insieme di indici K1 la sottosequenza di scalari che si ottiene da {xk }
considerando la seconda componente, i.e.,
(2)
{xk }K1

Questa è a sua volta una sottosequenza limitata di scalari. Per il Teorema 9 esiste un sot-
toinsieme infinito di indici per cui la sequenza scalare della seconda componente converge.
Indichiamo con K2 ⊆ K1 questo sottoinsieme e possiamo scrivere
(2)
lim x = x̄2 .
k∈K2 ,k→∞ k

Possiamo ripetere sequenzialmente il ragionamento per tutte le n componenti e possiamo quindi


concludere che esiste un sottoinsieme infinito di indici Kn ⊆ Kn−1 ⊆ . . . ⊆ K2 ⊆ K1 tale che

lim xk = x̄.
k∈Kn ,k→∞

2.

19
Teorema 2 (Bolzano-Weirstrass) Sia E ⊂ Rn un insieme limitato con infiniti punti. Allora
esiste almeno un punto di accumulazione di E

Dim. Sia {xk } una successione infinita di punti appartenenti all’insieme E. Essendo E limitato,
la successione {xk } è anch’essa limitata. Per il teorema precedente esiste una sottosuccessione
di punti distinti convergente a un punto limite x̄. In un qualsiasi intorno di x̄ esiste almeno un
punto xk della successione diverso da x̄ (per definizione di limite di una successione e tenendo
conto del fatto che la successione è costituita da un numero infinito di punti distinti) e il teorema
risulta dimostrato. 2

8 Restrizioni e calcolo di limiti


Il collegamento fra i limiti di successioni ed i limiti di funzioni f̀ornito dal teorema che segue.

Teorema 3 Sia f : A → R e sia x0 punto di accumulazione di A. Sia inoltre l ∈ R? . Allora


risulta
lim f (x) = l
x→x0

se e solo se per ogni successione {xn } ⊂ A\{x0 } tale che xn → x0 per n → ∞, risulta

lim f (xn ) = l.
n→∞

Sia f una funzione X → R e sia A ⊂ X; se ci limitiamo ad applicare la regola della funzione f


ai soli elementi di A, otteniamo una nuova funzione che prende il nome di restrizione di f ad A
e viene denotata con il simbolo f|A .

Teorema 4 Sia X ⊆ Rn , x0 ∈ R ∪ {∞} punto di accumulazione di X, l ∈ R? . Allora

lim f (x) = l
x→x0

se e solo se per ogni sottoinsieme A ⊆ X per cui x0 è punto di accumulazione risulta

lim f (x) = l
x∈A,x→x0

Il teorema precedente può essere usato in due modi:

a) per individuare un candidato per il limite della funzione da utilizzare per verificare, a
partire dalla definizione, che esso è effettivamente il limite di f ;

b) per riuscire a stabilire che il limite non esiste mostrando che su due restrizioni diverse il
valore del limite risulta diverso.

20
Vediamo un esempio del caso b):
xy
lim non esiste
(x,y)→(0,0) x2 + y2

Il dominio risulta essere


D = {(x, y) ∈ R2 : (x, y) 6= (0, 0)}
Si considerino i sottoinsiemi

A1 = {(x, y) ∈ R2 : y = 0, (x, y) 6= (0, 0)}

A2 = {(x, y) ∈ R2 : x = y, (x, y) 6= (0, 0)}


A1 e A2 sono sottoinsiemi di D e hanno (0, 0) come punto di accumulazione. Risulta
xy 0
lim = lim =0
(x,y)∈A1 ,(x,y)→(0,0) x2 + y2 x→0 x2

xy x2 1
lim = lim =
(x,y)∈A2 ,(x,y)→(0,0) x2 + y2 x→0 2x2 2

9 Spazio topologico
Si consideri lo spazio euclideo Rn . Abbiamo introdotto la norma euclidea, la distanza in Rn ,
la sfera aperta, possiamo introdurre la definizione di insieme aperto in Rn e la definizione di
intorno di un punto.
Abbiamo visto che valgono le seguenti proprietà.

/ Rn sono sia aperti che chiusi;


(i) Gli insiemi 0,

(ii) l’unione di una sottofamiglia qualsiasi (finita o infinita) di elementi di insiemi aperti è un
insieme aperto;

(ii) l’intersezione di un numero finito di insieme aperti è un insieme aperto.

Possiamo generalizzare i concetti e le definizioni date in Rn ?


Al posto di Rn consideriamo un generico insieme X, al posto della distanza indotta da una norma
(per esempio quella euclidea) introduciamo il concetto di metrica o distanza in X.

Definizione 24 (Distanza o metrica)


Una funzione d : X × X → R si dice distanza o metrica se valgono le proprietà:

(i) d(x, y) ≥ 0 per ogni x, y ∈ X;

(ii) d(x, y) = 0 se e solo se x = y;

21
(iii) d(x, y) ≤ d(x, z) + d(y, z) per ogni x, y, z ∈ X;
(iv) d(x, y) = d(y, x), per ogni x, y ∈ X.

Fatto questo, possiamo generalizzare il concetto di sfera aperta e di conseguenza di insieme


aperto nello spazio metrico (X, d).
Dato uno spazio metrico (X, d), indichiamo con P(X) l’insieme delle parti di X, ossia l’insieme
di tutti i suoi sottoinsiemi.
La collezione τ ⊂ P(X) di tutti gli aperti è detta topologia indotta dalla metrica d.
Valgono le tre proprietà (insieme vuoto e X appartengono alla topologia, l’unione di un numero
finito o infinito di aperti è un aperto, l’intersezione di un numero finito di aperti è un aperto).
A questo punto, prescindendo dalla metrica, e quindi dalla topologia indotta da una metrica,
possiamo introdurre il concetto generale di spazio topologico.
Definizione di spazio topologico. Sia X un insieme. Una topologia di X è una famiglia τ di
sottinsiemi di X per la quale valgono le tre proprietà. Gli elementi di τ sono detti aperti di X, la
coppia (X, τ) è uno spazio topologico.
Definizione di intorno. Siano (X, τ) uno spazio topologico e x ∈ X. Un insieme U ⊂ X è detto
un intorno di x se esiste un aperto A ⊂ X tale che x ∈ A ⊂ U.
Lo spazio topologico (X, τ) è detto di Hausdorff se ogni coppia di punti distinti ha intorni
disgiunti.
Sia (X, d) uno spazio metrico. La topologia indotta da d definisce uno spazio topologico di
Hausdorff.
Non tutti gli spazi topologici sono di Hausdorff.
In spazi di Hausdorff vale l’unicità del limite (se esiste).

10 Appendice
10.1 Estremo superiore e estremo inferiore
Sia A un insieme di numeri reali. Diremo che Ω è un maggiorante per A se per ogni x ∈ A risulta
x≤Ω
Diremo che λ è un minorante per A se per ogni x ∈ A risulta
x≥λ
Se esiste almeno un maggiorante, l’insieme si dice limitato superiormente; se esiste almeno un
minorante, l’insieme si dice limitato inferiormente.
Maggiorante → stima per eccesso, minorante → stima per difetto. Siamo interessati alla
migliore stima per difetto e alla migliore stima per eccesso.
Estremi superiore e inferiore. Il valore Ω è l’estremo superiore di E, e si scrive Ω = sup E, se

22
(i) Ω è un maggiorante;

(ii) ogni maggiorante L di E verifica Ω ≤ L

Analogamente
λ = inf E
L’estremo superiore (inferiore) se esiste è unico (dimostrazione ovvia).
I concetti di estremo superiore e inferiore sono applicabili ad ogni struttura matematica per la
quale è chiaro cosa si intende per un elemento essere “maggiore o uguale” di un altro elemento.
Quindi il concetto di estremo superiore si applica agli insiemi ordinati, per esempio sottoinsiemi
di numeri reali, razionali, naturali, ma non per esempio di numeri complessi.

Teorema 5 Sia E un insieme di R non vuoto e limitato superiormente (inferiormente). Allora


esiste l’estremo superiore (inferiore).

Discende dall’assioma di completezza dei numeri reali.


Siano A e B due sottoinsiemi non vuoti di R che soddisfino la seguente condizione: Per ogni
a ∈ A, per ogni b ∈ B, a ≤ b. Allora esiste (almeno) un numero λ ∈ R per il quale si ha, per
ogni a ∈ A, per ogni b ∈ B,
a≤λ ≤b

Teorema 6 Il valore Ω è l’estremo superiore di E se e solo se

(i) Ω è un maggiorante;

(ii) comunque preso ε > 0 abbiamo che Ω − ε non è più un maggiorante, i.e., esiste x ∈ E
tale che
Ω − ε < x.

Se l’insieme E non è limitato superiormente si prende sup E = +∞.


In modo perfettamente analogo si può dare il risultato riguardante l’estremo inferiore.

Teorema 7 Il valore λ è l’estremo inferiore di E se e solo se

(i) λ è un minorante;

(ii) comunque preso ε > 0 abbiamo che λ + ε non è più un minorante, i.e., esiste x ∈ E tale
che
x < λ + ε.

Se l’insieme E non è limitato inferiormente si prende inf E = −∞.

23
10.2 Intorni, punti di accumulazione, limiti in R
Sia x0 un punto in R. Definiamo intorno sferico aperto B(x0 , ρ) di centro x0 e ampiezza ρ
l’insieme dei punti
B(x0 , ρ) = {x ∈ R : |x − x0 | < ρ}
Un intorno sferico aperto è un intervallo

(x0 − ρ, x0 + ρ)

Definiamo intorno I(x0 ) di x0 un qualsiasi intervallo (a, b) contenente un intorno sferico aperto
di x0 , e quindi è un qualsiasi intervallo contenente x0 . Si consideri un insieme A ⊆ R. Diremo
che un punto x0 ∈ R è un punto di accumulazione di A se comunque si scelga un intorno I esiste
un punto x dell’intorno, con x diverso da x0 , che appartiene all’iansieme A, i.e.,

(A ∩ I) \{x0 } 6= 0/

Consideriamo R esteso, ossia


R∗ = R ∪ {−∞} ∪ {+∞}
Si estende in modo naturale il concetto di ordinamento

−∞ < x < +∞ ∀x ∈ R

Abbiamo ora bisogno di definire cosa si intende per intorno di +∞ o di −∞. Dato un qualsiasi
numero a, definiamo intorno di +∞ l’insieme

I(+∞) = {x ∈ R : x > a} a ∈ R∗ \{∞}

Analogamente possiamo definire un intorno di −∞:

I(−∞) = {x ∈ R : x < b} b ∈ R∗ \{∞}

Possiamo quindi estendere il concetto di punto di accumulazione in R∗ .


Dato un insieme A ⊆ R∗ , definiamo derivato di A, indicato con D(A), l’insieme dei suoi punti
di accumulazione.
Un punto x0 si dice non isolato se
x0 ∈ A ∩ D(A)
Un punto x0 ∈ A si dice isolato se
x0 ∈ A\D(A)
Dato un insieme A ⊆ R, data una funzione f : A → R, considerato un punto x0 ∈ R∗ , tale che
x0 ∈ D(A), possiamo introdurre il concetto di limite di f per x → x0 .
/ x0 ∈ D(A), l ∈ R∗ , diremo che l è il limite di f per x → x0 se comunque si
Dati A ⊂ R, A 6= 0,
scelga un intorno J di l, esiste un intorno I di x0 tale che f (x) ∈ J per ogni x ∈ I ∩ A, x 6= x0 .
La condizione x0 ∈ D(A) assicura che l’insieme A ∩ I\{x0 } è non vuoto qualunque sia l’intorno
I.

24
10.3 Successioni di punti in R
Una successione di punti in R è una funzione che va da N in R, dove N è l’insieme dei numeri
naturali. Una successione di indica con {ak }, con k = 0, 1, . . ..
Esempio. Sia  
1
{ak } = .
k2 + 1
Possiamo dare la definizione di limite di una successione.
Definizione 25 Sia {ak } una successione. Diremo che a è il limite della successione {ak } e
scriveremo
lim ak = a
k→∞
se comunque si scelga ε > 0 esiste un kε tale che

|ak − a| < ε

per ogni k > kε .

Una successione di dice convergente se esiste finito il limite per k → ∞ di {xk }, di dice diver-
gente se xk → ∞, altrimenti si dice irregolare.
Una successione {ak } si dice limitata se esiste un numero M > 0 tale che |ak | ≤ M per ogni
k. Data una successione {ak }, una sua sottosuccessione (anche detta “successione estratta),
è quel che si ottiene da {ak } scartando alcuni termini, e conservandone infiniti. Tutto questo
equivale a scegliere una successione strettamente crescente di indici interi {nk }, e a considerare
la successione di termini bk = ank , dove k ∈ N .
In modo equivalente, per definire una sottosuccessione si prende un sottoinsieme K ⊂ N ,
quindi un sottoinsieme infinito dei naturali, e si considerano solo gli elementi della successione
associati a K.
Esempio. K = {1, 3, 5, 7, 9, . . .} Abbiamo

b1 = a1 b2 = a3 b3 = a5 b4 = a7 b5 = a9

Successione monotona crescente ak+1 ≥ ak (decrescente: (ak+1 ≤ ak ) per ogni k = 0, 1, . . ..


Teorema 8 Una successione {ak } monotona (crescente o decrescente) e limitata (superior-
mente o inferiormente) è convergente e il suo limite è il suo estremo (superiore o inferiore).

Dim. Consideriamo il caso di successione monotona crescente e limitata e sia Ω il suo estremo
superiore, i.e.,
Ω = sup{ak : k ∈ N }
Dobbiamo far vedere che
lim ak = Ω,
k→∞

25
i.e., comunque si scelga ε > 0 esiste un kε tale che

Ω − ε < ak < Ω + ε (1)

per ogni k ≥ kε .
Dalla definizione di estremo superiore segue che

ak < Ω + ε (2)

per ogni k, e che esiste un kε tale che

Ω − ε < akε

Ricordando che la successione è monotona crescente possiamo scrivere

Ω − ε ≤ akε ≤ akε +1 ≤ akε +2 ≤ . . . (3)

La (2) e la (3) implicano che vale la (1) e quindi la tesi è dimostrata. 2.

Teorema 9 Una successione limitata ammette almeno una sottosuccessione convergente, i.e.,
almeno un punto limite.

Dim. Data la successione {ak }, si consideri la sottosuccessione infinita (se esiste)

ak1 , ak2 , ak3 , . . . , ak j , . . .

tale che
ak1 ≥ ak ∀k ≥ k1
ak2 ≥ ak ∀k ≥ k2
ak3 ≥ ak ∀k ≥ k3
... ...
La sottosuccessione cosı̀ definita, ammesso che esista, è tale che

ak1 > ak2 > ak3 ≥ . . .

ossia è monotona decrescente e quindi ammette limite per il teorema precedente. I punti ak1 ,
ak2 , . . . , ak j sono detti “picchi”.
Se tale sottosuccessione non esiste significa che da un certo indice k̄ in poi non esistono più
picchi. Sia k1 = k̄ + 1. Poichè ak1 non è un picco, esisterà un k2 > k1 tale che ak2 ≥ ak1 . Ripeto
il ragionamento con ak2 (che non è un picco perchè k2 > k̄) e troverò un indice k3 tale che
ak3 ≥ ak2 . Significa che posso definire una sottosuccessione monotona crescente che, per il
teorema precedente, ammette limite. 2

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