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corretti dai suoi allievi e seguaci [3-5], fino a costituire le basi della moderna scienza delle
costruzioni.
I testi riportati, pur distribuiti nellarco di poco pi di un secolo, concordano nel mostrare
un approccio scientifico allo stato nascente, con accumulo di dati e tentativi di
interpretazione: il progresso delle conoscenze ha seguito, anche in questo particolare
settore, un percorso tuttaltro che lineare. Leonardo propone una prova di trazione in grado
di dare informazioni utili anche oggi, ma i risultati sono viziati dalla difettosit dei
materiali. Galilei interessato alla resistenza dei solidi, ma non riuscito a razionalizzare
correttamente il problema della trave e a svincolarsi dalla geometria del sistema; non ha
introdotto il concetto di tensione, lavorando sulle forze, n quello di deformazione. Forza e
deformazione saranno collegati in una relazione lineare (ceiiinosssttuu = ut tensio sic vis)
da Robert Hooke alla fine del XVII secolo. Solo con Augustin Cauchy (1789-1857), nel
XIX secolo, si arriver ad una trattazione moderna, con tensione e deformazione applicate
ad un mezzo continuo [5, 6].
La rivoluzione industriale: nasce la rottura per fatica
La fatica un problema relativamente recente. Nasce con la rivoluzione industriale, con
lo sviluppo del motore a vapore, del trasporto meccanizzato e, pi in generale, con
lutilizzo sempre pi esteso di dispositivi meccanici [7] e limpiego sempre pi esteso di
leghe, anzitutto ferrose.
Il primo lavoro dedicato esplicitamente alla rottura per fatica quello di Wilhelm August
Julius Albert [8]: a partire dal 1829 analizz il fenomeno della rottura di catene di
sollevamento utilizzate nelle miniere di ferro che si trovavano sotto la sua responsabilit e
not che queste non si rompevano a causa di incidentali sovraccarichi, ma che piuttosto la
rottura era dipendente dal carico applicato e dal numero delle volte che questo era
applicato. Costru anche una macchina di prova dedicata al fine di sollecitare in maniera
controllata le catene oggetto del suo studio. A partire da questo primo lavoro, si pu
osservare che lo studio del fenomeno della fatica si sviluppa parallelamente allimpiego
dei materiali in condizioni sempre pi gravose ed al verificarsi di eventi incidentali con
conseguenze, spesso, catastrofiche. Il termine fatica venne quindi definitivamente
associato ad una particolare modalit di rottura dei materiali metallici quando, nel 1839,
Jean-Victor Poncelet, in un ciclo di lezioni presso la scuola militare di Metz, descrisse i
metalli sollecitati ripetutamente con carichi non elevati come stanchi [9]. In particolare,
nel suo libro intitolato Introduction la Mcanique Industrielle Physique ou
Exprimentale [10], scrisse che le molle sollecitate da una forza ciclica, inferiore alla
resistenza massima, si rompono.
Verso la met dellottocento, con lavvento del trasporto ferroviario, hanno luogo una serie
di incidenti: il primo fra questi incidenti in Francia, e fra i primi al mondo, quello di
Versailles (presso Meudon), verificatosi l8 maggio del 1842 (Figura 1). Due locomotive
e diciassette vagoni furono coinvolti in un incidente con un numero di vittime compreso
fra sessanta e cento (ma ci sono stime anche superiori), a causa della rottura di un assale
della prima locomotiva. Lincidente ebbe una enorme risonanza (alcuni gruppi religiosi ci
videro una punizione divina per il fatto che il viaggio si svolgeva di domenica) e fu
oggetto di studi approfonditi. La superficie di frattura era inusuale e descritta come
lamellare con cristalli di grandi dimensioni, decisamente diversa dalla usuale rottura
fibrosa [11]. Il meccanismo di rottura fu identificato in una trasformazione interna, una
Figura 4: Micrografie di un acciaio per valori crescenti del numero di cicli di fatica [18].
Nel 1910, O.H. Basquin rappresent la regione a vita finita delle curve di Whler
utilizzando degli assi logaritmici loga-logN [19], descrivendo questa zona con la
semplice formula:
a f N f
n1 n2
.....
N1 N 2
e la rottura si verifica se
D i
ni
1
Ni
p
2
'f 2 N f
Negli stessi anni diventa sempre pi pressante il problema della fatica nel trasporto aereo
civile. Fra maggio 1952 ed i primi mesi del 1954 si verificarono alcuni incidenti gravi
riguardanti il primo aereo a reazione per il trasporto civile, il de Havilland DH.106 Comet.
Il recupero dei rottami, e prove sperimentali condotte in piena scala su un aviogetto
privato dei motori, permisero di identificare il problema nellinnesco di cricche di fatica in
corrispondenza delle rivettature delle cornici dei finestrini di forma pressoch
rettangolare.
Seconda met del Novecento: meccanica della frattura
Ormai consolidato il concetto che la rottura per fatica era da collegare a meccanismi di
innesco e propagazione di cricche di fatica, e non ad improbabili processi di
ricristallizzazione indotta da sollecitazioni cicliche, era quasi naturale che la meccanica
della frattura potesse fornire un approccio pi evoluto alla caratterizzazione della
resistenza alla fatica nei materiali metallici. Introdotto da Irwin nel 1957 il concetto
rivoluzionario del fattore di intensificazione degli sforzi K [23], nei primi anni sessanta
Paris ed altri [24, 25] proposero che la velocit di avanzamento della cricca (per ciclo di
sollecitazione) fosse correlabile con la variazione del fattore di intensificazione introdotto
da Irwin con una formula decisamente semplice:
da
C K m
dN
Paris stesso ricorda il tipo di accoglienza che ebbe la relazione sopra riportata [26]: In
1957, as a faculty summer associate at Boeing-Seattle, Paris suggested that fatigue crack
growth rates could be correlated using the elastic crack tip stress intensity parameter, K,
and that data so represented could be related through this parameter to predict growth
rates in structural cracks from laboratory data for the material and environment of
interest. The paper written on that work at that time was not published until 1960, since
it was delayed by rejection by three journals (ASME, AIAA, and Phil. Mag.). Though that
method is widely accepted today, in the late 1960s at Boeing it was rejected by an outside
review panel for federal supersonic transport exploratory studies as it simply wont
work.
In realt il successo dellapproccio proposto da Paris e della relazione che prende da lui il
nome stato enorme: nei decenni successivi sono state proposte decine di formulazioni
differenti, magari in grado anche di descrivere la correlazione fra da/dN e K oltre lo
stadio lineare (zona di soglia e di rottura di schianto), ma il successo della relazione di
Paris rimasto insuperato.
Alcuni anni dopo, Elber [27] evidenzi per primo il fenomeno del crack closure sulla
propagazione della cricca, sottolineando linfluenza della plasticizzazione dellapice della
cricca, della rugosit della superficie di frattura e della formazione di ossidi sul K
effettivo allapice della cricca.
Fra gli anni settanta e novanta del secolo scorso, grazie al notevole interesse dimostrato
dallindustria (prime fra tutte, quella nucleare e quella aerospaziale), si osserva un
incremento notevole dellattivit di ricerca sperimentale, focalizzando lattenzione sui
meccanismi di propagazione della cricca e sulla loro interazione con la microstruttura delle
Figura 6: Aloha Airlines Flight 243, 1988 (sx); Viareggio 2009, superficie frattura (dx).
Conclusioni
Non si pu concludere un lavoro dedicato allo sviluppo storico degli studi sulle rotture per
fatica, e sui modi per evitarle, senza descrivere quali sono le linee di sviluppo pi recenti.
Anzitutto gli ultimi venti anni hanno visto un incredibile incremento della potenza di
calcolo casalingo dei singoli sperimentatori: essi sono in grado oggi di sviluppare calcoli
estremamente complessi utilizzando calcolatori dal costo relativamente modesto
ricorrendo a diverse tecniche numeriche (ad esempio, ma non unicamente, gli elementi
finiti, FEM Finite Element Method). Ci ha consentito un incredibile incremento
dellattivit di ricerca basata sullapproccio numerico. Di questo ne possiamo trovare
testimonianza nellincremento negli ultimi venti anni del numero di lavori basati
sullapproccio numerico presentati nei convegni delle maggiori associazioni di settore (ad
esempio, lInternational Congress on Fracture, ICF, oppure, in Italia, Il Gruppo Italiano
Frattura, IGF).
Inoltre sono state messe a punto apparecchiature impensabili solo venti anni fa, fra le quali
possiamo ricordate, sempre a titolo di esempio, le macchine per prove di fatica ad
altissimo numero di cicli (VHCF, Very High Cycle Fatigue) che, permettendo
sollecitazioni a frequenze di decine di migliaia di Hz, consentono di applicare in tempi
accettabili un numero di sollecitazioni pari o anche superiori a 109, oppure ancora
microscopi elettronici a scansione (SEM) caratterizzati da prestazioni decisamente
superiori a quelle dei decenni passati, grazie sicuramente alla disponibilit di calcolatori in
grado di elaborare segnali relativi ad immagini che solo venti anni fa sarebbero stati
considerati dei disturbi. Dal punto di vista sperimentale, quindi, si pu osservare un
incremento dellinteresse sulla fase di innesco della cricca, che tanta parte prende nella
vita a fatica di un manufatto, e sulla caratterizzazione della fase di soglia, ovvero quella
antecedente alla zona lineare di Paris.
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