Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
Spazi di Hilbert
Per alleggerire la notazione verrà utilizzato, quando non si generi ambiguità, il simbolo (·, ·) al posto
di (·, ·)H .
Perciò, un prodotto interno è lineare rispetto alla prima variabile e quindi l’applicazione
1
CAPITOLO 1. SPAZI DI HILBERT 2
Cosı̀, la quantità k·k è una norma in H, e se lo spazio normato (H, k·k) risulta essere completo
diciamo che è uno spazio di Hilbert.
Oss.: per ogni y fissato in H, la funzione x 7−→ (x, y) è continua.
Esercizio 1 : Uno spazio unitario H è di Hilbert se e solo se: per ogni successione {xn } ⊂ H
che soddisfa lim (xn − xm , xn − xm ) = 0 esiste un elemento x ∈ H tale che xn → x.
n,m→+∞
♦♦♦
CAPITOLO 1. SPAZI DI HILBERT 3
In generale, la (1.2) non è soddisfatta in uno spazio vettoriale normato (X, k·k) , ma è
una conseguenza del fatto che la norma sia legata ad un prodotto interno dalla (1.1) . Anzi, è
possibile dimostrare che la (1.2) caratterizza esattamente quelle norme che “provengono” da
un prodotto interno.
Teorema 1.3 : Se (X, k·k) è uno spazio vettoriale normato, e se vale la (1.2) , è possibile
introdurre in X un prodotto scalare in modo che (·, ·)1/2 = k·k .
[Re (u + w, v) + Re (u − w, v)]
1
k(u + w) + vk2 − k(u + w) − vk2 + 1
k(u − w) + vk2 − k(u − w) − vk2
= 4 4
1
ku + vk2 − ku − vk2 = 2 Re (u, v) .
= 2
In modo analogo si prova la stessa relazione per le parti immaginarie, arrivando alla
(u + w, v) + (u − w, v) = 2 (u, w) .
Esercizio 4 : Lo spazio di Banach Lp (R, dx), 1 ≤ p < +∞, delle (classi di equivalenza di)
1/p
funzioni misurabili f : R → C tali che kf kp := R |f (x)|p dx
R
< +∞ non è uno spazio di
Hilbert rispetto a questa norma, se p 6= 2.
CAPITOLO 1. SPAZI DI HILBERT 4
1.2 Esempi
1] Lo spazio vettoriale Cn = {z = (z1 , ..., zn ) : zj ∈ C} con il prodotto interno
n
X
(z, w)Cn := zj wj
j=1
dove A = [aij ]ni,j=1 è una matrice Hermitiana (cioè tale che aij = aji ∀i, j) e definita positiva
(cioè tale che Ax · x >0 per ogni x 6= 0).
2] Lo spazio vettoriale `2 delle successioni z = {zj }+∞
j=1 , zj ∈ C, a quadrato sommabile (cioè
P+∞ 2
che soddisfano j=1 |zj | < +∞) con il prodotto interno
+∞
X
(z, w)`2 := zj wj
j=1
otteniamo (una volta passati alle classi di equivalenza rispetto all’uguaglianza q.o.) lo spazio
di Hilbert L2 (X) .
4] Un caso particolare di quest’ultimo si ottiene considerando un insieme A qualsiasi, la
σ−algebra P (A) e la misura µ del conteggio. Le funzioni (o “successioni generalizzate”) a
R 2 P 2
quadrato sommabile sono le f = {xa }a∈A per cui A |f | dµ = a∈A |xa | < +∞, e neces-
sariamente assumono valori non nulli in un insieme al più numerabile di indici a (vd. Sezione
1.6). Con il prodotto interno X
(f, g)`2 (A) := xa ya
a∈A
2
si ottiene lo spazio di Hilbert denotato con ` (A) .
5] Consideriamo lo spazio vettoriale H delle funzioni continue f : [0, 1] → C, ed introduciamo
il prodotto scalare Z 1
(f, g) := f (x) g (x) dx .
0
In questo modo H diventa spazio unitario.
D’ora in avanti useremo H per denotare uno spazio di Hilbert (cioè uno spazio unitario che,
rispetto alla norma indotta dal prodotto scalare, è di Banach).
1.3 Ortogonalità
Sia H uno spazio di Hilbert, e siano x, y ∈ H. Diciamo che x è ortogonale ad y, e scriviamo
x⊥y , se accade che il loro prodotto scalare è nullo, cioè
x⊥y ⇐⇒ (x, y) = 0 .
M ⊥ := {y ∈ H : y⊥M } (1.5)
= {y ∈ H : y⊥x, ∀x ∈ M }
\
= {x}⊥ .
x∈M
Proposizione 1.4 : Sia H uno spazio di Hilbert, e sia M un suo sottoinsieme non vuoto.
Allora M ⊥ è un sottospazio chiuso di H.
Dim.: Che M ⊥ sia un sottoinsieme lineare segue dalle proprietà del prodotto interno. Per ogni
x ∈ M l’insieme x⊥ è la controimmagine di 0 tramite la funzione continua (x, ·) , e quindi è chiuso.
Cosı̀, M ⊥ è chiuso in quanto intersezione di insiemi chiusi.
Teorema 1.5 (della migliore approssimazione): Sia H uno spazio di Hilbert, e sia M
un sottoinsieme chiuso, convesso e non vuoto di H. Allora, per ogni x0 ∈ H esiste un unico
y0 ∈ M che realizza la distanza di M da x0 , cioè tale che
kx0 − y0 k = inf kx0 − yk =: d (x0 , M ) . (1.6)
y∈M
per cui {yn } è una successione di Cauchy in H. Per la completezza, esiste y0 ∈ H tale che yn → y0 ,
ed inoltre y0 ∈ M per la chiusura di M. La continuità della norma assicura che ky0 k = d.
Se anche z0 ∈ M realizza la distanza
1 di M
da 0, il vettore 12 (y0 + z0 ) appartiene ad M per la
convessità, e non potendo avere
2 (y0 + z0 )
< d la stretta convessità della norma (vd. (1.3))
implica y0 = z0 .
Teorema 1.6 (delle proiezioni): Sia H uno spazio di Hilbert, ed M un suo sottospazio
chiuso. Ogni x ∈ H è decomponibile, in un unico modo, come somma
x = P x + Qx (1.7)
dove P x ∈ M e Qx ∈ M ⊥ .
Dim.: Per il generico x ∈ H definiamo come P x l’unico punto che, grazie al precedente teorema,
realizza la distanza di x da M, e Qx := x − P x.
Per verificare che Qx ∈ M ⊥ osserviamo che per ogni y ∈ M ed ogni λ ∈ C abbiamo P x + λy ∈ M,
per cui
b) kx − P xk = d(x, M ).
c) kx − Qxk = d(x, M ⊥ ).
e quindi Z
1
PM f = f
|Ω| Ω
è il valor medio di f in Ω.
1.4 Dualità
1.4.1 Il duale di uno spazio vettoriale normato
Ricordiamo che in un generico spazio vettoriale normato X su C (o R) i funzionali lineari
sono le applicazioni lineari f : X → C (R) . Questi funzionali sono limitati se lo sono sulla
bolla unitaria di X, cioè se
Nel seguito utilizzeremo la scrittura k·k per indicare la norma sia in X che nel suo duale.
Un risultato molto importante, e molto noto, afferma:
Teorema di Hahn-Banach: Siano X uno spazio vettoriale normato ed Y un suo sottospazio.
Ad ogni y ∗ ∈ Y ∗ è possibile associare un x∗ ∈ X ∗ in modo che kx∗ k = ky ∗ k e che y ∗ (y) =
x∗ (y) per ogni y ∈ Y.
Questo significa che ogni funzionale y ∗ ∈ Y ∗ può essere esteso a tutto X senza aumentarne
la norma. Tra le conseguenze di questo teorema vogliamo segnalare, perché saranno utili in
seguito, i seguenti risultati:
Corollario del Teorema di Hahn-Banach: Siano X uno spazio vettoriale normato ed Y
un suo sottospazio. Allora:
a) Se x0 ∈ X, con inf ky − x0 k = d > 0, esiste x∗ ∈ X ∗ tale che
y∈Y
Il problema di dare una rappresentazione analitica dei funzionali lineari, cioè di calcolare
esplicitamente i valori x∗ (x) al variare di x ∈ X, non ha, in generale, soluzione. Vi sono però
casi in cui questo è possibile.
Ad esempio, in uno spazio misurabile (Ω, S, µ) con µ misura σ-finita, il duale dello spazio di
Lebesgue Lp (Ω), 1 ≤ p < +∞, è lo spazio di Lebesgue Lq (Ω) , con p−1 + q −1 = 1. Questo
significa che ad ogni funzionale x∗ ∈ (Lp )∗ è possibile associare, in modo univoco, una funzione
g ∈ Lq in modo che Z
∗
x (f ) = f g dµ ∀f ∈ Lp
Ω
∗
ed inoltre la norma operatoriale kx k coincide con kgkLq .
Lemma 1.9 : L’applicazione σ è injettiva ed anti-lineare - cioè σ (λy + µz) = λσy + µσz -
nel caso H sia spazio complesso, e lineare se H è spazio reale.
Teorema 1.10 (F. Riesz): Sia H uno spazio di Hilbert. Ad ogni y ∗ ∈ H ∗ è possibile
associare un unico y ∈ H in modo che y ∗ = σy (cioè y ∗ (x) = (x, y) per ogni x ∈ H).
ovvero
y ∗ (x) = x, y ∗ (z0 )z0 ∀x ∈ H;
kσykH ∗ = kykH ∀y ∈ H
(σy, σz)H ∗ = (y, z)H ∀y, z ∈ H.
Quindi, la σ : H → H ∗ è un isomorfismo isometrico tra spazi di Hilbert.
(xa , xb ) = δab
Lemma 1.11 : Gli elementi di un sistema ortonormale sono tra loro linearmente indipen-
denti.
Da questi due risultati segue che in uno spazio di Hilbert n-dimensionale ogni s.o.n. ha
cardinalità non superiore ad n, e se il sistema è completo la cardinalità è esattamente n. Nel
caso di spazi ∞-dimensionali, invece, non vi sono restrizioni “a priori” sulla cardinalità di un
s.o.n..
2
Esempio 8] Se consideriamo il caso dello spazio n ` o(A) introdotto nell’Es. 4], per ogni a ∈ A
(a) (a)
costruiamo la successione generalizzata e(a) = xb definita come xb := δab . Ovviamente
(a) b∈A
e a∈A
costituisce un s.o.n., che è pure completo in quanto massimale. Infatti, un qualsiasi
altro elemento f = {ξb }b∈A ∈ ` (A) può essere ortogonale a tutti gli e(a) solo avendo tutti i
2
Lemma 1.14 : Sia H uno spazio di Hilbert (non necessariamente separabile), e sia {xn }n un
sistema ortonormale (al più numerabile). Allora, per ogni x ∈ H :
i) la successione numerica {|(x, xn )|} è a quadrato sommabile, con
X
|(x, xn )|2 ≤ kxk2 . (1.12)
n
Pm
(quest’ultima diseguaglianza dice che il vettore n=1 (x, xn ) xn è la proiezione di x sul sot-
tospazio m-dimensionale L ({x1 , ..., xm }).
z2 − u2
x2 :=
kz2 − u2 k
Il processo non si esaurisce in un numero finito di passi perché H ha dimensione infinita, ed inoltre
da cui, per m → +∞, si ottiene la (1.12) . Se invece la scelta dei coefficienti cn rimane libera, si ha
2
2
Xm
Xm
Xm
x − cn xn
≥ kxk2 − |(x, xn )|2 =
x − (x, xn ) xn
n=1
n=1
n=1
cioè la (1.13) .
Ricorrendo a tecniche dimostrative simili a quelle utilizzate per il precedente lemma rius-
ciamo ad arrivare ad una comprensione più profonda circa la struttura degli spazi di Hilbert
separabili.
Con l’affermazione i) del Lemma (1.14) abbiamo visto che se {xn }n è un sistema ortonormale
al più numerabile, per ogni x ∈ H la successione numerica {(x, xn )} appartiene ad `2 , e vale
la formula (1.12) . Con il prossimo teorema otteniamo un risultato più completo.
Teorema 1.15 : Siano H uno spazio di Hilbert (non necessariamente separabile), {xn }n un
sistema ortonormale (al più numerabile), e {cn } una successione di numeri complessi. Allora:
i) la serie n cn xn converge in H se e solo se {cn } ∈ `2 .
P
In questo caso:
ii) vale il teorema di Pitagora generalizzato
2
X
X
cn xn
= |cn |2 ; (1.15)
n
n
P
iii) la serie n cn xn è incondizionatamente convergente.
per m > n → +∞, e quindi la serie converge per la completezza di H. La (1.15) segue da
quest’ultima eguaglianza, usando n = 1 e m → +∞.
Pm Pm P
Se sm = j=1 cj xj , P
e tm = j=1 ckj xkj sono le somme parziali delle serie x = j cj xj e del suo
riarrangiamento z = j ckj xkj , per la continuità del prodotto scalare
X
(x, z) = lim (sm , tm ) = |cn |2 = (z, x)
m→+∞
n
e quindi
CAPITOLO 1. SPAZI DI HILBERT 14
Teorema 1.16 : Siano H uno spazio di Hilbert, e X = {xa }a∈A un sistema ortonormale.
Allora:
i) per ogni y ∈ H l’insieme degli indici a ∈ A per cui (y, xa ) 6= 0 è al più numerabile, cioè
P
ii) la somma a∈Ay (y, xa ) xa è incondizionatamente convergente;
iii) l’operatore X
E : y 7→ Ey := (y, xa ) xa
a∈Ay
Se uno di questi insiemi fosse infinito, potremmo trovare infiniti indici {an } ⊂ Ay (k), e per il s.o.n.
{xan }n non varrebbe la (1.12) . Perciò, tutti gli insiemi Ay (k) sono finiti, e quindi Ay = ∪+∞
k=1 Ay (k)
è al più numerabile.
La ii) segue dalla (1.12) e dal teorema 1.15, e quindi l’operatore E (lineare) è ben definito. Chiara-
⊥
mente Ey = 0 per y ∈ L {xa }a∈A .
Quando invece y ∈ L {xa }a∈A , per ogni ε > 0 possiamo trovare c1 , .., cn ∈ C e xa1 , .., xan ∈ X
in modo che, per la (1.13)
n
X
n
X
ε >
y − cj xaj
≥
y − y, xaj xaj
.
j=1 j=1
Al più escludendo alcuni deglixaj , pensiamo che tutti appartengano ad Ay ; per il punto i) l’insieme
Ay può essere elencato come xaj j≥1 , e dalla (1.14) è evidente che l’ultima diseguaglianza rimane
valida quando n → +∞. Per l’arbitrarietà di ε otteniamo Ey = y. Cosı̀, E è la proiezione su
L {xa }a∈A .
P
Notazione: per comodità di scrittura, nel seguito denoteremo la somma a∈Ay (y, xa ) xa
P
come a∈A (y, xa ) xa .
Oss.: dalla precedente dimostrazione risulta chiaro che la formula (1.12) può essere estesa
come X
|(y, xa )|2 ≤ kyk2 ∀y ∈ H. (1.17)
a∈A
I sistemi ortonormali X = {xa }a∈A per cui vale, per ogni y ∈ H, l’eguaglianza
X
y= (y, xa ) xa (1.18)
a∈A
CAPITOLO 1. SPAZI DI HILBERT 15
Teorema 1.17 : Siano H uno spazio di Hilbert, e X = {xa }a∈A un sistema ortonormale.
Allora, le affermazioni:
(a) X è una base ortonormale;
(b) X è completo;
(c) X è massimale;
(d) per ogni y ∈ H vale X
kyk2 = |(y, xa )|2 ; (1.19)
a∈A
sono equivalenti.
Ora siamo in grado di ottenere due risultati che generalizzano, per sistemi ortonormali
di qualunque cardinalità, quanto visto nei teoremi 1.13 e 1.15, e completano l’enunciato del
teorema 1.16.
X ≤ Y := X ⊆ Y
Teorema 1.19 (Riesz-Fischer): Siano H uno spazio di Hilbert, X = {xa }a∈A un P sistema
ortonormale completo, e {ca }a∈A una successione generalizzata. Allora la serie a∈A ca xa
converge ad un elemento y ∈ H se e solo se {ca } ∈ `2 (A) ; in questo caso
(y, xb ) = cb
per ogni b ∈ A.
CAPITOLO 1. SPAZI DI HILBERT 16
P
Dim.: Se la serie converge ad un elemento y = a∈A ca xa ∈ H, sappiamo che ca 6= 0 può accadere
solo per un insieme al più numerabile di indici a, e per questi indici è ca = (y, xa ) , per cui, per il
teorema 1.15, {ca } ∈ `2 (A) . Per gli altri indici b si ha
!
X
(y, xb ) = c a x a , xb = cb = 0 .
a∈A
Viceversa, se {ca } ∈ `2 (A) gli unici termini non nulli possono essere elencati in una successione
{can } ∈ `2 , e per il teorema 1.15 la serie n can xan = a∈A ca xa converge ad un elemento y ∈ H ,
P P
che soddisfa !
X
(y, xb ) = c a x a , xb = cb
a∈A
per ogni b ∈ A.
Teorema 1.20 : Siano H uno spazio di Hilbert e X = {xa }a∈A un sistema ortonormale. La
mappa
F : x ∈ H 7−→ {(x, xa )}a∈A
è un’applicazione lineare e continua da H in `2 (A) .
Se, inoltre, X è completo, F : H → `2 (A) è un’isometria lineare surjettiva (cioè H e `2 (A)
sono isometricamente isomorfi, e scriviamo H ∼ = `2 (A)).
Corollario 1.21 : In uno spazio di Hilbert H tutti i sistemi ortonormali completi hanno la
stessa cardinalità.
Corollario 1.22 : Due spazi di Hilbert con la stessa dimensione sono isometricamente iso-
morfi.
x̂ (a) := (x, xa )
CAPITOLO 1. SPAZI DI HILBERT 17
ed è nota con il nome di eguaglianza di Parseval. Cosı̀, la completezza di X può anche essere
tradotta nell’affermazione
Talvolta, ad esempio quando la funzione f assume solo valori reali, risulta più conveniente
utilizzare il sistema trigonometrico (reale) costituito dalle funzioni
n √ √ √ √ o
1, 2 cos x, 2 sin x, ..., 2 cos nx, 2 sin nx, ...
n≥1
che sono opportune combinazioni lineari delle eikx . Anche in questo caso si tratta di un sistema
ortonormale, ed i coefficienti di Fourier di f sono i numeri
Z
dx
Z √ dx
Z √ dx
A0 (f ) = f (x) ; An (f ) = f (x) 2 cos nx ; Bn (f ) = f (x) 2 sin nx n≥1
Q 2π Q 2π Q 2π
Oss.: Ogni funzione f definita in Q = [−π, π) può essere estesa a tutto l’asse reale in modo
da ottenere una funzione f˜ periodica di periodo 2π. La continuità di f in Q non garantisce la
continuità in R della f˜ : vi può essere un problema di raccordo
continuo nei punti x = 2kπ,
k ∈ Z. Questo può accadere anche nel caso f ∈ C Q , ma il problema viene superato se
f (−π) = f (π) . Useremo il simbolo Cper Q per denotare la famiglia delle funzioni continue
in [−π, π] che soddisfano quest’ultima condizione. Queste sono esattamente le funzioni f la cui
estensione periodica f˜ appartiene a Cper (R) , cioè le funzioni continue in R, e 2π-periodiche.
CAPITOLO 1. SPAZI DI HILBERT 19
Oss.: Gli integrali che definiscono i coefficienti di Fourier rispetto al sistema trigonometrico
(sia quello complesso che quello reale) hanno significato anche quando la funzione f ∈ L2 (Q)
soddisfa ipotesi meno restrittive. È sufficiente che f ∈ L1 (Q) % L2 (Q) per poter dare senso
alla nozione di serie di Fourier (trigonometrica) Sf. Questo aspetto delle serie di Fourier
trigonometriche verrà esaminato più a fondo nel prossimo capitolo. Per il momento, si segnala
che alcuni dei risultati che seguono hanno validità anche fuori dall’ambientazione L2 (Q) .
Allora g è 2π-periodica e
1 ˆ
ĝ (k) = f (k) ∀k ∈ Z, k 6= 0. (1.27)
ik
Esercizio 15 : Dimostrare il lemma.
Teorema 1.25 : Il sistema ortonormale eikx k∈Z è completo in L2 (Q) .
Dim.: Per il teorema 1.17 ci basta dimostrare la massimalità del sistema trigonometrico, cioè
l’affermazione
“f ∈ L2 (Q) , fˆ (k) = 0 ∀k ∈ Z =⇒ f (x) = 0 q.o. .” (1.28)
Vediamo che questo vale addirittura
per ogni f ∈ L1 (Q) .
Passo 1. Se f ∈ Cper Q , f 6= 0, ed assume solo valori reali la funzione |f | assume un valore
massimo assoluto M > 0 in x0 ∈ Q; pensiamo che f (x0 ) = M. Determiniamo δ > 0 in modo che
f (x) > M/2 in (x0 − δ, x0 + δ) .
Il polinomio trigonometrico di I grado T (x) = 1 − cos δ + cos (x − x0 ) soddisfa
|T (x)| ≤ 1 se |x − x0 | ≥ δ
T (x) ≥ 1 se |x − x0 | ≤ δ
T (x) ≥ λ > 1 se |x − x0 | ≤ δ/2
Passo 2. Se f ∈ Cper Q ed ha valori complessi, lo stesso discorso vale per Re f ed Im f.
1 2
R x una generica f ∈ L (Q) (e quindi anche per ogni f ∈ L (Q)) consideriamo la funzione
Passo 3. Per
F (x) := 0 f (t) dt. Per il precedente lemma, la condizione fˆ (0) = 0 implica la periodicità di F e
le condizioni fˆ (k) = 0 ∀k 6= 0 implicano che anche F̂ (k) = 0 ∀k 6= 0. Perciò, F (x) − F̂ (0) è
continua, periodica, ed ha tutti i coefficienti nulli, per cui F (x) ≡ F̂ (0) , ovvero f (x) = 0 q.o. .
b) Z
dx X ˆ 2
|f (x)|2 = f (k) (P arseval)
Q 2π Z
c) Z
dx X ˆ
f (x) g (x) = f (k) ĝ (k) (P lancherel)
Q 2π Z
lo spazio L2ρ è di Hilbert (reale). Assegnate due funzioni p, q : (a, b) → R tali che p non si
annulli mai e che p, q, p1 siano localmente integrabili, il problema consiste nel cercare soluzioni
u dell’equazione differenziale lineare del II ordine
0
(pu0 ) + qu + λρu = 0 , λ∈R
che soddisfino anche certe condizioni agli estremi.
(Per p (x) = ρ (x) ≡ 1 e q (x) ≡ 0 in (0, π) le funzioni trigonometriche sin mx e cos mx
soddisfano l’equazione differenziale quando λ = m2 .)
Quel che solitamente accade è che solo per particolari valori (autovalori) di λ esistono soluzioni
non banali (autofunzioni ) di questo problema.
0
Esempio 9] In (−1, 1) l’equazione differenziale ((1 − x2 ) u0 ) + λu = 0 ammette soluzioni
limitate solo nel caso λ = λn = n (n + 1) , n ≥ 0. In questo caso ρ (x) ≡ 1, e le autofunzioni
relative ai λn sono i polinomi di Legendre (o polinomi sferici) definiti per ricorrenza come
2n+1 n
P0 (x) ≡ 1 , P1 (x) = x , Pn+1 (x) = n+1 n
P (x) − P
n+1 n−1
(x)
CAPITOLO 1. SPAZI DI HILBERT 21
2 dn −x2
Hn (x) = (−1)n ex e
dxn
oppure possono essere definiti per ricorrenza da
−1/2
Esempio 11] In L2ρ ((−1, 1)) , con peso ρ (x) = (1 − x2 ) , utilizzando il processo di Gram-
n
Schmidt sulla famiglia {x }n≥0 otteniamo il sistema ortonormale completo
n o
−1/2 −1/2
π T0 (x) , (2/π) Tn (x)
n≥1
La quantità
kT k := inf {c : vale la (1.29)} (1.30)
kT xk
= sup = sup kT xk
x6=0 kxk kxk=1
(λI − T ) x = y
Se la matrice λI−T è invertibile il problema ha un’unica soluzione, mentre quando det (λI − T ) =
0 il problema diviene impossibile oppure indeterminato, ed in entrambe i casi non c’è unicità
di soluzione.
b) Tλ−1 esiste ed è limitato, ma il suo dominio non è denso in X; in questo caso diciamo che
λ appartiene allo spettro residuale di T ;
c) Tλ non è invertibile; questo significa che non è injettivo, e quindi esiste almeno un vettore
x 6= 0 che soddisfa T x = λx; in questo caso λ è un autovalore di T, e ogni tale x è
un autovettore di T, associato all’autovalore λ. Se λ è un autovalore di T, l’insieme dei
vettori x ∈ H che soddisfano T x = λx è un sottospazio chiuso di H, detto autospazio di
T associato all’autovalore λ.
v) la funzione λ 7→ Rλ è analitica in ρ (T ) ;
vi) lo spettro σ (T ) è un compatto non vuoto;
vii) il raggio spettrale r (σ (T )) := max |λ| (cioè il raggio del più piccolo disco di centro 0 che
λ∈σ(T )
a) Se S, T ∈ B (H, K) e α ∈ C abbiamo
(S + T )∗ = S ∗ + T ∗ e (αT )∗ = αT ∗
∗
e quindi l’aggiunzione : B (H, K) → B (K, H) è un omomorfismo anti-lineare.
∗
f ) L’aggiunzione : B (H, K) → B (K, H) è un isomorfismo isometrico anti-lineare.
Esempio 14] Consideriamo lo spazio di Hilbert L2 = L2 ((0, 1)) , e l’operatore T che ad ogni
funzione u ∈ L2 associa la funzione
Z x
T u (x) = u (t) dt x ∈ (0, 1) .
0
per cui Z 1
∗
T v (x) = v (t) dt .
x
N (T ) := {x ∈ H : T x = 0} (1.33)
a) N (T ) = R (T ∗ )⊥ ;
b) R (T ) = N (T ∗ )⊥ .
Oss.: abbiamo già dimostrato (vd. Propos. 1.4) che l’ortogonale di un qualsiasi sottoinsieme
è un sottospazio chiuso; questo fatto motiva l’esigenza di enunciare b) utilizzando la chiusura
di R (T ) .
Dim.:
x ∈ N (T ) ⇔ T x = 0 ⇔ 0 = (T x, y) = (x, T ∗ y) ∀y ∈ K
⇔ x⊥T ∗ y ∀y ∈ K ⇔ x ∈ R (T ∗ )⊥ .
I tre esempi illustrati sopra descrivono forme continue. La forma dell’Es. 16 potrebbe non
essere coerciva (dipende dagli autovalori di B). Quella dell’Es. 17 non lo è (verificarlo sulle
funzioni costanti).
CAPITOLO 1. SPAZI DI HILBERT 28
“Ad ogni y ∗ ∈ H ∗ può essere associato un unico y ∈ H in modo che y ∗ (·) = (·, y)H .”
Questo risultato può essere esteso alle forme bilineari (e alle sesquilineari) continue e coercive.
Per non appesantire la dimostrazione, ci limitiamo a presentare il risultato nel caso di spazi
di Hilbert reali.
Teorema 1.30 (Lax-Milgram): Sia B una forma bilineare continua e coerciva sullo spazio
di Hilbert reale H. Allora, per ogni funzionale y ∗ ∈ H ∗ esiste un unico elemento z ∈ H che
soddisfa
y ∗ (x) = B (x, z) per ogni x ∈ H.
Dim.: Dalla continuità di B ricaviamo che, per ogni y ∈ H fissato, la mappa B (·, y) è
un funzionale lineare e continuo su H e quindi, per il teorema di Riesz, questo funzionale è
rappresentabile mediante un unico elemento T y ∈ H, che quindi soddisfa
e quindi kT yk ≥ c kyk .
Inoltre, per ogni y 6= 0 si ha
per ogni x ∈ H.
Oss.: Dalla dimostrazione si ricava anche che la corrispondenza y ∗ 7→ z = T −1 σ −1 y ∗ è un
isomorfismo tra H ∗ ed H, e soddisfa la stima di stabilità
kzk ≤ c−1 ky ∗ k .
Bibliografia
A.Friedman, Foundations of Modern Analysis, Holt, Rinehart & Winston, 1970.
N.N.Lebedev, Special Functions and Their Applications, Dover, 1972.
D.Roux, Lezioni di Analisi Superiore, Masson, 1992.
W.Rudin, Real and Complex Analysis, McGraw-Hill, 1974.
S.Salsa, Equazioni a Derivate Parziali, Springer, 2004.
F.Tricomi, Istituzioni di Analisi Superiore, Cedam, 1964.
R.Wheeden e A.Zygmund, Measure and Integral, Marcel Dekker, 1977.