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DEFINIZIONI

• Materiale: è un sistema dotato di particolari proprietà


• Sistema: insieme di atomi caratterizzati da specifici aspetti compositivi, strutturali, morfologici in
gradi di portare in modo sinergico all’ottenimento di una proprietà finale
• Dispositivo: usa più materiali per svolgere determinati compiti più complessi
• Proprietà finale: capacità di svolgere una funzione, semplice o complessa, da solo o in sistemi a più
componenti (dispositivo)
• Proprietà: caratteristiche che rende un materiale utile a fine applicativo
• Proprietà funzionale: aspetti che fanno uso delle peculiari caratteristiche chimiche e chimico-fisiche
di un materiale o dei suoi componenti:
-ottiche
-elettroniche
-magnetiche,
-chimiche
-termiche
• Proprietà strutturali: aspetti che fanno riferimento alla proprietà fisico-meccaniche del materiale
-meccaniche: resistenza alla trazione, compressione, allungamento, impatto, fatica, abrasione
elasticità
-dinamico-meccaniche: proprietà teologiche, storage e dissipazione energia meccanica
Dipendono da come sono disposte le molecole del materiale

• Biomagnificazione: processo in cui le particelle di plastica passano da un organismo all’altro


attraverso la catena alimentare, l’unico modo per interrompere questo processo è usare plastiche
biodegradabili
• Bioplastica: la materia con cui si produrrà la plastica deriva da sostanze biologiche
• Fonte rinnovabile: fonte che in un arco di tempo compatibile con la vita umana si rigenera
MATERIALI E IL LORO IMPATTO ENERGETICO
La valutazione dell’impatto ambientale riguardante un materiale comprende l’intero ciclo di vita del
processo, distribuzione e l’estinzione del materiale==> LCA
Lca si divide in 4 fasi principali:
1. Definizione degli scopi e degli obbiettivi del materiale
2. Analisi inventario: fare l’inventario delle cose che servono per lca del materiale
3. Analisi degli impatti: analizzare l’impatto delle cose che servono
4. Interpretazione e miglioramento: migliorare il processo produttivo per un costo e un impatto
ambientale minore
Per una valutazione dell’impatto dobbiamo guardare anche l’energia, l’estrazione e l’emissione di ogni
componente del materiale:
• Estrazione: impoverimento dei materiali disponibili sulla terra
• Energia: quantità lordo che serve per estrarre è trasformare il componente in modo utile per formare
il nostro materiale
• Emissione: emissione durante il processo con cui noi estraiamo e trasformiamo il componente
CLASSIFICAZIONE DEI MATERIALI
• densità:
I materiali porosi conducono di meno
microporosi: inferiori ai 2 nm, si usano come setacci molecolari
Mesoporosi: pori tra i 2 e 50 nm, possono accogliere molecole grandi (farmaci, catture sostanze)
Macroporosi: pori superiori a 50 nm
Densità apparente: rapporto tra la loro massa e il volume che occupa
-Densità assoluta: rapporto tra la loro massa e il volume che ha la materia che lo compone
(escludendo i pori)
l pignometro misura il volume assoluta dei materiali porosi, usando il gas Elio come indicatore del
volume occupato dal gas rispetto alla camera vuota
• Elasticità
• Resistenza
• Tenacità: capacità di assorbire l’energia di deformazione
• Conducibilità elettrica
• Conducibilità termica: avviene grazie al meccanismo della conduzione fononica e alla conduzione
elettronica: I metalli conducono bene il calore per l’elevato numero di elettroni liberi presenti nella
struttura (le impurezze riducono la conducibilità). I ceramici la conducibilità termica è bassa per
assenza di elettroni liberi. Nei sistemi amorfi la conducibilità è ulteriormente ridotta, così come lo è
nei materiali porosi. I polimeri hanno conducibilità ancora inferiore perché vi sono molti gradi di
libertà delle catene polimeriche che distribuiscono l’energia vibrazionale. La conducibilità aumenta
con il grado di cristallinità e diminuisce con la porosità.
Criteri di utilizzo:
• Resistenza alla corrosione
• Reperibilità
• Comportamento alla temperatura
• Compatibilità ambientale
• Possibili riuso o riciclo
Tutte le proprietà dei materiali dipendono dai legame dei materiali e la struttura degli atomi
Legame ionico: isolanti, alti punti di fusione, spesso solubili in acqua
Legame covalente: solidi duri, alto punto di fusione, isolanti, insolubile dei solventi organici
Legame metallico: buoni conduttori termici e elettrici, punti di fusione variabili
METALLI
Sono i materiali più densi grazie alla sua struttura cristallina
Impaccamento CFC:
Cella unitaria, con 4 atomi per cella, disposti sui 4 vertici e al centro di
ciascuno faccia
Numero di coordinazione=12
Fattore di compattazione atomica=0,74
Impaccamento CCC:
Cella cubica, con 2 atomi per cella, disposti ai vertici e al centro di ciascuna
cella
Numero di coordinazione=8
Fattore di compattazione atomica=0,64
Impaccamento ESC:
Cella unitaria esagonale, con 6 atomi per cella, disposti sui vertici e 3 dei
quali sui piani intermedi della cella
Numero di coordinazione=12
Fattore di compattazione atomica=0,74
Proprietà meccaniche
Lo scorrimento degli atomi non avviene con la stessa facilità in tutte le
direzioni, i piani preferenziali sono detti piani di scorrimento ( dove c’è maggiore densità planare), e
identificano la direzione di scorrimento( dove c’è maggiore densità lineare)
Il sistema di scorrimento dipende dalla struttura cristallina ed è tale da minimizzare la distorsione della
struttura a livello atomico

Proprietà funzionali
Conducibilità elettronica: nascono dalla struttura cristallina dei metalli
Avvicinando un numero crescente di atomi di un metallo, dal livello energetico del singolo atomo si
arriva ad una distribuzione continua di livelli elettronici a costituire bande, vuote o piene a seconda del
numero di elettroni e della temperatura.
La conduzione elettrica dipende dalla temperatura del metallo, perché più è alta la temperatura più è
alta sono i moti degli atomi che interagiscono con gli elettroni che vengono rallentanti
• Incrudimento: tecnica di lavorazione a freddo di un materiale, per aggiungere un difetto

Ferro
Il suo nucleo è molto stabile
È il quarto elemento per abbondanza sulla terra, ed è il secondo metallo dopo l’alluminio
Non esiste in forma nativa, è contenuto in minerali che contengono ossigeno, ione carbonato e ioni
solfuri
Si posso utilizzare i minerali se hanno più del 25% di ferro
Spesso ì minerale sono associati ad altri composti, e quindi questo composto prende il nome di ganga
Per utilizzare il ferro dobbiamo prelevarlo dal minerale e ridurlo allo stato 0, attraverso un processo ad
alto forno, aggiungendo calcare e carbon coke per rendere fluida la ganga
Il ferro si riduce grazie al gas riducente (CO) creato nel forno, la CO si ossida a CO2, e il ferro si riduce

La scorificazione avviene alla fine dell’alto forno, dove si dividono tutte le sostanze estranee al ferro

L’altoforno è una struttura a tino in lamiera d’acciaio rivestita di


materiale refrattario. La struttura, con un’altezza di 25-30 m e
diametro di 8-12 m, funziona in modo continuo (per anni) ed è in
grado di produrre ferro con una produzione giornaliera di 10000 ton.
Al fondo del corpo a tino è presente il crogiolo, dove si raccoglie il
prodotto fuso, sovrastato da una serie di ugelli (tubiere) che
apportano aria all’interno dell’altoforno, preriscaldata mediante
scambiatori di calore a contatto con i gas di scarico.
L’immissione di combustibile misto ad aria provoca nella struttura un
gradiente di temperatura, che è attorno ai 2000°C vicino alle zone di
combustione, e di circa 200°C alla sommità della struttura
L’altoforno viene caricato dall’alto con il “letto di fusione”, costituito
da minerale ferroso, fondenti (sostanze di norma basate su sali di
elementi alcalini e alcalino-terrosi, utilizzati anche per correggere l’acidità dei materiali, ad esempio
utilizzando carbonati, comunemente calcare), correttivi e coke metallurgico.
Il coke è una tipologia di carbone ottenuta attraverso la distillazione secca del litantrace, e
nell’altoforno svolge un ruolo duplice, di combustibile e di fonte di specie riducenti.

La carica si muove nel forno per gravità (il passaggio nell’intero forno può richiedere da 6 a 12 ore),
incontrando i gas che nelle varie fasi si formano (N2, CO e CO2) e, a seconda delle zone di
stazionamento danno luogo a diversi processi chimici. (Azoto perché si butta dentro aria)

Dal crogiolo viene quindi spillata la ghisa fusa, e raccolta la loppa, che, rapidamente raffreddata,
assume struttura vetrosa e diviene un materiale molto importante per i materiali cementizi (cementi alla
loppa)
La ghisa fusa che esce dall’altoforno può diventare ghisa o acciaio attraverso la lavorazione
Le ghise si ottengono attraverso la lavorazione a getto, cioè dalla fusione e stampaggio
Processo per ottenere acciaio:
Le ghise vanno decarburate (abbassare il tenore di carbonio) in piccoli altiforni detti cubiletti, che sono
rivestiti da refrattari basici in modo da poter togliere il carbonio e zolfo dalla ghisa, si passa da un
tenore intorno al 4% al di sotto del 2%
Il processo di decarburazione è un ossidazione selettiva che porta ad eliminare totalmente o
parzialmente Mn, Si, P e C: L’ossidazione di C avviene solo dopo che si è ossidato Si, che scorifica
come silicato, e Mn si ossida man mano che il tenore di C diminuisce, e scorifica come silicato
manganoso. L’eliminazione di P è la più problematica, perché necessita di un’elevata quantità di O2
disciolto. La solubilità è limitata dalla reazione di ossidazione del C, che deve essere eliminato quasi
completamente dal fuso. A 1600°C il ferro fuso contiene circa lo 0,22% di ossigeno max.
L’eliminazione di P è attuata dalla suola basica del convertitore
Per eliminare P, Si, S (desilicazione, defosforazione e desolforazione) si possono aggiungere CaO e
MgO, invece per la desolforazione si usa anche Mg (produce MgS)
Il convertitore è in acciaio rivestito di magnesite o dolomite, in grado di
ruotare sull’asse orizzontale.
La struttura presenta un naso (N), una lancia ad ossigeno (L),
un’incernieratura (B), (T), un meccanismo di inclinazione (M), e un canale
di scarico (H).
La capacità tipica è tra 200 e 300 tonnellate di acciaio liquido, e un ciclo
dura circa 30 minuti con un insufflaggio di 15 minuti
Rame
Si usa principalmente in leghe (circa 400)
Non è molto presente sulla terra, si trova concentrato in pochi giacimenti ricchi e in molti giacimenti
poveri
Dopo l’argento è il miglior conduttore termico e elettrico
All’aria umida si ricopre di carbonato basico che assicura protezione da ulteriore corrosione e, con il
tempo impartisce il caratteristico colore verde. È facilmente attaccato da acidi ossidanti, soprattutto
acido nitrico
Preparazione:
• Per giacimenti fino all’1% di Cu, concentrazione per flottazione fino al 15 – 20% wt di Cu
• Sotto 1%, concentrazione mediante complessazione
• Arrostimento (800 – 850°C) porta a CuS e, da piriti, alla decomposizione di FeS2 in FeS, quindi in
parte in Fe2O3 e Fe3O4 con emissione di SO2

• Aggiunta di SiO2, C e riscaldamento in forni a riverbero fino a 1400°C

• FeS scorifica come Fe2SiO4(fayalite) e si ha la formazione della metallina, formata da Cu2S e FeS
• Il trattamento con un convertitore ad aria con SiO2 porta a trasformare FeS in FeO e quindi in scoria,
mentre Cu2S viene convertito in parte a Cu2O e poi a Cu (rame nero – 96-99% Cu)

Affinamento:
Circa 2/3 del rame impuro ottenuto (98-99%) dalla fusione viene purificato per elettrolisi in un bagno
con il 15% di CuSO4, 5-10% H2SO4 (50 - 60°C) fra grossi anodi di rame impuro e lastre spesse 0.3
mm di rame puro. La via elettrolitica è utile anche per il recupero del rottame di Cu
Usi:
l 50% del rame prodotto nel mondo viene utilizzato per fabbricazione di leghe.
Altri settori di uso sono:
• Elettrotecnica, fili, alternatori, dinamo, motori elettrici, trasformatori ecc... Rappresenta il 25%, 37%,
50% del consumo, rispettivamente in USA, Europa, Asia.
• Scambiatori di calore, radiatori, collettori solari
• Edilizia: tetti, coperture, gronde, elementi architettonici. 15% in Asia, 43% negli USA, 39% in Europa.
• Tubazioni per acqua, gas combustibili, gas medicali (bassa reattività chimica)
• Tubi raggi catodici, magnetroni per forni a microonde.
• Recipienti da cucina (lavorazione a freddo).
• Sculture e monete (in leghe come bronzi e ottoni)
la produzione mondiale di rame è di circa 20 milioni di tonnellate circa e attualmente è molto superiore
all’offerta ma solo circa 4 milioni di tonnellate l’anno vengono riciclate
Il rottame può essere di due tipi: di recupero dalla demolizione di manufatti al termine di vita oppure
dalla produzione degli sfridi ed è ritagli della produzione di manufatti semilavorati, il rame è eccitabili
più volte e apporta un risparmio energetico di circa 85% rispetto al rame primario e il riciclaggio può
venire molte volte
Il costo del rame è molto più alto del ferro si passa dalle 7000 $/t per il rame ai circa 500$/t del ferro
Zinco
• Elemento metallico bianco-azzurro, densità 7.14 g/cm3, punto di fusione 419.5°C, fragile e
polverizzabile a temperatura ordinaria e sopra i 250°C, lavorabile (lamiere, fili) fra i 100° e 150°C
• Come il rame, all’aria a freddo si ricopre di uno strato protettivo di carbonato basico
• Si trova in minerali come la blenda, la collanina e la zincate
Produzione:
La riduzione si ottiene per arrostimento del solfuro ad ossido (la SO2 viene recuperata per fare acido
solforico) e poi dell’ossido con carbone

La temperature del forno è attorno ai 1100°C per cui lo zinco è fuso, distilla e reagisce in parte con il
refrattario (forma alluminati, perdita 2-5%), e per successiva distillazione a 750°C in una colonna di
carburo di silicio si separano zinco e piombo fusi e le impurezze di cadmio.
Lo zinco ottenuto è puro al 97-98% e contiene ancora come impurezze piombo soprattutto, cadmio e
arsenico. Si può purificare per ulteriore distillazione (metodo vecchio), o con un sistema continuo in
forno elettrico ad arco.
La maggior parte dello zinco si ottiene per via elettrolitica partendo da minerali ossidati, poveri e privi di
piombo.
Passaggi:
• lisciviazione con acido solforico,
• Elettrolisi fra anodi di piombo e catodi di alluminio. Si ottiene zinco al 99.9%
• Consumo di 2.4-4 kWh per kg di zinco prodotto.
Usi:
• pile trazidionali (zinco-manganese) e pile zinco-ossido di zinco.
• Anodi sacrificali. Blocchi di zinco collegati ad altri metalli li proteggono dalla corrosione. Lo zinco
agisce da anodo del sistema galvanico e si scioglie. Si proteggono così le condutture in acciaio di
gas, liquidi ecc..., gli scafi delle navi ecc...
• Cianurazione dell’oro. L’oro di giacimenti poveri viene portato in soluzione mediante cianuro di
potassio: l’oro in soluzione come ciano aurato di potassio, viene ridotto con zinco metallico che
forma lo ione tetracianozincato
• Ferro galvanizzato si ottiene “ a spruzzo” oppure per immersione di ferro in zinco fuso (con un 5% di
Al). Lo strato depositato è molto coerente, ma troppo spesso e disomogeneo. Si può utilizzare –
soprattutto- la galvanizzazione in celle dove il pezzo in ferro fa da anodo. Si ottengono ricoprimenti
sottili ed omogenei.
il prezzo dello zinco è intorno ai 2600 $/t
Leghe
Soluzioni solide: miscibilità (di norma parziale) di una frazione di una specie (soluto) nel solvente. Se
l’intervallo di concentrazione non comprende una specie pura, si dicono soluzioni solide secondarie o
fasi intermedie, che possono essere interstiziali o sostituzionali
• Interstiziali: il soluto occupa siti interstiziali ottaedrici o tetraedrici nella struttura del solvente. La
dimensione dei siti permette di ospitare, senza distorsione della struttura, atomi con raggi atomici di
qualche decimo di quello del solvente, generalmente H,N, O, B, C. La distorsione della struttura fa
preferire siti ottaedrici a siti tetraedrici. L’occupazione sistematica di siti interstiziali dà origine a fasi
ben definite, con stechiometria fissa (ad es Fe3C - composto intermetallico con Fe 93,3% wt. e C
6,67% wt.) e sono di norma caratterizzate da elevata durezza e alti punti di fusione
• composto intermetallico: è un «composto chimico» dalla stechiometria ben definita e non risultante
dalle classiche regole della valenza ma da considerazioni legate alle caratteristiche elettroniche delle
specie partecipanti (di solito metalli). Sono definite da rapporti stechiometrici specifici e da rapporti
tra gli elettroni di valenza e il numero di atomi della formula minima e hanno strutture cristalline
specifiche e caratteristiche meccaniche quali elevata fragilità e durezza
• Sostituzionali: seguono le regole di Hume Rothery ==>

Regole di Hume Rothery


• Dimensioni atomiche: quanto maggiore è la differenza di dimensioni dell’atomo di soluto rispetto a
quello del solvente, tanto minore è la solubilità reciproca allo stato solido. Se la differenza tra i
diametri atomici supera il 14% la solubilità (soluzione solida sostituzionale) è significativamente
ridotta. Questa regola razionalizza la distorsione attuata da atomi di soluto sul reticolo metallico del
solvente. Dal punto di vista sperimentale, più che il raggio/diametro atomico, che viene influenzato
dalla composizione della lega, si ragiona sul volume atomico, cioè il volume del cristallo diviso il
numero di atomi contenuti. La variazione della distanza interatomica si presenta molto spesso lineare
con la concentrazione (legge di Vegard), ma vi possono essere situazioni compositive in grado di
dare impilaggi molto efficienti e riduzione del parametro reticolare medio
• Comportamento elettrochimico: quanto più elettronegativo è uno dei due elementi rispetto all’altro,
tanto maggiore è la tendenza a dare sistemi “stechiometrici” (fasi intermedie, composti
intermetallici). I metalli di transizione si comportano in modo simile tra loro e presentano di norma
ampie solubilità: i diagrammi di fase più complessi e le solubilità minori si hanno con gli elementi
alcalini, alcalino terrosi e semimetallici.
• Valenza relativa: è più probabile che un elemento a valenza inferiore sciolga anche tenori elevati di
un elemento a valenza superiore, che il contrario. Solubilità di Al in Cu è maggiore che quella di Cu in
Al. La concentrazione elettronica è di significativo peso solo quando il solvente è fortemente
connotato da un’elevata percentuale di legame di tipo covalente. Per questo, ad esempio, in Cu si
sciolgono bene sia Ge che Si, ma viceversa si riscontra una bassissima compatibilità
• Concentrazione elettronica: il limite di solubilità è spesso individuato da un valore critico della
concentrazione elettronica, cioè il rapporto tra numero di elettroni di valenza e numero di atomi
partecipanti. Questa caratteristica genera le cosiddette fasi intermetalliche di Hume-Rothery,
identificate da particolari rapporti tra elettroni di valenza e numero di atomi presenti. Le strutture che
si ottengono talvolta presentano il nome “complesso”, che è dato dall’impilaggio di diverse celle
elementari CCC della struttura. Da notare che ai sensi del computo degli elettroni, fanno numero
solo quelli di valenza, cioè in orbitali s e p
L’impacchettamento di sfere rigide non si applica solo ai metalli puri. Frequentemente è possibile
mescolare metalli diversi allo stato fuso. Una lega è una miscela di metalli preparata allo stato fuso e
poi raffreddata.
Le leghe possono essere “soluzioni solide” omogenee, nelle quali gli atomi di un metallo sono dispersi
a caso fra quelli di un altro, oppure possono essere composti dotati di composizione e di struttura
interna definite.
Dal fuso si ha una segregazione in una delle seguenti forme:
1. I metalli ricristallizzano separatamente (completa segregazione);
2. Cristallizzano due tipi di soluzioni solide, una del metallo 1 nel metallo 2 e viceversa (miscibilità
limitata);
3. Cristallizza una lega con composizione specifica, la cui composizione può differire da quella del
liquido (formazione di un composto intermetallico). La composizione del liquido può cambiare durante
il processo di cristallizzazione per formazione di altri composti intermetallici con diversa composizione.
(Il diagramma delle fasi mostra quale di queste possibilità si verifica)
Leghe interstiziali
Le soluzioni solide interstiziali si formano da “soluti” non metallici che risultano abbastanza piccoli da
occupare gli interstizi della struttura del “solvente”, senza alterarne la struttura cristallina; il risultato è
spesso un materiale a carattere non stechiometrico.
Sono importanti le dimensioni relative:
le cavità maggiori in un reticolo compatto sono quelle ottaedriche, di raggio 0.414r (r = raggio
metallico).
Per ospitare (senza ricostruzione della struttura cristallina) atomi di H, B, C, N il raggio del metallo deve
essere maggiore di 0.90, 1.95, 1.88, 1.80 Å
I metalli a destra nella prima riga del blocco d (vicino al Ni) formano, di fatto, diverse serie di soluzioni
solide interstiziali con B, C ed N, pur avendo raggi non superiori a 1.60 Å; si formano specifici legami
metallo-interstiziale.
Conviene, considerare questi materiali come veri composti con i non metalli
Composti intermetalicci
Raffreddando alcune miscele liquide di metalli si formano fasi di struttura definita, spesso estranea
all’una o all’altra struttura progenitrice.
Ciò accade quando gli atomi differiscono per dimensione e per proprietà.
Il passaggio da uno stato disordinato ad uno ordinato implica DS <0. Ma, dovendo essere DG = DH
-TDS < 0, sarà DH < 0. La struttura ordinata è favorita energeticamente, ha una energia reticolare
maggiore.
Questo accade perché una distribuzione ordinata di sfere di dimensioni diverse consente un migliore
space filling: gli atomi possono disporsi più vicini e le forze di legame agire in modo più efficace
Queste fasi si dicono composti intermetallici; sono numerosi e comprendono esempi come l'ottone (b-
ottone, Cu-Zn) e composti di stechiometria MgZn2, Cu3Au, e Na5Zn21.
Sono materiali di notevole interesse applicativo e dal punto di vista teorico illustrano la transizione tra
legame metallico e legame ionico
Leghe di rame
Le principali leghe sono gli Ottoni, composte da rame e 30-45% di zinco, e i Bronzi, composti da rame
e fino al 30% di stagno. I primi sono utilizzati per lavorazioni plastiche con migliori proprietà
meccaniche, e resiste alla corrosione, invece i secondi sono usati per colata, visto l’abbassamento
della temperatura di fusione
Rame (CFC) e zinco (ESC) formano tra loro soluzioni solide di tipo sostituzionale, nelle quali ogni
posizione nel reticolo della lega può essere occupata da un atomo di uno o dell’altro metallo. La
disposizione degli atomi in queste leghe può essere casuale oppure ordinata
Ottoni:
Gli ottoni binari possono essere suddivisi in 4 gruppi, in base alle loro strutture:
1. ottoni con tenore di zinco inferiore al 33% costituiti dalla sola soluzione solida α a qualsiasi
temperatura inferiore a quella di solido
2. ottoni con struttura α + β ad elevata temperatura, nei quali è presente la sola fase α a bassa
temperatura: la composizione è compresa fra 33 e 38% Zn.
3. ottoni che solidificano con struttura β e nei quali si separa la fase α durante il raffreddamento. Sono
ottoni con struttura α + β a temperatura ambiente, la cui composizione è compresa fra 38% e 47%
Zn. Tuttavia, le leghe utili di questo gruppo hanno tenore di zinco da 38% a 42%.
4. ottoni con struttura completamente β a tutte le temperature inferiori a quella del solido: sono leghe
con contenuto di zinco superiore al 47% (da 47 a 49%). Questi ottoni non hanno interesse per
applicazioni industriali.
Gli ottoni α sono leghe tipicamente adatte alla deformazione plastica e lavorazione a freddo.

Gli ottoni (α+β) sono essenzialmente delle leghe da deformazione plastica a caldo. Inoltre, con questi
tenori di Zn, in fase di riscaldamento parte della fase α si trasforma in β.
Con Zn > 47% la struttura è tutta β quindi non è possibile nessun trattamento di deformazione a
freddo. Questi ottoni sono quindi fragili ed inadatti alla produzione di semilavorati o getti.
Tutti gli ottoni vengono designati con:i simboli chimici degli elementi di lega. Il primo simbolo Cu indica
che si tratto di una lega di rame, del quale non si precisa la percentuale. Dopo sono riportati i simboli
degli altri elementi che caratterizzano la lega, ciascuno seguito da un numero che ne rappresenta la
percentuale
Proprietà generali:
In generale le proprietà migliorano rispetto a Cu
• La durezza cresce sempre all’aumentare del tenore dell’elemento in lega
• La resistenza a frattura tende a crescere, raggiunge un massimo quindi decresce per la formazione
di fasi fragili, soprattutto per Sn
• Allungamento: cresce e poi si riduce per gli ottoni, si riduce sempre per bronzi
• Proprietà chimiche: migliore resistenza alla corrosione rispetto a Cu
• Per ottoni, corrosione sotto sforzo e dissoluzione reattiva dello Zn (dezincificazione)
Ci sono anche altre diverse tipologie di ottoni:
• Ottoni al piombo: Sono leghe di alto consumo, stampabili a caldo o lavorabili con macchine utensili.
Il piombo, formando piccoli globuli, favorisce la lavorazione, soprattutto al tornio, favorendo la
rottura dei trucioli. Servono per viteria, bulloneria, raccorderia, rubinetteria
• Ottoni speciali: Contengono oltre al rame e allo zinco fino ad un 10% di altri elementi (Sn, Al, Ni, Fe,
Mn, Si ecc...) che ne migliorano le caratteristiche per gli usi richiesti
L’ottone si usa principalmente per :
• elettricità (apparecchi elettrici, interruttori, contatti, portalampade)
• autotrasporti (radiatori, impianti elettrici)
• settore marino
• munizionamento
• idrosanitaria (rubinetti, tubazioni, radiatori, valvole)
• industria chimica (scambiatori)
• industria meccanica (bulloni, viti, ingranaggi)
• edilizia e arredamento (cerniere, serramenti, maniglie, elementi di mobili)
• monetazione e simili (targhe, medaglie)
• strumenti musicali (ottoni)
Bronzi:
• Sono leghe di rame e stagno (fino al 25-30%) con tracce di Zn e Pb; con differenti percentuali di
stagno (assumono colori differenti): rosso rame (Sn<5%), giallo-oro (Sn 5-10%), giallo-chiaro (Sn
10-25%), bianco (Sn >25%).
• Sono più duri e resistenti del rame e le caratteristiche meccaniche sono funzione del tenore di
stagno. Si ottengono per fusione e successivo raffreddamento dei metalli costituenti.
• Sono leghe molto fusibili e fin dall’antichità si usano per campane, statue, armi (spade, cannoni
ecc...).
• I bronzi da fusione presentano un’utile proprietà; la lieve espansione prima della solidificazione
riempie bene lo stampo di fusione, riducendo molto i difetti
I bronzi ordinari possono essere formati da:
• 4-10% wt Sn, solo fase α, materiali malleabili e lavorabili a freddo, per medaglie e molle
• 10 – 12% wt Sn, solo fase α, maggiore resistenza meccanica, bronzi per ingranaggi
• 15 – 20% wt Sn, fase α+β, non lavorabile a freddo, uso in cuscinetti
• 20 – 30% wt Sn, fasi intermetalliche β,γ,δ,ε, materiali fragili e non lavorabili, usati per fusione
I bronzi speciali possono essere:
• Bronzi all’alluminio (Cuprallumini – Cu-Al): Il contenuto in alluminio varia da 5 al 12%; spesso
contengono piccole quantità di Fe, Si, Ni, Mn. Hanno eccellenti proprietà meccaniche e grande
resistenza alla corrosione perché si forma pellicola di ossido di alluminio. Sono usati in ambienti
marini o di stress meccanico
• Cupronickel: Presentano alta resistenza alla corrosione, erosione e meccanica. Con il 20% di nickel
hanno colore grigio-metallico e sono usate per monetazione (parti bianche di 1 e 2 euro, CuNi25 -
cupronickel 75-25). Piccole aggiunte di ferro, manganese, niobio migliorano ulteriormente le
proprietà meccaniche e la saldabilità.
• Bronzi al berillio: Contengono il 23% di berillio. Sono leghe pregiate con caratteristiche meccaniche
superiori a tutte le altre leghe di rame e competitive con molti acciai legati (li sostituiscono in
particolari applicazioni)
• Alpacche o leghe bianche: Composizione Cu 70-50%, Ni 10- 18%, Zn il resto. Usate in posateria,
vasellame. Le meno pregiate in industrie elettromeccaniche e telefonia
Alluminio
L’alluminio è il terzo elemento per abbondanza nella litosfera (7.5-8%) dopo ossigeno e silicio. E’
presente in minerali come alluminosilicati, feldspati, miche, argille, ed ossidi come il corindone
L’alluminio è un “metallo” bianco argenteo con struttura CFC, leggero (densità 2.7 g/cm3 a 20°C),
duttile e malleabile, ottimo conduttore del calore e dell’elettricità. L’alluminio viene generalmente
considerato un metallo ed utilizzato come tale; tuttavia, in alcuni casi, ha comportamento non
metallico, in cui forma un alluminato, ovvero compare come anione e non come catione; perciò viene
anche considerato un metallo anfotero, ha una grande affinità con l’ossigeno, infatti se è in polvere
brucia
Il solido si copre di una pellicola aderente di ossido che lo protegge da ulteriori attacchi atmosferici
Punto di fusione 660.4°C. Ha basso potere radiante. Possiede un’elevata riflessitivà per radiazioni IR,
UV e visibili (95% riflessione di luce, 98% riflessione termica)
Si possono colorare facilmente grazie alla porosità dell’ alluminiò durante i processi di lavorarazione
Produzione:
• Estrazione, purificazione e disidratazione della bauxite ==> processo bayer: Dissoluzione della
bauxite (AlOOH - boemite/Al(OH)3 gibbsite) in NaOH acquoso, separazione delle impurezze (fanghi
rossi), precipitazione di Al(OH)3, grazie al suo comportamento anfotero. Le principali impurezze nella
bauxite sono ossido di Ferro(lll) (3 - 25%), silice (1 - 7%) e biossido di titanio (2 - 3%). A seconda
della percentuale di AlOOH o di Al(OH)3 nel minerale di partenza serve maggiore soda e calore
(200-300 g/L e 200-250°C a 35 atm) o meno (100-150 g/L e120-140°C)

• Elettrolisi di Al2O3 disciolta in criolite fusa Na3AlF6: Elettrolisi da fuso a 940-980°C con elettrodi in
carbone (che in presenza di O2 nativo si ossidano a CO2) e per abbassare il punto di fusione si
aggiunge criolite

Intervalli tipici nella composizione dell'elettrolita sono:


Na3AlF6 (80-85%), CaF2 (5-7%), AlF3 (5-7%) Al2O3 (2-8%, con ripristino ad intermittenza) + Li2CO3
La reazione, i cui dettagli non sono ancora del tutto chiari prevede:
- Al catodo (riduzione) ==>produzione di Al
- All’anodo (ossidazione) ==>formazione di O2, che reagisce con C a dare CO2
Tipiche condizioni operative:
• intensità di corrente dell'ordine di 105000 A
• differenza di potenziale di 4.5 V
Una tonnellata di Al metallico richiede 1.89 tonnellate di Al2O3, 0.45 tonnellate di materiale carbonioso
anodico, 0.07 tonnellate di Na3AlF6 e circa 10-13 000 kWh di energia elettrica, infatti sono processi
molto costosi
Sviluppano anodi inerti che liberano in atmosfera O2, ma producono anche CO2, HF e vapori di
fluoruro di Na come gas
Oltre alla produzione primaria, bisogna considerare il riciclo dei rottami di alluminio che probabilmente
immette in circolazione ulteriori 3-4 milioni di tonnellate di Al annue
• Bauxtite: è un minerale misto di ossido ed idrossido di alluminio, scoperto P. Berthier nel 1821 vicino
a Les Baux in Provenza. Nelle regioni temperate (come l'Europa mediterranea) sì trova
principalmente sotto forma di «monoidrato” AlOOH (bohemite e diaspro), mentre nelle regioni
tropicali la sua composizione si avvicina al "triidrato” Al(OH)3 (gibsite e idrargillite). La minore
solubilità di AlOOH rispetto ad Al(OH)3 in NaOH acquoso, viene sfruttata nell'industria estrattiva
dell'alluminio. Tipiche composizioni delle bauxiti usate nell'industria sono: Al203 40-60%, H2O
combinata 12-30%, SiO2 libera e combinata 1-15%, Fe2O3 7-30%, TiO2 3-4%, P2O5, V2O5 ecc.,
0.05-0.2%. Le riserve sono immense e viene estratta senza difficoltà a cielo aperto, poiché si trova
normalmente in grandi strati di spessore variabile dai 3 ai 10 metri, a piccole profondità e facilmente
accessibili. Oltre all'uso preponderante per l'estrazione dell'alluminio, la bauxite viene impiegata nella
fabbricazione di refrattari e dì cementi ad alto contenuto di allumina; la bauxite viene usata anche
come agente essiccante e come catalizzatore nell'industria petrolchimica.
L’alluminio presenta:
• tenacità: assorbe energia durante lo sforzo
• resistenza meccanica anche a basse temperature: la resistenza meccanica dell’alluminio può essere
aumentata per lavorazione a freddo o alligazione, ma entrambi i processi provocano la riduzione
della resistenza alla corrosione
• buona colabilità
• buon comportamento a fatica
• resistenza agli agenti atmosferici
Ha tempo di vita molto variabili, che dipende dall’oggetto fatto dall’alluminino
Da solo è difficile impiegato da solo, quindi si trova spesso un leghe
Leghe:
Le leghe monofasiche non possono essere lavorate a freddo, perché l’aumento della resistenza è
realizzato tramite soluzioni solide.
Leghe bifasiche possono essere trattate successivamente (indurimento per precipitazione) formando
composti intermetallici
Le loro caratteristiche sono:
• punti di fusione inferiori (510-650 °C) rispetto all’alluminio puro (660°C).
• Conducibilità termica ed elettrica molto alta, ma inferiore all’alluminio puro.
• Peso specifico 2.66-2.85 g/cm3.
• Contenuto in Al >95%.
I principali agenti leganti sono: Cu, Si, Mg, Zn, Mn, (Li)
I due principali motivi per l’uso di alluminio e delle sue leghe sono:
• formazione di pezzi in cui è fondamentale la leggerezza
• pezzi resistenti ad ambienti molto aggressivi.
Sotto il profilo della lavorabilità, le leghe di allumino si distinguono in:
• leghe da lavorazione lavorabili a freddo o a caldo mediante laminazione, estrusione, formatura,
forgiatura.
• Leghe da getto (contenenti quantità elevate di silicio)
I trattamenti termici servono a migliorare alcune caratteristiche meccanica legate a processi di
ristrutturazione della microstruttura ad opera della temperatura. Spesso vengono attuati dopo la colata
o la lavorazione meccanica.
I trattamenti termici principali sono brevemente descritti qui di seguito:
• Ricottura completa: finalizzato a recuperare la massima lavorabilità (deformabilità, duttilità) dopo
l’incrudimento, questo trattamento termico è un ciclo che prevede il riscaldamento fino a circa
400-450°C, seguito da un raffreddamento lento (a velocità inferiori a 25°C/ora) fino a 200-250°C e
quindi il libero ritorno alla temperatura ambiente. Durante questo ciclo la struttura viene ridefinita
attraverso la precipitazione grossolana delle fasi metalliche presenti che facilita la lavorazione
successiva.
• Tempra: nel caso delle leghe di Al, questo processo è denominato tempra di soluzione. In presenza
di elementi in lega, vista la presenza in diversi diagrammi di fase dell’Al con altri elementi di fasi
intermetalliche, è frequente riscontrare, in seguito a lento raffreddamento, una microstruttura
bifasica. Se il pezzo viene sottoposto a riscaldamento fino a raggiungere la regione di stabilità del
sistema monofasico, e quindi viene raffreddato rapidamente (ad esempio mediante immersione in
acqua, fredda o a 60-100°C, attuando una velocità di raffreddamento fino a 250°C/sec), si evita la
segregazione delle fasi termodinamicamente stabili. In presenza di Zn e Mg l’inibizione della
segregazione è attuata anche con un raffreddamento ordinario (leghe autotempranti).
• Invecchiamento naturale o artificiale: questo trattamento viene posto in atto per quelle leghe che
presentano composizione metastabile, ad esempio un sistema monofasico sottoraffreddato in una
regione di composizione bifasica), dal momento che a temperature relativamente basse si possono
verificare fenomeni di segregazione di fase in opera. L’invecchiamento ha come scopo di accelerare
questi processi per ridurre i tempi, e viene condotto a circa 150°C per circa 12 ore. In seguito a
questi processi migliorano la durezza e la resistenza meccanica mentre diminuisce la duttilità.
• Bonifica: questo processo somma tra loro i cicli di tempra di soluzione e di invecchiamento
artificiale.
• Ricottura per distensione: per alcune leghe, questo passaggio, composto da un riscaldamento fino a
temperature di 340°C e raffreddamento permette di ripristinare le condizioni di lavorabilità.
• Stabilizzazione (solo per leghe da getto): questo processo ha come scopo quello di recuperare le
tensioni presenti nel pezzo gettato ad opera dello stress da dilatazione/ritiro durante la colata.
Attraverso un riscaldamento a temperature superiori a quella di invecchiamento artificiale e con
tempi più lunghi si eliminano le tensioni e si stabilizzano le dimensioni del pezzo.
L’alluminio riciclato usa il 95% in meno di energia per la sua produzione rispetto alla produzione
primaria
Magnesio
Il magnesio, n° atomico 12, peso atomico 24.3 è l’ottavo per ordine di abbondanza nella crosta
terrestre (2.1% in massa). E’ il 3° ione –per abbondanza- disciolto in mari ed oceani, che
rappresentano una fonte praticamente inesauribile. E’ bianco argenteo; all’aria si copre di uno strato di
ossido aderente (e protettivo). Reagisce lentamente con acqua fredda sviluppando idrogeno. Ad alta
temperatura brucia formando l’ossido MgO; se acceso continua a bruciare anche in atmosfera di vapor
d’acqua o di CO2. Perciò un incendio di magnesio non può essere spento con acqua o estintori a
CO2, si usano estintori a polvere o sabbia. E’ leggero (densità 1.74 contro 2.70 per Al) e duttile. Si
commercia in polvere, lingotti, fili o nastri. Fonde a 650°C.
I minerali di magnesio, carbonati, silicati, cloruri e solfati, sono molto numerosi. I principali carbonati
sono la magnesite MgCO3 e la dolomite MgCa(CO3)2. I principali silicati contenenti magnesio sono:
talco, serpentino ed amianti. Il cloruro si trova idrato o come sale doppio con MgCl2.KCl.6H2O
(carnallite) in depositi salini tipo salgemma. Il cloruro è anche abbondante nell’acqua di mare, così
come il solfato, che si trova anche in alcune acque minerali
Minerali utili per l’estrazione sono i carbonati, la carnallite (KMgCl3·6(H2O)), ed il cloruro nell’acqua di
mare
Produzione:
• elettrolisi della carnallite anidra, fusa a 700-750°C fra anodo di grafite e catodo di ferro (che funziona
da recipiente) o per elettrolisi di MgO fuso in un bagno di fluoruri. Si richiedono 20-22 kWh per 1 kg
di magnesio
• riduzione dell’ossido con carbone in forno elettrico a 2100°C. La reazione MgO + C ==>Mg + CO è
reversibile e richiede un rapido raffreddamento a 200°C sotto gas inerte per mantenere l’equilibrio
spostato verso destra.La dolomite minerale viene macinata e riscaldata a in un forno rotante per dare
una miscela di ossido di Calcio e Magnesio (calcinazione)

Successivamente si attua la riduzione dell’ossido di Mg. Il riducente è una lega di Fe e Si (ferrosilicio).


ottenuta riscaldando sabbia, carbone e rottami di ferro. Contiene circa l’80% di Si. Gli ossidi e la lega
ferrosilicea macinata sono pressati insieme in forma di blocchetti, caricati in un reattore con Allumina
(riduce la temperatura di fusione della scoria). Si scalda a 1300 – 1500°C sotto bassa pressione
(vuoto). Il magnesio vaporizza e condensa a circa 800°C in condensatori in acciaio, viene raccolto e
colato in lingottiere

La reazione è endotermica verso destra e spostata come equilibrio verso MgO, ma rimuovendo i vapori
di Mg si riesce a portarla a completamento. La silice va a formare una scoria di silicato di calcio

Si ricava Mg con purezza 99.99% poco superiore che il processo di elettrolisi


• riduzione con ferro-silicio a 1200°C con una tecnica più semplice della precedente
• Processo Dow dall’acqua di mare (o dalle acque madri delle saline), che contiene cloruro e solfato di
magnesio; la concentrazione media di Mg2+ nell’acqua di mare è 1.29 g/kg. Il processo si basa sul
fatto che lo ione Mg2+ può essere precipitato da una soluzione acquosa per aggiunta di una base.
Questa è l’idrossido di calcio, che si ottiene aggiungendo all’acqua di mare, CaO, che si ottiene per
decomposizione termica del carbonato, CaCO3 nei classici forni da calce. L’idrossido di magnesio
viene filtrato e fatto reagire con HCl per formare il cloruro MgCl2 che viene fuso ed elettrolizzato a
700°C e colato in lingotti o sbarre. Il cloro, sottoprodotto del processo, può essere bruciato in
presenza di metano ed aria per formare una miscela di CO e HCl. Quest’ultimo viene riciclato nel
processo

Un alternativa è la conversione dell’idrossido ad ossido per riscaldamento poi il trattamento con Cl2
in presenza di C e in temperatura per ottenere MgCl2

Lo stadio successivo è quello di elettrolizzare MgCl2 fuso

Usi:
I principali usi industriali del magnesio possono essere condensati in:
• leghe con alluminio,
• metallo strutturale,
• metallurgia del ferro e dell’acciaio,
• usi elettrochimici ed altri.
Il magnesio in polvere viene (veniva) utilizzato per il cosiddetto “lampo al magnesio” in fotografia, e per
bombe incendiarie, ed è usato per fuochi artificiali. Il suo impiego è pericoloso a causa della già
accennata, facile infiammabilità.
Un altro uso importante è quello di “anodo sacrificale” per proteggere condutture (in particolare di
ferro).
E’ largamente utilizzato come desolforante nella metallurgia del ferro. Ha un costo elevato ma è il più
efficiente disponibile, non è inquinante, riduce i tempi di trattamento, favorisce il controllo del processo
e rilascia poco ferro nelle scorie.
E’ anche largamente utilizzato quale riducente nella metallurgia del titanio (processo Kroll), e anche
nella metallurgia dello zirconio.
L’uso di gran lunga più importante è quello in leghe leggere
Leghe:
Le leghe sono spesso suscettibili alla corrosione, specie in ambienti marini, più dovuta alla
segregazione di impurezze che alla lega stessa. La resistenza in condizioni atmosferiche è invece
buona.
Come metallo strutturale, il magnesio può contenere numerosi elementi leganti, fra cui:
• alluminio che, unito a Zn e Si aumenta la resistenza della lega, soprattutto a caldo. Si abbassa
temperatura di accensione
• Rame: sostituisce il berillio (tossico) per aumentare la fluidità allo stato fuso.
• Manganese: segrega le impurezze di ferro responsabili di forte corrosione anodica a contatto con
acqua salata.
• Terre rare: questi metalli (cerio e ittrio in particolare) aumentano fortemente la resistenza delle leghe
ad alte temperature. Lo scandio aumenta il punto di fusione delle leghe.Con le terre rare aumenta la
temperatura di accensione delle leghe
• Litio: riduce le caratteristiche meccaniche, ma rende le leghe più leggere (densità 1.3 kg/dm3).
Anche il calcio diminuisce la densità.
Le leghe di magnesio stanno sostituendo in alcuni casi le materie plastiche. Infatti, a pari densità, i
materiali a base di Mg risultano più rigidi, più facilmente riciclabili e meno costosi
le leghe più usate contengono il 9% e oltre di Al, 2% e oltre di Zn e piccole quantità di manganese ed
eventualmente altri metalli menzionati sopra, e si utilizzano in:
• materiali per lo sport: occhiali, pedali, manubri, telai di biciclette da corsa, cavalletti per macchine
fotografiche, coltelli multifunzione, mulinelli per canne da pesca, racchette da tennis.
• Componenti di motori per auto ed elicotteri: testate di propulsori (BMW, Audi), scatole del cambio,
volanti, cerchioni per ruote (moto, auto), ingranaggi, trasmissioni, cruscotto portiere, struttura degli
air-bag..
• Sedili per elicotteri, aerei militari e commerciali
• “case” e telai per computer, casse acustiche.
• Riduzione di peso in aerospaziale (vedere alluminio) e nell’industria automobilistica. Questa permette
un minor consumo ed emissione di gas nocivi. L’impiego di materiali leggeri (alluminio, magnesio,
plastiche) riduce fino al 30% il peso. Tuttavia nel contempo si registra un aumento di peso dovuto
alle maggiori esigenze di sicurezza e di accessori; di fatto, contro un aumento di peso totale di 440
kg l’uso di materiali leggeri permette un “guadagno” di 170 kg, riducendo il peso risultante a 270 kg.
Le prestazioni di queste leghe possono essere migliorate mediante rinforzo con fibre o particelle,
procedimenti di presso-fusione, estrusione, incollaggio
Più della metà del magnesio prodotto è destinato a alle leghe alluminiò-magnesio. Piccole quantità di
magnesio aumentano la resistenza meccanica ed alla corrosione delle leghe di alluminio. Fra le molte
leghe di alluminio contenenti magnesio, le più importanti sono:
• Serie 5000 dette anche leghe marine a causa dell’elevata resistenza alla corrosione: possono
contenere anche più del 5.5% di magnesio.
• Serie 7000 note anche come leghe ad uso aerospaziale contengono fino ad oltre il 3.5% di
magnesio.
• Serie 3004 largamente utilizzata per la produzione di lattine per bevande. Il corpo centrale contiene
l’1.1% di magnesio, la copertura (Serie 5182) contiene il 4.5% di magnesio. Oltre il 60% delle lattine
vendute nel mondo viene riciclata. Nel riciclo il magnesio rimane con l’alluminio
Titanio
I principali minerali sono: il menite (FeTiO3), perovskite (CaTiO3), rutilo e anatasio TiO2, titanite o sfene
CaTiO(SiO4). Tutti, salvo la perovskite sono utilizzati per l’estrazione del metallo o la produzione
dell’ossido (vedi). Il rutilo è più raro del menite, ma è il più sfruttato poiché contiene il 90-97% di titanio
Produzione:
E’ alquanto complessa e costosa, anche perché deve avvenire sotto argon. Infatti il titanio è l’unico
elemento che brucia in azoto e forma nitruri fragili.
La metallurgia passa attraverso la formazione del tetracloruro attraverso questa reazione

La clorurazione di TiO2 avviene a 600°C in letto fluido, con aggiunta di carbone e cloro o di gas
clorurati [COCl2, estremamente pericoloso, o CCl4] scaldati a 1000°C. Si ha una conversione del 95%
rispetto al cloro utilizzato
Il tetracloruro di titanio viene poi ridotto con metalli (Ca, Mg o Na) attraverso i due processi Hunter (più
antico, usa il sodio) e Kroll (usa il magnesio). La riduzione è sempre fortemente esotermica. Si potrebbe
anche utilizzare il calcio a 650-700°C ma la reazione non è usata commercialmente perché più costosa
Processo Hunter:

Processo Kroll:

Il processo avviene in un reattore a piani di acciaio al carbonio e acciaio cromo-nickel rivestito di


titanio. Viene riempito di argon e caricato con piccoli blocchi di magnesio puro; raggiunti i 700°C si
invia il flusso di vapore di TiCl4. La spugna di titanio si deposita come crosta sopra il cloruro di
magnesio fuso (711°C). La temperatura non deve superare i 1025°C (altrimenti avviene una reazione
con il ferro del reattore). Tempo totale di reazione 95 ore. Infatti, l’immissione di vapori di TiCl4 deve
avvenire lentamente e in modo controllato per mantenere il controllo della temperatura di reazione.
Rese teoriche: 1 kg di spugna richiede 3.96 kg di TiCl4 e 1.015 kg di Mg. Si formano anche 3.975 kg di
MgCl2.
Il cloruro di magnesio viene recuperato, sottoposto ad elettrolisi ed il magnesio riutilizzato nel processo
La spugna di titanio metallico è ancora assai impura (75-85%) viene distillata. La distillazione richiede
85 ore.
Caratteristiche:
• Leggerezza. (40% meno degli acciai inossidabili)
• Elevata resistenza meccanica (come i migliori acciai) Resistenza a erosione e cavitazione; resiste
all’abrasione di particelle sospese da 10 a 100 volte meglio dei cupro-nickel o degli acciai
inossidabili.
• Elevata resistenza al calore.
• Resistono alla corrosione e all’attacco chimico di molte sostanze escluse: (i) acido nitrico fumante, (ii)
tetrossido di azoto anidro, (iii) alcuni metalli liquidi, (iv) Sali clorurati sopra i 250°C, (v) Bromo a
temperature elevate, (vi) Metanolo anidro.
• Basso coefficiente di dilatazione termica (vicino ai materiali lapidei, il 50% in meno rispetto
all’acciaio)
• Completamente non magnetico (il metallo)
• Buona antiaderenza.
• Non tossiche e biocompatibili. Impiego biomedico in forte aumento.
• Resistono alla biocorrosione (biofouling) marina
Leghe:
Il titanio commerciale si presenta in 4 gradi (da 1 a 4) contenenti sempre maggiori quantità di
“impurezze”, particolarmente ossigeno e ferro (0.40 e 0.50 % max, rispettivamente). La duttilità
diminuisce, il carico di rottura aumenta. Vengono utilizzate come segue:
• Grado 1. Stampaggio a freddo.
• Grado 2. Compromesso fra proprietà tecnologiche. Usi vari.
• Grado 3. Recipienti ad alta pressione.
• Grado 4: aeronautica, auto F-1
Esistono leghe con entrambe le strutture; presentano in genere resistenza minore le α, intermedia le
β+α, massima le β. La struttura β è più deformabile. Esistono elementi “beta stabilizzanti”. Possono
subire lavorazioni come tempra e ricottura, come gli acciai. Metalli nobili, in particolare il rutenio,
aumentano resistenza alla corrosione. Possono contenere da 1 a 5 differenti componenti in porzione
attorno a qualche %, con massimo 11%
Lavorabilità:
Il problema principale è la reattività con altri materiali e specie a caldo, che obbliga a tecnologie di
lavorazione non convenzionali:
1. formatura a freddo: si ha indurimento (incrudimento) e diminuzione della duttilità. E’ interessante il
notevole ritorno elastico dopo deformazione. Ricordiamo, infatti che molte leghe a memoria di
forma sono a base di titanio.
2. formatura a caldo (600-800°C), ricottura, incrudimento; influenza poco le proprietà iniziali.
3. sopportano bene tutte le tecniche di saldatura. (sotto argon).
4. presentano buona fusibilità.
5. Per quanto riguarda la lavorazione con macchinari si “impastano” come gli acciai inossidabili
Usi:
• industria chimica (sono usate in almeno 23 importanti processi chimici industriali inorganici e
organici)
• geotermia. Lo sfruttamento dell’energia geotermica è antico. Attualmente viene fortemente
sviluppato in Paesi ad alta attività vulcanica come l’Indonesia.
• industria carta e cellulosa. Serbatoi e condotte per gli sbiancanti clorurati. Il biossido come riempitivo
di carta pregiata.
• Metallurgia come ferroleghe e –soprattutto- in leghe speciali.
• stoccaggio residui nucleari. Si usano soprattutto materiali sol-gel a base di ossido di titanio.
• Produzione energia. In centrali idro- e termo-elettriche, condotte e parti di turbine ecc... Anche in
centrali nucleari.
• Industria cloro-soda. Serbatoio, condotte ecc...
• Usi marini e desalinazione. In impianti di desalinazione e soprattutto in leghe navali (sommergibili e
sottomarini)
• Edilizia: usi non frequenti a causa dei costi (Museo Guggenheim, Bilbao, Spagna).
• Biocompatibilità. Molto usato in chirurgia ortopedica (protesi) e generale (strumenti), odontoiatria.
• Agroalimentare. (i) Settore enologico: stoccaggio, vinificazione (ii) Settore conserviero: succhi frutta.
e pomodoro, salamoie acide (acidi acetico, citrico), (iii) Settore caseario; salatura, filatura, formaggi a
pasta dura e molle.
• Catalisi. Composti inorganici e organometallici in catalisi di polimerizzazione (Ziegler-Natta).
• Aeronautica: già nella vecchia aviazione civile con l’introduzione dei motori Pratt & Whitney JT3D con
componenti in titanio sul Boeing 707 e sul DC-8 si otteneva il 42% di maggior spinta al decollo, una
riduzione del peso del 18% con conseguente 13% di consumo in meno. Oggi circa il 30% del peso
di un motore aereo è titanio. Parti critiche sono le alette di compressore e turbina (che lavorano a
10.000 rpm, a circa 1200°C, in condizioni di corrosione e ossidazione anche per 20/30 ore). A titolo
di esempio delle condizioni di uso si pensi che le palette del compressore prendono l’aria a -50°C e
la portano a 900°C. Perciò è richiesta una manutenzione severissima mediante macchinari complessi
per il Criogenic Spin Testing (a -195°C). Il motore F 100/200 Pratt & Whithney usato sugli F-15 e F-16
contiene 75 parti a rischio e richiede 1.000 punti di ispezione.Anche la struttura di aerei militari e civili
contiene molte leghe in titanio: Ad esempio nell’ F-15 il titanio rappresenta circa il 32% del peso
della struttura. Parti della carlinga e il carrello del Boeing 777, sono in lega TITMETAL 10-2-3 che
sostituisce acciaio e leghe al nickel più pesanti.
• Aerospaziale. Le navicelle della NASA (Apollo e Mercuri I) erano in buona parte in titanio
Riciclo:
Il rottame di titanio viene generalmente fuso assieme alla spugna e il materiale risultante viene legato
con V, Mo, Al in un forno a vuoto per produrre lingotti VAR (Vacuum Arc Remelting) per aerospaziale. Si
usano anche forni al plasma o processi electron beam. Purtroppo, trattandosi soprattutto di usi militari,
non sono disponibili molti dati riguardo al riciclo del titanio, che viene sicuramente effettuato, visti i
costi e a difficoltà della produzione.
Si pensi infatti che già la lavorazione complessiva a partire dalla spugna per giungere al prodotto finito
comporta perdite del 47% che vengono rifuse con nuova spugna e riciclate.
Aspetti ambientali:
Il titanio elementare è poco tossico e biocompatibile, tanto che viene usato in medicina. Secondo dati
desunti da medie mondiali la concentrazione del metallo nelle aree urbane è >0.1 microgrammi/m3 e
sale a 1.0 in aree industriali. La media nelle acque potabili è 0.5-15 microgrammi/l, e nelle acque di
mare 0.7-9.0. Nel suolo, la media varia con il clima, il consumo di combustibili fossili (che ne rilasciano
tracce) e l’incenerimento dei rifiuti, e si attesta sui 0.5 g/kg.
CERAMICI
I materiali ceramici sono in generale costituiti di elementi metallici e non metallici, sono materiali non
metallici ed inorganici, caratterizzati da frattura fragile (ed ottenuti per formatura e successivo
trattamento termico)
I materiali ceramici tradizionali derivano da argilla, cemento e vetri
Caratteristiche generali:
• Fragilità (caratteristiche di legame ibrido)
• Scarsa conduzione elettrica e termica (discutibile)
• alta temperatura di fusione
• Resistenza meccanica a compressione, rispetto alla trazione
• Inerzia chimica
• Trasparenza
Struttura:
• Sistemi ceramici amorfi presentano una struttura ordinata di atomi e/o ioni solo per poche distanze
interatomiche, cioè privi di disposizioni ordinate a lungo raggio
• Essendo costituiti da due o più elementi, i sistemi cristallini hanno strutture più complesse di quelle
dei metalli, dovute alla combinazione di carattere covalente e ionico del legame: per strutture
catione/anione (materiali binari) la struttura viene determinata da:
-intensità di carica elettrica sugli ioni (carica formale):Il primo aspetto implica il rapporto
stechiometrico per raggiungere la neutralità
-raggio del catione e raggio dell’anione (rc/ra):Il secondo aspetto è relativo all’ottenimento del
massimo contatto catione/anione, che implica, per rapporti rc/ra diversi, coordinazioni differenti
Dal punto di vista tecnologico, i sistemi ceramici sono in assoluto i primi materiali “sintetici –
tecnologici” preparati dall’uomo
Le caratteristiche estremamente differenti da quelle dei metalli li differenziano sia dal punto di vista
tecnologico che da quello applicativo
Fabbricazione:
Formatura a freddo, essiccazione e trattamento termico finale.
Rammollimento e raffreddamento con irrigidimento per aumento della viscosità (vetri)
Classificazione per applicazione:
• Vetri
• Prodotti argillosi strutturali
• Porcellane
• Refrattari
• Abrasivi
• Cementi
• Ceramici avanzati funzionali
Difetti:

Sono estremamente importanti in alcuni sistemi, per impartire determinate proprietà (semiconduttori
dopati)
Difetto cristallino: irregolarità del reticolo che ha le dimensioni di un diametro atomico
I materiali cristallini non sono perfettamente ordinati, ma contengono un grande numero di vari difetti e
imperfezioni
Le deviazioni dalla cristallinità perfetta sono alla base significative proprietà, non sempre dannose
Nei metalli i difetti non sono carichi, nei ceramici sì
Nei ceramici la concentrazione delle impurezze è di norma maggiore che quella dei difetti intrinseci
Le superfici e le interfacce sono di maggiore importanza nei sistemi ceramici
La porosità e i vuoti sono di rilevante importanza per i sistemi ceramici
Vacanza:
Sono termodinamicamente presenti nei materiali perché aumentano l’entropia,
Difetto autointerstiziale: combinazione di una vacanza e uno spostamento di atomo in posizione
interstiziale (difetto Frenkel). Poco probabile e frequente per motivi distorsione strutturale.
La sostituzione di un atomo con uno differente è guidata da:
– Fattore di dimensione atomica (Dr<15%)
– Struttura cristallina simile
– Elettronegatività (vd Regole intermetallici)
– Valenza (vedi regole di HR)
Imperfezioni:
Le imperfezioni possono essere posizionali, sostituzionali o interstiziali.
Poiché gli atomi di una struttura sono ioni, la struttura deve mantenere l’elettroneutralità
• Difetti Frenkel: coppia catione-vacanza e catione-intestiziale
• Difetti Schottky: coppia vacanza cationica/vacanza anionica
I numero di difetti Schottky e Frenkel all’equilibrio dipende dalla temperatura
L’aumento di difetti all’equilibrio con la temperatura è dovuto alla maggiore agitazione termica della
struttura

Gli atomi di impurezze possono dare soluzioni solide nei materiali ceramici molto più che nei metalli:
possono essere sostituzionali o interstiziali
Dislocazioni:
Sono difetti lineari intorno a cui gli atomi sono fuori posto.
Mentre i difetti puntuali sono termodinamicamente presenti, le dislocazioni richiedono troppa energia
rispetto al beneficio entropico
Sono pertanto frutto di effetti di deformazione o crescita cristallina, in condizioni di non equilibrio
Un esempio è un semipiano che si interrompe all’interno del cristallo (dislocazione a spigolo)
Si definisce l’asse della dislocazione, che distingue zone di stress compressivo e di trazione
Un altro esempio è uno spostamento di 1 passo reticolare di una porzione del cristallo (dislocazione a
vite)
Si definisce l’asse della dislocazione, attorno a cui gira l’elicoide che segue la dislocazione
Vi possono essere dislocazioni miste, combinazioni di d. a vite e a spigolo
La presenza di dislocazioni crea un campo di sforzi attorno ad essa
La presenza di dislocazioni a spigolo riduce notevolmente lo sforzo necessario per deformare
plasticamente un metallo
La presenza di atomi di impurezze può bloccare il moto delle dislocazioni migliorando le proprietà
meccaniche
LEGANTI
Leganti o cementanti: sostanze che impastate con acqua danno massa plastica che con il tempo
subisce un progressivo processo di irrigidimento fino a raggiungere elevata resistenza meccanica
Servono a collegare/tenere uniti altri materiali da costruzione per adesione tenace
Processo di irrigidimento:
• Presa: passaggio da una massa plastica ad una massa in grado di conservare la forma impartitale
• Indurimento: continuo aumento della resistenza meccanica
Cementanti:
• Aerei: presa ed indurimento a contatto con l’aria—> Calci aeree, gesso, cemento Sorel
• Idraulici: presa ed indurimento anche immersi in acqua—> Calci idrauliche, cementi
Definizone cemento: è un legante idraulico ossia un materiale in organico finemente macinato che,
quando mescolato con acqua, forma una pasta che fa presa e indurisce al seguito di reazioni e
processi di idratazione è che una volta indurito mantiene la sua resistenza e la sua stabilità anche
sott’acqua
L’indurimento idraulico del cemento è dovuto principalmente all’idratazione dei silicati di calcio ma
anche di altri composti chimici, per esempio gli alluminati
Secondo la legge i cementi sono quei leganti idraulici che prodotti su Malta plastica raggiungono 28
giorni di stagionatura sott’acqua la resistenza a compressione di almeno 32,5 MPa
Il cemento è formato da una polvere finissima prodotto di cottura di materiali naturali denominati
Clinker, Che contiene calce, silice, allumina e ossidi di magnesio e ferro
Si distinguono:
Clinker naturali: preparati per cottura di marne di cava
Clinker artificiali: preparati per cottura di miscele di calcari, argille e marne e scisto
Attualmente tutti o quasi i cementi sono artificiali
La fabbricazione del clinker prevede 2 fasi:
1. Estrazione delle materie prime e preparazione della miscela cruda
2. Cottura della miscela cruda ad alta temperatura: Progressivo riscaldamento fino a 1400 – 1500°C
in un forno orizzontale
I minerali di cava (calcari, marne) vanno miscelati in modo omogeneo frammentando i componenti:
• Per via umida: in caso di difficile miscelazione si prepara una sospensione in acqua formando una
melma
• Per via secca: macinazione fine dei componenti in un mulino a sfere
Composizione clincker:

Reazione di clinckerizzazione

Durante queste reazioni si consuma CaO e si formano i componenti del Clinker


Avvengono nel forno a tubo alla temperatura di 1200°
Queste reazioni producono circa 60% di CO2 dell’intero processo con cui si chiude il cemento
Produzione
Il materiale viene macinato in modo da passare per più del 98% attraverso un setaccio a lume 0,18 mm
e viene aggiunto il 5% wt. circa di gesso per regolare la presa
La macinazione è molto importante visto che le reazioni che portano alla presa sono fenomeni di
idratazione che avvengono in fase eterogenea e dipendono dalla dimensione granulometrica del
materiale
Stoccaggio intermedio per omogenizzare il materiale macinato, quindi si macina finemente in modo da
far legare le varie materie prime, in seguito avviene la calcinazioni a 1400 gradi—> processo dei cicloni
per farsi che le polveri si scaldino (900 gradi) e far raffreddare i gas che escono dal tubo con la fiamma,
in seguito in un tubo dove scorre il clinker fino alla fiamma (1400 gradi) avviene la reazione di
clinkerizzazione, in seguito viene raffreddato con aria, in seguito viene macinato in modo più fine
aggiungendo gesso, così da creare il cemento 1, cemento più basico (95% clinker e 5% CaSO4)
• C3S: responsabile di resistenze a breve e a lungo termine libera moderato calore di idratazione
provoca scarso ritiro
• C2S: esibisce discrete proprietà idrauliche con tempi di presa indurimenti lenti provaca resistenze
paragonabili a quelle del C3S ha uno scarso valore di idratazione si distribuisce su un lungo
intervallo di tempo
Maggiore resistenza meccanica, sono reazioni più lente
• C3A: caratterizzato da elevata cinetica di idratazione elevato calore di trattazione resistenze finali
sono raggiunte dopo breve tempo genera forte ritiro e scarsa stabilità all’attacco solfatico
• C4AF: Idratazione moderatamente rapida scarso ritiro
Responsabili del processo di presa immediato, cioè si idratano velocemente, sono reazioni più veloci
• CaO/MgO: Se presenti in grande quantità (maggiori del 4%) sono responsabili di fenomeni di
espansione che possono portare alla distruzione del manufatto
Idratazione
mescolamento dell’acqua: immediata dissoluzione dei sali inorganici solubili come il solfato di calcio,i
solfati alcalini (sodio e potassio), la calce (CaO) e il periclasio (MgO).
L’acqua inizia ad interagire con le particelle di cemento, adsorbendosi sui minerali costituenti il
cemento, dapprima il C3A ed il C3S ed in seguito il C2S ed il C4AF. Vigoroso sviluppo di calore, come
conseguenza della liberazione dell’energia di dissoluzione delle principali fasi inorganiche presenti nel
sistema.
Prime reazioni tra l’acqua di impasto (ormai satura dei sali disciolti) ed le fasi mineralogiche del
cemento: formazione e la successiva cristallizzazione di solfo- alluminati di calcio idrati (ettringite),
idrossido di calcio (portlandite) e silicati di calcio idrati (CSH).
In questa fase giocano un ruolo fondamentale e specifico per governare la cinetica di idratazione i
seguenti aspetti:
• Contenuto e reattività di C3A nel clinker/cemento
• Contenuto in sali solubili (solfati alcalini principalmente) nel cemento
• Contenuto e reattività del C3S/C2S
• Granulometria del cemento
Le prime ore di idratazione di un OPC possono essere ricondotte principalmente a due gruppi di
reazioni:
• Reazioni dei silicati
• Reazioni di alluminati e solfati
Idratazione del C3A

Reazione molto rapida, ci mette 40-60 minuti, sia formazione di alluminato di calcio idrato in modo
massivo

Grazie all’aggiunta di gesso si provoca la formazione di stringete che impedisce la precipitazione degli
alluminati idrati e grazie a una cristallizzazione lente ordinata permette di regolare la presa del cemento
4 fasi di idratazione:
1. Pre-induzione: reazione molto rapida
2. Induzione: rallentamento —> permette di lavorare il materiale
3. Accelerazione: crescita e nucleazione dei prodotti di idratazione —> sviluppo proprietà meccaniche
4. Diffusione controllata: rallentamento dovuto all’aumento dei prodotti solidi in soluzione

Importante la formazione Ca(OH)2


Regolazione di presa ad opera del gesso: rallenta la reazione di C3A precipitando ettringite sulla
superficie
In presenza di gesso C3A si idrata molto meno esotermicamente
E’ importante la velocità di sviluppo del calore (dissipazione difficile, tensioni, fessurazioni, rotture)
C3A e C3S devono essere il più possibile bassi (resistenza meccanica)
Con la formazione dell’impasto i granuli sono inizialmente circondati e separati da un sottile velo
d’acqua
Tale velo reagisce rapidamente con le varie componenti del cemento Lo spessore dello strato
superficiale aumenta via via fino ad occupare tutto lo spazio disponibile (massa gelatinosa)
Per eliminazione di parte dell’acqua e cristallizzazione si ha l’indurimento

L’acqua in eccesso fa diminuire le proprietà meccaniche, creando capillari e porosità, quindi bisogna
avere un rapporto ben preciso con il legante —>400g di acqua per kg di cemento
Si può risparmiare acqua aggiungendo additivi al legante per far reagire meglio con l’acqua
Cementi pozzolanico
Miscelazione di clinker di Portland (55-70%) e pozzolana (30-45%)
Pozzolana: accumulo e cementazione di particelle, cenere e lapilli di origine vulcanica (silice
semiamorfa e silicoalluminati)
Reazione di idratazione lenta: resistenze a breve inferiori al Portland
Buona resistenza ad acque dilavanti (poco Ca(OH)2 libero) e solfatiche
Cemento d’altoforno
Miscelazione di clinker di Portland (55-70%) e scoria basica granulata d’altoforno (30-70%)
Scoria: sottoprodotto di fabbricazione della ghisa ed è costituito da ganga del minerale Fe, ceneri del
coke, calcare
Raffreddamento repentino della scoria: prodotto cementante latente (attivazione con Ca(OH)2)
Idratazione delle scorie lento: caratteristiche meccaniche inferiori al Portland a tempi brevi
Svolgimento di calore graduale (gettate di grande mole)
Resistenza a acque dilavanti e solfati
Degradazione del cemento
1. Attacco da parte dei solfati:
Ca(OH)2 data dall’idrolisi del cemento reagisce con SO42- per dare gesso (espansivo)
Il gesso reagisce con C3A per dare ettringite (espansiva)
Gesso, Ca(OH)2, CSH e CO2 danno thaumasite (espansiva e fragile – avviene a bassa T e alta
umidità)
Prevenzione: Evitare sezioni di spessore inferiore a 12-14 cm e copriferri inferiori a 2-4 cm
2. Attacco da parte di cloruri:
Ca(OH)2 data dall’idrolisi del cemento reagisce con Cl- per dare 3CaO CaCl2 15H2O
Disintegrazione e delaminazione del cemento
Attività corrosiva sulle armature
Veicolanti principali di Cl-:
Disgelanti
Acqua di mare
Inoltre (acqua di mare) può avvenire la sostituzione Ca2+ Mg2+ (protezione)
3. Attacco da parte di anidride carbonica:
CO2 solubile in acqua —> carbonatazione Ca(OH)2
Tale reazione abbassa pH da 13 a 11
Con CO2 aggressiva, formazione, con H2O, di bicarbonato Ca(HCO3)2 più solubile rende.
l’armatura più vulnerabile all’attacco dell’ossigeno/umidità
Fenomeni di arrugginimento:
diminuzione di sezione dei ferri
distacco dei copriferri

Prevenzione: usare calcestruzzi poco paurosi usando i bassi rapporti di acqua cemento alti
dosaggi legante buona compattazione e utilizzo di cementi di miscela che bloccano Ca(OH)2 in
fase di idratazione in modo efficiente
LEGANTI O INERTI
Chiamiamo:
• pasta: miscela plastica costituita da legante ed acqua
• malta: miscela plastica costituita da legante, acqua ed un inerte
Inerte: Costituisce lo scheletro portante della malta, 60 – 70% in volume
Sabbie naturali: da cave, fiumi, laghi, mare
Sabbie artificiali: frantumazione di rocce o scorie. Possono essere quarzose, granitiche, micacee,
calcaree...
Dimensione delle particelle: diametro ma 4 mm e vasto assortimento dimensionale e forma arrotondata
Una malta confezionata con sabbia fine ha caratteristiche diverse da una preparata con sabbia grossa.
Ad esempio: Una sabbia fine assorbe una maggior quantità di legante ed acqua fornisce una malta
meno lavorabile , più porosa e meno resistente
Sono inoltre molto importanti: Determinazione delle impurezze saline (UNI 8520 parte 11) che possono
avere effetti dannosi nella posa in opera di strutture (assorbimento acqua ed efflorescenza, corrosione)
Verifica di impurità leggere carboniose o vegetali (UNI 8520 parte 9): possono provocare diminuzione
della resistenza meccanica e danneggiare l’estetica
Calcestruzzo
Conglomerato costituito da “inerti” (sabbia, ghiaia, pietrisco) tenuti assieme da una malta di cemento
ed acqua
Aspetti importanti:
• Acqua limpida e dolce, priva di sostanze organiche o argilloidi, di solfati e cloruri
• Aggregati naturali o di frantumazione non gelivi, privi di sostanze organiche, limose o argillose, di
gesso etc... e non friabili
• Buon assortimento granulometrico (dimensione max della ghiaia 3 cm, al massimo 7 cm)
Il rapporto ideale per l’idratazione del Portland è 0,25 (25 l di acqua ogni 100 Kg di cemento)
Questo rapporto va portato a 0,4 per rendere lavorabile la massa
Aumentando a/c oltre i valori ideali la resistenza a compressione diminuisce
Si sviluppano inoltre porosità capillari che riducono ulteriormente la resistenza meccanica, per a/c >
0,6 segregazione in cassaforma
Additivi
• Acceleranti di presa e indurimento:
sono sali inorganici (cloruri, carbonati, silicati)
Molto usato CaCl2. Aggiunto al 2% wt aumenta la velocità di idratazione e lo svolgimento di calore
(adatto in periodo di gelo)
Migliora la fluidità iniziale dell’impasto
Dà luogo a resistenze a compressione più alte a breve termine
Può avere azione corrosiva sulle armature (non si può usare nel cemento precompresso)
• Ritardanti di presa e indurimento:
sono sostanze organiche, principalmente zuccheri, cellulose, glicerina, fosfati, sali di Mg, acidi
idrossicarbossilici
Molto usati gli zuccheri. Aggiunte oculate per evitare tempi troppo lunghi
• Fluidificanti:
Modificano le interazioni interfacciali tra cemento e aggregato
Permettono la riduzione di a/c mantenendo la stessa lavorabilità
Vengono perturbate le resistenze meccaniche a breve e lungo termine (normali, acceleranti, ritardanti)
Sono spesso derivati della lignina, polimeri (superfluidificanti) Additivazione dallo 0,3 al 3% wt.
• Plastificanti (bentoni e silice fossile) migliorano la lavorabilità a fresco in cementi magri in caso di
iniezioni profonde, pompaggi etc...
• Generatori di gas e schiumogeni: per reazione sviluppano gas e generano cavità: isolamento termico
e acustico
• Aeranti: 5 – 6% di vuoti non intercomunicanti rende meno sensibile al gelo e più impermeabile il
getto
• Antigelo: permette di manipolare e gettare il cls anche a –10°C
• Idrofughi: possono operare in superficie (fluosilicati di Zn e Mg, silicati alcalini) chiudendo le
capillarità.
• Adesivi, dilatanti, coloranti
VETRI
Definizione: materiale inorganico dalla struttura amorfa, priva di ordine e periodicità a lungo raggio,
solidificato senza cristallizzazione, che irrigidisce per aumento della viscosità
Più della metà del mercato mondiale di ceramici riguarda il vetro, un affare da 50 miliardi di dollari/anno
Mercati principali:
• Vetro cavo (bottiglie, bicchieri, lampadine, contenitori) 35%
• Vetri piani (finestre, specchi) 30%
• Fibre di vetro 17%
Proprietà
• Inerzia chimica (dipende dalla composizione)
• Omogeneità
• Rimodellabilità
• Basso coefficiente di dilatazione termica
• Trasparenza
• Economicità
• Materiale massivo
• Elevata resistività elettrica
Struttura:
I vetri sono essenzialmente solidi non cristallini (amorfi) ottenuti per sottoraffreddamento di liquidi. Non
vi è ordine a lungo raggio (LRO) sopra 1 nm, ma spesso c’è ordine a corto raggio (SRO) dovuto alla agli
atomi nell’immediata vicinanza di quello considerato
Regole di Zachariasen:
• derivate da fatti sperimentali verificati quando un sistema è vetroso
• Basate sulle analogie di legame tra vetri e cristalli visto il modulo elastico simile
• Basate sull’analogia strutturale (sistemi tridimensionali estesi) privi, per il vetro di periodicità
traslazionale
Quest’ultima affermazione si basa su analisi di funzioni di distribuzione radiale RDF, che evidenziano
ordine solo a corto raggio (cristalliti nanometrici)
• Uno ione ossigeno coordina solo due o meno di due atomi di un elemento formatore di vetri (poliedri)
che condividono spigoli o facce sono alla base di sistemi cristallini)
• I numeri di coordinazione degli elementi formatori di vetri sono piccoli (di norma 4)
• I poliedri con ossigeni ai vertici condividono solo dei vertici
• I poliedri formano un network 3D La valenza del catione è 3 o maggiore
• Al diminuire della dimensione del catione si riduce la capacità di formare vetri
• L’elettronegatività del catione è tra 1,5 e 2,5.
Vi possono essere cationi con ruolo di:
• formatori di vetri (formano network di poliedri vetrosi secondo le regole di Z.)
• Modificatori, che non partecipano direttamente alla struttura vetrosa
• Ioni intermedi che possono giocare entrambi i ruoli
Elementi in grado di formare vetri:
• Elettronegatività media
• Caratteristiche di legame parzialmente ioniche e parzialmente covalenti
• Circondati da ossidi che:
– Danno vetri se raffreddati rapidamente
– Danno vetri solo in miscela con altre specie
• Presentano, come ossidi, viscosità da fuso elevate
Tipi di vetri
• Vetro silicato (sodio-calcico contenente frazioni di Mg e Al): è un vetro economico molto usato in
edilizia ed imballaggio. Può essere più durevole, meglio isolante se è un vetro alluminosilicato (bulbi
lampade alogene).
• Vetro al piombo: contiene PbO al posto di CaO nel vetro silicato. Sono molto lavorabili e resistenti. Il
vantaggio principale è l’elevato indice di rifrazione. Un vetro al piombo è il flint glass (vetro Pb alcalini
derivato da una silice naturale molto pura).
• Vetri borato: SiO2-B2O3-Na2O – Al2O3. Un esempio è il Pyrex, vetro durevole e termicamente poco
sensibile agli shock.
• Vetro di quarzo: coefficiente di dilatazione quasi nullo.
• Vetri fosfatici: sono vetri semiconduttori
• Calcogenuri di As, Se, Te: sono vetri trasparenti all’IR formati da semiconduttori non ossidici. Per
riscaldamento, il materiale cambia struttura dallo stato amorfo a cristallino, equivalente alla scrittura
di un’informazione su di esso. Una regione cristallina può essere riportata allo stato amorfo
dall'esposizione a un breve e intenso impulso di calore, portando il materiale alla fusione. Il rapido
raffreddamento fa precipitare la temperatura così rapidamente che la regione fusa si solidifica con gli
atomi allo stato vetroso, mentre un impulso di calore di intensità inferiore e di durata maggiore
cristallizzerà una regione amorfa. Lo stato cristallino è più stabile e il calore fornito consente agli
atomi di muoversi quanto basta per assumere l'ordine della fase cristallina.
Strutturazione
L’introduzione di un modificante in un vetro (ad es Na2O in un vetro di silice SiO2) porta alla rottura di
un certo numero di legami Si-O-Si, con l’addizione di ossigeno e la formazione di gruppi Si-O-
compensati da Na+
La struttura risulta più lasca e presenta:
-Gruppi ossigeno a ponte
-NBO (Non bridging oxygens) legati ad un solo Si
Produzione
I materiali di partenza sono in primis ricercati in natura (ad esempio calcare), ma a volte derivati da
processi chimici (ad esempio Na2CO3, Al2O3)
Le quantità relative di elementi formatori di vetro, modificanti e intermedi sono dipendenti dalle
proprietà finali del vetro
I principali vetri prodotti sono:
1. vetri sodio-calcici (vetrature piane)
2. Silicati non cristallini contenenti anche: – CaO– Na2O – K2O– Al2O3
Curva viscosità-temperatura
La curva presenta andamenti diversi per composizioni di vetro differenti, ma alcuni punti sono
univocamente definiti dai valori di viscosità
Dalla curva viscosità vs T, si denotano alcune caratteristiche specifiche, che sono tipiche di ogni vetro,
dipendentemente dalla composizione:
• Punto di fusione, corrispondente alla T che presenta viscosità di 10 Pas (vetro può essere
considerato liquido)
• Punto di lavorazione o soglia di lavorabilità, corrispondente alla T che presenta viscosità di 1000 Pas,
che indica uno stato deformabile
• Punto di rammollimento, corrispondente a viscosità pari a 10^6 Pas, che rappresenta la T minima
alla quale un oggetto di vetro può essere maneggiato senza notevoli deformazioni dimensionali
• Punto di ricottura: viscosità 10^12 Pas, che porta ad una diffusione atomica tale da eliminare
totalmente le tensioni interne in 15 min.
• Punto di tensione o soglia di deformazione: T con viscosità 10^13 Pas, al di sotto della quale avviene
la frattura prima della deformazione plastica. La Tg è al di sopra della soglia di deformazione
La formatura del vetro si conduce tra T lavorazione e T rammollimento
Colorazione
Il vetro sovente viene colorato usando ossidi di metalli di transizione o lantanidi
Il colore è impartito aggiungendo droganti come difetti puntuali nella struttura. La colorazione dipende
dal drogante e dal suo stato di ossidazione.Talvolta la stessa colorazione è sfruttata per decolorare o
mascherare cromatiche
Formatura
• Per applicazioni ottiche il vetro deve essere omogeneo, privo di pori e con opportune colorazioni
• La presenza di impurezze può impartire colorazioni indesiderate
• La rimozione viene fatta con sostanze decoloranti, che principalmente operano trasformando gli ioni
indesiderati nel numero di ossidazione che evita la colorazione evidente per via chimica o fisica
• Un esempio di questo è:
– presenza di Fe (II) e Fe (III) porta a colorazione verde bluastra.
– se si effettua l’ossidazione con nitrati o Ce (IV), si ottiene tutto Fe (III), giallo, più facilmente
estinguibile
Lavorazione
Forni a bacino di lunghezza fino a 10-40 m (massimo 100 m), con larghezza 3-6 m (massimo 13 m) e
profondità 0,6 – 1,5 m (secondi in dimensione agli altoforni). Arrivano a contenere 2000 ton di vetro
fuso. Sono realizzati in refrattario di allumina/zirconia e hanno durata di circa 8 anni.
Tre zone:
– Caricamento (900 – 1000°C)
– Fusione (1300 – 1600°C)
– Lavoro (1200°C)
• Le fasi effettuate sono:
– Formazione del vetro
– Omogeneizzazione del vetro
– Affinaggio del vetro
Gli aspetti critici riguardano:
• l’omogeneizzazione di un fluido caldo e viscoso, per garantire uniformità compositiva e di viscosità,
che viene rimescolato con agitatori o con insufflazione di gas nel fuso
• eliminazione di bolle di gas (affinaggio): questa fase è dovuta alla rimozione della CO2 derivante dalla
decomposizione dei carbonati e di SO2 derivante da solfati
• Fase di fusione: a 1500°C. Durata di 6 ore
• 1° fase di affinaggio: a 1300°C. Durata 6 ore
• 2° fase di affinaggio: a 1200 °C. Durata 6 ore
• Fase di formatura per colata: tra 1100 e 1000 °C. Durata inferiore all'ora.
• Fase di formatura per soffiatura e pressatura: inferiore ai 1000 °C. Durata di un'ora circa
Affinaggio o affinazione: fase di eliminazione della CO2 prodotta dalla decarbonatazione delle materie
prime.
Il volume prodotto è circa 200 volte il volume del vetro prodotto.
Il riposo del fuso può permettere l’eliminazione delle bolle, ma la velocità di migrazione, vista la
viscosità è estremamente lenta (una bolla di 0,1 mm a 1500°C si muove a 10 cm/giorno).
Per eliminare le bolle si usano agenti chimici: i più usati sono Na2SO4 e, oramai abbandonato, As2O3
assieme a nitrati di Na/K.
Con l’uso di affinanti si creano grosse bolle che, conglobando quelle piccole, risalgono più facilmente.
Le reazioni sono:
• 4KNO3 +2As2O3 2K2O+2As2O5 +4NO(g)+O2(g) •As2O5 As2O3 +O2(g)
• Na2SO4 + nSiO2 Na2O-nSiO2 + SO3(g)
• 2SO3 2 SO2 (g) + O2 (g)
I difetti che presentano spesso i vetri sono:
-Bolle, normali o allungate
-Sottili strisce di disomogeneità
-Grumi dovuti a particelle opache nel vetro
Il vetro viene lavorato per:
• stampaggio: Usato per realizzare oggetti con un certo spessore (piastre, piatti), usa stampi in ghisa
rivestiti di grafite e riscaldati
• soffiatura: Processo industriale automatizzato, che da una goccia di vetro, dopo stampaggio di una
preforma (parison), porta alla soffiatura in stampo
• stiramento: una lastra metallica viene immersa nel fuso e tirata lentamente, con delle unità di
raffreddamento che irrigidiscono il materiale evitando l’arrotolamento. I vetri prodotti richiedono
lucidatura per arrivare alla trasparenza perfetta
• filatura: Si porta al fuso il vetro in un crogiolo di Pt, e si filano le fibre attraverso orifizi riscaldati
• trafilatura:Processo per ottenere oggetti lunghi con sezione trasversale costante. Per lastre processo
successivo di galleggiamento su fuso e raffreddamento lento seguito da ricottura
Float glass
Considerata una delle più importanti invenzioni del ventesimo secolo, è il metodo che produce più del
90% del vetro piano al mondo.
L’aspetto innovativo riguarda l’impiego, dopo la calandratura, di un bagno di Sn fuso a 1000°C per
rendere omogeneamente planare il vetro.
E’ possibile produrre lastre da 2 a 20 mm di spessore cambiando la viscosità e la velocità di
scorrimento del materiale. Raffreddato a circa 600°C può essere estratto come pezzo rigido e viene
sottoposto ad annealing a 200°C
Coating del vetro
l vetro rivestito, o vetro con coating, si ottiene mediante il deposito di ossidi metallici sulla superficie e
si utilizza in edilizia per controllare e migliorare le prestazioni ottico - energetiche delle vetrate.
Esistono due famiglie di vetro coatizzato, definite sulla base del processo produttivo utilizzato:
• coating on-line: vetro pirolitico: il processo di pirolisi viene realizzato ad elevata temperatura, durante
la formatura del vetro float, ed introduce legami forti tra deposito e vetro. La resistenza superficiale
del rivestimento è quindi molto elevata, pari a quella del vetro. Questi coating resistono anche a
trattamenti termici successivi, quali tempra, curvatura, ... Si possono creare superfici con emissività
fino al 13% (contro il 90% del normale vetro float).
• coating off-line: vetro magnetronico:si producono applicando molti più strati di ossidi metallici, ma
possono essere soggetti a deteriorabilità. Pertanto molte tipologie possono essere utilizzate
esclusivamente se montate in vetrocamera. Si possono anche applicare strati metallici la cui
ossidazione si completa in successivi trattamenti termici (tempra), dando luogo a coating temprabili.
Si creano superfici che riflettono e trasmettono la radiazione solare su specifiche lunghezze d’onda,
con un'emissività estremamente ridotta (fino all'1%, contro il 90% del normale vetro float)
Ricottura
Il raffreddamento da un’elevata temperatura può provocare tensioni interne (tensioni termiche), a causa
della diversa velocità di raffreddamento e conduzione termica fra la superficie e le regioni interne.
Questo fenomeno dà luogo a infragilimento o a rottura per shock termico.
Oltre ad evitare questi effetti raffreddando il materiale lentamente, è possibile rimuovere queste
tensioni riscaldando il materiale alla temperatura di ricottura, mantenendolo a questa un certo tempo,
quindi raffreddandolo lentamente
La resistenza del vetro può essere aumentata introducendo intenzionalmente tensioni di compressione
sulla superficie del vetro.
• Tempra termale: riscaldamento del pezzo ad una temperatura superiore alla Tg, ma inferiore al punto
di rammollimento, quindi raffreddamento rapido ad aria o olio.
La differente velocità di raffreddamento porta all’irrigidimento della parte più esterna, quindi le parti
interne, che si raffredda più lentamente, tende a contrarsi maggiormente.
Si ha pertanto una compressione sulla superficie e una trazione all’interno del materiale.
La frattura del manufatto è inibita visto che la compressione superficiale limita l’apertura e la
propagazione di cricche sul materiale
Vetroceramici
Il primo stadio è quello di formatura come vetro, dopo questa fase si induce la cristallizzazione
favorendo la nucleazione e la crescita di particelle cristalline (ad esempio con aggiunta di TiO2 o ZrO2)
Un esempio tipico è il sistema Li2O – Al2O3 – SiO2
I sistemi vetro-ceramici più importanti sono:
• Li2O × Al2O3 × nSiO2 (LAS system),
• MgO × Al2O3 × nSiO2 (MAS system)
• ZnO × Al2O3 × nSiO2 (ZAS system).
Il sistema LAS deriva da una miscela di Li2O, SiO2 e Al2O3 con componenti aggiuntive come Na2O,
K2O and CaO (promuovono la formazione di vetro). I nucleanti sono ZrO2 assieme a TiO2.
La cristallizzazione prima produce una fase cristallina dominante che è una soluzione solida ad alto
tenore di quarzo (HQ s.s.) che per successivo riscaldamento porta ad una soluzione solida di keatite (K
s.s.) o beta- spodumene a seconda delle specie presenti).
Le proprietà più interessanti di queste vetroceramiche sono le proprietà termomeccaniche. La
vetroceramica del sistema LAS è un materiale meccanicamente resistente e può sopportare ripetuti e
rapidi sbalzi di temperatura fino a 800–1000 °C. La fase cristallina dominante della vetroceramica LAS,
HQ s.s., ha un forte coefficiente di dilatazione termica (CET) negativo, la soluzione cheatite-solida è
ancora un CET negativo ma molto più alto di HQ s.s. Questi CET negativi della fase cristallina
contrastano con i CET positivi del vetro residuo. La regolazione della proporzione di queste fasi offre
un'ampia gamma di possibili CTE nel composito finito. Principalmente per le applicazioni odierne si
desidera un CTE basso o addirittura nullo. È possibile anche un CET negativo, il che significa che, a
differenza della maggior parte dei materiali, una tale vetroceramica quando viene riscaldata si contrae.
Ad un certo punto, generalmente tra il 60% [m/m] e l'80% [m/m] di cristallinità, i due coefficienti si
bilanciano in modo tale che la vetroceramica nel suo insieme ha un coefficiente di dilatazione termica
molto vicino allo zero. Inoltre, quando un'interfaccia tra i materiali sarà soggetta a fatica termica, la
vetroceramica può essere regolata in modo che corrisponda al coefficiente del materiale a cui verrà
incollata
Il vetro borosilicato (Pyrex) ha una struttura detta droplet in matrix, dove il biossido di silicio crea la
matrice di base e il vetro di boro forma micro frazioni disperse di sodio borato. Espresso come ossido,
B2O3 costituisce dal 5% al 20% del vetro Pyrex.
Il processo prevede un rapido raffreddamento del fuso scendendo sotto Tg per avere microparticelle di
20-50 A di Na-borato.
La presenza del boro riduce la temperatura di fusione e di processo ma la microstruttura rende elevata
la resistenza chimica e il comportamento termico
Produzione di vetro Vycor:
1. 75% di SiO2-vetro sodio-borosilicato (al centro della zona di immiscibilità).
2. trattamento termico che provoca una decomposizione spinodale nelle due fasi( una al 96% di
SiO2, l’altra di vetro sodio-borosilicato).
3. attacco dei H2SO4 a caldo per sciogliere la fase ricca in boro.
4. sinterizzazione: riduce il volume ed elimina i pori (rimane vetro al 96% di SiO2)
MATERIALI REFRATTARI
Materiali che presentano resistenza chimica e meccanica a temperature dell’ordine di 1400°C e oltre
Sono coinvolti in numerosi processi produttivi:
- Ferro e acciai
- Vetri
- Cementi
Ruolo principale: rivestimento degli impianti di cottura
Le proprietà di inerzia chimica ad elevate temperature, alla base delle proprietà di questi materiali,
richiedono uno studio dettagliato del legame chimico, equilibri di fase, cinetica e tensione superficiale.
In generale i refrattari sono materiali policristallini, che contengono una o più fasi cristalline, possibili
fasi vetrose e talvolta anche liquide.
Le proprietà meccaniche dei refrattari dipendono da:
- Forma dei cristalli
- Dimensione dei cristalli
- Natura del legame tra i cristalli
- Distribuzione di un’eventuale fase liquida
Comportamento termico
Il riscaldamento di un materiale policristallino porta in generale all’aumento della dimensione media dei
cristalliti.
I grani o cristalli piccoli spariscono a scapito dell’ingrandimento di quelli più grandi.
Questo fenomeno (accrescimento dei cristalli) è dovuto alla tendenza alla riduzione dell’area
superficiale, ed è un processo importante per ridurre la porosità del pezzo, e favorire la tenacità del
pezzo
Sintetizzazione
Il processo genericamente identifica una metodologia di densificazione di un materiale policristallino,
che avvenga con o senza la presenza di una fase liquida che faciliti il trasporto di materia.
Il processo avviene su materiali in forma di polveri fini, e la fase preliminare di questo passaggio è la
compattazione.
Il trattamento termico avviene al di sotto o in prossimità della linea del solidus (i.e. la linea di confine
solido- liquido).
Talvolta si opera al di sopra di questa, portando il materiale a parziale fusione
Nella fase di sinterizzazione nelle regioni subsolidus, si verifica un aumento delle aree di contatto tra
particelle con il tempo. Si formano dei collegamenti tra grani che si ispessiscono e promuovono la
densificazione del pezzo.
Aumentando la temperatura, il ritiro del pezzo continua, portando alla riduzione delle porosità e
all’eliminazione delle porosità interconnesse.
La riduzione totale delle porosità può avvenire sia mediante crescita dei cristalli sia mediante
migrazione sulla superficie
La presenza di liquido accelera il processo di sinterizzazione, ma:
• Un eccesso di fase liquida fa perdere la forma e le proprietà meccaniche
• Bisogna evitare che la quantità di liquido aumenti troppo rapidamente, quando la temperatura viene
portata sopra alla linea del solidus
• La regione di vetrificazione (intervallo tra la temperatura in cui avviene la densificazione per via
liquida e la perdita di forma) deve essere più ampia possibile (aspetti compositivi cruciali).
• Il caso peggiore è la presenza di miscele eutettiche
Proprietà di superficie
• Le proprietà di tensione superficiale sono importanti sia durante la produzione sia nella reattività con
la scoria
• La cinetica di crescita dei cristalli e la tessitura finale del materiale dipendono dall’angolo diedro
(angolo della fase liquida tra due grani cristallini)
• Bassi angoli diedri sono correlati con un ridotto contatto tra grani, che permette un’ elevata
penetrazione di liquido tra i grani
• L’angolo diedro è anche importante nel determinare la resistenza a caldo del materiale e il grado di
attacco da parte della scoria.
• Un grande angolo diedro implica forti contatti solido-solido, ed evita l’incunearsi della scoria tra i
grani
Cinetcia di crescita
Piccoli angoli diedri portano ad una crescita dei grani più rapida e una dimensione finale dei grani
maggiore. Questo fenomeno è facilitato dalla dimensione iniziale dei grani (più fini sono, più la reazione
è veloce)

Attacco alla scoria


La scoria prima di attaccare chimicamente il refrattario deve bagnarlo.
Un liquido bagna un solido quando la tensione superficiale del liquido (liquido-aria) è minore di quella
tra il liquido e il refrattario
Questo avviene spesso per scorie fuse, ma è meno probabile per i metalli fusi.
Effetti della scoria:
– effetto fondente
– reattività delle fasi a determinate composizioni
L’azione fondente della scoria (abbassamento della temperatura di fusione del refrattario) sono
differenti per diverse fasi refrattarie.
Ad esempio Al2O3 abbassa la Tfus di SiO2 da 1720 a 1595°C con solo 4% mol, CaO porta allo stesso
effetto al 30% mol.
Gli alcali (Na2O, K2O) sono ancora più drastici (Tfus scende a 800°C)
I refrattari per altoforno devono resistere agli ossidi di ferro fusi. Va però considerato il fatto che
l’atmosfera del forno è riducente, e la buona resistenza agli ossidi Fe3O4 e Fe2O3 della silice, risulta
invece minore per FeO, che provoca la formazione di fayalite (Fe2SiO4) con fusione a circa 1200°C
Proprietà meccaniche
I refrattari sono di solito fragili a temperatura ambiente, scarsa resistenza meccanica a trazione, e
presentano deformazione plastica ad alta temperatura.
Di norma questi materiali sono difficili da frantumare a freddo.
La resistenza in generale in questi materiali:
• aumenta al diminuire della dimensione dei grani
• aumenta al diminuire della porosità
Vista l’escursione termica dell’impiego, fonti di stress meccanico derivano dalla dilazione e contrazione
termica, che possono essere iso- o aniso-trope.
Un altro problema rilevante è la presenza di fasi in grado di dare fenomeni di polimorfismo
Considerazioni chimiche
L’elevato punto di fusione significa forte energia di legame, che può essere sia ionico che covalente

Si hanno elevati punti di fusione se almeno uno o entrambi gli ioni sono multivalenti: AlO3
Considerazioni analoghe alle precedenti possono essere fatte per i refrattari a legame covalente
prevalente: devono formarsi legami molto forti che diano strutture tridimensionali o reticolate.
Composti con specie monovalenti (alogenuri) danno sistemi volatili e a basso punto di fusione. AlCl3
ad esempio fonde a 190°C. Ogni atomo di Cl è esacoordinato, dando legami deboli.
Pertanto, i requisiti importanti sono specie multivalenti con elettronegatività simile e numero di
coordinazione basso in grado di formare strutture reticolate
I refrattari comunemente usati sono SiO2, Cr2O3/MgO, Al2O3 e argille refrattarie.
Per applicazioni specialistiche impiegati anche Si3N4 e SiC
Mattoni in silice
Fabbricati con quarzite + 2-3% di CaO (azione fondente) in assenza di alcali
Possono disintegrarsi a 573°C per la transizione quarzo α— >quarzo β (scheggiatura)
Sopra questa temperatura sono stabili fino a 1700°C
Argille refrattarie
Alcune argille quando calcinate sono refrattarie (ad esempio il caolino, che è privo di alcali).
Per riscaldamento, si trasforma in mullite (3Al2O3 2SiO2) + silice
La miscela fonde nell’intervallo 1595 – 1800°C.
Argille contenenti cationi sono molto più bassofondenti
Refrattari all’allumina
Contengono l’85% in peso di Al2O3 e SiO2 come impurezza principale.
Si preparano da Al2O3 impura (diaspro) e bauxite.
A temperature inferiori a 1840°C sono composte da mullite e corindone (Al2O3). Sopra tale
temperatura si produce Al2O3 + liquido
Si preparano:
• per colata dopo fusione in forni elettrici a 2000°C (il rivestimento del forno fa parte della carica di
materiale stesso)
• –per sinterizzazione a 1700 – 1800°C dell’allumina
Il prodotto non è poroso, se impuro sinterizza grazie alla fase liquida. Se pura (>99,8%), l’aggiunta di
0,2% di MgO rende il materiale trasparente e totalmente privo di porosità
Refrattari di ossidi
Sono largamente usati nelle fornaci per l’estrazione dei metalli vista la grande resistenza alla scoria
fusa
MgO (Tfus = 2800°C) si ottiene da:
• Brucite Mg(OH)2
• Magnesite MgCO3
• DolomiteCaCO3/MgCO3
Il processo vede la calcinazione a 500-1000°C a formare la “magnesia attiva”, molto incline a formare
idrossido per reazione con l’umidità e dalle caratteristiche espansive.
Il trattamento termico a 1400-1700°C (calcinazione a morte) porta a cristalli di dimensioni maggiori e
assenza di porosità in modo da evitare questi problemi.
MgO si ottiene per sinterizzazione con l’aggiunta di un agente sinterizzante (LiF), che evapora durante
la cottura.
La presenza di impurezze (ossidi di Ca, Al, Si, Fe) aumentano il grado di sinterizzazione
Utilizzando dolomite come materia prima, bisogna inibire la reattività di CaO e si fa:
• ricoprendo i manufatti di catrame
• introducendo silicati (ad esempio il serpentino 3MgO 2SiO2 2H2O) che porta alla formazione di
Ca3SiO5 e forsterite (Mg2SiO4)
I mattoni cromo-magnesiaci sono usati nelle fornaci di fusione.
Cr2O3 (cromite) è un refrattario (Tfus = 2275°C) che spesso è impuro per altri ossidi.
Il cromo è spesso sotto forma di spinello AB2O4 con A = Mg/Fe(II), B = Al, Fe(III) o Cr(III), con la
compresenza di serpentino.
A 1400°C si ha la disidratazione del serpentino e l’ossidazione di Fe. Fe2O3 reagisce con MgO del
serpentino dando spinello, lasciando un liquido di MgO/SiO2 meno refrattario. Per recuperare le
proprietà termiche si aggiunge MgO per dare forsterite
Refrattari non ossidi
Spesso non utilizzabili per scarsa resistenza all’ossidazione o costi elevati
Carburo di silicio (SiC):
• stabile all’aria fino a 1700°C per formazione di uno strato protettivo di SiO2
• utilizzato come abrasivo (carborundum), come elettrodo per forni elettrici, come refrattario
• Pregi: porosità praticamente assente, elevata conducibilità termica, eccellente resistenza allo shock
termico
• Criticità: reagisce con ossigeno a 1400°C per dare SiO/SiO2 e CO
Grafite sintetica:
• eccellente refrattario, che resiste alle scorie e ai metalli non ferrosi, elevata resistenza a caldo,
conducibilità elettrica e termica. Usata nelle fornaci elettriche industriali.
Siliciuro di Mo (MoSi2)
• protezione per formazione di SiO2 e resistenza termica oltre a 1600°C
A base di BeO: stabili all’aria e in H2 fino a 2000°C, inerti agli acidi fino ad 800°C, formano idrossido
con acqua ad alta T
Carburi: elevata durezza, elevate Tfus/dec, notevole inerzia chimica, stabilità chimica in atmosfere
inerti, vuoto, idrogeno, buona resistenza ad atmosfera ossidante (fino a 1000-1500°C), buona
resistenza agli shock termici
Boruri: altissima resistenza meccanica anche ad alte temperature, elevata durezza. Discreta stabilità
all’ossidazione
Berilluri: bassa densità, elevata resistenza meccanica, buona resistenza all’ossidazione
Siliciuri: resistenza a shock termici e all’ossidazione, bassa resistività elettrica
SEMICONDUTTORI
I materiali semiconduttori si raffrontano con i metalli e gli isolanti. La principale differenza risiede nella
capacità di condurre l’elettricità (conducibilità σ ohm-1 m-1).
Conduttori:
σ tra 104 e 106
Isolanti:
σ < 10-15
Semiconduttori:
σ tra 10-5 e 103
Altra caratteristica saliente: la conducibilità elettrica dei semiconduttori (e degli isolanti) aumenta
all’aumentare della temperatura
Gli isolanti e i semiconduttori non dispongono di stati liberi adiacenti alla banda di valenza occupata.
Per ottenere libertà di movimento, gli elettroni devono superare la banda di separazione Eg (Energy
gap).
Il salto da effettuare, a seconda dell’energia richiesta, può essere favorito dal calore o da radiazioni
elettromagnetiche (luce).
L’incremento della temperatura, per i materiali semiconduttori, è responsabile di un aumento della
conducibilità
I semiconduttori intrinseci sono caratterizzati dalla possibilità di promuovere elettroni nella banda di
conduzione ad opera di radiazione elettromagnetica o calore, in modo da presentare conduzione
elettrica
• Semiconduzione intrinseca: Ogni elettrone promosso nella banda di conduzione lascia, nella banda
di valenza, una posizione vuota. Per effetto di un campo elettrico, la posizione vuota (lacuna) può
muoversi visto che gli altri elettroni di valenza possono riempirla, promuovendone la migrazione. Una
lacuna ha una carica uguale a quella di un elettrone e segno opposto (+). In un semiconduttore,
elettroni e lacune si muovono in direzione opposta, ed entrambi subiscono deviazioni a causa delle
imperfezioni del reticolo cristallino
• Semiconduzione estrinseca: Praticamente tutti i semiconduttori commerciali sono estrinseci, cioè
hanno un comportamento elettrico dovuto alla presenza voluta e controllata di impurezze che
apportano eccessi di elettroni o lacune. Le quantità in gioco sono estremamente basse (Si estrinseco
a RT con impurezze dell’ordine di 1 atomo/1012 atomi). I droganti per semiconduttori estrinseci
possono apportare elettroni o lacune
In un semiconduttore estrinseco (Si con 1021 atomi di P/m3) il comportamento è molto differente.
Si evidenziano 3 regioni:
1. Basse temperature (regione di temperatura di freeze out):
concentrazione elettronica molto bassa, portatori di carica
congelati, conducibilità molto bassa e che diminuisce al
diminuire della temperatura
2. Temperature intermedie (regione di temperatura estrinseca): la
concentrazione elettronica rimane costante, perché tutti gli atomi
di donatore sono ionizzati. È detta regione di saturazione per
sistemi n, di esaurimento per sistemi p. Il ruolo delle specie
intrinseche è trascurabile
3. Alte temperature (regione intrinseca): agli effetti estrinseci si
sommano in modo crescente con T gli effetti intrinseci
La mobilità dei portatori di carica è influenzata da:
- Vibrazioni termiche
- Impurezze
Un effetto rilevante è dovuto alla concentrazione degli atomi droganti sulla mobilità degli elettroni e
delle lacune. Sia gli elettroni (più mobili) che le lacune diminuiscono di mobilità all’aumentare della
concentrazione.
Un altro effetto rilevante si riscontra sull’effetto della temperatura.
Nel Si, a concentrazioni inferiori a 1024 atomi/m3 la mobilità diminuisce con l’aumento di T, a causa
dello scattering termico sui portatori. Sotto 1020 atomi/m3 la mobilità rispetto alla temperatura non
viene influenzata dalla concentrazione
Celle fotovoltaiche
Quando due tipi di strutture (p-n) vengono messe a contatto, si genera un flusso elettronico dovuto alla
differente concentrazione dei due tipi di cariche libere: questo genera in prossimità della giunzione
(strato di svuotamento) due strati di carica fissa e di segno opposto (campo elettrico)
Illuminando la giunzione p-n si generano coppie lacune-elettroni su entrambe le zone p e n.
Il campo elettrico separa gli elettroni in eccesso, generati dall’assorbimento della luce, dalle rispettive
lacune, spingendoli in direzioni opposte.
Una volta attraversato il campo gli elettroni non tornano più indietro perché il campo agisce come un
diodo e ne impedisce l’inversione di marcia
per realizzare una cella
• drogaggio: trattamento con fosforo e boro.
• realizzazione di contatti metallici: con una superficie metallica continua sul fronte posteriore e una
griglia sul lato anteriore, per captare il flusso elettrico.
• rivestimento antiriflettente: solitamente tramite deposito di un sottilissimo strato di ossido di titanio
• testurizzazione (per sagomare la superficie in modo che non sia perfettamente piana, aumentando la
superficie utile e le riflessioni reciproche)
• trattamenti coloranti
3 principale tecnologie thin film:
1. Diseleniuro di indio e rame
2. Tellurici di cadmio: La cella solare di CdTe/CdS e’ composta da quattro parti che sono: il contatto
frontale (ossido trasparente semiconduttore, come ossido di indio drogato con stagno o ossido di
zinco drogato con alluminio, e’ un semiconduttore degenere di tipo n), il materiale finestra (Solfuro
di Cadmio: CdS, rappresenta la parte n della giunzione), il materiale assorbitore (Tellururo di
cadmio: CdTe, che e’ la parte p della giunzione e assolve il compito di assorbire la luce), il contatto
superiore (un metallo come bistrato di rame-oro oppure un semiconduttore con alta funzione lavoro
come bistrato di tellururo di antimonio-molibdeno).
3. Silicio amorfo (a-Si): Il Si amorfo è uno stato vetroso del Si che si ottiene per decomposizione di
precursori molecolari, che porta all’ottenimento di una struttura disordinata a lungo raggio. La
struttura è dominata dai dangling bonds, che vengono saturati per idrogenazione. La particolare
situazione elettronica rende il materiale elettronicamente differente dal Si cristallino, cambiandone
la band gap, che passa da 1,1 a 1,7 eV. Il materiale presenta il 5- 10% di idrogenazione.
L’assorbimento della radiazione provoca un rapido invecchiamento iniziale (20% in pochi mesi) che
si stabilizza negli anni riducendosi a circa 1%/anno. Le proprietà di un a-Si sono diverse dal m-
Si.La band gap passa da 1.1 eV a 1.7 con un coefficiente di assorbimento molto maggiore. Di
norma, una cella è fatta da più strati di a-Si, ciascuno idrogenato. Il a-Si:H viene chiuso tra un
conduttore trasparente (ossido di stagno) e il fondo metallizzato (Al or Al/ZnO or ZnO), il sostegno a
questi strati è vetro o altro. La separazione elettone-buca avviene tramite la presenza, tra gli strati
p- e n-, di uno strato intrinseco (i-type) che permette il mantenimento della ddp. Gli strati
determinano anche la tensione del modulo. Lo strato non dopato è quello attivo, dove si origina
gran parte della corrente. Ci possono essere più celle a-Si:H. Questo aumenta fortemente la
tensione
Rispetto al silicio amorfo, le celle thin-film a copper indium gallium diselenide (CIGS) sono policristalline
(cristalliti di 0.5 - 1.0 μm).
Le celle CIGS hanno i coefficienti di assorbimento più alti tra i materiali semiconduttori, (90% della luce
incidente)
Questo significa spessori limitati. Hanno anche le massime densità di corrente, cioè elevate correnti di
output.
Peraltro, mantengono le performance più degli altri materiali, e possono essere prodotti con metodi
automatizzati. L’efficienza che raggiungono è di norma 19%, maggiore per celle di piccola superficie.
L’elettrodo di base è molibdeno (Mo)Lo strato di CIGS è un semiconduttore di tipo p. Sulla superficie si
genera una giunzione deponendo un sottile strato di CdS. (omogiunzione).
Il device viene finito deponendo un conduttore trasparente sulla superficie. Le celle CIGS vanno
connesse in serie. Questo si fa via lavorazione meccanica o laser.
L’aggiunta del gallio è una strategia per ridurre l’indio impiegato. Circa il 70% di In è impiegato per gli
schermi piatti, e si teme che il limite della disponibilità di In sarà un freno forte allo sviluppo di questi
materiali. Su un cristallo di Germanio (A, cresciuto in modo più o meno analogo a un cristallo di Silicio)
si depongono un film sottile di Arseniuro di Gallio e Indio (B; x rappresenta la frazione di atomi di Ga nel
reticolo) e un secondo film di Fosfuro di Gallio e Indio (C anche qui y è la frazione di atomi di Ga).
Il Germanio ha un gap di energia di circa 0,6 eV (pari a circa 1,8 μm di lunghezza d'onda), mentre gli
altri due strati hanno gap più elevati: tra 0,7 e 1,4 eV per lo strato B (il gap si riduce aumentando la
percentuale di atomi di Indio) e tra 1,5 e 2,2 eV per lo strato C (sempre in base alla % di Indio)
Per produrre una cella a thin-film bisogna depositare uno strato di materiale semiconduttore
(amorphous silicon, copper indium gallium diselenide, o cadmium telluride) su uno strato a basso costo
(vetro, metallo plastica)
Le tecniche per farlo sono
- physical vapor deposition (PVD)
- chemical vapor deposition (CVD)
- electro-chemical deposition (ECD)
- plasma enhanced chemical vapor deposition (PECVD)
• Semiconduttore TiO2: Questo materiale esiste in tre forme cristalline: Rutilo, Anatasio e Brookite.
TiO2 è un semiconduttore con band gap di 3,2 eV, che corrisponde ad un assorbimento di
radiazione nella regione dell’Ultravioletto. Uno degli usi più studiati di TiO2 è quello di
fotocatalizzatore di degradazione di inquinanti atmosferici e ambientali nell’aria e nell’acqua
PROPRIETÀ ELETTRICHE DEI MATERIALI
Studiare il comportamento dei materiali quando sono sottoposti ad un campo elettrico esterno:
– Conduzione
– Proprietà degli isolanti
– Capacità differenti di reazione al campo elettrico
• Diamagnetici: sistemi ad elettroni accoppiati (closed shell) = tendenza ad espellere il campo
magnetico esterno
• Paramagnetici: sistemi ad elettroni spaiati, che hanno risposta concorde e aggiuntiva ad un campo
magnetico esterno
• Ferromagnetici: sistemi ad elettroni spaiati che presentano effetti secondari cooperativi in grado di
dare domini magnetici long range
• Antiferromagnetici: sistemi ad elettroni spaiati che presentano effetti secondari cooperativi in grado
di dare sistematici allineamenti antiparalleli
• Ferrimagnetici: sistemi ad elettroni spaiati che presentano effetti secondari cooperativi in grado di
neutralizzare parzialmente spin antiparalleli in sottoreticoli differenti
Antiferromagnetismo
Nei materiali non ferromagnetici si possono verificare fenomeni di accoppiamento dei momenti
magnetici fra ioni o atomi adiacenti. In tali materiali questi accoppiamenti portano ad allineamenti
antiparalleli; l’allineamento dei momenti di spin, di atomi o ioni confinanti, in direzione esattamente
opposta, viene definito antiferromagnetismo.
Un materiale che presenta questo comportamento è l’ossido di manganese II (MnO). Si tratta di un
materiale ceramico a carattere ionico, con ioni Mn2+ e O2–. Negli ioni O2– sia i momenti orbitali che
quelli di spin si annullano reciprocamente per cui il momento magnetico risultante è nullo. Gli ioni Mn2+
hanno invece un momento magnetico risultante che è dovuto essenzialmente agli spin. Questi ioni
Mn2+ sono disposti nella struttura cristallina in modo tale che i momenti degli ioni adiacenti siano
antiparalleli
I momenti magnetici in opposizione si annullano e, di conseguenza, il solido nel suo insieme non ha
momento magnetico risultante
Ferrimagnetismo
Anche alcuni ceramici presentano magnetizzazione permanente, denominata ferrimagnetismo. Le
caratteristiche magnetiche macroscopiche dei materiali ferromagnetici e ferrimagnetici sono simili; la
differenza risiede nell’origine dei momenti magnetici risultanti. I principi del ferrimagnetismo si possono
illustrare prendendo in considerazione le ferriti cubiche. Questi materiali ionici vengono rappresentati
con la formula chimica MFe2O4, in cui M rappresenta un elemento metallico qualsiasi. Il prototipo di
ferrite è Fe3O4, la magnetite minerale, in genere chiamata semplicemente magnetite.
La formula per Fe3O4 può essere scritta come Fe2+O2– (Fe3+)2(O2–)3 in cui gli ioni Fe esistono in
entrambi gli stati di valenza +2 e +3 nel rapporto di 1:2. Per ogni ione Fe2+ e Fe3+ vi è un momento
magnetico di spin risultante che corrisponde a 4 e 5 magnetoni di Bohr, rispettivamente, per i due tipi
di ioni. Gli ioni O2– sono invece magneticamente neutri. Tra gli ioni Fe si determinano, inoltre,
interazioni di accoppiamento di spin antiparalleli con caratteristiche simili a quelle
dell’antiferromagnetismo. Di conseguenza, il momento ferrimagnetico che può risultare ha origine
dall’annullamento incompleto dei momenti di spin
Ferriti
La formula chimica della ferrite può essere espressa nella forma M2+O2– – (Fe3+)2(O2–)3, in cui M2+,
oltre a Fe2+, può rappresentare ioni bivalenti, come Ni2+, Mn2+, Co2+ e Cu2+, ciascu- no dei quali
possiede un momento magnetico utile di spin differente. Quindi, modificando la composizione, si
possono produrre ferriti con proprietà magnetiche diverse
Magnetite
Le ferriti cubiche hanno la struttura cristallina dello spinello inversa di simmetria cubica. La struttura
inversa si può pensare generata dall’impilaggio di piani compattati di ioni O2– cfc. I cationi di ferro
possono occupare due tipi di posizioni. Nel primo caso, con un numero di coordinazione 4
(coordinazione tetraedrica), ciascun ione ferro è circondato da quattro ossigeni immediatamente vicini.
Nel secondo caso, assume un numero di coordinazione 6 (coordinazione ottaedrica). Nella struttura
dello spinello inversa, metà degli ioni trivalenti (Fe3+) sono disposti in posizioni ottaedriche, l’altra metà
in posizioni tetraedriche. Gli ioni bivalenti Fe2+ sono tutti localizzati in posizioni ottaedriche.
Considerando la disposizione dei momenti di spin degli ioni Fe, i momenti di spin di tutti gli ioni Fe3+
nelle posizioni ottaedriche sono fra loro allineati e paralleli, ma hanno direzione opposta agli ioni Fe3+
disposti nelle posizioni tetraedriche, anch’essi allineati portando all’accoppiamento antiparallelo degli
ioni adiacenti di ferro. Pertanto, i momenti di spin di tutti gli ioni Fe3+ si annullano l’uno con l’altro. Tutti
gli ioni Fe2+ hanno, invece, i loro momenti allineati nella stessa direzione, per cui si ottiene una
magnetizzazione che risulta dalla somma di tali momenti

Struttura granato
I granati hanno una struttura cristallina molto complessa, che può essere
rappresentata dalla formula generale M3Fe5O12; qui M rappresenta uno ione di
terra rara, come samario, europio, gadolinio o ittrio (coordinazione 12
dodecaedrica). Il granato di ittrio e ferro (Y3Fe5O12), talvolta indicato con “YIG”, è il
materiale più comune di questo tipo
Struttura perovskite
Composizione ideale ABO3
Un catione B di medie dimensioni (Ti, Mn, Ta, W, V) occupa i siti ottaedrici
Un catione di grandi dimensioni (Ca, Sr, K, Li) occupa occupa i vertici della struttura
cubica
Gli atomi di ossigeno occupano gli apici degli ottaedri (ovvero le facce del cubo
Basandosi sulle dimensioni:
• Cationi A: 20 ioni nel sistema periodico
• Cationi B: 50 ioni nel sistema periodico
La grande possibile variabilità compositiva porta a materiali con le proprietà più
svariate:
– SrTiO3: isolante
– LiWO3: conduttore
– KMnF3: isolante ferromagnetico(Mn5e-spaiati)
Le proprietà di conduzione elettrica delle perovskiti vanno spiegate con la teoria delle bande
elettroniche.
Le bande di valenza derivano dagli stati p degli anioni (O, F), e le bande di conduzione dagli stati d del
metallo.Il ruolo dei cationi grandi è quello di donare elettroni alla banda di valenza.
Gli elettroni in soprannumero contribuiscono alla conduzione elettrica.
Un’altra proprietà rilevante dei sistemi perovskitici è la piezoelettricità (BaTiO3)
Sistemi come BaTiO3 sono perovskiti perfette a 120°C, ma a temperature più basse diventano
strutture distorte non cubiche.
Il catione B si sposta dalla posizione simmetrica al centro del sito ottaedrico, e questo crea un dipolo
elettrico. Un materiale che mostra polarizzazione elettrica spontanea in assenza di un campo elettrico
esterno è detto ferroelettrico.
Un materiale che, sotto campo elettrico, subisce distorsione strutturale, o viceversa, se deformato
meccanicamente presenta l’instaurarsi di un dipolo elettrico è detto piezoelettrico.
Polarizzazione
Si compone di 3 termini additivi
1. Polarizzazione elettronica: può essere indotta con diverso grado in tutti gli atomi ed è dovuta allo
spostamento del baricentro della nuvola elettronica rispetto al nucleo
2. Polarizzazione ionica: si presenta nei materiali ionici ed è dovuta al movimento degli ioni in
direzione opposta a causa della presenza del campo elettrico
3. Polarizzazione per orientamento: avviene nelle sostanze con momenti di dipolo permanenti, che
vengono allineati dal campo esterno e randomizzati dai moti termici.
Materiali ferroelettrici
La ferroelettricità è la capacità di alcuni materiali dielettrici di mantenere polarizzazione in assenza di un
campo elettrico (analogamente con quanto accade a livello magnetico nei materiali ferromagnetici).
Nei materiali ferroelettrici devono essere presenti dipoli permanenti.
Un esempio tipico è la struttura perovskitica del titanato di bario BaTiO3.
In questo materiale la struttura a temperatura ambiente vede una distorsione della cella unitaria da
cubica (perovskite perfetta) a tetragonale, che sposta dal centro di simmetria gli ioni Ti (IV) e gli
ossigeni.
Al di sopra della temperatura di transizione (120°C), l’effetto ferroelettrico scompare.
Materiali piezoelettrici
La piezoelettricità è la capacità di indurre una polarizzazione e un campo elettrico a seguito di una
forza esterna, in grado di deformare elasticamente il materiale. Questi materiali presentano anche
l’effetto piezoelettrico inverso, cioè la deformazione meccanica a seguito dell’applicazione di un campo
elettrico.
I materiali piezoelettrici più comuni sono: titanati di piombo e bario, zirconato di Pb, fosfato biacido
d’ammonio, quarzo.

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