INTRODUZIONE
CAPITOLO I
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dellarea
superficiale
rispetto
al
volume,
responsabile
dellincremento del numero di atomi sulla superficie esterna delle particelle rispetto
a quelli presenti allinterno delle stesse. La presenza di tali atomi ha forti
ripercussioni sulle propriet delle particelle, sia quando esse sono isolate, sia
quando esse si trovano ad interagire con altre particelle.
Unelevata area superficiale un aspetto di cruciale importanza nellambito di
processi catalitici. A riguardo Matsuda et al. (2001) hanno utilizzato nanoparticelle
di ossidi di titanio per eliminare NOx da una corrente gassosa mediante ossidazione
fotocatalitica. Sono state utilizzate particelle di dimensione pari a 7nm, 20nm e
200nm, con dimensione dei relativi aggregati pari a 562m, 589m e 687m. La
quantit di NOx rimossa risultata proporzionale alla superficie specifica degli
aggregati.
Nel caso di celle a combustibile lutilizzo di nanoparticelle di idruri metallici ne
aumenterebbe notevolmente la potenzialit.
Unelevata area superficiale consente inoltre di ottenere materiali intermiscelati e
nanocomposti particolarmente resistenti a sollecitazioni di natura meccanica,
chimica e termica.
Spesso le nanoparticelle presentano una dimensione predominante rispetto alle altre
due e ci le rende trasparenti e quindi applicabili negli impacchettamenti, nei
cosmetici e nei rivestimenti.
2
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estremi sono indicati come ubf ed utf, dove ubf la massima velocit del gas per
avere letto fisso ed utf la minima velocit del gas per avere un letto totalmente
fluidizzato.
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interstiziale per particelle fino a 50m (classe A). Al di sotto dei 50m le forze di
superficie cominciano a farsi sentire e danno origine a fenomeni di coesione che
riducono notevolmente la permeabilit del letto rendendo difficoltoso il passaggio
del fluido tra gli interstizi. Questultimo il caso delle polveri fini a carattere
coesivo appartenenti al gruppo C della classificazione di Geldart: per esse le forze
interparticellari risultano maggiori delle forze gravitazionali, al punto da provocarne
laggregazione ed ostacolarne la normale fluidizzazione. Il gas di fluidizzazione non
riesce a permeare allinterno degli spazi tra le particelle, che tendono a formare
aggregati, e fluisce in modo non uniforme attraverso canali, determinando in tal
modo un contatto tra la fase gas e la fase solida estremamente povero.
I.4.1.1
La principale forza di interazione, almeno nei casi pi comuni, prende il nome dal
fisico olandese, che, nella seconda met dell800, per primo propose lidea che il
comportamento non ideale di un gas fosse imputabile ad unattrazione reciproca tra
le molecole. Le forze di van der Waals sono originate dalle disuniformit istantanee
nella distribuzione delle cariche elettroniche allinterno della molecola. Queste
disuniformit sono provocate dalleccitamento degli elettroni degli orbitali pi
esterni e danno origine a campi magnetici ed elettrici allinterno dei solidi. Per
effetto di tali fluttuazioni elettromagnetiche, in ogni istante, un solido, anche non
polare, pu, dunque, assumere una certa polarizzazione. Questa situazione
temporanea in grado di indurre una polarizzazione opposta nelle particelle vicine e
nel mezzo dielettrico che le separa (Massimilla e Dons, 1976). Se le superfici con
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polarit opposta, sono sufficientemente vicine, tra di esse si origina una forza
attrattiva, che dipende anche dalla geometria dello spazio esistente tra le particelle.
Nel caso di una sfera di raggio R, posta a distanza z0 da un piano che si estende
indefinitamente, Krupp (1966) ha proposto la seguente espressione per le forze di
van der Waals Fcw:
Fcw =
h R
8z 02
(1)
in cui h la costante di Lifshitz-van der Waals, che una funzione delle costanti
dielettriche dei due solidi e del mezzo interposto ( variabile tra 1 e 10eV per la
maggior parte dei materiali in aria). La costante di Lifshitz-van der Waals legata
alla costante di Hamaker A attraverso la seguente espressione:
A=
3
h
4
.
(2)
h
h
1+
2
8 z0 8 z02 H p
(3)
R1 R
(4)
R1 + R2
10
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I.4.1.2
Forze capillari
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Stato capillare, quando tutto lo spazio tra le particelle occupato dal liquido.
Nel caso di particelle porose, la condensazione allinterno dei pori ostacola quella
interparticellare, di conseguenza prevale lo stato pendolare e le forze capillari
risultano notevolmente ridotte rispetto ai valori che esse avrebbero negli altri due
casi.
Nel caso di stato pendolare la forza capillare Fcc per due sfere indeformabili data
dalla seguente espressione:
Fcc = 4CR
(5)
dove la tensione superficiale del liquido, R il raggio ridotto delle due sfere in
contatto (4) e C un fattore di forma del ponte di liquido, che pu essere assunto,
nella maggioranza dei casi, pari a 2 (Massimilla e Dons 1976).
I.4.1.3
Forze elettrostatiche
d2
1 2
R +d2
Fce =
16 0 d 2
(6)
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detta potenziale di contatto, che si genera tra due materiali, aventi appunto due
differenti funzioni lavoro. La funzione lavoro di un materiale definita come la
minima energia che serve per estrarre un elettrone dal materiale, e dipende sia dalle
propriet chimico-fisiche del materiale sia dalle propriet geometriche delle
superfici a contatto. In questo caso, Visser (1989) ha proposto la seguente
espressione per la forza elettrostatica Fcu tra la due particelle sferiche di raggio R a
distanza d:
Fcu = 0
R ( U )
d
.
2
(7)
I.4.1.4
Forze magnetiche
I.4.1.5
Alcuni tipi di forze si instaurano nel momento in cui lumidit scompare, come ad
esempio, in seguito a riscaldamento. I legami che si formano sono di natura ionica e
dovuti ai sali precedentemente disciolti dallacqua di condensazione. Queste forze
hanno mostrato un andamento lineare della curva tensione-carico, ma i dati a
disposizione non sono sufficienti n per una loro valutazione quantitativa n per una
loro formulazione analitica.
relativo
alla
fluidizzazione
di
materiali