Sei sulla pagina 1di 13

CAPITOLO I.

INTRODUZIONE

CAPITOLO I

INTRODUZIONE

I.1 Generalit sulle nanoparticelle


Il termine nanoparticelle generalmente utilizzato per identificare materiali di
dimensioni submicroniche. In particolare si tratta di materiali ceramici, metalli,
cristalli, materiali compositi o strutture tubolari carboniose di dimensione comprese
tra 1 e 100nm.
Le propriet fisiche delle nanoparticelle dipendono dallelevato rapporto superficievolume (che aumenta gradualmente con la riduzione della dimensione delle
particelle) e dal predominare, a questa scala, degli effetti quantici rispetto a quelli
meccanici.
Lincremento

dellarea

superficiale

rispetto

al

volume,

responsabile

dellincremento del numero di atomi sulla superficie esterna delle particelle rispetto
a quelli presenti allinterno delle stesse. La presenza di tali atomi ha forti
ripercussioni sulle propriet delle particelle, sia quando esse sono isolate, sia
quando esse si trovano ad interagire con altre particelle.
Unelevata area superficiale un aspetto di cruciale importanza nellambito di
processi catalitici. A riguardo Matsuda et al. (2001) hanno utilizzato nanoparticelle
di ossidi di titanio per eliminare NOx da una corrente gassosa mediante ossidazione
fotocatalitica. Sono state utilizzate particelle di dimensione pari a 7nm, 20nm e
200nm, con dimensione dei relativi aggregati pari a 562m, 589m e 687m. La
quantit di NOx rimossa risultata proporzionale alla superficie specifica degli
aggregati.
Nel caso di celle a combustibile lutilizzo di nanoparticelle di idruri metallici ne
aumenterebbe notevolmente la potenzialit.
Unelevata area superficiale consente inoltre di ottenere materiali intermiscelati e
nanocomposti particolarmente resistenti a sollecitazioni di natura meccanica,
chimica e termica.
Spesso le nanoparticelle presentano una dimensione predominante rispetto alle altre
due e ci le rende trasparenti e quindi applicabili negli impacchettamenti, nei
cosmetici e nei rivestimenti.
2

CAPITOLO I

INTRODUZIONE

La dimensione stessa delle nanoparticelle conferisce loro propriet particolari come


quella di attraversare la membrana cellulare. Tale caratteristica permette di
utilizzarle come mezzo per colpire in modo molto specifico virus o cellule maligne.
Unulteriore campo di applicazione delle nanoparticelle quello dellelettronica. Un
esempio rappresentato dai nanotubi al carbonio single-wall (SWCNTs), potenti
conduttori che presentano caratteristiche termomeccaniche di gran lunga superiori a
quelle dellacciaio.
Dati gli innumerevoli campi di applicazione delle nanoparticelle, necessario
sviluppare tecnologie che ne consentano il trattamento di grosse quantit, il
trasporto, la miscelazione, la modifica delle propriet superficiali, nonch il
controllo della forma, dimensione e durezza, in modo da poter garantire le
specifiche applicazioni commerciali. Per esempio, nella lappatura di piastre in
silicio per la produzione di microchip, sono richieste polveri con una distribuzione
granulometrica inferiore a 100nm.
Tra le varie possibili tecnologie utilizzabili per maneggiare e/o processare le
nanoparticelle, possono rivestire particolare interesse i reattori a letto fluidizzato per
la loro capacita di trattare in continuo materiale solido e per leccellente contatto
gas-solido che determina elevati coefficienti di scambio di calore, di materia ed
elevate velocit di reazione.

I.2 Generalit sui letti fluidizzati


La fluidizzazione una delle tecniche pi efficaci per realizzare un intimo contatto
tra una fase solida in forma granulare ed una fase fluida. In particolare, rispetto ad
altre tecniche, essa offre molti vantaggi, tra cui una buona miscelazione del solido,
unampia superficie di contatto ed unalta velocit di trasferimento di calore. Tali
caratteristiche rendono questa tecnica diffusa sia nellindustria di processo che in
quella energetica. Le sue prime applicazioni, risalenti agli anni 40, hanno
riguardato i processi di cracking catalitico degli idrocarburi; da allora i letti
fluidizzati sono stati e sono tuttora utilizzati in processi di cracking, di arrostimento
e di calcinazione dei materiali, di combustione e gassificazione di combustibili
fossili, di incenerimento dei rifiuti o in processi di scambio termico, come
3

CAPITOLO I

INTRODUZIONE

lessiccamento di minerali e di prodotti di sintesi, quali fertilizzanti, farmaci o


composti polimerici.
Il principio della fluidizzazione molto semplice e pu esser compreso attraverso
una facile esperienza di laboratorio. Se si dispone in un tubo un letto di particelle di
piccole dimensioni, supportate da un setto poroso con pori di dimensione pi
piccola di quella delle particelle del letto, e si fa poi passare, dal basso verso lalto,
un fluido, si ha che, per basse velocit di questultimo, esso semplicemente percola
tra le particelle solide attraverso gli interstizi non occupati da queste. In tali
condizioni si ha un letto fisso. Aumentando progressivamente la portata di fluido, si
raggiunge un valore tale da espandere il letto di particelle: la velocit del fluido alla
quale inizia lespansione si definisce velocit di minima fluidizzazione (umf) ed il
grado di vuoto interno al letto in tale condizione si indica come grado di vuoto alla
minima fluidizzazione (mf). In queste condizioni di minima o incipiente
fluidizzazione, la forza viscosa o di drag, esercitata dal fluido sulle particelle,
uguale alla forza peso del letto corretta dalla spinta archimedea del fluido. Al
crescere della velocit del gas, superata la umf, possiamo distinguere vari regimi
fluidodinamici. In particolare, per un certo intervallo di velocit, le particelle,
avendo la possibilit di vibrare e muoversi separatamente in un certo intorno,
restano sospese e la superficie del letto appare immobile: in tale condizione si ha un
letto omogeneamente fluidizzato. Aumentando ancora la portata possibile notare,
da un certo valore in poi della velocit (umb), la comparsa di bolle e linstaurarsi di
un regime bifasico, con una fase densa che conserva un grado di vuoto vicino a
quello del letto alla minima fluidizzazione ed una fase diluita costituita da bolle che
attraversano il letto ed in cui la presenza del solido assai limitata: in queste
condizioni si ha un letto fluido bollente. Aumentando ulteriormente il flusso di gas,
pu insorgere un moto a slug, in cui le bolle raggiungono il diametro del letto e lo
sollevano ritmicamente. Quando le particelle sono fluidizzate con una velocit del
gas superiore alla loro velocit terminale, si osserva un moto turbolento di aggregati
solidi e vuoti di gas di varie dimensioni e forme: in queste condizioni si ha un letto
fluido turbolento. Con un ulteriore aumento della velocit del gas, il solido
trascinato via dal gas: si ha in tal caso un letto fluido con trasporto pneumatico del
4

CAPITOLO I

INTRODUZIONE

solido. Nei casi di fluidizzazione turbolenta e di trasporto pneumatico, grandi


quantit di particelle sono trasportate dalla corrente gassosa di conseguenza
unoperazione stazionaria pu realizzarsi solo mediante raccolta del solido
trasportato e sua reimmissione nel letto: si parla in tal caso di letti fluidi circolanti. I
regimi fluidodinamici che possono instaurarsi in un letto fluidizzato fino a quello
bollente sono detti regimi captivi, in quanto non comportano fuoriuscita di particelle
solide: in questi casi le variabili utili per il progetto e la gestione di un reattore a
letto fluido sono la velocit di minima fluidizzazione umf e la velocit terminale
della singola particella ut, che contribuiscono allindividuazione dellintervallo di
portate operative del gas.
Per qualit della fluidizzazione, generalmente, si intende la facilit con cui le
particelle fluidizzano. La qualit della fluidizzazione che varia molto a seconda dei
sistemi solido-gas, dipende da molte variabili, tra cui la dimensione e la densit
delle particelle, la densit e viscosit del gas ed il tipo di solido usato, se questo
soggetto ad agglomerarsi, oltre a vari fattori, quali la geometria del recipiente ed il
sistema di immissione del gas.
Unindicazione sulla qualit della fluidizzazione ed una stima della velocit di
minima fluidizzazione possono essere effettuate analizzando landamento delle
perdite di carico misurate alla base del letto al variare della velocit superficiale del
gas. Tale diagramma, nel caso di particelle di dimensione uniforme, ha laspetto
mostrato in Fig. I.1 possibile notare un primo tratto lineare con inclinazione non
nulla, corrispondente alla condizione di perdite di carico attraverso un letto fisso, ed
un secondo tratto lineare con inclinazione quasi nulla, corrispondente alla
condizione di letto fluidizzato, in cui le perdite di carico si mantengono
praticamente costanti per un ampio intervallo di portate, risultando pari alla
pressione statica del letto W/S, dove W il peso del letto e S la sezione trasversale
del tubo. Il valore della umf quello in corrispondenza dellintersezione delle due
linee. Nel caso, invece, che il letto sia costituito da particelle di diametro variabile
allinterno di un certo intervallo, landamento tipico delle perdite di carico contro la
velocit presenta un profilo pi arrotondato, quale quello mostrato nella Fig. I.2. In
questo caso si definisce un campo di velocit di incipiente fluidizzazione i cui
5

CAPITOLO I

INTRODUZIONE

estremi sono indicati come ubf ed utf, dove ubf la massima velocit del gas per
avere letto fisso ed utf la minima velocit del gas per avere un letto totalmente
fluidizzato.

I.3 Classificazione delle polveri


Differenti fattori possono influenzare la qualit della fluidizzazione: non tutti i
solidi hanno un comportamento ideale. In alcuni casi si pu riscontrare una
considerevole espansione del letto prima della comparsa di bolle o, al contrario, una
difficolt di fluidizzazione con fenomeni di canalizzazione e segregazione con un
letto praticamente statico. Inoltre, non tutte le polveri sono fluidizzabili. Questi
fenomeni sono legati alle caratteristiche del fluido e del materiale particellare. Un
criterio universalmente riconosciuto al fine di predire il tipo di fluidizzazione e la
transizione da un regime allaltro quello proposto agli inizi degli anni 70 da
Geldart (1973). Le polveri sono state raggruppate in quattro classi, A, B, C, D, in
base alle dimensioni delle particelle, alla loro densit ed alla densit del gas. Queste
sono le propriet fisiche che presiedono allinstaurarsi di un certo regime di
fluidizzazione.
Le polveri del gruppo A sono fluidizzabili ed ammettono un campo di velocit del
gas in cui il letto appare fluidizzato omogeneamente; al di sotto di tale campo di
velocit il letto fisso, mentre al di sopra si ha un regime di fluidizzazione a bolle;
lanalisi sui letti bidimensionali ha evidenziato che le bolle si rompono e coalescono
frequentemente e la velocit di risalita delle bolle maggiore di quella del gas
interstiziale. Materiali del gruppo B o D sono caratterizzati dal non avere una fase di
espansione omogenea del letto. Raggiunta la velocit di minima fluidizzazione
possibile notare subito la comparsa di bolle. In questi casi la velocit di minima
fluidizzazione umf e di comparsa delle bolle umb coincidono. La differenza fra
materiale di gruppo B e materiale di gruppo D sta nel fatto che per materiale di tipo
B la velocit di risalita delle bolle maggiore di quella del gas interstiziale, mentre
nel caso di particelle D le bolle attraversano il letto con velocit minore di quella del
fluido interstiziale. Infine, rientrano nel gruppo C le polveri con diametro minore di
30 m, che presentano propriet coesive; la fluidizzazione di queste polveri
estremamente difficile fino ad essere preclusa, se non in alcuni casi tramite
6

CAPITOLO I

INTRODUZIONE

lapplicazione di tecniche ad hoc. La caratteristica delle polveri C quella di


formare macroaggregati, che non riescono ad essere permeati dal gas fluidizzante,
se non attraverso canali, che si formano allinterno del letto e che diventano le
uniche vie di passaggio del gas: presentano, dunque, spiccati fenomeni di
canalizzazione e moto a pistone.
Geldart propose il diagramma, riportato nella Fig. I.3, per fluidizzazione di solidi
con aria in condizioni di temperatura e pressione ambiente. Il diagramma indica il
tipo di fluidizzazione da aspettarsi per un dato sistema solido-gas, in funzione della
dimensione media delle particelle e della differenza tra la densit del solido e quella
del fluido utilizzati.

I.4 Interpretazione del comportamento fluidodinamico in termini


di importanza relativa tra forze gravitazionali, interparticellari
e idrodinamiche
Il fenomeno della fluidizzazione pu essere spiegato attraverso un bilancio tra forze
che agiscono su larga scala e forze che agiscono su piccola scala. Le prime
includono la gravit, lattrito tra solidi, il galleggiamento, la forza di attrito del
fluido interstiziale; le seconde agiscono sulla superficie delle particelle e sono
dovute a effetti fisici (van der Waals), chimici (legami a idrogeno) o elettrochimici
(Gundogdu e Tuzun, 2006).
Il motivo del diverso comportamento delle polveri nei riguardi della fluidizzazione
pu essere messo in relazione, dal punto di vista microscopico, proprio allesistenza
delle suddette forze interparticellari solido-solido che agiscono su piccola scala.
E opportuno rilevare che le forze di interazione solido-solido sono sempre presenti,
ma giocano un ruolo diverso a seconda dei casi: per particelle grossolane queste
sono praticamente irrilevanti se confrontate alle forze di natura gravitazionale, ma al
diminuire delle dimensioni risultano sempre pi importanti e per particelle inferiori
a 50 - 100m diventano paragonabili. In tal caso tali forze tendono a tenere insieme
le particelle del letto, opponendosi ad una loro libera circolazione, presupposto per
il realizzarsi di uno stato di fluidizzazione.

CAPITOLO I

INTRODUZIONE

Per il raggiungimento di una condizione di fluidizzazione, infatti, le forze esterne


rappresentate dalle forze idrodinamiche esercitate dal fluido, ovvero dalla forza di
drag (dipendente, tra le altre cose, dalla velocit del gas), devono bilanciare quelle
gravitazionali. Ci realizza la condizione di galleggiamento del solido. Se si
considerano particelle grossolane, le forze di natura gravitazionale sono grandi se
confrontate con le forze interparticellari e quando le prime sono bilanciate da quelle
idrodinamiche esercitate dal fluido, tali solidi hanno una mobilit individuale e
sono, cos, fluidizzabili. Al contrario, per materiali fini, anche raggiungendo la
velocit del gas in grado di realizzare il galleggiamento delle particelle del letto,
cio anche raggiungendo il bilanciamento tra forza di drag e forze gravitazionali,
sono attive forze di natura coesiva solido-solido di entit ben pi elevata di quelle
gravitazionali che impediscono il raggiungimento di uno stato di fluidizzazione. Si
assiste in tal caso ad un comportamento coesivo del materiale: infatti, una volta che
le forze di natura idrodinamica bilanciano quelle gravitazionali, il solido rimane
coeso, al massimo cercando dei canali di minima resistenza, in cui il gas fluisce
senza che vi sia una dispersione omogenea del gas nel letto. Tra questi due casi c
un intervallo di particelle di dimensioni intermedie, che possono mostrare un
comportamento di flusso libero o coesivo in dipendenza di certi fattori che
determinano una prevalenza delle forze gravitazionali su quelle interparticellari o
viceversa.
Una buona qualit di fluidizzazione si realizza, quindi, se le forze di coesione
interparticellare sono trascurabili rispetto alle forze gravitazionali; viceversa,
quando le forze interparticellari sono pi grandi delle forze gravitazionali, si
manifesta la canalizzazione del gas, con conseguente scarse fluidizzabilit e qualit
della fluidizzazione.
La classificazione di Geldart (Fig. I.3) riguardo le varie tipologie di fluidizzazione
un modo per descrivere il bilancio tra le scale di forze attraverso propriet
misurabili del solido e del fluido che tengono conto della grandezza relativa tra la
forza di attrito del fluido e il peso del solido immerso nello stesso.
Come si vede dal diagramma di Geldart, la fluidizzazione dominata dagli effetti
della gravit per particelle dellordine dei mm (classi B e D), e dalla permeabilit
8

CAPITOLO I

INTRODUZIONE

interstiziale per particelle fino a 50m (classe A). Al di sotto dei 50m le forze di
superficie cominciano a farsi sentire e danno origine a fenomeni di coesione che
riducono notevolmente la permeabilit del letto rendendo difficoltoso il passaggio
del fluido tra gli interstizi. Questultimo il caso delle polveri fini a carattere
coesivo appartenenti al gruppo C della classificazione di Geldart: per esse le forze
interparticellari risultano maggiori delle forze gravitazionali, al punto da provocarne
laggregazione ed ostacolarne la normale fluidizzazione. Il gas di fluidizzazione non
riesce a permeare allinterno degli spazi tra le particelle, che tendono a formare
aggregati, e fluisce in modo non uniforme attraverso canali, determinando in tal
modo un contatto tra la fase gas e la fase solida estremamente povero.

I.4.1 Le forze interparticellari


Il motivo per cui in certi casi non si riesce ad ottenere una condizione accettabile di
fluidizzazione in relazione alla presenza di forze di interazione solido-solido tra le
particelle di entit rilevante rispetto alle forze gravitazionali ed idrodinamiche. Tali
forze possono essere di varia natura: forze di van der Waals, forze capillari, dovute
nella maggioranza dei casi alla presenza dellumidit, e forze elettrostatiche. Di tali
forze interparticellari si riporta ora una descrizione sintetica.

I.4.1.1

Forze di van der Waals

La principale forza di interazione, almeno nei casi pi comuni, prende il nome dal
fisico olandese, che, nella seconda met dell800, per primo propose lidea che il
comportamento non ideale di un gas fosse imputabile ad unattrazione reciproca tra
le molecole. Le forze di van der Waals sono originate dalle disuniformit istantanee
nella distribuzione delle cariche elettroniche allinterno della molecola. Queste
disuniformit sono provocate dalleccitamento degli elettroni degli orbitali pi
esterni e danno origine a campi magnetici ed elettrici allinterno dei solidi. Per
effetto di tali fluttuazioni elettromagnetiche, in ogni istante, un solido, anche non
polare, pu, dunque, assumere una certa polarizzazione. Questa situazione
temporanea in grado di indurre una polarizzazione opposta nelle particelle vicine e
nel mezzo dielettrico che le separa (Massimilla e Dons, 1976). Se le superfici con

CAPITOLO I

INTRODUZIONE

polarit opposta, sono sufficientemente vicine, tra di esse si origina una forza
attrattiva, che dipende anche dalla geometria dello spazio esistente tra le particelle.
Nel caso di una sfera di raggio R, posta a distanza z0 da un piano che si estende
indefinitamente, Krupp (1966) ha proposto la seguente espressione per le forze di
van der Waals Fcw:
Fcw =

h R
8z 02

(1)

in cui h la costante di Lifshitz-van der Waals, che una funzione delle costanti
dielettriche dei due solidi e del mezzo interposto ( variabile tra 1 e 10eV per la
maggior parte dei materiali in aria). La costante di Lifshitz-van der Waals legata
alla costante di Hamaker A attraverso la seguente espressione:
A=

3
h
4
.

(2)

Lespressione (1) valida per solidi indeformabili. Se la forza attrattiva d luogo a


deformazione, si ha il passaggio da un punto ad unarea di contatto e la forza
risulter aumentata secondo lequazione:
Fcw =

h
h
1+
2
8 z0 8 z02 H p

(3)

in cui Hp la durezza del materiale. Il secondo termine dellequazione (3) tiene


conto degli effetti di deformazione che possono verificarsi nellarea di contatto tra i
due solidi e che contribuiscono ad aumentare lattrazione tra di essi. Per materiali la
cui durezza superiore a 108dyne/cm2, questo termine trascurabile e risulta quindi
valida la (1).
Se le due superfici a contatto sono delle sfere, di raggi R1 ed R2, la forza di van der
Waals agente tra esse ottenuta a partire dallequazione (3), assumendo:
R=

R1 R

(4)

R1 + R2

10

CAPITOLO I

INTRODUZIONE

Il parametro R, cos definito, rappresenta un raggio di curvatura ridotto del sistema


costituito dalle due sfere, secondo unespressione valida per tutti i fenomeni in
parallelo.
Le espressioni (1) e (3), corrispondono al caso ideale di particelle perfettamente
sferiche, nella realt bisogna tener conto delle caratteristiche geometriche delle
superfici delle particelle e della presenza di asperit superficiali che possono ridurre
di ordini di grandezza lintensit delle forze di attrazione. In questultimo caso il
contatto tra le particelle si esplica proprio attraverso le asperit e di conseguenza
nelle equazioni (1) e (3), R1 ed R2 rappresentano proprio i raggi di curvatura delle
asperit.
Le equazioni (1) e (3) mostrano che le forze di van der Waals dipendono in maniera
lineare dal diametro delle particelle, ci fa si che per particelle di piccole
dimensioni esse siano confrontabili con le forze gravitazionali che invece variano
con il cubo del diametro delle particelle.

I.4.1.2

Forze capillari

Le forze capillari attrattive si sviluppano in seguito alla formazione di ponti di


liquido tra le particelle in contatto in unatmosfera contenente vapore. Ad una data
temperatura, lestensione di tali ponti liquidi dipende, oltre che dalla geometria delle
superfici in contatto, anche dalla pressione parziale del vapore in fase gas e dalle
propriet chimico-fisiche del sistema liquido-solido in esame, quali langolo di
contatto solido-liquido, la tensione superficiale ed il volume del liquido. Data la
vicinanza delle superfici in prossimit del punto di contatto, la condensazione
capillare pu avvenire anche se la pressione parziale del vapore nellambiente
circostante minore della tensione di vapore del liquido alla data temperatura.
Per mezzi granulari, in relazione allestensione della condensazione capillare,
Krupp (1966) ha descritto i seguenti stati:
Stato pendolare, con ponti di liquido tra due sole particelle non interconnessi
tra loro;
Stato funicolare, con ponti di liquido tra due sole particelle e spazi
interparticellari parzialmente riempiti di liquido;
11

CAPITOLO I

INTRODUZIONE

Stato capillare, quando tutto lo spazio tra le particelle occupato dal liquido.
Nel caso di particelle porose, la condensazione allinterno dei pori ostacola quella
interparticellare, di conseguenza prevale lo stato pendolare e le forze capillari
risultano notevolmente ridotte rispetto ai valori che esse avrebbero negli altri due
casi.
Nel caso di stato pendolare la forza capillare Fcc per due sfere indeformabili data
dalla seguente espressione:
Fcc = 4CR

(5)

dove la tensione superficiale del liquido, R il raggio ridotto delle due sfere in
contatto (4) e C un fattore di forma del ponte di liquido, che pu essere assunto,
nella maggioranza dei casi, pari a 2 (Massimilla e Dons 1976).

I.4.1.3

Forze elettrostatiche

In ambiente gassoso, danno contributo alla coesione anche forze di natura


elettrostatica. Queste forze hanno origine diversa a seconda che le particelle
interagenti abbiano medesima o differente composizione chimica.
Nel caso di particelle dello stesso materiale, le forze elettrostatiche sono dovute
soprattutto a fenomeni di frizione o urti tra le particelle, che provocano la
ridefinizione delle superfici di contatto tra le particelle stesse, dando cos luogo al
loro caricamento. In questo caso la forza di interazione Fce tra una particella sferica
di raggio R e carica Q, ed una particella identica a distanza d, data dallequazione
di Coulomb:

d2
1 2
R +d2
Fce =
16 0 d 2

(6)

con 0 costante dielettrica nel vuoto (Visser, 1989).


Nel caso di particelle di materiali diversi, le forze elettrostatiche hanno origine dal
trasferimento di carica da una particella allaltra, che ha luogo quando esse sono
poste in contatto. Tale trasferimento causato dalla differenza di potenziale U,
12

CAPITOLO I

INTRODUZIONE

detta potenziale di contatto, che si genera tra due materiali, aventi appunto due
differenti funzioni lavoro. La funzione lavoro di un materiale definita come la
minima energia che serve per estrarre un elettrone dal materiale, e dipende sia dalle
propriet chimico-fisiche del materiale sia dalle propriet geometriche delle
superfici a contatto. In questo caso, Visser (1989) ha proposto la seguente
espressione per la forza elettrostatica Fcu tra la due particelle sferiche di raggio R a
distanza d:
Fcu = 0

R ( U )
d
.
2

(7)

I.4.1.4

Forze magnetiche

Un altro contributo pu venire dalle forze magnetiche. In dipendenza del grado di


magnetizzazione che una particella pu acquistare, si possono determinare forze di
attrazione di intensit notevole. Daltra parte, nei casi pi comuni queste forze non
hanno grossa importanza e, laddove ne abbiano, possono essere evitate con tecniche
ad hoc per migliorare la fluidizzazione.

I.4.1.5

Forze dovute a legami solidi tra particelle

Alcuni tipi di forze si instaurano nel momento in cui lumidit scompare, come ad
esempio, in seguito a riscaldamento. I legami che si formano sono di natura ionica e
dovuti ai sali precedentemente disciolti dallacqua di condensazione. Queste forze
hanno mostrato un andamento lineare della curva tensione-carico, ma i dati a
disposizione non sono sufficienti n per una loro valutazione quantitativa n per una
loro formulazione analitica.

I.5 Stato dellarte


nanometrici

relativo

alla

fluidizzazione

di

materiali

Negli ultimi anni i materiali nanometrici hanno ricevuto grande attenzione. In


particolare, la possibilit di fluidizzare tali materiali, anche se come aggregati
(clusters), risulta molto attraente in quanto, come gi osservato, questi materiali
sono dotati di una superficie specifica cos alta da risultare particolarmente
13

Potrebbero piacerti anche