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CAPITOLO 1 9

CAPITOLO 1
LA PRECOMPRESSIONE A CAVI NON ADERENTI

1.1 LA TECNOLOGIA DELLA PRECOMPRESSIONE A CAVI NON ADERENTI

In generale lo stato di coazione, dovuto all’applicazione dell’azione di precompressione, può


essere instaurato utilizzando:
• un sistema di cavi interni aderenti che sfrutta l’aderenza tra cavo e calcestruzzo
(precompressione a fili aderenti con cavi pretesi o precompressione a cavi scorrevoli con
armature post - tese e rese poi aderenti al calcestruzzo mediante iniezione di malta
cementizia);
• un sistema di cavi non aderenti al calcestruzzo che possono essere interni o esterni alla
sezione in cui l’aderenza con il calcestruzzo si instaura solo in corrispondenza dei deviatori
o delle testate d’ancoraggio dei cavi stessi. E’ tramite queste sezioni che la precompressione
viene trasferita dal cavo all’elemento in calcestruzzo.
La precompressione applicata mediante un sistema di cavi esterni alla sezione di calcestruzzo, e
connessi ad essa solo in alcune sezioni, è detta precompressione esterna. Essa viene adottata
principalmente per:
1. realizzare strutture nuove in cemento armato precompresso;
2. rinforzare ed irrigidire strutture esistenti (ad esempio gli impalcati da ponte).
Gli elementi principali indispensabili per realizzare la precompressione esterna sono:
1. deviatori, presenti principalmente nel caso in cui il tracciato dei cavi sia rappresentato da
una linea spezzata. I deviatori sono dei ringrossi della sezione trasversale in corrispondenza
dei quali il cavo viene deviato. In tali sezioni si ha l’aderenza tra cavo e calcestruzzo.
2. cavo da precompressione adottato come elemento teso e generalmente eccentrico rispetto al
baricentro della sezione. I trefoli più usati sono costituiti da fili da 0.5”( φ13mm ) oppure da
0.6”( φ15mm ) a basso rilassamento. Essi scorrono all’interno di tubi che possono essere in
plastica (in generale polietilene ad alta densità o polipropilene) o, in alternativa, in acciaio.
Viene adottato il carbone nero come stabilizzatore ultravioletto perché è un materiale
chimicamente inerte contro ogni prevedibile agente corrosivo e presenta ottime
caratteristiche di durabilità.
3. dispositivi meccanici di ancoraggio dei cavi, per esempio in corrispondenza delle testate dei
ponti realizzati con travi precompresse, oppure per i ponti realizzati a conci in
corrispondenza delle sezioni terminali di questi ultimi;
4. sistema di protezione dei cavi. I tubi che avvolgono i cavi rappresentano già un primo
sistema di protezione; in più per un cavo “non aderente esterno” viene iniettata nei tubi la
”boiacca” di cemento Portland con proprietà alcaline; per un cavo “non aderente interno”, lo
spazio vuoto tra guaina e acciaio da precompressione viene riempito con materiale
lubrificante in modo che il cavo possa muoversi longitudinalmente.
I vantaggi che si hanno nell’adottare questo tipo di tecnologia rispetto alla precompressione
tradizionale possono essere:
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• una migliore qualità del calcestruzzo gettato, legata al fatto che i cavi sono esterni e quindi
il getto avviene più facilmente e si evita, in questo modo, la formazione di sacche d’aria o
imperfezioni; la migliore qualità del calcestruzzo gettato permette, pertanto, di far
affidamento sulla resistenza richiesta dal progettista;
• eventuale assottigliamento degli elementi strutturali laddove il maggiore spessore non sia
indispensabile per l’assorbimento dei carichi esterni, legato al fatto che non bisogna
considerare l’ingombro dei cavi all’interno del calcestruzzo;
• tracciato dei cavi più semplice e pressoché rettilineo;
• ispezionabilità dei cavi per la maggior parte del loro tracciato e, di conseguenza, un maggior
controllo del grado di corrosione dei cavi stessi ed una più facile manutenzione dell’opera;
• facilità nella sostituzione dei cavi deteriorati riuscendo a mantenere l’esercizio della
struttura;
• perdite per attrito ridotte perché l’aderenza cavo – calcestruzzo è di tipo “puntuale” cioè si
verifica in un numero ristretto di sezioni ( deviatori ed ancoraggi).
Non bisogna dimenticare, però, gli svantaggi che la precompressione esterna può presentare,
infatti:
• la facilità di accesso ai cavi può comportare un’altrettanta facilità nel sabotaggio,
danneggiamento o manomissione dei cavi stessi;
• i cavi esterni possono essere soggetti a vibrazioni, pertanto, va controllata la lunghezza
libera di inflessione e limitata nel caso in cui risulti eccessiva;
• l’iniezione della “boiacca” che solidarizza i cavi può essere eseguita male: si creano,
pertanto, dei difetti locali che possono comportare la corrosione e, di conseguenza, la rottura
di un trefolo. Quando questo avviene le tensioni del trefolo rotto vengono trasferite
localmente agli altri trefoli e può accadere che la tensione superi lo snervamento
producendo una rottura brutale.
• i deviatori e le zone di ancoraggio devono essere progettati per sopportare notevoli forze
concentrate;
• la rottura delle zone di ancoraggio, nel caso di cavi esterni, comporta la totale perdita di
precompressione legata alla mancanza di aderenza tra cavo e calcestruzzo;
• a rottura, la capacità flessionale ultima degli elementi strutturali con precompressione
esterna può risultare inferiore a quella di elementi precompressi con cavi aderenti;
• si verifica una riduzione di eccentricità legata all’esistenza di uno spostamento relativo tra
cavo e trave in calcestruzzo (il cavo rimane rettilineo tra le due sezioni di ancoraggio mentre
la deformata della trave non è lineare); può essere necessario dover incrementare la
precompressione per compensare tale riduzione di eccentricità.
Attualmente, nell’ambito dell’ingegneria civile, la precompressione esterna viene utilizzata per
realizzare gli impalcati di ponti a conci prefabbricati.. Generalmente gli impalcati da ponte
possono essere:
• monolitici
- gettati in opera :
la campata viene gettata interamente in opera con l’ausilio di casseformi;
- span by span:
l’intera campata viene prefabbricata, trasportata e montata; si procede poi al getto in
opera delle parti di chiusura che solidarizzano una campata e all’altra.
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• a conci
generalmente quando le luci diventano rilevanti (superiori ai 30 m.) e quindi diventa
impossibile trasportare campate intere, l’impalcato in c.a.p. viene realizzato per conci,
ovvero attraverso l’assemblaggio in opera di una serie di elementi prefabbricati
(generalmente di lunghezza compresa fra i 3 m. ed i 5 m.).

Figura 1.1. Esempio di campata di ponte con impalcato a conci prefabbricati precompressi esternamente
[4] .

I conci che si trovano in corrispondenza delle sottostrutture (pile e spalle) sono diversi da quelli
di campata: sono, infatti, dei diaframmi pesanti e pieni che conferiscono maggiore rigidezza alle
zone di estremità e sono sede degli ancoraggi dei cavi.
Esistono diverse tecniche per la messa in opera di impalcati a conci:
- span by span erection utilizzato soprattutto per lunghi viadotti con campate relativamente
corte (circa 50 m.). Viene messa in opera la campata, i conci vengono precompressi e si procede
alla solidarizzazione con la campata precedente.

Figura 1.2. Messa in opera di impalcati da ponte a conci prefabbricati con il metodo dello “span by span”.
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- Cantilever method ovvero “a sbalzo”

Questo metodo è usato per ponti che devono essere costruiti su valli profonde in cui è difficile
poter utilizzare ponteggi ed impalcature. Per questo tipo di messa in opera si utilizzano
casseformi mobili o mediante l’ausilio di gru, o travi reticolari con stralli, poggiate sulle pile.

Figura 1.3. Messa in opera di impalcati a conci con il “cantilever method” mediante l’ausilio di gru
scorrevole.

- Incremental launching
Questo metodo è particolarmente usato nella messa in opera di ponti continui con numerose
campate. L’impalcato del ponte viene gettato per tronchi di circa 15 ÷ 30m nell’area di
prefabbricazione allestita dietro una delle due spalle.

Figura 1.4. I La messa in opera con il metodo dell’ ”incremental launching”.


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1.2 LA STORIA DELLA PRECOMPRESSIONE A CAVI NON ADERENTI E LE


OPERE REALIZZATE.

Il brevetto della precompressione esterna è di Franz Dischinger (DRP 727,429) e risale al 1934.

Figura 1.5. Il brevetto di Dischinger (DRP 727,429) del 1934 [5].

Il brevetto conteneva il progetto innovativo di elementi in calcestruzzo rinforzati con cavi non
aderenti post – tesi. L’idea era quella di dimensionare la precompressione con il metodo del
“concordant prestressing”, che successivamente prenderà il nome di “load balancing method”,
secondo il quale la forza di precompressione viene dimensionata per assorbire i carichi
permanenti. La preoccupazione di Dischinger era legata alle deformazioni a lungo termine
dovute al comportamento visco – elastico del calcestruzzo e confidava nella possibilità di tesare
nuovamente i cavi per evitare deformazioni indesiderate mantenendo l’esercizio della struttura.
Conosceva il lavoro condotto da Freyssinet negli anni 1926 – 1929 e mentre Freyssinet studiava
il comportamento del calcestruzzo nei riguardi della fessurazione e del ritiro, Dischinger
proponeva nel 1939 il primo modello di calcolo per questo nuovo tipo di precompressione [5].
Il primo ponte in cemento armato precompresso che adottava il sistema di precompressione
esterna. fu costruito fra gli anni 1935 e 1937 su progetto di Dischinger ad Aue, in Germania
(Figura 1.6). Si tratta di un ponte a tre campate (25.2, 69, 23.4), in calcestruzzo, a sezione
variabile in cui la campata centrale è ottenuta con due mensole che partono dalle pile ed una
trave appoggiata nella parte centrale. I cavi corrono esternamente alla sezione di calcestruzzo. I
cavi sono realizzati con barre lisce di diametro 70 mm e con tensione di snervamento di 5200
Kg / cm 2 .
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Figura 1.6. Il primo ponte in cemento armato precompresso: Aue ( Repubblica Democratica tedesca) [5].

A causa della seconda guerra mondiale la prevista ritesatura dei cavi fu tardata e ne vennero
effettuate due: una nel 1962 ed una nel 1983 in seguito al manifestarsi di notevoli perdite di
precompressione. Il ponte rimase in servizio per più di 50 anni e la repubblica democratica
tedesca lo annoverò come “monumento tecnico” ma nel 1994 il ponte fu demolito.
Nel decennio compreso tra il 1930 ed il 1940 furono progettati altri 3 ponti utilizzando i cavi
non aderenti [5]:
1. Warthe Bridge, progettato da Dischinger. Si tratta di un ponte a 3 campate (55.35, 80.50,
55.35) che doveva sorgere a Posen (l’odierna Posnan) in Polonia ma la cui costruzione fu
bloccata a causa della guerra;
2. il ponte sull’autostrada Dortmund – Hannover all’altezza di Rheda – Wiedenbrück (FRG)
progettato con l’idea del “self stressing” di Finsterwalder. Si tratta di un ponte a campata
unica di 34.5 m., realizzato con cavi di diametro 65 mm e tensione di snervamento 5200
Kg / cm 2 .
3. il Klockestrand Bridge, progettato e costruito da Haggbohm vicino a Stoccolma, in Svezia.
Il ponte è a tre campate (40.50, 71.50, 40.50) per il quale sono state adottate 48 barre di 30
mm diametro e 5200 Kg / cm 2 di tensione di snervamento.
Questi ultimi 2 ponti sono ancora funzionanti dopo più di 50 anni di servizio.
Dopo gli anni 40, l’interesse per la precompressione a cavi non aderenti passò in secondo piano:
erano gli anni in cui Freyssinet ed altri ingegneri esaltavano i vantaggi della precompressione
tradizionale tanto che lo stesso Dischinger nel 1949 abbandonò le sue intuizioni e si dedicò
all’approfondimento della precompressione a cavi aderenti. Ma lo studio dei cavi non aderenti
non fu totalmente dimenticato. Furono costruiti alcuni ponti con il sistema della
precompressione esterna in Francia, Belgio ed Inghilterra ma non tutti i progetti andarono a
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buon fine: in alcuni casi il sistema di protezione non si dimostrò adeguato e si dovette procedere
alla sostituzione dei cavi. Risale proprio a questi anni uno dei primi esempi di utilizzo della
precompressione esterna come rinforzo strutturale di un’opera esistente: è il caso del ponte che
attraversa il fiume Aare in Svizzera, costituito da una trave reticolare in acciaio su due campate
da 48 m. ciascuna. Il ponte fu costruito nel 1889 e nel 1967 fu rinforzato con due trefoli di
diametro 63 mm con una resistenza ultima di 13700 Kg / cm 2 [5].
L’interesse per lo studio e l’approfondimento del comportamento dei cavi non aderenti riprese
intorno agli anni 70 con gli importanti contributi della scuola francese (Virlogeux), inglese e
tedesca nei cui paesi fu, in alcune circostanze, proibito l’uso dei cavi aderenti. La
precompressione esterna, infatti, divenne obbligatoria in Francia intorno agli anni ’70 quando si
trattò di rinforzare ponti costruiti a sbalzo per i quali erano stati sottovalutati gli effetti dei
gradienti termici e delle perdite per attrito [6]; a causa della corrosione dei cavi, dovuta a getti
eseguiti male, accaddero incidenti e l’Inghilterra proibì per alcuni anni l’uso della
precompressione con cavi aderenti; in Germania furono stabilite delle restrizioni che
impedivano, in alcuni casi, l’adozione della precompressione a cavi aderenti [6]. La tecnologia
dei materiali fece notevoli passi in avanti e furono migliorati i sistemi di protezione dei cavi; si
incominciò a ritenere che il sistema di costruzione dei ponti, basato sulla precompressione
esterna, risultasse competitivo in particolare per i viadotti lunghi.
Nel 1978/79 Muller introdusse la precompressione esterna negli Stati Uniti con il Long Key
Bridge (Florida) [8], un ponte di 101 campate da 36 m. ciascuna, per una lunghezza totale di
3701 m. per la cui messa in opera Muller utilizzò la tecnica dello “span by span”.

Figura 1.7. La messa in opera del Long Key Bridge (Florida).

Figura 1.8. Vista del Long Key Bridge.


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Nel periodo compreso tra gli anni 1979 - 1982 fu costruito il Seven Mile Bridge [5], in Florida,
su progetto di Muller. E’ un ponte stradale che collega la Florida con l’isola di Key West
costruito in affiancamento all’old Seven Mile.

Figura 1.9. Il “vecchio” ed il “nuovo” Seven Mile.

Rappresenta attualmente il ponte in calcestruzzo con precompressione esterna e con sezione a


cassone più lungo del mondo.

Figura 1.10. Vista degli impalcati del “vecchio” e del “nuovo” Seven Mile.

E’ costituito, infatti, da 266 campate la maggior parte delle quali ha la lunghezza standard di
41.15 m. per una lunghezza totale di 10931 m. Il ponte è stato costruito per conci ciascuno di
circa 5 m. di lunghezza. La sezione trasversale è costituita da un cassone unicellulare di
larghezza 11.89 m. e altezza costante di 2.13 m. L’obiettivo del progetto era quello di realizzare
l’opera in breve tempo e a basso costo. Sono stati approntati 5 cantieri; i conci venivano
assemblati in un campo a Tampa , a circa 400 Km dal luogo dove sarebbe poi sorto il ponte.
L’avanzamento dei lavori procedeva con il montaggio di 3 campate in 3 settimane ovvero di 24
conci in 21 giorni.
Fra il 1982 ed il 1983 furono costruiti i Marta Bridges [5] che rappresentano i primi due esempi
di ponti ferroviari in calcestruzzo con precompressione esterna e sezione a cassone costruiti
negli Stati Uniti d’America. Fanno parte della linea della metropolitana della città di Atlanta.
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Figura 1.11. Uno dei due “Marta bridges” nelle fasi di costruzione.

I ponti furono costruiti in 64 settimane. Si tratta di due ponti denominati CS – 360 e CN – 480.
CS – 360 è lungo 1594 m. ed ha campate che variano tra 21.34 e 30.48, mentre il CN – 480 è
lungo 579.12 m. con campate comprese tra 22.86 e 43.59 m.
I ponti sono stati costruiti per conci, ciascuno di lunghezza di 3 m. La sezione trasversale è un
cassone monocellulare alto 2.13 m. e largo 9.22 m.
La precompressione esterna è stata realizzata mediante cavi da 12 a 27 trefoli da 0.5“, disposti
in condotti di polietilene all’interno del cassone.
Negli stessi anni dei Marta Bridges fu costruito il Loir Bridge [5], sul fiume Loira, all’altezza
della città di La Fleche, in Francia.

Figura 1.12. Il Loir Bridge.


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La viabilità circostante e le condizioni del terreno costrinsero i progettisti ad optare per un ponte
a tre campate con luci 26, 64, 26 m. Si optò per un ponte in calcestruzzo, a precompressione
esterna, con impalcato a cassone unicellulare ad altezza variabile (1.75 m. in corrispondenza
della sezione di mezzeria della campata centrale e 2.8 m. sulle pile) e largo 10.75 m.

Figura 1.13. Il Loir bridge: particolare dell’appoggio.

La precompressione esterna è stata affidata a 8 cavi da 19 trefoli da 0.6” racchiusi in tubi di


acciaio e fra i quali è stata interposta della gelatina: tale sistema di protezione dei cavi è risultato
molto costoso.

Figura 1.14. L’impalcato del Loir Bridge.

Nell’ambito dei viadotti lunghi realizzati con precompressione esterna non può essere
dimenticato il Second Stage Expressway [9] a Bangkok, in Thailandia, che risale agli anni 90.
Si tratta di un’autostrada sopraelevata, a sei corsie, costituita da due arterie (una da nord a sud e
l’altra ad est) che collegano Bangkok con le aree suburbane per una lunghezza complessiva di
oltre 60 Km.

Figura 1.15. Il Second Stage Expressway.


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Le 1575 campate da 42 m. sono state realizzate in circa 5 anni; stati utilizzati 22000 conci
prefabbricati di lunghezza media 3.4 m. con sezione trasversale a cassone alta 2.4m.

Figura 1.16. La messa in opera dell’impalcato del Second Stage Expressway.

Oggi la costruzione di ponti a conci prefabbricati si è diffusa molto nell’est asiatico; in


particolare l’India ha costruito e costruirà numerosi ponti a conci per soddisfare e smaltire il
traffico stradale e ferroviario sia interno che esterno alle città. Un esempio è dato dal ponte
costruito nel 2000 sul fiume Yamuna [10], in India, costituito da 12 campate da 46.2 m. con
sezione trasversale a cassone di altezza costante 3.5 m. messo in opera con il metodo
dell’incremental launching”.

Figura 1.17. Messa in opera del ponte sul fiume Yamuna .


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Bisogna inoltre ricordare i viadotti a conci realizzati per la linea ferroviaria ad alta velocità in
Taiwan che collega la capitale Taipei con i maggiori porti del nord del paese. La linea
ferroviaria è lunga 340 Km di cui 252 Km di viadotti, 48 di tunnel e con velocità di progetto
350 Km/h [11]. I lavori sono incominciati nel 2000; alcuni dei viadotti sono stati terminati nel
dicembre 2003 e l’intera opera dovrebbe finire nel 2005.

La linea ferroviaria ad alta velocità in Taiwan.

Figura 1.18a. Le casseformi per la produzione Figura 1.18b. Alcune fasi della messa in opera di
dei conci. un viadotto a conci.

In Italia la precompressione esterna è stata introdotta inizialmente come tecnica di rinforzo per
strutture esistenti. Intorno agli anni 90 è stata utilizzata per realizzare strutture nuove come ponti
a conci prefabbricati. Un esempio è il ponte costruito sull’Adda, a Caiolo in Valtellina [12] in
sostituzione del pre - esistente travolto dalla piena dell’Adda nel 1987. Il committente dell’opera
è l’Amministrazione Provinciale di Sondrio, il progetto strutturale è del dott.ing. Giorgio
Pedrazzi e l’impresa esecutrice è la Morani S.p.A di Chiavenna. Si tratta di un ponte a tre
campate (15, 91.5,15 m.) munito di contrappesi disposti alle estremità delle due campate
laterali, come illustrato in Figura 1.19.

Figura 1.19. Il ponte sull’Adda a Caiolo – Valtellina.


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La sezione trasversale è a cassone, ad altezza variabile nella campata centrale: da 4.5 m in


corrispondenza delle pile a 2 m. in mezzeria (Figura 1.20).

Figura 1.20. Le sezioni trasversali del ponte sull’Adda a Caiolo – Valtellina.

La messa in opera è avvenuta per fasi: sono state eseguite prima le due metà della struttura ad
esclusione del tratto centrale della campata da 91.5 m (lo schema statico di questa fase è quello
di trave su due appoggi distanti 15 m e sbalzo verso la campata centrale di 35.75 m);
successivamente è stato gettato in opera il tratto mancante della campata centrale.

Figura 1.21. Sezione longitudinale e pianta dell’impalcato del ponte sull’Adda a Caiolo – Valtellina.
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Non bisogna inoltre dimenticare i viadotti a conci prefabbricati costruiti sulla autostrada A20
Palermo – Messina inaugurata il 21 dicembre 2004, come ad esempio i viadotti Marzo e Naso
[13],

Figura 1.22a. La messa in opera di un viadotto a conci dell’autostrada A20 Palermo - Messina

VIADOTTO MARZO VIADOTTO NASO

Figura 1.22b. Due viadotti dell’autostrada A20 Palermo - Messina

ed i viadotti ferroviari, come ad esempio il sistema di viadotti a conci prefabbricati realizzato


per l’interconnessione di Modena Ovest per lo scavallamento dei fiumi Secchia e Panaro [14].

In conclusione bisogna evidenziare alcuni esempi di applicazione della precompressione esterna


come tecnica di rinforzo strutturale per opere già esistenti.
E’ il caso del Roquemaure Bridge [5], sull’autostrada A9 Orange – Narbonne nei pressi di
Avignone in Francia. Si tratta di un ponte in cemento armato a 6 campate (50 m.– 4x80 m. – 50
m.) lungo complessivamente 420 m. costruito tra il 1971 ed il 1974. L’impalcato ha una sezione
trasversale aperta di larghezza 21.6 m., ad altezza variabile (5.4 m. sulle pile e 1.8 m. a metà
campata) costituita da due T. Dopo quattro anni di esercizio si sono manifestate delle fessure in
corrispondenza della sezione di mezzeria di ampiezza 8 - 10 mm., dovute all’aver trascurato, in
fase di progettazione, le dilatazioni termiche; inoltre il ricoprimento dei cavi sembrava
insufficiente.
Fu utilizzata la tecnica della precompressione esterna per rinforzare la struttura riuscendo a non
interromperne l’esercizio. Serviva una forza di precompressione di 5400 t per ripristinare la
funzionalità strutturale del ponte: furono impiegati 8 cavi, ciascuno formato da 55 trefoli da 0.5”
con una forza ultima di 917 t circa. I tubi di protezione dei cavi furono sospesi tramite degli
elementi all’impalcato ed i cavi stessi furono spinti all’interno dei tubi.
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Figura 1.23. La sezione trasversale del Roquemaure Bridge con i cavi esterni aggiunti.

Un esempio di rinforzo strutturale in Italia è quello eseguito per il viadotto S. Onofrio [15]
costruito nel 1969 in corrispondenza dello svincolo Tornimparte dell’autostrada Roma –
L’Aquila. Il viadotto è composto da sei campate (35,36,36,36,36,35) e l’impalcato è realizzato
mediante quattro travi in c.a.p ad interasse 2.8 m. con soletta in c.a di spessore 20 cm. Con il
tempo le travi di bordo si sono degradate ed invece di demolire e ricostruire il viadotto si è
optato per rinforzare la travi mediante dei cavi esterni non aderenti e ripristinare, in questo
modo, la resistenza delle travi.

Figura 1.24. Pianta dell’impalcato e prospetto del ponte S. Onofrio.


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1.3 LO STATO D'ARTE

Si parla di precompressione esterna quando i cavi sono esterni alla sezione di calcestruzzo e la
trasmissione di tensioni tra cavo e calcestruzzo avviene attraverso le testate di ancoraggio e/o
attraverso i deviatori: questo implica che l’aderenza tra cavo – calcestruzzo è di tipo puntuale,
ovvero localizzata solo in alcune sezioni. Dal punto di vista dello studio di questo tipo di
strutture, tale mancanza di aderenza tra cavo e calcestruzzo comporta una maggiore difficoltà:
infatti, mentre nel caso di cavi aderenti è corretto determinare l’incremento di deformazione nel
cavo ∆ε ps , per effetto dei carichi esterni, direttamente dal diagramma delle deformazioni sulla
sezione, effettuando un calcolo “sezionale”, in nome dell’aderenza presente tra cavo e
calcestruzzo, nel caso dei cavi non aderenti questo tipo di calcolo non è più legittimo in quanto
viene a mancare l’ipotesi di aderenza tra cavo e calcestruzzo. Bisogna, quindi, ricorrere alla
valutazione della deformabilità globale della struttura che coinvolge la congruenza tra
l’allungamento complessivo del cavo e quello della fibra di calcestruzzo al livello del cavo
stesso.
Per queste ragioni, molti degli studi sulla precompressione esterna, sviluppatisi nel XX secolo e
di cui si parlerà in questo paragrafo, sono stati incentrati sulla ricerca di una formulazione che
valuti a rottura la tensione nei cavi non aderenti f ps per una struttura in calcestruzzo
precompressa con cavi non aderenti.
L'approccio più comune, che sarà alla base di ogni formulazione e di ogni regolamento, è dato
dalla seguente espressione
f ps = f pe + ∆f ps (1.1)

dove f pe è la tensione nel cavo dovuta alla precompressione, scontata già di tutte le perdite di
carico, ed al peso proprio, e ∆f ps è l'incremento di tensione dovuto a qualunque altro carico
esterno. Nella (1.1) f pe è noto mentre ∆f ps deve essere determinato.
E’ interessante vedere come la (1.1) si sia evoluta nel tempo e particolarizzata man mano che gli
studi e le ricerche si sono approfondite: fino agli anni ’70 i parametri che intervenivano per la
valutazione di f ps a rottura erano esclusivamente la resistenza del calcestruzzo e la geometria
della sezione; negli anni ’80 si intuisce che le formulazioni di f ps devono tener conto anche del
rapporto luce – distanza del cavo dal lembo compresso di calcestruzzo L / d ps e dell’armatura
aderente.
Una delle prime formulazioni è quella basata sulla relazione che diede Baker [16] intorno al
1949 per valutare la deformazione del cavo a rottura
ε ps = ε pe + (∆ε psu ) av (1.2a)

ε ps = ε pe + λ (∆ε cps ) m (1.2b)

dove (∆ε psu )av è l'incremento medio di deformazione nel cavo dovuto ai carichi esterni; (∆ε cps )m
è il massimo incremento di deformazione nel calcestruzzo, alla fibra di un cavo equivalente
aderente, per effetto dei carichi esterni e λ = (∆ε psu )av / (∆ε cps )m è il coefficiente di compatibilità.
La tensione ultima nel cavo secondo Baker [3] è data da:
(
f ps = f pe + ∆f ps = f pe + λE ps ∆ε cps )m (1.3)

dove E ps è il modulo di Young del cavo ed avendo ipotizzato che esso rimanga in campo
elastico.
Baker suggerì per il coefficiente di compatibilità il valore λ = 0.1 .
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Qualche anno dopo, intorno al 1956, Janney, Hognestad e McHenry [17] eseguirono dei test su
travi semplicemente appoggiate precompresse con cavi non aderenti con rapporto luce –
distanza del cavo dal lembo compresso pari a 13. Sulla base dei risultati ottenuti suggerirono di
assumere λ = c / d ps dove c è la distanza dell'asse neutro dal lembo compresso e d ps è la
profondità del cavo.
Nel 1962 Warwuruk, Sozen e Siess [18] testavano 82 travi semplicemente appoggiate, di
sezione rettangolare, 41 delle quali erano precompresse con cavi non aderenti. Dalla campagna
di prove effettuate riscontrarono che i principali parametri che influenzavano il comportamento
flessionale degli elementi erano la quantità di cavi, la resistenza a compressione del calcestruzzo
ed il tipo di carico esterno. Osservarono, inoltre, che le travi che non avevano armatura aderente
sviluppavano un'unica rilevante fessura mentre quelle che avevano armatura aderente aggiuntiva
manifestavano, prima della rottura, più fessure; inoltre la tensione nei cavi non aderenti
rimaneva in campo elastico fino a rottura. Gli autori consigliarono come formulazione per
valutare la tensione del cavo f ps a rottura la seguente relazione
 ρ ps 
f ps = f pe +  30000 − ' × 1010  psi (1.4a)
 fc 
f pe ≤ 0.6 f pu (1.4b)

dove ρ ps = A ps / bH tiene conto della quantità dei cavi e f c' è la resistenza a compressione del
calcestruzzo.
Il regolamento di riferimento americano, l'ACI Building Code [1], nel 1963, suggeriva la
seguente espressione per valutare la tensione nel cavo a rottura
f ps = f pe + 15ksi (1.5a)
f ps = f pe + 105MPa (1.5b)

che appariva più conservativa rispetto alla (1.4a). Nelle versioni successive del 1971 - 1977
l'ACI Building Code suggeriva, invece, la seguente relazione [1]
f c'
f ps = f pe + + 10000 psi (1.6a)
100ρ ps

f ps ≤ f pe + 60000 (1.6b)

che rappresenta il limite inferiore della formulazione che suggerirono nel 1971 Mattock,
Yamazaki e Kattula [19]. Questi ultimi, infatti, effettuarono test su 7 travi semplicemente
appoggiate e su 3 travi continue su due campate con rapporto fisso luce - distanza del cavo dal
lembo compresso di 33.6. Le conclusioni a cui arrivarono gli autori furono le seguenti:
a) la formulazione suggerita dall'ACI 318 nel 1963 (equazione 1.4a e 1.4b) sottostimava di
circa il 30% la tensione ultima nei cavi f ps ;
b) la formulazione fornita dall'ACI Building Code nel 1971 (equazione 1.5a) rappresentava in
maniera soddisfacente il comportamento dei cavi non aderenti nel caso di travi
semplicemente appoggiate;
c) la distribuzione e la larghezza delle fessure che si manifestavano nelle travi precompresse a
cavi non aderenti, prive di armatura di rinforzo, apparivano molto simili a quelle apparse
nelle travi precompresse con cavi aderenti in cui era presente l'armatura aderente.
CAPITOLO 1 26

Alla luce dei risultati ottenuti, Mattock, Yamazaki e Kattula proposero la seguente relazione, di
carattere sperimentale, per valutare f ps :
1.4 f c'
f ps = f pe + + 10000 psi (1.7)
100ρ ps

Come si può notare tutte le formulazioni proposte fino agli anni '70 mostrano la dipendenza di
f ps solo dalla resistenza a compressione del calcestruzzo f c' , dalla quantità dei cavi ρ ps e dalla
tensione f pe dovuta alla precompressione ed al peso proprio.
Nel 1978 Mojtahedi e Gamble [20], mettendo a confronto i risultati di prove effettuate su travi
semplicemente appoggiate, travi continue e piastre, tutte precompresse con cavi non aderenti ed
aventi differenti rapporti luce – distanza del cavo dal lembo compresso, notarono come
quest'ultimo parametro contribuisse in maniera significativa ad aumentare ∆f ps tanto che
facendo variare L / d ps fra 10 e 50 si produceva un incremento di ∆f ps di circa 50 psi (345
MPa).
La dipendenza indiretta dal parametro L / d ps fu introdotta nelle prescrizioni dell'ACI Building
Code nell'edizione del 1983 [21] in cui la formulazione consigliata nella versione precedente del
1977 (equazioni 1.6a e 1.6b) veniva limitata agli elementi strutturali precompressi con cavi non
aderenti, con rapporto L / d ps ≤ 35 , avendo Mojtahedi e Gamble dimostrato con le loro prove
che l’equazione (1.6a) sovrastimava f ps per alti valori di L / d ps ; per gli elementi con
L / d ps f 35 , l’ACI 318/83 suggeriva un'altra formulazione. Le prescrizioni complete del
regolamento americano nell’edizione dell’83 erano, pertanto, le seguenti:
f c' 
f ps = f pe + + + 10000 psi ≤ f py  L
100 ρ ps  per < 35 (1.8)
 d ps
f ps ≤ f pe + + 60000 psi 

f c' 
f ps = f pe + + + 10000 psi ≤ f py  L
300 ρ ps  per f 35 (1.9)
 d ps
f ps ≤ f pe + + 30000 psi 
Gli studi sul comportamento degli elementi precompressi con cavi non aderenti non furono un
fenomeno circoscritto all'America; anche l'Europa diede i suoi contributi. Qualche anno prima
di Mojtahedi e Gamble, nel 1969 circa, Pannell [22] condusse degli studi sia analitici che
sperimentali per comprendere a fondo l'incidenza del parametro L / d ps sulla tensione nel cavo a
rottura per un elemento precompresso con cavi non aderenti. Pannell testò 38 travi ed in base ai
risultati ottenuti diede una formulazione per la valutazione di f ps assumendo come ipotesi che:
a) i cavi rimanessero in campo elastico;
b) a rottura prevalesse il comportamento di sezione rettangolare ovvero che l’asse neutro fosse
molto alto e quindi, per una sezione a T, tagliasse l’ala superiore ;
c) la deformazione dovuta alla precompressione ed al peso proprio fosse trascurabile.
Definì l'incremento di deformazione nel calcestruzzo ∆ε cps alla fibra dei cavi da precompressione
nel seguente modo
∆l
∆ε cps = (1.10)
Lp
CAPITOLO 1 27

dove L p è la lunghezza di cerniera plastica nella fase di rottura e ∆l è l'allungamento nel


calcestruzzo, in corrispondenza della fibra dei cavi, misurata nella zona plasticizzata. Dai test
eseguiti Pannell suggerì di assumere L p = 10.5c dove c è la distanza dell'asse neutro dal lembo
compresso all'istante della rottura. Sfruttando la congruenza e l'equilibrio arrivò a dare la
seguente formulazione:
 A f  
  ps pe  + λ 
  bd ps f c'  
 
f c'  
 λ 
 1 + 
α
 
 
f ps = (1.11a)
ρ ps

ψρ psε cu E ps d ps
λ= (1.11b)
Lf c'

dove:
- Aps è l'area dei cavi;
- ψ = 10.5 ;
- ρ ps tiene conto della quantità di cavi;
- ε cu è la deformazione ultima del calcestruzzo;
- E ps è il modulo di Young del cavo;
- d ps è la distanza del baricentro dei cavi dal lembo compresso del calcestruzzo;
- f c' è la resistenza a compressione del calcestruzzo;
- α = 0.85β1 se si considera la resistenza cilindrica a compressione del calcestruzzo
α = 0.68β1 se si considera la resistenza cubica a compressione del calcestruzzo, dove β1 è il
coefficiente di riduzione delle tensioni, prescritto dall'ACI Building Code, quando a rottura si
adotta, come diagramma delle tensioni per il calcestruzzo, lo stress block.
L'equazione (1.11a) non presentava la dipendenza di f ps dall'armatura dolce e fu adottata come
formulazione di riferimento dal British Code per la valutazione della tensione nel cavo a rottura
nel caso di cavi non aderenti. In un lavoro successivo di Pannell con Tam [23], vennero testate 8
travi precompresse con cavi non aderenti, rinforzate con armatura aderente, sottoposte ad una
forza concentrata nella sezione di mezzeria. Sotto questo carico le travi presentavano della
fessure diffuse simili a quelle riscontrate in alcuni test effettuati su travi a cavi aderenti e
rinforzate da armatura aderente. Sulla base dei risultati ottenuti gli autori modificarono
l'equazione (1.11a) portando in conto gli effetti dovuti all'armatura dolce ed arrivarono alla
seguente definitiva formulazione:
 A f   As f y  
  ps pe  + λ  λ 
  bd ps f c' 
' 
 bd ps f c'  
  
fc  −
 λ α +λ 
1+
 α 
  (1.12)
f ps = 
ρ ps

dove ai parametri già descritti in precedenza si aggiunge:


- As area di armatura di rinforzo;
- f y tensione di snervamento dell'armatura di rinforzo.
CAPITOLO 1 28

In un lavoro del 1982, Elzanaty e Nilson [24] studiarono l'effetto della variazione della forza
iniziale di precompressione sulla resistenza flessionale ultima di travi in calcestruzzo
precompresse con cavi non aderenti e armature di rinforzo. I test furono condotti su due serie di
travi: la serie U costituita da travi "under - reinforced" ovvero poco rinforzate e la serie O
costituita da travi "over - reinforced" cioè travi molto rinforzate con armatura dolce. Gli autori
arrivarono alle seguenti conclusioni:
a) la serie U e la serie O mostrano ottima duttilità a rottura;
b) aumentando la precompressione nella serie O aumenta il momento ultimo e ∆f ps rimane
costante per tutte le travi appartenenti a tale serie;
c) la presenza di armatura di rinforzo aderente determina fessure distribuite;
d) la formulazione adottata dall'ACI 318/77 (equazione 1.4a) per valutare f ps appare
conservativa per la serie O e non conservativa per la serie U;
e) è opportuno rivedere la formulazione dell'ACI Code per inserire una esplicita dipendenza di
f ps da alcuni parametri fondamentali quali il rapporto L / d ps , la profondità dell’asse
neutro, l’armatura aderente.
In un lavoro del 1985 Du e Tao [25] riportarono i risultati di prove effettuate su 22 travi,
caricate con due forze concentrate, per valutare gli effetti dell'armatura di rinforzo sulla tensione
ultima nei cavi f ps . La campagna di prove fu eseguita su travi con rapporto L / d ps pari a 19.1 e
furono variati la resistenza a compressione del calcestruzzo e la quantità dei cavi e dell'armatura
di rinforzo. Alla luce dei risultati ottenuti gli autori proposero la seguente formulazione per
valutare la tensione nel cavo a rottura f ps :
278.46
f ps = f pe + 114 − ( As f y + Aps f pe )ksi (1.13a)
bd s f c'

1920
f ps = f pe + 786 − ( As f y + Aps f pe ) MPa (1.13b)
bd s f c'

con le restrizioni
 As f y + Aps f pe 
  ≤ 0.3
 bd s f c' 
 
0.55 f py ≤ f pe ≤ 0.65 f py (1.13c)
f ps ≤ f py

dove:
- f py è la tensione di snervamento dei cavi;
- d s è la profondità dell’armatura aderente.

Successivamente, in un lavoro del 1989, Chakrabarti e Whang [26] riportarono i risultati dei test
effettuati su 8 travi precompresse con cavi non aderenti, rinforzate con armatura dolce e con
rapporto fisso L / d ps pari a 21. Dalle prove eseguite fecero le seguenti osservazioni:
a) l'armatura di rinforzo risultava snervata a rottura;
b) la rottura di tutte le travi è dovuta allo schiacciamento del calcestruzzo;
CAPITOLO 1 29

ρ ps f ps ρs f y
c) a parità di quantità di armatura di rinforzo ω (con ω = + ), la tensione nel cavo
f c' f c'
aumenta al diminuire del rapporto parziale di precompressione PPR con
A ps f ps
PPR = ;
A ps f ps + As f y
d) diminuendo l'indice ω aumenta ∆f ps ;
e) c'è l'esigenza di modificare la formulazione dell'ACI/83 per valutare la tensione nel cavo a
rottura f ps inserendo esplicitamente la dipendenza dall'armatura di rinforzo.
Nello stesso anno Chouinard [27], nella sua tesi di master, descriveva i test effettuati su 6 travi
precompresse con cavi non aderenti, caricate con due forze concentrate. Delle sei travi, cinque
erano molto rinforzate. Chouinard notò che l'aggiunta di un significante quantitativo di armatura
di rinforzo determinava una riduzione del valore di f ps . Anche Chouinard notò che le fessure
tendevano a distribuirsi quando nella trave era presente l'armatura di rinforzo.
Più tardi, in un lavoro pubblicato sull'ACI Journal del 1990, Harajli [28] descrisse i test
effettuati per studiare gli effetti del tipo di carico e del rapporto L / d ps sulla tensione nel cavo a
rottura f ps . Harajli arrivò a dare la seguente formulazione per valutare f ps :
 f c' 
f ps = f pe + 10000 + (0.4 + 8 ) (1.14a)
 100 ρ ps  L / d ps
 

con le seguenti limitazioni


f ps ≤ f py
(1.14b)
f ps ≤ f pe + 60000

Harajli specificò che la (1.14a) risultava conservativa per le travi semplicemente appoggiate
caricate con due forza concentrate o con un carico distribuito.
In un successivo lavoro pubblicato sull'ACI Journal nel 1991 [29], Harajli e Kani effettuarono
delle prove su 26 travi con tre differenti percentuali di cavi, due differenti percentuali di
armatura di rinforzo, tre differenti rapporti L / d ps (20, 13, 8). Per ogni gruppo furono effettuate
prove sia per lo schema di trave appoggiata caricata con un singola forza concentrata sia per lo
schema di trave appoggiata caricata con due forze concentrate.
I test sperimentali effettuati dimostravano che:
a) la tensione nei cavi non aderenti a rottura dipende principalmente dalla quantità di cavi e di
armatura aderente presente;
b) a parità degli altri parametri, aumentando il rapporto L / d ps da 8 a 20 si ha un decremento
di ∆f ps di circa il 35%;
c) il tipo di carico applicato non influisce sulle deformazioni ultime e sulle caratteristiche a
rottura della struttura.
Sulla base dei test effettuati suggerirono la seguente formulazione analitica per valutare f ps :
Aps f pe + As f y
f ps = f pe + γ o f pu (1 − 3 ) (1.15a)
bd ps f c'

o in termini di parametri adimensionali


f pe ds
f ps = f pe + γ o f pu (1 − 3[ ρ ps + ωs ]) (1.15b)
f c' d ps

dove
CAPITOLO 1 30

no 2.5
- γo = (0.12 + ) in cui n0 è la lunghezza complessiva delle campate caricate, n è la
n S / d ps
lunghezza complessiva dei cavi fra le testate di ancoraggio, S è la luce della trave, d ps è la
profondità del cavo;
- f pu è la resistenza ultima dei cavi di precompressione;
- d s è la profondità dell'armatura di rinforzo aderente rispetto al lembo compresso di
calcestruzzo;
A ps
- ρp = indica la percentuale geometrica dei cavi;
bd ps
As
- ωs = indica la percentuale geometrica di armatura di rinforzo.
bd ps
Gli autori conclusero che la (1.15a) interpretava i risultati dei test sperimentali eseguiti meglio
della formulazione suggerita dall'ACI Building Code e della formulazione suggerita da Tam e
Pannell (equazione 1.12). Gli autori proposero di sostituire l'equazione (18-4) e (18-5) dell'ACI
Building Code con la (1.15a) in quanto quest'ultima:
a) tiene conto dell'armatura aderente di rinforzo;
b) tiene conto della dipendenza di f ps dal rapporto L / d ps superando la discontinuità che
presenta la formulazione (1.8) dell'ACI Building Code per L / d ps = 35 ;
c) recepisce la dipendenza di f ps dalla deformabilità globale della struttura e non solo dalla
sezione trasversale;
d) tiene conto della realtà progettuale secondo la quale per una trave continua non tutte le
campate possono essere caricate.
Tale formulazione mostra però il limite, come osserveranno alcuni anni dopo Lee, Moon e Lim
in un articolo pubblicato sull'ACI journal del 1991 [30], di non avere la dipendenza dal tipo di
carico applicato.

In un articolo presentato nel 1991 sull'ACI Structural Journal [31], i due autori canadesi,
Champell e Chouinard, riportavano i risultati di test effettuati su 6 travi di sezione rettangolare,
precompresse con cavi non aderenti e armatura aderente, per studiare gli effetti dell'armatura
aderente sulla tensione nel cavo a rottura f ps . In base ai risultati ottenuti dai test gli autori
giunsero alle seguenti conclusioni:
a) la tensione f ps nei cavi decresce all'aumentare della quantità di armatura aderente di
rinforzo che si dispone nella sezione trasversale;
As f y A ps f pe
b) l'indice q o = + è un buon parametro per valutare la tensione nel cavo a
bd s f c bd ps f c'
'

rottura f ps ;
c) il “Canadian Code” recepisce la diminuzione di ∆f ps in seguito all'aumento di area di
armatura aderente di rinforzo ma sottostima il valore di ∆f ps di circa il 50%;
d) La formulazione adottata dall'ACI Building Code 318/89 (equazioni 1.8 e 1.9) non risulta
appropriata per le travi precompresse con cavi non aderenti e con armatura aderente di
rinforzo perchè non tiene conto proprio di quest'ultima.

Importante fu il lavoro di Naaman e Alkhairi [32], pubblicato sull'ACI Building Code del
1991. Gli autori propongono e descrivono una nuova metodologia per il calcolo di f ps .
CAPITOLO 1 31

La metodologia è basata, sostanzialmente, sulla possibilità di calcolare f ps per un cavo non


aderente valutando la tensione a rottura nell’equivalente cavo aderente ed applicando un
coefficiente riduttivo Ω per tener conto della mancanza di aderenza.
La formulazione proposta dai due autori è quindi:
 d ps 
f ps = f pe + Ω u E ps ε cu  − 1 (1.16)
 c 
dove Ω u = (∆ε psu ) m /( ∆ε psb ) m rappresenta il rapporto a rottura tra l'incremento di deformazione
nel cavo (∆ε psu ) m per effetto dei carichi esterni e l’incremento di deformazione nell’equivalente
cavo aderente (∆ε psb ) m , valutati entrambi nella sezione più sollecitata.
Il coefficiente Ω , in generale, assume varie formulazioni a seconda che si voglia valutare la
tensione nei cavi in fase pre - fessurativa (uncracked state) o in fase limite (ultimate state). Nel
primo caso si fa riferimento al coefficiente Ω cr definito in generale nel seguente modo:
Lc / 2
I 2 I ∆M ( x ) e 0 ( x )
Ω cr = Ω cr + (1 − cr )
Ig L Ig ∫0
∆M max ( x)e 0, max ( x)
dx (1.17)

dove
- I cr è il momento d’inerzia della sezione fessurata;
- I g è il momento d’inerzia dell’intera sezione reagente;
- Lc è la larghezza della fessura o della zona con fessure diffuse;
- e0 ( x) è l’eccentricità dei cavi nella generica sezione di ascissa x;
- e0,max ( x) è l’eccentricità dei cavi nella sezione critica;
- ∆M (x) è la variazione di momento dovuto al carico esterno nella generica sezione di ascissa x;
- ∆M max ( x) è la variazione di momento nella sezione critica.
Per Lc << L la (1.17) si semplifica in:
I cr
Ω cr = Ω (1.18)
Ig

dove l’espressione per valutare Ω è tabellata in funzione del tipo di carico e del tracciato del
cavo: manca la dipendenza dal rapporto L / d ps . Tale dipendenza compare nella fase limite in
cui il coefficiente Ω u della (1.16) assume i valori di seguito riportati, stabiliti sulla base dei
risultati ottenuti da prove sperimentali su travi con 7 < L / d ps < 45 :
2.6
Ωu = nel caso di unica forza concentrata nella sezione di mezzeria; (1.19a)
L / d ps

5 .4
Ωu = nel caso di due forze concentrate o di un carico distribuito; (1.19b)
L / d ps

La (1.16) fu adottata dalle AASHTO nel 1995.


Successivamente, la (1.16) fu proposta nella seguente forma per sostituire la relazione (18-5)
dell’ACI Building Code [33]:
 d ps L
f ps = f pe + Ω u E ps ε cu  − 1 1 (1.20)
 c  L2
CAPITOLO 1 32

con
1.5
Ωu = nel caso di unica forza concentrata nella sezione di mezzeria; (1.20a)
L / d ps

3
Ωu = nel caso di due forze concentrate o di un carico distribuito; (1.20b)
L / d ps

dove
- L1 è la somma delle campate caricate in cui sono presenti i cavi considerati;
- L2 è la lunghezza dei cavi tra gli ancoraggi.

Nel 1994 Chakrabarti et al. pubblicarono in [34] i risultati di una campagna di test effettuati su 4
gruppi di travi per un totale di 33 travi semplicemente appoggiate, precompresse con cavi non
aderenti, con e senza armatura aderente di rinforzo. Gli autori conclusero che l'ottenimento di un
livello di duttilità, di un elevato carico di collasso e di un buon comportamento strutturale, tra la
fessurazione ed il collasso, di una trave precompressa con cavi non aderenti e rinforzata con
armatura aderente, è legato all'adozione di opportuni valori per i seguenti parametri:
- indice di rinforzo w definito come
A ps f ps As f y
w= + (1.21)
bd ps f c' bd s f c'

- rapporto di parziale precompressione PPR definito come


A ps f ps
PPR = (1.22)
A ps f ps + As f y

Gli autori consigliarono per i due parametri i seguenti valori:


w = 0.1 ÷ 0.25 ( w = 0.075 ÷ 0.2 per travi a T)
PPR = 0.25 ÷ 0.7
perchè un valore elevato di PPR determinerebbe una grande fessura nella zona di trazione della
trave ed un valore elevato di w causerebbe lo schiacciamento del calcestruzzo nella zona di
compressione della trave. Le conclusioni a cui giunsero gli autori furono le seguenti:
a) Mantenendo w e PPR negli intervalli suggeriti ed utilizzando calcestruzzi ad elevata
resistenza, si nota un miglioramento nel comportamento complessivo della struttura;
b) Per valori di L / d ps f 35 un piccolo aumento di As determina un notevole incremento del
carico di collasso ma non sempre migliora la duttilità;
c) L'effetto dovuto alla variazione della tensione iniziale f pe non sembra migliorare in
maniera decisiva il comportamento globale della trave; comunque un aumento di f pe
determina un decremento di ∆f ps .
In base ai risultati dei test presentati in questo articolo e di quelli ottenuti nei test effettuati da
Du e Tao [25], Harajli e Kanj [29], Chakrabarti propone in [35] la seguente formulazione per
valutare f ps
f pe + 10000 + A
f ps = psi (1.23)
(1 − B )
dove
CAPITOLO 1 33

f c' d ps 60000  ρs 
- A= × × × 1 +  ≤ 20000 psi ;
100 ρ s d s fy  0.025 

r × f c'
- B= ≤ 0.25
100 × ρ p × f pe
L
dove r = 1 per ≤ 33 e
d ps
L
r = 0.8 per f 33 ;
d ps
e con i seguenti limiti:
L
f ps = f pe + 60000 per ≤ 33
d ps

L
f ps = f pe + 40000 per f 33
d ps

Chakrabarti riscrisse la (1.23) per elementi strutturali sottili senza armatura aderente di rinforzo
(ovvero per ρ s = 0 e L / d ps f 33 ) nel seguente modo:
( )
f ps mod ificata = f pe + f ps ( Eq.(1.22) − f pe × 0.65 (1.24)
in altre parole:
f ps mod ificata = f pe + 0.65 × ∆f ps (1.24a)

A conclusione del lavoro Chakrabarti suggerisce di adottare f pe = 0.5 ÷ 0.6 f pu .


Successivamente, Aparicio e Ramos, entrambi dell'università di Barcellona, presentarono in
[36] uno studio analitico basato su un modello numerico agli elementi finiti suggerendo dei
valori opportuni per valutare ∆f ps . Studiarono sia impalcati di ponte appoggiati che continui ed
arrivarono alle seguenti conclusioni:
• per ponti costituiti da impalcati semplicemente appoggiati la tipologia della sezione
trasversale incide in maniera determinante sull'aumento di tensione nei cavi infatti
confrontando una sezione aperta, costituita da due T, ed una chiusa a cassone notarono che
la prima produce un incremento ∆f ps dieci volte superiore alla seconda, mentre il rapporto
L / d ps e la quantità di armatura aderente non incidono in maniera significativa.
• per ponti con impalcato continuo sugli appoggi il parametro che incide maggiormente è la
lunghezza dei cavi misurata tra i due ancoraggi: maggiore è tale lunghezza e minore risulta
l'incremento di tensione nei cavi ∆f ps . La quantità di armatura di rinforzo non sembra dare
effetti significativi mentre la vicinanza dei deviatori alla sezione di momento massimo può
produrre incrementi di ∆f ps .
Alla luce dello studio eseguito gli autori suggerirono i seguenti valori da adottare per ∆f ps :
a) per ponti con impalcati a travi monolitiche appoggiate e per ponti a conci con sezione a
cassone:
∆f ps = 108MPa (1.25a)

b) per ponti con impalcati a travi monolitiche con sezioni a doppio T:


∆f ps = 122.5MPa (1.25b)
CAPITOLO 1 34

c) per ponti con impalcati continui a conci con sezione a cassone:


∆f ps = 39 MPa (1.25c)

Tre anni dopo, in un articolo pubblicato sull'ACI Structural Journal del 1999 [30], Lee et al.
proseguono la metodologia della "congruenza delle deformazioni" (strain compatibility method)
utilizzata da Harajli nel 1990 e Naaman - Alkhairi nel 1991 e suggeriscono la seguente
formulazione:

 

f ps = 10000 + 0.8 f pe +
1 (A
'
s )
− As f y
+ 80
ds f c'

1 + 1 

(1.26)
15 A ps d ps ρ p f L 
 
 d ps 

dove f è il parametro che tiene conto del tipo di carico applicato e vale:
- 10 per 1 forza concentrata in mezzeria;
- 3 per 2 forze concentrate o per un carico distribuito.
Tale formulazione ha, quindi, una base teorica ed i coefficienti di ciascun termine sono stati
determinati mediante l'analisi delle regressioni utilizzando i risultati di 167 test effettuati da 13
ricercatori fra il 1956 e 1997 .Gli autori evidenziano che la (1.26):
• considera la tensione nel cavo f pe , dovuta al peso proprio ed alla precompressione, un vero
e proprio parametro, infatti se la (1.25) viene scritta in termini di ∆f ps = f ps − f pe , ∆f ps
dipende ancora da 0.2 f pe ;
• tiene conto dell'armatura di rinforzo aderente mentre la formulazione dell'ACI Building
Code ignora questo parametro.
Per arrivare alla (1.26) gli autori hanno ipotizzato, nella zona fessurata della trave, una
distribuzione ideale delle curvature ovvero hanno supposto che tale distribuzione fosse costante
per una lunghezza pari a L0 da valutare secondo la seguente relazione

L0 1 1
= + (1.27)
L f L / d ps

La (1.27) subordina la lunghezza L0 alla tipologia di carico (tramite f ) ed alla geometria della
trave (tramite il rapporto L / d ps ). La formulazione di Lee, Moon, Lim viene criticata da
Naaman et al. in [33] per le seguenti motivazioni:
- non mantiene la tradizionale formulazione f ps = f pe + ∆f ps ;
- contiene numerosi termini ed utilizza il coefficiente f che deriva dalla formulazione di
Harajli del 1991;
- non ottiene una precisione maggiore della formulazione di Naaman - Alkhairi (1.16).
Nel 1999 l’ACI Building Code propone la seguente relazione
f c' L
f ps = f pe + 70 + per ≤ 35
100 ρ ps d ps

f c' L
f ps = f pe + 70 + per > 35 (1.28)
300 ρ ps d ps
CAPITOLO 1 35

che Chee Khoon Ng, in un articolo pubblicato sull'ACI Structural Journal [37] definisce
eccessivamente conservativa. Nello stesso articolo l’autore dimostra come la tensione nel cavo a
rottura f ps sia indipendente dal rapporto L / d ps ; riprende, inoltre, il filone di studi eseguiti da
Naaman e propone una nuova formulazione per valutare il coefficiente Ω u , diversa da quella
fornita in [33] (equazioni 1.19a e 1.19b):
L s d sp 0
Ω u = [0.895 − 1.364( )]( ) − ks (1.29)
L H
dove
- Ls è la distanza tra le forze applicate e gli appoggi;
- L è la lunghezza complessiva della trave;
- d ps 0 è la profondità iniziale dei cavi;
- H è l’altezza della trave;
- k s assume i seguenti valori:
Sd S
k s = 0.0096 per d ≤ 15 (1.29a)
d ps 0 d ps 0

Sd
k s = 0.144 per > 15 (1.29b)
d ps 0

L’autore evidenzia che la (1.28) tiene conto non solo del tipo di carico ma anche dello
spostamento relativo tra cavo e calcestruzzo, legato agli effetti del secondo ordine, scegliendo
come parametro il rapporto S d / d ps 0 dove S d è la distanza tra i deviatori.

Le tabelle 1.1 e 1.2 di seguito riportate riassumono il susseguirsi delle formulazioni descritte in
questo paragrafo.
CAPITOLO 1 36

Tabella 1.1 . L’evoluzione delle formulazioni per f ps date dai vari autori.

N° AUTORE ANNO FORMULAZIONE PARAMETRI

1 BAKER 1949 f ps = f pe + λE ps ∆ε cps ( )m (


f pe , E ps , λ , ∆ε cps )m
WARWARUCK, SOZEN,  ρ ps 
2 1962 f ps = f pe +  30000 − ' × 1010  psi f pe , ρ ps , f c'
SIESS  fc 
 

3 ACI 318 1963 f ps = f pe + 105MPa f pe

 A ps f pe 
 +λ
 bd f ' 
4 PANNEL 1969 fc'  ps c 
ρ ps , f c' , ε cu , E ps , d ps / L
f ps = 1+ λ / α
ρ ps

MATTOCK,YAMAZAKI, 1.4 fc'


5 1971 f ps = f pe + + 10000 psi f pe , ρ ps , f c'
KETTOLA 100ρ ps

 A ps f pe   As f y 
 +λ  λ
 bd f '   bd f ' 
f c'    
ps c ps c
6 TAM, PANNEL 1976 − f pe , b, Aps , As , d ps , f c' , f y , ε cu , E ps , d ps / L
f ps = 1 + λ /α α +λ
ρ ps

f c'
7 ACI 318 1977 f ps = f pe + + + 10000 f pe , ρ ps , f c'
100 ρ ps

f c'
8 ACI 318 1983-1989 f ps = f pe + + + 10000 psi f pe , ρ ps , L / d ps , f c'
µρ ps
CAPITOLO 1 37

1920
9 DU, TAO 1985 f ps = f pe + 786 − ( As f y + Aps f pe ) MPa f pe , b, d s , Aps , As , f c' , f y
bd s f c'

 f c'  
10 HARAJLI 1990 f ps = f pe + 10000 +  0.4 + 8  f pe , ρ ps , L / d ps , f c'
 100 ρ ps  L / d ps 
 

  Aps f pe + As f y  
 
11 HARAJLI E KANJ 1991 f ps = f pe + γ 0 f pu 1 − 3 f pe , Aps , As , b, d ps , f c' , f y , S / d ps , n0 / n
  bd f '  
  ps c 

 d ps L f pe , Ω u , ε cu , E ps , d ps / c, L / d ps , L1 / L
12 NAAMAN ALKHAIRI 1991 f ps = f pe + ΩE ps ε cu  − 1 1
 c  L2
f pe + 10000 + A d ps L
13 CHAKRABARTI 1995 f ps = f pe , ρ ps , ρ s , , , f c' , f y
(1 − B ) ds d ps

f c' f c'
14 ACI 318 1999 f ps = f pe + 70 + opp. f ps = f pe + 70 + f pe , ρ ps , f c'
100 ρ ps 300 ρ ps

15 LEE, MOON, LIM 1999 f ps = 10000 + 0.8 f pe +


(
'
1 As − As f y )
d f' 1
+ 80 s c  +
1 

f pe , Aps , As' , As , ρ ps , f c' , f y , L / d ps , f , d s / d ps
15 Aps d p ρ p  f L / d ps 

 d ps  L d sp 0 d ps L1
16 CHENN - KHOON NG 2003 f ps = f pe + Ωu E psε cu  − 1 Ω u = [0.895 − 1.364( s )]( ) − ks Ω, ε cu , ,
 c  L H c L2
CAPITOLO 1 38

1.4 LA NORMATIVA

Gli studi relativi all’analisi della risposta di una struttura precompressa con cavi non aderenti
sono ancora in corso e, poiché spesso le normative hanno adottato formulazioni ottenute dagli
studi svolti, ne deriva che le prescrizioni o suggerimenti delle normative, relativamente ai cavi
non aderenti, sono in continuo aggiornamento.
Di seguito si riassumono le prescrizioni o suggerimenti riportati da alcune delle principali
normative mondiali relativamente alla valutazione della tensione nei cavi a rottura.

NORMATIVA EUROPEA
La normativa della Comunità europea a cui si fa riferimento è l’Eurocodice 2 [39], in cui si
danno le regole generali per la progettazione di strutture in calcestruzzo. In particolare la parte
1-5 dell’Eurocodice 2 è dedicata esclusivamente alle strutture precompresse con cavi collocati
all’interno ”dell’inviluppo della struttura di calcestruzzo”[40]. La sezione 4.3.1 sugli stati limite
ultimi per flessione e forza longitudinale fanno distinzione tra cavi esterni e cavi interni non
aderenti: per i primi si prescrive di valutare l’allungamento del cavo come la somma del pre –
allungamento e della deformazione media del calcestruzzo tra due successivi punti di
ancoraggio. Nel caso in cui si effettui la verifica di una sezione, basata su un’analisi lineare,
l’incremento della deformazione del cavo deve essere trascurato. Relativamente ai cavi interni
non aderenti, al punto 4.3.1.5 si precisa che in assenza di qualunque richiesta specifica di
verifiche allo stato limite ultimo per flessione e forze longitudinali, per normali edifici, si può
assumere che l’incremento di tensione, per cavi di lunghezza non superiore ad una singola
campata, sia pari a 1000 Kg / cm 2 . Qualora la lunghezza di cavi sia maggiore, questo valore deve
essere ridotto tenendo conto del numero di campate e dei carichi agenti.

NORMATIVA INGLESE
La normativa inglese a cui si può fare riferimento è:
• BS 5400 [41] :è la normativa che regolamenta la progettazione dei ponti in calcestruzzo,
acciaio e a struttura mista ;
• BD 58/94 parte 9 [42]: si applica ai ponti stradali ed alle strutture precompresse con cavi
esterni e non aderenti. Lo scopo di tale normativa è di fornire delle prescrizioni per la
progettazione di strutture stradali precompresse con cavi non aderenti. Tale normativa
aggiunge alcune richieste alla parte 4 delle BS 5400 [41] introducendo delle clausole e delle
modifiche ad alcune prescrizioni già esistenti per la progettazione di strutture in cemento
armato precompresso con cavi aderenti post – tesi. I criteri di progetto introducono un
controllo per assicurarsi che il collasso delle strutture precompresse con cavi non aderenti
non avvenga a causa di rotture locali. In particolare viene aggiunta una clausola secondo
cui, a rottura, la deformazione nei cavi può essere valutata eseguendo un’analisi non lineare.
In questo caso vanno effettuati dei controlli per assicurarsi che le convenzionali assunzioni
di carattere conservativo, tra cui il non considerare la resistenza a trazione del calcestruzzo,
non abbiano come conseguenza l’aumento della deformazione nel cavo e, quindi, della
resistenza ultima.
• BA 58/94 [43]: dà alcune prescrizioni rispetto al progetto di strutture in precompresso con
cavi non aderenti, alla loro manutenzione e ripristino (con rimandi alle leggi BD 57 [44] e
BA 57 [45]).
CAPITOLO 1 39

NORMATIVA TEDESCA
In Germania le DIN 4227 [46], Parte 1 e 5 rappresentano la normativa di riferimento per la
precompressione totale e parziale a cavi aderenti [47].
In Germania non esiste ancora una normativa specifica per strutture precompresse con cavi non
aderenti. Le autorità hanno invitato gli esperti a dare delle formulazioni sulla base delle loro
esperienze[48].
In [49], inerentemente alle formulazioni suggerite dalle varie normative per la valutazione
dell’incremento di tensione nei cavi non aderenti ∆f ps , si attribuisce la seguente espressione alla
normativa tedesca:
∆L
∆f ps = E ps ( ) (1.30)
L
d ps
con ∆L = riportando come riferimento bibliografico [46].
17

NORMATIVA SVIZZERA
In [49] si attribuisce la seguente espressione alla normativa svizzera per la valutazione di ∆f ps :
d ps
∆f ps = 0.075E ps ( ) (1.31)
L
riportando come riferimento bibliografico [50].

NORMATIVA AMERICANA
Per quel che riguarda la normativa americana bisogna fare riferimento alle AASHTO LRFD
Bridge Construction Specifications e all’ACI Building Code.
L’articolo 5.7.3.1.2 della sezione 5 delle AASHTO [51], intitolato “Components with Unbonded
Tendons”, suggerisce come espressione per valutare la tensione a rottura in un cavo non
aderente, avendo assunto per le tensioni di compressione un diagramma a “stress block”, la
seguente relazione:
 d ps − c 
f ps = f pe + 6300  ≤ f py
 (1.32)
 le 
con
 2li 
- l e , lunghezza effettiva del cavo pari a le =   dove li rappresenta la lunghezza dei

 2 + Ns 
cavi tra le sezioni di ancoraggio;
- N s numero di deviatori presenti in questo tratto.
- c profondità dell’asse neutro che nel caso di cavo snervato assume le seguenti forme:
• Per sezioni con comportamento a T
A ps f ps + As f y − As' f y' − 0.85β 1 f c' (b − bw )h f
c= (1.33)
0.85 f c' β 1b w
CAPITOLO 1 40

• Per sezioni con comportamento a sezione rettangolare


A ps f ps + As f y − As' f y'
c= (1.34)
0.85 f c' β 1b
Il capitolo 18 dell’ACI Building Code [52] suggerisce la seguente formulazione per valutare la
L
tensione a rottura nei cavi non aderenti per una trave con ≤ 35 :
d ps

 f c' 
f ps = f pe + 70 +   ≤ f py (1.35)
 100 ρ ρs 
 

NORMATIVA CANADESE
Analogamente a quanto detto per la normativa tedesca e svizzera, in [49] si attribuisce la
seguente espressione alla normativa canadese per la valutazione di ∆f ps riportando come
riferimento bibliografico [53]
5000
∆f ps = (d ps − c y ) (1.36)
Le

dove c y è la distanza dell’asse neutro dal lembo compresso della sezione supponendo che la
tensione del cavo sia pari alla tensione di snervamento. In [49] non viene specificato il
significato di Le . Data la somiglianza con la formulazione delle AASHTO (eq.(1.32)) si è
portati a pensare che Le dipenda dalla lunghezza dei cavi tra due ancoraggi o tra due deviatori.

NORMATIVA GIAPPONESE
In Giappone non esiste una normativa unica ed ufficiale per il calcolo di strutture precompresse
con cavi non aderenti: in altre parole esistono alcuni enti che hanno creato delle normative da
adottare al proprio interno.
Ad esempio la Japan Road Association adotta le “roadway bridge specification”[54] in cui nella
parte III “Concrete bridge” si dice che la resistenza ultima a flessione per elementi precompressi
con cavi non aderenti deve essere ridotta del 30% rispetto alla resistenza ultima ottenuta
considerando i cavi aderenti.
La Prestressed Concrete Technical Association in [55] suggerisce, invece, di considerare a
rottura un incremento di tensione nel cavo pari a 2000 Kg / cm 2 .
Infine la Highway Technical Center in [56], in alternativa al calcolo non lineare, propone di
considerare i seguenti incrementi di tensione a rottura nel cavo a seconda del rapporto L / d ps :
- per L / d ps > 50 l’incremento di tensione viene considerato nullo;
- per L / d ps < 50 si assume
L
∆f ps = K (1.37)
d ps

dove K assume valori diversi a seconda che il cavo sia continuo su una o più campate. Nel
primo caso (cavo continuo su una campata) l’incremento di tensione nel cavo viene limitato
a 2000 Kg / cm 2 mentre nel secondo caso (cavo continuo su più campate) viene limitato a
4000 Kg / cm 2 .

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