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Progetto elementi in

calcestruzzo armato
DURABILITÀ

“Una struttura deve essere progettata ed eseguita in modo tale da


minimizzare i costi e, con le situazioni ambientali previste, con appropriati
gradi di affidabilità, durante tutta la sua vita prevista:
1) rimanga adeguata all’uso per cui è costruita;
2) sopporti tutte le azioni e le influenze che possono verificarsi durante
l’esecuzione e l’uso.”

Deve essere inoltre progettata ed eseguita in modo da non essere


danneggiata a seguito di eventi eccezionali (fuoco, esplosioni, impatti, errori
umani) in modo sproporzionato alla causa.
LIVELLI DI ANALISI

Sono possibili i seguenti livelli di analisi per le strutture in calcestruzzo


armato:

I stadio:
• comportamento elastico lineare di calcestruzzo e acciaio;
• calcestruzzo reagente a trazione.

II stadio:
• comportamento elastico lineare di calcestruzzo e acciaio;
• calcestruzzo non reagente a trazione.

III stadio:
• comportamento non lineare di calcestruzzo e acciaio;
• calcestruzzo non reagente a trazione.
FASI DELL’ANALISI:

1) Definizione delle azioni F (singole e loro combinazioni);

2) Calcolo effetti delle azioni E (Sollecitazioni) – risposta della struttura;

3) Calcolo delle resistenze R;

4) Verifica.
L’AFFIDABILITÀ DI UN’OPERA deve essere valutata nei riguardi di:

1) SICUREZZA STRUTTURALE: nei riguardi di possibili dissesti - o


disservizi;
2) DURABILITÀ: possibili fenomeni di degrado nel tempo degli elementi
strutturali e non strutturali;
3) FUNZIONALITÀ: l’opera deve rispondere agli scopi per i quali è stata
progettata.

È possibile verificare o dimensionare strutture secondo i due diversi


metodi, tensioni ammissibili e stati limite.
Nell’analizzare le prescrizioni della normativa italiana occorre tenere
presente che essa ha subito negli anni una progressiva evoluzione, dal
metodo delle tensioni ammissibili a quello degli stati limite, non priva di
resistenze e compromessi.
Con le tensioni ammissibili si richiede che le azioni di calcolo non
comportino in alcun punto della struttura il superamento della tensione
corrispondente al limite ammissibile del materiale.
Fino agli anni ‘60:
Analisi puramente deterministiche con il Metodo delle tensioni ammissibili.

Difetti:
1) Definisce l’affidabilità sulla base di una valutazione puntuale dello stato
tensionale.
2) I livelli di resistenza e delle azioni utilizzati non tengono in conto la natura
probabilistica delle grandezze.
3) La mancanza di una definizione dei vari termini da cui dipende l’affidabilità
della struttura non consente di differenziare i criteri di progetto per nuove
strutture, int. recupero, opere provvisionali, ecc.
METODO DELLE TENSIONI AMMISSIBILI

Si basa su un comportamento elastico lineare delle strutture (I o II stadio).

Definizione delle azioni F:


1)Valori caratteristici
2)Combinazioni di carico – somma dei valori caratteristici
indipendentemente dal fatto che sia improbabile avere tale
contemporaneità.

Calcolo effetti delle azioni E:


Calcolo elastico lineare a livello di struttura e di sezione – CALCOLO
DELLE TENSIONI (σE).

Calcolo Resistenza R:
Calcolo elastico Lineare con un coefficiente di sicurezza rispetto alla
tensione cui corrisponde la crisi del materiale (σam = σcrit/γm):

VERIFICA: σE < σam


-Metodo TA: -Metodo Stati Limite:

1)Conservazione delle sezioni piane; 1)Conservazione delle sezioni piane;


2) Perfetta aderenza 2) Perfetta aderenza
acciaio-calcestruzzo; acciaio-calcestruzzo;
3) Calcestruzzo non 3) Calcestruzzo non
reagente a trazione; reagente a trazione;
4) Comportamento lineare 4) Comportamento NON lineare dei
dei materiali (fino alla σamm). materiali (fino alla resistenza f ).
Predimensionamento di pilastri
I pilastri devono essere dimensionati in funzione
di tutti i carichi verticali che gravano su di essi.
Un metodo molto semplice è quello di
individuare per ogni pilastro “i”, ad ogni piano
“j”, la sua area d’influenza Aij e di calcolarne,
anche grossolanamente, il peso tenendo conto
sia del contributo dei carichi permanenti che di
quelli variabili. La sezione del pilastro, quindi,
al piano “k”, sarà dimensionata in base al carico
complessivo Nik calcolato come:

NiEd = ∑j=1:n(k) Aij (γgGj +γqQi) +γgPik ,


dove Gj e Qj sono i carichi permanenti e
accidentali per unità di superficie di solaio, Pik è
il peso del pilastro e n è il numero complessivo
dei piani sopra la sezione del pilastro che si
dimensiona. γg e γq sono i coefficienti parziali,
pari rispettivamente a 1.3 e 1.5.
-Si calcola l’area teorica minima di calcestruzzo pari a Ac0 = NEd/f’c1

-Si determinano le dimensioni effettive axb e l’area effettiva di calcestruzzo Ac

-La sezione teorica minima d’armatura Asmin = 0.1xNEd/fsd pari almeno allo 0.3%Ac
-Al di fuori delle zone di sovrapposizione, l’area di armatura non deve superare
Asmax=4%Ac

-In zona sismica 1%Ac<As<4%Ac

- Si definisce l’armatura assunta As indicando il numero di ferri n e il loro diametro


φ (non minore di 12mm) con interassi inferiori a 300mm (250mm in zona sismica)

-Le armature trasversali devono essere poste ad interasse non maggiore di 12 volte il
diametro minimo delle barre longitudinali, con un massimo di 250mm

-La dimensione minima del pilastro è 250mm


Armature trasversali dei pilastri in zona sismica
Ipotesi per il dimensionamento del pilastro in c.a.:
1. Il calcestruzzo è un materiale omogeneo ed isotropo, con comportamento
elastico e lineare. Il suo modulo di elasticità (o modulo di Young) dipende
dalla composizione e risulta circa EC = 300000 kg/cm2.
2. Il modulo di elasticità dell’acciaio è ES=2050000 kg/ cm2.
3. I due materiali utilizzati, pur avendo un differente modulo di elasticità,
hanno la medesima deformazione, a causa della perfetta adesione.
4. le sezioni trasversali rimangono piane anche dopo essere state deformate.
AZIONE ASSIALE

L’azione assiale di compressione N si ripartisce fra acciaio e calcestruzzo:


N = Ns + Nc.
Ricordando che: tensione × area = forza:
σ × A = F,
si ottiene che:
(σS⋅ AS) + (σC ⋅ AC) = N. (equilibrio)
Il pilastro sottoposto ad una forza di compressione N tende a deformarsi.
N

δ δ Accorciamento
La deformazione ε sarà uguale sia per il calcestruzzo che per l’acciaio.
Pertanto:
ε = εC = εS = δ/l, (congruenza)
dove δ è lo spostamento e l è la lunghezza iniziale della barra.
Ricordando il legame costitutivo:

σC
εC = ,
EC
σ
εS = S .
ES

Si ottiene:
σC σS
= ,
EC ES
ES
σS = ⋅ σC .
EC

Il rapporto fra i moduli è il coefficiente di omogeneizzazione e viene


indicato con la lettera n.
Quindi sostituendo nella equazione di equilibro alla traslazione
verticale, si ottiene:
(n σC AS) + (σC AC) = N,
da cui:

N
σC = .
n ⋅ AS + AC
Il valore del coefficiente di omogeneizzazione che si assume è n=15.
E’ doveroso chiedersi perché sia stato attribuito questo valore a n;
considerando che n è il rapporto tra i moduli di elasticità dei due materiali, il
suo valore dovrebbe essere:

E S 2050000
n= = ≅7
EC 300000

La motivazione è che i moduli di elasticità sono misurati in laboratorio


istantaneamente, mentre gli edifici sono caricati con carichi prolungati nel
tempo. Il comportamento dei due materiali sottoposti a carichi di lunga durata
è molto diverso: mentre l’acciaio si deforma e poi si stabilizza, il calcestruzzo
evidenzia deformazioni differite.
Questo fenomeno per il calcestruzzo viene denominato viscosità e giustifica
un valore più elevato del coefficiente n. Per viscosità la deformazione nel
calcestruzzo, soggetto a tensione costante, aumenta nel tempo, quindi anche la
deformazione dell’acciaio cresce e con essa lo sforzo nell’acciaio; quindi
n=15 permette di meglio simulare la situazione dopo lungo tempo.
Esempio: si consideri un pilastro di sezione trasversale quadrata, soggetto a
carico concentrato N di compressione. Calcestruzzo C25/30 Acciaio con
fyk=450MPa
Le ipotesi note sono:
- N = 570kN NEd = 800 kN,
- fck = 25 MPa fcd=25/1.5= 16.6MPa
40
30
fc1=16.6x0.85=14.2MPa
in zona sismica per le strutture in CD “B” ed in CD “A” la sollecitazione di compressione non
deve eccedere, rispettivamente, il 65% ed il 55% della resistenza massima a compressione della
sezione di solo calcestruzzo

- fyk=450MPa fsd=450/1.15=391MPa
Acmin = 800000/(14.2x0.65) mm2 = 867 cm2.
Se si considera che il pilastro può avere sezione trasversale quadrata, si può
facilmente calcolare il lato della sezione. Quindi:
Lato pilastro = 30 cm.
E’ noto che in un pilastro quadrato sono necessari almeno quattro ferri di
armatura
La normativa prevede che la superficie delle sezioni trasversali delle barre sia:
Asmin = 0.1xNEd/fsd pari almeno allo 0.3%Ac

A questo punto si inizia il calcolo delle armature del pilastro, del quale sono
già note le dimensioni. Si ricorda che tali armature sono di due tipi: i ferri e le
staffe. Questi elementi in acciaio hanno evidentemente funzioni diverse.
Si considerino ora i ferri, il cui calcolo richiede diversi passaggi:
1. si ipotizza l’utilizzo di quattro ferri con diametro φ = 12 mm;
2. si calcola l’area delle sezioni trasversali delle barre:
⎛ 1, 22 ⎞
As = nbarre ⋅ Abarra = 4 ⋅⎜π ⋅ ⎟ = 4 ⋅ 1,12 = 4, 48 cm 2

⎝ 4 ⎠
3. Si calcolino l’area delle armature minima prevista dalla normativa:

As 4, 48 450
= = 0, 005. As min = 0.1x800000 / = 205mm 2
Ac 900 1.15
Verifiche:
S.L.E.

N 570000
σC = = = 5.89MPa < 14.2MPa
n ⋅ AS + AC 15 x 448 + 90000

S.L.U.

N Rd = AC f cd + AS f yd = 90000 x14.2 + 448 x391 = 1453kN > 800kN


Le staffe svolgono importanti funzioni nella loro applicazione strutturale.
Esse infatti servono:
- per posizionare i ferri verticali;
- per proteggere il pilastro da urti accidentali;
- per contrastare il taglio;
- per conferire stabilità ai ferri verticali.
Un esempio particolarmente significativo è quello di un ferro verticale
sollecitato a compressione. Tale barra tenderebbe a sbandare, a
instabilizzarsi. Le staffe sono utili proprio per trattenere i ferri verticali e per
annullare quindi gli effetti di instabilità provocati da un carico di punta sui
ferri. Appare quindi evidente che non ha senso utilizzare staffe aperte, perché
non riuscirebbero a svolgere la loro funzione.

staffa chiusa

Interasse massimo tra le staffe 12x12mm=144mm


Pilastri snelli

Quando un pilastro è sollecitato da una forza di compressione se è snello, ossia


il rapporto tra la dimensione longitudinale e quella trasversale è abbastanza
elevato, insorgono altri effetti che ne modificano il comportamento rispetto a
quello della sezione considerata isolatamente.
In generale la variazione di configurazione causata dalla deformazione
modifica le sollecitazioni che pertanto vengono a dipendere dalle deformazioni
in modo tale che le equazioni di equilibrio divengono non lineari. Tuttavia,
poiché normalmente gli spostamenti prodotti dai carichi sono piccoli, si ritiene
che l’influenza di questi sulle sollecitazioni sia trascurabile e si assume che lo
stato di sollecitazione coincida con quello relativo alla configurazione
iniziale non deformata. Tale approssimazione, spesso verificata, è detta
teoria del primo ordine e le sollecitazioni relative alla configurazione
indeformata sollecitazioni del primo ordine. In alcuni casi però questa
semplificazione non è accettabile in quanto gli effetti delle deformazioni
sulle sollecitazioni non sono trascurabili; le variazioni delle sollecitazioni
prodotte da questi fenomeni sono dette effetti del secondo ordine.
Un esempio è l’asta di Eulero; un pilastro sollecitato da una forza di
compressione N con eccentricità e. La deformazione prodotta dalla flessione
aumenta l’eccentricità del carico e pertanto accresce l’entità della flessione:
quando il carico approssima il valore critico euleriano l’equilibrio diviene
impossibile, per quanto piccola sia l’eccentricità iniziale e.
Al carico critico corrisponde una tensione critica:

σcr = Ncr/A = π2E/λ2 ,

dove λ = lo/i è il rapporto tra la lunghezza libera di inflessione, che per la


mensola è il doppio della lunghezza l, ed il raggio di inerzia i = √(I/A); λ viene
detta la snellezza della trave. Per elementi con piccola snellezza σcr risulta
molto più grande della resistenza del materiale; per questi elementi (tozzi) il
collasso avviene prima che gli effetti del secondo ordine possano divenire
significativi e pertanto la teoria del primo ordine risulta soddisfacente.
Al contrario, quando λ è molto elevato, la tensione critica è molto inferiore
alla resistenza; per questi elementi il collasso sopraggiunge a causa dei
fenomeni del secondo ordine mentre in loro assenza il materiale sarebbe
ancora in campo elastico.
Snellezza limite (EC2)
al di sotto della quale può ritenersi non necessaria una analisi di secondo ordine. Il valore
limite λlim per la snellezza è espresso dalla relazione
C
λ lim = 20 ⋅ A ⋅ B ⋅ (5.1)
n
Con :
A = 1 (1 + 0.2 ⋅ ϕef ) , con ϕef coefficiente efficace di viscosità la cui definizione è riportata in
5.8.4-EC2. In assenza di sufficienti informazioni si consiglia di assumere A=0.7,
B = 1 + 2ω , essendo ω = A s f yd (A c f cd ) il rapporto meccanico d’armatura, assumendo As
pari alla totale armatura longitudinale. Qualora tale rapporto non sia stato predefinito può
assumersi B=1.10,
C = 1.7 − rm , essendo rm = M 01 M 02 , ove M 01 M 02 , sono i momenti di primo ordine agenti alle
estremità dell’elemento, con M02 ≥ M 01 . I momenti M01 , M02 sono da assumersi di segno
concorde quando generano trazione nelle fibre situate sul medesimo lembo delle sezioni
trasversali. In questo caso rm > 0 e C ≤ 1.7 , in caso contrario C>1.7,
può assumersi rm = 1 , ovvero C=0.7 per i telai a nodi fissi nei quali i momenti di primo
ordine sono solo o in massima parte generati da imperfezioni o carichi trasversali nonché,
in genere, per i telai a nodi mobili;
n = N Ed ( A c f cd ) forza normale relativa, essendo la forza normale di progetto.
Valori alternativi di λlim possono trovarsi negli Annessi Nazionali
Norme Tecniche
Nelle Norme Tecniche il valore limite λlim per la snellezza è espresso
dalla relazione [4.1.33 - NTC] che qui si riporta

C
λ lim = 15.4 ⋅ [(4.1.33) - NTC] (5.2)
ν

Dove ν = NEd /(Ac × fcd ) è l’azione assiale adimensionale; C ed rm sono


definiti in precedenza. La (5.2) è sostanzialmente analoga alla (5.1). In
essa il prodotto 20 A B è sostituito dal fattore 15.4 che tiene conto
mediamente degli effetti della viscosità e della presenza delle armature. In
corrispondenza al valore ω=0.20 che ben rappresenta un rapporto
meccanico di armatura tipico di questi problemi, le due formule
forniscono la stessa snellezza per ϕ=2.7.
Esempio

Figura 5.1. Schemi strutturali per il calcolo della snellezza [Fig.5.7 – EC2].

Caso c l0=0.7xl=0.7x300cm i= √(I/A) =√ ((3004/12)/3002=86.6mm

λ=2100/86.6=24.25

C 1.7
λ lim = 20 ⋅ A ⋅ B ⋅ = 20x0.7x1.10x = 33.01
n 800000
300x300x14.2

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