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RAFFORZAMENTO PER INCRUDIMENTO

L'incrudimento

E' ben noto che le proprietà di metalli e leghe possono essere alterate da deformazione
plastica a freddo, cioè applicata a temperature molto più basse del punto di fusione del
materiale. Ovviamente, ciò dipende dal sistema metallico, sicchè le leghe ferrose e di
alluminio si deformano a freddo a temperatura ambiente, W e Mo sono considerati
deformati a freddo fino a 500°C, il Pb va deformato sotto zero. Una regola empirica molto
approssimativa definisce come limite della deformazione a freddo la temperatura pari a
metà di quella di fusione espressa in gradi Kelvin.

Con la deformazione a freddo migliorano le proprietà resistenziali come limite elastico


(R0.2), resistenza a trazione (R m) e durezza (H), mentre la capacità generale di sopportare
deformazioni plastiche (allungamento, strizione, tenacità) senza rotture decresce. La
variazione delle caratteristiche meccaniche è talora di notevole interesse pratico
nell'industria, per esempio se di vogliono produrre fili ad alta resistenza. Un caso è quello
dei fili in acciaio eutettoidico per calcestruzzo armato precompresso; trafilando a freddo si
possono raggiungere resistenze a trazione dell'ordine dei 1800 MPa. Un altro caso tipico è
quello in cui si vuole rafforzare delle leghe che non rispondono ai trattamenti termici, come
le leghe di Al delle serie 3xxx (leghe Al-Mn) e 5xxx (leghe Al-Mg). In esse è certamente
operante il meccanismo di rafforzamento per soluzione solida di Mn o Mg in Al, ma questo
è insufficiente a conferire loro delle caratteristiche resistenziali interessanti. Un ulteriore
caso, simile ad entrambi i precedenti, è dato dai fili di acciaio inossidabile austenitico
fortemente incruditi a freddo: la soluzione solida con Cr e Ni permette solo incrementi
assai modesti del limite elastico (in effetti il Cr è introdotto principalmente per
l'inossidabilità, mentre il Ni è introdotto per stabilizzare l'austenite); quindi non resta che la
trafilatura a freddo per innalzare, fino a 10 volte, la resistenza del metallo.

Una conseguenza importante è che la deformazione spinta provoca un allungamento dei


grani cristallini nella direzione della deformazione principale: nascono così tessiture
cristallografiche e i manufatti possono essere spiccatamente anisotropi, cioè le
caratteristiche meccaniche misurate nelle varie direzioni possono differire fra loro in modo
pronunciato, obbligando il progettista a tenerne conto.

L'incrudimento è attribuito a l'interazione delle dislocazioni fra loro o con altri ostacoli
durante il loro moto nel reticolo cristallino. La molteplicità dei sistemi di scorrimento nei
metalli e il fatto che i metalli per le applicazioni dell'ingegneria siano quasi solo
policristallini, fa sì che i sistemi di scorrimento ben presto interferiscano fra loro e così lo
scorrimento delle dislocazioni sia ostacolato. Restringendo al momento l'analisi al solo
ostacolo mutuo fra le dislocazioni stesse, la deformazione plastica che produce
incrudimento a temperature sufficientemente basse è chiamata deformazione a freddo, in
inglese, “cold work”.

La maggior parte dell'energia consumata per effettuare la deformazione va dissipata in


calore. Solo una parte modesta, variabile fra il 5 e il 10% è trattenuta dal metallo come
energia di deformazione ed è spesa per creare difetti all'interno del reticolo cristallino.
Tutto si basa sul fatto che il flusso plastico è determinato dal movimento delle dislocazioni.
L'applicazione di stress crescenti attiva le sorgenti di dislocazioni come quella di Frank-

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Read, quindi si assiste ad un progressivo incremento della densità di tali difetti reticolari.
Tuttavia la loro moltiplicazione ha come effetto che loro loro interazione (che comporta la
sovrapposizione dei loro campi elastici), via via più intensa, generi delle forze fra loro che
ne accentuano sempre di più la difficoltà di movimento. Ciò richiede sforzi applicati sempre
crescenti ed è questo in sostanza l'incrudimento. Si passa da una densità di dislocazioni
dell'ordine di 104-106 mm-2 tipiche del metallo ricotto, fino a 10 10 mm-2 per uno
pesantemente deformato.

Una prima implicazione dell'accumulo di energia interna è che questa si rende disponibile
a facilitare i processi fisico-chimici, per i quali si abbassa l'energia di attivazione, e che
quindi avvengono più facilmente. Un aspetto è infatti l'aumento di reattività del metallo: in
generale si registra una decrescita della sua resistenza alla corrosione. In molti casi, se il
metallo è stato fortemente incrudito e possiede ora un'elevata resistenza meccanica, si
rileva una suscettibilità alla corrosione sotto sforzo (stress corrosion cracking).

Durante l'incrudimento lo stress di flusso plastico  può essere considerato come lo stress
necessario a rendere operative le sorgenti di dislocazioni, muovere i difetti già presenti
assieme a quelli man mano generati superando i seguenti ostacoli:

 l'impilamento delle dislocazioni contro qualche ostacolo come i bordi di grano, che
fanno nascere dei “back stress” a lungo raggio, capaci di ostacolare il movimento
dei difetti anche lontano dagli ostacoli
 la foresta di dislocazioni, che ha densità via via crescente: si formano dei densi
grovigli, come per esempio quello illustrato nella Figura 1 (dislocation tangles) e poi
schematizzato nella Figura 2 parte (a), nei quali i campi elastici di ogni difetto
influenzano mutuamente quelli vicini
 la formazione di jogs che, segmentando le dislocazioni, ne diminuiscono la mobilità;
può rientrare come sottocaso della foresta visto sopra.

Figura 1: groviglio di dislocazioni viste al TEM in un cristallo di lega Fe-Si deformato al 5%.

Un'osservazione sperimentale importante è che, spingendo molto l'incrudimento, se si


riesce a farlo senza avere fratture, a valori di stress sufficientemente alti (o a temperature
sufficientemente non basse) si può verificare inizialmente un fenomeno di organizzazione
delle dislocazioni in una distribuzione cellulare (come nello schema (b)) della Figura 2).

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Successivamente può avvenire un fenomeno di “work softening”, cioè le dislocazioni finora
accumulate cominciano ad avere una mobilità che prima non avevano: “cross slip”, cioè
scorrimento deviato anche per le dislocazioni a spigolo, e “climb”, cioè movimenti
perpendicolari al piano di scorrimento. In tal modo l'incrudimento comincia a perdere
d'intensità: non significa necessariamente che il metallo rammollisca, ma solo che la
creazione di nuove dislocazioni non produce più l'effetto di rafforzamento di prima: questo
continua ancora, ma l'incremento è sempre più smorzato. In effetti, la maggiore mobilità
dei difetti fa sì che sia possibile la loro mutua annichilazione, come quando si sommano
dislocazioni dello stesso tipo, ma di segno opposto. In definitiva, la densità delle
dislocazioni aumenta ancora, ma in maniera man mano sempre meno pronunciata, quasi
come se si stesse andando verso una saturazione.

Figura 2: formazione di grovigli di dislocazioni (dislocation tangles) durante la


deformazione plastica, poi loro successiva evoluzione al protrarsi della deformazione (cell
formation), e infine loro riduzione con successivi trattamenti termici come la ricottura.

L'evoluzione spiegata sopra è ben descritta da una legge empirica semplice. Supponendo
assenti tutti i meccanismi di rafforzamento tranne l'incrudimento, la tensione di taglio 
risolta nel sistema di scorrimento necessaria per far muovere le dislocazioni è la somma di
due contributi, cioè la resistenza intrinseca del reticolo come se questo opponesse attrito,
perciò chiamata friction stress di Peierls e Nabarro 0, e il contributo legato alla densità
delle dislocazioni . Detti G il modulo di elasticità tangenziale, b il modulo del vettore di
Burgers,  una costante dell'ordine di 0,5, si ha:

La ricottura di distensione

Con l'incrudimento si raggiunge uno stato di energia interna maggiore che nello stato
indeformato. Lo stato incrudito è meccanicamente stabile, ma non termodinamicamente
stabile. Aumentando allora la temperatura il sistema diventa sempre più instabile e si

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arriva al limite in cui il metallo si addolcisce e ritorna nello stato di prima della
deformazione. Il processo di riscaldamento che produce questo effetto si chiama ricottura
o, più precisamente, ricottura di distensione o di addolcimento. La ricottura ha una grande
importanza tecnologica, perchè permette al metallo di recuperare la duttilità persa con la
deformazione a freddo. Infatti è così che, interponendo trattamenti di ricottura ad
operazioni di severa deformazione plastica, è possibile impartire ai metalli grandissime
deformazioni altrimenti non possibili senza rotture. In prima approssimazione, la ricottura
si conduce a temperature non inferiori a un terzo della temperatura di fusione in gradi
Kelvin.

Il processo di ricottura dà luogo, a livello metallurgico, a tre distinti fenomeni:

1. il recovery (o recupero, termine italiano scarsamente utilizzato)


2. la ricristallizzazione
3. la grescita del grano.

Il recovery è definito come quel processo dove il metallo recupera alcune caratteristiche
perse con la deformazione plastica come la conducibilità elettrica, senza che si possa
osservare alcuna cambiamento della microstruttura con tecniche metallografiche di
microscopia ottica. Diminuisce la deformazione reticolare, che è elastica, diminuisce
nettamente la concentrazione di vacanze reticolari, mentre la densità delle dislocazioni
diminuisce solo un poco. Le proprietà resistenziali, che sono controllate dalle dislocazioni,
si abbassano solo moderatamente durante il recovery. Si ha comunque attivazione termica
del movimento delle dislocazioni: con la temperatura si attivano lo scorrimento deviato e il
climb che portano all'annichilazione delle dislocazioni di segno opporto al centro delle celle
precedentemente definite e schematizzate nella Figura 2, schema (c). Con riferimento a
quest'ultima, nel recovery si passa dalla situazione (b) a quella (c).

Invece, con la ricristallizzazione la microstruttura deformata (con grani distorti ed allungati)


è sostituita da nuovi cristalli privi di deformazione. Il fenomeno si osserva bene al
microscopio ottico e si registrano netti abbassamenti di durezza e resistenza, mentre si
osserva un netto incremento di duttilità. La densità delle dislocazioni diminuisce molto e
l'effetto dell'incrudimento è totalmente eliminato. La formazione di nuovi grani prende
origine dai subgrani che si formano nelle prime fasi del fenomeno (in Figura 2 la
transizione da (c) a (d)), e che hanno origine essi stessi delle celle di dislocazioni generate
dall'incrudimento a freddo. In seguito i subgrani crescono formando dei grani cristallini privi
di deformazione e separati fra loro da bordi di grano ad alto angolo. Nella Figura 2 il
passaggio dello schema (d) a quello (e) descrive la crescita dei subgrani che diventeranno
poi dei grani cristallini.

L'energia interna introdotta con il processo di deformazione e freddo è la forza spingente


sia del recovery, sia della riscristallizzazione. Riscaldando il metallo ad una temperatura
superiore a quella che ne ha provocato la ricristallizazione, o prolungando la permanenza
alla temperatura di quest'ultimo processo, il grano comuncia a crescere, sotto la spinta
termodinamica della diminuzione dell'energia associata al bordo di grano. Poichè
quest'ultima energia è più bassa di quella introdotta con la deformazione plastica, alla
temperatura di ricristallizzazione il fenomeno di crescita del grano è abbastanza lento. La
crescita è efficacemente inibita dalla presenza di una fine dispersione di particelle di
seconde fasi, come i carburi di elementi leganti negli acciai (per esempio il Cr 23C6 o il VC)
o i composti intermetallici nelle leghe di Al (per esempio Al 3Zr).

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Il processo più importante per recuperare la duttilità è comunque quello della
ricristallizzazione. Durante essa, la temperatura fornisce alle dislocazioni la mobilità
sufficiente per muoversi ed annichilarsi, diminuendone la densità. Non si può dire che
esista una precisa temperatura di ricristallizzazione per ogni lega, perchè il fenomeno è
innescato dall'energia interna immagazzinata con la deformazione e poi avviene nel tempo
con una cinetica più o meno sostenuta. Si può però affermare che è necessario un minimo
di deformazione a freddo per causare la ricristallizzazione. Di conseguenza, si possono
riassumere alcuni aspetti del fenomeno nel modo che segue:

 più la deformazione a freddo è intensa, più si abbassa la temperatura di


ricristallizzazione, più sono piccoli i nuovi cristalli che si generano
 aumentare linearmente la temperatura di ricottura porta ad un accorciamento
esponenziale dei tempi di ricristallizazione
 le leghe ricristallizzano a temperature ben più alte dei metalli puri.

Nella seguente Figura 3 è schematizzata in forma grafica tutta la sequenza di eventi


concatenati con l'incrudimento e la successiva ricottura.

Figura 3: microstruttura e variazione delle caratteristiche meccaniche durante


l'incrudimento e la ricottura, rispettivamente diagramma di sinistra e diagramma di destra.

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