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FLUIDODINAMICA INDUSTRIALE

SUN- Laurea Specialistica in Ingegneria Meccanica

A.A. 2004/2005 docente carmine.golia@unina2.it

Contenuti

Capitolo 1: Introduzione alla Turbolenza

.1.1 Generalità
.1.2 Fenomenologia della turbolenza
.1.3 Proprietà generali della turbolenza
.1.4 Analisi mediata delle equazioni
.1.4.1 Le RANS (equazioni di Navier-Stokes mediate alla Reynolds)
.1.4.2 Equazioni dello Strato limite turbolento
.1.5 Lunghezza di mescolamento
.1.6 Struttura dello strato Limite Turbolento
.1.6.1 Leggi di parete
.1.6.2 Parametri di interesse in strati limiti turbolenti

Capitolo 2: Flussi in Condotti

.2.1 Generalità: La lunghezza d'ingresso


.2.2 Leggi di pareti per moti turbolenti
.2.3 Flussi in tubi circolari
.2.3.1 Soluzione laminare
.2.3.2 Soluzione turbolenta
.2.3.3 Effetti della rugosità di parete: l’abaco di Moody
.2.3.4 Forme alternative dell’abaco di Moody
.2.3.5 Formula di Churchill
.2.4 Flussi in condotti non circolari
.2.4.1 Flusso tra pareti parallele
.2.4.1.1 Regime laminare
.2.4.1.2 Regime turbolento
.2.5 Il concetto di diametro idraulico
.2.6 Perdite minori in condotti
.2.6.1 Perdite di ingresso/uscita
.2.6.2 Subitanei cambiamenti di sezione
.2.6.3 Raccordi a T, gomiti e valvole
.2.6.4 Raccordi curvi
.2.6.5 Variazioni di sezione

Capitolo 3: Flussi in Canali Aperti

.3.1 Generalità
.3.1.1 Analisi unidimensionale
.3.1.2 Classificazione dei regimi di flusso per variazione di quota
.3.1.3 Classificazione dei regimi di flusso per numero di Froude
.3.2 Flussi uniformi - La formula di Chézy
.3.2.1 La correlazione di Manning
.3.3 Sezione ottimale per canali trapedoidali a flusso uniforme
.3.4 Carico specifico e profondità critica
.3.4.1 Canali rettangolari
.3.4.2 Canali non rettangolari
.3.5 Il salto idraulico
.3.5.1 Classificazione
.3.5.2 Teoria per il salto orizzontale
.3.6 Regime di flusso gradualmente vario
.3.6.1 Equazione differenziale di base
.3.6.2 Soluzione numerica
.3.7 Misure di portate per mezzo di stramazzi
.3.7.1 Analisi dello stramazzo Bazin
.3.7.2 Analisi dello stramazzo in parete grossa

Capitolo 4: Moti alla Stokes

.4.1 Generalità sui Moti alla Stokes


.4.1.1 Sfera
.4.1.2 Cilindro
.4.2 I moti alla Oseen
.4.3. Introduzione alla Lubrificazione Fluidodinamica
.4.3.1 Teoria di Reynolds
.4.3.2 Cuscinetto inclinato infinito
.4.3.3 Cuscinetto a ralla fissa
.4.4 Flussi in mezzi porosi

Appendice A: FLUSIS manuale d’uso


C.GOLIA – Fluidodinamica Industriale cap.1..1

CAPITOLO 1

INTRODUZIONE ALLA TURBOLENZA

Per velocità sufficientemente basse, o meglio per valori non troppo elevanti del numero di Reynolds, il campo di moto
attorno ad un corpo scorre in modo ordinato, senza fluttuazioni e gli effetti di trasporto si realizzano per mezzo degli
effetti viscosi che generano la diffusione, a livello molecolare della quantità di moto e della vorticità.

Questo causa dei profili di velocità e di temperatura (ed eventualmente delle concentrazioni di speci) che si raccordano
con uniformità dai valori esterni a quelli di parete. Il regime di moto (ed eventualmente lo strato limite) è laminare.

All’aumentare della velocità, o meglio del numero di Reynolds, la soluzione laminare diventa instabile: cominciano ad
apparire, in alcuni punti del campo, delle rapide fluttuazioni di velocità, pressione, temperatura ecc.., e compaiono nu-
clei con strutture vorticose caratterizzate dal fatto che nel tempo (per punti fissati) o nello spazio (per tempi fissati) si
alternano caratteristiche laminari ad ampie fluttuazioni irregolari. Il regime di moto è in transizione.

Per aumenti ulteriori di velocità o a causa di eventuali disturbi, le strutture vorticose si estendono rapidamente a tutto il
campo e persistono per tutto il tempo. Il regime di moto diventa turbolento.

Contenuti
.1.1 Generalità

.1.2 Fenomenologia della turbolenza

.1.3 Proprietà generali della turbolenza

.1.4 Analisi mediata delle equazioni

.1.4.1 Le RANS (equazioni di Navier-Stokes mediate alla Reynolds)


.1.4.2 Equazioni dello Strato limite turbolento

.1.5 Lunghezza di mescolamento

.1.6 Struttura dello strato Limite Turbolento

.1.6.1 Leggi di parete


.1.6.2 Parametri di interesse in strati limiti turbolenti

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C.GOLIA – Fluidodinamica Industriale cap.1..2

.1.1 Generalità

Virtualmente, per fluidi poco viscosi, quali aria [ν ≅ 1.5 10-5 m/s] e acqua [ν ≅ 1. 10-6 m/s] tutti i campi di moto di inte-
resse ingegneristico sono turbolenti.
Infatti, per campi esterni la transizione si realizza per Rextrans dell’ordine di 105-106 a seconda del livello di turbolenza
della corrente asintotica e della forma del corpo.
Per tipici problemi interni, quale moti in condotti la transizione si verifica 1500, per problemi piani (H distanza tra pare-
ti piane) a ReH e per problemi cilindrici (D è il diametro del tubo) a ReD di circa 2300

=^=^=^=^=^=^=^=
Esercizio 1.1
Per apprezzare perché il regime laminare è di poca importanza in problemi reali, assumendo Rextrans = 106, determinare
il punto di transizione, e la estensione della zona di transizione per:
• la carena di una barca a vela lunga 10m che avanzi nell’acqua a 7.5 nodi
• la carena di una petroliera lunga 100m che avanza nell’acqua a 15 nodi
• l’ala di un aereo da turismo con una corda di 1.4 m che vola che vola a 150 mph
• l’ala di un B747 con una corda di 4 metri che vola a 570 mph
• un’automobile di 3 m che avanza a 50 km/h
• un’automobile di 3 metri che avanza a 150 km/h

=^=^=^=^=^=^=^=
Esercizio 1.2
Fluido a 20°C, scorre in un tubo avente diametro pari ad 8cm, con una portata di 400 cm3/s.
Determinare il regime di moto (laminare/turbolento) per i seguenti fluidi:
• idrogeno
• aria
• acqua
• mercurio
• glicerina
=^=^=^=^=^=^=^=

Esercizio 1.3
Calcolare per V=30 m/s l’ascissa di transizione su una lastra piana in aria assumendo ζ=2%.
=^=^=^=^=^=^=^=

.1.2 Fenomenologia della turbolenza

Fino agli anni ’30 non erano disponibili attrezzature capaci di mi-
surare fluttuazioni di velocità, pressione e temperatura; gli speri- laminare turbolento
mentatori potevano soltanto rilevare quantità medie ed effettuare
osservazioni grossolane.
I primi esperimenti si riferivano quindi ad osservare (e misurare)
le differenze tra i due regimi per i profili (medi) di velocità in tubi Condotti
e su lastre.
Si rilevavano delle differenze tra i due regimi, che venivano inter-
pretate come un aumento della viscosità apparente nel regime tur-
bolento (fino a 50 volte superiori a quelle molecolari) che causava
un maggiore scambio di quantità di moto e quindi una appiatti-
mento dei profili di velocità.
Nel 1883 O.Reynolds, usando un tubo trasparente orizzontale in
cui iniettava un fluido colorante, facendo variare la portata di ac- Strati Limite
qua notò che per basse portate il fluido colorante rimaneva distin-
to e diritto a parte una piccola diffusione del colorante (regime
laminare).
All’aumentare della portata di acqua il filo di colorante cominciava ad oscillare in modo intermittente (transizione)
Per portate ancora maggiori il filo perdeva la sua identità ed il colorante si disperdeva rapidamente ed in modo vorticoso
nel tubo (turbolento).

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C.GOLIA – Fluidodinamica Industriale cap.1..3

Ripetendo l’esperimento con fluidi aventi diversa viscosità varie portate e vari diametri, Reynolds constatò che la tran-
UD
sizione avveniva allorquando si raggiungeva la relazione: ≅ 2300 , da questo il raggruppamento adimensionale
ν
UD
prese il suo nome Re D = .
ν

laminare inizio turbolento


transizione

Per campi esterni la visualizzazione del campo di moto attorno ad un cilindro di diametro D al variare del numero di
Reynolds fornisce i seguenti casi

Per valori molto bassi del ReD < 1 , gli effetti diffusivi viscosi sono predominanti
rispetto a quelli convettivi, che possono essere trascurati ottenedo l’equazione:
∇p = µ ∇ 2 V ( flussi alla Stokes , creeping flows).
La corrente rimane laminare e completamente attaccata al corpo (non si notano zo-
24
ne di ricircolazione). Il campo è simmetrico e stazionario. CD =
Re D

Per 1<ReD<4 il contributo del termine convettivo comincia ad avere un qualche effetto, tale però da permetterne una
1
linearizzazione (flussi alla Oseen): [U ∞ • ∇]• V = − ∇p + ν∇ 2 V .
ρ
24  3 
Il campo di moto non varia molto, rimane simmetrico e stazionario: C D = 1 + Re D 
Re D  16 

Per ReD maggiori : 4 < ReD < 40 lo strato limite rimane laminare su tutto il corpo,
ma si separa a valle. Compare una bolla di separazione laminare che rimane fissa
al cilindro. Il campo è simmetrico e stazionario.

Per valori ancora maggiori: 40 < ReD < 400 il moto rimane laminare ma diventa instazionario, il CD diminuisce con ReD.
Si notano vortici che vengono rilasciati alternativamente, a valle del cilindro, dalla parte superiore ed inferiore, ad inter-
valli spaziali e temporali regolari. Appare la cosiddetta scia di Von Karman, i
vortici si muovono verso valle ad una velocità di poco inferiore a quella della U/f
corrente asintotica e sono rilasciati con una frequenza temporale f, per la quale il
f D
numero di Strouhal è (mediamente ) St = ≈ 0.2 (varia poco con Red).
U
Nota che la scia di von Karman non è turbolenta. Si rileva una piccola zona di
ricircolazione che rimane attaccata a valle del cilindro.
Questa situazione è molto importante per la dinamica delle strutture civili perché
possono insorgere fenomeni di risonanza tra la frequenza di eccitazione del fe- U/f
nomeno aerodinamico e quelle di vibrazione della struttura stessa. L’importanza
di questo fenomeno fu tragicamente dimostrata dal collasso del ponte sul fiume Tacoma, nelle vicinanze di Seattle, che
nel 1940 crollò a causa della risonanza con il modo torsionale.
Gli stessi fenomeni occorrono per alti grattacieli, per linee elettriche ecc..

Per ReD > 400 i vortici di von Karman diventano instabili e la scia diventa turbolenta, il CD diminuisce con ReD.

Per ReD < 3 105 (sub-critico) lo strato limite è laminare e la separazione si verifica a monte a circa 82° dal punto di ri-
stagno anteriore. Questa separazione introduce oscillazioni che rendono la scia turbolenta.
Nell’intervallo 103 < ReD < 3 105 il CD è praticamente costante e pari a 2.

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C.GOLIA – Fluidodinamica Industriale cap.1..4

Per valori 3 105<ReD<3 106 si verifica uno Sub critico


strano fenomeno. Lo strato limite a monte Super-critico
diventa turbolento e riesce a risalire meglio 82° 120°
il gradiente avverso di pressione, per cui il
punto di separazione si sposta a monte fino
ad arrivare a circa 80° dal punto di ristagno
anteriore. Nonostante il fatto che l’attrito del
regime turbolento è maggiore di quello la-
minare la scia è diventata più piccolo, sicché la resistenza di base (delle pressioni) è molto minore tanto che il coeffi-
ciente di attrito totale risulta più basso, fino al 70% di quello sub-critico.

Questo fenomeno è detto crisi della resistenza, ed il regime super-critico.


Questo fenomeno è importante e rilevante nel tennis, nel baseball e nel golf, nella battuta della pallavolo ecc. In questi
casi la palla avanza più velocemente ed improvvisamente decelera e cambia traiettoria creando problemi per chi riceve e
vantaggi per chi attacca.
Per Re> 3 106 il CD riprende a crescere fino ad essere di poco inferiore a quello sub-critico.
Analoga andamento per il moto attorno ad una sfera

Per moti esterni su lastra piana la


transizione avviene a Rex = 2.8 106
, valore che si riduce in funzione
alla turbolenza asintotica. Il coeffi-
ciente di attrito locale è dato da:

per regime laminare;


0.664
cf =
Re x
per la transizione;
0.0576 Cost
cf = −
(Re x )1 / 5 Re x
1400 per Re = 0.5 106
Cost = 
8700 per Re = 2.8 106
per regime turbolento.
0.0576
cf =
(Re x )1/ 5

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C.GOLIA – Fluidodinamica Industriale cap.1..5

A partire dagli anni ’40 sono stati a disposizione dei ricercatori strumentazioni sofisticate (quali l’anemometro a filo
caldo, l’anemometro laser doppler, la P.I.V.) che hanno consentito la misura di oscillazioni in un’ampio spettro di fre-
quenze, con risoluzioni molto dettagliate. Queste hanno permesso una descrizione quantitativa e puntuale della turbo-
lenza.

Nel 1940 il US National Bureau of Standards, costruì un nuovo tunnel a vento con un livello molto basso di turbolenza
(σ=0.02; i valori nei tunnel europei del tempo erano dell'ordine di 1.2). In questo tunnel fu eseguito (1940-1941) il fa-
moso esperimento di Schubauer & Skranstad che, per ragioni belliche, venne tenuto segreto fino al 1947.
L'esperimento consisteva nel misurare con un filo caldo le velocità a varie distanze dal bordo di attacco di una lastra
piana eccitata da un sottile filo vibrante sul bordo di attacco. L'interpretazione dei risultati sperimentali di questa serie di
esperimenti porta ad uno schema di processo della transizione laminare turbolento (in moti non disturbati) del tipo:

(i.e. nell'avanzare dal bordo di attacco a valle si ritrovano le seguenti zone con le relative fenomenologie):

Onde Vorticità Nuclei


T.S. distorta turbolenti

Turbolenza
completa

Rottura
dei vortici

laminare transizione turbolento

1. regime laminare dal bordo di attacco fino a Rex = 91000 - 92000


2. onde di instabilità alla T-S (i.e.Tollmien -Schlicting che sono onde vorticose bidimensionali, che si propagano con
una velocità di poco inferiore a quella della corrente, con asse normale alla velocità esterna detti occhi di gatto,
predetti dall’analisi lineare di instabilità)
3. le onde T-S si distorcono diventano tridimensionali (Span-Wise vorticity)
4. le onde T-S cominciano a rompersi (in zone ad alti sforzi viscosi localizzati)
5. le onde presentano un asse quasi parallelo alla direzione del moto base
6. si formano focolai di turbolenza "turbulent spots" con intense fluttuazioni locali che si spandono a valle
7. dalla confluenza dei "turbulent spots" il regime di moto diventa completamente turbolento (Rex=2.7 - 2.8 milio-
ni).

L’esperimento si riferiva ad una velocità esterna di U=24.4 m/s (Re unitario =1.67 milioni)
La transizione inizia a Rex=91000 e finisce a Rex=2.8 milioni !
Per una velocità di 24.4 m/s questi Rex corrispondono a xcrit.=0.055m.; xtrans=2.275, la lunghezza della zona di tran-
sizione è pari a 2.222 metri.

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C.GOLIA – Fluidodinamica Industriale cap.1..6

Se ripetiamo idealmente gli esperimenti descritti e registriamo la variazione nel tempo di un segnale elettrico propor-
zionale ad esempio alla velocità puntuale, ritroviamo andamenti del tipo in figura.

laminare transizione turbolento

t t t

Nel caso laminare la velocità è costante nel tempo, per tutti i punti, anche se, ovviamente, con intensità differenti. La
soluzione è coerente con le equazioni di Navier-Stokes.
Nella transizione se misuriamo la velocità in un punto ritroviamo degli istanti di tempo in cui essa è costante e circa pari
a quella laminare ed altri intervalli di tempo in cui si ritrovano ampie oscillazione (fenomeno di intermittenza).
Con tecniche di visualizzazione istantanee,
si ritrova che per un tempo fissato zone vor-
ticose separate da zone laminare.
Con visualizzazione stroboscopiche, ad i-
stanti di tempo differenti, si ritrova che tale laminare
fenomenologia è dovuta a nuclei vorticosi
che viaggiano con una velocità di poco infe-
riore a quella media (pensa al topo che corre
sotto il tappeto).
turbolento
Dal che si evince che l’analisi del solo moto
medio non fornisce la completa differenza
tra laminarità e turbolenza. Sottostrato
Nel moto laminare in uno strato limite tutte laminare
le linee di corrente scorrono costantemente
sia pure con velocità diversa.
Lo strato limite turbolento invece è compo-
sto da nuclei vorticosi la cui frontiera è nettamente distinguibile dal fluido esterno.
Questi nuclei intermittenti sono di dimensioni differenti, lontano dalle pareti hanno dimensioni dell’ordine dello spes-
sore dello strato limite , quelli più interni hanno man mano dimensioni inferiori, fino a diventare microscopici nelle
immediate vicinanze della pareti per finire ad annullarsi su di essa.
E’ ovvio che le capacità di trasporto sono completamente differenti. Nel laminare deriva dalla diffusione a livello mole-
colare (la viscosità cinematica è proporzionale al prodotto del cammino libero molecolare per la velocità del suono), nel
turbolento derivano essenzialmente dalle componenti fluttuanti della velocità.

.1.3 Proprietà generali della turbolenza

Sebbene il regime turbolento è presente in quasi tutti i problemi fluidodinamici (la lubrificazione è forse l’unico pro-
blema in cui la turbolenza è l’eccezione e non la regola) e l’enorme attività di ricerca che tuttora l’analizza, resta ancora
un problema non chiuso.

Definizioni storiche:

Von-Karman (1937): la turbolenza è un moto irregolare che appare in fluidi, liquidi e gassosi, attorno a pareti so-
lide e nelle scie
Hinze (1975): il moto turbolento di un fluido è una condizione irregolare di flusso in cui le quantità mo-
strano una variazione random nel tempo e nello spazio, tale però da poter essere risolta (de-
scritta) da distinti valori e medie statistiche
Bradshaw (1976): la turbolenza è caratterizzata da un ampio spettro di scale: le scale temporali sono rappre-
sentate da frequenze, le scale spaziali da lunghezze d’onda che possono essere fornite da
un’analisi di Fourier dell’evoluzione spazio-temporale del fenomeno.

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C.GOLIA – Fluidodinamica Industriale cap.1..7

Conclusioni importanti:

• la turbolenza non è caos: essa è descrivibile mediante un’analisi statistica


• le più piccole scale di turbolenza sono ordinariamente maggiori di quelle molecolari (cammino libero molecolare
lclm, tempo molecolare tmol=a/lclm , dove “a” è la velocità del suono). Di conseguenza la turbolenza può essere ana-
lizzata da teorie macroscopiche, i.e. sono applicabili le equazioni di Navier-Stokes.
• la turbolenza è generata dalla perdita di stabilità del regime laminare
• la turbolenza è irregolarità, caratterizzata da nuclei vorticosi di varia ed ampia scala. Ma non tutti i campi vorticosi
sono necessariamente turbolenti
• la turbolenza è un fenomeno fortemente dissipativo; per esistere deve essere continuamente alimentata da energia
altrimenti decade rapidamente. L’energia necessaria a sostenerla è tipicamente fornita da scorrimenti viscosi (per
questo il numero di Reynolds deve essere elevato) o da fenomeni di galleggiamento viscoso (per questo il numero
di Grashoff deve essere elevato)
• la turbolenza è tipicamente tri-dimensionale ed instazionaria. Il termine di stretching nell’equazione della vorticità
è un importante fattore che regola il trasferimento energetico. Un’analisi 2-D non potrà mai esser completa.
• La turbolenza è regolata da una cascata di flussi energetici fluttuanti: le grosse strutture vorticose prendono energia
dal moto esterno, e la trasferiscono a strutture man mano più piccole, che diventano sempre più dissipative. Il mas-
simo della dissipazione si realizza vicino alla parete. Nelle immediate vicinanze della parete queste strutture vorti-
cose non possono esistere, quindi si deve realizzare necessariamente un sottostrato laminare che regolerà lo sforzo
di parete.

.1.4 Analisi mediata delle equazioni

Come detto prima il campo turbolento, per se irregolare ed instazionario, può essere analizzato mediante analisi statisti-
che.
Tra i vari tipi di statistiche, quella della media temporale proposta da Reynolds (1985), è la più semplice e serve abba-
stanza bene i fabbisogni comuni.

Nota: altre medie sono possibili: quella spaziale: quella di insieme…., che richiedono ana-
lisi ed approcci differenti; ma valendo il principio di ergodicità : tutte le medie sono alla
fine equivalenti, ci accontentiamo speranzosi che il risultato finale deve (o dovrebbe?) es-
sere lo stesso.

Considereremo solo campi incompressibili (ρ=costante, i.e. non vi saranno fluttuazioni di densità) mediamente stazio-
nari.
Rimane quindi da analizzare le quantità instazionarie: V(r,t), p(r,t), T(r,t)
che verranno assunte essere somma di una quantità media (sovra-barrata): V(r ) , p(r ) , T(r ) e da una quantità fluttuante ;
V’(r,t) , p’(r,t) ,T’(r,t):

V (r, t ) = V(r ) + V' (r, t ) ; p (r, t ) = p(r ) + p' (r, t ) ; T (r, t ) = T(r ) + T ' (r, t )

 1 Periodo 
La media della generica grandezza “f” è definita come f (r ) = lim  ∫
f ( r , t ) dt 
Periodo→∞  Periodo 
 0

La definizione va bene teoricamente, ma aspettare un’infinità è troppo scomodo (è la fine del mondo!) .
In realtà basta prendere un periodo di tempo abbastanza maggiore di quello massimo rilevabile nella fluttuazione [in
pratica per problemi di fluidodinamica con V=20 m/s basta un periodo di 20 secondi; per problemi geostrofici (macro-
meteorologia) si può arrivare a qualche ora!]

Ovviamente la media è un operatore lineare che commuta con gli altri operatori lineari spaziali (differenziali ed integra-
li), ad es:

∂p ∂ p
=
∂x ∂x
, ,∇ V = ∇ V , Γ = ∫
C
V • dC = ∫
C
V • dC , ω = ∇ ∧ V = ∇ ∧ V ecc…..

Conviene notare che la media della media è pari alla media! Ci spieghiamo meglio:

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C.GOLIA – Fluidodinamica Industriale cap.1..8

 1 Periodo  Periodo
f (r ) = lim  f (r ) dt  =
∫ f (r ) = f (r )
Periodo→∞  Periodo  Periodo
 0 

Questo non è banale perché serve a dimostrare che la media della fluttuazione f ’ è per definizione nulla:

Periodo

∫ [f (r, t ) − f (r )]dt = f (r ) − f (r ) = 0
1
f ' (r , t ) = f (r , t ) − f (r ) ⇒ f ' (r , t ) = lim
Per →∞ Periodo
0

E’ facile, infine, dimostrare la proprietà additiva: af + bg = af + bg con a e b costanti

Nel mentre per i prodotti vale:

f g = (f + f ' ) (g + g' ) = f g + f g '+ f ' g + f ' g' = f g + f ' g ' in quanto f g' = f ' g = 0

Ovviamente la media del prodotto delle fluttuazioni di due quantità può avere diversi valori:

• se f ' g ' = 0 le grandezze f e g sono dette non correlate


• se f ' g' = 1 le grandezze f e g sono dette perfettamente correlate

Ne discende naturalmente che:

f ' g'
• il numero = C , C ∈ [0,1] è detto coefficiente di correlazione tra f e g.
fg
• la norma della fluttuazione |f ’ | è definita dalla radice quadrata dell’autocorrelazione: f ' = f ' f '

.1.4.1 Le RANS (equazioni di Navier-Stokes mediate alla Reynolds)

Le equazioni di Navier-Stokes sono:

∂ρ
+ ∇ • (ρV ) = 0
∂t
 ∂V 
ρ + V • ∇ V  = ∇p + ∇ • τ
 ∂t 

Preferiamo lavorare sulla forma conservativa:

∂ρ
+ ∇ • (ρV ) = 0
∂t
∂ (ρV )
+ ∇ • [(ρV )V ] = ∇p + ∇ • τ
∂t

Limitiamo la nostra analisi al moto incompressibile (ρ=costante) e mediamente stazionario, ne risulta:

∇•V=0
ρ∇ • [V V ] = ∇p + ∇ • (µ ∇ V )

Poniamo velocità e pressione come somme della parte mediata e di fluttuazioni:

V (r, t ) = V(r ) + V' (r, t ) ; p (r, t ) = p(r ) + p' (r, t ) ; T (r, t ) = T(r ) + T ' (r, t )

ed effettuiamo le medie:
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C.GOLIA – Fluidodinamica Industriale cap.1..9

(
∇ • V + V' = 0 )
[(
ρ∇ • V + V ' )( V + V')] = ∇ (p + p') + ∇ • (µ ∇ V + V')
risulta:
∇•V=0
[ ] ( )
ρ∇ • V V + ∇ • V' V' = ∇ p + ∇ • µ ∇ V ( )
Notando che si ritrovano due termini a divergenza, l’idea formale di Reynolds fu di riportare tutti e due i termini sotto
lo stesso operatore di divergenza:
∇•V=0
[ ] (
ρ ∇ • V V = ∇ p + ∇ • − ρV ' V ' + µ ∇ V )
L’idea formidabile fu di scrivere:
∇•V=0

[ ]
ρ∇ • V V = ∇ p + ∇ •  τ turb + τ lam 
 

laddove si definiscono: τ turb = −ρV' V' ; τ tlam = µ ∇ V

Ovviamente il τturb è detto sforzo di Reynolds.

Bada bene che lo sforzo di Reynolds rappresenta la media del flusso di quantità di moto ρV' V' derivante dalle fluttua-
zioni della velocità, è quindi in realtà un termine convettivo, nel mentre Reynolds propone di considerarlo, giustamente
con il segno cambiato, come uno sforzo, che è tipicamente diffusivo.
Nota che lo sforzo di Reynolds deve necessariamente annullarsi sulla parete (laddove le fluttuazioni della velocità de-
vono comunque esser nulle) nel mentre lo sforzo laminare sarà probabilmente massimo proprio sulla parete o nelle im-
mediate vicinanze.

Con una analisi simile per l’equazione dell’energia in termini di temperatura (considerandone la forma conservativa) si
definisce

flusso di calore turbolento: jq , turb = −ρ c v V' T '

flusso di calore fourieriano(si ricava dall’accelerazione convettiva): jq ,fourier = −λ ∇T

l’equazione (in termini non conservativi) si scrive:

( )
ρ c v V • ∇T = ∇ • jq , turb + jq , turb + Φ 2

Ovviamente il flusso di calore turbolento si deve annullare alla parete.

Da un punto di vista formale sembra che le RANS, per le grandezze mediate, sono abbastanza simili alle NS con la sola
aggiunta di nuovi termini.
La loro soluzione sarebbe agevole se fosse possibile trovare delle correlazioni di tali termini in funzione delle grandezze
mediate :
Questo è il problema della cosiddetta chiusura.

Il Pierino che cercasse di scrivere equazioni di bilancio per lo sforzo di Reynolds ed il flusso di calore turbolento, sa-
rebbe in breve tempo avvilito nel ritrovare che in tali equazioni comparirebbero termini come V ' V ' V ' e T ' V ' V '
cioè correlazioni triple, equazioni di bilancio per queste ultime introdurrebbero correlazioni quadruple ecc..

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C.GOLIA – Fluidodinamica Industriale cap.1..10

E’ ovvio che il problema della chiusura si deve risolvere in modo diverso, con modellistiche capaci di esprimere questi
termini in funzione di quantità medie o di altre grandezze di cui è possibile scrivere equazioni di bilancio e di trasporto.

Senza neppure tentare di descrivere l’evoluzione temporale e qualitativa delle innumerevoli proposte (fatte, in corso, e
future) il trend è di definire lo sforzo di Reynolds come prodotto di una viscosità turbolenta e del gradiente di velocità
mediato:
τ turb = −ρV' V' ≈ µ turb ∇ V

in modo che lo sforzo totale da usare nelle NS è :

sforzo viscoso totale: τ = τ turb + τ lam = (µ turb + µ lam ) ∇ V

ed il flusso di calore turbolento come:


jq ,turb = −λ turb ∇T

in modo che il flusso di calore totale da usare nelle RANS è:

flusso di calore totale; jq = jq ,turb + jq ,fourier = − (λ turb + λ ) ∇T

Ovviamente il problema è spostato a determinare tali nuovi coefficienti.


La viscosità turbolenta è di solito scritta come:

µ turb = ρ ν turb = ρ L scala ,turb Vscala ,turb

e la conducibilità turbolenta è di solito espressa per mezzo di un numero di Prandtl turbolento Prturb (di solito posto co-
stante e pari a quello termodinamico):
c p µ turb
λ turb =
Prturb

Le differenziazioni tra le varie modellistiche consistono quindi nella definizione di questa lunghezza di scala turbolenta
Lst e della velocità di scala turbolenta Vst che devono essere proprietà locali (funzioni del punto (x,y)).
Alcune proposte usano relazioni algebriche, altre esprimono tali scale in funzione di altri parametri di cui scrivono e-
quazioni differenziali [ad esempio dell’energia turbolenta e del parametro di dissipazione (k,ε) ecc..]

.1.4.2 Equazioni dello Strato limite turbolento

Le equazioni dello strato limite si ricavano dalle RANS con lo stesso procedimento usato per il caso laminare: si impo-
ne che l’ascissa normale sia di ordine δ e che le derivate normali siano di ordine 1/δ. Se il campo medio è incompressi-
bile, stazionario e bidimensionale si può verificare che le equazioni di Strato Limite turbolento (per pietà verso lo
scrivente si sono omesse le sbarrature per le quantità medie u,v,p,T) si riducono (in una rappresentazione cartesia-
na) a:

∂u ∂v
+ =0
∂x ∂y
∂u ∂u 1 ∂p ∂ 2 u ∂ u' v ' ∂ u' 2
u +v =− +ν 2 − −
∂x ∂y ρ ∂x ∂y ∂y ∂x
∂p ∂ v' 2
0=− −ρ
∂y ∂y
 ∂T ∂T  ∂  ∂T  ∂u  ∂u 
ρc v  u +v  =  λ − ρc v v ' T'  +  µ − ρu' v ' 
 ∂x ∂y  ∂y  ∂y  ∂y  ∂y 

Sul bordo esterno dello strato limite deve valere l'equazione di Bernoulli;: dpe = - ρ U dU.

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Da questa , la componente "y" della QdM può essere integrata ottenendo: p = pe( x ) − ρv ' 2
che, derivata, può essere introdotta nella componente "x" della QdM, ed avere:

∂u ∂u dU ∂  ∂u  ∂  2
ν − u' v '  −  u' − v ' 
2
u +v =U + 
∂x ∂y dx ∂y  ∂y  ∂x  

Questa è la forma più generale dell’ equazioni di equilibrio per lo strato limite incompressibile turbolento.

L'ultimo termine a destra rappresenta l'effetto degli sforzi normali turbolenti; esso è comu-
nemente trascurato nell'analisi di strati limiti, anche se potrebbe essere importante nei pressi
del punto di separazione turbolento.

Se adottiamo, per strati limite, le notazioni sintetiche per lo sforzo totale e per il flusso di calore totale:

∂u ∂u
τ = τ lam + τ turb = µ − ρu' v ' = (µ + µ urb )
∂y ∂y
∂T ∂T c pµ turb
q = q lam + q turb = λ − ρc v v ' T' = (λ + λ turb ) con λ turb =
∂y ∂y Prturb

il sistema di equazioni dello strato limite si scrive in forma compatta come:

∂u ∂v
+ =0
∂x ∂y
∂u ∂u dU 1 ∂τ
u +v =U +
∂x ∂y dx ρ ∂y
 ∂T ∂T  ∂q ∂u
ρc v  u +v  = +τ
 ∂x ∂y  ∂y ∂y

Il sistema di equazioni deve essere completato dalle condizioni al contorno:

sulla parete : u ( x ,0) = v ( x ,0) = u' v ' = v ' T ' = 0 ; T(x,0) = Tw ( x )

all' esterno dello S.L. : u ( x , δ) = U ( x ) ; T(x, δ T ) = Te ( x )

L'equazione integrale di von Karman per la quantità di moto risulta essere:

 u' 2 − v ' 2 
dθ θ dU c f d ∞
  dx
+ (2 + H ) = + ∫
dx U dx 2 dx 0 U2

Di solito l'ultimo termine viene trascurato, perchè ritenuto di ordine inferiore.

E' da puntualizzare però che nelle vicinanze della separazione tale termine risulta essere dello
stesso ordine del cf per cui dovrebbe essere tenuto in conto.

Trascurando tale termine, l'equazione di Von Karman mantiene la stessa forma del caso laminare:

dθ θ dU c f
+ (2 + H ) =
dx U dx 2

ma mentre nel caso laminare, i parametri θ , H , cf potevano essere facilmente correlati al profilo di velocità assun-
to [e quindi ne derivava esplicitamente una equazione differenziale ordinaria da risolvere], nel caso turbolento la
correlazione tra i parametri θ , H , cf è molto più complicata, e può richiedere l'uso di ulteriori relazioni (anche
differenziali).

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.1.5 Lunghezza di mescolamento

E’ bene soffermarci un attimo sull’analisi dello sforzo viscoso nello Assolutamente non in scala!
Strato Limite:
∂u ∂u
τ = τ lam + τ turb = µ − ρu' v ' = (µ + µ urb ) τlam
∂y ∂y

Cerchiamo di immaginare, fisicamente gli andamenti dei due termini in


presenza di gradiente favorevole di pressione: ovviamente lo sforzo la- τtotale
minare sarà massimo alla parete e nullo (per definizione) all’estremità τturb
dello strato limite, nel mentre quello turbolento sarà nullo sulla parete
(per l’impossibilità delle fluttuazioni delle componenti di velocità) e
nullo al bordo esterno dello strato limite, quindi deve avere un punto di
massimo.

La modellistica dello sforzo turbolento:


∂u
τ xy,turb = −ρ u' v ' ≈ µ turb
∂y

richiede la determinazione della viscosità turbolenta:

µ t = ρ ν t ≅ ρ A t Vt

La prima teorizzazione è quella dell’introduzione del concetto di lunghezza di mescolamento: A m , dovuta a Prandtl e
∂u ∂u
Von Karman, per la quale si prende: A t = A m , Vt = A m sicché µ t = C ρ ν t ≅ C ρ A t Vt = C ρ A 2m
∂y ∂y

Il problema si sposta quindi nella determinazione della A m , chiamata lunghezza di mescolamento.


Una prima stima fu fatto con una modellistica a due strati (interno ed esterno):

k y vicino alla parete per 0 < y < δ/15


Am =  con k = 0.41 (costante di Von Karman)
costante lontano dalla parete, per δ / 15 < y ≤ δ

La logica stava nell’interpretare il mixing


turbolento come un meccanismo che fa coa-
lescere particelle fluide contenute in un seg- δ(x)
mento di strato limite alto 2 A m = O-A (in si-
militudine con i processi molecolari A m δ
prende lo stesso ruolo del cammino libero 0.15δ
molecolare A clm per cui si verificava
ν lam = C A m a ). lmix u(y) du/dy µturb

Essendo τxy interpretabile come flusso della componente y della qdm , nella direzione x, Prandtl pose:

C flusso verticale di qdm da O ad A


τt =   [U(O) − U( A)] = C [ρ v mix ]  ∂u A mix 
2 dovuto al mixing turbolento   ∂y 

∂u
Essendo la vmix responsabile del rallentamento U(O)-U(A) si assume v mix ∝ A mix
∂y
 ∂u  ∂u ∂u
Per cui in definitiva: si ottiene: τ t = C ρ A 2 mix  = µt
 ∂y  ∂y ∂y

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.1.6 Struttura dello strato Limite Turbolento

Come per il laminare, anche per lo Strato limite Turbolento si è ricercata una formulazione adimensionale che potesse
permettere la determinazione di leggi per i profili di velocità (è l'idea delle soluzioni simili).
Tali leggi vengono dette leggi di parete e valgono per zone diverse dello Strato Limite Turbolento.

L'analisi dimensionale ha avuto un grande ruolo nella modellistica della turbolenza.

Dalla osservazione che ad una distanza y piccola dalla parete lo sforzo viscoso τw deve dipendere dalla densità ρ, dalla
viscosità µ e dalla velocità puntuale u(y) ne consegue per uno strato interno la dipendenza del tipo:

Strato interno: u = f ( τw , ρ , y , µ )

Prandtl (1933) da una semplice analisi dimensionale ricavò per lo strato interno:

τw
una scala di velocità, detta velocità di attrito, uτ: uτ =
ρ

ν
una scala di lunghezza detta lunghezza di attrito, lτ: Aτ =

Ne dedusse quindi che nelle vicinanze della parete deve aversi una relazione del tipo

u  yu 
u+ = = f  τ  = f (y+ )
uτ  ν 

In seguito von Karman (1933) ipotizzò che lontano dalla parete, ovvero spostandosi verso il bordo esterno, l'influenza
della viscosità del fluido non era più importante e che la differenza tra la velocità esterna U e quella dello Strato limite u
(difetto di velocità) dipendesse da una lunghezza ∆, proporzionale allo spessore δ dello strato limite, dalla densità ρ,
dallo sforzo di parete τw ed, ovviamente dalla distanza della parete y:

Strato esterno: U - u = f ( τw , ρ , y , ∆ )

Da una semplice analisi dimensionale von Karman ricavò che per lo strato esterno deve valere una relazione del tipo:

U−u y
= g 
uτ ∆

In realtà Von Karman aveva pensato a ∆=δ, successivamente Clauser (1956) propose ∆=Uδ*/uτ

Poiché gli sforzi di Reynolds devono annullarsi sulla parete nello strato interno deve necessariamente esistere un sotto-
strato in cui gli sforzi viscosi sono predominanti rispetto a quelli turbolenti; questo è chiamato sottostrato laminare.

Per cui in definitiva abbiamo tre strati, e dobbiamo pensare che vi siano delle zone di raccordo tra questi ed in partico-
lare che le relazioni funzionali trovate per f(y+) e g(y/δ ) devono essere algebricamente compatibili.

In questa esposizione ammetteremo che, ad ogni stazione "x" di uno strato limite turbolento, il profilo di velocità media-
to u(x,y) sia completamente determinabile per mezzo di quattro quantità: U(x), ν, τw(x), y
In genere uno sperimentatore:
• conosce la viscosità cinematica ν del fluido,
• riesce a misurare la U(x)
• può misurare la u(x,y) ad una distanza dalla parete,
• ma non riesce a misurare direttamente la τw(x).

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Le leggi di parete possono ovviare a tale inconveniente.

Le leggi di parete sono in pratica leggi di simili- U(x)


tudine, capaci di rappresentare i profili di velo- y
cità con la distanza dalla parete con opportune
adimensionalizzazioni.
Le variabili di similitudine sono quelle già pre-
sentate:

y τw Uδ
ζ= ; uτ = ; Re δ =
δ( x ) ρ ν δ( x )
u( x , y) yu τ y
u+ = = u + ( y + , ζ) ; y+ = x
uτ ν
τw
Da queste definizioni deriva che il coefficienti
di attrito è esprimibile in termini della velocità di attrito:

2
2τ w u  cf
cf ≡ 2
= 2 τ  → uτ = U
ρU U 2

Per la lastra piana un tipico profilo cf (x) / Rex è come in figura.

Dall'analisi di questo diagramma si deriva che in regime turbolento la variazione del coefficiente di attrito con Re è rela-
tivamente lenta : la variazione di due ordine di grandezza per Re fa dimezzare il cf .

Tipicamente valori di cf al di fuori dell'intervallo 0.005 - 0.001 sono difficilmente riscontrabili.


Per cui i valori della velocità di attrito variano dal 2 al 5 % della velocità esterna.

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.1.6.1 Leggi di parete

Un tipico profilo di strato limite turbolento può u+

schematizzarsi, nel piano fisico (u/U - y/δ) e quindi (scala


⌧D
nel piano trasformato (u+ - y+), come segue (dise- lineare)

gni indicativi a mano – assolutamente non scala): ⌧C


30

20
Si può notare che il profilo è caratterizzato da quat-
tro zone distiguibili : OA - AB - BC - CD 10 ⌧ B
⌧A
y+
O⌧
Per ognuna di queste zone i profili di velocità pos-
1 10 100
sono determinarsi in base a considerazioni fisiche:
(scala logaritmica)

Zona OA : Sottostrato laminare Valido per 0 ≤ y+ ≤ 7

Nelle immediate prossimità della parete il profilo è caratterizzato


y/δ
(praticamente) soltanto dagli effetti di viscosità del fluido e dalla
condizione di no-slip sulla parete. Gli sforzi di Reynolds sono trascu- 1
rabili. D
Si assume che lo sforzo viscoso τ sia costante e pari a quello della pa-
rete τw:

∂u y τw u y τw
τ = cost. = τ w = µ → u= → =
∂y µ uτ uτ µ

da cui esprimendo lo sforzo alla parete in favore della velocità di at- C


A B u/U
trito, si deriva: O
0
u
=
( )
y ρ u 2τ
=
y uτ
⇒ u+ = y+ per 0 ≤ y+ ≤ 7
0 1
uτ uτ µ ν

Zona BC : Strato interno /strato logaritmico Valido per 30 ≤ y+ ≤350


Questa zona è dominata essenzialmente dal mixing turbolento, lo sforzo totale deriva interamente da quello di Re-
ynolds; occorre quindi usare una viscosità turbolenta per collegare il profilo di velocità allo sforzo totale:

∂u
τ = ρ ν turb
∂y

• Ma, come visto, la viscosità turbolenta è esprimibile come prodotto di una lunghezza caratteristica e di una velocità
caratteristica:
l'unica velocità di scala disponibile (in questa zona) è la velocità di attrito uτ
l'unica lunghezza di scala disponibile è la distanza dalla parete l = ky(k una costante)
• Misure sperimentali mostrano che , in questa zona, lo sforzo totale τ varia di poco rispetto a quello di parete τw

Ne deriva:
∂u τw ∂u 1 dy 1
τ ≅ τw = ρ k y uτ → = (u τ )2 = k y u τ → = du
∂y ρ ∂y k y uτ
integrando, ne deriva una legge logaritmica:

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u+ ≡
u 1
( )
= ln y + + B
uτ k
per 30 ≤ y + ≤ 350

I valori delle costanti sono determinati da misure sperimentali; vi sono controversie:


• k = 0.40 (detta costante di Von Karman; alcuni preferiscono il valore k= 0.41 )
• per pareti lisce B=5.0 (alcuni preferiscono usare B=5.1; altri ancora B=5.5 con k=0.41)

Zona AB : Strato di overlap/Buffer layer Valido per 7 ≤ y+ ≤30


Questo strato deve raccordare il sottostrato laminare con la zona logaritmica.
In questa zona la u+ = f ( y+ ) non ha una rappresentazione analitica.
Spalding (1961) espandendo in serie la legge logaritmica per y+=f(u+), troncando la serie al terzo termine, e somman-
dola alla soluzione del sottostrato laminare ha proposta una relazione y+ = f ( u+ ) del tipo:


y + = u + + exp (− kB) exp(+ k B) − 1 − k u + −
( ) − (k u ) 
k u+
2 + 3

 2 6 

che a tutt'oggi è la più accurata rappresentazione di profili turbolenti, viene usata sia per condotti sia per lastre piane.

Zona CD : Strato esterno/legge di scia Valido per 350 ≤ y+ ≤ δ+(x)


Tale zona raccorda lo strato interno (logaritmico) con la soluzione euleriana esterna.
U−u y
Assumendo per questo strato esterno un andamento: = g 
uτ δ
u U y
ne deriva la relazione: = − g 
uτ uτ δ

che per y << δ deve raccordarsi alla legge logaritmica mentre per y→δ deve tenere in conto del gradiente di pressione
euleriano (chiamata effetto di scia).
Ne discende una legge logaritmica modificata con un termine (detto) di scia:

u+ ≡
u 1
( )
= ln y + + B +
Π(x )  y 
W  per 350 ≤ y + ≤ δ + ( x )
uτ k k  δ(x) 
dove:
π 
• la funzione di scia W(ζ) è di solito assunta pari a : W(ζ ) = 2sin 2  ζ 
2 
• il parametro di scia (o parametro di Coles) Π(x)
0.75
 δ * dp 
è collegato al gradiente di pressione euleriano dalla relazione Π ( x ) = 0.8   .
 τ w dx 
Da questa legge si può ricavare quella del difetto di velocità:
U−u U
= −
u 1
( )
=  ln δ + + B + 2
Π( x )   1 +
 -  ln y + B + ( )
Π(x )  y 
W  
uτ uτ uτ  k k  k k  δ(x)  
ovvero
U−u 1  y+  Π(x )   y + 
= − ln + +
  2 − W  
 δ+ 
uτ k δ  k 
  
Che conferma la dipendenza ipotizzata da Von Karman

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.1.6.2 Parametri di interesse in strati limiti turbolenti

Stima dello spessore del sottostrato laminare

Per definizione questo strato si estende fino ad y+=7


Dalle definizioni:
y u ν u ssl u ssl
y+ = τ ⇒ y ssl = 7 u+ = =7 ⇒ uτ =
ν uτ uτ 7
risulta:
ν ν U( x ) y ssl ν U( x ) 49 U( x )
y ssl = 49 = 49 ⇒ = 49 =
u ssl U( x ) u ssl x x U ( x ) u ssl Re x u ssl

Il rapporto ussl/U(x) può essere stimato con la legge dell' un-settimo: ussl/U(x) ≈ [yssl/δ(x)]1/7 per cui:

1/ 7
y ssl 49 1 49 1  δ( x ) 
= =
x Re x [y ssl δ( x )]1/ 7
Re x [y ssl x ]  x 
1/ 7 

Ovvero:
7/8 1/ 8
y ssl  49   δ( x ) 
=   x 
x  Re x 

δ( x ) 0.370
Lo spessore dello strato limite turbolento può essere stimato come: ≅
x Re x1 / 5
Da cui discende la stima:
y ssl 26.6
= [49]7 / 8 [0.370]1 / 8 Re x − 36 / 40 =
x Re x 0.9
Per Rex=106 risulta:
δ( x ) y ssl δ( x )
= 0.0233 = 0.000106 = 0.0045
x x x

Lo spessore del sottostrato laminare è dell'ordine del 0.45% dello spessore dello strato limite turbolento

Stima dello spessore del sottostrato logaritmico

Per definizione questo strato si estende fino ad y+=350, cioè è 50 volte maggiore del sottostrato laminare.
Per Rex=106 risulta quindi:
y s log δ( x )
= 0.0053 = 0.227
x x
Lo spessore del sottostrato logaritmico è dell'ordine del 22.7% dello spessore dello strato limite turbolento

Stima della velocità di attrito uτ


1/ 7
u ssl U( x ) u ssl U( x )  y 
Avevamo ritrovato, nell'analisi del sottostrato laminare: uτ = = =  δ( x ) 
7 7 U( x ) 7  
1/ 7
uτ 1 y 
Da cui possiamo stimare: = 
U( x ) 7  δ( x ) 
Per Rex=106 risulta:
δ( x ) uτ
= 0.0233 = 0.0424
x U( x )
La velocità d'attrito è dell'ordine del 24.4% di quella esterna

Determinazione del coefficiente di attrito cf per mezzo di misure sperimentali nello strato logaritmico

L'uso della legge logaritmica:


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u
u+ ≡
1
= ln y + + B
uτ k
( )
permette la determinazione del cf mediante misure di U(x) e di u(x,y) nello strato logaritmico.
Infatti ricordando la relazione:
τ c
uτ w = U f
ρ 2
u 2 1  yU  1  c f 
la legge logaritmica si può scrivere come: = ln  + ln +B
U cf k  ν  k  2 
Questa formula rappre-
senta una relazione fun-
zionale tra u/U ,
Rey=yU/ν e cf.
Questa relazione viene
rappresentata in grafici
(Clauser plots) ottenuti
per regimi di moto (a
vari Mach).
Il grafico sotto si riferi-
sce al caso M=0: entran-
do con valori di u/U (or-
dinata) e Rey (ascissa),
si può calcolare il valore
del cf.

Determinazione del parametro di scia Π(x)

La legge di scia, valutata ad ζ = 1 fornisce:


u

y=δ =
1
k
( )
ln δ+ + B +
Π ( x )  δ( x )  U 1
k
W
δ(x)
 → = ln δ+ + B +
u k
( )
Π(x )
k
2
  τ


da cui si ricava:  Memo : U =

2 

c f 
Π(x ) =
k  2

2  cf
1
− B − ln δ +
k
( )
 

Questa relazione, noti U(x), cf (x) e δ(x) , può essere usata per determinare Π(x).
δ + dp
Clauser, introducendo un parametro di equilibrio "β" : β = ha proposto, interpolando una numerosa serie di
τ w dx
dati sperimentali/numerici , la relazione: Π ( x ) = 0.8[β( x ) + 0.5]0.75

Nota che con questa legge, per la lastra piana ( β = 0 ) vale Π ( x ) = 0.48 (alcuni autori usano valori
leggermente diversi compresi tra 0.5 e 0.62).

Effetti della scabrosità superficiale

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C.GOLIA – Fluidodinamica Industriale cap.1..19

Sia k la misura (r.m.s.) della scabrosità di una superfice.


Per un numero di Reynolds basato su k : k
kU kuτ k
Re k = Re k = =
ν ν l turb.
Si può definire:

≤ 1 superfisce liscia idraulicamente


Re k = 
>> 1 superfice completamente scabrosa

Per la parete scabrosa (Rek>>1) vale ancora una legge logaritmica con la y adimensionalizzata rispetto a k:

u+ =
u 1 y
uτ k  k 
1
k
( )
1
k
1
= ln  + B = ln y + − ln (Re k ) + B = ln y + + C
k
( )
1
con misure sperimentali si rileva che C = B − ln (Rek )
k
Il valore di B varia con Rek : tra B=5 (per pareti lisce) a B=8.5 (per pareti completamente scabrose).

Andamento del profilo di velocità in prossimità della parete


Consideriamo un generico profilo di velocità in uno strato limite turbolento : u(x,y,t) in prossimità di una parete, ed e-
spandiamo in serie tale profilo a partire dalla parete (per la condizione di no slip u(x,0,t)=0):

u(x,y,t) = 0 + a(x,t) y + O(y2)+.....


Dalla continuità:
∂u ∂v ∂v ∂u ∂a
+ =0 → =− ≈ − y + O( y 2 )
∂x ∂y ∂y ∂x ∂x
da cui risultano gli andamenti:

u(x,y,t)=O(y) (y)v(x,y,t) = O(y2) uv=O(y3)

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C.GOLIA – Fluidodinamica Industriale cap.1..20

y
y y

___ ___ ___


u'u' v'v' u'v'

Rateo di produzione della turbolenza

Definiamo il rateo di produzione dell'energia turbolenza come: (


P ≡ − u' v '    )
 ∂ u   energia / massa 

 ∂y   tempo 
Nelle immediate vicinanze della parete lo sforzo totale "τ" varia di poco rispetto a quello sulla parete:

τ 1 ∂u τw
= [τ lam + τ turb ] = − u' v ' + ν ≈
ρ ρ ∂y ρ

da cui, ricavando lo sforzo di Reynolds e sostituendolo nella definizione di produzione turbolenta, si ha:

τ ∂u  ∂u
P ≅  w − ν 
 ρ ∂y  ∂y

Di questa espressione è possibile ricercarne il massimo. Ponendo a zero la derivata rispetto ad y:


∂P τ w ∂ 2 u ∂u ∂2 u  τw ∂u  ∂ 2 u
≅ − 2 ν =  − 2 ν  =0
∂y ρ ∂y 2 ∂y ∂y 2  ρ ∂y  ∂y 2
si ricava che il massimo della produzione turbolenta si verifica all'ordinata dove:
τw ∂u ∂u ∂u 1 τw
= 2ν = − u' v ' + ν → laddove → − u' v ' = ν =
ρ ∂y ∂y ∂y 2 ρ
laddove cioè lo sforzo laminare è pari a quello turbolento.
2 2 2
 ∂u   1 τw   u2  u4
A tale ordinata il valore della produzione è: Pmax = ν  = ν  = ν τ  = τ
 ∂y  2 µ   2ν  4ν
Il valore di Pmax si ritrova sperimentalmente all'incirca ad y+=11.

=^=^=^=^=^=^=^=

y/δ
y/δ

___
-u'v'
_
du/dy

11 y+

Fluid_ind_010.doc
C.GOLIA – Fluidodinamica Industriale cap.1..21

Esercizio: Determinazione dei parametri di interesse per un caso di strato limite turbolento

Questo esercizio intende fornire allo studente l'ordine quantitativo di tutti i parametri di cui si è parlato finora.

Consideriamo una lastra piana immersa in una corrente di aria con velocità asintotica di U=50 m/s.
Per l'aria la viscosità cinematica è : ν = 1.46 10-5 [m2/s]

Parte laminare

In questa parte lo strato limite si sviluppa in modo simile, alla Blasius, da cui deriva:

δ( x ) 5.0 δ * ( x ) 1.7208 θ( x ) 0.664  θ  0.664


= = = cf =   =
x Re x x Re x x Re x x Re x

La transizione si verifica allorquando risulta (Michel): Re θ. trans. ≈ 2.9(Re x , trans. )0.4


ovvero quando si ha :
0.664(Rex. trans. )0.5 ≈ 2.9(Re x , trans. )0.4
da cui:
Re x,trans = 2525000 Reθ,trans = 1055 Reδ*,trans = 7945

ne deriva che la transizione si verifica all'ascissa: xtrans = 2525000(ν/U) = 0.7373 [m]


Alla transizione si ha:

δ (xtrans) = xtrans 5.0 /sqrt(2525000) = 0.00232 [m]


θ (xtrans) = xtrans 0.664 /sqrt(2525000) = 0.0003 [m]
δ* (xtrans) = xtrans 1.7208 /sqrt(2525000) = 0.000798 [m]
cf (xtrans) = 0.664 /sqrt(2525000) = 0.000464

Parte turbolenta:

Calcoliamo le caratteristiche dello strato limite turbolento, poco oltre alla transizione, ad x = 1 [m].
A tale ascissa il Rex = 1 x 50 / (1.46 10-5) =3424657≅ 3.425 106
Si può assumere, con discreta approssimazione (legge dell' 1/7 ), che:

δ 1 θ 1 δ* 1 1
≈ 0.37(Re x )− 5 ; ≈ 0.036(Re x )− 5 ; ≈ 0.046(Re x )− 5 ; cf ≈ 0.0592(Re x )− 5
x x x

da cui:

δ (x=1) = 0.37 /(3424657)1/5 = 0.01825 [m]


θ (x=1) = 0.036 /(3424657)1/5 = 0.00178 [m]
δ*(x=1) = 0.046 /(3424657)1/5 = 0.00227 [m]
cf (x=1) = 0.0592 /(3424657)1/5 = 0.00292

cf
La velocità di attrito è : uτ = U = 1.91 [m/s] 3.8 % della U
2
La lunghezza caratteristica di attrito: ν / uτ = =7.66 10-6 [m] = 7.64 [ micron]

La massima produzione della turbolenza si verifica all'ordinata y+ =11 , a questa corrisponde una distanza
dalla parete pari a y=11x 7.46 10-6 = 8.4 10-5 m]=0.084 [mm]

Il valore della massima produzione è P = (uτ )4 / 4ν = 228 [m2/s]


Fluid_ind_010.doc
C.GOLIA – Fluidodinamica Industriale cap.1..22

Alla y+=11 corrisponde


∂u Pmax
• un gradiente di velocità mediata di = = 124935 [1/s]
∂y ν
∂u
• uno (sforzo di Reynolds)/densità di : u' v ' = ν =1.824 [m2/s2]
∂y
=^=^=^=^=^=

Fluid_ind_010.doc
GOLIA: Fluidodinamica Industriale Cap.2.1

Capitolo 2

FLUSSI IN CONDOTTI

Contenuti
.2.1 Generalità: La lunghezza d'ingresso

.2.2 Leggi di pareti per moti turbolenti

.2.3 Flussi in tubi circolari

.2.3.1 Soluzione laminare


.2.3.2 Soluzione turbolenta
.2.3.3 Effetti della rugosità di parete: l’abaco di Moody
.2.3.4 Forme alternative dell’abaco di Moody
.2.3.5 Formula di Churchill

.2.4 Flussi in condotti non circolari


.2.4.1 Flusso tra pareti parallele
.2.4.1.1 Regime laminare
.2.4.1.2 Regime turbolento

.2.5 Il concetto di diametro idraulico

.2.6 Perdite minori in condotti


.2.6.1 Perdite di ingresso/uscita
.2.6.2 Subitanei cambiamenti di sezione
.2.6.3 Raccordi a T, gomiti e valvole
.2.6.4 Raccordi curvi
.2.6.5 Variazioni di sezione

Fluid_Ind_020.doc
GOLIA: Fluidodinamica Industriale Cap.2.2

.2.1 Generalità: La lunghezza d'ingresso

Questo capitolo analizza i maggiori problemi di fluidodinamica interna di flussi viscosi.


Essi sono prevalentemente dominati dal regime turbolento, la transizione dal laminare è fissata dal numero di
Reynolds ReD basato sul diametro e sulla velocità media.
Le incapacità di misurare le rapide oscillazioni del moto turbolento hanno impedito agli sperimentazioni del pas-
sato di essere coscienti di tale fenomeno, permettendo loro di misurare soltanto quantità medie (velocità, portate,
pressioni, densità) e di trovarne correlazioni su basi sperimentali.
Fu così che Hagen, un ricercatore tedesco, nel 1839 misurando le perdite di pressioni lungo tubi di bronzo di
lunghezza L e di raggio R con portata Q di acqua, dedusse la legge:

LQ
∆p = (costante) + Effetti di ingresso
R4

notando che a grandi portate si verificava un secondo tipo di moto caratterizzato da strani movimenti nell' acqua
per i quali il salto di pressione ∆p variava con la seconda potenza della portata, ammettendo di non essere in gra-
do di spiegare le ragioni del cambiamento.
Evidentemente Hagen non capì che la costante doveva contenere la viscosità dell'acqua, d'altronde non poteva
essere a conoscenza del numero di Reynolds che non era stato ancora inventato.
Fu infatti nel 1883 che Osborne Reynolds, un professore inglese, con i suoi esperimenti su tubi di vetro cui im-
metteva un inchiostro colorato, stabilì che la transizione dal laminare al turbolento dipendeva da un numero a-
dimensionale (ReD=ρ V D / µ) che successivamente prese il suo nome.
Il grande risultato di Reynolds fu di trovare che per tubi adeguatamente lisci, per valori di ReD<2300=Recritico , il
flusso è sempre laminare, mentre per valori di ReD>4000 il flusso è completamente turbolento; nel campo inter-
medio vi è la transizione con periodi/parti laminari ed altri turbolenti.
La differenza con i campi di moti esterni è abbastanza evidente. Nei campi di moti esterni attorni a corpi, per
velocità abbastanza alte, si sviluppa uno strato limite composto sempre da una parte laminare, ad una certa sta-
zione avviene la transizione e successivamente ad una stazione ancora a valle si instaura il regime turbolento.
Nei moti interni, invece, a parte il profilo di strato limite merging di strato lilite
segmento di ingresso, di cui parle-
remo in seguito, il regime è sempre
laminare o sempre turbolento a se-
u(r)
conda del ReD. Non esiste cioè un cuore non viscoso
tratto iniziale necessariamente lami-
nare come per i campi esterni. u(r,x)
La spiegazione sta nel fatto che se si
ipotizza uno sviluppo dello strato
limite sulle pareti di un condotto Lunghezza di ingresso Regione di flusso
zona di sviluppo dello strato limite
chiuso, si capisce chiaramente che completamente sviluppato
questo interagisce fortemente con il
campo esterno a causa della limita- pressione
tezza del volume, amplificando o
perdita
smorzando le perturbazioni. di
Questo introduce il fatto che ad ogni ingresso
imbocco deve esistere una regione di profilo lineare
ingresso in cui il profilo di velocità
varia con il raggio e con l'ascissa as- x
siale u=u(r,x), che deve essere rego-
lata da profili di pressioni differenti,
dalla regione di moto completamen- 0 Le
te sviluppato che segue, nella quale
il profilo di velocità è costante con x
: u=u(r) e la pressione ha pendenza costante.
La conservazione della massa impone portata Q costante:


Q = udA = Vmedia A = cos t.

Fluid_Ind_020.doc
GOLIA: Fluidodinamica Industriale Cap.2.3

Essendo la lunghezza di ingresso Le, dipendente dal diametro D, velocità media V, densità ρ, viscosità µ, consi-
derazioni portano alla dipendenza adimensionale del tipo:

Le  ρVD 
= g  = g(Re D )
D  µ 
Le
Per flussi laminari , la correlazione accettata è : ≅ 0.06Re D
D

Dal che si evince che il massimo valore della lunghezza di ingresso laminare si
verifica per Recritico=2300 è pari a Le = 138 D.

Le
Per flussi turbolenti , la correlazione accettata è : ≅ 4.4(Re D )1 / 6
D

Tale correlazione è valida a partire dal valore di ReD>4000 al di sopra del quale il moto è completamente turbo-
lento.

Valgono i seguenti valori orientativi (per il regime turbolento le caselle in grigio):

ReD 1 10 100 1000 2300 4000 104 105 106 107 108
Le/D 0.06 0.6 6 60 138 18 20 30 44 65 95

=^=^=^=^=^=
ESERCIZIO.2.1
Un tubo da mezzo pollice, lungo 18 metri porta 16 litri di acqua al minuto a 20°C.
Quale frazione del tubo è occupata dalla regione di ingresso? Risp. 1.7%
=^=^=^=^=^=
ESERCIZIO 2.2
Un tunnel a vento (fluido aria) di un metro di diametro, lungo 5 metri, con una velocità di 30 m/s rea-
lizza condizioni di flusso completamente sviluppato? Risp. NO
=^=^=^=^=^=

NOTA: le dimensioni dei tubi si danno nominalmente in pollici, ma il diametro nominale non corrisponde
a quello interno, la corrispondenza è:

Nominale 1/8 ¼ 3/8 ½ ¾ 1 1½ 2 2 1/2 3


(in)
Dinterno (in) 0.269 0.364 0.493 0.622 0.824 1.049 1.610 2.067 2.469 3.068

.2.2 Leggi di pareti per moti turbolenti

Prima di intraprendere l'analisi dei campi di moto interni, ricordiamo che per regimi turbolenti, la descrizione
fatta per i campi esterni rimane valida, sia pure con qualche lieve modifica.
In particolare per campi esterni la suddivisione dello strato limite fatto è fatta, di solito, in tre sottostrati:
1. interno / laminare / di parete : dominato dagli effetti viscosi di tipo laminare
2. intermedio/overlap: dominato dalla combinazione di sforzi turbolenti e laminari
3. esterno: dominato dagli sforzi turbolenti e dal moto esterno
Per i moti in condotti ci si riduce, in pratica, soltanto ai primi due in quanto non è presente una regione euleriana
esterna.
Rimangono quindi le leggi di parete trovate per i primi due sottostrati, in funzione delle variabili interne for-
mabili in funzione della velocità di attrito:

u* = τ w ρ → u + = u u * ; η = yu * ν

In funzione delle variabili interne, in particolare si ritrova, per il sottostrato laminare la legge lineare:
Fluid_Ind_020.doc
GOLIA: Fluidodinamica Industriale Cap.2.4

u yu *
u+ = = = y+ valida per 0 < y+ < 7
u* ν

Per lo strato interno vale invece la famosa legge logaritmica:

u 1  yu *  1
u+ = = ln  + B = ln η + B valida per 30 < y+ < 800
u* k  ν  k

Per tubi le costanti di maggiore successo sono: k=0.41 , B=5.0

Come già detto, per condotti, il sottostrato esterno presenta variazioni trascurabili rispetto a quello di overlap è
può essere ingegneristicamente trascurato rimpiazzandolo con quest'ultimo.
Vedremo nel seguito che l'uso di queste leggi, interpretate come leggi di similitudini, (capaci cioè di rappresen-
tare i profili di velocità in un piano trasformato) permetteranno, in modo stupefacentemente semplice, la deriva-
zione del campo di moto in condotti e la soluzione di quasi tutti i problemi turbolenti in condotti.
Rappresentiamo il classico profilo turbolento nel piano delle variabili interne.

=^=^=^=^=^=
ESERCIZIO 2.3
Aria a 20°C scorre in un tubo avente un diametro di 14 cm, moto completamente sviluppato con veloci-
tà sull'asse di 5 m/s. Assumendo la legge logaritmica derivare:
• la velocità di attrito u* Risp. 0.228 m/s
• lo sforzo alla parete τw Risp. 0.062 Pa
• la velocità media V Risp. 4.17 m/s
• Il numero di ReD Risp. 38700
• verificare se il moto è effettivamente turbolento Risp. SI

Suggerimento: assumere y = R – r, al centro y = R, sulla parete y=0


=^=^=^=^=^=
Fluid_Ind_020.doc
GOLIA: Fluidodinamica Industriale Cap.2.5

2.3 Flussi in tubi circolari (1): p1=p2+dp


Come primo caso, consideriamo il campo di moto com-
pletamente sviluppato di un fluido in un tubo circolare φ
generato da un gradiente di pressione o dalla gravità,
come nella figura che segue. r
h1 (2): p2
La continuità, si riduce a:
u(r)
z
Q1 = V1A = Vmedia A = V2 A = Q 2 τ(r )

ovvero V1=V2 essendo A costante. h2


Il bilancio di quantità di moto fornisce:
dL=x2-x1
( )
∆p πR 2 + ρg πR 2 ∆Lsinφ − τ w (2πR ∆L ) =
= Q(V1 − V2 ) = 0

ovvero:
∆L
∆ (p + ρgh ) = 2τ w = ∆p'
R
avendo definito la pressione corretta, cioè la combinazione delle forze che generano il moto: p’ = p + ρ g h
Finora non abbiamo fatta alcuna ipotesi sul regime di moto.
Analizzando la possibile dipendenza funzionale dello sforzo alla parte τw, pensiamo che essa possa dipendere
dalla densità del fluido ρ, dalla velocità media V, dalla viscosità del fluido µ, dal diametro del tubo D, e dalla
scabrosità superficiale ε:
τ w = h (ρ, V, µ, D, ε )

L’analisi dimensionale ci dice che questa relazioni è esprimibile adimensionalmente come:

8τ w  ε 8 τw 8 R ∆p '
≡ f = h Re D ,  ; f= =
ρV 2  D  ρ V 2 ρ V 2 2 ∆L

dove il coefficiente adimensionale “f” è detto coefficiente d’attrito di Darcy, in memoria dell’ingegnere fran-
cese che nel 1857 determinò gli effetti della scabrosità superficiale sulla resistenza nei tubi.

Nota che gli idraulici preferiscono definire una perdita di altezza (piezometrica) nei tubi , hf , scrivendo il teo-
rema di Bernoulli nella forma:
p1 p ∆p ∆p '
+ gz1 = 2 + gz 2 + g h f → h f = ∆z + =
ρ ρ ρg nella nostra ρg
notazione
Per cui combinando le espressioni risulta:
L V2
hf = f
D 2g

che è la relazione di Darcy-Weisbach, proposta dal professore tedesco nel 1850, per trovare le perdite in tubi e
condotte.

Equazioni del moto


Lavoriamo in coordinate cilindriche z, r, θ; (u, Vr, Vθ) assumiamo moto simmetrico senza variazioni rispetto
all’anomalia θ, [Vθ = d/dθ = 0] e completamente sviluppato Vz= u=u(r).

1 ∂
L’equazione di continuità: (r Vr ) + 1 ∂Vθ + ∂u = 0
r ∂r r ∂θ ∂z
1 ∂
si riduce a: (r Vr ) = 0 ovvero rVr = costante
r ∂r

Ma la condizione di no-slip sulla parete @ r=R → Vr=0 implica Vr=0 in tutto il campo.
Fluid_Ind_020.doc
GOLIA: Fluidodinamica Industriale Cap.2.6

Ne deriva quindi che l’unica componente della velocità è quella assiale: u = u( r ).

La componente assiale dell’equazione di equilibrio (l’unica non identicamente nulla) si riduce quindi:

∂u dp 1 ∂ (r τ rz )
ρu = 0 = − +ρ g•k +
∂z dz r ∂r

dove il termine a sinistra è identicamente nullo perché u=u(r) , “τrz” rappresenta lo sforzo viscoso (laminare o
turbolento).
1 ∂ (r τ rz ) d (p + ρ g h ) dp'
Questa equazione può essere riscritta come: = = =C
r ∂r dz dz

Esaminando questa equazione notiamo che il termine a sinistra è per definizione soltanto funzione del raggio “r”
, mentre il termine a destra varia solo con “z”; ne segue che entrambi i membri devono essere necessariamente
pari ad una costante (posta pari a C).
Possiamo quindi integrare l'equazione per trovare la distribuzione degli sforzi viscosi, utilizzando il fatto che
τrz(0)=0 (sulla linea media per simmetria):
R z
1  d (p' ) 
τ rz = r =Cr
2  dz 
u τ
Ne deriva la distribuzione lineare (come raffigurata in figura)
che deve valere sia per regimi laminari che turbolenti; lo sforzo è nullo in mezzeria (r = 0) ed è massimo sulla
parete (r = R) dove vale:

1  d (p' )  1 ∆ (p' )
τw = R  dz  = 2 R ∆L
2  

Relazione identica a quella che era stata trovata mediante l’analisi integrale.

.2.3.1 Soluzione laminare


du
In questo caso lo sforzo viscoso è correlato al gradiente di velocità dalla viscosità dinamica: τ rz = µ
dr
du 1
per cui l’equazione di campo diventa: τ rz = µ = Cr
dr 2
1 2 τ w dp'
Il valore della costante C è determinata dalla condizione alla parete: τ w = CR ⇒ C= =
2 R dz
1C 2
Integrando ulteriormente si ricava: u = r + C1

La costante di integrazione C1 può essere valutata dalla condizione di no-slip sulla parete: u(R)=0 da cui:
1C 2
C1 = − R

Per cui la soluzione diventa: u=


1C 2

r − R2 ( )
1 (− C ) 2 2
Che solitamente viene scritta come: u( r ) =
4 µ
( )
R −r = −
4µ  dz 
(
1  dp'  2 2
 R −r )
Il segno meno discende dal fatto che la velocità è positiva se la pressione corretta p’ diminuisce nella direzione
assiale (i.e. il fluido va da zone a p’ maggiori verso quelle dove p’ è minore).
Il profilo di velocità laminare in un tubo è quindi di tipo parabolico, con velocità nulla sulla parete e massima al
R 2  dp' 
centro dove ha un valore pari a: u max == − 
4µ  dz 
Per cui il profilo di velocità è esprimibile come:
Fluid_Ind_020.doc
GOLIA: Fluidodinamica Industriale Cap.2.7

 r2 
u( r ) = u max 1 − 2 
 R 

Tutti gli altri parametri di interesse si ricavano semplicemente:

 r2 
R 1 π R 4  dp' 
Portata volumetrica : ∫
0 ∫
u max 1 − 2  2π r dr = u max π R 2 =
Q = u dA =
 R  2
−
8µ  dx 

Q Q u
La velocità media V≡ = 2
= max è quindi la metà di quella massima sull’asse.
A πR 2
8µ L Q
In funzione della portata, la caduta di pressione è: ∆p' =
π R4
In accordo con la formula derivata da Hagen.
du 2 µ u max
Infine lo sforzo alla parete: τw = µ =
dr r = R R
8µ V
Espresso in termini della velocità media e del diametro diventa: τw =
D
Da cui si ricava la dipendenza del fattore di attrito laminare alla Darcy:

8τ w 8(8µV / D ) 64 µ 64
f≡ 2
= 2
= ergo: f lam =
ρV ρV ρVD Re D

 64 µ  L V 2 32 µ L 128 µ L
La perdita di altezza che ne segue: h f ,lam =   = 2
V= Q
 ρ V D  D 2 g ρgD π ρ g D4

è proporzionale alla velocità media (e quindi alla portata volumetrica) come aveva postulato Hagen.

Nota: per ReD→0 , flam→∞ nel mentre la τw→0 : questo dipende dal fatto che nella flam , la τw è adimensionalizzata rispetto alla pressione di-
namica che comprende la densità ρ; di fatto dalle condizioni assunte il contributo dinamico si bilancia perfettamente ed è globalmente nullo
(non compare nelle equazioni del moto completamente sviluppato), per cui l’adimensionalizzazione non è, a rigore, appropriata.

Questo campo di moto è chiamato flusso di Hagen-Poiseuille per commemorare i lavori sperimentali di Hagen
nel 1839 e di Poiseuille nel 1840 che avevano indipendentemente ricavato la legge di perdita di pressione nei
tubi.

=^=^=^=^=^=

ESERCIZIO 2.4
Olio con ρ=900 kg/m3 e ν=0.0002 m2/s scorre in un tubo di 6 cm di diametro inclinato verso l’alto di 40°. Ad
una sezione (1), posta a quota z=0 si misura p1= 350000 pa, ad una sezione (2), posta 10 metri a valle della (1) si
misura p2= 250000 Pa. Assumendo regime laminare determinare:
la direzione del flusso Risp. da (1) a (2)
determinare hf tra (1) e (2) Risp. 4.9 m
calcolare: Q, V, Re Risp. 0.0076 m3/s; 2.7 m/s, 810
riverificare se il flusso è laminare Risp: SI

=^=^=^=^=^=
ESERCIZIO 2.5
Un liquido [modello di viscosimetro a capillare] con peso specifico rg= 58 lb/ft3 fluisce, per gravità da un serba-
toio in cui assume un’altezza di 1 ft, attraverso un tubo capillare di 0.004 ft, lungo 1 ft con una portata di 0.15
ft3/s il tutto in condizioni atmosferiche: Trascurando gli effetti di entrata determinare la viscosità del fluido
Risp. µ= 1.60 10-5 slug/(ft s)

Fluid_Ind_020.doc
GOLIA: Fluidodinamica Industriale Cap.2.8

.2.3.2 Soluzione turbolenta

Se assumiamo che tutto il campo di moto è regolato dalla legge logaritmica, è stupefacente rilevare che non vi è
bisogno di risolvere l’equazione differenziale derivante dalla quantità di moto.
u(r ) 1 ( R − r )y *
Ponendo y = R - r dalla relazione: ≈ ln +B
u* k ν

Possiamo calcolare la velocità media: Memo: x2 x2


∫ x ln x dx = 2
ln x −
4

Q u* R  1 ( R − r )u *  u* 2 R u* 3
V= =
A πR 2 ∫0  k ln
 ν
+ B 2π r dr =

 ln
2 k ν
+ 2B − 
k

V R u*
Da questa ponendo k=0.41 e B=5.5 otteniamo: = 2.44 ln + 1.34
u* ν
Il fatto interessante è notare che:

V ρV 2 8
≡ = è direttamente correlata al coefficiente di attrito di Darcy, “f”
u* τw f
R u * 1 V D u * Re D 8
≡ = è direttamente collegata a ReD ed a “f”
ν 2 ν V 2 f

Introducendo tali relazioni, e cambiando la base del logaritmo da naturale, (ln) , a base 10, (log) , risulta la rela-
zione:

1
f
(
= 1.99 log Re D f − 1.02 )
che è la relazione ricavata da Prandtl nel 1935, successivamente aggiustata per meglio verificare i dati sperimen-
tali in:
1
f
= 2.0 log Re D f − 0.8 ( )
E’ da rilevare che calcolando semplicemente la velocità media da una legge (interna) di velocità, abbiamo rica-
vato una relazione tra il coefficiente di attrito di Darcy ed il numero di Reynolds.
Questa è la formula universalmente accettata per il moto turbolento in un condotto liscio.
Questa relazione però è difficilmente usabile nel caso si assegna ReD e si vuole determinare “f”
Tra le molte correlazioni disponibili in letteratura, per la relazione f(ReD) le più comuni sono:

0.316 Re-1/4
D H.Blasius (1911)
f ≈
1.02 (log Re D )− 2.5 F.White (1974)

La relazione di Blasius, lo stesso studente di Prandtl che studiò anche lo strato limite isobaro, per se limitata a
bassi Reynolds, 4000 < ReD < 105, è interessante perché dimostra quello che Hagen aveva trovato:

1/ 4
∆p L V2  µ  L V2
hf = =f ≈ 0.316  
ρg D 2g ρ V D D 2g
che si può scrivere come:

∆p
≈ 0.158 ρ3 / 4 µ1 / 4 D − 5 / 4 V 7 / 4 = 0.241 ρ3 / 4 µ1 / 4 D − 4.75 Q1.75
L

Fluid_Ind_020.doc
GOLIA: Fluidodinamica Industriale Cap.2.9

Da notare come nei regimi turbolenti, la perdita di pressione è proporzionale alla lunghezza del tubo, varia di
poco con la viscosità dinamica del fluido (infatti è la viscosità turbolenta quella che determina l’attrito) e varia
con una potenza di 1.75 della velocità media o della portata.
A parità di portata la perdita di pressione varia fortemente ed inversamente con la 4.5 potenza inversa del diame-
tro (ergo meglio usare tubo con grossi diametri).
u max 1 Ry *
La velocità massima si realizza all’asse ( r=0 , y=R) e vale : ≈ ln +B
u* k ν
V 1 0.316
Questa può essere correlata alla velocità media V mediante la relazione: = ; f=
u max 1 + 1.33 f Re D1 / 4
che fornisce i seguenti valori:

ReD laminare 4000 104 105 106 107 108


V/umax 0.5 0.790 0.811 0.849 0.875 0.893 0.907

Da questa tabella si nota come il profilo turbolento si appiattisce all’aumentare di Reynolds.

.2.3.3 Effetti della rugosità di parete: l’abaco di Moody

Fu soltanto nel 1880 che Coulomb, con i suoi esperimenti, stabilì gli effetti della rugosità di parete sulla resi-
stenza dei tubi.
Si verificò così che la rugosità ha piccolo effetto sulla resistenza nel regime laminare, mentre nel turbolento
l’effetto dipende dalle dimensioni della rugosità (media RSM).
In effetti soltanto nel 1926 Nikuradse, il solito studente di Prandtl, con le sue misure teorizzò che gli effetti di-
pendevano dal rapporto della rugosità “ε“ rispetto alle dimensioni del sottostrato laminare.

u+ dB
liscia
rugose

dB
1/k[ lnε+ ] -3.5
per flussi completamente
rugosi

log(η ) ε+
Ipotizzando, per il sottostrato laminare, un’altezza critica di y+ = 7, egli rilevò, per pareti rugose, tre tipi di re-
gimi:

1) Flusso con pareti idraulicamente lisce: 0 < εu*/ν < 5 irrilevante l’effetto della rugosità
2) Flusso di transizione 5 < εu*/ν < 70 effetto della rugosità e di Reynolds
3) Flusso con pareti completamente rugose 70 < εu*/ν trascurabile l’effetto di Reynolds

In particolare Nikuradse studiò il regime (3) in cui la rugosità era molto più alta del sottostrato laminare, sì da
sconvolgerlo completamente, è notò, per tali regimi, che la legge del profilo di velocità, in variabile interne, ri-
maneva simile a quella su parete liscia, ma spostata verso il basso e verso destra.

Ne risulta che per flussi completamente rugosi la legge logaritmica deve essere modificata:

u 1 1 1 
u+ = = ln y + + B − ∆B = ln y + + B −  ln ε + − 3.5
u* k k k 
Ponendo le costanti appropriati, si ricava per tubi con regimi di pareti (fluidodinamicamente) rugose: la rela-
zione:

u 1 y
u+ = = ln + 8.5
u* k ε
Fluid_Ind_020.doc
GOLIA: Fluidodinamica Industriale Cap.2.10

La sorprendente conclusione è che si elimina l’influenza della viscosità (che entrava nelle espressioni di y+ ed di
ε+), e quindi, se si considera flusso completamente sviluppato, il profilo di velocità, su parete rugosa, è indipen-
dente dal numero di Reynolds.
V D
Infatti integrando l’equazione, risulta per la velocità media in un tubo rugoso: = 2.44 ln + 3.2
u* ε
1 ε D
Ovvero la relazione del coefficiente di attrito per tubi completamente rugosi è: = −2.0 log 
f  3.7 
Non vi è alcun effetto di Re, la variazione di f dipende esclusivamente dal rapporto (ε/D).
Alla fine degli anni 30 si era quindi stabilito che:

• per regimi di pareti lisce valeva la relazione


1
f
( )
= 2.0 log Re D f − 0.8

i.e. f dipende da ReD

1 ε D
• per regimi di pareti completamente rugose era invece: = −2.0 log 
f  3.7 
i.e. f non dipende da ReD

si dovette aspettare fino al 1939 allorquando il furbo Colebrook propose di combinare le due relazione per rico-
prire il vasto regime di transizione con la relazione:
1 ε D 2.51 
= −2.0 log  + 
f  3.7 Re D f 

Formula che è universalmente accettata per la determinazione dell’attrito turbolento in tubi.


Nel 1944 Moody ebbe la geniale idea di rappresentare su di un diagramma le curve che derivavano per il regime
viscoso e per quello turbolento, producendo il best-seller dell’abaco di Moody, che rappresenta il più famoso ed
utile diagramma della fluidodinamica.

Fluid_Ind_020.doc
GOLIA: Fluidodinamica Industriale Cap.2.11

A parte l’approssimazione ingegneristica (±15%) questo abaco può essere usato anche per tubi con sezioni non
circolari, per canali a vena libera e, in emergenza, per strati limite.
La parte ombrata dell’abaco è relativa alla transizione laminare/turbolenta [2000<ReD<4000] dove esistono in-
certezze di misure e di regimi.
Le rugosità medie di tubi commerciali sono date in tabella:

Materiale Acciaio Cemento Legno Ferro Ferro Ferro Ferro Ferro Vetro
rivettato Armato Fuso galvanizzato Rivestito Commer- estruso
asfalto ciale
ε (mm) 0.9 0.3 0.18 0.26 0.15 0.12 0.046 0.0015 liscio
9.0 3.0 0.9

=^=^=^=^=^=
Esercizio. 2.6
Calcolare la perdita di carico e la perdita di pressione in un tubo orizzontale di 6 in di diametro di ferro asfaltato,
lungo 200 ft (e=0.0004 ft) in cui scorre acqua con una velocità media di 6 ft/s
Risp: hf=4.5 ft, ∆p= 280 lbf/ft2.
=^=^=^=^=^=

Esercizio. 2.7
Olio, con ρ=900 kg/m3, -=0.00001 m2/s , scorre con una portata di 0.2 m3/s attraverso un tubo di ghisa di 200
mm di diametro lungo 500 m. (assumere ε= 0.26 mm)
Determinare:
la perdita di carico Risp: 117 m
la perdita di pressione Risp: 265000 Pa
=^=^=^=^=^=

Esercizio 2.8
Per l’Esercizio. 2.5 il flusso è laminare o turbolento ?
=^=^=^=^=^=

.2.3.4 Forme alternative dell’abaco di Moody

L’abaco di Moody è stato concepito per risolvere il problema delle perdite: così dati: D, L, V (ovvero Q=VA),
ρ, µ, , ε, si può calcolare la hf, ovvero f = 2 hf D g / L / V2, ovvero la perdita di pressione ∆p = hf r g .
Esistono però altri problemi tipici dell’ingegneria meccanica:
1. il problema di determinare la portata Q una volta assegnati : D, L, ρ, µ, , hf, ε,
2. il problema di determinare il diametro D del tubo una volta assegnati: : Q, L,, ρ, µ, , hf, ε,
Ovviamente questi problemi si possono risolvere con procedimenti iterativi, ma questi sono alquanto noiosi, spe-
cialmente per le difficili interpolazioni.
Un’ intelligente alternativa è di riformare i gruppi adimensionali logicamente presenti nell’abaco.

Abaco di Moody modificato per la determinazione della portata Q.


In questo caso occorre eliminare la velocità cosa che si può fare introducendo un nuovo gruppo adimensionale α
1 g D 3h f
definito come: α ≡ f Re2D =
2 L ν2
 ε
e di rappresentare, nell’abaco modificato, la relazione Re D = Re D  α, 
 D
In questo modo, una volta assegnati : D, L, ρ, µ, , hf, ε, si può calcolare α , ε/D risalire direttamente a ReD e da
questo a V ed a Q = π (D2/4) V.

Fluid_Ind_020.doc
GOLIA: Fluidodinamica Industriale Cap.2.12

=^=^=^=^=^=
ESERCIZIO. 2.9
Un olio, con ρ=950 kg/m3 e ν=0.00002 m2/s, scorre in un tubo (ε/D=0.0002) con diametro pari a 30 cm e lungo
100 m.
Determinare la velocità media e la portata Risp. 4.84 m/s; 0.342 m3/s
=^=^=^=^=^=
ESERCIZIO. 2.10
Rielaborare l’ESERCIZIO 8.6 assumendo nota la perdita di carico (hf) e incognita la velocità.
=^=^=^=^=^=

Abaco di Moody modificato per la determinazione del diametro D.


In questo caso occorre eliminare il diametro D cosa che è più laboriosa ma fattibile introducendo due nuovi
gruppi adimensionale β e γ definiti come:
128 g Q3h f εν 4 ε D
β ≡ f Re5D = γ≡ =
π 3 L ν5 Q π Re D
VD 4 Q
e di rappresentare, nell’abaco modificato, la relazione Re D = = = Re D (β, γ )
ν πDν
In questo modo, una volta assegnati : Q, L, ρ, µ, , hf, ε, si può calcolare β , γ risalire direttamente a ReD e da
questo al diametro D.
Si verifica che tutte le curve per ε/D si raggruppano in una curva che mediamente è rappresentabile (per il regi-
me turbolento) con la formula di potenza: Re D ≈ 1.43 β0.416 che rappresenta un utile approssimazione.

Fluid_Ind_020.doc
GOLIA: Fluidodinamica Industriale Cap.2.13

=^=^=^=^=^=
ESERCIZIO.9.11
Riconsiderare l’Esercizio. 8.9 , assumendo Q=0.342 m3/s, ε=0.06 mm e determinare D.
=^=^=^=^=^=

ESERCIZIO.9.12
Riconsiderare l’ESERCIZIO.8.6, con Q=1.178 ft3/s e determinare D.
=^=^=^=^=^=

NOTA: le dimensioni dei tubi si danno nominalmente in pollici, ma il diametro nominale non corrisponde
a quello interno, la corrispondenza è:

Nominale (in) 1/8 ¼ 3/8 ½ ¾ 1 1½ 2 2 1/2 3

Dinterno (in) 0.269 0.364 0.493 0.622 0.824 1.049 1.610 2.067 2.469 3.068
Dinterno (cm) 0.63 0.925 1.252 1.579 2.093 2.664 4.089 5.250 6.271 7.793

.2.3.5 Formula di Churchill

Per l'uso dell'abaco di Moody in calcoli fluidodinamici valgono tre considerazioni:

1. L'uso dell'abaco non è ovviamente possibile da parte di codici di calcolo che richiedono la stima della perdi-
ta di carico.
1 ε D 2.51 
2. La relazione di Colebrooke = −2.0 log  +  non è di agevole uso in quanto non
f Darcy  3.7 Re D f Darcy 
 
fornisce esplicitamente la relazione f=f(ReD,ε/D) in genere richiesta.
Fluid_Ind_020.doc
GOLIA: Fluidodinamica Industriale Cap.2.14

3. Infine le relazioni per il coefficiente f dipendono in modo forte dal regime di moto, per cui occorre fissare
la transione (di solito la transizione è fissata a ReD=2300).

Per ovviare a questi tre inconvenienti innumerevoli sono state le proposte per fornire relazioni esplicite del tipo
f=f(ReD,ε/D): alcune ottimizzate per valori bassi, altre per valori alti del rapporto di rugosità.
Ma tutte richiedono la prevalutazione del valore del ReD di transizione laminare/turbolento.

Recentemente Churchill ha introdotto una relazione che realizza automaticamente la transizione lamina-
re/turbolento e fornisce esplicitamente il valore del fattore di attrito.
Una functions (FORTRAN):che attua la formulazione di Churchill è fornita nel seguito:

c------------------------------------------------------------
function churchill(red,eod)
c
c calcola il fattore di attrito alla Fanning:
c.....red= numero di Reynolds basato sul diametro (idraulico)
c.....eod= rapporto rugosità/diametro idraulico
c
c c.golia 2001
c
a1 =(7./red)**0.9
a2 =0.27*eod
a =(2.457*log(abs(1.d0/(a1+a2))))**16.
b =(37530/red)**16.
f1 =(8./red)**12.
f2 =(a+b)**(-1.5)
churchill=2.*(abs(f1+f2))**(1.d0/12.)
return
end
c------------------------------------------------------------

L'uso di tale function fornisce, per il fatttore di attrito alla Fanning, un abaco simile a quello di Moody come
in figura:

Abaco secondo Churchill

0.1
fFanning

0.05
0.04 0.03
0.02 0.015
0.01 0.01
0.008
0.006 0.004
0.002 0.001
0.0008
0.0006
0.0004
0.0002
0.0001
0.00005
0.00001
ε/D= 0

0.001
1e+3 1e+4 1e+5 1e+6 1e+7 1e+8
ReD

Fluid_Ind_020.doc
GOLIA: Fluidodinamica Industriale Cap.2.15

.2.4 Flussi in condotti non circolari

.2.4.1 Flusso tra pareti parallele

b = oo
Come per il moto nei tubi assumiamo moto completa-
mente sviluppato [u=u(y)], in una rappresentazione car- y u(y)
tesiana l’equazione è: x
h
dτ d dp' Y
= (p + ρgh ) = = − K
dy dx dx

umax

.2.4.1.1 Regime laminare

In questo caso τ = µ du/dy sicché l’equazione si integra due volte per fornire: u ( y) = − K y 2 + C y + C
1 2

Le due costanti C1 e C2 si possono determinare dalle condizioni alle pareti (y=±h/2) da cui derivano i valori di
C1=0, C2 = Kh2/(8µ), pertanto la distribuzione di velocità è:

u( y) =
1  dp'  2

8 µ  dx 
(
h − y2 ) distribuzione parabolica simile a quella nei tubi.

Tutti gli altri parametri ne derivano semplicemente:

h 2  dp'  2
Velocità media V= − = u max
12 µ  dx  3
h  dp' 
Sforzo alla parete: τw = −
2  dx 
8τ w 48µ 48
Fattore di attrito: f= 2
= =
ρV ρVh Re h

Come per i tubi il regime laminare diventa instabile per Reh=1150, oltre inizia la transizione al turbolento.

.2.4.1.2 Regime turbolento

In questo caso conviene usare la legge logaritmica di parete, con un’ordinata che parte da una delle pareti (Y)
u (Y ) 1 Yu *
per cui vale: ≈ ln +B
u* k ν
h/2
V 8 1 2 1 Yu * 1
Questa può essere integrata per fornire la velocità media:
u*

f
=
u* h ∫ u dY =  k ln
0
ν
+ B− 
k

Da cui:
1
f
( )
= 2.0 log Re h f − 0.588 formula molto simile a quella per tubi circolari.

.2.5 Il concetto di diametro idraulico

Per condotto non circolari, l’approccio del volume di controllo è ancora valido ma si deve tenere in conto che
l’attrito si verifica soltanto sulle pareti bagnate da fluido la cui estensione è chiamata Perimetro idraulico P.
Ne segue che l’equazione di equilibrio diventa:
∆ (p + ρgh ) ∆p' τ w ∆L
∆p A + ρgA ∆L sinφ − τ w P ∆L = 0 ovvero: hf = = =
ρg ρg ρg A P

Fluid_Ind_020.doc
GOLIA: Fluidodinamica Industriale Cap.2.16

Quest’ultima relazione è identica a quella ricavata per i tubi laddove al posto del Raggio si presenta il rapporto
A/P.
A area sezione fluida
Per queste ragioni si definisce raggio idraulico, Rh, il rapporto: Rh = =
P perimetro baganto
Sfortunatamente è mala abitudine definire diametro idraulico, Dh che è pari a quattro volte il Raggio idraulico:

4 A 4 volte l' area sezione fluida


Dh = =
P perimetro baganto

rispetto al quale tutte le formule e correlazione trovate per il tubo circolare possono essere formalmente usate
(con ignota approssimazione, di solito migliore per il turbolento).

Altre sezioni non circolari


In linea di principio un condotto con una sezione arbitraria può essere risolto per il regime laminare, ma questo è
un esercizio più o meno accademico, in quanto l’interesse pratico è nel regime turbolento. In questo caso l’uso
del diametro idraulico permette l’accesso agli abachi di Moody per una stima abbastanza approssimata delle per-
dite. In realtà la presenza di moti secondari e ricircolatori rendono sezioni triangolari e rettangolari a grande al-
lungamento molto difficili da risolvere, ma fortunatamente tali forme sono raramente incontrate nella vita prati-
ca.

Nel seguito una tabella valida per regime laminare in sezioni rettangolari b
a

B/A 0.0 0.05 0.1 0.125 0.167 0.25 0.4 0.5 0.75 1
f ReDh 96.00 89.91 84.68 82.34 78.81 72.93 65.47 62.19 57.89 56.91

Idem per triangoli isosceli. 2θ

θ (gradi) 0.0 10 20 30 40 50 60 70 80 90
f ReDh 48.0 51.6 52.9 53.3 52.9 52.0 51.1 49.5 48.3 48.0

.2.6 Perdite minori in condotti

In un sistema idraulico, oltre alle perdite di carico per attrito nei tubi, che si possono calcolare con l’abaco di
Moody, esistono altri tipi di perdite, dette “perdite minori” che dipendono da:
1. ingresso/uscita
2. subitanei cambiamenti di sezione,
3. curve, gomiti, giunti ,
4. valvole ,
5. graduali variazioni di sezione.

E’ ovvio che queste perdite possono essere tutt’altro che minori se le valvole sono chiuse!.

In tutte queste situazioni la determinazione del campo di moto è praticamente impossibile, per cui ci si limita a
determinare globalmente le varie perdite, considerate concentrate, con l’uso di coefficienti K, determinati speri-
mentalmente.
Questi dati sperimentali raramente riportano la dipendenza dai parametri adimensionali dinamici quali il Re ed il
rapporto di rugosità. Per questi motivi la determinazione delle perdite è orientativa.
Tutti i coefficienti K si riferiscono solitamente a regimi turbolenti.
h
I coefficienti di perdita K sono definiti come: K ≡ 2m
V 2g
sicché la perdita totale htot, riferita ad una velocità media V e ad un diametro di riferimento D si scrive:

Fluid_Ind_020.doc
GOLIA: Fluidodinamica Industriale Cap.2.17

V2  L
h tot = h f + ∑ hm = f +
2g  D ∑ K 
In genere si conviene di usare per L la lunghezza dello sviluppo completo del sistema (incluse tutte le curve, val-
vole ecc.).
Da notare che se il circuito contiene segmenti Li con diametri diversi Di il raggruppamento prima fatto è impos-
sibile e si dovranno sommare tutti i contributi delle perdite (distribuite e localizzate) separatamente.
Nel seguito indicheremo i valori più comuni dei vari tipi di perdite.

.2.6.1 Perdite di ingresso/uscita

Le perdite di ingresso dipendono dalla geometria, per quelle di uscita si assume K=1.

rientrante aguzzo piccolo raggio grande raggio r=0.2D

K=0.78 K=0.4-0.5 K=0.2-0.25 K=0.05

.2.6.2 Subitanei cambiamenti di sezione

I valori sono dati dal grafico, la velocità di riferimento è sempre quella del diametro più piccolo.
Per un’espansione il bilancio globale fornisce il valore
2
 d2 
K ESPANSIONE = 1 − 2 
 D 

Per una contrazione, si verifica sempre una separazione che genera il fenomeno della vena contratta, di difficile
analisi, una buona approssimazione è data dalla relazione
 d2 
K CONTRAZIONE ≈ 0.421 − 2 
 D 
 

.2.6.3 Raccordi a T, gomiti e valvole

h
Valgono i coefficienti K = dati in tabella.
V 2 / 2g

avvitato flangiato

Diametro nominale (in.) ½ 1 2 4 1 2 4 8 20

Valvole (completamente aperte)


a globo 14 8.2 6.9 5.7 13 8.5 6.0 5.8 5.5
a saracinesca 0.30 0.24 0.16 0.11 0.90 0.35 0.16 0.07 0.03
a paratia a cerniera 5.1 2.9 2.1 2.0 2.0 2.0 2.0 2.0 2.0
ad angolo 9.0 4.7 2.0 1.0 4.5 2.4 2.0 2.0 2.0

Angoli
45° regolare 0.39 0.32 0.30 0.29
45° grande raggio 0.21 0.20 0.19 0.16 0.14
90° regolare 2.0 1.5 0.95 0.64 0.50 0.39 0.30 0.26 0.21
90° grande raggio 1.0 0.72 0.41 0.23 0.40 0.30 0.19 0.15 0.10
180° regolare 2.0 1.5 0.95 0.64 0.41 0.35 0.30 0.25 0.20
180° grande raggio 0.40 0.30 0.21 0.15 0.10

Fluid_Ind_020.doc
GOLIA: Fluidodinamica Industriale Cap.2.18

Raccordi a T
Flusso in linea 0.90 0.90 0.90 0.90 0.24 0.19 0.14 0.10 0.07
Flusso laterale 2.4 1.8 1.4 1.1 1.0 0.89 0.64 0.58 0.41

Variazioni della perdita con l'apertura della valvola. Condizione a saracinesca a globo
K aperta 1.0 1.0
Valori del rapporto
K valvola aperta 25% chiusa 3.0 – 5.0 1.5 – 2.0
50% chiusa 12 – 22 2.0 – 3.0
75% chiusa 70 - 120 6.0 – 8.0

.2.6.4 Raccordi curvi

Le perdite si riferiscono ai moti di ricircolazione ed a quelli secondari che si generano per effetto
dell’accelerazione centripeta.
Queste devono essere sommate a quelle relative allo sviluppo del tubo che si derivano dall’abaco di Moody.
Nella tabella:
ε è la rugosità
D il diametro del tubo
R il raggio di curvatura

Coeeficiente di perdita di carico


per
Raccordi curvi
1

0.8

ε/D = 0
0-005
0.001
0.6 0.002
0.01

0.4

0.2

0
0 2 4 6 8 10 12

r/D

Fluid_Ind_020.doc
GOLIA: Fluidodinamica Industriale Cap.2.19

.2.6.5 Variazioni di sezione

Per variazioni graduali di sezione, si parla di diffusore conico se il condotto si allarga , in questo caso le perdite
dipendono molto dalle condizioni dell’ingresso.
Il valore K è correlato al coefficiente di pressione Cp dalla relazione:

4 4
hm D  D  p −p
K= = 1 −  1  − C p = 1 −  1  − 12 21
( 2
V1 2g ) D
 2 D
 2 2
ρV1

Angolo di contrazione 30 45 60
Per una contrazione graduale la perdita è piccola: 2θ (in gradi)
K 0.02 0.04 0.07

=^=^=^=^=^=
ESERCIZIO 2.13
Acqua ( ρ=1.94 slug/ft3 e ν=0.000011 ft2/s) è pompata tra due serbatoi con una portata di 0.21 ft3/s con un con-
dotto come in figura (ε/D=0.001) che contiene varie perdite minori.
Determinare la potenza idraulica richiesta alla pompa. Risp 4.2 HP

Fluid_Ind_020.doc
C.GOLIA: Fluidodinamica Industriale Cap.3.1

CAPITOLO .3

FLUSSI IN CANALI APERTI


Flussi in canali aperti sono quelli in cui un fluido scorre in
un condotto con pelo libero (superficie di contatto con
l’atmosfera). Molte sono le applicazioni, sia artificiali (fo-
gnature, canali, cunette, canalette di scarico, ecc....) sia na-
turali (fiumi, estuari, alvei ecc.).
Questo capitolo vuole soltanto introdurre le analisi elemen-
tari di questi flussi che sono dominati dalla gravità, riman-
dando, per approfondimenti, alla miriade di testi specializ-
zati sul soggetto, tipicamente di dominio idraulico.
É da notare, come commento generale, che la presenza del
pelo libero da un lato aiuta, dall'altro rende più difficile l'a-
nalisi.
• Aiuta perché sul pelo libero, che è esposto
all’atmosfera, si può assumere pressione costante.
• Rende più complicata l'analisi perché il moto, che è
governato dall'equilibrio tra gravità ed attrito [al con-
trario dei flussi nei condotti chiusi (tubi) per i quali il
gradiente di pressione è la maggiore forza generalizzata
del moto], è caratterizzato dalla posizione del pelo libe-
ro che è in se una incognita. La profondità della vena
fluida cambia con le condizioni e deve essere calcolata
come parte del problema, cosa complicata specialmente
in condizioni instazionarie dove si deve applicare la te-
oria delle onde.

Contenuti
.3.1 Generalità
.3.1.1 Analisi unidimensionale
.3.1.2 Classificazione dei regimi di flusso per variazione di quota
.3.1.3 Classificazione dei regimi di flusso per numero di Froude

.3.2 Flussi uniformi - La formula di Chézy


.3.2.1 La correlazione di Manning

.3.3 Sezione ottimale per canali trapedoidali a flusso uniforme

.3.4 Carico specifico e profondità critica


.3.4.1 Canali rettangolari
.3.4.2 Canali non rettangolari

.3.5 Il salto idraulico


.3.5.1 Classificazione
.3.5.2 Teoria per il salto orizzontale

.3.6 Regime di flusso gradualmente vario


.3.6.1 Equazione differenziale di base
.3.6.2 Soluzione numerica

.3.7 Misure di portate per mezzo di stramazzi


.3.7.1 Analisi dello stramazzo Bazin
.3.7.2 Analisi dello stramazzo in parete grossa

Fluid_ind_030.doc
C.GOLIA: Fluidodinamica Industriale Cap.3.2

.3.1 Generalità

.3.1.1 Analisi unidimensionale

Un canale aperto oltre al pelo libero è delimitato da due lati ed un fondo sui quali si devono verificare le condizioni di
no-slip, ne deriva che finanche un canale diritto ha una distribuzione di velocità tridimensionale.
I profili di velocità misurati sono molto complessi, con il massimo valore della velocità che si verifica di solito in mez-
zeria al 20% dell'altezza sotto la superficie libera. In canali molto larghi e poco profondi il massimo della velocità si
avvicina al pelo libero ed ha un profilo quasi logaritmico.
In canali non circolari si possono verificare moti secondari, e se il canale curva questi moti secondari si intensificano
con velocità maggiori sul raggio minore della curva e generazione di zone di ricircolo.
L'approccio ingegneristico di base
è di assumere un moto quasi- y1
unidimensionale con una velocità
media V(x) ad ogni sezione fluida
A(x) dove x è l'ascissa curvilinea z1 β
z01 y2
dell'asse del canale. Poiché la den- z2
sità dei liquidi è praticamente co-
stante, in fluidi a bassa velocità i.e. z02
basso numero di Mach, si considera
che la portata volumentrica Q deve
esser costante ad ogni valore di "x", L
per cui l'equazione della continuità
viene espressa come prodotto della velocità media e della sezione fluida:

Q = V( x )A( x ) = cos t.

La seconda equazione tra velocità e profondità "z" è data dal teorema di Bernoulli modificato per le perdite viscose.
Siano (1) e (2) due punti sulla superfice libera, per la quale p1 = p2 = patm , i relativi termini si possono semplificare, e
per flussi stazionari possiamo scrivere:

V12 V2 L V2
+ z1 = 2 + z 2 + h f = ; hf = f
2g 2g D 2g

dove "hf" è la perdita dell'altezza piezometrica dovuta all'attrito.


Esplicitando le quote dei peli liberi zi come somma della quota del fondo z0i più l'altezza del pelo libero dal fondo del
canale yi, l'equazione diventa
V12 V2 L V2
+ y1 + z 01 = 2 + y 2 + z 02 + h f ; hf = f
2g 2g D 2g

Se la pendenza β è costante, ponendo So=tanβ, sarà: z01=SoL+z02 , per cui il teorema di Bernoulli si scrive:

V12 V2 L V2
+ y1 + S o L = 2 + y 2 + h f ; hf = f
2g 2g D 2g

L'attrito di parete di un canale aperto, per fortuna, ha la stessa forma di quelli per tubi chiuso, e può essere correlato a-
deguatamente per mezzo dell'abaco di Moody per flussi turbolenti con superfici rugose attraverso il concetto di Diame-
tro idraulico Dh , si ritrova:

1 ε D 2.51 
= −2.0 log h
+
f  3.7 Re D h f 

Fluid_ind_030.doc
C.GOLIA: Fluidodinamica Industriale Cap.3.3

8τ w
dove f è il coefficiente di attrito di Darcy: f = e Dh è il diametro idraulico
ρV 2
definito come il rapporto di 4 volte la sezione fluida diviso il perimetro formato dalle
pareti bagnate: D h = 4A P
A
Nota che taluni usano invece il raggio idraulico Rh , che è definito (più logicamente) P
come: R h = A P per cui stranamente risulta: R h = Dh 4

Nel seguito le espressioni dei raggi idraulici per forme usuali di canali

=^=^=^=^=^=
ESERCIZIO 3.0
Un canale a sezione rettangolare, largo 10 m ed alto 3m contiene acqua profonda 2m.
Determinare il raggio idraulico.
Risp. 10/7
=^=^=^=^=^=

Da notare che canali sono di solito larghi e profondi e trasportano acqua (bassa viscosità cinematica) per cui il regime è
quasi sempre turbolento. Regimi laminari si realizzano solo in canalette di scarico da strade o su efflussi piovani poco
profondi su ampie superfici quali aeroporti.

.3.1.2 Classificazione dei regimi di flusso per variazione di quota

Il metodo più comune per classificare i regimi di flusso in


FVG
canali aperti è basato sul rateo di variazione dell’altezza del FVF

pelo libero (pari alla profondità della corrente); in effetti le FVG


notazioni di altezza e profondità sono usate alternativamente FU FVG FVF
a seconda dei casi.
FVG
Il caso più semplice (e quindi più analizzato) è il flusso uni-
forme (FU), dove l'altezza (e quindi la profondità del flusso
stazionario) rimane costante. Flussi uniformi si realizzano in
canali con pendenza e sezione fluida costante.
Se nel canale cambia la pendenza o cambia la sezione il re-
gime di flusso diventa vario (FV).
rigurgito/aerazione
Per flussi variabili gradualmente (FVG) si può ancora usa-
re una analisi quasi-unidimensionale, mentre se la variazione è forte (FVF) ci si deve rassegnare ad usare analisi mul-
ti-dimensionali.
In un canale in genere si possono avere zone con flussi diversi; di solito zone a flusso vario graduale FVG delimitano
sia zone a flusso uniforme FU che zone a flusso variabile fortemente FVF.

Fluid_ind_030.doc
C.GOLIA: Fluidodinamica Industriale Cap.3.4

.3.1.3 Classificazione dei regimi di flusso per numero di Froude


Per un canale abbastanza largo si assume, tra gli idraulici, per il numero di Froude la forma Fr = V / gy
In base a Fr si classificano tre tipi di regimi:

Fr < 1.0 flusso subcritico (correnti lente)


Fr = 1.0 flusso critico (corrente critica)
Fr > 1.0 flusso supercritico (correnti veloci)

Come già accennato vi è una forte analogia tra questi tre regimi e quelli compressibili definiti dal numero di Mach:
subsonico (M<1), sonico (M=1) e supersonico (M>1). Analogia che sarà ripresa nel seguito.
Notiamo che il Fr definito come Fr = V / gy è il rapporto della velocità del fluido e della quantità c= gy che misu-
ra la velocità di un'onda superficiale di piccola intensità.
Onda fissa
Possiamo dimostrare questa relazione ana-
lizzando la figura sottostante che mostra pa=0
c dy
un'onda di altezza "dy" che si propaga con dy
velocià "c" in un fluido in quiete. c-dV
dV c
volume
fluido di
Fissiamo la terna di riferimento all'onda: in y stagnante controllo
tale modo dobbiamo sommare alle velocità
(della figura a sinistra) una velocità uguale
ed opposta alla velocità dell'onda "c". ρ gy ρ g (y+dy)
Ne segue che nel nuovo riferimento il flui- dx
do si muove da sinistra verso destra entran-
do con velocità c ed uscendo con velocità c-dV.
Per il volume di controllo indicato nella figura a destra, la continuità per un canale di larghezza b impone (moto uni-
dimensionale):
dy
ρ c y b = ρ (c - dV) (y + dy) b ovvero: dV = c
y + dy

Nota: la variazione della velocità del fluido "dV" varia con le dimensioni dell'onda superficiale "dy";
ergo piccolo dy, piccola dV

Se tralasciamo gli effetti dell'attrito sulle pareti [dx → 0], il bilancio di forze nella direzione della corrente porta a con-
siderare l'equilibrio del risultante degli sforzi di pressione (idrostatica) con la portata di quantità di moto:

(p + ρV ) A
2
⇒ (12 ρ g y ) b y + ρ b y c2 = [12 ρ g (y + dy )] b (y + dy ) + ρ b (y + dy )(c - dV )2
da cui (trascurando dV2<<dV, dy2<<dy) si ricava:
g dy 
dV = 1 + dy
c 2 y 
 dy  dy 
Eguagliando questo dV con quello ricavato dalla continuità si ricava: c 2 = g y1 + 1 + 
 y  2 y 
Si vede che la velocità dell'onda "c" aumenta con l'intensita "dy" della stessa.
Per un'onda di piccolo disturbo si deve fare il limite per dy → 0 , in tal caso si ricava : c o2 = g y

L’onda che abbiamo considerato vale, ovviamente per piccoli valori dell’altezza y, cioè per swallow waves.
In realtà esistono altri tipi di onde che sono generate da meccanismi differenti:


gravity waves: c= dove λ è la lunghezza d’onda, la teoria lineare limita a: λ < y

Fluid_ind_030.doc
C.GOLIA: Fluidodinamica Industriale Cap.3.5

2π σ
capillary waves: c = dove λ è la lunghezza d’onda, r la densità del liquido, s la tensione superficiale in-
ρλ
terfacciale, la teoria lineare limita a: λ < 1 cm

L'analogia della velocità dell'onda superficiale "co " (piccolo di-


sturbo di altezza) con la velocità del suono "a" (piccolo disturbo Onda
termodinamico) è evidente, l'analogia tra il numero di Froude: d'Urto
Fr = V/co ed il numero di Mach: M=V/a ne segue quasi auto-
maticamente.
Analogia che non è soltanto formale ma anche sostanziale: in ga-
sdinamica un moto compressibile che passa in un ugello accelera p
nel convergente M<1 , attraversa la gola (in cui si devono avere M<1
condizioni critiche (M=1), può accelerare ancora nel divergente pc
dove si ha moto supersonico (M>1). In questo tratto è possibile
l'esistenza di un'onda d'urto che bruscamente riporta il moto in M>1
condizioni subsoniche (M<1), tale andamento è di solito riportato
con un diagramma di pressioni. Paragoniamo quello che può ac-
cadere ad un flusso con pelo libero che viene rappresentato con le Salto
relative altezze. Idraulico
Fr<1
Come si può notare nel pelo libero i regimi supercritici e subcritici
sono separati da una altezza critica "yc" che è equivalente alla yc
pressione critica nei flussi compressibili. Fr>1

L'analogia con il supersonico bidimensionale viene anche sfruttata in tunnel


ad acqua a pelo libero per visualizzare, per analogia, discontinuità simili alle
onde superficiali di gravità.

.3.2 Flussi uniformi - La formula di Chézy (canali con sezione e pendenza costanti)

Come detto prima i regimi di flusso uni-


y1
forme sono caratterizzati da pendenza
So=tanβ e sezione costante.
Questi si ritrovano per lunghi canali ret- z1 β
tilinei a pendenza costante. z01 y2=y1
z2
In queste condizioni anche la velocità 1
V=Vo e la profondità del liquido y=yo z02
saranno costanti.
Dalla formula:
L
V12 V22
+ y1 + S o L = + y2 + hf
2g 2g

ne discende [V1=V2, y1=y2] e che: h f = So L

dove L è la lunghezza del canale ed So la pendenza (costante) da (1) a (2). La perdita viscosa è quindi bilanciata dalla
perdita di altezza piezometrica.
Fluid_ind_030.doc
C.GOLIA: Fluidodinamica Industriale Cap.3.6

In questi casi il flusso è costante, ed equivale al flusso uniformemente sviluppato nei tubi, per cui si applica la relazione
di Darcy facendo uso del diametro idraulico o del raggio idraulico:

L Vo2 L Vo2
hf = f =f .
D h 2g R h 8g

Combinando le due espressioni per "hf" si ottiene l'espressione per la velocità in un canale con flusso uniforme:

 8g 
Vo =   R h So
 f 
 

Per un canale di forma e rugosità superficiale assegnate, la quantità 8g f è costante e viene comunemente denotata
con C= 8g f .

Nota: f dipende da ReDh,, ε/Dh e può essere determinata dall'abaco di Moody-Colebrook


(ε è la rugosità della superficie)

Ne discendono per la velocità Vo e per la portata volumetrica del canale le formule di Chézy, sviluppate dall'ingegnere
francese nel 1769 dopo i suoi esperimenti sulla Senna e sul canale Courpalet:

Vo = C R h So ; Q = AC R h S o

dove A è l'area della sezione fluida.


Nota che la costante che compare nella formula, C , chiamata coefficiente di Chézy , ha le dimensioni del quadrato di
una lunghezza divisa un tempo e quindi varia a seconda delle unità usate per esprimere la velocità e la superficie.

Un'altra aberrazione dimensionale, ma è troppo tardi per correggerla!

Gli esperimenti dimostrano che nel sistema metrico C varia da 30 (per piccoli canali molto rugosi) a 90 (per canali
grandi e poco rugosi) cui corrispondono nel sistema BG (ft-s) i valori di 60 e di 160.

.3.2.1 La correlazione di Manning

La correlazione del coefficiente C con la rugosità delle pareti, con le forme, e con le pendenze di canali di uso comune
è stata fatta da moltissimi ricercatori: Kutter (1869), Manning (1889), Bazin (1897), Powell (1950); nel seguito ci limi-
teremo a trattare la correlazione di Manning che resta tra le più gettonate.
Secondo la correlazione di Moody, il coefficiente di Darcy può essere correlato con il diametro idraulico e la rugosità
media ε , dalla relazione:
1 ε D 2.51 
= −2.0 log h
+
f  3.7 Re D h f 

Poichè in canali relativamente grandi, con acqua, il numero di Reynolds è, tipicamente, dell'ordine di 106 , il secondo
termine in parentesi può essere trascurato rispetto al primo, per cui Manning approssima l'equazione come:

1  ε Dh 
≅ −2.0 log 
f  3.7 

Questa equazione, per valori di ε/Dh compresi tra 0.001 e 0.05 è, a sua volta, bene approssimata dalla relazione:

1/ 3 1/ 3
 ε   ε 
f ≈ 0.18   = 0.113  
 Dh   Rh 

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C.GOLIA: Fluidodinamica Industriale Cap.3.7

8g g
L'uso dei questa relazione per il coefficiente di Chézy comporta: C≡ ≈ 8.4 1 / 6 (R h )1 / 6
f (ε )
simile alla correlazione trovata da Manning nel 1889.
1
In effetti, Manning aveva espresso la correlazione nel sistema SI: C= (R h )1 / 6 nel sistema metrico (metri)
n

1.49
la stessa relazione nel sistema BG prende la forma: C= (R h )1 / 6 nel sistema britannico (foot)
n

Paragonando le espressioni trovate per C (assurda sub-correlazione) risulta:

nel sistema metrico: n ≈ 0.0382 [ε]1 / 6 nel sistema britannico: n ≈ 0.0313 [ε]1 / 6

In definitiva la formula di Manning per determinare la velocità di un flusso uniforme in un canale è:

2/3
1  
nel sistema metrico: Vo ≈ R h  S1o/ 2
(m / s) n  ( m ) 

2/3
1.49  
nel sistema britannico: Vo ≈ R h  S1o/ 2
( ft / s ) n  ( ft ) 

La tabella sottostante fornisce le scabrezze ed i relativi coefficienti di Manning per canali di interesse.

Tipo di canale Scabrezza Coefficiente


equivalente di Manning
ε (mm) n
Pareti di cemento perfettamente liscie. Pareti di legno piallato. Pareti metalliche senza risalti nei giunti. 0-15 - 0.2 0.011
------idem--------------------------------- Ma con curve graduali
0.2 - 0.4 0.012
Pareti di cemento non perfettamente lisce. Muratura di mattoni regolare. Pareti di metalli con chiodature. 0.4 - 1.0 0.013
Pareti di cemento in non perfette condizioni. Muratura ordinaria più o meno accurata. Pareti di legno grezzo, 2-5 0.014 -0.015
eventualmente fessurate
Pareti di cemento solo in parte intonacate, qualche deposito sul fondo. Muratura irregolare (o di pietrame). Ter- 8 0.018
ra molto regolare senza vegetazione
Terra abbastanza regolare. Muratura vecchia in non boune condizioni con depositi di limo sul fondo 15-30 0.020 - 0.022
Terra con erba sul fondo. Corsi d'acqua naturali regolari 70 0.025
Terra in cattive condizioni. Corsi d'acqua naturali con ciottoli e ghiaia 120 -200 0.030
Canali in abbandono con grande vegetazione. Corsi d'acqua con alveo in ghiaia e movimento di materiali sul 300 - 400 0.035
fondo, oppure scavati nella roccia con sporgenze

L'approssimazione di Manning è accurata nel range intermedio di rapporti di scabrosità, risulta poco accurata per canali
poco rugosi e con basse profondità, per i quali predice attrito troppo basso e portate troppo grandi.
Nota che un canale naturale può avere un fattore "n" che varia lungo il corso al variare della profondità. Ad esempio il
Mississippi vicino a Memphis ha n=0.032 (profondità 40 ft) mentre per la profondità media di 20 ft ha n=0.030, e con
profondità di 5 ft arriva ad n=0.040. La crescita stagionale di vegetazione sul fondo e sulle sponde fa ulteriormente va-
riare tali valori durante le stagioni dell’anno.

=^=^=^=^=^=
ESERCIZIO 3.1
Un canale di cemento finito (n=0.012 , e=0.0032 ft) è largo 8 ft ed ha una pendenza di 0.5°, l'acqua è profonda
4 ft.
Calcolare la portata volumetrica Q in ft3/s:
• con la formula di Manning Risp. 589
• con l'analisi del fattore di attrito di Darcy Risp. 538
=^=^=^=^=^=

Fluid_ind_030.doc
C.GOLIA: Fluidodinamica Industriale Cap.3.8

Come si vede il problema diretto (calcolo di Q) è molto semplice; il problema inverso (dato Q calcolare yn) è più com-
plicato in quanto richiede (in genere) un processo iterativo essendo, in genere, Rh una funzione complicata di yn.

=^=^=^=^=^
Esercizio 3.2
Usando le formule di Manning, considera di un canale triangolare (45°) in rame con Q=5 m2/s , ε=0.6mm ed
So=0.0015.
Determinare l'altezza del pelo libero [memo per il triangolo a 45° R h = y cos α Risp y=1.574 m]

=^=^=^=^=^=
ESERCIZIO 3.3
Il canale trapezoidale in figura , ricoperto di asfalto (n=0.016 ,
ε=0.0018 ft), ha una portata q=300 ft3/s di acqua in condizioni di flus-
so uniforme con S=0.0015.
Quale è la sua altezza yn :
• usando la formula di Manning w θ y
Risp. 4.58 ft
• usando il fattore di attrito
Risp 4.63 ft
b ycotθ

=^=^=^=^=^=

.3.3 Sezione ottimale per canali trapedoidali a flusso uniforme

Il più comune problema nell'ottimizzazione della forma di un canale è l'ottimizzazione della portata, i.e. del raggio i-
draulico per una data sezione fluida A.

Poiché Rh=A/P, massimizzare Rh, per una data A, è lo stesso che minimizzare il diametro bagnato P.

In genere non esiste una soluzione ottimale per una forma genera-
le di sezione, ma l'analisi della sezione trapezoidale è semplice e y cotθ
mostra i vari passi del processo.
Considerando la forma in figura, si ricava, per un dato angolo θ
che la superficie fluida è:

A = b y + α y2 dove si è posto α = cot θ y


θ
W
Il perimetro bagnato è: P = b + 2 W = b + 2 y ( 1 + a2 )1/2
b
Eliminando "b" tra le due espressioni si ottiene:

A
P= − αy + 2 y 1 + α 2
y

Per minimizzare P, calcoliamo dP/dy =0 (per A ed α costante), ottenendo: A ott = y 2 2 1 + α 2 − α


 
A y
da cui si ricava: Pott = 4 y 1 + α 2 − 2αy R h ≡ ott =
Pott 2
Il risultato ottenuto è molto interessante: per ogni angolo θ, la sezione più efficiente per flusso uniforme è quella in
cui il raggio idraulico è la metà della profondità del fluido.

Ottimo angolo della sezione trapezoidale


y
Le formule: A = y 2 2 1 + α 2 − α  ; P = 4 y 1 + α 2 − 2α y ; Rh =
  2
sono valide per ogni valore di α.
Assegnata la profondità e l'area, per trovare il valore ottimale di α occorre calcolare dP/dα = 0.

Fluid_ind_030.doc
C.GOLIA: Fluidodinamica Industriale Cap.3.9

1
Il risultato è: 2α = 1 + α 2 # → α = cot θ =
→ θ = 60°
3
Se ne deriva che la forma ottimale è la metà di un esagono (le api l'avevano scoperto senza conoscere la fluidodinami-
ca).

Per un canale rettangolare (α=0°) la sezione ottimale è: A=2y2 ; P=4y ; Rh=y/2 ; b=2y

Assegnata la portata volumetrica Q, per trovare la corretta altezza y, si devono risolvere queste relazioni insieme alla
formula di Manning per la portata Q.

Analogo procedimento di ottimizzazione per una sezione circolare mostra che l'ottimo si realizza per y=D/2, cioè per
una sezione semicircolare.
Questa è in definitiva la migliore di tutte in quanto realizza il minimo perimetro per una data portata

=^=^=^=^=^=
ESERCIZIO 3.4
Per una portata di 5 m3/s di acqua e pendenza So=0.001 di un canale in mattoni:

Quali sono le dimensioni ottimali per una sezione rettangolare? Risp. y=1.27 m , b=2.535 m

Quale la portata di un canale semi-esagonale con la stessa sezione? Risp. 5.25 m3/s

=^=^=^=^=^=

.3.4 Carico specifico e profondità critica

Il teorema di Bernoulli modificato per le perdite viscose applicato a orizzontale


flussi a uniformi a pelo libero si scrive:
piezometrica hf
V12 V22 PZM
+ y1 + z o1 = + y 2 + z o2 + h f = H
2g 2g E
V2 /2g
dove "hf" è la perdita dell'altezza piezometrica dovuta all'attrito ed "H" è
detto energia totale (o carico totale).
V2 y
E' molto utile considerare il parametro: E = y+
2g z0

Il parametro E, che rappresenta l'altezza della linea piezometrica misurata a partire dal fondo del canale, è chiamato
energia specifica (per unità di peso del fluido, anche detto carico specifico).
Se si esprime l'energia specifica in termini della portata si vedrà che, per ogni portata, esistono due stati possibili di mo-
to per una data E, di cui uno sub-critico ed un altro super-critico.

.3.4.1 Canali Rettangolari

Si considerino, per semplicità canali rettangolari di larghezza "b" (quanto detto varrà per ogni altra forma).
Ricerchiamo i possibili stati ad ogni stazione, ponendo q=Q/b (portata per unità di larghezza).
La formula dell'energia specifica diventa:

Q VA V(b y ) q2
q= = = =Vy ; E = y+ 2
; q = 2g y 2 ( E − y)
b b b 2g y

Proviamo a plottare tale relazione in grafici y(E) a q=cost. ed y(q) a E=cost.

Fluid_ind_030.doc
C.GOLIA: Fluidodinamica Industriale Cap.3.10

Notiamo nel grafico E(y) che per ogni va-


y y
lore di E esistono due valori di y; al valore q=costante E=costante
Fr <1 E
minimo per E, Emin corrisponde un solo va- 2 sub
lore di yc detta profondità critica. V /2g critico
y Fr=1
Per trovare questo valore risolviamo l'equa- yc
zione dE/dy=0 per ritrovare: supercritico
yc Fr >1
1/ 3 1/ 3 q
q 2   Q2 
yc =  c  =  2  →
 g  q
  b g 0 E 0
3 0 Emin 0 q max
→ E min = E(y c ) = y c
2

La profondità critica "yc" corrisponde alla velocità di onde superficiali di piccola ampiezza "Co", cosa che si può ve-
dere riscrivendo l'equazione sopra trovata come:

q 2 = g y 3 = (g y )y 2 = Vc2 y c2 da cui deriva: Vc ≡ gy c = C o ⇒ Fr = 1

In conclusione:

• Per E<Emin non esistono soluzioni fisiche.


• Per E=Emin esiste soltanto la soluzione critica Fr=1
• Per E>Emin esistono due soluzioni:

• soluzione subcritica: profondità maggiori della critica y > yc , velocità minore delle critica

V < Vc = Co, Fr<1

• soluzione supercritica: profondità minori della critica y < yc , velocità maggiore delle critica

V < Vc = Co, Fr>1

Nota: si consideri la curva di Fanno in gasdinamica (moto con attrito in condotto unidimensionale) e si noti-
no le analogie

Nota: nel regime supercritico le onde si muovono verso valle: a monte si crea una zona di silenzio, una piccola
ostruzione genera delle onde a cuneo (proprio come il cono di Mach in supersonica) il cui angolo è :

c   gy 
µ = sin −1  o  = sin −1  
V  V 
 

L'angolo dell'onda e la profondità possono essere usate come semplice misura della velocità supercritica.
Questa è, in essenza, la base dell'analogia canale idraulico - supersonica di cui avevamo parlato prima.

Nota: dall'analisi qualitativa della figura y(E) si nota che piccole variazioni di E nell'intorno di Emin causano
grandi variazioni alla profondità y in analogia a piccole variazioni di aree nell'intorno del flusso sonico in ga-
sdinamica. In pratica, come in supersonica, il flusso critico è spesso accompagnato da oscillazioni (onde ed
ondulazioni superficiali). Quindi conviene evitarlo!

Flussi critici in canali si possono realizzare se il valore della pendenza corrisponde a quello critico Sc.
Questo valore può essere facilmente determinato dalla formula di Chézy; con Rh=yc
Per un canale rettangolare [A=by]si ricava:

Fluid_ind_030.doc
C.GOLIA: Fluidodinamica Industriale Cap.3.11

g f g n2
q = C y c y c S c = g y 3c ⇒ Sc = = ≈
C2 8 ξ y1 / 3

ξ = 1 per il sistema metrico SI, ξ = 2.208 per il sistema BG.

Per canali rugosi completamente sviluppati la pendenza critica varia da 0.002 a 0.006 , infatti usando l'abaco di Moody
risulta:
ε/Rh 0.001 0.01 0.1
Sc 0.0018 0.0031 0.0066

=^=^=^=^=^=
ESERCIZIO 3.5
Un canale rettangolare abbastanza largo è fatto da terra pulita (n=0022 . ε=0.12 ft) ed ha una portata q=50
ft3/(s ft), si determinino:
• la profondità critica Risp. 4.27 ft
• il tipo di flusso che esiste se y=3 ft Risp. supercritico
• la pendenza critica Risp. 0.24°
=^=^=^=^=^=

Per canali con forme tali che Rh è molto diverso da y , l'analisi deve essere approfondita.

.3.4.2 Canali non rettangolari

Se la larghezza del canale varia con la profondità y, l'energia specifica deve


bo
Q2
essere scritta nella forma: E = y+
2g A 2 b(y)

Il punto critico di minima energia avviene se dE/dy = 0 [ Q=cost.].


y


Poichè A = b( y) dy = A( y) la condizione di minimo impone:
0

dE Q 2 1 dA dA gA c 3 dA = b dy
= 1− =0 , = ≅ bo
dy Q = cos t g A 3 dy dy condizioni Q 2
critiche

dove bo è la larghezza del canale al pelo libero.


Per cui si può determinare il valore di A critica e della Velocità critica:

bo Q2 Q gA c
Ac = ; Vc = =
g Ac bo

Per un canale con assegnata portata Q e forma: A(y) e bo(y), queste equazioni si possono risolvere per tentativi.

Per un canale non rettangolare:


V V
• Il numero di Froude effettivo è definito da: Fr = =
Vc gA c b o
f P gn 2 P
• La pendenza critica diventa: Sc = =
8 b o ξR 1h/ 3 b o

ξ = 1 per il sistema metrico SI, ξ = 2.208 per il sistema BG.

=^=^=^=^=^=

Fluid_ind_030.doc
C.GOLIA: Fluidodinamica Industriale Cap.3.12

Esercizio 3.6
Il canale a sezione triangolare, come in figura , ha una portata di 16
m3/s con n=0.0018. Determinare:
• yc Risp. 2.37 m y
• Vc Risp. 3.41 m/s
• Sc Risp. 0.00542
=^=^=^=^=^= 50°

.3.5 Il salto idraulico

In un canale con condizioni di flusso supercritico si può passare a condizioni subcritiche attraverso un salto (o risalto)
idraulico.
Analogamente ad un'onda d'urto in gasdinamica, a monte del salto idraulico il flusso è veloce e poco profondo, a valle
il flusso è profondo e lento.
Ma, al contrario dell'onda d'urto che è molto sottile (pochi cammini liberi molecolari) tanto da poter essere considerata
una superficie di discontinuità, il salto idraulico è molto ampio, con lunghezze che, di solito, vanno da 4 a 6 volte la
profondità a valle.
Essendo estremamente turbolento ed agitato il salto idraulico è un efficace dissipatore di energia ed è una caratteristica
tipica di tutte le discariche violente (da dighe ecc.) e di applicazioni dove è richiesto un violento rimescolamento (quali
il trattamento delle acque).

.3.5.1 Classificazione

Denotando le quantità a monte con pedice (1) e quelle a valle con pedice (2), il principale parametro che determina il
salto idraulico è il numero di Froude a monte (nella Onda d'urto era il Mach a monte), Fr1 ; il numero di Reynolds e la
geometria hanno effetti secondari.
Per quanto riguarda il Froude, si ritrovano i seguenti campi opera-
tivi:

o) Fr1 < 1.0 salto impossibile (diminuzione dell'en-


tropia come vedremo in seguito)
a) Fr1 = 1.0 a 1.7 onda stazionaria o ondulata, il salto è
circa 4 volte y2 . Bassa dissipazione ( <5%)
b) Fr1 = 1.7 1 2.5 superficie liscia, aumento graduale di
altezza con piccoli vortici, noto come salto debole.
Dissipazione dal 5 al 10%:
c) Fr1 = 2.5 a 4.5 instabile, salto oscillante; ogni pulsa-
zione irregolare crea una grande onda che può
viaggiare per chilometri a valle, recando possi-
bili danni alle sponde ed altre strutture.
Decisamente sconsigliato. Dissipazione dal 15 al 45%.
d) Fr1 = 4.5 a 9.0 stabile, ben bilanciato, salto staziona-
rio; le migliori prestazioni, poco sensibile
alle condizioni a valle. Ottimale per l'uso. Dissi-
pazione dal 45 al 70%.
e) Fr1 > 9.0 molto ruvido, spesso intermittente, sal-
to forte con buone prestazioni.
Dissipazione dal 70 al 80%

La figura a lato cerca di rappresentare visivamente tale classifi-


cazione.

Fluid_ind_030.doc
C.GOLIA: Fluidodinamica Industriale Cap.3.13

.3.5.2 Teoria per il salto orizzontale

La differenza di quota tra le stazioni a valle ed a monte di un salto idraulico in un canale a forte pendenza certamente ne
influenza le prestazioni, ma tali effetti non sono molto rilevanti per cui la teoria classica assume che il salto avviene su
un fondo orizzontale.
In tale caso la teoria è molto semplice in quanto il salto idraulico è esattamente equivalente ad un'onda superficiale fis-
sa ma non infinitesima; per cui basta riprendere la dimostrazione dell'onda superficiale, fatta nel para.10.1.3 e non im-
porre la piccolezza di "dy".
Se V1 ed y1 (a monte) sono noti per calcolare V2 ed y2 (a valle) basta applicare la continuità ed il bilancio di forze attra-
verso l'onda.
Denotando con "η" il rapporto tra le altezze : η = y2/y1 le formule si scrivono come [V1y1=V2y2]:

y − y1
V2 − V1 = V1 2
y1
(12 ρ g y1 ) b y1 + ρ b y1 V12 = [12 ρ g y 2 ] b y 2 + ρ b y 2 V22
g y − y1 
da cui si ricava: V2 − V1 = 1 + 2 (y 2 − y1 )
V1  2 y1 

Eguagliando la differenza di velocità con quella ricavata dalla continuità si ottiene:

1 y  y 2  1
V12 = g y1  2  + 1 = g y1 η(η + 1)
2  y1  y1  2

Introducendo il numero di Froude a monte Fr 1= V1 g y1 e risolvendo la quadratica per η si ottiene:

y2
2 = −1 + 1 + 8 Fr 2
y1
y
Essendo ora y2 noto, la velocità V2 segue dalla continuità: V2 = 1 V1
y2
Per finire si può valutare la dissipazione attraverso il salto dalla differenza di energia specifica:

 V2   2 
h f = E 1 − E 2 =  y1 + 1  −  y + V2 
 2g   2 2g 
   

dopo qualche laborioso passaggio si arriva a: hf =


(y 2 − y1 )3
4 y1y 2

Questa relazione mostra che la perdita è positiva solo se y2 > y1 (analogo al requisito di positività della produzione di
entropia) il che implica y2 / y1 > 1 , da cui:

• dalla continuità si deriva V2 < V1


y2
• dall' equazione prima trovata: 2 = −1 + 1 + 8Fr 2 ⇒ − 1 + 1 + 8Fr 2 > 2 ⇒ Fr > 1
y1

Ergo il salto può esistere soltanto in corrente supercritica

Tutte caratteristiche simili a quelle delle onde d'urto in gasdinamica.

=^=^=^=^=^=
ESERCIZIO 3.7
Acqua scorre in un canale largo con una portata specifica q= 10 m3/(s m) e y1 = 1.25 m. Se il flusso subisce un salto
idraulico determinare:
1. y2 Risp. 3.46 m
2. V2 Risp. 2.89 m/s
3. Fr2 Risp. 0.496
Fluid_ind_030.doc
C.GOLIA: Fluidodinamica Industriale Cap.3.14

4. hf Risp. 0.625 m
5. la percentuale di dissipazione Risp. 14%
6. la potenza dissipata per unità di larghezza Risp. 61.3 kW/m
7. l'aumento di temperatura dell'acqua [memo cp=4200 J/(kg K)] Risp. 0.0015 °C
=^=^=^=^=^=

.3.6 Regime di flusso gradualmente vario

In pratica i flussi nei canali difficilmente sono uniformi, quasi tutti presentano variazioni sia di inclinazione che di pro-
fondità del liquido.
Una soluzione approssimata è possibile se il flusso varia con gradualità, in questo caso si può mantenere un'assunzione
di quasi-unidimensionalità e risolvere semplici equazioni differenziali a derivate totali.
Le ipotesi acché ciò sia possibile sono:

1. variazione dolce della pendenza del fondo del canale


2. variazione dolce della profondità del liquido (assenza di salti idraulici)
3. variazione dolce di sezione
4. profilo di velocità trattato unidimensionalmente
5. distribuzione di pressione approssimativamente idrostatica

Il flusso allora deve soddisfare la continuità e l'equazione di equilibrio con le forze viscose incluse. Le due incognite
primarie sono la velocità V(x) e la profondità del liquido y(x), dove "x" è la distanza lungo il canale.

.3.6.1 Equazione differenziale di base

Considerando la figura a lato, il bilancio tra la se- orizzontale


zione ad "x" e quella ad "x+dx" fornisce: 2 pendenza S
V /(2g) S dx
V2
+ y + S o dx = piezometrica
2g
 V2  y
dx V 2 V 2
=f + + d  + y + dy
 V 2 2
D h 2g 2g  2g  V /(2g) + d( V /(2g))
ovvero:
So dx
dy d  V 2  y+dy
+ = So − S So
dx dx  2g  V+dV
dove So è la pendenza del fondo del canale e dx
dx V 2
S=f è la pendenza della piezometrica.
D h 2g

La derivata del quadrato della velocità può essere ricavata differenziando la continuità (derivata ovviamente nulla):

dQ d (AV ) dV dA
=0= =A +V
dx dx dx dx bo

Ma dA = bo dy dove bo è la larghezza del canale al pelo libero per cui: dy


[memo: A = cost. ⇒ dV V + dA A = 0 ⇒ dV = −(V A )dA ]

dV V dA V dy
=− = − bo A dA=bo dy
dx A dx A dx
e quindi:
d  V 2  V dV
= V 2 b o dy
=−
dx  2g  g dx
 g A dx

Fluid_ind_030.doc
C.GOLIA: Fluidodinamica Industriale Cap.3.15

che introdotta nella relazione precedente fornisce l'equazione:

dy  V 2 
1 − bo = S o − S che espressa in funzione del numero di Froude, prende la forma finale dell'equazione diffe-
dx  2g 
dy S o − S
renziale valida per flussi vari gradualmente: =
dx 1 − Fr 2
Nota:
• il denominatore dell'equazione cambia di segno a seconda del valore del numero di Froude (analogo alla varia-
zione di area con il Mach in gasdinamica)
• il numeratore dell'equazione cambia segno a seconda del fatto se la pendenza del fondo So è maggiore o mino-
re di S, che è la pendenza equivalente del flusso uniforme (pendenza della piezometrica) che realizza la stessa
f V2 1 V2
portata Q ed è dato da: S= =
D h 2g R h C
dove C è il coefficiente di Chézy

Il comportamento di dy/dx dipende quindi dal valore della pendenza del fondo del canale So(x) che deve esser parago-
nato con:
1. flusso critico y = yc
2. flusso uniforme y = yn.

.3.6.2 Soluzione numerica


dy d  V 2 
 = So − S
L'integrazione dell'equazione differenziale ordinaria +
dx dx  2g 

è necessaria per l'analisi di ogni problema di interesse pratico.

Una semplice formulazione numerica è di riscrivere l'equazione facendo uso del fatto che l'energia specifica
E = y + V2/(2g) varia solo con "y" (essendo Q costante), in tal caso l'equazione diventa:

dE dE E ( y + ∆y ) − E ( y )
= So − S → dx = → ∆x ≈
dx So − S (So − S)medio

Il che significa che si assume dy come variabile indipendente e dx come variabile dipendente.

Per la media di S (pendenza della piezometrica) si può usare la formulazione di Manning:

2
f medio Vmedio n 2 Vmedio
2
S medio ≈ ≈ dove ξ=1 nel SI, 2.208 nel BG
8gR h ,medio ξR h ,medio
con:
Vmedia ≈ 12 [V( y) + V( y + ∆y)] , R h ,media ≈ 12 [R h ( y) + R h ( y + ∆y)]

Per la media di So (pendenza del fondo) assumendo: S o, media ≈ 12 [S o ( x ) + S o ( x + ∆x )]


si deve in qualche modo iterare, essendo "∆x" incognito.

Iniziando ad x=0 con un certo valore di yo, si puo integrare per passi (verso valle o verso monte) utilizzando piccoli
passi di "∆y" per determinare il corrispondente "∆x", dopo di cui x = ∑
∆x e si può costruire il profilo y(x).
=^=^=^=^=^=
ESERCIZIO 3.8
Dato un canale abbastanza largo con n=0.0022, So=0.0048 e q=50 ft3/(s ft).
Se yo=3 ft ad x=0, quale è la lunghezza "L" del canale per ottenere y(L)=4 ft ?
Sugg. Usare incrementi "∆y=0.2" e la formulazione di Manning (riguarda al ESERCIZIO.9.4)
Risp. L≈218.2 ft
=^=^=^=^=^=

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C.GOLIA: Fluidodinamica Industriale Cap.3.16

.3.7 Misure di portate per mezzo di stramazzi

Uno stramazzo è una ostruzione sul fondo di un canale su cui il fluido deve tracimare.
Per certe geometrie semplici la portata Q si può correlare all'altezza di bloccaggio H da cui il liquido è deflesso dalla
presenza dello stramazzo. In questo modo lo stramazzo è un elementare ed efficace misuratore di portate per canali a-
perti.
La figura sottostante mostra due geometrie tipiche, tra le innumerevoli usate.

h circa H/3
H (2)
H
ventilazione yc ventilazione
V1 (1)
V1

Y Y

Stramazzo Bazin (in parete sottile) Stramazzo Belanger (in parete grossa)

Lo stramazzo in parete sottile, denominato stramazzo Bazin, garantisce il più alto grado di precisione nella misura del-
la portata (fino all'1%), è caratterizzato dalla soglia a forma di lama sottile, dall'assenza di contrazione laterale e dalla
completa aerazione sotto la vena affluente. Le norme UNI stabiliscono i particolari esecutivi di questo tipo di stramaz-
zo, così come le caratteristiche del canale di alimentazione che hanno influenza non trascurabile sul coefficiente di por-
tata.
Lo stramazzo in parete grossa, detto stramazzo di Belanger, dal nome dello studioso che ne studiò il funzionamento
nel 1845, avanzando per primo la relativa teoria, garantisce precisioni fino al 3-4%.
In entrambi i casi il flusso a monte è subcritico, accelera fino ad arrivare a condizioni critiche sulla cresta e diventa su-
percritico nella lama liquida che precipita sul fondo a valle. In entrambi i casi la portata specifica (per unità di apertura
"q") è proporzionale ad H2/3 , dove H è l'altezza della corrente a monte sopra la cresta dello stramazzo.
Le correlazioni cambiano se non esiste ventilazione (lama fluida a valle attaccata alla parete dello stramazzo).

.3.7.1 Analisi dello stramazzo Bazin

Una semplicissima analisi unidimensionale, derivata da Boussinesque nel 1907 considera una vena fluida dal punto (1)
a monte dello stramazzo, al punto (2) sopra la cresta e ne determina le relazioni mediante il teorema di Bernoulli:
V12 V2
+ H + Y ≈ 2 + H + Y − h da cui V22 ≈ V12 + 2g h
2g 2g
La portata specifica del flusso sopra lo stramazzo è quindi approssimativamente:
 3/ 2 3/ 2 
H H V2   H V2 
q= ∫ V2 dh = ∫ V12 + 2gh dh = 23 2g  H + 1  − + 1  
H/3 H/3  2g   3 2g  
    
dove abbiamo assunto (senza provarlo) che il pelo libero della lama di fluido è circa 2H/3 sopra lo spigolo dello stra-
mazzo.
Normalmente la V21 / (2g) << H, sicché la si può trascurare, in questo caso, l'espressione per la portata diventa:
q = 0.81 32 2g H 3 / 2
Questa formula è fondamentalmente corretta, ma la costante 0.81 risulta in pratica esser troppo grande a causa di: con-
trazione della vena, attrito, tensione superficiale ecc. , tutti effetti non considerati in questa semplice analisi.
La formula generalmente accettata usa un coefficiente di portata per lo stramazzo in parete sottile, Cw :

q = C w 23 2g H 3 / 2
0.075 H
il cui valore è correlato da esperimenti. Tra le tante quella di Rehboc (1929) riporta: C w = 0.611 +
Y

Fluid_ind_030.doc
C.GOLIA: Fluidodinamica Industriale Cap.3.17

.3.7.2 Analisi dello stramazzo in parete grossa

Per questo tipo di stramazzo l'analisi è ancora più semplice in quanto si realizza sulla cresta dello stramazzo un tratto di
flusso critico, in questo caso il teorema di Bernoulli fornisce:

V12 V2
+ H + Y ≈ c + yc + Y
2g 2g

Poiché Vc2 = g y c la relazione si può risolvere per yc :

2H V12 2H
yc ≈ + ≈2
3 3g V
se 1 << H
3
2g
La portata specifica è quindi data da:

 1 2
q = gy 3c ≈   3 2g H 3 / 2 = C w 23 2g H 3 / 2
 3

Il valore teorico del coefficiente di portata è Cw=0.577, in pratica si raccomandano correlazioni con dati sperimentali,
0.65
tra le altre: C w =
1+ H Y

=^=^=^=^=^=
ESERCIZIO 3.8
Uno stramazzo posto in un canale orizzontale è alto 4 ft e largo 12 ft, la profondità a monte è 5.2 ft.
Determinare la portata nel caso di:
• stramazzo in parete sottile Risp. 53.5 ft3/s
• stramazzo in parete grossa Risp. 48.1 ft3/s
=^=^=^=^=^=

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C.GOLIA-Fluidodinamica Industriale cap.4, pag.4. 1

Capitolo 4

Moti alla Stokes

Contenuti

.4.1 Generalità sui Moti alla Stokes


.4.1.1 Sfera
.4.1.2 Cilindro

.4.2 I moti alla Oseen

.4.3. Introduzione alla Lubrificazione Fluidodinamica


.4.3.1 Teoria di Reynolds
.4.3.2 Cuscinetto inclinato infinito
.4.3.3 Cuscinetto a ralla fissa

.4.4 Flussi in mezzi porosi

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C.GOLIA-Fluidodinamica Industriale cap.4, pag.4. 2

.4.1 Generalità sui Moti alla Stokes

Consideriamo campi di moto caratterizzati da un numero di Reynolds molto basso (tipicamente minore dell’unità).
Ricordando che il numero di Reynolds rappresenta il rapporto di due effetti: quello convettivo rispetto a quello diffusivo
viscoso, ci si può aspettare che per questi moti, detti Moti alla Stokes (creeping flows), gli effetti convettivi saranno
trascurabili rispetto a quelli viscosi, per cui l’equazione di equilibrio si riduce all’equilibrio (diffusivo) tra gli sforzi di
pressione e quelli dissipativi viscosi.

Consideriamo moti incompressibili [ρ=cost], stazionari, fluidi Newtoniani con viscosità µ costante, e con eventuali
campi di forze di massa conservativi con potenziale Ω [che possono essere introdotti in una definizione estesa della
pressione P: ∇p + ρ∇Ω ≡ ∇P ].

Per questi campi valgono (coordinate cartesiane):

Continuità: ∇•V = 0
1
Q.d.M. V • ∇ V = − ∇P + ν∇ 2 V
ρ

Le adimensionalizzazioni per le lunghezze e le velocità sono ovviamente:

r’ = r/L , V’ = V/U

Per la pressione, essendo trascurabile l’effetto convettivo, sarà saggio fare l’adimensionalizzazione rispetto al termine
viscoso:
P’ = P/(µU/L)

Per cui l’equazione di equilibrio adimensionalizzata è [per semplicità di notazione ometteremo, nel seguito, il simbolo
asterisco di adimensionalizzazione]:
 U2   µU   νU  2
  V • ∇ V = − 
 L   ρL2 ∇P +  L2 ∇ V
   

ovvero dividendo per il termine viscoso (certamente predominante) si ottiene:

[Re L ] V • ∇V = −∇P + ∇ 2 V
con condizioni al contorno ed ai limiti:
V → 1

r→∞  P∞ L sul corpo V = 0
P → µ U

Per Reynolds bassi, è come prendere il limite per Re→ 0:

∇•V = 0
∇ 2 V = ∇P + O(Re )

con le stesse condizioni al contorno ed ai limiti.


Conviene verificare la consistenza della trascurabilità degli effetti convettivi.

.4.1.1 Sfera

Consideriamo il caso tri-dimensionale. dalla solenoidalità e dalla condizione all’infinito risulta che la velocità deve
c
tendere a V ≈ 1 − 2 Da questa condizione derivano gli andamenti:
r →∞ r
1 1 1
∇V ≈ 3 V • ∇V ≈ 5 ∇2 V ≈ 4
r →∞ r r →∞ r r →∞ r

Fluid_ind_040.doc
C.GOLIA-Fluidodinamica Industriale cap.4, pag.4. 3

Per cui il rapporto tra il termine (convettivo) trascurato e quello (diffusivo viscoso) mantenuto è:

Re [V • ∇V] Re r −5 Re
2
≈ −4
=
∇ V r →∞ r r

Da qui si nota che esiste (per ogni valore di Re) una zona del fluido (r ≈ Re-1) dove gli effetti convettivi non saranno in
effetti trascurabili. Si tratta in pratica di un problema simile ad uno strato limite dove esistono due regioni una interna ed
una esterna, che si devono accoppiare.

Si ritrova che per una sfera, risulta una forza puramente resistente pari a (formula di Stokes):

D = 6π µ R U

E’ pessima abitudine rapportare questa forza alla pressione dinamica ed alla superficie frontale della sfera, per definire
un coefficiente di resistenza:

D 6π µRU 24 2R U
CD ≡ = per ottenere la bella formula: CD = con: Re = .
1
2
ρU 2 S 1
2
ρU 2 πR 2 Re ν

Il tutto è molto comodo da usare, ma illogico in quanto si introduce una dipendenza (della densità ρ) che non entra nella
fisica del modello (puramente diffusivo).

Da questo deriva l’illogico andamento: U→0, Re→0, CD→∞, D→finita.

L’importanza conseguenza dell’analisi è che, per regimi di creep, la forza resistente dipende in modo lineare dalla
velocità.

Questa linearità è sfruttata per esprimere, per tali regimi, la resistenza ed il momento che si esercita su particelle
sferoidali (poco diverse dalla sfera) nella forma:

F = −µ K • U ; M = −Ω • ω

dove K ed Ω sono detti, rispettivamente, tensori di massa e tensore di rotazione [ω è la velocità angolare del corpo].

Ovviamente per la sfera è K = 6 π R: può essere interessante verificare che per la sfera è : Ω = 8 π R3.
Tali formule sono utilizzate, generalizzate ed estese a vari problemi di reologia; molte volte vengono usate in apparati
per determinare la viscosità dinamica µ di fluidi molto viscosi.

La resistenza di gocce o di bolle, in regime di creep, può essere derivata seguendo la falsariga sopra descritta; poiché si
verificherà, per tali casi, un moto interno (fluido con viscosità µ) che deve essere accoppiato (sulla superficie) con
quello esterno (fluido con viscosità µ) occorre risolvere due campi bi-laplaciani ed imporre sulla superficie della sfera,
l’accoppiamento cinetico (continuità delle velocità) e dinamico (continuità degli sforzi). Senza voler ulteriormente
entrare nei dettagli, riportiamo, per curiosità, il risultato per la resistenza di bolle e gocce:

 2µ + 3µ' 
D bolle = 6π µ R U  
gocce  3µ + 3µ' 

.4.1.2 Cilindro

Per un moto bi-dimensionale (non necessariamente piano es. r,θ) la continuità garantisce l’esistenza di un potenziale di
Stokes ψ: V = − k ∧ ∇ψ
Conviene, in questo caso, fare il rotore dell’equazione ∇ 2 V = ∇ ∧ ∇ ∧ V = ∇P + O(Re )
per eliminare la pressione, sicché l’equazione per il potenziale ψ diventa:

Fluid_ind_040.doc
C.GOLIA-Fluidodinamica Industriale cap.4, pag.4. 4

∇ ∧ ∇ ∧ ∇ ∧ V = ∇ • [∇(∇ • ∇ψ )] = ∇ 2∇ 2ψ = O(Re )

Ovvero, in forma breve, per il campo interno vale un operatore bi-Laplaciano: ∇4ψ = 0

Per il caso bidimensionale (cilindro infinito ) si dimostra però che non è possibile soddisfare le condizioni asintotiche:
paradosso di Stokes

Infatti se consideriamo la vorticità ω derivante dalla soluzione delle equazioni di Stokes, si può verificare un
sinθ
andamento del tipo: ω ≈ −2C che va bene in quanto essa tende ad annullarsi per grandi valori di r, ma se si
r
determina il rapporto convezione/diffusione si ritrova l’andamento Ur / ν dal quale si deduce che ad una certa distanza
dal cilindro gli effetti convettivi risultano non trascurabili.

Per capire più ingegneristicamente tale paradosso verifichiamo le ipotesi con l’analisi dimensionale.

Se gli effetti convettivi sono effettivamente trascurabili in tutto il campo di moto, la forza non può dipendere dalla
densità ρ ma soltanto dalla geometria del corpo, dalla velocità U e dalla viscosità µ del fluido.
Per campi bidimensionali (cilindro infinito) la forza che ricerchiamo, F’, è dimensionalmente una forza per unità di
profondità che deve dipendere da:
F
F' = = f (U, µ, R )
L

Per campi tridimensionali (sfera) la forza è quella totale che si esercita sul corpo:

F = g(U, µ, R )

Se facciamo un’analisi dimensionale, si ritrovano, nei due casi, un solo raggruppamento adimensionale:

F'
Cilindro infinito (2D): = costante
µU
F
Sfera (3D): = costante
µUR

Il primo risultato è fisicamente inaccettabile in quanto ipotizza una forza per unità di profondità indipendente dalle
dimensioni del cilindro infinito.
Ne segue che necessariamente, per il cilindro infinito, la forza per unità di profondità deve dipendere anche dalla
densità ρ del fluido (i.e. dagli effetti convettivi).
Il trascurare questi effetti provoca, nel modello di Stokes, una singolarità logaritmica dipendente dal fatto che il disturbo
piano (corpo infinito) introduce disturbi così grandi che si estendono all’infinito in modo non nullo.

.4.2 I moti alla Oseen

La soluzione dei moti alla Stokes fornisce soluzioni completamente simmetriche che non sono compatibili all’infinito
con le ipotesi; i risultati trovati per la sfera sono accettabili per valori di Re<1.
Per valori di Re leggermente maggiori le soluzioni sperimentali risultano asimmetriche, a causa della scia viscosa che si
stabilisce a valle del corpo.
Per ovviare alla compatibilità all’infinito e per poter descrivere soluzioni asimmetriche, a bassi valori di Re nel range
[1,2] Oseen (1927) considera il caso in cui gli effetti convettivi sono presenti ma in forma linearizzata.
Si presume che il campo di velocità V=U+V’ è leggermente modificato rispetto al moto base U, per cui si assume:

u=U+u’ ; v=v’ ; w=w’ con |u’|, |v’|, |w’| << |U|

sicché, linearizzando l’equazione di equilibrio, risulta per la velocità di perturbazione V’=(u’.v’.w’) (in coordinate
cartesiane):
∇ • V' = 0
∂ V' 1
+ U • ∇V' = − ∇p + ν∇ 2 V'
∂t ρ

Fluid_ind_040.doc
C.GOLIA-Fluidodinamica Industriale cap.4, pag.4. 5

che è un problema lineare per V’. La presenza del termine convettivo permette la congruenza all’infinito.
L’analisi alla Oseen, per la sfera in moto uniforme, fornisce un valore del coefficiente di resistenza pari a:

24  3 
CD = 1 + Re 
Re  16 
che coincide con la soluzione di Stokes per Re → 0.

Sfortunatamente la formula di Oseen non risulta valida per valori di Re>2. In questi casi gli analitici ricercano soluzioni
in serie di potenze di Re, di cui la soluzione di Oseen rappresenta il primo termine.

.4.3. Introduzione alla Lubrificazione Fluidodinamica

La meccanica della lubrificazione è uno dei maggiori campi d’analisi dove sono utilizzate le equazioni di Stokes, ed è
uno dei pochi casi in cui il regime laminare è la regola comune, mentre la turbolenza è l’eccezione.
Lo scopo della lubrificazione è di separare le superfici di due corpi (sottoposti ad un carico) in moto relativo, con un
film sottile di una sostanza capace, sostenendo il carico, di evitare il contatto diretto tra le due superfici in modo da
ridurne l’attrito.
L’evoluzione storica vede, ai primordi, l’uso esclusivo di sostanze solide (grassi animali e vegetali); questo è
l’argomento della cosiddetta lubrificazione a secco.
Leonardo (1508), Eulero(1748) esaminarono il problema; Coulomb (1809), per primo, ritrovò che la forza di attrito F
era proporzionale al carico applicato W, ponendo le basi del concetto di coefficiente di attrito f=F/W.
Ovviamente tali osservazioni erano limitate a basse velocità relative, in quanto le lavorazioni meccaniche dell’epoca
non erano capaci di realizzare una rifinitura superficiale, con bassi valori di scabrosità, che potesse permettere velocità
relative alte tali da realizzare una vera lubrificazione fluidodinamica.

Petrov (1883) fu il primo a riconoscere il ruolo della viscosità del fluido µ , fornendo la prima teorizzazione della
lubrificazione fluida, con la famosa legge di Petrov, per cuscinetti rotanti, che stabiliva la dipendenza della coppia di
attrito T dalla velocità relativa U, dal gioco c, dal raggio R e dalla superficie bagnata S:

R
T=µU S
c

Tale legge predice, però, che la coppia T non dipende dal carico applicato (cosa vera asintoticamente soltanto per
altissime velocità di rotazione).
Successivamente Petrov, notando che la coppia è esprimibile come T = F R, cioè come prodotto del raggio R per la
forza di attrito F, ed essendo la superficie bagnata esprimibile in funzione del raggio R e della lunghezza del cuscinetto
L: S=2π R L, ricavò l’espressione della forza di attrito F:

 U
F =  µ  2π R L
 c

Petrov ritrovò quindi una dipendenza del coefficiente di attrito f=F/W:

F  µU  R 
fµ ≡ = 2π   
W  W L  c 

E’ interessante far notare che la teoria sviluppata in seguito ritroverà, per cuscinetti a ralla fissa, una dipendenza del
coefficiente d’attrito f dal numero (adimensionale) di Sommerfeld ∆:

2
1 µU  R 
≡  
∆ W L c 

in cui compare il quadrato del rapporto (R/c).

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C.GOLIA-Fluidodinamica Industriale cap.4, pag.4. 6

O.Reynolds (1886) è il riconosciuto fondatore della teoria della lubrificazione fluidodinamica: analizzando la soluzione
viscosa di Couette tra due parete parallele in moto relativo, egli riconobbe che soltanto un non parallelismo geometrico
tra le pareti era capace di generare un campo di pressioni che potesse sostenere il carico applicato, e scrisse le equazioni
tuttora usate per l’analisi del problema.
Tra i molti nomi famosi sull’argomento, Sommerfeld (1904) e Mitchel (1924) sono i più gettonati.

.4.3.1 Teoria di Reynolds

Limitiamo l’analisi a condizioni stazionarie e a regimi incompressibili e laminari, con fluidi Newtoniani (ad alta
viscosità) e trascurabilità degli effetti gravitazionali.
Reynolds analizza il moto di un fluido confinato tra due superfici in moto relativo (con velocità dell’ordine di 1-10
m/s), in condizioni in cui lo spessore del film fluido è molto piccolo (tipicamente inferiore al decimo di millimetro).
Per tali problemi il valore del numero di Reynolds, basato sullo spessore del film fluido, è molto piccolo, per cui sono
applicabili le equazioni di Stokes (trascurabilità dei termini convettivi).

Oggigiorno si realizzano problemi in cui il valore del Re z


è dell’ordine delle migliaia, l’errore riscontrato con
l’uso delle equazioni di Stokes è inferiore al 5%, ed è
industrialmente accettato. (1)
L’equazione della continuità è:
(2)
y h(x,y)
∂u ∂v ∂w
+ + =0
∂x ∂y ∂z
x
L’idea di O.Reynolds è di integrare l’equazione di continuità per una colonna liquida [dx][dy][h(x,y)]:

h(x,y) ∂u h(x,y) ∂v h( x, y) ∂w
∫ 0 ∂x
dz + ∫ 0 ∂y
dz + ∫0 ∂z
dz = 0

Ovviamente l’integrazione deve essere fatta tenendo in conto del fatto che i limiti di integrazione dipendono da (x,y),

h( x, y) ∂f ( x, y) ∂ h( x, y) ∂h
∫0 ∂x
dz =
∂x ∫
0
f ( x, y) dz − f ( x, y)
∂x

perciò in funzione delle portate volumetriche:

h(x,y) h( x, y)
qx = ∫
o
u dz ; q y = ∫ o
v dz

denotando con U1,U2, V1,V2, w1,w2 le componenti delle velocità delle due superfici si ottiene:

 ∂q x ∂h   ∂q y ∂h 
 − U1  +  − V1  + (w1 − w 2 ) = 0
 ∂x ∂x   ∂x ∂y 

L’equazione di Stokes, per le componenti x ed y della velocità, può essere semplificata in quanto le derivate rispetto a z
sono certamente molto più grandi di quelle rispetto a x ed a y, per avere la forma:

∂p  ∂ 2u  ∂p  ∂2v 
= µ  2  ; = µ  2 
∂x  ∂z  ∂y  ∂z 

Queste possono essere integrate rispetto a z.


Per la prima:

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C.GOLIA-Fluidodinamica Industriale cap.4, pag.4. 7

∂u 1 ∂p 1 ∂p z 2
= z + C1 ; u = + C1 z + C2
∂z µ ∂x µ ∂x 2

Le costanti C1 e C2 sono specificate dalle condizioni di non-slip sulle superfici: @z=0: u=U2; @z=h: u=U1 da cui:

u=
1 ∂p 2
2µ ∂x
( ) z
z − zh + (U1 − U 2 ) + U 2
h

Si nota che il profilo di velocità [come nel problema di Couette] è somma di una parte parabolica e di una parte lineare.
Da questa si può ricavare l’espressione della portata elementare qx:

h( x,y) h 3 ∂p h
qx ≡ ∫ u dz = − + (U1 + U 2 )
0 2µ ∂x 2

Analogamente per la derivazione di qy:

h( x, y) h 3 ∂p h
qy ≡ ∫ v dz = − + (V1 + V2 )
0 2µ ∂y 2

Ovviamente queste relazioni implicano la costanza di µ rispetto a z!

L’idea di Reynolds è di sostituire queste relazioni nell’equazione della continuità, si ottiene così l’espressione generale
dell’equazione di Reynolds per la lubrificazione fluidodinamica:

∂  h 3 ∂p  ∂  h 3 ∂p  ∂ ∂ 
 +   = 6 [(U1 + U 2 ) h ] + [(V1 + V2 ) h ] + 2 (w1 − w 2 )
  
∂x  µ ∂x  ∂y  µ ∂y  
 ∂x ∂y 

che rappresenta una equazione di Poisson nel piano (x,y) del tipo: ( )
∇ • K • ∇p = f ( x , y )
dove la matrice K è diagonale e positiva definita.

Nel caso in cui la viscosità µ sia costante anche con x e y l’equazione si semplifica:

∂  3 ∂p  ∂  3 ∂p  ∂ ∂ 
h  +  h  = 6ν  [(U1 + U 2 ) h ] + [(V1 + V2 ) h ] + 2 (w1 − w 2 )
∂x  ∂x  ∂y  ∂y   ∂x ∂y 

Questa è la forma più comunemente usata in condizioni isoterme.

E’ da far rilevare che la familiarità alla risoluzione dell’equazione di Laplace, ha portato nel passato a ricercare la
trasformazione P = p h-2/3 rispetto alla quale l’operatore di campo diventa Laplaciano.

Consapevoli della forte dipendenza della viscosità ν dalla temperatura T, in caso di cuscinetti veloci si deve introdurre
la dipendenza ν[T] = ν[ T(x,y,z)] risolvendo in modo accoppiato l’equazione dell’energia, che sotto le ipotesi di
Stokes [ci si riduce al bilancio della conduzione e della dissipazione viscosa], trascurando le derivate rispetto ad x ed a y
in relazione a quelle rispetto a z, e le derivate delle componenti della velocità v e w rispetto alla u, diventa:

2
∂ 2T λ(T )  ∂u 
=−  
∂z 2 µ(T )  ∂z 

Una volta definite le condizioni al contorno [pressione o derivata normale della pressione, nota sul contorno] si può
risolvere l’equazione di Reynolds. Sarà allora nota la distribuzione delle pressioni p(x,y), dal cui integrale si potrà
ricavare il carico sopportato, e, dal calcolo del momento, il suo punto di applicazione, così come il punto in cui si
realizza il valore massimo della pressione.
Inoltre, noto il campo di pressione, si può ricavare, in ogni punto, il profilo delle velocità e da questo lo sforzo viscoso
puntuale, che integrato fornirà la forza di attrito e, se del caso, il momento di attrito.

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Parimenti si potrà determinare (integrando i valori di qx e qy) la portata di fluido, Q, che, insieme alle informazioni del
valore e del punto in cui si verifica la pressione massima, darà indicazioni sulle prestazioni necessarie per il
dimensionamento della pompa di lubrificazione e del punto dove porre il foro di alimentazione del lubrificante.

I dettagli di tali determinazione saranno mostrati di seguito per due applicazioni significative.

.4.3.2 Cuscinetto inclinato infinito

Per questo problema (cuscinetto infinito) si suppone


(.)y=0, d/dy=0, U2=0, U1=U, w1=w2=0, sicché z B
l’equazione di Reynolds si semplifica (viscosità
costante):

h1
d  3 dp  dh h(x) ho
h  = 6µ U
dx  dx  dx
x
Questa può essere integrata una prima volta per avere: U
dp h−h
= 6µ U 3
dx h

Dove la costante di integrazione h rappresenta il valore di h(x) per cui la pressione è massima (dp/dx=0)
h( x ) x
Ponendo l’espressione dell’intercapedine: = 1+ K − K
ho B
h1 − h o h x
con K = , con A = e con x* = , l’equazione si può integrare analiticamente per fornire la soluzione:
ho ho B

p( x*) Kx * (1 − x *)
p * ( x*) =
[h 3
(6µ U B)] (2 + K )(1 + K − Kx *)2
=

x 1+ K
Il massimo della pressione si verifica all’ascissa: x* = =
B 2+K
K
Il valore massimo della pressione è: p * ( x*) =
4(2 + K )(1 + K )

La capacità di carico sopportata dal cuscinetto è:

W B  6µUB 2  1  6µUB 2  1  (1 + K ) 2   6µUB 2 


L
= ∫0
p( x ) dx =  2
 h o 
 ∫
0
p * dx* =  2 
 h o  K 
 ln
K
− =  W*
2 + K   h 2o 

Il punto di applicazione del carico xF si può determinare calcolando il momento rispetto all’origine:

L Mo
Mo = ∫ x p(x) dx
0
; sicché xF =
W

Si lascia allo studente di verificare che:

x F 2(3 + K )(1 + K )ln (1 + K ) − K (6 + 5K )


=
B {(2 + K )ln(1 + K ) − 2 K}2 K

Uh h 3 dp U h 1+ K
La portata di olio necessaria è facilmente determinabile essere: qx = − = = U h0
2 12µ dx 2 2+K

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La determinazione della forza di resistenza D può essere fatta integrando lo sforzo viscoso superficiale

D B

L
= ∫
0
τ dx

±
 du  h dp U
Lo sforzo viscoso sulle superfici (superiore/inferiore)=(+/-) vale : τ = µ  = ± −µ
 dz  2 dx h
Ne discende:
 µUB  ln (1 + K ) h
D± = −  ± WK 0
h
 0  K B

Una stima dell’aumento di temperatura, ∆T, può essere fatta assumendo che la portata d’olio rimuova tutta l’energia
prodotta dalla dissipazione viscosa [stimabile come il prodotto resistenza velocità, D.U].
In questo semplice modello si deve verificare: q x ρ cspec L ∆T ≈ D U
Da cui discende la stima:

1  D* 2 + K  W
∆T ≈  
ρcspec  6W * 1 + K  B

.4.3.3 Cuscinetto a ralla fissa

E’ probabilmente l’argomento di maggiore interesse per la


lubrificazione fluidodinamica.
Consideriamo un cuscinetto infinito lungo l’asse y.
Esso consiste di un albero di raggio R2 e centro C che ruota in una
cavità di raggio R1 e centro O.
Si definisce giogo c=R1-R2 , eccentricità “e” il valore della
R1
distanza tra i due centri che si stabilisce in condizioni di e O
funzionamento [varia con la velocità di rotazione e con il carico], θ B
rapporto di eccentricità ε = e/c. C
Il valore dell’intercapedine h(θ) può essere valutato in modo
esatto dalla formula:
 ε2 c 
R2
h = c 1 + ε cos θ − sin 2 θ 
 2 R1 

Poiché di solito il rapporto c/R1 è dell’ordine di 10-3, tale espressione viene di solito approssimata con la più semplice
forma linearizzata: h = c (1 + ε cos θ)

Di solito dato il U
basso valore di c e di
ε, si considera lo
sviluppo della
superficie al raggio 0
R1, sicché il π 2π
problema viene
θ
ricondotto a quello
tra due superfici.
Con le stesse considerazioni l’equazione di Reynolds si riduce, ponendo x=Rθ, a:
dp h−h
= 6µ U 3
dx h

ovvero:
1 dp
= 6µ U 
( )
 (1 + ε cos θ) − 1 + ε cos θ 

R dθ  c 2 (1 + ε cos θ)3 
che si può scomporre in:

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c2 
dp = dp* = 


( )
1 + ε cos θ dθ 

6µ U R  (1 + ε cos θ)2
(1 + ε cos θ)3 
L’integrazione di quest’equazione fu risolta brillantemente da Sommerfeld (1904) che, con l’ausilio della sostituzione:
ε + cos θ
cos γ = , riuscì ad ottenere la soluzione:
1 + ε cos θ

c2
p = p* =
γ − εsinγ  1 − ε2  γ − 2εsinγ + ε2 γ / 2 + ε2sin 2 γ / 4
− +C
( )
6µ U R (
1 − ε2
3/ 2
) ( )

 1 + ε cos γ  1 − ε2 (
5/ 2
)
In tutto quanto esposto h , θ, γ rappresentano i valori dove si riscontra il massimo della pressione.
Dall’analisi della soluzione, si vede che essa comprende due costanti: γ e C.
Il valore di C viene di solito risolto imponendo che p = 0 @ θ = γ = 0, dal che risulta C = 0, sicché si ottiene:

c2
p = p* =
γ − εsinγ  1 − ε2
−
(
 γ − 2εsinγ + ε2 γ / 2 + ε2sin 2 γ / 4 )
6µ U R (
1 − ε2
3/ 2
) (
 1 + ε cos γ ) 
 (
1 − ε2 )
5/ 2

Per determinare l’ultima costante γ occorre imporre un altro criterio sulla distribuzione delle pressioni.
E qui sorge il problema, che ha motivato la necessità di presentare una soluzione tanto complicata.
Al momento vi sono tre criteri per stabilire tale condizione:

Full Sommerfeld: p=0 @ θ = 2π


Half Sommerfel: p=0 @θ>π
Reynolds: dp/dθ=0 @ p(θ)=0, θ > π

Le tre condizioni forniscono campi di pressione che hanno la forma:

0 θ 2π 0 θ 2π 0 θ 2π

B.C.: Sommerfel B.C.: Half Sommerfeld B.C.: Reynolds

La condizione alla Sommerfeld , come si vede prevede un campo di


pressione negative (rispetto a quella atmosferica di riferimento) che non è Wx
credibile poiché si verificherebbe certamente il fenomeno della
cavitazione.
La condizione Half Sommerfeld è un metodo troppo brutale per evitare θ
tale fatto, e quindi poco credibile. e O
La condizione di Reynolds prevede che il gradiente di pressione si annulli
nel punto in cui la pressione è nulla ma dopo la metà della ralla: è la C
credibile, ma anche la più ostica da imporre.

Nel seguito discuteremo come si determinano i parametri di interesse per


il problema di un cuscinetto a ralla fissa.
Questi parametri sono essenzialmente: Wy
1. Capacità di carico, ψ
2. Angolo di assetto, W
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3. Coppia di attrito,
4. Portata di fluido

La capacità di carico, per unità di profondità: W/L, può venire determinata integrando il campo di pressione a partire da
una determinata posizione angolare.
Immaginando che durante il funzionamento l’albero si pone come in figura, cioè con la linea dei centri che forma un
angolo di assetto ,ψ , con la verticale (lungo la quale è ragionevole assumere sia allineato il carico,
La forza risultante può essere calcolata tramite le componenti lungo la linea dei centri (Wx) e lungo una direzione
ortogonale (Wy):

2π 2π
Wx = L ∫
0
pR cos θ dθ ; Wy = L ∫
0
pRsinθ dθ

Il valore della forza risultante è ovviamente:

W = Wx2 + Wy2
 Wy 
E l’angolo di attitudine ψ è dato da: ψ = tan −1  − 
 Wx 
Senza entrare nelle integrazioni, è ragionevole supporre che con un campo di pressione del tipo:

 6µ U R   6µ U R 
p= 2  p* =  2  g( θ, ε)
 c   c 

µ U R 2L  µ U R 2L 
Risulterà, per il carico, una dipendenza del tipo: W= 2  W* =  2  g ( ε)
 c   c 
W L c2
Che può essere messa nella forma: ∆= = g ( ε)
µU R 2
Il numero (adimensionale) a sinistra, prende il nome di numero di Sommerfeld.
1 µU R 2
Invero quasi sempre viene usato il suo inverso: =
∆ W L c2
ma occorre fare attenzione perché spesso in letteratura si propongono e si usano varianti a tale formulazione.

Ovviamente l’angolo di assetto ψ risulterà funzione soltanto di ε.

La determinazione della forza di attrito discende in modo parallelo a quanto fatto per il cuscinetto inclinato.
Il risultato finale è che il coefficiente di attrito f=F/W risulta funzione di c/R, di ε e del numero di Sommerfeld D;
Per condizioni alla Sommerfeld (complete tra 0 e 2π) risulta:

F c  2π 1 
f= = sinψ + 
W R  1 − ε2 ∆ 

c 2π
Questa espressione viene riportata soltanto per far notare che quanto predetto da Petrov: f = corrisponde
R ∆
sorprendentemente al caso ε→ 0.
F c 
Per la forza di attrito, F , si arriva ad una dipendenza del tipo f = = g , ∆, ψ, ε  da cui si può ricavare la coppia,
W  R 
Q
Per la portata di fluido, Q, si arriva ad una dipendenza del tipo: = g(ψ, ε )
ULc

Per cuscinetti finiti ovviamente si deve ricorrere a soluzioni numeriche. Per questi si deve imporre anche la condizione
sulle due facce laterali, per le quali si assume pressione (relativa all’atmosfera) nulla.
Nelle dipendenze funzionali, per i parametri di interesse sopra descritti, si deve ovviamente introdurre il parametro L/D.

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Per risolvere, ingegneristicamente, un problema di lubrificazione, assunta nota la geometria [ R , L , c ], ed la velocità di


rotazione [ U = R ω ], si risolve l’equazione di Reynolds per diversi valori di ε. Per ogni soluzione si ricavano i
parametri di funzionamento adimensionali, che sono essenzialmente il numero di Sommerfeld (carico), l’angolo di
assetto ψ, il coefficiente di attrito f e la portata del fluido Q/(Ulc).
Tutti questi parametri saranno disponibili in grafici o tabelle di solito parametrate in funzione di ε e di L/D.
Le condizioni di funzionamento stabiliscono il valore del numero di Sommerfeld, da cui, per interpolazione, dai grafici
o dalle tabelle si può risalire al valore di ε ; tramite questo si determinano i valori di tutti gli altri parametri di interesse.

E’ da notare infine che attualmente:

1. l’ipotesi di fluido Newtoniano è stata rimossa a causa di oli sintetici che hanno comportamenti non lineari,
2. l’ipotesi di flusso incompressibile non è aderente per l’analisi della lubrificazione a gas, necessaria per rotanti ad
altissime velocità. In questo caso l’equazione di Reynolds si modifica in:

∂  ρ h 3 ∂p  ∂  ρ h 3 ∂p  ∂ ∂ ∂ (ρh ) 
 +   = 6 [ρU h ] + [ρV h ] + 2 
∂x  µ ∂x  ∂y  µ ∂y   ∂x ∂y ∂t 

ritendo la possibile instazionarietà della soluzione.

Ovviamente per la determinazione della densità occorre accoppiare l’equazione dell’energia ed appropriate equazioni di
stato.
Il gruppo adimensionale usato per misurare gli effetti della compressibilità è di solito il numero di Harrison (1913) che
6µUB
si ricava dalla adimensionalizzazione dell’equazione:
pa h 2o

Di seguito diagrammi utili per il numero di Sommerfeld e per l'angolo di attitudine.

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.4.4 Flussi in mezzi porosi

E’ questo un altro campo in cui sono utilizzabili le equazioni di Stokes.


L’interesse è enorme perché tutte le riserve energetiche (acqua, petrolio, gas naturale) sono contenute nel sottosuolo in
un mezzo poroso; molti processi chimici e molti processi fisiologici presentano il problema del passaggio di un fluido
(liquido o gas) attraverso mezzi porosi (membrane, filtraggi); infine la futurologia della conquista dello spazio prevede
la ricerca e l’immagazzinamento di risorse fluide nel sottosuolo dei pianeti che saremo capaci di colonizzare.

Un mezzo poroso può essere descritto (in modo pietoso!) come un solido con microscopiche cavità che permettono il
contenimento ed il passaggio di un fluido.
Ovviamente non ci aspetta di avere la capacità di descrivere singolarmente ogni cavità, ma ci si limita ad una
descrizione media, essenzialmente attraverso due parametri: permeabilità e porosità.

La permeabilità è la misura della capacità del fluido di attraversare il mezzo, essa è definita dal simbolo “k” attraverso
l’equazione:

Q k dp
=−
A µ dx
dove:
Q è la portata volumetrica
A la superficie attraverso la quale si misura la portata Q
k la permeabilità
µ la viscosità dinamica del fluido
dp/dx il gradiente di pressione in direzione normale ad A.

L’unità di misura usata per “k” è il darcy definito come la permeabilità di un mezzo che permette il passaggio di un
cm3/s attraverso una superficie di 1 cm2 ad un fluido avente una viscosità di 1 centipoise soggetto ad un gradiente di
pressione di 1 atm/cm.

La porosità , φ, è definita come il rapporto tra il volume dello spazio occupato dalle cavità, rispetto al volume totale
occupato dal corpo.

Valori tipici di questi parametri vengono riportati per dare una idea quantitativa:

Mezzo Permeabilità, Porosità


darcy φ
Sabbia 2-180 0.31-0.50
Arenaria 10-7-11 0.08-0.40
Mattone 0.0048-0.22 0.12-0.34
Terreno 0.29-14 0.43-0.54
Silice 0.013-0.051 0.37-0.49
Filtri a rete 3800-10000 0.68-0.76

Dall’analisi dei dati in tabella si vede come la permeabilità varia anche di molti ordini di grandezza per uno stesso
mezzo, da qui la specifica necessità della caratterizzazione del mezzo per un’analisi realistica è mandatoria.

Altri parametri di interesse sono il rapporto superficie delle cavità/volume del corpo, necessario se si vogliono tenere in
conto le tensioni superficiali nonché le proprietà elettriche necessarie per l’indagine geologica.

Limiteremo la nostra analisi soltanto al problema di un solo fluido.


Ipotizzando, ovviamente, regime laminare, la modellistica si basa sugli esperimenti di Henry Darcy, fatti nel 1856 su
filtri a sabbia, che porta in notazione vettoriale all’equazione:

V=−
k
µ
[
∇p + ρ g ]
Questa messa nella continuità (modificata con la porosità φ):

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∂ρ
φ + ∇ • (ρV ) = 0
∂t
fornisce l’equazione:
∂ρ  k k 
φ = ∇ •  ρ ∇p + ρ 2 g 
∂t  µ µ 

Per flussi in piani orizzontali, scompare ovviamente la gravità, e l’equazione diventa:

∂ρ  k 
φ = ∇ •  ρ ∇p 
∂t  µ 
ed in condizioni stazionarie:
k 
∇ •  ∇p  = 0
µ 

Per chiudere il problema instazionario occorre ovviamente introdurre un’equazione di stato per la densità ρ , che, per
condizioni isoterme, è posta nella forma:

ρ = ρ o exp[c(p − p o )]

Il parametro c ha le dimensioni dell'inverso di una pressione ed è detto comprimibilità.

L’equazione può essere quindi espressa in termini di ρ o di p, ad esempio:

∂ρ ∂  k ∂ρ  ∂  k ∂ρ 
φ =  +  
∂t ∂x  µ c ∂x  ∂y  µ c ∂y 

se il mezzo è omogeneo e la viscosità µ e la compressibilità c sono costanti, ci si riduce a:

µ c φ ∂ρ ∂ 2ρ ∂ 2ρ
= +
k ∂t ∂x 2 ∂y 2

∂ 2ρ ∂ 2ρ
nrl caso stazionario ci si riduce ad un problema di Laplace: + =0
∂x 2 ∂y 2

∂ρ ∂p ∂ 2ρ  ∂ 2 p  ∂p  2 
Ricordando che: =ρ , 2 = ρ  2 +    , idem per la derivata rispetto ad y,
∂t ∂t ∂x  ∂x  ∂x  
2 2
∂2p  ∂p  ∂2p  ∂p 
nel caso si verifichi che : 2
>> c   e >> c   l’equazione in termini della pressione diventa lineare e
 ∂x   ∂y 
2
∂x ∂y
si scrive, come:
2 2
 µ c φ  ∂p ∂ p ∂ p
= +
 k  ∂t ∂x 2 ∂y 2
 

Ovviamente nel caso stazionario le derivate temporali scompaiono e ci si riduce alla risoluzione di un semplice
problema Laplaciano.
∂2p ∂ 2p
+ =0
∂x 2 ∂y 2

Tecniche di sovrapposizione delle soluzioni vengono abbondantemente usate sia per problemi stazionari che
instazionari (purché posti in forma lineare).

Fluid_ind_040.doc
C.GOLIA: Fluidodinamica Industriale App.A, pag. 1

FLUSIS Manuale d’uso


Il programma FLUSIS analizza un’ampia varietà di sistemi fluidi in condizioni stazionarie , contenenti condotti, pompe
e serbatoi, usando il metodo di CROSS, che iterativamente bilancia i circuiti fluidi identificati, partendo da una soluzio-
ne approssimata delle portate volumetriche Q che soddisfi la continuità nei nodi.

Se in un nodo è imposto uno spillamento la somma delle Q degli elementi che confluiscono nel nodo deve bilanciare lo
spillamento, se non vi è spillamento la somma delle Q che confluiscono nel nodo deve essere nulla .

Il programma, nella configurazione attuale, ammette:


un numero massimo di 100 elementi
un numero massimo di 100 nodi.
un numero massimo di 20 elementi per circuito

Le perdite di carico, del generico tratto di condotto considerato, h f , sono descritte alternativamente:
(L lunghezza, D diametro equivalente, A area fluida, ε rugosità)
• Dall’equazione di Hazen-Williams (HW):

1.852
k Q 10.675 sistema S.I.
hf = L 4.8704 C , k=
D   4.7270 sistema BG / USC

Dove la costante C dipende dalla rugosità superficiale:

tipo Estremamente Abbastanza li- Legno Terracotta Ghisa Acciaio Vecchi


liscio scio Tubi saldati smaltata vecchio rivettato Tubi in
Cemento Acciaio (nuovo) Cattive condi-
Ghisa Rivettato zioni
nuovo (vecchio)
C 140 130 120 110 100 95 80-60

L Q2
• Ovvero dall’equazione di Darcy-Weisbach (DW) hf = f
D 2g A 2

 64
f = Re , Re D ≤ 2000
 D
 1.325
che approssima l’abaco di Moody con le equazioni: f = 2
   1  ε 
 5.74  
log   + 
0.9 

   3.7  D  (Re D )  

Eventuali perdite localizzate (minori) presenti nei tratti di condotti, esprimibili da:
Q2
hf = Kf
2gA 2
possono essere considerate introducendo una lunghezza incrementale (fittizia) al condotto pari a
D
∆L f = K f
f

INPUT : File dati in formato libero (inter-divisi da una tabulazione), sono di 6 classi:

1a classe Su di una sola linea immettere il titolo del Run ed eventuali commenti (64 caratteri)

2a classe Su di una sola linea immettere 5 dati che determinano i parametri del problema

Flussi_manuale.doc
C.GOLIA: Fluidodinamica Industriale App.A, pag. 2

Nt Kk Tol Vnu def


Due caratteri Intero Reale Reale Reale

Tolleranza nell’iterazione Viscosità cinematica Il valore di default di C


SI (sistema internaz.) Numero max di itera- (per gli elementi tipo HW)
oppure zioni Alternativamente
EN (unità inglesi) ε (per gli elementi tipo
DW)

3a classe Descrizione degli elementi

FLUSIS considera 4 tipi di elementi:

tipo di elemento codice


1 Condotto descritto alla Hazen-Williams HW
2 Condotto descritto alla Darcy-Weisbach DW
3 Pseudo-elemento (necessario per tenere in conto le differenze di altezza piezome- PS
trica tra gli eventuali serbatoi)
4 Pompa PU

Immettere tante righe quanti sono gli elementi

Per elementi tipo condotti descritti alla Hazen-William


HW Intero Reale Reale Reale Reale 0 0

Numero Portata Lunghezza Diametro inter- C


Volumetrica no Se diverso da
elemento (equivalente
Di tentativo (vera+∆L) quello di default
idraulico) ovvero
0

Per elementi tipo condotti descritti alla Darcy-Weisbach


DW Intero Reale Reale Reale Reale 0 0
ε
Numero Portata Lunghezza Diametro inter- Se diverso da
elemento Volumetrica no quello di default
Di tentativo (reale+∆L) (equivalente Ovvero
idraulico) 0

Per pseudo-elementi
PS Intero 0 reale 0 0 0 0

Numero differenza di
elemento altezza piezome-
trica del serba-
toio di partenza
rispetto a quello
di arrivo

Per elementi tipo pompa


Intero Reale Reale Reale Reale Reale Reale
PU
Numero Portata ∆Q Prevalenza Prevalenza Prevalenza Prevalenza
elemento Volumetrica di cui differi- @ Q0=0 @ Q1=∆Q @ Q2=2 ∆Q @ Q3=3 ∆Q
di tentativo scono
le prevalenze

Alla fine degli elementi immettere una riga

&& 0 0 0 0 0 0 0

Flussi_manuale.doc
C.GOLIA: Fluidodinamica Industriale App.A, pag. 3

4a classe Circuiti (max 20 elementi in un circuito)

Tante righe (quanto bastano) che contengono 16 dati (interi) così composte
nn Loop 1 ±Ele- ±Ele- ±Ele- Loop 2 ±Ele- ±Ele- ±Ele- ±Ele- Loop 3 ±Ele- ±Ele- 0 0 0
mento mento mento mento mento mento mento mento mento
Nume- n.1 n.2 n.3 Nume- n.1 n.2 n.3 n.4 Nume- n.1 n.2
ro + se il + se il + se il ro + se il + se il + se il + se il ro + se il + se il
Ele- segno segno segno Ele- segno segno segno segno Ele- segno segno
menti del del del menti del del del del menti del del
Nel flusso flusso flusso Nel flusso flusso flusso flusso Nel flusso flusso
loop è ora- è ora- è ora- loop è ora- è ora- è ora- è ora- loop è ora- è ora-
Es.3 rio rio rio Es.4 rio rio rio rio Es.2 rio rio
- se - se - antio- - se - se - se - se - se - se
antio- antio- raria antio- antio- antio- antio- antio- antio-
rario rario rario rario rario rario rario rario

Attenzione riempire le colonne finali con 0 in modo da avere sempre 16 elementi sulla riga.

Alla fine dei dati inerenti i loops introdurre la riga:


&& 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0

5a classe Fissare l'altezza piezometrica in un nodo (serbatoio)

nn numero del nodo/serbatoio altezza piezometrica


Alla fine introdurre la riga:
&& 0 0

6a classe Descrizione della linea piezometrica


Tante righe (quanto bastano) che contengono 16 dati (interi) così composte:

Nodo - ±Elemento - Nodo - ±Elemento - Nodo ……. Eccetera


Se si vogliono più linee piezometriche intercalare la lista con uno 0.
Importante: iniziare la lista con il nodo in cui è imposta l’altezza piezometrica

nn Nodo ±Ele- Nodo ±Ele- nodo ±Ele- nodo 0 nodo ±Ele- Nodo ±Ele- Nodo 0 0
mento mento mento mento mento
+ se il
+ se il + se il + se il + se il segno
segno segno segno segno del
del del del del flusso
flusso flusso flusso flusso è ora-
è ora- è ora- è ora- è ora- rio
rio rio rio rio - se
- se - se - se - se antio-
antio- antio- antio- antio- raria
raria raria raria raria

Attenzione riempire le colonne finali con 0 in modo da avere sempre 16 elementi sulla riga.

Alla fine dei dati inerenti la piezometrica introdurre la riga:

&& 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0

Flussi_manuale.doc
C.GOLIA: Fluidodinamica Industriale App.A, pag. 4

OUTPUT
In uscita FLUSIS stampa:
• le portate volumetriche per ogni elemento
• le altezze piezometriche per ogni nodo specificato nell’input (dai dati della 6a classe).

Esempio di riferimento fs001

Analizzare il sistema fluido in cui scorre acqua ( ν=0.000001 m2/s ) come in figura:

Spillamento
Q=0,09 m3/s L=400 m
D=0.3 m Serbatoio
H=135 m
tentativo

L=300 m
D=0.3 m
L=600 m
Serbatoio
D=0.3 m
L=500 m H=117 m
D=0.6 m fissa

Serbatoio
H=150 m pompa
tentativo

L=300 m
D=0.15 m

Le caratteristiche della pompa sono riportate nel diagramma che segue:

h (m)
Pompa fs001
32

30
28

26
24

22
20

18
16
0 0.02 0.04 0.06 0.08 0.1

Q (m3/s)

Flussi_manuale.doc
C.GOLIA: Fluidodinamica Industriale App.A, pag. 5

Si trascuri la perdita di carico nell’elemento in cui è inserita la pompa

Il serbatoio di riferimento (la cui prevalenza è fissa) è quello di destra (H=117m)

Si assumi che i condotti siano di ghisa, abbastanza vecchi, descrivibili alla SW con un valore di C=100

Si richiede di determinare:
- le portate attraverso ogni elemento
- la piezometrica in ogni nodo.

Soluzione

Primo passo: Schematizzazione:

Si identificano i nodi, gli elementi ed i loops come segue:


Si identificano:

- 5 nodi (quattro incroci di tubi + 1 serbatoio a prevalenza fissa) segnati da quadrati e si assegna il senso del flusso
- 8 elementi : 5 tubi, 2 pseudo elementi (per permettere la comunicazione di informazione tra i tre serbatoi), 1 pompa
segnati da cerchi
- 4 loop (di cui 2 fluidi e due pseudo-loops) segnati da frecce circolari in senso orario

6 3

Spillamento
Q=0,09 m3/s L=400 m
D=0.3 m Serbatoio
3
1 H=135 m

4
2 7
L=300 m
D=0.3 m
L=500 m
L=600 m 3 5
D=0.6 m Serbatoio
D=0.3 m 4 H=117 m

1 1 5
Serbatoio 2
H=150 m pompa

8
2 4
L=300 m
D=0.15 m

Si assume un’approssimazione per le portate per ogni elemento fluido, che siano bilanciata nei nodi:

N.elemento 1 2 3 4 5 6 7 8
Q 0.12 0.03 0.0 0.03 0.03 0 0 0.06

Nota il bilanciamento delle portate:

Nodo 1 Q 1 + Q3 - Q4 = 0.12 + 0.0 - 0.03 =0.09 = Spillamento assegnato


Nodo 4 –Q2 - Q3 - Q1 + Q8 =-0.03 -0.0 - 0.03 + 0.06 =0.

Flussi_manuale.doc
C.GOLIA: Fluidodinamica Industriale App.A, pag. 6

Nei Nodi 2 e 3 non ha senso verificare il bilanciamento in quanto questi sono in diretta comunicazione con due serbatoi.

Lo pseudo-elemento n.(6) collega il serbatoio in (2) a quello in (3). Per cui HS2-HS3 = 150 - 135 = 15
Lo pseudo-elemento n.(7) collega il serbatoio in (3) a quello in (5). Per cui HS3-HS5 = 135 - 117 = 18

Ovviamente la portata fluida attraverso gli pseudo elementi deve essere nulla

La pompa viene schematizzata dalla tabella che segue:

Portata Q (m3/s) 0 0.3 0.6 0.9


Prevalenza (m) 30. 29 26 20

Secondo passo: scrittura dell’INPUT

File: fs001.dat (è posto nella directory dove sta l'eseguibile, altrimenti occorre specificare il percorso)

…………………………………………………………………………………………………………

fs001.dat esempio 10.14 28/02/2000


SI 30 .001 .000001 100.
HW 1 .12 600. .3 0. 0. 0.
HW 2 .03 300. .15 0. 0. 0.
HW 3 .0 500. .6 0. 0. 0.
HW 4 .03 400. .3 0. 0. 0.
HW 5 .03 300. .3 0. 0. 0.
PS 6 0. 15. 0. 0. 0. 0.
PS 7 0. 18. 0. 0. 0. 0.
PU 8 .06 .03 30. 29. 26. 20.
&& 0 0 0 0 0 0 0
nn 3 2 1 -3 3 4 -5 3 3 6 -4 -1 3
5 7
nn 8 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0
0 0
&& 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0
0 0
nn 5 117.
&& 0 0
nn 5 8 4 2 2 1 1 4 3 0 0 0 0
0 0
&& 0 0 0 0 0 0 0
…………………………………………………………………………………………………………

☺ Output ☺
…………………………………………………………………………………………………………

FLUSIS: analisi di sistemi idraulici


C.GOLIA 1999-2000

fs001.dat esempio 10.14 28/02/2000

Unità S.I.

Flussi_manuale.doc
C.GOLIA: Fluidodinamica Industriale App.A, pag. 7

Viscosità cinematica in m**2/sec = 0.0000010


Tolleranza desiderata per le portate = 0.0010000
Numero di iterazioni massime = 30

elem. Q(m**3/s) L(m) D(m) HW(o EPS)


1 0.120 600.0 0.300 100.00000
2 0.030 300.0 0.150 100.00000
3 0.000 500.0 0.600 100.00000
4 0.030 400.0 0.300 100.00000
5 0.030 300.0 0.300 100.00000
6 Differenza di livello tra i serbatoi= 15.00
7 Differenza di livello tra i serbatoi= 18.00
8 Curva pompa, DQ= 0.030 H= 30.0 29.0 26.0 20.0
Coeff. equaz. pompa= 30.000 -11.111 -555.556 -6172.840

IND=
3 2 1 -3 3 4 -5 3 3 6 -4 -1 3 5 7
8 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0
0
Iterazione 1 Somma correzioni di portate= 0.1385
Iterazione 2 Somma correzioni di portate= 0.1040
Iterazione 3 Somma correzioni di portate= 0.0372
Iterazione 4 Somma correzioni di portate= 0.0034
Iterazione 5 Somma correzioni di portate= 0.0006

Portate negli elementi


1 0.143
2 -0.034
3 0.027
4 0.080
5 0.094
8 0.087

ix=
5 8 4 2 2 1 1 4 3 0 0 0 0 0 0

Altezza piezometrica nelle giunzioni


1 137.811
2 150.044
3 135.044
4 137.797
5 117.000

…………………………………………………………………………………………………………

Flussi_manuale.doc

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