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L’impiego della precompressione esterna nella

riparazione e nell’adeguamento statico dei ponti

Mario Paolo Petrangeli (1) - Luigi Fieno (2)


Mario Petrangeli & Associati Srl – Roma; (1) Presidente; (2) Amministratore Delegato e Direttore Tecnico;

PREMESSA
La precompressione esterna, proposta fin dal 1934 da Dischinger, sta conoscendo in questi anni una
crescente diffusione sulla spinta degli studi e delle applicazioni svolte in particolare negli Stati Uniti, in Belgio
ed in Francia. Il suo impiego riguarda sia la costruzione di nuovi ponti, ed in special modo quelli costruiti con
conci prefabbricati, che il rafforzamento di quelli esistenti.
In questo secondo caso la precompressione esterna può risultare utile per diverse ragioni come adeguare un
ponte a nuovi e più pesanti carichi, consentire l’allargamento dell’impalcato, rimediare ad errori di
progettazione o ripristinare il livello di precompressione iniziale ridottosi per cause naturali o accidentali.
Un notevole vantaggio della precompressione esterna è che essa, prevedendo l’impiego di cavi disposti al di
fuori della sezione resistente di calcestruzzo, richiede interventi limitati sulla struttura in esercizio talché
spesso è possibile non chiudere totalmente il ponte al traffico.
Nel seguito verrà trattato solo il caso di cavi in acciaio armonico anche se lo sviluppo di nuovi materiali non
metallici, quali i polimeri rinforzati con fibre, fanno prevedere nuove interessanti applicazioni.

RIFERIMENTI NORMATIVI
La regolamentazione normativa della risposta di una struttura precompressa con cavi non aderenti è ancora
in corso. Le normative dei vari paesi, avendo adottato formulazioni ottenute dagli studi svolti nel corso degli
anni, propongono prescrizioni o suggerimenti in continuo aggiornamento e differenti tra di loro. Di seguito si
riassumono alcune delle principali normative mondiali che trattano in modo più o meno approfondito il tema.
Quella Italiana, anche nella sua ultima versione 2018, riguardo ai casi di precompressione esterna a cavi non
aderenti al calcestruzzo rimanda alla UNI EN 1992-1-1.

• Europa - CEN (European Committee for Standardization). 2004. Euro-code 2: Design of concrete
structures - Part 1-1: General rules and rules for buildings ;
• Europa - CEN (European Committee for Standardization); 2005. Euro-code 2: Design of concrete
structures - Concrete bridges - Design and detailing rules;
• Europa - ETAG 013, Guideline for European technical approval for post-tensioning kits for
prestressing structures ;
• Europa - ETA-13/0815: Euroepan Technical Approval for DYWIDAG Bonded Post-Tensioning Kit for
Prestressing of Structures with 3 to 55 strands ;
• Europa - ETA-07/0186-2016: European Technical Assessment for SUSPA-Wire EX - External
prestressing system with 30 to 84 prestressing steel wires ;
• Regno Unito - DMRB Volume 1 Section 3 Part 9 (BD 58/94) Highway structures: Approval procedures
and general design. General design. Design of concrete highway bridges and structures with external
and unbonded prestressing ;
• USA - AASHTO LRFD Bridge Construction Specifications - sezione 5 - Components with Unbonded
Tendons;

1
ASPETTI TEORICI
L’analisi di una struttura con cavi non aderenti risulta
generalmente più complessa di quella di una analoga
struttura con armature aderenti, sia post-tese che
pre-tese. Ciò perché la tensione dell’acciaio non
dipende più dal comportamento della sola sezione
che si sta studiando bensì dalla deformazione
dell’intero elemento strutturale (Figura 1)

L’allungamento unitario nel cavo è costante ( a meno


di piccole variazioni dovute agli attriti nei deviatori,
se presenti) su tutta la lunghezza e si ottiene
imponendo la compatibilità geometrica tra il cavo,
vincolato alla struttura in un numero discreto di punti
(ancoraggi, deviatori e sostegni) , e la struttura stessa
nella sua configurazione deformata.
Ciò fa sì che l’incremento di tensione nel cavo dovuto
ai carichi esterni, sia molto modesto e difficilmente si
raggiunga lo snervamento dell’acciaio prima del
collasso del calcestruzzo nella sezione più sollecitata.
Figura 1
In generale, quindi, la precompressione esterna comporta una diminuzione della duttilità e quindi della
redistribuzione dei momenti nelle strutture iperstatiche.
Dal punto di vista del calcolo un criterio molto semplificato (e comunque a favore di sicurezza) per trattare
la precompressione esterna è quello di supporre la forza nel cavo costante e pari al valore di pretensione, al
crescere dei carichi esterni. Ciò equivale a considerare nullo l’allungamento complessivo del cavo ovvero a
trattare questa forza di precompressione come una forza esterna.
Un criterio più approssimato, valido però
solo per travi semplicemente appoggiate e
cavi con andamento simmetrico, è quello
proposto da Naaman [5].
Il calcolo viene ricondotto a quello di una
sezione in cemento armato precompresso
con armature aderenti mediante
l’introduzione di un coefficiente riduttivo Ω
dell’allungamento dell’acciaio.
(Ovviamente l’ipotesi vista in precedenza di
forza costante equivale ad assumere Ω = 0).
Il coefficiente Ω è diverso per i tre stati in
cui può trovarsi la sezione: (AB) elastica non
fessurata, (BC) elastica fessurata, (CDE) Figura 2
stato limite ultimo (Figura 2).

2
I valori di Ω, ΩCR, Ωµ vengono forniti dall’Autore per diverse condizioni di carico e vari profili di cavi e sono
riportati nelle Figura 3 e Figura 4. Nel caso di strutture molto
deformabili, può essere necessario considerare la variazione della
eccentricità dei cavi nei trattati liberi compresi tra due blocchi di
deviazione o di sostegno successivi (Figura 5). Questo effetto del
2° ordine non si ha per i cavi interni alla sezione la cui eccentricità
non dipende dalla configurazione assunta dalla struttura.
Peraltro la necessità di disporre blocchi di sostegno, dettata dalle
esigenze costruttive esposte più avanti, riduce molto questo
effetto.

Figura 4

Figura 5
Figura 3

ASPETTI PROGETTUALI
CRITERI GENERALI
L’aggiunta dei cavi esterni può rendersi necessaria per migliorare il comportamento della struttura nei
confronti degli stati limite ovvero (o in aggiunta) per aumentarne la durabilità e le prestazioni in esercizio.
Nel primo caso, il più frequente, si tratta di far crescere la sicurezza a rottura per flessione o per taglio di
strutture in cui questa sicurezza non è adeguatamente garantita. Una tale deficienza può derivare da
molteplici cause quali errori iniziali di progettazione, aumento dei carichi (tipico è il caso dell’allargamento
del ponte), riduzione della sezione delle armature preesistenti per ossidazione o rottura di alcuni fili etc.
In questi casi l’entità della forza di precompressione aggiuntiva, necessaria per raggiungere lo scopo, non può
superare la soglia fissata dalla resistenza a compressione del calcestruzzo per definire la quale è
indispensabile conoscere:

a. La forza di precompressione residua nei cavi preesistenti;


b. L’effettiva resistenza a compressione del calcestruzzo.

3
Va comunque osservato che questi interventi vengono generalmente effettuati su strutture molto “anziane”
in cui la precompressione aggiuntiva deriva spesso più da questioni di ingombro che da criteri di resistenza.
L’aumento della durabilità di un’opera per effetto della precompressione esterna può ottenersi
indirettamente nel caso di strutture fessurate. Peraltro difficilmente la sola precompressione aggiuntiva
riesce ad eliminare totalmente le fessure esistenti che vanno quindi preliminarmente iniettate con resine.
In ogni caso è importante rilevare come i cavi esterni non risentano negativamente della formazione di
fessure nel calcestruzzo, come accade invece per le armature aderenti le quali, in corrispondenza di queste,
vengono a contatto dell’atmosfera (Ciò spiega perché la precompressione sterna venga ritenuta una valida
soluzione nel caso di precompressione parziale).
Un miglioramento del ponte in servizio può
infine aversi in tutti quei casi in cui si siano
manifestate deformazioni eccessive senza
che necessariamente la struttura si sia
fessurata: è questo il caso di molti ponti
costruiti a sbalzo per conci successivi, della
prima generazione, nei quali si sono
sottovalutati gli effetti della viscosità
(Figura 6). Purtroppo proprio la forte
incidenza delle deformazioni viscose fa si
che gli spostamenti che si possono
recuperare con la precompressione esterna
siano solo una frazione, in genere non
Figura 6
superiore al 20÷ 30% del totale.

DISPOSIZIONE DEI CAVI


L’andamento dei cavi esterni è costituito da una serie di tratti rettilinei compresi tra gli ancoraggi e le selle di
deviazione. Ciò se si trascurano, come quasi sempre è lecito, gli effetti del peso proprio del cavo rispetto a
quelli del tiro, molto elevato.
Una importante decisione progettuale è quella relativa alla disposizione dei cavi che possono essere paralleli
all’asse della struttura o configurati in modo da seguire l’andamento dei momenti esterni.
Nel secondo caso, evidentemente, aumenta l’efficacia della precompressione esterna sia nei riguardi della
resistenza della struttura che della eventuale correzione della sua geometria; questi vantaggi si pagano però
con la necessità di avere selle di deviazione le quali, oltre ad essere costose di per sé, causano cadute di
tensione per attrito nei cavi.
Per questo motivo, nel caso di molte deviazioni angolari, è consigliabile usare i cavi formati da trefoli
singolarmente inguainati ed ingrassati (o cerati).
Anche nel caso di cavi dritti, comunque, è opportuno prevedere selle di appoggio aventi lo scopo di
sorreggere i cavi nella fase di montaggio (cosa che peraltro si può fare facilmente anche con sostegni
provvisori) e di limitarne le vibrazioni causate dal traffico in esercizio. Queste selle di appoggio sono
sollecitate solo da forze modeste causate da imperfezioni di montaggio (una deviazione angolare non voluta
di 1 ÷ 2° appare un valore ragionevole) e quindi sono di semplice esecuzione. Il loro interesse è generalmente
fissato in 10 ÷15 m.

4
Trasversalmente, se la sezione del ponte è a cassone, i cavi vengono disposti all’interno dell’impalcato (Figura
8). Nel caso di sezioni aperte, invece, può essere conveniente disporre i cavi sull’esterno delle anime o
all’intradosso, in modo da non dover forare i trasversi, come fatto nell’esempio di Figura 7.

Figura 8 Figura 7
FORZE DI DEVIAZIONE E DI ANCORAGGIO
Il problema principale, nel caso di precompressione
esterna su ponti esistenti, è il trasferimento delle forze alla
vecchia struttura in corrispondenza degli ancoraggi e degli
eventuali deviatori. (Per questi ultimi le [3] consigliano
raggi minimi che vanno da 2m, per cavi da 7 trefoli da 06”,
a 3 m per cavi da 19 trefoli 06”).

Ciò può essere fatto sostanzialmente in due modi: (i)


creando una struttura ausiliaria, che trasmetta le forze in
giuoco al calcestruzzo esistente per pressione frontale
(Figura 9a); (ii)con trasmissione di sforzi di taglio
attraverso dispositivi meccanici ovvero per attrito (Figura
9b).
Possono aversi anche sistemi misti (Figura 9c) ove la forza
di ancoraggio è trasmessa per pressione al trasverso che a
sua volta per attrito, avvalendosi di una precompressione
aggiuntiva, la trasmette alle travi.
La trasmissione per taglio può essere realizzata attraverso
connettori inghisati (generalmente con resine) in fori
praticati nella struttura esistente ovvero, per forze piccole,
<<sparati>> direttamente nel vecchio calcestruzzo.
In presenza di forze rilevanti o di concomitanti sforzi di
trazione i connettori possono essere passanti. In questo
caso sarà opportuno, date le incertezze proprie del
problema, garantire un coefficiente di sicurezza allo
scorrimento di almeno 2 (Figura 10). Figura 9
Qualora la forza da trasmettere in corrispondenza di un
deviatore sia ortogonale al piano di contatto tra vecchio e nuovo getto, cioè di trazione, diviene
estremamente difficile conoscere la sua esatta ripartizione a causa delle inevitabili imperfezioni di montaggio
(Figura 11).
Tali situazioni sono quindi da evitare e, nel caso ciò non risulti possibile, è opportuno operare la ripartizione
della forza con criteri estremamente cautelativi.

5
Figura 10

Figura 11
ASPETTI COSTRUTTIVI
Cavi - Sono generalmente costituiti da trefoli posti in guaine
di polietilene ad alta densità e resistente ai raggi ultravioletti
(HDPE). Nel caso di trefoli ordinari essi vanno
necessariamente tesati contemporaneamente secondo le
raccomandazioni FIP [7], specie quando i cavi sono deviati da
selle, il che richiede l’utilizzo di martinetti pesanti ed
ingombranti e non sempre, trattandosi di strutture esistenti,
ciò è possibile. Appare più efficace l’impiego di trefoli
protetti singolarmente (Figura 12) da guaine entro cui
scorrono con attriti molto bassi grazie all’impiego di cere o
grassi opportuni, ciò fa sì che i trefoli possano essere tesati
singolarmente, senza che interferiscano tra loro, utilizzando Figura 12
martinetti monotrefolo molto piccoli e leggeri.

Nel caso di impiego di trefoli singolarmente inguainati, inoltre è possibile iniettare la guaina grande, che
raccoglie tutti i trefoli di un cavo, prima della loro tesatura e utilizzando malta di cemento; si hanno inoltre
perdite per attrito ridotte ed è possibile procedere nel tempo alla sostituzione dei trefoli singolarmente.
In molte realizzazioni con cavi composti da trefoli “nudi” l’iniezione delle guaine è stata fatta con materiali
viscosi generalmente di natura sintetica. Poiché questi grassi hanno un coefficiente di dilatazione termica
molto elevato, dell’ordine di dieci volte quello di una normale malta cementizia, è necessario prevedere dei
vasi di espansione per non provocare sovrastensioni nelle guaine. In alternativa bisogna effettuare l’iniezione
con questi prodotti preriscaldati ad una temperatura di 80 ÷ 90°C [8].
Le guaine dei cavi, come già detto, sono nella maggioranza dei casi circolari in HDPE di spessore tale da
resistere ad una pressione interna di almeno 0.6 MPa.
Possono aversi anche guaine circolari in lamierino e, qualora si abbiano esigenze di spazio, cavi formati da
monotrefoli inguainati disposti in modo compatto su una sezione rettangolare. Utilizzando il lamierino è
necessario non scendere con lo spessore al di sotto di 3mm per poter saldare i vari segmenti tra loro.

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Deviatori - In corrispondenza delle selle di deviazione si ha la trasmissione delle forze tra cavi e struttura che
avviene con pressioni generalmente elevate, tali da richiedere normalmente un controtubo di acciaio da
lasciare nel getto di calcestruzzo o da saldare alla
struttura metallica, nel caso di selle in acciaio.
È molto importante valutare attentamente le
conseguenze meccaniche di possibili difetti di
posizionamento di questi tubi che danno origine a
deviazioni angolari di cavi (Figura 13)
È facile vedere come, con errori del punto di
ingresso e di uscita del tubi ±1 cm sommati ad errori
del 1% sul valore di R, si possono avere cuspidi nel
piano del cavo 1÷2°.
Questi valori sono inaccettabili poiché provocano
sovratensioni nei trefoli valutabili, secondo [9], in
1
∆𝛼 = 2 𝛼 𝜎0 𝐸 2
α = deviazione angolare
E = modulo di Young del trefolo (190000 MPa)
σ0 = tensione media del trefolo
Figura 13
Tale inconveniente può essere ridotto preformando il tubo con raggio leggermente inferiore a quello teorico.
Si evitano così le cuspidi nel piano del cavo e si garantisce che il contatto tra questo ed il tubo non avvenga
in prossimità dei bordi del calcestruzzo (Figura 14).
In alcuni casi, proprio per garantire una pressione la più uniforme possibile, tra il tubo ed il calcestruzzo viene
interposta una sella in acciaio prefabbricata (Figura 15).

Figura 14 Figura 15

Ancora più gravi possono essere le imperfezioni fuori dal piano del cavo. Si può vedere infatti come,
sommando all’errore di posizionamento dei punti, di ingresso e di uscita del tubo anche una leggera
angolazione tra il piano teorico del cavo e quello di posa effettivo del tubo, si possano avere gradi di 5÷6°[10].
Un accorgimento che riduce gli effetti di queste angolosità , che porterebbero sicuramente allo snervamento
di parte dei trefoli, consiste nel far fuoriuscire il tubo di acciaio di ≈20 cm dal filo del calcestruzzo: per effetto
della forza di deviazione esercitata dal cavo il tubo si plasticizza e quindi conferisce automaticamente ai
trefoli una curvatura finita che genera sovraestensioni accettabili.
Va infine osservato come in corrispondenza dei deviatori si hanno sempre movimenti relativi tra cavo e
struttura : ciò comporta, nel caso di guaine in acciaio, il rischio di corrosione per sfregamento delle parti
metalliche, per ridurre il quale può essere opportuno introdurre un materiale antifrizione quale il PTFE o del
semplice neoprene.

7
Ancoraggi - Uno dei grossi vantaggi della precompressione esterna consiste nella possibilità di sostituire i
cavi qualora, nel tempo, si deteriorino per cause naturali o accidentali.
Per far ciò è necessario che gli ancoraggi siano predisposti in conseguenza.
La soluzione più frequente è quella di disporre un controtubo che permetta l’eventuale sfilamento del cavo,
analogamente a quanto avviene nei moderni ponti strallati.
Qualora nel blocco di ancoraggio, come avviene spesso, si abbia anche una curva del cavo, è bene che questa
avvenga con raggi minimi superiori a quelli visti per i deviatori: 3-4 m rispettivamente per cavi da 7 o 19 trefoli
0.6”[3].
Nel caso si utilizzino cavi composti da trefoli singolarmente inguainati ed ingrassati (o cerati) è consigliabile
lasciare che i trefoli fuoriescano dalla piastra di ancoraggio di una lunghezza tale da poter essere ripresi dal
martinetto e quindi venire ritesati in futuro.

ALCUNI ESEMPI
VIADOTTI STUPINO E RUIZ DELL’AUTOSTRADA SALERNO-REGGIO CALABRIA
Questi due viadotti progettati e realizzati tra il
1965 del 1970, sono tra i primi esempi in Italia
di costruzione a sbalzo per conci successivi.
In accordo ai criteri dell’epoca i due sbalzi
prospicienti, che costituiscono ciascuna
campata, non furono solidarizzati tra loro:
nello Stupino furono disposte speciali
cerniere che impediscono solo gli spostamenti
verticali relativi all’estremità delle mensole
lasciando libere le rotazioni di spostamenti
orizzontali, (fig. 17); nel Ruiz sull’estremità
degli sbalzi, conformati a seggiola Gerber, fu
posta una corta trave tampone di soli 9m di

Figura 16: Viadotto Stupino – A3


luce (fig.18).
Ambedue questi ponti, così come molti dello
stesso tipo costruiti all’epoca, hanno mostrato
deformate vistosamente crescenti nel tempo
fino ad arrivare, nel Ruiz, alla completa chiusura
Figura 17: Viadotto Ruiz - A3 dei giunti tra stampelle e trave tampone la quale
ho finito con il funzionale da puntone.
La Figura 18riporta il profilo effettivo dell’estradosso dei
ponti confrontato con quello teorico. Si può vedere come le
cuspidi nella mezzeria delle campate compromettessero
seriamente l’esercizio dell’autostrada.
Oltre a ciò i controlli svolti [11] quadra hanno mostrato che
l’attenzione nelle barre di precompressione,
probabilmente a causa di una errata valutazione delle
perdite per attrito, era pari al 60 ÷ 70% del valore teorico di
calcolo. Queste barre infine, per lo schiacciamento delle Figura 18
guaine, in molte parti non erano iniettate e quindi
andavano considerate come non aderenti.

8
GLI INTERVENTI EFFETTUATI
Sono consistiti nell’aggiunta di numerosi cavi di precompressione posti all’interno del cassone,
immediatamente al di sotto della soletta di impalcato (Figura 8).
Questa precompressione Esterna avuto il duplice scopo di (i) uno aumentare la sicurezza rottura delle sezioni
in c.a.p. che risultava ridotta a causa della mancanza di aderenza tra barre e calcestruzzo, (ii)Ridurre la freccia
in mezzeria delle campate.
Per l’ancoraggio dei nuovi cavi si è proceduto diversamente nei due casi. Nel viadotto Stupino è stato
necessario affidare la trasmissione delle forze (Tra blocchi di ancoraggio e vecchia struttura) a connettori
metallici, secondo lo schema di figura 9B. Sono stati praticati fori di diametro di 20 mm della lunghezza di
200 mm nella soletta del cassone.
In essi sono stati incassati, con resine a due componenti, spezzoni di barre a.m. 20 mm : il getto del blocco è
stato effettuato, attraverso opportuni fori praticati nella saletta del ponte, con bastoncino a reo plastico a
ritiro compensato (Figura 20, Figura 19).

Figura 20 Figura 19

Nel viadotto Ruiz, avendo rimosso la trave tampone, è stato possibile realizzare un ancoraggio che lavorasse
per pressione frontale, del tipo indicato in figura 9a. La Figura 21 e Figura 22 illustrano questo caso.

Figura 21

Figura 22

I lavori hanno dato esito positivo. La freccia recuperata è stata mediamente pari al 30% di quella iniziale, e
ciò per i motivi esposti al punto 3.1.

9
Peraltro l’accresciuta capacità portante delle opere, dovuta proprio alla precompressione esterna, ha poi
permesso di regolarizzare la livelletta con un riempimento di calcestruzzo alleggerito non strutturale. La
figura 25 mostra il viadotto Ruiz finito.

IL VIADOTTO N° 25 DELLA “FONDO VALLE SINNI”


LA PATOLOGIA
I viadotti della strada scorrimento veloce “Fondo Valle
Sinni” sono formati da travate in c.a.p. Semplicemente
appoggiate di 32 m di luce.
Ciascun impalcato, della larghezza complessiva di 11,50 m è
realizzato con tre travi prefabbricate a doppio T
precompresse con cavi scorrevoli collegate da trasversi e
soletta gettata in opera. Nel 1986 già dato in questione, in
esercizio da circa 10 anni, fu oggetto di un attentato
dinamitardo. Più precisamente fu collocata una carica di
esplosivo nella testata della trave di bordo della campata
terminale utilizzando per questo scopo, il foro che era
servito per il trasporto ed il varo della nervatura. La testata
fu seriamente danneggiata (Figura 23) ed apparvero alcune
lesioni suborizzontali anche nella prima parte dell’anima
Figura 23
della sezione corrente.

GLI INTERVENTI EFFETTUATI


Poiché si aveva il dubbio che il danneggiamento della testata avesse provocato il rientro degli ancoraggi dei
cavi, quindi una perdita di precompressione, fu deciso di disporre una precompressione aggiuntiva con cavi
esterni dritti.

10
Questa precompressione aveva anche lo scopo di
collegare la nuova testata, ricostituita con
betoncino reoplastico, alla trave ed è stata
realizzata con 3 + 3 cavi posti su ciascuna fiancata
della nervatura. L’ancoraggio in testata di questi
cavi è stato ottenuto con una struttura metallica
ausiliaria (figura 28) che aveva anche lo scopo di
contenere il nuovo oggetto e di assorbire lo sforzo
di taglio provocato dei carichi accidentali sulla trave:
Prudenzialmente il ridimensionamento è stato fatto
astraendo completamente dalla resistenza del
calcestruzzo.
In questo caso non si hanno deviatori e di sostegni
intermedi sono stati forniti dei tre trasversi in c.a.
punto presenti che sono stati forati per permettere
il passaggio di questi cavi.

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
[1] MULLER J.: <<Construction of Long Key Bridge>>, P.C.I. Journal, Novembre-Dicembre 1980.
[2] VIRLOGEUX M.: <<La précontrainte extérieure>>, Annales de L’ITBTP n. 420, Dicembre 1983
[3] SETRA: << Précontrainte Extérieure>>, Documento F 9024 Francia, Febbraio 1990
[4] FIP Commission Steels and System: <<External Prestressing>> 5th revised draft, Zurigo 1990
[5] NAAMAN A.E.:<<A new Methodology for the Analysis of Beams Prestressed with External or Unbonded
Tendon>> SP 120 A.C.I., Detroit 1990
[6] WICKE M, M.OSTERMANN:<< Bridge Rehabilitation with External Prestressing>>. Int. Workshop on Bridge
Rehabilitation. Darmstadt, Giugno 1992
[7] FIP: <<Reccomendations for Acceptance and Application of Post-Tensioning Systems>>, 1981
[8] CHABERT A. : <<Utilisation de la cire petroliére dans le domaine du Genie Civil>>, Travaux-Supplement au
numero Janvier 1986-10° Congres FIP- New Delhi, 1986
[9] COMBAULT J. : Congresso Internazionale FIP. Stoccolma 1982
[10] CAUSSE G.: <<Reflexions sur les defauts de positionnement des tubes de reservation pour cables de
précontrainte extérieures au béton>>, Travaux- Gennaio 1985.
[11] DEL PAON M., M.P.Petrangeli , A.BAjo: <<Rehabilitation of P.C. Bridges built by cantilever method in
Italy>>2nd Int. Conf. on Bridge management, Guildford(UK), Aprile 1993
[12] VSL International : Post-Tensioning system- Pub 4.90/1 Berna
[13] FREYSSINET: International Systemes de Précontrainte Extérieure- REf.FI 2150F/11

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