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STRUTTURE IN ACCIAIO
Parte I

STRUTTURE IN ACCIAIO - STRUTTURE CALCESTRUZZO ARMATO

Aspetti rilevanti nel confronto:

1) Modalità costruttive: condizionano il comportamento strutturale, la scelta dei


modelli di calcolo e l’importanza da dare ai dettagli.

2) Rapporto tra resistenza e peso: l’elevato valore per l’acciaio consente


l’adozione di sezioni decisamente ridotte rispetto a quelle usuali per le strutture
in c.a..
Tale aspetto comporta:
- problemi di deformabilità;
- problemi di instabilità;
- maggiore sensibilità a condizioni di carico trascurabili nel calcestruzzo armato;
- rilevanti vantaggi nel caso di grandi luci e in zona sismica.

3) Diverso comportamento a trazione e compressione.

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Modalità costruttive:
- C.A.: realizzazione in opera (maturazione del calcestruzzo), strutture monolitiche;
-Acciaio: facilità e rapidità di montaggio (assemblaggio), necessità di intervenire
con accorgimenti per realizzare strutture continue, importanza dello studio dei
collegamenti.
Elevata deformabilità delle
Deformabilità:
strutture in acciaio rispetto a
- Modulo elastico dell’acciaio molto
quelle in c.a., problemi in
elevato (Es>>Ec);
esercizio molto rilevanti (l’EC3
- Sezioni molto ridotte.
tratta prima lo stato limite di
sevizio e poi quello ultimo).
Instabilità:
- Strutture in acciaio molto snelle:
a) Sensibilità al problema della stabilità in
presenza di aste compresse;
b) Effetti del secondo ordine nell’analisi
Strutturale;
c) influenza della tridimensionalità
sull’instabilità della struttura.

Sensibilità a schemi di carico


Leggerezza di strutture in acciaio: incidenza meno rilevante del peso proprio
rispetto agli altri carichi (carichi variabili come neve e vento caratterizzati da
maggiore aleatorietà).
Esempio: copertura non praticabile in acciaio:
Peso proprio = 0.15 ÷ 0.3 kN/m2 ;
Neve = 1.3 kN/m2, Vento = 0.3 ÷ 0.5 kN/m2;
(Neve circa 80 % del carico totale di progetto).

Strutture di grande luce o in zona sismica


• Eventuali problemi dovuti a depressione provocata dal vento;
• Possibilità di realizzare con l’acciaio strutture di grande luce;
• Strutture in zona sismica in acciaio: azione sismica ridotta rispetto al c.a. ed
elevata capacità dissipativa grazie alla duttilità dell’acciaio.

Comportamento a trazione e compressione


• Per la struttura in acciaio soggetta a compressione: rischio di instabilità
locale, dell’elemento o della struttura.

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Diagramma limite M-N: differenza cemento armato - acciaio

L’acciaio è una lega ferro-carbonio. La quantità di carbonio condiziona la


resistenza e la duttilità (la prima cresce e la seconda diminuisce all’aumentare
del contenuto in carbonio). I più comuni acciai per carpenteria metallica hanno
un contenuto in carbonio molto basso (da 0.17% a 0.22%) e sono quindi
estremamente duttili. Una caratteristica importante è anche la tenacità
dell’acciaio, cioè la sua capacità di evitare rottura fragile alle basse
temperature.
Le normative (dm2008 o Eurocodice 3) impongono limiti alle caratteristiche
meccaniche (tensione di rottura e di snervamento) ed all’allungamento a rottura
dei diversi tipi di acciaio, nonché limiti alla resilienza (legati alla temperatura
ed al grado di saldabilità), necessari per garantire la tenacità.
Negli acciai sono contenute piccole quantità di manganese e silicio, che
favoriscono la saldabilità, e di altri elementi (fosforo, zolfo, ecc.) che sono da
considerare impurità inevitabili. Per la saldabilità dell’acciaio è importante il
grado di disossidazione: l’ossigeno presente nell’acciaio fuso si combina col
carbonio formando monossido di carbonio CO che nel raffreddamento torna
allo stato gassoso creando diffuse soffiature (l’acciaio viene detto
effervescente); l’aggiunta di alluminio e silicio, che si combinano con
l’ossigeno formando ossidi che vengono poi eliminati, riduce la formazione di
monossido di carbonio (acciai calmati o semicalmati).

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Normativa Italiana

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PROFILATI METALLICI

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ASTE REALI E ASTE IDEALI – IMPERFEZIONI


Le strutture si calcolano nell’ipotesi che l’asta sia “ideale” cioè perfettamente
rettilinea, omogenea, isotropa ed esente da stati tensionali interni precedenti
l’applicazione del carico. In realtà le aste prodotte industrialmente presentano
inevitabilmente delle imperfezioni.
Le imperfezioni possono essere:
• meccaniche
• geometriche.
Per le imperfezioni meccaniche, sia nei profili laminati a caldo che in quelli
laminati a freddo e a composizione saldata, sono presenti imperfezioni che
riguardano le caratteristiche meccaniche, quali:
- la presenza di tensioni residue (stati tensionali autoequilibrati nelle sezioni
trasversali);
- la disomogenea distribuzione delle caratteristiche meccaniche nelle sezioni
trasversali e lungo l’asse dei profilati.

Nei profili laminati a caldo le tensioni residue si formano a causa del processo di
raffreddamento successivo alla laminazione (600° C) e possono venire
modificate da eventuali processi termici o da raddrizzamento di natura
meccanica.

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Nella figura seguente è schematizzato il processo temporale dell’andamento


dello stato tensionale della sezione del profilo a seguito del suo raffreddamento.

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Con il termine di imperfezioni geometriche si indicano tutte le variazioni di


dimensione o forma dell’asta rispetto alla geometria ideale.
1. Si hanno imperfezioni geometriche della sezione trasversale che dipendono
da:
- variazioni degli spessori e delle dimensioni delle lamiere nei profili saldati;
- mancata ortogonalità degli elementi che compongono le sezioni.
2. Inoltre si osservano imperfezioni geometriche dell’asse dell’asta con la
deviazione dell’asse dell’asta dalla sua posizione ideale perfettamente
rettilinea.

Le imperfezioni geometriche possono condizionare in modo evidente il


comportamento degli elementi strutturali. Le normative impongono di tenerne
conto.

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COLONNE O PILASTRI

Profilati industriali
Colonne saldate tubolari

Profilati industriali
baionetta
100 Colonne composte

50 Est
Ovest
0
1° 3° Nord
Trim. Trim.

Colonne a sezione variabile

Calastrellate tralicciate

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UNIONI

L'assemblaggio d’elementi metallici è usualmente effettuato


mediante unioni chiodate, unioni con bulloni normali o ad
alta resistenza, unioni saldate. Con queste tecniche si
realizzano sia le membrature strutturali vere e proprie (per
es. le travi e le colonne composte), sia i collegamenti fra la
membratura stessa.
Il collegamento è definitivo se eseguito mediante chiodatura
o saldatura, rimovibile se utilizza bulloni normali o ad attrito.
Le unioni possono eseguirsi in officina (preferibilmente se
chiodate o saldate) o in opera (preferibilmente se bullonate).
Le unioni chiodate sono ormai abbandonate e sostituite da
unioni saldate. I bulloni, usati in origine nelle strutture
smontabili o come collegamento provvisorio, si stanno
affermando sempre più anche in costruzioni stabili. La
recente introduzione in Europa delle unioni ad attrito con
bulloni ad alta resistenza fa oggi preferire questo tipo di
collegamento soprattutto per giunti particolarmente cimentati.

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Un collegamento può essere classificato:

Collegamento cerniera;
- in base alla rigidezza: Collegamento rigido;
Collegamento semirigido.

Collegamento di ripristino parziale;


- in base alla resistenza: Collegamento di ripristino completo;
Collegamento a cerniera.

In base alla rigidezza:


- È considerato collegamento a cerniera quello che trasmette le forze di progetto permettendo la
rotazione relativa delle parti unite senza far insorgere momenti secondari.
- È considerato collegamento rigido quello che trasmette le sollecitazioni di progetto senza che la
sua deformazione faccia insorgere effetti secondari che possano ridurre la resistenza
dell’unione più del 5%.

- È considerato collegamento semi rigido quello che non soddisfa i requisiti delle categorie
precedenti. È in grado di trasmettere le caratteristiche di sollecitazione di progetto ed assicurare
contemporaneamente un grado di interazione fra le parti collegate, che può essere previsto sulla
base della relazione momento-curvatura.

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In base alla resistenza:

- È considerato collegamento a cerniera quello che è in grado di trasmettere le forze di


progetto senza far insorgere momenti secondari; la capacità di rotazione deve essere
sufficiente da permettere lo sviluppo delle cerniere plastiche necessarie.

- È considerato collegamento a completo ripristino di resistenza quello che è in grado di


trasmettere le caratteristiche di sollecitazione ultime del meno resistente tra gli elementi
collegati. Non è necessario verificare la capacità di rotazione dell’unione se la resistenza
di progetto è 1.2 volte quella plastica dell’elemento meno resistente.

- È considerato collegamento a parziale ripristino di resistenza quello che è in grado di


trasmettere le caratteristiche di sollecitazione di progetto ma non quelle ultime
dell’elemento meno resistente. La capacità di rotazione del collegamento deve essere
dimostrata sperimentalmente e se sede di cerniera plastica deve essere tale da permettere
lo sviluppo di tutte le cerniere plastiche necessarie.

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LE GIUNZIONI NELLE STRUTTURE METALLICHE

GIUNTI INTERMEDI:
Giunti trave-trave;
Giunti colonna-colonna.

GIUNTI D’ESTREMITÀ:
Giunti tra travi;
Giunti tra trave e colonna;
Giunzioni per controventi ;
Giunti di base;
Giunti tra elementi in acciaio ed elementi in calcestruzzo.

MODELLAZIONE DEI GIUNTI:


I giunti a cerniera;
I giunti rigidi;
I giunti semi-rigidi.

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GIUNTI INTERMEDI: giunti trave-trave

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a) giunto con piastre in acciaio (flange) saldate


all’estremità di ogni trave e bullonate in opera;

b) giunto con piastre coprigiunto d’ala e d’anima


bullonate in opera;

c) giunto con piastre coprigiunto saldate


(interamente in opera oppure all’estremità di
una trave in stabilimento e a quella dell’altra in
opera);

d) giunto con saldature testa a testa nelle ali e nell’anima delle estremità delle
travi collegate. Usualmente, per questa soluzione, è conveniente che le
estremità delle travi siano opportunamente lavorate in officina).

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a) giunto con angolari d’anima, bullonati all’anima sia


della trave principale sia di quella secondaria.

b) giunto con angolari d’anima, saldati in stabilimento


all’anima della trave secondaria e bullonati in opera a
quella della trave principale.

c) giunto con angolari bullonati all’anima sia della trave


principale sia di quella secondaria;

d) giunto con un piatto saldato in stabilimento all’anima


della trave secondaria e bullonato in opera a quella della
trave principale.

e) giunto con un piatto saldato in stabilimento alla


estremità della trave secondaria e bullonato in opera ad
una flangia saldata alla trave principale opportunamente
irrigidita da costole trasversali elle estremità.

f) giunto con un piatto saldato in stabilimento all’anima


della trave principale e bullonato in opera a quella della
trave secondaria.

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GIUNTI INTERMEDI: giunti colonna-colonna

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a) giunto con piastre coprigiunto d’ala doppie (ossia due


piastre per ogni ala) e piastre coprigiunto d’anima
bullonate in opera;

b) giunto con doppie piastre coprigiunto d’ala bullonate


in opera;

c) giunto con piastre coprigiunto d’ala singole e piastre


coprigiunto d’anima bullonate in opera;

d) giunto per contatto con piastre coprigiunto d’ala


interne al profilo e saldate;

e) giunto per contatto con piastre coprigiunto d’ala


interne al profilo e bullonate;

f) giunto per contatto con flangia saldata in stabilimento


all’estremità della colonna inferiore ed in opera alla
colonna superiore;

g) giunto per solo contatto tra flange saldate in


stabilimento all’estremità di ogni colonna;

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a) giunto con piatto saldato in stabilimento alla


colonna inferiore irrigidito da costole verticali,
saldate allo scopo di evitare concentrazioni sforzi;

b) giunto con piatto saldato in stabilimento


all’estremità della colonna inferiore, irrigidito da
costole verticali (in corrispondenza delle ali della
colonna superiore) sostenute da costole
orizzontali saldate;

c) giunto rastremato saldato in officina ad


un’estremità della colonna e in opera all’estremità
dell’altra colonna. Il carico è trasferito mediante
un traliccio costituito da due piastre orizzontali e
da due piatti diagonali, di raccordo tra le ali delle
membrature.

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GIUNTI TRA TRAVE E COLONNA

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NODI TRAVE COLONNA

cerniere

incastri
incastri

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a) giunto realizzato mediante angolari bullonati all’ala


della colonna e all’anima della trave;

b) giunto con piatto saldato in aggetto alla colonna e


bullonato all’anima della trave;

c) giunto con piastra saldata a parte di anima


all’estremità della trave e bullonata alla colonna;

d) giunto con piastra saldata, con cordoni di saldatura


sia d’anima sia d’ala, alla trave e bullonata alla
colonna.

Si osservi che tutte le tipologie di giunto trave-


colonna possono presentare costolature di
irrigidimento del pannello d’anima nella colonna, in
corrispondenza della ali della trave, necessarie a volte
per non creare zone preferenziali di debolezza del
giunto.

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GIUNTI PER ELEMENTI DI CONTROVENTAMENTO

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NODI DI ELEMENTI DI CONTROVENTO

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NODI PILASTRO-FONDAZIONE

cerniera

incastro

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GIUNTI TRA PARTI IN ACCIAIO E PARTI IN CALCESTRUZZO

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GIUNTI TRAVE-COLONNA SCHEMATIZZABILI A CERNIERA

a) piastra saldata in stabilimento all’ala (o all’anima)


della colonna e bullonata in opera all’anima della
trave;
b) angolari bullonati all’ala (o all’anima) della
colonna e all’anima della trave;
c) piastra saldata a parte di anima della trave e
bullonato all’ala (o all’anima) della colonna;
d) angolari bullonati all’ala (o all’anima) della
colonna e all’anima della trave;
e) piastra saldata in aggetto alla colonna alla quale
vengono bullonati piatti in acciaio che consentono il
collegamento con l’anima della trave (tipico di profili
tubolari);
f) collegamento che garantisce la continuità della
trave ed il trasferimento di sola azione assiale alla
colonna (piastra saldata all’estremità della colonna e
bullonato all’ala inferiore della trave).

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GIUNTI TRAVE-COLONNA SCHEMATIZZABILI AD INCASTRO


a) nodo di sommità per colonna perimetrale
preparato in stabilimento;
b-c) nodo di sommità per colonna
perimetrale realizzato saldando piatti forati,
inclinati rispetto all’asse baricentrico di trave
e colonna, e bullonandoli in opera;
d) nodo interno trave-colonna con trave
saldata all’ala della colonna e costole di
irrigidimento interne alla colonna in
corrispondenza delle ali della trave;
e) nodo interno trave-colonna con piastra
forata saldata all’estremità della trave e
bullonata all’ala della colonna, dotata come
nel caso precedente di irrigidimenti d’anima;
f) nodo tra la trave alla cui estremità viene
saldata una piastra forata in aggetto e l’anima
della colonna preventivamente forata;

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Unioni saldate

La possibilità di unire lamiere mediante saldatura è strettamente connessa alla


capacità di produrre alta temperatura in modo localizzato.
Le lamiere da saldare vengono di norma tagliate con il cannello a fiamma
ossiacetilenica (reazione esotermica a 3100 °C di acetilene C2H2 e ossigeno O2) che
fondendo il metallo produce un taglio abbastanza netto e tale da non richiedere
ulteriori lavorazioni prima della saldatura.
I procedimenti di saldatura si differenziano in funzione della sorgente termica
utilizzata e delle modalità di protezione del bagno fuso contro l’azione dell’aria. I
procedimenti di saldatura possono essere raggruppati in tre classi:
- manuali: saldatura ossiacetilenica o saldatura ad arco con elettrodi rivestiti;
- semiautomatici: saldatura a filo continuo sotto protezione di gas;
- automatici: saldatura ad arco sommerso.

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Procedimenti manuali
Saldatura ossiacetilenica: la sorgente termica viene fornita da una reazione
fortemente esotermica tra acetilene ed ossigeno C2H2+O2=2CO+H2 con
produzione di gas riducenti e calore. Il materiale di apporto viene fornito
dall’operatore sotto forma di bacchetta metallica. Questo procedimento è ora
molto meno utilizzato che in passato.
Saldatura ad arco con elettrodi rivestiti: la sorgente termica viene fornita dall’arco
elettrico fatto scoccare tra materiale base ed elettrodo. L’elettrodo ha anche
funzione di materiale di apporto ed è costituito da una bacchetta cilindrica con
rivestimento la cui fusione genera gas per la protezione della zona fusa. Gli
elettrodi, in funzione del rivestimento, sono classificati in basici, acidi e
cellulosici. Il materiale di apporto, di qualità controllata e migliore del materiale
base, si mescola nella zona fusa secondo
un rapporto di diluizione (area del cordone
fuso del materiale base/area totale della
zona fusa). All’aumentare del rapporto
di diluizione aumenta la profondità fusa
del materiale base e quindi il rischio di
scorie (principalmente zolfo e fosforo).

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DIFETTI DI SALDATURA
Nella zona di materiale base attorno alla saldatura di possono avere:
- cricche a freddo: si generano ai bordi della saldatura per effetto dei cicli termici ad
elevata velocità di raffreddamento che danno luogo a fenomeni simili a quella della
tempera. La prevenzione da questo fenomeno può ottenersi con un preriscaldamento del
pezzo, facendo più passate di saldatura ed utilizzando elettrodi con rivestimento basico.

- cricche a caldo: si generano durante la solidificazione della zona fusa e a seguito di


scorie provenienti dal materiale base; queste ultime tendono a segregare in zone
preferenziali e a temperature più basse del materiale circostante dando luogo a tensioni
da ritiro e a non coesione del materiale.
- tensioni residue: quando i pezzi da saldare sono impediti di deformarsi nascono
tensioni residue di entità rilevanti.

- deformazioni permanenti: quando i pezzi da saldare non sono vincolati si hanno


spostamenti relativi importanti che possono essere corretti con frecce iniziali di segno
opposto, con bloccaggio dei pezzi da saldare o con studio delle sequenze di saldatura.

- difetti da esecuzione: sono dovuti a cavità contenenti scoria per sequenze improprie
delle passate di saldatura, a mancata penetrazione dei pezzi da saldare o ad incollatura
tra materiale di apporto fuso e materiale base non ancora fuso.

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CONTROLLI DI TIPO PREVALENTEMENTE NON DISTRUTTIVO:

• l’esame visivo;
• l’esame con i liquidi penetranti;
• l’esame magnetoscopico;
• l’esame radiografico;
• l’esame ultrasonico.

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CONTROLLI DELLE SALDATURE


Il metodo più usato per eseguire controlli sull’idoneità della saldatura è l’esame
radiografico; i difetti interni appaiono come macchie più scure nella pellicola che
vengono confrontate con quelle corrispondenti a difetti campione.
Altri procedimenti sono l’esame ad ultrasuoni e l’esame con liquidi penetranti.

Le saldature si suddividono in due tipologie, nettamente differenti per


comportamento e verifiche da effettuare:
1) saldature a completa penetrazione;
2) saldature a cordoni d’angolo.

saldature a completa penetrazione saldature a cordoni d’angolo

Per i giunti a completa penetrazione è indispensabile la preparazione dei lembi dei


pezzi da saldare.

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Il giunto a completa penetrazione ripristina la continuità tra i pezzi. Lo stato tensionale


è quindi quasi uguale a quello del pezzo continuo. Poiché il materiale di apporto ha
una resistenza pari o superiore a quella del materiale base, la rottura teoricamente
dovrebbe avvenire fuori dal giunto.

Solo la presenza di imperfezioni può portare alla rottura nella sezione saldata. La
verifica di una saldatura a completa penetrazione viene effettuata con lo stesso criterio
utilizzato per la verifica delle sezioni, cioè determinando la tensione massima oppure,
in presenza di sollecitazioni composte, la tensione ideale in base al criterio di resistenza
di Hencky-Von Mises
____________________
id √  //  -  // 3  

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avendo indicato con:


 la tensione di trazione o compressione normale alla sezione longitudinale della
saldatura;
// la tensione di trazione o compressione parallela all’asse della saldatura;
 la tensione tangenziale nella sezione longitudinale della saldatura.

Ai fini delle verifiche di collegamenti saldati a completa penetrazione, la


normativa italiana fa riferimento a due classi di qualità della saldatura: I classe e II
classe.

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- I classe: la saldatura è eseguita con elettrodi di qualità 3 o 4 secondo la norma UNI


2132 e soddisfa i controlli radiografici previsti dal raggruppamento B della UNI 7278;
- II classe: la saldatura è eseguita con elettrodi di qualità 2, 3 o 4 secondo la norma UNI
2132 e soddisfa i controlli radiografici previsti dal raggruppamento F della UNI 7278.
Il valore limite imposto dalla norma italiana per la tensione è fd (o σadm)se la saldatura è di
prima classe, 0.85 fd se la saldatura è di seconda classe (per tenere conto del minor
controllo delle imperfezioni che si ha in questo caso).

Giunti con cordoni d’angolo

La sezione resistente di una saldatura a cordoni d’angolo è la sua sezione di gola. Essa è
definita come l’area di lunghezza L pari a quella del cordone ed altezza a quella minore
del triangolo inscritto nella sezione trasversale della saldatura.

a: altezza di gola

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Le componenti di tensione nella sezione di gola sono:


 componente normale alla sezione di gola;
 componente tangenziale, ortogonale all’asse del
cordone, sul piano della sezione di gola;
// componente tangenziale, parallela all’asse del
cordone, sul piano della sezione di gola.

Spesso si fa riferimento alle corrispondenti tensioni


ribaltate su uno dei due lati del cordone. In genere
nella sezione trasversale e parallela all’asse del
cordone agisce la σ//. Tale componente di tensione si
considera non influente sul comportamento del giunto e quindi non interviene nelle
verifiche di resistenza. Per la verifica, i valori assoluti delle predette componenti devono
soddisfare le limitazioni:
 0,85 adm ( per acciaio Fe360)
 id   2   2    2  
0,70 adm ( per acciaio Fe430 ed Fe510)
  adm ( per acciaio Fe360)
    
0,85 adm ( per acciaio Fe430 ed Fe510)
con ovvie semplificazioni quando solo due o una delle componenti siano diverse da zero.

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UNIONI BULLONATE

I bulloni sono costituiti da:


a) vite con testa esagonale e gambo filettato in tutta
o in parte della sua lunghezza;
b) dado di forma esagonale;
c) rondella (o rosetta) sia del tipo elastico che rigido.
Può essere presente anche:
d) controdado per garantire che il dado non si sviti
neanche in presenza di vibrazioni.

Classe vite ft fy fk,N b,adm b,adm


[N/mm2] [N/mm2] [N/mm2] [N/mm2] [N/mm2]
4,6 400 240 240 160 113
5,6 500 300 300 200 141
6,8 600 480 360 240 170
8,8 800 640 560 373 264
10,9 1000 900 700 467 330
fk,N = è assunto pari al minore dei due valori fk,N = 0,7 ft (fk,N = 0,6 ft per viti di classe 6,8) fk,N = fy
essendo ft ed fy le tensioni di rottura e di snervamento secondo UNI EN 20898
b,adm = fk,N / = tensione ammissibile a trazione
b,adm = fk,N/1,5 2 = tensione ammissibile a taglio

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Ai fini del calcolo della b la sezione resistente è quella della vite; ai fini del
calcolo della b la sezione resistente è quella della vite o quella totale del gambo a
seconda che il piano di taglio interessi o non interessi la parte filettata.
Nel caso di presenza contemporanea di sforzi normali e di taglio deve risultare:

2 2
 b   
  +  b  1.
   
 b , adm    b , adm 

La pressione convenzionale sul contorno del foro rif , riferita alla proiezione
diametrale della superficie cilindrica del bullone, deve risultare:
rif < adm ,
essendo  = a/d e comunque da assumersi non superiore a 2.5, adm la tensione
ammissibile del materiale costituente gli elementi del giunto, a è la distanza dal
centro di un chiodo al margine degli elementi da collegare ad esso più vicino nella
direzione dello sforzo e d è il diametro del bullone.
I bulloni di ogni classe devono essere convenientemente serrati.

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Le caratteristiche geometriche che individuano il bullone sono lunghezza e diametro


(nominale). La lunghezza deve essere tale da assicurare l’attraversamento degli elementi
da collegare, ma non deve essere eccessiva per evitare sprechi e necessità di tagliare i
pezzi in eccesso.
Molto importante è anche la lunghezza della parte filettata. Nel caso, molto frequente, di
bulloni sollecitati a taglio è preferibile che la parte del gambo interna al collegamento non
sia filettata per offrire una maggiore area resistente al taglio; se si verifica tale condizione
è possibile considerare nei calcoli l’area nominale del gambo, altrimenti bisogna
considerare un’area ridotta, detta area resistente (Ares = 0.750.82 Area nominale).
Ciò non vale per i bulloni sottoposti a trazione perché in ogni caso la rottura avviene nella
sezione più debole e quindi bisogna fare riferimento sempre all’area resistente.
I diametri accettati dalle normative italiana ed europea sono gli stessi.

classi dei Bulloni 4.6 5.6 6.8 8.8 10.9


fyb (N/mm2) 240 300 480 640 900
fub (N/mm2) 400 500 600 800 1000

Valori nominali delle tensioni di snervamento e rottura

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Serraggio

Quando si avvita il dado del bullone, una volta avvenuto il contatto tra
le piastre un ulteriore avvitamento (effettuato applicando una coppia
detta coppia di serraggio) comporta l’allungamento del gambo con
conseguente trazione nel bullone e compressione nelle lamiere
collegate. Questo stato tensionale è benefico per l’unione in quanto evita
scorrimenti relativi e ne aumenta le prestazioni in esercizio. Tuttavia il
serraggio non deve essere spinto oltre un certo limite per non
compromettere la resistenza ultima della unione.
Indicazioni precise sui valori ottimali per le coppie di serraggio dei
bulloni sono riportate nelle norme. Esse impongono che la forza di
trazione N che nasce nel bullone per effetto del serraggio non superi il
valore Nb  0. 80 Ares f kN e la coppia di serraggio Ts non superi il valore
Ts  d Nb, con =0.20. In definitiva il valore massimo della coppia di
serraggio è pari a Ts 0. 16 d Ares f kN .

L’Eurocodice 3 rinvia ad altre norme più specifiche; nelle indicazioni relative a


giunti ad attrito indica come valore della forza di precarico Nb = 0.70 Ares f ub .

51

Interasse dei bulloni e distanza dai margini.


In rapporto al diametro d dei
bulloni, ovvero al più piccolo
t1 tra gli spessori collegati dai
chiodi, devono essere
soddisfatte le limitazioni
seguenti:
- per le file prossime ai bordi:

52

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La crisi di un’unione a taglio, può manifestarsi con le seguenti


modalità:
a) rottura a taglio del bullone;
b) rottura per rifollamento della lamiera;
c) rottura per trazione della lamiera;
d) rottura per taglio della lamiera.
V/2 V/2 V V V

La resistenza di progetto
dell’unione è quella
a) b) c) d)
associata al meccanismo di
rottura più debole.
V V V V
Alle verifiche sui bulloni
devono anche associarsi specifiche
verifiche sulle componenti collegate per i
tipici meccanismi di crisi nell’unione.

53

Rifollamento della lamiera

Si adotta una distribuzione


convenzionale delle
pressioni di contatto tra
bullone e piatto,
Lamiera 1
Lamiera 2
σrif = F/d t ,

F rappresenta la forza di
taglio, t lo spessore
minimo delle lamiere
collegate e d il diametro del
bullone.

54

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Trazione della lamiera

Si assume una distribuzione uniforme degli sforzi nella sezione interessata:

σ = V/An ,

V rappresenta la forza di taglio ed An l’area netta della sezione di lamiera


depurata dai fori.

55

Unioni ad attrito con bulloni.


La forza Ff trasmissibile per attrito da ciascun bullone per ogni piano di contatto tra
elementi da collegare, è espressa dalla relazione:

in cui è da porre:
Vf coefficiente di sicurezza contro lo slittamento, da assumersi pari a:
-1,25 per la condizione di carico I;
-1,10 per la condizione di carico II.
 coefficiente di attrito da assumersi pari a:
- 0,45 per superfici sabbiate al metallo bianco e collegate in officina;
- 0,30 per superfici non particolarmente trattate, e comunque nelle giunzioni in opera;
Nb forza di trazione nel gambo della vite.
La pressione convenzionale sulle pareti dei fori non deve superare il valore di 2,5 adm.
In un giunto per attrito i bulloni ad alta resistenza possono trasmettere anche una forza
assiale di trazione N. In questo caso, in assenza di flessioni parassite apprezzabili nel
bullone, il valore della forza trasmissibile dal bullone per attrito si riduce a:

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SOLAI NELLE COSTRUZIONI IN ACCIAIO

L’impalcato può essere realizzato con:


• Pannelli in C.A. o misti con laterizio gettati in opera (soluzione a, b);
• Pannelli in C.A. o misti con laterizio prefabbricati (soluzione c, d);
• Lamiere grecate riempite con materiale inerte (soluzione e);
• Lamiere grecate riempite con calcestruzzo collaborante (soluzione f).

57

I solai composti in
acciaio-calcestruzzo sono
solitamente costituiti da
una lamiera grecata di
acciaio su cui viene
eseguito un getto di
calcestruzzo normale o
alleggerito.

La lamiera ha la funzione di cassero durante la costruzione e costituisce parte o


tutta l’armatura longitudinale dopo l’indurimento del calcestruzzo. Poiché non
è sufficiente la semplice adesione chimica fra la lamiera e il calcestruzzo, sono
previste opportune lavorazioni superficiali o particolari sagome per garantire
l’aderenza fra acciaio e calcestruzzo.

58

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25/11/2021

Altre caratteristiche:
- leggerezza e riduzione degli ingombri
- velocità di realizzazione
- facilità di taglio e scarsa suscettibilità a problemi di tolleranze
- facilità nella realizzazione di aperture per il passaggio degli impianti.

Gli spessori della lamiera variano tra 0.7 e 1.5 mm mentre le altezze tra 40 e 80
mm.
Pavimento;
Calcestruzzo alleggerito;
Getto di calcestruzzo;
Lamiera grecata;

Trave secondaria;

Trave principale;
Controsoffitto.

59

I solai metallici con soletta di


calcestruzzo sono posizionati
velocemente.
Richiedono un contenimento ai
bordi per prevenire la caduta
del calcestruzzo.
Il calcestruzzo è in genere
pompato sulle lamiere del
solaio.

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I SISTEMI INTELAIATI A NODI RIGIDI IN ACCIAIO

Soluzione economicamente non conveniente.

61

SISTEMI di CONTROVENTAMENTO per TELAI PENDOLARI

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Tipologia dei controventi (bracing)

I controventi si possono realizzare secondo varie forme,


come ad esempio a X, K e forme a V. Con controventi a
X (a S. Andrea), le aste sono progettate trascurando il
contributo dell’asta compressa (le aste sono elementi
molto snelli che si instabilizzano con basse forze di
compressione).

Utilizzando controventi a K o V, le aste del controvento


devono essere progettati per resistere a forze di
compressione.

Piatti o angolari possono essere utilizzati per


controventi a X (a S. Andrea) mentre tubolari o sezioni
a H sono generalmente adottati per controventi a K o V. (a) Controvento a S. Andrea;
(b) Controvento K;
(c) Controvento V.

63

Esempi di Controventamento

Soluzione a: controvento a
croce di S. Andrea progettato
non considerando le aste
diagonali compresse. Gli
arcarecci risultano inflessi e
compressi. a)
Vento
Soluzione b: controventi di
testata con diagonali tese. Gli
arcarecci risultano inflessi ed
eventualmente tesi.

b)
Vento

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Controvento di falda
Vento

Controvento verticale
Reazioni in fondazione
dovute al vento

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Vento o sisma

a) b) c)

Nucleo di controvento in calcestruzzo armato (a), intelaiato (b) e tralicciato (c).

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GIUNTI DI DILATAZIONE

a) Senza giunto con 1 controvento (isostatico);


b) Senza giunto con 1 controvento (isostatico);
c) Senza giunto con 2 controventi (iperstatico);
d) Con 1 giunto e con 2 controventi (isostatico);
e) Con 1 giunto e con 2 controventi (isostatico).

67

Colonna o pilastro
solaio
Trave secondaria
Trave principale
Trave di bordo

Colonna o pilastro

Controvento longitudinale

Controvento trasversale

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STRUTTURE IN ACCIAIO
Parte II

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STATI LIMITE ULTIMI DELLE SEZIONI

Si possono considerare due stati limite:

1. Stato limite elastico della sezione;


2. Stato limite plastico della sezione.

Nel calcolo si può scegliere di soddisfare i requisiti relativi ad uno dei due stati
limite ultimi.

Per entrambi gli stati limite bisognerà eseguire verifiche di RESISTENZA e di


STABILITA’.

77

Stato limite di collasso elastico

• Si assume che gli effetti delle azioni di calcolo, prescindendo da fenomeni di


instabilità (comprese maggiorazioni per effetti dinamici), non comportino in alcun
punto di ogni sezione il superamento del limite elastico del materiale. Si assumerà
γm = 1,0.

• E’ ammesso il calcolo elastico degli effetti delle azioni di calcolo.

• Dovranno farsi le verifiche nei confronti dei fenomeni di instabilità della struttura,
di elementi strutturali che la compongono e parti di essi.

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Stato limite di collasso plastico.

• Si assume come stato limite ultimo il collasso per formazione di un meccanismo


ammettendo la completa plasticizzazione delle sezioni coinvolte nella formazione
del meccanismo.

• Si deve garantire che il meccanismo risultante dai calcoli possa venir raggiunto sia
verificando che nelle zone plasticizzate le giunzioni abbiano una duttilità
sufficiente, sia premunendosi contro i fenomeni di instabilità della struttura, di
elementi strutturali che la compongono e di parti di essi.

• Tale procedimento non è consentito qualora i fenomeni di fatica sono


determinanti ai fini del calcolo della struttura.

79

RESISTENZA DELLE SEZIONI

In quanto segue si assume un comportamento elastico, perfettamente plastico del


materiale acciaio.

fyk

εy ε

80

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RESISTENZA DELLE SEZIONI

Sezione soggetta ad azione normale in assenza di fenomeni di instabilità.

Lo stato limite ultimo di una sezione soggetta ad azione assiale centrata di trazione
è raggiunto quando tutta la sezione risulta plasticizzata (ε>εy). Ne consegue che
l’azione normale limite N0 associata alla completa plasticizzazione della sezione di
area A vale, nel caso di sezione rettangolare (esempio accademico):

ε> εy fyk

H N0 = Afyk=BHfyk

81

Sezione soggetta a flessione semplice in assenza di fenomeni di instabilità.


Asse neutro baricentrico per equilibrio orizzontale (N=0)
• Prima fase: risposta elastica

εεy fyk

H/2
H

 HB 1 2 H   BH 2
M   ydA      2 
A  2 2 3 2 6
al limite elastico   f yk
2
f yk BH  BH 2 
M el   f ykWel Wel  
6  6 

82

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Sezione soggetta a flessione semplice

• Seconda fase: risposta elasto-plastica.

ε>εy =fyk

H/2
H

H   H  1 2H 
M   ydA  f yk B      2   f yk     B       2
A  2 2  2  2 3 2 

83

Sezione soggetta a flessione semplice

• Terza fase: risposta plastica.

ε>εy =fyk

H/2 
H

H   H  1 2H 
M   ydA  f yk B      2   f yk     B       2
A  2 2  2  2 3 2 
Per =H/2
2
f yk BH  BH 2 
M pl   f ykW pl W pl  
4  4 

84

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Rispetto al comportamento elastico, le risorse dell’acciaio in campo plastico


forniscono un beneficio in termini di momento resistente valutabile attraverso il
cosiddetto fattore di forma sez

f yk BH 2
M pl 4 3
 sez   2
  1 .5
M el f yk BH 2
6

50% di resistenza flessionale in più!

85

Per altre geometrie, in modo analogo, si ottengono i seguenti fattori di forma:

Sezione a doppio T:
βsez = 1.1÷1.2;

Sezione a T:
βsez = 1.6÷1.8;

Sezione a C:
βsez = 1.2;

Sezione tubolare:
βsez = 1.27;

Sezione circolare piena:


βsez = 1.7.

NOTA: i valori maggiori di βsez si hanno per sezioni con aree concentrate vicino al
baricentro (sez. circolare), i valori minori per sezioni con aree concentrate in punti
distanti dal baricentro (sez. a doppio T).

86

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Sezione soggetta ad azione combinata di azione assiale e momento flettente (presso-


tensoflessione) in assenza di fenomeni di instabilità

Vogliamo determinare il dominio limite M-N di una sezione in acciaio di geometria


nota (rettangolare per semplicità) allo Stato limite Ultimo, ovvero l’insieme di tutte le
coppie (M,N) alle quali corrisponde una sezione completamente plasticizzata, ovvero in
cui tutte le fibre sono soggette ad uno sforzo (di trazione o compressione) pari a fyk

• Terza fase: risposta plastica.

ε>εy =fyk

87

La precedente distribuzione di sforzi sulla sezione può essere così decomposta

=fyk fyk
 fyk

H = + H-2

 

fyk fyk
B

A questa distribuzione di sforzi sulla sezione corrispondono le seguenti azioni interne:

 N  H  2 B  f yk

M  f yk B  H  2     f yk B  H   

Che sono le equazioni parametriche del dominio M-N.

88

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Un po’ di algebra:
1  N 
N  H  2 B  f yk   H 
2  Bf yk 

1  N    
M  f yk H  B H  1  H  N 
2  Bf yk   2  Bf yk 
  
1  N   H N 
 f yk H B 
2  Bf yk   2 2 Bf yk 

1  N  H
 B  N 

 f yk H
4    1 Bf 
Bf yk
  yk 

BH 2  N  N 

 f yk 1 1
4  BHf yk  BHf yk 

  N 2 
 M pl 1    
  N pl  
 

89

Curva di interazione al limite plastico - Sezione rettangolare

90

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Curva di interazione al limite plastico - Sezione a doppio T

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εεy

H/2
H 

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VERIFICA DI STABILITÀ.

Oltre alle verifiche di resistenza previste nei paragrafi precedenti, che in nessun
caso possono essere omesse, devono essere eseguite le verifiche necessarie ad
accertare la sicurezza della costruzione, o delle singole membrature, nei confronti
di possibili fenomeni di instabilità.
Le verifiche vanno condotte tenendo conto degli eventuali effetti dinamici.
In presenza di una azione normale N di compressione, la resistenza di un’asta è
fortemente condizionata dal problema dell’instabilità. Come è noto, per un’asta
rettilinea compressa quando l’azione assiale N raggiunge un valore, detto carico
critico Euleriano, Ncr, sono possibili anche configurazioni con deformazioni
flessionali. Il valore del carico critico risulta

Ncr = ²(EI)/ 0² ,

dove I è il momento d’inerzia della sezione trasversale dell’asta, 0 la lunghezza


libera d’inflessione.

109

Si definisce lunghezza d'inflessione la lunghezza 0 = bl. Il coefficiente b deve


essere valutato tenendo conto delle effettive condizioni di vincolo, dell'asta nel
piano di flessione considerato.
Nelle condizioni di vincolo elementari, per la flessione nel piano considerato, si
assumono i valori seguenti:
b = 1,0 se i vincoli dell'asta possono assimilarsi a cerniere;
b = 0,5 se i vincoli possono assimilarsi ad incastri;
b = 0,7 se un vincolo è assimilabile all'incastro ed uno alla cerniera;
= 2,0 se l'asta è vincolata ad un solo estremo con incastro perfetto; in tal caso l è la
distanza tra la sezione incastrata e quella di applicazione del carico.
Dividendo per l’area della sezione trasversale il carico critico si ottiene la tensione
critica:
cr = Ncr/A = 2E I/(0² A) = 2E/ 2.

Il rapporto λ = 0 /i è la snellezza di un'asta prismatica in un suo piano principale di


inerzia, i = √ I/A è il raggio d'inerzia della sezione trasversale, giacente nello stesso
piano principale in cui si valuta 0 .

110

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Esempi di lunghezza di libera inflessione:

L o

L L L 0
L L L o

L 0

L =2L
o L =L
o L =0.7 L
o L =0.5 L
o

111

La snellezza non deve superare il valore 200 per le membrature principali e 250 per
quelle secondarie; in presenza di azioni dinamiche rilevanti i suddetti valori vengono
limitati rispettivamente a 150 e a 200.
In un grafico che abbia in ascissa la snellezza  e in ordinata la tensione critica cr,
la relazione sopra scritta è rappresentata da una iperbole (curva 1).

 2E E
  y  p  
2 y

112

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Le colonne industriali o aste industriali sono caratterizzate da:

1.legame costitutivo del materiale di tipo non lineare;

2.imperfezioni geometriche ed imperfezioni meccaniche;

3.variazioni delle caratteristiche meccaniche dell’elemento in funzione del tipo di


sezione trasversale.

Questi aspetti, insieme all’interazione instabilità e plasticità (ovvero esaurimento


delle risorse del materiale in termini di resistenza) comportano una riduzione della
curve reali di stabilità (a, b, c, d) rispetto a quella ideale.

113

La curva a si riferisce ai tubi quadrati, rettangolari e tondi.

La curva b si riferisce alle aste semplici costituite da:


1) sezioni a doppio T laminate, in cui il rapporto fra l'altezza h del profilato e la
larghezza b delle ali sia tale che h/t > 1,2 (per esempio HE con h > 360 mm ed
IPE),
2) sezioni a doppio T laminate in cui le ali siano rinforzate da piani ad esse
saldati;
3) sezioni chiuse a cassone composte mediante saldatura.

La curva c si riferisce alle aste semplici costituite da tipi di laminati diversi da


quelli elencati di sopra o da sezioni aperte composte mediante saldatura e a tutte
le aste composte da più profilati.

La curva d si riferisce ad aste semplici o composte aventi spessore t > 40 mm.


Nel caso in cui vengano disposti dei piatti saldati a rinforzo delle ali di un
profilato a doppio T laminato, deve essere assunto come spessore t il maggiore
fra i valori dello spessore dell'ala e quello del piatto di rinforzo.

114

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Verifica alle Tensioni Ammissibili.

La verifica di sicurezza di un'asta compressa può effettuarsi nella ipotesi che la


sezione trasversale sia compressa da una forza N maggiorata del coefficiente ω
(senza quindi dover considerare né l’effetto di imperfezioni iniziale, né l’effetto
dell’instabilità).

Deve cioè essere:


wN/Aadm .

I coefficienti w, dipendenti dal tipo di sezione oltreché dal tipo di acciaio dell'asta,
si desumono da appositi diagrammi o tabellazioni; si possono adottare a tale
riguardo le indicazioni della CNR 10011/97 "Costruzioni di acciaio. Istruzioni per il
calcolo, l'esecuzione, il collaudo e la manutenzione", che fornisce i valori di w in
tabelle in funzione della snellezza, del tipo di acciaio e della curva di stabilità (a, b,
c, d).
.

115

/p Curva a Curva b Curva c Curva d


0.10 1.000 1.000 1.000 1.000

0.20 1.000 1.000 1.000 1.000

0.30 0.978 0.965 0.951 0.917

0.40 0.953 0.925 0.900 0.841

0.50 0.923 0.885 0.843 0.769

0.60 0.885 0.838 0.783 0.699

0.70 0.844 0.785 0.719 0.633

0.80 0.796 0.727 0.655 0.572

0.90 0.739 0.663 0.593 0.517

1.00 0.674 0.599 0.537 0.468

1.10 0.606 0.538 0.466 0.424

1.20 0.540 0.481 0.439 0.385

1.30 0.480 0.429 0.395 0.350

1.40 0.427 0.383 0.357 0.319

1.50 0.381 0.343 0.323 0.290

1.60 0.341 0.308 0.293 0.265

1.70 0.306 0.277 0.266 0.242

1.80 0.277 0.250 0.241 0.222

1.90 0.251 0.226 0.219 0.204

2.00 0.228 0.206 0.200 0.188

2.10 0.208 0.188 0.183 0.173

2.20 0.190 0.173 0.169 0.160

2.30 0.175 0.159 0.158 0.148

2.40 0.162 0.147 0.147 0.138

2.50 0.149 0.137 0.137 0.129

2.60 0.138 0.128 0.128 0.120

2.70 0.128 0.119 0.119 0.112

2.80 0.119 0.110 0.110 0.105

2.90 0.112 0.103 0.103 0.098

3.00 0.105 0.096 0.096 0.092

116

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Elementi inseriti in un complesso strutturale

-Necessità di valutare la rigidezza e resistenza dei vincoli e la conseguente reale


lunghezza libera di inflessione.

Aste vincolate agli estremi → l0 = l

Aste con vincoli intermedi


 2 EI
Pcr  2
lo

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120

60
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COMPORTAMENTO DELLE
COLONNE CON CONTROVENTI:

lunghezza libera di inflessione.

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Aste composte
Si dicono "aste composte" le sezioni ottenute dall'accoppiamento, in genere 
simmetrico di due o più profilati fra loro. Si applica il metodo  come descritto al 
punto precedente, anche alla verifica d'instabilità di tali aste composte. Il 
comportamento instabile dell'asta è influenzato dal piano in cui avviene l'inflessione 
laterale. Si distinguono due comportamenti diversi in relazione all'inflessione nei 
due piani principali: il piano x‐x che taglia i profilati dell'asta composta ed il piano y‐
y. che non li taglia. 

128

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Se l'inflessione avviene nel piano y‐y l'asta composta si comporta come costituita da 
un'unico profilato con area A e momento di inerzia I pari alla somma di quelli dei 
profilati componenti; quindi la verifica d'instabilità dell'asta composta si effettua in 
maniera identica a quella delle aste a sezione compatta con il metodo ω. Quando 
l'inflessione laterale avviene nel piano x‐x, entra in gioco il collegamento di parete 
fra i profili componenti la  sezione; in tal caso il fenomeno risulta ovviamente 
influenzato dalla natura del collegamento e di ciò si tiene conto introducendo per 
l'asta  composta una snellezza ideale.  Per un collegamento a calastrelli distanziati   
fra   loro   di  L0 lungo  l'asse  del  pilastro, se la deformabilità di questi è trascurabile 
rispetto a quella dei correnti, si assume la snellezza ideale:
λeq =  √ λy2 +  λ12 ,
_________

129

y è la snellezza dell'intera asta composta immaginata a sezione 
compatta:  1 è la snellezza del singolo profilato sulla luce pari 
all'interasse fra i calastrelli:
l Iy
y  , con  y  ;
y A
La snellezza ideale eq, così valutata è maggiore di quella di 
un'equivalente aste a sezione compatta e ciò per tener conto 
della discontinuità del collegamento di parete, espressa da 1. 
Il collegamento fra calastrello e montante si effettua di norma 
con almeno due bulloni oppure mediante saldatura.

130

65
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Per aste tralicciate, si definisce una  snellezza 
equivalente in base alle relazioni:

Per lo schema a), mentre:

per lo schema b).

131

132

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Arcarecci o terzere

Trave principale

Colonna o pilastro

133

Controvento
di falda

Controvento verticale

Arcarecci compressi

Vento

134

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Trave di falda

1) Controvento reticolare;
2) Controvento con parete resistente;
3) Controvento con parete metallica;
4) Controvento con telaio a nodi rigidi.

135

Controventamento: possibili soluzioni

Vento Vento

Vento Vento

136

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Controventamento: soluzioni per


edifici con copertura non orizzontale.

Vento Vento

Vento

137

Controventamento: 2 per ogni direzione

138

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Controventamento: 1 in direzione longitudinale e due in direzione


trasversale

2 in direzione longitudinale e 1 in
direzione trasversale: labile

1 in direzione longitudinale e due in


direzione trasversale: isostatico

139

forze di compressione negative, (a) Controvento a S. Andrea;


forze di trazione positive. (b) Controvento V;
(c) Controvento ad asta singola;
(d) Controvento K.
- -
+ -
- +
- - +

+
- + - -
+

-
- +
+ + -
+
- -
+ - - + +
-

140

70
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Azione del
Vento e
possibili
reazioni in
fondazione

controventi di piano

141

Trave per
appendere i
solai
Pilastri per solai

Nucleo
solai

142

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CARICO LIMITE PER LA STRUTTURA

• Diagramma momento‐curvatura semplificato di tipo bilineare;

• Plasticizzazioni concentrate nelle zone più sollecitate (cerniere plastiche);

• Incremento i carichi determinando la formazione successiva di cerniere plastiche 
fino alla formazione di un meccanismo;

• Controllo che le rotazioni plastiche nelle cerniere non causino la rottura 
prematura (in genere non avviene nelle strutture in acciaio, molto duttili).

143

Esempio

Calcolo elastico
Raggiungimento della
prima plasticizzazione:

M’= Mp;
Py = 5.32 Mp/ l;
M = 0.83 Mp.

144

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Raggiungimento della plasticizzazione 
(meccanismo):
0.25 ∆Pl = Mp – M = Mp (1‐0.83);
∆P = 0.68 Mp/l;
Pu = Py + ∆P = 6 Mp/l.

Beneficio plastico della struttura
(correlato al grado di iperstaticità)

βstr = Pu / Py = 1.12 .

145

• Verifiche allo stato limite di collasso plastico: il carico applicato
deve essere minore di quello che induce il collasso.

P < Pu
• Beneficio plastico complessivo: è dato da quello della sezione
(correlato alla sua forma) per quello della struttura (correlato al suo
grado di iperstaticità
βtot = βstrut βsez.
• Nell’ottica di sfruttare il beneficio plastico totale è necessario svolgere le verifiche 
allo stato limite di collasso plastico, e quindi considerare una resistenza di calcolo 
dell’acciaio ridotta rispetto allo stato limite elastico di γm = 1.12 (fd = fy / 1.12).

• In genere per sezioni a doppio T (con basso beneficio plastico) e per strutture con un 
limitato grado di iperstaticità non si ottengono dimensionamenti molto differenti 
operando nell’ambito dello stato limite elastico ed operando in quello di collasso 
plastico.

146

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VERIFICA E PROGETTO DI SEZIONI IN ACCIAIO
Aste tese
In presenza di una azione assiale di trazione N, applicata al baricentro della sezione, 
tutti i punti della sezione avranno la stessa deformazione e tensione σs. La verifica 
consiste nel calcolare la tensione e confrontarla col valore ammissibile adm . 
Se un’asta tesa è collegata alle altre aste mediante bulloni, occorre tener conto del 
fatto che i fori praticati per inserire i bulloni ne indeboliscono la sezione. L’area che 
va considerata deve essere quindi quella della sezione netta. L'area netta è quella 
minima corrispondente o alla sezione retta o al profilo spezzato.
Nel caso di angolari singoli collegati su una sola ala, l'area effettiva può essere 
assunta pari a:
3 A
Aeff = Al +  A2  , l
3 A1 + A2
Al è l'arca netta dell'ala collegata e A2  è l'area 
dell'ala non collegata.

147

FLESSIONE
La verifica a flessione delle travi è effettuata in generale tenendo conto del momento 
d'inerzia della sezione con la detrazione degli eventuali fori. Il calcolo di norma è 
eseguito deducendo dal momento d'inerzia della sezione lorda il momento d'inerzia 
delle aree dei fori rispetto all'asse baricentrico della stessa sezione lorda.
Quindi in generale si dirà che la tensione massima (in valore assoluto) è fornita 
dall’espressione:
σmax = M/ W ,

dove W è il (minimo) modulo di resistenza della sezione. La verifica consisterà quindi nel 
calcolare la tensione e confrontarla col valore ammissibile adm.

Le frecce degli elementi delle strutture edilizie devono essere contenute quanto è 
necessario perché non derivino danni alle opere complementari in genere ed in 
particolare alle murature di tamponamento e ai relativi intonaci.
Nelle combinazioni di carico per il calcolo delle frecce i valori delle azioni della neve e 
delle pressioni del vento possono essere ridotti al 70%. 

148

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ASTA INDUSTRIALE  Asta con Imperfezioni e 
Materiale Elasto‐Plastico
P
P
P

0 0
P
P

incremento stato tensionale nella sezione di mezzeria


dell’inflessione al crescere
del carico applicato

La tensione non può superare il Valore della Tensione di Snervamento.

149

P
Pu

0

 p 

relazione carico-spostamento curve di stabilità dell’asta


trasversale per l’asta industriale industriale (a tratto pieno) e
dell’asta ideale (a tratteggio)

150

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Coefficienti ω – Fe 360
Curva a.                                                                                   Curva b.

151

Coefficienti ω – Fe 360
Curva c.                                                                                   Curva d.

152

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Elementi inseriti in un complesso strutturale

-Necessità di valutare la rigidezza e resistenza dei vincoli e la conseguente reale


lunghezza libera di inflessione.

Si ha il secondo meccanismo 
quando:
 2 EI
k .
l3
 2 EI
Pcr  2
. Pcr v  kvl  Pcr  kl.
l

153

Aste con vincoli intermedi

lunghezza d'inflessione:

Il valore del carico critico risulta

 2 EI
Pcr  2
.
lo

154

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