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Tesi - MasterMath 2021/2022

Trasformata di Fourier

Relatore: Riccarda Rossi, Studente: Nicola Frosi

Introduzione
L'argomento relativo alla trasformata di Fourier da un punto di vista matema-
tico si inserisce come naturale proseguimento delle serie di Fourier.
Per introdurre l'argomento diamo la seguente denizione:
Denition 0.1. Si chiama polinomio trigonometrico di ordine n la funzione
Pn : R → R

data da n
X
Pn (x) = (αk cos(kx) + βk sin kx)
k=0

con i coecienti αk e βk in R.
Pn è una funzione periodica ∀n ∈ N, ovvero

Pn (x + 2π) = Pn (x)

Naturalmente se n → ∞ si ha la serie trigonometrica.



X
= (αk cos(kx) + βk sin(kx))
k=0

Jean Baptiste Fourier (1768-1830) si è posto il seguente problema:


ogni funzione periodica può essere riscritta come somma pesata di funzioni
seno e coseno di dierente frequenza
ovvero, sia f = R → R una funzione 2π -periodica, esistono coecienti αk , βk
∈ R tali che

X
f (x) ∼ (αk cos(kx) + βk sin(kn))?
k=0

La risposta, sotto certe condizioni è si, ed i coecienti della serie di Fourier sono
stimati dalle seguenti espressioni:
Z 2π
1
ak = f (x) cos(kx)dx
π 0

1
Z 2π
1
bk = f (x) sin(x)dx
π 0
con k ∈ N. Viene cosi denito il polinomio trigonometrico di Fourier.
n
a0 X
+ (ak cos(kx) + bk sin(kx))
2
k=1

É noto che tale polinomio è quello che meglio approssima una funzione f 2π -
periodica nel senso della convergenza in media quadratica.
Tale convergenza ci permette di denire la serie di Fourier.

a0 X
+ (ak cos(kx) + bk sin(kx))
2
k=1

Come abbiamo visto durante il corso e senza addentrarci sui criteri di conver-
genza delle serie di Fourier, è possibile eetturare una rivisitazione di queste
serie procedendo nel modo seguente:
sia
eikx = cos(kx) + i sin(kx)
la nota formula di Eulero. Se applichiamo banalmente tale formula all'espres-
sione della serie di Fourier otteniamo le seguenti espressioni:
n
X
Sn (x) = fˆk eikx
k=−n

con Z 2π
ˆ(f )k = 1 f (x)e−ikx dx
2π 0
con k ∈ Z.
La serie di Fourier associata è:

X
fˆn einx
−∞

Ciò ci permette di introdurre una denizione preliminare della traformata di


Fourier, ovvero passando dalla serie all'integrale si ottiene la seguente espressio-
ne: Z ∞
fˆ(ξ) := f (x)e−iξx dx
−∞

che senso ha l'integrale appena scritto?


è ben denito?
quali richieste sono da fare per la f?
Durante il corso abbiamo arontato il problema mediante l'utilizzo degli inte-
grali impropri per denire quegli spazi nei quali la trasformata di Fourier ha
senso.
In particolare abbiamo denito gli spazi L1 ed L2 utilizzando la nozione di in-
tegrale improprio.
Lo scopo di questo lavoro è ampliare ed approfondire la teoria vista durante il

2
corso introducendo gli spazi Lp e le distribuzioni che sono i naturali ambienti
dove la trasformata di Fourier ha luogo.
Per fare ciò sono richieste delle nozioni, fornite in appendice, che riguardano
cenni alla teoria della misura, fondamento della matematica moderna e base di
partenza per la comprensione degli spazi Lp .

Trasformata di Fourier in L1
Per denire la trasformata in L1 introduciamo anzitutto la norma usualmente
associata a questo spazio. Z
∥u∥1 = |u(x)|dx

per ogni u ∈ L1 (Rn ).


Denition 0.2. Per ogni u ∈ L1 (Rn ) si pone
Z
F(u) = û(ξ) := e−iξ·x u(x)dx
Rn

con ξ ∈ Rn .
Il fatto di considerare lo spazio L1 per denire la trasformata di Fourier per
una funzione u deriva proprio dalla denizione. Infatti, intuitivamente, ci si
aspetta che la funzione integranda dell'integrale che denisce la trasformata sia
almeno integrabile e naturalmente nel senso di Lebesgue. In realtà supponiamo
che u stia nello spazio delle funzioni sommabili.
Esiste una sottile dierenza fra funzioni integrabili e funzioni sommabili nel
senso di Lebesgue. Le prime hanno parte positiva o negativa con integrale
nito. Le seconde hanno il modulo con integrale nito.
In particolare se ξ = 0 si ha:
Z
u(x)dx = (û)(0)
Rn

Dalla denizione appare chiaro che la trasformata di Fourier si può anche vedere
come un operatore, un funzionale, e in genere si indica con Fu.
Tale operatore associa ad ogni elemento di L1 la sua trasormata ed è un opera-
tore lineare.
Considerando il caso n = 1 e considerando la formula di Eulero si ha:
Z +∞ Z +∞
û(ξ) = u(x) cos(ξx)dx − i u(x) sin(ξx)dx
−∞ −∞

dove la formula di Eulero


eix = cos x + i sin x

Nel caso la funzione u ∈ L1 sia pari si ha:


Z +∞
û(ξ) = 2 u(x) cos (ξx)dx
0

3
nel caso sia dispari Z +∞
û(ξ) = −2i u(x) sin (ξx)dx
0
Se ad esempio poniamo
u = χ[−1,1] (x)
come facciamo a calcolare la trasformata?

Figura 1: Funzione caratteristica in [−1, 1].

Per denizione si ha: Z


û(ξ) = e−iξx u(x)dx
R

u è pari, ovvero u(−x) = u(x), quindi


Z +∞ Z 1 Z 1
2
û(x) = 2 u(x) cos (ξx)dx = 2 cos (ξx)dx = ξ cos (ξx)dx =
0 0 ξ 0
 1
2 2  2 sin (ξ)
sin (ξx) = sin (ξ) − 0 =
ξ 0 ξ ξ
2 sin (ξ)
⇒ û(ξ) =
ξ
OSS

u(x) = χ[−1,1] (x) ∈ L1 ?


dimostriamolo mediante l'integrale
Z Z 1
χ[−1,1] (x)dx = d=2<∞
Rn −1

⇒ u ∈ L1
Un altro esempio è il seguente. Sia data la funzione di Heaveside, H deinita
q.o. in R.

4
Figura 2: Funzione di Heaveside.

(
0 x<0
H(x) =
1 x>0

e si consideri la seguente funzione u ∈ L1 .


u(x) = e−x H(x)

Si può calcolare la trasformata di Fourier nel seguente modo:


Z +∞ Z +∞ Z +∞
û(ξ) = u(x)e−iξx dx = e−x H(x)e−iξx dx = e−x e−iξx dx =
−∞ −∞ 0
Z +∞ Z c
= e−(1+iξ)x dx = lim e−(1+iξ)x dx = ...
0 c→∞ 0
 c
1 −(1+iξ)x 1
... = − lim e =
(1 + iξ) c→+∞ 0 1 + iξ
1
⇒ û(ξ) =
1 + iξ
Importante è il seguente teorema che garantisce che se la funzione u è sommabile
allora la sua trasformata è limitata.
Theorem 0.1. Teorema di Riemann-Lebesgue Se u ∈ L1 (Rn ) allora û ∈ L∞ (Rn )
e risulta
∥û∥ ≤ ∥u∥1
Inoltre û è continua in R e innitesima all'innito.
n

Dimostrazione. Si dimostra la continuità.


siano ξ ∈ Rn e {ξk } una successione convergente a ξ , occorre dimostrare che
Z Z
lim e−iξk ·x u(x)dx = e−iξ·x u(x)dx
k→∞ Rn Rn

5
sapendo che
lim e−iξ·x u(x) → e−iξ·x u(x)
k→∞
ci sono le condizioni per applicare il teorema della convergenza dominata
con la funzione dominante g = |u|.
Quindi posso "portare dentro" al segno di integrale il limite e dimostrare la
continuità.
Per dimostrare che û è innitesima all'innito si consideri ϵ > 0 e si prenda una
funzione a scala w tale che
∥u − w∥1 ≤ ϵ
sia ora r > 0 tale che |ŵ(ξ)| ≤ ϵ per |ξ| ≥ r. Allora per |ξ| ≥ r
|û(ξ)| ≤ |û(ξ) − ŵ(ξ)| + |ŵ(ξ)| ≥ ∥w − u∥1 + |ŵ(ξ)| ≤ 2ϵ

Se l'insieme delle funzioni continue e innitesime all'innito è denotato con


C0 (Rn , R) allora il funzionale
F(u) : L1 → C0 (Rn ; R)
É possibile anche denire l'antitrasformata nel seguente modo:
Z
ǔ(ξ) := eiξ·x u(x)dx
Rn

Anche ǔ è continua, lineare ed innitesima all'innito se u ∈ L1 .


Fra le proprietà della trasformata nello spazio L1 si mostra la seguente.
Theorem 0.2. Siano u ∈ L1 (Rn ) e A una matrice n × n reale invertibile e At
la sua trasposta. Allora:

ˆ se v(x) = u(A−1 )x) ⇒ v̂(ξ) = det Aû(At ξ)


Si mostra un esempio di applicazione di tale proprietà.
Sia u(x) = e−|x| . Allora si ha:
Z +∞ Z +∞
û(x) = u(x)e−iξ·x dx = e−|x| e−iξ·x dx =
−∞ −∞
Z 0 Z +∞
ex e−iξ·x dx + e−x e−iξ·x dx =
−∞ 0
Z 0 Z c
1 1
= lim (1 − iξ)e 1−iξ)x
dx − lim −(1 + iξ)e−(1+iξ)x dx =
1 − iξ c→−∞ c 1 − iξ c→∞ 0
...
2
... =
1 + ξ2
2
⇒ û(ξ) =
1 + ξ2
posto A = λI con λ > 0 e I = Id, nel caso n = 1 si può considerare la funzione
u( λx ) e la sua trasformata λû(λξ).

6
Figura 3: Funzione u(x) = e−|x| .

(a) Le funzioni u( λx ). (b) Le funzioni λû(λξ).

Figura 4: Le funzioni u( λx ) e λû(λξ) a partire da u(x) = e−|x| e û(ξ) = 2


(1+ξ 2 ) .

Corollary 0.2.1. Sia u ∈ L1 (Rn ). Allora


ˆ se u è pari allora û è pari;
ˆ se u è dispari allora û è dispari;
ˆ se u è reale e pari allora û è reale e pari;
ˆ se u è reale e dispari allora û è puramente immaginaria e dispari;
Denition 0.3. Sia u ∈ L1 si denisce
Z
u(x) = (2π)−n eiξ·x û(ξ)dξ
Rn

formula di inversione
Theorem 0.3. Sia u ∈ L1 (Rn ) tale che u sia continua e limitata e û ∈ L1 (Rn .
Allora la formula di inversione vale per ogni x ∈ Rn .

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Un'osservazione fondamentale è il fatto che la corrispondenza tra F e F −1
"zoppica e non poco" (c.f.r. "Analisi Tre", Gilardi).
Il problema che si pone è il seguente.
Abbiamo denito l'antitraformata come
Z
ǔ(x) = (F −1 (x) = (2π)−n eiξ·x u(ξ)dξ
Rn

con x ∈ Rn . Ma non si ha il diritto di chiamarla inverso di F . In L1 la relazione


F −1 Fu = u, non vale per tutte le funzioni.
Il passaggio che si rende necessario è passare dalla trasformata denita per
funzioni sommabili alla trasformata per le distribuzioni.
La generalizzazione si basa sul seguente lemma:
Lemma 0.4. Se u, v ∈ L1 (Rn allora
Z Z
ûv = uv̂
Rn Rn

Come si vedrà nei prossimi paragra questa generalizzazione permette di


considerare la trasformata û di una distribuzione di u ∈ D′ (Rn ).
Fondamentale sarà quindi considerare delle funzioni test che non solo siano
Cc∞ (Ω) ma che abbiamo anche tutte le trasformate delle funzioni Cc∞ (Ω). Ciò
si realizza introducendo un ulteriore spazio chiamato spazio di Schwartz e
denotato con S(Rn ).

Spazi S(Rn)
Come spiegato nel precedente paragrafo per passare dalla trasformata di Fourier
per le funzioni sommabili alla trasformata di Fourier per le distribuzioni occorre
introdurre nuovi spazi.
In particolare viene introdotto lo spazio di Schwartz.
Esso è denito come lo spazio delle funzioni regolari che contiene le trasformate
di tutte le funzioni di Cc∞ (Ω), ovvero le trasformate di tutte le funzioni inni-
tamente derivabili a supporto compatto.
Lo spazio di Schwartz viene denotato con S(Rn ) ed i suoi elementi sono funzio-
ni che insieme a tutte le loro derivate hanno all'innito ordine di innitesimo
superiore ad ogni numero reale.
Denition 0.4. Con S(Rn ) denotiamo lo spazio delle funzioni v ∈ C ∞ (Rn )
tali che, per ogni α e β ∈ Nn si abbia che la funzione
{x → xα Dβ v(x)}

è limitata in Rn .
Dove
∂ |β| v
Dβ v(x) :=
∂ β1 x β
1 ...∂ n xn
e n
X
|β| := βj
j=1

8
con β ∈ Nn chiamato multi-indice e |β| chiamata lunghezza del multi-indice.
Ad esempio si consideri la funzione v(x) = e−x , v ∈ S . Infatti:
2

2 2x
v ′ (x) = −2xe−x = −
ex2
2x
lim − =0
x→+∞ e−x2
2 2 4x2 − 2 −x2
v ′′ (x) = (−2x)(−2x)e−x − 2e−x = e
/
4x2 − 2
lim 2 =0
x→+∞ e−x
...
in generale
2
v n (x) = P (x)e−x
2 P (x)
lim P (x)e−x = lim →0
k→∞ k→+∞ e−x2
con P (x) polinomio.
2
⇒ v(x) = e−x ∈ S
Quindi lo spazio di Schwartz è uno spazio di funzioni molto regolari.
Tale regolarità inuisce anche sul concetto di convergenza all'interno di tali
spazi, come risulta evidente dalla denizione successiva.
Denition 0.5. Diciamo che la successione vh converge a v in S(Rn ), se per
ogni α e β ∈ N si ha:
n

lim xα Dβ vh (x) = xα Dβ v
h

uniformemente per x ∈ Rn .
Si ricorda che data una successione di funzioni fn (x) e una funzione f su A,
per convergenza uniforme si intende
lim sup |fn (x) − f (x)|
n A

Lo spazio delle funzioni S(Rn ) viene anche detto spazio delle funzioni a
decrescenza rapida.
Proposition 0.1. Risulta S(Rn ) ⊆ L1 (Rn ). Inoltre, per ogni v ∈ S(Rn e α,
β ∈ N , si ha che le funzioni
n

{x → xα Dβ v(x)}

e
{x → Dα [xβ v(x)]}
appartengono a
S(Rn
.

9
Un'ultimo fondamentale teorema mostra come cambie la relazione fra la
trasformata e l'antitrasformata negli spazi S(Rn ).
Theorem 0.5. Per ogni v ∈ S(Rn ) si ha v̂, v̌ ∈ S(Rn .
Inoltre gli operatori
F, F̌ : S(Rn ) → S(Rn )
sono lineari e biiettivi con F̌ = F −1 .
Inne se vh è una successione convergente a v in S(Rn ), allora
v̂h → v̂

e
v̌h → v̌
in S(R ).
n

Trasformata di Fourier in S ′(Rn) delle distribuzioni


temperate
Il passaggio denitivo alle distribuzioni dalle funzioni sommabili avviene me-
diante l'introduzione di un altro spazio, lo spazio S ′ (Rn .
Lo spazio S(Rn ) nell'ambito della teoria delle distribuzioni può essere visto co-
me lo spazio delle funzioni test.
Per cui considerando l'integrale Z
uv

le u vengono dette distribuzioni a crescenza lenta o distribuzioni tem-


perate e v ∈ S(Rn ). Tali distribuzioni hanno un comportamento molto più
controllato all'innito, di modo che alle funzioni test viene consentita maggiore
generalità.

Denition 0.6. Una distribuzione u è detta temperata quando verica la


condizione Z
lim uvk = 0
k→∞ Rn

per ogni successione {vk } di elementi di Cc∞ (Ω) che tende a 0 nel senso di S .
Lo spazio delle distribuzioni temperate su Rn viene denotato con S ′ (Rn ).
Le distribuzioni temperate contengono molte funzioni L1loc , ma non tutte.
Ad esempio ex ∈ L1loc ma non è una distribuzione temperata.
Infatti ssando v ∈ Cc∞ (Ω) non negativa e tale che v = 1 in [0, 1] costruisco la
successione vk (x) = 2−k v( xk ).
vk → 0
in S . Si ha
1
v1 (x) = v(x)
2
1 x
v2 (x) = v( )
4 2

10
Figura 5: La successione vk (x) = 2−k v( xk ) per v = 1.

1 x
v3 (x) = v( )
9 3
...
e
Z Z +∞ Z 1
+∞ex vk (x)dx = k2−k eky v(y)dy ≥ k2−k eky dy = 2−k (ek − 1)
−∞ −∞ 0

dove abbiamo eettuato la sostituzione x


k = y.

lim 2−k (ek − 1) → ∞


k→∞

/ S ′ (Rn )
⇒ ex ∈
Lemma 0.6. per ogni v ∈ S(Rn ) esiste una successione {vk } di elementi di
Cc∞ (Ω) che converge a v in S(Rn ).
Denition 0.7. Se u ∈ S(Rn ) e v ∈ S(Rn si pone
Z
< u, v >= uv = lim uvk
Rn k→∞

dove {vk } è una successione di elementi di Cc (Ω) convergente a v nel senso dello
spazio S(Rn ).
Denition 0.8. Siano {uk } una successione di distribuzioni temperate e u
una distribuzione temperata. Diciamo che {uk } converge a u nel senso delle
distribuzioni temperate e scriviamo uk → u in S ′ (Rn ) quando
Z Z
lim uk v = uv
k→∞ Rn Rn

per ogni v ∈ S(Rn ). P


e diciamo che la serie uk converge a u nel senso delle distribuzioni temperate
quando converge a u nel senso delle distribuzioni temperate la successione delle
ridotte.

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Denition 0.9. Una funzione u ∈ L1loc (Rn è a crescenza lenta quando è
possibile decomporre u in u = P w con P polinomio e w ∈ L1loc (Rn ).
ˆ tutti i polinomi sono a crescenza lenta;
ˆ ogni funzione u ∈ Lp è a crescenza lenta;

Proposition 0.2. Tutte le funzioni a crescenza lenta e tutte le distribuzioni a


supporto compatto sono distribuzioni temperate.
Di seguito vengono riportati alcuni risultati sulla competezza e sull'approssima-
zione di distribuzioni temperate.
Denition 0.10. Per ogni u ∈ S ′ (Rn ) esiste una successione {uk } di elementi
di Cc∞ (Ω) convergente a u in S ′ (Rn ).
Theorem 0.7. teorema di completezza Sia {uk } una successione di distribuzioni
temperate tale che Z
lim k → ∞ uk v < ∞
Rn
per ogni v ∈ S(Rn . Allora esiste una distribuzione temperata u alla quale {uk }
converge nel senso delle distribuzioni temperate.
Il seguente teorema fornisce un importante risultato.
Theorem 0.8. Siano {uk } una successione di distribuzioni temperate, u una
distribuzione temperata, {vk } una successione a valori in S(Rn ) e v ∈ S(Rn ).
Se uk → u in S ′ e vk → v in S , allora
Z Z
lim uk vk = uv
k→∞ mathbbRn Rn

É possibile quindi denire la trasformata di Fourier di una distribuzione


temperata e quindi concludere il passaggio per la trasformata di Fourier dalle
funzioni sommabili alle distribuzioni.
Lemma 0.9. Sia u ∈ S ′ (Rn ). Allora il funzionale
Z
v→ uv̂

con v ∈ Cc∞ (Ω), è una distribuzione che, in aggiunta, è temperata.


Denition 0.11. Sia u ∈ S ′ (Rn ). Allora la distribuzione temperata denita
come Z
v → uv̂

con v ∈ Cc∞ (Ω), è detta trasformata di Fourier di u.


Un esempio di applicazione della denizione di trasformata di Fourier per le
distribuzioni è il seguente.
Si voglia determinare la trasformata di Fourier per la delta di Dirac, si ha
Z +∞
< δ̂, v >= δ̂(x)v(x)dx =
−∞

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dalla denizione Z +∞
δ(x)v̂(x)dx = v̂(0) =
−∞
Z +∞ 
−ix·t
= v(t)e dt =
−∞ x=0
Z +∞
v(t)dt =< 1, v >
−∞

valida per ogni v ∈ L1 .


Quindi la trasformata della δ ∈ S ′ (Rn ) è δ̂ = 1.
Theorem 0.10. Sia {uk } una successione di distribuzioni temperate conver-
gente a una distribuzione temperata u nel senso di S ′ . Allora la successione
{ûk } converge in S ′ a û.
Denition 0.12. Sia u ∈ S ′ (Rn ). Allora ǔ = F −1 u è una distribuzione
temperata denita dal funzionale seguente:
Z
v→ u · F −1 v

con v ∈ Cc∞ (Ω).


Un esempio con approssimazione è il seguente.
Sia u(x) = 1 in R la funzione costante pari ad uno e si scelga come approssimante
la successione |x|
uk (x) = e− k

si ha

(b) La successione approssimante uk (x) =


(a) La funzione u(x) = 1. |x|
e− k .

Figura 6: Le funzioni dell'esempio.


Z +∞ Z +∞
|x|
ûk (x) = uk (x)e−iξ·x dx = e− k e−iξ·x dx = ...
−∞ −∞

2k
... =
1 + k2 ξ 2

13
2k
⇒ ûk (x) =
1 + k2 ξ 2
verico che ûk → 2πδ in S ′ , infatti
Z +∞
2k
lim v(ξ)dξ = ... = 2πv(0)
k→∞ −∞ 1 + k2 ξ 2
applicando il teorema della convergenza dominata con funzione dominante
2∥v∥∞
g=
(1 + x2 )
si ottiene
û = (2π)δ
per n = 1.
Proposition 0.3. Sia u una distribuzione a supporto compatto in Rn . Allora
la distribuzione û è una funzione e vale la formula
Z
û(ξ) = e−iξ·x u(x)dx
Rn

per ogni ξ ∈ Rn .
Consideriamo ora una palla mathcalBR .
Proposition 0.4. Sia u nua funzione a crescita lenta. Allora û è data da
Z
û(ξ) = lim e−iξ·x u(x)dx
R→∞ BR

in S ′ .

Trasformata di Fourier in L2
Il passaggio per denire la trasformata di Fourier in L2 che sappiamo denisce
gli spazi di Hilbert è dato dal seguente teorema.
Theorem 0.11. teorema di Plancherel Sia u ∈ S ′ (Rn . Allora u ∈ L2 (∖n ) se e
solo se û ∈ L2 (Rn . Inoltre per ogni u ∈ L2 (Rn vale
∥û∥2 = (2π)n/2 ∥u∥2

Se {Ak } è una successione crescente di sottoinsiemi compatti di Rn la cui


unione sia Rn e se χk è la funzione caratteristica di Ak , abbiamo che per ogni
u ∈ L2
uχk ∈ L2 ∩ L1
per ognik, e
uχk → u
in L . Quindi F(hχk ) si calcola con l'integrale e F(uχk ) → Fu in L2 , ovvero
2

Z
lim e−iξ·x u(x)dx = û(ξ)
k→∞ Ak

14
Figura 7: Successione crescente Ak di sottoinsiemi di Rn .

in L2 .
Se Z
lim e−iξ·x u(x)dx
k→∞ Ak

esiste quasi ovunque, allora esso è proprio la trasformata di Fourier û(ξ).


Ad esempio è possibile calcolare la trasformata di Fourier della funzione
sin (x)
u(x) =
x
a partire dalla trasformata della funzione seno.
Si pone
xu(x) = sin (x)
e si prende la trasformata di ambo i membri
 
dû 1
i (ξ) = 2πδ(ξ − 1) − 2πδ(ξ + 1)
dξ 2i

e rissolvendo l'equazione dierenziale si ottiene


 
û(ξ) = π H(ξ + 1) − H(ξ − 1) + c = πχ(ξ) + c

con χ funzione caratteristica in [−1, 1] e c costante da determinare. Dato che


u ∈ L2 , per il teorema di Plancherel si ha che û ∈ L2 cosi che c = 0.

Cennni alla teoria della misura


Nozioni base sulla misura
Introdurre la trasformata di Fourier negli spazi L1 ed L2 implica una conoscen-
za, almeno di base, della teoria della misura.

Denition 0.13. Prendiamo un insieme X e una famiglia M ⊆ ℘(X). Diciamo


che M è una σ -algebra se:

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ˆ ∅∈M

ˆ A ∈ M ⇒ Ac ∈ M

n=1 An ∈ M, M è chiusa per unione numerabile


ˆ An ∈ M∀n ≥ 1 ⇒ ∪∞

Una σ -algebra è chiusa anche per complemento, per unione nita, per inter-
sezione nita, per intersezione numerabile.

Denition 0.14. Sia data un σ-algebra M ⊆ ℘(X). Una funzione d'insieme


µ : M → [0, +∞] si dice misura se:
ˆ µ(∅) = 0

ˆ ∀n ∈ M∀n ≥ 1, An disgiunti ⇒ µ(∪∞


P∞
n=1 An ) = n=1 µ(An )

Di seguito vengono fornite alcune utili denizioni.


Denition 0.15. Si dice spazio misurato una terna /X, M, µ) dove X è un
insieme generico, M ⊆ ℘(X) è una σ -algebra e µ è una misura su M.
La coppia (X, M) si dice spazio misurabile.
Gli insiemi A ∈ M si dicono insiemi misurabili.
Se A ∈ M, µ(A) = 0, allora A si dice insieme trascurabile ( o insieme a
misura nulla).
Se una proprietà vale ∀x ∈ X \ A, con A insieme a misura nulla, allora si dice
che la proprietà vale quasi ovunque.
Inne una misura µ su X si dice nita se µ(X) < +∞ e si dice σ -nita se
esiste una partizione X = ∪∞n=1 An tale che µ(An ) < +∞.

Le misure godono di alcune proprietà, in particolare sono monotone e su-


badditive.

Theorem 0.12. Sia (X, M, µ) uno spazio misurato. Allora valgono le seguenti
proprietà:
ˆ se A, B ∈ M, A ⊆ B , allora µ(A) ≤ µ(B), monotonia
se (An )n ⊆ M, allora µ(∪∞ µ(Ai ),
P∞
ˆ i=1 ≤ i=1 subadditività numerabile

ˆ se (An )n ⊆ M, con A1 ⊆ A2 ⊆ ...An , allora µ(∪∞


n=1 An ) = limn µ(An )
continuità dal basso

ˆ se (An )n ⊆ M, A1 ⊇ A2 ⊇ ...An e µ(An ) < +∞, per qualche n, allora


µ(∩∞n=1 An ) = limn µ(An ), continuità dall'alto.

Di seguito si riportano alcuni esempi ed un esercizio che aiutano la compren-


sione di quanto enunciato.
Sia X un insieme numerabile e M = ℘(X) allora M è una σ -algebra. Se pren-
diamo una funzione generica f : X → [0; +∞] allora questa denisce una misura
su X nel seguente modo: X
µ(A) = f (x)
x∈A

16
Se f (x) < +∞, ∀x ∈ X , allora µ è σ -nita su X .
Un'altro esempio è la misura che conta i punti.
Sia X un insieme generico e deniamo M = ℘(X) e µ(A) = Card(A).
La µ è denita come la misura che conta i punti, essa è nita se X è nito, e
σ -nita se X è numerabile.
Si prenda
X = {1, 2, 3}
M = ℘(X) = {∅, {1}, {2}, {3}, {1, 2}, {1, 3}, {2, 3}, {1, 2, 3}}
A = {2, 3}
allora
µ(A) = Card(A) = 2
Prima di enunciare la misura di Lebesgue, che si utilizza per la denizione degli
spazi Lp ed in particolare per gli spazi L1 ed L2 di nostro ineresse, diamo le
seguenti denizioni che permettono di introdurre la nozione di misura esterna.
Denition 0.16. Una σ-algebra M si dice completa rispetto alla misura µ se
contiene tutti i sottoinsiemi degli insiemi a misura nulla, cioè se
µ(A) = 0

B ∈ M∀B ⊆ A
Denition 0.17. Prendiamo un insieme X . Una funzione d'insieme µ∗ :
misura esterna se:
℘(X) → [0; +∞] si dice
ˆ µ ∗ (∅) = 0
ˆ A ⊆ B ⇒ µ ∗ (A) ≤ µ ∗ (B)
P∞
ˆ µ ∗ (∪∞
n=1 An ) ≤ n=1 (An )

Se µ∗ è una misura esterna su X , un insieme A ⊆ X è chiamato µ∗-


misurabile o misurabile secondo Caratheodory se
µ ∗ (E) = µ ∗ (E ∩ A) + µ ∗ (E ∩ Ac )
∀E ⊆ X

La misura secondo Lebesgue


I mattoni con i quali si costruisce la misura di Lebesgue, sono i parallelepipedi N -
dimensionali, che coincidono con gli intervalli quando N = 1, con facce parallele
agli assi coordinati.
Un parallelepipedo in Rn con N ≥ 1 è un insieme P della forma
N
Y
P = Ii = I1 × I2 × ... × IN
i=1

dove I1 , I2 , ... IN sono intervalli limitati di R.


La lunghezza l(I) di un intervallo è la dierenza tra i due estremi, ovvero
(
b − a se ]a, b[⊆ I ⊆ [a, b]
l(I) =
+∞ se I illimitato

17
Denition 0.18. Il volume n-dimensionale di un parallelepipedo P
QN
= i=1 Ii
è
N
Y
vN (P ) = l(Ii )
i=1

Per i parallelepipedi illimitati si usa la convenzione 0 · ∞ = 0.

Denition 0.19. Se E ⊆ Rn , la misura esterna m ∗N (E) è data da


X
m ∗N (E) = inf { vN (Pn )|E ⊆ ∩n∈N Pn |Pn sono parallelepipedi aperti}
n∈N

La misura sopra denita gode delle seguenti proprietà:


ˆ m ∗N (E) ≥ 0 ∀E ⊆ R

ˆ m ∗N (∅) = m ∗N ({x}) = 0 ∀x ∈ Rn

ˆ se E ⊆ F allora m ∗N (E) ≤ m ∗N (F ), monotonia


Importanti sono i seguenti risultati:
Proposition 0.5. Se P ⊆ RN è un parallelepipedo, allora m ∗N (P ) = vN (P )

Proposition 0.6. La misura esterna m∗N è numerabilmente subadditiva.


Proposition 0.7. I parallepipedi di RN sono misurabili secondo Lebesgue.
Corollary 0.12.1. Gli aperti e i chiusi di RN sono misurabili secondo Lebesgue.
Denition 0.20. La funzione di insieme
mN = m ∗N |MN : MN → [0, +∞]

si chiama misura di Lebesgue.


Con µ indichiamo una misura generica, mentre con m indichiamo la misura
di Lebesgue.

Importanti teoremi
Theorem 0.13. Teorema della convergenza monotona o di Beppo Levi Sia
E ⊆ Rn , µ-misurabile, fh una successione di M (E, µ, R) ed f ∈ RE /µ.
Supposto che 0 ≤ fk ≤ fk+1 e ∀h ∈ N
fn → f

µ-q.o., allora
f ∈ M (E, µ, R)
f ≥0
Z Z
lim fh dµ = f dµ
h→∞ E E

18
Lemma 0.14. Lemma di Fatou Sia E ⊆ Rn , µ-misurabile, fk successione in
M (E, µ, R), fk ≥ 0 ∀h ∈ N,
allora
lim inf fk ∈ M (E, µ, R)
h→∞

lim inf fk ≥ 0
h→∞
Z Z
lim inf fh dµ ≤ lim inf fk dµ
e h→∞ h→∞ E

Theorem 0.15. Teorema della convergenza dominata Sia E ⊆ Rn , µ-misurabile,


(fn ) una successione in L1 (E, µ, R), f ∈ RE /µ.
Supponendo che:
fh → f
µ-q.o. e che ∃g ∈ L1 (E, µ) tale che
|fh | ≤ g

∀h ∈ N, allora
f ∈ L1 (E, µ, R
Z
lim |fh − f |dµ = 0
h→∞ E
e Z Z
lim fh dµ = f dµ
h→∞ E E

Cenni agli spazi Lp


Per la denzione degli spazi Lp vengono forniti i seguenti risultati preliminari.
Denition 0.21. Siano:
ˆ E ⊆ Rn misurabile
ˆ µ una misura esterna su Rn
ˆ Y un insieme
se f, g : E → Y sono due funzioni, poniamo:
f ∼ g ↔ f (x) = g(x)

µ-quasi ovunque per x ∈ E . La ∼ denisce una relazione di equivalenza.


Questa denzione ci dice che
µ({x ∈ E : f (x) ̸= g(x)}) = 0

ovvero che due funzioni denite sullo stesso insieme misurabile, se dieriscono
per un insieme di misura nulla sono equivalenti.
Si ricorda che una relazione di equivalenza è denita dalle seguenti proprietà:
ˆ f ∼f proprietà riessiva;

19
ˆ f ∼g⇒g∼f proprietà simmetrica;
ˆ f ∼g eg∼h⇒f ∼h proprietà transitiva;
In pratica quando si parla di funzione negli spazi Lp ci si riferisce in realtà ad
una classe di funzioni, ovvero si parla più propriamente di spazio quoziente e
si indica con
Y E /µ := Y E / ∼
Esempio pratico, siano date le funzioni f, g il cui graco è mostrato nelle im-
magini seguenti: esse deniscono una stessa classe di funzioni e quindi all'atto

Figura 8: Due funzioni f e g che dieriscono in un solo punto.

pratico deniscono la stessa funzione.


In questo contesto è possibile dare una prima denizione di convergenza:
Denition 0.22. Sia (fh ) ⊆ Y E /µ e f ∈ Y E /µ, allora

fh converge a f µ-q.o.

lim fh (x) = f (x)
h

µ-q.o. x ∈ E .
Importanti sono inoltre le seguenti denizioni di maggiorante essenziale e mi-
norante essenziale, analoghe alle classiche denizioni di maggiorante e minorante
di un insieme.
Denition 0.23. M ∈ R si dice maggiorante essenziale per f sse
f (x) ≤ M , µ-q.o x ∈ E
Denition 0.24. m ∈ R si dice minorante essenziale per f sse
f (x) ≥ m, µ-q.o x ∈ E
Da cui seguono le denizioni di limite inferiore essenziale e limite superiore
essenziale.
Denition 0.25. ess inf = {M ∈ R : M è maggiorante essenziale per f }

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Denition 0.26. ess sup = {M ∈ R : M è minorante essenziale per f }
É possibile quindi dare una denizione di funzione sommabile.
Denition 0.27. Siano:
ˆ E ⊆ Rn misurabile;
ˆ µ una misura esterna;
ˆ M (E, µ) uno spazio misurabile;
allora L1 può essere denito come l'insieme delle funzioni sommabili.
L1 (E, µ) = {f ∈ M (E, µ) : f è µ-sommabile }
vale a dire Z
|f | < ∞
E
se la misura è di Lebesgue, cioè µ = L, scriviamo:
Z
|f |dx < ∞
E
se la misura è una misura generica scriviamo:
Z
|f |dµ < ∞
E
In generale per p > 1 possiamo denire:
Z
Lp (E) = {f ∈ M(E, µ) : |f |p dµ < ∞} =
E

= {f ∈ M(E, µ) : ess sup |f | < ∞}


E
e per p = ∞:
L∞ = {f ∈ M(E, µ) : ess sup |f | < ∞}
E
Gli insiemi appena defniti sono degli spazi di funzioni. Si può dimostrare che
tali spazi sono vettoriali, possono essere dotati di una norma e quindi sono
spazi normati e godono di alcune proprietà particolari che li rendono degli
spazi di Banach.
La norma associata a tali spazi è cosi denita:
per 1 ≤ p < ∞:
∥f ∥p = ∥f ∥Lp = ∥f ∥Lp (E) = ∥f ∥Lp (E,µ)
per p = ∞ (R
( |f |p dµ)1/p 1 ≤ p < ∞
ess supE |f | p = ∞
Si può dimostrare che lo spazio cosi denito con la norma ad esso associata:
(Lp (E, µ), ∥∗∥Lp (E) )
è uno spazio normato.
Inoltre tale spazio è anche di Banach, infatti:
se (fh ) è di Cauchy in Lp , allora
fh → f
nel senso di L .
p

21
Cenni alla teoria delle distribuzioni
Per introdurre le distribuzioni è necessario introdurre una classe di funzioni spe-
ciali. Su tratta delle funzioni localmente sommabili, L1loc .

Denition 0.28. Una funzione misurabile in un aperto Ω ⊆ Rn è detta local-


mente sommabile in Ω quando essa è integrabile su tutti i compatti inclusi in
Ω.
In Rn si sa che un insieme compatto vuol dire chiuso e limitato. In generale
non è cosi. Infatti se considerassimo gli spazi metrici avremmo il seguente
risultato.
Denition 0.29. Sia (X, d) uno spazio metrico. Sia Ω ⊆ X . Ω è compatto se
e solo se ogni successione di elementi di Ω ammette una sottosuccessione avente
limite in Ω.
Quindi in generale il concetto di compattezza è legato al concetto di sotto-
successione di una successione. Nel contesto dello spazio L1loc (Rn considereremo
quindi funzioni sommabili su sottoinsiemi compatti di Rn .
É utile associare a tali spazi una convergenza.

Denition 0.30. Siano {uk } una successione di elementi di L1loc (Ω) e u un


elemento di L1loc . Diciamo che {uk } converge a u in L1loc (Ω) quando
Z
lim |uk − u| = 0
k→∞ K

per ogni compatto K ⊆ Ω.


Le proprietà possedute dalla funzioni sommabili a supporto compatto sono
importanti per poter introdurre e comprendere il concetto di distribuzione.
Sia u una funzione ssata e si consideri l'integrale seguente nel quale l'integrando
è costituito dal prodotto di u per un'altra funzione v .
Z
v→ u(x)v(x)dx

Possono vericarsi diverse situazioni a seconda della forma e delle proprietà


possedute da u e da v . Di seguito ne faremo un breve elenco.
ˆ prima ipotesi: u ∈ L∞ (limitate) e v integrabili;
ˆ seconda ipotesi: se u ∈ L1 allora v ∈ L∞ ;
ˆ terza ipotesi: se Ω = Rn e u è un polinomio, allora v deve annullarsi
all'innito per far si che l'integrale converga;
ˆ ...
Ogni scelta può avere vantaggi e svantaggi propri.
Se invece si prende u ∈ L1loc allora le funzioni v devono essere a supporto com-
patto.
Torna quindi utile la seguente denizione.

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Denition 0.31. Sia Ω un aperto di Rn . Con C0∞ (Ω) oppure con Cc∞ (Ω)
denotiamo lo spazio vettoriale, reale o complesso, delle funzioni v ∈ C ∞ il cui
supporto è un sottoinsieme compatto di Ω.

Figura 9: Funzioni il cui supporto è un sottoinsieme compatto di Ω.

La funzione v scelta in un insieme cosi regolare serve a "compensare l'irre-


golarità di u, dato che vorremmo sostituire u con oggetti molto più irregolari
che sono per l'appunto le distribuzioni.
Se con v indichiamo lo spazio delle funzioni test vuol dire che tale spazio è
rappresentato dalle funzioni continue derivabili innite volte e con le derivate
continue deniti su un supporto compatto.
Ricordiamo la seguente denizione.
Denition 0.32. Sia Ω un aperto e sia f : Ω → R una funzione. Si dice
supporto di f l'insieme:
suppt(f ) = {x ∈ Ω : f (x) ̸= 0}

Per tale tipo di funzioni si ha il seguente risultato.


Proposition 0.8. Sia Ω un aperto e f ∈ C0 (Ω), allora:
ˆ suppt(f ) è compatto;
ˆ |f | ha max in Ω;
ˆ f è uniformemente continua;
Un importante risultato per quanto riguarda le funzioni continue a supporto
compatto è il seguente:
Theorem 0.16. Se p < ∞ allora C0 (Rn ) è denso in Lp (Rn ).
Fatte queste premesse è utile fornire alcuni strumenti che riguardano la
convergenza negli spazi C0∞ che d'ora in poi chiameremo Cc∞ (Ω).
Denition 0.33. Siano {vk } una successione di elementi dello spazio Cc∞ (Ω) e
v ∈ Cc∞ (Ω). Dicamo che {vk } converge a v ∈ Cc∞ (Ω) quando sono vericate le
seguenti condizioni:

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ˆ esiste un compatto K ⊂ Ω che include i supporti di tutte le vk ;

ˆ per ogni operatore di derivazione parziale di ordine ≥ 0 qualunque si ha:

lim Dvk = Dv(x)


k→∞

uniformemente in Ω.
Possiamo quindi enunciare la seguente proposizione.
Proposition 0.9. Proprietà di continuità per le distribuzioni Sia dato il fun-
zionale Z
L(v) = u(x)v(x)dx

con v ∈ Cc∞ (Ω), e sia u ∈ L1loc .Se


vk → v

in Cc∞ , allora
Lvk → Lv
Se v è nelle condizioni dette e se K è un compatto che include tutti i supporti
delle vk , si ha:
Z
|Lvk − Lv| ≤ |u||vk − v| ≤ ∥u∥1,K ∥vk − v∥∞,K
K

e
∥vk − v∥∞,K → 0
Possiamo ora dare una dezione di distribuzione.
Denition 0.34. Sia Ω ⊆ Rn aperto. Chiamiamo distribuzione su Ω ogni
funzionale lineare L su Cc∞ (Ω) che sia continuo nel senso seguente:
vk → v

in Cc∞ (Ω), allora


lim Lvk = Lv
k→∞

Denition 0.35. Lo spazio delle distribuzioni su Ω viene denotato con D′ (Ω).


Un ultimo chiarimento sulle notazioni utilizzate in generale per denire le
distribuzioni.
Denition 0.36. Siano D′ (Ω) e v ∈ Cc∞ (Ω). Allora ciascuno dei seguenti
simboli: R
< u, v >, Ω uv e Ω u · v
R

denota il valore assunto in v dal funzionale u.

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