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Complementi di matematica

M. Cigola
ii
Indice
Indice iii
1 Lo spazio vettoriale R
n
. 1
1.1 Norma e distanza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3
1.2 Confronti tra vettori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5
1.3 Topologia ordinaria in R
n
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6
2 Funzioni di pi variabili reali 11
2.1 Limiti e continuit . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14
2.1.1 Successioni di vettori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14
2.1.2 Limite per funzioni scalari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15
2.2 Massimi e minimi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17
3 Calcolo dierenziale 21
3.1 Funzioni scalari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21
3.1.1 Signicato geometrico di derivate parziali, gradiente e dierenziale primo. . . . 27
3.2 Funzioni vettoriali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 30
4 Funzioni concave e convesse 33
4.1 Propriet delle funzioni concave (convesse) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 35
5 Ottimi liberi 39
6 Vincoli di uguaglianza 41
6.1 Analisi di sensibilit: il signicato dei moltiplicatori di Lagrange . . . . . . . . . . . . 45
6.2 Moltiplicatori di Lagrange e prezzi ombra . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 48
Bibliograa 51
iv INDICE
Prefazione
Queste pagine sono una possibile integrazione del testo adottato nel corso di matematica 1 e sono (in
parte) estratte dalla dispensa Ottimizzazione statica e teoria dellutilit scritta in collaborazione con
il prof. E. Castagnoli, pertanto alcuni argomenti sono stati ripetuti (rispetto al testo adottato) per
orire continuit di lettura e introdurre una simbologia uniforme.
Alcuni concetti non sono in programma e ne mancano altri che sono nel programma.
Chi volesse usufruire di questa nota didattica deve quindi avere laccortezza di controllare sempre
il syllabus del corso e di aancarla comunque allo studio del libro di testo.
Ringrazio sin dora chi volesse segnalarmi ogni svista ed errore.
Margherita Cigola
1
Lo spazio vettoriale R

.
Spesso occorre considerare congiuntamente : variabili reali, ovvero :uple, ordinatamente prese, di
numeri r
s
R con : = 1, ..., ::
r
1
, r
2
, ..., r
n
Esempio 1 (triste) Per vericare se una persona in sovvrappeso o meno si usa calcolare il suo
indice di massa corporea, basato su due quantit:
r
1
= altezza (in cm) e r
2
= peso (in Kg)
A questi due dati si pu aggiungerne un terzo che tiene conto (misericordiosamente) dellet:
r
3
= et (in anni)
In tal modo la terna:
(r
1
, r
2
, r
3
) = (165, 51, 22)
potrebbe rappresentare una persona normo-pesa (o in forma smagliante). Attenzione che la terna
(22, 165, 51)
sarebbe un disastro (e neppure credibile...).
Linsieme di tutte le :-uple di numeri reali r
1
, r
2
, . . . , r
n
convenzionalmente rappresentate come
colonne di numeri
1
x =

r
1
r
2
.
.
.
r
n

1
Per convenzione tipograca, usiamo lettere in grassetto per denotare i vettori di dimensione a 1. Dunque x indica
un vettore mentre a indica uno scalare (dimensione a = 1). Per indicare gli elementi di un vettore, useremo sempre la
stessa lettera (non in grassetto) accompagnata da un indice che ne indica il posto dordine: a
1
il primo elemento di x,
j
4
il quarto di y, ecc..
2 1. Lo spazio vettoriale R

.
indicato con R
n
, i suoi elementi sono detti vettori : ovvero x un vettore di R
n
. Un vettore pu
anche essere scritto orizzontalmente, come una riga di numeri; in tal caso si parla di vettore trasposto
e si indica con x
T
ovvero
x
T
=

r
1
r
2
r
n

In R
n
si possono introdurre le due operazioni di addizione x +y e di moltiplicazione per uno scalare
cx.Tali operazioni sono denite per ogni scalare c R e per ogni coppia x, y R
n
nel seguente modo
x +y :=

r
1
+j
1
r
2
+j
2
.
.
.
r
n
+j
n

e cx :=

cr
1
cr
2
.
.
.
cr
n

con c R
Si dice che R
n
chiuso rispetto a esse nel senso che il risultato ancora un vettore di R
n
x, y R
n
=x +y R
n
x R
n
, c R =cx R
n
Per tali operazioni valgono alcune propriet: si rimanda al testo.
Utilizzando le due operazioni di somma e moltiplicazione per uno scalare congiuntamente si otten-
gono le cosiddette combinazioni lineari, ovvero dati due vettori x, y R
n
e due scalari c, , R, il
vettore z dato da:
z = cx +,y
una combinazione lineare di x e y con pesi o coecienti c e , rispettivamente. Pi in generale, dati
/ vettori x
1
, x
2
, ..., x
|
R
n
ed altrettanti pesi c
1
, c
2
, ..., c
|
R, il vettore
z = c
1
x
1
+c
2
x
2
+ +c
n
x
|
=
|
X
s=1
c
s
x
s
una combinazione lineare dei vettori x
1
, x
2
, ..., x
|
. In particolare se tutti i pesi c
s
sono compresi tra
0 e 1, la combinazione lineare si dice convessa.
Esempio 2 (notevole) chiamata base canonica di R
n
la base formata dai cosiddetti vettori fonda-
mentali (o versori degli assi) cio dai vettori e
s
R
n
, : = 1, ..., : che hanno tutte componenti nulle
fuorch l :-esima uguale a 1:
e
1
=

1
0
.
.
.
0

, e
2
=

0
1
.
.
.
0

, ... , e
n
=

0
0
.
.
.
1

Ogni vettore x R
n
pu essere scritto come combinazione lineare degli : vettori fondamentali con
pesi pari alle componenti r
s
, : = 1, .., : di x stesso
x = r
1
e
1
+r
2
e
2
+ +r
n
e
n
=
n
X
s=1
r
s
e
s
Le operazioni appena descritte fanno s che R
n
sia uno spazio vettoriale. Inoltre : la sua dimen-
sione: si pu anche dire che x R
n
un vettore di dimensione :. Se : = 1 ci si sta riferendo al caso
particolare dei numeri reali r R.
Introduciamo una terza operazione
1.1 Norma e distanza 3
Denizione 3 Dati due vettori x, y R
n
, il numero
(x, y) :=
n
X
1
r
s
j
s
si chiama prodotto interno (o prodotto scalare) di x e y.
Il prodotto interno dunque una funzione che associa a ogni coppia di vettori x, y R
n
il numero
reale (x, y). Esso pu essere indicato anche in altri modi, in particolare il modo che spesso useremo :
x
T
y = y
T
x
dove (formalmente) importante che il vettore che premoltiplica sia un vettore riga (ovvero trasposto
di default).
Il prodotto interno gode di alcune propriet
Proposizione 4 Per ogni x, y, z R
n
e ogni scalare c R il prodotto interno :
(a) Commutativo: (x, y) = (y, x)
(b) Distributivo rispetto alladdizione tra vettori: (x, y +z) = (x, y) + (x, z)
(c) Omogeneo (rispetto a entrambi i fattori): (cx, y) = c(x, y) = (x,cy)
(d) Non negativo: (x, x) = 0 e (x, x) = 0 x = 0.
Il prodotto interno vola la legge di annullamento del prodotto nel senso che pu accadere (x, y) = 0
anche quando nessuno dei due vettori nullo.
Esempio 5
x =

2
1

, y =

1.5
3

= (x, y) = 2 1.5 + 1 (3) = 3 3 = 0


Denizione 6 Due vettori x, y R
n
si dicono ortogonali (tra loro) se
(x, y) = 0
Dato che sempre (x, 0) = 0, il vettore nullo 0 R
n
ortogonale a ogni vettore x R
n
.
1.1 Norma e distanza
Possiamo ora introdurre le prime nozioni metriche che consentiranno di arricchire la strumentazione
dello spazio vettoriale R
n
.
Denizione 7 Dato un vettore x R
n
, il numero
kxk =
v
u
u
t
n
X
1
r
2
s
=
p
(x, x)
detto norma euclidea di x.
La norma dunque una funzione che associa a ogni x R
n
un numero reale. Essa gode di alcune
propriet
Proposizione 8 Per ogni x, y R
n
e per ogni scalare c R si ha
(a) Non negativit: kxk = 0 e kxk = 0 x = 0
(b) Omogeneit (positiva di grado 1): kcxk = |c| kxk
(c) Subadditiva (rispetto alla somma tra vettori): kx +yk 5 kxk + kyk.
4 1. Lo spazio vettoriale R

.
Uno spazio vettoriale dotato di norma detto normato.
In R
n
la norma la norma euclidea pu essere interpretata geometricamente come la lunghezza del
segmento che congiunge lorigine con il punto x.
In generale vale la seguente disuguaglianza (di Cauchy Schwarz):
|(x, y)| 5 kxk kyk per ogni x, y o
Essa vale come uguaglianza se e solo se x e y sono linearmente dipendenti (cio uno dei due vettori
un multiplo dellaltro).
Osservazione 9 Per x 6= 0 e y 6= 0, si dice angolo formato da x e y, langolo 0, 0 5 0 5 , per il
quale
cos 0 =
(x, y)
kxk kyk
Geometricamente (in R
2
):

x
y
Si osservi che se 0 = ,2, risulta senzaltro (x, y) = 0: ci giustica il termine di vettori ortogonali
sopra introdotto.
La norma euclidea ci consente di introdurre la nozione di distanza (euclidea).
Denizione 10 La distanza (euclidea) tra due vettori x, y R
n

d (x, y) := kx yk =
v
u
u
t
n
X
1
(r
s
j
s
)
2
Dunque la distanza una funzione che associa a ogni coppia di vettori x, y R
n
un numero reale.
Anche la distanza gode di alcune propriet:
Proposizione 11 Per ogni x, y, z R
n
si ha:
(a) Simmetria: d (x, y) = d (y, x).
(b) Non negativit: d (x, y) = 0 e d (x, y) = 0 x = y.
(c) Disuguaglianza triangolare: d (x, y) 5 d (x, z) +d (z, y).
Uno spazio vettoriale nel quale sia stata introdotta una distanza detto spazio metrico.
Osservazione 12 Quando : = 1, le nozioni di norma e quindi di distanza assumono una conno-
tazione speciale:
r R =krk =

r
2
= |r| cio il valore assoluto di r
r, j R =d (r, j) = kr jk =
q
(r j)
2
= |r j| cio il valore assoluto di r j
1.2 Confronti tra vettori 5
Gracamente, la distanza tra due vettori pu essere interpretata come la lunghezza del segmento
congiungente i due punti che corrispondono ai vettori assegnati:
x y
d(x,y) = |x - y| = y - x
n = 1
x
y
n =2
x
2
y
2
x
1
y
1
n = 3
x
y
1.2 Confronti tra vettori
Come per R, anche in R
n
vi un ordine naturale: il cosiddetto ordinamento componente per
componente. Precisamente si dice che, per due vettori x, y R
n
:
1. x maggiore di y se r
s
j
s
, : = 1, ..., : e si scrive x y;
2. x maggiore o uguale a y se r
s
= j
s
, : = 1, ..., : e si scrive x = y;
3. x debolmente maggiore di y se r
s
= j
s
, : = 1, ..., : ma x 6= y (ogni componente di x =
della componente omonima di y, ma almeno una ne strettamente maggiore) e si scrive x y.
In particolare se
x 0 si dice che x positivo;
x = 0 si dice che x non negativo;
x 0 si dice che x semipositivo (o debolmente positivo).
Pu succedere comunque che tra x e y non valga nessuna delle precedenti relazioni: si dice allora che
x non confrontabile con y: indicheremo questo caso con x / y. Ci comporta che in R
n
lordinamento
naturale (componente per componente) sia parziale, nel senso che non sempre possibile confrontare
due vettori
2
.
Per esempio, per:
x =

1
2

y =

0
1

z =

2
1

si pu senzaltro aermare che x y e che z y ma x e z non sono confrontabili.


2
R un insieme completamente ordinato. Tra due numeri reali a, j risulta sempre a j oppure a = j oppure a < j.
6 1. Lo spazio vettoriale R

.
1.3 Topologia ordinaria in R
:
Occupiamoci ora dello spazio vettoriale R
n
, normato e dotato di metrica (euclidea), anche se quanto
diremo pu essere esteso facilmente a generici spazi metrici.
Cominciamo con la
Denizione 13 Si dice intorno di raggio - 0 di un punto x
0
R
n
linsieme l
:

x
0

dei punti che


distano da x
0
meno di -:
l
:

x
0

:=

x R
n
: d

x, x
0

< -

Gracamente
x-
n = 1
n =2
n = 3

x+
x
x
x

La denizione di intorno consente di dare le fondamentali nozioni di insieme aperto, chiuso e


compatto in R
n
.
Denizione 14 Sia R
n
. Un punto x
0
R
n
si dice:
1. interno ad se esiste (almeno) un suo intorno tutto contenuto in ;
2. esterno ad se esiste (almeno) un suo intorno che non ha punti in comune con ;
3. di frontiera per se non n interno n esterno, cio se ogni suo intorno contiene almeno un
pumto di e almeno un punto di
c
;
4. di accumulazione per se ogni suo intorno contiene (almeno) un altro punto x 6= x
0

3
;
5. isolato di se x
0
ed esiste un suo intorno che non contiene nessun altro punto di (oltre
x
0
).
Esempio 15 Per linsieme
:= [3, 10) {15} R
5 interno ad A ed anche di accumulazione per ;
3
Si osservi che, in tal caso, ogni suo intorno contiene necessariamente inniti punti di .
1.3 Topologia ordinaria in R

7
3, 10 e 15 sono punti di frontiera per ; 3 e 10 sono anche di accumulazione per ;
0 punto esterno ad ;
15 punto isolato di .
Esempio 16 Per linsieme 1 R
2
rappresentato da
x
y
z
tutti i punti x nella zona grigia, bordo tratteggiato escluso, sono punti interni a 1;
tutti i punti y appartenenti al bordo tratteggiato sono di frontiera per 1 e non appartengono a
1;
tutti i punti z appartenenti alla coda di 1 sono punti di frontiera e appartengono a 1;
tutti i punti appartenenti a 1 sono di accumulazione.
Ovviamente:
(a) Ogni punto interno a un insieme, a maggior ragione, di accumulazione.
(b) Se un punto esterno a un insieme, non pu essere n di frontiera n di accumulazione.
(c) I punti isolati e interni appartengono necessariamente allinsieme. La caratteristica di essere punto
di frontiera o di accumulazione non implica invece lappartenenza allinsieme; quella di punto
esterno invece la esclude.
Denizione 17 Per un insieme R
n
si chiama
1. interno di linsieme

costituito da tutti i punti interni a ;


2. frontiera di linsieme 0 di tutti i punti di frontiera per ;
3. derivato di linsieme
0
di tutti i punti di accumulazione per ;
4. chiusura di linsieme := 0

ovvero costituito da tutti i punti interni e di frontiera.


Risulta anche :=
0
e := 0 .
Esempio 18 Per linsieme
:= [3, 10) {15} R

= (3, 10);
0 = {3, 10, 15};

0
= [3, 10];
8 1. Lo spazio vettoriale R

.
= [3, 10] {15}.
Denizione 19 Un insieme R
n
si dice
1. aperto se ogni punto x interno ad . Ovvero se coincide con il suo interno:

;
2. chiuso se contiene tutti i suoi punti di frontiera. Ovvero se coincide con la sua chiusura:
.
Linsieme vuoto e tutto R
n
sono gli unici insiemi contemporaneamente aperti e chiusi. Ovviamente
esistono anche insiemi che non sono n aperti n chiusi: entrambi gli insiemi R e 1 R
2
,
considerati nei due esempi 15 e 16, non sono n aperti n chiusi.
Una diretta conseguenza della denizione 19 che
1. linterno

il pi grande insieme aperto contenuto in ;


2. la chiusura il pi piccolo insieme chiuso che contiene .
Ci si convince facilmente che
aperto
c
chiuso
Unimportante propriet degli insiemi aperti e chiusi contenuta nel
Teorema 20 Lunione di aperti sempre un insieme aperto. Lintersezione di un numero nito di
aperti aperta, ovvero, data una collezione (anche innita) A di insiemi aperti, sono aperti i due
insiemi:
[
.A
e
n
\
s=1

s
: nito
Lintersezione di chiusi sempre un insieme chiuso. Lunione di un numero nito di chiusi un
insieme chiuso, ovvero data una collezione (anche innita) C di chiusi, gli insiemi
\
cC
C e
n
[
s=1
C
s
: nito
sono chiusi.
In generale, le propriet elencate nel Teorema 20 sono assunte addirittura come denizioni di insieme
aperto e chiuso in spazi arbitrari.
Con le nozioni di insieme aperto e di insieme chiuso si possono introdurre ora le seguenti
Denizione 21 Un insieme R
n
si dice:
1. limitato se esiste un numero reale / 0 tale che kxk 5 / per ogni x ;
2. compatto se chiuso e limitato.
Avvertiamo che, in generale, il concetto di compattezza molto pi profondo: in R
n
esso si riduce
alle propriet di chiusura e limitatezza, ma in generale ben diverso.
Vediamo ora una propriet che pu avere un sottoinsieme A di R
n
. Esse ci serviranno per poter
parlare in seguito di funzioni concave (convesse).
Denizione 22 Un insieme A R
n
detto convesso se, per ogni coppia di punti x, y A, accade
che
cx + (1 c) y A c [0, 1]
1.3 Topologia ordinaria in R

9
Il signicato di convessit basato sulla nozione di combinazione lineare convessa
cx + (1 c) y, c [0, 1]
che, al variare di c e quindi di c = 1c in [0, 1], rappresenta geometricamente ogni punto appartenente
al segmento di retta che congiunge x con y. Dunque un insieme convesso se contiene tutto il segmento
di retta congiungente ogni coppia di suoi punti
x
y
x
y x
y
Insiemi convessi in R
2
x
y
x
y
x
y
Insiemi non convessi in R
2
Osservazione 23 La chiusura, linterno e il derivato di un insieme convesso sono convessi;
non vero il viceversa.
Lintersezione tra due insiemi convessi convessa.
In R gli unici insiemi convessi sono gli intervalli.
10 1. Lo spazio vettoriale R

.
2
Funzioni di pi variabili reali
Ci occuperemo qui di funzioni, ovvero di relazioni che associano a ogni elemento di un pressato
insieme uno e un solo elemento di un insieme 1.
Seguendo una terminologia ormai ampiamente consolidata:
se R e 1 R si parla di funzioni scalari di scalare (funzioni reali di una variabile reale);
se R
n
e 1 R si parla di funzioni scalari di vettore (funzioni reali di : variabili reali);
se R e 1 R
n
si parla di funzioni vettoriali di scalare;
se R
n
e 1 R
n
si parla di funzioni vettoriali di vettore.
Detta f (o ) se : = 1) una funzione, scriveremo f : R
n
R
n
.
chiaro che il quarto caso il pi generale e contiene tutti i precedenti. Non tratteremo il primo,
gi noto, e parleremo prevalentemente del secondo perch il pi comune nelle applicazioni.
In ogni modo linsieme chiamato dominio della funzione, mentre 1 = R
n
detto codominio o
spazio di arrivo della funzione.
Linsieme di tutte le immagini di una funzione con dominio indicato con f () (o ) () se : = 1)
ed chiamato insieme immagine.
Spesso il dominio non preassegnato: si d per scontato di voler applicare la funzione al pi
esteso sottoinsieme di R
n
possibile. In tal caso si parla di dominio naturale della funzione.
Vediamo qualche esempio di funzioni scalari di vettore (di : variabili).
Esempio 24 La funzione
) (r
1
, r
2
) = 3r
2
1
+r
2
2
non pone problemi visto che possibile eettuare le operazioni da essa richieste per qualunque scelta
di r
1
e r
2
in R. Il dominio naturale dunque tutto R
2
e possiamo etichettarla come ) : R
2
R.
Linsieme immagine invece dato da tutti i numeri reali non negativi, ovvero )

R
2

R
+
.
Invece la funzione
) (r
1
, r
2
, r
3
) = ln

r
2
1
+r
2
2
+r
2
3

= ln

kxk
2

non pu essere applicata ad argomenti negativi o nulli del logaritmo, quindi allorigine 0 R
3
. Il suo
dominio naturale allora linsieme
= R
3
\ {0}
12 2. Funzioni di pi variabili reali
Risulta inoltre ) () R.
Per le funzioni vettoriali di vettore f : R
n
R
n
suciente tenere presente che esse non sono
altro che un modo breve per scrivere vettori di funzioni scalari:
f (x) =

)
1
(x)
)
2
(x)
.
.
.
)
n
(x)

)
1
(r
1
, . . . , r
n
)
)
2
(r
1
, . . . , r
n
)
.
.
.
)
n
(r
1
, . . . , r
n
)

Per individuare il loro dominio naturale basta individuare i domini naturali


s
delle singole componenti
)
s
:
s
R
n
R, : = 1, 2, . . . :: il dominio naturale della funzione vettoriale f dunque la loro
intersezione
=
n
\
s=1

s
Esempio 25 Sia
f (x) =

ln(r
1
r
2
)

r
1
+ 2r
2

Per la prima componente risulta

1
=

x R
2
: r
2
< r
1

mentre per la seconda

2
=

x R
2
: r
2
= 0, 5r
1

Quindi
=
1

2
=

x R
2
: r
1
r
2
= 0, 5r
1

Gracamente il dominio di f la parte del piano cartesiano sotto la retta di equazione r


2
= r
1
(retta
esclusa) e sopra la retta r
2
= 0, 5r
1
(retta inclusa) con r
1
0.
Denizione 26 Per una f : R
n
R
n
si chiama graco linsieme
G
f
= {(x, y) : x , y = f (x)}
Quindi, in generale, G
f
R
n
R
n
.
Nel caso scalare con : = 2, esso una supercie in R
3
. Per esempio il graco di
. = r
2
+j
2
:
2. Funzioni di pi variabili reali 13
A ogni ) : R
2
R corrisponde una supercie, ma il contrario non vero. La supercie sferica di
raggio 3 e centro nellorigine:
non rappresenta una funzione in quanto a innite
1
coppie (r, j) corrispondono due distinti valori di
..
Nel caso : = 2 e : = 1 esso una curva in R
3
:
y x
z
chiaro che la rappresentazione graca fattibile soltanto quando : +: 5 3.
Per le funzioni ) : R
2
R la rappresentazione graca, anche quando sia possibile, non
sempre agevole e quindi, eccezion fatta per casi davvero semplici, si ricorre sovente alla cosiddetta
rappresentazione attraverso le curve di livello.
Denizione 27 Per una ) : R
2
R, si chiama curva di livello / linsieme
1
}
(/) =

(r, j) R
2
: ) (r, j) = /

Per esempio, la funzione ) (r, j) = r


2
+j
2
, prima rappresentata in R
3
, ha curve di livello dequazione
r
2
+j
2
= /
che, per / = 0, sono rappresentate nel piano (r, j) da circonferenze con centro nellorigine e raggio

/
1
Ne basterebbe una.
14 2. Funzioni di pi variabili reali
-4 -2 2 4
-4
-2
2
4
x
y
Esempio 28 La funzione )(r, j) = r
2
+ 4j
2
2rj ha curve di livello ellittiche
-2 2
-2
2
x
y
Come vedremo oltre, si chiamano insiemi di soprallivello (sottollivello) gli insiemi nei quali ) = /
(5 /).
2.1 Limiti e continuit
La denizione di limite sostanzialmente la stessa che si ha per le funzioni di una variabile. Per
ricalcarla occorre prima introdurre la nozione di limite per una successione di vettori.
2.1.1 Successioni di vettori
Cos come una successione numerica {a
|
} in R una funzione che associa a ogni numero naturale /
(escluso al pi un numero nito di naturali) un numero reale a
|
= a(/) in modo tale di ottenere un
elenco senza ne di numeri:
a
0
, a
1
, ..., a
|
, ...
una successione di vettori

x
|

in R
n
un elenco senza ne di vettori con : componenti reali
ciascuno:
x
0
, x
1
, ..., x
|
, ...
Ovvero una successione di vettori in R
n
una funzione che associa a ogni numero naturale / (escluso
al pi un numero nito di naturali) il vettore:
x
|
=

r
|
1
r
|
2
.
.
.
r
|
n

R
n
2.1 Limiti e continuit 15
Esempio 29 La successione
x
|
=

1,/
(1 + 1,/)
|

una successione in R
2
, denita per ogni / = 1. La successione:
y
|
=

1, (/ 3)
2
10
|

una successione in R
3
, denita per ogni / 6= 3.
Pi semplicemente si potrebbe dire che una successione di vettori ... un vettore di successioni: si
considerano : successioni numeriche ordinatamente raccolte in un vettore di : componenti.
Anche per le successioni vettoriali siamo interessati a determinarne il comportamento per / +.
In particolare siamo interessati al caso di successioni convergenti. La cosa meno complicata di quello
che potrebbe sembrare in quanto basta calcolare il limite di ogni componente del vettore:
lim
|+
x
|
=

lim
|+
r
|
1
lim
|+
r
|
2
.
.
.
lim
|+
r
|
n

Esempio 30 Si consideri il precedente esempio. Si ha:


lim
|+
x
|
= lim
|+

1,/
(1 + 1,/)
|

=

lim
|+
1,/
lim
|+
(1 + 1,/)
|

=

0
e

e
lim
|+
y
|
= lim
|+

1, (/ 3)
2
10
|

lim
|+
1, (/ 3)
lim
|+
2
lim
|+
10
|

0
2
0

Pi formalmente possiamo dare la seguente


Denizione 31 Si dice che la successione

x
|

R
n
converge al vettore a =

a
1
a
2
a
n

T

R
n
se
lim
|+
r
|
s
= a
s
, : = 1, 2, . . . , :
e si scrive
lim
|+
x
|
= a oppure x
|
a
2.1.2 Limite per funzioni scalari
Siamo ora pronti a fornire la nozione di limite per una funzione ) : R
n
R. Siamo interessati
principalmente al comportamento di ) nelle vicinanze di un punto x

(con componenti nite): non


esamineremo (esplicitamente) il caso in cui una o pi variabili indipendenti r
s
divergano a .
Denizione 32 Siano ) : R
n
R e x

R
n
un punto di accumulazione per . Si dice che )
tende a 1 (eventualmente + o ) per x che tende a x


0
e si scrive
lim
xx

) (x) = 1
oppure
) (x) 1 per x x

16 2. Funzioni di pi variabili reali


se per ogni successione di vettori

x
|

contenuta nel dominio e convergente a x

, con x
|
6= x

per
ogni /, la successione delle immagini

)

x
|

tende a 1
)

x
|

1 per ogni successione



x
|

con x
|
x

, x
|
6= x
Intuitivamente, ci signica che, in qualunque modo x si avvicini a x

, ) (x) si avvicina sempre a


1.
Osservazione 33 Non necessario che x

per considerare il limite di ) per x x

: lunica
richiesta che x

sia di accumulazione per in quanto occorre avvicinarsi quanto si vuole a x

senza
uscire dal dominio .
Osservazione 34 La richiesta x
|
6= x

serve in quanto il limite controlla il comportamento della


funzione ) in prossimit di x

e non esattamente nel punto x

. Sarebbe dunque suciente richiedere


che x
|
6= x

almeno denitivamente, ovvero per ogni / /


0
.
Purtroppo il calcolo dei limiti per funzioni di : variabili non aatto banale nemmeno per : = 2.
Il problema nasce dalle possibili modalit di avvicinamento a un vettore x

: esse coinvolgono non solo


le (innite) direzioni rettilinee ma anche tutti i possibili percorsi curvilinei e altri ben pi esotici.
x
Per essere sicuri dellesistenza (e del valore) di un limite, dovremmo controllare tutte le possibili
traettorie di avvicinamento per x x

vericando che per ciascuna di esse sia sempre ) (x) 1.


Esempio 35 Si consideri il limite
lim
(r,)(0,0)
r
r +j
Se ci avviciniamo allorigine lungo rette dequazione j = :r, abbiamo un valore che dipende dal
coeciente :
lim
r0
r
r +:r
=
1
1 +:
Il limite dunque non esiste.
Esempio 36 Per il limite
lim
(r,)(0,0)
r
2
j
se scegliamo gli avvicinamenti del tipo j = :r, : 6= 0, otteniamo sempre:
lim
r0
r
2
:r
= lim
r0
r
:
= 0
Se invece scegliamo gli avvicinamenti del tipo j = :r
2
, : 6= 0, otteniamo un valore dipendente da :
lim
r0
r
2
:r
2
= lim
r0
1
:
=
1
:
Di conseguenza il limite considerato non esiste.
2.2 Massimi e minimi 17
Dato che si dimostra abbastanza facilmente che un limite per una funzione vettoriale si ottiene
componente per componente:
lim
xx

f (x) = lim
xx

)
1
(x)
)
2
(x)
.
.
.
)
n
(x)

lim
xx

)
1
(x)
lim
xx

)
2
(x)
.
.
.
lim
xx

)
n
(x)

quanto esposto suciente per trattare anche il caso vettoriale.


Possiamo ora dare la nozione di continuit.
Nei punti isolati del suo dominio una funzione , per convezione, continua. Negli altri punti, non
isolati (ovvero di accumulazione), del suo dominio si ha
Denizione 37 Una funzione ) : R
n
R
n
si dice continua in un punto x
0

0
se
lim
xx
0
) (x) = f

x
0

Una funzione continua in ogni punto x


0
, detta continua su e si scrive ) C
0
(), avendo
indicato C
0
() la classe delle funzioni continue
2
su .
Come nel caso unidimensionale, le funzioni scalari pi semplici risultano essere sempre continue
nel loro dominio naturale e anche quelle che si ottengono per somma, prodotto, composizione, ecc. (con
le dovute avvertenze sul possibile cambiamento che tali operazioni comportano sul dominio naturale).
Per le funzioni vettoriali vale un analogo ragionamento componente per componente: infatti esse sono
continue in punto se e solo se lo sono tutte le componenti.
Esempi notevoli di funzioni scalari ) C
0
(R
n
), cio denite e continue su tutto R
n
, sono:
Lineari: ) (x) = c
T
x =
P
n
s=1
c
s
r
s
Lineari ani: ) (x) = c
T
x +/ =
P
n
s=1
c
s
r
s
+/
Quadratiche: ) (x) =
P
n
s=1
P
n
|=1
r
s
r
|
a
s|
. In particolare, per : = 2, una funzione quadratica
assume la forma
) (r
1
, r
2
) = ar
2
1
+/r
2
2
+cr
1
r
2
(2.1)
che si pu anche scrivere, come vedremo in seguito, come prodotto vettore riga-matrice-vettore
colonna
) (r
1
, r
2
) =

r
1
r
2

a c,2
c,2 /

r
1
r
2

=
= x
T
x
avendo battezzato con la lettera la tabella 22 (detta matrice) che raccoglie i coecienti a, /
e c.
2.2 Massimi e minimi
Per le funzioni di : variabili si possono reintrodurre, senza sostanziali modicazioni rispetto al caso
di funzioni reali di una variabile reale, le nozioni di (punto di) massimo e minimo.
2
In realt la vera denizione di continuit non richiederebbe il calcolo di limiti. In generale infatti, una fun-
zione si dice continua se la controimmagine )
1
() di ogni aperto un insieme aperto (o, equivalentemente, se la
controimmagine )
1
(C) di ogni chiuso C un insieme chiuso).
18 2. Funzioni di pi variabili reali
Denizione 38 Sia ) : R
n
R.Un punto x

si dice:
1. Punto di massimo globale (di ) su ) se
) (x

) = ) (x) per ogni x


Qualora valga la disuguaglianza forte per ogni x 6= x

, x

detto punto di massimo globale


forte.
2. Punto di massimo locale (di )) se esiste un intorno l (x

) tale che
) (x

) = ) (x) per ogni x l (x

)
Qualora valga la disuguaglianza forte per x 6= x

, x

detto punto di massimo locale forte.


Il valore j

= ) (x

) assunto da ) nel punto x

detto massimo globale (forte) e massimo locale


(forte) rispettivamente.
Se valgono le disuguaglianze opposte (5 e <) si parla di minimo invece che di massimo.
Osserviamo subito che la denizione non richiede alcuna propriet alla funzione ). Dalle denizioni
date si pu inoltre dedurre che
1. I punti di minimo di una funzione ) coincidono con i punti di massimo di ). Per i valori
massimi e minimi vale invece lovvia relazione
min) = max ()))
2. Globale implica, a fortiori, locale. Forte implica debole.
3. I punti isolati di sono simultaneamente di massimo e di minimo, almeno in senso locale.
4. Se esiste un punto di massimo (o di minimo) globale forte, esso forzatamente unico. Possono
invece esserci anche inniti punti di massimo (o di minimo) globale non in senso forte: per
esempio la funzione sinr presenta inniti punti di massimo globale r

= ,2 2/. Nessuno di
essi globale in senso forte poich in tutti la funzione vale 1: ciascuno di essi punto di massimo
locale forte.
5. Possono esistere anche inniti massimi (o minimi) locali in senso forte: per esempio la funzione
rsinr ha inniti valori di massimo e di minimo locale in senso forte come mostra il suo graco
x
y
2.2 Massimi e minimi 19
Osservazione 39 Cominciamo con il rilevare come frequentemente il dominio di ) sia pi piccolo
del suo dominio naturale (massimo dominio) A: ci sia per motivi di sensatezza economica
3
sia
perch, come vedremo approfonditamente nei capitoli 11, 13 e 14, il variare delle variabili indipendenti
soggetto a vincoli.
La vera dierenza tra denizione globale e locale di punto di massimo che, con la prima, linsieme per
il quale si richiede il valere della disuguaglianza ) (x

) = ) (x) pressato ( A) e, con la seconda,


non lo : ci si chiede se esiste almeno un insieme (intorno di x

) nel quale vige la disuguaglianza.


In maniera scorretta ma ecace: con la denizione globale, linsieme di riferimento scelto da noi,
con la denizione locale dalla funzione.
Le funzioni continue godono di alcune importanti propriet, in particolare:
Teorema 40 (Weierstrass) Una funzione ) : R
n
R continua su compatto ammette ivi
massimo e minimo globali.
Alle nozioni di massimo e minimo si pu aancare il concetto di sella. Consideriamo una funzione
) : R
2
R di due variabili che indicheremo con r e j.
Se in un punto (r
0
, j
0
) accade che
) (r
0
, j
0
) = ) (r, j
0
) e ) (r
0
, j
0
) 5 ) (r
0
, j)
per ogni scelta di r, j , (r
0
, j
0
) detto punto di sella globale di ) su . Qualora le disuguaglianze
valgano in un intorno di (r
0
, j
0
), si parla di punto di sella locale. Il punto (r
0
, j
0
) , apparentemente,
molto strano: di massimo al variare della sola r e di minimo al variare della sola j.
Un esempio di sella (globale) dato dalla funzione ) (r, j) = j
2
r
2
nel punto (r
0
, j
0
) = (0, 0):
xy
z
Graco di j
2
r
2
Come si vede dal graco, nellorigine la funzione presenta una forma che ricorda la sella di un cavallo
(da cui il nome): movendosi lungo lasse j si incontra un minimo mentre lungo lasse r si trova un
massimo.
Osservazione 41 Nulla cambia se si scambiano di posto le due variabili r e j: un punto di sella
se ) presenta un massimo rispetto a una delle due variabili (non importa quale) e un minimo rispetto
allaltra. Anche ) (r, j) = r
2
j
2
presenta una sella nellorigine: in (0, 0) tale funzione minima
rispetto a r e massima rispetto a j.
La denizione si estende facilmente a funzioni di : variabili qualora sia possibile raccoglierle in due
distinti vettori y e x per i quali valgano le precedenti disuguaglianze.
3
Per esempio, ) potrebbe essere denita su tutto R

(come oggetto matematico) ma interessa considerarla solo per


valori positivi delle variabili indipendenti (perch si tratta di quantit di merci).
20 2. Funzioni di pi variabili reali
3
Calcolo dierenziale
Presentiamo ora le nozioni basilari del calcolo dierenziale per funzioni di pi variabili. Tratteremo
prima le funzioni scalari; accenneremo quindi alle funzioni vettoriali. Non parleremo di derivate e
dierenziali di ordine successivo al primo.
3.1 Funzioni scalari
Per funzioni ) : R
n
R, la derivata prima rappresenta ancora il limite di un rapporto incremen-
tale e quindi uno strumento per lindagine in piccolo, ovvero locale, del comportamento della funzione.
Lunica lieve e ovvia complicazione che la presenza di : variabili indipendenti r
1
, r
2
, ..., r
n
induce la
necessit di calcolare altrettanti rapporti incrementali e quindi : derivate: una per ciascuna variabile
indipendente r
s
.
Pi precisamente
Denizione 42 Siano ) : R
n
R e x
0
un punto interno di . Se esiste nito
lim
|0
)

r
0
1
, ..., r
0
s
+t, ..., r
0
n

)

r
0
1
, ..., r
0
s
, ..., r
0
n

t
=
= lim
|0
)

x
0
+te
s

)

x
0

t
) si dice derivabile (parzialmente) rispetto a r
s
in x
0
e il risultato del limite detto derivata parziale
(prima) di ) rispetto a r
s
calcolata in x
0
. Essa pu essere indicata con i simboli
0)
0r
s

x
0

)
0
r

x
0

1
r

)

x
0

Qualora esistano tutte le : derivate parziali in un punto x


0
, ) detta derivabile in x
0
e le derivate
sono raccolte in un vettore riga chiamato gradiente di ) in x
0
e indicato con )

x
0

1
:
)

x
0

=

0)
0r
1

x
0

0)
0r
2

x
0

...
0)
0r
n

x
0


1
Il simbolo si legge nabla.
22 3. Calcolo dierenziale
Il vettore gradiente pu anche essere indicato semplicemente con )
0

x
0

.
Osservazione 43 Qualora non esista il limite di qualcuno dei rapporti incrementali presi in esame
ma ne esistano i limiti destro e sinistro, si pu parlare di derivata parziale destra
0)
0r
s
+

x
0

= lim
|0
+
)

x
0
+te
s

)

x
0

t
e sinistra
0)
0r
s

x
0

= lim
|0

)

x
0
+te
s

)

x
0

t
Come si evince dalla denizione, la derivata parziale un concetto genuinamente unidimensionale.
Anche se la funzione di : variabili, si considerano variazioni di una sola variabile alla volta: ci si
sposta dal punto iniziale x
0
movendosi lungo una retta parallela allasse r
s
. Si osserva dunque il
comportamento di ) solo relativamente alla sua restrizione:
q
s
(t) = )

r
0
1
, ..., r
0
s
+t, ..., r
0
n

Infatti, dato che q


s
(0) = )

r
0
1
, ..., r
0
s
, ..., r
0
n

, la derivata parziale
0)
0r
s

x
0

non altro che la derivata


(calcolata in 0) della funzione q di una sola variabile:
0)
0r
s

x
0

= lim
|0
q
s
(t) q
s
(0)
t
= q
0
s
(0)
Ci comporta che, dal punto di vista del calcolo di una derivata parziale, si possano riciclare le
regole di calcolo del caso unidimensionale: suciente trattare come costanti le variabili rispetto alle
quali non si sta calcolando la derivata.
Di solito quindi:
1. si calcolano le derivate parziali in un generico punto x ottenendo (se ) derivabile) la funzione
gradiente:
) (x) =

0)
0r
1
(x)
0)
0r
2
(x) ...
0)
0r
n
(x)

che associa a ogni punto x R


n
in cui ) derivabile il vettore :dimensionale delle sue
derivate parziali; dunque ) una funzione del tipo ) :
e
R
n
R
n
dove
e
indica
linsieme dei punti in cui ) derivabile.
2. Per ottenere )

x
0

si sostituiscono le coordinate del punto x


0
nellespressione di ) (x).
2
Esempio 44 Siano
) (r
1
, r
2
) = r
2
1
+r
2
2
; x
0
=

3
5

Abbiamo
0)
0r
1
(x) = 2r
1
e
0)
0r
2
(x) = 2r
2
ovvero ) derivabile in ogni punto di R
2
con gradiente
) (x) =

2r
1
2r
2

Quindi
)

x
0

=

6 10

2
In realt ci corretto se le derivate parziali sono tutte continue.
3.1 Funzioni scalari 23
Esempio 45 Siano
) (r
1
, r
2
, r
3
) = ln(r
1
+ 3r
2
r
3
) ; x
0
=

0
2
1

si ha
0)
0r
1
(x) =
1
r
1
+ 3r
2
r
3
0)
0r
2
(x) =
3r
3
r
1
+ 3r
2
r
3
0)
0r
3
(x) =
3r
2
r
1
+ 3r
2
r
3
Nel punto assegnato la funzione derivabile e risulta
0)
0r
1

x
0

=
1
6
0)
0r
2

x
0

=
3
6
=
1
2
0)
0r
3
(x) =
6
6
= 1
ovvero
)

x
0

=

1
6
1
2
1

Esempio 46 La norma euclidea in R


n
una funzione derivabile ovunque tranne che nellorigine.
Infatti derivando:
) (x) = kxk =
v
u
u
t
n
X
1
r
2
s
=

r
2
1
+r
2
2
+... +r
2
s
+... +r
2
n

1/2
rispetto alla variabile r
s
si ottiene
0)
0r
s
(x) =
1
2

n
X
1
r
2
s
!
1/2
2r
s
=
r
s
kxk
da cui
) (x) =
1
kxk

r
1
r
2
r
n

La funzione derivata ben denita in ogni punto x 6= 0. Nellorigine si ha
) (0 +te
s
) ) (0)
t
=

t
2
0
t
=
|t|
t
=

1 se t 0
1 se t < 0
quindi
lim
|0
+
) (0 +te
s
) ) (0)
t
= 1 e lim
|0

) (0 +te
s
) ) (0)
t
= 1
pertanto kxk non derivabile nellorigine.
Come abbiamo visto, le derivate parziali sono limiti di rapporti incrementali calcolati lungo direzioni
parallele agli assi.
Vedremo ora limportante nozione di dierenziale primo.
24 3. Calcolo dierenziale
Denizione 47 Una funzione ) : R
n
R si dice dierenziabile in un punto x
0

se esiste
un vettore riga a =

a
1
... a
n

non dipendente da h tale che, per h 0:
)

x
0
+h

= )

x
0

+a h +o (khk) (3.1)
La parte lineare a h (rispetto a h) prende il nome di dierenziale primo di ) in x
0
e si indica con
d)

x
0

:
d)

x
0

= a h
Come nel caso unidimensionale, la dierenziabilit in un punto x
0
sta a signicare che, in un intorno
del punto x
0
, la funzione ben approssimabile con una funzione lineare ane: ben approssimabile
nel senso che la dierenza tra )

x
0
+h

e la sua approssimazione lineare ane )



x
0

+a h tende
a 0 pi rapidamente della lunghezza khk dello spostamento compiuto. Ribattezzando infatti il punto
variato x
0
+h = x, cosicch h = x x
0
, si pu riscrivere la (3.1)
) (x) )

x
0

= a

x x
0

+o

x x
0

e quindi, se a

x x
0

6= 0:
) (x) )

x
0

x x
0

che mette in evidenza il legame tra il dierenziale primo d)



x
0

= a

x x
0

e lincremento subito
dalla funzione: )

x
0

= ) (x) )

x
0

.
3
Che legami sussistono tra derivate (parziali) e il dierenziale? Vi sono relazioni tra continuit,
derivabilit e dierenziabilit?
Una prima risposta contenuta nel seguente
Teorema 48 Se ) : R
n
R dierenziabile in un punto x
0

, allora
1. ) continua in x
0
;
2. ) derivabile in x
0
e risulta a = )

x
0

;
Dimostrazione.
1. Se ) dierenziabile in x
0
) (x) )

x
0

= a

x x
0

+o

x x
0

Poich
lim
xx
0

x x
0

+o

x x
0

= 0
risulta
lim
xx
0
) (x) = )

x
0

e ) continua in x
0
.
3
Si ricorda che date due funzioni di una variabile ) (a) e j (a) si dice che:
j un o piccolo di ) per a a
0
e si scrive j = c ()) se
lim

0
j (a)
) (a)
= 0
j un asintotico a ) per a a
0
e si scrive j ) se
lim

0
j (a)
) (a)
= 1
Tra c e vale la seguente relazione:
) +c ()) )
3.1 Funzioni scalari 25
2. Se ) dierenziabile in x
0
, scelto h = te
s
)

x
0
+te
s

)

x
0

= ate
s
+o (kte
s
k) =
= a
s
t +o (|t|)
Dividendo entrambi i membri per t si ottiene
)

x
0
+te
s

)

x
0

t
= a
s
+o (1)
Il secondo membro, per t 0, ammette limite a
s
e quindi anche il primo membro ammette
limite nito
lim
|0
)

x
0
+te
s

)

x
0

t
= a
s
ovvero esiste
0)
0r
s

x
0

e coincide necessariamente con a


s
, : = 1, ..., :.
Osservazione 49 Il punto 2 del Teorema 48 non dice semplicemente che a = )

x
0

; aerma
che, se esiste a, necessariamente esiste anche )

x
0

e sono uguali. Pu accadere infatti che esista


)

x
0

ma non a.
Il punto 2 pu essere riformulato dicendo che una funzione dierenziabile se e solo se vale la
cosiddetta formula di Taylor arrestata al primo ordine:
) (x) = )

x
0

+)

x
0

x x
0

+o

x x
0

Il secondo membro la somma del polinomio di Taylor del primo ordine:


1 (x) = )

x
0

+)

x
0

x x
0

e del resto secondo Peano:


1(x) = o

x x
0

Il dierenziale primo quindi


d)

x
0

= )

x
0

x x
0

Spesso si indica lincremento x x


0
con dx dato che la formula di Taylor signicativa per

x x
0

0. Quindi
d)

x
0

= )

x
0

dx
La precedente scrittura si indica anche con la locuzione di dierenziale totale poich, scrivendola in
dettaglio (ommettendo per brevit lindicazione del punto iniziale x
0
), si ha
d) =
n
X
s=1
0)
0r
s
dr
s
=
0)
0r
1
dr
1
+
0)
0r
2
dr
2
+... +
0)
0r
n
dr
n
Lespressione sopra riportata mette in evidenza come il dierenziale totale sia la somma di : dif-
ferenziali parziali: d)
s
=
0)
0r
s
dr
s
, ognuno dei quali rappresenta lincremento di competenza della
:esima variabile indipendente. Tale precisazione non solo formale: potrebbe infatti risultare utile
considerare solo alcune variabili, per esempio perch si interessati a capire qual linfuenza su ) di
una specica variabile o perch la funzione risulta dierenziabile solo rispetto ad alcune variabili (e
quindi non esiste il dierenziale totale).
26 3. Calcolo dierenziale
Non vale nessuna delle implicazioni inverse del precedente teorema!. Pi precisamente: lesistenza
di )

x
0

non implica n la continuit e quindi neppure la dierenziabilit in x


0
. Per esempio, la
funzione ) : R
2
R cos denita:
) (r, j) =

0 se rj 6= 0
1 se rj = 0
ammette entrambe le derivate parziali nellorigine. Infatti:
0)
0r
(0) = lim
|0
) (t, 0) ) (0, 0)
t
= lim
|0
1 1
t
= 0
0)
0j
(0) = lim
|0
) (0, t) ) (0, 0)
t
= lim
|0
1 1
t
= 0
Ci nonostante ) non continua nellorigine: spostandosi da 0 lungo direzioni diverse dagli assi, la
funzione passa dal valore 1 al valore 0 compiendo un salto anche per spostamenti piccolissimi. Ci
comporta che ) in x
0
= 0 non sia neppure dierenziabile.
Il Teorema 48 fornisce alcune condizioni necessarie di dierenziabilit. Il seguente, in un certo senso,
il suo viceversa.
Teorema 50 Se ) : R
n
R ammette derivate parziali in un intorno di un punto x
0

e se
le derivate parziali risultano tutte continue
4
in x
0
, allora ) dierenziabile in x
0
.
La derivabilit non implica la dierenziabilit ma la derivabilit con continuit s.
Possiamo introdurre una nuova classe di funzioni, indicata con C
1
: la classe delle funzioni derivabili
una volta con continuit. La notazione C
1
() indica linsieme delle funzioni che ammettono in ogni
punto di derivate parziali prime tutte continue.
Possiamo riassumere i legami visti nel seguente schema:
f derivabile con continuit
f differenziabile
f continua
f derivabile
parzialmente
f derivabile
direzionalmente
Osservazione 51 I precedenti teoremi mostrano come la dierenziabilit di una funzione (scalare o
vettoriale di vettore) sia una importante propriet di struttura: dalla dierenziabilit conseguono con-
tinuit, derivabilit e derivabilit direzionale. La derivabilit invece una propriet piuttosto povera:
una funzione derivabile pu anche essere molto poco liscia e regolare, per esempio pu essere dis-
continua. Il motivo piuttosto evidente. La dierenziabilit di una funzione in x
0
una propriet di
4
Anzi, basta un po di meno: che ) e a1 derivate parziali siano continue e che esista la aesima derivata parziale.
3.1 Funzioni scalari 27
regolarit in un intorno pluridimensionale di x
0
: essa garantisce dunque un buon comportamento
in tutti i punti vicini a x
0
. La derivabilit richiede invece un buon comportamento soltanto nelle
direzioni unidimensionali parallele a uno degli assi, che pu benissimo esserci (come mostrano alcuni
degli esempi precedenti) senza che vi sia anche in tutte le altre direzioni. Nel caso di una funzione di
una sola variabile, dierenziabilit e derivabilit coincidono perch gli intorni sono necessariamente
unidimensionali.
Osservazione 52 Lidea di dierenziale veramente brutale: con essa si vuole approssimare una
funzione ) nel modo pi semplice, cio con una funzione lineare.
chiaro che tale brutale approssimazione facile da ottenere ma riesce a dire ben poco su ):
(i) se ) regolare (liscia), nelle immediate vicinanze di x
0
, i suoi valori sono ben approssimati
dalla funzione lineare;
(ii) permette di riconoscere se ) cresce, cala (meglio in quali direzioni cresce o cala) o stazionaria.
Dunque il dierenziale fornisce poche informazioni ma costa poca fatica: le informazioni fornite sono
peraltro semplici ma fondamentali, cosicch i beneci (scarsi) superano i costi (ancor pi scarsi).
Esempio 53 Per la funzione ) : R
2
R :
) (r
1
, r
2
) = r
2
1
+ 3r
2
2
si ha
0)
0r
1
(x) = 2r
1
e
0)
0r
2
(x) = 6r
2
Entrambe le derivate parziali sono denite e continue su tutto R
2
. Dunque ) C
1

R
2

e quindi esiste
il dierenziale primo in ogni punto di R
2
. Consideriamo il punto:
x
0
=

2
1

Il dierenziale primo di ) in x
0

d)

x
0

=

4 6

r
1
2
r
2
1

=
= 4r
1
+ 6r
2
14
Il corrispondente polinomio di Taylor
1 (x) = )

x
0

+ d)

x
0

=
= 7 + 4r
1
+ 6r
2
14 =
= 4r
1
+ 6r
2
7
3.1.1 Signicato geometrico di derivate parziali, gradiente e dierenziale primo.
Per interpretare geometricamente i concetti prima introdotti dobbiamo limitarci, per ovvi motivi, al
caso di funzioni scalari di sole due variabili ) : R
2
R.
Cominciamo dalle derivate parziali. Come gi anticipato, ciascuna di esse pu essere vista come la
derivata di una restrizione della funzione ). Di conseguenza ciascuna di esse pu essere interpretata
come la pendenza della retta tangente al graco della funzione sulla restrizione considerata:
28 3. Calcolo dierenziale
Il gradiente a sua volta ha un interessante signicato geometrico: si dimostra che, in ipotesi di
dierenziabilit e se non nullo, rappresenta la direzione di massima crescita della funzione. In altri
termini, ssato un punto x
0
non stazionario (cio con)

x
0

6= 0), se ci si sposta dal punto x


0
nel
punto x
0
+ v

, dove v

= c)

x
0

T
con c 0, la funzione cresce lungo tale direzione con la massima
pendenza possibile rispetto a ogni altra direzione v ammissibile. Rappresentando dunque i gradienti
come vettori orientati nel punto considerato, si visualizzano le direzioni di crescita della funzione.
Per esempio, il comportamento della funzione ) (r, j) = rj, di cui la seguente gura riporta
supercie e curve di livello
pu essere letto nel seguente graco in cui sono riportati i gradienti e le curve di livello:
3.1 Funzioni scalari 29
Concludiamo con il signicato geometrico del polinomio di Taylor del primordine dal quale pu
essere ricavato il signicato del dierenziale primo.
Tale polinomio di Taylor una funzione lineare ane dello stesso tipo (dimensioni dello spazio di
partenza e di arrivo) di ):
1 (x) = )

x
0

+)

x
0

x x
0

Nel caso : = 2 e : = 1, esso rappresentato dal piano tangente al graco della funzione
5
nel punto
x
0
:
Linclinazione del piano tangente determinata dal valore di entrambe le derivate parziali nel punto.
Osservando che 1

x
0

= )

x
0

si deduce che il dierenziale primo


d)

x
0

= )

x
0

x x
0

= 1 (x) 1

x
0

lincremento subito da 1. Si pu dunque aermare che il dierenziale primo la variazione letta sul
piano tangente anzich sulla supercie di ) e che, per piccole variazioni x
0
= x x
0
non ortogonali
a )

x
0

, fornisce una buona approssimazione della vera variazione ) subita dalla funzione ).
Aumentando il numero di variabili indipendenti, la rappresentazione graca non pi fattibile. Il
dierenziale, anzich un piano, un iperpiano e, in ogni caso, il gradiente la direzione di massima
crescita.
5
La dierenziabilit dunque equivale a richiedere che esista un (solo) piano tangente.
30 3. Calcolo dierenziale
3.2 Funzioni vettoriali
Per estendere quanto introdotto nella sezione precedente al caso di funzioni vettoriali f : R
n
R
n
suciente applicare le nozioni appena viste a ogni loro componente )
s
: R
n
R, : = 1, ..., :.
Se tutte le funzioni )
s
sono derivabili in un punto x
0
, f a sua volta derivabile in x
0
e la sua
derivata prima rappresentata da tutti i vettori gradiente )
s

x
0

che sono raccolti usualmente in


una matrice J = J
}
di : righe ed : colonne detta matrice jacobiana:
J
f

x
0

)
1

x
0

)
2

x
0

.
.
.
)
n

x
0

0)
1
0r
1

x
0

0)
1
0r
2

x
0


0)
1
0r
n

x
0

0)
2
0r
1

x
0

0)
2
0r
2

x
0


0)
2
0r
n

x
0

.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
0)
n
0r
1

x
0

0)
n
0r
2

x
0


0)
n
0r
n

x
0

che pu anche essere indicata f


0

x
0

.
Il calcolo delle derivate prime rimane del tutto analogo a quanto s detto in precedenza.
Esempio 54 La funzione f : R
2
R
3
:
f (x) =

r
2
1
+r
2
2
5r
1
3r
2
e
r2

avendo tutte e tre le componenti derivabili su tutto R


2
, risulta a sua volta derivabile su tutto R
2
. La
sua derivata in un generico punto la matrice
f
0
(x) = J
f
(x) =

2r
1
2r
2
5 3
0 e
r
2

di dimensione 3 2. La derivata nel punto


x
0
=

3
1

dunque
f
0

x
0

= J
f

x
0

6 2
5 3
0 e

.
Esempio 55 La funzione f : R R
3
:
f (r) =

ln

1 +r
2

4 2r
sinr

derivabile su tutto R e risulta


f
0
(x) = J
f
(x) =

2r
1 +r
2
2
cos r

In questo caso la matrice jacobiana un vettore colonna.


3.2 Funzioni vettoriali 31
Anche per il dierenziale possiamo seguire lo stesso schema. Una f : R
n
R
n
dierenziabile
in un punto x
0
se e solo se lo sono tutte le sue componenti, ovvero se:
)
s
(x) = )
s

x
0

+)
s

x
0

x x
0

+o
s

x x
0

: = 1, ..., :
che, messe insieme, possono scriversi nella forma pi compatta:
f (x) = f

x
0

+J
f

x
0

x x
0

+o

x x
0

dove o

x x
0

il vettore :dimensionale che raccoglie quantit tutte innitesime, per x x


0
,
di ordine superiore a

x x
0

.
La formula precedente altri non che la formula di Taylor arrestata al primordine. Lunica dierenza
rispetto al caso scalare che, al posto del vettore a = )

x
0

non dipendente da h = x x
0
, compare
la matrice = J
f

x
0

non dipendente da h = x x
0
.
Il dierenziale primo a sua volta rappresentato dal vettore di dimensione : che raccoglie i
dierenziali primi delle sue componenti:
df

x
0

d)
1

x
0

d)
2

x
0

.
.
.
d)
n

x
0

=
=

)
1

x
0

x x
0

)
2

x
0

x x
0

.
.
.
)
n

x
0

x x
0

= J
f

x
0

x x
0

Inne una f : R
n
R
n
detta di classe C
1
se ogni sua componente di classe C
1
.
Rimangono invariati i legami tra continuit, derivate parziali e dierenziale primo, ovvero lo schema
presentato in gura a pag. 26 ancora valido.
I precedenti esempi riportano casi di funzioni dierenziabili con continuit: per essi si pu dunque
procedere al calcolo di dierenziali sfruttando quanto visto nel caso scalare.
32 3. Calcolo dierenziale
4
Funzioni concave e convesse
Vedremo orale classiche nozioni di concavit (e convessit) per funzioni scalari. Cominciamo con la
seguente
Denizione 56 Una funzione ) : A R
n
R, A convesso, detta concava se, per ogni scelta di
x, y A, risulta
) (cx +cy) = c) (x) +c) (y) c [0, 1] (4.1)
dove c = 1c. Si dice convessa se ) concava, cio se vale la disuguaglianza opposta 5. Se valgono
le disuguaglianze forti per ogni c (0, 1), ) si dice strettamente concava (convessa).
La stessa denizione si d anche per funzioni vettoriali f : A R
n
R
n
, A convesso
f (cx +cy) = cf (x) +cf (y) c [0, 1]
Ci equivale a richiedere la concavit di ogni componente di f e ci ci autorizza ad esaminare soltanto
le funzioni scalari di vettore.
Geometricamente la concavit (convessit) di una funzione signica che, relativamente al segmento
da x a y (ovvero per i punti del tipo z = cx +cy, 0 5 c 5 1), il graco di ) non sta mai al di sotto
(di sopra) della corda che congiunge i punti = (x, ) (x)), 1 = (y, ) (y)).
Funzione (strettamente) concava Funzione (strettamente) convessa
34 4. Funzioni concave e convesse
Funzione convessa (non strettamente) Funzione concava (non strettamente)
Le funzioni lineari ani, cio del tipo ) (x) = a
T
x + /, con a R
n
e / R, sono le uniche
simultaneamente concave e convesse.
Le combinazioni lineari con pesi non negativi di funzioni concave (convesse) sono concave (convesse).
Le funzioni concave sono utilizzate molto frequentemente nella Teoria economica. La (4.1) esprime
infatti tre propriet piuttosto importanti e ragionevoli in molte circostanze:
1. la preferibilit della diversit. Meglio un pezzo di pane e un bicchiere di vino piuttosto che due
pezzi di pane o due bicchieri di vino.
2. La preferibilit del certo: meglio 100C= sicuri che una scommessa che pu far vincere 200C= oppure
nulla con probabilit 1/2.
3. La legge degli incrementi decrescenti: il passaggio da 10 a 20 maggiore di quello da 20 a
30.
Il concetto di concavit (convessit) di una funzione genuinamente unidimensionale: riguarda il
suo comportamento su ogni segmento cx +cy, 0 5 c 5 1. Infatti si vede facilmente che
Teorema 57 Una funzione ) : A R
n
R, A convesso, concava (convessa) se e solo se lo sono
tutte le funzioni di una sola variabile
,
x,h
(t) = ) (x +th) t [0, 1]
con x, x +h A.
Vale dunque la pena di ricordare prima le propriet delle funzioni concave (convesse) di una sola
variabile
Teorema 58 Sia , : A R R denita in un intervallo A.
1. Se , dierenziabile, condizione necessaria e suciente anch , sia concava (convessa) che
,
0
sia decrescente (crescente).
2. Se , due volte dierenziabile, condizione necessaria e suciente anch , sia concava (con-
vessa) che ,
00
5 0 ( ,
00
= 0) per ogni r A.
3. Se , dierenziabile, condizione necessaria e suciente anch , sia strettamente concava
(convessa) che ,
0
sia strettamente decrescente (crescente).
4. Se , due volte dierenziabile, condizione suciente anch , sia strettamente concava (con-
vessa) che ,
00
< 0 ( ,
00
0) per ogni r A.
4.1 Propriet delle funzioni concave (convesse) 35
4.1 Propriet delle funzioni concave (convesse)
I prossimi due teoremi aermano che le funzioni concave (convesse) sono piuttosto regolari.
Teorema 59 Una funzione concava (convessa) continua in ogni punto interno del suo dominio. In
particolare, se esso aperto, la funzione ovunque continua.
Si rietta, nel caso di funzioni di una variabile, sulla circostanza che la presenza di una discontinuit
in un punto interno al dominio fa s che, necessariamente, qualche corda corda tagli il graco della
funzione. Se la discontinuit di frontiera, invece ci non necessariamente accade.
Discontinuit interna Discontinuit di frontiera
Inoltre vale il
Teorema 60 Sia ) una funzione concava (convessa) denita su un convesso A R
n
. Se )
derivabile in un punto x, ivi anche dierenziabile.
In conclusione una funzione concava (o convessa) non pu comportarsi troppo male: in ogni punto
interno al suo dominio continua e derivabilit implica dierenziabilit
1
.
Teorema 61 Sia ) : A R
n
R derivabile in A aperto convesso. La funzione ) concava se e
solo se risulta
) (x) (y x) = ) (y) ) (x) per ogni x, y A (4.2)
La funzione ) convessa se e solo se vale la disuguaglianza opposta.
Si osservi che la (4.2) si pu riscrivere come:
) (y) 5 ) (x) +) (x) (y x) per ogni x, y A
Il secondo membro lapprossimazione lineare di ) (approssimazione costruita in x e valutata in y):
si tratta del primo termine dello sviluppo di Taylor, ovvero dellespressione delliperpiano tangente a
) in x. Il Teorema 61 aerma allora che una funzione ) dierenziabile concava (convessa) se e solo
se lapprossimazione lineare approssima, in ogni punto, per eccesso (per difetto) ), cio se liperpiano
tangente le sta sempre sopra (sotto).
Unaltra caratterizzazione del primordine fornita dalla seguente
Proposizione 62 Sia ) : A R
n
R dierenziabile in A aperto convesso. La funzione ) concava
se e solo se risulta
[) (y) ) (x)] (y x) 5 0 per ogni x, y A (4.3)
La funzione ) convessa se e solo se vale la disuguaglianza opposta.
1
Abbiamo gi avvertito che i concetti di concavit e di convessit sono genuinamente unidimensionali. Ne abbiamo
qui una riprova: come per le funzioni di una variabile, la derivabilit equivale alla dierenziabilit anche per le funzioni
concave o convesse.
36 4. Funzioni concave e convesse
Il precedente risultato stabilisce che, anche nel caso di funzioni di pi variabili, condizione necessaria
e suciente di concavit che la derivata prima sia, in un certo senso, monotona decrescente
2
. Infatti
la condizione (4.3), nel caso : = 1, diventa
[)
0
(j) )
0
(r)] (j r) 5 0 per ogni r, j A R
che si riduce alla decrescenza di )
0
r < j = )
0
(r) = )
0
(j)
r j = )
0
(r) 5 )
0
(j)
Diamo ora alcune caratterizzazioni che non coinvolgono luso del calcolo dierenziale.
Denizione 63 Sia ) : A R
n
R una funzione qualsiasi. Si dice
1. ipograco ( epigraco) di ) linsieme dei punti di R
n
R che stanno sotto (sopra) il graco di
)
ipo ()) = {(x, j) R
n
R : x A e j 5 ) (x)}
epi ()) = {(x, j) R
n
R : x A e j = ) (x)}
2. Insieme di sottolivello o livello inferiore ( soprallivello o livello superiore) di quota / linsieme
dei punti di A per i quali il valore di ) inferiore (superiore) a /
1
}
(/) = {x A R
n
: ) (x) 5 /}
o
}
(/) = {x A R
n
: ) (x) = /}
Per funzioni di una sola variabile la rappresentazione graca

x
y
epi(f)
Ipo(f)
x
y
k
S
f
(k)
Si prova senza dicolt che una funzione concava (convessa) se e solo se il suo ipograco (epigraco)
un insieme convesso. La propriet ha un notevole rilievo economico.
Vale inoltre
Proposizione 64 Se ) : A R
n
R concava (convessa) in A convesso, allora tutti i suoi insiemi
di soprallivello (sottolivello) sono convessi
3
.
2
Anzi, la condizione del primordine di concavit (convessit) in questione stata adottata come denizione di
monotonia per le mappe. Una 1 : A R

detta monotona crescente se


[1 (y) 1 (x)] (y x) = 0 per ogni x, y A
detta monotona decrescente se vale la disuguaglianza opposta.
3
O vuoti. Si rammenti che linsieme vuoto, ad honorem, convesso.
4.1 Propriet delle funzioni concave (convesse) 37
Dimostrazione. Sia ) concava. Consideriamo un livello / per cui o
}
(/) 6= . Se o
}
(/) contiene un
solo punto, convesso. Se o
}
(/) contiene almeno due punti x e y, supponiamo che sia ) (y) = ) (x) =
/. Ma allora
) (cx +cy) = c) (x) +c) (y) =
= ) (x) +c[) (y) ) (x)] = ) (x) = /
quindi anche cx +cy o
}
(/), ovvero o
}
(/) convesso.
Il viceversa non vero.
Per esempio, tutte le funzioni ) : A R R monotne hanno insiemi di livello sia superiori sia
inferiori che risultano convessi anche se non si tratta di funzioni concave. La funzione )(r) = r
3
non concava e neppure convessa eppure o
}
(/) e 1
}
(/) sono convessi per ogni valore di /.
In altri termini, la propriet in discorso goduta dalle funzioni concave (convesse) ma non una
loro esclusiva. Le funzioni con tali propriet sono dette quasi concave (quasi convesse).
In generale, come per le funzioni di una sola variabile reale, per testare la concavit/convessit di
una funzione bisognerebbe ricorrere alle derivate di ordine superiore (non previste in questo corso per
funzioni di pi variabili).
Possiamo comunque fornire una condizione suciente di concavit/convessit per le funzioni qua-
dratiche di due variabili (cfr. 17)
) (r, j) = ar
2
+/j
2
+crj
Per tali funzioni basta studiare il segno dei coecienti. Pi precisamente abbiamo la seguente casistica:
(a) Se
a/
c
2
4
0
allora
a 0 = ) strettamente convessa su R
2
a < 0 = ) strettamente concava su R
2
(b) Se
a/
c
2
4
= 0
allora
a = 0 e c = 0 = ) convessa su R
2
a 5 0 e c 5 0 = ) concava su R
2
(c) Se
a/
c
2
4
< 0
allora ) non n convessa n concava.
38 4. Funzioni concave e convesse
Come vedremo in seguito, la quantit a/
c
2
4
coincide con il determinate della matrice
=

a c,2
c,2 /

5
Ottimi liberi
Il pi generale problema di ottimo (del quale ci occuperemo) consiste nel ricercare il punto (o i punti)
di un pressato insieme R
n
che rende (rendono) massima o minima una funzione scalare ) di :
variabili denita su un insieme A . Scriveremo rispettivamente
max
x.
) (x) ; min
x.
) (x)
oppure
opt
xA
) (x)
nei casi in cui si vogliano individuare sia i minimi sia i massimi (o non interessi specicarlo).
Dato che min) (x) = max [) (x)], possiamo sempre scrivere un problema di ottimo come un
problema di massimo.
La soluzione di un problema di ottimo dunque un punto b x di massimo (o di minimo) globale di
) in : se b x un punto di massimo (o di minimo) locale di ) in , esso detto soluzione locale del
problema di ottimo.
Come vedremo, i risultati principali dellottim(izz)azione, detta anche programmazione matematica,
dipendono sia dalle caratteristiche della funzione obiettivo ), sia da quelle dellinsieme di scelta o
regione ammissibile .
Se il dominio naturale di ), ovvero se A, il problema
max
x
) (x)
detto di ottimizzazione (o di programmazione) libera.
Illustriamo una condizione necessaria di massimo (minimo) detta del primordine
Teorema 65 (Fermat) Se b x un punto di massimo (o un punto di minimo) locale per ) interno ad
A e se in b x esiste qualche derivata parziale di ), essa nulla:
esiste
0)
0r
s
(b x) =
0)
0r
s
(b x) = 0
Dimostrazione. Supponiamo che b x sia un punto di massimo locale interno ad . Dato che ) (b x) =
) (x) per ogni x l (b x) A, la disuguaglianza vale, a maggior ragione, facendo variare la sola
:esima componente di b x
) (b x +te
s
) 5 ) (b x) per ogni t \ (0)
40 5. Ottimi liberi
dove \ un intorno, ovviamente unidimensionale, di t = 0. Ne segue che
) (b x +te
s
) ) (b x)
t

5 0 per t 0
= 0 per t < 0
Per t 0 il primo membro tende a
0)
0r
s
(b x) (che esiste per ipotesi) e quindi pu essere soltanto
0)
0r
s
(b x) = 0.
Corollario 66 Se b x un punto di massimo (o un punto di minimo) locale per ) interno ad A e se
esiste il gradiente ) (b x), esso nullo.
I punti che annullano il gradiente, cio le soluzioni del sistema
) (x) = 0
sono detti punti stazionari: i punti di massimo e di minimo locale liberi per una funzione ovunque
derivabile necessariamente sono stazionari.
Osservazione 67 I punti stazionari, cio le soluzioni del sistema ) (x) = 0, possono rivelarsi punti
di massimo, di minimo, oppure n di massimo n di minimo. Dunque su di essi non si ha alcuna
informazione; linformazione si ha per gli altri (i punti non stazionari, cio tali che ) (x) 6= 0): essi
non possono certamente essere punti di massimo o di minimo liberi.
Osservazione 68 Osserviamo che, se A aperto (come sovente accade con i domini naturali), la
denizione di punto di massimo locale b x (cfr: 18) si pu scrivere pi semplicemente chiedendo che
esista un intorno l (b x) tale che ) (b x) = ) (x) per ogni x l (b x) dato che si pu sempre prendere
l (b x) A. In tale evenienza suciente richiedere, nei precedenti enunciati, che b x appartenga ad
A: infatti ogni punto di insieme aperto interno ad esso.
Per le funzioni concave si pu dire molto di pi (per le convesse valgono gli stessi risultati in termini
di minimo).
Teorema 69 (del massimo localeglobale) Sia ) : A R
n
R una funzione concava su A convesso.
1. Ogni punto di massimo locale anche globale.
2. Linsieme dei punti di massimo (necessariamente globali) convesso.
3. Se ) dierenziabile, ogni punto stazionario di massimo (globale).
Una funzione concava non pu dunque ammettere genuini punti di massimo locale: ogni punto di
massimo locale anche globale. Se la funzione dierenziable, tutti i punti stazionari sono di massimo
globale.
6
Vincoli di uguaglianza
Supponiamo che linsieme A R
n
, nel quale si vogliono cercare i punti di massimo (o di minimo)
di una funzione scalare ) denita su A, sia determinato da unequazione vettoriale (cio da un sistema
di equazioni scalari) del tipo g (x) = b con g : A R
n
R
n
, b R
n
e : < :.
1
In altri termini supponiamo che linsieme di scelta sia:
= {x A R
n
: g (x) = b}
Il corrispondente problema di ottimo detto di programmazione classica vincolata e scriveremo
max
x
) (x) sub g (x) = b o min
x
) (x) sub g (x) = b
Anche in questo caso concentremo la nostra attenzione sui problemi di massimo.
Per farci la bocca, cominceremo dal caso pi semplice nel quale ) una funzione di due variabili e
vi un solo vincolo di uguaglianza (: = 2, : = 1)
max
r,
) (r, j) sub q (r, j) = /
supponendo ) e q entrambe dierenziabili.
Pu darsi che il vincolo q (r, j) = / denisca implicitamente una funzione del tipo j = ,(r) che
siamo in grado di esplicitare. In tal caso suciente sostituire , nella funzione obiettivo
) (r, j) = ) (r, ,(r)) = 1 (r)
per ottenere una funzione di una sola variabile di cui si pu ricercare il massimo senza pi vincoli.
Questo metodo detto di esplicitazione.
Esempio 70 Dato il problema
max c
r(1)
sub 2r + 3j = 6
si pu ricavare dal vincolo
j = 2
3
2
r
1
Questultima richiesta motivata dalla circostanza che ogni equazione scalare j

(x) = b

riduce, di norma, di uno


i gradi di libert, cio vincola una variabile.
42 6. Vincoli di uguaglianza
Sostituendo nella funzione obiettivo, si ottiene
) (r, j) = c
r(2
3
2
r1)
= c
r
3
2
r
2
= 1 (r)
Il problema originario ora equivalente a ricercare il massimo di 1 su tutto R. Annullando la derivata
prima si trova
1
0
(r) = (1 3r) c
r
3
2
r
2
= 0 = r = 1,3
cui corrisponde j = 2 1,2 = 3,2. Poich
1
00
(r) = (1 3r)
2
c
r
3
2
r
2
3c
r
3
2
r
2
=

9r
2
6r 2

c
r
3
2
r
2

1
00
(1,3) = 3c
1/3
3
29
= 3c
1/6
< 0
il punto (1,3, 2,3) di massimo vincolato locale per ).
Ma, anche quando non siamo in grado di esplicitare (globalmente) una incognita rispetto allaltra,
si pu fare molto grazie al classico risultato dovuto a Lagrange.
Teorema 71 Sia (b r, b j) un punto di massimo (o di minimo) locale per ) (r, j) subordinatamente al
vincolo q (r, j) = /. Se:
1. ) dierenziabile in (b r, b j),
2. q di classe C
1
in un intorno \ (b r, b j),
3. q (b r, b j) 6= 0,
allora esiste uno scalare
b
` tale che la funzione
1(`, r, j) = ) (r, j) +`[/ q (r, j)]
stazionaria nel punto

b
`, b r, b j

, cio
1

b
`, b r, b j

= 0
ovvero

b
`, b r, b j

una soluzione del sistema

01(`, r, j)
0`
= / q (r, j) = 0
01(`, r, j)
0r
=
0) (r, j)
0r
`
0q (r, j)
0r
= 0
01(`, r, j)
0j
=
0) (r, j)
0j
`
0q (r, j)
0j
= 0
La condizione q (b r, b j) 6= 0 detta condizione di qualicazione dei vincoli o condizione di regolarit
dei vincoli: se rispettata diremo che il problema regolare in (b r, b j).
Il precedente teorema pu essere esteso in maniera (quasi) indolore al caso generale con : vincoli
e : : variabili dazione. Introduciamo prima la
Denizione 72 Dato il problema classico vincolato
opt
x
) (x) sub g (x) = b (6.1)
6. Vincoli di uguaglianza 43
con ) : A R
n
R e g : A R
n
R
n
, b R
n
, : < :, la funzione 1 : A R
n
R
1(, x) = ) (x) +[b g (x)] =
= ) (x) +
n
X
s=1
`
s
[/
s
q
s
(x)]
detta funzione lagrangiana associata al problema di ottimo. Il vettore riga
=

`
1
`
2
. . . `
n

R
n
raccoglie i cosiddetti moltiplicatori `
s
di Lagrange, uno per ognuno degli : vincoli presenti nel
problema di ottimo.
Teorema 73 Dato il problema
opt
x
) (x) sub g (x) = b
con ) : A R
n
R e g : A R
n
R
n
, b R
n
, : < :, se
1. b x una soluzione (almeno) locale;
2. ) dierenziabile in b x;
3. q di classe C
1
in un intorno \ (b x);
4. i gradienti degli : vincoli q
s
(b x), calcolati in b x, solno linearmente indipendenti. Ovvero se il
rango della matrice jacobiana
J
g
(b x) =

q
1
(b x)
q
2
(b x)
.
.
.
q
n
(b x)

massimo
r (J
g
(b x)) = : < : (6.2)
allora esiste
b
=
h
b
`
1
b
`
2
. . .
b
`
n
i
tale che la funzione lagrangiana associata al problema
stazionaria nel punto

b
, b x

b
, b x

= 0
ovvero

b
, b x

soluzione del sistema (di : +: equazioni)

1(, x) = b g (x) = 0

x
1(, x) = ) (x) J
g
(x) = 0
(6.3)
Osservazione 74 La condizione 4 del precedente teorema, la condizione di regolarit dei vincoli che
si riduce alla richiesta q (b r, b j) 6= 0 quando : = 1.
Esempio 75 Il problema
opt
x

r
2
1
+r
2
2

sub r
1
+r
2
= 1
si pu risolvere elementarmente: infatti r
2
= 1r
1
e quindi 1 (r
1
) = ) (r
1
, 1 r
1
) = r
2
1
+(1 r
1
)
2
=
2r
2
1
2r
1
+1. Essendo 1
0
(r
1
) = 4r
1
2 = 0 per b r
1
= 1,2 e 1
00
(1,2) = 4, il punto b r
1
(lunico) punto
44 6. Vincoli di uguaglianza
di minimo per 1, cio (1,2, 1,2) (lunico) punto di minimo del problema vincolato. Il problema
ovunque regolare, infatti:
q (r
1
, r
2
) =

1 1

6= 0
Proviamo a utilizzare la funzione lagrangiana:
1(`, r
1
, r
2
) = r
2
1
+r
2
2
+`(1 r
1
r
2
)
Il sistema:

1
0
X
= 1 r
1
r
2
= 0
1
0
r
1
= 2r
1
` = 0
1
0
r
2
= 2r
2
` = 0
conduce a concludere che r
1
= r
2
= `,2 e quindi che 1 `,2 `,2 = 0, cio ` = 1, ovvero
r
1
= r
2
= 1,2.
Esempio 76 Consideriamo il problema
max (5r
1
+ 2r
2
r
3
) sub

r
1
r
2
= 3
r
1
r
3
= 1
Il problema ovunque regolare, infatti il rango della matrice jacobiana in un generico punto:

r
2
r
1
0
r
3
0 r
1

pu essere minore di : = 2 solo se r


1
= 0: ma in tal caso nessuno dei due vincoli potrebbe essere
soddisfatto. La funzione lagrangiana
1(, x) = 5r
1
+ 2r
2
r
3
+`
1
(3 r
1
r
2
) +`
2
(1 r
1
r
3
)
Il sistema 1(, x) = 0

3 r
1
r
2
= 0
1 r
1
r
3
= 0
5 `
1
r
2
`
2
r
3
= 0
2 `
1
r
1
= 0
1 `
2
r
1
= 0
che ha due soluzioni (punti stazionari della funzione lagrangiana)

b
, b x

=

2 1 1 3 1

T

b
b
,
b
b x

=

2 1 1 3 1

T
Dunque se il problema ammette una soluzione almeno locale, essa non pu che essere in
b x =

1
3
1

o
b
b x =

1
3
1

Lultimo esempio lascia lamaro in bocca: non abbiamo strumenti per capire se i punti trovati
siano eettivamente di massimo/minimo (o altro ancora). Occorrerebbero condizioni sucienti che,
tipicamente, sono basate sul calcolo delle derivate seconde.
Possiamo comunque dare una condizione suciente:
6.1 Analisi di sensibilit: il signicato dei moltiplicatori di Lagrange 45
Proposizione 77 Se la funzione obiettivo ) concava e i vincoli g sono lineari:
g (x) = x = b
dove una matrice con : righe e : colonne, allora la condizione di Lagrange 1

b
, b x

= 0
suciente anch b x sia di massimo globale vincolato per ).
Analogamente, se ) convessa e i vincoli sono lineari, se 1

b
, b x

= 0 allora b x un punto di
minimo globale vincolato.
Esempio 78 Si consideri il problema dellesempio 75. la funzione obiettivo convessa e il vincolo
lineare. Dunque il punto trovato di minimo globale vincolato.
6.1 Analisi di sensibilit: il signicato dei moltiplicatori di Lagrange
In generale, con analisi di sensibilit (sensitivity analysis) si intende lo studio delle variazioni delle
soluzioni di un problema al variare di uno o pi parametri. Questo tipo di studio aanca sempre
la risoluzione di un problema quando non possibile conoscere esattamente il valore dei parametri
in questione ed necessario ricorrere a una loro stima. In questi casi la bont della soluzione di un
problema dipende non solo dalla precisione della stima dei parametri ma anche dalla stabilit delle
soluzioni al variare dei valori attribuiti ad essi. Infatti chiaro che se le soluzioni sono troppo sensibili
ai valori di uno o pi parametri, una loro piccola variazione, porterebbe la soluzione esatta molto
lontana dalla stimata.
Nel nostro caso lanalisi di sensibilit riguarda un problema di programmazione classica e i parametri
rispetto ai quali si vuole studiare la stabilit delle soluzioni sono i termini noti dei vincoli /
1
, ..., /
n
raccolti nel vettore b. Da questo punto di vista il problema di ottimo deve essere visto come una
famiglia di problemi P (b) dipendenti dalla scelta di b
P (b) : opt
x
) (x) sub g (x) = b
dove ) : A R
n
R e g : A R
n
R
n
, b R
n
, : < :.
Se per ogni b 1 R
n
il problema P (b) ammette soluzione, ovvero la funzione obiettivo ammette
ottimo (globale) b j, possiamo aermare che la funzione b j : 1 R
n
R associa a un generico vettore
b di termini noti il valore ottimo della funzione obiettivo nel corrispondente problema secondo il
seguente schema
b b x = b x(b) ) (b x(b)) = b j (b)
Lobiettivo capire come varia b j al variare di b. Infatti ogni variazione b provoca, a cascata, le
variazioni
b x = b x(b+b) b x(b)
e
b j (b) = b j (b+b) b j (b) = ) (b x(b+b)) ) (b x(b))
Se la funzione b j : 1 R
n
R fosse dierenziabile, almeno per piccole variazioni b, si potrebbe
scrivere la formula di Taylor arrestata al primordine
b j (b) = b j (b) b +o(kbk)
e di conseguenza approssimare la sua variazione tramite il suo dierenziale primo
b j (b) b j (b) b
Sotto alcune ipotesi, non solo b j dierenziabile ma facilmente determinabile il suo dierenziale
primo.
Pi precisamente vale la
46 6. Vincoli di uguaglianza
Proposizione 79 Data la famiglia di problemi P (b), con ) e g dierenziabili in A R
n
, se per
ogni b 1 R
n
1. esiste una soluzione b x = b x(b);
2. ogni punto b x = b x(b) soddisfa la condizione di regolarit dei vincoli (RV) e ad esso associato
un unico vettore
b
=
b
(b) tale che
) (b x(b)) =
b
(b) J
g
(b x(b))
3. le funzioni b x : 1 R
n
R
n
e
b
: 1 R
n
R
n
, di cui ai precedenti punti, sono dierenziabili
in b,
allora la funzione b j (b) = ) (b x(b)) dierenziabile e risulta
b j (b) =
b
(b)
Facciamo due osservazioni:
(a) possibile indebolire le ipotesi fatte. La proposizione si pu riformulare senzaltro in versione
locale e quindi il risultato vale anche per ogni soluzione locale di un problema di ottimo vincolato.
(b) I moltiplicatori di Lagrange in realt misurano la sensibilt dei valori stazionari rispetto alle
variazioni dei termini noti, a prescindere dal fatto che essi siano eettivamente ottimi locali o
globali.
Il risultato ottenuto permette comunque di stimare la variazione del valore ottimo dovuta a una
variazione b dei termini noti attraverso i moltiplicatori di Lagrange
b j (b) = b j (b+b) b j (b)
b
(b) b
Mettendo in evidenza poi il contributo di ogni variazione
b
b =
b
`
1
/
1
+... +
b
`
n
/
n
si riesce a isolare il signicato del singolo moltiplicatore:

b
`
s
0 segnala variazioni del valore ottimo di segno uguale a /
s
: pi elevato il valore di
b
`
s
,
pi il problema sensibile ai valori del termine noto /
s
;

b
`
s
< 0 segnala variazioni del valore ottimo di segno opposto a /
s
: tanto pi basso (ovvero
alto in valore assoluto) il valore di
b
`
s
, tanto pi il problema sensibile ai valori del termine noto
/
s
;

b
`
s
= 0 segnala immobilit del valore ottimo rispetto a (piccole) variazioni /
s
: il problema non
sensibile ai valori del termine noto /
s
;
Vediamo qualche esempio
Esempio 80 Dato il problema
max
x
ln

1
1 +r
2
1
+r
2
2

sub r
1
+r
2
= 5
vogliamo conoscere non solo il valore del massimo ma anche come esso vari modicando il termine
noto di 0.5. La funzione lagrangiana associata al problema
1(`, r
1
, r
2
) = ln

1 +r
2
1
+r
2
2

+`(5 r
1
r
2
)
6.1 Analisi di sensibilit: il signicato dei moltiplicatori di Lagrange 47
Annullandone il gradiente si trova il sistema

5 r
1
r
2
= 0

2r
1
1 +r
2
1
+r
2
2
` = 0

2r
2
1 +r
2
1
+r
2
2
` = 0
che ore lunica soluzione
b r
1
= b r
2
= 5,2
b
` =
10
27
Esplicitando il vincolo si pu vericare che il punto b x di massimo. Il valore massimo
b j = ln

1
1 + 50,4

= ln

2
27

= 2.6027
Essendo
b
` negativo, un valore del termine noto pari a 5.5 comporta una diminuzione del valore
massimo di circa
b j = b j (5.5) b j (5)

=
10
27
0.5 =
5
27
= 0.18519
e quindi un valore massimo
b j (5.5)

= 2.602 7 0.18519 = 2.787 9


Viceversa se il termine noto fosse portato a 4.5, si otterebbe un aumento del massimo
b j = b j (4.5) b j (5)

=
10
27
(0.5) =
5
27
= 0.18519
e quindi un massimo
b j (4.5)

= 2.602 7 + 0.18519 = 2.4175


Esempio 81 Dato il problema
max

10 + 3r
2
1
+ 5r
2
2

sub r
2
1
+r
2
2
= 9
conduciamo unanalisi di sensibilit. La funzione lagrangiana del problema
1(`, r
1
, r
2
) = 10 + 3r
2
1
+ 5r
2
2
+`

9 r
2
1
r
2
2

ammette 4 punti stazionari


a =

0
3

b =

0
3

abbinati a
b
`
1
= 5 e con ) (a) = ) (b) = 55
c =

0
3

d =

0
3

abbinati a
b
`
2
= 3 e con ) (c) = ) (d) = 37
Essendo la regione ammissibile compatta, il teorema di Weierstrass garantisce che i punti a e b siano
di massimo globale mentre c e d sono punti di minimo globale.
Esaminiamo i punti di massimo. Un incremento / = 1 comporta un aumento del massimo
b j = b j (10) b j (9)

= 5 1 = 5 b j (10)

= 55 + 5 = 60
Confrontiamo la stima con la variazione vera. Considerando il nuovo vincolo r
2
1
+r
2
2
= 10 e risolvendo
il corrispondente problema P (10) troviamo le nuove soluzioni
a =

0

10

b =

0

10

con ) (a) = ) (b) = 60


48 6. Vincoli di uguaglianza
La stima esatta
2
.
Tocchiamo un punto che avevamo lasciato in sospeso a pag. 28 sul signicato del gradiente come
direzione di massima crescita.
6.2 Moltiplicatori di Lagrange e prezzi ombra
Vediamo ora una interessante e diusa interpretazione economica dei moltiplicatori di lagrange.
Supponiamo che la funzione obiettivo ) sia il protto ottenuto con la produzione di : merci nelle
quantit r
1
, ..., r
n
raccolte nel vettore x. Sia poi g la funzione (inversa) di produzione che associa
a ogni combinazione produttiva x le quantit consumate j
1
, .., j
n
di : < : fattori di produzione
disponibili nelle quantit /
1
, .., /
n
raccolte nel vettore b.
In un sistema produttivo rigidamente chiuso non possibile comprare o vendere le risorse pro-
duttive per soddisfare fabbisogni ulteriori o eliminare eccedenze delle stesse.
Quindi, se si vuole massimizzare il protto in un sistema chiuso, il problema da risolvere il classico
max
x
) (x) sub g (x) = b
Daltro canto, se si opera in un sistema aperto, si possono produrre anche le combinazioni produt-
tive x che violano i vincoli di uguaglianza acquistando o vendendo le risorse produttive. Ovviamente
la compravendita dei fattori produttivi comporta una modicazione del protto dipendente sia dalle
quantit scambiate sia dai prezzi dei fattori stessi.
Indichiamo con `
s
il prezzo (unitario) del fattore :, : = 1, .., :.
Abbiamo le seguenti possibilit
Disavanzo di fattore produttivo. Si vuole produrre x che fa superare la disponibilt della risorsa
:, ovvero q
s
(x) /
s
. possibile farlo acquistando la quantit mancante q
s
(x)/
s
e ci comporta
un costo aggiuntivo pari a
`
s
[q
s
(x) /
s
]
Avanzo di fattori produttivi. Si vuole produrre x che non fa consumare tutta la disponibilt della
risorsa :, ovvero q
s
(x) < /
s
. possibile vendere la quantit eccedente /
s
q
s
(x) con un ricavo
pari a
`
s
[/
s
q
s
(x)]
Il protto ora non pi ) (x) poich ad esso debbono essere sottratti i costi e sommati i ricavi
derivanti dalla compravendita dei fattori produttivi. Il nuovo protto da massimizzare, senza pi
vincoli, sar quindi
) (x) +
n
X
s=1
`
s
[/
s
q
s
(x)] = ) (x) +[b g (x)] = 1(, x)
funzione non solo delle quantit prodotte ma anche del sistema di prezzi delle risorse produttive.
Il teorema di Lagrange aerma, sotto qualche ipotesi tecnica, che esiste un sistema di prezzi
b
=
h
b
`
1
, ...,
b
`
n
i
con il quale non conviene mai violare i vincoli. Detto in altri termini il problema di ottimo
libero
max
x
1

b
, x

equivalente al vincolato
max
x
) (x) sub g (x) = b
2
Ci accaduto perch, in questo esempio, j (b) una funzione lineare ane di b.
6.2 Moltiplicatori di Lagrange e prezzi ombra 49
nel senso che essi hanno la stessa soluzione sia in termini di punti di massimo sia, ovviamente, in
termini di protto massimo.
I prezzi
b
`
s
che svolgono questo ruolo sono detti prezzi ombra delle risorse produttive e il loro valore
svolge il compito di allineare i consumi alle disponibilt esistenti. In tal senso

b
`
s
0 disincentiva consumi superiori a /
s
; un valore elevato serve a compensare elevate
produttivit marginali della risorsa :.

b
`
s
< 0 disincentiva consumi inferiori a /
s
; un valore molto negativo serve a compensare basse
produttivit marginali della risorsa :.

b
`
s
= 0 lascia libero il consumo della risorsa :: ci accade il problema originale non spinge a
violare il vincolo :-esimo.
50 6. Vincoli di uguaglianza
Bibliograa
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