Sei sulla pagina 1di 12

Metallurgia delle polveri

Definizione
 La metallurgia delle polveri, o metalloceramica, è un processo di formatura (cioè di produzione di
manufatto finito senza asportazione di materiale) mediante la compattazione e sinterizzazione di
polveri metalliche.

Considerazioni energetiche
 L’energia necessaria per effettuare la sinterizzazione di un manufatto, che possiamo definire dunque
come energia critica di sinterizzazione, è l’energia necessaria a saldare tra loro i singoli granelli di
polvere metallica. Questa energia viene fornita durante il processo di metalloceramica attraverso
differenti aliquote e, in particolare, attraverso differenti modalità.
1. Una prima aliquota è dovuta alla dimensione micrometrica delle polveri.
Si utilizzano, infatti, polveri di piccola dimensione per una questione energetica. Granelli di metallo
più piccoli risultano energeticamente più attivi.
Ciò perché
o In generale cationi presenti sulla superficie di interfaccia sono energeticamente più attivi in
quanto si trovano in una condizione di non perfetta stabilità: il legame metallico, che porta il
sistema ad una condizione di energia minima, si forma solo dal “lato interno”; dal “lato
esterno” i cationi non sono bilanciati da questo legame e pertanto si trovano in una condizione
di energia maggiore.
o Aumentando il raggio di curvatura i cationi aumenta l’instabilità dei cationi all’interfaccia che si
troveranno sempre meno bilanciati e dunque in condizioni di energia maggiore. Infatti,
l’energia necessaria per rimuovere un catione da una superficie con un raggio di curvatura
molto piccolo è inferiore a quella da fornire per rimuovere un catione da una superficie
“piana”. Ciò significa che i cationi all’interfaccia di una superficie con raggio di curvatura molto
piccolo si trovano ad una energia maggiore.
o Aumentando dunque la curvatura del granello sempre più cationi si troveranno in una
condizione energetica di instabilità. Riducendo la dimensione dei granelli si aumenta dunque
l’energia superficiale che essi posseggono poiché più cationi si trovano in condizione di
instabilità.
o Pertanto, è possibile affermare che l’energia superficiale è tanto maggiore quanto minore è il
raggio di curvatura della superficie del granello.

2. Contributo di tipo meccanico (energia sottoforma di lavoro). La seconda aliquota è infatti legata al
lavoro di deformazione plastica severo che si durante la fase di compattazione meccanica. Si
distorce fortemente il reticolo cristallino dei singoli granelli.
3. Contributo di tipo termico (energia sottoforma di calore). La terza aliquota è quella che si fornisce
durante il processo di sinterizzazione. In tal caso, si può dunque addurre una quantità di calore
minore di quella di fusione perché sono state due aliquote di energia precedentemente.
 La dimensione delle polveri è in ogni caso variabile. La variabilità della dimensione delle polveri
secondo una distribuzione simil-gaussiana aumenta l’impaccamento massimo ottenibile.
- Polveri della stessa dimensione generebbero una densità apparente (livello di compattazione) che è
all’incirca del 74%.
- Polveri di dimensione diversa utilizzano meglio lo spazio a disposizione, dove i granelli più piccoli si
inseriscono nelle intercapedini dei granelli più grandi.

Ciò perché, se avessi le polveri delle stesse dimensioni e si


disponessero nella forma più ordinata possibile, avrò che il massimo
impaccamento è del tipo esagonale compatto oppure cubico a facce
centrate. La compattazione (densità apparente) si può dimostrare che
è del 74%. Le polveri nella realtà sono tutte uguali ma variano con una
distribuzione P.S.D. (partical size distribution) simile ad una gaussiana:

Sulle ascisse ho le dimensioni mentre sulle ordinate ho le percentuali


relative delle polveri. Se riesco a sistemare le polveri più piccole negli
interstizi che si hanno tra le polveri più grandi, ho una compattazione
maggiore del 74%.

Produzione delle polveri


1. Decomposizione di un composto metallico (riduzione di un ossido) quando la reazione possa avvenire a
temperature minori di quella di fusione del metallo da liberare.
Si possono produrre polveri metalliche a partire da un ossido metallico, ciò però solo quando la reazione di
ossidoriduzione avviene a temperature inferiori a quella di fusione del metallo da liberare. In particolare, la
reazione di ossidoriduzione prevede che l’ossido di metallo scambi l’ossigeno che lo compone con un'altra
molecola (dunque il metallo vede una ossidoriduzione e la molecola vede una ossidazione). Esempi di
ossidoriduzione possono avvenire facendo interagire il metallo con idrogeno, anidride carbonica o carbonio.
MO+ H 2=M + H 2 O
MO+CO + M + C O2
MO+C=M +CO

 Per alcuni metalli si possono creare dei composti dai quali poi liberare i metalli puri; si riescono ad
ottenere polveri molto fini, anche minori di 1 μm. Tuttavia, le polveri generalmente utilizzate nei
processi variano da una dimensione dei 10μm a 60μm (con massimi dell’ordine dei 100μm). Ciò perché
polveri troppo fini a causa dell’eccessiva reattività possono essere difficili da manipolare e possono
essere un problema per la sicurezza dell’ambiente del lavoro (si disperdono nell’ambiente e possono
facilmente essere inalate.

2. Alcuni metalli possono esser resi in polvere mediante spostamento da una soluzione acquosa di un loro
sale.
3. Per altri è possibile ottenere polveri elementari mediante decomposizione da riscaldamento (ad
esempio per il titanio partendo dal TiCl 4)
4. Altri si ottengono da condensazione dei vapori su una superficie fredda.
5. Mediante processi di atomizzazione.
Gas atomization
 Si parte da un contenitore di metallo fuso che per gravità viene fatto colare attraverso un canale di
piccole dimensioni in modo tale da ottenere una sottile vena di metallo fuso.
 Si fa impattare la vena di metallo fuso con un flusso di gas (possibilmente inerte) che fa disperdere il
metallo sottoforma di spray, cioè minuscole goccioline di metallo.
 Le minuscole goccioline di metallo, in virtù del rapporto elevato (superficie di scambio termico /
volume) solidificano in tempi molto brevi, cadendo al suolo sottoforma di polveri.
Water atomization
 Una variante di questo processo prevede l’utilizzo dell’acqua per la dispersione e raffreddamento del
metallo.

Rotating disc atomization


 Un’altra possibilità è quella di far colare il metallo fuso su un disco rotante che proietta il metallo
liquido sottoforma di goccioline sulle pareti della camera di raccolta. Ciò permette anche di evitare
eventuali inquinamenti da parte del gas (analogamente del vapore acqueo) le particelle di metallo (che
potrebbero presentare gas intrappolato sottoforma di pori).

Miscelamento delle polveri


Partendo dunque da un processo in cui le polveri vengono acquistate come materia prima, le fasi che si
susseguono prevedono:
 Nel caso in cui si utilizzino polveri di metalli differenti esse vanno opportunamente miscelate. Il
processo di miscelazione può essere anche molto lungo, può infatti richiedere anche un’intera giornata.
Esso avviene all’interno di betoniere/mulini a palla.
 L’utilizzo di polveri di tipo differente può essere utile, ad esempio, per generare leghe di componenti
difficilmente miscibili allo stato fuso (ad esempio per la grande differenza tra le T di fusione). Posso
realizzare prodotti miscelando polveri di diversi metalli aventi differenti temperature di fusione.

In particolare, se uso polveri di metalli differenti ad esempio


- A = polvere di metallo alto-fondente
- B = polvere di metallo basso-fondente
 Se uno dei due metalli ha temperatura di fusione inferiore alla
temperatura di sinterizzazione, si può assistere alla sua fusione e
penetrazione negli interstizi delle polveri dell’altro metallo: migliore
compattazione e parziale diffusione.
 Si promuovono i fenomeni di diffusione.

Esempio: miscele di granelli di polveri di carburi di tungsteno (alto-fondente) con matrice di cobalto (basso-
fondente. Nella fase di sinterizzazione si ha la fusione del cobalto che diventa liquido riesce ad avvolgere e
bagnare per intero i granelli di polvere del carburo di tungsteno creando una matrice
Pressatura delle polveri
 Le polveri vengono inserite in una matrice che ha una geometria al negativo del manufatto che voglio
realizzare e tramite pressatura di un punzone che ha una geometria che sposa la matrice che sto
utilizzando, ottengo un compattato al verde. Il compattato ha già, al netto di un piccolo ritiro dovuto
alla contrazione termica, la forma e le dimensioni del manufatto che voglio realizzare, è lucido perché
frutto di una severa deformazione plastica, ha una buona densità prossima a quella finale ma scarsa
resistenza.

 La pressatura avviene attraverso varie fasi:


1. Riempimento, avviene per gravità con un secchiello forato sul fondo per far cadere le polveri nella
matrice.
2. Scuotimento. Per favorire il riempimento della matrice, si usa uno scuotimento facendola vibrare
opportunamente che vanno verso il fondo. Le polveri acquisiscono una densità apparente
maggiore.
3. Compattazione geometrica.
Quando il punzone affonda, nei primi istanti esercita una forza che non induce una deformazione
plastica delle polveri ma sta semplicemente facendo variare l’orientazione dei vari granelli che si
disporranno in modo ordinato. Si riduce così il volume occupato dalle particelle e aumenta la
densità apparente.

4. Compattazione per pressatura.


Aumentando la forza esercitata dal pistone fino al valore massimo si ottiene una deformazione
plastica dei vari granelli di polvere. Diminuisce sempre più la percentuale di vuoti poiché i granelli si
spostano e iniziano a deformarsi nelle zone di mutuo contatto. Si avrà dunque un reticolo cristallino
dei vari granelli di polvere molto distorto.
In questa fase si deve raggiungere un certo valore di pressione tale da far aumentare la densità del
manufatto in modo tale che sia possibile maneggiarlo e trasportarlo alla successiva fase di
sinterizzazione senza che questo si frantumi

 All’uscita dalla fase di pressatura si ottiene il cosiddetto compattato al verde, in cui le polveri sono
fortemente distorte e compattate le une contro le altre. il manufatto che ne esce fuori apparentemente
finito, ma si spezza facilmente. Deve essere in questa fase sufficientemente resistente solo ed
esclusivamente per estrarlo dallo stampo senza rompersi. Tenendo sempre conto della deformazione
elastica trasversale presente in fase di pressatura che tende a far aderire alle pareti del mio stampo il
mio compattato
Considerazioni sull’attrito presente nello stampo
Se le dimensioni trasversali di questo “manufatto precursore” sono molto maggiori della sua altezza allora
si può ritenere la pressione costante, altrimenti si risentirà dell’attrito con le pareti dello stampo
generando una distribuzione della pressione variabile lungo l’altezza.
 A causa dell’attrito tra le polveri che si oppone al loro moto e dunque alla loro
deformazione/compattazione, la pressione esercitata dal pistone viene via via smorzata man mano che
si procede verso il fondo della matrice. Si ha una distribuzione della pressione a U con concavità verso
l’alto.

 Come conseguenza, le polveri non avranno una densità omogenea nel manufatto ma assisteremo ad un
gradiente di intensità via via decrescente dal punzone fino alla fondo del manufatto, perché la
pressione del punzone è via via minore.
 Questo fenomeno è sempre più evidente quanto è lo sviluppo longitudinale del nostro manufatto
rispetto alla parte trasversale.
 Questo determina una differente compattazione delle polveri nel pezzo con un relativo gradiente
delle densità che avrà un effetto sulla successiva operazione di sinterizzazione.
 Bisogna in ogni ricordare che vi sono deformazioni di tipo elastico da parte delle polveri che vengono
restituite all’atto della sformatura del pezzo pressato dallo stampo. Si osserva infatti un ritorno elastico
del componente nella direzione di pressatura e maggiormente nella direzione trasversale (dovuto al
precedente contatto con le pareti.

Utilizzo di lubrificanti
 Tale effetto può essere mitigato utilizzando dei lubrificanti che favorisce sia lo scorrimento e
rotolamento delle polveri le une rispetto alle altre (al fine di mitigare il gradiente delle pressioni e delle
densità) e favorisce anche lo strisciamento e movimento delle polveri contro le pareti dello stampo.
 Il lubrificante che si usa si trova anche esso allo stato di polveri molto più piccole rispetto ai grani
metallici. Esso ha scarso effetto se i granelli non sono lisci ma <<spigolosi>>, poiché in tal caso essi si
incastrano a vicenda annullando l’azione del lubrificante stesso. Dunque, granelli metallici ricchi di
spigolosità mal si prestano all’uso di un lubrificante (perché si incastrano per via meccanica), quindi
l’ideale è che si abbiano grani metallici sferici.

Per quanto detto, l’uso del lubrificante può essere utile e ne favorisce la compattazione mitigando il
gradiente delle pressioni e delle densità esercitate dal punzone.
 Tuttavia, il lubrificante nelle polveri spigolose, andandosi ad inserire negli interstizi, determina la
creazione di un sottile film di lubrificante che crea una separazione tra le superfici dei metalli che nella
fase successiva mi rende difficoltosa la saldatura (ne favorisce lo scorrimento a scapito della
deformazione plastica).
 Inoltre, durante la sinterizzazione il lubrificante può passare allo stato aeriforme e questo gas può
rimanere intrappolato nel mio sinterizzato e dar vita a delle porosità interne che hanno il duplice
effetto di far diminuire la densità del manufatto e fungere da innesco di cricche a fatica quando il
manufatto sarà posto in opera.

 I benefici forniti dal lubrificante però non sempre sono tali.


- Detta L la differenza di pressione da esercitare (senza e con
lubrificante) a parità di compattazione finale (densità
apparente). Quando “L” assume valori positivi, la pressione dà
esercitare in presenza di lubrificante, per ottenere la stessa
densità, è minore della pressione che devo esercitare senza
lubrificante. Quindi il contributo del lubrificante in questo caso
è un contributo benefico e abbassa la pressione per avere un
manufatto con la stessa densità. Si possono avere curve
tracciate empiricamente:

- Le varie curve si riferiscono a differenti condizioni di


lubrificazione, percentualmente crescente dal minimo della
curva 1 (0,001% di polvere lubrificante quindi rispetto al peso
delle polveri di metallo che sto compattando) al massimo della
curva 7 (con il 4% di lubrificante).
- L’effetto benefico (L>0) si ha per valori modesti della pressione,
poi raggiunto un massimo si va addirittura verso un effetto
negativo, tanto più evidente quanto maggiore è la percentuale di lubrificante.
- Sulle ascisse ho la pressione “P” che noi utilizziamo per compattare al verde le nostre polveri senza
lubrificante. Man mano che aumenta “P” avremo che “L” all’inizio cresce e poi da un certo punto in
poi decresce.
- I diagrammi da un punto di vista qualitativo hanno questo andamento indipendentemente dalla
geometria delle polveri di partenza.
- Si determina in tal modo l’esistenza di un valore di transizione della pressione, PT , al di sotto del
quale la presenza del lubrificante nel mio manufatto è positivo. Al di sopra di essa la presenza del
lubrificante è nociva poiché a parità di pressione si ottiene una peggiore compattazione delle
polveri. PT risulta tanto più bassa quanto maggiore è la percentuale di lubrificante. L P è la
lubrificazione della parete mentre LI è la lubrificazione interna.

 Prestazioni migliori si ottengono lubrificando le pareti dello stampo e del punzone, in particolare delle
parti che vanno a contatto con i granelli metallici.
 La presenza di eccessive quantità di lubrificante, infatti, oltre ad occupare parecchi dei vuoti
inizialmente esistenti fra i granelli di polveri metalliche (e poi impedirne la chiusura dopo) determina
uno scorrimento eccessivo dei grani sotto pressione prevenendone quindi le reciproche saldature,
anche per l’interposizione del film di lubrificante.
 L’assenza di lubrificante, invece, oltre certe
pressioni porta ad una notevole distorsione
dei granelli con aumento delle pressioni di contatto, distorsione dei reticoli cristallini che agevolano
localmente le piccole saldature.
 Restano validi invece i vantaggi ottenibili lubrificando le pareti dello stampo e del punzone in termini di
facilità di estrazione del manufatto compattato.

I benefici in questo caso sono legati alla quantità di lubrificante che liberandosi dagli interstizi fra i granelli
finisce contro le pareti dello stampo.
Posso ottenere analoghi effetti benefici se faccio pareti dello stampo molto lisce.

Eliminazione del lubrificante


 Il lubrificante miscelato con la polvere viene in parte vaporizzato e in parte decomposto nel
riscaldamento dei pezzi alla temperatura di sinterizzazione. In particolare, la prima fase di eliminazione
di lubrificante si verifica per vaporizzazione nel riscaldamento fino a 500°, dopodiché si produce la
decomposizione della parte di lubrificante residua.
 Sia la vaporizzazione che la decomposizione del lubrificante generano vapori e gas che, se la densità del
compattato è elevata (e quindi i pori residui sono molto stretti) e se il riscaldamento è molto rapido,
possono raggiungere pressioni tali da generare lesioni nel sinterizzato.
 Se, invece, il riscaldamento è graduale, come di regola avviene nei forni continui di sinterizzazione, i
prodotti della vaporizzazione e della decomposizione hanno la possibilità di sfuggire dai pori che
affiorano in superficie. Molti di questi pori possono poi richiudersi per l’azione della tensione
superficiale.
 Si osserva infatti che il pezzo sinterizzato mostra un ritiro rispetto alle dimensioni del pezzo pressato,
tanto più grande quanto maggiore era il quantitativo di lubrificante miscelato alla polvere (a
testimonianza del fatto che il lubrificante generasse delle cavità impedendo una perfetta
compattazione del pezzo)
 In ogni caso, la presenza de lubrificante (sulle pareti) e una piccola percentuale all’interno, è benefica
per dare una migliore omogeneità durante la compattazione delle polveri.

Sistema di compattazione a due punzoni


 Alternativamente, per dare una omogeneità alla distribuzione della
pressione all’interno della matrice è possibile utilizzare un sistema a 2
punzoni, così da ridurre la quantità di lubrificante utilizzata.
- Uno spinge schiacciando dall’alto verso il basso
- Uno spinge schiacciando dal basso verso l’alto
 L’effetto di densificazione differenziata interna si separa quindi in due sotto
contributi ciascuno dei quali contribuisce per propria parte ad ottenere una
parziale densificazione
 L’azione combinata dall’alto verso il basso e dal basso verso l’alto mitiga le
differenze facendo sì che si creino zone meno differenti le une rispetto alle
altre.
 La complessità di impianto è più importante ma la densificazione della
polvere dentro è più efficiente e mitiga l’effetto dell’attrito interno pur
senza la presenza di lubrificante (oppure ne metto poco senza creare un film
(pellicola) di lubrificante perché poi previene le saldature). È come se realizzassi due sotto gradienti più
piccoli.

Misurazione dell’effetto della compattazione


 L’effetto prodotto dalla pressatura si può esprimere come
- Il rapporto percentuale tra la densità raggiunta e la
densità effettiva del metallo (ottenuto per fonderia)
- Il rapporto tra l’altezza del prodotto non compattato e
l’altezza del prodotto compattato.
 È possibile diagrammare l’effetto prodotto dalla
pressatura al variare della pressione esercitata.
 La densificazione aumenta all’aumentare della
pressione esercitata tendendo asintoticamente alla
densità del metallo (ottenuto per fonderia e privo di
difetti).
 È possibile lavorare imponendo la compattazione

Difficoltà nel produrre manufatti caratterizzati da differenti altezze


A questo punto vediamo che ho difficoltà a produrre manufatti caratterizzati da differenti altezze:

 Dato che le polveri vengono inserite nella matrice per gravità, queste
vanno ad occupare la matrice disponendosi ad una certa altezza (il pelo
libero) h0.
 Volendo realizzare un oggetto di altezza variabile, in cui si utilizza un
punzone idoneo che abbia la forma al negativo della differenza di
altezza che si vuole generare, è evidente che le polveri che si
posizioneranno ad una altezza inferiore avranno subito una
compattazione maggiore e le polveri che saranno ad un’altezza
maggiore avranno subito una compattazione minore. a riduzione di
altezza alla quale corrisponde una minore densificazione.
 Ciò implica che possono prodursi pezzi che presentino al più una
modesta differenza di altezza.

In definitiva, non si prestano bene al processo di compattazione manufatti che hanno altezze differenti,
perché pressare polveri ad altezze differenti vuol dire compattare differentemente le polveri.
Conseguentemente, quindi, il manufatto che si realizza avrà densità differenti tra le varie zone. Saranno più
dense le parti ad altezza minore e meno quelle ad altezza maggiore.

Altre considerazioni: ciclo di pressione e parti cave


 Il ciclo di pressione prevede un’iniziale fase crescente della pressione stessa fino a un massimo e poi un
periodo di permanenza a tale valore per ottenere, mediante cedimento del pezzo, una migliore
compattazione.
 Parti cave possono essere ottenute con anime estraibili o fusibili (o anche vaporizzabili) durante il
processo di sinterizzazione.

Sinterizzazione
 Il manufatto viene portato in un forno a scorrimento affronta un percorso con varie stazioni che hanno
diverse finalità.
- All’inizio ho una stazione di riscaldamento, poi allontanamento dei lubrificanti, sinterizzazione vera
e propria, raffreddamento delle volte anche forzato (quenching violento) ed eventualmente utilizzo
la temperatura raggiunta in forno per realizzare dei trattamenti termici. L’oggetto dopo questo
processo può essere messo direttamente in opera.
NOTA: Devo controllare la composizione atmosferica del forno. Perché se nel mio forno ci fosse tanta aria e
quindi fosse ricca di ossigeno nel forno avrei una iper-ossidazione del manufatto e lo dovrei scartare perché
troppo ricco di ossidi internamente.

Ora parliamo della sinterizzazione nella quale il manufatto dopo essere stato pressato nella matrice e
ottenuto il compattato al verde entra in forno attraverso una certa apertura, il forno sarà suddiviso in zone
caratterizzate da differenti temperature nelle quali si svolgono e si compiono differenti processi. In questa
fase si completa la sinterizzazione e ho un manufatto praticamente finito nel quale dovrei fare al più
lavorazioni di finitura.
 Il forno si dice ad attraversamento perché attraversa varie stazioni con differenti temperature e
consente di avere un processo pressoché continuo (tuttavia ciò crea qualche problema in più nel
controllo dell’atmosfera del forno stesso, in virtù del fatto che l’atmosfera dev’essere a bassa presenza
di ossigeno per evitare fenomeni di ossidazione)
 La sinterizzazione è quella fase del processo in cui si fornisce energia al sistema sottoforma di calore e
consiste nel riscaldamento ad una temperatura pari a circa i 2/3 di quella di fusione dei pezzi pressati.
Ciò favorisce la saldatura delle zone distorte dei grani venute in mutuo contatto e quindi
energicamente pronte e attive.
 I granelli di polvere, saldati tra loro, fanno sì che il manufatto acquisti durezza e una compattezza ancor
maggiore. Infatti, aumentano conducibilità termica ed elettrica.
 In tutte le zone di mutuo contatto io ho una saldatura per cui l’oggetto diventa di fatto un unicum
metallurgico. La conducibilità termica ed elettrica del manufatto finito è in qualche modo una misura
dell’efficienza del rendimento del processo, perché quanto più aumenta la conducibilità termica ed
elettrica del sinterizzato si avvicinano a quella dei getti di fonderia dello stesso materiale tanto più vuol
dire che è stata realizzata un’opportuna densificazione.

Minimizzazione energia → riassorbimento delle cavità interne → ritiro del manufatto


 Nel processo di sinterizzazione si assiste ad una minimizzazione dell’energia interna, cioè è dovuto al
fatto che le superfici interne, saldandosi tra di loro e generando un unicum metallurgico, si riducono. Si
riduce dunque l’energia superficiale che il sistema possiede.
 Si assiste dunque ad un assorbimento delle cavità interne che genera così un ritiro del manufatto
durante il processo di sinterizzazione.

Caratteristiche del forno


 Abbiamo delle doppie porte di ingresso per controllare la temperatura del forno e anche per
controllare la eventuale fuori uscita di gas dal forno stesso e possa sempre controllarne la
composizione chimica dell’atmosfera all’interno del forno
 Il forno può essere caratterizzato anche da zone come quella di raffreddamento che posso
controllare affinché possa evitare che ci siano delle tensioni di ritiro nel manufatto stesso.
 Il forno è tutto in atmosfera controllata quindi è presente o un gas inerte o una miscela di gas inerti
dalla composizione opportuna.
 Le polveri di manufatti compattati entrano su di un vassoio attraverso la prima porta, si abbassa la
porta, si apre la porta e il pezzo entra in atmosfera già controllata
 Da questo momento in poi il pezzo non è più a contatto con l’esterno
 Viene fatto avanzare in maniera tale che con un processo continuo entrino sempre più vassoi e i
vassoi stessi vengono spinti gli uni contro gli altri affinché il vassoio con i pezzi da sinterizzare
attraversi con la desiderata velocità e nei tempi dettati le varie zone del forno.

Andamento delle temperature nel forno


Le varie zone del forno sono caratterizzate da storie termiche differenti e possiamo vedere un andamento
qualitativo della temperatura nelle varie zone con gradienti opportuni affinchè nelle varie zone accadano le
varie reazioni.
 Nella fase iniziale (a temperature più basse) io ho un allontanamento del lubrificante e quindi
aumentano le dimensioni dei granelli, si saldano gli uni con gli altri. In definitiva in questa provo a
far evacuare il lubrificante sotto forma di gas che è stato in qualche modo degradato.
 Nella seconda fase in cui la temperatura cresce ancor di più vado a sinterizzare il mio manufatto e
quindi qui ho una temperatura molto più elevata (i 2/3 di quella di fusione) in cui vado
completamente a saldare i miei granelli e a recuperare se è possibile quelle che sono le cavità
interne del mio materiale così da avere un densificato finale con una densità apparente simile a
quella di un getto di fonderia.
 Eventualmente ci può essere (ma non è indispensabile) una fase di raffreddamento brusco del
nostro sistema affinché durante questo brusco raffreddamento possa congelare le strutture e
quindi avere delle strutture metastabili.
 Eventualmente ci può essere anche un’altra fase finale nella quale la temperatura arriva a quella
ambiente in maniera controllata affinché si possa evitare (per quanto possibile) distorsioni
indesiderate nel pezzo stesso rischiando di non rispettare le conformità dal punto di vista
geometrico.
 Alla fine del processo sempre con un sistema a doppia porta (per controllare l’atmosfera del nostro
sistema) i vassoi fuoriescono, il pezzo viene raffreddato e sempre in maniera continua posso avere
il mio pezzo sinterizzato nel quale alla fine ho una densità del manufatto stesso molto prossima a
quella di un getto di fonderia.

Quindi in definitiva questo è un forno che in varie zone ho varie fasi di processo.

Atmosfera dev’essere controllata


 L’atmosfera deve essere controllata e prevalentemente inerte perché specialmente nella fase
iniziale (quando ho ancora una densità apparente bassa rispetto a quella ideale quindi io ho molte
cavità comunicanti con l’esterno) il manufatto di fatto ha una notevole superficie e quindi tutti i
fenomeni di ossidazione delle polveri di metallo si potrebbero amplificare in virtù del fatto che ho
molti pori interni comunicanti con l’esterno.
 L’ideale sarebbe avere un forno sottovuoto però questo non si concilia bene in un forno a ricircolo.
Quindi andrebbe bene solo in un forno a circolo chiuso però nel nostro caso rallenterebbe solo il
processo diventando poco produttivo (ed è anche costoso).

Durante la sinterizzazione:
 Le cavità interne tendono a riassorbirsi
 Diminuisce il loro volume in assoluto
 Le cavità tendono ad assumere una forma sferica perché la superficie interna a parità di cavità
residuali tende ad assumere la minore superficie possibile in virtù della minimizzazione dell’energia
del sistema e restano al più pori piccoli pori di forma sferica

Tempi e temperature
Chiaramente posso giocare su tempi e temperature. La densificazione e quindi la tendenza del sistema ad
assumere densità via via che sono più prossime a quelle di un materiale “balk” ossia privo di difetti.
Giocando con tempi e temperature mi consente di avere tempi di trattamento tanto rapidi tanto più è alta
la temperatura.

Problemi della porosità residua


 La riduzione dell’estensione delle cavità intergranulari è accompagnata da un aumento della
densità apparente del sinterizzato, che resta però sempre inferiore a quella dello stesso metallo
ottenibile da una massa solidificata del fuso.
 Nel prodotto sinterizzato restano sempre un certo numero di cavità intergranulari
che, sotto azione della tensione superficiale, tendono ad assumere forma sferica.
 La densità di un pezzo sinterizzato può divenire quasi uguale a quella teorica solo se
si esegue una pressatura a caldo, ma per i sinterizzati comuni resta un certo grado di
porosità.
 La presenza di porosità è causa di una riduzione delle proprietà meccaniche per due
motivi:
1. Diminuzione dell’effettiva sezione resistente in confronto a quella apparente.
2. Ogni cavità interna produce una concentrazione di tensioni per effetto di intaglio
e quindi porta a deformazioni e a rottura del pezzo sotto carichi inferiori a quelli
occorrenti per produrre gli stessi effetti in un pezzo ottenuto per fonderia.

Metalli e leghe a cui si applica la sinterizzazione


La sinterizzazione si usa per produrre:
1. Metalli refrattari ad elevata temperatura di fusione se questo mi consente di realizzare manufatti
caratterizzati da una elevata temperatura di fusione raggiungendo temperature di sinterizzazione
che sono molto minori di quelle che raggiungerei per la sola fusione.
2. Leghe di componenti difficilmente miscibili allo stato fuso (ad esempio per la grande differenza tra
le T di fusione). Posso realizzare prodotti miscelando polveri di diversi metalli aventi differenti
temperature di fusione. Ho quindi un manufatto ibrido nel quale ho opportunamente miscelato
anche da un punto di vista ponderale le polveri di metalli differenti.
3. Metalli e leghe ad elevata purezza (vista la possibilità di controllare la purezza delle polveri e
evitare inquinamenti e fenomeni di segregazione). Nei bagni di fusione è più complesso. Quindi
posso avere un maggiore controllo della composizione chimica e della grana cristallina.
4. Metalli porosi (laddove le porosità tipiche dei sinterizzati sono addirittura enfatizzate per ottenere
prodotti con microscopici canali e pori funzionali: filtri, materiali facilmente impregnabili, etc.).
Cuscinetti autolubrificanti è una tipica applicazione. Essi vengono prodotti ho prima deformato
plasticamente, compattato e sinterizzato materiali metallici con elevate quantità di lubrificante.
Questo elevato quantitativo di lubrificante mi consente di avere molti pori ricchi di lubrificante e
questo fa si che una volta che il componente viene posto in opera per attrito si riscalda, si dilata e
rilascia piccole quantità di lubrificante.
5. Materiali compositi formati da polveri di metalli e ceramici ≪cermet≫ (rame-grafite per contatti
elettrici striscianti, materiali per frizioni e freni). Consiste nel miscelare polveri di materiali metallici
e materiali non metallici in cui i materiali non metallici non saranno interessati da fenomeni di
compattazione meccanica e deformazione plastica perché per essi non è previsto. Quindi uso i
materiali metallici come matrice per inglobare le particelle di materiale ceramico.
6. Metalli duri ottenuti per sinterizzazione di carburi molto duri (e alto fondenti: titanio, tungsteno,
niobio, etc.) con leganti relativamente basso fondenti (cobalto). Applicazioni: utensili da taglio,
matrici per trafile, stampi, punzoni, etc.

Potrebbero piacerti anche