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Costruzioni Metalliche
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d li Studi
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Firenze
Dip. Ingegneria Civile e Ambientale
Sommario
Per secoli l’uso del ferro è rimasto molto limitato per la difficoltà di estrarlo dai
minerali nei quali era contenuto, per la tediosità delle lavorazioni (es. fucinatura) e per
le difficoltà nella solidarizzazione dei vari pezzi (es. saldatura per bollitura).
Nel XIII secolo in Germania si aumentò l’altezza dei forni (altoforni) e si cominciò a
immettere aria, alimentando i mantici della soffieria con ruote idrauliche. Ne derivò
un incremento della temperatura nel forno e la possibilità di ottenere la ghisa. Si
trattava di un materiale ad elevato tenore di carbonio, molto fragile, che non poteva
essere fucinato ma gettato fuso in stampi.
L’avvento nel ‘700 del carbon coke (per gli altoforni) e delle macchine a vapore diede
un forte impulso all’industria siderurgica: in particolare, l’impianto siderurgico poteva
essere collocato vicino alla miniera, invece che ad un corso d’acqua.
Il ferro puddellato
Nel 1722, in Francia René-Antoine Réaumur pubblica «L’arte di convertire il ferro
forgiato in acciaio e l’arte di addolcire il ferro fuso», dove si chiarisce il ruolo del
carbonio nelle varie leghe ferrose e si spiega le differenze tra ferro, acciaio e ghisa.
L’avvento dell’acciaio
Nel 1855, in Inghilterra Henry Bessemer introduce il processo di conversione rapida
della ghisa in acciaio (lega ferrosa a medio tenore di carbonio).
Ponte di Sutherland sul fiume Wear (1796): arco ribassato con una luce di 72 m e un franco
di navigazione di 30 m. Sei archi affiancati, ciascuno costituito da 105 conci prefabbricati
(pannelli di ghisa alleggeriti), collegati da coprigiunti di ferro fucinabile e da perni passanti.
Nel 1834 un ponte analogo fu realizzato a Parigi sulla Senna da Polonceau (Pont du
Carrousel), con tre archi di 48 m di luce. Il ponte fu sostituito nel 1935 da un ponte in
cemento armato.
Colonne in ghisa
Le prime colonne in ghisa sono state utilizzate verso la fine del ‘700, e hanno avuto
una larga diffusione nell’800, spesso inserite negli edifici in muratura.
Di solito erano costituiti da due o tre elementi (plinto, fusto e capitello), collegati da
grossi perni cilindrici.
Travi in ghisa
I primi elementi inflessi in ghisa risalgono alla fine del ‘700, nella forma di putrelle di
solai con voltine in muratura.
E. Hodgkinson suggerì come profilo ideale
quello a doppio T dissimmetrico con un
rapporto fra l’area dell’ala compressa e di
quella tesa di 1:6 (infatti, la ghisa presenta
una resistenza a trazione pari a circa 1/7 di
quella a compressione). Era così possibile
coprire luci fino a circa 15 m.
Verso la metà dell’’800 P. W. Barlow utilizzò la tecnologia della travi in ghisa monolitiche
armate (resistenza a trazione affidata integralmente a barre di ferro fucinabile
annegate nel getto di ghisa). L’idea tuttavia non si affermò per la concorrenza del ferro
puddellato e soprattutto per l’avvento dell’acciaio.
Costruzioni Metalliche Cenni di storia
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Edifici in ghisa
Il Crystal Palace fu realizzato a Londra in Hyde Park, per l’Esposizione Universale del
1851. Il progetto, di Joseph Paxton, prevedeva colonne e tralicci in ghisa, con tiranti in
ferro, e pannelli di vetro. La struttura era interamente prefabbricata.
Impalcato realizzato con travi reticolari e sospeso da una catena in ferro (oggi sostituita
da una in acciaio).
Nel caso del ponte ferroviario sulla Vistola a Dirschau, progettato da Lintze e
completato nel 1857, con campate di 131 m, la trave tubolare era a graticcio, invece
che in parete piena (sebbene con maglie molto strette), con ferri piatti capaci di
lavorare solo a trazione.
Il ponte ferroviario di Grandfey (1862), vicino a Friburgo, con sette campate di 48.8 m,
ha rappresento il primo esempio di diagonali in grado di lavorare a compressione.
Costruzioni Metalliche Cenni di storia
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Strutture reticolari
L’utilizzo delle travi reticolari, realizzate con profilati e unioni chiodate, si è andato
progressivamente affermando nell’’800 rispetto alle travi a parete piena sulla base delle
esperienze positive delle varie realizzazione e dei metodi di calcolo messi a punto da
Cremona, Culmann, Maxwell e Ritter.
L’esempio più famoso è senz’altro la Tour Eiffel (312 m), realizzata a Parigi tra il 1887 e il
1889 per l’Esposizione Universale, costituita da ferro puddellato (economicamente
ancora vantaggioso rispetto all’acciaio).
Edifici in acciaio
Alla fine dell’’800 negli Stati Uniti furono realizzati un gran
numero di edifici in acciaio, con collegamenti rivettati in
grado di trasmettere i momenti. Ne è un famoso esempio il
Jenney’s Fair Store di Chicago (1892).
Edifici alti
In America, tuttavia, lo sviluppo degli edifici in acciaio ebbe un impulso molto maggiore,
specialmente a New York e Chicago, dove cominciarono a sorgere numerosi «grattacieli».
Nel 1909 la Metropolitan Tower, a New York, raggiunse i 215 m di altezza, mentre il
Woolworth Building, sempre a New York, pochi anni dopo (1913) raggiunse i 230 m.
Famosissimo è però l’Empire State Building, eretto nel 1930, che raggiunse i 381 m e rimase
a lungo l’edificio più alto del mondo.
Edifici alti
Per molti anni gli edifici erano stati progettati considerando le
travi come semplicemente appoggiate per i carichi verticali
mentre l’effetto telaio veniva preso in conto solo per il carico da
vento. Questo consentiva calcoli agevoli delle strutture ma
portava alla concezione di edifici troppo costosi e troppo
deformabili per carichi orizzontali per un numero di piani
superiore a circa 20.
Chrysler Building,
New York, 1930
(319 m)
Edifici alti
Per ovviare a questi problemi e continuare a salire in altezza, si
introdussero controventi a X e poi a K.
Strutture molto rigide potevano essere ottenute con la soluzione
del tubo intelaiato, realizzato con colonne ravvicinate all’esterno
dell’edificio, collegate alle travi tramite nodi rigidi. Oltre agli
eventuali controventi diagonali, la rigidezza poteva essere
ulteriormente incrementata con «tubi» interni a quello esterno.
La famosa Sears Tower consta di 23 tubi quadrati annidati, di
altezze diverse.
ZŝǀĞƐƚŝŵĞŶƚŝŝŶƉŝĞƚƌĂĚĞŝƉƌŝŵŝŐƌĂƚƚĂĐŝĞůŝїǀĞƚƌŽƉĞƌƌŝĚƵƌƌĞŝů
peso.
Sears Tower, Chicago,
1974 (442 m)
Edifici alti
Il differente schema statico ha consentito nel John Hancock Centre una riduzione del
30 % dell’acciaio per unità di volume rispetto all’Empire State Building.
Edifici alti
John Hancock Centre (1965-1969) World Trade Center (1964-1973)
Chicago, 343.5 m (tubo reticolare) New York, 417.5 m (tubo intelaiato)
Edifici in acciaio
In Inghilterra, nel 1987 l’acciaio divenne più popolare del cemento armato nelle costruzioni
civili, in virtù del minor peso e dei più rapidi tempi di costruzione.
Deve essere notato che, anche quando le strutture portanti erano interamente in acciaio,
materiali diversi erano utilizzati per rivestimenti e solai. L’avvento di lamiere grecate e
pannelli di lamierino ha favorito l’affermarsi di edifici interamente in acciaio.
Influenza del rapporto fra il costo della manodopera e quello della materia prima sulla
progettazione delle strutture in acciaio.
L’introduzione dei profili formati a freddo nelle costruzioni civili è stata lenta ma l’uso di
ƋƵĞƐƚŝğĚĂĚĞĐĞŶŶŝŝŶĐŽŶƚŝŶƵŽĂƵŵĞŶƚŽїŝŵƉŽƌƚĂŶnjĂŽŐŐŝƉĞƌŝŵĂŐĂnjnjŝŶŝĂƐĐĂĨĨĂůĂƚƵƌĞ
autoportanti.
Costruzioni Metalliche
Elementi di concezione
strutturale
Claudio Mannini
claudio.mannini@unifi.it
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Sommario
L’interazione (ܰ, )ܯè tipica delle strutture intelaiate. Per una struttura in acciaio può
risultare particolarmente oneroso affidare ai telai la resistenza alle forze orizzontali
(specie nel piano debole delle colonne). Di qui la tendenza a ricorrere a strutture di
controvento verticali.
Tridimensionalità
Un’asta di una travatura reticolare piana o di un telaio piano può instabilizzarsi nel
piano di tale complesso strutturale ma anche fuori dal piano. Questo, unito al fatto
che è necessario impedire i gradi di labilità fuori dal piano, comporta che le strutture
in acciaio siano sempre concepite tridimensionalmente, anche quando il
funzionamento di base è pensato nel piano (complicazione rispetto alle strutture in
cemento armato).
Facilmente, tale rapporto per l’acciaio è il 10-30% del valore per il cemento armato (il
17% nel caso in esame). Ne deriva che il peso proprio è quasi trascurabile rispetto agli
altri carichi nelle strutture metalliche e può essere valutato in maniera molto
approssimata in fase di progettazione preliminare. Questo, però, fa anche sì che le
strutture metalliche risultino essere molto più sensibili nei confronti dei carichi
accidentali rispetto alle strutture in cemento armato.
Neve
̱ 0.9 kN/m2
Pari a circa il 70-90% del carico totale per una struttura in acciaio e al 20-30% per una struttura in
cemento armato.
Vento
̱ 0.3 – 1.0 kN/m2 (depressione)
In alcuni casi, tale effetto è trascurabile per una struttura in cemento armato. Viceversa, per una
struttura in acciaio tale carico è in grado di invertire il segno delle sollecitazioni dovute ai carichi
permanenti. Nel caso di una struttura reticolare, la briglia inferiore, normalmente tesa, risulterà
quindi compressa, con conseguente rischio di instabilità. Per aste snelle, una modesta
compressione può risultare più gravosa rispetto a trazioni elevate (corrispondenti, per esempio,
al caso di carichi permanenti + neve).
Costruzioni Metalliche Elementi di concezione strutturale
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Deformabilità
Un’altra peculiarità delle strutture in acciaio è il valore elevato del rapporto fra la
massima tensione in esercizio e il modulo di elasticità:
Tale rapporto è facilmente 2-4 volte maggiore per le strutture in acciaio rispetto a
quelle in cemento armato. Ne deriva un’elevata deformabilità delle prime sotto i
carichi di esercizio, che può addirittura risultare incompatibile con il corretto utilizzo
della struttura → Importanza delle verifiche di deformabilità in esercizio, non di rado
dimensionanti.
Deformabilità
ESEMPIO. Prendiamo una trave, per esempio con sezione simmetrica a doppio T,
semplicemente appoggiata e soggetta al carico uniforme ݍ:
Volendo limitare la freccia in esercizio dovuta ai carichi accidentali a 1/300 della luce
(per esempio, nel caso di coperture praticabili), tale condizione può diventare più
stringente di quella di resistenza del materiale.
Tenendo conto che ܮȀ݄ ̱ 15 - 30, diciamo 20 per fissare le idee:
ʹͶ ݒ௫ ͳ ʹͶ ͳ ͳ
ߪ௫ ൌ ܧൌ ʹͳͲͲͲͲ ൌ ͳͺ
ͷ ܮ ܮȀ݄ ͷ ͵ͲͲ ʹͲ
Che è una tensione piuttosto limitata per l’acciaio (anche per un S235).
Tolleranze
Nelle strutture metalliche, dovendo assemblare pezzi preparati in officina, è
fondamentale il rispetto di tolleranze dimensionali ben definite.
Si distingue tra:
Tolleranze essenziali: sono quelle tolleranze dimensionali il cui mancato rispetto può
minare la sicurezza strutturale, comportando coazioni e forzamenti non presi in conto in
fase di progettazione;
Tolleranze funzionali: sono quelle tolleranze dimensionali il cui mancato rispetto può
implicare problemi di montaggio, incompatibilità con elementi non strutturali (facciate,
vie di corsa di carriponte, etc.) e malfunzionamenti vari (per esempio, infiltrazioni
d’acqua).
I valori massimi di tali tolleranze dimensionali sono fissati dalla norma EN 1090-2.
Edifici multipiano
Bisogna concepire una struttura che sia in grado di portare in fondazione i carichi
verticali applicati ai piani e in copertura, nonché i carichi orizzontali applicati in facciata
(oltre alle azioni sismiche).
Da: G. Ballio, F. M. Mazzolani, Strutture in acciaio, Hoepli
Un aspetto molto importante riguarda la realizzazione dei nodi, che potranno essere
rigidi (strutture a telaio vere e proprie) oppure articolati (strutture a ritti pendolari e
controventi). Nel primo caso, i collegamenti sono molto più complessi e costosi e il
montaggio è meno speditivo. La struttura è potenzialmente duttile ma può avere
problemi di deformabilità. Non di rado si concepiscono dei telai a nodi rigidi in una
direzione e nodi articolati con controventi nell’altra.
Costruzioni Metalliche Elementi di concezione strutturale
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Azioni verticali
Chiaramente, le travi principali saranno ordite in una direzione (quella dei telai a nodi
rigidi, se del caso) e i carichi verticali ai piani saranno trasferiti alle travi e da queste
alle colonne mediante i solai (lamiera grecata, lamiera grecata riempita di calcestruzzo
collaborante, cemento armato, etc.). Questi ultimi risulteranno orditi nella direzione
perpendicolare a quelle delle travi.
Nei casi di luci particolarmente rilevanti rispetto alla tipologia di solaio scelta, si può
anche ricorrere a travi secondarie ordite perpendicolarmente alle travi principali. Il
solaio sarà quindi ordito nella direzione delle travi principali.
Azioni verticali
L’utilizzo di lamiere grecate speciali (per esempio, Planja TRP 200, sviluppata in Svezia),
cosiddette «di terza generazione», consentono di superare luci fino a 12 m nelle
coperture e fino a 6 m negli impalcati di calpestio, consentendo di superare luci
importanti senza utilizzare altre strutture secondarie tra le travi principali.
200 mm
800 mm
Da: G. Ballio, F. M. Mazzolani, C. Bernuzzi, R. Landolfo, Strutture di Acciaio – Teoria e Progetto, Hoepli
Azioni orizzontali
Nel caso di strutture pendolari (nodi articolati), oppure nella direzione perpendicolare
a quella dei telai principali, i carichi orizzontali devono essere portati in fondazione
mediante una o più strutture a mensola (controventi verticali).
I controventi possono essere setti o nuclei in cemento armato oppure strutture
reticolari in acciaio (di solito con schemi a croci di Sant’Andrea oppure a K).
Azioni orizzontali
In primo luogo, però, è necessario ricorrere ad elementi resistenti di piano in grado di
trasmettere i carichi ai nodi travi-colonne oppure ai controventi verticali e di lì in
fondazione. Questo viene fatto tramite i solai stessi (necessità, però, di controventi
provvisori in fase di montaggio) oppure tramite specifici controventi di piano.
Direzione dei
telai a nodi rigidi
Si può anche avere una situazione intermedia, ovvero quella di colonne continue
incastrate alla base, cui sono articolate le travi ai vari piani. Tale configurazione può
essere vantaggiosa per le travi ma porta ad un notevole incremento della flessione
nelle colonne, mancando l’apporto dei momenti di continuità delle travi.
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Costruzioni Metalliche Elementi di concezione strutturale
22
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Costruzioni Metalliche Elementi di concezione strutturale
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Da: G. Ballio, F. M. Mazzolani, C. Bernuzzi, R. Landolfo, Strutture di Acciaio – Teoria e Progetto, Hoepli
200 mm
800 mm
Da: G. Ballio, F. M. Mazzolani, C. Bernuzzi, R. Landolfo, Strutture di Acciaio – Teoria e Progetto, Hoepli
Travi principali
Le travi principali ricevono i carichi dal manto di copertura o dagli arcarecci e li
trasferiscono alle colonne. Possono essere sia travi reticolari (a correnti paralleli o a
capriata) che travi in parete piena (spesso a doppio T). Di solito, le prime ottimizzano
il quantitativo di acciaio utilizzato, mentre le seconde possono ridurre le lavorazioni e
favorire comportamenti duttili.
Travi principali
Per il predimensionamento delle travi reticolari, al fine di limitare le frecce in
esercizio, si può far riferimento alle seguenti indicazioni di massima:
݄ ͳ ͳ
̱ ൊ per travi in semplice appoggio
ܮͺ ͳͲ
݄ ͳ ͳ
̱ ൊ per travi continue su più luci poco diverse fra loro
ͳ Ͳͳ ܮ
Un altro aspetto importante è la scelta della maglia tipica che definisce la travatura
reticolare.
Travi reticolari
• Schema a V, con aste verticali aggiunte in
corrispondenza di carichi concentrati
all’estradosso e/o all’intradosso
- da 2 a 5 aste che convergono nei nodi
(realizzazione più complicata)
- lunghezza dimezzata dei puntoni orizzontali
ma stessa lunghezza di quelli obliqui
Da: E. F. Radogna, Tecnica delle Costruzioni, Zanichelli
- maggiore peso per unità di lunghezza
• Schema a N
- da 2 a 4 aste che convergono nei nodi
- le aste oblique, più lunghe, sono tese
- maglia compatta e quindi pesante
Da: E. F. Radogna, Tecnica delle Costruzioni, Zanichelli
Travi reticolari
• Schema a K
- da 2 a 4 aste che convergono nei nodi
- montanti compressi di lunghezza dimezzata
per l’incrocio con le aste oblique
- tipologia usata di rado per travi contenute nei
piani verticali per questioni estetiche. Molto
usato, invece, come controvento superiore dei
Da: E. F. Radogna, Tecnica delle Costruzioni, Zanichelli ponti ferroviari e in altri sistemi di controvento.
Travi reticolari
Spesso lo schema a V con aste verticali e lo schema a N risultano quelli più idonei.
Di solito, l’inclinazione rispetto all’orizzontale delle aste oblique è compresa tra 30° e 50°.
Aste poco inclinate → grandi piastre di attacco
Aste molto inclinate → maglie strette → richiesti grandi quantitativi di acciaio
Fink o Polonceau
Inglese o Howe
Warren
Pratt o Mohnié
Bowstring
Da: G. Ballio, F. M. Mazzolani, C. Bernuzzi, R. Landolfo, Strutture di Acciaio – Teoria e Progetto, Hoepli
Listelli Listelli
Montanti
Da: G. Ballio, F. M. Mazzolani, Strutture in acciaio, Hoepli
Listelli
Controvento
longitudinale di falda,
qui necessario per
trasferire i carichi
orizzontali
Controventi verticali
I controventi verticali possono rappresentare un ostacolo all’utilizzo del capannone
(limitazioni sulle aperture), cosicché non è raro ricorrere a soluzioni diverse
dall’ingombrante croce di Sant’Andrea (anche se magari staticamente meno efficienti).
Controventi verticali
Inoltre, spesso si evita di posizionare i controventi in posizione estrema, per non avere un
aggravio della compressione negli elementi longitudinali per effetto delle variazioni
termiche positive (allungamenti). Tuttavia, specie per capannoni molto lunghi, il singolo
controvento potrebbe portare a dilatazioni eccessive, per cui si può optare per controventi
di estremità e un giunto di dilatazione termica (anche semplice asolatura dei collegamenti
bullonati).
Da: G. Ballio, F. M. Mazzolani, C. Bernuzzi, R. Landolfo, Strutture di Acciaio – Teoria e Progetto, Hoepli
Tipologie strutturali
Per quanto riguarda i vincoli esterni della
copertura, si possono distinguere tre
situazioni:
a) telai in ambedue le direzioni;
b) telai in direzione trasversale (anche con
travi ad anima piena) e controventi in
direzione longitudinale;
c) controventi in entrambe le direzioni.
Tipologie strutturali
La soluzione a) rappresenta un aggravio per
le colonne, specie se costituite da sezioni a
doppio T, perché devono lavorare a flessione
in entrambe le direzioni principali.
La soluzione c) è ottimale dal punto di vista
della flessione nelle colonne ma richiede un
comportamento a trave del tetto (lamiere
collaboranti a taglio oppure aggravio della
controventatura di falda) → complicazione
dei dettagli costruttivi e maggiori difficoltà in
caso di ampliamento del capannone.
Ingombro del controvento anche nelle pareti
trasversali.
La soluzione b) è la più usata.
Tipologie strutturali
Supponendo di avere colonne incastrate alla base in direzione trasversale, altre due parole
devono essere spese sul funzionamento del sistema trave-colonne in tale piano. Se il
traverso e le colonne hanno rigidezze confrontabili, come di solito succede nel caso di travi
principali in parete piena, il comportamento è quello tipico del telaio.
Invece, se la trave trasversale è reticolare, tende ad essere molto più rigida flessionalmente
rispetto alle colonne, e si ha un comportamento a telaio shear-type. Questo minimizza i
momenti flettenti nelle colonne ma porta a significativi momenti flettenti nelle travi
trasversali per effetto dei carichi orizzontali, con conseguente compressione della briglia
inferiore, che invece risulta essere tesa per i carichi verticali.
Tipologie strutturali
Questo può rappresentare un notevole aggravio per la struttura, anche nel caso in cui tali
sforzi normali siano di modesta entità, perché la briglia inferiore di solito non è
controventata.
Si può ovviare a questo problema disponendo delle controventature longitudinali oppure
triangolando le briglie inferiori con quelle superiori mediante elementi tesi.
Tipologie strutturali
In alternativa, si può pensare di non solidarizzare il collegamento in A (per esempio,
asolando i fori della bullonatura), trasformando il traverso in un pendolo per le colonne.
Questo massimizza il momento nelle colonne per effetto dei carichi orizzontali ma annulla
il momento in capriata, facendo sì che l’effetto dei carichi orizzontali costituisca solo un
aggravio di compressione nella briglia superiore, che è già compressa per effetto dei carichi
verticali.
Da: G. Ballio, F. M. Mazzolani, C. Bernuzzi, R. Landolfo, Strutture di Acciaio – Teoria e Progetto, Hoepli
Colonne e carriponte
La scelta della tipologia di colonne sarà strettamente legata alla presenza o meno del
carroponte e alla portata di questo. Le soluzioni (a) e (b) vanno bene per carriponte poco
impegnativi mentre le altre sono tipiche di carriponte di portata maggiore. In particolare,
le soluzioni (c) e (d) sono dette «a baionetta».
Da: G. Ballio, F. M. Mazzolani, C. Bernuzzi, R. Landolfo, Strutture di Acciaio – Teoria e Progetto, Hoepli
Costruzioni Metalliche
Modelli di calcolo
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ߙ ߙ௨
Questo significa che una soluzione equilibrata ma non congruente con i vincoli effettivi
è certamente a vantaggio di sicurezza nei confronti del collasso della struttura (non in
esercizio, però), a patto che in nessuna sezione venga violata la condizione di
plasticizzazione (ovvero i vari elementi siano stati progettati per resistere alle azioni
calcolate coerentemente con il modello di calcolo assunto).
Nella realtà, i momenti di continuità ci saranno alle estremità di aste che non sono
effettivamente incernierate. Tuttavia, scorrimenti delle unioni e/o plasticizzazioni locali
(che non portano alla rottura del materiale, sfruttando la duttilità dell’acciaio)
condurranno l’asta a comportarsi come se veramente fosse incernierata, prima del
raggiungimento della capacità ultima.
Costruzioni Metalliche Modelli di calcolo
6
݈ ൌ lunghezza di libera
inflessione adottata nel
calcolo
݈
݈ᇱ ൌ lunghezza di libera
݈ᇱ
inflessione effettiva in campo
elastico
La presenza dei momenti di continuità riduce la capacità portante dell’asta, che però è
stata calcolata considerando una lunghezza di libera inflessione ben maggiore di quella
reale. Quando gli estremi cominciano a ruotare per la plasticizzazione delle aste nelle
zone di estremità, la lunghezza di libera inflessione effettiva aumenta fino ad avvicinare
quella teorica.
- Ininfluenza degli effetti geometrici del secondo ordine dovuti alle deformazioni
Chiaramente, tutti questi aspetti dovranno in qualche modo essere verificati dopo la
fase di calcolo e progettazione della struttura.
Giunto trave-colonna
Come primo esempio di calcolo e progettazione coerente con il modello assunto, si
considera il caso di un collegamento tra una trave e una colonna con squadrette bullonate.
Giunto trave-colonna
Giunto trave-colonna
Giunto trave-colonna
Giunto trave-colonna
Normalmente, si sceglie lo schema che risulta meno gravoso per l’elemento che
costituisce il punto debole della struttura. Comunque, tutti e tre gli schemi sono a
vantaggio di sicurezza. Per esempio, per una colonna disposta secondo l’asse debole,
tenuto conto che l’eccentricità ܽ è piccolissima (metà dell’anima) e che un momento
flettente può risultare particolarmente gravoso, si può optare per lo schema 1). Al
contrario, per una colonna disposta secondo l’asse forte (specie se con altezza
notevole della sezione), tenuto conto che un momento flettente non crea grossi
problemi a quest’ultima ma che le eccentricità ܽ e ܽ ݁ possono risultare molto
gravose per i giunti si può optare per gli schemi 2) o 3).
Travature reticolari
Nelle strutture reticolari, come già detto, considerare le aste incernierate alle
estremità risulta essere a vantaggio di sicurezza, nonostante si trascurino i momenti
che nascono dalla solidarizzazione dei nodi, a patto che siano soddisfatte le due ipotesi
seguenti:
- la lunghezza di libera inflessione nel piano della trave sia pari alla distanza fra le
cerniere ideali
- lo schema venga tracciato in base agli assi baricentrici.
Nelle aste bullonate, questo può porre dei problemi, specialmente per profili angolari,
in quanto spesso non è possibile disporre i bulloni in corrispondenza dell’asse
baricentrico per l’interferenza con il raccordo tra anima e ala dell’angolare.
Travature reticolari
Gli angolari sono forati lungo l’asse di truschino (mezzeria dell’ala), che non coincide con
l’asse baricentrico.
La risultante delle tensioni nell’asta viaggia lungo l’asse baricentrico e anche la risultante
delle azioni trasmesse alla piastra di nodo dalle altre aste è diretta lungo l’asse baricentrico.
Serviranno quindi delle azioni taglianti nei bulloni (trasmesse dagli angolari e dalla piastra),
perpendicolari all’asse baricentrico, per deviare il flusso delle tensioni dall’asse baricentrico
dell’asta all’asse di truschino e da questo di nuovo al primo. Questo equivale ad un
momento parassita nella bullonatura pari a ܰ݁.
Travature reticolari
Nel caso delle unioni bullonate di aste reticolari composte da coppie di angolari, il
tracciamento lungo gli assi baricentrici comporta che i fori nelle piastre non concorrano in
un punto. Questo può essere scomodo per il tracciamento e il disegno delle piastre di
nodo. In alcuni casi, quindi, si preferisce tracciare le travature secondo gli assi di truschino,
cosicché gli assi baricentrici non convergono in un punto. Nasce quindi un momento
parassita nel nodo, nel caso in figura pari a ܰସ ݁, che si ripartisce fra le varie aste. Tuttavia,
deve essere notato che ܰସ ݁ è tanto più grande quanto più ci si avvicina agli appoggi (ܰସ è
proporzionale all’azione tagliante), verso cui però tende a diminuire il momento flettente.
Se la briglia superiore e quella inferiore sono a sezione costante, come quasi sempre
accade, risultano via via meno impegnate man mano che ci si muove verso gli appoggi.
Costruzioni Metalliche Modelli di calcolo
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Travature reticolari
Questo significa che il suddetto momento parassita non compromette la statica di tali
elementi, anche se viene trascurato nel calcolo.
Si ammette quindi il tracciamento delle travature reticolari lungo gli assi di truschino senza
considerare i momenti parassiti nelle aste, a patto di non avere rilevanti fenomeni di fatica
e di dimensionare la bullonatura tenendo conto dei momenti parassiti (la bullonatura, in
sostanza, non deve risultare meno resistente di quella che si sarebbe ottenuto seguendo
la strada del tracciamento secondo gli assi baricentrici).
Controventi
Controventi
Se il diagramma sforzo normale-allungamento ܰ െ ȟ è uguale in compressione e in
trazione per le varie aste, ne deriva che gli sforzi normali nei due diagonali sono uguali in
valore assoluto → la struttura può essere vista come la sovrapposizione di due strutture
isostatiche che lavorano in parallelo.
Tuttavia, mentre le aste tese avranno un comportamento lineare fino alla plasticizzazione,
quelle compresse e in particolare il diagonale compresso (valore maggiore dello sforzo e
snellezza maggiore) potranno non avere un comportamento lineare, inflettendosi per
effetto dell’instabilità dell’equilibrio.
Controventi
Questo sarà tanto più plausibile (cioè avverrà per valori inferiori del carico) quanto
maggiore è la snellezza dell’asta compressa diagonale:
Se si dimensiona il controvento con una snellezza ridotta (per fissare le idee, ߣ ൏ ͳͲͲ), il
comportamento è quello visto in precedenza ed entrambe le aste diagonali collaborano
per resistere all’azione tagliante. Questo comporterà delle aste diagonali con sezioni
notevoli (si consideri che, quando le forze orizzontali s’invertono, come deve essere
immaginato per l’azione del vento e per quella sismica, il diagonale che era teso diventa
compresso).
Costruzioni Metalliche Modelli di calcolo
20
Controventi
Però, si può anche scegliere una strada diversa, ovvero dimensionare il controvento
considerando solo il diagonale teso.
ξʹܪ
െܪ
Da: G. Ballio, F. M. Mazzolani, Strutture in acciaio, Hoepli
Si trova ancora una soluzione equilibrata, per cui, secondo il teorema statico dell’analisi
limite, non ci sono problemi per la sicurezza. Bisogna però pensare che, quando le forze
orizzontali si invertono, il controvento che si era instabilizzato fosse rimasto in fase elastica
e sia quindi efficiente a resistere a trazione. Questo richiede di avere una snellezza
notevole (diciamo dell’ordine di ʹͲͲ). In sostanza, secondo questa seconda concezione
strutturale, per far funzionare bene il controvento, bisogna far instabilizzare facilmente le
aste diagonali compresse.
Questo secondo approccio è di solito più economico ma porta ad una maggiore
deformabilità della struttura per carichi orizzontali.
Inoltre, tale strada non è perseguibile quando i controventi sono in aderenza a facciate o
pareti divisorie, dato che lo sbandamento del controvento può danneggiare quest’ultime.
Costruzioni Metalliche Modelli di calcolo
21
Controventi
Discorso analogo può essere fatto per altre tipologie di controvento, come nel caso
concentrico in figura:
Nel primo caso, la struttura viene calcolata con uno schema reticolare isostatico e l’asta
(b) deve essere progettata per lavorare a compressione. Nel secondo caso, invece, si
trascura l’asta diagonale compressa (progettata quindi come molto snella), però il traverso
deve essere considerato continuo in corrispondenza dell’attacco con il diagonale teso
(altrimenti la struttura è labile) e viene quindi a lavorare a flessione (e, coerentemente,
dovrà quindi essere progettato a flessione).
Controventi
Nel caso di un controvento eccentrico, se si considera solo il diagonale teso, aumenta la
flessione nel traverso ma questo schema, ancora una volta, può risultare vantaggioso dal
punto di vista economico.
Controventi di testata
Ragionamenti per certi versi analoghi si applicano anche ai controventi trasversali di edifici
monopiano.
Se le briglie superiori delle capriate, che
sono compresse, tendono a instabilizzarsi
fuori dal piano, il controvento di falda
trasversale tiene fermi i punti in
corrispondenza degli attacchi degli arcarecci,
riducendo così la lunghezza di libera
inflessione.
Per reazione, vengono cedute agli arcarecci
delle azioni ݊ܪ, dove ݊ è il numero delle
capriate che si «appendono» al controvento,
e delle azioni ܴ݊ agli arcarecci/travi di
bordo. Nel caso in figura, gli arcarecci
sarebbero tesi e le travi di bordo compresse.
Tuttavia, la briglia superiore potrebbe anche
tendere a instabilizzarsi nell’altra direzione,
cosicché sarebbero compressi gli arcarecci e
tese le travi di bordo.
Da: G. Ballio, F. M. Mazzolani, Strutture in acciaio, Hoepli
Controventi di testata
Si possono seguire due strade a livello di modello di calcolo e progettazione.
Nel primo caso si può pensare di predisporre un unico controvento di testata, cui sono
«appese» tutte le briglie superiori delle ݊ capriate, oppure un controvento a ciascuna
estremità cui sono appese la metà (݊Ȁʹ) delle capriate. Coerentemente con questo schema
di calcolo, gli arcarecci e le travi di bordo devono essere progettati a pressoflessione e
questo, data la notevole snellezza di tali elementi, può essere un problema.
In alternativa, si può pensare che gli arcarecci siano in grado di reagire solo a trazione.
Questo significa che, a seconda del verso dello sbandamento fuori dal piano delle briglie
superiori delle capriate, reagirà uno solo dei due controventi di testata, cui pertanto
risultano «appese» tutte le ݊ capriate.
Costruzioni Metalliche Modelli di calcolo
25
Arcarecci
Nel caso di arcarecci concepiti con giunti (cerniere) nelle posizioni B, il sistema è isostatico
e quindi le sollecitazioni sono indipendenti dalla rigidezza delle capriate sottostanti (la
soluzione equilibrata è unica).
Arcarecci
Nel caso in cui, invece, l’arcareccio sia continuo su due campate (giunti in A), il sistema è
iperstatico e quindi la soluzione elastica dipende dalla rigidezza delle capriate sottostanti e
questa sarà diversa a seconda della posizione in cui si colloca l’arcareccio.
Arcarecci
Il calcolo è anche complicato dal fatto che, se le giunzioni sono bullonate, le capriate
sottostanti non funzionano più solo come molle ma danno luogo a cedimenti anelastici
per effetto dello scorrimento foro-bullone in corrispondenza di un certo valore del carico.
L’analisi elastica, quindi, oltreché complicata, è anche poco affidabile.
Per questi motivi, basandosi sul teorema statico dell’analisi limite, si preferisce cercare
una soluzione equilibrata, che prescinda dalle condizioni di congruenza effettiva.
Si suppone allora di avere un generico momento all’appoggio intermedio ܯ ൌ ߙܮݍଶ e si
determina conseguentemente le reazioni in corrispondenza degli appoggi ܴ e ܴ e i valori
del momento massimo in campata ܯ௫ .
Arcarecci
Coerentemente con lo schema di calcolo (equilibrato) assunto, gli arcarecci vengono
progettati con i momenti ܯ e ܯ௫ , mentre le capriate con le relative reazioni trasmesse
dagli arcarecci (ܴ e ʹܴ ).
ͳ
ܯ ൌ ߙܮݍଶ Ͳߙ
ͺ
ܮݍଶ
ܯ௫ ൌ ሾͳ െ Ͷߙ ͳ െ ߙ ሿ
ͺ
Arcarecci
Coerentemente con lo schema di calcolo (equilibrato) assunto, gli arcarecci vengono
progettati con i momenti ܯ e ܯ௫ , mentre le capriate con le relative reazioni trasmesse
dagli arcarecci (ܴ e ʹܴ ).
ͳ
ܯ ൌ ߙܮݍଶ Ͳߙ
ͺ
ܮݍଶ
ܯ௫ ൌ ሾͳ െ Ͷߙ ͳ െ ߙ ሿ
ͺ
ܮݍଶ ܮݍ
Per ߙ ൌ Ͳ ՜ ܯ ൌ Ͳǡ ܯ௫ ൌ ǡ ܴ ൌ ǡ ܴ ൌ ܮݍ
ͺ ʹ
Cerniera in corrispondenza Si penalizza l’arcareccio, riducendo al minimo il carico
dell’appoggio intermedio sulla capriata
ͳ ܮݍଶ ͻ ͵ ͷ
Per ߙ ൌ ൌ ͲǤͳʹͷ ՜ ܯ ൌ ǡ ܯ௫ ൌ ܮݍଶ ǡ ܴ ൌ ܮݍǡ ܴ ൌ ܮݍ
ͺ ͺ ͳʹͺ ͺ Ͷ
Continuità perfetta in L’arcareccio continua ad essere progettato per un
corrispondenza momento flettente pari a ܮݍଶ Ȁͺ (anche se di segno
dell’appoggio intermedio opposto), e aumenta l’azione sulla capriata intermedia
Arcarecci
Tuttavia, scegliendo:
ܮݍଶ ܮݍଶ ܮݍ
ߙ ൌ ͲǤͲͺͷͻ ՜ ܯ ൌ ǡ ܯ௫ ൌ ǡ ܴ ൌ ͲǤͺʹͻ ǡ ܴ ൌ ͳǤͳͳ ܮݍ
ͳͳǤ ͳͳǤ ʹ
Costruzioni Metalliche
Il materiale acciaio
Claudio Mannini
claudio.mannini@unifi.it
U i
Università
iàd degli
li S
Studi
di di Fi
Firenze
Dip. Ingegneria Civile e Ambientale
Sommario
• Tipologie di prodotti
• Proprietà meccaniche
• Imperfezioni meccaniche
• Imperfezioni geometriche
• Prova statica di trazione e ciclica di trazione-compressione
• Resilienza
Composizione
Per acciaio s’intende una lega di ferro e carbonio con una percentuale di carbonio
inferiore al 2% (altrimenti si parla di ghisa).
Gli acciai da carpenteria presentano percentuali di carbonio molto basse, tra lo 0.17%
e lo 0.22%. Sono raffreddati molto lentamente, a temperatura ordinaria. Sono
costituiti da ferrite (soluzione solida di ferro e carbonio) e da perlite (ferrite più
cementite [Fe3C]). Presentano anche piccole quantità di manganese e silicio, aggiunte
durante il processo siderurgico per l’azione disossidante e per migliorare la saldabilità
della lega. Ci sono anche minime quantità di impurità nocive, non del tutto eliminate
nel processo di produzione, quali il fosforo, lo zolfo, l’ossigeno, l’idrogeno e l’azoto.
Acciai speciali sono sottoposti a processi particolari (tipo la tempra e il rinvenimento,
per ottenere una lega di elevata resistenza ma non fragile) e presentano composizioni
diverse (per esempio, leghe ferro-carbonio sotto forma di austenite e martensite).
Tipologia di prodotti
A parte alcuni elementi speciali (apparecchi di appoggio o vincoli speciali, che vengono
ottenuti per fucinatura o da fonderia), i vari prodotti di acciaio da carpenteria
provengono in prima battuta dal processo di laminazione.
Tipologia di prodotti
Da lamierini sottili (detti anche «nastri») con spessori dell’ordine di 3-4 mm (talvolta
anche meno) si possono ottenere per piegatura a freddo i cosiddetti profili formati a
freddo, oppure lamiere grecate, lamiere ondulate, etc.
Tipologia di prodotti
Piegatura in continuo per
profili tubolari circolari
Proprietà meccaniche
Le proprietà meccaniche del materiale sono descritte in maniera sintetica da una serie di
parametri dedotti da alcune prove specifiche, nella fattispecie:
- Tensione di rottura a trazione (݂௧ )
- Tensione di snervamento (݂௬ )
- Allungamento percentuale a rottura (ߝ௧ )
- Durezza ()ܸܪ
- Resilienza ()ܸܭ
Il modulo di elasticità normale ( )ܧdi solito è assunto pari a 210,000 MPa.
Le proprietà meccaniche dipendono in prima battuta dalla percentuale di carbonio
presente nella lega (se la percentuale di carbonio aumenta, tendenzialmente ݂௧ , ݂௬ e ܸܪ
aumentano, mentre ߝ௧ e ܸܭdiminuiscono).
Le norme NTC 2018 (Cap. 11) prevedono le modalità con cui devono essere effettuate le prove di
certificazione del materiale da parte del produttore (prove di qualificazione), dei centri di
trasformazione (proprietà meccaniche durante le lavorazioni), delle officine di carpenteria metallica,
nonché le prove di accettazione in cantiere (dichiarazione del materiale ricevuto come conforme).
Progettista, direttore dei lavori e costruttore: responsabilità della qualità dei materiali impiegati.
Collaudatore: responsabilità dell’esame dei certificati delle prove sui materiali e accertamento della
loro conformità al progetto.
Imperfezioni meccaniche
Le varie tipologie di prodotti di carpenteria metallica presentano innumerevoli
imperfezioni, che dipendono anche dalle lavorazioni subite dal pezzo in esame
(laminazione a caldo, laminazione a freddo, piegatura a freddo, taglio alla fiamma,
composizione saldata, etc.).
- Imperfezioni strutturali o meccaniche
- Imperfezioni geometriche
A causa di tali imperfezioni, si parla di aste o lamine «industriali».
Le imperfezioni meccaniche possono essere raggruppate in due macro-categorie:
1) Tensioni residue
2) Disomogenea distribuzione delle caratteristiche meccaniche nella sezione
trasversale
Tali imperfezioni sono tutt’altro che trascurabili, essendo in grado di influenzare
sensibilmente il comportamento meccanico globale dell’elemento strutturale, in
particolare per quanto riguarda i fenomeni di instabilità.
Tensioni residue
Cominciamo col considerare i profilati laminati a caldo. In questo caso, le tensioni
residue (che ovviamente sono autoequilibrate) sono dovute al processo di
raffreddamento dalla temperatura di fine laminazione (dell’ordine dei 600°C).
Se partiamo con il considerare una semplice lamina, è ovvio che le parti esterne tendono
a raffreddarsi più rapidamente ma sono parzialmente impedite nel conseguente
accorciamento dalla parte centrale, che è più calda. Inizialmente avremo, quindi, trazione
alle estremità e compressione nella parte centrale. Però, man mano che il processo di
raffreddamento avanza, i gradienti di tensione si riducono e, ad un certo punto, le parti
esterne sono fredde mentre quelle interne sono ancora calde. Quest’ultime tendono
dunque ad accorciarsi ma sono parzialmente vincolate dalle parti esterne. Ne deriva che
la parte centrale va in trazione e quelle esterne in compressione.
Tensioni residue
In base allo stesso principio, nel caso di un
profilato a doppio T, si raffreddano prima le
parti più lontane dai nodi ala-anima, per cui,
alla fine del processo, ci si aspetta
compressione al centro dell’anima e alle
estremità delle ali e trazioni alle estremità
dell’anima e al centro delle ali.
Essendo autoequilibrate, le tensioni residue
non hanno particolare influenza sulla
resistenza globale del profilato.
Tuttavia, le compressioni alle estremità delle
ali e al centro dell’anima, ovvero lontano dai
«vincoli interni della sezione» (lo vedremo
nella seconda parte del corso), hanno un
Da: C. Bernuzzi, Progetto e verifica delle strutture in acciaio, Hoepli effetto negativo sulla stabilità locale del
profilato.
Tensioni residue
La dinamica del raffreddamento, e quindi
la distribuzione delle tensioni residue, non
dipende dal tipo di acciaio ma dalla
geometria della sezione del profilo e in
particolare dal suo grado di compattezza
(rapporti ݄Ȁܾ, ݐ Ȁ݄, ݐ Ȁܾ, ݐ௪ Ȁ݄, ݐ௪ Ȁܾ).
Per dare un’idea, si possono avere ali
interamente compresse o addirittura
interamente tese.
I profilati laminati a caldo possono essere
sottoposti al processo di raddrizzamento a
freddo (passaggio del profilato attraverso
un treno di rulli, che lo sottopone a
flessione alternata), che, oltre a eliminare
curvature fuori tolleranza, contribuisce a
ridurre le tensioni residue.
Da: C. Bernuzzi, Progetto e verifica delle strutture in acciaio, Hoepli
Tensioni residue
Il raddrizzamento a freddo, unito alle varie tipologie di raffreddamento, fa sì che i dati
delle prove sperimentali siano molto dispersi. Tuttavia, per dare un’idea del fenomeno,
le tensioni residue di compressione alle estremità delle ali di un profilato a doppio T
raggiungono facilmente i 100-140 MPa, mentre quelle al centro dell’anima possono
anche superare i 200 MPa.
Ali Anima
Tensioni residue
Nel caso di lamiere tagliate alla fiamma, il calore concentrato prodotto dalla fiamma
fa sì che, a raffreddamento avvenuto, in una zona prossima al taglio ci siano forti
tensioni di trazione che facilmente raggiungono lo snervamento (modelli in
letteratura per la stima di ܿ e, di conseguenza, dei valori delle tensioni compensative
di compressione).
Tensioni residue
Per i profili sagomati a freddo, si può partire sia da lamiere laminate a freddo che a
caldo.
Nel caso di lamiere laminate a freddo, le tensioni residue sono di origine meccanica: il
processo tende ad allungare le fibre esterne e a lasciare indeformate quelle più interne.
Queste ultime vincolano parzialmente quelle esterne, che quindi risultano compresse,
mentre quelle interne saranno tese.
In questo caso la variazione di tensione è sullo spessore, per cui le tensioni residue
tendono ad avere un effetto minore sulla stabilità locale dei profili sagomati a freddo
rispetto a quelli laminati a caldo.
Tensioni residue
Nel caso dei profili in composizione saldata, l’apporto di calore avviene in una porzione
molto limitata dei pezzi da collegare. In questo caso, non è tanto la geometria a giocare
un ruolo sulle tensioni residue, quanto il quantitativo di calore apportato, la profondità
della zona interessata dalla saldatura, lo spessore dei piatti collegati, la modalità della
saldatura (tipologia, numero di passate, etc.).
Durante e subito dopo le operazioni di saldatura ci saranno delle zone ad elevatissima
temperatura che, raffreddandosi, tenderanno ad accorciarsi ma saranno impedite in
questo dalle parti contigue. Ne deriva che il materiale di riporto e le porzioni di piatto
immediatamente adiacenti andranno in fortissima trazione (raggiungendo facilmente la
tensione di snervamento), mentre le parti fredde andranno in compressione.
Tensioni residue
Nel caso dei profili in composizione saldata, l’apporto di calore avviene in una porzione
molto limitata dei pezzi da collegare. In questo caso, non è tanto la geometria a giocare
un ruolo sulle tensioni residue, quanto il quantitativo di calore apportato, la profondità
della zona interessata dalla saldatura, lo spessore dei piatti collegati, la modalità della
saldatura (tipologia, numero di passate, etc.).
Durante e subito dopo le operazioni di saldatura ci saranno delle zone ad elevatissima
temperatura che, raffreddandosi, tenderanno ad accorciarsi ma saranno impedite in
questo dalle parti contigue. Ne deriva che il materiale di riporto e le porzioni di piatto
immediatamente adiacenti andranno in fortissima trazione (raggiungendo facilmente la
tensione di snervamento), mentre le parti fredde andranno in compressione.
Nei cordoni di saldatura si svilupperanno sia tensioni ߪ צche ߪୄ . Le seconde di solito
non sono elevatissime (dell’ordine dei 100 MPa) mentre le prime possono raggiungere il
valore di snervamento. Inoltre, quest’ultime sono più importanti perché tendono a
combinarsi con l’effetto dei carichi esterni.
Imperfezioni geometriche
Per imperfezioni geometriche s’intendono tutte le variazioni di forma delle membrature
rispetto alla geometria ideale. Sono dovute, per esempio, al graduale consumo dei rulli
sbozzatori di un treno di laminazione.
- Imperfezioni trasversali: rispetto alla sezione retta del profilo (spessori, altezza,
larghezza, mancanza di ortogonalità e parallelismo tra i piatti, asimmetrie, etc.).
- Imperfezioni longitudinali: relative all’asse della membratura (mancanza di rettilineità,
freccia, eccentricità del baricentro delle sezioni).
- Imperfezioni del sistema strutturale: relative all’intero complesso strutturale o ad una
sua porzione (differenze di lunghezza degli elementi di un telaio, difetti di verticalità
delle colonne o di orizzontalità delle travi, diverse posizioni dei vincoli alla base,
differenze di quota dei nodi trave-colonna, etc.).
Imperfezioni geometriche
Le variazioni di spessore (specialmente nelle ali dei profilati) sono di gran lunga le
imperfezioni trasversali più marcate. Da prove sperimentali su migliaia di profili è stato
visto che le ali tendono ad essere più sottili e le anime più spesse dei valori nominali.
Inoltre, le proprietà inerziali relative agli assi forti risultano tendenzialmente più vicine ai
valori nominali rispetto a quelle relative agli assi deboli (cfr. G. Ballio, F. M. Mazzolani,
Strutture in acciaio, Hoepli).
Le normative fissano delle tolleranze massime ammesse per la classificazione dei vari
prodotti.
Imperfezioni geometriche
A livello longitudinale, di solito si considera l’eccentricità del baricentro rispetto alla
posizione nominale e la freccia del profilo. Nel caso di prove sui profili IPE 160,
l’eccentricità del baricentro è risultata compresa tra 0 e 2 mm (cfr. G. Ballio, F. M.
Mazzolani, Strutture in acciaio, Hoepli).
Inoltre, prove su vari profilati saldati e laminati hanno mostrato che l’assunzione di una
deformata semi-sinusoidale è una semplificazione ragionevole per la stima degli effetti
della cosiddetta imperfezione di centinatura.
Imperfezioni geometriche
Normalmente, le imperfezioni locali delle aste non devono essere considerate nelle
valutazioni di stabilità, perché implicitamente portate in conto dai metodi di verifica.
Tuttavia, in situazioni particolari (per esempio, effetti delle imperfezioni dell’elemento
controventato sull’analisi del sistema di controvento oppure analisi globale di telai a nodi
spostabili sensibili agli effetti del secondo ordine) sarà necessario tener conto anche dei
difetti di rettilineità e di altre imperfezioni locali delle aste (cfr. C4.2.3.5 nella circolare
relativa a NTC 2018).
Imperfezioni geometriche
Se la verifica della membratura è eseguita mediante un’apposita analisi del secondo
ordine, allora si dovrà considerare un’imperfezione locale dell’asta.
Gli effetti delle imperfezioni di centinatura
possono comunque essere trascurate in caso
di forze trasversali di notevole entità.
Nel caso di telai a nodi spostabili, tali effetti
possono senz’altro essere trascurati se:
ܰாௗ ൏ ͲǤʹͷ ܰ
dove ܰ è il carico critico elastico della
colonna per la tipologia di instabilità
considerata.
Carico trasversale equivalente:
ͺ݁ ܰாௗ
ݍൌ
ܮଶ
In base al metodo di analisi e alla
curva d’instabilità, NTC 2018 e EC 3
fissano i valori di riferimento di
݁ Ȁ( ܮvalori dimezzati per
Da: C. Bernuzzi, Progetto e verifica delle strutture in acciaio, Hoepli l’instabilità flesso-torsionale)
Costruzioni Metalliche Il materiale acciaio
29
Imperfezioni geometriche
A livello di imperfezioni del sistema strutturale, si può tener conto del difetto di verticalità
delle colonne di telai a nodi spostabili mediante azioni orizzontali aggiuntive,
proporzionali ai carichi verticali di pertinenza di ciascun piano.
߮ ൌ ߙ ߙ ߮
Imperfezioni geometriche
L’errore di verticalità può essere trascurato nel caso in cui le azioni orizzontali effettive
agenti sul telaio siano di notevole entità, in particolare se:
ܪாௗ ͲǤͳͷ ܳாௗ
dove ܪாௗ e ܳாௗ rappresentano rispettivamente la risultante delle forze orizzontali (taglio
di piano) e di quelle verticali in corrispondenza della base delle colonne del piano.
Si può anche valutare l’effetto delle imperfezioni del sistema strutturale sugli
orizzontamenti nella maniera seguente:
Nel caso di acciai extraduri o trattati termicamente, sparisce la fase di snervamento per
cui si utilizzano metodi alternativi per la stima di ݂௬ (per esempio, deformazione residua
pari allo 0.1%).
Costruzioni Metalliche Il materiale acciaio
32
Resilienza
La prova di resilienza si effettua con un dispositivo a caduta pendolare (pendolo di Charpy),
utilizzando provini con intagli unificati (il più comune è quello cosiddetto di tipo )ܸܭ.
Da: G. Ballio, F. M. Mazzolani, Strutture in acciaio, Hoepli
݄ ݃ܯെ ݄
ܸܭൌ
ܣ
Da: C. Bernuzzi, Progetto e verifica delle strutture in acciaio, Hoepli
Resilienza
Generalmente, la resilienza decresce al crescere della resistenza meccanica del materiale
e dipende fortemente dalla temperatura. Infatti, ripetendo la prova a varie temperature,
si individua una temperatura di transizione, al di sotto della quale la resilienza si riduce a
valori estremamente bassi e potenzialmente inammissibili (tendenza alla rottura fragile).
La temperatura di transizione può essere abbassata (ovvero la resilienza può essere
incrementata), operando sul contenuto di carbonio o di nichel, oppure tramite processi di
bonifica (eliminazione delle impurità che innescano le cricche).
Sarebbe auspicabile garantire che gli acciai impiegati nelle costruzioni avessero una
temperatura di transizione inferiore alla minima temperatura di esercizio della struttura.
Resilienza
In realtà, si ragiona in maniera un po’ diversa. Le norme fissano un limite inferiore alla
resilienza ܸܭ, di solito pari a 27 J/cm2 (corrispondente alla fine della zona di transizione,
poco prima dell’inizio di quella ad andamento costante inferiore), che un acciaio di un
dato grado deve garantire ad una certa temperatura di riferimento.
Alla resilienza, e quindi al grado dell’acciaio, è legata la saldabilità.
ܸܭ
Una tenacità sufficiente dell’acciaio deve essere garantita per membrature soggette a
trazione (anche solo temporaneamente durante eventuali cicli di tensione), specialmente
se saldate e soggette a problemi di fatica.
Costruzioni Metalliche Il materiale acciaio
40
Resilienza
L’Eurocodice 3 (EN 1993-1-10, richiamato anche dalla NTC 2018) stabilisce lo spessore
massimo ammissibile degli elementi strutturali per un acciaio di un dato grado, in funzione
della temperatura di riferimento e della tensione nominale in esercizio (rispetto a quella di
snervamento).
Da: UNI EN 1993-1-10
Resilienza
La temperatura di riferimento ܶாௗ dipende dalla più bassa temperatura dell’aria attesa per
il sito della costruzione per un determinato tempo di ritorno, eventualmente ridotta per
tener conto della perdita di calore da irraggiamento (in assenza di studi specifici, la NTC
2018 fissa ܶ୫୧୬ = -25°C per un tempo di ritorno di 50 anni e ܶ୫୧୬ +15°C per strutture
protette).
L’Eurocodice 3, tuttavia, riduce tale valore per tener conto di altri fattori, tra cui gli urti
(elevate velocità di deformazione associate ai carichi) e il grado di piegatura a freddo
(abbiamo detto che aumenta la resistenza ma riduce la tenacità del materiale).
݂௬ ሺݐሻ è la tensione di snervamento (in MPa) che tiene conto dello spessore:
ݐ
݂௬ ݐൌ ݂௬ǡ୬୭୫ െ ͲǤʹͷ
ݐ
dove ݐè lo spessore del piatto in mm e ݐ ൌ ͳ mm.
Assumendo la temperatura di riferimento come azione di base (che riduce la tenacità
dell’acciaio ma che può generare anche sollecitazioni se risultano impedite le deformazioni
associate), l’Eurocodice 3 definisce anche una specifica combinazione di carico per il calcolo
delle tensioni in esercizio ߪாௗ .
Strappi lamellari
Il difetto più pericoloso associato alle saldature è costituito dagli strappi lamellari, capaci
di portare a rotture fragili del materiale. Si tratta di un fenomeno di fessurazione che
può manifestarsi nei materiali laminati sollecitati perpendicolarmente rispetto al piano
di laminazione (cfr. proprietà attraverso lo spessore in EN 1993-1-10).
Gli strappi lamellari possono formarsi per effetto degli sforzi trasversali concentrati
dovuti al ritiro delle saldature. Si manifestano in corrispondenza delle micro-inclusioni
non metalliche presenti nel piatto, che per effetto del processo di laminazione,
tenderanno ad assumere una conformazione lamelliforme nella direzione del piano di
laminazione.
Da: C. Bernuzzi, Progetto e verifica delle strutture in acciaio, Hoepli Da: G. Ballio, F. M. Mazzolani, Strutture in acciaio, Hoepli
Strappi lamellari
Analizzando giunti a completa penetrazione tra piatti di elevati spessori con tecniche
fotoelastiche, si vede che a qualche millimetro dalla saldatura si hanno deformazioni
dell’ordine del 2 % e che, ad una distanza di circa 5 mm dal giunto, tali deformazioni
sono ancora dello 0.5 %, ovvero varie volte maggiori del limite elastico del materiale (tra
lo 0.1 % e lo 0.2 %).
Strappi lamellari
In presenza di eventuali micro-inclusioni non metalliche nel piatto, si può avere
un’apertura di micro-fessure per effetto delle deformazioni provocate dalla saldatura. Se
il materiale non presenta una sufficiente duttilità (ricordiamo il concetto di resilienza,
che si lega a quello di saldabilità), si possono formare delle vere e proprie fessure, che
possono dar luogo a rotture in fase di lavorazione o di esercizio della struttura.
Il fenomeno è più frequente nel caso di acciai più resistenti, che hanno, sì, un limite
elastico maggiore ma che sono anche meno duttili. Inoltre, è fortemente dipendente
dallo spessore del piatto su cui agiscono le forze trasversali dovute al ritiro della
saldatura. In linea di principio, gli strappi lamellari interessano piatti di almeno 40 mm
di spessore, però sono stati rilevati talvolta problemi anche per spessori dell’ordine di
25-30 mm.
→ necessità di limitare gli spessori in base alla resilienza del materiale.
Strappi lamellari
Per evitare il problema degli strappi lamellari, in fase progettuale, si devono studiare
particolari costruttivi atti a ridurre:
- Il ritiro delle saldature;
Strappi lamellari
- Il valore della componente della deformazione normale al piatto, in cui si teme si formi
lo strappo;
Strappi lamellari
Si può anche cercare di ridurre il ritiro delle saldature in fase esecutiva, aumentando il
numero delle passate di saldatura e studiando la sequenza in modo da ottenere la
«spalmatura» del materiale di apporto sul piatto in cui si teme lo strappo («buttering»).
݀ ൌ ݐ ͳ
݀ ൌ ͳͲ ͳ ൏ ݐ൏ ͶͲ
Si tratta di una prova a trazione, nella quale si verifica che, a rottura, risulti:
Costruzioni Metalliche
Verifiche di resistenza
Claudio Mannini
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Sommario
Stati limite
Stati limite ultimi
• Stato limite di equilibrio (globale)
• Stato limite di collasso (raggiungimento della tensione di snervamento oppure
delle deformazioni ultime del materiale, formazione di un meccanismo di collasso,
fenomeni di instabilità dell’equilibrio della struttura nel suo insieme oppure dei
suoi elementi componenti, inclusi quei fenomeni locali di instabilità di cui non si
può tener conto con una riduzione delle aree resistenti)
• Stato limite di fatica
Capacità rotazionale
Le sezioni trasversali delle membrature vengono classificate in base alla cosiddetta
capacità rotazionale:
ߠ
ܥఏ ൌ െͳ
ߠ௬
dove:
ߠ ൌ curvatura della sezione corrispondente al raggiungimento della deformazione ultima
ߠ௬ ൌ curvatura della sezione corrispondente al raggiungimento dello snervamento nella
fibra più sollecitata
Se ܥఏ ൌ Ͳ ֜ ߠ ൌ ߠ௬ ovvero la sezione va in crisi al momento del raggiungimento
dello snervamento nella fibra più sollecitata.
ܥఏ ͵ ฺ ߠ Ͷߠ௬
Nelle fibre più sollecitate della sezione è possibile raggiungere la tensione di snervamento
(si sviluppa il momento resistente elastico) poi, però, il sopraggiungere di fenomeni di
instabilità locale non consente di sviluppare il momento resistente plastico.
• Metodo elastico: gli effetti delle azioni vengono valutati nell’ipotesi che il legame
tensione-deformazione del materiale sia indefinitamente lineare. Tale metodo può
essere applicato a qualunque classe di sezione.
• Metodo plastico: gli effetti delle azioni sono valutati trascurando le deformazioni
elastiche e concentrando quelle plastiche nelle sezioni di formazione delle cerniere
plastiche. Ovviamente, tale metodo può essere applicato solo alle sezioni di classe 1 e
qualora siano trascurabili gli effetti geometrici delle deformazioni (approccio del
secondo ordine).
• Metodo elasto-plastico: gli effetti delle azioni sono valutati introducendo nel modello
di calcolo un legame costitutivo tensione-deformazione di tipo bilineare o più
complesso. Tale metodo può essere applicato per qualunque classe di sezione.
Da sottolineare il fatto che, nel caso delle sezioni di classe 4, la capacità resistente
dovrà essere valutata tenendo conto dei fenomeni di instabilità locale (metodo delle
sezioni efficaci).
Analisi del primo ordine: l’equilibrio è imposto sulla configurazione iniziale indeformata
della struttura.
Analisi del secondo ordine: l’equilibrio viene imposto sulla configurazione deformata della
struttura.
L’andamento del diagramma ܲ െ ݒè sempre lo stesso nel tratto iniziale (valori ridotti del
carico) e poi si differenzia in maniera significativa a seconda del tipo di analisi.
Nel caso della curva ottenuta con un’analisi elasto-plastica del secondo ordine, il collasso
avviene per interazione tra plasticità e instabilità.
Costruzioni Metalliche Verifiche di resistenza
18
ܨ
ߙ ൌ ͳͷ ᇱ
ܨாௗ
dove ߙ è il moltiplicatore dei carichi applicati che induce l’instabilità globale della
struttura, ܨாௗ è il valore dei carichi di progetto, mentre ܨ è il valore del carico
instabilizzante calcolato a partire dalla rigidezza iniziale elastica della struttura.
In pratica, bisogna verificare di essere sufficientemente lontani dalla condizione critica di
instabilità globale della struttura.
Costruzioni Metalliche Verifiche di resistenza
19
dove ܪாௗ è la somma delle reazioni orizzontali alla base delle colonne del piano
considerato (taglio di piano); mentre ܳாௗ è la somma delle reazioni verticali alla base
delle colonne del medesimo piano.
Verifiche
In termini generali, le verifiche di resistenza di una membratura di una struttura in
acciaio dovranno essere effettuate nella maniera seguente:
ܴ
ܴாௗ ܴோௗ ൌ
ߛெ
Nel caso di un’analisi elastica, la verifica è di tipo tensionale e non c’è niente di nuovo.
Si utilizza il criterio di Huber-Hencky-Von Mises per riportarsi ad un caso ideale
monoassiale.
ͳ ଶ ଶ
ߪௗ ൌ ሾ ߪ െ ߪଶ ߪଶ െ ߪଷ ߪଵ െ ߪଷ ଶ ሿ
ʹ ଵ
dove la tensione nel caso monoassiale è stata assunta come «ideale» (ߪௗ ).
Normalmente, siamo interessati a regimi tensionali biassiali, per i quali ߪଷ ൌ Ͳ, da cui:
ߪௗ ൌ ߪ௫ଶ ͵߬ ଶ
ߪௗ ൌ ͵ ߬ ڄ
ܰாௗ ܰ௧ǡோௗ
dove ܣ௧ è l’area della sezione depurata dai fori, mentre ݂௧ è la tensione di rottura del
materiale.
ܣ௧ ͲǤͻʹ ܣ ڄ
Nel caso degli angolari, è molto probabile che risulti necessario collegare entrambe le ali.
Questo aspetto non è trattato nella NTC 2018 ma si trovano vari approcci nelle diverse
normative. Chiaramente, il problema è che le tensioni trasmesse dai bulloni necessitano
di una certa distanza per diffondere in tutta la sezione.
Costruzioni Metalliche Verifiche di resistenza
30
݂௧
ܰ௨ǡோௗ ൌ ߚଷ ܣ௧ tre o più
ߛெଶ bulloni
dove:
ଵ ʹǤͷ݀ ื ߚଶ ൌ ͲǤͶǡ ߚଷ ൌ ͲǤͷ
ଵ ͷ݀ ื ߚଶ ൌ ߚଷ ൌ ͲǤ
ܣ௧ rappresenta l’area netta complessiva del profilato, mentre ݐne indica lo spessore.
Flessione semplice
La figura mostra l’evoluzione delle tensioni secondo un modello elastico-perfettamente
plastico, dal raggiungimento del limite elastico (tensione di snervamento nella fibra
maggiormente sollecitata) fino al limite plastico (sezione interamente plasticizzata).
Flessione semplice
Ovviamente, l’ultimo diagramma delle tensioni (due rettangoli con tensioni ݂௬ di segno
opposto) non rispetta la congruenza della deformazione e rappresenta uno schema
idealizzato della realtà, che fornisce, però, risultati in buon accordo con i dati sperimentali.
Flessione semplice
Questo risultato è ovvio nel caso di una sezione simmetrica rispetto all’asse momento, in
quanto l’asse neutro deve rimanere lo stesso in campo plastico e in campo elastico per
ragioni di simmetria. Tuttavia, nel caso in cui l’asse momento non sia di simmetria per la
sezione, l’asse neutro cambia man mano che avanza la fase plastica.
L’asse neutro deve essere disposto in maniera tale che si abbia l’equilibrio alla traslazione
delle tensioni. Non avendo più una distribuzione lineare delle tensioni, questo non
coincide più con il baricentro (ricordiamoci che, per un asse baricentrico, è nullo il
momento statico della sezione )ܣ݀ݕ.
Flessione semplice
Al raggiungimento del limite plastico, essendo la tensione uniforme (e uguale a ݂௬ ),
l’asse neutro plastico dovrà dividere la sezione in due regioni di uguale area.
Quindi, se andiamo a calcolare il momento plastico per una sezione generica, otteniamo:
݂௬ ݂௬
ൌ ȁܵ ା ȁ ȁܵ ି ȁ ൌ ܹ ڄ ՜ ܹ ൌ ȁܵ ା ȁ ȁܵ ି ȁ
ߛெ ߛெ
Il modulo di resistenza plastico è uguale alla somma dei valori assoluti dei momenti statici
delle due parti della sezione rispetto all’asse che divide la sezione in due parti di uguale
area (asse neutro plastico).
Flessione semplice
ESEMPIO: valutiamo la posizione dell’asse neutro plastico in una sezione triangolare
equilatera.
ʹݔ
ܣଵ
݈ଶ ͵ ͵
ܣൌ
Ͷ
ʹ
݄ ݔ ݈ ͵
͵ ݔଶ ͵ ݄ൌ
ʹ
ܣଵ ൌ ͳ
͵ ݄
͵
݈ଶ ݔଶ ݄െݔ
ܣଶ ൌ ܣെ ܣଵ ൌ ͵ െ
Ͷ ͵ ݈
ܣଶ
Troviamo l’asse neutro plastico identificato dalla quota ݔ. Questo divide la sezione in due
parti di area uguale:
ܣଵ ൌ ܣଶ Come si vede, l’asse
neutro plastico si
ݔ ଶ
݈ ݔ ଶ ଶ
ʹ ݔଶ ݈ଶ ͵ ݄ ʹ trova al di sotto di
ൌ െ ൌ ݔൌ݈ ൌ ؆ ͲǤͲ ݄ ڄ
͵ Ͷ ͵ ͵ Ͷ ͺ ʹ quello elastico
(passante per )ܩ.
Costruzioni Metalliche Verifiche di resistenza
37
Flessione semplice
Da un punto di vista pratico, è interessante valutare quale sia l’incremento di resistenza
fornito dall’escursione in campo plastico della sezione (plasticizzazione dell’intera area
della sezione). A questo proposito, definiamo il cosiddetto fattore di forma:
ܯǡோௗ ܹ
ߙൌ ൌ
ܯǡோௗ ܹ
Flessione semplice
Da: G. Ballio, F. M. Mazzolani, Strutture in acciaio, Hoepli
Nel caso in cui l’ala tesa del profilo sia forata, l’effetto della foratura può essere trascurato
se risulta:
݂௧ ݂௬
ͲǤͻ ܣ ڄǡ௧ ڄ ܣ ڄ
ߛெଶ ߛெ
Taglio semplice
Se si effettua una verifica a taglio semplice in campo elastico, si controlla che:
݂௬
߬ாௗ
ߛெ ͵
dove ߬ாௗ può essere calcolata con la formula di Jourawski:
ܸாௗ ܵଵ௬
߬ாௗ ൌ
ܬ௬ ܾ
In particolare, per le sezioni a doppio T (ma anche a C, a T, a L a Ω), se ܣ ͲǤ ܣ ڄ௪ :
ܸாௗ
߬ாௗ ؆
ܣ௪
Taglio semplice
In campo plastico, invece, si deve verificare che:
ܸாௗ ܸǡோௗ
dove:
݂௬
ܸǡோௗ ൌ ܣ௩
ߛெ ͵
ܣ௩ è l’area resistente a taglio, che, nei profili in parete sottile, è poco maggiore dell’area
dell’anima.
In particolare, per un profilato a doppio T, con taglio parallelo all’anima:
Taglio semplice
Per un profilato tubolare a sezione rettangolare:
݄ ݄
ܣ௩ ൌ ܣ ؆ ʹ ܾ ݐ ݄ ൌ ʹ݄ݐ
ܾ݄ ܾ݄
Se ݄ ൌ ܾ, ܣ௩ ൌ ܣȀʹ.
Per un tubo circolare:
ʹݐܦߨʹ ܣ
ܣ௩ ൌ ؆ ൌ ʹݐܦ
ߨ ߨ
NOTA: La presenza del taglio, assorbito in larga parte dal pannello di anima, rende
necessaria la verifica di stabilità del pannello (imbozzamento), di cui parleremo in seguito.
Costruzioni Metalliche Verifiche di resistenza
42
Taglio e torsione
Qualora la membratura sia soggetta anche a torsione, oltre che a taglio, la verifica deve
tener conto della presenza di entrambe le sollecitazioni:
ܸாௗ ܸǡ்ǡோௗ
dove ܸǡ்ǡோௗ è la resistenza di progetto a taglio in campo plastico, ridotta per la presenza
della torsione (ci torneremo).
Flessione e taglio
L’idea di fondo dei modelli di interazione flessione-taglio è che le zone plasticizzate a
momento flettente non possano portare taglio, che quindi può venire assorbito solo dalle
zone ancora in campo elastico.
Per esempio, nel modello seguente il valore del taglio compatibile con un certo livello di
plasticizzazione della sezione viene determinato coerentemente con il criterio di Huber-
Hencky-Von Mises.
Nel caso di una sezione rettangolare, detti ܸாௗ il taglio agente nella sezione e ʹݕത l’altezza
della porzione centrale della sezione ancora in campo elastico, è possibile scrivere:
Flessione e taglio
ܸாௗ Ͷ ݕത ͳ ଶ ݂௬ ͳ ݂௬ ͳ
ൌ ܯǡோௗ ൌ ܾ݄ ܯǡǡோௗ ൌ ܯǡோௗ െ ʹ ܾݕ ڄ
ത ݕ ڄത
ܸǡோௗ ͵ ݄ Ͷ ߛெ ʹ ߛெ ͵
ଶ ܸ
ܯǡǡோௗ Ͷ ݕത ଶ ͵ Ͷ ݕത
ൌͳെ ൌ ͳ െ ܸǡோௗ
ܯǡோௗ ͵ ݄ଶ Ͷ ͵݄
ଶ
ܯǡǡோௗ ͵ ܸாௗ
ൌͳെ
ܯǡோௗ Ͷ ܸǡோௗ
Quindi, per sua natura, questo modello non contempla il caso di una sezione interamente
plasticizzata a taglio.
La curva d’interazione rappresenta una parabola con l’asse di simmetria coincidente con l’asse
delle ascisse e, visto che nel vertice la curva presenta una tangente verticale, una quantità
modesta di taglio sollecitante comporta solo una piccola riduzione del momento resistente.
Costruzioni Metalliche Verifiche di resistenza
45
Flessione e taglio
In via alternativa, nel caso particolare di una sezione a doppio T, sappiamo che gran parte
della resistenza a flessione viene dalle ali, mentre l’anima fornisce il contributo
preponderante alla resistenza a taglio. Quindi, è lecito ipotizzare che il momento flettente
venga assorbito interamente dalle ali e il taglio dall’anima.
ܣ
ܣ௪
݄௪ ݐ௪ ݄
ܣ
݄௪ Momento flettente
ܯǡோௗ ൌ ܣ ݄ ݂௬ௗ ܣ௪ ݂
Ͷ ௬ௗ resistente in assenza di taglio
Flessione e taglio
ܯǡǡோௗ ܣ ݄ ݂௬ௗ ͳ
ൌ ൌ
ܯǡோௗ ݄ ͳ݄ ܣ
ܣ ݄ ݂௬ௗ ܣ௪ Ͷ௪ ݂௬ௗ ͳ Ͷ ௪ ௪
ܣ ݄
Tuttavia, se ܸாௗ ൏ ܸǡோௗ , l’anima non è interamente plasticizzata a taglio e può quindi
contribuire alla resistenza a flessione. Le norme (NTC 2018 e Eurocodice 3) prevedono
che, per ܸாௗ ͲǤͷ ܸǡோௗ , non ci sia nessuna riduzione della capacità portante a
flessione. Viceversa, se ܸாௗ ͲǤͷ ܸǡோௗ , la resistenza flessionale può essere valutata
considerando una tensione di snervamento ridotta nell’area resistente a taglio:
݂௬ǡௗ ൌ ͳ െ ߩ ݂௬ௗ NOTA: se ܸாௗ ൌ ͲǤͷ ܸǡோௗ ,
֜ ߩ ൌ Ͳ ֜ ݂௬ǡௗ ൌ ݂௬ௗ
con: ଶ
ܸாௗ
ߩൌ ʹ െͳ Invece, se ܸாௗ ൌ ܸǡோௗ ,
ܸǡோௗ ֜ ߩ ൌ ͳ ֜ ݂௬ǡௗ ൌ Ͳ
In particolare, per sezioni a doppio T doppiamente simmetriche, inflesse nel piano forte,
si può scrivere:
ܣଶ௪ ݂௬
ܯǡǡோௗ ൌ ܹ െ ߩ
Ͷݐ௪ ߛெ
Nel caso in cui ci fosse anche torsione, ߩ dovrebbe essere calcolato considerando ܸǡ்ǡோௗ
invece di ܸǡோௗ .
Costruzioni Metalliche Verifiche di resistenza
47
Visto che le fibre più vicine all’asse neutro plastico contribuiscono poco alla resistenza a
flessione, si può pensare che la porzione centrale della sezione assorba lo sforzo normale
effettivamente presente nella sezione, mentre le porzioni rimanenti più esterne della
sezione (di uguale area e quindi in equilibrio alla traslazione) definiscano il momento
resistente ܯǡேǡோௗ .
NOTA: l’abbandono del campo elastico non consente più di utilizzare la relazione di
antipolarità tra centro di pressione e asse neutro.
Costruzioni Metalliche Verifiche di resistenza
48
݂௬
Oppure se:
ೖ
• ܰாௗ ݄௪ ݐ௪ per le sezioni inflesse secondo l’asse debole
ఊಾబ
Flessione biassiale
A favore di sicurezza, la NTC 2018 suggerisce la seguente verifica, in caso di flessione
biassiale (eventualmente accompagnata da sforzo normale di trazione o compressione
ே
con ே ಶ ൏ ͲǤʹ): ܯ௬ǡாௗ ܯ௭ǡாௗ
ǡೃ ͳ
ܯ௬ǡேǡோௗ ܯ௭ǡேǡோௗ
Chiaramente, a parte l’eventuale interazione con lo sforzo normale, si tratta di applicare
la sovrapposizione degli effetti.
ே
Una formula diversa, per ே ಶ ͲǤʹ, viene fornita per le sezioni a doppio T simmetriche.
ǡೃ
Nel caso in cui sia presente anche taglio (ܸாௗ ͲǤͷ ܸǡோௗ ), è necessario procedere come
visto in precedenza, riducendo con ߩ la tensione di snervamento nell’anima.
L’Eurocodice 3 fornisce qualche indicazione in più rispetto alla NTC 2018. In particolare, si
fornisce una formula di interazione non lineare per la tenso- o presso-flessione biassiale:
ఈ ఉ
ܯ௬ǡாௗ ܯ௭ǡாௗ ܰாௗ
ͳ ݊ൌ
ܯ௬ǡேǡோௗ ܯ௭ǡேǡோௗ ܰǡோௗ
ͳǤ
ߙൌʹ ߚ ൌ ͷ݊ ͳ Per sezioni a doppio T ߙൌߚൌ
ͳ െ ͳǤͳ͵݊ଶ
ߙൌߚൌʹ Per tubi circolari Per sezioni tubolari rettangolari
Costruzioni Metalliche
Elementi di
progettazione sismica
degli edifici
Claudio Mannini
claudio.mannini@unifi.it
U i
Università
iàd degli
li S
Studi
di di Fi
Firenze
Dip. Ingegneria Civile e Ambientale
Sommario
• Introduzione
• Telai resistenti a momento
• Strutture con controventi concentrici
• Strutture con controventi eccentrici
• Strutture con sistemi dissipativi speciali
Introduzione
Nei confronti dell’azione sismica, per le strutture metalliche si può seguire sia un
progetto dissipativo che non dissipativo.
Nel caso di progetto non dissipativo, l’azione sismica viene valutata in base allo spettro
di risposta elastico (fattore di struttura ݍൌ ͳ) e non sono richieste attenzioni speciali ai
dettagli costruttivi. Tale approccio è vantaggioso nel momento in cui l’azione sismica è
limitata (perché è bassa la sismicità del sito o per la particolare leggerezza della
costruzione) e soprattutto qualora il progetto della struttura sia guidato da stringenti
limiti di deformabilità allo stato limite di esercizio.
Nel caso di azioni sismiche molto gravose, invece, si può ricorrere al progetto dissipativo.
In questo caso, lo spettro di progetto viene significativamente ridotto rispetto allo
spettro elastico (fattore di struttura ݍ ͳ), facendo affidamento sulla capacità della
struttura di dissipare energia. A tal fine si devono individuare delle parti della struttura (o
degli specifici dispositivi) in grado di dar luogo ad ampie escursioni in campo plastico
senza che si raggiunga il collasso totale o parziale della costruzione. Per far questo, la
domanda di duttilità dovrà essere soddisfatta mediante opportune disposizioni
costruttive (per es. irrigidimenti per evitare le instabilità locali dei piatti). Inoltre, per
garantire che sia l’elemento duttile a lavorare in campo plastico (fusibile duttile), gli altri
elementi strutturali dovranno essere dotati di una sufficiente sovraresistenza e
tendenzialmente lavoreranno in campo elastico durante il sisma di progetto.
Da: G. Ballio, F. M. Mazzolani, C. Bernuzzi, R. Landolfo, Strutture di Acciaio – Teoria e Progetto, Hoepli
Da: G. Ballio, F. M. Mazzolani, C. Bernuzzi, R. Landolfo, Strutture di Acciaio – Teoria e Progetto, Hoepli
Da: G. Ballio, F. M. Mazzolani, C. Bernuzzi, R. Landolfo, Strutture di Acciaio – Teoria e Progetto, Hoepli
Da: G. Ballio, F. M. Mazzolani, C. Bernuzzi, R. Landolfo, Strutture di Acciaio – Teoria e Progetto, Hoepli
Da: G. Ballio, F. M. Mazzolani, C. Bernuzzi, R. Landolfo, Strutture di Acciaio – Teoria e Progetto, Hoepli
Da: G. Ballio, F. M. Mazzolani, C. Bernuzzi, R. Landolfo, Strutture di Acciaio – Teoria e Progetto, Hoepli
Da: G. Ballio, F. M. Mazzolani, C. Bernuzzi, R. Landolfo, Strutture di Acciaio – Teoria e Progetto, Hoepli
Da: G. Ballio, F. M. Mazzolani, C. Bernuzzi, R. Landolfo, Strutture di Acciaio – Teoria e Progetto, Hoepli
Da: G. Ballio, F. M. Mazzolani, C. Bernuzzi, R. Landolfo, Strutture di Acciaio – Teoria e Progetto, Hoepli
Da: G. Ballio, F. M. Mazzolani, C. Bernuzzi, R. Landolfo, Strutture di Acciaio – Teoria e Progetto, Hoepli
Da: G. Ballio, F. M. Mazzolani, C. Bernuzzi, R. Landolfo, Strutture di Acciaio – Teoria e Progetto, Hoepli
Da: G. Ballio, F. M. Mazzolani, C. Bernuzzi, R. Landolfo, Strutture di Acciaio – Teoria e Progetto, Hoepli
aK aD aV a Y rovescia
Da: G. Ballio, F. M. Mazzolani, C. Bernuzzi, R. Landolfo, Strutture di Acciaio – Teoria e Progetto, Hoepli
Link corti
Link lunghi
Da: G. Ballio, F. M. Mazzolani, C. Bernuzzi, R. Landolfo, Strutture di Acciaio – Teoria e Progetto, Hoepli
Da: G. Ballio, F. M. Mazzolani, C. Bernuzzi, R. Landolfo, Strutture di Acciaio – Teoria e Progetto, Hoepli
Da: G. Ballio, F. M. Mazzolani, C. Bernuzzi, R. Landolfo, Strutture di Acciaio – Teoria e Progetto, Hoepli
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Da: G. Ballio, F. M. Mazzolani, C. Bernuzzi, R. Landolfo, Strutture di Acciaio – Teoria e Progetto, Hoepli
Da: G. Ballio, F. M. Mazzolani, C. Bernuzzi, R. Landolfo, Strutture di Acciaio – Teoria e Progetto, Hoepli
Da: G. Ballio, F. M. Mazzolani, C. Bernuzzi, R. Landolfo, Strutture di Acciaio – Teoria e Progetto, Hoepli
Pannelli metallici
In questo caso, l’idea è quella di disporre dei pannelli in acciaio o leghe di alluminio in vari
modi tra le maglie della struttura, in modo tale da dissipare energia quando questi si
plasticizzano per taglio.
Tali sistemi sono particolarmente semplici da
installare ed eventualmente da sostituire,
garantiscono un’ottima duttilità e capacità
dissipativa e contribuiscono anche ad
incrementare la rigidezza orizzontale della
struttura in campo elastico (che abbiamo
visto essere il principale limite dei telai
resistenti a momento). Da: G. Ballio, F. M. Mazzolani, C. Bernuzzi, R. Landolfo, Strutture di
Acciaio – Teoria e Progetto, Hoepli
Da: G. Ballio, F. M. Mazzolani, C. Bernuzzi, R. Landolfo, Strutture di Acciaio – Teoria e Progetto, Hoepli
Pannelli metallici
Affinché i pannelli siano in grado di dissipare grandi quantitativi di energia sismica, è
necessario che siano «compatti»: quelli «snelli», infatti, si instabilizzano in campo elastico e
presentano dunque ridotte capacità dissipative.
Un altro aspetto importante è la scelta del materiale dei pannelli. È necessario che questo
presenti una tensione di snervamento bassa affinché la fase plastica sia raggiunta il prima
possibile e comunque prima dell’insorgere delle instabilità locali nel pannello.
¾ Alluminio trattato termicamente
¾ Acciaio a basso snervamento (in Giappone)
ൈ ͳͲ
Pannello Pannello
snello compatto
Da: G. Ballio, F. M. Mazzolani, C. Bernuzzi, R. Landolfo, Strutture di Acciaio – Teoria e Progetto, Hoepli
Nodi ad attrito
In alternativa ai telai resistenti a momento con formazione di cerniere plastiche alle
estremità delle travi oppure nei nodi, si può pensare ad una struttura che non si danneggi
durante l’evento sismico di progetto ma che dissipi energia per scorrimento con attrito
mediante opportuni dispositivi inseriti nei nodi trave-colonna. Tali elementi possono essere
orizzontali (a sinistra) oppure verticali (a destra) e di solito sono collocati in corrispondenza
dell’ala inferiore della trave, essendo quindi il centro di rotazione del collegamento in
corrispondenza dell’ala superiore.
Da: G. Ballio, F. M. Mazzolani, C. Bernuzzi, R. Landolfo, Strutture di Acciaio – Teoria e Progetto, Hoepli
Costruzioni Metalliche
Verifica a fatica
Claudio Mannini
claudio.mannini@unifi.it
U i
Università
iàd degli
li S
Studi
di di Fi
Firenze
Dip. Ingegneria Civile e Ambientale
Sommario
Il fenomeno
Per fatica s’intende un fenomeno di danneggiamento progressivo di un elemento
strutturale soggetto a fluttuazioni nel tempo delle sollecitazioni, in grado di portarlo
alla rottura fragile per valori del carico anche molto inferiori rispetto a quello statico di
progetto.
Il fenomeno è legato alla formazione e alla propagazione di microlesioni nel materiale.
Da: Y. Liu, T. Ishihara, Fatigue Failure Accident of wind turbine tower in
Taikoyama Wind Power Plant, EWEA 2015
Il fenomeno
Il fenomeno s’innesca preferenzialmente laddove si hanno concentrazioni di tensione
oppure discontinuità in grado di favorire la formazione delle cricche (saldature,
bullonature, tagli di lamiere alla fiamma non rifiniti alla mola, etc.).
Di solito, infatti, si fa la verifica a fatica dei dettagli costruttivi.
Il fenomeno
Nell’ambito delle strutture civili, sono particolarmente sensibili alla
fatica strutture metalliche che supportano macchine vibranti o
sistemi di sollevamento, ponti metallici, piattaforme offshore, turbine
eoliche, nonché strutture snelle soggette all’eccitazione dinamica
dovuta al vento (ciminiere, strutture di supporto di cartelloni stradali
o semafori, cavi, etc.).
Da: C. Letchford, H. Cruzado, Risk assessment model for wind-induced fatigue failure of cantilever traffic signal structures,
Texas Tech University, US.
Il fenomeno
Se si sottopone un provino ad un elevato numero di cicli
di carico fino a rottura e poi se ne osserva la superficie, si
vede una zona liscia e lucida con lievissime linee
concentriche, che partono da una zona molto ristretta e si
propagano verso una zona opaca e granulosa. Nel provino
non c’è traccia di deformazioni plastiche (strizione, per
esempio) → rottura fragile.
Del fenomeno si può dare la seguente interpretazione. Le
tensioni cicliche favoriscono l’apparizione sulla superficie
https://www.researchgate.net/profile/Paolo_Amira di microscopici difetti localizzati, che hanno la forma di
nte/publication/323200385/figure/fig16/AS:594330
259574786@1518710784379/Figura-40-Immagini- lievissime strisce sporgenti (corrugamenti).
della-sezione-di-rottura-a-fatica-dellassale-e-del-
diagramma.png
Questi difetti favoriscono l’avvio di discontinuità, che si insinuano tra i grani della lega
ferro-carbonio. Per effetto del carico ciclico, queste discontinuità si ingrandiscono e
assumono il carattere di microfessure (microcricche, cretti). I cretti possono progredire o
meno, specialmente se sono orientati perpendicolarmente alle tensioni principali, grazie al
meccanismo di concentrazione degli sforzi all’apice della fessura. C’è quindi una lunga fase
di incubazione, nella quale si seleziona il cretto dominante (anche multipli) e si forma la
zona liscia e lucida sulla superficie di rottura del provino.
Costruzioni Metalliche Fatica
7
Il fenomeno
https://lh3.googleusercontent.com/proxy/IkPeAW1uJEJEQT52nOwuGO7W2SMR71pcai6-NJZhd4A35BQ9_4PV9t2Xntrvp3yoyFghwTbXLwDSM-
mZD728cMr69CjLbsoCyQtssTeEUu9z150
Questi difetti favoriscono l’avvio di discontinuità, che si insinuano tra i grani della lega
ferro-carbonio. Per effetto del carico ciclico, queste discontinuità si ingrandiscono e
assumono il carattere di microfessure (microcricche, cretti). I cretti possono progredire o
meno, specialmente se sono orientati perpendicolarmente alle tensioni principali, grazie al
meccanismo di concentrazione degli sforzi all’apice della fessura. C’è quindi una lunga fase
di incubazione, nella quale si seleziona il cretto dominante (anche multipli) e si forma la
zona liscia e lucida sulla superficie di rottura del provino.
Costruzioni Metalliche Fatica
8
Il fenomeno
Le linee concentriche (linee di spiaggia) si formano in corrispondenza di temporanee
interruzioni delle azioni cicliche (deformazioni plastiche all’inizio e alla fine della fase di
riposo).
Man mano che la cricca progredisce all’interno del provino, oltre alla concentrazione
delle tensioni all’apice (micro-intaglio), si ha una riduzione della sezione efficace e quindi
un aumento delle tensioni nella zona ancora integra.
Il fenomeno
Questo provoca una situazione instabile che porta ad una rapida propagazione della
cricca e alla rottura di schianto dell’elemento strutturale, con formazione della zona
ruvida e opaca.
https://www.mtb-mag.com/wp-content/uploads/2013/06/01_fatica_sezione2.jpg
Prove di fatica
Per determinare il comportamento a fatica di un materiale o di un elemento/dettaglio
strutturale, esistono varie tipologie di prova (a sforzo assiale alternato → cfr., per
esempio, https://www.youtube.com/watch?v=LhUclxBUV_E , a flessione alternata, a flessione
rotante, etc.).
Di queste, classica è quella a flessione rotante, effettuata su un provino cilindrico, con
ringrossi alle testate, vincolato alle estremità tramite due cuscinetti a sfere (trave
semplicemente appoggiata). Nella zona centrale del provino, simmetricamente rispetto
alla mezzeria, ci sono altri due cuscinetti a sfere, dove sono applicati i carichi verticali.
Lateralmente, il provino è collegato ad un albero motore, che lo mette in rotazione,
normalmente alla frequenza di 50 Hz.
Prove di fatica
ܨ ܨ
ܽ ܽ
ܮ
https://www.electroyou.it/fidocad/cache/5496da5143761f148b7bfd724782b60f953a3e04_3.png
https://lh3.googleusercontent.com/proxy/yU8ui7rofRvKEfmAx_mBLTCNoam2dMfP745GEHksXuRII5lACEu3xc6m6Ac1kze3dvGCzC8U5bsQX
4ZV-QdmvM3zidkC3RT2C8DketTiMW5GmxHPc_OdA6IMo3LZbvY
Prove di fatica
Nella zona centrale del provino (di raggio ܴ), con momento flettente costante pari a ܯ
ሺൌ ܽܨሻ, una fibra distante ݕdall’asse neutro (diametro orizzontale) è sottoposta alla
tensione normale:
ܯ Ͷܯ
ߪൌ ݕൌ ݕ
ܬ ߨܴସ
Fissato un punto esterno sulla superficie del provino, la sua distanza ݕdall’asse neutro
varia con legge armonica:
ݐ ݕൌ ܴ ሺ߱ݐሻ
da cui segue:
Ͷܯ Ͷܯ
ߪ ݐൌ ܴ ሺ߱ݐሻ ൌ ሺ߱ݐሻ
ߨܴସ ߨܴ ଷ
Prove di fatica
Quindi, ogni punto del provino è soggetto ad una tensione ciclica, con andamento
sinusoidale, variabile tra ߪ e ߪ௫ , che, per i punti più esterni della sezione, valgono:
Ͷܯ
ߪ௫ ൌ െߪ ൌ
ߨܴଷ
ͺܯ
ȟߪ ൌ ߪ௫ െ ߪ ൌ
ߨܴ ଷ
Curve S-N
Dato il valore dell’escursione del ciclo di tensione (indicata anche con ܵ), la prova consiste
nel portare a rottura il provino, contando il numero di cicli ܰ necessari perché questo
avvenga. La prova viene quindi ripetuta per lo stesso livello di tensione ciclica,
registrando un numero di cicli a rottura senz’altro diverso (variabile aleatoria
tendenzialmente gaussiana).
Dopo un numero sufficiente di ripetizioni, si
ȟߪ
passa ad un altro livello di tensione.
Fissando un determinato frattile della
distribuzione di probabilità, si costruiscono
le cosiddette curve S-N o curve di Wöhler
per il tipo di acciaio considerato.
Tali curve di solito vengono rappresentate in
scala logaritmica e talvolta viene riportato il
valore della tensione massima ߪ௫ invece
che dell’escursione di tensione ȟߪ.
https://it.wikipedia.org/w/index.php?curid=232400
Curve S-N
Normalmente, i dati sperimentali (a partire dai valori medi o da specifici frattili statistici)
si approssimano con una curva del tipo:
ȟߪ ܰ ൌ ܾ ൌ Ǥ
che, in scala logaritmica, rappresenta una retta con pendenza negativa:
ͳ ͳ
ȟߪ ൌ െ ܰ ሺܾሻ
Come vedremo nel seguito, le curve S-N sono fornite non solo per un provino
standardizzato del materiale ma anche per specifici dettagli costruttivi (collegamenti
saldati e bullonati tra piatti, etc.).
Costruzioni Metalliche Fatica
16
Curve S-N
Le prove di fatica sono molto onerose perché, con una frequenza di 50 Hz, in un’ora
vengono fatti 1.8 × 105 cicli, in un giorno 4.3 × 106 cicli, e normalmente servono diversi
milioni di cicli per portare a rottura un singolo provino.
Bisogna ora evidenziare un fenomeno molto
importante, con implicazioni fondamentali per la
sicurezza strutturale: negli acciai a basso tenore di
ߪ௫ carbonio, dopo 5-7 milioni di cicli a rottura, le curve
S-N tendono ad un asintoto orizzontale. Anzi, spesso,
già prima le curve presentano gradienti ridotti.
L’ordinata di tale asintoto (generalmente fissata
proprio a 5 × 106 cicli) è detta limite di fatica ad
ampiezza costante oppure limite di durata illimitata
a fatica e rappresenta il limite di tensione ciclica (ad
ampiezza costante) al di sotto del quale non si
accumula danno per fatica (ܰ ՜ λ). Alcuni acciai,
come le leghe bonificate, non hanno tale limite.
https://it.wikipedia.org/w/index.php?curid=232400 Inoltre, mentre per alcuni tipi di acciaio (ferritici) tale
limite è ben marcato, in altri (austenitici) la tendenza
verso l’asintoto è più graduale.
Curve S-N
La resistenza a fatica, e quindi le curve S-N, sono influenzate da numerosi fattori, alcuni
dei quali non vengono presi in considerazione in maniera diretta nelle norme, per
semplicità e data la notevole dispersione dei dati sperimentali.
• Resistenza statica del materiale. La resistenza a fatica cresce con ݂௬ e ݂௧ ma non
molto, riducendosi la tenacità del materiale. La NTC 2018 e l’Eurocodice 3, per la
resistenza a fatica di progetto, non distinguono tra i vari gradi dell’acciaio da
costruzione.
• Tensioni residue
• Presenza di intagli e zone con concentrazioni di sforzi (molto importante!)
• Conformazione della superficie (la resistenza a fatica si riduce se la superficie
esterna presenta una finitura grossolana)
• Corrosione (equivale alla presenza di intagli superficiali)
• Tensione media presente nel provino (carichi statici)
Hanno, invece, un ruolo minore sulla resistenza a fatica la frequenza di oscillazione delle
tensioni e le dimensioni del provino.
Costruzioni Metalliche Fatica
18
Curve S-N
Per quanto concerne il ruolo di una eventuale tensione media ߪ presente nel provino,
questa fa sì che ߪ௫ ് െߪ .
Curve S-N
Si può definire un coefficiente di asimmetria ܴ:
ߪ
ܴൌ
ߪ௫
In particolare: Da: E. F. Radogna, Tecnica delle Costruzioni, Zanichelli
Curve S-N
In passato, erano molto utilizzati i diagrammi di Smith. Tali diagrammi, ottenuti a partire
da una famiglia di curve S-N per diversi valori del coefficiente di asimmetria ܴ,
esprimono il legame che intercorre tra ߪ௫ , ߪ e ߪ , per un fissato numero di cicli ܰ.
Curve S-N
Fissato il numero di cicli e la tensione media ߪ , il diagramma ci dice quali sono i valori di
ߪ௫ e ߪ del ciclo di tensione per i quali il provino si rompe per fatica. Si vede
chiaramente come, all’aumentare della tensione media, la rottura avviene per
un’escursione di tensione più piccola (nulla quando ߪ coincide con la tensione di rottura
del materiale.
Verifica a fatica
In termini generali, fissato il dettaglio costruttivo per il quale deve essere effettuata la
verifica a fatica, nel caso di carichi ciclici (escursione di tensione costante), tale verifica si
esegue controllando che:
ȟோ
ȟௗ
ߛெ
ȟௗ ൌ escursione di tensione (ȟߪௗ o ȟ߬ௗ ), effettiva o equivalente allo spettro di tensione,
prodotta dalle azioni cicliche/dinamiche, generalmente con coefficienti parziali ߛி ൌ ͳ.
ȟோ ൌ resistenza a fatica (ȟߪோ o ȟ߬ோ ) desumibile dalle curve S-N per lo specifico dettaglio
costruttivo, relativamente al numero di cicli ܰ previsti durante la vita di progetto
richiesta per la struttura.
ȟߪோ
Verifica a fatica
Più nello specifico, la norma NTC 2018 prevede due diverse tipologie di verifiche:
• Verifica a vita illimitata (si verifica che le escursioni delle tensioni non siano tali da
produrre l’accumulo del danno) → UNI EN 1993-1-9: «metodo della vita sicura».
• Verifica di danneggiamento (si ammette che la struttura possa accumulare danno
ma si verifica che questo non sia in grado di portare alla rottura per fatica
dell’elemento strutturale nell’arco della vita di progetto della struttura) → UNI EN
1993-1-9: «metodo del danneggiamento accettabile».
Per quanto riguarda gli edifici, la verifica a fatica delle membrature normalmente non è
necessaria, fatta eccezione per quegli elementi che sorreggono macchine vibranti o
dispositivi di sollevamento.
Una certa attenzione deve però essere riposta anche in quegli elementi soggetti a
vibrazioni indotte dalla folla oppure nel caso di edifici alti soggetti a vibrazioni dovute al
vento.
Verifica a fatica
Per la stima del coefficiente parziale di sicurezza ߛெ , bisogna distinguere tra strutture
sensibili e strutture poco sensibili alla rottura per fatica.
Secondo la norma NTC 2018, si definiscono strutture poco sensibili alla rottura per fatica
quelle in cui si verifichino tutte le seguenti circostanze:
- dettagli costruttivi, materiali e livelli di tensione tali che le eventuali lesioni
presentino bassa velocità di propagazione e significativa lunghezza critica;
- disposizioni costruttive che permettano la ridistribuzione degli sforzi;
- dettagli idonei ad arrestare la propagazione delle lesioni;
- dettagli facilmente ispezionabili e riparabili;
- prestabilite procedure di ispezione e di manutenzione atte a rilevare e riparare le
eventuali lesioni.
In tutti gli altri casi, si parla di strutture sensibili alla rottura per fatica.
Verifica a fatica
La NTC 2018 fornisce il seguente prospetto per valutare il coefficiente parziale di
sicurezza ߛெ :
L’approccio dell’Eurocodice 3 è leggermente diverso (così come quello della vecchia NTC
2008): il metodo del danneggiamento accettabile è sostanzialmente raccomandato per
le strutture poco sensibili alla rottura per fatica, mentre per le strutture sensibili si
raccomanda il metodo della vita sicura.
La NTC 2018, invece, consente l’utilizzo di entrambi i metodi di verifica, confidando nel
coefficiente parziale di sicurezza ߛெ per la garanzia del necessario livello di affidabilità
strutturale.
NOTA: le curve S-N di resistenza a fatica di progetto sono costruite a partire dai dati
sperimentali, fissando una probabilità di sopravvivenza dell’elemento strutturale del 95%
(non a partire dalle medie dei valori sperimentali!)
Nel piano bilogaritmico, per tensioni normali, la curva S-N è data da una spezzata, il cui
ultimo tratto è orizzontale. La pendenza è 3:1 nel primo tratto e 5:1 nel secondo.
Nel piano bilogaritmico, per tensioni normali, la curva S-N è data da una spezzata, il cui
ultimo tratto è orizzontale. La pendenza è 3:1 nel primo tratto e 5:1 nel secondo.
Ne deriva che la curva S-N è interamente descritta dalla classe di resistenza a fatica
ȟߪ , risultando:
ȟߪ ൌ ͲǤ͵ ȟߪ Limite di fatica ad ampiezza costante
ȟߪ ൌ ͲǤͶͲͷ ȟߪ Limite per i calcoli a fatica
݇௦ = fattore di
scala
(riduzione della
classe di
resistenza in
base allo
spessore)
Nel piano bilogaritmico, per tensioni tangenziali, la curva S-N è data da una spezzata, il
cui primo tratto presenta una pendenza di 5:1, mentre il secondo è orizzontale.
Costruzioni Metalliche Fatica
35
Anche in questo caso, la curva S-N è interamente descritta dalla classe di resistenza
a fatica ȟ߬ :
ȟ߬ ൌ ͲǤͶͷ ȟ߬ Limite per i calcoli a fatica
ȟ߬ ൌ ȟ߬ Limite di fatica ad ampiezza costante
Verifica a danneggiamento
Nella verifica a danneggiamento per fatica, nel caso in cui il carico fosse ciclico
(escursione di tensione costante), si dovrebbe controllare che il numero ݊ di cicli
compiuti ad ampiezza ȟߪ o ȟ߬ sia inferiore al numero di cicli ܰ, corrispondenti nella
curva S-N all’escursione di tensione considerata.
݊
ܦൌ ͳ
ܰ
Qualora, invece, come accade di solito, lo spettro di carico produca escursioni di
tensione di ampiezze diverse, si fa riferimento alla regola di Palmgren-Miner,
verificando che:
݊
ܦൌ ͳ
ܰ
Verifica a danneggiamento
Nei precedenti metodi di verifica, la norma prende in considerazione solo il caso in cui
il carico dinamico produca variazioni di tensione normale o di tensione tangenziale.
Qualora fosse necessario valutare il loro effetto congiunto, la NTC 2018 rimanda a
«idonei criteri di combinazione del danno».
Tuttavia, qualora le variazioni di tensioni normali e tangenziali non fossero simultanee,
la circolare del 2019 suggerisce di sovrapporre linearmente i danneggiamenti ܦఙ e
ܦఛ dovuti alle prime e alle seconde, valutati separatamente come visto in precedenza:
Regola di Palmgren-Miner
Le curve S-N vengono costruite a partire da dati sperimentali per cicli di tensione di
ampiezza costante. Tuttavia, nella realtà le variazioni di tensione hanno ampiezza
variabile, spesso in maniera aleatoria.
Regola di Palmgren-Miner
Il modello di Palmgren (1924) e Miner (1945), di grande successo tutt’ora per la sua
semplicità e praticità, definisce un danno parziale ݊ Ȁܰ , prodotto dagli ݊ cicli di
tensione ad una certa ampiezza (ܵ nella figura), e poi suppone che tale danno si
accumuli linearmente (sovrapposizione degli effetti), portando alla rottura dell’elemento
strutturale considerato, quando:
݊
ܦൌ ͳ
ܰ
Regola di Palmgren-Miner
Nel caso di oscillazioni quasi-armoniche (processo stocastico a banda stretta) è
relativamente semplice stabilire un istogramma di frequenza (distribuzione di probabilità
per la variabile aleatoria discreta «ampiezza di oscillazione») per i cicli di tensione che
cadono in un certo intervallo di ampiezza: Da: P. H. Wirsching, T. L. Paez, K. Ortiz, Random vibrations, Dover Publications
Regola di Palmgren-Miner
Tuttavia, la variazione nel tempo della tensione può essere molto più complessa e
irregolare (processo stocastico a banda larga).
In tali casi, si rendono necessari metodi più elaborati per il conteggio dei cicli di tensione
equivalenti necessari per applicare la regola di Palmgren-Miner.
Spettri di carico
Le verifiche a fatica possono essere effettuate mediante spettri effettivi, spesso
piuttosto complessi, oppure spettri convenzionali, che riproducono lo stesso
danneggiamento oppure lo stesso livello massimo di escursione delle tensioni ȟߪ௫
o ȟ߬௫ prodotto dallo spettro effettivo.
Normalmente, gli spettri di carico sono forniti da documenti di comprovata validità
oppure da studi specifici.
La verifica a fatica è importante nel caso dei ponti stradali e ferroviari. La NTC 2018
prevede spettri di carico diversi a seconda della verifica da fare (vedi esempio finale).
La circolare 2019 e l’Eurocodice 3 forniscono due metodi per il conteggio ciclico delle
escursioni di tensione, data una storia di tensione nel tempo, atti ad essere
automatizzati con un calcolatore:
• Metodo del serbatoio
• Metodo del flusso di pioggia
Si pensa la storia di tensione in verticale (asse dei tempi rivolto verso il basso) e si immagina
la caduta di una goccia d’acqua alternativamente dai massimi e dai minimi del diagramma, in
ordine decrescente per i massimi e crescente per i minimi.
Ogni volta che la goccia si stacca dal profilo e cade oppure incontra un tratto già «bagnato»,
si registra il salto di tensione fatto (semiciclo) e si parte con una nuova goccia. Semicicli di
uguale ampiezza vengono accoppiati in modo da formare i cicli di tensione.
Alla fine tutta la storia temporale risulterà bagnata e bagnata una sola volta.
ȟߪଵି
Esempio 1
Vogliamo verificare a fatica le vie di corsa di un carroponte monotrave con 20 m di
scartamento e una portata di 40 kN. Su ogni lato, il carroponte poggia su due ruote ad 1 m
di distanza. Le vie di corsa sono travi a doppio T di 9 m di luce in semplice appoggio.
Il peso proprio della trave del carroponte è di 25 kN. Il carroponte è in classe di servizio A5
(→ numero di cicli di carico di progetto; S5 in UNI EN 1991-3:2006) ed è caratterizzato da
una velocità di sollevamento di 4 m/min.
Le rotaie di scorrimento sono di tipo «Burback» A45 (altezza ܪ ൌ 55 mm; massa: ݉ ൌ
22.1 kg/m).
Supponiamo inizialmente che le vie di corsa siano profilati della serie HE 360 A, che
soddisfano ampiamente la verifica di resistenza a flessione deviata.
݉ ൌ 112 kg/m, ݄ ൌ 350 mm, ܾ ൌ 300 mm, ݐ ൌ 17.5 mm, ݐ௪ ൌ 10 mm, ݎൌ 27 mm
ܬ௬ ൌ 33090 cm4, ܹ௬ǡ ൌ 1891 cm3
Esempio 1
Il dettaglio in questione presenta una classe di resistenza a fatica ȟߪ ൌ 160 MPa (quella
massima).
La norma (UNI EN 1993-1-9:2005 oppure Circolare 2019) fornisce anche la probabile
localizzazione dell’innesto della cricca, dove dovranno essere valutate le escursioni di
tensione normale verticale dovute ai carichi trasmessi dalle ruote (all’estremità dell’anima,
immediatamente prima dei raccordi con le ali).
In base alle caratteristiche del carroponte, i carichi massimo e minimo trasmessi dalle ruote
risulteranno:
ܳ௫ ൌ 52.5 kN, ܳ ൌ 12.5 kN
Esempio 1
Per la verifica a fatica, la norma UNI EN 1991-3:2006 suggerisce il metodo dei coefficienti di
danneggiamento equivalenti:
ܳ ൌ ߮௧ ߣ ܳ௫
Il coefficiente ߣ , in via semplificata, può essere determinato, tramite una tabella, in
funzione della classe di servizio del carroponte:
per tensioni normali e classe S5 → ߣ ൌ 0.630.
Il coefficiente ߮௧ è il coefficiente di danneggiamento equivalente dinamico da impatto e
dovrebbe essere distinto per il peso proprio della gru (߮௧ǡଵ ) e per la portata del
montacarichi (߮௧ǡଶ ):
ͳ ߮ଵ ͳ ߮ଶ
߮௧ǡଵ ൌ ߮௧ǡଶ ൌ
ʹ ʹ
߮ଵ ൌ 1.10
߮ଶ ൌ ߮ଶǡ ߚଶ ݒ dove ݒ è la velocità di sollevamento in m/s (4/60 = 0.0667 m/s)
Assumendo una classe di sollevamento HC3 del carroponte (legata alla tipologia di gru
→ prospetto B.1 in UNI EN 1991-3:2006), si ottiene ߮ଶǡ ൌ 1.15 e ߚଶ ൌ 0.51, cosicché
߮ଶ ൌ 1.184.
Costruzioni Metalliche Fatica
52
Esempio 1
Risulta quindi:
ͳ ߮ଵ ͳ ߮ଶ
߮௧ǡଵ ൌ ൌ ͳǤͲͷ ߮௧ǡଶ ൌ ൌ ͳǤͲͻʹ
ʹ ʹ
Esempio 1
ǣ
Esempio 1
Viceversa, si deve notare che il profilato scelto per le vie di corsa non soddisfa la verifica di
deformabilità.
Infatti, considerando anche il peso proprio della trave che funge da via di corsa (1.1 KN/m)
e il carico della rotaia (0.22 kN/m), si ottiene una freccia per questi carichi verticali pari a:
Assumendo poi un coefficiente dinamico di 1.11 per l’azione delle ruote del carroponte
(CNR 10021-85), si ottiene:
La freccia totale risulterà ݂௧௧ ൌ ݂ଵ ݂ଶ ൌ ͳͶǤ͵ , che corrisponde a 1/629 della luce,
quindi maggiore del limite di 1/800 previsto dall’istruzione CNR 10021-85. Per soddisfare la
verifica, è sufficiente passare ad un profilato HE 360 B (ܬ௬ ൌ Ͷ͵ͳͻͲ ସ ).
Esempio 1
Si deve altresì notare che, assumendo semplicemente un’azione orizzontale trasversale di
serpeggiamento del carroponte pari ad un 1/10 dell’azione verticale statica scaricata dalle
ruote di questo (CNR 10021-85), la freccia orizzontale risulta pari a:
ͳ
ͳ ܳு ܮଷ ͳ ڄͷʹǤͷ Ͳͳ ڄଷ ͻ ڄଷ
݂ு ൌ ൌ ڄ ͳͲ ൌ ͲǤͲͲ͵ ൌ ͵Ǥ
Ͷͺ ܬܧ௭ Ͷͺ ʹͳͲ Ͳͳ ڄଽ ͳͲͳ ڄͶͲ ଼ିͲͳ ڄ
݂ு ͳ ͳ
ൌ ൏
ܮ ʹͶ͵ʹ ͳͲͲ
Dunque, anche questa verifica è soddisfatta per un profilato HE 360 B.
Bisogna considerare che tale verifica in alcuni casi può risultare piuttosto gravosa e,
invece di appesantire il profilato, è possibile irrobustirlo nel piano orizzontale:
Esempio 2
Prendiamo adesso il caso di un ponte stradale. La norma NTC 2018 prevede spettri di carico
diversi a seconda che si effettui la verifica di vita illimitata a fatica o di danneggiamento.
Cominciamo con il caso della verifica di vita illimitata a fatica. In assenza di studi specifici, la
norma prevede due modelli di carico. Quello più semplice, detto modello di carico di fatica 1
è riportato nella figura di seguito. Si tratta del modello di carico 1 fornito per le verifiche di
resistenza, con i carichi concentrati ridotti al 70% e quelli distribuiti ridotti al 30%.
Da utilizzarsi per le
verifiche locali
Costruzioni Metalliche Fatica
57
Esempio 2
La verifica consiste nel posizionare il carico nella posizione che massimizza la tensione nel
dettaglio strutturale considerato, determinando così ߪ௫ , e poi in quella che minimizza
tale tensione, ottenendo così ߪ . L’escursione di tensione di progetto sarà dunque
ȟߪ௫ ൌ ߪ௫ െ ߪ , da confrontare con il limite di tensione ad ampiezza costante
ȟߪ Ȁߛெ . Discorso analogo vale se la tensione d’interesse è tangenziale.
Da utilizzarsi per le
verifiche locali
Costruzioni Metalliche Fatica
58
Esempio 2
Nel caso in cui siano necessarie valutazioni più precise, invece del modello di carico
ottenuto a partire da quello principale, se ne può utilizzare uno specifico (modello di carico
di fatica 2), in cui viene caricata soltanto una corsia (quella che massimizza gli effetti nel
dettaglio strutturale considerato).
Esempio 2
Qualora si opti, invece, per la verifica di danneggiamento a fatica, la norma fornisce un
carico semplificato (modello di carico di fatica 3), costituito da quattro assi da 120 kN
ciascuno.
Esempio 2
Per valutazioni più precise, si può utilizzare anche il modello di carico di fatica 4, costituito
dai veicoli riportati qui di seguito insieme alla composizione percentuale del traffico.
Esempio 2
Infine, in assenza di studi specifici, la norma fornisce il flusso annuo di veicoli di peso
superiore a 100 kN (modelli di fatica 3 e 4) sulla corsia di marcia lenta, a seconda della
tipologia di strada.
Esempio 2
Consideriamo la verifica di danneggiamento a fatica e, per semplicità, consideriamo il
modello di carico di fatica 3 proposto dalla NTC 2018. Supponiamo che il nostro ponte
stradale costituisca una trave continua su tre appoggi, con luci di 70 m e 100 m. Infine,
ipotizziamo che l’elemento strutturale di cui si vuol fare la verifica a fatica si trovi nella
sezione di appoggio B e sia soggetto a variazione della tensione normale.
Ͷ ൈ ͳʹͲ
ܮଵ ൌ Ͳ
A B C
ܮଶ ൌ ͳͲͲ
ܮଵ ܮଶ
Esempio 2
Procediamo determinando la linea di influenza del momento flettente in B per effetto di un
carico isolato in una generica posizione ݔ.
ݔ ܨൌͳ
A B C
ܮଵ ܮଶ
ݔଷ െ ܮݔଶଵ
ܯǡி ൌ Ͳ ݔ ܮଵ
ʹܮଵ ሺܮଵ ܮଶ ሻ
Esempio 2
ܨൌͳ
ݔ
A B C
ܮଵ ܮଶ
Esempio 2
Infine, per sovrapposizione degli effetti, possiamo determinare l’andamento del momento
flettente nella sezione B a seguito del passaggio del treno di carico (quattro assi da 120 kN
ciascuno). La coordinata ݔindica la posizione del primo asse.
Esempio 2
Il suddetto diagramma del momento flettente può essere utilizzato per determinare lo
spettro di escursione di tensione mediante il metodo del serbatoio.
NOTA: data la velocità di percorrenza, l’asse delle x potrebbe diventare un asse dei tempi (in
realtà, la cosa non ci interessa).
Spostiamo l’ultima porzione del diagramma all’inizio e immaginiamo di riempire d’acqua il
nostro «serbatoio». Cominciamo a svuotarlo dal minimo assoluto, ottenendo la prima
escursione di momento flettente ȟܯభ .
Esempio 2
Alla fine di questa prima operazione, si sarà formato un bacino secondario, che andiamo a
svuotare, determinando la seconda escursione di tensione ȟܯమ .
A questo punto l’intero serbatoio è stato svuotato, per cui la procedura di conteggio ciclico
è conclusa.
ȟܯ ଶ
Esempio 2
Se il ponte appartiene alla
categoria di traffico 2 e ha una
vita utile di 50 anni, il convoglio
di progetto passerà sulla
struttura 2.5 × 107 volte. Quindi,
verranno fatti ݊ଵ ൌ 2.5 × 107
cicli con escursione di momento
flettente pari a 5401 kNm e
݊ଶ ൌ 2.5 × 107 cicli con
escursione di 1985 kNm.
A questo punto sarà sufficiente
determinare lo spettro di tensione del
dettaglio strutturale considerato a partire
da quello di momento, ottenendo ȟߪଵ e
ȟߪଶ .
Esempio 2
Astraendosi per un momento dal caso specifico (senza effettuare realmente il calcolo di
una sezione da ponte), giusto per esemplificare il calcolo di danneggiamento, ipotizziamo
una curva S-N di resistenza a fatica per il dettaglio strutturale in esame e due livelli di
escursione di tensione normale ȟߪଵ e ȟߪଶ , determinando così i cicli di tensione ܰଵ e ܰଶ .
ߛெ ȟߪଵ
ߛெ ȟߪଶ
Infine, si applica la regola di Palmgren-Miner, per
verificare che il danneggiamento ܦrisulti non
superiore all’unità: ܰଵ ܰଶ
Costruzioni Metalliche
Torsione
Claudio Mannini
claudio.mannini@unifi.it
U i
Università
iàd degli
li S
Studi
di di Fi
Firenze
Dip. Ingegneria Civile e Ambientale
Sommario
ߠሺݖሻ è la rotazione della sezione attorno all’asse della trave (che si sviluppa in direzione )ݖ,
ܩil modulo di elasticità tangenziale e ்ܬil cosiddetto momento d’inerzia torsionale della
sezione. ்ܬܩè quindi la rigidità torsionale della sezione.
Costruzioni Metalliche Torsione
4
ݓሺݔǡ ݕǡ ݖሻ indica lo spostamento assiale (in direzione )ݖdel punto di coordinate ሺݔǡ ݕǡ ݖሻ.
dove ߬ ் indica le tensioni tangenziali dovute alla torsione e ܬ il momento d’inerzia
polare rispetto al centro di torsione, coincidente ovviamente con il centro di simmetria
della sezione. Molto importante è il fatto che la sezione circolare (o a corona circolare)
ha la proprietà di non ingobbarsi per effetto della torsione ma di rimanere piana.
Da: C. Comi, L. C. Dell’Acqua, Introduzione alla meccanica strutturale, McGraw Hill
ସ ସ
ߨܴ ସ ߨ ܴ௫௧ െ ܴ௧
ܬ ൌ ܬ ൌ
ʹ ʹ
Costruzioni Metalliche Torsione
6
ͳ ݐଵ ܾଵ
்ܬൌ න ݐଷ ݏ݀ ݏ
͵
ௌ
݀ߠ ܶ ܶ
߬ ்ǡ௫ ൌ ݐܩ ൌ ݐܩ ൌ ݐ
݀ݖ ்ܬ ்ܬܩ
NOTA: in questo caso la cellula di tensioni tangenziali è molto più grande e quindi più
efficiente per equilibrare il momento torcente agente nella sezione.
݀ߠ ܶ Ͷȳଶ
ൌ ֜ ்ܬൌ
்݀ܬܩ ݖ ݀ݏ
ׯௌ
ݏ ݐ
Da: C. Comi, L. C. Dell’Acqua, Introduzione alla meccanica strutturale, McGraw Hill
ݐ ݐ
ܾ ܾ
ݐ ݐ
ܾ ܾ
Caso aperto Caso chiuso
ͳ ͳ Ͷ ʹȳଶ Ͷܾ ସ
்ܬ ൌ ܾ ݐଷ ൌ ڄͶܾ ݐଷ ൌ ܾ ݐଷ ்ܬ ൌ ൌ ൌ ܾଷݐ
͵ ͵ ͵ ݀ݏ Ͷܾ
ׯௌ ݐ
ݏ ݐ
ܶ ܶ ͵ ܶ
߬ ்ǡ௫ ൌ ݐ ൌ ݐ ൌ ܶ ܶ
்ܬ Ͷ ଷ Ͷ ܾ ݐଶ ߬ ் ൌ ൌ ଶ
͵ ܾݐ ʹȳݐ ʹ ݐ
ܶ ܶ ͵ܶ ܶ ܶ
ߠᇱ ൌ ൌ ൌ ߠᇱ ൌ
ܩ ்ܬܩͶ ܾ ݐଷ Ͷ ݐܾܩଷ ൌ ܾܩଷ ݐ
்ܬܩ
͵
Costruzioni Metalliche Torsione
11
ݐ ݐ
ܾ ܾ
ݐ ݐ
ܾ ܾ
͵ ܶ ͵ ܶ ଶ
߬ ்ǡ௫ Ͷ ଶ ͵ܾ ߠᇱ Ͷ ݐܾܩଷ ͵ ܾ
ൌ ܾ ݐൌ ֜
߬ ்ǡ௫ ب ߬ ் ൌ ൌ ֜ ߠᇱ ߠ ژᇱ
்߬ ܶ ʹݐ ߠᇱ ܶ Ͷ ݐ
ʹܾ ଶ ݐ ܾܩଷ ݐ
A parità di momento torcente, nel caso aperto le tensioni tangenziali massime sono un
ordine di grandezza maggiori rispetto al corrispettivo caso chiuso. Le deformazioni sono
addirittura due ordini di grandezza maggiori.
Costruzioni Metalliche Torsione
12
ߩܮ
ʹ
ܶ
ߩܮ
ʹ
Tensioni tangenziali
Torsione Ingobbamento
(primarie)
Tensioni normali
In generale, le deformazioni longitudinali dovute all’ingobbamento possono essere
scritte come: ߲ݓ
ߝఠ ൌ
߲ݖ
Da cui derivano le tensioni normali:
߲ݓ
ߪఠ ൌ ߝܧఠ ൌ ܧ
߲ݖ
Si noti che, se l’ingobbamento è uniforme lungo la trave, non nascono tensioni normali.
Si può dimostrare che, in una trave di sezione costante, la componente assiale dello
spostamento è legata all’angolo unitario di torsione tramite una funzione ߱ ݔǡ ݕdella
posizione all’interno della sezione trasversale, detta funzione di ingobbamento
unitario.
݀ߠ
ݔ ݓǡ ݕǡ ݖൌ ߱ ݔǡ ݕ ݖൌ ߱ ݔǡ ߠ ݕᇱ ሺݖሻ
݀ݖ
Ne deriva che:
߲ݓ
ߝఠ ൌ ൌ ߱ ݔǡ ߠ ݕᇱᇱሺݖሻ NOTA: Se l’angolo unitario di
߲ݖ
torsione ߠ ᇱ è costante, le
ߪఠ ൌ ߝܧఠ ൌ ݔ ߱ܧǡ ߠ ݕᇱᇱ ሺݖሻ tensioni normali sono nulle.
Area settoriale
߱ሺݔǡ ݕሻ, che può anche essere indicato con ߱ሺݏሻ per una sezione in parete sottile (dove
ݏè la coordinata curvilinea che descrive la linea media della sezione), nelle sezioni
aperte, coincide con l’area settoriale principale. ߱ሺݏሻ rappresenta dunque il doppio
dell’area della superficie spazzata da un raggio vettore ( )ܯܥche descrive la linea media
della sezione facendo fulcro (polo) sul centro di torsione della sezione (che, ricordiamo,
coincide con il centro di taglio), partendo da un punto della sezione (origine) posto lungo
un asse di simmetria della sezione (se c’è, altrimenti in un punto particolare che
vedremo nel seguito).
Da: G. Ballio, F. M. Mazzolani,
Strutture in acciaio, Hoepli
݀߱ ݏൌ ݎ௧ ݏ݀ ݏ
௦
߱ ൌ ଶ
Area settoriale
NOTA 1: il segno delle aree settoriali dipende dal verso di percorrenza scelto per spazzare
le aree.
NOTA 2: Le aree settoriali potrebbero anche essere definite a partire da un polo diverso
dal centro di torsione e da un’origine diversa da quella posta sull’asse di simmetria (area
settoriale non principale). In tal caso, però, la funzione non coinciderebbe con la funzione
di ingobbamento unitario.
NOTA 3: Per le sezioni in parete sottile
chiuse, la funzione di ingobbamento
Da: G. Ballio, F. M. Mazzolani,
unitario non coincide con le aree settoriali Strutture in acciaio, Hoepli
principali ma è una stretta «parente» di
queste.
Area settoriale
ݏ ߱
ܯ
݄
߱ ݏൌെ ݏ origine delle aree
ʹ
݄ settoriali principali
o
polo delle aree
settoriali principali
(centro di torsione)
Area settoriale
Qui sono riportati una serie di esempi dell’andamento delle aree settoriali principali in
alcune sezioni di particolare interesse nelle strutture in acciaio. È evidente che in quei
tratti rettilinei della sezione in parete sottile che contengono il centro di torsione le aree
settoriali sono nulle. Questo è il motivo per cui non c’è contributo della torsione non
uniforme nelle sezioni a L o a T.
ܾ ݄ ܾ
߱ െ݁
ܾ݄ ʹ െ
െ െ ݄
Ͷ ܾ݄ െ ሺܾ െ ݁ሻ
ʹ
Ͷ
݄ o ݄ o
ܾ݄ ݁
Ͷ
െ െ
ܾ݄ ݄ െ ݄
݁ െ ሺܾ െ ݁ሻ
Ͷ ʹ ʹ
߱Ͳؠ
o
Costruzioni Metalliche Torsione
23
Area settoriale
Per quanto già detto, le tensioni normali dovute alla torsione non uniforme hanno lo
stesso andamento delle aree settoriali:
ߪఠ ൌ ߝܧఠ ൌ ߠ ݏ ߱ܧᇱᇱ ሺݖሻ
ݕ
ݖ
߲
ߪఠ ݖǡ ݏ ݐ ݏ ߪ ݖǡ ݖ݀ ݏ ݐ ݏ
߲ ݖఠ
ݔ
ݖ ݀ݖ
ݖ ߲
߬ఠ ݏ ݐ ݏ ߬ ݏ݀ ݏ ݐ ݏ
Da: J. A. Calgaro, M. Virlogeux, Projet et construction des ponts,
߲ ݏఠ
Presse de l’École Nationale des Ponts et Chaussées
ߪఠ ݖǡ ݐ ݏሺݏሻ
߬ఠ ݐ ݏሺݏሻ
ܶ ൌ ்ܶ ܶఠ
Vedremo poi come ripartire il momento torcente nelle due aliquote.
Si noti come l’espressione trovata per le tensioni tangenziali secondarie dovute alla
torsione sia analoga alla formula di Jourawski per le tensioni tangenziali da taglio,
sebbene in questo caso siano le proprietà settoriali della sezione ad essere chiamate in
causa.
Da quanto detto sino ad ora, bisogna anche sottolineare come tali tensioni siano
uniformi sullo spessore (in realtà, si tratta di valori medi sullo spessore, come nel caso
del taglio). Al contrario, le tensioni tangenziali dovute alla torsione uniforme, per le
sezioni in parete sottile aperte, sappiamo che presentano un andamento lineare sullo
spessore e con media nulla (andamento «a farfalla»).
Tensioni normali
Ricordando ora che:
ߪఠ ሺݖǡ ݏሻ ൌ ߠ ݏ ߱ܧᇱᇱሺݖሻ
In realtà, l’analogia con le espressioni delle tensioni note per flessione e taglio non è
casuale e risulterà più chiara tra un momento, andando a dare (ancora una volta)
un’interpretazione fisica del problema della torsione non uniforme e del concetto di
bimomento.
Infatti, questo è l’andamento delle aree settoriali, che abbiamo trovato nella sezione a
doppio T, cui sappiamo essere proporzionali le tensioni normali ߪఠ dovute alla torsione
non uniforme.
Costruzioni Metalliche Torsione
33
Torsione mista
È adesso necessario capire come il momento torcente complessivo può ripartirsi tra
torsione alla De Saint-Venant (primaria) e torsione alla Vlasov (secondaria), così da poter
anche valutare quando è necessario tener conto della seconda.
Torsione mista
È adesso necessario capire come il momento torcente complessivo può ripartirsi tra
torsione alla De Saint-Venant (primaria) e torsione alla Vlasov (secondaria), così da poter
anche valutare quando è necessario tener conto della seconda.
Sapevamo che:
்ܶ ݖൌ ߠ ்ܬܩᇱ ሺݖሻ
E abbiamo visto che:
ܶఠ ݖൌ െܬܧఠ ߠ ᇱᇱᇱሺݖሻ
Chiamiamo ߩሺݖሻ la distribuzione di coppie torcenti per unità di lunghezza lungo la trave:
ߩ ݖൌݖ ݁ڄ ݖ ݍ
Torsione mista
Isolando un concio di trave: ߩ ݖ݀ ݖ
݀ܶ
ܶ ܶ ݀ݖ
݀ݖ
ݖ
݀ݖ
possiamo imporre l’equilibrio alla rotazione attorno all’asse del concio:
݀ܶ
ܶ ݀ ݖെ ܶ ߩ ݖ݀ ݖൌ Ͳ
݀ݖ
݀ܶ
ൌ െߩ ݖ
݀ݖ
Sostituendo l’espressione del momento torcente, somma dei contributi primario e
secondario, nell’equazione di equilibrio e derivando le relazioni viste nella diapositiva
precedente, otteniamo la seguente equazione differenziale lineare del quart’ordine:
Torsione mista
ܬܧఠ ߠ ሺ୍ሻ ݖെ ߠ ்ܬܩᇱᇱ ݖൌ ߩ ݖ
Questa equazione è formalmente identica a quella valida per una trave soggetta ad un
carico trasversale ݍሺݖሻ, in presenza di uno sforzo assiale di trazione ܰ, qualora l’equilibrio
venga imposto in configurazione deformata (approccio del secondo ordine):
ߩሺݖሻ
Torsione mista
Ne deriva quindi che la rigidezza torsionale primaria ்ܬܩsvolge lo stesso ruolo dello
sforzo normale di trazione nella trave inflessa: come questo ha un effetto di irrigidimento
flessionale, anche la rigidezza torsionale primaria svolge un analogo ruolo di irrigidimento
torsionale della trave.
ߩሺݖሻ
Torsione mista
ܬܧఠ ߠ ሺ୍ሻ ݖെ ߠ ்ܬܩᇱᇱ ݖൌ ߩ ݖ
݇ ଶ ᇱᇱ ߩ ݖ
ߠ ሺ୍ሻ ݖെ ଶ
ߠ ݖൌ
ܮ ܬܧఠ
Torsione mista
Ricordiamo la definizione di seno e coseno iperbolici:
݁ ௫ െ ݁ ି௫ ݁ ௫ ݁ ି௫
ݔൌ ݔൌ
ʹ ʹ
con:
݀ሺ ݔሻ ݀ሺ ݔሻ
ൌ ሺݔሻ ൌ ሺݔሻ
݀ݔ ݀ݔ
Torsione mista
L’ingobbamento è proporzionale all’angolo unitario di torsione (derivata prima di ߠሺݖሻ):
Torsione mista
A) ESTREMO LIBERO
B) APPOGGIO TORSIONALE
ߠሺݖ ሻ ൌ Ͳ
C) INCASTRO TORSIONALE
ߠሺݖ ሻ ൌ Ͳ
ݖ ݓ ǡ Ͳ ؠ ݏ ฺ ߠ ᇱ ሺݖ ሻ ൌ Ͳ
Torsione mista
Per quanto riguarda la soluzione particolare, vediamo i casi più comuni.
Ricordiamo l’equazione di base:
ߩ ݖൌͲ ฺ ߠ ݖൌ Ͳ
ͳ ݖଷ
ߩ ݖൌ ߩଵ ߩଶ ฺ ݖ ߠ ݖൌ െ ͵ߩଵ ݖଶ ߩଶ
்ܬܩ ܮ
Si noti come il caso di coppie torcenti con distribuzione triangolare sia incluso nel
precedente, ponendo ߩଵ ൌ Ͳ.
Torsione mista
Mettiamoci adesso nel caso ideale che conoscevamo, ovvero quello di torsione uniforme
libera.
Da: G. Ballio, F. M. Mazzolani,
Strutture in acciaio, Hoepli
Torsione mista
Da cui, con semplici passaggi algebrici, otteniamo:
ܿଷҧ ൌ ܿସҧ ൌ Ͳ
ܶ
ଶ ൌ െܿଵ ൌ ܮ
்ܬܩ
Quindi:
ܶ
ߠ ݖൌ ሺ ݖെ ܮሻ
்ܬܩ
ܶ
ߠᇱ ݖൌ ൌ Ǥ
்ܬܩ
்ܶ ܶ ؠ ݖ
Torsione mista
In generale, invece, una volta trovati i contributi primari e secondari della torsione (்ܶ e
ܶఠ ), nonché il bimomento, immaginando di avere anche le altre caratteristiche della
sollecitazione, lo stato tensionale completo della trave in campo elastico può essere
scritto come:
ܰ ܯ௫ ܯ௬ ܯఠ
ߪ௭ ൌ ݕ ݔ ߱ Tensione normale longitudinale
ܬ ܣ௫ ܬ௬ ܬఠ
Ricordiamo che i risultati nella forma vista fin qui sono validi per travi a sezione costante
in parete sottile aperte; possono essere estesi anche al caso delle sezioni chiuse con
qualche aggiustamento. La cosa, però, non ci interessa molto, in ragione di quanto
andiamo a discutere adesso.
Si può asserire che la torsione secondaria è tanto maggiore (rispetto a quella primaria)
quanto più ܬܧఠ Ȁܮଶ è grande rispetto a ்ܬܩ, cioè quanto più la lunghezza adimensionale
caratteristica della trave ݇ è piccola.
Nelle sezioni in parete sottile aperte, la rigidezza torsionale alla De Saint-Venant ்ܬܩè
modesta, per cui ݇ può risultare piccolo.
Nelle sezioni compatte o in parete sottile chiuse, la rigidezza torsionale alla De Saint-
Venant è molto maggiore, ݇ è tendenzialmente grande e il regime torsionale della trave è
retto dal flusso delle tensioni primarie.
்ܬܩ ்ܬܩ
݇ൌ ൌܮ
ܬܧఠ ܬܧఠ
ܮଶ
• PREVALE LA TORSIONE PER INGOBBAMENTO (ͲǤͷ ൏ ݇ ൏ ʹ): volte sottili cilindriche e impalcati
da ponte di acciaio-calcestruzzo con sezione aperta.
Da: G. Ballio, F. M. Mazzolani, Strutture in acciaio, Hoepli
Esempio
Consideriamo il caso di un profilato IPE 400, del quale andiamo a valutare le proprietà
settoriali della sezione e la lunghezza caratteristica adimensionale ݇, con l’obiettivo di
capire quale sia il regime torsionale nel quale ci troviamo.
In base alle considerazioni generali viste in precedenza, ci aspettiamo di essere in un
regime di torsione mista (profilato laminato a caldo), in cui contano sia il contributo
torsionale primario che quello secondario; però, ovviamente, questo dipenderà anche
dalla luce della trave.
݄ ൌ ͶͲͲ
ܾ ൌ ͳͺͲ
ݐ௪ ൌ ͺǤ
ݐ ൌ ͳ͵Ǥͷ
ݎൌ ʹͳ
ܮൌ
Esempio
Cominciamo col calcolare il momento d’inerzia torsionale (primario) ்ܬ. In prima battuta,
trascurando per semplicità il contributo dei raccordi anima-ali, otteniamo:
ͳ ͳ
்ܬ؆ ܾ ݐଷ ൌ ܾݐଷ ܾݐଷ ݄ െ ʹݐ ݐ௪
ଷ ൌ ͵Ͷ͵ʹͺ ସ
͵ ͵
In realtà, nei sagomari, tenendo conto dei raccordi, troviamo un valore significativamente
maggiore:
்ܬൌ ͷͳͲͺͲͲ ସ
Come si vede, il contributo dei raccordi anima-ali è tutt’altro che trascurabile (lo si può
valutare: cfr. G. Ballio, F. M. Mazzolani, Strutture in acciaio, Hoepli, p. 420).
Calcoliamo, poi, la distribuzione delle aree settoriali principali:
ܾ
݄ ൌ ݄ െ ݐ ൌ ͵ͺǤͷ
െ߱ഥ െ
߱ ഥ ͳ
߱ ߱ഥ ൌ ܾ݄ ൌ ͳ͵ͻ͵ ଶ
݄ o Ͷ
ʹݏ
߱ഥ ߱ ݏൌ ߱ሺͳ ഥ െ ሻ
െ െ߱ ܾ
ഥ
Costruzioni Metalliche Torsione
60
Esempio
Calcoliamo adesso l’andamento del momento statico settoriale
௦ ௦
ʹ ݏᇱ ʹ ݏଶ ݏ
ܵఠ ݏൌ න ߱ ݏᇱ ݏ ݐᇱ ݀ ݏᇱ ൌ ߱ݐ
ഥ නሺͳ െ ሻ݀ ݏᇱ ൌ ߱ݐ
ഥ ݏെ ഥ ͳ ݏെ
ൌ ߱ݐ
ܾ ܾ ʹ ܾ
ҧ
ܾ ͳ
ܵఠ ҧ ൌ ܵఠ
ܵఠ ഥ ܾ ൌ ͳͲͷ ସ
ൌ ߱ݐ
ʹ Ͷ
ݏ
ܵఠ o
Tensioni tangenziali
ݏ uniformi sullo spessore
െ ҧ
ܵఠ
ݐ o ߬ఠ
Esempio
Calcoliamo il momento d’inerzia settoriale:
ଶ ଶ ଶ
ଶ ଶ
ʹݏ ଶ
ഥ ݐ න ͳ െ
ܬఠ ൌ න ߱ ݏ݀ ݏ ݐ ݏൌ Ͷ න ߱ ݐ ݏ ݀ ݏൌ Ͷ߱ ݀ݏ
ܾ
ௌ
ଶ
Ͷ ݏͶ ݏଶ ܾ Ͷ ܾଷ ʹ ܾଶ ܾ ܾ ܾ
ഥ ଶ ݐ නሺͳ െ
ൌ Ͷ߱ ഥ ଶ ݐ
ଶ ሻ ݀ ݏൌ Ͷ߱ ଶ െ ഥ ଶ ݐ
ൌ Ͷ߱ െ
ܾ ܾ ʹ ͵ܾ ͺ ܾ Ͷ ʹ ʹ
ʹ ଶ ʹ
ൌ ഥ ܾݐ ൌ ͳ ڄ͵ͻ͵ଶ ͳ ڄͺͲ ͵ͳ ڄǤͷ ൌ ͶǤͻ Ͳͳ ڄଵଵ
߱
͵ ͵
Esempio
Essendo ʹ ൏ ݇ ൏ ͷ, per quanto visto in precedenza, siamo in pieno regime di torsione
mista.
Inoltre, noto che per un profilato IPE 400 risulta ݅ ൌ ͵ͻǤͷ , abbiamo che:
ܮ ͲͲͲ
ൌ ൌ ͳͷͳǤͻ
݅ ͵ͻǤͷ
͵ͳ ݐǤͷ
ൌ ൌ ͲǤͲ͵͵ͺ
݄ ͶͲͲ
ͳ ଶ ݂௬ௗ ܶǡோௗ
ܶǡோௗ ൌ ܾݐ e dunque: ൌ ͳǤͷ
ʹ ͵ ܶǡோௗ
Verifiche a torsione
In caso di sola torsione, la verifica da fare secondo la NTC 2018 è la seguente:
ܶாௗ
ͳ
ܶோௗ
dove ܶாௗ include sia il contributo primario che secondario (ܶாௗ ൌ ܶ௧ǡாௗ ܶ௪ǡாௗ ).
Chiaramente, questa verifica vale anche in campo elastico, assumendo ܶோௗ ൌ ܶǡோௗ .
L’Eurocodice 3, in maniera molto semplificata, ammette che si trascuri il contributo della
torsione secondaria, nel caso di sezioni scatolari chiuse, e quello della torsione primaria, nel
caso delle sezioni aperte in parete sottile.
Altrimenti, in presenza di altre caratteristiche della sollecitazione, come già accennato, si
dovrà tener conto del contributo torsionale, riducendo lo sforzo di taglio resistente plastico
ܸǡ்ǡோௗ .
A questo proposito, l’Eurocodice 3 fornisce delle espressioni di ܸǡ்ǡோௗ , in cui il valore dello
sforzo di taglio resistente in assenza di torsione, ܸǡோௗ , viene ridotto, a seconda della
tipologia di sezione, in base ai valori della tensione tangenziale primaria (߬௧ǡாௗ ) o secondaria
(߬௪ǡாௗ ) dovuta alla torsione (rapportati alla tensione tangenziale di plasticizzazione).
In campo plastico, in presenza di momento flettente e torsione, l’Eurocodice 3 suggerisce di
calcolare il momento flettente resistente plastico considerando solo il bimomento come
contributo torsionale.
Costruzioni Metalliche Torsione
Università degli Studi di Firenze
Corso di Laurea Magistrale in Ingegneria Civile
Corso di Laurea Magistrale in Ingegneria Edile
Costruzioni Metalliche
Problemi di stabilità
locale
Claudio Mannini
claudio.mannini@unifi.it
U i
Università
iàd degli
li S
Studi
di di Fi
Firenze
Dip. Ingegneria Civile e Ambientale
Sommario
ݔ ݍǡ ݕ
ߘସ ݓൌ
ܦ
dove:
ݐܧଷ
ܦൌ
ͳʹሺͳ െ ߥ ଶ ሻ
Questo, ovviamente, sotto l’ipotesi di piccoli
spostamenti e deformazioni.
Costruzioni Metalliche Problemi di stabilità locale
4
߲ଶݓ ߲ଶݓ
Ͳ ݓǡ ݕൌ ܽ ݓǡ ݕൌ Ͳ Ͳǡ ݕൌ ܽǡ ݕൌ Ͳ
߲ ݔଶ ߲ ݔଶ
߲ଶݓ ߲ଶݓ
ݔ ݓǡ Ͳ ൌ ݔ ݓǡ ܾ ൌ Ͳ ݔǡ Ͳ ൌ ݔǡ ܾ ൌ Ͳ
߲ ݕଶ ߲ ݕଶ
ݔ
ܾ
݊௫ ݊௫
ܽ
ݕ
߲ଶݓ ݉ߨ ଶ ߲ସݓ ݉ߨ ଶ ݊ߨ ଶ
ൌ െ ݓሺݔǡ ݕሻ ൌ ݓሺݔǡ ݕሻ
߲ ݔଶ ܽ ߲ ݔଶ ߲ ݕଶ ܽ ܾ
߲ସݓ ݉ߨ ସ
߲ସݓ ݊ߨ ସ
ସ
ൌ ݓሺݔǡ ݕሻ ൌ ݓሺݔǡ ݕሻ
߲ݔ ܽ ߲ ݕସ ܾ
Da cui:
݉ߨ ସ ݉ߨ ଶ ݊ߨ ଶ ݊ߨ ସ ݊௫ǡ ݉ߨ ଶ
ݓሺݔǡ ݕሻ ʹ ݓሺݔǡ ݕሻ ݓሺݔǡ ݕሻ ൌ ݓሺݔǡ ݕሻ
ܽ ܽ ܾ ܾ ܦ ܽ
Ovvero: ସ ଶ ଶ ସ ଶ
݉ߨ ݉ߨ ݊ߨ ݊ߨ ݊௫ǡ ݉ߨ
ʹ ൌ
ܽ ܽ ܾ ܾ ܦ ܽ
݉ߨ ଶ ݊ߨ ଶ ଶ ݊௫ǡ ݉ߨ ଶ
ൌ
ܽ ܾ ܦ ܽ
A noi interessa il valore più piccolo di ݊௫ǡ , per cui senz’altro possiamo assumere ݊ ൌ ͳ
(compare solo al numeratore del secondo addendo dentro la parentesi). Questo significa
che la condizione critica si avrà con una deformata critica con un’unica semi-onda in
direzione perpendicolare allo sforzo normale ݊௫ . Risulta quindi:
ଶ
ߨଶܦ ܾ ͳܽ
݊௫ǡ ൌ ଶ ݉
ܾ ܽ ܾ݉
ܾ ͳ ܽ ܾ ܽ ܽଶ
ฺ െ ଶ ൌͲ ݉ଶ െ ൌͲ ݉ଶ ൌ
ܽ ݉ ܾ ܽ ܾ ܾଶ
ܽ
݉ൌ
ܾ
Sostituendo nell’espressione dello sforzo normale critico:
ଶ ଶ
ߨଶܦ ܾ ͳܽ ߨଶܽ ܾ ܾ ܽ ܦ Ͷߨ ଶ ܦ
݊௫ǡ ൌ ଶ ݉ ൌ ଶ ൌ
ܾ ܽ ܾ݉ ܾ ܾܽ ܾܽ ܾଶ
Abbiamo dunque ottenuto che, se la dimensione della lastra nella direzione ݔdello sforzo, ܽ,
è un multiplo della dimensione della lastra in direzione ݕperpendicolare allo sforzo, ܾ,
cosicché ݉ è un numero intero, il carico critico è pari a quattro volte il carico critico Euleriano
di un’asta di luce ܾ caricata di punta ( ܦ՜ )ܬܧ, indipendentemente dal numero di onde della
deformata critica della lastra nella direzione del carico (cioè indipendentemente da ݉).
Se invece ܽ non è un multiplo di ܾ, il carico critico risulta maggiore e stavolta dipende dal
numero di semi-onde della deformata critica nella direzione del carico (ovvero da ݉). In
particolare, il carico critico sarà quello corrispondente al numero di semionde che dà il
valore più piccolo di ݊௫ǡ per il dato valore di ܽȀܾ:
ଶ
ߨଶܦ ܾ ͳܽ
݊௫ǡ ൌ ଶ ݉
ܾ ܽ ܾ݉
ଶ
ܾ ͳܽ
݇ఙ ൌ ݉
ܽ ܾ݉
ܾ ݔ
݊௫ ܽ ݊௫
ݕ
Lo sforzo normale critico, quindi, a parte il caso particolare in cui ܽ sia un multiplo intero di
ܾ, è una funzione del rapporto fra i lati ܽȀܾ. Tuttavia, quando ܽ ܾ ب, come nel caso che
interessa a noi, il carico critico, indipendentemente dal numero di semi-onde ݉, tende al
valore minimo, ovvero il coefficiente rappresentato nel grafico tende a 4.
ଶ
ߨଶܧ ݐ ଶ
ܾ ͳܽ
ߪ௫ǡ ൌ ݉
ͳʹሺͳ െ ߥ ଶ ሻ ܾ ܽ ܾ݉
Tuttavia, le condizioni di vincolo possono essere diverse dal semplice appoggio su tutti i lati
(in particolare, per lastre molto allungate nella direzione del carico, ci interessano le
condizioni di vincolo in direzione perpendicolare al carico) e lo sforzo di compressione può
non essere uniforme (si pensi, per esempio, alle ali o all’anima di una trave a doppio T
soggetta a presso-flessione deviata). In termini generali, la tensione critica elastica può
quindi essere scritta come:
ߨଶܧ ݐଶ
ߪ௫ǡ ൌ ݇ఙ
ͳʹሺͳ െ ߥ ଶ ሻ ܾ
Coefficiente di imbozzamento
Il coefficiente di imbozzamento ݇ఙ dipende dal rapporto fra i lati del pannello (in realtà,
molto poco per pannelli molto allungati nella direzione del carico), dalle condizioni di vincolo
(soprattutto nella direzione perpendicolare al carico), e dalla distribuzione delle tensioni.
Per una lastra infinitamente lunga, appoggiata su entrambi i lati, si può definire il rapporto di
tensione ߰ (ipotizzando una distribuzione lineare di tensione):
ߪଶ
߰ൌ
ߪଵ
con: ߪଵ ൌ massima compressione ad un estremo del pannello;
ߪଶ ൌ tensione (compressione o trazione) all’altro estremo.
Seguendo l’Eurocodice 3 (EN 1993-1-5), si ha:
߰ ൌ ͳ ՜ ݇ఙ ൌ Ͷ (compressione uniforme)
ͺǤʹ
Ͳ ൏ ߰ ൏ ͳ ՜ ݇ఙ ൌ
ͳǤͲͷ ߰
߰ ൌ Ͳ ՜ ݇ఙ ൌ Ǥͺͳ (distribuzione triangolare di compressione)
Coefficiente di imbozzamento
߰ ൌ െͳ ՜ ݇ఙ ൌ ʹ͵Ǥͻ (distribuzione di tensione a farfalla)
െ͵ ൏ ߰ ൏ െͳ ՜ ݇ఙ ൌ ͷǤͻͺ ͳ െ ߰ ଶ
Per una lastra semi-illimitata
appoggiata da un lato e libera
dall’altro (poi, in realtà, per i pannelli,
si parlerà di bordi irrigiditi o meno),
bisogna distinguere tra il caso in cui la
massima compressione sia dal lato del
vincolo oppure da quello opposto.
Comunque, in caso di compressione
uniforme (߰ ൌ ͳ) risulta ݇ఙ ൌ ͲǤͶ͵
(che quindi implica una tensione
critica che è quasi un decimo di quella
݇ఙ ൌ ʹ͵Ǥͻ ݇ఙ ൌ Ǥͺͳ corrispondente al caso doppiamente
݇ఙ ൌ Ͷ appoggiato).
݊௫ ݊௫
ܾ
Coefficiente di imbozzamento
Nel caso di una lastra illimitata uniformemente compressa (߰ ൌ ͳ), i coefficienti di
imbozzamento ݇ఙ possono essere determinati anche per condizioni di vincolo diverse
dall’appoggio su uno o entrambi i lati paralleli al carico.
ߨଶܧ ݐ ଶ
ߪ௫ǡ ൌ ݇ఙ ଶ
ͳʹ ሺͳ െ ߥ ሻ ܾ
ߪ ܾ ߪ௩ ݂௬
ଶ
ߨଶܧ ݐ
ߪ ܾ ൌ ݂௬ ൌ ݇ఙ lastra equivalente
ͳʹ ͳ െ ߥ ଶ ܾ (al collasso)
Ne segue che:
ଶ
ߪ ܾ ܾ ߪ ܾ
ൌ ovvero: ܾ ൌ ܾ
݂௬ ܾ ݂௬
ߪ௩ ܾ ൌ ݂௬ ܾ
si ottiene:
ܾ ͳ ߪ ܾ
ߪ௩ ൌ ݂௬ ൌ ݂௬ ܾ ൌ ߪ ܾ ݂௬
ܾ ܾ ݂௬
Dunque, la tensione media nel pannello «reale» risulta pari alla media geometrica della
tensione critica elastica e di quella di snervamento e, come ci aspettavamo, risulta essere
intermedia fra le due.
Possiamo adesso introdurre la snellezza relativa del piatto, ovvero la snellezza effettiva
della lastra rispetto a quella per la quale l’instabilità della lastra ideale elastica avviene per
una tensione critica proprio uguale a ݂௬ . Come sempre, data la relazione di proporzionalità
inversa in campo elastico tra la tensione critica e il quadrato della snellezza, possiamo
esprimere la snellezza relativa come:
da cui, viste le relazioni nella pagina ܾ
݂௬ ߣҧ ൌ
ҧ
ߣ ൌ precedente, conseguenti all’ipotesi
ߪ ܾ ܾ
di von Kármán :
Costruzioni Metalliche Problemi di stabilità locale
21
Per la lastra ideale elastica, invece, siccome ߪ ൌ ߪ ሺܾሻ, la suddetta relazione diventa:
ߪ ߪ ሺܾሻ ͳ
ൌ ൌ ଶ
݂௬ ݂௬ ߣҧ
݂௬ ͳʹ ͳ െ ߥ ଶ ܾ ଶ ݂௬ ܾ ͳʹ ͳ െ ߥ ଶ ݂௬
ߣҧ ൌ ൌ ൌ
ߪ ܾ ߨ ଶ ݐܧଶ ݇ఙ ݐ ߨ ଶ ݇ ܧఙ
ʹ͵ͷ
Assumendo ܧൌ ʹͳͲͲͲͲ MPa e ߥ ൌ ͲǤ͵, detto anche ߝ ൌ (con ݂௬ espresso in MPa),
݂௬
otteniamo:
ܾȀݐ
ߣҧ ൌ
ʹͺǤͶ ߝ ݇ఙ
ܾ ݔ
݊௫ ܽ ݊௫
ܾ
Ͷʹ ߝ
ݐ
ܾȀݐ
ߣҧ ൌ
ʹͺǤͶ ߝ ݇ఙ
Da cui:
ܾ
ൌ ʹͺǤͶ ߝ ݇ఙ ߣҧ
ݐ
ܾ
ൌ ͷǤͺ Ͳ ڄǤ͵ ߝ ڄൌ ͶͳǤͺʹ ߝ ؆ Ͷʹ ߝ
ݐ
ͲǤ͵
ത
ܾȀݐ
ߣҧ ൌ
ʹͺǤͶ ߝ ݇ఙ
ܾ ൌ ߩܾ
Nel secondo caso si distingue anche tra il caso in cui la massima compressione ߪଵ sia dal lato
del vincolo oppure dal lato opposto al vincolo.
Costruzioni Metalliche Problemi di stabilità locale
39
ߣҧ െ ͲǤͲͷͷ ͵ ߰
ߣҧ ͲǤ͵ ՜ ߩൌ ͳ con ͵ ߰ Ͳ
Da: C. Bernuzzi, Progetto ߣҧଶ
e verifica delle strutture
in acciaio, Hoepli
ܾ
ߣҧ ͲǤͶͺ ՜ ߩ ൌ ͳ
ߣҧ ͲǤͶͺ
ߣҧ െ ͲǤͳͺͺ
՜ ߩൌ ͳ
ߣҧଶ
ܯ௬
Esempio 1
Consideriamo un profilato cavo rettangolare di tipo EN 10210 500 × 300 × 10, soggetto a
compressione semplice:
ݐൌ ͳͲ ʹ͵ͷ
ߝൌ ൌ ͲǤͺͳͶ
݂௬
In questo primo esempio, per semplicità e a vantaggio di sicurezza, trascuriamo gli effettivi
raggi di curvatura dei raccordi.
Partiamo con la classificazione dei pannelli «verticali» e «orizzontali». Entrambi sono
uniformemente compressi e possono essere considerati appoggiati lungo i due bordi.
Pannello orizzontale
ܾത ʹͺͲ ܾത
ൌ ൌ ʹͺ ൏ ͵ͺ ߝ ൌ ͵ͲǤͻ ՜ ° ʹ ሺ ͵͵ ߝ ൌ ʹǤͺሻ
ݐ ͳͲ ݐ
Esempio 1
Pannello verticale
݄ത ൌ ݄ െ ʹ ݐൌ ͷͲͲ െ ʹ Ͳͳ ڄൌ ͶͺͲ
݄ത ͶͺͲ
ൌ ൌ Ͷͺ Ͷʹ ߝ ൌ ͵ͶǤʹ ՜ ° Ͷ ȟ݄
ݐ ͳͲ ܩ
Esempio 2
Consideriamo adesso una trave a doppio T non simmetrica in composizione saldata di
grosse dimensioni (tipica di impalcati da ponte), soggetta a flessione semplice (momento
positivo):
ܾ௦
݄ ൌ ʹͲͲ ܾ ൌ ͳ͵ͲͲ
ݐ௦
ܾഥ ܾ௦ ൌ ͻͲͲ ݐ ൌ ͷͲ
ݖ௦
ீݕ
ݔ
ݐ௦ ൌ ͵ͷ ݐ௪ ൌ ʹͷ
݄ ݐ௪ ݄ഥ
ݖ௦ ൌ ݖ ൌ ͳ͵
ܩ
ݖ
ݕ Acciaio di grado S355
ݐ
ܾ
Per questa trave possiamo determinare la posizione del baricentro ܩe quindi le proprietà
inerziali della sezione lorda:
Esempio 2
In caso di flessione semplice e momento positivo, l’ala inferiore è tesa, quella superiore è
compressa e l’anima è presso-inflessa.
Cominciamo col considerare l’ala superiore, che è uniformemente compressa nel suo piano e
vincolata solo in corrispondenza del collegamento con l’anima (݇ఙ ൌ ͲǤͶ͵):
ʹ͵ͷ
ߝൌ ൌ ͲǤͺͳͶ
݂௬
ܾത ͶʹͶǤͷ
ൌ ൌ ͳʹǤͳ ͳͶ ߝ ൌ ͳͳǤͶ ՜ ° Ͷ
ݐ ͵ͷ
Esempio 2
Quindi, trattandosi di un pannello vincolato solo da un lato, risulta:
ߣҧ െ ͲǤͳͺͺ ͲǤͺ െ ͲǤͳͺͺ
ߩൌ ൌ ൌ ͲǤͻͷ
ߣଶҧ ͲǤͺଶ
Passiamo quindi a considerare il pannello che costituisce l’anima della trave. Anche in questo
caso, lo spessore è inferiore di 40 mm, per cui ݂௬ ൌ ͵ͷͷ ed ߝ ൌ ͲǤͺͳͶ.
Il pannello è vincolato su entrambi i bordi longitudinali per effetto del collegamento con le ali
ed è soggetto ad un diagramma di tensioni intrecciato con:
Esempio 2
Essendo ߰ െͳ, il pannello risulta in classe 4 se:
݄ത Ͷʹ ߝ Ͷʹ Ͳ ڄǤͺͳͶ
ൌ ൌ ͶǤͻ
ݐ௪ ͲǤ ͲǤ͵͵ ߰ ͲǤ ͲǤ͵͵ ڄሺെͲǤͶሻ
݄ത ʹͷͺͻ
ൌ ൌ ͳͲ͵Ǥ ͶǤͻ ՜ Ͷ
ݐ௪ ʹͷ
Esempio 2
Quindi, trattandosi di un pannello vincolato su due lati, risulta:
݄ത ʹͷͺͻ
݄ ൌ ߩ݄ ൌ ߩ ൌ ͲǤͺͻ ڄ ൌ ͳʹͶͲ
ͳെ߰ ͳ െ െͲǤͶ
Questa larghezza efficace si riferisce solo alla porzione compressa del pannello e va suddivisa
in un’aliquota ݄ଵ , dal lato della massima compressione, e in un’aliquota ݄ଶ , dal lato della
zona tesa:
Esempio 2
In questo caso, dato l’elevato rapporto larghezza/spessore del pannello d’anima, nonostante
la vasta zona tesa, la penalizzazione è apprezzabile.
Possiamo determinare anche la posizione del baricentro della porzione «persa» di anima
(rispetto all’estradosso della trave):
ݕǡ௦௨ ൌ ݐ௦ ݖ௦ ݄ଵ ൌ ͵ͷ ͳ͵ Ͷͻ ൌ ͷͶͶ
Esempio 2
Il calcolo deve essere ripetuto iterativamente fino a che non si arriva a convergenza (߰ non
cambia più). In questa procedura, la penalizzazione dell’ala superiore non varia, essendo
questa uniformemente compressa nel suo piano medio (non sarebbe stato così se avessimo
avuto flessione deviata). Come si vede nella tabella seguente, in questo caso, il calcolo arriva
a ragionevole convergenza dopo sole tre iterazioni.
࢟ࡳ ࣒ ࣌ ઢࢎ ࢋࢌࢌ ࡶ࢞ǡࢋࢌࢌ ࢃ࢞ǡ࢙࢛ǡࢋࢌࢌ ࢃ࢞ǡࢌǡࢋࢌࢌ
[mm] [-] [-] [mm] [cm2] [cm4] [cm4] [cm4]
Sezione lorda 1619.7 -0.647 16.0 - 1618.8 19554393 120727 181012
Iterazione 1 1683.1 -0.583 14.8 331.7 1522.7 18462550 109696 181552
Iterazione 2 1690.7 -0.576 14.7 391.4 1520.9 18374175 108680 182042
Iterazione 3 1691.5 -0.575 14.7 398.4 1519.1 18364633 108568 182104
Iterazione 4 1691.6 -0.575 14.7 399.2 1518.9 18363560 108556 182111
Differenza -6.2 % -6.1 % -10.1 % +0.6 %
Tale fenomeno può combinarsi con le instabilità locali delle porzioni di lamiera che
costituiscono il profilato e quindi condizionare la determinazione delle aree efficaci della
sezione penalizzata.
In particolare, per i fenomeni distorsionali la sezione viene ulteriormente penalizzata nella
zona di irrigidimento, attraverso il calcolo (di solito iterativo) di uno spessore equivalente
ridotto.
Irrigidimenti trasversali
Irrigidimenti longitudinali
݄௪ ߝ
͵ͳ ݇
ݐ௪ ߟ ఛ
Il contributo di resistenza delle piattabande, ܸǡோௗ , dipende dal momento flettente e dallo
sforzo normale sollecitanti la trave, nonché dalle aree di porzioni «efficaci» della piattabanda
superiore e di quella inferiore.
Le norme forniscono anche la forza assiale con cui devono essere progettati gli irrigidimenti
trasversali, se considerati rigidi:
݂௬௪ ݄௪ ݐ௪
ܰ௦௧ǡௗ ൌ ܸாௗ െ
͵ ߣଶ௪ ߛெଵ
dove ܸாௗ è il taglio sollecitante di progetto ad una distanza pari a ͲǤͷ ݄௪ dal bordo del
pannello più sollecitato.
Costruzioni Metalliche Problemi di stabilità locale
64
݈௬ ݐ௪ ݂௬௪
ߣҧி ൌ
ܨ
dove:
ଷ
ݐܧ௪
ܨ ൌ ͲǤͻ ݇ி
݄௪
Costruzioni Metalliche
U i
Università
iàd degli
li S
Studi
di di Fi
Firenze
Dip. Ingegneria Civile e Ambientale
Sommario
Asta di Eulero
Data un’asta con queste proprietà, ci domandiamo che cosa succede se andiamo a
perturbare la configurazione di equilibrio (del prim’ordine, che prevede solo
accorciamenti assiali), imponendo una deformata flessionale, con spostamenti piccoli a
piacere. Se l’asta ritorna nella configurazione «indeformata» (ovvero senza deformata
flessionale), allora significa che la configurazione di equilibrio era stabile; viceversa, se il
sistema evolve verso una configurazione deformata diversa, significa che la
configurazione di partenza non era stabile. Per capire che cosa succede, ovviamente, è
necessario andare a scrivere le equazioni di equilibrio per la configurazione «deformata»
(o perturbata).
ݖ
ܰ
ݒሺݖሻ
ܮ
Asta di Eulero
Andiamo allora ad imporre l’equilibrio su una porzione di trave lunga ݖin configurazione
perturbata: Trascurando il taglio e limitandosi al
secondo ordine (piccole deformazioni e
ܰ ܯூே் spostamenti):
ܯா் ൌ ܰݒሺݖሻ
ݒሺݖሻ ܰ
ܯூே் ൌ െ ݒܬܧᇱᇱ ሺݖሻ
ݖ
Il momento «esterno» è quello destabilizzante dovuto agli effetti del second’ordine; il
momento «interno» rappresenta il contributo stabilizzante del richiamo elastico della trave.
Quando ܯூே் ܯா் , il richiamo elastico domina e la configurazione indeformata è
quindi stabile. La condizione ܯூே் ൌ ܯா் separa la condizione di stabilità da quella di
instabilità ed è detta di equilibrio indifferente.
Asta di Eulero
Sappiamo che la soluzione della suddetta equazione è una funzione armonica di
pulsazione ߙ, ovvero del tipo:
ݖ ݒൌ ݖߙ ܣ ݖߙ ܤ
dove ܣe ܤdevono essere determinate a partire dalle condizioni al contorno.
Nel caso specifico, la trave è semplicemente appoggiata, per cui:
Ͳ ݒൌͲ ฺ ܣൌͲ
Questo significa che, se la condizione sopra è verificata (opportuno valore del carico), una
soluzione (configurazione di equilibrio) deformata è possibile. Il fatto che l’ampiezza della
deformata (il valore di )ܤsia indeterminata, è dovuto alla limitazione di aver ricorso ad
una teoria del second’ordine (la perturbazione imposta è stata assunta piccola a piacere).
Costruzioni Metalliche Stabilità globale di travi
7
Asta di Eulero
ሺߙܮሻ ൌ Ͳ
Ricaviamo ora la soluzione dell’equazione trovata:
ߙ ܮൌ ݊ߨ ݊ ൌ ͳǡ ʹǡ ڮǡ λ
Asta di Eulero
In pratica, abbiamo visto che, raggiunto il valore critico del carico di punta, la qualità
dell’equilibrio della configurazione indeformata (o meglio interessata solo da un
accorciamento, in accordo con la teoria elastico-lineare) cambia improvvisamente. Infatti,
tale configurazione indeformata non è più l’unica configurazione di equilibrio ma ne
esistono altre, che prevedono un’inflessione. Seguendo una teoria non lineare di ordine
superiore, ovvero rimuovendo l’ipotesi di piccoli spostamenti e deformazioni, si
vedrebbe che ce ne sono due di queste configurazioni (lo «sbandamento» della trave
verso l’alto o verso il basso è indifferente) e si potrebbe anche determinare le deformate.
effettive. Si potrebbe anche dimostrare che tali
ܰ configurazioni deformate sono di
Soluzione instabile
equilibrio stabile, mentre quella
indeformata è ancora di equilibrio
Punto di
biforcazione per ܰ ܰ ma di natura instabile.
Tale discontinuità nell’evoluzione
delle configurazioni di equilibrio con
Soluzione stabile
(metodo non lineare ܰ il carico prende il nome di
di ordine superiore) Soluzione stabile biforcazione.
(indeformata)
ݒ௫
Asta di Eulero
Ricordiamo adesso il concetto di snellezza dell’asta:
ܮ
ߣൌ
ߩ
dove ߩ ൌ ܬȀ ܣè il raggio giratore d’inerzia della sezione. Otteniamo dunque:
ߨ ଶ ܣܧ
ܰ ൌ ଶ
ߣ
Asta di Eulero
ܮ rappresenta la distanza tra due punti di flesso (punti in cui il momento flettente è nullo)
consecutivi nella deformata post-critica della trave.
ܮ
ߣൌ
ߩ
Asta di Eulero
Tenendo conto delle diverse
condizioni di vincolo (lunghezza di
libera inflessione) e di rigidezza (raggi
giratori d’inerzia) nelle due direzioni
principali, in termini generali,
dovremmo scrivere:
ߨ ଶ ߨ ܣܧଶ ܣܧ
ܰ ൌ ǡ ଶ
ߣଶ௫ ߣ௬
Si deve notare che la determinazione della lunghezza di libera inflessione non è così
banale nel caso in cui l’asta considerata sia inserita in una struttura più complessa (per
esempio, un telaio multipiano). Torneremo su questo aspetto più avanti.
ݒሺݖሻ
ܮ
Riprendiamo l’asta ideale di Eulero ma supponiamo adesso che essa sia soggetta ad un
momento flettente costante del prim’ordine (ovvero quello che sarebbe presente
imponendo l’equilibrio in configurazione indeformata) oltre che ad un carico di punta. Il
ragionamento potrebbe anche essere ripercorso nel caso di uno sforzo normale
eccentrico oppure, con qualche complicazione di calcolo in più, in quello di un carico
distribuito trasversale sulla trave (dando luogo ad un momento flettente variabile lungo
lo sviluppo della trave). Per semplicità, sviluppiamo il ragionamento solo per il caso di
momento flettente costante.
ܰ ܯ
ݒᇱᇱ ݖ ݖ ݒൌെ
ܬܧ ܬܧ
ܯ
ݒᇱᇱ ݖ ߙ ଶ ݖ ݒൌ െߙ ଶ
ܰ
dove, ancora una volta, abbiamo posto ߙ ଶ ൌ ܰȀܬܧ. Non essendo l’equazione omogenea,
alla soluzione trovata in precedenza occorre aggiungere una soluzione particolare per
avere l’integrale generale:
ܯ
ݖ ݒൌ ݖߙ ܣ ݖߙ ܤെ
ܰ
Imponendo adesso le condizioni al contorno per la trave, otteniamo:
ܯ ܯ
Ͳ ݒൌͲ ฺ ܣെ ൌͲ ฺ ܣൌ
ܰ ܰ
ܯ
ܮ ݒൌͲ ฺ ܮߙ ܣ ܮߙ ܤെ ൌͲ
ܰ
Costruzioni Metalliche Stabilità globale di travi
15
ܯ ߙܮ
ݖ ݒൌ ߙ ݖ ߙ ݖെ ͳ
ܰ ʹ
Inoltre:
ܰܮଶ ܰ
ߙ ଶ ܮଶ ൌ ൌ ߨଶ
ܬܧ ܰ
ߙܮ ͳ ଶ ଶ ߨଶ ܰ ܰ
؆ͳെ ߙ ܮൌͳെ ؆ͳെ
ʹ ͺ ͺ ܰ ܰ
Da cui:
ܮ ͳ ܯ
ܯ௫ ൌ ܯ ൌ ܯ ؆
ʹ ߙܮ ܰ
ͳെ
ʹ ܰ
In campo elastico, si può determinare la tensione nella fibra più sollecitata della sezione
di mezzeria come:
ܰ ܯ
ߪ௫ ൌ
ͳ ܹ ܣെ ܰ
ܰ
Abbiamo ottenuto una relazione non lineare, che lega la tensione alle sollecitazioni nella
sezione (ܰ, ܯ ). Si noti che, se ܰ ՜ Ͳ (non c’è carico di punta), ritroviamo la classica
formula di Navier per la flessione (solo del prim’ordine). Viceversa, se ܰ ՜ ܰ , ߪ௫ ՜ λ.
ݖ
ܰ ݒ ሺݖሻ
ݒሺݖሻ
ܮ
ܰ ܰݒǡ௫
ߪ௫ ൌ
ͳ ܹ ܣെ ܰ
ܰ
Da notare che, nel caso di un’eccentricità ݁ dello sforzo assiale, avremmo ottenuto la
stessa equazione, in cui, però, ovviamente, è diversa la definizione di ݉:
݁ ݕ ڄ௫
݉ൌ
ߩଶ
Fissati ݉ e ݂௬ௗ , si determina un valore di ߪ per ogni valore della snellezza ߣ (da cui
dipende ߪ ). Tale valore, in presenza di imperfezioni geometriche, sostituisce quello della
tensione critica Euleriana ߪ (rappresenta la tensione media per la quale la tensione
massima raggiunge il limite ݂௬ௗ ). Da notare che, com’è logico che sia, per ݉ ՜ Ͳ, la
tensione limite tende a coincidere con quella critica Euleriana, indipendentemente dal
valore della tensione di progetto dell’acciaio.
Costruzioni Metalliche Stabilità globale di travi
23
ߨଶܧ
ߪ ൌ ଶ
ߣ
La tensione critica Euleriana descrive nel piano ߪ െ ߣ un’iperbole cubica. Tale curva si
abbassa e si sdraia progressivamente all’aumentare dell’imperfezione geometrica
considerata, ovvero all’aumentare del valore di ݉.
ߨଶܧ
ߪ ൌ ଶ ൌ ݂௬
ߣ
ܧ
ߣ ൌ ߨ
݂௬
ߣ
Da: E. F. Radogna, Tecnica delle Costruzioni, Zanichelli
݂௬
ߣ
Storicamente sono stati elaborati diversi modelli per tener conto del comportamento
non-lineare/plastico del materiale, tra cui i famosi modelli di Engesser-von Kármán ed
Engesser-Shanley (elaborati tra la fine dell’800 e l’inizio del ‘900), che chiamano in causa
un modulo elastico ridotto (intermedio fra il modulo elastico tangente e quello elastico
lineare), nel primo caso, e il modulo elastico tangente, nel secondo.
Tali modelli hanno avuto larga applicazione e sono stati implementati anche in vari
documenti normativi.
Costruzioni Metalliche Stabilità globale di travi
28
ܰ௨
ഥൌ
ܰ
݂ܣ௬
ߣ
ߣҧ ൌ
ߣ
ܰ௨
ഥൌ
ܰ
݂ܣ௬
ߣ
ߣҧ ൌ
ߣ
dove il pedice «b» sta per «buckling». La resistenza a compressione deve essere
determinata, a seconda della classe di resistenza della sezione, come:
݂௬
ܰǡோௗ ൌ ߯ܣ per sezioni di classe 1, 2 e 3
ߛெଵ
݂௬
ܰǡோௗ ൌ ߯ܣ per sezioni di classe 4
ߛெଵ
ܣ rappresenta l’area efficace della sezione e torneremo sul suo significato e sulla
maniera di valutarla più avanti nel corso.
ߛெଵ è il coefficiente di sicurezza e vale 1.05, come per le verifiche di resistenza, tranne
che per le membrature di ponti stradali e ferroviari, nel qual caso ߛெଵ ൌ ͳǤͳͲ.
݂ܣ௬
ߣҧ ൌ per sezioni di classe 1, 2 e 3
ܰ
ܣ ݂௬
ߣҧ ൌ per sezioni di classe 4
ܰ
dove ܰ rappresenta lo sforzo normale elastico critico per la modalità di instabilità
pertinente (flessionale, torsionale o flesso-torsionale). Quindi, nel caso in esame
(instabilità flessionale) ܰ è proprio il carico critico Euleriano.
Costruzioni Metalliche Stabilità globale di travi
34
ͳ
߯ ൌ ߛெଵ ଶҧ
ߣ
Come era logico attendersi, ߯ ha un andamento analogo a quello visto per la tensione
critica in presenza di imperfezioni meccaniche e geometriche.
La norma NTC 2018 riporta il coefficiente ߯ anche tabulato in funzione della snellezza
relativa e della curva di stabilità.
Costruzioni Metalliche Stabilità globale di travi
38
«È quindi illusorio richiedere allo strumento di calcolo o alla normativa di sostituire quel
buon senso ingegneristico che caratterizza la qualità di un progetto e che dà nel
contempo una dimensione umana all’atto progettuale nel momento in cui lascia liberi di
operare delle scelte».
E ancora:
«D’altra parte è evidente che non è solo col buon senso ingegneristico che si prevengono i
fenomeni di instabilità; criteri e metodi di calcolo approssimati, già riconosciuti validi e
ormai consolidati nella pratica tecnica, possono costituire una guida ed un mezzo valido
per creare o quanto meno stimolare quella sensibilità nei confronti dei problemi di
instabilità che, già da sola, costituisce un mezzo utile per riconoscere la possibilità di una
instabilità e quindi per prevenirla».
È come se
avessimo una
mensola di luce ܮ
con un incastro
cedevole
dove ܭ ൌ ܬܧ Ȁܮ è il coefficiente di rigidezza dell’elemento considerato (che in realtà può
anche essere opportunamente incrementato o ridotto per la presenza dei solai).
Efficacia di un vincolo
Una questione importante è quella dell’efficacia di un vincolo costituito da una seconda asta
deformabile oppure da un sistema di controvento.
Intuitivamente, se il sottosistema strutturale è sufficientemente rigido, il vincolo può essere
assunto come perfetto. Nel caso in figura, per esempio, la lunghezza di libera inflessione
viene quindi a coincidere con la luce ܮdei due campi in cui è divisa l’asta compressa. Però, se
la rigidezza di tale sottosistema non è sufficiente, il vincolo deve essere pensato come
deformabile e la lunghezza di libera inflessione aumenta.
Le cose si complicano quando si considerano le imperfezioni delle aste reali, perché la
rigidezza minima da attribuire al vincolo viene a dipendere dall’entità delle imperfezioni e nel
vincolo nascono delle reazioni, anch’esse legate all’entità delle imperfezioni (→ verifica di
resistenza). Il problema di solito viene affrontato tramite regole semi-empiriche e forfettarie.
Efficacia di un vincolo
Ipotizziamo dapprima che non vi siano imperfezioni nell’asta compressa. Se la rigidezza
dell’asta rompitratta orizzontale (o del sistema di controvento) non è sufficiente, si può
instaurare un meccanismo di instabilità globale (che valutiamo sotto l’ipotesi semplificativa
che l’elasticità sia concentrata solo nella molla). Scriviamo l’equilibrio alla rotazione della
metà superiore dell’asta rispetto ad una delle due cerniere:
ͳ
ܰ ܰȟ ൌ ݇ܮȟ
ʹ
ͳ Valore dello sforzo normale per il
ͳ ഥ ൌ ݇ܮ
ܰ
݇ȟ ʹ quale si ha l’instabilità globale
ܮ ʹ
Dovendo invece progettare il controvento, il
ȟ
valore di ݇, per il quale il carico critico
coincide con quello Euleriano ܰ per l’asta di
lunghezza di libera inflessione ܮ, risulta:
݇ȟ
ܮ כ
ʹܰ ʹߨ ଶ ܬܧ
݇ ൌ ൌ
ͳ ܮ ܮଷ
݇ȟ
ʹ
Quindi, per ݇ ݇ כ, il vincolo è efficace e può essere
considerato come perfetto nei confronti dell’instabilità.
Costruzioni Metalliche Stabilità globale di travi
56
Efficacia di un vincolo
Le cose si complicano se si considera l’imperfezione ȟ dell’asta. In questo caso, riscrivendo
lo stesso equilibrio in configurazione deformata, otteniamo:
ͳ
ܰ ܰ ȟ ȟ ൌ ݇ܮȟ
ʹ
ͳ
݇ȟ Data la rigidezza ݇ della molla e il carico assiale ܰ, si
ʹ determina lo spostamento ȟ in corrispondenza del vincolo
ܮ cedevole:
ȟ ܰȟ
ȟൌ
ͳ
ʹ ݇ ܮെ ܰ
݇ȟ
Trattandosi di un problema di tensioni e deformazioni del
ȟ
ܮ second’ordine, è logico risulti che, quando ܰ ՜ ܰ ഥ ൌ ଵ ݇ܮ,
ଶ
l’abbassamento in corrispondenza del vincolo elastico
ͳ tende a crescere indefinitamente. Lo stesso discorso vale
݇ȟ
ʹ per la reazione vincolare ݇ȟ che si sviluppa nel vincolo
elastico.
Vediamo un altro esempio e poi cerchiamo di capire come la questione può essere affrontata
a livello progettuale.
Costruzioni Metalliche Stabilità globale di travi
57
ܣܧௗ ଶ ߙ
ܪ ൌ ݇ȟ ൌ ܰௗ ߙ ൌ ȟ ܮଵ
ܮௗ
ܣܧௗ ଶ ߙ NOTA: si suppone che contribuisca ad
ฺ ݇ൌ
ܮௗ irrigidire la struttura solo il diagonale teso.
dove «br» sta per bracing (controvento).
Costruzioni Metalliche Stabilità globale di travi
58
ܰ ȟ
Da: G. Ballio, F. M. Mazzolani, Strutture in acciaio, Hoepli
ܰȟ ൌ ݇ܮȟ ഥ ൌ ݇ܮ
ื ܰ
ܰ ܪ ͳ
ൌ ڄ
ܰ ܰ ȟ ܪ
ܮ ܰ
oppure, in termini di sforzo nel controvento:
Quanto alle forze nel controvento dovute all’effetto stabilizzante in presenza di imperfezioni
geometriche della capriata (da utilizzare, insieme alle sollecitazioni derivanti dai carichi
orizzontali, per le verifiche di resistenza), esistono vari metodi di calcolo. Tuttavia, per
questo genere di problemi, assumere l’1-2% dello sforzo normale presente nella
membratura da stabilizzare oppure una frazione del carico critico (per esempio, l’1%), sono
scelte tipiche, normalmente a favore di sicurezza.
Costruzioni Metalliche Stabilità globale di travi
65
Per l’instabilità in direzione ݕ, l’asta può essere considerata come semplice. Viceversa, per
l’inflessione in direzione ݔ, chiamando in causa il momento d’inerzia rispetto alla direzione ݕ
(asse debole dei correnti a C o doppio T), l’asta deve essere considerata come composta. Si
può quindi far riferimento alle proprietà inerziali dei due profilati distanziati (con ݀ distanza
fra i baricentri): Tuttavia, la deformabilità dei collegamenti
݀ଶ favorirà l’inflessione dell’asta e quindi
ܬ௬ ൌ ʹܬଵ ʹܣଵ
Ͷ l’instabilità per effetto dei carichi assiali.
Costruzioni Metalliche Stabilità globale di travi
67
In questi altri casi, le aste risultano composte sia in direzione ݔche in direzione ݕ, anche se
alcuni collegamenti ovviamente risultano efficaci solo per inflessioni nel piano in cui
giacciono (nell’altro piano la loro rigidezza è trascurabile, ma tanto il loro contributo non
serve).
Risulta fondamentale capire come tali travi si deformano quando s’inflettono a seguito
dell’instabilizzazione. In particolare, siccome i tralicci e i calastrelli servono sostanzialmente
per rendere l’asta in grado di assorbire il taglio, è fondamentale capire qual sia il ruolo
svolto dal taglio nell’analisi di stabilità, ricordando che l’effetto del taglio era stato
trascurato nell’analisi svolta da Eulero.
Partiamo, quindi, dall’analisi dell’effetto del taglio sulla stabilità di una generica trave
continua (monolitica).
Costruzioni Metalliche Stabilità globale di travi
69
ݒሺݖሻ
߮ሺݖሻ
ܮ
ܸ
ܰ כൌ ܰ ߮ ؆ ܰ Visto che ߮ è piccolo per
ipotesi
ܸ ൌ െܰ ߮ ؆ െܰ߮
NOTA: il taglio è positivo
݀ݒ quando la rotazione è
߮ൌെ
݀ݖ negativa, da cui il segno meno
nell’equazione.
݀ݒ
ܸ؆ܰ ൌ ܰ ݒᇱ ሺݖሻ
Da: E. F. Radogna, Tecnica delle Costruzioni, Zanichelli ݀ݖ
Costruzioni Metalliche Stabilità globale di travi
70
߬ ܸ ܣ
ߛൌ ൌ ߯௩ dove ߯௩ ൌ è il fattore di taglio
ܩ ܣܩ ܣ௩ (e ܣ௩ l’area a taglio)
Quindi:
ܸ ߯௩ ܸ݀
ߛ ൌ ݒᇱ ൌ ߯௩ e ݒᇱᇱ ൌ
ܣܩ ݖ݀ ܣܩ
Ricordando ora che nel caso in esame ܯൌ ܰ ݒe ܸ ൌ ܰ ݒᇱ, otteniamo:
ܰ ߯௩
ݒᇱᇱ ൌ െ ݒ ܰ ݒᇱᇱ
ܬܧ ܣܩ
߯௩ ܰ
ͳെ ܰ ݒᇱᇱ ݒൌ Ͳ
ܣܩ ܬܧ
Ovvero:
ݒᇱᇱ ߙ ଶ ݒൌ Ͳ
dove: ܰ
ܬܧ
ߙଶ ൌ ߯௩
ͳ െ ܣܩ ܰ
ܰ
߯ ൌ ܰா
ͳ െ ௩ ܰ
ܣܩ
߯௩ ߯௩
ܰ ൌ ܰா ͳ െ ܰ ܰ ൌ ܰா െ ܰ ܰ
ܣܩ ܣܩ ா
߯௩ ܰா
ܰ ͳ ܰ ൌ ܰா ܰ ൌ
ܣܩா ߯௩
ͳ ܣܩ ܰா
Si può notare che ܰ ൏ ܰா qualunque sia ܰா , per cui l’effetto del taglio è sempre
destabilizzante (aumenta la deformazione).
È facile constatare che, per un’asta monolitica, l’influenza del taglio sul carico critico è del
tutto trascurabile. Infatti, anche assumendo un valore elevato del fattore di taglio, ߯௩ ൌ ͵,
e una moderata snellezza dell’asta, ߣ ൌ ͷͲ, si ottiene ߣ ൌ ͷͲǤ (con ߥ ൌ ͲǤ͵).
La tensione critica può quindi essere calcolata con la stessa iperbole cubica valida per il
caso Euleriano, utilizzando però ߣ al posto di ߣ.
Aste tralicciate
Nel caso di aste composte, tralicciate o calastrellate, il contributo del taglio normalmente
non è trascurabile e il problema si riduce a determinare la snellezza equivalente. Questo
può essere fatto sostituendo l’opportuno valore dello scorrimento per unità di taglio,
ߛȀܸ, nell’espressione di ߣ . Infatti, possiamo scrivere:
߯௩ ߛ ܸ
ߣ ൌ ߣଶ ߨ ଶ ܣܧൌ ߣଶ ߨ ଶ ܣܧ essendo, come noto, ߛ ൌ ߯௩
ܣܩ ܸ ܣܩ
Cominciamo ora col considerare l’asta tralicciata con la geometria riportata in figura. Per
trovare lo scorrimento ߛ, bisogna determinare lo spostamento ߟ dovuto al taglio ܸ.
݈௧ ݈
Aste tralicciate
ߟ è dovuto a due contributi, l’allungamento del diagonale, ߟଵ , e l’allungamento del
traverso, ߟଶ :
ߟ ൌ ߟଵ ߟଶ
Per determinare questi due contributi, calcoliamo i valori degli sforzi normali che si
generano per equilibrio nei traversi (ܰ௧ ) e nei diagonali (ܰௗ ) del traliccio:
ܰ௧ ൌ ܸ
ܸ
ܸ
ܰௗ ൌ
ߙ
݈௧
ߙ ൌ
݈ௗ
ܸ ܸ
Da: E. F. Radogna, Tecnica delle Costruzioni, Zanichelli
ܰௗ
ߜൌ ݈
ܣܧௗ ௗ
Quindi:
Aste tralicciate
Il contributo dovuto all’allungamento del traverso lo si può determinare semplicemente
come:
ܰ௧ ܸ݈௧
ߟଶ ൌ ݈௧ ൌ
ܣܧ௧ ܣܧ௧
Quindi:
݈ௗଷ ݈௧ Da: E. F. Radogna, Tecnica delle
ߟ ൌ ߟଵ ߟଶ ൌ ܸ
ܣܧௗ ݈௧ଶ ܣܧ௧ Costruzioni, Zanichelli
Da cui:
ߟ ݈ௗଷ ݈௧
ߛൌ ൌܸ ଶ
݈ ܣܧௗ ݈௧ ݈ ܣܧ௧ ݈
E infine:
ߛ ݈ௗଷ ݈௧
ൌ ଶ
ܸ ܣܧௗ ݈௧ ݈ ܣܧ௧ ݈
Aste tralicciate
L’espressione trovata dello scorrimento per unità di taglio, può essere sostituita nella
formula della snellezza equivalente:
Aste calastrellate
ݕ
ݕଵ ݕଵ
ݖ
ܣଵ
ݕ ݕ ݔ ݔ
݀ ݀
ʹ ʹ
ݖ ܣଵ
ݕଵ ݕ ݕଵ
Indichiamo invece con ܬ il momento d’inerzia del calastrello rispetto al suo asse forte (si
tratta di un asse che ha direzione parallela a )ݕ.
Aste calastrellate
Lo scorrimento nella trave può essere scisso in due contributi, quello dovuto all’inflessione
dei correnti, ߟଵ , e quello dovuto all’inflessione dei calastrelli, ߟଶ .
Cominciamo col considerare il contributo dei correnti.
ܸ ݈ ଷ
ʹ ʹ ܸ݈ଷ
ܸ ߟଵ ൌ ൌ
͵ܬܧ௬ଵ Ͷͺܬܧ௬ଵ
Aste calastrellate
Passiamo ora a considerare il contributo dei calastrelli. Questi saranno travi di luce ݈ ,
inflesse da due coppie antisimmetriche pari a ʹ ܸ ڄȀʹ ݈ ڄ Ȁʹ ൌ ܸ݈ Ȁʹ (metà della coppia
proviene dalla parte superiore del corrente e metà da quella inferiore). Trascurando la
deformabilità a taglio dei calastrelli, si ottiene: ܸ
݈ ʹ
݈
ʹ
ܸ݈
ܸ݈ ʹ
݈ ܸ
ʹ
ʹ
ܸ݈ ܸ݈ ܸ݈
݈ ݈ ݈ ܸ݈ ݈
߮ൌ ʹ െ ʹ ൌ ʹ ൌ
͵ܬܧ ܬܧ ܬܧ ͳʹܬܧ
݈߮ ܸ݈ଶ ݈
ߟଶ ൌ ൌ
ʹ ʹͶܬܧ
݈ NOTA: si è assunto che, quando si va a ripartire
i momenti ai nodi di fase I, i calastrelli risultano
Da: E. F. Radogna, Tecnica delle Costruzioni, Zanichelli
molto più rigidi dei correnti.
Costruzioni Metalliche Stabilità globale di travi
83
Aste calastrellate
Possiamo quindi calcolare il valore dello scorrimento per unità di taglio ߛȀܸ, da inserire
nell’espressione della snellezza equivalente.
ߟଵ ߟଶ ʹܸ ݈ଷ ݈ଶ ݈
ߛൌ ൌ
݈ ݈ Ͷͺܬܧ௬ଵ ʹͶܬܧ
ʹ
ߛ ݈ଶ ݈ ݈
ൌ
ܸ ʹͶܬܧ௬ଵ ͳʹܬܧ
Da cui:
ߛ ݈ଶ ݈ ݈
ߣ ൌ ߣଶ௬ ߨଶ ܣܧൌ ߣଶ௬ ߨଶܣ
ܸ ʹͶܬ௬ଵ ͳʹܬ
Questa espressione può essere un po’ semplificata, pensando che, se i calastrelli sono
progettati correttamente, risultano essere molto rigidi, per cui ߟଶ ؆ Ͳ, ovvero ݈ ݈ Ȁͳʹܬ ؆ Ͳ,
da cui si ottiene l’espressione che si trova spesso nelle norme (per es., nella Circolare 2019):
Aste calastrellate
Anche in questo caso, è necessario verificare anche la stabilità dell’asta nel piano
perpendicolare a quello in cui giacciono i calastrelli, nonché la stabilità dei singoli correnti
tra calastrello e calastrello.
Inoltre, bisogna verificare la resistenza dei calastrelli e dei relativi attacchi anche rispetto alle
azioni derivanti dalla compressione nell’asta composta, per effetto delle imperfezioni
geometriche.
In passato, sia per le aste tralicciate che per quelle calastrellate, questo veniva fatto
considerando una forza di taglio pari a ߱ܰȀͳͲͲ. Oggi la Circolare 2019, seguendo
l’Eurocodice 3, suggerisce invece di utilizzare una forza di taglio:
ߨܯாௗ
ܸாௗ ൌ
ܮ
dove ܯாௗ è un momento che tiene conto del momento
flettente agente nell’asta composta, del rapporto ܰாௗ Ȁܰ ,
essendo ܰ il carico critico Euleriano dell’asta composta,
delle imperfezioni geometriche e della rigidezza a taglio
equivalente della tralicciatura o della calastrellatura.
In particolare, la figura di destra chiarisce come devono essere
distribuite le forze per la verifica dei correnti e dei calastrelli.
Costruzioni Metalliche Stabilità globale di travi
85
ܯ௫ ܯ௫
ݔ
ܬ௫ ܬ ب௬
ݖ
ݕ ݕ
ܮ
ܯ௫ ܯ௫
ݖ
ܯ௫ ൌ െܬܧ௫ ݒᇱᇱሺݖሻ
ݒሺݖሻ
ݕ ܮ
ܯ௫ ܶ ൌ ܯ௫ ߛ ؆ ܯ௫ ߛ
ݖ
ߛ ܯ௫ ߛ ؆ ܯ௫
ߛ
ݑሺݖሻ ߛ
ܮ ܯ௫ ܶሺݖሻ ൌ ܯ௫ ݑᇱ ሺݖሻ
ݔ ܯ௫
Costruzioni Metalliche Stabilità globale di travi
90
ܯ௫ଶ
െ ߮ ൌ ߮ ்ܬܩᇱᇱ
ܬܧ௬
ܯ௫ଶ
߮ ᇱᇱ ߮ൌͲ
ܬܧ௬ ்ܬܩ
E infine:
ᇱᇱ ଶ ଶ
ܯ௫ଶ
߮ ߙ ߮ൌͲ avendo posto ߙ ൌ
ܬܧ௬ ்ܬܩ
ܲ
ݖ
ܲ
ܯ௫ ݖൌ ݖ
ʹ
ܲ ܮ ܲ
ʹ ʹ
ܯ௫ଶ ܲଶ ݖଶ
߮ ᇱᇱ ߮ൌͲ ߮ ᇱᇱ ߮ൌͲ
ܬܧ௬ ்ܬܩ Ͷ ܬܧ௬ ்ܬܩ
ܲଶ
߮ ᇱᇱ ߙ ଶݖଶ߮ ൌͲ dove, stavolta, ߙଶ ൌ
Ͷܬܧ௬ ்ܬܩ
Questa equazione si risolve in maniera più complicata, ricorrendo alle funzioni di Bessel, e si
ottiene:
ͳǤͻͶ ܲ ܮͶǤʹ͵ͷ
ܲ ؆ ଶ ܬܧ௬ ்ܬܩ E in mezzeria: ܯ௫ǡ௫ǡ ൌ ؆ ܬܧ௬ ்ܬܩ
ܮ Ͷ ܮ
che è un valore un po’ maggiore (del 35 % circa) di quello travato in precedenza.
si ottiene:
߮ ሺ௩ሻ െ ʹߙ߮ ᇱᇱ െ ߚ߮ ൌ Ͳ
ߣସ െ ʹߙߣଶ െ ߚ ൌ Ͳ
ݐଵ ൌ ߙ ߙ ଶ ߚ Ͳ
ݐଶ ൌ ߙ െ ߙ ଶ ߚ ൏ Ͳ
La prima soluzione in ݐdà luogo a soluzioni reali in ߣ, mentre la seconda a soluzioni
immaginarie.
Costruzioni Metalliche Stabilità globale di travi
96
ߣଶ ൌ െ ߙ ߙ ଶ ߚ ߣସ ൌ െ݅ ߙଶ ߚ െ ߙ
Detti ݉ൌ ߙ ߙଶ ߚ Ͳ e ݊ൌ ߙଶ ߚ െ ߙ Ͳ ,
l’integrale generale dell’equazione differenziale può essere scritto nella forma seguente:
߮ Ͳ ൌͲ
߮ ᇱᇱ Ͳ ൌ Ͳ (appoggio torsionale → ingobbamento libero)
߮ ܮൌͲ
߮ ᇱᇱ ܮൌ Ͳ (appoggio torsionale → ingobbamento libero)
߮ ᇱᇱ ݖൌ െ݊ଶ ܣଵ ݊ ݖെ ݊ଶ ܣଶ ݊ ݖ ݉ଶ ܣଷ ݁ ௭ ݉ଶ ܣସ ݁ ି௭
e otteniamo:
߮ Ͳ ൌͲ ฺ ܣଶ ܣଷ ܣସ ൌ Ͳ
Moltiplicando la prima equazione per െ݉ଶ e poi sommando le due equazioni, otteniamo:
െ ݉ ଶ ݊ ଶ ܣଶ ൌ Ͳ
Quindi, siccome ݉ǡ ݊ Ͳ:
ܣଶ ൌ Ͳ
߮ ݖൌ ܣଵ ݊ ݖ ܣଷ ݁ ௭ െ ݁ ି௭ ൌ ܣଵ ݊ ݖ ʹܣଷ ݉ݖ
߮ ᇱᇱ ݖൌ െ݊ଶ ܣଵ ݊ ݖ ݉ଶ ܣଷ ݁ ௭ െ ݁ ି௭ ൌ െ݊ଶ ܣଵ ݊ ݖ ʹ݉ଶ ܣଷ ݉ݖ
Visto che, essendo ݉ ܮ Ͳ, il seno iperbolico risulta essere strettamente positivo.
Ne deriva che:
ܣଵ ݊ ܮൌ Ͳ
ଶ
ܯ௫ǡ ߨଶ ߨଶ
ൌ ଶ ଶ ʹߙ
ܬܧ௬ ܬܧఠ ܮ ܮ
ଶ
ߨଶ ߨ ଶ ்ܬܩ
ܯ௫ǡ ൌ ଶ ܬܧ௬ ܬܧఠ ଶ
ܮ ܮ ܬܧఠ
ߨ ߨ ଶ ்ܬܩ ߨ ߨଶ ߨ ߨ ଶ ܬܧఠ
ܯ௫ǡ ൌ ܬܧ௬ ܬܧఠ ଶ ൌ ܬܧ ܬܧ ܬܧ௬ ்ܬܩൌ ܬܧ௬ ͳ ்ܬܩ ଶ
ܮ ܮ ܬܧఠ ܮ ܮଶ ௬ ఠ ܮ ்ܬܩ ܮ
ߨ ߨଶ
ܯ௫ǡ ൌ ܬܧ௬ ͳ ்ܬܩ ଶ
ܮ ݇
்ܬܩ
Ricordando che ݇ è la lunghezza adimensionale caratteristica della trave: ݇ൌܮ
ܬܧఠ
Chiaramente, se ݇ ՜ λ (ovvero abbiamo solo torsione alla De Saint Venant), ritroviamo il
valore del momento critico visto in precedenza. Viceversa, se ݇ è piccolo (ovvero è
sostanziale il contributo della torsione non uniforme alla Vlasov), il valore critico del
momento flettente aumenta apprezzabilmente.
Tale problema venne studiato per la prima volta da Timoshenko e poi esteso da Bleich.
Costruzioni Metalliche Stabilità globale di travi
101
dove ܯ e ܯ sono i valori dei momenti flettenti alle estremità della trave, con ȁܯ ȁܯ
(espressione che le norme americane limitano a 2.3).
Da notare che la Circolare 2019 circoscrive l’utilizzo dell’espressione trovata per il momento
flettente critico al caso di profili «standard» (sezioni doppiamente simmetriche a doppio T).
Un approccio valido in condizioni più generali di vincolo e di carico ma sempre per travi con
sezioni a doppia simmetria è il seguente (di Clark e Hill):
ߨ ߨଶ ଶ ߨ
ܯ௫ǡ ൌ ߰ଵ ܬܧ௬ ்ܬܩ ͳ ଶ
߰ଶ ͳ േ ߰ଶ
ܮ ݇ ݇
dove il secondo termine tra parentesi tiene conto di dove sono applicati i carichi: se questi
sono applicati all’ala inferiore vale il segno positivo, mentre se sono applicati a quella
superiore è necessario considerare il segno negativo. Infine, se i carichi sono applicati al
baricentro, tale termine risulta nullo.
Costruzioni Metalliche Stabilità globale di travi
103
da cui dipende il coefficiente ்߯ , che tiene conto delle imperfezioni geometriche e
meccaniche delle aste industriali, nonché del comportamento plastico del materiale.
Si trova quindi il momento flettente resistente per la verifica di stabilità:
݂௬
ܯ௫ǡǡோௗ ൌ ்߯ ܹ௫ con ்߯ ͳ
ߛெଵ
e si controlla che:
ܯ௫ǡாௗ
ͳ
ܯ௫ǡǡோௗ
Ovviamente, ݔindica l’asse forte della sezione (nella NTC 2018 viene indicato con ݕmentre,
nell’espressione del momento critico riportata nella Circolare 2019, ݕrappresenta l’asse
debole della sezione). ܹ௫ è il modulo di resistenza della sezione e deve essere inteso come
ܹǡ௫ per sezioni di classe 1 e 2, ܹǡ௫ per sezioni di classe 3, e ܹǡ௫ per sezioni di classe 4.
Crollo del ponte pedonale a Marcy, USA, 2002 Crollo del Rio Grande Bridge a Albuquerque, USA, 2011
D. Vacchiano, Instabilità flesso-torsionale di travi in c.a.p.: Analisi di un caso studio, Tesi di Laurea Magistrale, Politecnico di Torino, 2018
Verifica a pressoflessione
Nel caso della pressoflessione, magari deviata, si deve valutare l’interazione fra ܰ, ܯ௫ e ܯ௬
nel contribuire all’instabilità dell’asta (o, meglio, al problema tensionale del second’ordine),
visto che il problema è non lineare. L’interazione assunta dalle norme è molto semplice,
sovrapponendo linearmente i tre contributi ma amplificando quelli dei momenti flettenti per
effetto della presenza dello sforzo normale di compressione (come già visto).
Nel caso di aste prismatiche, la Circolare 2019 propone la seguente verifica (metodo A):
dove ߯ è il minimo fattore di instabilità rispetto agli assi principali d’inerzia, ܰǡ௫ e ܰǡ௬
sono i carichi critici Euleriani rispetto agli assi principali, mentre ܹ௫ e ܹ௬ sono i moduli di
resistenza (plastici per le sezioni di classe 1 e 2, elastici per le sezioni di classe 3; per le
sezioni di classe 4, si può usare il metodo B).
ܯ௫ǡǡாௗ e ܯ௬ǡǡாௗ sono i valori equivalenti dei momenti flettenti, da usare nelle verifiche
quando tali momenti non sono uniformi:
ܯǡாௗ ൌ ͳǤ͵ ܯǡாௗ dove ܯǡாௗ è il valore medio del
momento flettente sulla trave.
Costruzioni Metalliche Stabilità globale di travi
109
Verifica a pressoflessione
Con la limitazione:
ͲǤͷ ܯ௫ǡாௗ ܯǡாௗ ܯ௫ǡாௗ
Nel caso di un’asta vincolata agli estremi, soggetta a momento flettente variabile
linearmente tra i valori ܯ e ܯ , con ܯ ȁܯ ȁ, si può anche assumere:
Questo vale nel caso in cui siano previsti opportuni ritegni torsionali in grado di impedire
l’instabilità flesso-torsionale. In caso contrario, si dovrà verificare che:
dove ݔè l’asse forte della sezione, mentre ்߯ è il fattore di instabilità flesso-torsionale visto
prima.
Il metodo B della Circolare 2019 prevede due verifiche distinte in direzione ݔe ݕ,
introducendo dei coefficienti di interazione per i contributi dei momenti flettenti. Tale
metodo può essere adattato anche al caso di sezioni di classe 4.
Costruzioni Metalliche Stabilità globale di travi
Università degli Studi di Firenze
Corso di Laurea Magistrale in Ingegneria Civile
Corso di Laurea Magistrale in Ingegneria Edile
Costruzioni Metalliche
Collegamenti
Claudio Mannini
claudio.mannini@unifi.it
U i
Università
iàd degli
li S
Studi
di di Fi
Firenze
Dip. Ingegneria Civile e Ambientale
Sommario
• Articolazioni e giunti
• Completo e parziale ripristino di resistenza
• Duttilità di un giunto
• Tipologie comuni di giunti e dettagli costruttivi
• Giunti cerniera, giunti rigidi e semirigidi
• Progettazione in campo plastico e richiesta di capacità rotazionale
di un giunto
• Giunto flangiato simmetrico soggetto a trazione (T-stub)
• Calcolo dei giunti trave-colonna e dei giunti di base con il metodo
per componenti
• Calcolo di un giunto trave-trave con coprigiunti
• Calcolo dei giunti di composizione delle sezioni
• Modellazione con il metodo per componenti di un giunto semirigido
• Capacità rotazionale dei giunti cerniera
• Esempio di calcolo di un giunto flangiato trave-colonna
Costruzioni Metalliche Collegamenti
3
Articolazioni
Per collegamento s’intende una giunzione fra membrature; si tratta quindi di un insieme di
unioni saldate e/o bullonate.
Una prima classificazione delle giunzioni può essere fatta in base agli spostamenti relativi
tra i pezzi collegati. In particolare, si distingue tra articolazioni e giunti.
Le articolazioni consentono, in condizioni di esercizio, spostamenti relativi tra i pezzi senza
provocare plasticizzazioni nel vincolo (cinematismo attivo).
Si possono avere:
- Articolazioni a perno
Da: G. Ballio, F. M. Mazzolani, Strutture in acciaio, Hoepli
Articolazioni
Per collegamento s’intende una giunzione fra membrature; si tratta quindi di un insieme di
unioni saldate e/o bullonate.
Una prima classificazione delle giunzioni può essere fatta in base agli spostamenti relativi
tra i pezzi collegati. In particolare, si distingue tra articolazioni e giunti.
Le articolazioni consentono, in condizioni di esercizio, spostamenti relativi tra i pezzi senza
provocare plasticizzazioni nel vincolo (cinematismo attivo).
Si possono avere:
- Articolazioni a perno
- Articolazioni per contatto
Articolazioni
Per collegamento s’intende una giunzione fra membrature; si tratta quindi di un insieme di
unioni saldate e/o bullonate.
Una prima classificazione delle giunzioni può essere fatta in base agli spostamenti relativi
tra i pezzi collegati. In particolare, si distingue tra articolazioni e giunti.
Le articolazioni consentono, in condizioni di esercizio, spostamenti relativi tra i pezzi senza
provocare plasticizzazioni nel vincolo (cinematismo attivo).
Si possono avere:
- Articolazioni a perno
- Articolazioni per contatto
- Articolazioni in materiale sintetico Da: G. Ballio, F. M. Mazzolani, Strutture in acciaio, Hoepli
Articolazioni
Le articolazioni erano molto diffuse nel panorama delle costruzioni metalliche fino ai
primi decenni del ‘900 (infatti, il calcolo delle strutture veniva fatto con la teoria elastica
e quindi si cercava di riprodurre nella maniera più fedele possibile le condizioni di vincolo
assunte nelle verifiche).
Oggi vengono utilizzate quasi esclusivamente per gli appoggi dei ponti o per strutture
speciali destinate a sorreggere macchinari o strutture in movimento.
Giunti
I giunti, invece, non consentono spostamenti relativi tra gli elementi collegati, a meno che
non si producano plasticizzazioni locali nei dettagli che costituiscono il vincolo.
Si tratta di zone dove si hanno forti concentrazioni di sforzi e dove la teoria di De Saint-
Venant non può essere applicata. Nella progettazione si utilizza invece il teorema statico
dell’analisi limite, andando a cercare soluzioni equilibrate e rispettose dei criteri di
plasticizzazione, che, in assenza di rotture fragili localizzate e di fenomeni di instabilità, allo
stato limite ultimo, risultano a favore di sicurezza.
Giunti misti
Nel caso di abbinamento di un’unione saldata e di una bullonata in un collegamento,
normalmente non è lecito sommare le resistenze delle due unioni. Infatti, se la bullonatura
consente spostamenti molto maggiori della saldatura (più rigida) a parità di forzo, ne
consegue il cosiddetto collasso a catena, ovvero prima cede la saldatura (per un carico di
poco superiore a quello ultimo per la sola saldatura) e poi la bullonatura a ruota. In tal caso,
si deve considerare la resistenza di solo una delle due unioni. È possibile considerare
resistenti sia la saldatura che la bullonatura quando lo scorrimento a collasso delle due
unioni è confrontabile (per esempio, in caso di gioco foro-bullone ridotto).
Giunti trave-colonna
Ad un nodo tra travi e colonne possono afferire da una a quattro travi (nodo ad una, due,
tre o quattro vie) e può essere di estremità per le colonne oppure intermedio, il che
influisce su alcuni possibili dettagli dei collegamenti.
Giunti trave-colonna
Nei giunti trave-colonna riportati in figura, il collegamento avviene con l’ala interna della
colonna (ma potrebbe essere anche con l’anima di questa). La flangia dei casi (c) e (d)
viene saldata alla trave in stabilimento e bullonata in cantiere. Nel primo caso la saldatura
riguarda solo una parte dell’anima della trave, mentre nel secondo caso interessa tutta
l’anima e le piattabande.
Giunti trave-colonna
Nel caso dei giunti flangiati, al fine di aumentare il momento flettente che può essere
trasmesso dal giunto, può risultare vantaggioso estendere la flangia dal lato della zona
tesa e disporre almeno un’altra fila di bulloni esternamente all’ala della trave. Una tale
strategia può essere applicata anche nel caso di un giunto intermedio di travi.
Al di là di questa prima rapida panoramica sulle varie tipologie di giunto, torneremo più
avanti in maniera specifica sui giunti trave-colonna.
Giunti trave-colonna
I giunti possono sempre essere irrigiditi con costolature in corrispondenza delle ali delle
travi, a volte necessarie per non creare particolari zone di debolezza del giunto.
Torneremo su questo aspetto nel seguito, parlando di valutazione della resistenza di un
nodo trave-colonna.
https://www.promozioneacciaio.it/UserFiles/interventi_acciaio/florim_cantiere/9.jpg
Giunti di base
I giunti di base presentano aspetti in comune con i giunti trave-colonna ma il loro
comportamento e la loro progettazione risulta fortemente influenzata dal fatto che il giunto
sia soggetto a compressioni importanti (sforzi assiali centrati oppure presso-flessione). Il
giunto usualmente prevede una piastra saldata all’estremità inferiore della colonna
(normalmente con cordoni d’angolo), posta su uno strato di malta di livellamento (malta di
allettamento) all’estradosso della fondazione in conglomerato cementizio (eventualmente
armato).
Come vedremo in seguito per i nodi trave-
colonna, l’Eurocodice 3 (UNI EN 1993-1-8)
fornisce dei criteri per la classificazione
anche dei giunti di base, consentendo di
distinguere tra nodi rigidi, semi-rigidi e
cerniera.
Giunti di base
Se sono previsti anche collegamenti con diagonali di controvento, che trasmettono azioni
trasversali importanti, potrà essere utile saldare delle costole di attacco alla piastra di base e
alla colonna.
Costole simili potranno essere previste con funzione di irrigidimenti anche nel caso in cui gli
elevati sforzi di compressione ed eventualmente flessione nella colonna porterebbero ad una
piastra di base di spessore eccessivo.
Giunti di base
Nel conglomerato della fondazione sono annegati dei tirafondi, ovvero delle barre di
acciaio con la parte terminale che fuoriesce dal letto di malta, filettata per consentire
l’avvitamento di un dado e quindi il collegamento con la piastra di base. Si può ricorrere
anche a perni di centraggio per agevolare la fase di montaggio del giunto.
Se il giunto è soggetto solo a sforzo assiale, la saldatura della piastra alla colonna e i
tirafondi non necessitano di essere dimensionati.
Viceversa, nel caso di presso-flessione
con eccentricità importanti, questi
elementi dovranno essere
accuratamente dimensionati e i
tirafondi andranno a lavorare a
trazione.
Ovviamente, la disposizione dei
tirafondi come nell’immagine di sinistra
agevola la schematizzazione del giunto
di base come nodo cerniera, mentre
quella di destra consente
l’assorbimento della flessione.
Da: C. Bernuzzi, Progetto e verifica delle strutture in acciaio, Hoepli
Giunti di base
I tirafondi potranno essere elementi rettilinei, che trasmettono per aderenza le azioni di
trazione al calcestruzzo della fondazione in cui sono annegati. Grande attenzione deve
essere riposta nella fase di posizionamento del tirafondo (con l’uso di dime), in quanto,
dopo la presa del calcestruzzo, non è più possibile effettuare degli aggiustamenti. Il
trasferimento delle forze di trazione alla fondazione può essere migliorato tramite
configurazioni ad uncino oppure mediante un piatto d’estremità: in tal caso potrà essere
trascurato il contributo di aderenza sulla superficie laterale del tirafondo, facendo
affidamento solo sul meccanismo per tensioni di contatto.
Giunti di base
Nel caso di modesti sforzi di taglio, il loro trasferimento in fondazione potrà avvenire per
effetto dell’attrito tra la piastra di base e la malta e per il comportamento a taglio dei
tirafondi. Viceversa, per sforzi di taglio importanti, il trasferimento di tali azioni potrà
essere garantito per contatto, saldando un moncone di profilato al di sotto della piastra di
base oppure tramite piatti irrigiditi da costolature trasversali.
Giunti cerniera
Nella pratica progettuale, il modello di
telaio pendolare è molto comune. In questo
caso, è necessario realizzare nodi con
capacità portante flessione ridotta ma con
un’adeguata capacità rotazionale.
In figura, sono riportate alcune soluzioni
molto utilizzate a questo scopo nei telai
pendolari. Nonostante la volontà di
realizzare nodi cerniera, il collegamento
deve avvenire con almeno due bulloni, in
quanto il collegamento con un unico
bullone è troppo sensibile all’eventuale
difettosità di questo. Inoltre, nel caso di un
unico bullone, non c’è la possibilità di
trasferire neanche piccole aliquote di
azione flettente dovute alle eccentricità
associate ai dettagli del collegamento.
Giunti cerniera
La soluzione (d) è analoga alla soluzione (b)
ma include un angolare bullonato all’ala
interna della colonna, che favorisce la fase
di montaggio in opera.
La soluzione (e), con piastra saldata
sporgente e collegamento bullonato
all’anima della trave tramite coprigiunti, è
molto utilizzata per le colonne tubolari.
La soluzione (f) prevede una piastra saldata
in testa alla colonna e bullonata all’ala
inferiore della trave, la quale è continua in
corrispondenza del nodo.
Giunti cerniera
Il giunto di appoggio a doppia squadretta è il
più semplice e utilizzato, rientrando anche
interamente nell’ingombro della trave, non
richiede particolari accorgimenti nelle
costruzioni civili per essere mascherato dal
solaio. Il funzionamento del giunto è
strettamente legato allo spessore delle
squadrette, nel cui angolo teso normalmente
avviene la rottura del collegamento.
Altre soluzioni cerniera sono quella a piastra
d’appoggio e a flangia sospesa. Il giunto a
piastra di appoggio è quello che forse meglio
riproduce il vincolo di cerniera ma può essere
complicato da mascherare con il solaio.
Da notare che, nonostante la schema di
cerniera, i collegamenti in esame saranno
sollecitati da componenti flessionali dovute
alle eccentricità delle unioni, nonché da
momenti torcenti derivanti dalle reazioni
Da: U. Carputi, M. Locatelli, Collegamenti chiodati e bullonati, CISIA eccentriche delle travi secondarie.
Costruzioni Metalliche Collegamenti
43
Giunti rigidi
Nel caso in cui si adotti un modello a
telaio a nodi rigidi, non si ammette
nessuna sostanziale rotazione relativa
tra la trave e la colonna, e il giunto
deve essere in grado di trasferire per
intero alla colonna il momento
flettente alle estremità delle travi.
In genere, una semplice saldatura
della trave alla colonna non soddisfa
queste richieste, perché, come
vedremo nel dettaglio in seguito, si
possono instaurare meccanismi
distorsionali locali principalmente
dell’ala e dell’anima della colonna.
Giunti rigidi
Tutti questi possibili meccanismi di
cedimento del giunto andrebbero
verificati (lo vedremo più avanti).
Per evitare questi fenomeni locali che,
oltre a minarne la resistenza, favoriscono
delle rotazioni relative, si deve irrigidire il
collegamento con delle costolature, come
indicato in figura.
Gli schemi (a), (b) e (c) riguardano nodi di
colonne perimetrali di estremità (ad una
via), mentre gli schemi (d), (e) e (f) si
riferiscono a nodi intermedi per la
colonna.
In generale, piastre di estremità e costole
di irrigidimento (per la trave o la colonna)
possono essere saldate in officina e il
giunto viene completato per saldatura o
bullonatura in opera. Da notare l’uso
frequente di flange estese oltre le ali della
Da: C. Bernuzzi, Progetto e verifica delle strutture in acciaio, Hoepli trave, specie in zona tesa.
Costruzioni Metalliche Collegamenti
45
Giunti rigidi
I rinforzi normalmente vengono
progettati per rimanere in fase
elastica, prevedendo l’eventuale
formazione di cerniere plastiche (e la
conseguente dissipazione di energia
sismica) al di fuori della zona di
rinforzo. Da: B. Davison, G. W. Owens, Steel designers’ manual, Blackwell publishing
Giunti rigidi
La geometria dei rinforzi può essere molto variabile. Tuttavia, come regole di massima per
un predimensionamento, si può far riferimento ad una lunghezza del rinforzo pari al 10 %
della luce del portale e ad un’altezza pari a quella della trave o una volta e mezza quella di
quest’ultima. Inoltre, si deve far sì che la zona del rinforzo rimanga in campo elastico.
L’utilizzo dei rinforzi non è raro neanche in corrispondenza del nodo di colmo in portali con
travi principali inclinate.
Giunti semi-rigidi
Nella pratica progettuale, normalmente si fa ricorso alle condizioni limite di telaio a nodi
rigidi o di telaio pendolare. Tuttavia, per nodi chiaramente di natura intermedia tra quelli
visti fino ad ora e per una più accurata valutazione del comportamento effettivo del telaio,
sarebbe necessario prendere in conto l’effettivo diagramma momento-rotazione relativa dei
giunti.
Rispetto al modello a nodi rigidi, questo comporta una riduzione del momento flettente di
calcolo trasferito alla colonna e, nel caso di un giunto a parziale ripristino, anche di quello
con cui progettare il giunto. Inoltre, consente una stima più realistica degli spostamenti
laterali del telaio per effetto delle forze orizzontali. Infine, rispetto al modello di telaio
pendolare, il momento flettente con cui progettare la trave si riduce significativamente.
ሺܯௗǡ௧ ܯሻܮܯ ܮ
െ ߠௗǡ
͵ܬܧ ʹܬܧ
Costruzioni Metalliche Collegamenti
51
ܺ ܺ
ܺ
ሺ݀ሻ
ሺ݂ሻ
ሺܿሻ
ሺ݀ሻ
ሺ݁ሻ
ሺ݂ሻ
ሺ݃ሻ
݈
݈
݈
݈
Da: G. Ballio, F. M. Mazzolani, C. Bernuzzi, R. Landolfo, Strutture di acciaio – Teoria e progetto, Hoepli
Un ruolo chiave è giocato anche dalla presenza di irrigidimenti (come nelle immagini a
destra) oppure dalla prossimità dei bulloni ad un’estremità della flangia.
Importante è anche l’effettiva impronta del carico, data dalla testa del bullone e dalla
rondella, a patto che quest’ultima sia sufficientemente rigida.
߮
ܨ
Detto ݉ il momento limite plastico della flangia e ܨ il valore della forza che porta la
flangia a rottura, supponendo di avere un angolo di rotazione ߮ che definisce il cono di
imbutitura, il lavoro interno risulta pari a:
ܮ ൌ ݉ ߮ ڄ ܽߨʹ ڄ
ܮ ൌ ܽ߮ ڄ ܨ
ܮ ൌ ܮ
ܨ ൌ ʹߨ݉
ଵ
Sapendo che ݉ ൌ ସ ݐଶ ݂௬ௗ e che per una trave di sezione rettangolare di larghezza ݈ e
spessore ݐrisulta:
ͳ
ܯ ൌ ܨ ܽ ൌ ݈ ݐଶ ݂௬ௗ
Ͷ
ͳ ݈ ଶ ͳ
݂ ݐ௬ௗ ൌ ʹߨ ݐଶ ݂௬ௗ
Ͷ ܽ Ͷ
݈ ൌ ʹߨܽ
Da: Eurocodice 3,
UNI EN 1993-1-8:2005
ܳ ܳ ܳ ܳ
ܯǡோௗ ൌ ݄ ܨ௧ǡோௗ
Giunti di base
Il calcolo della capacità portante del giunto basato sulle componenti e sugli elementi a T
equivalenti può essere applicato facilmente anche al caso di un giunto intermedio flangiato
di una trave inflessa. Tuttavia, l’Eurocodice 3 prevede la possibilità di estendere tale metodo
anche ai giunti di base, individuando in questo caso dei T-stub sollecitati a compressione.
Questo approccio consente di determinare la resistenza di progetto della piastra di base
inflessa e del calcestruzzo e/o malta di allettamento sollecitati per contatto.
In questo caso, risulta fondamentale individuare
sia la larghezza, ܾ , che la lunghezza, ݈ ,
dell’ala dell’elemento a T equivalente e quindi la
sua area ܣ ൌ ܾ ݈ ڄ . Come mostrato in
figura, tali grandezze possono essere determinate
a partire dalla lunghezza ܿ della «zona di contatto
supplementare» (dovuta alla diffusione degli
sforzi attraverso la piastra d base):
݂௬ௗ
ܿൌݐ
͵݂ௗ ߛெ
essendo ݐe ݂௬ௗ lo spessore e la resistenza di
progetto della piastra di base, e ݂ௗ la tensione
Da: C. Bernuzzi, Progetto e verifica delle strutture in acciaio, Hoepli resistente per contatto di progetto del collegamento.
Costruzioni Metalliche Collegamenti
96
Giunti di base
Per la valutazione delle dimensioni dell’ala del T-stub sollecitato a compressione, bisogna
ovviamente distinguere tra i casi in cui la lunghezza calcolata della zona di contatto
supplementare, ܿ, ecceda o meno le dimensioni della piastra di base.
Giunti di base
La tensione resistente per contatto di progetto del collegamento, ݂ௗ , dipende sia dalla
malta di livellamento che dalla fondazione vera e propria in conglomerato cementizio e
può essere cautelativamente valutata come segue:
݂ௗ ൌ ߚ ݂ௗ
Giunti di base
Le tensioni di contatto al di sotto del T-stub possono essere considerate costanti e
utilizzate per dimensionare la piastra di base. In assenza di irrigidimenti, ne deriva il
classico modello a mensola di larghezza unitaria. Al contrario, nel caso in cui siano presenti
anche delle costole di irrigidimento, si deve considerare una piastra vincolata ai bordi dalla
presenza della colonna e degli irrigidimenti.
Giunti di base
Nel caso in cui la colonna a doppio T sia soggetta a compressione semplice, si possono
individuare tre elementi a T equivalenti, i quali, escludendo le sovrapposizioni, danno
luogo ad un’area efficace complessiva ܣ . La capacità portante del giunto, lato
fondazione, può quindi essere calcolata come ܰோௗ ൌ ݂ௗ ܣ .
Giunti di base
In termini generali, le capacità portanti dei vari T-stub di cui si pensa costituito il giunto
devono essere valutati in base alle resistenze delle più deboli componenti di base associate.
Qualora, invece, la colonna sia
soggetta a presso-flessione
oppure a tenso-flessione,
l’Eurocodice 3 consente di
valutare tramite una tabella il
braccio della coppia ݖe le
forze resistenti.
In questo caso, è necessario
tenere conto anche dei
meccanismi di rottura nelle
eventuali zone tese, ovvero la
crisi a flessione dei T-stub
nella piastra di base, la crisi
dell’anima della colonna e i
meccanismi di rottura dei
tirafondi.
Da: Eurocodice 3, UNI EN 1993-1-8:2005
ܯ௪ ܯ௪
ܸாௗ ܸாௗ ݄
ܰ௪ ܰ௪
ܯǡோௗ ܯǡோௗ
ܰᇱ ܰᇱ
Da: G. Ballio, F. M. Mazzolani, Strutture in acciaio, Hoepli
Ͷ
͵
ʹ
Ͷ
͵
ʹ
Giunti semi-rigidi
La modellazione di un nodo come semi-rigido costituisce una complicazione non trascurabile,
soprattutto perché necessità della conoscenza del diagramma momento-rotazione relativa
del nodo, ܯെ ߶, e poi perché richiede l’introduzione di molle rotazionali o altre componenti
aggiuntive in corrispondenza dei giunti nel modello di calcolo delle sollecitazioni nella
struttura, il cui comportamento, peraltro, è non lineare.
La non linearità di una curva sperimentale
momento-rotazione relativa è evidente nella
ܯǡோௗ figura qui a sinistra. Per esigenze di calcolo,
una tale curva normalmente viene
ʹ approssimata.
ܯ La curva a) rappresenta un’approssimazione
͵ ǡோௗ
multilineare, la curva b) un modello elastico-
perfettamente plastico con rigidezza
tangente, mentre la curva c) costituisce un
modello elastico-perfettamente plastico con
rigidezza secante, valutata in base al punto
corrispondente ad un momento flettente
pari ai 2/3 della capacita portante del
collegamento.
Da: C. Bernuzzi, Progetto e verifica delle strutture in acciaio, Hoepli
Giunti semi-rigidi
Un giunto trave-colonna semi-rigido
può essere modellato in diverse
maniere. La più semplice è quella di
sostituirlo con un elemento trave molto
corto, di lunghezza pari alla semi-
larghezza della colonna, ܮ ൌ ݄ Ȁʹ,
considerata come zona teorica di
estensione del giunto. Alla trave dovrà
poi essere attribuito un momento
d’inerzia ܬ pari a:
݇ܮ
ܬ ൌ
ܧ
detta ݇ la rigidezza rotazionale del
giunto.
Un’altra possibilità, potenzialmente più
accurata, è quella di modellare il
giunto con una molla rotazionale,
Da: C. Bernuzzi, Progetto e verifica delle
magari con legge costitutiva non
strutture in acciaio, Hoepli lineare.
Costruzioni Metalliche Collegamenti
115
Giunti semi-rigidi
La relazione ܯെ ߶ del giunto normalmente
viene determinata per via sperimentale.
Tuttavia, l’Eurocodice 3 (UNI EN 1993-1-8)
fornisce un metodo di calcolo analitico di
tale curva, sempre nello spirito del metodo
per componenti, che associa una molla
lineare con rigidezza nota ai vari elementi
che contribuiscono alla rotazione relativa
tra la trave e la colonna:
1. Pannello d’anima della colonna che si
deforma per taglio
2. Anima della colonna soggetta a
compressione
3. Ala della trave soggetta a compressione
4. Bulloni tesi che si allungano
5. Anima della colonna soggetta a trazione
6. Ala della colonna che s’inflette
7. Flangia di collegamento che si deforma
Da: C. Bernuzzi, Progetto e verifica delle strutture in acciaio, Hoepli
per flessione. Etc.
Costruzioni Metalliche Collegamenti
116
Giunti semi-rigidi
La figura riportata qui di seguito schematizza la maniera nella quale l’Eurocodice 3 modella i
giunti trave-colonna tramite la curva momento-rotazione relativa.
Come si vede, il diagramma prevede un primo tratto lineare, di rigidezza ܵǡ , seguito da un
tratto non lineare, caratterizzato dalla rigidezza secante ܵ , e infine da un tratto
perfettamente plastico, in corrispondenza della capacità portante del giunto, che conduce
alla rottura del collegamento per una rotazione massima ߶ௗ .
Giunti semi-rigidi
Per ciascun elemento o componente, che costituisce il giunto, viene fornita una forza
resistente (capacità portante) e una rigidezza elastica ݇ܧ . Si ottiene:
ܯൌ ܵ ߶
dove la rigidezza rotazionale del giunto può essere espressa come:
ݖܧଶ
ܵ ൌ
ͳ
ߤ σ
݇
ܧè il modulo di Young, ݖè il braccio della coppia ܯe ߤ ൌ ܵǡ Ȁܵ rappresenta il rapporto
tra la rigidezza iniziale del giunto (ovvero per valori limitati del momento) e la rigidezza
secante per il valore considerato di ܯ.
La relazione scritta può essere utilizzata se nella trave
ܰாௗ ͲǤͲͷ ܰǡோௗ (in tal caso, l’interazione tra
momento resistente del collegamento e sforzo normale
può essere trascurata).
Inoltre, per come è scritta, è evidente che l’espressione
riportata nell’Eurocodice 3 assume che le molle siano
tutte in serie (infatti, il reciproco della rigidezza
equivalente, ͳȀܵ è proporzionale alla somma dei
reciproci delle rigidezze delle varie componenti). Da: C. Bernuzzi, Progetto e verifica delle strutture in acciaio, Hoepli
Giunti semi-rigidi
Per ܯǡாௗ ʹȀ͵ܯǡோௗ ื ߤ ൌ ͳ ื ܵ ൌ ܵǡ .
Invece, se ʹȀ͵ܯǡோௗ ൏ ܯǡாௗ ܯǡோௗ , allora si ha:
ట
ͳǤͷ ܯǡாௗ
ߤൌ ͳ
ܯǡோௗ
ܯǡோௗ ܯǡோௗ
di cerniere, se:
Da notare che non vi è alcun limite alla capacità rotazionale del giunto quando
l’argomento dell’arcoseno è maggiore di uno.
Esempio
Consideriamo adesso un esempio di calcolo del momento resistente di un giunto trave-
colonna flangiato tramite l’Eurocodice 3 (UNI EN 1993-1-8). Supponiamo che la colonna sia
costituita da un profilato HE 240 A mentre la trave da un IPE 400. Ipotizziamo anche che
tutti gli elementi strutturali siano composti di acciaio di grado S275 (݂௬ ൌ ʹͷ ). La
figura qui di seguito (non in scala) schematizza il giunto assieme alle grandezze d’interesse
per il calcolo. Supponiamo inizialmente che la colonna non sia irrigidita.
ݓ
Colonna
݄ ൌ ʹ͵Ͳ ݎ ൌ ʹͳ
݁௫ ൌ ݁ଵ
ܾ ൌ ʹͶͲ ܣ௩ ൌ ʹͷǤͳͺ ଶ
݉
ഥ ௫ ݐ ൌ ͳʹ ܹǡ ൌ ͶͶǤ ଷ
ݐ௪ ൌ Ǥͷ
݄ ݉
ഥ ௫ Trave
ܽ ݄ ݄ ൌ ͶͲͲ ܹǡ ൌ ͳ͵Ͳ ଷ
ܾ ൌ ͳͺͲ ܽ௪ ൌ ͷ
ܽ௪ ݐ ൌ ͳ͵Ǥͷ ܽ ൌ
ݐ௪ ൌ ͺǤ
ݑ
Flangia di estremità
ܾ
ܾ ݄ ൌ ͷͶͲ ݐ ൌ ʹͲ
ܾ ܾ ൌ ʹͳͲ ݑൌ ͵Ͳ
Costruzioni Metalliche Collegamenti
127
Esempio
ݐ
Bulloni M22 – classe 10.9
ܣ௦ ൌ ͵Ͳ͵ ଶ ݂௨ ൌ ͳͲͲͲ
ൌ ͳʹ͵Ǥͷ ݓൌ ͳͲͲ
Coefficienti di sicurezza
ߛெ ൌ ߛெଵ ൌ ͳǤͲͷ ߛெଶ ൌ ͳǤʹͷ
Esempio
Ala della colonna Flangia di estremità
݁ ൌ Ͳ ݁ǡ ൌ ͷͷ ݁ ൌ ݁ǡ ൌ ͷͷ ݁௫ ൌ ͷͷ
݁ଵ ൌ ͷͷ ݉
ഥ ௫ ൌ ͷͷ
ฺ ݉ ൌ ݓെ ݐ௪ Ȁʹ െ ͲǤͺ ݎ ڄ ൌ ʹͻǤͷ ฺ ݉ ൌ ݓെ ݐ௪ Ȁʹ െ ͲǤͺ ܽ ڄ ʹ ڄ௪ ൌ ͶͲǤͲ
ฺ ݉௫ ൌ ݉
ഥ ௫ െ ͲǤͺ ܽ ڄ ʹ ڄ ൌ ͶǤͳ
Esempio
Resistenza dell’ala inflessa della colonna
Gruppo di quattro bulloni tesi
Si tratta di un gruppo di estremità. Si valuta la
larghezza efficace dell’elemento a T equivalente
associata ad una fila di bulloni del gruppo.
Meccanismo di rottura con percorso circolare:
݈ǡ ൌ ሺߨ݉ ǡ ʹ݁ଵ ሻ
ൌ ሺ ʹͳǤͲǡ ʹ͵͵Ǥͷሻ ൌ ʹͳǤͲ
Esempio
Esempi di meccanismi di rottura con percorso circolare e percorso non circolare.
Da: The Steel Construction Institute (SCI), Joints in steel construction: Moment-resisting joints to Eurocode 3, BCSA
Esempio
Esempi di meccanismi di rottura con percorso circolare e percorso non circolare.
Da: The Steel Construction Institute (SCI), Joints in steel construction: Moment-resisting joints to Eurocode 3, BCSA
Esempio
Singola fila di bulloni interna
Esempio
Singola fila di bulloni di estremità
Meccanismo di rottura con percorso circolare:
݈ǡ ൌ ሺʹߨ݉ ǡ ߨ݉ ʹ݁ଵ ሻ
ൌ ሺͳͺͷǤͲǡ ʹͲʹǤͷሻ ൌ ͳͺͷǤͲ
Esempio
Calcoliamo dunque il momento resistente plastico dell’ala del T-stub:
ͳ ݂
ଶ ௬ ͳ ݂
ଶ ௬
ܯǡଵǡோௗ ൌ ݈ǡଵ ݐ ൌ ʹǤʹͲ ܯǡଶǡோௗ ൌ ݈ǡଶ ݐ ൌ ʹǤʹͲ
Ͷ ߛெ Ͷ ߛெ
Esempio
Per il calcolo del momento resistente del giunto, il suddetto sforzo resistente di trazione
può essere associato alla linea mediana delle file di bulloni (nel caso in esame, coincidente
con la linea media dell’ala superiore della trave). Tuttavia, visto che la fila più esterna di
bulloni (che presenta un braccio maggiore rispetto al centro di compressione del giunto) ha
una resistenza superiore alla metà di quella del gruppo, si può attribuire a questa la sua
resistenza effettiva e alla fila interna la resistenza residua del gruppo.
Calcoliamo dunque la resistenza del T-stub associato alla fila di bulloni più esterna.
ͳ ݂ ͳ ݂
ଶ ௬
ଶ ௬ ܯǡଶǡோௗ ൌ ݈ǡଶ ݐ ൌ ͳǤͶͻ
ܯǡଵǡோௗ ൌ ݈ǡଵ ݐ ൌ ͳǤͶͻ
Ͷ ߛெ Ͷ ߛெ
Esempio
Resistenza della piastra di estremità inflessa
Essendo le due file di bulloni a cavallo dell’irrigidimento costituito dall’ala tesa della trave,
queste devono essere considerate solo separatamente.
Prima (e unica) fila di bulloni al di sotto della flangia tesa della
trave (NB: adiacente all’irrigidimento costituito dall’ala
superiore della trave).
In questo caso, l’irrigidimento del T-stub è costituito dall’anima
della trave.
Meccanismo di rottura con percorso circolare:
݈ǡ ൌ ʹߨ݉ ൌ ʹͷͳǤ
Esempio
In questo caso, il calcolo della
larghezza efficace del T-stub
dipende dalla distanza dai due
irrigidimenti fra loro
perpendicolari.
Esempio
݈ǡଵ ൌ ݈ǡ ǡ ݈ǡ ൌ ʹͶͺǤ͵ ݈ǡଶ ൌ ݈ǡ ൌ ʹͶͺǤ͵
ͳ ݂௬ ͳ ݂௬
ܯǡଵǡோௗ ൌ ݈ǡଵ ݐଶ ൌ ǤͷͲ ܯǡଶǡோௗ ൌ ݈ǡଶ ݐଶ ൌ ǤͷͲ
Ͷ ߛெ Ͷ ߛெ
Esempio
Fila di bulloni esterna alla flangia tesa della trave
In questo caso l’irrigidimento del T-stub è costituito dall’ala della trave.
Si determina un T-stub convenzionale, come riportato in figura.
Esempio
Fila di bulloni esterna alla flangia tesa della trave
Meccanismo di rottura con percorso circolare:
݈ǡ ൌ ʹߨ݉௫ ǡ ߨ݉௫ ݓǡ ߨ݉௫ ʹ݁ ൌ ʹͻͷǤͻǡ ʹͶǤͻǡ ʹͷͺǤͲ ൌ ʹͶǤͻ
Quindi:
ͳ ݂௬ ͳ ݂௬
ܯǡଵǡோௗ ൌ ݈ǡଵ ݐଶ ൌ ʹǤͷ ܯǡଶǡோௗ ൌ ݈ǡଶ ݐଶ ൌ ʹǤͷ
Ͷ ߛெ Ͷ ߛெ
Esempio
Ͷܯǡଵǡோௗ ʹܯǡଶǡோௗ ݊ σଶୀଵ ܨ௧ǡோௗ
்ܨǡଵǡோௗ ൌ ൌ ʹ͵͵Ǥ ்ܨǡଶǡோௗ ൌ ൌ ʹͺͻǤͲ
݉ ݉݊
ଶ
்ܨǡଷǡோௗ ൌ ܨ௧ǡோௗ ൌ Ͷ͵Ǥ͵ dove ݉ ൌ ݉௫ e ݊ ൌ ݁௫ .
ୀଵ
Esempio
Resistenza a taglio del pannello d’anima della colonna
Innanzi tutto, occorre verificare che non vi siano problemi di stabilità dell’anima della
colonna per effetto del taglio, ovvero che:
݄௪
ͻߝ
ݐ௪
ʹ͵ͷ
ߝൌ ൌ ͲǤͻʹͶ ื ͻߝ ൌ ͵Ǥͺ ݄௪ ൌ ݄ െ ʹݐ െ ʹݎ ൌ ͳͶǤͲ
݂݇ݕ
݄௪ ͳͶǤͲ
ൌ ൌ ʹͳǤͻ ൏ ͵Ǥͺ
ݐ௪ Ǥͷ
Si determina quindi la resistenza a taglio del pannello di anima:
ܣ௩ ݂௬
ܸ௪ǡோௗ ൌ ͲǤͻ ൌ ͵ͶʹǤͲ
ξ͵ ߛெ
Come si vede, questa resistenza è maggiore di quella dell’ala della colonna soggetta a
flessione, che quindi rimane l’elemento debole del collegamento.
Esempio
Resistenza a compressione trasversale dell’anima della colonna
È necessario verificare sia la resistenza a schiacciamento che l’instabilità del pannello d’anima
in zona compressa (ovvero in corrispondenza della piattabanda inferiore della trave).
La resistenza a schiacciamento dell’anima della colonna può essere calcolata come:
݂௬
ܨǡ௪ǡோௗ ൌ ߱ ݇௪ ܾǡǡ௪ ݐ௪
ߛெ
La larghezza efficace viene determinata tenendo conto della diffusione dello sforzo di
compressione dall’ala inferiore della trave fino ad arrivare all’anima della colonna:
ܾǡǡ௪ ൌ ݐ ʹ ʹܽ ሺʹݐ ǡ ݐ ݑെ ʹܽ ሻ ͷ ݐ ݎ ൌ ʹ͵ͺǤ͵
߱ è un coefficiente che tiene conto della possibile interazione fra compressione e taglio
nel pannello d’anima della colonna. Assumendo un parametro di trasformazione ߚ pari ad
uno, come ragionevole per nodi trave-colonna con un’unica trave, si può scrivere:
ͳ
߱ ൌ ߱ଵ ൌ ൌ ͲǤ
ଶ
ܾǡǡ௪ ݐ௪
ͳ ͳǤ͵
ܣ௩
Esempio
݇௪ è un coefficiente che tiene conto della massima tensione di compressione longitudinale,
ߪǡாௗ , presente nell’anima della colonna. Normalmente, in fase di progetto preliminare, in
cui le tensioni di compressione longitudinale non si conoscono con precisione, si assume
uguale ad uno. In generale:
ߪǡாௗ ͲǤ ݂௬ ื ݇௪ ൌ ͳ
ߪǡாௗ
ߪǡாௗ ͲǤ ݂௬ ื ݇௪ ൌ ͳǤ െ
݂௬
Quindi, nella situazione più svantaggiosa, in cui ߪǡாௗ ൌ ݂௬ Ȁߛெ , ݇௪ ൌ ͲǤͶͺ.
Nei due casi limite, risulta:
݇௪ ൌ ͳ ื ܨǡ௪ǡோௗ ൌ ͵͵Ǥͻ
Esempio
Si può calcolare il carico limite di stabilità dell’anima della colonna, riducendo lo sforzo
resistente appena trovato tramite un coefficiente ߩ:
݂௬
ܨǡ௪ǡோௗ ൌ ߱ ݇௪ ߩܾǡǡ௪ ݐ௪
ߛெଵ
Nello specifico:
ߣҧ ͲǤʹ ื ߩൌͳ
da cui deriva ߩ ൌ ͲǤͷͶͷ, che rappresenta una notevole penalizzazione della resistenza
dell’anima in zona compressa.
Tuttavia, lo sbandamento laterale per carico di punta è spesso impedito per effetto del
vincolo offerto dai solai. Infatti, se le ali della colonna sono vincolate a rimanere fisse (modo
«a nodi fissi» anziché a «nodi spostabili»), la stabilità dell’anima della colonna può essere
valutata come per una trave incastro-incastro di altezza ݐ௪ e larghezza ܾǡǡ௪ .
Costruzioni Metalliche Collegamenti
146
Esempio
Esempio
Possiamo quindi scrivere:
ݐ௪ ݈
݈ ൌ ͲǤͷ݄௪ ൌ ͺʹ ݅ൌ ൌ ʹǤʹ ߣൌ ൌ ͵Ǥͻ
ͳʹ ݅
ߨଶܧ ߣ
ߣ ൌ ൌ ͺǤͺ ߣҧ ൌ ൌ ͲǤͶ͵ Ȱ ൌ ͲǤͷ ͳ ߙ ߣҧ െ ͲǤʹ ߣଶҧ ൌ ͲǤͷ͵
݂௬ ߣ
E infine:
݂߯ܣ௬ ܾ߯ǡǡ௪ ݐ௪ ݂௬
ܰǡோௗ ൌ ൌ ൌ ͶͳͳǤͲ
ߛெଵ ߛெଵ
Quindi, qualora il modo di instabilità dell’anima «a nodi spostabili» sia impedito, il carico
critico aumenta notevolmente e viene a comandare la resistenza a schiacciamento.
Esempio
Resistenza a trazione trasversale dell’anima della colonna
La resistenza a trazione dell’anima della colonna può essere calcolata come:
݂௬
ܨ௧ǡ௪ǡோௗ ൌ ߱௧ ܾǡ௧ǡ௪ ݐ௪
ߛெ
Per un collegamento bullonato, la larghezza efficace dell’anima della colonna può essere
assunta pari alla larghezza minima dell’ala efficace dei T-stub relativi all’ala inflessa della
colonna:
ܾǡ௧ǡ௪ ൌ ݈ ൌ ʹ͵͵Ǥͷ
Esempio
Ala ed anima della trave soggetta a compressione
Per quanto riguarda la resistenza dell’ala e dell’anima della trave a compressione nella zona
di collegamento, lo sforzo resistente può essere valutato come:
ܯǡǡோௗ
ܨǡǡோௗ ൌ
݄ െ ݐ
dove ܯǡǡோௗ è il momento resistente di progetto della sezione trasversale della trave.
Trascurando l’interazione con il taglio, si può scrivere:
݂௬
ܯǡǡோௗ ൌ ܹǡ ൌ ͵ͶʹǤ͵
ߛெ
Esempio
Anima della trave soggetta a trazione
L’ultima componente di base del giunto di cui occorre valutare la resistenza è l’anima della
trave soggetta a trazione. Lo si può fare attraverso l’espressione:
݂௬
ܨ௧ǡ௪ǡோௗ ൌ ܾǡ௧ǡ௪ ݐ௪
ߛெ
La larghezza efficace dell’anima della trave può essere assunta pari alla larghezza efficace
minima dei T-stub associati alla piastra di estremità inflessa (per le file di bulloni al di sotto
dell’ala tesa della trave), per cui:
ܾǡ௧ǡ௪ ൌ ʹͶͺǤ͵
Si ottiene quindi ܨ௧ǡ௪ǡோௗ ൌ ͷͷͻǤʹ , che è un valore piuttosto elevato rispetto alle
resistenze delle altre componenti di base del giunto.
Esempio
Ricapitolando, abbiamo ottenuto le seguenti resistenze delle componenti di base del giunto:
• Ala inflessa della colonna: ૢૢǤ ;ۼܓ
• Piastra di estremità inflessa: ʹ͵ǤͲ ;
• Taglio nel pannello di anima della colonna: ͵ͶʹǤ ;
• Anima della colonna soggetta a compressione trasversale: tra ʹʹǤͲ e ͵͵Ǥͻ , a
seconda del valore delle compressioni longitudinali nell’anima della colonna e a patto
che il modo «a nodi spostabili» di instabilità dell’anima per carico di punta sia impedito
dalle condizioni di vincolo (solaio, per esempio);
• Anima della colonna soggetta a trazione trasversale: ͵ͷͻǤͶ ;
• Ala ed anima della trave soggette a compressione: ͺͺͷǤ ;
• Anima della trave soggetta a trazione: ͷͷͻǤʹ .
La componente più debole del giunto risulta essere quindi l’ala della colonna soggetta a
flessione (trascurando il caso peggiore di compressione trasversale dell’anima della colonna;
possibile problema che comunque verrà escluso quando andremo ad irrigidire la colonna).
Esempio
Calcoliamo ora il momento resistente del giunto, considerando la resistenza della fila più
esterna di bulloni e quella residua (rispetto a quella di gruppo) della fila più interna, come
visto in precedenza:
ܯǡோௗ ൌ ݄ ܨǡோௗ ൌ ݄ଵ ܨଵǡோௗ ݄ଶ ܨଶǡோௗ
Esempio
Resistenza dell’ala inflessa della colonna irrigidita
Data la presenza degli irrigidimenti non è più
necessario andare a controllare la resistenza di
gruppo per le due file di bulloni tesi. Entrambe le file
di bulloni devono essere considerate «adiacenti
all’irrigidimento», solo che una è interna e l’altra di
estremità.
Singola fila di bulloni interna
Meccanismo di rottura con percorso circolare:
݈ǡ ൌ ʹߨ݉ ൌ ͳͺͷǤͲ
Esempio
Esempio
Quindi:
ͳ ݂ ͳ ݂
ଶ ௬
ଶ ௬ ܯǡଶǡோௗ ൌ ݈ǡଶ ݐ ൌ ͳǤͻͶ
ܯǡଵǡோௗ ൌ ݈ǡଵ ݐ ൌ ͳǤͶ
Ͷ ߛெ Ͷ ߛெ
Esempio
Singola fila di bulloni di estremità
Meccanismo di rottura con percorso circolare:
݈ǡ ൌ ሺʹߨ݉ ǡ ߨ݉ ʹ݁ଵ ሻ ൌ ͳͺͷǤͲ
Quindi:
݈ǡଵ ൌ ݈ǡ ǡ ݈ǡ ൌ ͳͺͷǤͲ ݈ǡଶ ൌ ݈ǡ ൌ ʹͳǤʹ
ͳ ݂ ͳ ݂
ଶ ௬
ଶ ௬ ܯǡଶǡோௗ ൌ ݈ǡଶ ݐ ൌ ʹǤͶ
ܯǡଵǡோௗ ൌ ݈ǡଵ ݐ ൌ ͳǤͶ
Ͷ ߛெ Ͷ ߛெ
Esempio
்ܨǡோௗ ൌ ்ܨǡଵǡோௗ ǡ ்ܨǡଶǡோௗ ǡ ்ܨǡଷǡோௗ ൌ ʹ͵ǤͲ
Esempio
Ricapitolando nuovamente le resistenze delle varie componenti, abbiamo:
• Ala inflessa della colonna: Ͷ͵Ǥͻ ;
• Piastra di estremità inflessa: ʹ͵ǤͲ ;
• Taglio nel pannello di anima della colonna: Ǥ ;ۼܓ
• Ala ed anima della trave soggette a compressione: ͺͺͷǤ ;
• Anima della trave soggetta a trazione: ͷͷͻǤʹ .
Come si vede, l’incremento di resistenza a taglio del pannello d’anima è stato molto
modesto, per cui ora è questa la componente debole del giunto.
Possiamo attribuire alla fila esterna di bulloni la resistenza trovata per il meccanismo di
resistenza a flessione dell’ala della colonna (ʹ͵ǤͲ ) e alla fila interna la resistenza
residua (͵Ǥͳ െ ʹ͵ǤͲ ൌ ͳʹͻǤͳ ). Si ottiene quindi:
Esempio
Chiaramente, l’incremento di momento resistente del giunto è modesto a causa della scarsa
resistenza a taglio del pannello di anima della colonna: ܯǡோௗ rimane dunque molto minore
del momento resistente plastico della trave (͵ͶʹǤ͵ ) e della colonna (ͳͻͷǤͲ ).
Per incrementare in maniera significativa la resistenza del collegamento, si può andare a
saldare un irrigidimento diagonale che assorba parte del taglio, lavorando a compressione.
Il contributo aggiuntivo di resistenza a taglio
può essere determinato nella maniera
seguente:
݂௬
ܸ௪ǡௗ ൌ ܣௗ ߚ
ߛெ
ݐௗ
ߚ è l’angolo formato dall’irrigidente diagonale
con l’orizzontale; nel caso in esame, è facile
verificare che vale 60.6°.
ߚ
ܣௗ è l’area efficace dell’irrigidimento, di
spessore ݐௗ ൌ ʹͲ , che, assumendo che
questo lavori solo per un’altezza fino a filo con
le ali della trave, può essere scritta come:
ܣௗ ൌ ܾ െ ݐ௪ ݐௗ ൌ ͵ͶͷͲ ଶ
Esempio
Risulta ܸ௪ǡௗ ൌ ͶͶ͵Ǥͻ , il che porta la resistenza complessiva a taglio dell’anima della
colonna a ܸ௪ǡோௗ ൌ ͺͳͲǤͲ .
Ricapitolando un’ultima volta le resistenze delle varie componenti di base del giunto:
• Ala inflessa della colonna: ૠǤ ૢ ;ۼܓ
• Piastra di estremità inflessa: ʹ͵ǤͲ ;
• Taglio nel pannello di anima della colonna: ͺͳͲǤͲ ;
• Ala ed anima della trave soggette a compressione: ͺͺͷǤ ;
• Anima della trave soggetta a trazione: ͷͷͻǤʹ .
La componente più debole del giunto è tornata ad essere l’ala inflessa della colonna. Si
ottiene:
ܯǡோௗ ൌ ݄ ܨǡோௗ ൌ ݄ଵ ܨଵǡோௗ ݄ଶ ܨଶǡோௗ ൌ
ൌ ͶͶͺǤ͵ ͵ʹ ڄǤͲ ͵ʹͶǤͺ ͵ʹ ڄǤͲ ൌ ͳͺ͵Ǥʹ
Come si vede, siamo ancora lontani dal momento resistente della trave (͵ͶʹǤ͵ ) ma
siamo vicini a quello della colonna (ͳͻͷǤͲ ), che peraltro sarà soggetta anche a
rilevanti sforzi di compressione.
Costruzioni Metalliche Collegamenti
161
Esempio
Se si volesse incrementare ancora la resistenza del giunto, una possibilità sarebbe quella di
ricorrere a piastre di rinforzo disposte dietro l’ala collegata della colonna.
Un’altra opzione è quella di operare una sapiente ottimizzazione della geometria del giunto
nei confronti dei vari meccanismi di rottura relativi ai T-stub dell’ala inflessa della colonna.
Esempio
Occorre anche tener conto del fatto che l’Eurocodice 3 (UNI EN 1993-1-8) consente di
calcolare lo sforzo resistente di trazione relativo al modo 1 di rottura degli elementi a T
equivalenti anche mediante un metodo alternativo (metodo 2), che normalmente risulta
essere meno cautelativo, e che, in questo caso, consentirebbe un qualche incremento del
momento resistente del giunto. Il metodo 2 si basa sull’assunzione di avere una forza
uniformemente distribuita al di sotto della testa del bullone o della rondella (se presente),
invece che una forza concentrata in asse al bullone.
Infine, potrebbe essere utile considerare il collegamento come semi-rigido, valutando,
sempre tramite il metodo per componenti, anche il diagramma momento-rotazione relativa
del giunto. Infatti, il momento che effettivamente interesserà il giunto, e che verrà
trasmesso alla colonna, sarà sensibilmente inferiore a quello calcolato sotto l’ipotesi di
giunto perfettamente rigido. Aumenterà, invece, il momento flettente positivo in campata
della trave, che potrebbe anche risultare dimensionante per quest’ultima. Ovviamente
però, considerando il nodo come semi-rigido, l’analisi delle sollecitazioni nella struttura
risulta decisamente più complessa.
Ad ogni modo, è evidente come il metodo per componenti sia in grado non solo di fornire
stime accurate della resistenza del collegamento ma anche di evidenziare in maniera
dettagliata il comportamento del giunto e le componenti su cui è necessario intervenire per
aumentare la capacità portante complessiva del collegamento.
Costruzioni Metalliche Collegamenti
Università degli Studi di Firenze
Corso di Laurea Magistrale in Ingegneria Civile
Corso di Laurea Magistrale in Ingegneria Edile
Costruzioni Metalliche
Seminario:
Funi metalliche
Niccolò Barni
niccolo.barni@unifi.it
U i
Università
iàd degli
li S
Studi
di di Fi
Firenze
Dip. Ingegneria Civile e Ambientale
Sommario
• Introduzione
• Statica delle funi: fune inestensibile e fune estensibile
• Trave di funi
• Modulo di Dischinger
• Tipologie di funi, caratteristiche meccaniche e stati limite (EC-3)
Introduzione
L’elemento fune, non essendo dotato di nessuna (o poca) rigidezza flessionale e
tagliante, può trasmettere i carichi agli ancoraggi solo con cambiamenti di
forma e, pertanto, l’elemento di fune può essere definito ipostatico o a
geometria variabile.
Discrete Continue
(Funi) Membrane
Travi di funi
Strallate
Reti di funi
Pneumatiche
Sospese
Sistemi 3D
Questo comporta
un effetto
hardening!!
La trave di funi
Il modo più economico, e quindi più usato, per ridurre la notevole deformabilità
propria, è quello di indurre una rigidezza artificiale attraverso un’adeguata
pretensione iniziale. In generale, la pretensione si realizza introducendo, in
aggiunta alle funi portanti con curvatura rivolta verso l’alto, altre funi dette
stabilizzanti, a curvatura opposta. La pretensione nasce dal mutuo contrasto fra
i due ordini di funi.
Nei sistemi piani le funi, portanti e
stabilizzanti, sono poste nello
stesso piano verticale che coincide
con il piano dei carichi. Il
collegamento tra i due ordini di
funi è realizzato mediante
elementi verticali o diagonali (tesi
o compressi).
Stabilizzazione a ventaglio
Fune portante
Fune stabilizzante
Costruzioni Metalliche
Seminario:
Funi metalliche
Niccolò Barni
niccolo.barni@unifi.it
U i
Università
iàd degli
li S
Studi
di di Firenze
Fi
Dip. Ingegneria Civile e Ambientale
Modulo di Dischinger
Applico
Fune
ȟݏ
ܧൌ
ȟݏ ܨǡଽ
ȟ incremento di tiro nella fune
ݏlunghezza della fune
ȟ ݏallungamento della fune dovuto a ȟ
Il cavo viene sottoposto ad uno sforzo
ܨǡଵ
compreso tra il 10 e il 90% del carico di
rottura. Si misurano quindi gli allungamenti
݀ǡଵ e ݀ǡଽ con i quali si calcola E: ݀ǡଵ ݀ǡଽ
Ͳǡͺ ୳ ݏ
ܧൌ
ሺ݀ǡଽ െ ݀ǡଵ ሻ
Gli stati di sollecitazione che devono essere nei confronti delle tensioni indotte
da stati di trazione, flessione trasversale e alle forze di serraggio, quando
necessario.
(La flessione viene di solito trascurata se selle e ancoraggi rispettano i requisiti
riportati ai par. A.3.2 , A.3.3 e A.3.4).
Costruzioni Metalliche
Saldature: tecnologia,
difetti, prove non
distruttive
Claudio Mannini
claudio.mannini@unifi.it
U i
Università
iàd degli
li S
Studi
di di Fi
Firenze
Dip. Ingegneria Civile e Ambientale
Sommario
Unioni saldate
Le unioni possono essere saldate o bullonate (o anche di tipo misto, anche se di solito si
tende ad evitarle). Durante il corso di Tecnica delle Costruzioni avete visto le varie
tipologie di unioni saldate e bullonate, nonché i vari metodi di verifica. Non torneremo
dunque su tali temi.
Qui, invece, vogliamo approfondire alcuni aspetti, soprattutto tecnologici, sulle unioni
saldate. Queste presentano il vantaggio di essere monolitiche e molto rigide, ponendo
minori vincoli «geometrici» al progettista rispetto alle unioni bullonate. Presentano però
l’inconveniente di richiedere sempre manodopera qualificata, nonché particolari
precauzioni progettuali, costruttive e soprattutto di controllo, al fine di evitare riduzioni
di resistenza e rotture fragili legate al procedimento di saldatura.
Inoltre, nel caso di azioni cicliche e carichi dinamici, le zone di saldatura, presentando
significative concentrazioni di sforzi, costituiscono le sedi preferenziali per l’innesco e la
propagazione delle cricche da fatica.
Nelle saldature si distingue tra:
- Materiale di base (quello dei pezzi da saldare);
- Materiale di apporto (se previsto nella procedura utilizzata; materiale fuso introdotto
dall’esterno per realizzare la saldatura), caratterizzato da proprietà meccaniche
almeno pari a quelle degli elementi collegati.
Procedimenti di saldatura
Esistono moltissimi procedimenti differenti di saldatura, che si raggruppano in due
categorie principali:
• PROCEDIMENTI AUTOGENI
• PROCEDIMENTI ETEROGENI
Nei procedimenti autogeni, il metallo dei pezzi da collegare partecipa per fusione o
sincristallizzazione con l’eventuale materiale di apporto alla realizzazione dell’unione.
Rientra tra questi procedimenti la bollitura, il metodo più antico utilizzato dai fabbri per
unire pezzi metallici. I vari metodi si distinguono per la sorgente termica (che dovrà
essere più concentrata possibile) e per la modalità di protezione del bagno fuso. Ne
sono esempi:
- Saldatura ossiacetilenica
- Saldatura ad arco con elettrodi rivestiti
- Saldatura ad arco sommerso
- Saldatura con protezione di gas ed elettrodo fusibile
- Saldatura con protezione di gas ed elettrodo infusibile
- Saldatura ad elettroscoria
- etc.
Costruzioni Metalliche Saldature
5
Procedimenti di saldatura
Nel caso della saldatura ossiacetilenica, la sorgente termica è costituita dalla fiamma
ossiacetilenica (dovuta alla combustione dell’acetilene con l’ossigeno). I due gas si
mescolano tra loro in un cannello, impugnato dall’operatore, che li indirizza nella zona
dove ci sono i due lembi da unire. Nell’altra mano, il saldature impugna la bacchetta di
metallo di apporto, che viene periodicamente introdotta nel bagno per farla fondere.
La combustione produce anche gas quali il monossido di carbonio e l’elio, che proteggono
il bagno fuso.
Questo procedimento è stato il primo ad essere utilizzato a livello industriale ma adesso è
poco utilizzato.
Da: https://www.chimica-
online.it/download/cannello-ossiacetilenico.htm
Procedimenti di saldatura
La fusione della bacchetta e del suo rivestimento produce dei gas, che proteggono
l’arco elettrico e la zona del bagno fuso.
Tale procedimento si distingue per la notevole flessibilità di utilizzo.
Procedimenti di saldatura
Nella saldatura ad arco sommerso, la
sorgente termica è ancora costituita dall’arco
elettrico che scocca tra il metallo di base e un
elettrodo. Quest’ultimo, però, in questo caso è
un filo continuo avvolto a matassa, che viene
fatto avanzare in maniera automatica man
mano che viene fuso.
La protezione della zona dell’arco e del bagno
fuso è ottenuta mediante il cosiddetto letto di
«flusso», cioè di materiale granulare, che in
parte fonde e lascia una scoria di protezione Da: G. Ballio, F. M. Mazzolani, Strutture in acciaio, Hoepli
sul cordone di saldatura. L’arco risulta dunque
«sommerso» e invisibile.
La scoria solidificata continua a proteggere il cordone dal contatto con l’atmosfera e deve
essere rimossa ad ogni passata di saldatura.
Tale procedimento è adeguato per bagni di saldatura di notevoli dimensioni e si presta
bene ad essere completamente automatizzato.
Questi ed altri sono tutti procedimenti autogeni. Nei procedimenti eterogeni, invece, si
ha fusione del solo materiale di apporto, caratterizzato da una temperatura di fusione
inferiore a quella del metallo di base.
Costruzioni Metalliche Saldature
8
Difetti metallurgici
Nelle unioni saldate si possono avere dei difetti, che possono avere un ruolo molto
importante sul comportamento statico dell’unione. Si distingue tra:
• Difetti metallurgici
• Difetti geometrici
I difetti metallurgici sono quelli dovuti alla modifica delle proprietà fisiche e di continuità
dei materiali coinvolti nell’unione per effetto dell’apporto di energia termica. Rientrano
in questa categoria:
- Cricche
- Inclusioni
- Strappi lamellari
Le cricche sono discontinuità che si generano per strappo.
A caldo
Cricche
A freddo
Cricche
Le cricche a caldo sono dovute alla presenza di impurezze nel bagno fuso, che si
addensano in zone preferenziali e solidificano a temperature inferiori rispetto a quelle
del metallo di base. Quindi, quando il metallo (già allo stato solido) comincia a ritirarsi
nella fase di raffreddamento dell’unione, queste impurezze sono ancora liquide e danno
luogo ad una decoesione del materiale e alla formazione di fessure.
Le cricche a freddo, invece, si formano a raffreddamento concluso o quasi (anche entro
le 48 ore dall’esecuzione della saldatura) e sono dovute all’assorbimento di idrogeno da
parte del bagno fuso e del materiale di base portato ad elevate temperature.
Inclusioni
Le inclusioni costituiscono zone anomale nella saldatura, dovute alla presenza nel bagno
fuso di scorie solide (per esempio, tungsteno) oppure di bolle gassose rimaste
intrappolate nel bagno di saldatura.
Da: https://www.olympus-ims.com/it/resources/white-papers/a-fast-safe-alternative-for-weld-inspections/
Strappi lamellari
Si tratta di un fenomeno di fessurazione che può manifestarsi nei materiali laminati
sollecitati perpendicolarmente rispetto al piano di laminazione.
Gli strappi lamellari possono formarsi per effetto degli sforzi trasversali concentrati
dovuti al ritiro delle saldature. Si manifestano in corrispondenza delle micro-inclusioni
non metalliche presenti nel piatto, che per effetto del processo di laminazione,
tenderanno ad assumere una conformazione lamelliforme nella direzione del piano di
laminazione.
Da: C. Bernuzzi, Progetto e verifica delle strutture in acciaio, Hoepli Da: G. Ballio, F. M. Mazzolani, Strutture in acciaio, Hoepli
Strappi lamellari
Analizzando giunti a completa penetrazione tra piatti di elevati spessori con tecniche
fotoelastiche, si vede che a qualche millimetro dalla saldatura si hanno deformazioni
dell’ordine del 2 % e che, ad una distanza di circa 5 mm dal giunto, tali deformazioni
sono ancora dello 0.5 %, ovvero varie volte maggiori del limite elastico del materiale.
Strappi lamellari
In presenza di eventuali micro-inclusioni non metalliche nel piatto, si può avere
un’apertura di micro-fessure per effetto delle deformazioni provocate dalla saldatura. Se
il materiale non presenta una sufficiente duttilità (ricordiamo il concetto di resilienza,
che si lega a quello di saldabilità), si possono formare delle vere e proprie fessure, che
possono dar luogo a rotture in fase di lavorazione o di esercizio della struttura.
Il fenomeno è più frequente nel caso di acciai più resistenti, che hanno, sì, un limite
elastico maggiore ma che sono anche meno duttili. Inoltre, è fortemente dipendente
dallo spessore del piatto su cui agiscono le forze trasversali dovute al ritiro della
saldatura. In linea di principio, gli strappi lamellari interessano piatti di almeno 40 mm
di spessore, però sono stati rilevati talvolta problemi anche per spessori dell’ordine di
25-30 mm.
Strappi lamellari
Per evitare il problema degli strappi lamellari, in fase progettuale, si devono studiare
particolari costruttivi atti a ridurre:
- Il ritiro delle saldature;
Strappi lamellari
- Il valore della componente della deformazione normale al piatto, in cui si teme si formi
lo strappo;
Strappi lamellari
Si può anche cercare di ridurre il ritiro delle saldature in fase esecutiva, aumentando il
numero delle passate di saldatura e studiando la sequenza in modo da ottenere la
«spalmatura» del materiale di apporto sul piatto in cui si teme lo strappo («buttering»).
݀ ൌ ݐ ͳ
݀ ൌ ͳͲ ͳ ൏ ݐ൏ ͶͲ
Si tratta di una prova a trazione, nella quale si verifica che, a rottura, risulti:
Difetti geometrici
Un’altra categoria di difetti sono quelli di natura geometrica, elencati qui di seguito.
- Eccesso di sovrametallo. Si ha quando viene depositato uno spessore eccessivo di
materiale di apporto. Questo può essere dannoso a causa delle possibili
discontinuità che vengono a crearsi, specialmente in particolari condizioni di servizio
(fatica, urti, basse temperature, che favoriscono le rotture fragili).
- Mancanza di penetrazione. Si ha quando rimangono zone in cui il materiale fuso non
è penetrato, facendo così perdere la completa continuità dell’unione saldata.
- Ispezione visiva
- Liquidi penetranti Difetti superficiali o
- Polveri magnetiche sub-corticali
- Correnti indotte
- Radiografie
- Ultrasuoni Difetti interni
- Termografie
La norma NTC 2018 richiede, oltre all’indagine visiva, solo indagini superficiali (liquidi
penetranti, polveri magnetiche, correnti indotte) per saldature a parziale penetrazione o
a cordoni d’angolo. Vengono invece richieste anche indagini interne per saldature a
completa penetrazione.
Costruzioni Metalliche Saldature
22
Ispezione visiva
L’ispezione visiva, sia ad occhio nudo che con l’ausilio di strumenti ottici (lenti, mini-
telecamere, boroscopi, etc.), consente di rilevare discontinuità superficiali, quali cricche,
corrosioni (che potrebbero accumularsi nella zona della saldatura per la presenza del
materiale di apporto) ed altri difetti. Fondamentale è l’uso corretto della luce.
Si possono avere:
- Esami visivi diretti, ove esiste la possibilità di accesso adeguato per l’ispezione, legata
alla distanza dalla saldatura da esaminare e all’angolazione della luce e dell’occhio
umano.
- Esami visivi remotizzati, quando non è possibile accedere direttamente alla zona da
ispezionare. In tal caso, la risoluzione degli strumenti dovrà essere almeno pari a
quella dell’occhio umano.
Liquidi penetranti
Tali tecniche sono utilizzabili per discontinuità superficiali «aperte» e constano delle
seguenti fasi:
1. Il pezzo deve essere inizialmente accuratamente pulito superficialmente (per via
meccanica e/o chimica).
2. Viene applicato il liquido penetrante mediante nebulizzazione, spennellatura,
umettazione o immersione. Si tratta di un colorante (di solito rosso) visibile alla luce
bianca oppure di una tintura fluorescente visibile alla luce ultravioletta.
Il liquido penetra nella «fessura» per capillarità e non per gravità, e questo consente
di trattare superfici in posizioni disparate.
La tipologia e il tempo di applicazione del film liquido dipende dal liquido utilizzato
ma anche dal materiale da esaminare, dalle discontinuità da rilevare, dalla
temperatura di lavoro, etc.
3. Viene rimosso il liquido in eccesso (ovvero quello non penetrato nella discontinuità)
tramite opportuno lavaggio (acqua, solvente, emulsionificatore).
4. Si applica un rilevatore (detto anche «sviluppatore»), in polvere o liquido, che, una
volta disposto sulla superficie, estrae il liquido penetrante rimasto nella discontinuità
e ne mappa la posizione e l’entità.
Liquidi penetranti
Questo metodo d’indagine presenta il vantaggio di essere economico, veloce e di facile
impiego.
Tuttavia, gli svantaggi sono:
- Non si può applicare su superfici rugose.
- Non rileva discontinuità troppo piccole (non consento l’ingresso del liquido
penetrante) o troppo grandi (non trattengono il liquido penetrante in fase di lavaggio).
- È necessaria una buona accessibilità alla zona da testare.
- C’è una certa discrezionalità nell’interpretazione dei risultati da parte dell’operatore.
- Il lavaggio costituisce un onere non trascurabile.
Polveri magnetiche
In questo caso, si applica un campo magnetico nel materiale (che, ovviamente, è
ferromagnetico o comunque magnetizzabile) e se ne visualizza le linee di campo con
polvere di ferro (oppure tramite una sospensione in agente liquido).
La presenza di una discontinuità nel materiale in direzione perpendicolare al campo
produce una deviazione delle linee di campo, cosicché la configurazione delle polveri ne
fotografa la posizione, la forma e la dimensione.
Si tratta di un metodo molto semplice e veloce, però consente di rilevare solo difetti
prossimi alla superficie (sub-corticali): più le discontinuità sono piccole e più devono
essere vicine alla superficie per poter essere rilevate. Non è indispensabile un’operazione
preliminare di ripulitura superficiale ma ci sono difficoltà a rilevare difetti tondeggianti.
Altri limiti di questa tecnica sono:
- Necessità di accessibilità.
- Discrezionalità dell’operatore nell’interpretazione delle «fotografie».
- Necessità di smagnetizzare l’elemento ispezionato.
Tecniche radiografiche
Quello radiografico è stato uno dei primi metodi d’indagine non distruttiva ad essere
introdotto per le saldature a livello industriale.
Si utilizza un fascio di onde elettromagnetiche ad elevata frequenza e fortemente ionizzanti
(raggi X e raggi ߛ). Quando questo attraversa un corpo solido, viene assorbito in funzione
dello spessore e della densità del materiale. La porzione di fascio che passa attraverso il
materiale va ad impressionare una lastra fotografica posta dietro l’oggetto da esaminare.
Siccome le imperfezioni presentano un livello di assorbimento diverso rispetto al materiale
circostante, la proiezione prospettica del difetto apparirà come una macchia più scura o più
chiara nell’immagine radiografica (così come le imperfette penetrazioni del materiale di
apporto). In seguito, tecniche digitali consentono di ricostruire le dimensioni reali del difetto.
Tra i limiti di questa tecnica si possono annoverare:
- Difficoltà ad effettuare tali indagini in componenti strutturali poco accessibili.
- Le cricche, o difetti bidimensionali simili, possono non essere rilevate quando risultano
molto inclinate rispetto al fascio dei raggi.
- Possono essere esaminate solo porzioni di dimensioni limitate per ogni singola immagine.
- Il rispetto delle leggi sulla radioprotezione rende l’indagine piuttosto costosa.
Ultrasuoni
Gli ultrasuoni sono onde sonore ad alta frequenza, che producono oscillazioni delle
molecole del materiale solido attraversato. In particolare, l’ostacolo in parte si lascia
attraversare dalle onde, in parte riflette e devia tali onde. La presenza di un difetto fa sì
che cambi la velocità di propagazione, nonché la modalità di riflessione e diffrazione. Le
onde passanti e/o riflesse possono essere rilevate e convertite in un segnale elettrico,
consentendo di rilevare gli «echi» dei difetti. Siccome i segnali rilevati vengono acquisiti
nel tempo, è anche possibile localizzare la posizione del difetto nello spessore (infatti,
gli ultrasuoni sono utilizzati anche per misure di spessore e di caratterizzazione dei
materiali).
Siccome gli ultrasuoni non si propagano in gas come l’aria ma solo in liquidi o solidi, si
distinguono:
- Tecniche per contatto (mediante un gel);
- Tecniche per immersione (accoppiamento acustico realizzato tramite l’acqua).
Ultrasuoni
La metodologia dipenderà dalla geometria del dettaglio strutturale studiato, il tipo di
difetto da rilevare, nonché la velocità di ispezione richiesta.
Tra i limiti di questa tecnica possiamo annoverare:
- Difficoltà di analisi di pezzi con geometria complessa.
- Scarsa efficacia in caso di eccessiva rugosità della superficie di scansione nelle
ispezioni per contatto.
- Difficoltà nell’interpretazione dei risultati, che richiede una notevole professionalità
dell’operatore (e quindi costi elevati).
Termografia
Il pezzo da ispezionare viene sollecitato termicamente (ovvero riscaldato per radiazione o
conduzione), dopodiché la distribuzione della temperatura viene rilevata mediante vernici
termosensibili (termografia a contatto) oppure telecamere termografiche (termografia
all’infrarosso).
I difetti, avendo conducibilità termica diversa rispetto al metallo che costituisce la saldatura,
appariranno come «anomalie» nella distribuzione della temperatura superficiale.
Con questa tecnica, difetti troppo piccoli oppure troppo profondi non risultano rilevabili.
Da: http://www.neverbeforeitalia.com/des/wp-
content/uploads/2014/03/controllo-e-analisi-dei-giunti-
saldati.pdf
- E. F. Radogna, Tecnica delle Costruzioni, Vol. 1: Fondamenti delle Costruzioni di Acciaio, Zanichelli, 1993
- C. Bernuzzi, Progetto e Verifica delle Strutture in Acciaio, seconda edizione, Hoepli, 2018
PRINCIPALI NORMATIVE
- Circolare del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti 21 gennaio 2019 n.7, Istruzioni per
l’applicazione dell’Aggiornamento delle “Norme tecniche per le costruzioni” di cui al decreto ministeriale 17
gennaio 2018″