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Gocce fredde: in colata diretta quando colo il metallo liquido questo arriva al fondo con
velocità molto elevata, si vanno a formare delle gocce sulla parete le quali si solidificano e
quindi nel momento in cui vado a riempire si forma una sorta di doppia pelle, infatti le gocce
fredde tendono ad andare a contatto con il metallo fuso. La prima pelle sarà caratterizzata dalle
gocce fredde oramai solidificate mentre la seconda pelle sarà relativa alla solidificazione del
metallo liquido.
Tacconi: il fuso andando a diretto contatto con la forma si solidifica immediatamente e poiché
il solido avrà una maggiore densità rispetto al liquido circostante quindi avrà una contrazione di
volume che gli permetterà di staccarsi dalla parete della lingottiera in maniera tale che tutto il
peso del liquido sarà supportato direttamente dal metallo solidificato. Se la pressione è molto
elevata, lo spessore di metallo non riesce a sopportare quella sollecitazione e quindi si spacca e
a tal punto parte del metallo liquido si va a mettere nell'intercapedine formata tra il metallo
solido e la forma. I tacconi si formano sul fondo dove le pressioni sono massime ovvero dov'è
la massima altezza.
Riprese di colata e Lesioni superficiali: le lesioni superficiali anche derivano dalla
contrazione del metallo, il metallo quando si contrae ha un certo sfregamento con la parete della
lingottiera e siccome la resistenza del metallo in tal caso è molto bassa perché è appena iniziata
la fase di solidificazione questo sfregamento può dar luogo a delle cricche sulla superficie e
quindi ancora una volta avrò un metallo liquido che andrà a mettersi nell'intercapedine (lesioni
superficiali). Nel momento in cui vado ad analizzare questa zona ho il fenomeno della ripresa di
colata cioè la parte del solido si va a staccare dalla parete e se la velocità di riempimento è
molto elevata aumenterà l'altezza del menisco, quando si supera l’altezza di menisco parte del
metallo liquido scavalca il metallo solidificato e quindi si ha la ripresa di colata. Avrò una zona
centrale dove c’è il metallo solidificato e una zona esterna in cui è presente metallo liquido il
quale quando si va a solidificare da luogo alle riprese di colata. E' svantaggioso avere la
formazione delle riprese di colata e la formazione di una doppia pelle poiché le gocce che
vanno a contatto con la forma e che pertanto si solidificano molto velocemente daranno luogo
ad una grana cristallina sottile (qualcosa di molto duro); quando verso il metallo liquido questo
si andrà a solidificare più lentamente e quindi avrò all’interno una granulometria più grande. Di
fatto quindi la doppia pelle e le riprese di colata generano delle disomogeneità nella dimensione
dei grani.
Per limitare la formazione di lesioni superficiali o limito la pressione limitando in qualche
modo l'altezza del metallo liquido; il rapporto Q\S mi indica quanto varia l'altezza e quindi la
pressione, minore è il rapporto e minore sarà la velocità con la quale aumenta la pressione
(altezza), se sono in grado di minimizzare la pressione posso minimizzare la formazione di
cricche.
Per ridurre la formazione di lesioni superficiali posso anche agire sullo spessore del solido;
maggiore sarà tale spessore e maggiore sarà la resistenza del materiale in modo tale da avere
meno cricche (riesco a sopportare pressioni maggiori). Come faccio ad aumentare la sezione?
Aumentando la velocità di raffreddamento del materiale, ma aumentare la velocità di
raffreddamento significa avere un elevato rapporto P\S, quindi se ho un perimetro molto elevato
vado a raffreddare maggiormente il materiale poiché ho una maggiore superficie convettiva
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ovvero una maggiore conduttività a parità di volume. Facendo il rapporto tra le due espressioni
si ottiene Q/P: per evitare la formazione di cricche a parità di portata volumetrica Q devo
andare ad incrementare il perimetro P, ma aumentare il perimetro significa passare da lingotti a
sezione quadrata a lingotti di un'altra sezione in maniera tale che aumentando il perimetro
aumenta la superficie di scambio. In definitiva per limitare i tacconi le lesioni superficiali posso
andare a diminuire la velocità di riempimento o aumentare lo spessore ma andare a diminuire la
velocità di riempimento significa andare a minimizzare il rapporto tra la portata volumetrica e
la sezione Q\S.
Se raffreddo velocemente si formano delle cricche nell'oggetto perché mi aumentano le tensioni
residue, l'unico modo per andare a limitare la formazione di tensioni superficiali legate alla
pressione all'interno è quello di avere un rapporto più basso possibile fra la portata volumetrica
ed il perimetro.
Nel momento in cui si vogliono realizzare dei getti che hanno una forma molto variabile (i
lingotti hanno una forma pressoché costante: a parallelepipedo) ed il più possibile vicina a
quella finale (di utilizzo), devo ricorrere a una fonderia più piccola e in particolare devo
considerare la fonderia dei getti.
In alcuni casi posso avere getti identici alla forma finale sia per le dimensioni che per le finiture
superficiali. Esistono diversi processi di fonderia per getti.
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1° classificazione in base alle forme
Forma transitoria
- utilizzata per oggetti di forma complicata nei quali avrei dei problemi durante l'estrazione.
- dato che non posso usare materiali aventi temperature di fusione basse come per esempio il
silicone uso delle terre di fonderia legate con delle speciali resine che tengono compatte la
forma. La forma viene di volta in volta distrutta e quindi per poterla riutilizzare devo ricreare la
cavità all’interno della staffa.
- utilizzata sostanzialmente quando il numero di pezzi da produrre è basso e tutto al più per
andare a migliorare le caratteristiche meccaniche posso ricorrere successivamente a dei
trattamenti termici o a delle lavorazioni per deformazione plastica.
- in questo caso ho problemi legati all'estrazione del modello ma non ho problemi connessi al
getto poiché vado a rompere la forma; quando vado ad estrarre il modello devo evitare che si
rompa la forma e quindi devo avere una geometria del modello consona all’estrazione, per
quanto riguarda il getto non ho alcun problema in quanto vado a rompere tutta quanta la forma.
Forma permanente
- utilizzata per geometrie molto semplici.
- in questo caso quando estraggo il getto non produco danni, quindi posso utilizzarla più volte.
- si devono usare dei materiali idonei. I materiali utilizzati devono rimanere stabili ad alta
temperatura (con un elevata temperatura di fusione per minimizzare eventuali dilatazioni e
contrazioni) e che mi permettano un utilizzo duraturo nel tempo. L'usura deve essere ridotta e il
materiale della forma non deve interagire con il metallo che sto fondendo. Il materiale utilizzato
quindi sarà un metallo, in particolar modo dovrà essere alto fondente e dovrà avere un'elevata
resistenza all'usura e alle elevate temperature.
- si tratta di materiali molto molto costosi e inoltre per realizzare questa forma devo usare delle
tecnologie molto evolute; il vantaggio è che trattandosi di un metallo ho un coefficiente di
conduzione elevato rispetto alla sabbia quindi il metallo si andrà a raffreddare più velocemente
in quanto scambia il calore più rapidamente, ne scaturisce che avrò una grana cristallina più
piccola e quindi più resistente; i getti avranno caratteristiche meccaniche maggiori per Petch-
Hall.
- in questo caso ho problemi legati all'estrazione del getto ma non all'estrazione dei modelli in
quanto non ce ne sono.
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avrò la mia cavità vuota e a questo punto posso finalmente calare il metallo liquido. Può essere
anche il polistirolo. Si tratta di un modello che viene degradato attraverso la temperatura; è
usato in caso di forme estremamente complicate che non mi permettono di estrarre neanche il
modello.
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Realizzazione di un getto in forma transitoria
Staffa inferiore: contenitore in cui viene versata la terra, normalmente realizzata con materiali
leggeri in quanto devono essere sollevate dall'operatore, si usano alluminio o legno.
Sulle due superfici laterali ho una spina di centraggio (tasselli) che mi permette di andare a
posizionare sempre nella stessa identica maniera la staffa superiore e la staffa inferiore, in
modo tale da non avere dei problemi allineamento tra i due modelli. Nelle ricevute le due staffe
potrei avere dei disallineamenti.
Bacino di colata: mi permette di colare il materiale, attraverso questo vado a riempire la mia
cavità. Sulla superficie ha un diametro maggiore mentre sul fondo ha un diametro via via
decrescente; tale variazione di diametro permette di avere una pressione nel condotto pari a
quella atmosferica. Sulla superficie esterna il diametro è maggiore in quanto questo mi facilita
l'ingresso del metallo fuso e inoltre perché la coppa mi permette di evitare l'aspirazione di aria e
quindi evita di creare delle soffiature (non avviene il risucchio di aria).
Pozzetto di colata: se durante la fase iniziale ho asportazione di sabbia questa viene
imprigionata all'interno del pozzetto e quindi faccio entrare liquido esente da granelli di sabbia
ovvero da difetti.
Distributore: mi permette di passare dal bacino di colata al getto.
Materozza cieca: si tratta di una cavità (serbatoio di materiale liquido che si riempie ad opera
della gravità) che ha la funzione di rallentare la solidificazione e compensa il ritiro in fase
solida. Se vado a colare il metallo e questo inizia a solidificare in corrispondenza del
distributore non permetto più il passaggio di metallo liquido dal bacino alla forma; ecco perché
devo ritardare la solidificazione nel distributore attraverso l’interposizione di altro metallo
liquido (maggiore è il volume a parità di superficie e più vado a rallentare la solidificazione). Si
definisce ‘cieca’ perché non va a contatto con l’ambiente esterno.
Materozza a cielo aperto: ultima zona in cui avviene la solidificazione, mi permette la
fuoriuscita dell'aria e va a compensare il ritiro in fase solida.
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Nel caso di colata in sorgente ovvero nel caso in cui il metallo entra dal basso (lo schema
riportato nella figura sovrastante lo possiamo assimilare ad una colata in sorgente), mano a
mano che vado avanti con la colata il livello di metallo liquido aumenta. Un altro modo di
colare il metallo è quello di farlo entrare dall’alto (colata diretta). Le velocità di riempimento in
queste due diverse tipologie di colata sono costanti?
Man mano che con la colata in sorgente (dal basso) riempio la forma, l’altezza di liquido
all’interno della forma va a comportare un incremento di pressione, se si ha un incremento di
pressione è ovvio che la velocità sarà minore perché si ha una depressione ovvero un
incremento di pressione all’interno della cavità. Mentre con la colata diretta (dall’alto) la
velocità di riempimento rimane costante perché la pressione in alto rimarrà costante e uguale a
quella atmosferica.
Normalmente si vogliono costruire pezzi con delle cavità centrali, per realizzare il foro utilizzo
un’anima che vado inserire all'interno della cavità; si tratta di una sorta di modello che vado ad
utilizzare nel momento in cui faccio la colata. Senza anima quella zona sarebbe totalmente
riempita di metallo liquido. Per realizzare il foro quindi, una volta che ho fatto la cavità, vado
ad inserire un’anima.
Quindi dovrò andare a dimensionare in maniera opportuna la coppa, in particolare dovrò andare
a dimensionare l'altezza di questo bacino di colata, dovrò andare a dimensionare in maniera
opportuna la variazione della sezione lungo il canale di colata e dovrò andare a individuare la
zona in cui mettere la materozza e la dimensione della materozza (nella materozza infatti dovrà
esserci metallo liquido sufficiente a compensare il ritiro in fase solida).
Materozza a cielo aperto: velocità di raffreddamento maggiore rispetto a quella cieca e
maggiore pericolo di ossidazione.
Materozza cieca: velocità di raffreddamento minore rispetto a quella a cielo aperto, minore
pericolo di ossidazione, ho una geometria sferica in cui ho un massimo rapporto volume
superficie e quindi lo scambio termico è il più lento possibile. Riesco pertanto ad abbassare la
velocità di raffreddamento e ad avere una maggiore garanzia sul fatto che sarà l'ultima zona a
solidificare.
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FUSIONE
A che temperatura vado a colare il metallo liquido nella forma? La temperatura di colata deve
essere maggiore rispetto alla temperatura di solidificazione, se la temperatura di solidificazione
è molto vicina a quella di colata, il metallo si raffredda ancora prima di andarlo inserire nella
forma: si potrebbe solidificare nel distributore e di conseguenza non avverrà il corretto
riempimento della staffa. Abbiamo pertanto capito che la temperatura di colata deve essere
maggiore della temperatura di solidificazione, ma quanto maggiore? Se la temperatura è molto
maggiore sicuramente ho un beneficio legato a una minore viscosità del metallo liquido e
quindi il fluido avrà una maggiore capacità a riempire completamente la cavità (garanzia di
completo riempimento della cavità), ma d’altra parte una temperatura molto elevata indica
un’elevata quantità di gas imprigionati all’interno del metallo e dei problemi legati
all’ossidazione. Inoltre avrò anche un tempo ciclo di raffreddamento elevato e quindi
aumenterò notevolmente i tempi di fabbricazione del pezzo. Avere una temperatura molto
elevata significa anche che prima che avvenga la solidificazione la forma già si è scaldata e
quindi rallento la velocità di raffreddamento, vado verso una dimensione dei grani più elevata e
quindi avrò un getto con minori caratteristiche meccaniche. Posso vedere questo attraverso la
quantità di calore che devo a sottrarre:
Q= V
Dove Ts è la temperatura di spillamento ovvero la temperatura con cui vado a colare il metallo
nella forma.
Tanto più si scalderà la forma tanto minore sarà la velocità con cui il metallo si andrà a
solidificare e di conseguenza la velocità di solidificazione andrà ad influenzare pesantemente la
granometria e quindi le caratteristiche meccaniche.
Per quanto riguarda i problemi legati alla presenza degli ossidi, all’interno del metallo posso
andare ad inserire alcuni elementi degassanti (disossidanti) che vanno a controllare la
percentuale di gas che può rimanere imprigionato ed evita la formazione degli ossidi, oppure
posso andare ad inserire agenti nucleanti che vanno a incrementare i centri di nucleazione e
quindi vanno a diminuire le dimensione dei grani rendendo il materiale molto più resistente o
potrei andare ad inserire dei fondenti ovvero dei materiali che mi abbassano la temperatura di
fusione.
Bisogna determinare un ottimo tra la viscosità e il problema legato all’ossidazione ed alla
presenza dei gas.
Una volta definite le temperature di spillamento e di colata mi pongo il problema della velocità
di colata.
COLATA
Tanto più sarà regolare la velocità di colata minore sarà la probabilità di avere dei difetti nel
getto, perché delle velocità elevate potrebbero andare a rompere la forma o a portare dei
granelli di terra nel getto e quindi inserire dei difetti che mi andranno a limitare le prestazioni
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del getto e a creare anche dei difetti nella forma del getto. Inoltre se la velocità è elevata si
possono andare a creare degli effetti di aspirazione dell'aria: all’interno del getto avrò la
presenza di gas imprigionato. Se d’altro canto la velocità di colata è bassa, il metallo fuso man
mano che va a riempire la cavità può solidificarsi. Normalmente come riferimento si prende in
considerazione il numero di Reynolds:
Re =
Si prendono velocità che creano un regime misto tra moto laminare e moto turbolento (tra Re =
2000-20000).
Per andare a riempire completamente la forma il metallo fuso deve avere una bassa viscosità; la
viscosità sicuramente la riesco a controllare in qualche maniera attraverso la temperatura di
spillamento dato che maggiore sarà la temperatura di spillamento minore sarà la viscosità.
Tuttavia la viscosità del materiale varierà nel tempo perché il metallo all'interno della forma si
andrà raffreddare e questo raffreddamento sarà tanto maggiore quanto maggiore sarà la
conducibilità termica della forma e inversamente proporzionale alla temperatura della forma. Se
ho una forma permanente e quindi un metallo avente una conducibilità termica elevata, il
metallo liquido si andrà a raffreddare più velocemente e se si va a raffreddare più velocemente
ho una variazione molto elevata della viscosità (la fluidità diminuisce). Quindi velocità di
raffreddamento e viscosità sono più o meno la stessa cosa, più elevata sarà la velocità di
raffreddamento e maggiore sarà la viscosità (la fluidità diminuisce). Se ho una temperatura
della forma elevata, il T è minore, se il T è minore la quantità di calore che sottraggo è più
bassa e quindi avrò una velocità di raffreddamento mano a mano decrescente all'aumentare
della temperatura della forma. Il grafico allegato mette in relazione la velocità di
raffreddamento, la dimensione dei grani e la viscosità del materiale in funzione della
temperatura della forma. Se aumento la temperatura della forma la velocità di raffreddamento
diminuisce, ma se la velocità di raffreddamento diminuisce e quindi mantengo il metallo a una
temperatura più elevata per un tempo più grande, la fluidità aumenta (il fluido si trova a
temperature più basse rispetto alla temperatura in cui dovrebbe trovarsi). Se la forma è fredda
ovvero se si trova a temperatura ambiente ho un elevato T e quindi la sottrazione di calore che
posso fare è molto elevata. Se la velocità di raffreddamento è bassa, la dimensione dei grani è
maggiore: la dimensione dei grani è in questo caso maggiore perché ho diminuito la velocità di
raffreddamento e quindi concedo al grano il tempo di crescere.
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ANALISI INGEGNERISTICA DELLA COLATA
Ora si deve andare a determinare la larghezza della coppa (o bacino di colata) e la variazione
della sezione lungo il canale di colata.
A che cosa serve la coppa? Mi permette di ridurre la velocità in maniera tale da non avere
depressione, se ho elevate velocità infatti viene aspirata aria dall’esterno e quindi creiamo dei
difetti all’interno. Inoltre ha anche la funzione di imbuto ovvero facilita l’ingresso del fuso
all’interno del canale di colata.
caso di partenza
Partiamo dal caso più semplice del canale di colata, quindi andiamo a considerare il fondo e il
pelo libero definendo 2 punti:
- punto 1: orlo della superficie superiore del metallo liquido;
- punto 3: punto più basso del canale di colata.
Nell’ipotesi di fluido incomprimibile e sapendo che il metallo viene versato con continuità in
maniera tale che il livello rimanga costante, possiamo affermare di trovarci in una situazione di
flusso stazionario. Quando mi trovo nelle ipotesi di flusso stazionario posso applicare il
teorema di Bernoulli. L’energia legata alla pressione più l’energia cinetica più l’energia legata
alla quota deve essere uguale tra il punto 1 e 3:
Poiché il tratto è talmente breve, la temperatura rimane costante e quindi possiamo subito dire
che . La velocità nella sezione 1 è molto bassa e quindi è un termine trascurabile. La
pressione nel punto 1 è uguale alla pressione del punto 3 e coincidono con la pressione
atmosferica ( ) perché abbiamo detto che si tratta di una forma transitoria e
quindi abbiamo a che fare con della terra che risultando porosa mi permette di far fuoriuscire il
gas scongiurando un incremento di pressione. Ma è sempre così?
Se ho una colata diretta dove l’ingresso del fluido si trova a monte della cavità, la pressione sarà
uguale a quella atmosferica.
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Se invece ho un canale di colata in sorgente ovvero l’ingresso del fluido all’interno della cavità
avviene dal basso, man mano che si riempirà la forma, la pressione andrà a cambiare. Durante il
riempimento della forma, a monte, le condizioni rimarranno identiche ma a valle avrò una
pressione che è dovuta al riempimento della cavità. Pertanto in tal caso nella sezione ultima del
canale di colata devo tener conto della contro-pressione esercitata dal fluido all’interno della
cavità.
Semplificando l’espressione di partenza ottengo e ponendo h1 – h3 = h:
Maggiore sarà l’altezza e maggiore sarà la velocità. Da qua posso risalire al tempo di
riempimento della forma (volume / portata volumetrica) andando a vedere il volume di
materiale della cavità (eventualmente gli sottraggo il quantitativo legato alla presenza di
anime):
Più è alto il canale di colata, maggiore sarà la velocità con cui riempio la cavità. Sino ad ora
però abbiamo legato la velocità della sezione 3 con l’altezza totale, facciamo un passo avanti e
in particolare vado ad applicare Bernoulli in corrispondenza della sezione 2 (sezione di
collegamento tra la coppa e il canale di colata).
La sezione 2 è molto più piccola della sezione 1 ma in tal caso in corrispondenza del punto 2
avremo una determinata velocità che è in tal caso diversa da zero:
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In questo caso ancora non so qual è la forma più idonea del canale di colata e quindi ipotizzo un
canale di colata a sezione costante (considero la sezione tratteggiata); se ho una sezione
costante e sto lavorando con portate costanti, la velocità in 2 sarà uguale alla velocità in 3.
Inoltre pongo h3=0 dato che coincide con l’origine del sistema di riferimento utilizzato e
ottengo:
Se vado ad utilizzare un canale a sezione costante, la pressione in 2 sarà uguale a quella nella
sezione 3 meno un contributo legato alla quota. Quindi se in 3 ho una pressione pari a quella
atmosferica (l’ho visto inizialmente) a questo punto se vado a utilizzare una sezione costante
vado in depressione nella sezione 2. Nella sezione 2 poiché la terra è porosa andrò quindi ad
aspirare aria dall’esterno dato che la pressione in 2 è minore della pressione atmosferica;
naturalmente è un aspetto che devo scongiurare e quindi impongo che:
Con questa imposizione riesco a determinare l’andamento della sezione del canale di colata;
applico di nuovo Bernoulli tra la sezione 2 e 3 con la nuova assunzione e ottengo:
Introduco un parametro R =
ricordando che = 2g e dove = altezza della coppa
R= = = =
Ciò già è molto importante in quanto ho un determinato rapporto fra l’altezza della coppa e
l’altezza totale, ovviamente l’altezza della coppa sarà minore dell’altezza totale e quindi tale
rapporto sarà minore a 1.
Dalla conservazione della quantità di moto:
Q=
pertanto R = =
e di conseguenza:
Nel momento in cui vado a fare il canale di colata, le altezze della coppa e totale saranno
direttamente proporzionali alla variazione della sezione del canale di colata.
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Il primo passo che abbiamo fatto è stato quello di determinare la temperatura di spillamento,
una volta determinatala temperatura di spillamento vado a controllare la viscosità del materiale
non solo attraverso la temperatura di colata, ma anche andando a scaldare in qualche maniera la
forma. Un altro aspetto importante è quello di avere una velocità di colata adeguata, se è troppo
elevata si hanno fenomeni erosivi se è troppo bassa si ha una precoce solidificazione. Una volta
che ho determinato la velocità a partire dall’altezza, esistono delle particolari tabelle che a
seconda del materiale che vado a utilizzare per realizzare la cavità mi danno il tempo di
riempimento. Conoscendo il tempo di riempimento e il volume vado a determinare la sezione
. A questo punto ricavo l’altezza della coppa e come deve variare la sezione lungo il canale
di colata mediante le precedenti formule.
Nel caso di colata in sorgente (nel caso precedente abbiamo analizzato una colata diretta),
quando vado a mettere il modello all’interno della staffa lo devo posizionare in maniera tale che
lo riesca poi ad estrarre (la posizione del modello è abbastanza obbligata); una volta che ho
posizionato il modello, se il canale di colata è diretto, conosco a priori h1 e da h1 ho
essenzialmente la velocità . La posizione della cavità non è casuale ma abbiamo dei limiti,
fissata la cavità, la quota tra il punto più alto della cavità e la staffa superiore mi da l’altezza .
Devo andare quindi a determinare la larghezza del canale di colata ovvero mediante la
conoscenza del tempo di riempimento della forma. Per valutare il tempo di riempimento ho
delle tabelle che a seconda della tipologia del materiale che vado a utilizzare per realizzare la
mia cavità mi danno dei valori; dalle tabelle ricavo il tempo di riempimento e da qua poi
ricavo (la velocità e il volume V già sono noti). A questo punto posso andare a
determinare e e pertanto tutte le dimensioni del canale di colata e della coppa.
Nella colata in sorgente devo tener conto della variazione della contropressione data dal metallo
liquido nella cavità, quindi la velocità sarà variabile poiché risentirà della contropressione
dettata dalla quota del pelo libero.
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SABBIA
H CAVITA’
Avendo indicato con l’altezza totale e con l’altezza del pelo libero del metallo fuso.
Con le solite semplificazioni, nel caso in esame, si ottiene:
Ovviamente l’altezza del pelo libero è variabile nel tempo e pertanto in questo caso la velocità
non sarà costante come nel caso della colata diretta, poiché avremo una contropressione
esercitata dal sempre maggiore livello di fluido nella cavità che andrà ad opporsi al fluido in
ingresso. In questa situazione si cerca di mettere in relazione l’altezza del pelo libero del fluido
con la velocità di riempimento (le variabili in gioco); sapendo che tutto quello che passa
attraverso il canale di colata (sezione ) in un certo intervallo di tempo va a riempire la cavità,
posso scrivere e sapendo che la cavità è realizzata con una sezione costante e quindi l’unico
parametro che andrà a variare sarà l’altezza, posso scrivere:
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Noto il tempo di riempimento e la sezione del getto posso ricavare la sezione del canale di
colata, oppure nota la sezione del canale di colata e del getto riesco a determinare il tempo di
riempimento.
Nel caso in cui la forma della cavità abbia una geometria molto complessa posso andare a
considerare un getto equivalente con lo stesso volume e la stessa altezza del caso di partenza
(cambierà la l’area di base).
SOLIDIFICAZIONE
Se ho un materiale puro la solidificazione avviene a temperatura costante, mentre nel caso delle
leghe la solidificazione avviene in un range di temperature pertanto parleremo di temperature di
inizio e fine solidificazione. Se immagino di fare una foto nell’istante in cui immagino di colare
il materiale e vado a vedere l’andamento delle temperature all’interno delle varie componenti
(grafico a seguire).
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Nell’istante iniziale l’ambiente esterno si trova a temperatura ambiente la quale avrà un
andamento costante (l’aria infatti ha un’elevata capacità termica) fino all’interfaccia della
forma. Nel momento in cui mi metto all’interno della forma ho una temperatura più alta la
quale cresce a mano a mano che vado verso la cavità. La forma è composta da sabbia e quindi è
porosa; all’interno passo da uno scambio termico di convezione a uno scambio termico di
conduzione. Più mi avvicino verso la cavità piena di metallo liquido e più la temperatura
aumenta. Quando mi trovo nella porzione solidificata sappiamo che il coefficiente di
conduzione del solido è molto molto elevato e quindi avrò un salto di temperatura. Nel
momento in cui mi trovo nel liquido riavrò uno scambio termico per convezione.
L’aspetto importante per far avvenire lo scambio termico sono i tra l’interfaccia solido-
forma e forma-aria; in assenza di infatti lo scambio termico non può più avvenire. Ciò
avviene nell’istante iniziale (appena faccio la colata), se vado ora a vedere come cambiano le
temperature all’interfaccia, quello che noto è, che a mano a mano che passa il tempo il
diventa sempre più piccolo. Nell’istante iniziale, il metallo che vado a mettere dentro lo cavità
si trova alla temperatura di spillamento mentre all’esterno della forma avrò la temperatura
ambiente. Man mano che passa il tempo, il metallo si sta solidificando e quindi abbassa la sua
temperatura iniziale mentre allo stesso tempo la forma si andrà a riscaldare: più il processo di
raffreddamento si protrae nel tempo e più la velocità con la quale viene sottratto il calore tende
a diminuire. Man mano che vado a sottrarre calore, la velocità di solidificazione sarà sempre
più lenta perché si andrà a scaldare la forma limitando in tal modo gli scambi termici (
minori) fino ad arrivare ad un flusso termico pressoché nullo nel momento in cui la temperatura
della forma uguaglierà quella del metallo.
Nella fase iniziale la velocità di raffreddamento è molto elevata, più vado avanti e più il è
piccolo e di conseguenza la velocità di raffreddamento è più bassa. Già capiamo pertanto che la
zona di metallo a contatto diretto con la parete si andrà a raffreddare velocemente e quindi darà
luogo a una grana cristallina molto piccola. Poi la forma inizia a scaldarsi, il si riduce, e
inoltre il metallo esterno a contatto con la parete oramai solidificato si è contratto e pertanto non
avrò più conduzione tra metallo solido e forma, ma avrò infatti metallo solido, aria e forma. In
questo modo quindi si avrà uno scambio termico per convezione che è molto meno efficiente di
quello per conduzione. Una volta quindi che si è formato il primo strato solido, la velocità di
raffreddamento diminuisce non solo perché la forma si sta scaldando ma anche perché sono
passato da uno scambio termico conduttivo a uno convettivo. Di conseguenza all’interno si avrà
una granulometria differente, in particolar modo si andrà a formare una particolare forma del
grano: grano colonnare. Tale tipo di grano ha una dimensione predominante parallela al flusso
termico (ho delle isoterme parallele alle pareti trascurando gli effetti di bordo).
Perché i grani hanno questa forma?
Se mi muovo in direzione parallela alla parete e quindi sostanzialmente mi sposto lungo le
isoterme, ho punti caratterizzati dalla stessa temperatura e pertanto la solidificazione avverrà
nello stesso istante di tempo; l’unica dimensione libera per la crescita del grano è quella che va
verso l’interno. Considerando le pareti orizzontali, il grano non può crescere verticalmente
poiché è tutto impilato ma può crescere solo orizzontalmente e quindi parallelamente al flusso
termico.
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Fintanto che ho un flusso termico direzionale ho una crescita colonnare, nel momento in cui ho
invece una dimensione molto grande del getto potrei non avere più un flusso termico
predominante, infatti potrei avere che la zona centrale si trovi tutta quanta alla stessa
temperatura (2° materiale sotto inserito). Nel momento in cui la temperatura al centro è costante
ho una crescita del grano in tutte le direzioni e quindi ritorno ad avere una struttura equiassica a
grano grosso.
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una forza molto forte dato che il materiale non riesce a deformarsi plasticamente, che mi porterà
a rottura il materiale)
grani piccoli scarsa deformazione plastica elevata concentrazione di tensioni
seconda fase = il metallo a contatto con la parete si contrae e quindi si stacca, il tra metallo
e forma è minore, minore scambio termico, minore velocità di raffreddamento e quindi si crea
una crescita del grano in direzione del flusso termico (grani colonnari) nelle zone intermedie.
terza fase = non si hanno più diversità di temperature all’interno ma una temperatura grosso
modo costante (il flusso termico è talmente basso) e quindi non si hanno più dei grani allungati
ma dei grani equiassici (senza direzione predominante) a grana molto grande.
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identica valutazione sul liquido (mi muovo verso dx) e noto che il liquido è formato dal 58% di
rame e dal 42% di nichel. In base a questi valori noto che il solido ha una maggiore
concentrazione del materiale più alto fondente. Man mano che va avanti il processo di
solidificazione cambierà la composizione del materiale, in particolare sulle zone più esterne (a
contatto con lo stampo) avremo una maggiore percentuale di materiale più alto fondente mentre
nel cuore del getto avremo una maggiore percentuale di materiale basso fondente.
Nel momento in cui vado a temperature più elevate, il solido sarà più ricco del materiale più
alto fondente e meno ricco di quello basso fondente.
Nel momento in cui si ha una lega, c’è il fenomeno del SOTTORAFFREDDAMENTO
COMPOSIZIONALE. Sottoraffreddamento ci sta facendo capire che in qualche maniera sto
diminuendo il tempo di solidificazione e composizionale perché ho una variazione della
composizione che mi determina variazioni di .
Il flusso termico è direttamente proporzionale allo scambio termico moltiplicato per il .
Maggiore è il maggiore sarà la quantità di calore da sottrarre, ma nel momento in cui il
solido che si sta formando all’esterno è più ricco del materiale più alto fondente (ho il 58% di
nichel e il 42% di rame) avrò un materiale che richiede per la completa solidificazione un
minore. Di fatto siccome è variata la composizione all’esterno ho un sottoraffreddamento
poiché il che mi fa avvenire la completa solidificazione è più piccolo e quindi devo andare a
sottrarre meno calore e quindi avrò una solidificazione in un tempo più breve.
n.b il si visualizza agevolmente sul grafico seguendo la linea tratteggiata (relativa alla
composizione iniziale dei materiali della lega) e andando a vedere la differenza di temperatura
tra l’intersezione con la curva di liquido (temperatura di inizio solidificazione, nel caso di 50%
rame-niche è di 1313°C) e con quella del solido (temperatura di fine solidificazione, nel caso
50% rame-nichel è 1249°C). Per avere il metallo solidificato al 100% devo necessariamente
passare da 1313°C a 1249°C.
Le pareti sono le zone in cui avviene prima la solidificazione e quindi se mi muovo a sx vedo
che ho il 42% di rame e il 58% di nichel (nella zona più esterna non ho più il 50% degli
elementi), quindi avrò un minore (in base al grafico) ovvero devo sottrarre meno calore e
avrò di conseguenza un raffreddamento più veloce (granometria più piccola). Questa cosa è
strana in quanto sono partito con il 50% di rame e nichel e man mano che il materiale si
solidifica mi varia la composizione. La zona esterna abbiamo detto essere più ricca del
materiale più alto fondente mentre la zona centrale conterrà prevalentemente il materiale meno
alto fondente; ci rendiamo conto che questo aspetto possa creare dei problemi in quanto non ho
un’omogeneità della composizione del materiale (è un aspetto che si cerca di limitare).
Nelle leghe non abbiamo la solita formazione di grani equiassici e colonnari ma i grani tendono
a solidificare secondo un meccanismo detto DENDRITICO. Sulla parete abbiamo delle
isoterme e quindi nella fase iniziale, appena colo il materiale, ho la stessa percentuale di nichel
e rame indipendentemente dal punto in cui mi trovo, quando inizia la solidificazione il
materiale più alto fondente spinge gli atomi del materiale meno alto fondente in avanti o verso
l’alto. I grani solidificano secondo un meccanismo detto dendritico: la crescita dei grani verso
l’interno prende il nome di ramo principale o primario (è orientato secondo la direzione del
flusso termico per la stessa ragione dei grani colonnari), nel momento in cui i dendriti crescono
verticalmente si parla di ramo secondario. Si ha una crescita predominante nel verso del flusso
Castel 27 Pagina 18
termico e una crescita secondaria in verticale. Fintanto che abbiamo il ramo principale non ci
sono grossi problemi, i rami secondari danno fastidio invece perché man mano che loro
crescono possono andare a imprigionare tra un ramo e l'altro del metallo liquido più ricco del
componente più basso fondente. Il metallo all’interno della sacca non è più a diretto contatto
con il metallo liquido poiché è circondato da metallo solido ai lati, e quindi quando andrà a
solidificare siccome il solido ha una densità maggiore del liquido si andrà a contrarre creando in
tal modo una zona che sarà vuota.
In questo caso abbiamo delle isoterme parallele alla parete (figura sottostante, sull’ordinate c’è
la temperatura), perché su queste isoterme ho zone solidificate e zone non solidificate? A parità
di isoterme ci sarà materiale a parità di composizione; man mano che vado avanti il materiale
sarà più ricco dell’elemento meno alto fondente. Nonostante mi trovo su delle isoterme ho parte
del materiale solidificato e parte del materiale allo stato liquido. Inizialmente, quando verso la
lega all’interno della cavità sicuramente avrò in tutti i punti la composizione iniziale (nel caso
in esame 50 e 50), ma nel momento in cui inizia la solidificazione (in base alla curva del grafico
precedente) c’è del materiale basso fondente che verrà spinto verso l’interno mentre quello alto
fondente si raggruppa.
Castel 27 Pagina 19
tempo per far avvenire la migrazione del materiale più basso fondente è minore. Questo posso
ottenerlo o con 2 materiali che presentano una temperatura di fusione simile o andando a
variare la composizione.
Problema dei dendriti:
- porosità interdendritica: vado a isolare il materiale liquido, intorno ho soltanto solido, il
liquido inizia a solidificare e quindi si ritira formando delle porosità.
- disomogeneità della composizione
- anisotropia: se mi trovo ad applicare una sollecitazione nella direzione delle dendriti la
risposta meccanica sarà di un certo tipo, in direzione normale avrò una risposta di un
altro tipo (è come una vera e propria tessitura).
- inneschi a frattura: poiché il materiale è poroso,
Limitazione dei dendriti:
posso limitare il fenomeno del dendritismo una volta che ho effettuato il getto, andando ad
effettuare a posteriori dei trattamenti termici (ricottura e normalizzazione) che non fanno nient
altro che rendere più omogenea la composizione del materiale.
IL RITIRO
Riempita la nostra cavità, vediamo ora quello che capita man mano che il metallo liquido si va a
solidificare. Naturalmente passando da una temperatura maggiore ad una minore il metallo si
dovrà contrarre, in particolare si ha una contrazione in fase liquida che è variabile nel tempo,
dopo di che si ha una contrazione in fase solida (nel momento in cui si ha a che fare con un
metallo puro, la contrazione avviene quasi istantaneamente nel momento in cui si è raggiunta la
temperatura di solidificazione; in un tempo molto ristretto varia molto la densità) ed infine si ha
una contrazione in fase solida. Sostanzialmente la contrazione in fase liquida e quella in fase
solida dipendono solamente dalla distanza di oscillazione fra gli atomi, mentre la contrazione in
fase di solidificazione è dovuta essenzialmente alla formazione di legami che mi vanno a
determinare il reticolo cristallino.
Il ritiro è valutabile in percentuale mediante la seguente espressione:
Si deve contrastare la contrazione ovvero si deve andare a prevederla in maniera tale che il
pezzo una volta che si è solidificato abbia la forma desiderata. Per questo motivo il modello è
leggermente più grande rispetto al getto.
Castel 27 Pagina 20
La contrazione in fase liquida la compenso introducendo più liquido, quindi in qualche maniera
va a influire maggiormente sul dimensionamento del canale di colata (il volume del getto
pertanto deve tener conto della contrazione del metallo liquido). La contrazione in fase liquida
infatti mi comporta semplicemente un incremento di materiale liquido che deve viaggiare
all’interno del canale di colata e quindi mi dà dei problemi sostanzialmente sulla velocità di
colata. Quindi in tal caso il tempo di riempimento dovrà tener conto di una quantità maggiorata
di volume.
La contrazione in fase di solidificazione si compensa attraverso l’utilizzo della materozza e
attraverso una solidificazione che abbia una direzionalità corretta.
La contrazione in fase solida invece la riesco direttamente a compensare con un incremento
della dimensione del modello.
Il ritiro è compreso tra l’11 ed il 13% con l’eccezione delle ghise, per le quali è il 3-6 %.
La contrazione uniforme dipende dal fatto che il metallo fuso si solidifica immediatamente
all’esterno, una volta solidificato si andrà a contrarre dando luogo a tale ritiro uniforme.
Ma perché abbiamo un contributo che può originare una superficie curva? La velocità di
raffreddamento è maggiore nelle zone situate in prossimità degli spigoli dato che qui lo
scambio termico con l’esterno avviene sia ad opera della superficie laterale che di quella
inferiore, ma questo materiale che si raffredda più velocemente non si può contrarre perché
all’interno c’è materiale liquido incomprimibile (si ostacola quindi il restringimento del solido)
Castel 27 Pagina 21
e pertanto si verrà a creare uno stato tensionale (una deformazione plastica) sul solido. La
parete solida crea uno stato di compressione sulla parte liquida e allo stesso tempo la parte
liquida crea uno stato di trazione sulla parte solida. Siccome è uno stato tensionale di trazione e
siccome la temperatura del metallo solido è molto elevata, significa che si ha un basso e
pertanto si possono generare delle deformazioni plastiche in questa zona (c’è un allungamento),
quando poi il materiale arriva ad una temperatura omogenea, tale zona a causa della
deformazione plastica di trazione risulterà più lunga di quella centrale. Quindi la superficie
bombata deriva dal diverso scambio termico (generazione delle tensioni residue).
Si possono inoltre creare delle cavità all’interno: il getto potrebbe scambiare calore con
l’esterno attraverso tutta la sua superficie esterna (ipotizzando lo scambio termico attraverso le
4 superfici laterali) e quindi tutto il contorno del getto si solidificherà subito; se si solidifica
subito accade che all’interno quando avverrà la solidificazione non ci sarà più metallo liquido
che andrà a compensare la contrazione dal passaggio liquido-solido e di conseguenza si
creeranno delle cavità (spazi vuoti che tendono a compensare il ritiro del metallo liquido
interno). In qualche maniera quindi le tensioni residue vanno a creare dei problemi per quanto
concerne la tolleranza (parallelismo tra le superfici laterali) geometria delle superfici.
TENSIONI RESIDUE
Abbiamo visto che la superficie bombata deriva sostanzialmente da delle tensioni residue che
sono la diretta conseguenza di un raffreddamento differenziato.
Nell’istante iniziale t1 (appena colo il materiale) la temperatura è la stessa poiché ancora non è
partito lo scambio termico e quindi la lunghezza delle due piastre è la stessa. Dopo un certo
intervallo di tempo t2 a causa di uno scambio termico differenziato, una zona si andrà a trovare
a una temperatura minore e quindi subirà una contrazione laterale maggiore (piastra b) mentre
laddove lo scambio termico è meno efficiente e quindi la temperatura sarà più alta si avrà una
minore contrazione e quindi una maggiore lunghezza (piastra a). Tuttavia dall’equazione di
congruenza la lunghezza dei due corpi dovrà essere la stessa (a fine solidificazione quando la
temperatura del getto e della forma sono uguali, t3). In questa circostanza si viene pertanto a
creare uno stato tensionale residuo ovvero il materiale ‘a’ risulterà compresso e il materiale b
risulterà trazionato. Tuttavia non è sempre così, ovvero non è sufficiente la presenza di una
differente velocità di raffreddamento per far avvenire delle tensioni residue all’interno del
Castel 27 Pagina 22
materiale. Per promuovere uno stato tensionale residuo nel materiale, per forza di cose è
necessario che nell’elemento a o b sia superata la tensione di snervamento ovvero deve avvenire
una deformazione plastica all’interno del materiale. Le tensioni residue pertanto si hanno solo
nel momento in cui ho una velocità di raffreddamento diversa e quando all’interno del
materiale si vengono a creare delle deformazioni plastiche.
Per visualizzare bene questo aspetto andiamo a considerare 3 elementi (2 barre A ed 1 barra B)
vincolati lateralmente. Le barre A avranno una sezione quadrata (a a) mentre la barra B avrà un
altezza b e una larghezza a.
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L’abbassamento di temperatura in un corpo lo posso vedere attraverso l’equazione di Fourier;
l’abbassamento di temperatura è direttamente proporzionale alla quantità di calore che è stata
scambiata diviso la massa dell’oggetto, maggiore è la massa dell’oggetto e minore sarà
l’intervallo di temperatura a parità di flusso termico:
) = )
se b >> a
Ciò indica che B si andrà a raffreddare più lentamente di A; se la velocità di raffreddamento è
differente, a livello qualitativo accade che se vado a riportare su grafico l’andamento delle
temperature:
Se B si raffredda più lentamente di A, la sua temperatura sarà sempre maggiore alla temperatura
di A (la pendenza delle curve indica la velocità di raffreddamento). In corrispondenza di un
certo intervallo di tempo si ha la stessa pendenza delle curve e quindi la stessa velocità di
raffreddamento oltre che alla massima distanza tra la temperatura dei corpi B e A. Nella fase
iniziale ho che la velocità di raffreddamento di A è sempre maggiore di quella di B e ciò è
Castel 27 Pagina 24
strettamente legato al modulo termico M. Nella fase iniziale infatti i sono molto vicini fra di
loro (la differenza fra i di B e A rispetto alla temperatura ambiente è molto piccola, a
differenza della fase finale dove tale differenza ha un peso molto maggiore in particolar
modo la differenza tra i 2 è maggiore del di A) Da in poi accade il contrario: la
velocità di raffreddamento di B è maggiore di quella di A. Questo perché il tra la
temperatura dell’elemento B e la temperatura ambiente sarà maggiore del tra la temperatura
del punto A e la temperatura ambiente. Si nota questo poiché da in poi il fattore M non ha più
influenza; quello che da questo punto in poi andrà ad influenzare la velocità di raffreddamento è
il . Nella prima zona lo scambio termico è maggiormente influenzato dal fattore termico M
ed è quindi molto molto importante tener conto della geometria del pezzo, nella zona successiva
dal
Abbiamo scritto tale espressione in termini infinitesimi perché mi voglio andare a determinare
l’andamento delle temperature all’interno dei due corpi (sostanzialmente le equazioni della
curve del grafico precedente).
Castel 27 Pagina 25
Ho ricavato così una relazione che mi permette di ricavare la temperatura del corpo ad un certo
istante durante il raffreddamento. Tale valore sarà direttamente proporzionale alla temperatura
ambiente e al fra solido e ambiente e per un fattore dove tengo conto delle caratteristiche
fisiche del materiale (conducibilità termica, densità e calore specifico) e del modulo termico.
Maggiore sarà il modulo termico e più alta sarà la temperatura del mio corpo.
Fino ad ora abbiamo determinato l’andamento delle temperature dei 2 corpi e abbiamo visto che
la temperatura del corpo B è sempre più alta di quella del corpo A. Ciò significa che
teoricamente se ci fosse l’equazione di congruenza del materiale, l’elemento A si dovrebbe
Castel 27 Pagina 26
contrarre maggiormente: il che è la contrazione dovuta al passaggio dal a T dovrà essere
maggiore della contrazione del corpo B ( ) poiché nello stesso istante di tempo la
temperatura dell’elemento A è minore della temperatura dell’elemento B il modulo termico
di A è più piccolo del modulo termico di B e quindi la velocità di raffreddamento di A è
maggiore di quella di B.
uguale a :
=
=
Dalla figura risulta che la differenza delle contrazioni considerando i materiali liberi di contrarsi
saranno uguali alla somma della contrazione che dovrebbero assumere i materiali per rispettare
l’equazione di congruenza:
Castel 27 Pagina 27
Andando a sostituire ottengo:
ovvero:
Castel 27 Pagina 28
temperatura che di fatto comporta dei differenti. Questo ci fa capire che non possiamo a
priori capire quale fra i 2 elementi andrà a deformarsi plasticamente.
Il maggiore valore di e si ha in corrispondenza di perché in quel caso la differenza di
temperatura tra i due corpi è maggiore.
Possiamo avere due casi:
Nel primo caso devo verificare la rottura e nel secondo caso devo verificare la deformazione
plastica; nel caso della rottura il materiale è danneggiato permanentemente e quindi devo
buttare il getto, nell’altro caso si viene a creare una deformazione plastica e quindi alla
temperatura ambiente il materiale presenterà delle tensioni residue.
Se in un elemento pertanto si raggiunge la deformazione plastica si ha come risultato una
tensione residua a temperatura ambiente, in particolare si ha un andamento del come quello
riportato nel grafico sottostante.
Man mano che passa il tempo il corpo si raffredda e quindi è normale che il aumenta. Il
corpo A si raffredda più velocemente, se si raffredda più velocemente risente di una forza di
trazione, tende a deformarsi plasticamente e quindi assume una lunghezza maggiore durante il
raffreddamento. Poi a temperatura ambiente, dato che deve essere rispettata l’equazione di
congruenza, risulterà compresso mentre B risulterà trazionato.
Per sapere con certezza quale sarà l’elemento che si deformerà plasticamente dobbiamo fare un
discorso quantitativo, a livello qualitativo non sappiamo a priori quale dei 2 sarà sottoposto a
deformazione plastica.
Castel 27 Pagina 29
COMPENSAZIONE DEGLI EFFETTI DEL RITIRO
Il ritiro uniforme in fase solida lo vado a compensare attraverso un incremento del modello,
vado a realizzare in qualche maniera una cavità più grande.
Per quanto riguarda la formazione della superficie bombata, la vado a contrastare andando a
determinare una velocità di raffreddamento il più possibile omogenea su tutto quanto il corpo.
Per ridurre le cavità interne posso invece agire in diversi modi: cercare di avere per esempio su
un lato una velocità di raffreddamento il più lenta possibile in maniera tale da evitare la
formazione della pellicola di metallo solido lungo tutta quanta la superficie esterna (mediante le
materozze), un altro metodo è quello di cercare di non colare il fuso con velocità elevate in
modo da limitare l’ingresso di aria, oppure si cerca di rastremare il canale di colata per
scongiurare delle depressioni. Altre metodologie sono quelle di andare ad intervenire
direttamente sulla temperatura di colata in quanto per facilitare il riempimento della cavità
siamo portati ad avere una maggiore temperatura di colata ma ciò implica una maggiore
presenza di gas all’interno del metallo (se la temperatura è maggiore, la distanza tra gli atomi è
maggiore e quindi c’è la possibilità di far introdurre degli atomi del gas nelle posizioni
interstiziali) quindi per evitare la formazione di queste cavità interne è opportuno limitare il più
possibile la temperatura di colata. Anche l’utilizzo di una colata in pressione permette di
limitare la formazione delle cavità interne, in maniera tale che l’introduzione della pressione
all’interno del materiale favorisca la fuoriuscita del gas.
Maggiore attenzione va posta sulla formazione del cono di ritiro. In questi casi si introduce una
materozza ovvero un serbatoio di materiale liquido, tale materiale liquido va ad alimentare il
getto in modo da spostare la formazione del cono di ritiro dal getto alla materozza. Possiamo
avere una materozza a cielo aperto quando questa è direttamente a contatto con l’aria esterna,
parliamo di materozze cieche nel momento in cui sono affogate all’interno della forma (poste in
corrispondenza del canale di colata e del distributore). E’ ovvio che nel momento in cui devo
andare a introdurre una materozza all’interno del canale di distribuzione la faccio cieca: se la
realizzassi a cielo aperto, una maggior quantità di materiale andrebbe in tale direzione
comportando un ingente spreco di materiale senza che vi sia la garanzia del completo
riempimento della forma della cavità. Quando ho un distributore si utilizzano sempre le
materozze cieche (evitano la prematura solidificazione nel canale di colata), quando vado ad
inserire la materozza direttamente sopra il getto posso avere delle materozze che sono
direttamente a contatto con l’ambiente esterno.
La materozza ha quindi il compito di andare a compensare il ritiro in fase di solidificazione
alimentando il metallo liquido e per evitare che il cono di ritiro avvenga direttamente all’interno
della materozza sarà necessario che il modulo termico della materozza sia maggiore del modulo
termico del getto.
La prima condizione necessaria per far avvenire il cono di ritiro all’interno della materozza è
che vi sia questa differenza dei moduli termici fra la materozza e il getto.
La seconda condizione fondamentale è che l’altezza della materozza sia maggiore dell’altezza
del cono di ritiro: la materozza dovrà ospitare un volume di metallo liquido maggiore del
volume di materiale che si andrà a contrarre a seguito del passaggio di fase tra liquido e solido
sia all’interno del getto che della materozza stessa.
Castel 27 Pagina 30
Il cono di ritiro deve avere un’altezza pari all’80% dell’altezza della materozza stessa per
evitare che l’apice del cono di ritiro possa andare a interagire con il getto e quindi creare un
difetto nella forma.
Castel 27 Pagina 31
SOLIDIFICAZIONE DIREZIONALE
Il tempo di solidificazione segue la legge empirica di Chorinov:
dove il fattore forma K tiene conto della geometria della materozza K = 0,8 – 1 e n = 2
Ovviamente la velocità di raffreddamento tiene conto del modulo termico. Se lavoriamo a parità
di modulo termico nelle tre geometrie (sferica, cubica e cilindrica) ci rendiamo conto che la
geometria sferica contiene un volume minore. La geometria sferica di fatto consente di avere un
maggior risparmio energetico.
A parità di volume tra le tre geometrie abbiamo il maggiore modulo termico sempre in
corrispondenza della geometria sferica. Tuttavia utilizzare una materozza sferica è un qualche
cosa di molto complicato poiché è difficile creare la cavità all’interno delle staffe; normalmente
si ricorre a delle geometrie cilindriche. Inoltre sempre nel caso di una geometria sferica, se io
ho un getto sotto, il punto di contatto tra la materozza sferica ed il metallo è puntiforme e quindi
molto probabilmente la zona di contatto (collare) si andrà a raffreddare più velocemente.
Abbiamo detto che per capire dove posizionare la materozza è necessario scomporre il getto in
superfici elementari e per ognuna di questa valutarne il modulo termico, ora ci domandiamo se
la posizione di un elemento va ad influire sul calcolo del modulo termico.
Se considero il cubo elementare C le uniche superfici che scambiano con l’esterno sono quelle
superiore ed inferiore e quindi a parità di volume avrò una superficie di scambio termico
minore.
Il cubo elementare B scambierà calore con l’esterno ad opera di 3 superfici mentre il cubo
elementare A lo scambierà addirittura con 4. La posizione quindi avrà un’influenza perché mi
determina la superficie che effettivamente andrà a scambiare con l’esterno e in particolare mi
andrà a cambiare il modulo termico. L’elemento che avrà una maggiore superficie esposta con
l’esterno (A) sarà il materiale con modulo termico minore.
Castel 27 Pagina 32
INCONVENIENTI E RIMEDI
Si consideri ora un getto formato dagli elementi 1, 2 e 3 aventi tutti quanti la stessa larghezza e
la stessa profondità.
In questo caso il modulo termico sarà maggiore in 3 e quindi sarà l’ultima zona a solidificare.
Teoricamente saremo portati a pensare di mettere una materozza sull’elemento 3.
Eseguita l’analisi del modulo termico per ciascun elemento risulta che e ;
quindi se vado a vedere la solidificazione, l’elemento 3 solidificherà per ultimo, seguito
rispettivamente dagli elementi 1 e 2. Se andassi a mettere la materozza solo in 3, la zona 2 si
andrebbe a solidificare per prima, e dato che in 1 non c’è la materozza potrebbe presentarsi il
cono di ritiro. A questo punto io posso sostanzialmente fare 2 interventi:
1- Inserire un ulteriore materozza in 1 in maniera tale da compensare l’eventuale ritiro in
fase solida.
2- Limitare il modulo termico in 2 andando a mettere del soprametallo che ovviamente
verrà in seguito asportato attraverso un operazione di asportazione del materiale.
Pertanto è opportuno rallentare o il raffreddamento di 2 aumentando per esempio il suo
spessore oppure vado a compensare il ritiro di 1 mediante l’interposizione di una materozza.
In questo caso infatti manca la corretta direzionalità di solidificazione; mano mano che vado
verso la materozza dovrebbe sempre crescere il valore del modulo termico mentre in tal caso
l’elemento intermedio ha il minore modulo termico.
Castel 27 Pagina 33
della materozza, così da avere la certezza che il cono di ritiro si formi all’interno della
materozza stessa:
- il volume della materozza deve essere uguale o tutt al più maggiore del 20% del volume
che si andrà a contrarre a seguito della solidificazione. Devo tener conto del volume
dell’intero getto più il volume della materozza:
0,2
Il metodo più frequentemente utilizzato è un metodo sperimentale detto metodo di Caine dove
sostanzialmente per ogni tipologia di materiale vado ad avere dei grafici attraverso i quali riesco
a capire se il dimensionamento della materozza mi determina un valore di X e di Y tale da avere
un valore al di sopra della curva in tal caso sono certo che quella materozza riuscirà a
compensare interamente il ritiro in fase solida (se il valore si trova al di sotto della curva, i
pezzi verranno fuori con dei difetti).
X=
Dalla definizione di X già sappiamo che questa dovrà assumere un valore maggiore di 1.
Y=
A priori non so quanto dovrà essere il volume; normalmente posso fare delle ipotesi solo sulla
X.
Quello che devo prendere in esame è il modulo termico dell’ultima parte del getto che si andrà
a solidificare: suddivido il getto in tanti clementini e vado a considerare il modulo termico
dell’ultimo pezzo dove avverrà la solidificazione.
Analiticamente abbiamo le funzioni di X e di Y:
Y +b
X
b indica il ritiro in fase liquida che si ha nel momento in cui X tende a infinito, ovvero quando
il modulo termico della materozza è molto più elevato rispetto al modulo termico del getto: la
materozza non andrà a solidificarsi e quindi quel b tiene conto solo della contrazione i fase
liquida.
Castel 27 Pagina 34
c è invece una costante che tiene conto delle condizioni di smaltimento di calore tra getto e
materozza in corrispondenza del punto di contatto. Se consideriamo una materozza sferica dove
il punto di contatto è puntuale il valore di c è molto elevato. Normalmente, nelle materozze
cilindriche, c assume un valore pari a 1.
a è una costante sperimentale che a seconda delle tipologie di materozza assumerà dei valori
differenti. Normalmente si prende a = 0,1.
Disponendo di tali curve ora devo andare a dimensionare la materozza. Consideriamo il
seguente esempio:
Ricordiamo che abbiamo una staffa inferiore e una staffa superiore; la staffa ha certamente
determinate dimensioni e quindi una certa altezza. Conoscendo l’altezza della staffa superiore
(H, nella figura H è sbagliata) e conoscendo l’altezza del mio oggetto (h) posso valutare il
valore massimo dell’altezza della materozza. In particolare se vengono utilizzate delle staffe
che hanno un’altezza totale pari a 250, sottraendo a tale valore l’altezza del getto, ricavo
l’altezza massima che potrà assumere la materozza (250 – 100 = 150 vincolo di tipo
geometrico). Come prima cosa posso ricavare il volume e il modulo termico del getto. A questo
punto vado ad ipotizzare un diametro della materozza; è ovvio che anche in tal caso avrò dei
limiti, nel senso che se la dimensione dove dovrò andare ad attaccare la materozza sarà minore
di 150 non ha senso andare ad utilizzare una materozza più grande. Quindi per quanto riguarda
la dimensione del diametro D è in qualche maniera influenzata dalla superficie sul quale la vado
ad ancorare. In particolar modo il diametro D non potrà essere maggiore della dimensione della
superficie di attacco.
Ipotizzo che D = 150, valuto il volume e la superficie di scambio termico della materozza dove
non viene presa in considerazione la superficie inferiore ovvero quella di attacco poiché non è a
contatto con l’esterno.
Noti tutti i parametri geometrici vado a ricavare X e Y, entro dentro al grafico e vedo dove il
valore delineato dalle coordinate X e Y è posizionato: se sono sotto la curva il
dimensionamento non è stato corretto e pertanto devo scegliere un nuovo valore del diametro D
(D = 200) e ripetere lo stesso ragionamento.
Castel 27 Pagina 35
Per D = 200:
Questo è stato il dimensionamento nel caso in cui si hanno dei vincoli dimensionali (funzione
dell’altezza della staffa o in funzione della superficie sulla quale la materozza si andrà ad
appoggiare).
In assenza di limiti posso avere un altro approccio, ovvero scelgo X = 1,25. Scelgo tale valore
perché come già detto in precedenza il modulo termico della materozza deve essere maggiore di
quello del getto. Vado a sostituire X all’interno dell’equazione analitica della curva (noti a, b e
c) e ricavo il valore di Y; una volta noto Y, calcolo il volume del getto e vado a valutare il
volume della materozza ( ). Noto il volume della materozza, sapendo che ha una
geometria cilindrica, ricavo indirettamente il diametro. Determinato il diametro rivado a fare la
verifica considerando un valore leggermente maggiore (anziché 180,5 considero 190).
Da una parte parto direttamente dal vincolo sulla dimensione (massima altezza della materozza)
e dall’altra vado a ipotizzare una X partendo dal presupposto che X > 1,20.
Castel 27 Pagina 36
RAGGIO D’AZIONE DELLE MATEROZZE
E’ vero che la materozza mi permette di andare a compensare il ritiro in fase di solidificazione
però è pure vero che devo garantire che questo metallo liquido passi all’interno del getto. Si
hanno dei maggiori problemi nel momento in cui lo spessore del getto è piccolo, tanto è più
piccolo lo spessore del getto e maggiore sarà la possibilità che si andrà a solidificare. Nel
momento in cui abbiamo delle leghe e quindi il sottoraffreddamento composizionale abbiamo la
formazione dei dendriti; la formazione dei dendriti chiude il collegamento fra la parte estremale
e la parte direttamente a contatto con la materozza (non permettono più il passaggio di metallo
liquido dalla materozza all’interno del getto). Di fatto quindi devo andare a contrastare la
formazione di questi dendriti (evenienza molto frequente nelle leghe).
Già l’introduzione della materozza ci permette di avere un certo raggio d’influenza.
Nella zona posta a una certa distanza dalla materozza (zona della materozza) ho rallentato il
processo di solidificazione perché giustamente ho introdotto una quantità di materiale maggiore
e quindi il raffreddamento sarà più lento. Se la lunghezza della staffa è molto grande posso
avere una zona centrale che non è coperta ne dalla materozza e ne tanto meno dall’effetto di
bordo. Nella zona centrale pertanto si potrebbe venire a creare il fenomeno dei dendriti o una
solidificazione che va ad ostacolare il passaggio di liquido dalla materozza al getto.
Possiamo agire in 2 modi per scongiurare tale aspetto:
- incrementare lo spessore dal bordo fino alla materozza, aumenta così la distanza fra le
due superfici e quindi sarà più difficile che i due dendriti possano andare a contatto e
quindi ostruire il canale. L’aumento dello spessore comporta un aumento del volume e
quindi del modulo termico spostandomi dal bordo alla materozza.
- utilizzare dei raffreddatori (sostanzialmente sono dei metalli) nella zona estremale e
quindi incrementare la velocità di raffreddamento: anziché avere il k di conducibilità
della sabbia ho il k di conducibilità del metallo (molto più elevato). Questo
raffreddatore può essere o all’esterno, affogato quindi all’interno della terra, oppure può
essere affogato direttamente all’interno della cavità. Se è affogato all’interno della
cavità il raffreddatore deve essere dello stesso materiale del metallo che sto colando.
Così facendo man mano che vado verso la materozza ho un raffreddamento più lento.
Castel 27 Pagina 37
Dunque è molto importante andare a considerare la lunghezza della piastra e andare a verificare
se tale lunghezza è completamente coperta dal raggio d’influenza della materozza e dall’effetto
di bordo.
Castel 27 Pagina 38
COLLARE, ATTACCCO MATEROZZE
Cerchiamo ora di capire come dimensionare il collare della materozza. Utilizzo il collare più
grande possibile in maniera tale da essere certo che la solidificazione non avvenga dopo la
materozza. Tendo ad avere il massimo dimensionamento del collare per evitare che la
solidificazione del getto avvenga dopo il collare in quanto devo garantire sempre il corretto
afflusso di materiale. Il giusto ordine di solidificazione è 1, 2 e 3.
In qualche maniera sarei tentato di avere la dimensione del collare pari alla dimensione della
materozza, ma avvenuta la solidificazione, quando vado ad estrarre il getto in qualche maniera
devo andare a separare la materozza dal getto maggiore è il collare, maggiore sarà il lavoro
che dovrò fare. Pertanto è opportuno eseguire un giusto dimensionamento del collare.
Si cerca di andare a mettere il collare sulle superfici che prevedo di lavorare per asportazione di
materiale, questo perché si tratta di una zona che dovrà essere lavorata e quindi nelle altre zone
dove non è richiesta un elevata finitura superficiale non ha senso andarla a mettere.
Naturalmente è preferibile posizionarlo sulle superfici piane per rendere più semplice la
successiva lavorazione per asportazione di materiale.
Si ha un rapporto del collare in funzione del diametro della materozza e in funzione dell’altezza
del collare. Quindi in funzione del diametro riesco a valutare la lunghezza.
SOVRAMETALLO
Lo vado ad inserire in modo tale da avere un gradiente delle velocità di raffreddamento dalla
zona estremale sino alla materozza.
Il sovrametallo aumenta con l’aumentare delle dimensioni del getto. Abbiamo visto la presenza
di 3 tipi di ritiro; il ritiro uniforme e il ritiro non uniforme generano una superficie bombata, il
ritiro non uniforme è tanto maggiore quanto è maggiore è la dimensione del getto. Se io quindi
voglio avere delle superfici planari, devo prevedere una lavorazione per asportazione di
materiale, che sarà tanto più intensa quanto maggiore saranno le dimensioni. Se quindi voglio
Castel 27 Pagina 39
realizzare delle superfici planari, dal momento che l’effetto del ritiro non uniforme aumenta con
le dimensioni del getto, devo mettere una maggiore quantità di materiale; poi tramite
asportazione di materiale renderò parallele le superfici.
Il sovrametallo aumenta in base alla finitura richiesta: se voglio avere una determinata finitura
superficiale o una determinata tolleranza geometrica di parallelismo tra le superfici, vuol dire
che dovrò prevedere l’asportazione di materiale e di conseguenza devo prevedere un
sovrametallo che verrà asportato durante la lavorazione successiva. Si deve sostanzialmente
avere del metallo in più da rimuovere affinché la superficie, dopo asportazione di materiale,
venga come voglio io. Se si ha una maggiore distanza picco-valle (fattore RT), si deve
prevedere una maggiore quantità di materiale da asportare in maniera tale che dopo
l’asportazione di materiale, l’oggetto sia delle dimensioni effettive del getto.
RAGGI DI RACCORDO
Nel momento in cui vado a progettare il canale di colata o di distribuzione, non posso andare a
realizzare degli spigoli vivi poiché quando il liquido entra va ad erodere la zona in
corrispondenza dello spigolo vivo. Devo quindi prevedere dei raggi di raccordo; ho diversi
raggi d’accordo a seconda se ho degli angoli o degli spigoli; avrò un centro del raggio
all’esterno o all’interno del canale di colata a seconda se ho uno spigolo o un angolo.
Castel 27 Pagina 40
Le forme permanenti sono forme che vengono usate molte volte e quindi devono essere
realizzate da materiali molto resistenti (acciaio) e devono permettere l’estrazione del getto.
FORMA TRANSITORIA
E’ caratterizzata da una staffa superiore e da una staffa inferiore che viene riempita di terra
nella quale viene poi ricavata la cavità attraverso l’ausilio di un modello. Nel momento in cui
invece devo realizzare un getto con delle cavità al suo interno vado ad usare delle anime. Le
anime hanno lo scopo di realizzare le cavità e quindi permettono di evitare ulteriori processi di
lavorazione per asportazione di materiale. Le anime dovranno avere determinate
caratteristiche: se voglio realizzare un anima, il modello deve in qualche maniera tenere conto
della presenza dell’anima e quindi deve andare a realizzare delle superfici estremali che vanno a
creare le portate d’anima all’interno del getto nel momento in cui vado ad usare delle anime
mi serve una superficie d’appoggio nella cavità e quindi il modello sarà realizzato in maniera
tale da creare la zona d’appoggio dell’anima: il modello, qualora vengano usate delle anime,
avrà quindi una geometria differente perché dovrà creare le sedi nella cavità in cui si andrà ad
appoggiare l’anima. Una volta creata la cavità, estraggo il modello, inserisco l’anima all’interno
della cavità e vado a colare materiale.
Ci sono diversi metodi per creare le cavità; posso usare dei metodi automatizzati o dei metodi
completamente manuali.
Per andare a formare l’anima si usano delle casse all’interno delle quali si inserisce della sabbia
silicea con dei leganti (resine) che attraverso un processo a caldo permettono la reticolazione
della resina e quindi danno luogo ad un oggetto molto solido.
Castel 27 Pagina 41
Staffe
Sono i contenitori all’interno dei quali vado a versare la terra; sarà il contenitore all’interno del
quale andrò a realizzare la mia cavità. Le staffe sono unificate ovvero possiedono solo le
superfici laterali, hanno all’estremo delle spine di centraggio che permettono, una volta
realizzata la cavità, di andarle di nuovo a posizionare nella corretta maniera (far combaciare la
cavità inferiore con quella superiore). Dato che vengono mosse manualmente devono essere
leggere ma allo stesso tempo devono essere resistenti.
Anime
Servono per andare a realizzare le cavità interne; a seconda della tipologia di colata posso
utilizzare delle forme in sabbia, armate o addirittura in ferro. Nel momento in cui devo
realizzare una forma transitoria è ovvio che le spinte metallo-statiche esercitate sull’anima sono
molto ridotte perché il riempimento avviene per gravità e quindi non è necessario disporre di
elevate prestazioni meccaniche e posso usare sabbia. Al contrario se vado a realizzare un anima
di una forma permanente, siccome la forma permanente può prevedere delle colate in pressione,
questa deve essere molto resistente e quindi si usano delle anime metalliche o armate.
Le anime possono essere passanti (foro passante) o cieche (tutt’al più l’ultima zona del foro
viene realizzata in seguito attraverso asportazione di materiale) tali tipologie dipendono
sostanzialmente dalla lunghezza e dal diametro del foro (problema legato alla presenza delle
spinte metallo-statiche).
Forme transitorie
Si dividono essenzialmente in:
- processi in terra: si realizza la cavità all’interno della staffa
- processi in guscio: si realizza la cavità attraverso un processo di ricopertura che non
richiede l’uso della staffa; lo spessore della terra che va intorno alla cavità è molto
minore rispetto alla tipologia in terra. Nel guscio avrò pertanto una parete della forma
molto sottile (poca terra).
Molto probabilmente un processo in guscio comporterà un raffreddamento più rapido ma
avendo uno spessore di terra molto piccolo (poca resistenza) la dimensione dei getti sarà più
piccola rispetto a quelli prodotti da processi in terra. Da un punto di vista della microstruttura i
getti scaturenti dai processi in guscio avranno delle caratteristiche meccaniche maggiori (grani
più piccoli raffreddamento più veloce). Il guscio inoltre andando a utilizzare una quantità di
terra minore determinerà minori problemi di smaltimento della terra inutilizzabile.
I processi in terra si dividono a seconda delle dimensioni del getto desiderato:
- formatura in terra: si realizzano getti con un peso max di 100 kg; i getti hanno una
scarsa finitura superficiale e dimensionale determinate dalla natura della terra: deve
essere porosa per far uscire i gas e di conseguenza la finitura superficiale andrà a
ricalcare perfettamente la dimensione dei grani più esterni. In particolare in terra la
velocità di raffreddamento è molto bassa e quindi si da tempo ai grani di crescere
andrò a notare un andamento a buccia d’arancia che va a ricalcare la dimensione del
grano cristallino all’interno del materiale. Si ha la possibilità di rigenero delle terre del
40-70% e la possibilità di colare il materiale con temperature di fusione che vanno dai
1500 ai 1600°C.
- Formatura in fossa: nel momento in cui si hanno geometrie molto grandi (es. campane,
lingotti, pezzi turbine aeronautiche) non si usano più le staffe ma si usa direttamente una
Castel 27 Pagina 42
fossa ricavata nel pavimento della fonderia. Se devo realizzare dei pezzi molto grandi e
simmetrici (es. campane) anziché andare a realizzare tutto il modello, realizzo uno
spicchio e poi facendo ruotare lo spicchio all’interno della terra di fonderia ottengo
direttamente la cavità nella quale andare a colare il materiale.
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legante (acqua). Miscelata per bene posso ora andarla a versare nella staffa; realizzo la cavità
con il modello e a tal punto posso avere due possibilità (la mia forma la vado a creare ancora
quando ho un contenuto di acqua): o vado a colare il metallo direttamente all’interno della
cavità oppure vado a prevedere il processo di essiccazione totale (verde) o parziale (semiverde).
Una volta che ho realizzato la forma posso andare a colare direttamente il metallo dentro?
L’acqua evapora a 100°C e sicuramente quello che colo starà a più di 600°C; il metallo che
andrà a contatto con le pareti delle forma risentirà di una contropressione legata
all’evaporazione istantanea dell’acqua. Il vapore non riesce a passare all’interno di tutta quanta
la terra, parte andrà all’interno del metallo fuso e potrebbe quindi creare dei difetti locali. Non
si usa mai una forma umida ma si prevede il processo di essiccatura che può essere o totale
(avviene intorno ai 300°C) oppure parziale dove vado a sottrarre umidità solo all’interno della
cavità. Normalmente si vanno a stendere delle vernici sulla terra che riescono ad incrementare
la finitura superficiale dei grani e quindi danno luogo ad un aspetto molto più levigato. Questa
operazione si fa sia sulla terra che sul modello. Sul modello ha anche un’altra funzionalità: se
rivesto il modello di vernice, l’uso prolungato del modello può far cambiare tonalità di colore
alla vernice e ciò mi indica che il modello si è usurato.
Un altro processo di formatura è quello a CO2 dove non uso più come legante l’argilla ma una
soluzione liquida di silicato di sodio che nel momento in cui entrano a contatto con la CO2
permettono l’adesione tra i singoli grani; in tal caso non ho bisogno di acqua ma di calore, uso
direttamente la CO2 che fa avvenire una reazione chimica.
Oppure posso usare degli oli (di lino) che generano una scarsa adesione a fronte di uno scarso
impatto ambientale (prodotti naturali). Dagli oli si è passati all’uso di resine che possono essere
reticolate o a freddo o attraverso un trattamento termico.
I meccanismi di indurimento sono quindi:
- meccanico: vado ad imprimere il modello e poi vado a fare il trattamento termico per far
evacuare l’acqua
- chimico: CO2 e silicati
- di natura termica: oli e resine
MODELLO
Il modello è uno strumento attraverso il quale riusciamo ad andare a imprimere una cavità
all’interno delle staffe. Se voglio realizzare pezzi con delle cavità devo usare delle anime e
quindi il modello deve comprendere anche le portate d’anime. Anche la forma transitoria è
caratterizzata dall’avere un modello a perdere o un modello permanente. I materiali che si
utilizzano sono di diversa natura a seconda del numero di pezzi che devo andare a realizzare;
parliamo di modelli in legno, modelli in metallo o modelli in materiale plastico. Siccome il
metallo è più complicato da lavorare rispetto al legno, vado a realizzare un modello in metallo
solo nel caso in cui devo generare un numero elevato di pezzi. Tuttavia il metallo da una
maggiore garanzia sul controllo dimensionale dato che il legno risente molto dell’umidità e
quindi potrà essere soggetto a delle variazioni di dimensione.
Nella maggior parte dei casi si tende a usare un modello scomponibile che permette una
maggiore facilità di estrazione dopo l’operazione di formatura. Come già preannunciato, il
modello può essere verniciato al fine di migliorare la finitura superficiale e per avere un
controllo sull’usura dovuta all’utilizzo ripetuto del modello stesso.
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Attualmente i modelli si possono realizzare attraverso una stampante 3D polimerica, ma in tal
caso si ha una finitura superficiale molto grossolana pertanto l’uso della vernice è
indispensabile.
Il problema maggiore del modello (nel caso di modello permanente) è rappresentato
dall’estrazione; le superfici normali al piano di separazione devono essere inclinate. In
particolare tale angolo di sformo sarà tanto maggiore quanto minore è la lunghezza verticale.
Un’altra caratteristica molto importante è che il modello non deve prevedere sottosquadri: la
presenza di questi elementi nel momento in cui vado a estrarre il modello dalla forma determina
la rottura della forma stessa. Nel momento in cui non è possibile evitare i sottosquadri o si
fanno delle modifiche a livello progettuale sul pezzo (cambio di geometria) o si ricorre
all’utilizzo di formagelle, o di tasselli o di modelli scomponibili.
Considero il piano 1, devo ora prevedere che cosa accade quando vado ad estrarre il modello. In
tal caso l’estrazione del modello porta alla rottura della cavità dato che ho la presenza dei
sottosquadri (A e B) che nel momento in cui estraggo le staffe mi portano via la sabbia che si
trova al di sotto dei loro profili.
Immaginando di usare il piano di simmetria 2, anche in questo caso si ha la rottura della cavità:
nella staffa inferiore non avrò rottura perché non ci sono sottosquadri (immagino di ruotare
l’immagine soprastante in modo che il piano 2 coincida con la linea di separazione) mentre ci
sarà rottura nella staffa superiore (C, D, E e F).
L’ultima possibilità che mi rimane è il piano di simmetria 3. Avrò anche quà dei problemi sia
sulla staffa superiore che in quella inferiore legati alla presenza dei sottosquadri (E e F) e alla
presenza della cavità (tra C e D).
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Il piano tuttavia più idoneo è il piano 3, quindi devo andare in qualche maniera ad utilizzare dei
componenti che mi consentono l’estrazione corretta. Posso usare la formaggella alla francese
per evitare i sottosquadri e quindi evitare la rottura della cavità (il modello è continuo, non
presenta insenature): riesco a risolvere il problema legato ad E e F andando a realizzare un
modello dritto. Nel momento in cui uso una formaggella alla francese devo prevedere una
successiva lavorazione per asportazione di materiale che va a eliminare le componenti in
eccesso. L’altra possibilità è quella di andare ad usare un modello scomponibile che
sicuramente è quello che mi permette di avere un getto molto più vicino alla geometria finale;
in particolare ho un modello in 2 pezzi. Estraggo prima il modello 2 attraverso un movimento
verticale, per quanto riguarda il modello 1 devo prima fare un momento orizzontale e poi uno
verticale.
Il modello scomponibile ha dei costi elevati ma soprattutto è strettamente connesso alla bravura
dell’operatore che durante l’estrazione non deve rovinare la forma.
Eliminato il problema legato ai sottosquadri E e F, devo ora eliminare quello connesso all’asse
di simmetria (la rientranza tra C e D). La zona cava la posso andare a realizzare attraverso un
tassello; il tassello non è nient’altro che un’anima, quindi nel momento in cui uso il tassello il
modello deve tener conto sia della presenza del tassello e quindi andare a creare l’impronta
sulla forma che lo andrà a sorreggere, sia la presenza delle formaggelle alla francese. Il modello
quindi non sarà più conforme alla geometria del getto.
Castel 27 Pagina 46
Nel momento in cui devo andare a realizzare la forma devo andare a vedere qual è la giusta
direzione di estrazione in maniera tale da evitare il problema dei sottosquadri. Se i sottosquadri
non possono essere evitati posso prevedere o l’utilizzo di un modello scomponibile, o dei
tasselli o di formagelle alla francese. I tasselli in qualche maniera devono prevedere una portata
d’anima (alloggiamento sulla forma) mentre le formagelle sono un qual cosa che vanno
direttamente a compensare il modello.
Ancora prima di andare a suddividere il getto in tanti pezzi elementari per vedere dove andare
a posizionare la materozza è necessario andare a individuare il posizionamento del getto.
ANIME
Per andare a realizzare delle zone cave (fori) si usano le anime. La portata d’anima è l’alloggio
da realizzare sulla terra per andare a calettare le anime.
Le anime sono caratterizzate da un materiale che deve avere una maggiore refrattarietà,
un’elevata resistenza meccanica fino al termine della solidificazione e alla fine della
solidificazione un’alta friabilità.
Su usano materiali refrattari ovvero che hanno coefficienti di conduzione del calore molto bassi
in maniera tale da andare a ritardare la solidificazione in corrispondenza dell’anima (si evita la
formazione di cavità interne) si permette così la fuoriuscita di gas attraverso l’anima, si
ritarda quindi la solidificazione in prossimità dell’anima perché essendo questa porosa mi
permette la fuoriuscita dei gas.
Un coefficiente di conduzione basso mi permette di mantenere bassa la temperatura all’interno
dell’anima così da non degradare le resine (sopportano temperature basse, circa 350°C); i
grani sono attaccati e quindi si ha un’alta resistenza meccanica. Per i primi tempi il
coefficiente di conduzione riesce a mantenere bassa la temperatura all’interno dell’anima, ma
man mano che il tempo scorre l’anima si scalda, si raggiunge la temperatura di fusione delle
resine e l’anima inizia pertanto, a solidificazione avvenuta, a sgretolarsi ciò permette
l’estrazione dell’anima.
Castel 27 Pagina 47
Quindi maggiore refrattarietà per evitare la formazione di cavità interne e per far avvenire la
solidificazione solo in corrispondenza della parte direttamente a contatto con la terra di
fonderia. Inoltre una maggiore refrattarietà mi permette di avere una maggiore resistenza
meccanica e quindi minore scambio termico (ovvero minore incremento di temperatura dentro
l’anima). Una volta avvenuta la solidificazione, la temperatura dell’anima si alza e ciò implica
la friabilità dell’anima per avere una semplice estrazione. Nel caso di anime con sottosquadri
basta mettere in vibrazione il sistema. E’ importante avere un’elevata resistenza meccanica
perché nel momento in cui vado a mettere del liquido, la zona inferiore sarà sottoposta a una
maggiore pressione e quindi potrebbe essere spinta verso l’alto con la formazione di inflessioni.
Ovviamente il problema legato alla pressione è tanto maggiore quanto maggiore è la lunghezza
del pezzo che voglio realizzare.
SISTEMA DI COLATA
Per andare a dimensionare il sistema di colata occorre andare a dimensionare la sezione del
canale di colata, la sezione distributore e dell’attacco di colata.
Se sto usando della terra con delle resine ho un tempo di resistenza prima che queste degradino;
la solidificazione deve quindi avvenire in un tempo minore del tempo di degrado della resina.
Per far quantificare il tempo di raffreddamento si può usare la seguente formula empirica:
dove s indica lo spessore medio del getto; tanto più è piccolo lo spessore tanto più breve sarà il
tempo di solidificazione.
Pg è il peso in kg del getto
Una volta che conosco vado a calcolare la portata volumetrica:
Q=
dove è il volume del getto più quello della materozza, dove devo tener conto anche della
contrazione in fase liquida (si trascurano gli attacchi di colata).
Castel 27 Pagina 48
Nota la portata volumetrica, per conoscere la sezione del canale, devo ricavare la velocità.
Esiste la seguente formula empirica:
v = 0,65
ma è consigliabile usare il teorema di Bernoulli (abbiamo già visto cosa cambia nel momento in
cui si ha una colata in sorgente o una diretta).
Valutata la velocità, la sezione dell’attacco di colata sarà:
Nel caso di più attacchi di colata la sezione di attacco sarà divisa per il numero di getti.
Una volta che conosco l’attacco devo risalire al canale di colata e al canale di distribuzione,
ovviamente man mano che andrò a monte la sezione sarà più grande e abbiamo dei rapporti
geometrici che sono:
2 per l’attacco
3 per il distributore (collettore)
4 per il canale di colata
Lungo il canale di distribuzione si ha una geometria a dente di sega per intrappolare gli ossidi
(che galleggiano sul fuso).
Oppure posso usare una tramoggia all’interno della quale vado a mettere della terra; attraverso
una girante centrifuga questa spara con elevate velocità i granelli di terra in modo da copiare il
modello.
Castel 27 Pagina 49
SPINTE METALLOSTATICHE
Prima di inserire il modello per generare la forma si deve quindi evitare che vi siano dei
sottosquadri in maniera tale da evitare la rottura della forma durante l’estrazione del modello. Il
passo successivo è quello di andare a dividere in tante piccoli volumi elementari il getto per
valutare il modulo termico dal quale poi risalgo al posizionamento della materozza.
Dimensiono poi la materozza o attraverso il metodo di Caine oppure tenendo conto che il
modulo termico della materozza deve essere superiore del 20% rispetto al pezzo di getto che
andrà a solidificare per ultimo e inoltre devo considerare che il volume della materozza deve
essere maggiore del volume del materiale che si andrà a contrarre a seguito della solidificazione
(dove come volume prendo il volume della materozza più quello del getto). Realizzato il
modello, sappiamo come andarlo a posizionare. Ora il passo successivo è quello di andare a
capire se il metallo che vado a mettere all’interno delle staffe esercita una forza tale da farle
sollevare; sulle spine di centraggio infatti non c’è nessun elemento che fissa le staffe una
contro l’altra. Oltre alla forza peso tuttavia, ci sono altre forze da tener in considerazione ci
sono forze che nascono dalla presenza del metallo liquido. Ogni volta che abbiamo un liquido
all’interno della forma e ogni volta che c’è una certa distanza dal pelo libero, sappiamo che
all’interno della forma si avrà una pressione che sarà uguale a ρgh. Man mano che aumenta la
profondità (misurata in corrispondenza del pelo libero) si avranno pressioni maggiori. In
particolar modo si avranno pressioni sulle pareti verticali e orizzontali. Tali pressioni
moltiplicate per la superficie d’impatto mi danno una forza.
Ma qual è la forza che da maggior fastidio?
Le componenti orizzontali si andranno a scaricare direttamente sulla terra per poi giungere fino
alla staffa; ciò non crea alcun problema. La componente diretta verso il basso non da problemi
poiché si scaricherà sulla terra la quale a sua volta poggia su un piano; quindi anche tale
reazione vincolare si andrà a scaricare sul supporto. La componente verticale invece potrebbe
andare ad essere maggiore della forza peso della staffa superiore più il peso della sabbia meno
la cavità del getto, ciò comporterebbe il sollevamento della staffa dato che non è vincolata. Nel
momento in cui si solleva poco tutto sommato riusciamo a recuperare il pezzo, se il
sollevamento è eccessivo il metallo colato fuoriuscirà dal piano di separazione.
All’interno della cavità abbiamo quindi delle forze:
F = S p = S ρgh = S h γ
dove h è la distanza tra il punto in cui voglio considerare la pressione e il pelo libero il quale
combacia con la coppa di colata.
γ è il prodotto tra la densità del metallo e l’accelerazione di gravità.
S è invece la superficie in considerazione.
Nel caso in cui ho una superficie piuttosto complessa rimane complicato andare a considerare la
pressione; quello che si fa è considerare la forza come il volume di sabbia sopra il getto
moltiplicato per γ. Il volume di sabbia sopra il getto ovviamente non è l’intero volume ma è
solo la parte di volume che si trova in corrispondenza del getto (si tirano delle righe verticali
per individuarlo).
Castel 27 Pagina 50
Sembra già qualcosa di strano perché sto andando a considerare il volume di sabbia sopra il
getto e lo vado a moltiplicare per γ del metallo: si considerano 2 cose totalmente differenti.
Il volume di sabbia che con il suo peso si oppone alla spinta metallo statica lo posso considerare
come:
Per far evitare il sollevamento della staffa superiore deve essere che:
(
Per capire come calcolare le spinte metallo statiche consideriamo un getto che abbia una
geometria molto semplice:
H = distanza tra la superficie più bassa del getto e la coppa di colata (pelo libero del metallo).
= distanza che va dal pelo libero alla superficie che voglio andare a considerare.
Sappiamo che la pressione che un fluido esercita sulle pareti è:
p = ρgh = γ h
Se ho delle superfici a quota costante (h = cost) come le superfici superiore e inferiore del getto,
l’andamento della pressione sarà costante. Nonostante nella superficie inferiore avremo i
massimi andamenti della pressione non la prendiamo in considerazione. Sulla superficie laterale
Castel 27 Pagina 51
invece la pressione aumenterà man mano che incrementa la quota (andamento triangolare dove
il punto 0 si ha quando h coincide con il pelo libero).
Nel caso di superfici piuttosto complesse devo cercare di capire come calcolare le componenti
normali. La forza metallo statica può essere indicata in termini vettoriali come:
ESEMPIO 1
Nel momento in cui ho una geometria molto complessa la spinta metallo statica è:
F = Sh
Come già detto questo fatto sembra molto strano dato che vado a legare alcune caratteristiche
legate alla sabbia con altre legate al metallo. Come arriviamo a questa formulazione? Andando
a dire che la componente della forza normale è quella lungo z :
Castel 27 Pagina 52
In tal caso la normale alla superficie corrisponde con z e quindi cos = 1; dato che su questa
superficie z è costante posso scrivere h. Risolvendo l’integrale sulla superficie ottengo che:
=
Facendo il prodotto ottengo il volume di sabbia sul getto; per questo motivo riesco a
dire che la spinta metallo statica è il prodotto tra e il volume di sabbia sopra il getto.
ANIME
Se ho un’anima la situazione cambia dato che questa andrà a esercitare una forza. Ora mi
domando se la posizione dell’anima gioca un ruolo chiave nel contributo alla forza metallo
statica.
Nel caso di posizionamento orizzontale l’anima da un contributo poiché il fluido sottostante la
spinge verso l’alto (spinta di Archimede): siccome nella superficie inferiore ci sarà una
maggiore pressione rispetto a quella superiore (minore distanza dal pelo libero), la differenza
delle pressioni per la superficie tende a spingere verso l’alto l’anima. In questo caso l’anima
scarica, attraverso le portate d’anima, sulla staffa superiore e quindi tende a sollevarla. Tuttavia
c’è anche un altro contributo da tener conto ovvero il peso dell’anima. In parte la spinta di
Archimede viene compensata dal peso dell’anima. Quindi in un caso per considerare la spinta
metallo-statica devo tener conto solo del volume dell’anima affogato all’interno del metallo
liquido, dall’altra parte nel momento in cui vado a considerare la forza peso invece è necessario
Castel 27 Pagina 53
andare a considerare tutto quanto il volume dell’anima (comprese le portate d’anima). Quando
vado a considerare la spinta metallo statica devo considerare solo il volume dell’anima a diretto
contatto con il metallo liquido (componente diretta verso l’alto), poi c’è un’altra componente
(diretta verso il basso) ovvero la forza peso che è P = . Questo volume è quello
totale (anima + portate).
Castel 27 Pagina 54
PROCESSI IN GUSCIO
E’ possibile andare a realizzare dei processi in guscio dove quindi anziché avere le staffe vado a
creare un piccolo guscio all’interno del quale vado poi a colare il metallo liquido. Il guscio mi
permette di avere una parete isolante molto piccola e quindi mi permette di avere una velocità
di raffreddamento molto elevata, se la velocità di raffreddamento è elevata avrò dei getti con
prestazioni meccaniche superiori. D’altra parte però se ho un piccolo spessore si potrebbe
determinare la rottura a seguito delle pressioni legate al metallo liquido all’interno; ho in
qualche modo dei limiti sulla dimensione del pezzo da produrre. Nel momento in cui vado a
realizzare un processo in guscio vado a ricavare metà forma alla volta; posso quindi creare delle
forme particolari senza avere il problema dei sottosquadri anche perché una volta che ho colato
il metallo vado a rompere tutto il guscio: non ho problemi di estrazione ne del modello ne del
getto (l’estrazione del modello era un problema nella forma transitoria).
Si va a creare una metà del guscio alla volta; ho un contenitore all’interno del quale vado a
mettere della sabbia con della resina. Come tappo uso un materiale metallico che ha una
geometria particolare rappresentante la metà del modello che voglio realizzare.
Siccome il metallo è caldo (200-260°C) quando rovescio il contenitore, la resina a contatto col
metallo inizia a reticolare (inizia la coesione) copiando la forma della geometria del metallo
usato come tappo. Ovviamente la capacità termica del guscio metallico è limitata e quindi lo
strato di sabbia che andrà a reticolare è abbastanza ridotto.
A tal punto rovescio il contenitore in modo tale che la sabbia in eccesso venga eliminata.
Castel 27 Pagina 55
Quando io vado a colare utilizzo un anello che tiene unite le due parti dei modelli
inferiormente. Inserisco il guscio all’interno di un contenitore che sarà riempito da graniglia di
ghisa; la ghisa facilita la fuoriuscita di gas (rimane poroso) ed essendo un metallo ha un’elevata
conducibilità termica e d’altra parte mi permette di andare a sorreggere tutta la parete del
guscio.
La creazione di tale geometria in terra non avrebbe comportato problemi usando il piano di
separazione verticale (assenza di sottosquadri).
La formazione in guscio permette di creare delle geometrie piuttosto complicate, ma si hanno
dei limiti dimensionali (max 30 kg).
Nel momento in cui vado a utilizzare il guscio riesco ad avere un buon controllo sulla tolleranza
dimensionale (ho una maggiore finitura) perché in tal caso lo vado a reticolare già quando vado
a fare l’impronta (negli altri casi facevo l’impronta e poi reticolavo) e quindi ho una maggiore
garanzia che durante l’estrazione non ci sia alcuna variazione della forma.
Ho inoltre una maggiore rugosità (superficie più liscia) poiché uso della sabbia molto fina. Ma
perché allora non la usavo anche nelle forme transitorie in terra? Perché altrimenti sarebbe stata
ostacolata la fuoriuscita dei gas; nei processi in guscio dato che lo spessore è minimo non ci
sono tali problemi.
Con i processi in guscio ho una buona produttività perché sostanzialmente ho una placca in
metallo ovvero un ciclo automatico (non c’è più l’operatore che compie le singole operazioni),
ma si hanno degli elevati costi. I costi sono elevati perché devo realizzare una placca, devo poi
scaldarla e in più devo usare delle resine termoindurenti (non c’è più la possibilità di poterle
andare a riutilizzare).
MICROFUSIONE
Il guscio già ci permette di andare a realizzare delle forme un po’ più complesse rispetto alla
fonderia in terra perché non ho più i problemi legati ai sottosquadri. C’è un’altra tecnica molto
antica che è la microfusione; è una tecnica che usa dei modelli a perdere e quindi ogni volta che
realizzo un oggetto vado a distruggere non solo la forma ma anche il modello. Questo perché
siccome la geometria è molto complessa non ho la possibilità di andare a estrarre il modello.
Utilizzo un materiale che è basso fondente come ad esempio la cera e vi creo il modello. Una
volta che ho realizzato il modello in cera, lo vado a circondare con delle terre refrattarie, lo
vado ad immergere all’interno di una palta, una volta che ho stabilizzato tutta quanta la
Castel 27 Pagina 56
superficie esterna porto a 100° C la cera, questa si scioglie, rigiro tutto quanto e faccio evacuare
la cera. In questa maniera riesco a realizzare pezzi molto molto complessi.
La prima cosa da fare è creare lo stampo che può essere in metallo, all’interno di tale stampo
mediante un iniettore vado a creare l’oggetto in cera, estraggo l’oggetto in cera e lo vado a
posizionare sul grappolo (ha un canale di colata e dei canali di attacco che si dirigono su ogni
clementino da produrre; quando uso i modelli a cera persa ho a che fare con oggetti molto
piccoli e quindi in ogni processo fusorio ne creo molti). Immergo il grappolo nella sospensione
refrattaria che evita il passaggio di cera all’interno della palta. Siccome la palta ha una
granometria più grossa rispetto alla sospensione refrattaria, può accadere che durante il
processo di fusione della cera, parte della cera possa andarsi a mischiare con la palta. Ecco
perché faccio un passaggio intermedio con una sospensione refrattaria avente una uranometria
molto piccola. Faccio uscire la cera e vado a colare il metallo fuso. A volte questi processi
(soprattutto nel caso di geometrie molto complesse) vengono fatti in vuoto, prima di andare a
colare il metallo viene fatto il vuoto all’interno della cavità in modo tale da agevolare il
passaggio del metallo.
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MODELLI IN SCHIUMA
Al posto della cera può essere anche usato un materiale polimerico come il polistirene espanso
(schiuma) che è un materiale che si degrada a basse temperatura (150-200°C). Attraverso un
processo di pirolisi si degrada totalmente la schiuma e si creano dei gas che possono fuoriuscire
attraverso le cavità porose. Vado a creare il modello in schiuma, lo vado a verniciare, lo vado
poi ad affogare all’interno di terra senza prevedere nessun processo di indurimento, vado a
colare il mio metallo liquido il quale va a fondere la schiuma (crea la reazione di pirolisi). Il gas
generato dalla reazione permette di fissare la terra e man mano fuoriesce. Questi gas sono
cancerogeni e quindi tale metodologia da un punto di vista ambientale non è il massimo; inoltre
la prima parte del getto sarà molto ricca di gas e quindi avrà un elevato numero di irregolarità.
per ovviare a questo vado a creare una dimensione maggiore di quella finale in modo che ad
avvenuta solidificazione vado ad eliminare tutta la zona coi difetti.
Nei processi con il modello transitorio non si usano le materozze sia perché le dimensioni del
getto sono molto piccole e sia perché il canale di colata in tal caso funge anche da serbatoio di
materiale.
FORME PERMANENTI
Vengono utilizzate solo nel momento in cui ho un numero di pezzi molto elevato, questo perché
ho dei costi di realizzazione dello stampo molto elevati: lavorare il metallo richiede l’uso di
macchine particolari e costose. La geometria che posso realizzare con le forme permanenti è
abbastanza limitata; nella forma transitoria non avevo problemi di estrazione del getto
(problemi connessi all’estrazione del modello) mentre in tal caso ho problemi legati
all’estrazione del getto.
Ogni qual volta che vado ad aumentare il grado di complessità dello stampo aumentano
notevolmente i costi di produzione: nella terra non c’erano problemi di riempimento (si usava
nella maggior parte dei casi una colata per gravità per la presenza di sabbia che per la sua natura
porosa non creava una contropressione) mentre in tal caso poiché si ha a che fare con del
metallo il quale non è poroso (non facilita il riempimento) si userà una colata in pressione. Si
inietta il metallo liquido all’interno dello stampo attraverso una sovrapressione (da 20 a 140
Mpa) esercitata dall’esterno per riempire in maniera ottimale la cavità. In questo caso quindi
dovrò tenere fermo lo stampo durante il riempimento e quindi prevedere dei sistemi di chiusura
(costi elevati).
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CONCHIGLIE
Le conchiglie vengono realizzate in ghisa o in acciai. Le conchiglie devono mantenere
inalterata la forma e quindi devono avere un’elevata durezza a caldo e quindi un’elevata
resistenza a usura (Achard ci da informazioni sul volume di materiale asportato a causa degli
attriti, tale volume da asportare sarà tanto minore quanto più bassa è la durezza man mano
che la temperatura aumenta la durezza cala, si favorisce l’adesione ovvero gli attriti, favorendo
le saldature ci sarà maggiore usura). Tra uno stampaggio e l’altro si usa del lubrificante per
evitare i fenomeni di usura e adesione fra il metallo che sto colando e il metallo della conchiglia
stessa. Anche in tal caso si devono tener conto i ritiri: stessa trattazione della forma transitoria,
l’unica differenza che le conchiglie sono composte di metallo e quindi non sono friabili.
- colata in pressione: abbiamo la possibilità di usare una macchina in camera calda che
ha all’interno del metallo liquido; poi ho un pistone che quando viene sollevato permette
il passaggio di metallo liquido dalla cavità a alla cavità b. Quando si abbassa il pistone
si chiude il punto di collegamento delle 2 cavità e quindi tutto il metallo liquido è
costretto a passare attraverso il canale e andare a riempire il getto (conchiglia)
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Un altro metodo è quello di andare ad usare una macchina a camera fredda; non ho un
contenitore di metallo liquido ma questo lo vado a prelevare dal forno e lo vado inserire
all’interno del cilindro. Avanza il pistone e si riempie la cavità.
Perché ho un vantaggio in seguito ad una colata in pressione? Sicuramente avrò una maggiore
garanzia circa il completo riempimento della cavità. Un incremento di pressione inoltre
permette l’avvicinamento degli atomi e quindi vado a facilitare il processo di solidificazione
(in un materiale solido gli atomi sono vicini fra di loro). Di fatto l’aumento della pressione mi
da una sorta di sottoraffreddamento alla solidificazione. La pressione mi va a generare dei pezzi
con delle caratteristiche meccaniche superiori.
Già la forma permanente mi da un vantaggio rispetto alla forma transitoria perché passo da
terra a metallo (maggiore velocità di raffreddamento), in aggiunta a ciò posso ulteriormente
diminuire il tempo di raffreddamento andando a colare in pressione. Maggiori saranno le
pressioni, maggiori saranno le forze con cui dovranno essere tenuti chiusi gli stampi.
- colata sotto vuoto: posso creare del sottovuoto all’interno della cavità in maniera tale
da estrarre tutti i gas e da evitare così i problemi legati alla contropressione durante il
riempimento: ciò garantisce il corretto riempimento. Tuttavia in tal caso viene a
mancare il vantaggio del sotto raffreddamento dovuto alla pressione. Posso creare il
vuoto o all’interno della cavità (molto complicato) o all’interno di tutta quanta la
macchina (tecnologicamente è più semplice da realizzare).
- colata centrifuga: mi permette di realizzare dei pezzi a parete sottile (es.tubazioni).
Prendo la mia forma (es. conchiglia) e la faccio ruotare; a un determinato regime di
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rotazione la forza centrifuga tende a sollevare il liquido e a creare una parete sottile. Con
una colata centrifuga non ho più i problemi legati alla presenza dei gas verso l’esterno;
la forza centrifuga è direttamente proporzionale alla massa, i gas hanno una massa molto
minore del metallo e quindi rimangono al centro. Normalmente il regime di rotazione
sta tra i 70 e gli 80 rpm, al di sotto di tale regime trascinerò il liquido e avrò un
fenomeno di pioggia.
Posso pensare di avere un’asse di rotazione verticale e un asse di rotazione orizzontale.
Se ho l’asse di rotazione verticale, quando ruota, si ha un andamento parabolico dello
spessore poiché risente anche della forza di gravità; nel caso di asse di rotazione
orizzontale avrò uno spessore costante.
GETTI MONOCRISTALLINI
Nel momento in cui voglio realizzare una paletta monocristallina l’unica differenza è che tra la
piastra fredda e lo stampo vado a mettere un selettore che ha il compito di far passare solo un
grano cristallino che una volta che si trova qua dentro poiché non c’è il flusso termico
preferenziale può crescere. Quindi per creare una paletta monocristallina devo inserire
all’interno dello stampo 1 solo germe e devo mantenere bassa la velocità di raffreddamento in
maniera tale che sia più alta la crescita del grano rispetto alla velocità di nucleazione. Nei grani
colonnari ho la direzionalità del flusso termico; nella realizzazione di getti monocristallini ho
un selettore che mi permette l’ingresso all’interno dello stampo di un unico nucleo; nel
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momento in cui ho un singolo nucleo all’interno del getto devo mantenere bassa la velocità di
raffreddamento.
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