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il libro della

fotografia
• •
e1n1nger _.,
i Garzanti

Andreas Feininger
Il libro della fotografia

Il famoso « manuale " di Feininger, uno dei.- più


grandi fotografi viventi, partendo daii'ABC, ripe-
tendo spesso quel che potrebbe non essere assi-
milato alla prima lettura, non soltanto insegna ciò
che si deve fare, ma anche ciò che •• non si deve
fare " per ottenere buone fotografie. Quando il let-
tore ha finito il libro, la fotografia non ha più se-
greti per lui. Non sa soltanto mettere a fuoco, com-
porre un'inquadratura, sviluppare una pellicola,
stampare un ingrandimento: tutto questo, in fondo,
si può imparare alla bell'e meglio anche senza uno
studio accurato. Feininger insegna qualcosa di
più: a influire' sul soggetto, a disporre le luci, a im-
provvisare una camera oscura in casa, a ricono-
scere i difetti di un apparecchio usato, a trarre da
una pellicola, da un obiettivo o da un filtro effetti
impensabili. E, soprattutto, a •• non sbagliare " •
Andreas Felnlnger si è laureato in architettura e,
dopo aver lavorato per un anno a fiancc;> di Le Cor-
busier, si è specializzato nella fotografia industria-
le e architettonica. Fotografo di •• Life" dal 1943, è
stato il pioniere della •• picture-story •• americana.
Tra i suoi libri, considerati dei. classici da profes-
sionisti e dilettanti, ricordiamo anche << Il libro del-
la fotografia a colori ••, •• La nuova tecnica della fo-
tografia ••, •• Il mondo come io lo vedo ••, tutti editi
da Gar;{anti.

Copertina
L. 700 di Fulvio Bianconi
Dello stesso autore:

Il libro della fotografia a colori ·


La nuova tecnica della fotografia
Il mondo come lo vedo io
La fotograf1a a colori : nuove tecniche
Andreas F eininger

Il libro
della
fotografia
tecnica e applicazione

s8 tavole fuori testo

Garzanti
Nella collezione « I Garzanti »
Iedizione: aprile I 970
m edizione: aprile I 97 I

Traduzione dall'inglese di
Mario Bonini

Titolo dell'operaoriginale pubblicata in lingua inglese


da Prentice Hall, Inc., Englew(Jod Cliffs, N.}.:
« Succèssful Photography »
.@ Andreas Feininger, 19.54

©Aldo Garzanti Editore s.a.s., I96I


Printed in Italy ' .
INTRODUZIONE

Scopo, po,-tata e struttura di questo libro

Questo libro è stato scritto per insegnare a fotografare.


Ho cercato di farne una guida pratica e accurata che, co-
minciando dalle cose fondamentali, spiegasse cosa si deve
fare e come lo si deve fare per diventare un fotografo com-
petente e sicuro di sé. ·
Se io mi impegno a insegnarvi, voi dovete impegnarvi a
imparare. Anche se la fotografia è per voi soltanto un hob-
by, è necessario che facciate un certo sforzo se volete che
sia un hobby piacevole e fruttuoso. Qualche termine tecnico
e qualche regola dovrete impararli a memoria. Ma non
preoccupatevi : ciò che a prima vista sembra, per la sua
novità, strano e difficile, vi diventerà presto familiare.
Sfogliando le pagine che seguono potrete avere l'im-
pressione che questo libro sia un po' troppo « completo ».
Potrete ·m agari pensare: « Ma che ne faccio di un filtro
· azzurro o di una pellicola infrarossa? Sono cose troppo com-
plicate per me!» D'accordo, in questo momento può darsi
che non vi servano; e in tal caso non dovete che saltare le
parti che le riguardano. Tuttavia, quando le vostre ~agni­
zioni saranno aumentate e le vostre ambizioni pure, vi ac-
corgerete che è proprio l'uso di aggeggi un po' fuori del
· comune a trasformare una fotografia mediocre in una bella
fotografia. Allora vi farà piacere di avere a portata di ma-
no le informazioni e le spiegazioni necessarie. Questo libro
è composto in modo che, anche· saltando le parti che per
il momento non si ritengono necessarie, non si rompe la
continuità e non si trovano difficoltà nell'andare avanti.

LA PRIMA PARTE VI DICE CHE COS'È LA FOTOGRAFIA. Un


brevé « corso d'addottrinamento » vi informa sulle diverse

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fasi del processo fotografico. Le varie operazioni, che più
tardi saranno illustrate nei particolari, sono qui esposte m
modo da porre in rilievo la loro stretta interdipendenza.
Questo excursus generale sulla tecnica fotografica, con par-
ticolare rilievo agli strumenti di controllo, è la base di tut-,
to ciò che verrà detto in seguito.

LA SECONDA l'ARTE VI INTRODUCE Al MISTERI DEL MATE-


RIALE FOTOGRAFICO. Accuratamente e precisamente, ma sen--
za tecnicismi inutili, vi dice tutto ciò che dovete sapere sulla
macchina, l'obiettivo, la pellicola, le luci e i piccoli ma pra-
ticissimi accessori che facilitano la fotografia.

LA TERZA PARTE VI INSEGNA COME SI }'A UNA FOTOGRAFIA.


Suddivisa in sei capitoli, contiene istruzioni meticolose e par-
ticolareggiate sul modo in cui si ottengono fotografie nitide,
con sufficiente profondità di campo, con un giusto grado di
contrasto, con una resa efficace degli oggetti in movimento
e correttamente esposte. Vi insegna anche l'uso delle fonti
di luce artificiale.

LA QUARTA PARTE VI INSEGNA A SVILUPPARE LE VOSTRE


PELLICOLE E A STAMPARE E .I NGRANDIRE I VOSTRI NEGATIVI.
Potrete imparare come si improvvisa una camera oscura in
qualsiasi momento e in qualsiasi luogo. I « misteri » dello
sviluppo e della stampa sono spiegati in termini così sem-
plici che, quando avrete finito di leggere questa parte, vi
troverete d'accordo con l'autore sul fatto che sviluppare
e stampare è oggi facile come preparare un paio d'uova
sode.
Se tuttavia, per il momento, preferite far sviluppare e
stampare i vostri negativi da un negozio di articoli foto-
grafici, non dovrete che saltare quest'a parte e !asciarla per
quando sarete disposto a dedicarvi voi stesso a questa fase
~ffascinante del processo fotografico . .

LA QUINTA PARTE VI AIUTA A SVILUPPARE LE VOSTRE FA-


COLTÀ cRITICHE. Una cinquantina di fotografie insolite, con-
tenenti vari tipi di errori, ·vi mostrano la maggior parte de-
gli infortuni cui è soggetto il fotografo e vi danno le infor-

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mazioni necessarie per la diagnosi e la correzione degli er-
rori, nonché qualche consiglio sul modo di evitarli del tutto.

LA SESTA PARTE VI INSEGNA A ESTENDERE IL VOSTRO . CAM-


PO DI LAVORO. Avendo acquistato una solida conoscenza del-
le basi della tecnica fotografica, potete ora . esplorare, con
prove ed esperimenti, tutte quelle sottili variazioni di tecnica
e di approccio che vi metteranno in grado di fare del la-
voro originale per conto vostro. Imparate a giudicare cri-
ticamente i diversi tipi di apparecchi e . di obiettivi e a sce-
gliere i più adatti ai vostri bisogni. Imparate inoltre, con
l'aiuto di parecchie decine di fotografie e di diagrammi, in
che modo le operazioni fondamentali possono essere sotto-
poste ad un numero pressoèhé illimitato di variazioni a se-
conda delle esigenze del soggetto di una fotografia.

LA SETTIMA PARTE VI INSEGNA A FARE IL MIGLIORE USO


DELLA VOSTRA TECNICA. La fotografia è un linguaggio di im-
magini e la tecnica fotografica non è che un mezzo subor-
dinato ad un fine: un'immagine che abbia senso e ·signìfica-
to. Come ottenere tali immagini è il tema di questa parte
del libro che, da molti punti di vista, è la più importante e
anche la più inte_ress~nte. È sperabile che le idee che esporrò
e discuterò in questa parte vi aiutino a dare un indirizzo
alla vostra carriera di fotografo o al vostro hobby, a libe-
rare le vostre facoltà creative.
Noterete che, nel libro, certi temi vengono trattati più
volte. Queste apparenti ripetizioni sono necessarie per chia-
rire meglio l'argomento. Quando si fa una fotografia bisogna
procedere a una serie di operazioni così intimamente con-
nesse che la minima modifica di una richiede immediate e
corrispondenti modifiche delle altre se si vogliono ottenere
risultati soddisfacenti. R endersi conto di qUesta interdipen-
denza dei vari fattori che determinano l'esito di una foto-
grafia è uno dei « segreti » che portano ad ottenere risul-
.tati costantemente buoni. Sprecare qualche riga per ripe-
tere i concetti essenziali è sembrato all'autore· il miglior mo-
do per assicurarsi che quanto sopra venga perfettamente
compreso dal lettore.
Questo libro non è un romanzo. Nessuno riu~cirebbe a

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leggerlo d'un fiato . È uno di quei libri sui quali si torna so~ ­
pra spesso per trovarvi un consiglio o un suggerimento. 1-Ii
sono preocct~pato di far sì che possiate trovarvi in ogni occa-
sione le ,indicazioni necessarie per risolvere i vostri problemi
fotografici. Andreas Feininger

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Parte prima : Principi generali

Suggerimenti ai principianti, seguiti da


una esposizione dei principi della tec-
nica fotografica, con particolare riguar-
do all'interdipendenza delle varie ope-
razioni e dei loro strumenti di controllo.
Difficoltà immaginarie e difficoltà realì

Voglio dare, sin dall'inizio, una piacevole sorpresa al let-


tore, smentendo un antico mito che è stato scrupolosamente
mantenuto in vita dagli autori specializzati e dai direttori
di riviste fotografiche, quasi che dalla sua conservazione di-
penda la ·loro stessa possibilità di esistenza: il mito, cioè,
che « la tecnica fotografica è difficile ».
È assolutamente falso. Molto tempo fa, ai tempi delle la- ·
stre, degli apparecchi di grande formato, degli obiettivi poco
luminosi e delle emulsioni lentissime, la fotografia era un
mestiere la cui padronanza richiedeva un'alta perizia e lun-
ghi <~,nni di esperienza. Ma oggi, nell'epoca degli apparecchi
« infallibili », degli obiettivi ultraluminosi, delle pellicole ul-
trasensibili, della standardizzazione dei procedimenti di svi-
luppo e dell'automatizzazione di ogni fase del processo fo-
tografico, la tecnica della fotografia è diventata così sem-
plice che chiunque abbia un po' di tempo per leggere le
istruzioni allegate ai vari prodotti è anche in grado di otte-
nere « fotografie tecnicamente perfette ». ·
So che questo può suonare eresia, ma non lo è. Per pro-
durre una « fotografia tecnicamente perfetta » è necessario
un «negativo tecnicamente perfetto». Un negativo, per es-
sere tecnicamente perfetto, deve essere nitido e deve avere
una giusta misura di contrasto e un appropriato grado di
densità. In altre parole, il negativo non deve essere né sfo- .
cato (per una difettosa messa a fuoco) né mosso {per mo-
vimento del soggetto o dell'apparecchio), né troppo contra-
stato né' troppo privo di contrasto, né troppo scuro (denso)
né troppo chiaro (trasparente). La maggiore o minore niti-
dezza dipende dalla giusta o errata MESSA A Fuoco e dal-fat-
to che l'apparecchio sia o non sia tenuto ben fermo al mo- _
mento della posa. La gamma di contrasto e il grado di den-
sità sono determinati dall'ESPOSIZIONE e dallo SVILUPPO.

Il
Oggi un r;tegativo tecnicaptente perfetto può essere ottenuto
da chiunque sappia . usare i quattro seguenti .strumenti . di
controllo: TELEMETRO (oppure VETRO SMERIGLIATO) per la
messa a fuoco, ESPOSIMETRO per la posa, TERMOMETRO e
CRONOGRAFO per lo sviluppo. La fotografia, in sostanza, è
tutta qui.

Una .scorciatoia per la « perfezione tecnica »

Coloro che vogliono apprendere un'arte o un mestiere. si


rendono co~to che, prima di poter realizzare con qualche
successo le loro idee con un qualsiasi mezzo espressivo, de-
vono impadronirsi degli elementi fondamentali della « tecni-
ca » e che niente contribuisce ad acquistare tale padronanza
.come l'esperienza pratica. Questa esperienza si raggiung~
soltanto con molte prove e con un assiduo lavoro.
Per esempio, la prima .cosa che un apprendista falegname
deve imparare è l'uso della sega e della pialla: e l'impara
non studiando i lavori finiti dei falegnami più provetti, ma
prendendo iri mano questi attrezzi e cercando di capire, at-
traverso tentativi graduali, come si usano. Per cominciare,
cercherà di fare un taglio diritto con la sega e di lisciare una
tavola ruvida con la pialla. Non cercherà, di punto in bian-
co, di fabbricare un armadio o un tavolino di mogano: irri- ·
parerà, provando· e sbagliando, le cose elementari, cercherà
di impratichirsi progressivamente . senza metter~i in testa di
poter costruire mobili destin<1ti alla vendita. Soltanto quan-
do si sarà sveltito e avrà imparato le cose fondamentali gli
si insegnerà ad usare, tra i diversi tipi di seghe e di pialle,
quelli che . meglio si addicono ad ogni lavoro. Ma, fino a
quando non abbia raggiunto un considerevole grado di pe-
rizia, non gli si permetterà di affrontare .un lavoro « vero »',
come quello di costruire un mobile destinato alla vendita.
Questo è il metodo sperimentato, sano e pratico, con cui
ogni ar.prendista impara il proprio mestiere. Eppure il foto-
grafo dilettante, che può essere paragonato a un apprendi-
. sta, pretende di ottenere « fotografie finite » sin dal princi- ·
pio. Avendo speso un mucchio di denaro ·in un apparecchi"
e nei suoi accessori egli crede evidentemente che nel prezzo

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di acquisto sia compresa anche la capacità di maneggiarli.
E, per q~~nto sembri strano, in una certa misura ha ragio-
ne. 'La moderna attrezzatura per la fotografia è stata per-
fezionata a tal punto che, in senso figurato, si può dire che
molta « capacità tecnica » è inclusa nella stessa macchina,
nell'esposimetro e così via; cosicché il dilettante, se segue
le istruzioni allegate all'apparecchio e agli accessori, non
può sbagliare di molto. D'altra parte, in queste condizioni
il suo lavoro non può essere ·di-livello sup~riore al comune.
Soltanto esplorando, con una pratica e una . sperimentazio-
ne laboriosa, · le possibilità e i· limiti della sua attrezzatura,
il fotografo sarà in grado di utilizzare pienamente le capa-
cità inerenti al mezzo fotografico; e soltanto allora le sue fo-
tografie si distingueranno da quelle fatte da coloro che si li-
mitano a seguire fedelmente lè istruzioni.

Se nella fotografia esiste una scorciatoia per il successo,


tale scorciatoia passa · per l'esperimento. So che g'i espe-
rimenti raccomandati nella Parte sesta implicheranno in
un primo tempo un sovrappiù di lavoro. Di fatto, però, si
tradurranno in un risparmio di tempo e di fatica per il
futuro. Cerçando di produrre « fotografie finite -» sin dal-
l'inizio, il fotografo dilettante perde letteralmente anni
in ricerche arruffate e senza metodo e in tentativi semi-
nati di errori; e spreca anche molto materiale trasfor-
mandolo, per mancanza di cognizioni specifiche, in foto-
grafie mediocri. Rispetto a questa sistematica delusioue,
il tempo, il denaro e la fatica impiegati in esperimenti
essenziali sono del tutto irrilevanti, mentre il vantaggio
concreto che se ne trae è enorme. Se, invece di dar loro
una scorsa, il fotografo farà questi esperimenti, ne rica-
verà in poche settimane più cognizioni utili di quelle che
potrebbe acquistare in anni di tentativi incoerenti. Inol-·
tre, nulla genera fiducia nella propria capacità e nelle
possibilità del mezzo espressivo con cui si lavora quanto
una solida preparazione basata su esperimenti ed esercizi
·. eseguiti di persona.

I3
Cognizioni utili e cognizìoni inutili

Il fotografo ambizioso si preoccupa costantemente di mi-


gliorare il proprio lavoro, perciò ricorre soprattutto ai libri
e agli articoli di tecnica fotografica, nonché alla guida di
fotografi più avanzati e di autori specializzati nel campo fo-
tografico. Sostanzialmente questo atteggiamento è giusto.
Ha però i suoi trabocchetti perché, s~ l'apprendista non ha
ben definito i propri traguardi, può impantanarsi inav-
vertitamente in una palude di cognizioni completamente
inutili.
Libri, opuscoli e articoli innumerevoli sono stati scritti, ad
uso e consumo del dilettante, su argomenti che non gli dan-
no alcun aiuto pratico a · migliorare la qualità delle sue fo-
tografie. Ci sono libri su libri che trattano di ottica, di chi-
mica, di sensitometria, di storia della fotografia; ci sono per-
fino libri interamente dedicati ad un argomento apparente-
mente semplice come il modo di esporre un negativo, magari
corredati di matematica ·superiore e di logaritmi. Prima di
poter leggere - e tanto più comprendere - alcuni di que-
sti libri, il comune dilettante dovrebbe frequentare un corso
di matematica. E poi, dopo essersi faticosamente aperto un
varco attraverso questa materia ostica, non saprebbe nulla,
quanto a valore pratico, che il suo esposimetro non possa
indicare alla prima occhiata.

Può sembrare a prima vista che la fotografia diventi


ogni anno più astrusa, ma in effetti è vero proprio il con-
trario. Tutti gli strumenti più complicati (esposimetri fo-
toelettrici, telemetri accoppiati agli obiettivi, .otturatori
sincronizzati, lampeggiatori normali ed elettronici, appa-
recchi con questo o quel congegno incorporato e così
via) sono progettati e fabbricati per semplificare il lavoro
·di chi fotografa in due modi: I) eliminando la necessità
di « indovinare »; 2) fornendo dati che nel passato si po-
tevano apprendere soltanto attraverso l'esperienza prati-
ca. Proprio come si può maneggiare un apparecchio ra-
dio o un televisore senza saper nulla di elettronica, o
guidare un'automobile senza conoscere la teoria dei mo-
tori a combustione interna, così ognuno è in grado di
usare un moderno apparecchio fotografico, un esposime-
tro, una soluzione di sviluppo, senza studiare ottica, elet-
tronica o chimica.

Brevé corso teorico per il principiante


ECCO CHE COSA SUCCEDE QUANDO FATE UNA FOTOGRAFIA

r. LA LUCE emessa da una fonte luminosa naturale o arti-


ficiale investe il soggetto e ne viene riflessa, rendendolo così
visibile all'obiettivo della macchina fotografica nello stesso
modo in cui lo rende visibile all'occhio umano.

2. L ' OBIETTIVO della m~cchina rifrange i raggi luminosi


provenienti dal soggetto, forma un'immagine del soggetto
stesso e, se correttamente messo a fuoco, proietta quest'im-
magine sull'emulsione sensibile del film .

. 3· IL FILM reagisce, entro Certi limiti, alla luce che lo in-


veste in diretta proporzione alla misura dell'esposizione.
Una immagine «latente», cioè invisibile, si forma per l'azio-
ne della luce sui cristalli dell'emulsione sensibile. ·

4· LO SVILUPPO trasforma l'immagine latente in un'im-


magine visibile in cui le parti che hanno ricevuto più luce
sono proporzionalmente più scure di quelle che ne hanno
ricevuto di meno. È l'immagine « negativa » del soggetto,
in cui i valori di luminosità sono rovesciati. Per rendere tale
immagine negativa insensibile ad ogni ulteriore esposizione
alla luce bisogna « fissarla » con- una soluzione chimica. Per
renderla stabile, occorre lavarla e liberarla da ogni agente
chimico estraneo, quindi asciugarla.

5~ · LA STAMPA inverte nuovamente i valori tonali dell'im-


magine e dà la fotografia « positiva » su carta. Sia che av-
venga « direttamente » per contatto, sia che avvenga « in-
direttamente » con un apparecchio per ingrandimenti, la
stampa non è sostanzialmente che una ripetizione del pro-
_cesso di esposizione e di sviluppo di un negativo. L 'imma-
gine contenuta nel negativo è proiettata sulla ·emulsione ·

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sensibile di cui è rivestita la carta, ove la reazione chimica '
tra luce tOd emulsione produce nuovamente un'immagine-la- :
tente che, dopo essere stata sviluppata, fissata- e lavata; di- !.
viene la nostra fotografia. •

Il « negativo tecnicamente perfetto » .

Il punto di partenza per .ogni fotografia tecnicamente per-


fetta è ùrr negativo tecnicamente perfetto. Tale negativò,·
oltre alla, nitidezza, ha un giusto grado di densità (Cioè non
è né troppo denso né troppo sottile) e un appropriato con-.
trasto o «gradazione·» (cioè non è né troppo contrastato, o
« duro», -né troppo privo di contrasto,· o « morbido » ). Dgni
nega~ivo tecnicamente perfe,ttq è assolutamente pulito, senza
macchie1 striature, sbavature, polvere e ... impronte digitali.

I negativi non riitid't danno fotografie sfocate e poco


chiare. ·
I negativi tropp_o derisi sono difficili da stampare ed han-
no spesso troppa « grana ».
I negativi troppo trasparenti danno fotografie pnve di
dettaglio nelle zone d'ombra.
I negativi troppo contrastati danno fotografie prive di
toni grigi intermedi.
I negativi troppo privi di contrasto dannò fotografie po-
vere di toni forti bianchi e neri.
I negativi non puliti danno fotografie macchiate.

Tre funzioni vitali

Le tre operazioni da cui dipende la « perfezione tecnica'»


di un negativo (o la mancanza di tale « perfezione tecni- .
ca») sono la MESSA A FUOCO, l'ESPOSIZIONE e lo SVILUP-
PO. Di queste operazioni fondamentali, la MESSA A Fuoco
contt·olla la nitidezza di resa; l'ESPOSIZIONE (che risulta
dagli effetti combinati della DIAFRAMMAZIONE 1 e della
1 Cioè la riduzione del diametro effettivo dell'obiettivo mediante
il diaframma (v. pag. 41) .

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VELOCITÀ DI OTTURAZIONE) e lo SVILUPPO determinano
la densità e il contrasto del négativo. Il modo in cui que-
ste operazioni e i loro risultati sono collegati e interdipen-
dt>nti è illustr:1to nel seguente di agramma:

IL « NEGATIVO
TECNICAMENTE PERFETTO •
deve avere
le seguenti
qualità

.5 resa
" profondità
E
:g t::::==
~

Nota sulla « nitide zia »

Il lettore attento avrà certamente notato che nel diagram-


ma sopra riportato -si elencano tre diversi tipi di nitidezza.
Fondamentalmente, la « nitidezza » è determinata dalla
messa a fuoco, ma esistono altri fattori che, in certe circo-
stanze, possono influire negativamente.

1. Non nitidezza dovuta a una difettosa messa a · fuoco.


È il tipo più comune. Se l'obiettivo non è correttamente
messo a fuoco sul soggetto la fotografia risulterà più o meno
priva di nitidezza; il grado della mancanza di nitidezza di-
per).derà dalla misura in cui l'immagine era « fuori fuoco »
al momento della presa.

2. Non nitidezza dovuta ad una er)'ata apertura del dia-


framma. Un obiettivo può essere messo a fuoco soltanto su
un piano che si trovi ad una determinata distanza. Se l'ap-
parecchio è esattamente messo a fuoco · su un soggetto privo
di « profondità », come un quadro o un muro, la fotografia

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risulta nit!da. Se i1 fotografo ha di fronte un soggetto che
abbia una maggiore estensione in profondità, come un'in-
tera stanza o un paesaggio, egli è ugualmente costretto a
mettere a fuoco soltanto su un piano situato a una certa di-
stanza dall'obiettivo. Ne risulta teoricamente che tutto ciò
che si trova davanti e dietro questo piano «a fuoco» do-
vrebbe apparire sempre meno nitido con l'aumentare della
distanza dal piano stesso. Praticamente, questo tipo di sfo-
catura si elimina facilmente con l'aiuto del diaframma. Più
si riduce l'apertura del diaframma (per questa operazione è
stato coniato il verbo « diaframmare »), più si estende la
profondità della zona che risulta nitida {per istruzioni par-
ticolareggiate v. pag. 94).

3· Non nitidezza dovuta ad errata scelta del tempo di po-


. sa. Se si fotografa un soggetto immobile, lavelocità dell'ot-
turatore non ha teoricamente alcuna influenza sulla nitidez-
za della fotografia. Quando invece si fotografano oggetti in
movimento, l'immagine del soggetto si sposta sulla superfi-
cie della pellicola sensibile e risulta più o mend « mossa »
se non si usa un tempo di posa tale da «congelarla» (v.
pagg. I 13-1 f4).

4· N on nitidezza do vuta al movimento dell'apparecchio.


Praticamente non c'è differenza tra una fotografia di un
soggetto in movimento, fatta con una macchina ferma, e
. una fotografia di un soggetto immobile fatta con una mac-
r:hina che non si riesce a tener ferma : risultato di entrambe
è una fotografia «mossa». Per evitare questo errore comu-
nissimo il fotografo deve imparare a tenere la macchina
perfettamente . immobile durante l'esposizione. Deve trovare
un punto d'appoggio, trattenere il respiro e premere lo
scatto dell'otturatore con la stessa delicatezza con cui il ti-
r;J.tore scelto preme il grilletto per ~on guastar.e la mira .
. Bisogna inoltre ricordare che, di regola, soltanto i tempi di
uosa oiù brevi di 1 /2n di secondo possono essere usati tenen-
do l'apuarecchio con le mani senza correre il pericolo di
muoverlo durante l'esposizione. I tempi di posç~. più lunghi
di 1 l z;, di secondo devorio essere usati, ovunque possibile,
con l'apparecchio solidamente sostenuto da un treppiede o
da un altro strumento adatto allo scopo. La mancanza di
nitidezza dovuta a movimento dell'apparecchio è uno degli
errori più comuni dei principianti, ma anche uno dei più
facilmente evitabili.

STRUMENTI PER LA MESSA A FUOCO, L'ESPOSIZIONE E LO


SVILUPPO

Gli enormi progressi della fotografia negli ultimi venti


anni hanno reso possibile la completa meccanizzazione della
parte tecnica del processo fotografico. Invece di affidarsi ai
propri occhi, al proprio senso del tempo e alla propria
esperienza, il fotografo dei nostri giorni si affida a stru-
menti e sistemi meccanici che lo mettono in grado di ot-
tenere fotografie tecnicamente superiori a quelle che si fa-
cevano nel passato. « Valutare ad occhio» la: distanza tra
l'apparecchio e il soggetto, « indovinare » il tempo di posa
o fare lo sviluppo « controllato» sotto il fioco chiarore rosso
della camera oscura sono oggi cose antiquate non .meno che
andare a spasso col carrozzino a cavalli.

Strumenti per la messa a fuoco

« Mettere a fuoco » significa regolare la distanza fra obiet-


tivo e film a seconda della distanza tra obiettivo e soggetto
per produrre una immagine nitida. Per compiere questa
operazione si possono usare due strumenti : il vetro smeri-
gliato o il telemetro aocoppiato all'obiettivo.

VETRO s~IERIGLIATO. Il principale vantaggio della messa a


fuoco col vetro smerigliato è che questo produce un'imma·
gine dello stesso formato del negativo. Inoltre indica chia-
ramente la misura in cui la nitidezza si estende in profon-
dità; 1 e infine, facilita la composizione dell'immagine. Il suo
1 Eccezione : tutti gli apparecchi reflex a due obiettivi, in cui
l'immagine sul vetro smerigliato non è prodotta dall'obiettivo che
viene impiegato per la presa ma da un altro obiettivo che serve so-
lamente come mirino.

rg
svantaggio consiste nel fatto che, quando si chiude il dia-
framma per aumentare la profondità della zona · nitida,
l'immagine si oscura. Questo"'svanùtggio può' essere nondi-
meno eliminato in due modi : I) per mezzo di un « dia-
framma automatico », che permette di mettere .a fuoco col
'· diaframma alla massima apertura, ma si restringe automa-
ticamente sino alla misura prescelta quando si preme lo
scatto dell'otturatore; 2) producendo l'immagine sul vetro
smerigliato con un obiettivo separato che funziona soltanto
come mirino (come awiene nella Rolleiflex e in tutti) con-
simili tipi di macchina). Tuttavia, come si è detto, la secon-
da soluzione impedisce la diretta osservazione della cosid-
detta « pròfondità di campo », cioè della zona nitida al di
là e al di qua del piano di esatt;: messa a fuoco. Alcuni
apparecchi sono costruiti in modo che l'immagin·e sul vetro
smerigliato sia visibile fino al momento dell'esposizione (tut-
te le macchine reflex con un solo obiettivo) o anche conti-
nuamente, cioè prima, durante e dopo l'esposizione (mac-
chine reflex a due obiettivi).

TELEMETRO ACCOPPIATO. Le caratteristiche principali d~J


telemetro accoppiato all'obiettivo sono lo scarso ingombro,
la rapidità di manovra e il fatto che è possibile controllare
completamente la messa a fuoco in tutti i momenti, prima, -
durante e dopo l'esposizione. In altre parole l'immagine è
sempre chiaramente visibile e non si oscura né scompare al
mon1ento della posa. Gli svantaggi del telèmetro sono la ree
lativa piccolezza dell'immagine (coloro che portano occhiali
han~o talora difficoltà a usare il telemetro), la scarsa pre'Ci-
_sione alle brevi distanze, l'impossibilità di usarlo a distanze .
estremamente brevi tra obiettivo e soggetto, e l'impossibilità
di controllare la profondità di campo.

Strumenti per l'esposizione

· Per ottenere un «negativo correttamente esposto» oc-


corre far sì che il film riceva una giusta quantità di luce.
I negativi 'sovresposti sçmci troppo densi (cioè troppo .neri).
Le parti più luminose del soggetto (cioè le più scure del ne-

20
gativo) sono frequentemente circondate da «aloni .», che si
estendono alle parti adiacenti dell'immagine, provocando
una certa perdita di nitidezza a causa della diffusione della
luce nella emulsione. La « grana » 1 è più pronunciata che
in negativi correttamente esposti sullo stesso tipo di film . Il
contrasto è generalmente troppo basso.
I negativi sottesposti sono troppo trasparenti. Le. parti più
scure del soggetto (le più trasparenti del negativo) sono spes-
so chiare come il vetro e prive di qualsiasi dettaglio. Il con-
trasto è generalmente troppo alto.

Un consiglio

L'esposizione deve essere sempre determinata con l'aiuto


di un esposimetro (v. pag. 67). Molti principianti cre-
dono di non avèr bisogno dì un esposimetro o di non po- -
terselo permettere : pensano ·che sia uno strumento troppo
«professionale», costoso e complicato. Io .non sono d'ac-
cordo. Credo che, per ogni fotografo che voglia trarre il
miglior profitto possibile dal suo lavoro, o hobby che sia,
l'esposimetro sia importante quasi quanto l'appar'ecchio
fotografico. Tanto per -cominciare, niente è così irritante
come scoprire che una fotografia importante è andata a
male . per uno sbaglio di esposizione. lnbltre, sappiamo
tutti che la fotografia è un hobby piuttosto costoso; ma
con l'aiuto di un esposimetro ogni posa può essere giusta
e si può eliminare lo spreco di denaro e di pellicola cau-
sato dalle sotto e sovraesposizioni. Un buon esposimetro
può durare anche dieci anni. Càlcoli il lettore quanto
tempo basta· perché un esposimetro ripaghi il suo prez-
zo· di acquisto, anche se dovesse evitare soltanto - _la
stima è assai prudenziale - una esposizione sbagliata
su tre.
I due strumenti con cui si regola l'esposizione sono il DIA-
FRAMMA e !'OTTURATORE, ciascuno dei quali ha una duplice
funzione:

I Ogni emulsione fotografica contiene particelle minute di ar-


gento metallico chiamate «granuli », da cui il nome « gr'lna » che
indica il loro complesso più o meno visibile.

21
IL DIAFRAMMA ~ la quantità di luce che raggiunge il film
REGOLA ? la profondità della zona nitida

l
la quantità di luce che raggiunge il film
L'OTTURATORE
il grado di nitidezza con cui vengono resi
REGOLA
i soggetti in movimento

DIAFRAMMA E TEMPO DI POSA. Scegliendo una maggiore O


minore apertura di diaframma noi facciamo entrare un rag-
gio più largo o più stretto di luce, mentre scegliendo un
maggiore o minore tempo di posa permettiamo a questo
raggio di luce di investire 'il film per un periodo più lungo o
più breve. Ciò significa che possiamo ottenere una esposi-
zione corretta in molti modi diversi: l'effetto di una « gran-
de apertura di diaframma con posa rapida » è uguale, per
ciò che riguarda l'esposizione del negativo, all'effetto di una
<<piccola apertura di diaframma con posa lenta».
Consideriamo un caso analogo, supponendo di dover riem-
pire un rècipiente con una determinata quantità di acqua:
per esempio quattro litri. Se l'acqua proviene da un tubo di
diametro largo (corrispondente ad una larga apertura di dia-
framma) dobbiamo tenere il rubinetto aperto per un tempo
più breve (corrispondente ad una posa rapida) di quello che
sarebbe necessario se l'acqua provenisse da un tubo di pic-
colo diametro (corrispondente ad una piccola apertura di
diaframma). Percompensare un minore flusso d'acqua terre-
mo aperto il rubinetto per un tempo proporzionalmente più
lungo (corrispondente ad una posa più lenta). In entrambi i
casi, regolando l'una sull'altra la larghezza della conduttura
(o l'apertura di diaframma) e fa durata del flusso (il tempo
in eu{ il rubinetto, o l'otturatore, rimane aperto), otteniamo .
un risultato identico: quello di versare nel recipiente 4 litri
di acqua (o di fare entrare identiche quantità di luce nell'ap-
parecchio perché raggiungano il film).

M alto importante

Il segreto di una corretta esposizione è tutto nella scelta


della più adatta combinazione di apertura di diaframma

22
e tempo di posa. La base per tale scelta, cioè per la rego-
lazione di diaframma e otturatore, è . determinata da un
esposimetro. (V. a pag. r r8 come si usa correttamente un
, esposimetro.) Il suo quadrante mostra al fotografo simul-
taneamente tutte le possibili combinazioni di apertura di
diaframma e tempo di posa che possono produrre un ne-
gativo correttamente esposto. La scelta tra queste combi-
nazioni dipende dai seguenti fattori :

I. ESTENSIONE DEL SOGGETTO IN PROFONDITÀ. Se il soggetto


è di profondità considerevole e deve essere reso nitidamente,
è necessaria una apertura di diaframma relativamente picco-
la. Come si è detto precedentemente, una apertura di dia-
framma relativamente piccola deve essere «compensata»
con un tempo di posa relativamente lungo, altrimenti la fo-
tografia risulterebbe sottesposta.

2. MOVIMENTO E VELOCITÀ DEL SOGGETTO. Se il soggettO


non è fermo ma in movimento, occorre usare un tempo di
posa relativamente breve per « fermare » il movimento e ot-
tenere un'immagine nitida. Quanto più alta è la velocità del
soggetto, o dei suoi movimenti, tanto più breve deve essere
il tempo di posa. Come si è detto, una posa relativamente
breve deve essere «compensata » con un'apertura di dia-
framma relativamente grande per evitare la sottesposizione.

3· ESPOSIZIONE « A MANO » O CON TREPPIEDE. Per evitare la


mancanza di nitidezza dovut<J. al movimento dell'apparec-
chio, soltanto le pose più rapide di 1 /2 5 di secondo possono,
di regola, essere fatte «a mano». Le pose più lunghe de-
vono essere fatte con l'apparecchio solidamente fissato ad un
treppiede o ad un altro strumento analogo. Se si deve foto-
grafare a mano, bisogna scegliere una posa non superiore
a 1 /2 5 di secondo: anzi, inferiore. La corrispondente aper-
tura di diaframma si trova consultando l'esposimetro.
Tutto ciò può sembrare complicato, ma in realtà è estre-
mamente semplice. Un esempio pratico può chiarire meglio
le cose: supponiamo che la sensibilità dell'emulsione della
vostra pellicola (v. pag. 59) sia 32 ASA (16 ho DIN) e che il
vostro esposimetro vVeston, precedentemente regolato su 32

23
ASA, dia un'indicazione di intensità luminosa pari a roo.
In queste condizioni avrete una scelta di combinazioni di
apertura di diaframma e di tempi di posa come quella indi-
cata nel diagramma che segue. Il diagramma indica anche
gli effetti di tali diverse combinazioni per quanto riguarda
l'esattezza della messa a fuoco, la profondità di campo e la
possibilità di <dermare »' soggetti in movimento.
Aperture di 1,4 2 2,8 4 5,6 11 16 22
diaframma
8 32
-
Corrispondenti
tempi di posa l/1000 1/500 l/250 l/125 l/60 1/30 l /15 1/8 l/4 1/2

/La sempre minore profondità La sempre maggiore profondi-)


Messa a fuoco \~i campo richiede una sempre tà di campo compensa una
più accurata messa a fuoco. meno accurata_ messa a fuocO.

Profondità
di campò
Resa degli ogiet-
ti in movimento
limiiatissima

nÙldissiina
limitata

nitida
media sempre più estesa

leggermente mossa
>
sempre più mos.sa')

j ~uanto più azione o movi-


mento del soggetto sOno ra-
Quanto maggiore · è. la pro fon-\
dità del soggetto, tanto più pie-
pidi, tanto più brevi sono i
\Jempi di posa necessari per
cola deve essere rapertura del
diaframma per ottenere suffi-
l
Conclusioni ottenere fotografie nitide. ciente profondità di campo.

/Tempi di posa abbastanza brevi per- Bisogna ·usare il treppiede. )


\ chè le fotogra,fie siano fatte a mano.

Motto importante

È della massima importanza che il prinCipiante si renda


conto della strettissima interdipendenza delle tre opera-
zioni di cui stiamo parlando : messa a fuoco, diaframma-
zione e scelta del tempo di posa. La modifica di uno di
questi tre fattori comporta invariabilmente una nuova re-
golazione di uno o di entrambi gli altri. Nella pratica, le
soluzioni ideali del problema di una perfetta esposizione
sono rare. Nella maggior parte dei casi tutto ciò che si
può fare è trovare il compromesso più vantaggioso tra gli
opposti eff~tti risultanti dalle duplici funzioni del dia-
framma e dell'otturatore.
Per ottenere i migliori risultati possibili bisogna tener con-
to delle seguenti esigenze contrastanti e, ciò che più conta,
conciliarle nella misura in cui è possibile :
- SE L'OBIETTIVO È ACCURATAMENTE MESSO A FUOCO tutto è
relativamente facile e la scelta dell'apertura di diaframma
e del tempo di posa può essere fatta esattamente come è sta-
to indicato più sopra.

SE L'OBIETTIVO, INVECE, È MESSO A FUOCO PIÙ o MENO AP-


.PROSSIMATIVAMENTE, o perché l'apparecchio non è dotato né
di telemetro né di vetro smerìgliato, o perché bisogna fare
rapidamente un'istantanea,' bisogna cercare, nella misura
- del possibile, di eliminare il pericolo di ottenere un negativo
sfocato.' Si può farlo usando un'apertura di diaframma rela-
tivamente piccòla, che automàticamente produce una « zona
di sicurezza» relativamente profonda, in cui tutto apparirà
nitido. Come si è detto; un'apertura di diaframma relativa-
mente piccola .deve essere « compensata » con un tempo di
posa relativamente lungo per evitare-la sottespOsizione.

L'APERTURA DEL DIAFRAMMA DEVE ESSERE LA PIÙ PICCOLA


POSSIBILE per prodùrre la massima profondità di campo ; ma
non tanto piccola da provocare sottesposizione.

L'APERTURA DEL DIAFRAMMA. DEVE ESSERE LA PIÙ GRANDE


POSSIBILE per permettere l'uso del tempo di posa più breve
in modo da evitare la mancanza di nitidezza dovuta al mo-
vimento del soggetto o dell'apparecchio.

IL TEMPO DI POSA DEVE ESSERE IL PIÙ BREVE POSSIBILE


per « fermare » il movimento del soggetto e impedire la
mancanza di nitidezza dovuta al movimento dell'apparec-
chio tenuto « a mano »; ma non tanto breve da provocare
sottesposizione.

IL TEMPO DI POSA DEVE ESSERE IL PIÙ LUNGO POSSIBILE


per consentire l'uso della più piccola apertura di d.i aframma
allo. scopo di ottenere la massima profondità di campo.
Riassumendo gli effetti, desideràbili e indesiderabili,. delle
diverse regolazioni della messa a fuoco, ·-del diaframma e
dell'otturatore, arriviamo alle seguenti conclusioni:
. · I V. a pag . .96 l'indicazione di un « sistema » valido per tali
occasioni.

25
VANTAGGI SVANTAGGI

Fuoco Garantisce il più alto Richiede più tempo e può


acctLrato grado di nitidezza. costare la perdita di prese
importanti al momento del-
l'azione.
Fuoco Richiede pochissimo Il pericolo di avere foto-
approssimato t~mpo ed è spesso l'u- grafie sfocate costringe ·a
mco mezzo per fare usare piccoli diaframmi per
istantanee « di azione » . aumentare la pròfondità di
campo; ciò richiede pose
lunghe per evitare sotte-
sposizioni e può causare
perdita di nitidezza per mo-
vimento dell'apparecchio.
Diaframma Aumenta la prof~ndità La relativamente scarsa
stretto di campo; riduce il pe- quantità di luce che rag-
ricolo di sovresposizione giunge il film crea pericolo
con le forti illumina- di sottesp 0 sizione; per Im-
zioni. pedire la sottesposizione oc-
.. ) corre usare pose lunghe e
ciò aumenta il pericolo di
perdita di nitidezza dovuta
a movimento del soggetto o
dell' apparecchio.
Diaframma Fa entrare molta luce La profondità di campo è
largo rendendo meno proba- limitata; la messa a fuoco
bile la sottesposizione ; deve essere molto accurata;
permette l'uso di pose c'è pericolo di sovresposi-
brevi che contribuiscono zione.
ad aumentare la niti-
dezza.
Posa breve Evita la' mancanza di Richiede l'uso di un dia-
nitidezza dovuta a mo- framma largo per impedire
vimento del soggetto o la sottesposizione.
dell'apparecchio; riduce
il pericolo di sovrespo-
sizione con le forti illu-
minazioni.
Posa lunga Permette l'uso di pie- Aumenta il pericolo di
cole aperture di dia- mancanza di nitidezza per
framma col risultato di movimento del soggetto · o
un. aumento della pro- dell'apparecchio; aumenta
fondità di campo; ridu- il pericolo di sovresposizio-
ce il pericolo di sotte- ne con le forti illumina·
sposizione. zioni.
È necessario tener sempre presente l'interdipendenza delle
tre operazioni di messa a fuoco, scelta del diaframma, e scel-
ta del tempo di posa. Esse non devono mai essere conside-
rate separatamente, ma sempre nd loro insieme. Il seguente
schema illustra tutti i fattori che determinano l'esito di una
esposizione.

27
Strumenti per lo sviluppo

Ai tempi delle lastre e delle pellicole piane di grande for-


mato poteva avere un senso lo sviluppo separato di ogni .ne-
gativo, fatto magari, se necessario, in una soluzione prepa-
rata «su misura ». Si adattava il processo di sviluppo alle
particolari esigenze di ogni singola esposizione a seconda del
tipo di illuminazione, della gamma di contrasto del soggetto,
delle qualità intrinseche dell'emulsione e, soprattutto, delle
caratteristiche· che si desiderava ottenere nel negativo « fini-
to » quanto a gamma di contrasto e a densità; e i risultati
di tale sistema erano indubbiamente ottimi.
Oggi, invece, il tipo di negativo più comunemente usato
è la pellicola in rotoli. · Sullo stesso rotolo si fotografano l'uno
dopo l'altro soggetti di carattere estremamente diverso. Le
pè1licole dei dilettanti, specialmente, contengono fotografie
disparate come paesaggi, ritratti, interni, scene controluce, .
oggetti ripresi da brevissime distanze e nature morte; e molte
di queste fotografie sonò magari più o meno male esposte.
Poiché lo sviluppo separato di ogni negativo è tecnicamente
impossibile, l'unico modo per sviluppare convenientemente
queste pellicole è la standardizzazione dell'intero processo in
base .alle caratteristiche di quello che si potrebbe chiamare
« il negativo medio». Le operazioni di sviluppo avvengono
cioè secondo un metodò strettamente meccanizzato, che ha
preso il .nome di « sviluppo a tempo e temperatura » o « svi-
luppo automatico». È basato su due fattori, da cui; indi-
pendentemente dalla soluzione usata, dipende Io sviluppo
dei negativi :

LA TEMPERATURA DELLA SOLUZIONE, che determina la ra-


pidità dello sviluppo: le soluzioni più calde sviluppano un
negativo più rapidamente di quelle più fredde. Tuttavia
la gamma di temperature utili per Io sviluppo è piuttosto
ristretta: da I 6 a 24· centigradi. La temperatura ideale è di
20 centig-radi. L e soluzioni più fredde sviluppano in modo
imprevedibile o non sviluppano affatto; le soluzioni più cal-
de, oltre a velare il negativo (cio~ produrre un velo grigio
più o m eno uniforme su tutta l'immagine), possono lique-
fare l'emulsione e ~taccarla dalla pellicola;
IL TEMPO DI SVILUPPO, che determina la densità e la gam-
ma di contrasto del negativo. Quanto più si protrae lo svi-
luppo, tanto più densi (neri) diventano i negativi e si ac-
centua iUoro contrasto (cioè la differenza tra le parti chiare
e quelle scure); e viceversa. Questa proprietà è di grande
importanza pratica per il controllo della gamma di contra-
sto dei negativi, e di essa ci occuperemo in maniera più ap-
profondita in seguito (v. pag. 109).

IL TEMPO «NORMALE» DI SVILUPPO (alla temperatura


« normale » di 20gradi) varia considerevolmente a seconda
del tipo di soluzione e del tipo di pellicola. Per ogni caso
specifico è consigliabile consultare le istruzioni che sono
sempre allegate alle pellicole;

Il vantaggio del metodo automatico è che esso semplifica


lo sviluppo a tal punto che anche l'ultimo dei principianti
può ottenere costantemente buoni risultati sin dall'inizio.
Non deve fare altro che usare la soluzione di sviluppo
raccomandata dal fabbricante della· pellicola, trovar(': nel-
le istruzioni il tempo di sviluppo consigliato e assicurarsi
che la temperatura della soluzione sia esattamente di 20
gradi. Gli unici strumenti di controllo che gli servono
sono un TERMOMETRO e un CRONOGRAFO. Col loro aiuto
(e con quello del foglietto di istruzioni) sviluppare un
negativo non è oggi più difficile che preparare uri paio
di uova sode.

CONSIGLI AI PRINCIPIANTI

Esposimetro, termometro e cronografo sono importanti


quasi quanto l'apparecchio e la pellicola per fare buone
fotografie .. Abituatevi a consultarli sempre. Non c'è nessun
motivo per cercare di indovinare quando si può sapere.
Il segreto di un « negativo tecnicamente perfetto >> è sve-
lato nel diagramma a pag. 27; imparate . a memoria le
quattro considerazioni (DISTANZA, PROFONDITÀ, LUCE, MOVI-
MENTO) e le tre regolazioni (FUOCO, DIAFRAMMA, POSA).
Esponete sempre per le ombre; le parti illuminate del

29
soggetto verranno bene da sé. Quando siete in dubbio, so-
. vresporre è meglio che sottesporre.
Per eyitare negativi «mossi» addestratevi a tenere l'ap-
parecchio perfettamente fermo al momento della posa; pre-
mete delicatamente il bottone dell'otturatore. Non dimenti-
cate di avanzare o cambiare la pellicola dopo ogni posa.
· Studiate le istruzioni che accompagnano l'apparecchio, la
pellicola e la soluzione di sviluppo; contengono, in breve,
tutto ciò che dovete sapere per trarne i migliori risultati
possibili.
Imparate a valutare i vostri soggetti in termini di bianco,
nero e sfumature grigie e a non tener conto dei colori; .sal-
vo, naturalmente, che abbiate caricato l'apparecchio con
pellicola a colori. _
Attenti a ciò che si trova dietro il soggetto : un ramo che
sembra spuntare dalla testa di una p ersona può essere co-
mico ma non è bello. Le macchie luminose sfocate sullo
sfondo di una fotografia distraggono l'attenzione dal sog-
getto. Uno sfondo di tonalità neutra non è .mai sbagliato;
e il cielo sereno è lo sfondo migliore per i ritratti e le foto-
grafie di persone.
I primi piani sono invariabilmente più interessanti delle
fotografie da lontano; i panorami distanti, per quanto belli
a vedersi, danno notoriamente le fotografie più scialbe e de-
primenti.

go
Parte seconda: Strumenti e materiale

D escrizione . e analisi degli strumenti e


del materiale necessari per ottenere
« fotografie tecnicamente perfette ».
La fotografia può essere molto semplice o molto campli~
cata: dipende da voi. Fotografie che hanno vinto concorsi
sono state fatte con macchine a cassetta caricate còn pelli-
cola di marca sconosciuta. D'altra parte il possesso di una
macchina e di accessori di gran prezzo non garantisce di
ottenere fotografie apprezzabili. Questo dimostra una ve-
rità generalmente accettata ma in pratica ignorata: è il fo-
tografo che «fa» una fotografia e non il suo apparecchio,
il suo obiettivo o la pellicola che usa. ·
Nondimeno, senza una adeguata conoscenza degli stru-
m enti e del materiale, nessuno è in grado di fare una scelta
intelligente nell'acquisto di ciò di cui ha bisogno per un
certo tipo di lavoro . L e pagine che seguono contengono le
informazioni necessarie per tale conoscenza. Sono informa-
. .::ioni esatte e complete, forse troppo complete per le· vostre
necessità attuali. In questo caso leggete solo quello che vi
interessa e lasciate perdere il resto. Potrete sempre tornarci
sopra -più tardi, se e quando ne avrete bisogno . Scoprirete
probabilmente che certi strumf!nti, che ora vi sembrano ri-
servati agli specialisti, sono essenziali per ottenere partico-
lari effetti.
L'APPARECCHIO

Parti che lo compongono e loro funzioni

Ogni apparecchio fotografico, dal più economico al più


costoso; non è, in sostanza, che una scatola o un tubo im-
penetrabile alla luce, che deve mettere in collegamento due
parti vi tali :
l'oBIETTivo, che produce l'immagine, .
ir FILM, che la riceve.
Tutte le altre parti sono congegni ausiliari che hanno il com-
pito di facilitare le tre operazioni che producono il nega-
tivo :
PUNTAMENTO
MESSA A FUOCO ,
ESPOSIZIONE . .

Strumenti per il puntamento

Saper puntare una macchina fotografica è importante


come saper puntare un fucile; e anche il fotografo si serve
di un mirino. Può scegliere fra due tipi radicalmente diver-
si: il mirino all'altezza dell'occhio, in ·cui si guarda tenendo
l'apparecchio vicino all'occhio, e il mirino all'altezza del
petto, in cui si guarda dall'alto, tenendo l'apparecchio vi-
cino al petto. Le fotografie fatte con apparecchi che hanno ·
il mirino all'altezza dell'occhio hanno, più o meno, la stessa
' prospettiva che si presenta allo sguardo.: non veramente
«sbagliata», ma spesso alquanto piatta e usuale. Le foto-
grafie fatte con apparecchi che hanno il mirino all'altezza
del petto hanno di solito una prospettiva più o meno « di
sotto in su», che le rende meno comuni e perciò più inte-
ressanti. Gli apparecchi con mirino all'altezza dell'occhio si

33
prestano meglio alle fotografie Ìmprovvise e rapide, motivo
per cui questo tipo di mirino è montato sulla maggior parte
degli apparecchi di formato 24 per 36 millimetri e di quelli
usati dai fotoreporter. 1 Tuttavia l'immagine che si forma su
questo mirino è spesso molto piccola, non corrisponde sem-
pre all'immagine che si forma sul negativo e, salvo nel-
le macchine reflex a prisma, non indica la profondità di
campo.
I mirini all'altezza del petto sono di due tipi :
'Mirino brillante, di vetro non smerigliato, che si trova sol-
tanto sugli apparecchi di minor prezzo. L'iminagine che
produce è sempre nitida su tutti i piani, sia o non sia l'ap-
parecchio messo a fuoco, e non consente di osservare la
profondità di campo.
Mirino di vetro smerigliato, che mostra l'immagine pro-
dotta dall'obiettivo, o dal suo gemello, nello stesso formato
del nega tivo, indicando chiaramente se l'immagine stessa
è o non è messa a fuoco, nonché la profondità di campo.
Macchine dotate di questo tipo di mirino, che è somma-
mente versatile, sono, fra le altre : i diversi modelli della
Graflex nei formati grandi; la Hasselblad, la Mà.ster Re-
flex, la ReHex Korelle e la Primarflex nel formato 6 x 6 cen-
timetri; la Exakta e la Alpa Reflex nel formato 24 x 'i6 milli-
metri ; e tutte le macchine reflex a -due obiettivi del tipo Rol-
leiflex ~ In queste ultime tuttavia il mirino, per motivi tec-
nici e per consentire altri vantaggi, è costruito in modo da
non mostrare la profondità di campo (v. pag. 203) .

Stmm enti per la messa a fuoco


METTERE A Fuoco significa regolare la distanza fra obiet-
tivo e film a seconda della distanza fra obiettivo- e soggetto
allo scopo di produrre sul negativo un'immagine nitida. Per
la m essa a fuoco sono necessari due strumep.ti : 1) un con-

r 'L'A. si riferisce ai fotoreporter americani, i quali usano in


genere apparecchi di grande formato. In Europa, e particolarmente
in Italia, la macchina fotografica più usata dai fotoreporter è in-
vece i<J. reflex a due oqiettivi, che ha il mirino all'<l-Itezza del petto.
(N.d.t.)

34
gegno ottico (telemetro ~ o vetro smerigliato) per mez:~;o del
quale vediamo se l'immagine è o non è a fuoco; 2) un con-
gegno meccanico (montatura elicoidale o montatura a car-
rello) per mezzo del quale lo strumento ottico di controllo
indica che l'immagine è a fuoco.

Strumenti per l'esposizione

ESPORRE significa fare arrivare alla pellicola la quantità


di luce necessaria e sufficiente per produrre un negativo del-
Ia voluta densità e del voluto contrasto. Ciò si ottiene, per
mezzo di due strumenti:

1) il diaframma, che regola il diametro di un obiettivo


facendo entrare più o meno luce;

2) l'otturatore, che regola il tempo per cui la luce può


raggiungere la pellicola. Esistono due tipi radicalmente di-
versi di otturatore: l'otturatore centrale, montato nell'obiet-
tivo; e l'otturatore a tendina, montato nell'interno dell'ap-
parecchio e più esattamente in prossimità del piano focale,
ossia del piano su cui si trova la pellicola. Il primo tipo,
nei suoi migliori esemplari e nelle migliori condizioni di
funzionamento, è più preciso e più facilmente sincronizza-
bile con i vari lampeggiatori a lampade ed elettronici; il
secondo tipo permette pose più rapide ma è sovente meno
preciso e più difficilmente sincronizzabile con i lampeggia-
tori, specialmente quelli elettronici. Gli apparecchi reflex
a un obiettivo e gli apparecchi di formato 24 x 36 sono ge-
neralmente dotati di otturatori a tendina; gli apparecchi
reflex a due obiettivi e gli apparecchi di grande formato
hanno otturatori centrali. Vi sono però alcune macchine
di grande formato, usate dai fotoreporter, con otturatori
di entrambi i tipi, ciascuno dei quali usabile separata-
mente.
Il diagramma çhe segue mostra in forma schematica le
relazioni esistenti fra i · diversi strumenti dell'apparecchio
fotografico e i loro effetti :

35
L'OBIETTIVO

l vari tipi e misure di obiettivi sono forse non meno


numerosi delle razze canine. Hanno però tutti, dai più
semplici ai più complessi, alcune proprietà fondamentali
e0muni e sono soggetti alle medesime leggi ottiche. Come
già si è .detto, non è necessario sapere come un obiettivo
produce un'immagine; non è necessario conoscere le leggi
dell'ottica; non è necessario sapere che cosa sono la rifra-
zione, l'astigmatismo, l'aberrazione sferica, la curvatura di
campo, il coma o i punti nodali; non è necessario, ripeto,
sapere tutto questo per essere in grado di scegliere intelli-
gentemente un obiettivo e di usarlo con i migliori risultati.
Tutto quello che il prinèipiante deve imparare è il signifi-
cato dei termini LUNGHEZZA FOCALE, APERTURA RELATIVA e
CAMPO UTILE, che ora spiegherò.

La lunghezza focale

Là lunghezza focale (o, più semplicemente, focale) di un


obiettivo determina la scala dell'immagine sul negativo:
tale immagine è tanto maggiore quanto più grande è la
e
lunghezza focale. Focale grandezza dell'immagine sono
direttamente proporzionali : un obiettivo di focale doppia
di un altro produce un'immagine due volte più grande.
Se si vuole aumentare la scala di resa di un soggetto
bisogna usare un obiettivo di focale maggiore; se si vuoi
diminuirla, bisogna usare un obiettivo di focale più corta.

i :: :::gs:gl
Focale breve = immagine piccola.

\!;t =:>l< z l
'Il.
lunghezza focale
= 150 mm

Focale più lunga= immagine pitt grande

La lunghezza focale di un obiettivo è la distanza tra il


centro (press'a poco) dell'obiettivo e il film su cui questo
proietta una immagine nitida di un oggetto situato « infini-
tamente » lontano, per esempio il sole. Per calcolare appros-
simativamente la focale di un obiettivo volgetelo verso il
sole e misurate la distanza a cui si forma l'immagine più
piccola e nitida del sole stesso (che, incidentalmente, è an-
che la più rovente, per cui state attenti a non proiettarla sul
palmo della mano, altrimenti potreste scottarvi). Un obiet-
tivo fotogra fico non è, in .sostanza, pull'altro che una lente
(anche se è composto di parecchie lenti unite) e in una
, giornata di sole potete usarlo per accendere una sigaretta.
La focale di un obiettivo si misura in centimetri o in mil-
limetri e,d è generalmente indicata ~ulla montatura. Si può

37
Quanto più lunga è la focale di
un obiettivo, tanto più grande è
l'immagine che produce.

definirla la più breve distanza, tra il centro dell'obiettivo 1 e il


film, a cui l'obiettivo può ancora produrre un'immagine ni-
tida. Quando l'obiettivo è in questa posizione si dice che è
messo a fuoco « sull'infinito ». Perché formi immagini nitide
di oggetti più vicini bisogna aumentare la distanza tra il cen-
tro dell'obiettivo e il film in misura che dipende dalla di-
stanza tra l'obiettivo e il soggetto: cioè bisogna « metterlo
a fuoco». Perché produca un'immagine della stessa gran-
dezza del soggetto (grandezza naturale), la distanza fra il
centro dell'obiettivo e il film deve essere circa il doppio della
focale dell'obiettivo; perché produca un'immagine grande il
doppio del soggetto (si tratta naturalmente di soggetti molto
piccOli, come per esempio fiori o insetti), la distanza tra il
centro dell'obiettivo e il film deve essere il triplo della foca-
le; e così via. La più breve distanza dal soggetto a cui un
obiettivo può ancora formare un'immagine nitida è uguale
alla sua lunghezza focale; in questo caso, assolutamente ipo-
tetico, la distanza fra il centro dell'obiettivo e il film dovreb-
. be essere enorme, anzi «infinita».

1 Più esattamente: il « nodo di emissione », che nei teleobiettivi


e negli obiettivi . grandangolari « retrofocus » può trovarsi anche
fuori dell'obiettivo.
A seconda della loro focale si suddividono generalmente
gli obiettivi in « normali », « grandangolari » e « te-
leobiettivi ». Questa classificazione non vale però in asso-
luto. Lo stesso obiettivo può essere definito di lunghezza
focale relativamente piccola se Io si usa per impressionare
un negativo di grande formato, e di luhghezza focale re-
lativamente grande se lo si usa per un negativo di pic-
cole proporzioni. Per esempio : un obiettivo grandango-
lare per un negativo di I 8 x 24 centimetri ha una lun-
ghezza focale di I 50 millimetri; lo stesso obiettivo, mon-
tato su un apparecchio di formato 9 x I 2, funzionerebbe
come obiettivo « normale », poiché la focale normale per
un negativo 9x I2 è appunto di I 50 millimetri; e, mon-
tato su un apparecchio reftex di formato 6 x 6, lo stesso
obiettivo che avevamo considerato grandangolare funzio-
nerebbe come un teleobiettivo, poiché la focale normale
per un negativo 6x6 è di 75 millimetri.

La focale « normale » per ogni formato negativo è quasi


eguale alla diagonale del negativo stessç>. Ogni obiettivo di
focale superiore alla diagonale del negativo è un obiettivo ~< a
fuoco lungo » o teleobiettivo; ogni obiettivo di focale infe-
riore deve considerarsi « a fuoco corto », ossia grandangolare.

L' ap•e rtura relativa

L 'apertura relativa' è la misura della luce che un obiet-


tivo trasmette. Quanto maggiore è il diametro di un
obiettivo, tanto più grande è la quantità di luce che esso
trasmette al film e ·più alta la sùa « rapidità» .

L'apertura relativa di un obiettivo non può essere misu-


rata direttamente come la sua lunghezza focale, poiché è in
funzione di due fattori : la stessa lunghezza focale e il dia-
metro dell'obiettivo. L 'apertura relativa si può esprimere
sotto forma di frazione : è uguale alla lunghezza focale di-
visa per il diametro d ella lente frontale dell'obiettivo.' Per
1 A rigore ciò non è del tutto esatto. In realtà, per determinare
l'apertura relativa bisogna tener conto del diametro « effettivo »,
che generalmente è un po' più grande di quello della lente frontale.

39
brevità la si indica con un numero preceduto dalla lettera
effe. Se, per esempio, il diametro di un obiettivo è di 23 mil-
limetri e mezzo e la sua focale è dì i 50 millimetri, per deter-
. minare approssimativamente l'apertura relativa basta divi-
dere rso per 23,5. Si ottiene il numero 6,3 che può essere
scritto in diversi modi: «f. 6,3 », oppure « f/6,g » o anche .
« I : 6,3 ».

L'APERTURA RELATIVA DI QUESTO OBIETTIVO t!: f/3

L Lunghezza focale = 3 diainetri (messa a fuoco all ' infinito)

Pér meglio comprendere l'importanza del rapporto tra


_J
diametro e focale dell'obiettivo, consideriamo un caso ana-
logo. Immaginiamo che una finestra rotonda; con un dia-
metro di go centimetri, illumini una piccola stanza, la cui
parete disti dalla finèstra 2 metri e 70 centimetri. Immagi-
niamo poi una seconda stanza, anch'essa illuminata da una
finestra rotonda che abbia un diametro di go centimetri : ma
questa stanza ha una profondità doppia, cioè una distanza
di 5 metri e 40 centimetri tra finestra e parete. È ovvio che,
pur essendo le due finestre di uguale grandezza, la parete
della seéonda stanza, che è più lontana dalla finestra, riceve
meno luce della parete della prima. Poiché l'intensità della
luce è inversamente proporzionale al quadrato della distan-
za tra l'oggetto illuminato e la fonte luminosa, la parete che
si trova a 5 metri e 40 centimetri dalla finestra riceve sol-
tanto un quarto della luce che arriva sulla parete che si tro-
va a 2 metri e 70, sebbene la distanza sia soltanto doppia.
Questo esempio chiarisce il motivo per cui la formula che
definisce la « luminosità» o « rapidità » di un obiettivo de-
ve comprendere due fattori: diametro .e lunghezza focale.
Da solo il diametro non dà nessuna indicazione sulla lumi-
nosità di un obiettivo. Soltanto conoscendo la distanza tra
l'obiettivo (la finestra) e la pellicola (la parete) possiamo
calcolare la quantità di luce che .raggiungerà il negativo e
quindi determinare il tempo di posa. II modo più semplice
per indicare con una sola formula il diametro di un obiet-
tivo e la sua lunghezza focale è in forma di frazione : lun-
ghezza focale divisa per il diametro. Secondo questa formu-
la l'apertura relativa della finestra di go centimetri di dia-
metro che si trova nella stanza larga 2 metri e 70 centimetri
è pari a 270 : go, cioè f / 3; mentre l'apertura relativa della
finestra di _uguale diametro che si trova nella stanza larga 5
metri e 40 centimetri è molto inferiore: 540: go, .cioè f j 6.

Una cosa che lascia molto perplesso il principiante è


che quanto più un obiettivo è luminoso, tanto più pic-
colo è il numero indicante la sua apertura relativa.
Un obiettivo f / 1,5 è molto più luminoso di un obiet-
tivo f/3,5, che a sua volta è molto più luminoso di
un obiettivo f j 6,3, e così -via. Il motivo di questo ap-
parente · controsenso è in quanto è stato detto sopra :
la . luminosità di un obiettivo è espressa in forma di
frazione : lunghezza focale divisa per il diametro.

Il diaframma
L'apertura relativa di un obiettivo equivale alla sua pm
grande apertura di diaframma. Questa apertura di diafram-
ma indica la sua massima luminosità.
Tuttavia non sempre è desiderabile fare fotografie « a tut-
ta apertura », e ciò per due motivi :
I) quanto maggiore è l'apertura di diaframma, tanto mi-
nore è la profondità di campo (v. pag. g2);
2) quanto maggiore è l'apertura di diaframma, tanto
maggiore è il pericolo di sovresposizione. Quando la luce è
molto forte (su una spiaggia, su scenari nevosi illuminati dal
sole, sui ghiacciai) gli otturatori della maggior parte degli

41
apparecchi non consentono pose tanto rapide da evitare la
sovresposizione se il diaframma è aperto al massimo.
Lo strumento che si usa per ridurre l'apertura relativa,
cioè per rendere meno luminoso l'obiettivo, è il diaframma,
che è inserito nell'obiettivo stesso. È graduato in numeri / f
analoghi a quelli che si usano per definire l'apertura rela-
tiva d egli obiettivi : questi numeri si ottengono dividendo
la lunghezza focale dell'obiettivo per il diametro delle ri-
spettive aperture di diaframma. Queste sono calcolate in
modo che ognuna richieda un tempo di posa doppio di
quella immediatamente più larga (e cioè numericamente in-
feriore). Un'apertura di diaframma indicata dal numero 8
richiede, per esempio, una posa doppia dell'apertura prece-
dente; indicata dal numero 5,6. In altre parole, quando
l'apertura del diaframma viene dimezzata, cioè portata da
un numero a quello immediatamente superiore, la posa de-
. ve essere raddoppiata. La tabella che segue indica la corre-
lazione fra le aperture di diaframma, i rispettivi fattori di
posa, la profondità di campo e la luminosità dell'immagine
che si forma sul vetro smerigliato :

11,4 1 2 12,8 1 4 15,6 1 8


Sistema
americano
l
l
l
11
1161 '22
Fattori
di posa l 2 4 8 16 32 64 1128 256 512
Sistema
tedesco
1,3 l 1,6 2,2 3,2 4,5 6,3 9 12,5118 125
l

Aperture di · diaframma più Aperture di diaframma più


grandi. piccol e .
Numeri/f più piccoli. Numeri/f più grandi.
Profondità di campo . minore. Profondità di catnpo maggiore .
Tempi . di posa più bfevi. · Tempi di posa più lunghi.
Immagine più chiara sul vetro Immagine più scura sul vetro
smerigliato. smerigliato.
IL RAPPORTO FRA TEMPI DI POSA A DIFFERENTI iA PERTURE
DI DIAFRAMMA È UGUALE AL RAPPORTO FRA I QUADRATI DEI
NUMERI INDICANTI LE STES'SE APERTURE DI DIAFRAMMA

Esempio : il rapporto fra il quadrato di 3,5 e il' quadrato


di 8 è I2 ,25 : 64, ossia I : 5,22, Se l'esposimetro indicasse
una posa di I l I oo di secondo a f /3,5, ma volessimo in-
vece esporre a f l 8, dovremmo farlo per un tempo pari a
I l I oo moltiplicato per 5,22, cioè approssimativamente
I l 20 di secondo; per ottenere un negativo della stessa
densità,

I numerilf sono indici dell'intensità luminosa dell'imma-


gine sul vetro smerigliato e sulla pellicola. Per esempio, il
numero f l 4,5 indica sempre lo stesso grado di luminosità
dell'immagine e richiede lo stesso tempo di posa, sia che
rappresenti l'apertura relativa (cioè la più grande apertura
possibile) di un obiettivo f l 4,5, sia che rappresenti una
apertura di diaframma intermedia di un obiettivo con aper-
tura f l I ,5. Non importa che si tratti di un gigantesco te-
leobiettivo per un apparecchio di grande formato o di un
minuscolo obi'ettivo grandangolare per una macchina 24 per
36: se entrambi hanno un'apertura relativa pari a f l 4,5, o
se sono diaframmati a tale apertura, non c'è differenza quan-
to ~ luminosità dell'irrtmagine e a durata della posa neces-
sana.

Dispersioni di luce negli obiettivi

NOTA: Gli obiettivi sono fatti di cristallo e il cristallo, pur sem-


brando assolutamente trasparente, assorbe sempre una parte della
luce che lo attraversa. Una quantità anche maggiore si disperde col
riflettersi della luce sulle superfici delle diverse lenti che compongono
l'obiettivo. Nella maggior parte degli obiettivi in commercio la per-
dita di luce è trascurabile agli effetti del calcolo del tempo di posa;
e inoltre gli esposimetri sono congegnati in modo da compensare
le dispersioni luminose . .Tuttavia gli obiettivi ultraluminosi, composti
di un numero di lenti che può arrivare a sette, con talvolta dieci
superfici non a contatto fra loro, provocano una dispersione lumino- ,-
sa maggiore, che può raggiungere il 50% della luce complessiva.
Lavorando con questi obiettivi bisogna perciò aumentare del 30 e

43
anche del 50% le pose indicate dall'esposimetro, ;altrimenti si n-
schierebbe di sottesporre.

Luminosità degli obiettivi e fotografie da brevi distanze

La luminosità di .un obiettivo 110n è assoluta, ma dipende


dalla sua distanza dal soggetto. Non bisogna dimenticare che
la luminosità è in funzione della lunghezza focale e del dia-
metro. « Lunghezza focale» tuttavia è soltanto un termine
convenzionale per indicare « la distanza tra obiettivo e film
quando il primo è messo a fuoco sull'infinito». Qu,ando
l'obiettivo non è· messo a fuoco sull'infinito, ma su un og-
getto più vicino, la sua distanza dal film aumenta; quanto
più il soggetto è vicino, tanto maggiore è la distanza fra
obiettivo e film. E poiché questa distanza è una delle com-
ponenti della formula che indica la luminosità di un obiet-
tivo, ogni sua variazione comporta un mutamento della lu-
minosità.
Si possono tranquillamente trascurare i piccoli aumenti
della distanza fra obiettivo e film che sono necessari per spo-
stare la messa a fuoco dall'infinito fino a circa un metro. La
perdita dì luminosità che ne deriva è così lieve che a ·neutra-
lizzarla basta la « latitudine di posa » della pellicola, cioè
la sua capacità di compensare una certa dose di sottesposi-
zione. Quando però si mette a fuoco un soggetto molto vi-
cino, la distanza fra obiettivo e film aumenta in misura tale
che la conseguente perdita di luminosità determina una
considerevole sottesposizione, a meno che non sia compen-
sata da un proporzionale aumento di posa. Per riferirei al-
l'esempio delle due stanze: se la dis_tanza di 2 metri e 70
centimetri tra la finestra e la parete corrisponde alla « lun-
ghezza focale » della finestra, noi otteniamo, col calcolo pre-
cedentemente spiegato, una « luminosità» di f / 3- Ma se la
stessa finestra-obiettivo fosse usata per fare un primissimo
piano con l'immagine in grandezza: naturale, per mettere. a
fuoco il soggetto bisognerebbe aumentare la distanza tra
finestra e parete sino a farle raggiungere il doppio della
« lunghezza focale » anzidetta (v. pagg. 36-37). Si rendereb-
be perciò necessaria una distanza di 5 metri e 40 centimetri

44
tra finestra e parete, la stessa che le separa nella seconda
stanza. La « luminosità effettiva» della finestra della prima
stanza si ridurrebbe quindi a f f 6, ossia ad appena 0 della
luminosità che possiede quando è messa a fuoco sull'infinito.
Una t a le perdita di luminosità ha n aturalmente il suo e f-
fetto sul tempo di posa. Poiché l'intensità dell'illuminazione
è inversamente proporzionale al quadrato della distartza tra
la fonte luminosa (l'obiettivo) e l'oggetto illuminato (la pel-
licola), la messa a fuoco su un soggetto vicino, di cui si vo-
glia ottenere una immagine in grandezza naturale {che ri-
chiede una distanza tra obiettivo e film pari al doppio della
lunghezza focale dell'obiNtivo), rende necessario aumentare
il tempo di posa di 22 volte rispetto a quello indicato dal-
l'esposimetro. E 22 è uguale a 4· In altre parole, le foto-
grafie da breve distanza in grandezza naturale richiedono
una posa quadrupla di quelle fatte con l'apparecchio m esso
a fuoco sull'infinito.
L'aumento di posa richiesto da qualsiasi distanza tra obiet-
tivo e film che sia superiore alla lunghezza focale dell'obiet--
tivo si calcola mediante la formula che segue:
distanza obiettivo-film x distanza obiettivo-film
lunghezza focale x lunghezza focale
Esempio : vogliamo fotografare da vicino un fiore, usando
un obiettivo che ha una focale .di · 15 centimetri. La distanza
fra obiettivo e film dopo la messa a fuoco è di 25 centimetri.
Per trovare il fattore, o coefficiente di posa, per cui bisogna
moltiplicare la posa indicata dall'esposimetro, compiamo le
seguenti operazioni :
25X.25 625 .,
- - - = - -.- = Circa 3·
15X 15 225
Ciò significa che la posa del fiore deve essere tripla di
quella indicata dall'esposimetro. Se, per esempio, l'esposi-
metro indicasse una posa di 2 secondi a f / 32, dovremmo
posare 2X3 (cioè 6) SeCO_ndi à f/32 per Ottenere un nega-
tiVO correttamente esposto.
La tabella che segue indica gli aumenti di posa che si ren-
dono necessari col decrescere della. distanza tra ·soggetto e

45
obiettivo e con l'aumentare della distanza tra obiettivo e
film:

Distanza fra soggetto e Distanza tra obiettivo


obiettivo in multipli del- e film in multipli del-
la lunghezza ·focale la lunghezza focale

lInf.1100 l 20 l lO l 5 l 3 : 212 12,513 l 4 l 5 l 6 l 7


Scala di l
riprodu-
zio ne o l 0,25 0,50 gran-
0,01 0,05(,11 dezza 1,5 2 3 4 5 6
Clell'im- natu-
ma gin e rale

F_attore
dt posa IlIl0211111123115612251 4 16 19116 125 136 149
~ ' _·' ' ' '

In pratica è necessario aumentare la posa soltanto se la


distanza tra soggetto e obiettivo è ~nferiore al quintuplo del-
la lunghezza focale dell'obiettivo (v. la freccia nella tabella
sopra riportata). A partire da questo punto, quanto minore
è la distanza tra soggetto e obiettivo (e maggiore quella tra
obiettivo e film) tanto più alto è il coefficiente di posa. Per
le fotografie da brevissime diùanze i tempi di posa indicati
dall'esposimetro devono essere moltiplicati per il corrispon-
dente coefficiente se si vuole ottenere un « negativo tecni·ca-
mente perfetto ».

I l ca m p o utile

Dar campo utile di un obiettivo dipende la possibilità di


usarlo per un determinato formato negativo. Quanto
maggiore è il campo utile, tanto più grande è il negativo
che esso può « coprire ».

Il campo utile non ha nulla a che fare con la lunghezza


focale. Un obiettivo di grande focale può avere un campo
utile limitatissimo, e viceversa. II « teleobiettivo » di 75 mil-
limetri di una macchina da presa cinematografica, per esem-
pio, ha un campo utile appena sufficiente per « coprire » il
minuscòlo rettangolo della pellicola cinematografica; l'obiet-
tivo « normale » di 75 millimetri di una Rolleiflex « copre »
il formato negativo, molto più grande, di 6 centimetri per
6; e l'obiettivo grandangolare di 75 millimetri Zeiss Dagor
fjg ha un campo utile tanto grande da poter «coprire »
negativi relativamente enormi di forrriato 9 x 1 2.
Ogni obiettivo produce un'immagine di forma circolare
ma di qualità non uniforme. L 'immagine è più nitida al
centro e diviene sempre meno nitida avvicinandosi all'orlo.
Per la fotografia è utile soltanto la parte nitida Cel}trale; le
zone vicine all'orlo sono inutilizzabili. Per questo motivo il
formato del negativo deve essere sempre contenuto nella
parte interna « utile » del cerchio. Il diametro di questa
parte interna nitida, di conseguenza, non deve essere mai
inferiore alla diagonale del negativo.

Tre obiettivi di uguale lunghezza foc'a le, ma di differente campo utile. ·r


cerchi .tratteggiati indicano la zo_na nit ida dell'in\magine (con gli obiettivi
messi a fu oco s ull'inOnito) .

~
\
l
'
3ii:
~-,
\
\
1
l
l
::0,'
...l•
ii:

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ii: l /
l Il '>"? ! .,-"
l
/
OBI ETTIVO GRANDANGOLARE

Obie ttivi in posizione Obiettivi sollevati


nOrmale per correggere la prospettiva

47
Possiamo immaginare questa parte interna «utile », che
ha anch'essa forma circolare, come la base di un cono che
abbia il suo apice al centro d ell'obiettivo (perché l'altezza
del cono sia eguale alla focale dell'obiettivo bisogna che
questo sia messo a fuoco sull'infinito). L '"angolo formato dal-
la superficie laterale di questo cono è la misura del campo .
utile. Gli obiettivi « normali » hanno un campo utile va-
riante fra 45 ·e 55 gradi; quello d ei teleobiettivi è più stretto,
mentre quello degli obiettivi gral1dangolari va da 6o a 140
gradi. È stato fabbricato qualche obiettivo grandangolare
con un campo utile che raggiunge 2 r o gradi, il che significa
letteralmente che con simili obiettivi sipuò fotografare « al-
l'indietro ».
Il campo utile della maggior parte degli obiettivi normali
· è appena sufficiente a impressionare nitidamente il negativo
cui sono destinati; sufficiente, cioè, purché tali obiettivi sia-
no montati su. apparecchi privi di congegni per l'inclinazio-
ne del piano della pellicola e per gli spostamenti dell'obiet-
.tivo, sia in alto e in basso che laterali. Gli obiettivi destinati
·a d apparecchi di questo tipo d evono avere un campo utile
molto superiore al normale; altrimenti gli spostamenti del-
l'obiettivo e le inclinazioni della pellicola potrebbero lascia-
re fuori del cerchio nitido una · parte dell'immagine, renden-
dola quindi inutilizzabile.
Il campo utile della maggior parte degli obiettivi aumenta
. con la chiusura dèl diaframma. In qualche caso l'aumento
è tale che l'obiettivo di'aframmato può « coprire » un nega-
tivo di grandezza doppia rispetto a quello « coperto » dal-
l'obiettivo a tutta apertura (per esempio gli obiettivi Goerz
Dagor). Quando si desidera che l'intero negativo sia perfet-
tamente nitido (specialmente nella riproduzione di docu-
menti, disegni e quadri) il diaframma deve essere. chiuso
quanto possibile per utilizzare la massima capacità di «co-
pertura » dell'obiettivo, ossia per dargli il massimo campo
utile.
Il campo utile di tutti gli obiettivi aumenta col decrescere
della distanza dal soggetto. Questa proprietà è particolar-
mente utile guando si devono fare fotografie da brevissime
distanze in grandezza naturale o sup·eriore alla naturale. Se
. il soffietto o i tubi di allungamento di un apparecchio n·o n
sono abbastanza lunghi per raggiungere la distanza tra obiet-
tivo e film che è necessaria per fotografie di questo genere,
il problema può essere risolto sostituendo l'obiettivo « nor-
male » con uno di minore lunghezza focale . Gli obiettivi
di lunghezza focale tra 25 e 75 millimetri sono particolar-
mente adatti alla fotografia da brevi distanze con apparec-
chi di formato 9 x I 2. Per esempio, un obiettivo che abbia
una focale di 25 millimetri, costruito per « coprire~> unfor-
mato minimo come quello della pellicola cinematografica di
I 6 millimetri, può « coprire » perfettamente, a una distan-
za di 25 centimetri dal film, un negativo 9x I2, produ-
cendo una immagine nove volte superiore alla grandezza
naturale.

IL FILM

Caratteristiche fondamentali

Oggi sono in commercio innumerevoli varietà di mate-


riale negativo, ciasqma delle quali si presta a uno specifico -
tipo di lavoro: Chiedere al commesso di un negozio di arti-
coli fotografici « un rotolo di pellicola » senza chiarire il
tipo che si desidera sarebbe assurdo come chiedergli « una
macchina fotografica » senza specificare il modello. Per sce-
gliere la pellicola più adatta, e per farne buon uso, è neces-
sario un certo numero di cognizioni teoriche, proprio còme è
necessario per scegliere un apparecchio o un obiettivo. Ma,
come nel caso degli apparecchi e degli obiettivi, tutti i tipi
di materiale negativo possono essere classificati in base a
poche caratteristiche sostanziali. Quando il dilettante avrà
acquistato una certa dimestichezza con le proprietà fonda-
mentali del .materiale negativo, egli potrà valutare i pregi e
i difetti di ogni film e sapere quale tipo sia il più indicato
- per ciascun lavoro. -
Cinque sono i criteri di classificazione del materiale ne-
gativo:
I) tipo: rotoli , filmpack, pellicole piane, lastre nei vari
formati;
2) sensibilità cromatica: materiale per riproduzioni sensi-

49
bile al blu, materiale ortocromatico (non sensibile al rosso),
materiale pancromatico (sensibile a tutti i colori), materiale
sensibile alle radiazioni infrarosse;
3) sensibilità luminosa: bassa, media, alta, altissima;
4) grana: fine, media, grossa;
5) gradazione: contrastata, normale, morbida.
A · parte queste diversifiçazioni, e all'influenza che hanno
sui tempi di posa e sui metodi di sviluppo, tutto il materiale
negativo è soggetto a regole comuni di uso e di conserva-
ZIOne.

Dieci cose da fare o da non fare

I. Non toccate con le dita l'emulsione,del negativo: pos-


sono restarvi macchie indelebili provocate dalla imman-
cabile traspirazione acida della pelle.
2. Quando maneggiate negativi, prendeteli e teneteli sem-
pre per gli orli per il motivo indicato al n. I.
3· Il materiale negativo deve essere conservato in un luo-
go fresco e asciutto. L'umidità e il calore alterano lenta-
mente il film non esposto e ·danneggiano anche irrepara-
bilmente i negativi già sviluppati.
4· Caricate sempre l'apparecchio all'ombra. Nessuna con-
fezione del materiale negativo è tanto impenetrabile alla
luce da impedire del tutto che il film resti velato, almeno
sugli orli, per una diretta esposizione al sole. Se non c'è
ombra voltate le spalle alla fonte luminosa e caricate l'ap-
parecchio nella zona d'ombra proiettata dal vostro corpo.
5· Quando comperate una pellicola guardate la data di
scadenza stampata sull'involucro : è la garanzia della sua
freschezza. La pellicola vecchia può perdere sensibilità e
contrasto e può essere, in parte o completamente, velata.
6. Assicuratevi che la pellicola in rotoli sia strettamente
arrotolata in ogni momento. Quando caricate l'apparec-
chio tenetela ben tesa e non !asciatela svolgere, altrimenti
potrebbe prender luce. Infilate con attenzione la linguetta
di carta nella fessura della spoletta vuota. Fatele una
piega netta in modo che il film si avvolga regolarmente e
senza protuberanze.

50
7· I filmpack sono molto delicati. Teneteli soltanto per
gli orli. Non premeteli sulle superfici perché potrebbero
prender luce e velarsi. .
8. Tirate lentamente le linguette dei filmpack, altrimenti
la frizione potrebbe generare elettricità statica, che lascia
sul film sgradevoli striature (v. la tavola fuori testo 22).
State attenti ad estrarre le linguette completamente, al-
trimenti · tutte le fotografie successive resteranno parzial-
mente « amputate » dal pezzo di pellicola non comple-
tamente estratto.
g. Quando caricate l'apparecchio con pellicola piana, as-
sicuratevi che la superficie recante l'emulsione sia dalla
parte giusta. Le pellicole piane sono contrassegnate da
dentellature che variano a seconda della marca e del-
l'emulsione (leggete le istruzioni allegate). La parte emul-
sionata sta di front e a voi quando, tenendo il film ver-
ticalmente, la dentellatura è nell'angolo a destra in
alto.
ro. Quando fate fotografie con luce forte, non lasciate
l'apparecchio scoperto più del necessario. Se adoperate
filmpack o pellicola piana, tenete i telai al riparo dalla
luce fino al momento dell'uso.

TIPI DI MATERIALE NEGATIVO

Vi sono quattro tipi di materiale negativo, e le loro carat-


teristiche sono le seguenti :

I. FILM IN ROTOLI. Pellicola arrotolata su una spoletta, che


può contenerne strisce di lunghezza variabile tra 6 e 50 pose
a seconda del formato. Si trova in commercio in una gran-
de varietà di emulsioni e formati : dal formato « subminiatu-
ra » (pellicola per macchine da presa di 8 millimetri) a pel-
licole larghe 25 centimetri e lunghe 30 metri, che si usano
con gli apparecchi speciali di grande formato per fotografie
dall'aereo. Il film in rotoli è il tipo più maneggevole e meno
ingombrante di materiale negativo. Si carica facilmente alla
luce, è di uso più facile e di sviluppo più semplice di ogni
altro. Ha però i suoi inconvenienti rispetto agli altri tipi:

51
singole pose non possono essere sviluppate separatamente; è
impossibile passare da un tipo di emulsione ad -un altro sen-
za sacrificare la parte non esposta del rotolo precedente (sol-
tanto ·due macchine fotografiche, la Mamiya Magazine ~i
24 x 36 mm e la Hasselblad di 6 x 6 cm, hanno « magazzini »-
intercambiabili che permettono di passare da un'emulsione
all'altra senza sprecare una sola inquadratura). Congegni
per l'uso facoltativo · della pellicola in rotoli esistono in al-
cune macchine di grande formato con cui si ,usano general-
mente pellicole piane o filmpack .

2. FILMPACK. 12 fogli di pellicola contenuti m un telaio


speciale. Questo tipo di materiale negativo è in commercio ·
in una varietà piuttosto limitata di emulsioni e di formati. I
formati più comuni sono 1'8x 10,5 e il gx 12. Il filmpack uni-
sce la facilità di impiego del film in rotoli al vantaggio di
rendere possibile lo sviluppo separato di singoli negativi, che
possono essere estratti dal telaio senza sacrificare quelli an-
cora non esposti. Si può caricare e scaricare alla luce e per-
mette di passare da una emulsione all'altra. Svantaggi: il
filmpack è il materiale negativo più costoso; l'umidità atmo-
sferica può provocare l'incurvamento della pellicola e per--
ciò il suo allontanamento dal piano focale, con conseguente
perdita di nitidezza dell'immagine.

3· PELLICOLA PIANA. fogli di pellicola più spessa di quella


che si usa per i filmpack, contenuta in appositi telai. Questo
tipo di materiale negativo è -in commercio in una grande
varietà di emulsioni e di formati, da 6xg a r8x24. Ogni
negativo può essere -sviluppato separatamente. Vantaggi: è
più economica del filmpack e generalmente meno soggetta
al pericolo di incurvarsi. Ciò la rende preferibile quando si
devono usare grandi teleobiettivi od obiettivi molto lumi-
nosi, con cui il minimo spostamento della pellicola dal pia-
no focale provoca un'immediata sfocatura data la ristrettis-
sima profondità di campo. Svantaggi : i telai si possono ca-
ricare soltanto in camera oscura e ognuno contiene soltanto
due pellicole, ciascuna con l'emulsione verso l'esterno. Peso
e ingombro: i negativi necessari per mezza dozzina di foto-
grafiç occupano lo stesso spazio dell'apparecchio.
4· LASTRE.. Attualmente si usano soltanto per diapositive,
fotoincisioni e fotografie di carattere scientifico, specialmen-
te in astronomia.

I diversi fonnati del materiale negativo

Ciascun formato ha i suoi vantaggi e i suoi inconvenien-


ti. Ecco alcune considerazioni che possono essere d'aiuto per
quei principianti che non hanno ancora deciso se acquistare
un apparecchio di piccolo, medio o grande formato.

I NEGATIVI GRANDI (da gx I2 centimetri in su) hanno su


quelli piccoli .i seguenti vantaggi:
I) fotografie più nitide : b~sogna ingrandirli meno di quel-
li piccoli. La resa delle superfici è migliore, come pure il
dettaglio e la definizione, specialmente nelle fotografie da
lontano;
2) migliori valori tonali e più ricca gradazione: essendo
minorè la scala di ingrandimento, i valori tonali non ven-
gono « urtati » al punto da far apparire evidente la « gra-
na » della pelliwla e da distruggere la morbidezza delle
sfumature grigie intermedie;
3) minor pericolo di «grana» (v. pag. 62): la minore
scala di ingrandimento permette l'uso di soluzioni di svilup-
po normali, che sono meno costose, di azione più rapida e di
uso più semplice delle soluzioni speciali « a grana fine »
(v. pag. I47);
4) maggior sensibilità « effettiva » del film: l'eliminazione
del pericolo di grana permette l'uso di soluzioni di sviluppo
normali che, contrariamente alle soluzioni «a grana ·fine»,
non richiedono un aumento del tempo di posa (v. pag. 147);
5) composizione più facile: poiché non è necessario Un
ingrandimento eccessivo, piccole sezioni del negativo posso-
no essere ingrandite come fotografie intere: surrogato assai
semplice per un teleobiettivo. L'eliminazione dei partico-
lari superflui rafforza la composizione e conferisce al sog-
getto un maggior valore plastico;
6) sviluppo e stampa più facili: granelli di polvere, fila-
menti, graffi della pellicola appaiono sulla copia stampata

53
molto meno evidenti che nei forti ingrandimenti tratti da
negativi di piccolo formato. ·
Contro questi vantaggi bisogna tener conto dei seguenti
inconvenienti :
I) costo notevolmen te superiore di ogni fotografia;
2) peso e ingombro del materiale negativo. Per esempio,
due pellicole piane 9 x I 2 nell'apposito telaio occupano quasi
lo stesso spazio ed hanno lo stesso peso della pellicola suffi-
ciente per I oo fotografie di formato 24 x 36 millimetri;
3) apparecchi più grandi, pesanti e ingombranti sono na-
turalmente necessari per ottenere negativi di grande forma-
to. Sono apparecchi di maneggio più laborioso e lento, che
restringe la scelta dei soggetti. Ogni apertura di diaframma
dà una profondità di campo minore perché i grandi appa-
recchi richiedono obiettivi di grande lunghezza focale. Se si
vuole una certa profondità di campo bisogna usare piccole
aperture di diaframma e di conseguenza tempi di posa al-
quanto lunghi.

I NEGATIVI PICCOLI (24x36 millimetri) hanno SU quelli


grandi i seguenti vantaggi:
I) costo considerevolmente inferiore di ogni fotografia;
2) possibilità di fare molte fotografie dello stesso sogget-
to, poiché il costo della pellicola è relativamente basso. Ciò
permette di riprendere un avvenimento o una scena in tutti
i suoi aspetti e riduce il pericolo di perdere il momento cul-
minante, il gesto più espressivo, la situazione più dramma-
tica ;
3) meno peso e meno ingombro dell'apparecchio e .quindi
possibilità di fare fotografie rapidamente e senza dare nel-
l'occhio. I caricatori contengono pellicola sufficiente per
lunghe serie di fotografie e i sistemi di caricamento rapido
permettono di scattare diverse volte al secondo;
4) obiettivi molto luminosi sono disponibili per le macchi-
ne di piccolo formato. Nelle grandi lunghezze focali, neces-
sarie per « coprire » i negativi di grande formato, obiettivi
di pari luminosità sarebbero di peso e costo proibitivo;
s) unti maggiore profondità di campo è possibile ad ogni
apertura di diaframma data la minore lunghezza focale degli
obiettivi. Ciò permette l'uso di tempi di posa più rapidi;

54
6) il materiale negativo per 36 pose occupa meno spazio
di un pacchetto di sigarette.
Contro questi vantaggi bisogna tener conto di:
·x) minore nitidezza, avvertibile specialmente nei forti in-
grandimenti;
2) pericolo di grana sempre presente. Per evitare la grana
bisogna usare pellicola poco sensibile di grana fine (v. pa-
gina 62) e soluzioni di sviluppo « finegranulanti » che ridu-
cono la sensibilità della p ellicola (v. pag. I47);
3) gradazione inferiore perché la necessità di fare forti
ingrandimenti porta ad un impoverimento dei valori tonali;
4) perdita di sensibilità « effetti va » del film (v. la spie~
gazione al n. 2);
5) sviluppo e stampa più difficili perché il più forte in-
grandimento rende maggiormente visibili i granelli di pol-
vere, i filamenti e i graffi del negativo. Anche se lo sviluppo
e la stampa vengono compiuti con la massima attenzione,
le fotografie risultano sempre inferiori a quelle che si ·pos-
sono ottenere da negativi di grande formato, principalmen-
te per le ragioni illustrate ai nn. I e 3·

IL NEGATIVO DI GRANDE FORMATO è raccomandabile per


colui che ama lavorare con calma e con cura, per chi ha
un temperamento tranquillo, per chi desidera la perfe-
zione tecnica, per il fotografo che intenda specializzarsi
in soggetti inanimati e ami la resa fedele delle superfici,
la nitidezza e la buona definizione dei contorni.
IL NEGATIVO DI PICCOLO FORMATO è raccomandabile per
il fotografo svelto e impulsivo, per colui che ha sempre
« il dito sul grilletto » (cioè sullo scatto dell'otturatore),
per il reporter ch e va alla ricerca della «vita », per il tu-
rista che vuoi viaggiare leggero.
ILNEGATIVO DI FORMATO MEDIO (6x6 e 6xg) è il piÙ in-
dicato per il dilettante senza pretese.

LA SENSIBILITÀ CROMATICA

Nella fotografia in bianco e nero i colori del soggetto ven-


gono tradotti in sfumature differenti di grigio. Per ottenere

55
fotografie che abbiano un aspetto quanto possibile naturale,
l'intensità luminosa· di queste sfumature deve corrispondere
quanto possibile a quella dei colori che esse rappresentano.
Per esempio il giallo - un colore « chiaro » - deve. essere
tradotto in una sfumatura grigia più chiara dell'azzurro,
che alPocchio appare più scuro. Per ottenere la traduzione
del colore in corrispondenti sfumature di grigio la pelli- .
cola è « sensibile ai colori ». ·Tuttavia ostacoli di natu-
ra tecnica hanno finora impedito che si giungesse a rea-
lizzare una pellicola tale da permettere la traduzione di
tutti i colori in sfumature di grigio esattamente corrispon-
denti.
A seconda del loro grado di sensibilizzazione ai colori si
distinguono quattro tipi di emulsioni negative:

I. LE EMULSIONI SENSIBILI AL BLU sono sensibili soltanto


alle radia~ioni ultraviolette, violette e blu, e « cieche » a
tutti gli altri colori. Ne deriva che con tali emulsioni l'az-
zurro risulta bianco; il rosso, l'arancione, il giallo e il verde
risultano n eri. Oggi queste emulsioni si usano soltanto per
scopi speciali (in astronomia, nelle fotoincisioni, ecc.) : in
tali campi la mancanza di una sensibilità generale ai colori
è una virtù piutto~to che un difetto. Queste emulsioni sono
invece inutilizzabili nella fotografia normale.

2. LE EMU'LSIONI ORTOCROl\ilATICHE sono piÙ O meno sen-


sibili a tutti i colori tranne il rosso, che risulta nero. Sono,
tuttavia, eccessivamente sensibili al blu, che rendono troppo
chiaro, quasi bianco. Se è necessario, l'eccessiva sensibilità al
blu può essere corretta con l'uso di un filtro giallo (v. pa-
gina 6g) . Le emulsioni ortocromatiche si usano quando si
vogliono rendere i toni tendenti al rosso e al rosa più scuri
di quanto corrisponderebbe alla loro effettiva intensità lu-
minosa : nei ritratti, per esqnpio, l'insensibilità della pelli-
cola ortocromatica al rosso migliora spesso la resa tonale
della carnagione. A parte questi impieghi speciali, le emul-
sioni ortocromatiche sono usate soprattutto dai dilettanti
perché possono .essere sviluppate sotto la luce rossa (che per-
mette di vedere quello che si sta facendo nella camera oscu-
ra) o semplicemente perché costano meno delle emulsioni
sensibili a tutti i colori, che sono però superiori per resa
cromatica e morbidezza dei toni grigi.

3· LE EMULSIONI PANCROMATICHE SODO piÙ O meno sensi-


bili a tutti i" colori dello spettro. Sono però eccessivamente
sensibili al blu e al rosso, che rendono alquanto più chiari
di come appaiono, e poco sensibili al verde, che rendono
troppo scuro. Qùesti inconvenienti possono essere eliminati
con l'uso degli speciali «filtri correttivi» (v. pag. 70).
Data la loro sensibilità a tutti i colori, le pellicole pancro-
matiche devono essere sviluppate nell'oscurità totale col
metodo « automatico » menzionato . a pag. 28. Si tratta del
resto del metodo migliore per ottenere risultati costanti e
uniformi, speèialmente col film in rotoli, poiché lo sviluppo
separato di ogni posa è tecnicamente impossibile. Perciò lo
sviluppo nell'oscurità totale non è in realtà un « inconve-
niente » ; e, dato che la sens.i bilità a tutti i colori è certa-
mente una caratteristica desiderabile, le pellicole pancroma-
tiche devono essere considerate a·migTìor materiale negativo
oggi disponibile per uso generale.

4· LE PELLICOLE . INFRAROSSE hanno un'emulsione pancro-


matica la cui sensibilità al rosso è stata portata al di là
dello spettro visibile fino a comprendere le « invisibili » ra-
diazioni infrarosse. La . radiazione infrarossa è una radia-
zione « termica » e di conseguenza, usando·, ·p ellicola infra-
rossa, è possibile, per esempio, fotografare nell'oscurità to-
tale un ferro riscaldato. Poiché le radiazioni infrarosse han-
no una straordinaria capacità di penetrare la foschia atmo-
sferica, le ·pellicole sensibilizzate all'infrarosso sono ideali per
la telefotografia e per la fotografia dall'aereo, in cui il velo
atmosferico e la foschia sono troppo densi per permettere
l'uso di materiale negativo ordinario. Anche un panorama
lontano, completamente invisibile all'occhio umano e alle
emulsioni ordinarie, può essere re_g istrato con perfetta chia-
rezza su una pellicola infrarossa. Questa non è invece utiliz- .
zabile per la fotografia di soggetti ordinari dato il modo
« innaturale » in cui rende i valori tonali. Le acque azzurre
e il cielo, per esempio, risultano neri, mentre il fogliame de-
-gli alberi e l'erba risultano bianchi. Questa strana resa, tut- .

57
tavia, non dipende dai colori intrinsechi dei diversi oggetti,
ma dal fatto che questi possono riflettere o assorbire le ra-
diazioni infrarosse. Poiché tali radiazioni sono invisibili al~
l'occhio umano, non è possibile predire se e quanto un certo
colore risulterà chiaro o scuro. Le acque azzurre e il cielo
appaiono neri nella fotografia con pellicola ' infrarossa non
perché sono azzurri, ma perché assorbono le radiazioni in-
frarosse; le foglie degli alberi e l'erba appaiono bianchi non
perché sono verdi, ma perché la clorofilla che contengono ri-
flette le radiazioni infrarosse.
Poiché le emulsioni infrarosse sono sensibili anche alle
radiazioni luminose visibili, per ottenere il tipico « effetto
infrarosso » è necessario usare speciali filtri . Nella maggior
parte dei casi i filtri Kodak Wratten n. rs, 25 o 29 sono più
che sufficienti, anche se lasciano passare una parte delle
radiazioni rosse visibili. Se si vuoi fare una fotografia basata
in modo predominante sulle radiazioni infrarosse, si deve
usare uno speciale filtro nero come il Kodak Wratten n. 87
o n. 8gB.
Per ottenere i migliori risultati si seguano le istruzioni
che accompagnano la pellicola.
Un ramo relativamente recente della fotografia è la presa
di immagini nell'oscurità totale con l'aiuto di speciali flash
« infrarossi ». Le lampade sono rivestite di una lacca nera
che praticamente assorbe tutte le ra diazioni luminose visibili
e lascia passare soltanto quelle infrarosse. Non occorrono
speciali filtri, dato che è già eliminata tutta la luce visibile
che potrebbe «guastare l'effetto».

5· ULTRAVIOLETTO. Tutte le emulsioni fotografiche sono


molto sensibili alle radiazioni ultraviolette, invisibili all'oc-
chio umano, In genere ciò non ha conseguenze poiché in
condizioni ordinarie le radiazioni ultraviolette sono mesco-
late alla luce visibile in misura trascurabile. A grandi al-
tezze (in montagna e nella fotografia dall'aereo) le radia-
zioni ultraviolette possono però diventare così forti da co-
stituìre una vera e propria «peste fotografica». Gli obiet-
tivi ordinari non sono « trattati » per le radiazioni ultravio-
lette e le concentrano perciò su un piano focale diverso da
quello della luce visibile. Ne risultano immagini « ultravio-
lette» sfocate1 che si sovrappongono alle immagini nitidf
formate dalla luce visibile. Finché l'immagine « ultraviolet-
ta » è debole, rimane invisibile. Ma se le radiazioni ultra-
violette diventano troppo forti, l'immagine sfocata che
proiettano produce una « inspiegabile » mancanza di niti-
dezza nel negativo. Per evitare questo pericolo si deve usare
uno speciale filtro che assorbe le radiazioni ultraviolette e
impedisce loro di raggi].lngere la pellicola.

LA SENSIBILITÀ LUMINOSA

Perché si possano determinare esattamente i tempi di posa


e le aperture di diaframma, ad ogni emulsione negativa si
·assegna un certo grado di sensibilità alla luce, che fornisce
la base per la n'~golazione degli esposimetri. Purtroppo sono
attualmente in uso parecchi differenti sistemi di misurazio-
ne della sensibilità luminosa, ma soltanto tre sono importan-
ti: il sistema ASA (American Standard Association) che è
destinato, a lungo andare, a prevalere sugli altri; il sistema
Weston; e il sistema Generai Electric.1 La sensibilità dei vari
tipi di pellicola viene ogni tanto modificata dai fabbricanti
ed è perciò inutile indicarla qui : la si trova nelle istruzioni
che accompagnano la pellicola.
Quanto più la sensibilità. di un'emulsione è alta, tanto più
« rapido » è il film : richiede cioè pose più brevi e diafram-
mi più piCcoli, che aumentano la profondità di campo. Le
pellicole « rapide » danno negativi correttamente esposti in
situazioni in cui le pellicole poco sensibili - « lente » - si
dimostrano inadeguate : quando la luce è scarsa, quando si
devono fare pose molto brevi, quando bisogna diaframmare
molto per ottenere la massima profondità di campo. Può
sembrare quindi che le pellicole rapide siano migliori di
quelle lente. È vero il contrario. Le pellicole rapide hanno
due caratteristiche poco desiderabili, che diventano sempre
più pronunciate con l'aumentare della sensibilità: una grarta
più grossa (v. pag. 6I) e una gradazione più morbida (v.

I In Europa il sistema più diffuso è il sistema DIN (Deutsche


Industrie Normenausschutz). (N.d.t .)

59
pag. 64). Per questo motivo la migliore pellicola è sempre
quella meno sensibile che abbia una sensibilità sufficiente per
il determinato tipo di lavoro per cui la si usa.

La sensibilità « effettiva » del film

La sensibilità « effettiva » di un'emulsione negativa non


è un fattore costante ma dipende in larga misura dal colore
dell'illuminazione. Questo è il motivo per cui- alle pellicole
si assegnano sempre due diverse misure di sensibilità, una
per la luce diurna, che è predominantemente azzurra, ·e una
per la luce artificiale, che . è predominantemente rossa. Poi-
ché i differenti tipi di pellicola sono sensibili in modo diver-
so ai vari colori, è ovvio che le pellicole prevalentemente
sensibili al blu sono più « lente », alla luce artificiale, di
quelle pancromatiche prevalentemente sensibili al rosso, che
perciò sono preferibili quando si debbano fare fotografie in
ambienti illuminati artificialmente.
La sensibilità « effettiva » dipende inoltre in misura note-
vole dalla soluzione e -dal metodo di sviluppo. A questO pro-
posito bisogna considerare i seguenti elementi :

1) tipo di soluzione: le soluzioni « finegranulanti » richie- ·


dono generalmente un aumento di ' posa, la cui misura di-
pende dalla: soluzione usata. Queste perdite di sensibilità
« effettiva» possono <trrivare al 65 per cento (v. pagi-
na 147);
2) durata dello sviluppo: uno sviluppo di durata supe-
riore a quella normale aumenta la sensibilità di un'emulsio-
ne, talvolta fino al roo per cento. I negativi « sovrasviluppa-
ti » presentano sempre un contrasto più accentuato e una
grana più evidente di quelli che siano stati 'sviluppati per
)lna durata normale. Tuttavia, in casi difficili, lo sviluppo
prolungato può essere l'unico mezzo per non perdere una
fotografia a cui si tiene : un negativo molto contrastato e di
grana P;rossa è sempre meglio di niente. Inoltre i difetti ac-
cennati si possono sempre correggere,stampando su carta di
gradazione morbida (v. pag. 148).
Uno sviluppo. più breve pel normale riduce invece la

6o
sensibilità di un'emulsione. Quanto più . abbreviato, rispetto
al tempo normale, è lo sviluppo, tanto maggiore è la per-
dita di sensibilità. Poiché lo sviluppo abbreviato produce ne-
gativi di contrasto inferiore al normale, questo metodo è
l'unico che permetta di ottenere fotografie soddisfacenti di
soggetti estremamente contrastati (v. pag. ro2). In questi ca-
si la posa deve esse~e aumentata dal so al I oo per cento per
compensare la riduzione della densità del negativo, provoca-
ta dall'abbreviazione dello sviluppo.
A seconda della lorò sensibilità, le pellicole possono esse-
re suddivise in quattro gruppi. Nella classificazione che se-
gue le pellicole di ogni gruppo successivo al primo hanno
una sensibilità doppia (cioè richiedono una posa pari alla
metà) di quelle del gruppo precedente. Le pellicole del
quarto gruppo hanno una sensibilità tra 6 e ro volte supe-
riore a quelle del primo gruppo.

I. LE EMULSIONI LENTE, COn indice di sensibilità ASA in-


tOrnO a 2S (corrispondente all'indice IS / ro DIN), sono ca-
ratterizzate da grana finissima e da gradazione alquanto
contrastata. Sono ideali per chi usa un apparecchio di for-
mato 24 x 36, purché la loro sensibilità non sia troppo bassa
per il suo particolare tipo di lavoro.

2. LE EMULSIONI MEDIO-RAPIDE, con indice intorno a SO


ASA . (I8jro DIN), sono caratterizzate . da grana fine e da gra-
dazione « normale». Sono le tipiche emulsioni « per tutti gli
Usi», che danno ottimi risultati nella grande maggioranza
dei casi.

3· LE EMULSIONI RAPIDE, COn indice intorno a IOO ASA


(2 r j ro DIN), sono caratterizzate da grana alquanto più visi-
bile e da una gradazione relativamente «morbida». Sono le
più indicate quando la luce è scarsa, quando si debbano
fare' fotografie in teatri e, in genere, in ambienti chiusi con
luce artificiale; infine, per fotografie di avvenimenti sportivi
e di scene movimentate.

4· LE EMULSIONI ULTRA-RAPIDE, con indice ASA tra 200 e


6so (tra 24 / 10 e 29/10 DIN) , sono caratterizzate da grana

61
ancora pm vistosa e daJ gradazione assai morbida. Alcune
pellicole di questo gruppo possono dare negativi utilizzabili
anche se esposte a 2000 ASA (34/IO DIN), purché si prolun-
ghi convenientemente il tempo di sviluppo. Naturalmente
i film di . questo gruppo devono essere usati soltanto in con-
dizioni di luce estremamente sfavorevoli, quando la loro
enorme sensibilità è veramente indispensabile, perché una
sensibilità minore impedirebbe di fare fotografie . .

LA GRANA

L'elemento sensibile alla luce delle emulsioni fotografiche


è composto di innumerevoli particelle di sali d 'argento. Lo
sviluppo le trasforma in minutissimi. gr-anuli di argento me-
tallico, che formano l'immagine negativa: quanto più denso
è lo strato di granuli d'argento, tanto più ~cura è quella par-
te dell'immagine. I granuli sono così piccoli che Ii si può
distinguere soltanto col microscopio. Tuttavia, in determina-
te condizioni, essi si aggrumano ·in modo tale da essere vi-
sibili ad occhio nudo. In questi casi la fotografia mostra la
«grana ». Questa 'è sempre più evidente nelle sfumature
grigie, che perdono il loro aspetto « liscio » e n.<! prendono
uno simile a quello della carta vetrata. La grana, inoltre,
influisce negativamente sulla nitidezza, rendendo meno net-
ti i contorni degli oggetti.
La grana è una caratteristica intrinseca di un'emulsione;
di regola è maggiore nelle pellicole più sensibili. Tuttavia,
nella stessa emulsione, può essere più o meno vistosa sotto
l'influenza di diversi fattori :

I. L'ESPOSIZIONE: i negativi sovresposti hanno sempre una


grana maggiore dei negatl.vi dello stesso tipo che siano stati
esposti correttamente;

2. LA SOLUZIONE DI SVILUPPO: le soluzioni «a grana fi-


ne » producono negativi con . grana minore delle soluzioni
normali. Questo vantaggio è però sempre accompagnato da
· una perdita di sensibilità del film : le pellicole che devono
essere sviluppate con una soluzione finegranulante richie-

62
dono una posa maggiore di quelle dello stesso tipo desti-
nate ad uno sviluppo con soluzione normale;

3· LO SVILUPPO: la grossezza della grana di un negativo


aumenta con l'aumentare del tempo di sviluppo. Per contro,
uno sviluppo più breve del normale produce negativi con
grana più fine: una caratteristica molto utile, di cui torne-
remo ad occuparci a pag: I47;

4· L ' INGRANDIMENTO: quanto maggiore è la scala di in-


grandimento, tanto più evidente è la grana. Ciò spiega la
grana relativamente appariscente della maggior parte degli
ingrandimenti tratti da negativi di formato 24 x 36;

5· LA CARTA: quanto più alta è la gradazione 1 della carta


su cui si stampa, tanto più pronunciata appare la grana, e
viceversa. Quindi i vantaggi che si conseguono con uno svi-
luppo abbreviato vanno perduti se da tale sviluppo risultano
negativi così poveri di contrasto da rendere necessaria la
stampa su carta di gradazione « dura>>.

LA GRADAZIONE

La gradazione di un'emulsione è la misura della sua ca-


pacità di rendere i contrasti. Sotto . questo aspetto dobbiamo
distinguere tre categorie di pellicole :

I. PELLICOLE DI GRADAZIONE DURA, che producono nega-


tivi in cui il contrasto fra zone chiare e zone scute appare 2
più pronunciato che nel soggetto;

2. PELLICOLE DI GRADAZIONE NORJ.\1ALE, che producono


negativi in cui il contrasto tra zone chiare e zone scure ap-
pare più o meno simile a quello esistente nel soggetto;
r La 'gradazione di un'emulsione sensibile alla luce è la misura
in cui essa è capace di riprodurre i contrasti fra zone luminose e
zone d'ombra.
2. Il termine « appare » non è usato a caso. Pressoché senza ec-
cezioni, il .contrasto in natura è più pronuncia to che nell'immagine
negativa.
3· PELLICOLE DI GRADAZIONE MORBIDA, che producono ne-
gativi in cui il contrasto tra wne chiare e zone scure è meno
pronunciato di quanto appaia nel soggetto.

Generalmente la gradazione di una pellicola è tanto più


bassa, cioè · più morbida, quanto maggiore è la sua sensibi-
lità. La gradazione non è però un fattore immutabile. Può
essere condizionata, indipendentemente dalla categoria di
gradazione del negativo, dai seguenti elementi :

I. CONTRASTO DEL SOGGETTO: i soggetti contrastati produ:


cono sempre negativi più contrastati dei soggetti in cui il
contrasto è basso;

2. ILLUMINAZIONE: un'illuminazione · contrastata, con zoc


ne · assai chiare e altre di ombra profonda, produce sempre
nega,tivi con un contrasto superiore a quello prodotto da
un'illuminazione morbida e diffusa. Saper controllare la
gamma di contrasto dell'illuminazione è uno dei modi più
efficaci per controllare la gamma di con!rasto d'un negativo;
/

3· ESPOSIZIONE : sia la sovresposizione che la sottesposizio-


ne tendono a produrre negativi di contrasto inferiore a quel-
lo dei negativi correttamente esposti;

4· SOLUZIONE DI SVILUPPO: le soluzioni a effetto rapido


aumentano, e le soluzioni « a grana fine » riducono il con-
trasto dei negativi rispetto a quello che si ottiene con solu-
zioni normali;

.'i· SVILUPPo: uno sviluppo prolungato aumenta, e uno


sviluppo abbreviato diminuisce il contrasto dei negativi.
Una pellicola di gradazione media è la più adatta alle ne-
cessità normali del dilettante. Questo tipo di pellicola unisce
una sufficiente sensibilità ad una grana abbastanza fine. In
circostanze particolari, però, può essere preferibile una gra-
dazione più morbida o più dura. Se si deve fotografare un
soggetto molto contrastato (per esempio persone abbronzate
.contro uno sfondo bianco e sotto un sole molto forte che
produca ombre profonde) si otterranno risultati migliori

64.
con un film di gradazione morbida, che permette di ridurre
i contrasti naturali in grado tale da non superare la gamma
di contrasto della carta sensibile. D'altra parte, se si deve
fotografare un ·soggetto di contrasto molto basso (per esem-
pio un gruppo di .~d.ifi~i lontani con tempo nebbioso e per-
ciò scarsamente risaltanti contro il cielo) il miglior risultato
si ottiene con un film di gradazione dura, che permette di
raff:_orzare il debole contrasto del soggetto e di rendere più
netta la linea di separazione tra gli edifici e il cielo.

Tipo di materiale negativo: la pellicola in rotoli è la


più maneggevole. Si carica facilmente alla luce, uso e
sviluppo sono più facili che con qualsiasi altro tipo.

Sensibilità cromatica: il film pancromatico è l'unico che


sia sensibile a tutti · i colori dello spettro. Perché limi-
ta re deliberatamente le proprie possibilità usando pel-
licole ortocromatii::he, che sono « cieche » al · rosso, uno
dei colori più importanti?

Sensibilità luminosa: la p ellicola « migliore » è sempre


la meno sensibile ch e abbia una sensibilità sufficiente
per il lavoro a cui serve.

Grana : quanto meno sensibile è il film, tanto più fine è


la grana. Tuttavia la maggiore o minore visibilità della _
grana dipende da molti altri fattori. Male esposte e male
sviluppate, anche le pellicole di grana fine producono
fotografie sorprendentemente «granose». D'altra parte, ,
con una esposizione e uno sviluppo appropriati, fotogra-
fie « senza grana» si possono ottenere anche dalle pel-
licole più sensibili.

Gradazione : per gli usi normali, le pellicole di grada-


zione « media » offrono la migliore soluzione di compro-
messo, unendo una sufficiente sensibilità . (tipica delle
emulsioni più morbide) ad una grana abbastanza fine
(tipica delle emulsioni più dure). Tuttavia la grada-
zione di un negativo è influenzata da molti altri fattori
e ogni film, trattato nel modo appropriato, può essere
l
reso piU duro o più morbido . (cioè più o meno ricco di
contrasto) a seconda delle esigenze del soggetto (v. pa-
gina ro8).

Il miglior film : oggi tutte le pellicole fabbricate dalle


industrie più famose sono di alta qualità; ma hanno
caratteristiche diverse. Nelle mani di un esperto qua-
lunque tipo e marca di film può dare risultati soddisfa-
centi. « Esperto » è chi se ne intende. Conclusione :
provate diversi tipi di film fino a quando trovate quel-
lo che vi soddisfà di più, e poi restategli fedele! Spe-
rimentatelo, familiarizzatevi con le sue caratteristiche,
perché è la vostra conoscenza del modo in cui reagi-
sce. in differenti condizioni che rende questo film mi"
gliore, per voi, di ogni altro!

ACCESSORI

Il numero degli accessori oggi sul mercato è sbalorditivo.


Il solo catalogo della casa Leitz elenca oltre 200 articoli di-
versi, tutti per una sola macchina: la Leica! Nelle riviste
fotografiche americane, lo spazio occupato dalla pubblicità
di macchine fotografiche e accessori è doppio di quello de-
stinato ad articoli redazionali. Non c'è da stupirsi se tanti
dilettanti di fotografia fanno collezione di accessori come i
filatelici fanno còllezione di francobolli, non ritenendosi sod-
disfatti fino. a quando non possiedono la serie completa.
Il dilettante serio invece - colui che considera il suo hob-
by come un lavoro e che si interessa di fotografia, non di ca-
taloghi - non ha bisogno di decine di accessori. Gliene ba-
stano tanti quanti possono contarne le dita di . una mano.
Tutto il resto può aumentare il diletto e l'interesse, ma cer-
tamente non serve a migliorare la qualità delle fotografie.
A parte l'attrezzatura per l'illuminazione e per il labora-

66
torio di sviluppo e stampa, di cui ci occuperemo in seguito,
gli unici accessori che il dilettante deve possedere sono :

Esposimetro
Filtri
Paraluce
Scatto a molla
Treppiede

Il punto di partenza per arrivare a un negativo « tecnica-


mente perfetto » è una corretta esposizione. Cercar di « az-
zeccare » o fare affidamento sull'« esperienza» non è segno
di maturità per un fotografo, ma pura follia. L'occhio uma-
no è uno strumento assai scadente quando si tratta di misu-
rare l'intensità della luce : si adatta così rapidamente ai
mutamenti di luminosità che questi generalmente passano
inosservati. I fotografi professionisti lo sanno bene e, con
tutta la loro esperienza, non si affidano ai propri occhi :· si
affidano all'esposimetro. Proprio perché sono professionisti
non pòssono permettersi di far cilecca. Non c'è nulla di
meglio per il dilettante che seguire il loro esempio. Uno de-
gli investimenti più sicuri che egli possa fare è l'acquisto di
un esposimetro.

LE GUIDE E LE TABELLE DI POSA non misurano l'intensità


della luce. Si limitano a classificare le condizioni luminose
in base a uno schema sommario. Sono semplici e attendi-
bili solo nei limiti in cui sono utilizzabili. Per la loro sem-
plicità, comunque, · sono spesso più utili al principiante di
un vero esposimetro, molto più esatto ma anche molto più
difficile da usare~ Costano pochissimo. ·

I FOTOMETRI OTTIGI si possono usare per misurare ogni


tipo di illuminazione, ma ·la loro precisione dipende larga-
mente dall'abilità e dall'esperienza di chi li usa. Tenendo il
· fotometro puntato verso il soggetto, il fotografo guarda at-
traverso un finestrino e, girando una piccola leva, cerca di
determinare il momento esatto in cui un numero (o la" scena
visibile nel finestrino) si estingue alla vista. Si possono allora
leggere sulla montatura i dati relativi all'apertura di dia-
framma e al tempo di posa. Questi fotometri sono relativa-
mente poèo costosi.

GLI ESPOSIME.TRI FOTOELETTRICI funzionano in modo COm-


pletamente automatico, dando uguali risultati nelle mani di
un dilettante e in quelle di un fotografo esperto. Quando
l'esposimetro è puntato verso il soggetto (o verso l'apparec-
chio se si usa un esposimetro per la misurazione della luce
incidente) la luce riflessa .dal soggetto (o, rispettivamente,
l'illuminazione diretta ) colpisce una cellula fotoelettrica, che
genera corrente in quantità proporzionale all'intensità della
luce. La corrente agisce su un congegno di misurazione che
indica i valori luminosi in forma di numeri. Trasferiti su un
quadrante calcolatore, questi numeri sono automaticamente
tradotti in aperture di diaframma e tempi di posa.
Esistono, come si è detto, due tipi di esposimetri :
I) a luce riflessa, che si puntano verso il soggetto;
2) a luce incidente, che si puntano verso l'apparecchio.
Gli esposimetri del primo tipo sono egualmente adatti per
la fotografia all'aperto e per quella i'n ambienti chiusi, cioè
con luce artificiale. Gli esposimetri del secondo tipo sono
eccellenti in ambienti chiusi ma, a giudizio dell'autore, me-
no raccomandabili . all'aperto, tranne cpe per fotografie di
soggetti piuttosto vicìni all'apparecchio. La maggior parte
·degli esposimetri fotoelettrici a . luce riflessa possono essere
trasformati in esposimetri per misurare la luce incidente
mediante speciali mascherine. (V. a pag. 1 I8 « Come si usa
l'esposimetro» .)

I FILTRI

I filtri modificano la reazione di un'emulsione fotografica


alle radiazioni luminose di un determinato colore. Si usano
, per rendere questo colore, nella copia positiva, più chiaro
o più scuro di quant6 risulterebbe fotografato col solo obiet-
tivo.

68
Supponiamo che si debba fotografare un'indossatrice con
un abito verde orlato di rosso. Il principale elemento di at-
trazione dell'abito è l'acuto contrasto tra verde e rosso. Foto-
grafati senza filtro, questi due colori apparirebbero come ·
grigi di tonalità pressoché uguale e l'effetto dell'abito an-
·drebbe perduto. Anche se una tale resa fosse «veritiera »
quanto a traduzione cromatica, sarebbe pur sempre un fia-
sco fotografico·.

I filtri per contrasto

L'insoddisfacente resa cromatica ora esemplificata può es-.


sere corretta con l'uso dei filtri « per contrasto ». Fotogra-
fato con un filtro rosso, per esempio, l'orlo rosso risulterebbe
grigio chiaro e contrasterebbe con l'abito verde, che .avrebbe
una tonalità grigia molto più scura. Il cÒntrasto cromatico
sarebbe cioè tradotto in un contrasto « grafico » di chiaro e
scuro.
Un esempio più comune è quello del cielo azzurro con
nuvole bianche. Se non si usa un filtro, l'effetto delle nuvole
va generalmente perduto a causa dell'eccessiva sensibilità di
tutte le emulsioni all'azzurro, che risulta quasi bianco. Con
l'aiuto di un filtro giallo soltanto una minima p arte delle
radiazioni azzurre raggiunge l'emulsione, cosicché il cielo ri-
sulta di un bel grigio scuro su cui le nuvole bianche risal-
tano efficacemente.
In questi esempi sta tutto il segreto dei filtri. Nel primo
caso il rosso è stato reso più chiaro con l'uso di un filtro
rosso, cioè dello stesso colore; nel secondo caso l'azzurro è
stato reso più scuro con l'uso di un filtro giallo, cioè del co-
lore «complementare ».

P er rendere un colore più chiaro usare un filtro dello


stesso colore.
Per 1·endere un colore più scuro usare un filtro del
colore complementare.

6g
Le coppie di colori complementari sono :

rosso e blu-verde;
arancione e blu;
giallo e blu-viola;
giallo-verde e viola;
verde e rosso-viola.

I filtri correttivi

Mentre i filtri per contrasto, ora descritti, si usano per


distorcere deliberatamente la resa cromatica delle emulsio-
ni negative, filtri di altro tipo, detti « correttivi », si usa-
no per lo scopo opposto, cioè per accrescere la fedeltà
della resa cromatica. Come si è detto nel capitolo sulla
sensibilità cromatica (pag. 56), non esiste oggi nessuna
emulsione che permetta la contemporanea traduzione di
tutti i colori in &fumature grigie esattamente corrisponden-
ti. A questo difetto si può porre rimedio con l'uso dei filtri
correttivi, che assorbono parzialmente i colori cui l'emul-
sione è troppo sensibile e ripristinano così l'equilibrio cro-
,matico. Date le loro differenze di sensibilità cromatica, i va-
ri tipi di pellicola richiedono tipi differenti di filtri corret-
tivi.
I filtri assorbono una parte della luce necessaria per la
posa. Quindi, per compepsare questa perdita di luce e per
impedire la sottesposizione del negativo, quando si usa un
filtro bisogna aumentare la posa. La misura dell'aumento (il
coefficiente o fattore per cui la posa deve essere moltiplica-
ta) dipende da tre elementi: colore del filtro, tipo di pelli-
cola e colore dell'illuminazione (diurna o artificiale, cioè pre-
valentemente azzurra· o prevalentemente rossa).

GLI SCHERMI POLARIZZANTI E IL CONTROLLO DEI RIFLESSI

Gli schermi polarizzanti sono speciali .filtri che filtrano non


i colori ma i riflessi. Si montano davanti all'obiettivo come
filtri ordinari e sono l'unico mezzo per eliminare i riflessi

70
delle superfici lucide, parzialmente o completamente a se-
conda dell'angolo di riflessione. Ad angoli fino a go gradi,
l'eliminaz,ione dei riflessi è completa; a go gradi è impossi-
bile; fra 30 e go è parziale. Gli schermi polarizzanti agisco-
no però sui riflessi di luce già polarizzata. La maggior parte
delle superfici riflettenti polarizzano la luce: la luce riflessa
dall' acqua, dal vetro, dalle vernici, dal legno lucidato, dalla
carta patinata è luce già polarizzata. Le superfici m etalliche
invece non polarizzano la luce e i loro riflessi non vengono
eliminati da'gli sch.e rmi.
Nella fotografia a colori uno schermo polarizzante è l'uni-
co mezzo per rendere più intenso un cielo di un azzurro trop-
po pallido.
Gli schermi polarizzanti e i filtri funzionano secondo prin-
cipi completamente diversi e indipendenti, e quindi possono
essere usati insieme. Ciò rende possibile il controllo contem-
poraneo della resa cromatica e dei riflessi. Molto spesso, an-
zi, la correzione dell'una facilita la· correzione degli altri. (Jo-
sì l'eliminazione dei riflessi può rendere evidenti colori che
i riflessi oscuravano, mentre il filtro li traduce nelle sfuma-
ture grigie che si vogliono ottenere.
Per produrre l'effetto desiderato lo schermo polarizzante
deve essere tenuto in una posizione ben determinata. Tenen-
dolo davanti all'occhio, bisogna guardare il soggetto: ruo-
tando lentamente lo schermo si vedrà che il suo effetto sui
punti di maggior luminosità e sui riflessi aumenta o dimi-
nuisce a seconda della direzione in cui ruota. Quando si· rag-
giunge il voluto grado di estinzione dei riflessi, si applica lo
schermo all'obiettivo esattam ente nella stessa posizione, stan-
do attenti a non girarlo, altrimenti parte dell'effetto andreb-
be perduta.
Non è necessario né consigliabile usa,re sempre lo schermo
polarizzante nella . sua posizione di massima efficacia. T alvol-
ta ridurre i riflessi a un livello accettabile è meglio che
estinguerli del tutto, poiché l'estinzione totale spesso appiat-
tisce e rende scialba la fotografia.
Il coefficiente di posa dello schermo polarizzante è gene-
ralmente di 2,s. Se si usa lo schermo insieme con un filtro; il
coefficiente d ell'uno deve essere moltiplicato per il coeffi-
ciente dell'altro. Il prodotto dei due coefficienti costituirà il

7I
coefficiente per cui bisogna moltiplicare la posa indicata d'al-
l' esposimétro.

IL PARALUCE

Soltanto la luce riflessa dal soggetto o emessa da fonti


luminose che si trovano nel campo utile . dell'apparecchio
deve raggiunge~e l'obiettivo. Tutte le altre fonti di luce sono
potenzialmente pericolose perché provocano riflessi e aloni
(v. la tavola fuori testo 24). Per impedire che raggiunga-
no l'obiettivo .):Jisogna usare un paraluce.
Per quanto poco costoso e in apparenza insignificante, il
paraluce è un accessorio di importanza essenziale per otte-
nere fotografie nitide e brillanti. Per essere efficace deve
essere abbastanza lungo per riparare effettivamente l'obiet-
tivo dalla luce estranea, ma non tanto da lasciar fuori una
parte dell'immagine. Per essere pratico deve essere fatto in
modo da permettere l'uso contemporaneo dei filtri. Senza
un adeguato paraluce un obiettivo è incompleto. Alcuni
obiettivi, specie i teleobiettivi più costosi, hanno paraluce
incorporati. Ma di solito tocca al fotografo provved_ersi di
questoindispensabile accessorio, che protegge l'obiettivo non
soltanto dalla luce estranea ma anche dalla pioggia e dalla
neve, oltre a salvarlo da molte ditate accidentali.

LO SCATTO FLESSIBILE

Il movimento dell'apparecchio durante la posa è una del-


le cause principali della scarsa nitidezza di molte fotografie.
Per evitare il movimento; le pose più lunghe di I /25 di se-
condo devono esser fatte con l'apparecchio solidamente pog-
giato su un supporto o su un treppiede.- Anche in questo ca-
so, però, si possono ottenere fotografie non nitide se l'appa-
recchio è scosso dalla pressione del bottone di scatto. Queste
scosse accidentali si possono evitare usando uno scatto flessi-
bile per azionare l'otturatore: proprio perché è flessibile
assorbe ogni scossa e impedisce che si trasmetta alla mac-
china. L'otturatore è incompleto senza uno scatto flessibile.

72
È questo un altro di quegli accessori « insignificanti » che
non hanno l'irresistibile richiamo di tanti aggeggi dalle cro-
mature vistose, ma non potranno mai essere abbastanza lo-
dati per il contributo che danno alla creazione di negativi
« tecnicamente perfetti ».

IL TREPPIEDE

Il treppiede permette praticamente al fotografo di rad-


doppiare le proprie possibilità di lavoro. Campi affascinanti
si aprono a chi dispone del treppiede, e soltanto a lui: pose
notturne « a tempo »', fotografia da brevissime distanze in
cui la nitidezza può dipendere da spostamenti di pochi mil-
limetri; fotografie di interni con obiettivi grandangolari a
piccole aperture di diaframma; fotografie di architettura, in
cui la prospettiva si controlla con inclinazioni del negativo
e dell'obiettivo; fotografie con i lunghi teleobiettivi; fotogra-
fie nella propria casa con illuminazione artificiale; riprodu-
zione di documenti e disegni. ·
Il treppiede migliore è quello più· robusto; e questo . è an-
che più pesante e più caro. È sempre possibile, e anche van-
taggioso, montare un apparecchio leggero su un treppiede
pesante, .ma non è consigliabile montare un apparecchio pe-
sante su ui:t treppiede leggero e gracile. Perciò, quando sce-
gliete un treppiede, assicuratevi che sia abbastanza robusto
per sostenere iL vostro apparecchio. Altrimenti sarà denaro
buttato.
Particolarmente utili sono i treppiedi con allungamento a
cremagliera, soprattutto per la fotografia da brevi distanze,
in cui bisogna continuamente variare l'altezza dell'apparec-
chio. Con una cremagliera tali aggiustamenti si fanno col
semplice maneggio di una leva invece che allungando o ac-.
corciando le tre gambe. Esistono diversi modelli di treppiede
a cremagliera per piccoli e grandi apparecchi . Considerando
gli anni di utile servizio che da questi accessori si possono
attendere, e gli inconvenienti che eliminano, si può ben dire
che valgono il loro alto prezzo. ·

73
ATTREZZATURA PER L'ILLUMINAZIONE

La conoscenza dei diversi tipi di luce e delle loro carat-


teristiche è uno dei principali requisiti per disporre effica-
cemente una illuminazione. Un fotografo che conosca i prin-
cipi dell'illuminazione può farè, con due lampade, più e me-
glio di quanto possa fare con dieci uno che non li conosca.
È indubbio che l'eccesso di luce ·e di luci rovina più foto-
grafie del \oro difetto. L'illuminazione eccessiva distrugge le
forme e i contorni e sopprime i grigi più delicati : le luci
multiple malamente disposte proiettano ombre incrociate
che sono in fotografia uno dei peccati più mortali.
Gran parte dei soggetti possono essere adeguatamente il-
luminati con due luci: una «luce principale», che dà il to-
no all'illuminazione, e una « luce ausiliaria», che schia~isce
le ombre formate dalla luèe principale di quel tanto neces-
sario a impedire che risultino troppo nere. Se si dispone an-
che di un'altra fonte luminosa per gli «effetti», e se si ha
un minimo di talento, si può creare una illuminazione « da
professionista ». (Torneremo su questo argomento a pagi-
na I2CJ e sg_g.)
Le fonti di luce artificiale per le fotografie sono quattro :

I. I « PHOTOFLOODS » (o LAMPADE SURVOLTATE), sono


lampade a incandescenza da 250 a 500 watt, di rendimento
luminoso notevolmente superiore a quello di lampade nor-
mali che abbiano ugual numero di watt, ma di durata molto
limitata : 3 e 6 ore rispettivamente.
Le lampade survoltate si usano con ampi riflettori 'di al-
luminio (v. pag. 78). Emettono una luce viva rria morbida
e uniforme, egualmente adatta come fonte principale e per
schiarire le ombre. Se a queste lampade si applica un « dif-
fusore » (per esempio un foglio di carta da ricalco o uno
strato sottilissimo di paglia di vetro pressata) esse emettono
una luce praticamente priva di ombre, particolarmente adat-
ta per schiarire le ombre create dalla luce principale evitan-
do nel contempo la formazione di ombre incrociate.

2 . GLI « SPOTLIGHT~ » (O PIÙ SEMPLICEMENTE « SPOTS »)


concentrano la luce attraverso un sistema ottico formato da

74
uno specchio parabolico; situato dietro la larripada, e da un
condensatore, situato davanti. I migliori « spots » possono
essere « messi a fuoco » : in altre parole il fascio _luminoso
può essere allargato (e reso meno intenso) o ristretto (e reso
più intenso) variando la posizione della lampada rispetto
allo specchio riflettente.
Gli « spots » danno un'illuminazione molto più cruda e
intensa delle lampade survoltate e formano ombre più nere
e più definite. Sono adatti come luci principali e per gli « ef- ·
fetti », ma non come luci ausiliarie .. Ve ne sono di ogni gran-
dezza, dai più piccoli di 150 watt ai giganteschi « padello-
ni » ·di 5000 watt usati in certi studi fotografici.

3· LE LAMPADE-LAMPO (o « FLASHES ») scatenano .una


quantità enorme di luce in una frazione di secondo, po1 si
fulminano. Questa caratteristica ne fa la forma più costosa
di illuminazione. D'altra parte offre l'enorme vantaggio di
« fermare » sul negativo l'azione più rapida. Ciò è possibile
con tutti gli apparecchi il cui otturatore sia « sincronizzato »
per l'uso del flash.
Esistono due tipi di lampade-lampo : quelle da usare con
gli otturatori centrali, che sorio" caratterizzate da una « pun-
ta alta », cioè da un'emissione luminosa di enorme intensità
e brevissima durata; ·e quelle da usare con gli otturatori a
tendina, caratterizzate da una «punta piatta», cioè da una
emissione luminosa di intensità alquanto più bassa e di du-
rata relativamente più lunga per assicurare un'esposizione
· uniforme dell'intero negativo durante il passaggio della ten-
dina lungo la superficie del film. È di vitale importanza, per
una corretta sincronizzazione, usare il tipo di lampada-lam-
po indicato per l'otturatore del proprio apparecchio.
Le lampade-lampo, sia per otturatori centrali che a ten-
dina, vengono fabbricate in diverse misure di maggiore o mi-
nore emissione luminosa. Per la necessità dei dilettanti il tipo
più piccolo è sufficiente nella maggior parte dei casi.
Lo strumento che provoca simultaneamente l'accensione
della lampada-lampo e lo scatto dell'otturatore è il « lam-
peggiatore ». Funziona per mezzo di batterie, che sono due,
tre e talvolta quattro, con intensità non inferiore a g ampè-
re. Il lampeggiatore accende la lampada e compensa auto-

75
1 1· l'""'fl~~~:FI l l l ,...____.Punta piatta____.

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"'~.~~~vi, ;( "'~'""':"C --"'1'1
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':P k h" ~ "T e:Qs
Tempo i~ millesimi ---+ Tempo in millesimi" di secondo
di secondo

A sinistra : curva caratteristica di una lampada-lampo per otturatori


·centrali. Notare il breve apice e la grande intensità del lampo. A
destra : curva caratteristica di una lampada-lampo per otturatori a
tendina. Notare la maggiore lunghezza dell'apice, indicante una più
lunga durata del lampo con intensità più o meno uniforme e molto
più bassa di quella della lampada-lampo a sinistra. L'emissione lu-
minosa delle lampa de-lampo per otturatori a · tendina, invece. di
essere concentrata in una breve « esplosion·e » di altissima intensità,
si estende per una durata relativamente lunga con corrispondente
diminuzione di intensità.

maticamente il divario di tempo tra la massima intensità lu-


minosa (raggiunta di solito .in 20 millesimi di secondo) e la
massima apertura dell'otturatore (raggiunta in 5 millesimi
di secondo). Nella maggior parte dei modelli vi è anche un
contatto elettromagnetico che fa scattare l'otturatore.
Il mezzo più sicuro per sincronizzare un apparecchio è un
otturatore internamente sincronizzato. I sincronizzatori m~c­
canici (che collegano il lampeggiatore con l'otturatore per
mezzo di un filo) e gli scatti elettromeccanici possono «de-
sìncronizzarsi » in modo che lampo e scatto dell'otturatore
non coincidano più, con conseguente sottesposizione o per-
dita totale del negativo. Gli otturatori sincronizzati evitano
questo inconveniente perché i contatti incorporati non pos-
sono guastarsi.

4· IL LAMPEGGIATORE ELETTRONICO è una specie di « SU-


perflash » che ha sui lampeggiatori convenzionali i seguenti
vantaggi : la lampada si accende più di IOOO volte prima di
dover essere sostituita; la durata del lampo è estremamente
breve, da I / 500 a I/ 10.000 di secondo; il lampo stesso, per
tale breve durata, è quasi invisibile e, nei ritratti, molto me-
no fastidioso per gli occhi della persona da fotografare.

76
Svantaggi: ha un'emissione luminos;;t molto passa, parago-
nabile a quella delle più piccole lampade-lamp9; è poten-
zialmente pericoloso (funziona ad un voltaggio molto alto,
circa 2000 volt); è piuttosto costoso. ·
Il lampeggiatore elettronico consiste di quattro parti fon-
damentali: la torcia con la lampada e il riflettore; il gene-
ratore, che contiene i condensatori e, nei modelli portatili, la
batteria; il filo che collega la torcia con l'otturatore; e, in-
fine, lo scatto per usare il lampeggiatore da lontano. Il lam-
peggiatore può accendersi al m assimo 6 volte al minuto,
perché tra l'una e l'altra i condensatori devono ricaricarsi.
Per ottenere i migliori risultati è meglio usarlo con otturatori ·
già sincronizzati.
Quasi tutti i lampeggiatori elettronici permettono l'uso di
due lampade separate, fra cui è suddivisa l'emissione di lu-
ce. Anche tre, quattro e più lampeggiatori possono essere
collegàti con fili per ottenere l'accensione simultanea. Il me-
todo oiù moderno è quello che usa cellule fotoelettriche in-
vece dei fili: un solo lampeggiatore è sincronizzato con-l'ap-
parecchio; ad accendere simultaneamente gli altri provvede
la corrente generata dalle cellule fotoelettriche. Si evita così
di aggrovigliare sui pa~imenti troppi fili elettrici.

PER OTTENERE EFFETTI LUMINOSI EQUILIBRATI è assoluta-


mente necessario che sia equilibrata l'attrezzatura di cui si
dispone. Uno « spot » troppo debole o troppo forte rispetto
alle lampade survoltate che dovrebbero costituire la sua « lu-
ce ausiliaria» è praticamente inservibile. Un'eccellente com-
binazione luminosa è quella che si ottiene con i seguenti tre
elementi : due lampade survoltate di soo watt ciascuna e
uno « spot » di 250 o 500 watt. Gli « spots » di emissione
luminosa inferiore a 2f)O ~att sono di scarsa utilità, tranne
che in piccolissimi ambienti.
Per «equilibrare» la luce di due lampade survoltate biso-
gna porre quella che fa da « luce principale » relativamente
vicino al soggetto e leggermente di fianco , e quella che fa da
« luce ausiliaria» a una distanza pressoché doppia, nella
stessa direzione in cui è puntato l'apparecchio ma in posi-
zione più alta. Lo « spot » deve essere usato; in questo caso,
per effetti di sfondo.

77
RIFLETTORI E LORO SUPPORTI. Per poter scegliere, fra gli
innumerevoli riflettori in commercio, i più adatti a deter-
minati scopi, si tenga conto delle considerazioni che seguo-
no. Quanto più piccolo è un riflettore, tanto più cruda e
concentrata è la luce che riflette. Quanto più il riflettore è
grande, tanto più la luce è morbida e diffusa. I riflettori
sfretti producono un effetto che si avvicina a quello degli
« spots », con ombre alquanto definite, e sono più adatti
come « luci ·principali ». I riflettori larghi diffondono mag-
giormente la luce, producono ombre più « pallide » con con-
torni più morbidi e sono più ada tti- come « luci ausiliarie».
I riflettori parabolici e iperbolici producono un fascio lumi-
noso più concentrato dei riflettori sferici, che danno invece
una illuminazione più morbida e diffusa. Anche più morbida
e diffusa è la luce proiettata dai riflettori a superficie ondu-
lata rispetto a quella proiettata dai riflettori a superficie li-
scia. .
Tutte queste considerazioni si riferiscono tanto ai riflettori
per lampade survoltate quanto a quelli p er flash. Alcuni ri-
flettori per flash permettono di « mettere a fuoco » il fascio
luminoso a distanza maggiore o minore : basta spostare il ri-
flettore avanti o indietro lungo il suo asse.
Le basi di sostegno devono essere robuste e leggere; l'al-
luminio è il materiale migliore.

CONSIGLI AI DILETTANTI AVANZATI

Dopo la macchina; lo strumento più importante è l'espo-


simetro.
Il mezzo più sicuro per migliorare la qualità di gran par-
te delle fotografie all'aperto è l'uso di un filtro giallo. La
differenza è enorme, il costo trascurabile.
Un buon paraluce è l'arma segreta di chi ottiene sempre
belle fotografie « controluce». Il << controluce » è il tipo
più drammatico di illuminazione.
n treppiede è l'arma segreta di ehi ottiene fotografie ni-
tidissime, una resa fedele delle superfici e negativi che
possono essere ingranditi a formato murale.
Fate pratica col vostro apparecchio; impar;:tte a mettere

78
a fuoco rapidamente; siate sempre pronti ·a cogliere al
volo le occasioni.
Gli obiettivi di focale superiore a quella normale restrin-
gono automaticamente il campo, lasciano fuori gli ele-
menti superflui che circondano il soggetto, migliorano la
resa spaziale eliminando le distorsioni, rafforzano l'ef-
fetto di una fotografia. Sono ideali anche per i ritratti.
Gli effetti morbidi degli obiettivi « da ritratto » sono pe-
ricolosi e pieni di trabocchetti: non per l'esperto, che sa
dove mette i piedi, ma per il principiante che si getta alla
cieca. Sono indicati soprattutto per le fotografie contro-
luce e per rendere efficacemente capigliature bionde e
soffici.
Troppa luce e troppe luci rovinano qualsiasi fotografia
con illuminazione artificiale:

79
Parte terza: Com e si fa una fotografia

Che cosa una macchina fotografica può


dare per quanto riguarda nitidezza,
profondità di cam po, contrasto e resa
del movimento. Principi di una buona
illuminazione. Consigli sull'uso delle
lampade e dei flash.
(;OME SI FA UNA FOTOGRAFIA

Conoscere la « tecnica» è il primo requisito per fare del-


le buone fotografie. Senza una padronanza dei mezzi espres-
sivi il lavoro di creazione è impossibile in ogni campo di
attività. Talento naturale e alacrità· non bastano: il pittore
incapace di mescolare i colori, lo scultore .che non abbia im-
parato a usare martello e scalpello, lo scrittore che non sap-
pia costruire un periodo o articolare un dialogo non possono
mai creare un'opera d'arte, perché non sanno tradurre le
loro idee in una forma che le renda comprensibili ad al-
tri. Questo vale anche per la fotografia. Senza un periodo
di apprendistato - dedicato allo studio, a ricerche e ad
esperimenti - nessuno può diventare un buon artigiano. Ma
mentre u_n buon artigiano, anche il più esperto, non è ne-
cessariamente un artista, ogni artista deve essere un buon
artigiano, padrone delle tecniche espressive del suo campo
di attività. ·
Un fotografo può avere il genio artistico di un Michelan-
gelo, ma se non ha anche la sua abilità manuale, le sue
idee non potranno mai prendere forma. Può essere sensibi-
lissimo alla bellezza, può scorgere una verità laddove gli
altri non vedono nulla, può soffrire con gli oppressi, può
avere la fortuna di essere testimone di grandi avvenimenti,
ma le sue doti e le ~ue esperienze non gli serviranno se non ,
saprà esprimerle concretamente in bianco e nero sul film e
sulla carta sensibile. Nella fotografia, l'infimo e il sublime
sono inseparabilmente intrecciati e la foto potenzialmente
più emozionante può lasciar freddi per la sua « tecnica »
mediocre.
La maggior parte dei dilettanti commettono l'errore di-
pretendere troppo e troppo presto. Non vogliono far pra-
tica, v~gliono « risultati » immediati. Forse ricordano an-
cora una fase ingrata della loro . professione, un periodo di

8g
lavoro duro e di scarse soddisfazioni. Se la fotografia è il
loro « hobby», vogliono che non ripeta la storia della loro
professione. Un «hobby», pensano, deve divertire e distrar-
re. Ma non trovano divertente che le cose vadano diversa-
mente da come vorrebbero e che le loro fotografie siano me-
diocri. C'è un solo modo per evitarlo: cominciare dal prin-
cipio e imparare sistematicamente gli elementi del « me-
stiere » fotografico. Questi elementi sono illustrati nei ca-
pitoli che seguono.

COME SI OTTENGONO FOTOGRAFIE NITIDE

Uno dei requisiti fondamentali di un buon negativo è la


nitidezza (salvo che si persegua volutamente un ·«fuoco
morbido» per creare un effetto speciale) . Tuttavia il con-
èetto di nitidezza in fotografia è piuttosto vago. Quasi tutti
i negativi sono in parte nitidi, in parte no. A che punto
finisce la nitidezza e comincia il suo contrario?

DEFINIZIONE DELLA NITIDEZZA

Teoricamente, -c'è nitidezza quando una fonte luminosa


puntiforme (per esempio una stella) è registrata sul negativo
in forma di punto. In pratica, naturalmente, ciò è impos-
sibile perché anche la stella_più piccola non è mai resa in
forma di un punto (che ha un diàmetro pari a zero) ma in
forma di un disco. Parimenti, l'immagine di qualsiasi og-
getto· non consiste di un infinito numero di punti ma di un
numero infinito di microscopici cerchietti con gli orli so-
vrapposti, che si chiamano «cerchi di confusione». Quanto
più piccoli sono i cerchi di confusione, tanto maggiore ap-
pare la nitidezza. Di conseguenza la nitidezza è sempre una
questione di grado poiché la nitidezza « assoluta » è un as-
surdo.
A scopo pratico, la definizione di « nitidezza » è stata
subordinata al formato del negativo per la semplice ragione
che i negativi piccoli devono essere più nitidi di quelli
grandi, essendo destinati a ingrandimenti di scala maggio-

84
re. Generalmente le tabelle di profondità di campo (v,
pagg. 93-94) sono calcolate nel presupposto che i negativi dal
formato 6 x 6 in su sono « nitidi » se il diametro del « cer-
chio di confusione » non supera I l I ooo della lunghezza
focale «normale» per ciascun formato negativo. Un nega-
tivo di 35 mm è considerato « nitido » se il diametro del
cerchio di confusione" non supera I l I 500 della lunghezza
focale dell'obiettivo normale, e cioè I 130 di mm.
Che questo grado di nitidezza sia o non sia ottenuto nel-
l'uso pratico dipende principalmente da tre fattori : l'incisi-
vità dell'obiettivo, il potere risolvente del film e l'esattezza
della messa a fuoco .

L'incisività degli obiettivi

È un fatto ben noto che alcuni obiettivi sono pm mci-


sivi di altri. Di regola gli obiettivi più incisivi sono. relativa-
mente poco luminosi (tra f l6,3 e f l9), ma non tutti gli obiet-
tivi poco luminosi sono incisivi. Gli obiettivi di focale nor-
male sono generalmente più incisivi di quelli grandango-.
lari e dei teleobiettivi. L'incisività può essere aumentata
chiudendo il diaframma. L' optimum di incisività si trova
generalmente un p aio di aperture di diaframma dopo la
massima (un obiettivo di apertura relativa f l2 avrà .per
esempio la maggiore incisività a fl4). L'uso delle aperture
oiù piccole del diaframma (fi i6, fl22 ecc.) aumenta la pro-
fondità di campo ma riduce la nitide~za effettiva. Quando
si usano aperture di f l 32 o inferiori, come nella microfoto-
grafìa, in cui l'immagine del soggetto è molto più grande del
naturale (v. pagg. 37-4I e 44), la definizione diminuisce ra-
pidamente e tutto appare uniformemente « morbido » a
causa di diffrazioni e interferenze ottiche.

Il pote•·e risolvente d el film

Per quanto possa sembrare strano, a parità di tutti gli al-


tri fattori alcune pellicole danno immagini più nitide di al-
tre. La perdita di nitidezza può essere provocata da disper-
sioni di luce nello strato dell'emulsione, che si manifestano
con piccoli aloni intorno ai punti e alle linèe dell'immagi-
ne, annullando la nettezza dei contorni. Quanto più lo
strato di emulsione è sottile, tanto più la grana è fine ; quan-
to migliore è la protezione antialonica del fìlm , tanto più
nitida è l'immagine.
La misura della nitidezza di un film è il suo « potere ri-
solvente», indicato dal numero di linee che possono essere
distinte in ogni millimetro dell'immagine. Quanto maggiore
è il numero di linee per millimetro, tanto più il film è capa-
ce di registrare i minimi particolari di un oggetto. Di re-
gola le emulsioni lente e contrastate hanno un potere risol-
vente maggiore delle emulsioni rapide e morbide e ciò ne
fa le più adatte · alla fotografia con apparecchi di piccolo
formato.

L'A. indica a questo punto il potere risolvente di una serie di


pellicole di produzione americana, molte delle quali non reperibili
in Italia. Basterà citare i dati relativi al~e principali pellicole
Kodak , ben note anche nel nostro paese :
Film linee per mm
Micro-File 175
Panatomic IOO
Verichrome Pan 95
Plux-X 95
Tri~X 6s

Una persona dotata di vista normale . può «risolvere »


sei linee per millimetro. Per speciali usi scientifici sono state
prodotte emulsioni con un potere risolvente fino a 500 linee
e più per millimetro.

L 'esattezza della messa a fuoco

Mettere a fuoco significa regolare la distanza tra obiet-


tivo e film a seconda della distanza fra obiettivo e soggetto
(v. pagg. 34-35). Il migliore obiettivo e la pellicola di più alto
potere risolvente danno negativi poco nitidi senza una mes-
sa a fuoco esatta. Il mezzo più diretto e accurato per la

86
messa a fuoco è il vetro smerigliato (v. pagg. Ig-2o). Per a u-
mentarne la precisione si può usare una speciale lente che
consente di osservare l'immagine ingrandita di dieci volte.
La messa a fuoco col telemetro accoppiato all'obiettivo (v.
pag. 20) è inevitabilmente meno esatta perché non è possi-
bile produrre in serie telemetri, accoppiabili a . una serie di
obiettivi di diverse lunghezze focali, che siano esatti a tutte
le distanze. Inoltre i telemetri sono soggetti ad alterazioni
della loro calibratura: vedi a pag. 207 come si può control-
lare l'esattezza dell'accoppiamento fra telemetro e obiettivo.
Gli apparecchi privi di vetro smerigliato e di telemetro (ap-
parecchi a soffietto di vecchio tipo) possono essere messi a
fuoco soltanto misurando o calcolando ad occhio la distan-
za del soggetto. Gli inevitabili errori si possono compensare
con l'uso di piccoli diaframmi, che creano una «-zona di si-
curezza » in cui tutto è nitido. Addirittura su questo princi-
pio sono basati gli apparecchi « a fuoco fisso », detti anche
« a cassetta ». I loro obiettivi sono posti a fuoco su una di-
stanza di circa cinque metri, e le loro aperture fra f/ I I e
f / I 5 forniscono una sufficiente profondità di campo.

LA PROFONDITÀ DI CAMPO NELLE PRESE « OBLIQUE »

I"'udipendentemente dall'apertura di diaframma, la pro-


fondità di campo può essere notevolmente aumentata ricor-
rendo alle prese « oblique », possibili con gli apparecchi di
grande formato a dorso inclinabile. ·
Bisogna inclinare il dorso all'indietro fino a che tre linee
immaginarie, che passano per i piani del soggetto, dell'obiet-
- tivo e del film, si incontrino in un sol punto (v. lo schizzo
a pag. 88). Anche se il diaframma è alla massima apertura,
tutto ciò che si trova sul piano obliquo di m essa a fuoco ri-
sulta nitido. Se il soggetto è perfettamente piatto (per esem·
pio una carta geografica) il piano del soggetto e il piano di
messa a fuoco coincidono e perciò non è necessario . dia-
frammare. Se ·alcune parti del soggetto sporgono dal piano
obliquo di messa a fuoco, il diaframma deve essere chiuso
abbastanza per portare a fuoco le parti sporgenti. Tuttavia
non occorre diaframmare sino a coprire l'intera profondità
~
·Profondità di campo
con l'obiettivo a fuoco _ Obiettivo a fuoco
su soggetti distanti su soggetti distanti

~ Vetro smerigliato

j
::::::-r= l
1
:ini Vetro
;::J ( smerigliato

l
l

ll Isono
soggetti vicini
a fuoco qui
.........
cieiiaileiiicoia~ ~
h piani indic.ati dalle frecce,~ j_ ~ Vetro smerigliato
se prolungati, devono
incontrarsi , in un punto l
comune

del soggetto, ma quel tanto che basta a includere nella zona


nitida la distanza relativamente piccola tra il piano di mes-
sa a fuoco e le parti sporgenti del soggetto. La necessità di
diaframmare poco rende così possibile- l'uso di pose rapide.
T ale « estensione di fuoco » si può ottenere con l'appa-
recchio puntato in tutte le direzioni: in alto, in basso o la-
teralmente. Quando si devono fotografare obliquamente sog-
getti molto estesi in profondità, è l'unico sistema che per- ·
metta di includerli totalmente nella zona a fuoco nei casi in
cui, senza inclinare il dorso dell'apparecchio, anche il dia-
framma più piccolo non basterebbe o costringerebbe a ri-
correre a pose troppo lente.

M-ESSA A FUOCO ALLE BREVI DIST ANZE

Con gli apparecchi in cui la messa a fuoco avviene me-


diante lo spostamento in avanti e indietro dell'obiettivo, si
possono incontrare difficoltà notevoli quando si devono met-
tere a · fuoco, a breve distanza, piccoli oggetti in grandezza
na turale o superiore. Tale difficoltà è dovuta al fatto che gli
spostamenti dell'obiettivo modificano non soltanto la distan-
za tra obiettivo e film ma anche quella fra obiettivo e sog-
getto. Nella fotografia normale la distanza tra obiettivo e

88
soggetto è tanto grande che le lievissime diminuzioni causate
dall'avanzamento . dell'obiettivo non hanno nessuna conse-
guenza pratica. Ma nella fotografia da brevi distanze tali
diminuzioni sono percentualmente rilevanti rispetto alla di-
stanza complessiva tra obiettivo e soggetto. Ne risulta che
ogni spostamento dell'obiettivo modifica simultaneamente la
sua distanza dal soggetto e dal film invece di modificarne
una sola in funzione dell'altra: quindi è spesso impossibile
raggiungere la giusta messa a fuoco e dare all'immagine la
massima nitidezza.
Il metodo più facile per aggirare questo ostacolo consiste
nel mettere a fuoco approssimativamente e quindi spostare
cautamente avanti e indietro o l'apparecchio o l'oggetto da
fotografare fino a quando quest'ultimo appare nitido sul ve-
tro ·smerigliato.
Coloro che vogliono dedicarsi a . questo campo della foto-
grafia dovrebbero usare un apparecchio di grande formato
dotato di un dispositivo per la «messa a fuoco dorsale». In
questi apparecchi l'obiettivo rimane fisso e il dorso può es-
sere spostato avanti e indietro per portare a fuoco l'imma-
gine. In tal modo la distanza fra soggetto e obiettivo rimane
costante e la distanza fra obiettivo e film può esseré rego-
lata senza difficoltà.

I NEMICI DELLA NITIDEZZA

Anche con l'obiettivo più incisiv~, con la pellicola di mag-


gior potere risolvente e con la più grande attenzione nella
messa a fuoco si possono ottenere fotografie poco nitide. Ec-
cone le ragioni :

OBIETTIVO SPORCO. Le impronte digitali e i depositi di


grasso e di polvere sul cristallo hanno l'effetto di diffondere
le radiazioni luminose e producono una «morbidezza » ge-
nerale dell'immagine. A pag. 207 troverete istruzioni per la
pulizia degli obiettivi.

FILTRO SPORco. I filtri devono essere trattati con la stessa


cura degli oqietti_vi. Ogni filtro deve stare in un astuccio se-

8g
parato e non bisogna mai toccarne la superficie. I filtri spor-
chi diffondono la luce e devono essere puliti con la stessa
attenzione degli obiettivi.

MOVIMENTO DELL'APPARECCHIO. È una delle cause piÙ fre-


quenti della mancanza di nitidezza (v. pag. r8). Negli appa-
recchi reflex di .grande formato, lo scatto dello specchio, che
è piuttosto pesante, dà uno scossone alla macchina proprio
nel momento della posa e perciò rende pressoché inutilizza-
bili le pose lente. Anche le montature « a tavoletta» di . certi
obiettivi possono danneggiare; se non sono ben fissate, la ni-
tidezza.

MOVIMENTO DEL SOGGETTO. Se il tempo di posa è troppo


lento per « fermare » il movimento del soggetto, la foto-
grafia risulta « mossa» (v. pag. 23 e pag. I I2). Spesso
però un lieve effetto di questo geriere dà proprjo la sen-
sazione del movimento e non deve essere considerato un
errore.

QUALITÀ SCADENTE DEL FILTRO. Spesso i filtri di poco prez-


ZO non sono abbastanza piani. Particolarmente dannosi per
la nitidezza sono quelli di cristallo compatto. Anche i filtri
di qualità sono di cristallo compatto ma si distinguono facil -
mente da quelli scadenti per il maggiore spessore e per le
superfici perfettamente piane e parallele. Quanto maggiore
è la lunghezza focale di un obiettivo, tanto migliore deve
essere la qualità del filtro, poiché. gli obiettivi a fuoco lungo
ingrandiscono non soltanto l'immagine ma· anche i difetti
dei filtri . · Perciò filtri che siano di qualità ottica sufficiente
per gli obiettivi normali possono rivelarsi difettosi con i te-
leobiettivi.

CURVATURA DEL FILM . La. pellicola è flessibile e non sem- ·


pre rimane perfettamente pia na nell'apparecchio. Special-
mente in ambienti e climi umidi la pellicola tende a incur- ·
varsi e a ondularsi, allontanandosi così del tutto o in parte
dal piano focale. Questo pericolo è più forte nelle pellicole
più grandi : talvolta è impossibile ottenere fotografie nitide
da un filmpack di grande formato. Per ridurre il pericolo

go
di parziale o totale sfocatui:a a · causa delle incurvature della
pellicola bisogna chiudere il diaframma, creando così una
« zona di sicurezza» abbastanza estesa in profondità.

STRATI DI ARIA CALDA. Più O meno sfocati appaiono gli og-


getti visti o fotograf.ati attraverso uno strato di aria calda.
Questo fenomeno si può chiaramente constatare guardando
il tetto di un'automobile ferma sotto il sole : l'aria calda
sovrastante ondeggia visibilmente. Anche l'aria calda che
sale dai comignoli è spesso causa di fotografie « inspiega-
bilmente » sfocate. Altre fonti potenziali dello stesso incon-
veniente sono: i termosifoni accesi (quando si fotografa
dall'interno di un edificio con l'apparecchio puntato verso
l'esterno) ; le locomotive a vapore e le . rotaie surriscaldate
dal sole; i fumaioli e le caldaie delle navi. L'unico modo
per evitare fotografie sfocate che sono dovute a questo fe-
nomeno consiste nell'assicurarsi che non vi siano correnti
d'aria calda tra l'apparecchio e il soggetto. Se è necessario,
spostarsi.

RADIAZIONI ULTRAVIOLETTE. Normalmente troppo deboli


per avere conseguenze, le radiazioni ultraviolette possono
nuocere alla nitidezza quando si fotografa a grandi altezze
(in montagna o dall'aereo: v. pag. 58). La nitidezza si ot-
tiene con l'uso di un filtro come il K odak Wratten 2 B, che
assorbe le radiazioni ultraviolette e non richiede un aumen-
to di posa.

DISCORDANZA TRA VETRO SMERIGLIATO E FILM. Per quanto


tutti i telai per filmpack e per pellicola piana siano costruiti ,
oggi in modo da poter essere usati con ogni tipo di apparec-
chio, può capitare talvolta che siano troppo spessi o troppo
sottili, e che di conseguenza il film . venga a trovarsi su un
piano leggermente diverso rispetto al vetro smerigliato. In
questi casi il negativo può risultare più o meno sfocato an-
che se si dedica-la massima cura alla messa· a fuoco. Quando
una fotografia risulta priva di nitidezza e non si riesce a sco-
prime le ragioni, è consigliabile controllare con una biffa
di precisione le rispettive distanze del vetro smerigliato e
del film dall'obiettivo. Bisogna anche assicurarsi che il telaio

gr
sia bene a contatto con l'apparecchio: talvolta l'orlo del te-
laio è più sottile della scanalatura in cui deve essere inserito
e di conseguenza il film rimane troppo indietro.

TELEMETRO MALE ACCOPPIATO. Gli apparecchi con teleme-


tro accoppiato devono essere periodicamente controllati per
accertare che l'accoppiamento con l'obiettivo sia sempre
es-atto (v. pag. 208).

FRONTE DELL'APPARECCHIO NON ABBASTANZA ROBUSTA. Gli


obiettivi più pesanti possono far pendere verso il basso la
fronte della macchina, specialmente se richiedono un dop-
pio o triplo allungamento del soffietto ed esercitano quindi
l'effetto di una leva. In questi casi l'intero sistema ottico
perde l'allineamento (l€ lenti dell'obiettivo, cioè, non sono
più parallele .al film) e la nitidezza va perduta. Per evitare
questo inconveniente bisogna rinforzare l'apparecchio con
una « rotaia» (cioè una sbarra di alluminio alta più di mez-
zo centimetro e larga 5 centiJ;lletri) fissata per mezzo di viti
ai fori per l'avvitamento del treppiede.

INSTABILITÀ DI FUOCO. Alcuni obiettivi ultraluminosi, ec-


cellenti sotto altro aspetto, spostano il piano focale col va-
riare dell'apertura del diaframma. Se si m ette a fuoco up.o
di tali obiettivi a tutta apertura, e poi si chiude il .diafram-
ma senza rifare la messa a fuoco, si ottiene una. fotografia più
o meno sfocata, in misura variabile a seconda della diffe-
renza tra le due aperture. L'unico modo di ottenere foto-
grafie nitide con tali obiettivi è di mettere a fuoco ed esporre
con la stessa apertura di diaframma.

COME SI OTTIENE LA PROFONDITÀ DI CAMPO

I. soggetti di quasi tutte le fotografie hanno tre dimensio-


ni: altezza, la rghezza e « profondità ». Ciò solleva imme-
diatamente due questioni: a che punto della profondità del
soggetto bisogna mettere a fuoco? Come si può estendere la
nitidezza al di qua e al di là del piano che si trova a fuoco
fino a comprendere tutto il soggetto?

g2
UN ESPERIMENTO

Il modo più semplice e istruttivo per imparare come si


ottiene la profondità di campo è facendo un esperimento :
prendete un apparecchio a· vetro smerigliato, montatelo su
un cavalletto, puntatelo obliquamente verso Ùn soggetto mol-
to esteso in profondità, diciamo una staccionata) ed esami-
nate l'immagine sul vetro smerigliato.

Prima tappa: col diaframma completamente aperto met-


. tete a fuoco su una tavola della staccionata a circa un me-
tro dall'apparecchio. Noterete che la tavola messa a fuoco
è perfettamente nitida; la tavola precedente e le due o tre
seguenti appaiono abbastanza nitide; ma tutte le altre sono
sempre più sfocate quanto più sono lontane da quelle a
fuoco.
Seconda tappa: sempre col diaframma aperto, mettete a
fuoco su una tavola a circa cinque metri dall'apparecchio.
Vedrete che appaiono nitide diverse tavole situate davanti
a quelle messe a fuoco e un numero ancora maggiore di
quelle situate indietro.
TeTza tappa: col diaframma aperto, mettete a fuoco su
una tavola a quindici metri di distanza. Ora vedrete che piìi
di dieci tavole davanti a quella a fuoco appaiono nitide, e
che dietro questa appare nitido tutto il resto della staccio-
nata.
Quarta tappa: mettete a . fuoco su una tavola a circa 5
metri dall'apparecchio e, chiudendo gradualmente il dia-
framma, osservate l'immagine sul vetro smerigliato. Noterete
che., a mano a mano che il diaframma si restringe, sempre
maggiore è il numero delle tavole che appaiono nitide.

Valutando i risultati ç:li questo esperimento dovreste


arrivare alle seguenti conclusioni, in cui risiede tutto il
« segreto » della profondità di campo:
1. Ogni obiettivo possiede una certa dose di « nitidezza
in profondità ». Anche se noi mettiamo sempre a fuoco su
un « piano » definito, gli oggetti che si trovano davanti
e dietro questo piano risultano, entro certi limiti, nitidi.
Questa zona nitida è tanto più profonda quanto meno

93
l'obiettivo ~· luminoso, ,quanto minore è la sua focale e
più distante il piano ~~ messa a fuoco.
2. Nella maggior parte dei casi, la suddetta « profon-
dità inerente » di un obiettivo non basta a comprendere
l'intera profondità del soggetto. Diventa così necessario
aumentare artificialmente la zona nitida. Il mezzo per
farlo è il diaframma. .
3· Più si chiude il diaframma, più aume~ta la profon-
dità di campo.
4· Chiudendo il diaframma, però, l'immagine si oscura
e occorre un aumento del tempo di posa con tutti gli in-
convenienti che ciò comporta.
5· Di conseguenza, è opportuno chiudere il diaframma
non più di quanto sia necessario per ottenere una profon-
dità di campo sufficiente.
6. L a chiusura del diaframma aumenta la zona nitida
in due direzioni: verso l'apparecchio e in senso opposto.
Sarebbe perciò uno spreco di profondità mettere a fuoco
sull'inizio o sulla fine della zona che si vuol rendere niti-
damente. Per esempio, mettere a fuoco sull'infinito e poi
diaframmare è sempre uno spreco, poiché la « profondità
oltre l'infinito » è, a dir poco, inutile.

7· La chiusura del diaframma crea una zona nitida


più profonda al di là del piano di messa a fuoco (in
senso opposto all'apparecchio) che al di qua (verso
l'apparecchio). Di conseguenza, il modo migliore per
ottenere nitidamente un soggetto tridimensionale è
mettere a fuoco l'obiettivo su un piano situato appros-
simativamente ad un terzo della p rofondità del sog-
getto, e quindi diaframmare fino a quando tutto il sog-
getto appare nitido.

QUANTO SI DEVE DIAFRAMMARE

Il modo più semplice e sicuro di determinare l' apertura


di diaframma necessaria per ottenere una certa · profondità

94
di campo consiste nell'osservare l'immag ine sul vetro sme:fÌ-
gliato. Gli apparecchi senza vetro smerigliato (e glì apparec-
chi reflex a due obiettivi, in cui il vetro smerigliato non indi-
ca la profondità di campo) hanno in genere . una scala nu-
merica della profondità di campo incisa sulla montatura 8el-
l'obiettivo o sulla manopola per la messa a fuoco. Per trarre
da questa scala il massimo profitto bisogna mettere a fuoco
prima sulla parte più vicina, poi sulla parte più lontana del
soggetto per leggere sulla scala metrica le rispettive distanze
dall'apparecchio: quindi, rimettere a fuoco fino a quando
uguali aperture di diaframma appaiono in corrispondenza
dei numeri indicanti la distanza minima e massima del sog-
getto. Bisogna quindi diaframmare all'apertura indicata.
Riassumendo, si arriva alle seguenti conclusioni :
I) I n generale la profondità di campo è tanto maggiore
quanto minore è l'apertura del diaframma. La misura di
tale profondità dipende però largamente da due fattori :
2) La distanza del soggetto: quanto più lontano è il pia-
no di messa a fuoco, tanto maggiore è la profondità della zo-
na nitida a qualsiasi apertura di diaframma. Questo è il mo- ,
tivo per cui le fotografie da brevi distanze richiedono l'uso
di diaframmi molto piccoli : a queste distanze il diaframma
« funziona meho »;
3) La lunghezza focale de!fobiettivo: quanto questa è
minore, tanto maggiore è la profondità di campo a qual-
siasi apertura di diaframma. Perciò l'apparecchio ideale per
le istantanee e il fotoreportage è quello 24 x 36 con un obiet-
tivo di 35 millimetri di focale (cioè moderatamente gran-
dangolare). Se si mette a fuoco questo obiettivo a circa 3
metri e mezzo e si chiude il diaframma a f / I I, tutto ciò che
si trova tra un metro e mezzo e l'infinito è a fuoco.

Una gr(lnde profondità di Una limitata profondità di


campo risulta da: campo risulta da:

piccoli diaframmi grandi diaframmi


grande distanza del sog- breve distanza del sogget-
getto to
breve lunghezza focale del- grande lunghezza focale
l'obiettivo dell'obiettivo

95
Il problema delle istantanee

I tre fattori: d,istanza del soggetto, lunghezza focale e


apertura di diaframma sono tanto interdipendenti da per-
mettere « compromessi ideali » mediante i quali si ottiene
la massima profondit_à di campo alla ·massima apertura
possibile. Regolando diaframma e otturatore in preceden-
za, il fotoreporter può . trasformare la sua macchina in
un'« arma di precisione a tiro rapido », con cui può far
centro senza perdere troppo tempo nella « mira » . Può cioè
-dimenticarsi dei meccanismi del suo apparecchio e concen-
trarsi suf soggetto. Al momento opportuno non deve che
puntare e scattare, con la sicurezza di ottenere una buona
fotografia. Nella tabella che segue sono indicate le distanze
di messa a fuoco che, a piccole aperture di diaframma, per-
mettono di non preoccuparsi continuamente della nitidezza.
I tempi di posa devono essere calcolati con l'esposimetro.

Per le distanze Per le distanze


tra 2 e 6 metri sino all'infinito
Lungh.
Distan. Profon- Distan. Profon-
focale
Dia- di messa dità di Dia~ di messa dità di
fram:ma à fuoco campo framma a fuoco campo
in m m m in m in m

8 somm
3 12,10-4,50 8 9 1 4,50-
1•c.• e 75 mm
apparecchi
l 00

11 4,50 12,40-10,50 24X3fi 11 9


l e 6x6 l 1 3,60- 00

8 3 12,40-3,60 8 18
l 9-
l
00
l 105mm
apparecchi t

II 3 12,10-4,20 6xg II 15
l l 1 7,50- 00 l

8
l
4;50 13,60-5,40 150mm 8
l
30 l 15- 00

apparecchi
II 4,50 13,45-6,00 9XI2 II 20 l IO- "''
l l ll
Questi dati possono essere utili solo se li avete a portata ·di
mano nel momento in cui dovete fare una fotografia nelle
condizioni a cui si riferiscono. -

g6
pOSSI.BILITÀ CREATIVE DELLA Fài oGRAFIA

Con I 6 fot ografie di Andreas Feininger

Ogni buona fotografia è il risultato di due' fattori: « tecnica foto-


grafica» e «arte» . Purtroppo molti fotografi continuano a soprav~
valutare l'importanza della « perfezione tecnica » trascurando i valori
artistici. La conseguenza è che le fotografie, anche se bene illumi-
nate, a fuo co e soddisfacenti dal punto di vista «tecnico», fanno
p oco effetto sull'o~servatore .
Chi considera la fotografia soltanto sotto questo aspetto lo fa nella
fallace convinzione che una foto sia esclusivamente una riproduzione
meccanica dell 'oggetto e che il fotografo, astraendo da alcune con-
siderazioni puramente «tecniche », abbia su di essa poca o punta
influenza. Ciò è inesatto. Il fotografo dispone di un numero illimitato
di possibilità di far valere la propria influenza. Ne citiamo soltanto
alcune: si può variare la distanza fra l'obiettivo e il soggetto pas-
sando dal campo lungo (per mostrare il soggetto in rapporto con
l'ambiente) a l primo piano (per rendere evidenti i minimi partico-
lari); si può scegliere l'angolo di visuale in modo da ritrarre il sog-
getto frontalmente, da un lato o dall'alto, ottenendo ogni volta un
effetto diverso. Inoltre fa una grande (e spesso decisiva) differenzà
se si fotografa con luce frontale, laterale, dall'alto o controluce, è se
l'illuminazione è dura (sole, flash ), oppure diffusa (cielo coperto o
luce indiretta). Oggetti in movimento possono essere « fissati » in·.·
modo che tutti i particolari riescano ben riconoscibili, oppure pos-
sono essere riprodotti in modo più o' meno sfumato per simboleggiare
efficacemente nell'immagine il senso di movimento e velocità. Invece
di accentuare il campo medio (come avviene di solito), si può spo-
stare deliberatamente il baricentro sul primo piano o sullo sfondo
dell 'immagine. Passando gradatamente dal contorno esatto ·a quello
sempre più sfumato, aprendo o chiudendo opportunamente il dia-
framma, si crea l'illusione, più o meno intensa, di pròfondità e
spazio. Esistono diversi obiettivi, dal grandangolare al teleobiettivo,
filtri che vanno dal rosso all'azzurro, carte morbide e dure: con '
ciascuno di questi elementi si ottengono effetti diversi a volontà del
fotografo. Illuminando in modo diverso le singole parti dell'imma- ..
gine, e grazie al taglio in sede d'ingrandimento, si hanno altre pos-.
sibilità di trasformare fotografi e apparentemente insignificanti in
fotografie d'un certo valore.
· Le foto seguenti vogliono illustrare alcune considerazioni · « aiti-
stiche » che influiscono profondamente sull'efficacia di una fotografia
e che avranno più ampia trattazione nella parte settima.
La concez ione del motivo
è determinante per l'efficacia dell'immagine.

Queste due fotografie dello stesso faro sono state scattate a pochi
minuti di distanza l'una dall'altra. La vistosa diversità di effetto
fra le due immagini è dovuta alla diversa concezione del motivo.

2
La prima fotografia è stata fatta con luce laterale e un filtro rosso
e, in tal modo, è stato messo particolarmente in risalto il cielo.
L 'altra è una fotografia controluce senza filt ro, con accentuazione
del primo piano. Esistono sempre molte vie per dare forma foto-
grafica a un oggetto. Ciò dovrebbe spronare il fotografo a trovare la
via più adatta per ottenere effetti chiaramente individuati.

3
La scelta della distanza fra oggetto e obiettivo
In alto un gruppo di persone foto grafate da vicino; a destra una
folla presa da lontano.
II primo piano mette in risalto i particolari : l'espressione del viso
della pittrice ambulante e degli spettatori. La panoramica mostra il
soggetto - gli uomini - in rapporto con l'ambiente : la s• Avenue
eli New York con il suo traffico intenso.

4
La scelta della direzione e dell'angolo di visuale

Il vostro apparecchio fotografico si muove liberamente. Può essere


puntato in qualsiasi direzione: orizzontale, di sbieco, verticale verso
l'alto o il basso. Sfruttate questa mobilità e sèoprite il più efficace
angolo di visuale, la visuale obliqua, che è significativa e colloca
l'oggetto in una prospettiva nuova e interessante.
Sotto: Riflessi in una vetrina, che fanno risaltare i contorni allun-
gati, acuti di una automobile da corsa trasformata degli anni '20.
A destra : Fra scale di sicurezza e impalcature della ferrovia so-
praelevata emerge dalla fosch ia mattutina il Cities Service Building
di New York.

6
L'importanza della misura

L a maggior parte degli oggetti risulta nella riprod1,1zione fotogra-


fica o rimpicciolita, o più o meno ingrandita: rare sono le imma-
gini in grandezza naturale. Perciò, di solito, gli oggetti grandi nelle
fotografi e appaiono piccoli e insignificanti, mentre quelli pi ccoli
sembrano sproporzionatamente grandi, a meno che il fo tografo non
includa nell'immagine termini di paragone che consentano all'osser-
vatore di dedurre la vera grandezza dell'oggetto. Il termine più
adatto per misurare le dimensioni di oggetti grandi è la figura
umana, e per gli oggetti piccoli la mano. Quanto più piccolo viene
riprodotto questo termine di paragone nella foto, tanto più grande
appare l'oggetto e viceversa. Perciò, a seconda di come riprodurre
la misura di riferimento, il fotografo può ottenere qualsiasi effetto
di grand ezza, volume e spazio da
lui desiderato. D'altra parte,
omettendo deliberatamente una
misura di riferimento, egli può
« lasciare l'osservatore libero di
indovinare » e spesso ottenere ef-
fetti inquietanti e fantasti ci. Un
esempio in questo senso sono le
teste di terracotta messicane del-
l'epoca precolombiana (a destra),
una delle qua li (in alto ), nella
versione priva di una misura di
riferimento, appare sorprenden-
temente grande e poderosa.
La scelta della luce e dell'illuminazione

In una luce « sbagliata » nemmeno un oggetto fotogenico può ot-


tenere pienamente il suo effetto. Pe rciò, se un fotografo non do-
vesse essere soddisfatto della qualità, della direzione e della forza
dell'illuminazione, dovrebbe aMenersi d a l fotografare e attendere
fino a q uando le condizioni di luce siano « giuste » .
Per esempio, la fotografia dei giganteschi alberi californiani (in alt o)

10
sarebbe risultata priva di eHìcacia e trita senza il raggio di sole che
penetra nella foresta semibuia.
E se la porta della chiesa gotica dell'isola di Gotland (in alto) fosse
stata fotografata in pieno sole, quindi con ombre dure e scure, in-
vece che con un'illuminazione morbidamente diffusa da un cielo
grigio, coperto in modo uniforme, sarebbero andati persi molti par-
ticolari dei bei bassorilievi. Ciò dimostra che non sempre il sole
rappresenta la luce « migliore ».

11
Simboli dell a luce diretta

N ella riproduzione fotografica la luce diretta è « bianca » ; nella


realtà risplende. Per esprimere graficamente la differenza con il
b ianco soltanto riflesso, il fotografo deve riprodurre la luce diretta
in questa o quella forma simbolica, come mostrano le due figure .

I n alto: La luce diretta è simboleggiata da un eccessivo splendore


e da un forte contrasto bianco-nero.
A destra: Stelle a otto punte esprimono graficamente lo scintillio
della luce diretta attraverso una rete metallica.

12
14
Simboli del movimento

Non si può separare il movimento dal tempo di posa. Un'« ista nta-
nea », che fa fermare il tempo, non può mai esprimere in forma
grafica il concetto di movimento. L'unica possibilità di simboleg-
giare il movimento la offre il tempo di posa, che, con una sfocatura
più o meno evidente, dimostra graficamente che l'oggetto si trovava
in movimento quando è stata scattata la foto.
La foto a sinistra mostra una delle semplici croci di legno che
l'amministrazione delle strade dello stato dell'Arizona erige nei
punti in cui è avvenuto un incidente mortale. La vettura, che corre
sulla strada, è stata resa deliberatamente « mossa » per indicare il
movimento e simboleggiare la «velocità » che può aver causa to
quell'incidente. Se la vettura fosse stata ritratta con i contorni a
fuo co avrebbe suscita to l'impressione di essere ferma e l'immagine
non avrebbe suggerito il senso di movimento e di pericolo incom-
bente che invece si ottiene con la sfocatura.
Analogamente le punte sfocate delle ali d el gabbiano (in alto) in-
dicano una battuta d 'ali verso il basso ; una fotografia con i contorni
a fuoco avrebbe suscitato l'impressione che l'uccello planasse.
Il fotografo può esprimere il movimento e la velocità in modo mol-
to semplice : mediante un tempo di posa relativamente più lungo
si aumenta il grado di sfumatura e diventa più evidente la sensa-
zione di « velocità », e viceversa.

15
Una foto " impressionista »

Per esprimere simbolicamente nell'immagine il concetto di « velo-


cità », l'autore ha scattato questa foto attraverso il parabrezza della
sua « Porsche » con il tempo di esposizione misurato in modo da
ottenere un grado di sfocatura esattamente calcolato. Per la diffe-
renza della velocità angolare, il centro dell'immagine con le macchi-
ne provenienti in senso contrario è a fuoco , mentre gli alberi ai mar-
gini della strada sono tanto più sfocati quanto più sono vicini ai
margini della foto. L'impressione di esplosione così ottenuta ripro-
duce la sensazione che si prova procedendo a forte velocità su una
strada di c;amp agna delimitata ai lati da fil e di alberi.

16
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Doppia esposizione. Due fo tografie sullo stesso pezzo di pellicola.
Per evitare doppie esposizioni, fare avanzare la pellicola o tirare la
linguetta del filmpack subito dopo aver fatto una fotografia. Se
però otturatore e avanzamento della pellicola sono accoppiati (e le
d oppie esposizioni, perciò, impossibili) non bisogna lasciare l'ottu-
ratore carico, nemmeno da un giorno all'altro, poiché ciò danneg-
gerebbe le molle che fan no parte del suo m eccanismo.

La polvere caduta sulla pell icola prima dell'esposizione lascia segni


neri simili a quelli visibili nel cielo di .questa fotografia (in alto, a
destra ). Per evitarli, pulire l'interno dell'apparecchio con uno spaz-
zolino dì pelo dì cammello. Se l'apparecchio è a soffietto, allungarlo
completamente, coprire il dorso dell'apparecchio, tenere quest'ulti-
mo verticale e spolvera re il soffietto con colpetti energici su tutti i
lati .

La polvere caduta sul nega tivo (in basso, a d estra) durante la stam-
pa e l'ingrandimento lascia segn i bianchi. Per evitarli, pulire con
cura i negativi e le lastre d i vetro del telaio o dell'ingranditore
prima di stampare. Assicurarsi inoltre che la superficie inferiore del
condensatore sia perfettamente pulita perché anche la polvere che
vi è attaccata sarà visibile nella copia.

18
19
Messa a fuoco errata. L'obiettivo è Movimento del soggetto . Il tem-
stato m esso a fuo co sugli alberi po di posa è stato troppo lungo
di sfondo invece che sul soggetto per « fermare » il movimento
in primo piano. L'errore si può del soggetto. L'errore si può
constatare facilmente consideran- constatare considerando che il
do che solo una certa zona man- soggetto in movimento manca di
ca di nitidezza, mentre il resto è nitid ezza mentre il fondo app a-
nitido . re perfettamente nitido.
La mancanza di nitidezza e le sue cause più comuni
Movimento dell 'apparecchio. L'apparecchio non è stato tenuto ben
fermo durante l'esposizione. L o si può constatare considerando che
ogni parte della fotografia appare ugualmente « mossa » nella stessa
direzione e non c'è nulla che sia veramente nitido.
" Cilecca» dell'otturatore.
L'otturatore bloccato dal
freddo, che gli ha im-
pedito di chiudersi com-
pletamente dopo l'espo-
sizione, ha provocato
questi errori. L'avanza-
mento del film, fatto
quando l'otturatore era
ancora parzialmente a-
perto, ha fatto sì che i
negativi si rigassero di
linee parallele : diritte a
destra (perché l'appa-
recchio era montato su
un cavalletto), ondulate
sotto (perché l'appa-
recchio, tenuto a mano,
era stato mosso durante
l'avanzamento del film).
Per evitare simili inci-
denti, è opportuno far
« delubrificare » l'ottu-
ratore da un competen-
te prima di accingersi a
far fotografie con fred-
do intenso (al di sotto
di 1 5 gradi sotto zero).
Il funzionamento « pi-
gro » degli otturatori è
provocato dall'olio trop-
po viscoso o dalla pol-
vere.
Slriature provocate dal-
l'elettricità statica che si
forma per frizione duran-
te l'avanzamento del film.
Il pericolo è maggiore
nelle giornate invernali
.fredde e asciutte, minore
in condizioni atmosferiche
calde e umide. Per evita-
re queste striature, avan-
zare il film lentamente e
senza strappi, tenendo
l'apparecchio a contatto
col suolo. I cavalletti di
legno e quelli di metallo
con appoggi di gomma
impediscono che l' elettri-
cità si scarichi al suolo e
ne facilitano l'accumula-
zione sul film.

22
l negativi hanno preso luce. Questo incidente si può evitare facil-
lllente. Non lasciare l'apparecchio alla luce forte più a lungo del
necessario. Non caricarlo e scaricarlo a lla luce forte; se non c'è
ombra, u sare quella prodotta dal proprio corpo. Assicurarsi che la
pellicola in rotolo sia ben tesa al momento di caricare l'apparec-
chio. Maneggiare i filmpack tenendoli soltanto per gli orli perché
la pressione sulle superfici potrebbe far entrare luce. Controllare
periodicamente l'apparecchio: le parti che più facilmente possono
far entrare luce sono gli angoli delle pieghe del soffietto e gli orli
dei dorsi smontabili. Controllare i telai per le pellicole , piane.
Riflessi provocati da Iuce forte che ha investito direttamente l'obiet-
tivo. La loro forma dipende dalla posizione della fonte luminosa e
dalla costruzione dell'obiettivo: quanto più questa è complessa e
numerose le lenti, tanto più aumenta il pericolo di riflessi. Se la
fonte luminosa non deve essere inclusa nella fotografia, i riflessi si
possono eliminare proteggendo .l'obiettivo con un buon paraluce o
riparandolo dalla luce con uno schermo qualsiasi. Se la fonte
luminosa deve apparire nella fotografia, l' uso di un obiettivo « trat-
tato » riduce ma non elimina del tutto il pericolo di riflessi.

Nella pagina accanto:


Riflessi a stella provocati dalle lamine
del diaframma, che appaiono soltanto
intorno alle lu.ci forti. Divengono sem-
pre più pronunciati a mano a mano che
l'apertura del dia,framma si restringe. Si
possono spesso usare per « simboleggia-
re » in forma efficacissima il fl,t lgore di
certe fonti luminose.

24
25
Le Impronte digitali sono
segni inconfondibili di
trascuratezza. Per evitar-
leJ non toccare mai le su-
perfici dei negativi con le
mani, ma tenerli sempre
per gli orli altrimenti si
otterrebbero fotografie co-
me questa (in alto).

Maneggiare la carta sen-


sibile soltanto con le pin-
ze durante la stampa e
l'ingrandimento. Usando
mani e dita si ottengono
fotografie come questa (a
sinistra), che è stata toc-
cata con dità sporche di
Rigature prodottesi su una pellicola troppo tesa. Si verificano spes-
so verso la fine del riavvolgimento della pellicola di 35 millimetri,
quando si cerca di staccare la linguetta di pellicola dalla bobina.
Per evitare questo pericolo riavvolgere il film fino a quando una
improvvisa resistenza indica che il film è rientrato quasi tutto nel
caricatore, quindi aprire l'apparecchio e staccare delicatamente la
pellicola dalla bobina.
Rigature· provocate da sabbia nell'interno dell'apparecchio o da
graffi delle guide per il trasporto della pellicola. Sono pressoché
inevitabili se si è tanto scervella ti da lasciare un apparecchio sulla
sabbia. Granelli taglien-
ti di sabbia penetrano
nell'apparecchio e graf-
fiano direttamente la
pellicola o, peggio an-
cora, incrostano le gui-
de di metallo per il suo
trasporto. Per evitare
questi graffi proteggere
l'apparecchio da lla sab-
bia, pulirne l'interno
subito dopo averlo usa-
to su una spiaggia e far
rimuovere le incrosta-
zioni da un competente.
Gocce di piogg ia cadute sul-
l'obiettivo hanno provocato
questi strani effetti. Per evitar-
li proteggere l'obiettivo con un
buon paraluce, usare l'ombrel-
lo o fare la fotografia da un
luogo riparato : un portone,
l'interno di u na macchina, ecc.
Gocce d 'acqua asciugatesi sul
negativo sono la causa di que-
ste brutte macchie. Per evitar-
le passate su ambo le parti dei
negativi una spugna prima di
appenderli ad asciugare.

Un reticolo si è formato sul-


l'emulsione del negativo per
l'insufficiente indurimento e la
temperatura troppo alta delle
soluzioni o dell'acqua. Questo
pericolo è in particolar modo
frequente nei climi caldi. Per
evitarlo usare una soluzione di r.;:.,,...,.,..,,;...,......;.
fissaggio acida che contenga
un elemento chimico « induri-
tore »; assicurarsi che la tem-
peratura delle soluzioni non
superi i 24 gradi.
Sviluppo del negativo
eccessivo normale insufficiente

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ESPOSIZIONE GIUSTA
SOTTESPOSIZIONE SOVRESPOSIZIONE
MA SVILUPPO INSUFFI-
E SV ILU PPO INS U FFIC IENTE E SVI L UPPO INSUFFICIENTE
CIENTE '

Densità: es t re m amen t e Densità: troppo bassa D ensità : quasi normale


bassa
Contrasto: estremamente Contrasto: troppo basso Contrasto: troppo basso
basso
D ettaglio delle ombre: del Dettaglio delle ombre: pre~ D ettaglio delle ombre: a·
tutto assente sente ma troppo debol e normalmente forte
Zone chiare : estremamen· Zone chiare : troppo deboli Zone chiare: tropJ:lO deboli
te deb oli
Rimedi: nessuno; il negati· Rimedi: stampare su car· Rimedi : stampare su carta
vo è da buttare ta di gradazione dura di gradazione durissima

SOTTESPOSIZIONE E SPO S IZ"IONE GIUSTA SOVRE SPOSIZIONE


MA SVIL U PPO NORMALE E SVILUPPO CORRETTO MA SVILUPPQ NOR MA LE

D ~ns ità: troppo bassa D ensità: normale D ensità: troppo alta


Contrasto: troppo alto Contrasto: normale Contrasto: troppo basso
Dettaglio de lle ombre : pra - Dettaglio delle ombre: n or- D ettaglio delle ombre : a-
ticamente inesistente male normalmente forte
Zone chiare : troppo deboli Zone chiare : forti m a an- Zone chiare : troppo dense
cora ben trasparenti e con grana pronunciata
Ri medi: nessuno; non si I negativi destinati all'in- Rimedi: indebolitore Ko-
possono creare dettagli grandimento devono es- dak Farmer R-4 a (fo r-
dove non ci sono sere in genere legger- mula a pag. 184 ); stam-
mente più trasparenti di pare su carta di grada-
quelli destinati alla stam- zione dura.
pa a contatto

SOTTESPOSIZIONE ESPOSIZIONE GIUSTA SOVRESPOSIZlONE


E SVILUP PO E CCESSIVO MA SVILUPPO ECCESSIVO E SVILUPPO ECCESSIVO

Densità: pressoché normale Densità: troppo alta Densità: estremamente alta,


il nega tivo sembra nero
Contrasto: estremamente Contrasto: un po' più alto Contrasto: pressoché nor-
a lto del dovuto male
D ettaglio delle ombre : trop- Dettaglio delle ombre : for- Dett aglio delle Ombre : e-
po debole te stremamente forte
Z one chiare: piuttosto den - Zone chiare : nere e bloc- Zone chiare : di un nero
se e nere cate; grana pronunciata totale; grana for tissima
Rimedi : se è estremamen- Rimedi : indebolire con per- Rimedi : indebolito re Ko-
te denso, indebolirlo con solfato di potassio (pag. dak R-5 (pag. 185 );
persolfato di potassio 184 ); stampare su carta stampare su carta d i gra·
(pag. 184. ); stampare su di gradazione morbida dazione normale
carta d i g radazione mor-
bida.

31
L'agitazione uniforme In su e In giù, che ha scosso la soluzione di
sviluppo sempre nello stesso senso attraverso i. fori della pellicola
di 35 mm, ha provocato le strisce scure sul cielo. Effetti simili si
ottengono quando si sviluppano pellicole piane agitando meccani-
camente sempre nello stesso senso.

Uno sviluppo sbagliato p u ò


danneggiare irreparabil-
mente un negativo. Di-
sastrose sono a questo ri-
guardo le conseguenze di
un'agitazione difettosa:
strisce e mancanza di u -
niformità. Per evitarle se-
guite le istruzioni date a
pag. 160.

Agitazione Insuffi ciente. Al-


cune delle sostanze chi-
miche d i una soluzione di
sviluppo agitata in modo
insufficiente si sono sepa-
rate ed hanno provocato
le due strisce scure e il
margine troppo chiaro a
destra.
Una cc copia perfetta ».Confronta- Un'Immersione non uniforme . del-
tela con le copie difettose che se- la carta esposta nella soluzione
guono e notate la morbidezza dei di sviluppo, frequente conseguen-
grigi e l'ampiezza della scala to- za di una insufficiente quantità
nale. di soluzione, ha provocato que-
ste sbavature.

lire errori più comuni nella stampa

cc Forzare , lo sviluppo di una copia Estrarre prematuramente una co-


sottesposta non può dare che una pia sovresposta dalla soluzione
fotografia slavata, troppo contra- di sviluppo significa ottenere una
stata (e spesso macchiata di gial- fotografia ·chiazzata, senza con-
lo) come questa. trasti (e spesso di color marro-
ne sporco) come questa.
Esposizione della copia

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Il metodo che si u sa comu-
nemente per determinare le
esposizioni quello delle
strisce di prova - ha un in-
conveniente: il confronto
non avviene fra esposizioni
della stessa immagine, ma
fra esposizioni di parti di-
verse dell'immagine, che pos-
sono avere differenti caratte-
ristiche di tonalità. Un me-
todo più pratico, che per-
m ette di confrontare esposi-
zioni di verse della stessa im-
magine, è quello che ia uso
di una sagoma come quella
illustrata a fianco.

Striscia di prova con quattro


pose di lunghezza diversa. Si
è costretti a confrontare se-
zioni diverse del negativo. In
questo caso particolare il
confronto è abbastanza fa-
cile perché le quattro se-
zioni contengono particolari
della stessa tonalità generale.
In altri casi, tuttavia, le dif-
ferenze di intensità luminosa
fra le varie parti del sogget-
to rendono pressoché impos-
sibile una valu taziorie delle
strisce di prova.

35
Come si determina la posa per gli ingrandimenti

CARTA
SENSIBILE

Ritagliare, secondo lo schizzo in alto, una sagoma di cartone sot-


tile ma resistente o di lamiera metallica, praticando un foro qua-
drato di circa 4 centimetri di lato. Ritagliare nella carta sensibile
un certo numero di quadrati di qualche millimetro più larghi della
sagoma. Disporre la sagoma sull'assicella dell'ingranditore in modo
ch e la parte più importante dell'immagine appaia n el foro; sotto la
sagoma inserire un quadrato di carta sensibile e fissarlo al centro
con uno spillo in modo che p ossa ruotare. Esporre quattro volte per
tempi diversi, ogni volta ruotando la carta di go gradi. Svilupparla,
fissarla ed esaminarla alla luce bianca per scegliere la posa migliore.

36
Solarizzazione.A sinistra: fotografia di un tramonto, fatta con posa
breve. A destra : lo stesso soggetto, fotografato con posa più lunga
per ottenere un migliore dettaglio delle ombre. Il sole risulta nero.
Questo rovesciamento dei valori tonali, causato da enormi sovre-
sposizioni, è chiamato « solarizzazione ». Il resto della fotografia
non appare « solarizzato » perché, trattandosi di oggetti scuri, è stato
proporzionalmente meno sovresposto del sole.

Vignettatura prodotta da un obiettivo con in- Se si dimentica di


sufficiente campo utile che, per tentare di tirare la tendina che
migliorare la prospettiva, è stato rivolto protegge le pellicole
troppo verso l'alto. Se si fosse usato un piane nei loro telai,
obiettivo di maggior campo utile, l'errore si ottengono fotogra-
sarebbe stato evitato. fie come questa.
L'ESPERIENZA
(v . parte ~es ta, p ag. I 9 I)
Come si giudica Esposizione
un negativo troppo breve

Al centro: Esposizione
Negativo« normale» troppo lunga

Saper distinguere tra un negativo sovresposto e uno sottesposto, e


tra uno insufficientemente sviluppato e uno sviluppato eccessiva-
mente, è necessario per ottenere «negativi tecnicamente perfetti » .
Altrimenti non si possono correggere né evitare i suddetti errori.
Raccomando al lettore di sottesporre, sovresporre, sottosviluppare e
sovrasviluppare deliberatamente alcuni negati~i per familiarizzarsi
con le loro caratteristiche e imparare a distinguerle.

Aspetto del negativo Causa dell'errore

Troppo e troppo contrastato = Esposizione inferiore


denso e troppo poco contrastato =Sviluppo
al necessario

Troppo e troppo contrastato = Esposizione superiore


traspar. e troppo pç>co contrastato =Sviluppo al necessario

39
Come si controlla il contrasto mediante la posa e lo sviluppo

Queste quattro coppie negative-positive illustrano la possibilità di


determinare il contrasto di un negativo mediante combinazioni
diverse di posa e di sviluppo. Nella pratica, naturalmente, la solu-
zione che si sceglie è una sola. Ma per essere in grado di ottenere
negativi intonati alle caratteristiche del soggetto il fotografo deve
sapere come si produce il contrasto desiderato : come si riduce, come
si aumenta o . sf lascia immutato il contrasto dei soggetti contrastati,
poveri di contrasto e normali.
Raccomando al lettore di fotografare diverse volte un soggetto di
contrasto normale, cercando di ottenere negativi il cui contrasto
sia da estremamente basso a estremamente forte.

Il contrasto del soggetto resta invariato se la posa è quella indicata


dali' esposimetro
lo sviluppo è fatto
secondo le regole

Il contrasto del negativo è minore se la posa è maggiore


del normale
lo sviluppo è più breve
del normale

Il contrasto del negativo è maggiore se la posa è più breve


del normale
lo sviluppo è più lungo
del normale

40
1. Posa lunga, sviluppo breve, contrasto bas-
so.

Copia su carta normale del negativo n. 1.


Notare la ricchezza di dettaglio delle zone
scure.
2. Posa normale, sviluppo normale, con- · 3· Posa più breve,
trasto normale. sviluppo più lungo,
contrasto maggiore.
Copia su carta nor-
male del negativo
n. 3· Notare il forte
contrasto e l'assenza
Copia su carta normale del negativo n. 2. di dettaglio delle zo-
Notare l'equilibrata resa dei contrasti. ne scure.
4· Posa brevissima, sviluppo lunghissimo,
contrasto fortissimo.

Copia su carta normale del negativo n . 4·


Notare l'assenza completa dei toni grigi
intermedi.
Posa: 5 minuti Posa: 30 minuti
L'accumulazione di luce sulla pellicola

Queste quattro fotografie di una carnera oscura improvvisata sono


state fatte in condizioni identiche con la luce di una lanterna e con
un'altra debole luce proveniente da una porta aperta su un corri-
doio. All'occhio umano, la stanza appariva press'a poco come nella
fotografia in alto a destra. Notare come l'aumento di posa porta
in evidenza un sempre maggior numero di particolari finché , nel-
l'ultima fotografia, l'impressione di una « camera oscura » svanisce
completamente.
Raccomando al lettore di fare una serie analoga di fotografie per
familiarizzarsi con la capacità di « accumu lare luce » che ogni pel-
licola possiede. Simili esercizi sono importanti per imparare a fare
fotografie notturne, in cui la sottesposizione costituisce un fiasco
completo e la sovresposizione distrugge il « clima » e il mistero della
notte. Il più importante campo di applicazione di questo fenomeno
è la fotografia astronomica, in cui ore e ore di posa ininterrotta per-
mettono di fotografare galassie e stelle altrimenti invisibili.

44
Latitudine di posa della pellicola - Una lampada accesa in sei versioni

Per familiarizzarsi con l'enorme latitudine di posa delle attuali


emulsioni negative e con gli effetti degli aumenti e delle riduzioni
di posa, il lettore faccia una serie di fotografie di un soggetto con-
trastato, spaziando da un'estrema sottesposizione a una estrema
sovresposizione. N elle fotografie di questa tavola e della seguente
si noti come il contrasto diminuisca con l'aumento della posa, .e
come egualmente migliori la resa delle zone scure. Si noti anche che
la prima e l'ultima fotografia sembrano l'una positiva e l'altra ne-
gativa, sebbene siano entrambe positive.

Posa: 1/ 1000 di se-


condo. La lam-
pada è assoluta-
mente sottesposta
e invisibile. L'at-
tenzione si con-
. centra sul fila-
mento incande-
scente.

Posa: 1/250 di se-


condo. La lam-
pada ·è ancora
alquanto sette-
sposta. Il contra-
sto è ancora al-
to, l'occhio è an-
cora attratto so-
prattutto dal fi-
lamento incande-
scente.

45
Posa: 11100 di se-
condo. La lam-
pada è corretta-
mente esposta. I
dettagli sono ben
definì ti sia nelle
zone luminose
sia in quelle più
scure.

Posa: 1110 di se-


condo. La lam-
pada è sovrespo-
sta. Il contrasto
comincia ad ap -
piattirsi. Le zone
scure sono anor-
malmente ricche
di dettaglio.

Posa: 1 secondo.
La lampada è e-
normemente so-
vresposta. Il con-
trasto è basso.
L'inversione del
negativo (solariz-
zazione) è comin-
ciata.

Posa: 10 secondi.
La lampada è
tanto sovrespo-
sta da non po-
tersi più distin-
g.uere: La sola-
nzzaz!One della
zona pi ù lumino-
sa è completa.
La resa del cielo
mediante i filtri

Nella maggior parte delle fo-


tografie all'aperto il cielo è
un elemento importante. Per
far risaltare oggetti e per-
sone contro il cielo, o per
rendere la bellezza delle nu-
vole, è necessario saper da-
re al cielo il giusto tono di
grigio. Perciò raccomando al
lettore di fare una serie di
fotografie di nubi su cielo
azzurro con diversi filtri se-
condo le istruzioni della se-
guente tabella.

o"' Tonalità
...,~ Filtro del cielo
p,.
-
azzurro bianco

più chiaro di
nessuno come appare
all'occhio

giallo come appare


medio all'occhio
-- ---
leggermente
u
-~
"' giallo più scuro di
a scuro come appare
eu all'occhio
c
"'
p,. rosso grigio scuro
chiaro
rosso grigio
scuro scurissimo
--
rosso
con
schermo nero
polariz-
zante
La resa dei colori mediante l filtri

Sulla traduzione dei colori in corrispondenti sfumature grigie si


può influire con l'uso dei filtri. Per rendere il colore più scuro di
come appare alla vista bisogna usare un filtro del colore supple-
mentare: per renderlo più chiaro, di colore uguale (v. pag. 6g).
Per acquistare confidenza con gli effetti dei diversi filtri sui colori,
il lettore dovrebbe incollare su una striscia di cartone quadratini
rossi, arancione, gialli, verdi, azzurri e viola, e fotografare la striscia
con i diversi filtri.
Gli esempi sottoriportati sono stati ottenuti fotografando una stri-
scia come quella ora descritta con film pancromatico e con i filtri
dei quattro colori principali: giallo, rosso, verde e azzurro. Per as-
sicurare una resa uniforme, la stampa è stata fatta sullo stesso tipo
di carta.

Rosso Arancione Giallo Verde Azzurro Viola

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La resa del colori mediante i filtri

A szmstra: film pancromatico, filtro azzurro. A destra: film pan-


cromatico, filtro rosso. Il cielo e il fazzoletto da collo erano azzurri,
il cappello rosso, i capelli biondi e il vestito grigio. Notare la dif-
ferenza nella resa dei colori e il conseguente mutamento di « atmo-
sfera » provocato dal cambi amento di filtro.
Esempi pratici d'uso dei filtri. Le differenze di resa cromatica sono
grandi quasi quanto la differenza tra negativo e positivo. Ma solo
il fotografo che abbia fatto i suoi bravi esercizi, e conosca le
caratteristiche di ogni filtro, può ottenere gli effetti desiderati.
Come si eliminano i riflessi

fotografia « ordinaria »·

Fotografia fatta con schermo polarizzante. Si noti come lo sch ermo


polarizzante elimina i riflessi e mette in evidenza il soggetto, prima
<<. nascosto ».
~,~---. ~--~n- "
;

50
Gli schermi polarizzanti e gli obiettivi « trattati » sono di grande
aiuto contro la luce indesiderabile . Ma non sono sempre infallibili
e ci sono cose che non possono fare. Per accertare le loro possibi-
lità e i loro limiti, il lettore faccia una serie di fotografie di soggetti
u guali con e se nza schermo polarizzante.

Fotografia fa tta con obiettivo « non trattato » .

Fotografia fatta con obiettivo « tra tta to » . Si noti come l'orribile


riflesso - così comune quando si fotografa controlu ce - viene del
tutto e lim in a to .

51
~. ~~
------ ~
>• ------------~

NEGATIVO - - --- - -·-·~·-·-- ---· -- -- --

\i/
OBIETTIVO --- - -·- · - · -·~·-·-·-·---·-----
,' / \
,: , \
/ l \
ASS I CEL L A
/ ,_...,:.
· · - - --- · - ·~-- - · - · -·- - - - - .. -

52
Come si eliminano
le distorsioni prospettiche

Al momento della posa. A sinistra :


puntando l'apparecchio in alto per
includere la parte superiore dell'e-
dificio si ottengono « verticali con-
vergenti ». Al centro: tenendo l'ap-
parecchio orizzontale in modo che
la pellicola sia parallela all'edificio
si ottengono verticali parallele, ma
si lascia fuori la parte superiore. A
destra: tenendo l'apparecchio oriz-
zontale, ma alza ndò l'obiettivo fino
a quando tutto l'edificio appare sul
vetro smerigliato, si ottiene una fo-
tografia senza distorsioni. È neces-
sario però un obiettivo con suffi-
ciente campo utile.

- · - ·-·-·-·-·-·\Jìc:::.:-:_:: Nell'ingrandimento. A sinistra : in-


-·- ·---- - ·-·- ·-·r.· - --·- ·- grandimento normale di una foto-
:1 .. grafia « distorta ». Al centro: incli-
( l .. nando l'assicella si riportano le ver-
/ l \ ...,. ticali al parallelismo; le parti estre-
-·- ·-----·-·- ~:::- me restano però « fuori fuoco » e
bisogna chiudere il diaframma. A
destra: inclinando assicella e porta-
negativi in direzione opposta (ne-
gli ingranditori con portanegativi
inclinabile; v. pag. 153) si ottiene
un'immagine senza distorsioni e
completamente nitida anche a tut-
ta apertu ra di diaframma.

53
Com~t si dà l'impressione dello spazio

Una fila di case ripresa


da vicino con un obietti-
vo grandangolare.

La stessa fila ripresa da


lonta no con un teleobiet-
tivo. L'uso di obiettivi di
diverse lunghezze focali
consente di variare la
« profondità » secondo le
esigenze del soggetto. La
fotografia in alto d à l'im-
pressione che le case si
susseguano senza fine,
m entre la fotogràfia a si-
nistra pone l'accento sul-
le ristrette facciate degli
edifici.
· -~-·~:[!J:l.-l-~-~ · ---r· --
- •• - .• - . l -.....

.- -- - ---

Obiettivo grandangolare, apparecchio vicino al soggetto. La pro-


fondit à appare esagerata. Le proporzioni degli oggetti alterate in
modo ta le che la scatola in primo piano sembra enorme, quella in
secondo piano piccolissima. Si noti, nello schizzo, la grande diffe-
renza di grandezza tra le due frecce sul vetro smerigliato.

Teleobfettfvo, apparecchio lontano dal soggetto. La profondità ap-


p are esigua. Le proporzioni tra gli oggetti sono rispettate, non c'è
distorsione. Notare la minima differenza di grandezza tra le due
frecce sul vetro smerigliato.

Disposizione delle scatole e distanza sono uguali nelle due fotogra-


fie: solo la posizione dell'apparecchio e la lunghezza focale del-
l'obiettivo sono diverse.
Controllo della prospettiva

b
a

56
c

Sei modi di riprodurre un cubo. « Esercizi di diteggio » per impara-


re a controllare la prospettiva. Raccomando a l lettore di fare una
serie analoga di fotografie per familiarizzarsi con l'uso delle fronti
e dei dorsi inclinabili. Tener conto soprattutto delle seguenti rego-
le: 1) Per dare l'impressione più convincente di un cubo o di qual-
siasi a ltra forma tridimension ale, una fotografia deve mostrare tre
delle sue facce (v. foto f). Le fotografie che mostrano soltanto due
facce del cubo suggeriscono l'idea di un paravento pieghevole. La
fotografia che mostra soltanto una faccia (v. foto a) suggerisce
l'idea di una superficie piatta, senza «corpo » né profondità. 2) La
convergenza delle parallele può essere impiegata per suggerire sia
l'idea di «altezza » (v. foto b) o di « profondità» (v. foto c).
3) Per evitare « distorsioni » la pellicola deve essere parallela alla
superficie che si vuole rendere senza distorsioni. Per ottenere questo
risultato il fotografo deve usare convenientemente il dorso inclina-
bile. dell'apparecchio. 4) Se l'inclinazione è fatta correttamente,
l'immagine appare priva di distorsioni sul vetro smerigliato. Se l'im-
magine è parzialmente sfocata, la mancanza di nitidezza può essere
in una certa misura corretta a l zando o abbassando- l'obietti vo . Se
vi è ancora mancanza di nitidezza in qualche zona, occorre chiu -
dere il diaframma. Questo tipo di lavoro richiede l'u so di un appa-
recchio a vetro smerigliato (v. pag. 203 ).

57
Esercizi d'inclinazione
dell'apparecchio

Il grado in cui si possono controllare, mediante inclinazioni del dorso


e della front e dell'apparecchio, la prospettiva e la profondità di
campo è illustrato da queste tre fotografie, che sono state fatte con
l'apparecchio posto nello stesso punto e con identica apertura di
diaframma (f/ 4,5).
A sinistra: fotografia « normale »; notare la limitata profondità di
campo.
Al centro : disponendo la fronte e il dorso dell'apparecchio in modo
che tre linee immaginarie, situate sul piano del soggetto, dell'obiettivo
e del film, si incontrino in un punto comune, si ottiene una foto -
grafia uniformemente nitida anche a diaframma completamente aper-
to. Notare, tuttavia, la leggera distorsione: le linee parallele conver-
gono verso il fondo in modo più pronunciato che nella fotografia a
sinistra, più nitida in profondità ma meno distorta.
A destra: disponendo nuovamente fronte e dorso dell'apparecchio in
modo che le tre linee immaginarie, situate sul piano del soggetto,
dell'obiettivb e della pellicola siano parallele, si ottiene una fotografia
in cui la « prospettiva invertita » elimina completamente il rimpic-
ciolimento verso il fondo : la scatola più lontana appare di grandezza
identica alla prima, le parallele restano tali nella immagine e non
convergono avvicinandosi al fondo . L'applicazione pratica di questi
principi è particolarmente utile nella fotografia pubblicitaria e in-

58
'
''
'\
'' ''
\'1. \
''\\'
_________,,:...

dustriale, in cui la resa senza distorsioni degli oggetti è spesso neces-


saria per dare un'esatta impressione di un prodotto o di un elemento
di macchinario.

59
La lu ce frontale diretta dà
una illuminazione « senza om-
bre » che cancell a la « trama »
delle superfici. Questo tipo di
illuminazione è da evitare
qual)do si voglia dar rilievo a
questa « trama >> : senza om-
bre una resa efficace è impos-
sibi le.

La luce radente produce om-


bre e mette in evidenza la
« trama ». Questa fotografia è
stata fatta con una sola lam-
pada survolta ta. La sua illu-
minazione diffusa produce pe-
rò ombre troppo deboli per
una resa efficace della « tra-
ma» .

60
Il fascio di luce concentrata di
uno << spotlight » radente fa
balzare la « trama » in gran-d e
evidenza. Il contrasto « esage-
rato » drammatizza il soggetto,
ma nello stesso tempo lo fa
apparire fin troppo ruvido :
questo tipo di luce non è adat-
to a rendere la soffice consi-
stenza d el pane.

La «trama » ben evidente, ma


non ruvida, è ottenuta con due
fonti luminose : uno « spot-
light » radente, che la accen-
tua, e una lampada survoltata
a luce diffusa che ammorbidi-
sce le ombre. Nella ma ggior
parte dei casi questa disposi-
zione di luce è la più adatta
a una resa « documentaria »
delle superfici.
Come si simboleggia l'irradiazione luminosa

Nella fotografia, « luce » e « bianco » sono necessariamente la


stessa cosa. Nella realtà, tuttavia, la luce è qualcosa di radiante e
attivo : il bianco è qualcosa di riflesso e passivo. Per rendere effica-
cemente la luce in una fotografi a, bisogna « simboleggiare » nel
modo più efficace il suo sfolgorio e la sua irradiazione. Qui si
illustrano alcuni dei modi possibili. Per afferrare Io spirito e impa-
dronirsi della tecnica di questi simboli, il lettore dovrebbe speri-
mentare i vari metodi, studiandone gli effetti emotivi e figurativi e
ponendosi così in grado di usarli volutainente per creare determinate
impressioni.

Alone (lastra
non antialonica)

Fuori fuoco
Alone (schermo
diffusore Duto)

Piccolo diaframma

Uno strato di garza

Due strati di garza


con trama incrociata
a 45 gradi
La dzstanza iperfocale

Accade sovente che si debba ottenere una fotografia ni-


tida da una certa distanza all'infinito. Per faflo senza chiu-
dere il diaframma più del necessario bisogna mettere a fuo-
co l'obiettivo su una distanza doppia di quella da cui deve
cominciare la zona nitida, e il diaframma deve essere chiu-
so più o meno a secÒnda della distanza di messa a fuoco :
In tal caso si dice che l'apparecchio è a fuoco ·sulla « di-
stanza iperfocale », o più semplicemente « iperfocale ».
Esempio : con una Contax -dotata di obiettivo Sonnar
f / I ,5 di 50 millimetri di focale si deve rendere nitidamen-
te tutto ciò che si trova fra tre metri di distanza e l'infinito.
Bisognerà, come si è detto, mettere a fuoco su 6 metri : e,
secondo l'indicazione della scala metrica incisa sulla monta-
tura dell'obiettivo, chiudere il diaframma a poco più di
f j 8.

L'rPERFOCALE può essere così definita: è la distanza dal-


. l'appare~ chio al di là della quale tutto risulta nitido quan-
do l'obiettivo è a fuoco sull'infinito : quale sia talè distanza,
dipende dalla lunghezza focaìe · dell'obiettivo e dall'apertura
di diaframma. Se si mette a fuoco l'obiettivo sull'iperfocale
e si lascia immutato il diaframma tutto risulta nitido da
una distanza pari a metà · dell'iperfocale sino all'infinito.
Questa combinazione di messa a fuoco e di diaframma pro-
duce la massima profondità di cainpo . per quell'obiettivo e
quella aperturà. .
Per qualsiasi obiettivo, di qualsiasi focale e a qualsiasi
apertura di diafrainma, l'iperfocale può essere determinata
m·e diante la seguènte formula:
Fz
iperfocale =fxC
In questa formula F è la lunghezza focale in millimetri,
. f è il numero corrispondente all'apertu-
ra di diaframma,
C è il diametro del cerchio di confusio-
ne in millimetri.

97
Esem.pio : si voglia ottenere profondità di campo dall'infi-
nito alla minore distanza possibile. Si dispone di un obiettivo
di 125 millimetri di lunghezza focale e le condizioni di luce
permettono un'apertura di f/ I r. La nitidezza del negativo
deve obbedire ai requisiti illustrati a pag. 84, secondo cui il
diametro del cerchio di confusione non deve superare I /rooo
della lunghezza focale dell'obiettivo: in questo caso, milli-
metri o, I 25, cioè I /8 di millimetro. Per ottenere la massima
profondità di campo bisogna mettere a fuoco sulla distanza
iperfocale : si otterrà così una zona nitida dalla metà di que-
sta distanza· all'infinito. Per trovare l'iperfocale si usi la for-
mula sopra citata e si avrà la seguente equazione :

F 2 - ~= I5.625 x 8 = I I.28o mm I I,28o m


fxC- IIXVs II

Di conseguenza, mettendo a fuoco sulla distanza di poco


più di I I metri e chiudendo il diaframma a f / I I , si avrà
una profondità di campo da circa 5 metri e mezzo (metà
dell'iperfocale) all'infinito.
Analogamente, l'apertura di diaframma necessaria per ot-
tenere profondità di campo dall'infinito a una data distanza
può essere determinata mediante la seguente formula :
p2
apertura di diaframma = ---
I x C

In questa formula F è la lunghezza focale in millimetri,


I è l'iperfocale in millìmetri, .
C è il diametro del cerchio di confu-
sione in millimetri.

Esempio: si voglia ottenere profondità di campo dall'in-


finito alla distanza di 7 metri e mezzo. Si dispone di un
obiettivo di I 25 millimetri di lunghezza focale e si sa (v.
pag. 84) che il cerchio di confusione è di miljimetri o, I 25,
cioè Vs di millimetro. Per ottenere la massima profondità
di campo bisogna mettere a fuoco su una distanza doppia
dell'oggetto più vicino che deve risultare . nitido: in questo

g8
caso a 15 metri. Ma quanto bisogna chiudere il diaframma
perché la profondità di campo vada da 7 metri e mezzo al-
l'infinito? Ecco la risposta:

apertura di diaframma :
F2 15.625 - 15.625 8- 125.000 - 8
----x ·- - ,g
= Ixef '= I5.000X !h 15.000 15.000

Di conseguenza, mettendo a fuoco a 15 metri e chiu-


dendo il diaframma a fj8,g si può ottenere una profondità
di campo da , 7 metri e mezzo (metà dell'iperfocale) all'in-
finito.
Con l'aiuto di queste due formule, chiunque vi abbia in-
teresse e disponga di una mezz'ora può facilmente preparar-
si una tabella delle iperfocali alle diverse aperture. Gli sarà
di aiuto inestimabile quà ndo si troverà in condizioni di
luce difficili e avrà bisogno della massima profondità di
campo possibile senza dover sacrificare la luminosità del-
l'obiettivo e aumentare i tempi di posa.

Perché la profondità di campo aumenta quando si chiude


il diaframma

Immaginiamo due punti luminosi A e B (v. lo schizzo) a


· differenti distanze dall'apparecchio. Qualsiasi punto emette
luce in tutte le direzioni, o per radiazione (il sole) o per ri-
flessione (ogni oggetto non luminoso). Ma di tutta la .luce
emessa da ogni punto soltanto un cono luminoso, avente
come apice il punto stesso e come base la . superficie del-
l'obiettivo, è utilizzato nella formazione dell'immagine sul
negativo. Se l'obiettivo è messo a fuoco sul punto A, la lu-
ce esce dall'obiettivo rifratta in modo da .formare un se-
condo cono luminoso nell'interno dell'apparecchio. L'apice
di questo cono tocca _esattamente il piano su cui si trova il
negativo e forma in a ùn'immagine nitida del punto lumi-
noso. Ma poiché un obiettivo non può mai essere posto a
fuoco su due distanze diverse, l'immagine del punto B più
vicino dovrebbe teoricamente · cadere al di là del film. Dato

99
che ciò è impossibile perché il film intercetta la luce, -l'im-
magine del punto B è resa in questo -caso senza nitidezza,
in forma di uh cerchio di diametro corrispondente al . dia-
metro . che ha il cono luminoso sul piano di intersecazione
del ·film. Questo cerchio è il «cerchio di confusione».

_Per rendere nitida l'immagine del punto B senza . rimet-


tere a fuoco l'obiettivo bisogna ridurre il diametro del cer-
chio di confusione. Come già sappiamo lo si fa chiudendo
il diaframma. Il motivo per cui questa operazione aumenta
la profondità della zona nitida è illustrato nello schìzzo
_che segue:

La riduzione dell'apertura relativa di un obiettivo per


-mezzo del diaframma restringe il cono luminoso che esce
dall'obiettivo in direzione del film. Quando tale cono incon-
tra il piano del film è già cosi stretto che il cerchio di con-

IOO
fusione che ne risulta è tanto piccolo da apparire all'occhio
come un « punto ·» : l'immagine del punto B appare « ni-
tida».

COME SI OTTIENE UN BUON CONTRASTO

Le fotografie in bianco e nero di molti fra i più pittore-


schi panorami del mondo sono notoriamente .deludenti, non
tanto perché prive di colori quanto perché il dilettante spes~
so non sa creare in bianco e nero contrasti « graficamente »
evidenti ed efficaci, in modo che non si senta la mancanza
dei colori. In se stessa tale mancanza non è da considerarsi
uno svantaggio, anzi non è. ra-ro· che un buon fotografo sap-
pia trarre da un soggetto comune una fotografia di · grande
effetto proprio per l'assenza del colore. Molti soggetti; resi
a
su p ellicola colori nella forma .più « naturale » del mon-
do, sono insopportabilmente triti e banali. Gli stessi sog-
getti, resi in bianco e nero da un fotografo dotato di imma-
ginazione, con bianchi brillanti e neri marcati, diventano
sorprendentemente nuovi e interessanti.
Il film traduce i valori del soggetto in nero, bianco e sfu-
mature intermedie di grigio. Molti dilettanti si accontentano
che la traduzione avvenga in modo automatico. I princi-
pianti, specìalmente, sembra non aspettino nemmeno la ne-
cessità di intervenire in questo processo. Man mano che
progrediscono e ~cquistano capacità critica, però, si rendo-
no conto che la maggior parte delle loro fotografie sono in-
soddisfacenti perché non afferrano l'essenza del soggetto.
Specie quando il soggetto ha colori molto vivaci, il motivo
della cattiva riuscita delle fotografie in bianco e nero è l'in-
capacità di tradurre il colore· in un contrasto . « graficamen-
te >> espressivo di bianchi, neri e grigi.
Sapere in che modo si creano, si accentuano e si attenu·a-
no i contrasti è· necessario per ·due motivi opposti : I) .per-
ché la fotografia in bianco e nero non traduce i colori ab-
bastanza « letteralmente » in sfumature grigie; 2) perché
traduce i colori troppo «letteralmente» . Ecco la spiegazio-
ne dì questo paradosso : ·
Traduzione non abbastanza « letterale » dei colori: .non

IO·l
esiste finora nessun tipo di materiale negativo che renda
tutti i colori e le loro varie tonalità in corrispondenti sfuma-
ture grigie (v. pag. s6). Il film pancromatico, per esempio,
nei ritratti a luce artificiale, schiarisce eccessivamente le lab-
bra. Il film ortocromatico è troppo sensibile all'azzurro e di
conseguenza rende il cielo troppo chiaro, col risultato che
le nuvole non risaltano. In questi casi - quando, cioè, si
desidera una traduzione « letterale » dei colori in corrispon-
denti toni grigi - la resa dei colori deve essere corretta. A
questo scopo si usano i filtri correttivi illustrati a pag. 70.
Traduzione troppo « letterale» dei colori: la separaz;ione
delle forme,in realtà, è soprattutto una separazione di colo-
ri. Una rosa rossa spicca su uno sfondo di foglie verdi;
d'autunno, il fogliame giallo-dorato degli alberi spicca con-
·tro il cielo azzurro. Il colore è dappertutto e quasi sempre
non è né troppo chiaro né troppo scuro. Ma in bianco e
nero tutti i colori « medi » appaiono come grigi « medi ».
I contrasti vivaci tra colori differenti si smorzano nella mo-
notonia di grigi quasi identici. Gli oggetti tendono a con-
fondersi l ;uno con l'altro, la nettezza di forme e di spazi
svanisce. Se non si conserva l'effetto cromatico sotto forma
di contrasti « esagerati » di chiaro e di scuro, si ottengono
fotografie deludenti.

MEZZI PER CONTROLLARE IL CONTRASTO

Nella maggior parte dei casi è necessario intervenire per


rafforzare il contrasto fra toni chiari e scuri rispetto a quel-
lo esistente nel soggetto. Ciò può accadere per due ragio-
ni : p erché si devono « separare » due colori diversi ma di
uguale luminosità; oppure perché si deve migliorare-la resa
di un soggetto in cui il contrasto naturale è troppo basso
per essere « graficamente » efficace (per esempio, nelle pre-
se da lunga distanza in cui il velo atmosferico fa -'il.pparire
soggetti e sfondi in tonalità poco diverse di azzurro e di
grigio). Talvolta è però necessario intervenire per attenuare
un eccessivo contrasto del soggetto in modo che non ecceda
la possibilità dì resa del materiale negativo (per esempio,
nelle fotografie di soggetti in cui si alternano luci molto vio-

102
lente e ombre molto profonde). Il sommario che segue elen-
ca i diversi mezzi che si usano per controllare i contrasti
seconçlo le esigenze di una buona resa in bianco e nero :

r) mate1·iale negativo (considerare due caratteristiche:


sensibilità cromatica e gradazione);
2) filtri (distinguere fra i due tipi: filtri per aumentare
il contrasto e filtri correttivi: v. pagg. 68-70);
3) illuminazione (distinguere fra i diversi tipi di luce: v.
pag. 74; e fra i diversi modi di usare un determinato tipo
di illuminazione: v. pagg. I07-ro8);
4) esposizione in relazione allo sviluppo (v. pag. rog);
5) gradazione della carta (per correggere, nell'ultima fase
del processo fotografico, il contrasto insoddisfacente dell'in-
tero negativo) ; -
6) mmchere (per correggere, sempre nella fase della stam~
pa, il contrasto su singole parti del negativo);
7) combinazioni diverse dei precedenti mezzi di controllo.

r Il materiale negativo

Le differenze di sensibilità cromatica incidono soprattutto


sulla resa del rosso e del verde. Le pellicole ortocromatiche
sono insensibili al rosso, che traducono in nero. Tuttavia il
rosso puro è raro in natura : la maggior parte dei « rossi »
contengono un po' di giallo, di blu, di verde. Quindi quasi
tutti i cosiddetti « rossi » non vengono r~si come « neri »
dalle emulsioni ortocromatiche, ma appaiono soltanto più
scuri che alla vista. Ad esempio, nei ritratti è molto impor-
tante separare i toni rosei della carnagione dal rosso delle
labbra. La pellicola ortocromatica, per la sua insensibilità al
rosso, dà spesso una migliore separazione fra rosa e rosso di
quella pancromatica, con cui il rosso risulta spesso troppo
chiaro. D'altra parte l'insensibilità della pellicola ortocroma-
tica al rosso la rende inferiore a quella pancromatica in
ogni circostanza, tranne i casi in cui il colore predominante
è il verde. Il film pancromatico è poco sensibile al verde e
generalmente lo rende più scuro di quanto risulta all'occhio~
Quindi i soggetti in cui predomina il verde (paesaggi, albe-

103
ri; prati) appaiono più vivi se li si fotografa con una pelli-
cola: ·Ortocromatica, purché si riduca con un filtro giallo la
sua eccessiva sensibilità all'azzurro. Tuttavia, se non vi sono
motivi · particolari, come quelli ora esposti, che consiglino
. l'uso di una pellicola ortocromatica, quella pancromatica è
in genere preferibile per la sua sensibilità a tutti i colori, che
permette, ad esempio, di ottenere effetti assai « drammati-
ci» con l'uso dei filtri rossi; è sensibilissima al rosso e per-
ciò ideale _per fotografie con luce artificiale; ed è general-
mente più rapida, ciò che è sempre un vantaggio quando
si fotografa di notte o in ambienti chiusi.
La diversa capacità di resa del contrasto dei vari tipi di
film permette di rafforzare, attenuare o conservare i contra-
sti di luminosità di ogni soggetto. Di regola il contrasto del-
l'immagine è tanto più forte quanto minore è la sensibilità
· dell'emulsione negativa: la resa è più morbida nelle emul-
sioni rapide.
Prima di scegliere la pellicola per una data circostanza, il
fotografo deve decidere come può ottenere.. il migliore ef-
fetto : accrescendo, attenuando o lasciando immutato il con-
trasto del soggetto. In base a questa valutazione sceglierà il
film di gradazione adatta: dura, morbida o normale. Ma
questo è solo il primo passo : deve poi considerare la com-
posizione cromatica del soggetto e decidere quale emulsio-
ne può dare miglior risultato : ortocromatica o pancroma-
tica.

2 I filtri

Possiamo scegliere tra filtri correttivi e filtri per contrasto.


I filtTÌ conettivi migliorano la traduzione dei colori in to-
ni grigi in modo che la naturale luminosità od opacità di un
colore (come appare all'occhio) sia resa in un grigio chiaro
o scuro in grado corrispondente (la cosiddetta resa « mono-
cromatica »). ·
I filtri per contrasto, detti anche «per effetti», modifi-
cano il modo ih cui un'emulsione negativa reagisce a deter-
minati colori. Contrariamente ai filtri correttivi, che sovente
diminuiscono il contrasto, i filtri per effetti permettono di

104
riprodurre soggetti di colori vivaci in toni vivacemente con- -
trastanti. I filtri correttivi assicurano una resa che si può
definire « scientificamente esatta» o « letterale », ma il loro
effetto figurativo è spesso scialbo. I illtri per effetti permet-
tono invece di regolare il contrasto secondo le caratteristi-
che del soggetto e perciò _di dare ad una fotografia una
« verità » figurativa ed emotiva, anche se non scientifica.
Poiché per natura ogni fotografia in bianco e nero è una
astrazione, in quanto il colore è « simboleggiato » da sfu- .
mature diverse di grigio, tanto vale accettare le conseguen-
ze di questo suo carattere « innaturale » e, invece di per-
seguire la « verità letterale », puntare su una verità « figu-
rativa » ed « emotiva».
La scelta di un filtro per effetti è sottoposta a due re-
gole:

r. Per fare apparire un colore più chiaro che in natura


bisogna usare un filtro dello stesso colore. Per farlo appa-
rire più scuro bisogna usare un filtro del colore comple-
mentare. Le coppie di colori complementari sono:
rosso e blu-verde
arancione è blu
giallo e blu-viola
verde e rosso-viola
viola e giallo-verde
2 . Se si debbono separare due colori diversi, ma di ana-
loga luminosità, bisogna schiarire il colore più caldo e ag-
- gressivo e rendere più scuro il colore più freddo e smorto.

colori caldi colori freddi ·


e aggressivi

Rosso
l colori neutri

Giallo-verde
l e passivi

Blu-verde
Arancione Verde Blu
Giallo Rosso-viola Blu-viola
Per i -principianti può essere utile il seguente elenco di -
filtri con l'indicazione dei loro effetti e dei loro coefficienti
di esposizione :

105
Coeffi"
FILM CON ciente
CUI SI EFFETTO USO COMUNE
FILTRO appressi-
USA mativo

Giallo orto Scurisce mode- Per accrescere il 2

chiaro e pancro ratamente il blu risalto delle nu-


e l'azzurro. bi.
Giallo orto Scurisce consi- Per rendere più 3-4
scuro e pan<;: ro derevolmente il scuri i cieli a:i-
blu e l'azzurro. zurro - pallidi;
per dare forte ri-
salto alle nubi.
Rosso pancro e Rende il blu Per la resa anco- 8
infrarosso quasi nero; scu- ra più contra-
risce il verde; stata delle nu-
rende il rosso bi; per la foto-
quasi bianco. grafia aerea e
la telefotografia;
per penetrare il
velo atmosferico.
Aran- pancro Praticamente lo Soprattutto per 6
cio ne stesso del filtro la fotografia ae-
rosso. rea.
Nero infrarosso Elimina foschia Per la fotogra- 20-30
e velo atmosfe.- fia a estreme di-
rico; rende neri stanze; per la
i cieli e le ac- fotografia aerea
que az zurre, da grandi altez-
bianco il foglia- ze; per simula-
me. re effetti di lu-
·ce lunare in pie-
no giorno.
Giallo- Rende più chia-
orto Per paesaggi e 4-5
verde ro il fogliame e
e pancro soggetti in cui
ne aumenta il predomina il
dettaglio ; scuri- verde.
sce il rosso.
Ve~ orto :Scurisce il ros- Si usa raramen- 8
e pancro so; schiarisce il te ed ha scarsa
verde. . utilità pratica.
Azzurro orto Scurisce note- Per rendere più 3-4
e pancro _vohn•n<• il =•- ~ ocore k lobbrn
so; schiarisce nei ritratti ·con
l'azzurro. luce artificiale.
Ultravio- orto Assorbe le ra- Per la fotogra- I,5
letto e pancro di azioni ultra- · fia in montagna
violette. e dall'aereo al
di sopra dei
1500 metri.
- -· -
3 L'illuminazione

Scopo di ogni illuminazione è di accentuare le forme e le


caratteristiche del soggetto per creare un'illusione di spazio
tridimensionale sulla superficie piana della fotografia. Tale
scopo si raggiunge mediante luci ed ombre. In termini foto-
grafici, la luce corrisponde al bianco, l'ombra al nero. Quan-
to più forte è il contrasto fra luce e ombra - tra bianco e
nero - tanto maggiore è l'effetto di profondità tridimensio-
nale. Viceversa, quanto minòre è il contrasto fra luce e om-
bra - cioè, quanto più grigia è la fotografia - tanto . più
piatto è il suo -aspetto. In genere è necessario dare un'im-
pressione di profondità con forti contrasti di bianco e nero.
C'è però un limite, al di là del quale l'effetto di profondità
diventa troppo crudo. È compito del fotografo regolare l'il-
luminazione per ottenere il desiderato grado di contrasto.
Per esempio, la luce del sole non è adatta ai ritratti perché
crea ombre troppo nere : le occhiaie appaiono come cavità
profonde dando ai volti l'aspetto di teschi. Questo è un caso
tipico di eccessiva «profondità». Poiché non vogliamo cer-
to delle cavità al posto degli occhi, possiamo ridurre l'effet-
to di profondità (cioè la gamma di contrasto dell'immagine)
aggiungendo una luce ausiliaria che trasformi le ombre da
nere in grigie ed equilibrando l'illuminazione.
I mezzi per controllare il contrasto mediante l'illumina-
ziOne sono:

I. Le luci ausiliarie. Aggiungendo alla fonte luminosa una


fonte ausiliaria, o anche solo uno sèhermo riflettente, si pos-
sono schiarire nella misura desiderata ombre che altrimenti
risulterebbero troppo scure. In ambienti chiusi la migliore
illuminazione ausiliaria è fornita da lampade survoltate a
grande potere diffusivo o dalla luce « indiretta » riflessa dal-
le pareti e dal soffitto. Se si dispone di diverse lampade, ·ba-
sterà spesso rivolgerne una verso il soffitto per « equilibrare »
l'illuminazione. All'aperto, quando la luce del sole è troppo
« dura », il rimedio ideale è una lampada-lampo del formato
più piccolo, tenuta all'altezza dell'apparecchio e schermata
da un fazzoletto. Nelle prese da distanza molto breve è me- .
gtio ripiegare il fazzoletto diverse volte per ridurre l'ecces-

107
siva luce del lampo. Se non si dispone di un laQipeggiatore,
un'eccellente luce ausiliaria è costituita da un largo rettan-
golo di legno compensato rivestito di stagnola (meglio se di
alluminio) un po' spiegazzata. Questo schermo riflettente ha,
s~i flash, un vantaggio : quello di permettere, prima della
fotografia, l'esatta osservazione del suo effetto.
Un avvertimento: il pericolo di ogni tipo di luce ausiliaria
non è che sia insufficiente, ma che sia eccessiva. Soprattutto
i principianti, eccitati dalla scoperta della possibilità di
«manipolare» l'illuminazionè, cadono nell'errore di usare
luci ausiliarie forti come quelle principali, col risultato di
ridurre il contrasto a tal punto che le loro fotografie risul-
tano completamente « appiattite ». Purtroppo le fotografie
. troppo piatte sono p eggiori di quelle troppo contrastate.
Perciò, quando siete in dubbio, attenuate sempre la luce
ausiliaria.
Q. Tipo di luce. Per poter determinare con piena padro-
nanza la gamma di contrasti di una fotografia occorre sa-
per scegliere il tipo più adatto di illuminazione per ogni cir-
costanza. Per esempio : il ritratto richiede in genere una lu-
ce morbidamente diffusa con deboli contrasti. Perciò la mi--
gliore illuminazione per ritratti all'aperto è quella prove-
niente da un cielo coperto. Se Un fotografo esperto deve fare
ritratti in una giornata di sole; farà stare le persone da foto-
grafare all'ombra, ove l'illuminazione è diffusa. Vi è però un
tipo di -ritratto, il cosiddetto « glamour portrait » degli ame-
ricani (cioè le fotografie di belle ragazze in abiti o costumi
da bagno vistosi) che deriva il suo fascino proprio dai con-
trasti forti · di bianco e nero. In questi casi il tipo più adatto
di illuminazione è, all'aperto, la luce .solare diretta e, in am-
bienti chiusi, uno « spotlight ».
g. Modificazione della luce. Ogni fonte luminosa può pro-
durre, entro certi limiti, illuminazioni di diversa qualità. Per
esempio, in una giornata senza nubi la luce del sole può es-
sere troppo violenta e il contrasto estremo. Un sole legger-
mente velato dà un'illuminazione notevolmente più morbida
e un contrasto· ridotto. Infine; un cielo molto nuvoloso dà
una luce così uniformemente diffusa da essere praticamente
« senza ombre ». Il fotografo accorto sa aspettare le condi-
zioni di luce più adatte al suo lavoro.

108
In ambienti chiusi le cose sono più semplici : l'intensità
dell'illuminazione si può regolare con un semplice muta-
mento della distanza tra il soggetto e la fonte luminosa. Qua-
si tutti i tipi di « spotlight » possono essere «messi a fuoco»,
nel senso che è possibile regolare l'ampiezza e l'intensità <;lel
raggio luminoso a seconda delle esigenze. Le lampade sur-
voltate possono produrre luce più « dura » o più morbida
a seconda dei riflettori e degli schermi (v. pagg. 77-78).

4 L'esposizione e lo sviluppo

La capacità di un'emulsione negativa di registrare i con-


trasti non è un fattore immutabile (v. pagg. 63-64), ma di-
pende in larga misura dal modo in cui il film è espostò e
sviluppato. Ogni allontanamento dall'esposizione e dallo
sviluppo « normali » ipfluisce sulla gamma di contrasto del
negativo. La conoscenza di tale proprietà- è assai utile per
ottenere negativi col desiderato grado di contrasto.
I fotografi esperti sanno che il loro lavoro è tanto più age- .
vole quanto meno materiale si portano dietro : perciò cer-
cano di ridurre al minimo la varietà del materiale negativo.
Invece di portare con sé un tipo di pellicola per ogni diffe-
rente incarico e soggetto, cercano di adattare le caratteri-
-stiche di una emulsione alle necessità più diverse secondo i
seguenti principi:
Per ottenere un contrasto superiore a quello « normale »
l'esposizione deve essere più breve del normale e lo svilup- ·
po più lungo. A seconda dell'aumento di contrasto che si
vuole ottenere, l'esposizione deve essere ridotta di una per-
centuale fra il 3o e il so per cento e il tempo di sviluppo
deve essere aumentato di una percentuale fra il 20 e il 50
per cento.
Per ottenere un contrasto inferiore a quello « normale »
l'esposizione d~ve essere più lunga del normale e lo svilup-
po più breve. A seconda della riduzione di contrasto che si
vuole ottenere, l'aumento di esposizione deve essere fra il
so e il 200 per cento e la riduzione dello sviluppo tra il 20
e il so per cento.
Il termine « normale » si riferisce sempre alle indicazio-

I09
ni per l'esposizione e Io sviluppo contenute nelle istruzioni
che accompagnano il film.

· 5 La gradazione della carta

T ecnicamente, il modo più facile per determinare la gam-


ma di contrasto di una fotografia è · stamparla su una carta
di .gradazione appropriata.
Per aumentare il .contrasto bisogna stampare su carta di
gradazione « dura ->>.
Per attenuare il contrasto bisogna stampare su carta di
gradazione « morbida».
Questo espediente, per quanto semplice, ha un grosso
inconveniente : un negativo che debba essere stampato su
carta più « dura » o più « morbida » del normale non darà
mai una fotografia morbida nei toni e ricca di sfumature co-
me quella· che · risulterebbe da un negativo che abbia un
contrasto tanto impeccabile da poter essere stampato su car-
ta di gradazione « normale». È quindi consigliabile cercare
di ottenere il contrasto che si desidera fin dal negativo. Ciò
non significa, naturalmente, che si devono ottenere sempre
negativi « di gradazione normale » : molti soggetti, per dare
il migliore effetto., richiedono una gradazione dì contrasto
superiore o inferiore al normale. Anche in questo caso, però,
è meglio che tale gradazione venga ottenuta, usando i mezzi
e i metodi precedentemente illustrati, sul negativo, e trasfe-
rita sul positivo usando una carta di gradazione normale.

6 L e maschere

Chiunque abbia esperienza di fotografia sa che non esiste


un negativo che si possa stamp.a re «così com'è» . Anche se
la copia positiva sembra buona e il contrasto sembra per-
fetto, c'è sempre qualche punto che può essere migliorato:
un'ombra troppo scura, una zona illuminata in cui non si
distin?;Uono bene certi particolari, un angolo troppo chiaro.
Questi difetti si possono naturalmente correggere stampan-·
do una copia più chiara o più scura o usando una carta di

IlO
diversa gradazione. Ma, per correggere un particolare, sf ri-
schia di ·peggiorare il resto della fotografia.
In questi casi, l'unico mezzo per migliorare una fotografia
- e anche un mezzo ottimo - è la « mascherà », fatta in
genere con un pezzo di cartone. Ecco di che si tratta.
Quando si vuole rendere più chiara una parte della foto-
grafia, bisogna esporla alla luce meno del resto durante la
stampa. Lo si fa interponendo un pezzo di cartone, ritagliato
nellà forma e nelle dimensioni opportune, tra la lampada
dell'ingranditore e la carta sensibile per una parte del tempo
di esposizione. Per evitare che la « maschera » lasci contorni
troppo netti bisogna muoverla leggermente ma costantemen-
te. È meglio fissarla a un filo di ferro rigido, altrimenti an-
che la mano entrerebbe nel cono di luce dell'ingranditore.
Quando si vuole rendere più scura una parte della foto-
grafia, bisogna esporla alla luce più del resto. Lo si fa per
mezzo di un pezzo di cartone in cui sia stata ritagliata u11a
apertura della forma e nelle dimensioni opportune. La luce
p assa per questa apertura per un periodo ·supplementare e
scurisce l'area desiderata, mentre il resto della fotografia già
stampata è protetto dall'orlo di cartone. Anche questo tipo
di maschera deve essere mosso continuamente e legger-
mente in tutti { sensi per evitare che lasci contorni troppo
netti. ·

7 Le combinazioni

Ciascuno dei sei mezzi di controllo sul contrasto finora il-


lustrati è basato su un principio differente. Al fotografo è
concesso quindi di risolvere un problema di contrasto in di-
versi modi. Il miglior risultato però si ottiene, di regola, con
Puso combinato éii due o più mezzi di controllo. Ciò può
sembrare, in principio, complicato e difficile. Col crescere
dell'esperienza e della fiducia nei propri mezzi, però, usare
il giusto tipo di pellicola o di filtro o di illuminazione diven-
ta automatico come usare, a tavola, coltello, forchetta e cuc-
chiaio. '
Lo schema che segue classifica e riassume i diversi mezzi
di controllo dei contrasti:

I I I
PER AUMENTARE PER LASCIARE IL CON- PER ATTENUARE
IL CONTRASTO TRASTO IMMUTATO IL CONTRASTO

Pellicola contrastata Pellicola di media Pellicola morbida


(lenta); sensibilità; (rapida);
filtri « per effetti »; filtri correttivi; illuminazione diffu-
illuminazione contra- illuminazione equili- sa, soggetto all'om-
stata, luce solare brata; bra, cielo coperto,
diretta , . « spot- luce ausiliaria;
lights »;
posa più breve e posa indicata dall'e- posa più lunga e svi-
sviluppo più lun- sposimetro e svi- luppo più breve
go del normale; luppo normale; del normale;
carta sensibile d~ra; carta sensibile nor- carta sensibile mor-
male; bida;
masc.here. maschere. maschere.

COME SI « FERMA » IL MOVIMENTO

, Quando un soggetto non è fernio al momento dello scat-


to, risulterà più o meno « mosso » sulla fotògrafìa. Questa
è una conseguenza natlirale dell'esposizione, perché quando
l'obiettivo proietta sul film l'immagine del soggetto in mo-
vimento, anche' il movimento viene registrato sul negativo. Il
risultato è simile a quello di ·una decalcomania applicata
male, la cui immagine è tanto più confusa quanto più mal-
ferma è I~ · mano che l'applica.
Le fotografie « nitide» di soggetti in movimento sono
un'illusione. A una certa scala di ingrandimento anche la
fotografia più nitida mostra innumerevoli «cerchi di confu-
sione »., l'uno sovrapposto all'altro. Analogamente, a una
certa scala di ingrandimento, soggetti che appaiono comple-
tamente « bloccati » ne1 loro movimento si rivelano « mos-
si » nella . direzione del movimento. La fotografia non in-
grandita sembra « nitida» soltanto perché l'occhio umano
non ha un potere risolvente tale da registrare la mancanza
di nitidezza.
Da quanto si ·è detto derivano due metodi che permettono
di « fermare » il movimento. Essi si basano su questi prin-
ci~: .

II2
I. L'IMMAGINE -DEL soo"GÈTTO IN MOVIMENTO deve essere
«immobilizzata» sul film per ~a dura ta della posa;

2 . IL MOVIMENTO DELL'IlvlMAGINE sul film deve essere


contenutonei limiti in cui l'inevitabile p erdita di nitidezza
rimane al di sotto del potere risolvente dell'occhio umano.
Ecco come i due metodi funzionano nella pratica :

I. « » DELL'IMMAGINE DEL SOGGETTO


IMMOBILIZZAZIONE
IN MOVIMENTO. Ha il vantaggio di poter essere usato con
ogni apparecchio, dalle più semplici « cassette » alle mac-
chine più costose, indipendentemente dalla velocità dei ri-
spettivi otturatori. Vi · sono due modi per applicarlo :

a) Usando l'apparecchio come un fucile. Guardate nel


mirino l'immagine del somietto in movimento, seguitela con
l'apparecchio, e premete il bottone di scatto mentre l'appa~
recchio accompagna il soggetto. In questo modo l'immagine
dell'oggetto che si muove rimane praticamente stazionaria
sulla p ellicola durante l'esposizione, e perciò risulta nitida,
mentre lo sfondo, che è meno importante, risulta sfocato per ·
il movimento dell'apparecchio. È il modo più efficace, per-
ché conserva la «sensazione» del .movimento mediante il
contrasto tra il soggetto nitido e lo sfondo « mosso » : ricrea,
in altre parole, l'impressione che si prova guardando un og-
getto in movimento.
b) .Cogliendo il momento culminante dell'azione, in cui il
movimento è «a un punto morto >>. È il modo migliore di .
fotografare, per e·s empio, un atleta che supera l'asticella del
salto in alto; un giocatore di golf che, dopo aver ruotato in-
dietro la m azza, sta per vibrare il colpo; un tuffatore al-
l'inizio della parabola discendente che lo porterà in acqua. · ·
È come fotografare un pèndolo nel momento in cui sta per ·
tornare indietro.

-2 . LIMITAZIONE . DEL MOVIMENTO DELL'IMMAGINE SUL


F I LM.Vi sono quattro modi differenti, ognuno dei quali può
essere anche combinato con gll altri:

a) Posa rapida. Quanto più ia posa è breve, tanto meno

II3
l'immagine si sposta sul negativo e tanto più nitida è la foto-
grafia: se lo sia abbastanza o no, dipende dalla velocità del-
l'otturatore e da quella del soggetto in movimento. Il tempo
di posa però è determinato non dalla velocità dell'oggetto in
movimento, ma dalla sua velocità rispetto all'apparecchio.
C'è molta differenza tra fotografare un treno ·che corra a
roo chilometri all'ora mentre ci passa davanti ad angolo ret-
to e fotografarlo quasi frontalmente mentre ci viene incon-
tro alla stessa velocità. Nel primo caso, la velocità effettiva
del .treno in rapporto all'apparecchio è molto alta: nel se-
condo caso è quasi nulla. Nella tabella che segue sono elen-
cati i tempi di posa necessari per ottenere fotografie nitide
di soggetti in movimento a varie velocità.
b) Direzione del movimento. Accade talvolta che l'ottura-
tore non abbia una velocità suffic;iente per cogliere fotografie
nitide di soggetti in movimento rapido. In questi casi si può
notevolmente ridurre il movimento dell'immagine sul film,
e si possono ottenere fotografie relativamente nitide con tem-
pi di .posa relativamente lunghi, se la persona o l'oggetto in
movimento vengono fotografati mentre si dirigono verso
l'apparecchio o se ne allontanano invece che quando passa-
no ad angolo retto. La tabella seguente indica i tempi di
posa da usare. Questo modo di « fermare » il movimento è
consigliabile specialmente per gli apparecchi più semplici,
privi di grandi velocità di otturazione, purché naturalmente
il soggetto si presti ad essere fotografato frontalmente o men-
tre si allontana.
c) Distanza del soggetto. Quanto più il soggetto in movi-
mento è lontano, tanto minore è la sua «velocità angolare »,
cioè la velocità « apparente » dal punto di vista di chi guar-
da (e del film!). Visto da qualche chilometro di distanza,
l'aeroplano più veloce sembra ' lentissimo; visto da vicino e a
bassa quota, passa tanto rapidamente che non si riesce a ve-
derlo bene. Sfruttando questo fenomeno, cioè aumentando
la distanza del soggetto, il fotografo che ha un apparecchio
senza grandi velocità di otturazione è in grado di ottenere
fotografie nitide di oggetti in movimento rapido. Per esem-
pio, se si raddoppiano le distanze indicate nella tabella se-
guente, si possono usare tempi di posa doppi di quelli
consigliati.

II4
Distanza/ Dir~_zione
Soggetto d~!~~Efo'! mo~f~en·l----,,---.---.----,----,
in metri to 50 mm

Persone che cammi- 1/ 60 1/ 15 l / 100 l/ 125 1/ 150 11 / 250


nano, bambini che
giocano, animali
passo lento . ·
a
'r' 1/.40
1/ 25
1/ 50
l / 30
l / 15
l / 40
l/ 85
1/ 50
l / 100 l / 150
l /60 1/ 80

'Cavalli ai galoppo,
rc orse ciclistiche, au-
tomobili a non più
di 50 km. orari.
15 -\ti l / 180 11 / 275
1/ 120 1/ 180
1/ 60 1/ 90
i/ 360
1/ 240
1/1 20
1/ 450 11/ 550 11 / 900
1/ 300 1/ 360 . 1/ 600
1/ 150 1/ 180 l / 300

-
Cavalli al trotto,
persone in biciclet-
ta, bambini che cor-
rono. 1/ 200 l
i/ 300 11 / 400 11 / 500 l
J / 600 1/ 1000

:Automoblli, treni,
ecc. a 70·100 km. 30
'f 1/ 120
1/ 15 .
1/ 180 1/ 240, 1/ 360
1/ 100 1/ 125 1/ 160
1/450
1/ 200
1/750
1/ 330

--
orari.

Gare atletich e ve- 1/ 300 11 / 42511 / 550 11 /700 1/ 850 l/ 1400


loci.
'V 1/ 200 1/ 300 1/ 400 1/500
l / 100 1/ 1'50 l/ 200 1/ 250
1/ 600
1/ 300
1/ 1000
1/ 480

Se l' a ppa recchio di cui si dispone non h a i tempi di posa qui rac-
comanda ti, usare i più vicini. Raddoppiando la distanza dal sog-
getto si può raddoppiare il tempo di posa: dimel'za ndo la distanza
bisogna dimezzare il tempo dì posa.

Fra parentesi, la grandezza dell'immagine è legata alla


distanza fra· apparecchio e soggetto. Raddoppiando la di-
stanza, o usando un obiettivo di lunghezza focale dimezzata,
il risultato è identico: l'immagine è grande la metà. Di con-
seguenza, la «velocità angolare» si può ridurre aumentan-
do la distanza del soggetto, e lasciando la distanza inva-
riata ma usando un obiettivo di minore lunghezza focale.
d) Lampo elettronico. La posa si può compiere in due
modi: aprendo e chiudendo l'otturatore oppure accendendo
e spegnendo la fonte luminosa. Gli otturatori meccanici per- .
m ettono pose sino a I j I ooo di secondo. Velocità più al te
sono impossibili a causa della forza di inerzia e della insuf-
ficiente robustezza del materiale impiegato nella costruzione
degli otturatori. M a non c'è limite alla brevità della durata
delle ·fonti luminose ad energia elettrica come i lampeggia-
tori elettronici. I lampeggiatori in commercio .hanno una
velocità di circa un millesimo di secondo : ma ve ne sono
alcuni, costruiti per usi scientifici, che arrivano a un milio-
nesimo di secondo. Pose di questa durata, naturalmente,

115
«fermano» qualsiasi movimento, per quanto rapido; e so-
no state usate con successo per ottenere fotografie nitidis-
sime di pallottole che escono dalla canna di un fucile e di
schegge lanciate in aria da un'esplosione.
Cori i lampeggiatori elettronici, inoltre, è impossibile che
le fotografie risultino « mosse » per movimento della mac-
china. Col lampo elettronico si possono ottenere negativi ni-
tidissimi anche fotografando da un camion lanciato a tutta
velocità su una strada piena di buche.
Dato che nelle fotografie col lampo elettronico conta solo
la durata del lampo, e non la velocità dell'otturatore (che
generalmente si regola tra I/ I oo e I / 250 di secondo), tali
. fotografie si possono fare soltanto se l'illuminazione « loca-
le » è tanto bassa da non provocare da sola la formazione di
un'immagine sul negativo. Altrimenti, data la relativa lun-
ghezza del tempo di posa, all'immagine formata dal lampo
se ne sovrapporrebbe un'altra secondaria, e la fotografia ri-
sulterebbe confusa e « mossa » a causa del movimento del
soggetto.
-
CONCLUDENDO: Il movimento si può «fermare » in molti
modi, ·e il risultato migliore si ottiene generalmente usando
congiuntamente due o più dei metodi illustrati. Di impor-
tanza fondamentale per la fotografia di soggetti in movi-
mento è l'uso di una pellicola molto sensibile, poiché solo
questa permette tempi di posa rapidi. Le pose devono essere
le più rapide consentite dalle condizioni di luce. Se è ne-
cessario bisogna sacrificare la profondità di càmpo per po-
.ter usare diaframmi larghi che permettano di aumentare
la rapidità dell'esposizione. Se ciò non _basta ancora, cercare
di cogliere il momento culminante d~ll'azione mentre si se-
gue con l'apparecchio il movimento del soggetto. Se anche
questo non basta a ottenere .una passabile nitidezza, ridurre
la « velocità angoiare » fotografando da un'altra direzione,
da più lontano, o usando un obiettivo di minore lunghézza
focale. Nei casi di movimento estremamente rapido, special-
mente a brevi distanze, il lampo elettronico può essere di
aiuto quando ogni altro mezzo è insufficiente.

UN CONSIGLIO: « Tecnicamente » è possibile « fermare »

ù6
qualsiasi genere di movimento e ottenere immagini estrema-
mente nitide dei soggetti più ·veloci. Che ciò costituisca sem~
pre, figurativamente, il migli9r partito, è un altro paio di
maniche. Nella fotografia in bianco e nero il movimento
è _çome il colore: può essere rappresentato soltanto in forma
simbolica. -- Per il _colore, questa forma è il contrasto tra ·]e
diverse tonalità grigie; per il movimento, è proprio l'aspetto
_« mosso» degli oggetti. Tra due fotografie di un'automobi-
le, una fatta mentre il veicolo è fermo e l'altra mentre è in
movimento, non c'è alcuna diff~renza se l'automobile appa-
re ugualmente nitida. Se si vuole far vedere che l'automo-
bile corre, bisogna « simboleggiare » la sua corsa dandole
un aspetto « mossò ». In altre parole, la posa deve essere
-fatta ad una velocità che non « fermi» il movimento del
veicolo. Naturalmente l'imm~gine deve essere «mossa» solo
al punto giusto; se lo è di più, l'automobile è irriconoscibile;
se lo è di meno, sembra ferma. Bisogna scegliere tra una
resa « letterale » e una resa « figurativa » : quale sia la mi-
--gliore, dipende dalle circostanze e dall'effetto che il fotogra-
fo vuole ottenere. ·

COlY!E SI ESPONE CORRETTAMENTE

Al momento della posa, il primo e più importante pas_so


è fatto. Prima di questo momentor il fotografo è libe-ro di
creare, disporre, scegliere, scartare, per ottenere ciò che vuo- ·
le. Ouesta libertà finisce nel momento in cui preme lo scat-
to. Dopo, potrà fare molto poco per influire sul risultato
guanto· a composizione, distribuzione di luci e ombre, resa
cromatica, simbolizzazione o « arresto » del movimento e co-
sì via. Tutti questi . aspetti, quindi, devono essere . ben con-
siderati prima di esporre.
La base di ogni «fotografia tecnicamente perfetta» è ·un
negativo correttamente esposto. « Esporre correttamente »
significa .far giungere al film la quantità di luce necessaria
per produrre negativi di giusto contrasto e d~nsità. Vi sono
diversi elementi da valutare quando si calcola una posa
(li troverete elencati nei capitoli successivi) ma la base di
ogni posa è fornita da un buon esposimetro.

II7
COME SI USA L'ESPOSIMETRO

Usato come si deve, l'esposimetro garantisce la corret-


ta esposizione dei negativi. Il risparmio di p ellicola che
ne consegue basta da solo a ripagare il prezzo dello stru-
mento. L a soddisfazione d erivante dal miglioramento del
proprio lavoro, poi, è incalcolabile e non si può vàlutare in
moneta.
D'altro canto, un esposimetro adoperato a casaccio è ad-
dirittura un pericolo, ed ha meno valore pratico delle guide
· « infallibili » che si vendono per poche lire. Le norme d'uso
che seguono sono applicabili a qualsiasi esposimetro per luce
riflessa, indipendentemente dal tipo e dalla marca:
1. Fissare .l'indicatore di sensibilità in corrispondenza della
sensibilità del film che si usa. Ricordare che la sensibilità di
un film varia a seconda del tipo di illuminazione: fissare per-
ciò l'indicatore sulla sensibilità alla luce diurna quando si
lavora all'aperto, su quella alla luce artificiale qu ando si la-
vora in ambienti chiusi.
2. Misurare la luminosità dell'elemento più importante
ch e si vuole includere nella fotografia. I principianti com-
mettono spesso l'errore di punta re -l'esposimetro verso l'oriz-
zonte quando vogliono fotografare un paesaggio : così la cel-
lula fotoelettrìca è investita direttamente dalla luce del cie-
lo· e dà indicazioni esagerate, provocando la sottesposiiione
· del paesaggio. Per evitare questo pericolo, quando misurate
la luminosità di un paesaggio, rivolgete l'esposimetro verso
un punto a mezza strada tra voi e l'orizzonte. Solo quando
il soggetto della fotografia è il cielo -'- un tramonto, un ban-
co di nubi ripreso dall'aereo -l'esposimetro deve essere pun-
tato direttamente verso il cielo. In questo caso la posa è de-
terminata dalla luminosità del cielo e, se si include una
striscia di terra, si può tranquillamente sottesporla sino a
farla risultare nera sulla copia positiva. ·
<:l- Nelle misurazioni da breve distanza ~ per esempio di
volti di persone- evitate che l'esposimetro o la vostrà mano
creino ombre. Altrimenti l'indicazione sarebbe troppo bassa
e 1a fotografia risulterebbe sovresposta. Per evitare la for-
mazione di ombre puntate l'esposimetro, se è necessario, ad
un angolo leggermente diverso.

II8
Vi sono tre metodi per misurare l'intensità della luce ri-
flessa, ognuno dei quali ha i suoi particolari vantaggi :
4· La misurazione dal luogo OVff si trova la macchinafoto-
grafica è la più facile e rapida, ma non la più precisa. Si
punta l'esposimetro verso il soggetto senza lasciare l'appa-
recchio. Attenzione però al cielo, che potrebbe dare un'in-
dicazione troppo alta (v. n. 2). ·
5· La misurazione degli _estremi di luminosità è il metodo
più accurato · per determinare una corretta· esposizione. Bi-
sogna misurare l'intensità luminosa di due elementi del sog-
geltto : il più chiaro e il più scuro. Le misurazioni . devono
esser fatte da una distanza tanto breve da dare la certezza
che soltant~ l'area più luminosa e la più scura influenzano
la cellula. Quindi il fotografo deve potersi avvicinare al
soggetto quanto è necessario, e deve stare attento all'ombra
"c he l'esposimetro può .proiettare sull'area da misurare (v.
n. 'l)- La posa si determina regolando l'indicatore dell'espo-
simetro a metà strada fra i valori luminosi massimo e mini-
mo indicati dalle due misurazioni. Quando non è possibile
avvicinarsi abbastanza al soggetto per misurare le zone più
luminose e più scure (nella fotografia di paesaggi, per esem-
pio) si può puntare l'esposimetro su oggetti analoghi, di lu-
minosità approssimativamente uguale, a cui è possibile avvi-
cinarsi. Per esempio, invece di misurare la luminosità di un
albero lonta no, si può misurare quella di un albero vicino,
che riceva uguale illuminazione, anche se è fuori del campo
utile dell'apparecchio. E invece di misurare la luminosità di
uri volto, si puÒ misurare quella del palmo della propria ma-
no, purché sia illuminata nello stesso modo e purché l'espo-
simetro non vi proietti ombra.
6. La misu razione a breve distanza è una variante di quel- .
la degli estremi e dà il risultato più sicuro quando si voglia
ottenere la miglior posa possibile per un soggetto di lumino-
sità più o meno uniforme, come per esempio il vòlto di una
oersona. Si compie una sola mi surazione, da distanza molto
hreve , del soggetto (attenzione all'ombra dell'esposimetro) e
~ ;_ tra~cn.rano tutti gli altri oggetti che saranno inclusi nella
foto ~rafìa . Qu alunque sia la loro luminosità. Questo metodo
è il più indic<lto nei casi in cui solo un particolare interessa,
mentre tutto il resto è trascurabile o è solo sfondo.

1!9
Il metodo e le norme finora ésposte si riferiscono tutti
alla misura della luce riflessa dal soggetto. La posa si può
però determinare anche misurando direttamente l'intensità
dell'illuminazione: la luce incidente. Ecco le differenze fra
i due metodi:

MISURAZIONE DELLA LUCE RIFLESSA: È il metodo piÙ CO-


mune, in base al quale l'esposimetro è puntato verso il sog-
getto dalla direzione in cui si trova l'apparecchio. La mag-
gior parte degli esposimetri funzionano secondo questo prin-
cipio. È il metodo più accurato per determinare esattamen-
. te una posa, r.iù àdattabile a situazioni insolite del metodo
basato sulla « luce incidente » sebbene talvolta meno sem-
plice;

MISURAZIONE DELLA LUCE INCIDENTE: È un metodo rela-


, tivamente recente in base al quale l'esposimetro è puntato
ve no l'apparecchio dalla posizione del soggetto: È utile spe-
cialmente per fare fotografie con la luce artificiale., perché
può misurare la luce di tutte le lampade indipendentemen-
te .dalla loro posizione e distanza.

I FATTORI CHE INFLUISCONO SULLA POSA

Per quanto accurata, ogni misurazione dell'intensità lu-


minosa fornisce s()lo la base per la posa, poiché prima di
stabilire una _posa bisogna tener conto di alcuni, e talvolta
di tutti i seguenti fattori:

I ì Sensibilità del film


2) Profondità del soggetto
:iÌ Movimento del soggetto
4) Contrasto del soggetto
".) Colori del soggetto
6) Distanza del sogg-etto
'7) Coefficiente di filtro
8) Coefficiente dell'obiettivo supplementare
g) Tipo di soluzione di sviluppo ·
\ IO) Tempo di posa

120
I. Sensibilità del film. L'indicatore di sensibilità dell'e-
sposimetro deve essere regolato sulla sensibilità del film che
si usa (v. pagg. sg-6o). Gli esposimetri possono essere cali-
brati secondo diversi sistemi di misurazione ddla sensibilità
del materiale negativo. Assicuratevi che il sistema secondo -
cui · è calibrato il vostro esposimetro sia quello da voi ·usato.
Ogni film ha due diverse misure di sensibilità : una per. la
luce diurna e una per la luce artificiale. La prima è sempre
superiore alla seconda. Quando regolate l'indicatore del-
l'esposimetro s'u una data sensibilità, assicuratevi che sia
quella corrispondente al tipo di illuminazione con cui do-
vete fotografare.
2. Profondità del soggetto. Quanto più profonda è la zo-
na nitida che si deve ottenere, tanto maggiore deve essere
la chiusura del diaframma. Quanto più chiuso è il diafram-
ma, tanto più lungo deve essere il tempo di posa. In genere,
considerazioni pratiche costringono il fotografo ad un com-
promesso tra un diaframma abbastanza piccolo per produr-
. re 'una sufficiente profondità di campo e una posa abbastan-
za rapida per <~ fermare » adegua'tamente il · movimento. ·La
scelta tra esporre «per la profondità di campo» (diafram-
·ma relativamente piccolo e posa lenta) ed esporre «per il
movimento » (posa relativamente rapida e diaframma gran-
de) dipende dalla maggiore o minore importanza dei due
·e lementi.
3· Movimento del soggetto. I soggetti fermi possono es-
sere esposti per qualsiasi durata, purché l'apparecchiò sia
solidamente sostenuto da un treppiede. Per evitare la rrian- ·
canza di nitidezza dovuta al movimento, non bisogna espor-
re ~<a mano» a pòse più lunghe di I /25 di secondo. I tem-
pi di posa necessari per « fermare » soggetti in movimento
sono indicati nella tabella a pag. I I5 . Tuttavia, in una certa
misura, la fotografia « mossa » dà me!2:lio là sensazione del
movimento (v. pag. r 17). Come si è già detto, un compro-
Jllesso tra posa relativamente rapida (per « fermare » il
movimento) e diaframma relativamente piccolo (per otte-
nere sufficiente profondità di campo) è generalmente inevi- ·
tabile. _
4· Contrasto del soggetto. Gli . esposimetri sono conge-
gnati in modo da dare indicazioni esatte per soggetti di con-

I2I :
trasto normale. Se il contrasto del soggetto è molto superio-
re al normale, l'esposizione deve essere raddoppiata; se è
molto inferiore al normale, l'esposizione deve essere dimez-
zata. È sempre possibile ottenere negativi equilibrati ridu-
cendo la durata dello sviluppo per i soggetti contrastati e
aumentandola per i soggetti privi di contrasto (v. le indica-
zioni particolareggiate a pag. I og).
5· Colori del soggetto. Gli esposimetri sono congegnati in
modo da dare indicazioni esatte per i soggetti di colore me-
dio. Per ottenere un negativo correttamente esposto da sog-
getti molto chiari e molto scuri bisogna moltiplicare per un
coefficiente di I Yz o 2 l'esposizione indicata dall'esposimetro.
6. Distanza del soggetto . Se la distanza del soggetto dalla
macchina è inferiore al quintuplo della lunghezza focale del-
l'obiettivo, la differenza tra le aperture teoriche e quelle
effettive del diaframma diventa. così rilevante che bisogna
compensarla per evitare sottesposizioni (v. pagg. 44-45, ove
si dà anche la formula per calcolare gli aumenti di posa
necessari).
7· - Coefficiente di filtro. Tutti i filtri assorbono una certa
quantità di luce: questa perdita di luce deve essere com-
_pensata con un corrispondente aumento di posa, altrimenti
il negativo risulterebbe sottesposto. La misura dell'aumen-
to, cioè il coefficiente per cui bisogna moltiplicare l'espòsi-
zione indicata dall'esposimetro, dipende dal colore e dalla
densità del filtro, dal tipo di film con cui lo si usa e dal tipo
di illuminazione (diurna o artificiale). Per esempio, se l'espo-
simetro indica una posa di I /I oo di secondo a f /I I, e il
filtro da usare ha il coefficiente 2, bisogna dare un'esposizio-
ne doppia o aprendo il diaframma a f / 8 o raddoppiando la
posa a r /so. .
8. Gli obiettivisupplementari (v. pag. 212). Mutano la
lunghezza focale dell'obiettivo su cui si applicano: perciò
le aperture di diaframma indicate sulla montatura non so-
no più valide, essendo state computate in base alla lunghez-
za focale dell'obiettivo normale e non a quella del sistema
ottico fòrmato dai due obiettivi uniti. Il sistema obiettivo
normale - obiettivo supplementare positivo è più luminoso
del semplice obiettivo normale, mentre il sistema obiettivo
normale - obiettivo supplementare negativo è meno lumi-

122
noso. Nella pratica gli obiettivi supplementari positivi (gran-
dangolari) si usano quasi esclusivamente per fotografare, da
brevissime distanze, piccoli oggetti. In .questi casi si può
non tener conto dell'aumento di luminosità delle aperture
di diaframma, perché questo è compensato dalla perdita di
luminosità causata dall'allungamento della distanza fra
obiettivo e film, necessario per mettere a fuoco alle brevi di-
stanze. Il sistema obiettivo normale - obiettivo supplementare
negativo, d'altro c:anto, è sempre notevolmente meno lumi-
noso dell'obiettivo normale, e richiede adeguati aumenti dì
esposizione. Il modo più semplice ·di calcolarli è di misurare
la distanza fra il centro dell'obiettivo e il film dopo aver mes-
so a fuoco, misurare l'apertura di diaframma che si us~ rà
per fare la fotografia, e dividere la prima per la· seconda. Il
quoziente è l'apertura « effettiva », corrispondente a quella
. indicata dall'esposimetro.
g. Tipo di soluzione di sviluppo. La classificazione dei di-
versi gradi di sensibilità della pellicola è basata su uno svi-
luppo con soluzioni «normali ». Le soluzioni speciali . a gra-
na fine (v. pag. 147) danno negativi con grana più fine
(v . pagg. 62-63) perché sviluppano solo parzialmente i sin-
goli granuli del negativo. Inoltre, alcune di queste soluzioni
non penetrano nell'emulsione e la loro azione è limitata allo
strato più superficiale. Per questo « sviluppo incompleto»,
le soluzioni a grana fine producono negativi che sembrano
« sottesposti » a meno che non si sia aumentata la posa in
misura adeguata. Tale misura, cioè il coefficiente di posa,
varia a seconda del tipo di soluzione a grana fine. In gene-
re le soluzioni di maggiore effetto finegranulante richiedono
maggiori aumenti di esposizione. Occorre consultare le istru-
zioni dei fabbricanti.
Il mòdo più semplice di assicurare il necessario aumento
di esposizione è di sottrarre alla rapidità « teorica » della
pellicola la perdita di rapidità causata dalla soluzione, rego-
lando l'indicatore dell'esposimetro sulla sensibilità « effet- ,
tiva ».
ro. Tempo di posa. In condizioni normali il passaggio da
un diaframma a quello immediatamente più piccòlo si com-
pensa col raddoppio del tempo di posa se si vuole ottenere
un negativo di uguale intensità. Tuttavia, quando la luce

!23
diviene anormalmente bassa, questa inten:!ipendenza non
è più così automatica e gli aumenti di posa producono una
densità proporzionalmente minore del negativo (è il feno-
meno detto ma.n canza di reciprocità). Quando si f;::tnno espo-
sizioni « a tempo » di notte a piccole aperture di diaframma
bisogna tener conto di questo fenomeno. Per esempiò, se a
f l 4,.') è necessaria una posa di un minuto e si deve chiudere
il diaframmà a f j I 6 per ottenere sufficiente profondità di
campo, la posa indicata dall'esposimetro è di I') minuti. In
realtà, però, una posa di I 3 minuti non basterebbe ad otte-
nere un negativo della stessa densità di uno esposto a f l 4,5
per un minuto. A ·seconda del tipo di film, sarebbe necessa-
ria una posa di poco meno o poco più di mezz'orà. Poiché
questo fenomeno si manifesta in misura diversa a seconda
del film usato, non si possono dare regole precise. Bisogna
basarsi sull'esperienza pratica.

APPLICAZIONE PRATICA. Per capire in quale misura le in-


dicazioni dell'esposim.étro devono essere interpretate e rive-
çlute prima di trasferirle sull'apparecchio, si consideri. il se-
guente esempio : soggetto: fotografia da brevissima distanza
di una rosa rosso scuro in grandezza naturale; apparecchio:
reftex 35 millimetri con anelli di allungamento; pellicola:
pancromatica medio-rapida; illuminazione: 2 lampade sur-
voltate; filtro: rosso per migliorare la resa dei dettagli; svi-
· luppo: a grana fine. L:esposizione, secondo l'esposimetro,
dovrebbe essere di I l I o di secondo a f l 20.

BISOGNA CONSIDERARE I SEGUENTI COEFFICIENTI: Resa in


grandezza naturale: 4 (pag. 45); soggetto più scuro del nor-
male: rYz (pag. I22); filtro rosso: 4 (il coefficiente 8, dato
a pag. 68 per il filtro tosso, si riferisce alla luce diurna);
sviluppo a grana fine : 2 (pag. I 4 7). Per ottenere il coeffi-
ciente finale, per cui si dovrà moltiplicare la esposizione in-
dicata dall'esposimetro, dobbiamo moltiplicare i singoli coef-
ficienti : 4 x I Yz x 4 x 2 = 48. Dovremo perciò esporre, per
ottenere un negativo corretto, :non I l I o ma 5 secondi. Una
bella differenza!

I SOGGETTI TROPPO POCO ILLUMINATI per consentire una

124
misurazione con l'esposimetro possono essere esposti secondo
i dati contenuti nelle tabelle che seguono, che suppongono
entrambe l'uso di una pellicola rapida di sensibilità ASA
16o (23/ Io DIN) con la luce artificiale.
Fotografie notturne all'aperto
j

SOGGETTO f/1,5
----
1
f/ 2
l f/3,5 f/4,5

Ingressi di teatri con da /soo da ' /200 da'/ ., da '/u.


persone. a 1/IOo a ' / so a 1 / oo a ' /,o

Strade larghe e molto da'/,. da 1/30 da 1/ 1o da 1/ s


illuminate. a 1 /,o a 1/s a 1/ 2 a 1 sec.

Strade con illumina- da '/ 2 da 1 da 3 da 5


zione ordinaria. a 5 sec. a1osec. a 20 sec. a 30 sec.

Strade molto buie il-


lurninate solo da qual- da 15 da25 da 1 da 2
che lampione. a 30 sec. a .45 sec. a3 min. a 5 min.

Prese da lunga distan-


za (fra 500 metri e un da I · da 2 da 5 da IO
chilometro) di città
a 3 sec. a 5 sec. a 15 sec. a 25 sec. :
con edifici che abbia-
no finestre illuminate. l
l
~

Fotografie improvvise in teatri

ILLUMINAZIONE
DEL
PAL COSCENICO
f/1,5
l f/2 f/2,8 f/3,5

da 1/.o da '/ to da'/ , da'/ ,


debole
a'/ 10 l a'/, a 1/ a a '/•
da'/5() da '/oo da 1/20 da' /.
media
a 1/ ao a'/., a'/ ,, a 1/ ,o
da 1/ soo da '/200 da 1/ 10o da 1/w
forte
a ' / ,so a '/ 1oo a'/ oo a'/ ao
da '/,oo da 1/.5() da'; ,., da'Iso
fortissima
a 1/ 200 a';,,. a ' /so a'/50 l
'

125
Esporre può essere una scienza. Possiamo eliminare le
cause dei più vistosi errori se, invece di affidarci alla no-
stra vista e alla nostra supposta capacità di « azzeccare »
le pose, ci affidiamo all'esposimetro, alle tabelle e ai coef-
ficienti stabiliti con criteri scientifici. Se siete in dubbio,
esponete lo stesso soggetto più volte, variando i diafram-
mi e le pose per assicurarvi di ottenere almeno un ne-
gativo perfetto. Il modo migliore è di partire da una cer-
ta esposizione leggermente inferiore a quella che si ri-
tiene corretta e di farne alcune altre raddoppiando
ogni vÒlta. Se, per ragioni pratiche, si può esporre sol-
tanto una volta, ricordare che la sovresposizione è sem-
pre preferibile alla sottesposizione. Ricapitolando, ec-
co un 9reve ,elenco delle cause più comuni di sottespo-
sizione:

uso errato dell'esposimetro (troppo cielo!);


errata regolazione dell'indicatore di sensibilità (differenza
tra luce diurna e luce artificiale!);
coefficiente di filtro dimenticato o sbagliato;
dimenticanza del coefficiente di sviluppo a grana fine (la
posa sarebbe stata giusta se si fossero sviluppati i negativi
in una soluzione normale);
.se vi sono diversi coefficienti, uno potrebbe essere stato di-
menticato · oppure sommato invece che moltiplicato;
dimenticanza del coefficiente di breve distanza (solo nei casi
in èui la distanza del soggetto è inferiore al quintuplo
della lunghezza focale).

COME SI USA LA LUCE ARTIFICIALE

La luce naturale è un elemento più o meno immutabile,


su cui il fotografo ha scarsa possibilità di influire. L'illumi-
nazione artificiale, invece, è completamente soggetta al con-
trollo del fotografo. Benché spesso se ne faccia un cattivo
uso, la luce naturale in quanto tale non è mai « cattiva».
L'illuminazione artificiale invece, per . la sua flessibilità che
la rende adatta a qualsiasi impiego immaginabile, è un vero
e proprio invito all'abuso. Con l'aiuto della luce artificiale

126
si possono ottenere gli effetti più insoliti. Ma se non si sa
disporre e controll;ue l'illuminazione in modo che aiuti a
esprimere determinate idee e sensazioni, il risultato può es-
sere confuso, balzano o insignificante.

SCOPI E PRINCIPI DELL'ILLUMINAZIONE

Prima di accingersi a fare una fotografia il fotografo deve


sapere quale effetto si ripromette di consegui~e con l'illu-
minazione prescelta. La differenza tra « sapere » · e « crede-
re di sapere », tra esperimenti ordinati e prove a casac-
cio, tra soddisfazione e disgusto, consiste spesso in pochi
istanti di riflessione. Nella fotografia la luçe ha un triplice
ruolo:

La luce _è il « mezzo » fotografico

La luce è per il fotografo ciò che il colore è per chi di-


. pinge; il marmo, la creta e il legno per lo scultore; i suoni
per il musicista. Nell'oscurità totale anche il più grande
fotografo non può far nulla. Con l'aiuto della luce può fa-
re quasi tutto. La-luce è ricca di sfumature e tonalità ..come
il colore e il suono. Luce e buio sono manifestazioni dello
stesso «mezzo», con un numero infinito di toni e di transi-
zioni diverse solo quantitativamente. L'illuminazione deter-
mina la «chiave» di una fotografia. Fondamentalmente la
luce è gaia, il buio è tetro. Una fotografia dominata da toni
chiari è cordiale, gioiosa, esilarante. Una fotografia: domina-
ta da toni scuri è tetra, triste, deprimente. Fra ·que-
f.ti estremi c'è posto, per il fotografo che .« senta» la luce
e sappia volgerla al proprio scopo; per ogni clima e indi-
rizzo, dalla documentazione oggettiva all'interpretazione sog-
gettiva. .
Un esempio: si deve fotografare l'interno di un night
club. L'atmosfera del locale è intima, la penombra è appe-
na violata da molte piccole lampade. Per conservare questa
atmosfera, che è la caratteristica saliente del soggetto, il fo-
tografo che « sente » la luce riprenderà la scena, può o me-

I27
no, così com'è. Può adoperare con cautela luci ausiliarie
molto attenuate perché non vadano perduti i particolari
delle zone più buie, ma non userà più luce di quella stretta-
mente necessaria a creare l'atmosfera giusta e ad evitare le
ombre nere troppo forti. Un fotoreporter non molto sensi-
bile alle « atmosfere », invece, deciso a procurarsi un « ne-
gativo tecnicamente perfetto», userà semplicemente il flash.
Naturalmente la sua fotografia sarà più nitida e dettagliata
di quella dell'altro fotografo, la gradazione sarà migliore, il
contrasto meno forte e i frequentatori . del locale saranno
« fermati » nei loro gesti e movimenti. In breve, ci sarà tut-
to tranne l'atmosfera del locale, che egli avrà distrutto con
un''esplosione di luce. _Avrà un bel negativo ma una cattiva
foJogra~a.

2 La luce crea volumi e forme

Volumi e spazi hanno tre dimensioni mentre una fotogra-


fia ne ha ·soltanto due. Perciò è materialmente impossibile
la diretta ·« traduzione » dei volumi e degli spazi in una
' fotografia. Ciò che il fotografo può fare è creare un'illusione
tridimensionale. Se ci · riesce, i suoi soggetti acquistano « ro-
tondità » e « volume » e il suo spazio acquista « profondi-
tà »; se non- ci riesce le sue fotografie appaiono piatte.
La luce è il mezzo più importante per creare un'illusione
di volume, di rotondità e di profondità. Se un volto è illu-
minato frontalmente da una luce «senza ombre», appare
piatto. Se si sposta la luce lateralmente per creare qualche
ombra, lo stesso volto acquista volume e profondità.
-I disegnatori sanno bene che le « ombreggiature » aggiun-
gono profondità ai disegni. È vero anche nella fotografia.
Affogata in un mare di luce incontrollata, anche una Vene-
re appare piatta come un pupazzo ritagliato nella carta.
Con una illuminazione appropriata, invece, anche un legge-
ro bassorilievo può acquistare volume. e profondità. È il gìuo-
co reciproco di luce e ombra che crea 'l'illusione tridimensio-
nale.

128
3 La luce e l'ombra come bianco e nero

In una fotografia gli oggetti fortemente illuminati appaio-


no bianchi e quelli che si trovano in una zona di ombra
profonda appaiono neri. Tra gli ' uni e gli altri c'è una
gamma di sfumature grigie. Queste prerogative « grafiche »
dell'illuminazione sono importanti, dal punto di vista figu-
rativo; come la facoltà della luce di creare effetti tridimen-
sionali. Il bianco è prepotente e aggressivo; il nero è p assivo
e sommesso. In urta fotografia le zone bianche sono le prime
ad attrarre l'attenzione e possono essere usate per guidare
lo sguardo sui punti di mag_giore interesse. II nero dà però
una sensazione di forza, solidità e potenza. Il grigio è neu-
tro. Per apparire « più bianco », il bianco deve contrastare
col nero ; per apparire «più nero», il nero deve contrastare
col bianco. Sia il bia nco che il nero, a contrasto col grigio,
. - appaiono meno pronuncia ti che a contrasto tra di loro.
Con la scelta del tipo appropriato di illuminazione pres-
. soché ogni soggetto ·può essere fotografato come appare allo
s.e;uardo, oppure più chiaro o più oscuro. Per convincervene
fate questo esperimento : prendete un piccolo oggetto nero
e mcttetelo davanti a uno sfondo bianco: Illuminate unifor-
memente con una lampada survoltata, poi fotografate. L'og-
getto e lo sfondo risulteranno nei loro valori naturali di nero
e di bianco. Ora avvicinate molto la luce e regolatela in mo-
do che investa pienamente l'oggetto m a lasci in ombra lo
sfondo. Ne risulterà una fotografia in cui l'oggetto nero ap-
parirà bia nco su uno sfondo nero. Ultima fase : « equilibra-
te » l'illuminazione fino a che oggetto e sfondo appaiano .
come identiche sfumature di grigio. Questo esperimento non
saltante ' dimostra ·che la luce può essere usa ta per creare ef-
fetti diversissimi; ·ma illustra anche i pericoli cui si va in-
contro se non si sa regolare l'illuminazione.

CO M E SI ILL UM INA UNA FOTOGRAFIA

Chi non si accontenta della conoscenza teorica degli effet-


ti dei diversi tipi di luce dovrebbe fare il seguente esperimen-
to di ritratto. Gli insegnerà, passo a passo, a creare urta illu-

I29
minazione efficace. Sono necessari una persona che faccia da
modello e quattro fonti luminose.
Preparativi : far posare il modello comodamente e in at-
teggiamento naturale davanti ad uno sfondo di tono neu-
tro. Regolare le lampade normali della stanza in modo che
rimanga luce appena sufficiente per vedere quello che fate,
ma non tale da interferire con le fonti luminose che dovrete
usare per l'esperimento.

La luce principale

, La prima fase consiste nel disporre la « luce, principale ».


Il suo scopo è di individuare la forma del soggetto e stabi-
lire approssimativamente il rapporto tra luce ed ombra. È
la più importante delle vostre fonti luminose. La luce prin-
cipale ideale è un grosso « spotlight » che abbia un effetto
pressoché analogo a quello del sole.· Se non lo avete può es-
sere sostituito da una lampada survoltata n. 2. Ponete la
lampada a circa 45 gradi di fianco e circa 45 gradi al di
sopra del modello. Questa posizione produce automatiéa-
mente una buona illuminazione. Iri seguito, quando avrete
più esperienza, potrete tentare effetti più spettacolari con
altre posizioni. Ma quando si è alle prime armi è m'eglio
attenersi a una posizion5 « sicura ». La luce principale è
disposta correttamente se ciò che rivela h a un senso e non
consiste puramente in un ammasso di' materia illuminata.
Deve accentuare le forme del soggetto, modellare plastica-
mente le sue superfici e creare ombre che abbiano un signi-
ficato. Non importa se « fa vedere» molto: ciò <che vediamo
deve essere però piacevole per composizione, aspetto e con-
trasto di bianco e nero. n rapporto tra luce e ombra stabi-
lisce la « tonalità » della . fotografia. Se predomina la lucè,
la fotografia è gaia e « leggera »; se predomina l'ombra,
l'imuressione che se ne riceve è triste, oppure sensuale, o
?.nche tetra. Una ripartizione salomonica di luce e d'ombra
è· in genere da evitare perché il suo effetto è banale.

130
La luce ausiliaria

La seconda fase consistecnel disporre la luce ausiliaria. Il


suo scopo è di schiarire leggermente le ombre proiettate dal-
la luce principale, di quel tanto che basti a impedire che ri-
sultino troppo nere e a far sì che in esse si distinguano i
dettagli.
La luce ausiliaria deve essere una lampada survoltata a
buona diffusione .. Bisogna disporla quanto più possibile vi-
cino all'apparecchio e leggermente più in alto dell'obietti-
vo. In questa posizione è minore il pericolo di produrre « om-
bre nelle ombre », cioè incroci delle ombre create dalle due
fonti luminose, estremamente sgradevoli e da evitare sempre.
Le ombre multiple possono essere provocate da una luce
ausiliaria troppo forte o troppo lontana- dall'apparecchio.
Cercare di sopprimere un'ombra con un'altra, usando un'al-
tra lampada, è inutile: anzi, produce una terza serie · di
ombre. ·
La luce ausiliaria è disposta correttamente quando non
altera l'illuminazione prodotta dalla luce principal~. II suo
compito è di ridurre il contrasto generale del negativo ad
un livello « stampabile ».

La luce « ad effetto»

La terza fase consiste nel disporre la luce « ad effetto ».


Suo scopo è di ravvivare la resa; conferendole brillantezza
e nitore. '
L a luce « ad effetto » deve essere un piccolo « spotlight »
che possa essere messo a fuoco su punti determinati. Si di-
spone in genere dietro il soggetto per illuminare i suoi con-
torni e ravvivare qualche particolare. Poiché bisogna dispor-
lo dietro il soggetto, e un po' lateralmente, non può crea-
re ombre « secondarie »; ma bisogna fare in modo che la
luce non vada sull'obiettivo, altrimenti il negativo si vele-
rebbe.
L a luce « ad effetto » deve essere usata con moderazio-
ne e con discernimento. t il tocco finale che ravviva l'im-
magine e rende brillante la fotografia ; è il condimento chè

131
le dà aroma e sapore. Se ce rie mettiamo troppo, il risultato
è simile a una minestra con troppo pepe.

La luce di sfo.n do

La quarta fase consiste nel disporre la luce « per .sepa-


rare lo sfondo». Ha lo scopo di distinguere graficamente
·il soggetto dallo sfondo mediante il contrasto fra luce e
ombra.
Questa fonte luminosa può essere sia uno « spotlight »
che una lampada survoltata. Ciò che importa non è la qua-
. lità della luce ma il suo grado di intensità e la sua posizio-
ne : l'uno e l'altra si regolano ponendo la lampada a giusta
distanza dallo sfondo che deve illuminare. Illumina_l).do lo
sfondo dietro la parte in ombra del modello e !asciandolo
scum dietro la parte illuminata, si ottien~ una separazione
grafica del primo dal secondo e si immette « aria » · nella
fotografia. Una luce di separazione ben disposta provoca
quella sensazione di « rotondità » e di spazio senza la quale
il modello sembra « appiccicato allo sfondo». Il contrasto
fra chiaro e scuro crea l'illusione dello spazio.

Lo schema .sopra descritto produce una illuminazione


che si può definire « standard ». Dà sempre buoni risul-
tati e può essere usato per illuminare una ragazza o una
cavalletta, una dalia o Un tornio. Si può realizzare con
lampade e con lampeggiatori. È soggetto a innumerevoli
variazioni, che si ottengono mutando l'intensità e l'am-
piezza del raggio delle fonti luminose. Modificando il
rapporto fra luce e ombra si possono ottenere fotografie
più gaie o più tristi. Aumentando il contrasto fino a pro-
durre ombre di un bel nero si ottiene la caratteristica
«illuminazione tipo Hollywood», -considerata quella che
produce gli effetti più seducenti nelle fotografie di ra-
gazze. Una volta acquistata familiarità con le funzioni
e gli effetti delle diverse luci, si può far ciò che si vuole
e farlo bene se si osservano le seguenti norme, valide per
ogni schema di illuminazione:

132
I. Non aggiungere mài una seconda luce fino .a
quando non si è soddisfatti dell'effetto della prima.
2. Evitare a ogni costo le ombre incrociate.
3· Troppa luce e troppe luci rovinano qualunque
illuminazione.

CONSIGLI PER L'USO DELLA CORRENTE ELETTRICA

Gli impianti elettrici domestici sono fatti per le normali


necessità familiari. In confronto, le fonti luminose per uso
fotografico hanno un consumo di corrente piuttosto alto.
Per sapere quante lampade survoltate, « spotlights », ecc.
· si possono inserire in un circuito, moltiplicate il voltaggio
della linea per il numero di ampère indicato sulla valvola:
il prodotto rappresenta il numero massimo di watt ché un
circuito può fornire. Per esempio, se il voltaggio è I 25 e la
valvola regge un carico di I 3 ampère, moltiplica te I 25 per
I3. Il prodotto (1625 watt) rappresenta il consumo massimo
consentito dal circuito, superando il quale salterebbe la val-
vola. Questo significa che potete usare simultaneamente tre
lampade da 500 watt, o due da 500 e due da 250, o una da
500 e quattro da 25 0, o sei da ·250, in tutti i casi l<:\sciand9 -'
disponibili altri r 2 5 watt per gli usi normali. ·

COME SI USA IL FLASH

Benché le norme per una buonà illuminazione siano vali-


de per ogni tipo di fonte luminosa artificiale (luce incande-
scente o flash), tra l'una e l'altro c'è una differenzà pratica:
la luce incandescente è continua, il flash si. accende e si spe-
gne in una frazione di secondo. Questa sua caratteristica
ne complica l'uso sotto due aspetti :
r. L'effe tto dell'illuminazione non può essere studiato
prima della esposizione. Specialmente se si usano simulta~
neamente parecchie lampade-lampo, prevedere esattamente

133
il loro effetto complessivo è estremamente difficile se non
addirittura impossibile. Per risolvere questo problema, mol-
ti fotogr~fi dispongono l'illuminazione o mettono a fuoco
servendosi di lampade survoltate . . Poi, quando tutto è pron-
to, sostituiscono le lampade survoltate con lampade-lampo
ed espongono con queste a posa rapida (usando naturalmen-
te batterie invecé del circuito domestico). Questo procedi-
mento si può semplificare se si dispone di lampade survol-
tate e lampade-lampo, montate l'una accanto all'altra sulla
stessa base d'appoggio; si evita così di perder tempo per ~o­
stituire le lampade e mutare i contatti del filo elettrico.
2. Non si può determinare l'esposizione con l'esposimetro.
Tuttavia i vari tipi di lampade-la mpo e di lampeggiatori
elettronici hanno dei « numeri-guida » corrispondenti alle
diverse esposizioni. L'esposizione si può calcolare così: si
trova il « numero-guida » appropriato per il tipo di lampa-
da, la pellicola e il tempo di posa e lo si divide per la di-
stanza tra la lampada e il soggetto : il quoziente rappre-
senta l'apertura di diaframma che darà un negativo .corret-
tamente esposto.

IMPORTANTISSIMO: il diaframma calcolato nel modo ora


descritto è quello giusto solo se la lampada-lampo illumina
il soggetto frontalmente e sé si usa una sola lampada-lampo.
In tutti gli altri casi il diaframma si regola nel modo se-
guente·: se la lampada· è posta lateralmente rispetto al sog-
getto, raddoppiarlo (cioè usare l'apertura immediatamente
più grande); se la lampada è posta dietro il soggetto, qua-
druplicarlo. Se si usano simultaneamente due o più lampa-
de-lampo, bisogna calcolare il diaframma tenendo conto
soltanto di quella che si usa come « luce principale » e non
tener conto delle altre.

CONSIGLI AI DILETTANTI ESPERTI

Disponendo l'illuminazione fate sempre un passo per

l volta. Cominciate con la luce principale. Non aggiungete.


mai una luce fino a quando la precedente non è disposta
· in modo soddisfacente.

I34
·
Le ombre che si incrociano l'una con l'altra .denuncia-
no il principiante, oppure il pasticcione.
La luce frontale piatta e il lampo dall'apparecchio
producono il tipo peggiore di fotografia.
La luce laterale è quella che meglio di ogni .filtra ren-
de la « trama » delle superfici.
La luce posteriore (controluce) ha gli effetti più dram-
matici. Anche se diverse lampade-lampo fanno cilecca,
si può ottenere u?a buona fotografia se si è accesa quella
situata dietro il soggetto.
Nei ritratti l'ombra più importante è quella formata
dal naso. Non deve raggiungere e tanto meno superare le
labbra, altrimenti suggerisce la presenza di baffi e barba .
anche se il soggetto è una ragazza.
Attenti alle «macchie cieche» di un volto; assicura-
tevi che ricevano abbastanza luce. Sono tra occhi e naso,
tra naso e bocca e sotto il mento.
Concentrate la luce sullo sfondo e lasciate più all'oscu-
ro i piani anteriori. Potrete così « incorniciare » l'imma-
gine e guidare l'occhio verso il centro della fotografia.
Se vi piacciono le fotografie vivaci e brillanti, fate in
modo che ci siano bianchi e neri assoluti.
La luce è il mezzo più efficace per creare un'atmosfe-
ra. Disponete l'illuminazione in modo che si accordi con
l'atmosfera del soggetto.
La luce ausiliaria deve essere sempre ben diffusa per
evitare il pericolo delle ombre ìncrociate.
Le parti chiare di una fotografia sono in genere le pri-
me ad attrarre l'attenzione: usate la luce per guidare gli
occhi di chi guarda verso i punti di maggiore interesse.
State attenti, però, quando disponete « macchie» lu-
minose vicino ai margini : potrebbero guidare lo sguardo
verso l'esterno della fotografia .
Non abbiate paura del. nero intenso e delle ombre pri-
ve di dettaglio, purché queste ombre siano espressive e 'di-
sposte in modo da rafforzare la composizione.
Disponete in alto le luci ausiliarie: così le loro ombre
cadranno in basso.
Le luci ausiliarie disposte in basso creano ombre prive
di senso e possono mandare all'aria uno sfondo.

1 35
Una luce ausiliaria troppo debole è megHo di una
troppo forte.
Una luce ausiliaria troppo forte produce press'a poco
lo stesso effetto piatto di un flash dall'apparecchio.
Quando è possibile usate sempre la luce naturale ' O la
luce artificiale già esistente in un ambiente.

136
Parte quarta: Come si sviluppa e si stampa

Iniziazione ai misteri della camera oscu-


ra - laborato rio, attrezzatura, metodi
e tecnica - con un accento partico-
lare sulla semplicità e il basso costo.
Consigli e suggerimenti pratici.
Il dilemma: fare da sé o no?

:Qopo aver scatta,tp le vostre fotografie potete fare due


cose. La prima è pòrtare la pellicola in un negozio di arti-
coli fotografici per farla svilu_ppare e stampare. Non è un'i-
dea brillante e nemmeno il risultato lo è : le vostre fotogra-
fie verranno fuori dal negozio uguali a quelle di mifle altri
dilettanti domenicali. La seconda è sviluppare e stampare
da voi. F are tutto da sé, dal principio alla fine, raddoppia
il piacere della fotografia. E, se avete ambizioni, è l'unico
modo per realizzar! e : per ottenere, cioè, fotografie che por-
tino il vostro segno; fotografie ingrandite e tagliate secondo
le vostre idee; fotografie stampate col grado ài contrastò e
con i toni chiari o scuri che voi avevate previsto disponen-
do le luci, scegliendo il filtro e calcolando la posa.
Per avere tutto questo vi è necessaria una camera oscura.

LA CAMERA OSCURA

Per molti principianti il concetto di « camera oscura » è


qualcosà che intimorisce e fa pensare a spese ingenti, soste-
nibili solo da qualche privilegiato « dilettante esperto ».
Nulla di più falso. Una camera oscura che funzioni non è
altro - · ci si perdoni il giuoco ·di parole - che una « stanza
buia». Non è necessario che abbia acqua .corrente, né la-
vandini, né pavimento impermeabile. Non deve nemmeno
essere « permanente», ma si può improvvisare in un'ango-
lo di una stanza ordinaria. La mancanza di una « vera »
camera oscura non è una scusa per sviluppare e stampare
male o per rinunciarvi del tutto. Molti dei migliori foto-
grafi ottengono ottimi risultati in « laboratori » che devono
essere oscurati volta per volta poiché si tratta di stanze adi-
bite ad altri usi.

139
Requisiti

Un laboratorio, per funzionare, deve rispondere ·ai se-


guenti requisiti:
1. D e v e e ss e re buio. Se ci sono fìnestre, bisogna renderle

impenetrabili dalla luce con materiale opaco. Se ciò è trop-


po difficile o troppo costoso, c'è un espediente: sviluppare
e stampare di notte, quando bastano le persiane e le impò-
ste ordinarie per evitare infiltrazioni della luce dei lampio-
·ni e della luna. Per assicurarsi che una · camera sia veramen-
te « oscura » si faccia questo esperimento. Si chiudano le im-
poste e le porte, senza acc·endere la lanterna.l Si ponga qual~
che moneta su una pellicola e su un foglio di carta sensibi-
le, e si lasci il tutto sulla tavola da lavoro per tre o quattro.
minuti. Poi si sviluppino e si fissino film e carta. Se il film
. è ancora perfettamente trasparente e la carta perfettamen-
te bianca, il laboratorio è abbastanza buio. Se il film è più
o meno grigio, tranne i punti in cui era protetto dalle mo-
nete, ma la carta rimane perfettamente bianca, il laborato-
rio non è abbastanza buio per sviluppare, ma lo è abba-
stanza per ·stampare . . Se fìlm e carta sono entrambi grigi,
trf!:nne i punti protetti dalle monete, la stanza non è abba-
stànza « oscura » e bisogna miglio~arne la protezione d alla
luée.
2. Una presa di energia elettricà è necessaria per inserir-
vi ' le .spine della lanterna e d ell'apparecchio per ingrandì-
mento.'
3· La tem peratura deve essere tra I7 e 27 gradi. Se la
stanza è più fredda o più calda diventa difficile mantenere
le soluzioni · a temperatura giusta. D'inverno si può usare
una stufa elettrica per riscaldare la stanza. D'estate, per evi-
tare il calore eccessivo, si può usare un ventilatore incastra-
to' nella parete o nella porta. Ve .ne sono speciali tipi che
nòn lasciano passare la luce. ·
4· L'acq ua non deve essere lontana,_ ma nel laboratorio
basta che ce ne siano un secchio e una bacinella pieni. Ne-
gativi e cooie possono essere lavati dopo il fissaggio sotto ·
qualsiasi rubinetto fuori del laboratorio.
1 Lampada con schermi colorati, la cui luce non danneggia· le
emulsioni.

140
5· La tavola da lavoro deve essere coperta con linoleum
e
o materiale plastico impermeabile inattaccabile dalle solu-
zioni. Sotto le bacinelle è consigliabile disporre parecchi
giornali: _se qualcuna si rovescia, non inonderà la tavola e
il pavimento. Chi lavora con attenzione, però, non rovescia
mai nulla, soprattutto perçhé non riempie completamente
le bacinelle.
6. Le pareti e il soffitto devono essere chiari per riflettere
quanto più possibile la luce della lanterna e migliorare così
la visibilità. Più ci si vede, meglio si lavora. Il colore miglio-
re è il giallo-verde.
Il fotografo fortunato, proprietario di un grande appar-
tamento, non dovrebbe avere difficoltà a procura:rsi una ca-
mera oscura permanente, anche di grandezza modesta. Quel-
lo meno fortunato, che vive in urr piccolo appartamento in
affitto o in una camera ammobiliata, deve aguzzare l'inge-
gno. Con un po' di immaginazione e di pazienza una came-
ra oscura, permanente od occasionale, può essere allestita in
soffitta, in cantina, nella stanza da bagno o in un angolo di
una stanza ordinaria.

DISPOSITIVI INDISPENSABILI
PER L A CAMERA OSCU ~ ·

L'EFFICIENZA DI UN LABORATORIO dipende dalla sua orga-


nizzazione. Pulizia e ordine s0no i primi requisiti. Viene poi,
in ordine di importanza, la stretta separazione tra operazio-
ni « all'asciutto» e operazioni « umide ». Da una parte i

141
negativi, la carta, la starnpatrice a contattò, l'ingranditore;
dall'altra le soluzioni per lo sviluppo, il fissaggio e il « bagno
d'arresto», e l'acqua. Così si tengono i negativi, che sono·
gli oggetti più vulnerabili e di maggior valore, il più ,lonta-
no possibile dalle soluzioni chimiche, e le varie fasi dello svi-
luppo . e della stampa awengono secondo una successione
logica e ininterrotta.

ATTREZZATURA PER LA CAMERA OSCURA

Sta al dilettante decidere quanto vuole spendere per l'at-


trezzatura della sua camera oscura. Ad eccezione dell'appa-
recchio per ingrandimenti, il materiale essenziale costa poco.
Sono cari, invece, gli accessori che·servono a tendere le ope-
razioni più facili e comode, come i cronografi elettronici, le
lavatrici a motore, le asciugatrici elettriche e .simili. Quella
che segue è la lista dei soli oggetti assolutamente necessari
per lavorare bene .in camera oscura.
Per uso generale:
. una lanterna con schermi intercambiabili
un cronografo
un termometro
due bicchieri graduati grande e piccolo
una bacchetta di vetro ·
parecchie bottiglie da un litro di vetro scuro per le soluzioni
di sviluppo
un bottiglione per la soluzione di fissaggio
un imbuto di vetro
un grembiule
uri asciugamano
Per lo sviluppo:
una vaschetta per lo sviluppo
soluzione per lo sviluppo
soluzione per il « bagno d'arresto »
soluzione per il fissaggio
una spugna
pmzette

142
Per la stampa e l'ingrandimento:
carta sensibile
telaio per·la stampa a contatto
ingranditore e assicella
bacinelle di vario formato per sviluppare le copie
bacinella per il bagno d'arresto
bacinella profonda per il fissaggio
due pinze, bianca e nera
soluzione per lo sviluppo della carta sensibile
soluzione per il «bagno d'arresto »
soluzione per il fissaggio degli acidi
lavatrice e « clips » di sughero
asciugatrice e smaltatrice

MATERIALE DI USO GENERALE

LA LANTERNA. Le migliori sono quelle con schernii inter-


cambiabili. Le laJilpade colorate non sono sicure e devono
essere evitate. Il colore dello schermo da applicare alla lan-
terna dipende dal tipo di lavoro:
V erde scuro 1 per lo sviluppo delle pellicole pancromati-
che.
· Rosso scuro per lo sviluppo delle pellicole ortocromatiche.
Giallo-verde per lo sviluppo della carta sensibile.
Il processo negativo, e soprattutto l'introduzione delle pel-
licole pancromatiche nella. vaschetta di sviluppo, dovrebbe
avvenire quanto . possibile nell'oscurità completa per evitare
il pericolo di velature accidentali. Ma la stampa e l'ingran-
dimento si possono far bene solo in un laboratorio bene illu-
minato. Un'illuminazione ideale si ottiene così: appendere
al soffitto, al centro della stanza, una grande lanterna volta
all'insù, che servirà all'illuminazione generale con luce in-
diretta (riflessa dal soffitto) ; disporre una piccola lanterna
presso l'ingranditore, in modo 'da dirigerne la luce sull'assi-
' Poiché la pellicola pancromatica è sensibile a tutti i colori,
gli schermi di color verde scuro soqp « sicuri » soltanto se la lanter-
na èlista almeno un metro e 20 centimetri dal film. Essa serve solo
'per illuminare quanto possibile il laboratorio e non per osservare
da vicino i negativi durante lo sviluppo.

1 43
cella; collegarla alla lampada dell'ingranditore con un inter-
ruttore alternativo a pedale, in modo che l'una si spenga
quando l'altra si accende. Si può così mettere a fuoco e stam-
pare meglio che con la lanterna sempre aècesa, perché la
sua luce indebolirebbe l'immagine proiettata dall'ingrancli-
tore sulla carta. Una terza lanterna deve essere fissata di-
rettamente sopra la bacinella di sviluppo per rendere age-
vole l'osservazione delle copie stampate. Infine bisogna fis-
sare una lampada bianca di r 5 candele sulla bacinella di fu-
saggio, schermandola accuratamente in modo che la sua lu-
ce cada soltanto sulla bacinella stessa. Questa lampada può
èssere accesa per esaminare la copia circ·a r o secondi dopo
che questa è stata posta nella soluzione. È piuttosto difficile
giudicare esattamente le sfumature e i contrasti di una 'co-
pia sotto una luce giallo-verde, che fa apparire le fotogra-
fie più chiare di quanto siano. Le copie che appaiono « re-
golari » sotto la luce giallo-verde si rivelano troppo scure
quando, asciutte, vengono esaminate alla luce del giorno.

CRO!';OGRAFO E TERMOMETRO sono indispensabili per otte-


nere negativi bene sviluppati. Il termometro deve avere una
tolleranza massima di pochi decimi di grado. Quelli con la
graduazione direttamente incisa sul vetro contenente il mer-
curio danno più affidamento.

I BICCHIERI GRADUATI servono a misurare esattamente i


preparati chimici da mescolare qm l'acqua per ottenere le
varie soluzioni. Quelli di vetro sono preferibili a quelli di
acciaio smaltato, che si arrugginiscono appena si scrostano,
e a quelli di porcellana, che sono· di difficile « lettura ».

LA BACCHETTA deve essere di vetro o di acciaio inossida-


bile, inattaccabile dai preparati chimici. Bisogna pulirla su-
bito dopo l'uso per evitare che piccoli residui di una solu-
zione si mescolino con le al tre.

LE BOTTIGLIE SCURE da uh litro con tappi di gomma a


chiusura ermetica servono per conservare le soluzioni. Il ve-
. tro scuro è necessario ·perché le soluzioni si alterano sotto
l'effetto della luce. Sono inoltre molto sensibili all'aria e per-

144
ciò è sempre meglio, dopo aver1e preparate, versarle in bot-
tiglie piccole invece cQ.e in bottiglioni; così si può sempre
prelevarne una piccola quantità senzà· espòrre all'aria tutta -
la soluzione.
Un'altra precauzione: -tenere sempre piene le bottiglie:
se il liquido non è sufficiente, versare nella bottiglia palline
di vetro fino a quando il liquido arriva al tappo.

IL BOTTIGLIONE serve per conservare la soluzione di fissag-


gio, l'imbuto di vetro serve per rimettere le soluzioni nelle
bottiglie dopo l'uso e per filtrarle. Le soluzioni per lo svilup-
po dei negativi, specialmente, devono essere filtrate ogni
volta prima dell'uso per eliminare frammenti di emulsione
stacca tisi durante lo sviluppo precedente, che potrebbero at-
taccarsi al film e così macchiarlo. Filtrare una -soluzione è
più comodo che ritoccare una fotografia macchiata. _n coto-
ne idrofilo è più rapido della carta speciale filtrante.

GREMBIULE E ASCIUGAMANO sono di rigore in ogni labora-


torio. Quasi tutte le soluzioni lasciano macchie indelebili e
basta una goccia a rovinare un vestito. I grembiuli di pla-
stica non assorbente sono i migliori. L'asciugamano deve es-
sere sempre a portata di mano perché le dita umide lasciano
impronte permanenti sui negativi e sulle copie. Se però un
asciugamano è molto bagnato, non appartiene a un bravo
fotografo. Questi non si bagna mai le dita: per maneggiare
i negativi e le copie usa pinza e pinzette.

MATERIALE PER LO SVILUPPO DEI NEGATIVI

VASCHETTE DI SVILUPPO. Forma e grandezza dipendono,


naturalmente, dal tipo e dal formato del mater~ale negativo.
Ci sono vaschett_e con bobine variabili, st.i cui si possono <!.V-
volgere pellicole di diversi formati. Alcune vaschette per
film 6 x 6 e 36 millimetri si possono « caricare » in piena luce
ed eliminano la necessità di una camera oscura, poiché la
stampa si può fare di notte in qualsiasi stanza ordinaria. Le
bobine e i telai devono essere assolutamente asciutti quando
vi si mette il film da sviluppare; altrimenti questo si appie-

1 45
cica immediatamente ai punti bagnati. Le vaschette e le bo-
bine di acciaio inossidabile sono migliori di quelle di ba-
chelite, che si rompono se cadono a terra. Evitare i telai di
pl:stica.
SOLUZIONE DI SVILUPPO. È meglio acquistare i preparati
già confezionati, in polvere o in forma liquida, che mesco-
lare da sé i vari ingredienti. I preparati sono più stabili e
più esattamente dosati e si possono conservare per un tempo
indefinito: per usarli basta scioglierE nell'acqua. Eliminano
la spesa per una bilancia e per una sfilza di vasi e vasetti
che occuperebbero molto spazio. Eliminano anche molte
. preoccupazioni sulla purezza delle soluzioni, sul peso, sulla
dimenticanza di un ingrediente, e gli sprechi causati da al-
terazioni e da cattiva conservazione.
Il 'principiante, fino a quando non avrà acquistato una'
c~rta esperienza, farà bene ad . usare la soluzione consigliata
, nelle istruzioni allegate alla pellicola. Il fabbricante dovreb-
be saper bene qual è ·lo sviluppo migliore per quel tipo di
pellicola; e inoltre è suo interesse che chi lo usa ne tragga il
miglior risultato possibile; così tornerà a comprare lo stesso
film.
Diffidate dei preparati la cui formula permette di otte-
nere una grana fine « come con i _preparati a grana fine » e
di conservare nello stesso tempo la sensibilità del film. Pre-
parati simili non esistono. Se fosse possibile fabbricarli, le
grandi industrie lo avrebbero già fatto da tempo. ·
Non sopravvalutate le possibilità delle soluzioni a grana
fine. Possono produrre una grana fine soltanto se sono bene
impiegate, se il film ha già una .grana abbastanza fine e se il
negativo è bene esposto. La sovresposizione e lo sviluppo
eccessivo producono sempre grana grossa.
Le soluzioni a grana fine hanno svantaggi incontestabili :
richiedono ·esposizioni perfino triple rispetto al normale -
cioè riducono la sensibilità del film fino ad un terzo - e dan-
no negativi di contrast-o inferiore, cosa non sempre deside-
rabile. Può succedere di dover aumentare il contrasto stam-
pando su cartil dura, facendo così riapparire la grana.

146
Caratteristiche dei diversi tipi di soluzioni di sviluppo

I. Le soluzioni normali sono rapide e accurate e utilizza-


no tutta la sensibilità del film. Si usano soprattutto per i ne-
gativi grandi (da 9 per r2 in su) . Esempi tipici sono le solu-
zioni Kodak DK-50 e D-76.
2. Le soluzio-ni rapide sono ancora più veloci di quelle
normali e sono largamente usate dai laboratori fotografici e
dai giornali. Danno negativi di contrasto più alto e di grana·
alquanto più grossa. Sono indicate soprattutto per lo svilup- ,
po di negativi poco contrastati e per « estrarre » l'immagine
latente dai negativi sottesposti. Esempio tipico: la soluzione
Kodak D-Ig.
3· Le soluzioni a grana fine danno negativi di grana rela-
tivamente ridotta e si usano soprattutto per lo sviluppo di
pellicole di piccolo formato (da 6x6 in giù). Richiedono tut-
te, però, un certo aumento di esposizione dei negativi. Il
coefficiente di aumento varia tra I e mezzo e 2 a seconda del
tipo di soluzione. Esempi tipici: Kodak Microdol e Kodak
DK-20.
4· Le saluzioni a grana ultrafine danno grana ancora più
fine della precedente. Hanno però coefficienti di esposizione
fino a 3· Esempio tipico: Windisch 665.
5· L e soluzioni tropicali permettono di sviluppare con tem-
perature fino a 32 gradi, punto in cui normalmente la gela-
tina dell'emulsione diviene tanto molle da sciogliersi. Biso-
gna usarle solo quando le condizioni climatiche impedisco,
no l' uso delle soluzioni normali. Esempio tipico : Kodak
DK-I5.
6. L e soluzioni ad alto contrasto danno negativi di con-
trasto superiore al normale e si usano per sviluppare ripro-
. duzioni di soggetti bianco-neri, come disegni, pagine di li-
bri, ecc. Esempi tipici : Kodak D-8 e D- I I .

BAGNO n'A~REfiTo, Pone termine immediatamente allo svi-


luppo, neutralizzando l'alcalinità dei residui di soluzione ri-
masti sull'emulsione del film o sulla carta sensibile. Preserva
inoltre l'acidità della soluzione di fissaggio e ne impedisce la
prematura evaporazione. Unito a un preparato «indurito-
re» , il bagno d'arresto in acqùa tiepida serve anche a in-

I47
durire la gelatina del film e a impedirli! di incurvarsi e di
staccarsi dalla pellicola.

SOLUZIONE DI FISSAGGIO. Serve a liberare i1 negativo dalle


particelle di bromuro d'argento 1 non sviluppato, che altri-
men~i, a lungo andare, si annerirebbe e oscurerebbe l'im-
magme.

SPUGNA. Serve a pulire bene i negativi da entrambe le


parti prima di appenderli ad asciugare. Altrimenti, gocce di
umidità e particelle aderenti di emulsione. potrebbero la-
sciar_e macchie indelebili.

PINZETTE. Si usano per appendere il film ad asciugare. Mi-


gliori qu~lle di acciaio inossidabile. Per ogni rotolo di pel-
licola se ne usano due, una per fissarlo e una all'altro capo
per tenerlo teso. · - ·

MATERÌALE PER LA STAMPA E L'INGRANDIMENTO

. CARTA SENSIBILE. Si può classificare in base a quattro di-


verse caratteristiche :
I. Emulsione. Due tipi fondamentali: ai cloruro (carta
« lenta») e al bromuro (carta « rapida »). Vi è anche un ti-
po intermedio, di media rapidità, al cloro-bromuro. Le car-
te al cloruro si usano quasi esclusivamente per la stampa a
contatto, cui sono specialmente adatte per la loro scarsa sen-
sibilità: emulsioni più rapide richiederebbero tempi di posa
tanto bassi . da risultare impossibili. Le carte al bromuro si
usano esclusivamente per gli ingrandimenti, in cui -le emul-
sioni lente al bromuro richiederebbero esposizioni troppo
lunghe. Le carte àl cloro-bromuro sono adatte sia per la
stampa a contatto che per gli ingrandimenti.
2. Gradazione. È la capacità di una carta sensibile di ren-
dere i contrasti. In genere ogni fabbricante fornisce carte
in un numero di gradazioni variante fra tre e sei, da « mor"
bide » a « durissime ». Scegliendo la carta di gradazione più
appropriata il fotografo può correggere drasticamente il con-
I Particelle dell'emulsione sen~ibili alla luce.

148
trasto del negativo. Per esempio, se un negativo è troppo
«duro» (contrastato), si usa carta «morbida», che riporta
il contrasto a livello normale. Se invece un negativo è trop-
po «morbido » (povero. di CO.I).trasto), una copia positiva di
contrasto normale si ottiene con l'uso di una carta « dura».
I nega tivi di contrasto normale si stampano naturalmente
su carta « normale » .
3· Superficie. Quanto· più piccolo è il formato di una co-
pia positiva, tanto più luèida deve essere la carta; altrimen-
ti la sua trama annullerebbe i minuti particolari dell'imma-
gine. Le copie a contatto risultano sempre meglio su carta
lucida. Le copie più grandi possono essere stampate su carta
opaca. "Le carte «fantasia», imitanti la trama della tela, del
tweed, della seta, ecc., sono di cattivo gusto. Le copie desti-
nate alla riproduzione tipogr-afica devono essere sempre stam-
pate su carta lucida e preferibilmente, smaltate. La smalta-
tura (v. pag. 172) aggiunge brillantezza anche alle carte più
lucide.
L e carte lucide hanno una gamma tonale maggiore delle
carte opache. I loro bianchi sono . più· brillanti, i loro neri
più 'ricchi e lucenti. Le copie su carta lucida danno sempre
maggiore vivacità al soggetto. La carta lucida è la -più tipi-
camente « fotografica». Le fotografie su carta opaca o « fan-
tasia » hanno sempre un'aria pretenziosa, come se il foto-
grafo si vergognasse del suo mestiere e cercasse di elevarlo
imitando le arti « maggiori».
Il colore più usato è il bianco. A mio parere le varie sfu-
mature «crema», «avorio», «camoscio»; ecc. danno co-
pie che sembrano ingiallite dal tempo.
4· Peso . Per quanto riguarda il peso della base su cui è
applicata l'emulsione sensibile, vi sono carte di peso « nor-
male~ e di peso «doppio». Queste ultime hanno all'incirca
lo spessore di una cartolina. Le carte di peso normale sono
le migliori per Copie fino a 18 centimetri per 24 e per copie
anche più grandi destinate ad essere montate su cartone. Le
carte_di peso doppio sono preferibili per· i formati maggiori.
La carta normale costa meno, si lava e si asciuga più presto,
si monta più facilmente e pesa meno e occupa meno spa~
zio. La carta pesante è più resistente e non si piega: è l'idea-
le per le fotografie destinate a passare per molte mani.

149
TELAIO PER LA STAMPA A CONTATTO (o, se il maggior prezzo
non è un ostacolo, stampatrice a contatto). Ce ne sono di
diverse grandezze, corrispondenti ai vari formati dei nega-
tivi. Se si stampano i negativi a contatto solo per conservarli
in archivio, conviene stampare un intero rotolo di pellicola
su un solo foglio di carta. In questo caso è necessario un
telaio di 20 centimetri per 25, con cui si possono stampare
I2 negativi 6x6 mm (su,quattro file di tre ciascuna) o 36
negativi 24x36 mm (su sei file di sei ciascuna) o qùattro ne-
gativi g x I 2 cm.

INGRANDITORE E ASSICELLA. L'ingranditore non è che una


macchina fotografica a · rovescio. Ogni apparecchio a dorso
smontabile si può trasformare in un ingranditore semplice-
mente installando al posto del dorso una lampada e proiet-
tandone la luce, attraverso il negativo e l'obiettivo, su un
foglio di carta sensibile.
L'ingranditore, come la macchina fotografica, ha un obiet-
tivo che bisogna mettere a fuoco per ottenere fotografie niti-
de, e un diaframma che permette di regolàre la luminosità
dell'immagine. La grandezza dell'immagine (il rapporto di
ingrandimento) è direttamente proporzionale alla distanza
tra obiettivo e carta sensibile. Mentre, però, la macchina fo-
tografica produce negativi per mezzo della luce esterl'la,
l'ingranditore produce copie positive fornendo esso stesso la
luce necessaria. A seconda della fonte luminosa che conten-
gono si possono distinguere tre tipi di ingranditori:
I. Gli ingranditori a conden$atore sono costruiti come
normali proiettori. Il sistema luminoso è formato da una
lampada per proiezione e da un condensatore ottico. Produ-
cono immagini brillanti, nitide e contrastate. Vantaggi: po-
se più brevi, definizione · accuratissima, contrasto eccellente.
Inconvenienti: per l'estrema precisione di resa i difetti del
negativo (graffi, abrasioni, granelli di polvere) vengono spie-
tatamente registrati sulla copia stampata e gli ingrandimen-
ti appaiono sproporzionatamente «granosi». Gli ingrandi-
tori a condensatore sono adatti per gli ingrandimenti a for-
mato murale, ma non per il lavoro ordinario. -
2 . Gli ingranditori a luce diffusa rappresentano l'altro
estremo. Il sistema luminoso è formato da una lampada a

ISO
luce opalina (o da una griglia di tubi fluorescenti) e da uno
schermo diffusOre. Producono immagini relativamente sfu-
mate e poco contrastate; quindi p ermettono di eliminare in
misura sorprendente i difetti dei negativi e danno copie mor~
bide e senza grana. D'altro canto c'è il pericolo di ottenere
fotografie troppo scialbe e piatte da negativi non abbastanza.
contrastati. Questi ingranditori sono i più indicati per i ne-
gativi grandi da 13 a r8 in su, ·per gli effetti « pittorici » e
per i ritratti « idealizzati ». di donne e bambini. Non sono
consigliabili per i dilettanti.
3· Gli ingranditori a luce diffusa rinforzata riuniscono
quasi tutti i vantaggi di quelli a condensatore e a luce dif-
fusa, pur evitandone gli inconvenienti. Il sistema luminoso
è formato da una lampada a luce opalina e da un conden-
satore ottico. Producono immagini nitide, ma non tanto da
rivelare spietatamente i difetti del negativo;-contrastate ma
non dure, e relativamente senza .grana. La maggior p-arte de-
gli ingranditori sono di questo tipo, che è il più ind,icato per
le necessità d,i quasi tutti i fotografi, dilettanti o professionisti.
Alcuni degli ingranditori più costosi hanno sistemi lumi-
nosi intercambiabili e permettono di usare alternativam~n-te
il condensatore, la luce diffusa o la luce diffusa rinforzata.
11t1essa a fuo co manuale e automatica. L'ingrandito:re deve
essere messo a fuoco come una macchina fotografica. La
messa a fuoco può essere manuale o automatica. Quella ma-
nuale si fa spostando l'obiettivò in su e in giù fino a quando
l'immagine proiettata è nitida. Nella messa a fuoco automa-
tica l'immagine è sempre nitida, qualunque sia la scala di
ingrandimento, perché la messa a fuoco dell'obiettivo è mec-
canicamente accoppiata al movimento verticale dell'ingran-
ditore. · Ciascun sistema ha vantaggi e inconvenienti. La
messa a fuoco manuale è più precisa e sicura se fatta con
attenzione; però esige più tempo. La messa a fuoco automa-
tica è molto più rapida, ma richiede freqUenti controlli per
individuare e correggere le inevitabili inesattezze provocate
dal logorio dei meccanismi. Inoltre gli ingranditori con mes-
sa a fuoco automatica sono, n aturalmente, più costosi di
quelli con messa a fuoco manuale. Per quanto riguarda la
qualità delle copie non c'è differenza tra i due sistemi.
L' obiettivo dell'ingranditore. È importante che dia imma-

rsr
gini nitide e perfettamente piane. La luminosità invece non
ha alcun peso, dato che la maggior parte degli ingrandimen-
ti si fanno col diaframma chiuso a f / 8: un diaframma più
grande richiederebbe pose rapide difficilmente realizzabiii.
Il diaframma dell'obiettivo dell'ingranditore deve essere
preferibilmente del tipo con le aperture a tacca, che ne fa-
cilita il maneggio nella semioscurità del laboratorio.
Il portanegativi. Si può scegliere fra due tipi: a lastre di
vetro e senza lastre. Quelli a lastre tengono il film perfetta-
mente piatto e ·a fuoco. Tutta:_,ia alle quattro superfici aderi-
scono facilmente polvere e filaccia : le lastre, poi, producono
sovente gli «anelli di Newton », cerchi concentrici irregolari
di tutti i colori dell'iride che fanno impazzire i fotografi. I
portanegativi senza lastre eliminano il pericolo degli anelli
di N~wton e riducono gli effetti · della polvere e della filac- ·
eia, ma non mantengono il negativo piano come quelli a
lastre e possono quindi danneggiare la nitidezza della copia.
Per i negativi di formato sino a 6 x 6 sono più pratici. i por-
tanegativi senza lastre; per i formati superiori quelli a lastre,
poiché i negativi grandi s'incurvano più facilmente al· calore
della lampada dell'ingranditore. ·
Rapporto di ingrandimento . Prima di comprare un in-
granditore è opportuno informarsi sulla sua capacita di in-
grandimento. Il rapporto di ingrandimento è sempre calco-
lato su scala « lineare » . Per esempio, un negativo g x 12
ingrandito «' due volte » dà una copia in formato r 8 x 24 (la
cui area è quadrupla); ingrandito «quattro volte», dà una .
COpia in formatO 36 X 48 (la cui area è pari a I 6 volte quella
del negativo).
La luce deve distribuirsi uniformemente su tutta la super-
ficie della copia. Qualche ingranditore produce copie il cui
centro è più scuro dei margini. Per accertarlo esponete un
foglio di carta sensibile col portanegativi vuoto. Scegliete
una posa che produca una tonalità di un grigio medio, svi-
luppate. fissate, esaminate la copia. Se il centro è più scuro
la distribuzione della luce non è uniforme. È meglio ripor- .
tare l'ingranditore al negoziante e prenderne un altro.
Controllo delle distorsioni. Nella fotografia di un edificio
fatta con l'apparecchio rivolto verso l'alto, la convergenza
delle linee verticali può essere corretta nell'ingrandimento

152
proiettando l'immagine su un'assicella più o meno inclinata
(v. tavole fuori testo 52, 53); ma per ottenere sufficiente pro-
fondità-di campo bisogna diaframmare molto l'obiettivo del-
l'ingranditore. Talvolta ciò rende necessarie pose d{ lunghez-
za impossibile. Questo inconvenie~te si può evitare se il por-
tanegativi può essere inclinato indipendentemente dall'obiet-
tivo: in questo caso basta inclinare convenientemente l'assi-
cella nella direzione opposta per ripristinare il parallelismo
delle verticali pur lasciando a fuoco l'immagine anche a tut-
ta apertura di diaframma.
L'assicella. Per mantenere piana e a fuoco la carta sensibi-
le, il miglior mezzo è un'assicella munita di regoli spostabili.

BACINELLE PER LO SVILUPPO. tJn buon formatO niedio . è


quello di 20 centimetri per 25. Quelle di formato inferiore
non sono pratiche nemmeno per Io sviluppo di copie pic-
cole: Copie più grandi richiedono naturalmente baCinelle più
grandi. Le migliori sono quelle di acciaio inossidabile, che
ha più durata ed ·è più economico del vetro (che si rompe)
e dello smalto (che si scrosta e provoca ruggine). Evitare le
bacinelle di plastica.

BACINELLE PER IL «BAGNO ·D'ARRESTO » .. Valgono Je stesse


considerazioni fatte per le bacinelle destinate allo sviluppo.

BACINELLA PER IL FISSAGGIO. Dev'essere piÙ larga e più


profonda delle altre. Preferire sempre l'acciaio inossidabile.

PI:-<ZE. Si usano per agitare le copie nelle bacinelle e per


trasferirle da una soluzione all'altra evitando di toccarle ·con
le mani, che lascerebbero impronte e macchie. Poiché il fis-
satore è « veleno» per le soluzioni di sviluppo, sono necessa-
rie due pinze : una per agitare- le copie nella soluzione di
sviluppo e trasferirle nel bagno d'arresto (attenzione che
non tocchino quest'ultimo); l'altra per trasferirle nel fissatore
e agitarvele. Per non confonderle, è meglio usare pinze di
plastica, l'una bianca e l'altra nera. ·

SOLUZIONE PER LO SVILUPPO DEI POSITIVI. È diversa da


quelle per lo sviluppo dei negativi : pi~ rapida e di effetto

I 53
più contrastato. Per ottenere i migliori risultati è opportuno
usare le soluzioni consigliate dal fabbricante della carta che
si usa. Sono più pratiche le soluzioni già preparate da · scio-
gliere in acqua (o da dilu~re se sono in forma liquida).

SOLUZIONE · PER IL « BAGNO D'ARRESTO». Si usa per una


breve sciacquatura tra sviluppo e fissaggio, che evita la mac-
chiatura delle copie nel fissatore per insufficiente agitazione.
Ha la stessa funzione che nello sviluppo dei negativi (v. pag.
I47)-
S O LUZIONE PER IL FISSAGGIO. Le soluzioni acide, conte-
nenti un elemento « induritore », sono le migliori. Consi-
gliabili i preparati già pronti da sciogliere in acqua.

LAVATRICE. Una lavatrice semplice, ma efficacissima, in cui


le copie galleggiano su « clips » di sughero, si può far co-
struire con poche migliaia di lire secondo lo schizzo che qui
riportiamo. Le lavatrici in commercio sono quasi tutte p eg-
giori o più costose.

·~ r-=- m~·2=
fj:__ - - r13-
~ · ,
~-4
..;A.
~\\~ ·,, · 1· 1 l ,, ·

Clips di sughero
e lavatrice

I 54
ASCIUGATRICE E SMALTATRICE. Servono per aumentare la
lucidità delle copie stampate su carta lucida. Quelle elettri-
che sono molto più rapide ma anche molto più care. Le
copie su carta opaca o semi-opaca si asciugano meglio su
speciali tamburi assorbenti.

COME SI SVILUPPA UN FILM

NORME E PRINCIPI GENERALI

Sviluppare una pellicola non è più difficile che bollire un


uovo. Può farlo chiunque sappia leggere un orologio e un
termometro, perché la durata dello sviluppo è determinata
dalla temperatura della soluzione : quando è calda, lo svi-
luppo deve essere più breve che quando è fredda (i termini
« caldo » e « freddo » si riferiscono a livelli non superiori a
24 gradi e non inferiori a 16: la temperatura « standard »
è di 20) . .
Naturalmente i diversi tipi di film, come pure i diversi ·
tipi di soluzione, richiedono tempi « normali » diversi di
sviluppo a 20 gradi.
Prendere un'abitudine è facile, liberarsene è difficile. È.
bene perciò che il novizio impari sin dal principio il metodo
corretto per sviluppare i suoi negativi. Istruzioni specifiche
saranno date in seguito.
Qui diamo alcuni consigli e suggerimenti generici ma
molto importanti :

La pulizia è il primo requisito per una buona riu-


scita: in laboratorio · più che altrove, perché i prepa-
rati e le soluzioni macchiano e le loro macchie sono
indelebili.
Fate una data operazione sempre nello stesso modo.
Standardizzate più che potete. Createvi un « sistema »
per ogni fase dello sviluppo e della stampa, e non lo ab"-
bandonate!
Non cambiate metodi e soluzioni soltanto perché altri
li hanno provati con successo. Nella fotografia · i gusti e

155
le preferenze individuali contano almeno quanto nelle al-
. tre arti. Metodi che si adattano perfettamente al modo
_di lavorare di un altro possono essere del tutto inadatti al
vostro. Ricordate che in fotografia ci sono tante « voci »
quante ce ne sono in politica e in guerra, e la maggior
pàrte altrettanto infondate.
Senza strumenti e apparecchi di misurazione non si pi-
lotano né aeroplani, né automobili, né navi. Ciò vale an~
che per la fotografia, almeno se volete rende_rvene padroni
e non accontentarvi di successi sporadici. ESPOSIMETRO,
CRONOGRAFO, TERMOMETRO SOnO gli strumenti di controllo
del nostro mestiere: soltanto tre, ma indispensabili. Usa-
teli sempre. .
Non cercate di « risparmiare» sul materiale, soprat-
tutto sulle soluzioni. Del resto, quasi tuttè costano relati-
vamente poco. Prima èhe la soluzione di sviluppo e quella
di fissaggio siano chimicamente « esaurite » sostituitele
con · soluzioni fresche. « Risparmiare » sulJe . soluzioni
significa sprecare cose di ·molto maggior valore: ne-
gativi insostituibili, occasioni uniche, tempo prezioso.
Questo risparmio, nella migliore delle ipotesi, costringe
a far qualcosa daccapo : ma non sempre se ne ha la .
possibilità. _
Se vi vien voglia di « piantar tutto » quàndo confron-
tate le vostre fotografie con quelle di fotografi famosi,
ricordate che anche Eisenstaedt e Bourke-White 1 sono
stati una vòlta dei prinèipianti e hanno avuto bisogno
dei consigli amichevoli di coloro che a quei tempi erano
le « autorità » nel campo fotografico.

CHIMICA DELLO SVILUPPO

Un'emulsione fotografica consta di minuti cristalli di bro-


muro d'argento, sensibili alla luce, sospesi in _u na gelatina.
Sotto l'azione della luce, i cristalli dell'emulsione sono sot-
toposti a un'alterazione chimica: si formà una immagine

I Alfred Eisenstaedt e Margaret BourkP.~Wh;t.,. rl .. ~ -' · •


. «latente» (cioè invisibile), le cui caratteristiche dipendono
dall'intensità della luce che l'ha prodotta. Perché l'immagine
latente divenga visibile l'emulsione esposta deve essere « svi-
luppata»: bisogna cioè completare la riduzione dei sali d'ar-
gento colpiti dalla luce, trattandoli con materie chimiche
che separano l'argento dai sali e lo depositano sotto forma
di granuli minuti e irregolari di argento metallico: la « gra-
na » di cui è composta l'immagine. Per stabilizzare que-
st'ultima bisogna rendere solubili (in modo che possano es-
sere asportati dall'emulsione) i rBSidui non esposti e non
sviluppati dei sali d'argento, che altrimenti, con una nuova
esposizione alla luce, si annerirebbero e oscurerebbero l'im-
magine. Questo è lo scopo del bagno di fissaggio. Infine i
sali non sviluppati, insieme con i residui delle materie chi-
miche usate per lo sviluppo e il fissaggio, devono essere eli-
minati lavando la pellicola nell'acqua. ·

NORME PRATICHE PER LO SVILUPPO

L'esposizione e lo sviluppo delle pellicole sono stati così


standardizzati che i migliori risultati si ottengono col meto-
do più completamente automatico. L'uso intelligente dei tre
strumenti di controllo (esposimetro, cronografo e termome-
tro) consente di produrre negativi molto superiori a quelli
che si ottengono coi metodi « soggettivi ». A mia opinione
esporre negativi in base all'« esperienza » e svilupparli col
metodo detto « sviluppo controllato » è un procedimento su-
perato, inferiore allo sviluppo automatico (« a tempo e a
temperatura»), che ora esporrò.

Pre p arativi .

Indipendentemente dal tipo di film e di soluzione le


fasi preliminari sono le stesse. Consultate passo a passo
le istruzioni dello schema che viene riportato alla pagina
seguente.

1 57
Come si sviluppa un film in una vaschetta da caricare al buio, ma
con coperchio che rende possibile cambiare le soluzioni a luce
ordinaria

(oscurare la stanza)
Preparare la soluzione di sviluppo
Preparare il bagno d'arres.to
Preparare la soluzione di fissaggio alla luce
Controllare le temperature delle soluzioni ordinaria
Caricare il cronografo
Riempire la vaschetta con la soluzione
di sviluppo

SPEGNERE LA LUCE (a lanterna accesa)

Caricare il film sulla bobina


Porre la bobina nella vaschetta al buio
s:::2 Chiudere la vaschetta
A v\'iare il cronografo
Sviluppo

Agitare più volte secondo ·le istruzioni

\
Quando il cronografo suona,
versare la soluzione di sviluppo
attraverso il coperchio chiuso
·della vaschetta

Riempire la vaschetta col bagno


d'arresto
Agitare per 30 secondi
Versare il bagno d'arresto Lasciare
sempre
chiusa
Riempire la vaschetta la vascbetta
con la soluzione di fissaggio
Agitare ripetutamente
Fissare il film per IO o 15 minuti
Versare la soluzione di fissaggio ·

Ora si può aprire la vaschetta

Lavare il film in acqua corrente


secondo le istruzioni
per almeno mezz'ora
Controllare la temperatura dell'acqua

film per la pulizia


da ambo le parti con la

Asciugare il film lentamente


in ambiente senza polvere
Non spostare la pellicola mentre si asciuga
La temperatura dell'aria deve essere normale,
non troppo fredda
e soprattutto non troppo calda
Assicurarsi che il sole non raggiunga la
negativa mentre si asciuga

I 58
Oscurare la stanza. A pag. 140 vi sono alcuni consigli sul
modo di controllare se una stanza è abbastanza bene oscu-
rata per lo sviluppo dei negativi.
Preparare la soluzione di sviluppo. Scegliere la soluzione
-preferibile in base alle indicazioni date a pag. I47· Quando
si è in dubbio, seguire le raccomandazioni del fabbricante
della pellicola. Si può scegliere una soluzione a grana fine
soltanto se il film è stato esposto col dovuto aumento di po-
sa, altrimenti i negativi risulterebbero troppo trasparenti. È
sempre buona normlJ- filtrare una soluzione prima di usarla :
l'eliminazione delle materie .estranee diminuisce grandemen-
te il pericolo di ottenere negativi macchiati. Basta versare,
la soluzione attraverso un imbuto in cui sia stato introdotto
un batuffolo di bambagia; Non filtrare le soluzioni quando
sono troppo fredde.
Preparare il bagno d'arresto.
Preparare il fissatore. Seguire attentamente le istruzioni
quando ·si mescolano i componenti, altrimenti la soluzione
può alterarsi immediatamente. Se la soluzione è stata già
usata, assicurarsi che non sia indebolita.
Controllare la temperatura di tutte le soluzioni. La tem-
peratura normale è di 20 gradi. Le differenze in più o in
meno fino a 4 gradi non arrecano danno, purché tutti i li-
quidi abbiano la stessa temperatura, compresa l'acqua per
·il lavaggio: questo è molto importante. Le differenze di
temperatura tra le soluzioni possono provocare reticoli sui
negativi (v. tavola fuori testo 29). Le-soluzioni troppo calde
possono liquefare l'emulsione e staccarla dalla pellicola. Le
soluzioni troppo fredde agiscono in modo lento e impreve-
dibile o non agiscono affatto. Se le soluzioni sono più calde
di 24 gradi o più fredde di r6, raffreddarle o riscaldarle fa-
cendovi galleggiare un piccolo recipiente di .alluminio pieno
di ghiaccio tritato o di acqua bollente.
Preparare il cronografo. La durata dello sviluppo dioen-
de dal tipo di ·film e dalla temp~ratura della soluzione. Con-
sultare le tabelle dei fabbricanti. Determinare il tempo esat-
to in base alla temperatura della soluzione.
Riempire la vaschetta con la soluzione di sviluppo. Assi-
curarsi che non sia né troppo piena (altrimenti tr:otbocche-
rebbe quando si _introduce la bobina. di pellicola) né troppo

159
poco (altrimenti un orlo del film potrebbe svilupparsi solo
parzialmente).
· Disporre il film, la bobina e il coperchio della vaschetta in
modo da trovarli facilmente al buio. Quindi spegnere la lu-
_ce. Se si deve sviluppare pellicola pancromatica, spegnere
anche la lanterna.

S viluppo dei film in rotoli

Avvolgere il fim sulla bobina. Prima di arrischiarsi col


primo rotolo di pellicola esposta, fare una prova · con pelli-
cola non esposta, prima alla luce e poi al buio. Avvolgere
un film è facile quando ci si è fatta la mano, ma la prima
volta può andar male. Perciò è meglio non correre il rischio
di rovinare il primo rotolo. Assicurarsi che la bobina sia bene
asciutta: altrimenti la pellicola si appiccica ad ogni punto
umido, si macchia, si graffia e alla fine esce dalla vaschetta
pezzata come un leopardo.
Introdurre la bobina carica nella vaschetta. Batterla diver-
se volte contro il fondo per far salire a galla le bollicine di
aria rimaste tra un giro e l'altro della pellicola. Mettere il
coperchio. -
Avviare immediatamente il cronogrcifo.
Ora si può riaccendere ·za luce ordinaria, purché la va-
schetta sia di quelle a chiusura ermetica alla luce.
A.é tare· riPetutamente la vaschetta. Una buona agitazione
è della massima impòrtanza per ottenere ne_g ativi di !!Ìusta
densità e uniformemente sviluppati . .È essenziale evitare l'agi-
tazione troppo monotona e meccanica, che provocherebbe
striature sul film; perciò non sono raccomandabili gli «agi-
. tatori » a motore. La loro azione è troppo uniforme e pro- ·
duce striature invece di evitarle. Ouando il film è nella solu-
zione-da circa un minuto, cominciare ad agitare tenendo la
vaschetta con ambo le mani e muovendola vig-orosamente su
e giù (c9me lo shaker per i cocktail), imprimendole con-
temporaneamente un movimento rotatorio. ContiJ;:tuare per
circa cinque secondi. Ripetere l'agitazione a intervalli di
mezzo minuto oer l'intera durata dello sviluopo. Se si usa
una vaschetta del tipo che si può caricare alla luce, o una

J6o
vaschetta che permetta di far ruotare la bobina, farla ruo-
tare continuamente avanti e indietro nel primo minuto e
poi per cinque secondi ogni due minuti fino a quando l? svi-
luppo è terminato. Inoltre, una volta sì e una volta no, spe-
gnere la luce ordinaria, togliere il coperchio, estrarre la bo-
bina dalla vaschetta e rimetterla a posto. Questo serve ad
agitare la soluzione in senso verticale oltre che orizzontale.
Quando il _cronografo suona, senza togliere il coperchio
dalla vaschetta, versare la soluzione nella sua bottiglia e
riempire la vaschetta con il bagno d'arresto. _ i
Bagno d'arresto. Agitare per trenta secondi, poi versare il ,-
liquido e gettarlo. Serve soltanto· una vqlta. Versare nella ·
vaschetta il fissatore.
Fissatore. Agitare immediatamente per me~zo minuto e 1
ripetere l'agitazione parecchie volte nei dieci minuti che se-
guono. l
Ora si può scopercWare la uaschetta.
Lavaggio. Farlo bene è importa.ntissimo per assicurare la
stabi1ità del negativo. Anche le tracce più minute di -mate-
riale chimico possono, col tempo, Hcolorire e indebolire l'im-
magine. Il film in rotdli può esser·~ lavato quando è ancora
avvolito sulla bobina della vaschetta. Mettere anzitutto uri
pezzetto di sughero sotto la, bobina per sollevarla in m odo
che sporga dall'orlo della vaschetta. Porre quindi la va-
schetta sotto il rubinetto e far scorrere un filo d'acqua di-
rettamente nel foro centrale della bobina. Si può anche
colle~tare questo foro al rubinetto con un tubo di gomma.
Il la,faggio fatto in una bacinella o in un lavandino è me-
no efficace. La temperatura. dell'acqua deve essere al mas-
simo di due gradi superiore o inferiore a quella delle altre
solùzi'o ni, altrimenti provocherebbe reticoli sui negativi (v.
tavola fuori testo . 29) : è meglio controllarla ogni tanto du-
rante[ il lavag-gi(\ che deve duraJre almeno mezz'ora.
PuAitura. Togliere dall'acqua la pellicola accuratamente
lavata, appenderla per un capo con una pinzetta. Passare
su eqtrambe le superfici una spugna bene imbevuta per
asportarne gocce d'acqua, particelle di emulsione e altri cor- _
oi estranei. La pulitura deve essere accurata soprattutto per _
le pdlicole di 35 millimetri, perché nei forti ingrandimenti
anche le particelle più minute appaiòno enormi.

161
Asciugamento. La pellicola deve asciugarsi lentamente e
uniformemente all'aria pura. L'asciugamento rapido tende
ad aumentare la grana. Asciugare la pellicola con un venti-
latore . è il sistema più sicuro per rovinarla, perché l'aria
smossa del venttilatore spinge granelli di polvere sull'emul-
sione con la velocità di proiettili. I film sballottati durante
l'asciugamento possono striarsi perche i mutamenti repen-
tini di posizione provoca no mutamenti di temperatura e cor-
renti d'aria. La parte che si asciuga più presto appare di-
versa da quella che si asciuga più lentamente. Per impedire
alle pellicole di aggrovigliarsi e di appicc~carsi appenderle
abbastanza lontane l'una dall'altra, tenendole verticali con
una pinzetta fissata all'estremità inferiore.

S viluppo dei filmpack

Si fa secondo le stesse norme di quelle per le pellicole in


rotolo, con la differenza che ogni pellicola è sviluppata ifn
compartimento di una speciale « gabbia » invece che a ol-
ta su una bobina. Il lato non emulsionato può talvolta at c-
carsi alle pareti della « gabbia ». Si può impedirlo lasciando
sul lato stesso le strisce di carta che lo proteggono. La baci-
nella, molto profonda, deve essere battuta con forza e diverse
volte sul tavolo per rimuovere le bolle d'aria; poi bisogna
agitare ogni mezzo minuto, lentamente e in senso circolare.
Finito lo sviluppo, si estraggono le pellicole (naturalmente, al
buio) e, dopo avere staccato le strisce di carta, si immergdno
per mez~o minuto ne~ bagno d'arresto, quindi si fissan? li n · ·
una bacmella che puo essere meno profonda della pnma.
Per assicurare un completo fissaggio ·scostare le p ellic?le
l'una dall'altra due o tre volte immediatamente dopo l'im-
mersione e poi ogni due minuti fino a quando il fissaggio è
finito. Applicare ad un angolo di ogni pellicola « clips » (di
sughero e lavare per almeno mezz'ora in acqua corrente nel-
Pf-_
la lavatrice illustrata a pag. r 54. Estrarre le pellicole,
lirle con cura da entrambe le parti con la spugna e appen-
derle ad asciugare.

162
Sviluppo delle pellicole piane e delle lastre

Al buio, metterle nel telaio multiplo di sviluppo, calare


delicatamente quest'ultimo in una bacinella piena di solu-
zione di sviluppo e a~viare il cronografo già precedentemen-
te caricato. Scuotere due o tre volte il telaio per rimuovere
le bqlle d'aria, poi agitarlo verticalmente per circa cinque se-
condi. Lasciarlo fermo per un minuto, poi estrarlo dalla so-
luzione, !asciarlo scolare e rimetterlo nella bacinella. Ripe-
tere questa operazione ogni minuto per tutta la durata dello
sviluppo, curando che il telaio scoli ogni volta da un angolo
. l
dIveirso.
Quando il cronografo suona estrarre il telaio dalla bacinel-
la, sdolarlo e metterlo in un'altra bacinella riempita con la
soluzione per il bagno d'arresto. Sollevarlo e scolarlo quattro
o cinque vol.te, infine scolarlo ancora e trasferirlo in una ter- ~
za bacinella piena di fissatore. · ·
Ag'itare ·i negativi verticalmente nel fissatore per mezzo mi-
nuto, quindi sollevare è scolare il telaio ogni due minuti per
tutta la durata del fissaggio. Da questo momento si può pro-
cedere con la luce ord~naria.
Lavare i negativi; sempre dentro il telaio, in una quarta
bacinella, o !asciarli galleggiare con « clips >> di sughero nella
lavàtrice illustrata a p ag. I54· Devono restare sotto l'acqua
corrente per almeno m ezz'ora. Estrarli dal telaio, pulirli con
cura sulle due superfici e appenderli ad asciugare come si è
detto sopra.

COME SI STAMPA

Bisogna distinguere tra le copie « a contatto » e gli In-


grandimenti.

UNAt COPIA A CONTATTO è di fom1at0 identico al negativo ,


da cui è tratta: è la sua replica positiva, con press'a poco gli
stessi pregi e difetti. Le copie a contatto si fanno col telaio
da stalnpa (o con la macchina stampatrice) su carte lente al
cloruro (v. pag. I48) .

·163
Come si fa la stampa a contatto

(oscurare la stanza)
Preparare la soluzione di sviluppo
Preparare il bagno d, arresto
Preparare la soluzione di fissaggio alla luce \ordinaria
Controllare le temperature delle soluzioni
Pulire il negativo
Esaminare il contrasto del negativo

Lavare le copie (fissate a ..: clips ,.


· d! sughero) per l ora in acqua corrente
nella lavatrice descritta a pag. 154
Durante il lavaggio cambiare una volta
la pOsizione delle « clips » per evitare'
che Iasci.no impronte

Asciugare le copie su carta opaca e se·


miopaca nel tamburo assorbente
Smaltare le copie su carta lucida

164
l
l
Come si fa un ingrandimento

Identici a quelli ·
per la stampa a Contatto

Lavare l'ingrandimento come una


copia a contatto alla luce ordinaria

Asciugare l'ingrandimento come una


copia . a contatto

165
UN INGRANDIMENTO e,
' natura lmente, .sempre p1u ll
., gran d e
del negativo da cui è tratto. Sugli ingrandimenti si pup ·efer-
citare un esteso « controllo », nel senso che è possibile <j:Or-
reggere le caratteristiche sgradevoli dei negativi. Si \tarmo
con gli appositi apparecchi (v .. pag. 150) su carte rapide al
bromuro o su carte di media rapidità al cloro-bromuro · (v.
pag. 148). ·
A parte queste differenze, il procedimento per la stampa a
contatto e per gli ingrandimenti è identico.

NORME PRATICHE PER LA STAMPA

I due schemi delle· pagg. 164 e 165 mostrano le fasi in cui


avvengono la stampa a contatto e l'ingrandimento. Quasi
tutte le operazioni necessarie sono così semplici che non c'è
bisogno dispiegarle ulteriormente. C'è però qualche eccezio-
ne, cui sono dedicate le istruzioni supplementari delle pagine
che seguono.

Il negativo

Una buona copia positiva ha come punto di partenza un


buon negativo. « Buona » non significa soltanto bene espo-
sta e sviluppata, ma anche PÙLITA. Perciò, prima di mettere
un negativo nel telaio da stampa o nell'ingranditore, è ne ..
cessario liberarlo dalla polvere con uno spazzolino di ,pelo
di cammello. Anche i vetri del telaio da stampa e del por-
tanegativi devono essere puliti. Badate però che quanto più
si spazzola, più i negativi e i vetri si caricano di elettricità
e, di conseguenza, attirano altra polvere. È quasi impossibile
pulir bene un negativo nelle giornate fredde e asciutte : il
film deve essere spazzolato molto delicatamente perché lnon
si elettrizzi troppo. Per vedere se un negativo è pulito esa-
minatelo sotto il raggio luminoso di un ing-randitore : se lo
inclinate ad un certo angolo anche i granelli di polvere più
~ninuscoli sJ?i~ch:ranno bia.nchi sul nero della · pellicola. Le
1
1mpronte digitah fresche SI cancellano passando sul nega-
tivo un batuffolo di cotone inumidito con · un po' di tetra-

166
cloruro di carbonio. Le impronte digitali vecchie non si can-
cellano. Piccoli graffi e abrasioni si possono rendere meno
visibili o anche temporaneamente invisibili con un velo di
vaselina; ciò è possibile però soltanto se si deve porre il ne-
gativo in un in!!:randitore con portanegativi senza lastre di
vetro, altrimenti la vaselina macchiei-ebbe la carta (se \si
stampa a contatto) o ungerebbe le lastre del portanegati1i.
Fatto l'ingrandimento, eliminarè la vaselina con tetracloru-
ro ]di carbonio. · 1

l\1entre nella stampa a contatto non importa molto se ur


negativo è denso o trasparente, i negativi eccessivamentie .
densi devono essere «indeboliti» (cioè resi più trasparentb
con apposite soluzioni (v. pag. r 84), se sono destinati all'irl-
gdndimento. Altrimenti occorrerebbe una posa così lun~a
che il calore della lampada farebbe incurvare il film e la
luce dispersa e riflessa velerebbe la carta sensibile. Un neg~­
tivò è « troppo denso » se richiede una. posa superiore a un
minuto. Se un negativo è tanto trasparente da richiedere
una brevità di posa « impossibile» , chiudere il diaframma
dell'obiettivo dell'ingranditore ; se non basta, ingrandirlo su
carta lenta per stampa a contatto.

l~] primo requisito [per stampare e ingrandire bene è un


negativo pulito di giusto contrasto e di giusta densità!

La carta

P urtroppo nòn tutti i negativi sono « tecnicamente per-


1

fetti » per quanto riguarda gradazione (gamma di contra-


sto) le densità. Ci possono essere molte ragioni: esposizione
esag·e rata o insufficiente, soluzione di sviluppo troppo calda
o trbppo fredda, sviluppo troppo lungo o troppo breve, o
sem]~licemente un soggetto troppo contrastato o troppo pri-
vo di contrasto e l'incapacità del fotografo di porvi rimedio
al rr.lomento opportuno. In tutti questi casi si hanno negativi
di g;radazione « anormale». Fortunatamente questi difetti
l
167
.
s1 possono correggere nella stampa scegliendo una carJ di
@;radazione appropriata in base alla tabella che segue : l
Contrasto
-del Fortis-
silno l Forte l Normale l Debole De bot
lissimo
n eg a tivo

Gradazione Morbi- Morbida Normale !Dura Duris-·


racco- dissima (N. 2) (N. 2 (N. 4) s1ma
mandata (N. r) o N. g) (N . 5
o N. 6)

Quando si esamina .un negativo per scegliere la carta più


adatta, non bisogna confondere la gradazione con la den-
sità. Fra le due cose non c'è nessun rapporto. Un negativo
trasparentissimo può essere estremamente contrastato (effet-
to di una sottesposizione seguita da sviluppo troppo lungo)
o poverissimo di contrasto (sovresposizione seguita da svi-
lup po troppo breve). E un negativo tanto denso da se~bra­
re quasi uniformemente nero può essere contrastatissimo (se
sviluppato molto più del necessario) o quasi del tutto privo
di contrasto (se molto sovresposto). Quando si è in dubbio,
si faccia una copia di prova su carta di gradazione norma··
le: se risulta troppo contrastata, si stampi la copia definitiva
su carta più morbida; se non ha sufficiente contrasto, si usi
1
una carta di gradazione più dura.

Il secondo reqqisito per stampare e ingrandire bene


è la scelta di una carta di gradazione appropria ta an1
1
gamma di contrasto del negativo!

· L'esposizione

L'esposizione è l'operazione che può dare più difficolt ~ . A


differenza di quasi tutte le pellicole, che hanno una « latitu-
dine di posa» relativamente ampia (cioè possono dare 1ne-
gativi utilizzabili anche se notevolmente sovresposte o un 1

po' sottesposte), la carta sensibile deve essere esposta con


l
r68
grande precisione: Il negativo è solo uno stadio intermedio
del processo fotografico, e gli errori commessi in qùesto sta-
dio si possono in buona parte correggere nella stampa. Ma
la copia stampata è lo stadio finale e gli errori commessi nel-
la stampa non si possono più correggere.
Provare, sbagliare e riprovare : questo è il metodo più !l
semplice per trovare l'esposizione giusta. I pochi esposime-
' tri in commercio, costruiti appositamente per la stampa, so-
no poco pratici : o le loro indicazioni sono troppo soggette l
all'interpretazione personale di chi li usa, oppure sono trop-
po complicati e .costosi. Quando sarà riuscito a stampar be~
ne un po' di fotografie, ogni principiante sarà in grado di
acqui$tare rapidamente l'esperienza sufficiente per giudicare
senza errori la densità dei suoi negativi.

COME SI DETERMINA LA POSA DELLE COPIE A CONTATTO. La


durata della posa dipende dai seguenti fattori: intensità
della fonte luminosa; distanza tra questa fonte e il telaio;
sensibilità della carta; densità del negativo. Ogni elemento
di azzardo si può eliminare dai primi tre fattori standardiz-
zandofi, cioè stampando sempre sullo s,tesso tipo di carta e
con la stessa fonte di 1\lce tenuta alla stessa distanza. Resta,
unica « incognita », la densità del negativo. Se è piccolo,
non costa molto fare una serie di prove fino a quando si ot-
tiene una copia «buona». Se è grande, si può risparmiare
carta stampando per prova su una striscia di carta sensi-
bile lunga come il negativo, ma larga solo un paio di centi-
metri. La si sviluppi per la durata raccomandata dal fab-
bricante, la si fissi e la si esamini alla luce. Se l'immagine è
troppo scura, la posa era troppo lunga; se è troppo chiara,
la posa era troppo breve.

COME SI DETERMINA l ,A POSA. DEGLI INGRANDIMENTI. Teo-


ricamente la durata della posa è determinata dagli stessi fat-
tori elencati per la stampa a contatto. In pratica, però, le
cose sono un po' più complicate perché bisogna tener conto
di altri due fattori vari abili: il diaframma dell'obiettivo e
la scala di ingrandimento dell'immagine. Quanto più il dia-
framma è chiuso e la scala aumenta, tanto più lunga deve
essere ila posa ; e viceversa. ·

x6g
. Il terzo requisito per stampare e ingrandire bene
è una giusta esposizione della carta sensibile!
[
. ~

Lo sviluppo

L'esposizione della carta sensibile produce un'immagine


lé.teni:e, che deve essere sviluppata esattamente come quella

170
del negativo; la soluzione e il tempo di sviluppo sono però
leggermente diversi.
l
TEMPERATURA DELLA SOLUZIONE . Influisce non soltanto
sulla durata dello sviluppo ma anche sulla qualit~ della co- l
pia che se ne ottiene. Le soluzioni relativamente fredde han-
no a:zione pigra ed effetti imprevedibili; in genere danno
copié che sembrano sottesposte, con bianchi gessosi e ombre
grigi.~stre. Le soluzioni troppo calde danno alle copie un
aspeho bruciato, che fa pensare a una sovresposizione.

n quarto requisito per stampare e ingrandire bene


· è una soluzione di sviluppo a 20 gradi!
[

DURATA DELLO SVILUPPO. Come si è detto prima, le copie


devono essere sviluppate entro certi limiti di tempo - in
genere, da 50 a I 20 secondi - per ottenere la massim a ric-
chezza di toni. L'unico modo per regolare il tempo di svi-
luppo consiste nel far dipendere da esso quello di posa. Le
copie che appaiono completamente sviluppate prima di 50
secondi e quelle che non hanno ancora « preso consistenza »
dopo I 20 secondi sono state esposte male. E lo si vedrà sem-
pre!
l

G
quinto requisito per stampare e ingrandire bene è-
tempo di sviluppo non inferiore a 50 secondi e non
Jeriore a I 20! .

Come si sviluppano le copie

Non toccare mai con le dita la parte emulsionata. Immer-


gere di taglio la carta nella soluzione, .con la parte emul-
sionata in alto, curando che l'immersione avvenga senza
arresti, che potrebbero provocare sbavature (v. tavola fuo-

171
- ' 'l
n. tes~o 33 )A ..
. gltare ..
m contmuazlone. S e labacme
. lj a iy pic-
·
cola, agitarla delicatamente avanti e indietro, a deera e a
sinistra. Se la bacinella è grande, agitare la copia ter,ebdola
con le pinze nere. Non immergere le mani nella sflu~ione
perché se questa viene a contatto con residui di un altro
liquido si altera e produc"e copie macchiate e striate di
giallo. Usare sempre le pinze. Per le soluzioni di sviluppo
il bagno d'arresto e il fissatore sono « veleno » : attenzione
che questi liquidi non vengano a cOntatto con le pinze
nere.

BAGNO D'ARRESTO. Quando la copia è sviluppata, trasfe-


rirla nel bagno d'arresto. Usare le pinze nere, ma non im-
mergerle nel bagno d'arresto. Introdurre di taglio la copia
nel bagno e « tirarla giù » con le pinze bianche. Agitare per
cinque secondi. II bagno non solo arresta · istantaneamente
Io sviluppo ma dà anche alla copia una protezione contro
la soluzione di fissaggio, che altrimenti la macchi~rebbe.

FISSAGGIO. Immergere la copia nel fissatore: Agitare bene


per dieci secondi usando le pinze bianche. Il fissaggio ri-
chiede da cinque a dieci minuti, durante i quali le copie, a
mano a mano che si accumulano, devono essere ogni 1 tanto
separate e agitate.

LAVAGGIO. Lavare le copie (sospese per mezzo di .« clips »


di sughero) per un'ora sotto l'acqua corrente nella lavatrice
illustrata a pag. r 54· Smuoverle di tanto in tanto perché
non si appiccichino l'una all'altra. Se non si dispone di ac-
qua corrente, immergere per cinque ·minuti le copie in una
grande bacinella piena d'acqua e ripetere l'op erazione una
dozzina di volte, agitandole e separandole spesso.

ASCIUGAMENTO. Far sgocciolare le copie per qualche se-


condo tenendole appese per un angolo, quindi asciugare
qnelle su carta opaca o semiopaca nell'apposito tamburo as-
sorbente. Le copie su carta lucida vanno asciugate nella
srr.ali:atrice. Prima di usare quest'ultima, pulirne bene la
lastra con un panno morbido bagnato. Non estrarre le co-
pit: anzitempo dalla smaltatrice, altrimenti l'emulsione si

172
romperebbe. Le copie perfettamente asciutte si staccano fa-
cilmente dalla lastra tirandole per uri angolo. Se non si stac-
cano, la lastra non è ben pulita. Una copia m acchiata di
giallo denuncia una insufficiente agitazione durante ii fi~­
saggio oppure un lavaggio insufficie nte. Una copia con maç -
chi'F opache indica la presenza di bolle d'aria tra la lastra
della smaltatrice e la copia.
l
I !A FINITURA DELLE COPIE. Sull'effetto di una fotografia in-
flui:lce in grado sorprendentè il modo in cui è presentata. Se
è perfettamente piana o impeccabilmente montata su car-
tone, bene squadrata, pulita, senza macchioline causate da
gra;helli di polvere rimasti sul negativo, chi la guarda è
portato a scusare i piccoli difetti di composizione, di defini-
zione, di contrasto. Sente che il fotografo ha fatto del suo
meglio e gliene dà atto volentieri.
D 'altro canto una fotografia può essere entusiasmante per
soggetto e composizione, ma se è male asciugata, piena di
protuberanze e avvallamenti, macchiata, male squadrata e
còn gli angoli gualciti, chi la guarda ne trae l'impressione
che è stata fatta da una persona non troppo pulita e ordi-
nata., e i difetti così vistosi gli faranno dimenticare anche
le qualità.

SI'IANAMENTO. Le éarte che tendono a incurvarsi · si pos-


sono spianare passando sulla parte non emulsionata un pan-
no bagnato di acqua e alcool in parti uguali, e !asciandole
quindi sotto un grosso peso fino a quando si siano perfetta-
mente asciugate. Separare le c~pie con fogli di carta assor-
b~nte non pelosa..

SQ:UADRATURA. Per avere orli diritti e netti tagliare le co-


pie, poste su una lastra di vetro, con una lametta premuta
contw un regolo di acciaio.

CONSIGLI PRATICI PER L'INGRANDIMENTO

Le istruzioni finora date riguardano il processo abituale


di stampa a contatto e di ingrandimento.· La maggior parte

173
doi fotogrnfi .i .,u,tano i<adualinento da qu"ta ,.l. P"
a dottare metodi propri basati su miglioramenti da !ofo stes-
si escogitati, sulla scoperta di scorciatoie, sulle pre~er~nze
acquistate con l').lso. Il complesso di queste deviazionf dalla
1'0utine e degli arricchimenti del metodo tradizionale lnon è
piccola parte del bagaglio « tècnico » di ogni fotog, afo. I
suggerimenti che seguono sono offerti appunto per arric-
chire e migliorare la routine de! processo di ingrandimento.

PULITURA. Quando il tempo è freddo e asciutto, li~erare


negativi e lastre di vetro dalla polvere è un vero pro5!ema.
Più si spazzola, più li si carica di elettricità statica, che at-
tira polvere e filaccia. I n questi casi bisogna spazzolare solo
una volta e molto lentamente; poi soffiar via la polvere con
una peretta di gomma. ·

«TAGLIO » DELLE FOTOGRAFIE. Uno dei vantaggi più pre-


ziosi dell'ingrandimento rispetto alla stampa a contatto è la
possibilità di utilizzare solo la parte più interessante di un
negativo e di presentarla in un formato efficace. Analizzate
le copie a contatto e decidete quali parti di esse sono im-
portanti e quali superflue. Con l'aiuto di due pezzi di car-
tone tagliati a forma di L, inquadrate la stampa a contatto;
q uindi spostate lentamente le due L verso il centro, riducen-
do l'area inquadrata fino a quando questa comprenda sol-
tanto la parte più efficace della fotografia. Segnarla con una
ma tita grassa (i cui segni si possono poi cancellare faciltnen-
te con uno speciale liquido). Eliminare senza pietà gli1 og-
' getti non nitidi che si trovano in primo piano, i fili elettrici
che tagliano il cielo, gli sfondi confusi e in genere tutti i par-
ticolari inutili fino a che rimanga soltanto il soggetto nella
forma più essenziale; quindi ingrandirlo in ~n formato 'effi-
. cace.
Quando si ingrandisce soltanto una parte di un negauivo,
il resto deve essere coperto con carta nera, altrimenti la luce
che passa per i margini velerebbe la carta sensibile, dando
un color grigio sporco alle ·parti più chiare e riducendo la
gamma di contrasto della copia. La negligenza di quèste
precauzioni è una delle cause più comuni della « piattez-
za » tipica degli ingrandimenti di molti dilettanti. l
174
RIFLESSI. Quando si fanno ingrandimenti nei maggiori
formati bisogna assicurarsi che il cono luminoso dell'ingran-
ditore non investa la colonna cromata dell'apparecchio, che
emetterebbe riflessi in direzione della carta sensibile. Se ciò
accade, coprire m omentaneamente la colonna con carta ne-
ra fissata con nastro adesivo. I riflessi della colonna possorÌo
lasciare striature p araboliche sulla fotografia.

1\iEGATIVI « FUORI Fuoco». Se si usa un portanegativi sen-


za lastre di vetro, il calore della lampada dell'ingranditore
può incurvare il nega tivo e mandare all'aria la messa a fuo-
. co prima che si sia pronti ad esporre, soprattutto se il nega-
tiv'D è grande e se i preparativi richiedono un certo tempo.
In questi casi è consigliabile procedere n uovamente alla mes-
sa a fuoco quando si è pronti ad esporre.

MESSA A Fuoco. Può essere un problema quando il nega-


tivo è molto denso o non contiene dettagli nitidi. In questo
1
caso si metta a fuoco un graffio dell'emulsione, u n puntino
bia.nco lasciato da u b granello di polvere o la grana stessa
delL'emulsione. Sono ·in commercio speciali lenti da ingran~
dirriento che permett(i)no una messa a fuoco esattissima qu an~
do non è possibile ottenerla a d occhio nudo.

DISTOR~ìiONI. Uno Idei più grandi vantaggi dell'ingrandi-


mento sulla stampa a contatto è la possibilità di riportare
al parallelismo le « ,v rrticali convergenti » del negativo. Non
c'è che da inclinare l'assicella come indicano gli schizzi alle
tavole fuori testo 52-53, mettere a fuoco sul centro dell'im-
magine -e chiudere il diaframma finché i lati-superiore e in-
feriore della fotografia sono nitidi. Qualche ingranditore ha
un :portanegativi che può essere inclinato indipendentemen-
te dall'obiettivo. Con questi portanegativi (v. pag. 152) si·
possono correggere le ·distorsioni e ottenere immagini com-
a
pletamente nitide anche diaframma aperto.

MASCHERE. La correzione « locale » dei contrasti, descrit~


ta alle pagg. 108 e 109, è una delle tecniche più preziose e
indi11pensabili per aumentare l'efficacia del processo di in-
gran'd imento. Può sembrare un paradosso: ma quanto più il

175
fotografo impara, acquista esperienza e migliora la sua l« tec-
nica», tanto meglio si rende conto che non esiste un nega-
tivo «tecnicamente perfetto» da ogni punto di vi ta; e
tanto più, quindi, ricorre alle «maschere» per corrclggere
il contrasto dei suoi negativi. t difficile che il fot9gr~fo
e!:perto faccia un ingrandimento senza schiarire o an~erire
q ualche punto per presentare il soggetto nel modo grla l fica-
mente e figurativamente più efficace.

DIAFRAMMA. Diaframmare l'obiettivo dell'ingranditorf ser-


ve! a tre scopi : I) a regolare il tempo ~i posa. Se i negativi
sono molto trasparenti, la posa nece~saria sarebbe t~oppo
b1·eve e non ci sarebbe tempo sufficiente per usare le ~< m a-
schere ». Diaframmando si riduce l'intensità della luctt e si
può aumentare il "tempo di posa; 2) a migliorare la df fìni-
zione dell'obiettivo. A grande apertura quasi tutti gli obiet-
tivi da ingrandimento danno un'immagine nitida solo r ella
p<.rte centrale: la loro luminosità massima non è int6!sa a
ridurre i tempi di posa ma a facilitare l'esame dell'imm1gine
e ]a messa a fuoco . In genere rag.giungo . no la migliore ~defi­
nizione a f/6,3 o a f/ 8; 3) ad aumentare la profondi ·à di
campo quando si lavora con un portanegativi senza l stre
di vetro. Se il film si incurva per il calore della lam11ada,
diaframmando si ottiene una profondità di campo ~uffi­
ciente.

ANELLI DI NEWTON. Questi cerchi dai bellissimi colori,j che


appaiono di tanto in tanto, sono molto irritanti. Il miglior
modo per evitarli consiste nell'usare un portanegativi s['' nza
lastre di vetro. Talvolta un buon rimedio è costituito da due
pe•:zetti di cellofane trasparente inseriti tra la pellicola e le
lastre di vetro; ma in questo modo si accresce il pericolo di
macchioline provocate dalla polvere. Le pellicole che ~ono
rimaste arrotolate per molto tempo producono anelli di T'iew-
ton più facilmente di quelle che vengono tenute piane: ilma
buona ragione per tagliare i rotoli di 35 millimetri in stri-
sce corte da conservare in buste. . l
STRISCE DI PROVA. Quando si espone una striscia di prova
1
per determinare una posa è opportuno annotare sul rove-

176
scio i tempi di posa prima di svilupparla. Così non c'è pe-
ricolo di dimenticarli, cosa che avviene con frequenza sor-
prendente co; costringe a ricominciare da capo.

IL BIANco PURO. II miglior modo per stabilire se le parti Y


« bianche » di una fotografia sono veramente bianche con-
siste hel piegare un angolo della carta durante lo sviluppo
in modo che aderisca strettamente alla parte sensibile. Poi-
ché il rovescio della carta sensibile è sempre bianchissimo
(purché non si usi carta « camoscio» o simili), si può così
distinguere anche la più pallida sfumatura grigia in una
zona apparentemente bianca. Altrimenti, alla luce-della lan-
terna giallo-verde, anche toni notevolmente grigi possono
sembrare bianchi se l'occhio non ha dinanzi qualcosa di ve-
ramente candido che serva per il confronto.

TOJ\ALITÀ DELLE COPI~. Immerse nel fissatore e nell'acqua,


le copie sembrano più!. chiare di quando sono asciutte. Se
una copia bagnata sembra di tònalità giusta alla luce della
l~nt:rna, si può star jsicuri che sarà ~ro~po scura dopo
l asnt.gamento. Tenernf conto quando si sviluppa: estrarre
le fotJgrafìe dalla soluilione quando appaiono leggermente
più chiare del dovuto.

- l

177
l
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. . Sb. ·l. ! d . .
Parte qumta: ag Ufn o st· zmpara

Una lezione « negativl » di fo tografia ,


. cw' sz. znsegna
zn . a nonl t are certe cose,
ampù~mente illustrata 1elle tavole fuori
testo .r B-37 co n opere dz fotografi sfortu-
nati i~ cui disgrazie p ossono essere la
1
vostra fortuna se saprete trame i neces-
sari insegnamenti.
l •l

l.
_l

Il successo costa

Oggi il materiale fotografico è di una qualità così alta ed


uniiorme che è ·estremamente difficile poter attribuire a ma-
teriale difettoso la cattiva riuscita di una fotografia. Tra le
cen :inaia di fotografie non riuscite che ho visto negli ultimi
anni soltanto due o tre erario venute male a causa di difetti
del materiale. In tutti gli altri casi la colpa era di chi le
aveva fatte e gli errori si sarel5bero potuti evitare seguendo
più attentamente le istruzioni. Cercare di giustificarsi è uma-
no: ma prima di dare la colpa al fabbricante, cercate di ri-
corc.are quello che avete fatto e chiedetevi se proprio non
è possibile che abbiate sbagliato voi. Le probabilità che sia
andata proprio così sono schiaccianti.
N essuno è infallibile e non c'è da vergognarsi degli errori
quando si è fatto del proprio meglio. Molte volte non sospe~­
tiamo nemmeno l'esistenza di un trabocchetto e lo evitiamo
per mera fortuna, ma \prima o poi ci andiamo a finir dentro.
In r ~ altà un errore è una « benedizione sotto mentite spo-
glie :>. Una volta commesso, e trovatane la causa, si potrà
evitarlo in avvenire. Un fotografo che abbia commesso tutti
gli errori possibili deve essere per forza un maestro :del me-
.stiere, se da quegli errori ha saputo trarne i necessari inse-
gnamenti. Ogni errore commesso e compreso è una pietra
miliare nella strada verso la perfezione.
Nella fotografia, purtroppo, sono pochi gli errori che si
possono correggere: e la maggio~ parte di quei pochi, solo
parzi.1lmente. In genere un errore significa una fotografia
pe.rduta. Tuttavia, per il loro valore pedagogico, h o messo ·
da parte tutti gli « errori » che sono riuscito a procurarmi:
e cos:i nelle tavole fuori testo r8-37, ho potuto .esibire, a be-
neficio del lettore, i « fiaschi » di molta gente. Consiglio sem-
. pre a chi si dedica alla fotografia di mettere da parte i suoi
« errori » e di incollarli su un album insieme con la spiega-

r8r
zione delle Iom cau>e. Que.ti album, wl titolo < oo>e ~a
evi-
tare», sono ora in bella mostra in molte biblioteche fotografi-
che personali. Il loro contenuto è costato denaro, pe,licola,
. tempo e delusioni, ma ha dato anche una ricompensa: f1Ufgli
errori non sono stati più commessi. Poiché la maggiorr parte
degli errori fotografici non si possono correggere in m f do
soddisfacente, non provo nemmeno a dare istruzioni per la
loro correzione. Ci sono però due eccezioni : i negativi trop-
po densi si possono facilmente rendere più trasparenti con
una operazione che si chiama « indebolimento » : e hlcuni
negativi troppo trasparenti (non tutti!) si possono rdndere
più densi con una operazione che si chiama « rinforz~ ». A
parte questi casi, si può soltanto salvare il salvabile, ~ cioè
ingrandire le parti non graffiate, non rigate e non mact hiate
d· ~i negativi che escono dallo sviluppo in cattive condlzioni.

LA CORREZIONE DEGLI ERRORI

Perché l'indebolimento e il rinforzo dei negativi diamo un


buon risultato bisogna scrupolosamente osservare le se~enti
n~~: . l
I. I negativi devono essere accuratamente fissati in un
fissatore· fr esco e lava ti per almeno mezz'ora in acqua cor-
rente.
2. I negativi devono essere induriti nella seguente !solu-
zione: I

INDURITORE KODAK SH -I

ACQUA soo cc
FORMALDEIDE (solùz. al 37 %) IO CC

CARBONATO DI SODIO 6 gd mmi


ACQUA (da aggiungere al momento dell'uso) I litrb

Questa formula è raccomandata per il trattament~


dei
negativi la cui emulsione verrebbe troppo ammorbidita da

I Le formule che seguono sono tutte di proprietà della s L ietà


Eastman Kodak.

I82
un trattamento successivo per l'indebolimento e il rinforzo,
o anche per l'eliminazione di macchie.
Immergere i negativi in questa soluzione per 3 minuti, poi
fissarli per 5 minuti in un fissatore acido. Lavarli bene prf-
1
ma di sottopo:rli a ulteriore trattamento.
~ ~ · Il momento migliore per l'indebolimento o il rinforzo è
immediatamente dopo il lavaggio finale del negativo svilup-
pato. I negativi asciutti devono essere immersi in acqua p
circa dieci minuti prima di essere sottoposti a un altro trat.-
tamento.
4·· T rattare un negativo alla volta. Alcuni processi di in-
detolimento sono molto rapidi e richiedono continua sorve-
glianza perché non ~ possibile prestabilire il tempo esatto.
Agitare senza interrJ zione. Lavare con cura dopo il tratta-
mento e ·passare berte la spugna prima di appenderli ad
ascmgare.
5· Il modo migliore per indebolire o rinforzare i nega-·
tivi consiste nell'imn\.ergerli in una bacinella di vetro tra-
sparente posta sopra 1 una debole fonte luminosa. È più fa~
cile seguire l'andamento del processo e interromperlo al mo-
mento opportuno.

Cor'le si indebolisconb i negativi

Sbb
·~
.l
ene l a maggiOr parte d" .. troppo c"l
e1 negativi . sem-
ens1
brino neri e perciò sirhili l'uno all'altro, ci sono tra essi gran-
di differenze di gradazione. Alcuni sono troppo densi e trop-
po contrastati : altri troppo densi ma privi di contrasto: al-
tri ancora, pur essendo troppo densi, hanno un contrasto
« nc•rmale ». Esistono tre diversi tipi di indebolitori: quelli
« so~traenti »,che aumentano il contrasto; quelli « ultrapro-
porzionali », che lo riducono; e quelli «proporzionali», che
conservano il contrasto esistente. È perciò necessario valu-
tare bene il contrasto di un negativo per scegliere l'indebo-
litor~ adatto. Poiché talvolta è difficile farsi un'idea precisa
del contrasto di un negativo molto denso, è consigliabile fa-
re prima una copia di prova su carta di gradazione nor-
malt: e giudica re il contrasto da , questa.

183
Ì NEGATIVI DENSI E POVERI DI CONTRASTO (generalmente
per sovresposizione) d evono essere indeboliti col seguente
« indebolitore sottraente » che riduce la densità e aumenta
il contrasto :

INDEBOLITORE KODAK F ARMER R-4a


Soluzione concentrata A
Ferrocianuro di potassio 37,5 grammi
Acqua 500 cc

Soluzione concentrata B
I posolfìto d i sodio 480 grammi
Acqua - 2 litri

Al momento dell'uso prendere 30 cc della soluzione A,


I ~10 cc della soluzione B e 1 litro d'acqua. Mescolare A e
B, poi aggiungere l'acqua e· versare immediatam ente la so-
luzione ben mescolata sul negativo da indebolire, che d o-
vrebbe essere posto preferibilmente in una bacinella bianca .
O;servare attentamente. Quando il negativo _è indebol~to a
sufficienza lavarlo bene e asciugarlo.
Per un indebolimento meno rapido usare soltanto 115 cc
della soluzione concentrata A con le stesse quantità di solu-
zione concentrata B e di acqua. l
Le soluzioni A e B devono essere mescolate solo al mo-
m~ tnto dell'uso perché tendono a separarsi.

r NEGATIVI DENSI E TROPPO CONTRASTATI (generalmente a


causa di uno sviluppo eccessivo) devono essere indeboliti col
seguente « indebolitore ultraproporzionale » che riduce la
densità e riduce' il contrasto :

INDEBOLITORE KODAK AL PERSOLFATO R- 15


Soluzione concentrata A
Acqua I litro
Persolfato di potassio 30 grammi

I84
Soluzione concentrata B
Acqua 750 cc
Acido solforico diluito al w% 1 15 cc
l
A l _momento dell'uso prendere due parti della soluzione
A e versarci una parte della soluzione B. Usare soltanto re-
cipienti di vetro o di smalto (purché non scrostato) per me-
scolare gli ingredienti e per indebolire i negativi.
Passare per tre minuti il negativo nell'induritore KOdak
SH- r e lavarlo bene. Immergerlo nell'indebolitore, agitando '
e OS~>ervando COn frequenza l'azione delia soluzione (non e i
possibile prestabilire ' il tempo esatto). Quando l 'indebolì- '
men:o desiderato è raggiunto, estrarre il negativo, immer-
gerle, in un fissatore acido per qualche minuto, !avario bene
e asciugarlo. Le soluzioni usate una volta si alterano presto
e biwgna buttarle.

r J•<EGATIVI DENSI DIII CONTRASTO NORMALE devono essere


-indeboliti col seguente « indebolitore proporzionale », che ri-
duce la densità 'senza r odificare il contrasto: '

INDEBOLITORE KODAK R-5

Solu f ione concentrata A


Acqua 1 . 1 litro
Permanganato di potassio - o,3 grammi
Acido solforico difuito al 10% 16 cc

Soluz ione concentrata B


1

<\equa 1
3 litri
Persolfato di potassio go grammi
Al momento dell'uso mescolare una parte di soluzione A
con tre parti di soluzione B. Quando il negativo è abba-
l - '
1 Versare lentamente ).ma parte di acido solforico concentrato,
standc attenti a non toccarlo con le mani, in nove parti di acqua e
mescolare continuamente. Non versare l'acqua sull'acido perché la
soluzicne entrerebbe in e8ollizione e i suoi spruzzi provocherebbero
serie ustioni.

185
stanza indebolito, !avario prima in una soluzione di bisol-
fito di sodio all'I% e poi in acqua, quindi asciugarlo.

Come sz rinforzano i negativi

Prima di tentare il rinforzo di un negativo, è bene chie-


c'ersi se c'è qualcosa da rinforzare. Di solitoj negativi sono
t roppo trasparenti perdue ragioni: per sottesposizione:o per
sviluppo insufficiente. I negativi sottesposti sono caratteriz-
zati da « ombre » trasparenti come il vetro: è evidente che
in questo caso il rinforzo può solo ailmentare la densità, ma
non rivelare dettagli che non ci sono. A rinforzare, Berciò,
non si guadagna nulla. I negativi insufficientemente svilup-
\ pati invece, ,purché bene esposti, hanno ombre abba~tanza
dettagliate anche se troppo trasparenti; e quindi i d1ttagli
possono essere resi più evidenti con un rinforzo appro~riato,
Prima di rinforzare un negativo bisogna però tener !conto
anche di altre considerazioni. Tutti i metòdi di rinforzo sono
processi delicati e di effetto non sempre sicuro. Se i !nega-
tivi recano minime tracce di fissatore, e se le sostanz~ chi-
miche che si impiegano non sono assolutamente pure, b ne-
gativo non riuscirebbe uniforme e potrebbe essere resd inu-
tilizzabile da macchie e rigature indelebili. Inoltre, i cletodi
dii rinforzo più efficaci. richiedono l'uso di sostanze mbrtali
l
come i cianuri, e questa ragione è sufficiente per evitarli.
1
Nessun negativo. è tanto importante da rischiare peJ esso
la morte respirando vapori di cianuro.
A mia opinione il modo più pratico per rinforza le un
negativo è farne un duplicato; così non si. rischia di ro~inar­
lo con un rinforzo chimico difettoso e non c'è bisogno di
maneggiare sostanze velenose. Se .un negativo è abbastanza
gl'ande lo si stampa a contatto, e se è piccolo lo si ingran-
disce, su pellicola per riproduzioni a forte contrasto. Si svi-
luppa quindi </ a grana fine » per un tempo superiore del
2c1 per cento al normale, si fissa; si lava e si asciuga nel so-
lito modo. Quindi si stampa a contatto questa replica posi-
tiva del negativo originale su pellicola per riproduzioni del-
lo stesso tipo, si sviluppa «a grana fine», e così via bome
prima. Alla fine si avrà una replica negativa del neghtivo

186
originale, ma molto più densa e contrastata. Provate questo
metodo prima di tentare il rinforzo chimico, se non altro
l
per avere un duplicato nel caso che l'originale si rovini. l
Per il rinforzo chimico di un negativo,- indurire anzitutto
la gelatina per tre minuti con l'induritore Kodak SH-r, lal ·
cui :formula è riportata a pag. I82. Immergere il negativo
per cil).que minuti in un fissatore acido fresco; !avario bene
per almeno mezz'ora in acqua corrente. La soluzione per il
rinfc•rzo è la seguente :

RINFORZATORE AL CROMO KODAK IN- 4


Soiuzione concentrata
Bicromato di potassio go grammi
Acido cloridrico l 64 cc
Acqua I litro

Al momentÒ dell'u~o mescolare una parte di soluzione


conc• ~ ntratacon dieci parti d'acqua.
In::lurire anzitutto · il negativo. Immergerlo per qualche
l
istante nella soluzione (che deve avere una temperatura fra
I 8 e 2 r gradi), quindi lavario per cinque minuti e sottopor lo
a un nuovo sviluppo c6mpleto, a luce artificiale o diurna ma
non al sole, con una soluzione di sviluppo ad azione rapida
che non contenga ecce~sivo solfito; per esempio, per circa IO
minuti a 20 gradi in soluzione Kodak D-72 (una p arte di-
1
luita in tre parti d'acqua). Fissare poi per cinque minuti e
lavar ~bene. Ripetendb il processo si può ottenere un rin-
forzo più intenso.

AT: :ENZIONE: le soluzioni di sviluppo ad azione lenta (co-


me Kodak D~76, Kodak Microdol, Kodak DK~2o) non so-
no ccnsigliabili perché tendono a dissolvere l'immagine pri-
ma c::1e le sostanze rivelatrici comincino ad agire.

Le nz,zcchie sui negativi e sulle copie

Quasi tutte le macchie sono dovute a negligenza. Evi-


tarle ~ ~ semplice, eliminarle è difficile. In genere sono provo~

J87
cate da soluzione di sviluppo troppo sfruttata, da fissatore
venuto a contatto con la soluzione di sviluppo, da fissaggi
insufficienti, da fissatore troppo sfruttato, da insufficiente
agitazione, da insufficiente lavaggio. Se non si usano le pin-
ze per lo sviluppo e il fissaggio delle copie, le dita lasciano
prima o poi le loro impronte. Se negativi e copie resta no
troppo tempo esposti all'umidità e alla luce, ingialliscoho e
,;biadiscono senza rimedio.
La smacchiatura d ei n egativi e delle copie richiede tec-
;Jiche che sono fuori dei limiti di questa trattazione. Molti
rimedi sono rischiosi e, se non sono applicati da esperti, pos-
~:ono portare alla perdita di negativi e copie. Perciò, prima
di sperimentare un rimedio trovato in un articolo o in un
libro, è meglio fare un duplicato del negativo e della copia
che si vuole smacchiare.
L'elenco che segue contiene alcune delle cause degli er-
rori più vistosi ma più facilmente evitabili.

DIMENTICA;NZA FALSA ECONOMIA NEGLIGENZA

l\·on avanzare il film Comprare un appa- Impronte digitali sul-


d :>p o ogni fotografia recchio costoso ma l'obiettivo e sui ne-
non un esposimetro gativi
Non estrarre la ten- Comprare pellicola Sabbia o polvere nel-
di na quando si usa sconosciuta perché l'apparecchio lascia-
pellicola piana o costa meno to su una spiaggia
filmp ack
Non estrarre l'obiet- Sviluppare e fissare Bottiglie per le so-
tivo dei vecchi mo- con insufficiente luzioni senza etichet-
ddli Leica o Con- quantità di soluzione te, preparati chimici
ta K pfima di esporre in sacchetti di carta
N.m rimettere a fuo- Sfruttare troppo le Non avere in labo-
co quando si passa soluzioni di sviluppo ratorio il cronogra-
da un soggetto lon- e di fissaggio fo, il grembiule o
tano a uno vicino l'asciugamano
Versare in terra il
fissatore
Nc·n tener conto del Usare in laboratorio Usare le mani inve-.
cof'ftìciente del filtro una lampada c~lo­ ce delle pinze : graf-
e :!egli altri fattori rata di poco prezzo fiare i negativi con
che influiscono sulla invece di una buona le unghie troppo
po!.a lanterna lunghe

188
Le tavo~e fuori testo da 18 a 37 mostrano gli incidenti
e gli errori più comuni nella fotografia, ad eccezione delle
macchie e dei depositi giallastri sulle emulsioni, che non si
possono riprodurre adeguatamente in bianco e nero.

'

r8g
·l
Parte sesta: L'esperienza

Conincia una fase nuova ed entusia-


smante nel lavoro del fotografo, primo
pasJ o verso la creazione di opere origi-
nali Egli si libera dalla supervision e
dell 'insegnante e dalle suggestioni della
pub ?licità e accerta da sé, provando e
sperimentando, le possibilità e i limit i
dell.1 sua attrezzatura, del suo materia-
le e della sua tecnica.
SPEJliMENTARE MATERIALE E TECNICHE

M:olti dilettanti credono erroneamente che chiunque pos-


sa diventare un fotografo provetto in tempo relativamente
breve. Il motivo per cui questa opinione è così diffusa è che 1
è molto facile fare fotografie · riconoscibili. Non c'è poi da .
meravigliarsi se molti pensano così se si tiene presente certa
pubblicità di prodotti fotografici a base di slogan come que-
sto : « Schiacciate il bottone e noi faremo il resto. » Ciò
che t;i trascura è che c'è un abisso tra una fotografia « rico-
noscibile » e una fotografia « buona ». È vero che tutti pos-
osono rapidamente apprendere i rudimenti della fotografia e
sfornare fotografie « riconoscibili». Fra le fotografie che
concorrono ad ogni p remio fotografico, la maggior parte so-
no « tecnicamente buone » e alcune sono eccellenti. Ma no-
nosta nte il loro alto livello tecnico - ogni memb ro della
giuria dei concorsi potrà confermarlo - la schiacciante m ag-
giora.nza di queste fotografie sono insignificanti, banali, t ~i­
t~ : ~n breve, tutt'altro: che_ « ~u?ne ?>; Perc_h~? Per . due_ r<jl-
gwm: I) per mancanza di ongmahta e di Immagmazwne
degli autori, i quali· non fanno che imitare ciò che altri
hanno fatto prima di loro (ne riparleremo nella parte vn);
2) pe1~ché la maggioranza dei fotografi si accontentano delle
tecniche elementari. Appena hanno imparato a mettere a
fuoco . esporre, sviluppare e stampare, pretendono di fare
fotogmfie « finite », com e alcuni studenti del secondo anno
di medicina pretendono di fare diagnosi e operazioni. Non
c'è qtindi da stupirsi se tante d elle fotografie che si vedono
in gir·J sono così insignificanti e immature.
La fotografia non è tanto semplice. Se lo fosse, sarebbe
difficile spiegare perché le opere di qualche - fotografo sono
buone m entre il lavoro di tanti altri è scadente. Certo l'at-
trezzamra è la stessa : le macchine e le pellicole che usano
i gran ii fotografi di Life sono le stesse che si vedono in ma-

1 93
no di migliaia di dilettanti. Perché le fotografie dei primi
sono tanto migliori? È molto semplice: quei fotografi sanno
« vedere » una buona fotografia, o meglio ciò che la rende
tale : e sanno rendere i loro soggetti in una forma fotografi-
camente interessante. Per usare un'analogia musicale: i, fo-
111ografi me d'lOCri. SUOnano
. un mOtiVO
. COn un SOl O d'ltO, mertre
l
i buoni fotografi usano dieci dita. Il pianoforte e il motivo
possono essere gli stessi ma la musica è diversa.
Quando ha appreso i rudimenti del mestiere, chi si de-
dica alla fotografia deve approfondire la sua tecnica, deve
imparare a suonare «con tutte e due le mani». Questo vale
sia per · la pratica che per la teoria. Nella pratica: tentare
campi sempre più difficili, come le fotografie notturne, le fo-
tografie improvvise in ambiei;J.ti chiusi, la microfotografia,
l'uso dei grandangolari e dei teleobiettivi. Nella. teoria:
studiare i vari metodi che permettono di arrivare a certi
risultati; i mutamenti di prospettiva a seconda della lun-
ghezza focale degli obiettivi; la traduzione· cromatica dei fìl-
tri; l'interdipendenza tra esposizione e tempo di sviluppo e
la loro influenza sulla gamma di contrasto del negativo; le
ca~atteristiche delle carte di dÌverse gradazioni e la loro in:
fluenza sulla riuscita finale di una fotografia; l'uso degli spo-
s,:amenti dell'obiettivo e del film per controllare la prospet-
t'va ed evitare le distorsioni; gli effetti dei toni alti e dei
toni scuri nella creazione di determinate atmosfere: !·'in-
tervento negli ingrandimenti per modificare il contrasto me-
diante le « maschere >>; e così via.
Ciò che il dilettante deve capire quanto prima possibile è
che ci sono sempre molte maniere di fotografare un dato
soggetto. Anzitutto, naturalmente, c'è quella che si potrebbe
chiamare la maniera ovvia. È la più semplice e facile, mai
molto originale e raramente la migliore. Vi sono po~ modi
p iù creativi di vedere lo stesso soggetto e di renderlo interes-
s::.nte e nuovo. Si può scegliere un punto di vista ardito -~
ir senso letterale e figurativo -- ricorrendo ad un teleobiet-
tivo o ad un grandangolare invece che all'obiettivo norma-
le : si può fotografare da distanza ravvicinata un solo par-
ticolare; si può usare un filtro che drammatizzi i toni cro-
matici: si può fare un controluce o addirittura una Jilhouet-
te : in tutti questi modi si possono fare fotografie tali da

194
comunicare a chi le guarda un'idea, un sentimento o un cli-
ma e da far dire agli altri fotografi: « Perché non ci ho pen-
sato? Dove avevo gli occhi? »
. Le tavole fuori testo 39-63 vogliono stimolare il lettore)
a fare esperimenti per suo conto. Dovrebbero svegliare
la sua curiosità e ispirargli il desiderio di saperne di più.
Sono « esercizi » di diteggio che devono. aiutarlo ad esplo-
rare le possibilità del « mezzo » fotografico: astratti do-
me le « scale » che lo studente di musica deve suonare ~er
pote:: andare avanti. Nessuno, certamente, si metterebbe' a
foto~ ;rafa re lo stesso soggetto con filtri di tutti i colori, dal
rosso all'azzurro. Ma per scegliere il filtro giusto bisogna 'o-
nascere gli effetti di tutti i filtri sui diversi colori. Le « s a-
le » della tavola fuori testo 48 saranno di aiuto. Ciò v le
anche per gli altri « erercizi » di esposizione, di prospetti a,
di controllo dei contrasti, ecc. È ovvio che nella pratica si
usa una sola delle div~rse strade possibili. Ma per saper s e-
gliere la più efficace bifogna conoscerle tutte, e l'unico mo o
di conoscerle è averle studiate e praticate . L'ultima paro a
deve essere presa alla lettera: prendete apparecchio, obi t-
tivi, :'ìltri, ecc., trovate luoghi e persone adatti per le pose e
ripetete tutti gli eseml?~ che seguon.o. Leggere le didascalie e
guardare le fotografìejon basta. Rrcordate che non c'è sco -
ciatoia .per il successo, se non quella che passa per prove d
esperimenti. Le ore i piegate in questi ·« esercizi di dite · -
gio ~> vi faranno rispa~miare un tempo incalcolabile in a -
venue.

La gnnde confusion e

L'a ppassionato inesperto, che esce per la prima volta d


suo guscio, si trova inunediatamente in mezzo ad una giga• ·-
tesca ::onfusione, letteralmente e figuratamente parlando.
Letteralmente, perché nel momento in cui entra timida·-
ment~ nel negozio di articoli fotografici si trova di fronte a
un aswrtimento strabocchevole : gli sembra di dover sceglie~­
re tra milioni di macchine, migliaia di obiettivi e centinai
di tip : di pellicola e di carta, per non parla re degli accesi
sori : l!sposimetri, lampeggiatori elettronici, mirini per guari

195
dare al di là degli spigoli, filtri di tutti i colori dell'arcoba-
leno.
Figuratamente, perché un giorno sente dire che la foto-
grafia è un mezzo meccanico di riproduzione e il fotografo è
;olo un tecnico come tanti altri : perciò, « prima scèndi da
· ~avallo e meglio stai »; il giorno dopo l egge in una rivista
::otografìca che Ja fotografia è Arte, il fotografo un Artista e
:a fotografia è il suo «mezzo espressivo ». L egge d ella scuo-
la documentaria, della scuola pittorica e della scuola del-
l 'f /64 e non si raccapezza per le loro' estreme differenze di
tecnica e di contenuto. Si smarrisce guardando fotografie di
dilet tanti e professionisti dagli interessi_ più diversi. Che fa-
re? Che strada scegliere? ·
Può fare .due cose. La prima è dare ascolto a tutti coloro
che gli danno consigli ; giocherellare con questo e poi con
quell'apparecchio, questo e quell'obiettivo, questo e quel ti-
po dj film; imitare coscientemente il lavoro altru:i; identi-·
ficarsi con un « gruppo » e così annullare la sua persona-
lità e limitare le sue possibilità di progresso. Oppure può
farsi un'opinione personale, setacciando criticamente i con-
sigli che riceve; ricorrendo a prove ed esperimenti per ac:.
certare la fondatezza di certe asserzioni; imparando dagli
altri, ma non imitandoli; incamminandosi su una strada pro-
pria· e cercando di volgere la propria capacità e il proprio
talento all'espressione di ciò che prova e sente.
In breve, può comportarsi come tutti coloro che in questo
mondo hanno fatto qualcosa di buono ,: andare per la sua
strada a modo proprio ed « essere se stesso ». Forse, un gior-
no, diventerà un grande fotografo.

S :PERIM:ENTARE A PPARECCH I . E ACCESSORI

L a scelta di una m acchina fotografica e degli accessori


d·~ve essere fatta dopo un'attenta riflessione. A mio giudizio,
le domànde che il dilettante deve porsi sono due: l'appa-
n :cchio è di qualità? L 'apparecchio si confà al mio tempe-
r<:.mento? ·

rg6
La qualità

I. Senza attrezzi di' buona qualità nessun artigiano, nem-


meno il migliore, può lavorare bene. La fotografia non fa
eccezione. Una macchina fotografica scadente, con un obiet-·
tiv::J poco incisivo, con guide per la p ellicola non perfetta-
m ente allineate, con un parallelismo approssimativo tra
obiettivo e piano focale, con un otturatore impreciso e im-
pnvedibile, non può dare le fotografie nitide e brillanti che
esige chiunque sia sensibile al valore « grafico » e figurativo
delle immagini. '

REGOLA N. I :quanto migliore è la qualità della su


macchina e dei suoi accessori, tanto più agevolmentn
un fotografo può\ ottenere « fotografie tecnicament
perfette».

La convenienza

2. Che una macchina fotografica si addica a chi la usà è.


importante non meno della sua qualità. M olti fotografi nbl n
si rendono conto che i loro apparecchi devono confarsi al
loro temperamento e al 'toro modo di lavorare. T roppo
spesso comprano il tipo di apparecchio che è stato a doP,e-
rato con successo d a qualcuno che ammirano, trascuran~o
con;tpletamente il fatto che questi potrebbe usare una « t9c-
nica ~ del tutto diversa dalla loro. Per usare un'analogit.:
un tornio di molte tonnellate è un meraviglioso strumento
di pccisione, ma serve per la produzione di altre macchint :
sarebbe assurdo che lo ,usasse un orologiaio, il quale h a, ì,
bisog:lo di un tornio di p recisione, ma molto più piccolo e · i
caratteristiche diverse.

I97
REGOLA N. 2: quanto piùuna macchina e gli accessori
si confanno alle vostre esigenze, abitudini, tempera-
mento e carattere personali, tanto più faciliteranno 1•

il vostro lavoro 7 tanto più ne sarete soddisfatti. E


ancora: quanto meno una macchina vi darà da pen-
sare ai problemi tecnici, tanto meglio pòtrete concen-
trarvi sui problemi creativi della fotografia, che sono
più importanti.

Il vostro contributo
3· Anche la macchina, l'obiettivo, gli accessori m igliori e
più. confacenti non sono che promesse. Tocca a voi mante-
nerle: voi solo potete d are vita al vostro apparecchio, fari()
funzionare, fargli esprimere le vostre idee e fargli creare le
vostre fotografie!

COME SCEGLIERE UN APPARECCHIO

Appassionati di fotografia mi chiedono continuamente


qu ale apparecchio, quale obiettivo, quale film io ritenga « il
migliore». È una domanda, naturalmente, che deve essere
co:;npletata e specificata. « Il migliore per quale scopo? » Ma
anche così è molto difficile dare una risposta esatta, poiché
ci sono sempre diversi tipi di apparecchi, obiettivi, ecc.
egualmente adatti a determinati lavori. La scelta di uno o
di un altro dipende dalle preferenze personali e dalla borsa.
Tanto meglio sarà per il fotografo se, al momento di sce-·
gh ~ re l'apparecchio, egli saprà essere obiettivo e. non si la-
scerà affascinare dal «nome» e dalla marca, né abbagliare ·
da.lo scintillio delle cromature, né persuadere dai record sta-
bil.iti da certi modelli. Non cominciate col far collezioni di
cataloghi .e di opuscoli pubblicitari su questo o quel tipo di
macchina. Cominciate col chiedervi quale soggetto soprat-
tutto vi interessa (persone, paesaggi, architettura, ecc.); co-
me volete fotografarlo (fotografia «documentaria», fotogra-

rg8
fìa «pittorica», pure e semplici istantanee senza pretese,
ecc.); perché volete fotografarlo (per diletto, per un archi-
vio, per fare il fotografo di professione, ecc.); quale è il vo-
stro modo di lavoq:tre {lento e metodico, oppure nervoso ~
impulsivo, e cc.) . Leggete i paragrafi che seguono, dedicati f
questo argomento. Poi prendete una decisione,· esaminate be-
ne :.'apparecchio che avete scelto, chiedete al negoziante di
!asciarvelo per un periodo di prova, usatelo, provatelo, chie-
detevi se « lo sentite » veramente e se vi piacciono le foto-
gralie che fa : infine, se ne siete veramente soddisfatto, com-
pralelo.

Le tre cose che contano

La scelta di un apparecchio deve essere sempre fatta in ,_


base a tre considerazioni : la personalità del fotografo, lo l
scopo per cui l'apparecchio verrà usato e la borsa del com- ·
prat•)re. Tutto il resto non conta.

l L LA PEMONALÌTÀ dd fotogmfo detonnina il foLmato.

Oggi esistono nell ~ fotografia due tendenze divergenti.


L'una è caratteristica ~di'esigenza della più elevata qualità
tecnica e della più assoluta precisione di resa; l'altra è carat-
teristlca di un'esigenza di spontaneità, azione dinamica e in-
teres~e umano. Tra i seguaci della prima tendenza si possono
citan' grandi fotografi come Edward Weston, Berenice Ab-
bot, Anse! Adams e Paul Strand; tra i seguaci della secon-
da, f otografi non meno grandi come Alfred Eisenstaedt,
· Cari Mydans, Leonard McCombe, Eugene W. Smith e Li-
sette Mode!.

gx 12 contro 35 mm

Di pari passo con lo sviluppo di queste due tendenze, si


sono sempre più perfezionati due tipi di macchina fotografi-

1 99
cà: quelle grandi per pellicola piana o filmp ack di g cen-
timetri per I 2 o maggiore, che danno una insuperata qua-
lità e perfezione tecnica; e quelle per pellicola di 35 ·mm
(f@rmato 24x36),-che, per il loro peso ed ingombro mininw,
oflìrono una estreilia maneggevolezza. I migliori modelli t:li
entrambi i tipi hanno caratteristiche di utilità inestimabily :
l'intercambiabilità degli obiettivi; i telemetri accoppiati, éhe
permettono di fotografare anche le scene più rapide e ani-
mate; la messa a fuoco su vetro smerigliato per le brevissi-
me distanze, che elimina la discordanza causata dalla pa-
ralasse; tempi di posa fino a I / I ooo di secondo; sincroniz-
za:~ione interna · per i lampeggiatori normali ed elettronici;
doppi etripli allungamenti per microfotografìe in grandezza
naturale e superiore alla naturale. Per entrambi i tipi sono
in commercio diverse emulsioni negative, non escluse quelle
pe.r lavori altamente specializzati.
Tuttavia, sebbene tecnicamente di uguale livello, ciascun
tipo ha i suoi vantaggi specifici. L'apparecchio gx 12, che
pei: comune ammissione è pesante, ingombrante e di impiego
relativamente lento, offre i seguenti vantaggi:

Vantaggi del fo~mato gx12 cm

1) massima nitzdezza e definizione delle fotografie: per


avere una copia di 18 x 24 centimetri basta un ingrandimen-
to pari a due volte il negativo: per avere una copia di
24 >< 36 centimetri basta un ingrandimento di circa tre volte;
~!) semplicità e rapidità dello sviluppo. Si possono usare
le ordinarie soluzioni per lo sviluppo rapido senza timore di
prcdurre « grana » intollerabile, poiché i negativi non de-
vono essere troppo ingranditi;
;i) utilizzazione di tutta la sensibilità del film . Non sono
necessari aumenti di posa per compensare perdite di sensi-
bilità poiché non è necessario usare soluzioni << finegranu-
lanti »;
4.) facilità della stampa. Granelli di polvere, abrasioni e
graffi dei negativi non balzano agli occhi con tanta evidenza
come con i negativi 24 x 36, sempre a causa della piccola
scala di ingrandimento.

200
Vantaggi del formato 24 x 36 m m

D'altro canto, l'apparecchio 24x 36 offre i seguenti van.-


taggi; 1
I :! proporzioni ridotte, ingombro minimo e leggerezza: ca--
ratt, ~ristiche preziose in tutti i casi in cui lo spazio è scarso e
il p eso deve essere contato: in ascensioni alpinistiche, mar-
ce, viaggi e in guerra. Una macchina da 3S mm con tre
obiettivi, mirini ausiliari, filtri e una scorta dì pellicole per
centinaia di fotografie pesa meno, e occupa meno spazio, di
molte macchine 9 x I 2 senza accessori né scorta di pellicole; ·
2) maneggevolezza e scarsa evidenza: l'apparecchio si re-
gola rapidamente e non dà nell'occhio, doti senza le quali
non è possibile fa re fotografie «improvvise» (candid shots),
e che fanno èiella 35 ~m la macchina ideale per il reporter
e pe:r colui che ama i~ «documento», la fotografia di per-
l
sone che non ·siano in posa; ·
3) obiettivi ultraluminosi, con apertura relativa di f / I ,2 e
f /I ,5, sono disponibil~ solo per gli apparecchi da 35 mm.
Perciò chiunque voglia dedicarsi alla fotografia in teatri e in
altri locali chiusi e aUla fotografia notturna deve usare una
35 rnm; l . .
4) funzionamento rapidissimo : il telemetro accoppiato,
l'abbinamento del tnispo~to del film alla carica dell'ottura-
tore, i caricatori con !negativo per 36 fotografie (che con
certi apparecchi si possono fare addirittura a « mitraglia »
per mezzo di un motobno) rendono la 35 mm la macchina
ideale p er sequenze fino a 5 fotografie al secondo.

La scelta fra i due tipi di macchina dipende dal tem-


peramento e dagli interessi del fotografo. Se questi dà
m olta importanza alla qualità «grafica» e alla perfezio-
ne tecnica; se è porta to a lavorare metodicamente; segli
piace curare molto la composizione; se ama la perfezione
al punto da rinunciare a una fotografia pur di non ab-
bassare il proprio standard qualitativo; e se, infine, non lo
preoccupano il peso e l'ingombro, solo un apparecchio
9 x I 2 gli darà vere soddisfazioni.
Se invece lo interessano più il movimento e l'azione che
la qualità e la nitidezza; se vuole viaggiare leggero con

201
un massimo di attrezzatura che occupi il minimo spazio;
se è impulsivo, pronto all'azione e gli piace scattare rapi-
damente, prendendo al «volo» i suoi soggetti; se vuole
portare lìempre con 5é l'apparecchio come un ~< taccyino
fotografico » ; se infine è disposto ad accettare copie di
minore nitidezza e definizione, ad affrontare il pericolo
della grana, a rinunciare alla morbidezza dei toni grigi e
a sobbarcarsi un più laborioso e minuzioso sviluppo, solo
un apparècchio di 35 mm lo soddisferà veramente.

La maggior p ai"te dei dilettanti, che non ha interessi


così specializzati, trarrà tuttavia più profitto dagli ap-
parecchi 6x6 e 6 xg, che, oltre a una relativa leggerez-
za e maneggevolezza, hanno un formato relativamen-
te grande e un alto grado di definizione. Questi ap-
parecchi riuniscono cioè quasi tutti i vantaggi di quelli
di grande e di piccolo formato.

[
2. LO s~opo cui dovrà servire determina il tipo di ap-
pa recchiO.
' .
J
Dopo aver deciso sul formato, il fotografo deve decidere
sul tipo di apparecchio che gli serve. Può scegliere fra tre
tipi diversi :

I. L'APPARECCHIO CON TELEMETRO ACCOPPIATO ALL'OB IET-


TrVO. È l'apparecchio più « rapido», il migliore per fotogra -
fare soggetti animati e scene di azione. Svantaggi : la pic-
cola immagine del mirino rende difficile Ia composizione;
l<t piÒfondità di campo non è direttamente visibile; l'usò
d el telemetro è talvolta difficile per chi usa gli occhiali.
A questo tipo appartengono: nel formato g x 1 2 (o for-
mati analoghi) le macchine usate dai fotoreporter a~neriqni
( ~;peed-Graphic, Busch Pressman, B e G, ecc.); nel formato

202
35 mm van modelli della Kodak, la Leica, la Contax, la
Nikon, ecc.; nei formati intermedi la Kalart e la Kodak
Medalist.1

2. L'APPARECCHIO~ VETRO SMERIGLIATO. È il tipo più len- I


to, ma presenta vantaggi unici, introvabili negli altri tipi.
Sua caratteristica principale è la estrema versatilità. I mi-
gliori apparecchi di questo tipo offrono la possibilità di spo-
stare orizzontalmente e verticalmente sia l'obiettivo che il
dorso (ove si trova il negativo), così da permettere la cor-
rezione di ogni sorta di distorsione prospettica. L 'obiettivo
può essere alzato, abbassato, spostato a destra e a sinistra:
il dorso può ruotare di go gradi, eliminando la necessità di
spostare tutto i'apparecchio per passare dalle fotografie oriz-
;zontali a quelle verticali. Questi apparecchi consentono l'uso
di una grande varietà di obiettivi, dagli ultragrandangolari
ai tel·~obiettivi di focale enormemente lunga; ed hanno inol-
tre doppi e tripli allungamenti del soffietto per la fotogra-
fia d:o. brevissime dista nze. La profondità di campo si può
direttamente osservare sul vetro smerigliato. Questo è gran-
de _quanto il negativo e perciò consente di ottenere la mas-
sima precisione di « fuoco » e accuratezza di composizio-
ne. Inconvenienti di questi apparecchi sono la lentezza di
impie;~o e la necessità di usare sempre il treppiede, poiché
non hanno generalmente né mirino né telemetro (eccezioni:
gli apparecchi Linhof, Triampro e Meridian). Tali incon-
venienti sono però del tutto irrilevanti per il tipo di lavoro
a cui : ~li apparecchi di questo tipo sono destinati : fotografie
di architetture (sia interne che esterne), microfotografìe,
paesaggi, fotografie di impianti tecnici e industriali, di og-
getti c:i ogni genere, e infine riproduzioni di documenti, pa-
gine s·:ampate, quadri, disegni. I formati vanno ·da 8x ro,5
I Questa citazione e quelle che seguiranno, di apparecchi foto-
grafici, devono essere integrate, per il lettore italiano, con la
menzio:1e di altri modelli non citati nell'edizione · originale perché
non in commercio negli Stati Uniti oppure non ancora usciti al
momen :o della pubblicazione dell'edizione americana del libro. Fra
le mac.:hine a telemetro di grande formato basterà menzionare le
tedesch~ Linhof e Plaubel ; fra quelle di piccolo formato la giapp.o-
nese Canon e le tedesche Agfa-Silette, Regula, ecc.;· fra quelle di
formato intermedio la Super-Ikonta Zeiss Ikon. (N.d.t.)

203
a I 8 x 24, ma ce ne sono anche maggiori. Il formato più
utile è il gx 12.

3· L'APPARECCHIO REFLEX. Unisce la rapidità d'uso e; la


rnaneggevolezza !dell'apparecchio a telemetro all'immagine
s~l vetro smerigliato degli apparecchi del secondo tipo. !Ha
inoltre il vantaggio che l'i.mrmigine sul vetro smerigliato ri-
mane visibile fino al momento .della posa (negli apparecchi
r eflex a due obiettivi, dei quali uno serve come mirino, l'im-
magine rimane visibile sempre : prima, durante e dopo
la posa). Inconvenienti di questo tipo sono l'ingombro e il
peso: l'impossibilità di usare obiettivi grandangolari (tran-
ne qualche eccezione) : l'impossibilità di controllare le di-
storsioni prospettiche (salvo nel modello inglese Soho Re-
H~x) : e il fatto che la chiusura del diaframma rende sempre
p iù scura l'immagine sul vetro smerigliato (eccezioni : gli
apparecchi reflex a due obiettivi, in cui l'immagine rimane
sempre luminosa perché è prodotta da un obiettivo sepa-
n .to : e gli apparecchi con diaframma automatico che solo
al momento della posa si restringe all'apertura prestabi-
lita). ·
Le macchine reflex sono le più indicate per lavori che
riehiedono rapidità ma anche precisione di fuoco e campo~
si,:ione accurata. Dovrebbero usarle coloro che vogliono
specializzarsi nel ritratto, nella fotografia di bambini e ani-
m:tli. Si può scegliere fra le macchine reflex a un obiettivo
che permettono l'intercambiabilità degli obiettivi e possono
es~ .ere usate per ogni genere di fotografia a brevissima di-
St2.nza e per la microfotografia, e quelle a due obiettivi, il cyti
ve :ro smerigliato dà un'immagine sempre luminosa ma non
mostra la profondità del campo. Inoltre queste macchine
non permettono l'intercambiabilità degli obiettivi e non so-
no adatte alla microfotografia perché non hanno un tirag··
gic· sufficiente: per fotografare da vicino bisogna applicare
sull'obiettivo una lente ausiliaria:
Le più note macchine reflex a un obiettivo sono, nei gran-
di formati, i diversi modelli della Graftex; nel formato 6 x 6
la :;vedese Hasselblad e le tedesche Master Reftex, Korelle e
Primarftex; nel formato 24 x 36 la tedesca Exakta e la sviz-
zen Alpa Reflex. Le più note reflex a due obiettivi sono la

204
Ro:tleiflex e la Rollèicord, la Kodak Reflex, la Ansco Re-
flex, la Argoflex e la Ciroflex, tutte del formato 6x6. 1

. L'APPARECCHIO DEL PRINCIPIANTE. Si dice spesso chf un


principiante dovrebbe cominciare- con un semplice apparec-
chio «a cassetta», perché « un apparecchio più complicato
sarebbe 'troppo difficile da capire». Ciò equivale a dire che,
dovendo comperare per la prima volta un grammofono, bi-
sogna prenderne uno a tromba, o dovendo acquistare la
prima automobile bisogna prendere una Fiat sog. Un appa-
recchio a cassetta può levare la voglia di occuparsi di foto-
grafia, anche a uno che intenda dedicarvisi seriamente, per-
ché anche col massimç> sforzo non è possibile cavarne fuori
fotografie nitide e decenti. A mia opinione la macchina re-
flex a due obiettivi del formato 6 x 6 è la più adatta al ·
principiante.

[ 3· LA BOR'A dotonnina la qualità ddl'appareoohio.

Comprate sempre il .miglior apparecchio che potete per-


mettervi, ma non fate l'errore di confondere il migliore col
più caro. L'apparecchio migliore è quello più adatto alle
vostre esigenze particolari. Il migliore apparecchio per chi
voglia specializzarsi in fotografie di architetture è un 9 x r 2
a vetro smerigliato, mentre per uno che voglia .fare foto-
grafie all'improvviso, e passando inosservato, il migliore ap-
parecchio è un 24 x36 con un obiettivo f / 1,5, che costa mol-
te volte di più di un semplice 9 x 12.

Apparecchi di seconda mano

V n buon sistema per prOcurarsi una macchina fotografica


r Sono da aggiungere, per il formato 6 x 6, le reflex a un obiet-
tivo Bronica (giapponese) e Praktisix (tedesca), e quelle a due obiet-
tivi Minolta Autocord (giapponese) e Ikoflex (tedesca); per il for-
mato 24 x 36, le giapponesi Nikon F e Canonflex, le tedesche Con-
tarex e Contaflex della Zeiss lkon e Ambifiex della Agfa. (N. d.t.)

205
·di classe a prezzo ragionevole è comprarla di seconda mano.
Grazie alla mania, assai diffusa tra i dilettanti, di cambiare un
apparecchio con un àltro dopo àverlo usato p er qualche tem-
po, il mercato è invaso da apparecchi e accessori «come
nuovi», in vendita a metà o un t erzo del prezzo originale.
Se volete comprare un apparecchio o un obiettivo di se-
conda mano, cercate di non farlo prima di averli provati
«sul campo». Diamo di seg~ito una lista delle cose che
bisogna controllare quando si compra una macchina foto-
grafica di seconda mano :

Come siprova un apparecchio

T enuta di luce del so ffietto: togliere il dorso dell'apparec-


chio, a1lungare il soffietto completamente e puntare l'appa-
recchio verso il sole o un'altra fonte luminosa molto forte .
T enendo la testa e l'apparecchio riparati dalla luce con un
drappo nero, esaminare l'interno del soffietto. I fori del sof-
fìetto, che in genere si trovano negli angoli delle pieghe, sa-
ranno chiaramente visibili perché lasceranno entrare la lu-
ce. Assicurarsi che anche le giunture anteriori e posteriori
del soffietto siano in buone condizioni:
Otturatori: farli scattare a tutti i tempi <;li posa e ascol-
tarne il rumore : le pose brevi devono fare un rumore netto
e secco, le pose più lunghe un rumore uniforme, senza
« grattamenti » o esitazioni. Un rumore non uniforme in-
dica che l'otturatore è sporco.
Guarda re se gli otturatori a tendina hanno forellini o
punti logori. La tendina si esamina toglièndo l'obiettivo e
guardandola controluce sotto un drappo nero. Uò forellino
si può chiudere con una speciale vernice nera molto visco-
sa : · se la tendina è strappata, invece, bisogna cambiarla.
Fronte dell'apparecchio: guàrdare se c'è « gioco» ecces-
sivo. L a fronte non deve mai «oscillare », anche se si può
tollerare che si inclini leggermente all'insù o all'ingiù sotto
la pressione della mano. La fronte « lenta» è un difetto co-
mune di molte macchine di seconda mano e p rovoca foto-
grafie prive di nitidezza. Negli a.pparecchi a vetro smeriglia-
to controllare anche la stabilità del dorso.

206
Afessa a fuoco : guardare sé c" è « gioco » nel carrello o
nella montatura elicoidale. Sia l'uno che l'altra devono es-
. sere non troppo duri né troppo scorrevoli. Controllare l'ac-
curatezza del telemetro confrontando la messa a fuoco con
·quella del vetro smerigliato. Assicurarsi che il telemetro sia
abbastanza preciso alle tre distanze di uso più comune : due
metri, cinque metri e infinito.
Tavolette portaobiettivi: quando ,si prova una macchina
con obiettivi intercambiabili montati su tavolette, assi_cu-
rarsi che queste si possano ben fissare alla fronte dell'appa-
recchio. Ci sono tavolette tanto « lente » da sussultare du-
rante la posa, danneggiando la nitidezza. Una tavoletta
« lenta » si può fissare facilmente con nastro adesivo.

Come si prova un obiettivo

Il modo più semplice e pratico di provare un obiettivo è


farci una fotografia, ingrandirla e controllarne la nitidez-
za. Per dare risultati probanti, tuttavia, un esame di que-
sto genere deve esser fatto con criteri rigorosi, tenendo con-
to che · la nitidezza può essere danneggiata anche da fatto-
ri estranei alla qualità dell'obiettivo. Tali fattori si possono
eliminare segu,e ndo ques,te raccomandazioni :
r. L' obiettivo deve essere perfettamente pulito. Un velo
untuoso o qualche impronta digitale sul cristallo possono
leggermente danneggiare l'incisività. La pulizia di un obiet-
tivo deve essere fat.ta con molta attenzione per evitare di
graffiarne la superficie. Anzitutto, spolverarlo bene con uno
spazzolino morbido di pelo di cammello; poi soffiare sul cri-
stallo, in modo da appannarlo appena, e pulirlo delicata-
mente con la speciale carta per obiettivi. Non to.ccare mai
la superficie di cristallo con le dita. ·
2 . L'apparecchio deve essere sostenuto da un treppiede ·
robusto per impedire che si muova durante la posa.
3· Usa re lo scatto a molla: è un'altra precauzione per evi-
tare il possibile movimento dell'apparecchio. ·
4· Scegliere un sòggetto bene illuminato, piano, ricco di .
contrasto e di minuti dettagli. Un grande foglio, contenente
quattro pagine di una rivista bene stampata, è un ottimo

207
soggetto. È sconsigliabile provare un obiettivo su soggetti
privi di contrasto e di dettagli minuti, come persone o vol-
ti : con soggetti simili è difficile distinguere . tra ciò che è
nitido e ciò che non lo è.
_5. Apparecchio e soggetto devono essere esattamente per-
pendicolari: altrimenti un lato dell'immagine resterà fuori
fuoco. Se l'apparecchio ha fronte e dorso inclinabili, fare
-attenzione che siano in posizione «neutra». Talvolta un
obiettivo pesante può far pendere leggermente verso il bas-
so la fronte dell'apparecchio. Viene così a mancare .l'alli-
neamento tra obiettivo e film e la fotografia può risultare
priva di nitidezza senza che ciò sia da attribuire a difetti del-·
l'obiettivo.
6. Mettere a fuoco con estt"ema cura. Se si usa il teleme- .
tro, verificarne prima la precisione : se non è ben sincroniz-
zato, la fotografia non sarà nitida anche -se l'obiettivo è ot-
timo. Se si usa il vetro smerigliato, controllare la nitidezza
dell'immagine con una lente a 6 ingrandimenti.
7· Quando si fanno fotografie di prova con l'apparecchio
vicino a una finestra, puntato verso l'esterno per controllarè
la nitidezza di un obiettivo posto a fuoco sull'infinito, assi-
curarsi che nel vano della finestra non ci sia un termosifone
acceso : l'aria calda sfuocherebbe la fotografia.
8. Usare un film di grana fine e svilupparlo in una solu-
zione finegranulante.
g. N o n sovresporre : la sovresposizione provoca aloni nel-
l'emulsione del film. I negativi sovresposti sono sempre me-
no nitidi di quelli esposti correttamente.-
ro. Fare ingrandimenti di 24x36 centimetri dei nega-
tivi di prova e controllarne la nitidezza. È la fotografia che
conta, non l'aspetto dell'obiettivo. Se siete soddisfatti, l'obiet-
tivo va bene : o. almeno va bene per le vostre esigenze. Se
no, portate i negativi e gli ingrandimenti di · prova a un
esperto e ' chiedetegli la sua opinione.

Le macchine fotografiche devono essere trattate con la


· stessa cura di ogni altro strumento di precisione. Ma aver-
ne cura non significa arrivare al feticismo, all'atteggia-
mento, cioè, di quei dilettanti che traggono più soddisfa-
zione dal possedere e dal rimirare un buon apparecchio

208
ch e dall'usarlo per farci fotografie . .t notorio che molti
dilettanti hanno più apparecchi e accessori, e di qualità
migliore, di alcuni dei migliori fotografi professionisti. Ma
quei dilettanti pagano un occhio soltanto per il piacere
di sentirsi proprietari di tale attrezzatura. E, finché con-
tinuano a darle tanta importanza, il loro interesse si con-
centra su di essa invece che sulla fotografia. Quando il
dilettante supera questa fase, è segno che comincia a
« crescere» come fotografo.

COME SCEGLIERE UN OBIETTT.VO

La maggior parte degli apparecchi fotografici si vendono


con l'obiettivo già montato o addirittura fisso. Potrebbe
quindi sembrare inutile un capitolo sulla scelta degli obiet-
tivi. Tuttavia, poiché molti apparecchi vengono costruiti in
più modelli con differenti obiettivi, rimane ancora la possi-
bilità di scegliere. Inoltre vi sono apparecchi con obiettivi
intercambiabili, e chi li possiede può aver bisogno di un al-
tro obiettivo per qualche lavoro particolare cui quello che
già possiede si rivela inadatto.

LA CÒSA PIÙ IMPORTANTE

La cosa che più conta in un obiettivo è che esso corri-


sponda alle vostre necessità. Grande luminosità, gran no-
me, gran prezzo e bell'aspetto non servono a .n iente se
l'obiettivo non -si presta al lavoro che dovete fare. t ti-
pico l'errore che molti dilettanti commettono nell'acqui-
stare obiettivi troppo luminosi. Lo fanno per Pl!:ro snobi-
smo, oppure perché credono che una «riserva» di lumi-
nosità sia sempre utile. Gli obiettivi molto luminosi han-
no difetti considerevoli : oltre ad essere più pesanti, più
grossi e - non c'è bisogno di dirlo - più costosi degli
obiettivi di minore luminosità, sono generalmente meno
incisivi, anche a piccole aperture di diaframma. Per avere
sufficiente profondità di campo, gran parte delle fotogra-
fie si fanno ad aperture di f /4,5 o minori. Perché allora

209
non usare obiettivi meno luminosi e più incisivi e otte-
nere fotografie nitide invece che subire gli inconvenienti
degli obiettivi più luminosi solo perché si prevede che la
loro «rapidità» sia utile di tanto in tanto? È come com-
prare un camion invece di un'automobile col pretesto
che, un giorno o l'altro, potrebbe far comodo per un tra-
sloco.

I V ARI TIPI DI OBIETTIVI

I. L'OBIETTIVO NORMALE è quello che « fa Un po' di tut-


tO». Un buon obiettivo normale unisce, per quanto è possi-
bile, i vantaggi degli altri tipi e ne evita gli inconvenienti.
È un compromesso: più nitido di un obiettivo ultralumino-
so m~ non così « rapido »; più luminoso di un grandango-
lare ma con un campo utile meno vasto; con un campo uti-
le più vasto di un obiettivo « per riproduzioni » 1 ma non
così incisivo; e così via.
La lunghezza focale di un obiettivo normale deve essere
all'incirca uguale alla diagonale del negativo e la sua aper-
tura deve essere di f/3,5 (per gli apparecchi 24x36 e 6x6)
o di f/4,5 (per gli apparecchi di formato gx I~~ o superiori).
Obiettivi più luminosi non sono consigliabili perché non so-
no abbastanza incisivi, anche a piccoli diaframmi, e la loro
grande luminosità è necessaria tanto raramente che, per il
fotografo normale, non vale la pena di sacrificare ad essa
l'incisività. Inoltre gli obiettivi di luminosità normale sono
sempre notevolmente meno costosi di quelli a grandissima
apertura relativa, e la differenza di prezzo può essere van-
taggiosamente investita in un apparecchio migliore, in acces-
sori utili o, se non altro, in una buona scorta di pellicola.

2. GLI OBIETTIVI GRANDANGOLARI salvano la situazione


quando la distanza tra soggetto e app~recchio è così breve
che un obiettivo· normale può abbracciare soltanto una parte
dell'area desiderata. Gli obiettivi grandangolari hanno un

1 Obiettivi di estrema incisività, usati dai fotoincisori, per


riproduzioni, ecc.

210
campo utile maggiore di quello degli obiettivi normali di
uguc.Ie lunghezza focale.
R ispetto agli obiettivi normali , quelli grandangolari han-
no i seguenti svantaggi ;
a) p er la loro focale breve producono immagini più pic-
cole. Perciò il fotografo è tentato di aumentare la grandez-
za dell'immagine avyicinando l'app arecchiò al soggetto. Co-
sì, però, non soltan~o si aumenta la grandezza dell'imma-
gine ma si produce fa ben nota « prospettiva grandangola-
re » che fa apparire i mani e piedi enormi e teste piccolissi-
me ;
b) l'apertura relativa è in genere inferiore a quella degli
obiettivi normali, ed è anzi piccolissima negli obiettivi gran- .
dangolari con largh issimo campo utile ;
c) alcuni obiettivi grandangolari Droducono una distorsio-
ne curvilineare : cioè rendono curve, specialmente ai m ar-
gini dell'immagine, le linee rette.

3· I TELEOBTETTIVI sono indispensabili quando la ·dist anza


tra soggetto e apparecchio è tanto grande che l'immagine
prodotta dall'obiettivo normale risulterebbe troppo piccola.
Come un telescopio, il teleobiettivo ingrandisce il soggetto.
La sua focale è maggiore di quella dell'obiettivo norm ale,
il suo campo utile è minore. Proieùa sul negativo una parte
più piccola del soggetto, ma in scala più grande.
Bisogna distinguere due tipi di « teleobiettivi » : I) obiet-
tivi « ordinari » a fuoco lungo che, quando sono messi a
fuoco sull'infinito, richiedono una distanza tra obiettivo e
film pari alla loro lunghezza focale; 2) « veri » teleobiettivi
che, quando sono messi a fuoco sull'infinito, richiedono una
distanza tra obiettivo e film molto minore, generalmente non
più di due terzi della loro lunghezza focale. ·

4· GLI OBIETTIVI ULTRALUMINOSI sono indispensabili quan-


do la luce è troppo debole per permettere una corretta
esposizione con un obiettivo di luminosità normale. Questi
obiettivi sono stati costruiti con un solo scopo: la rapidità.
Di conseguenza tutte le altre qualità sono state alquanto sa-
crificate: perciò gli obiettivi ultraluminosi sono meno inci-
sivi, più voluminosi e p esanti e molto più costosi di quelli

2II
meno «rapidi » di eguale lunghezza focale. Inoltre, data la
loro formula ottica assai complessa, sono più soggetti a ri-
flessi e aloni.

5· GLI OBIETTIVI A FUOCO MORBIDO E DA RITRATTO produ-


COnO immagini in cui il contrasto fra ciò che è nitido e ciò
che non lo è appare meno pronunciato che nelle immagini
prodotte da obiettivi ordinari. Le fotografie fatte con questi
obiettivi non sono nitide in nessuna parte; ma in nessuna
parte fuori fuoco appaiono sfocate come le parti sfocate
prodotte dagli obiettivi ordinari.

6. GLI OBIETTIVI SUPPLEMENTARI sono obiettivi composti


di una sola lente, che si applicano sugli obiettivi fissi per
trasformarli in grandangolari o teleobiettivi.

212
Parte settima: Come usare la fotografia

Ora che sapete «come s.i fa», che


cosa volete fare? Questo è il capitolo
più importante di ogni libro di foto -
grafia, e quello che spesso è più tra-
scurato. La fotografia è un mezzo per
raggiungere un fine: un'immagine che
abbia uno scopo e un senso. Questo
capitolo non illustra che uno dei tanti
· approcci: il resto spetta a voi.
---,
Un a questione di opinioni

La fotografia è uno strumento così vario di comunicazio-


ne visiva che cercare di stabilire regole precise per fare
« buone » fotografie è ridicolo e insulso come dire a un pit-
tore in che modo si crea un buon quadro. Chi è tanto infal-
libile da poter decidere se Rubens è « migliore» di Renoir o
se Cézanne è «superiore » a Van Gogh? Lo stesso nella fo-
tografia : chi può dire se Avedon è migliore di Mili o se
Weston è superiore a McCombe?
Non è difficile rendersi conto che i fotografi originali e
dotati di uno stile proprio - coloro che « creano » in foto-
grafia - si differenziano l'uno dall'altro. Ma nessuno può
dire che un dato fotografo è « migliore » di un altro. Se una ,
fotografia dice qualcosa a chi la guarda, se rivela immagina- ·
zione, se ha un significato, se suggerisce un'idea o esprime
una sensazione, allora è certamente una « buona » fotogra-
fia e colui che l'ha fatta è un buon fotografo. Se una foto-
grafia, invece, non esprime e non suggerisce niente, colui che
l'ha fatta è un cattivo fotografo anche se appartiene ad una
« scuola» o milita in un << gruppo » celebrato.
Da ciò si può dedurre che il primo requisito di una buo-
na fotografia è che abbia un significato. · Una fotografia de-
ve essere, insomma, il puntò d'arrivo di: 1) un interesse per
un particolare soggetto; 2) una sensazione od opinione per-
sonale sullo stesso; 3) un sincero impulso ad esprimere tutto
qu,e sto in forma fotografica, insieme con la capacità tecnica
di farlo e con l'estro creativo necessario per attrarre l'atten-
zione di chi guarda. Se al fotografo manca quest'ultima do-
te, cioè se egli non sa comunicare le sue idee, ogni suo sforzo
sarà vano : la sua fotografia non avrà alcun significato per
chi la guarda.
Possiamo così formulare il secondo requisito di una buo-
na fotografia: non ~eve soltanto significare qualche cosa, ma

215
il suo significato deve esprimersi m forma tale da apparire
evidente a chi la' guarda. Se si ottiene. questo risultato non
importa l'aspetto della fotografia, non importa se è nitida o
sfocata, «pittorica» o «documentaria», paesaggio o nudo.
Forma e tecnica sono determinate dall'atmosfera del sog-
getto e dall'idea che si vuole esprimere con una fotografia.
Perciò io sono contrario. ai « gruppi » e alle « scuole » come
tali e ritengo che la rigida adesione a un gruppo o a una
_scuola limiti gli orizzonti di. un fotografo. La ristrettezza di
vedute, sotto qualsiasi forma si presenti, paralizza la capaci-
tà creativa. Quasi tutti coloro che militano in un gruppo o
aderiscono ad una scuola sono troppo zelanti e intolleranti :
. condannano senza appello tutto ciò che non è conforme alle
loro opinioni. I giovani fotografi ancora privi <j.i esperienza
sono naturalmente avidi di imparare e facilmente influenza-
bili dalle opinioni altrui, soprattutto se vengono espresse con
« autorità». Se il lettore si rende conto di ciò, ascoltare le
suddette opinioni non può dami.eggiarlo.
Conclusione : siate critici. Ascoltare gli altri è spesso un
buon metodo per imparare, ma non dimenticate che avete
anche il vostro cervello e il diritto di usarlo.
Anèh'io esprimerò adesso le mie opinioni sulla fotog1'afia.
Mi rendo conto che, dopo aver · detto quello che ho detto,
sarebbe molto facile criticarmi e accusarmi proprio di ciò
che io rimprovero agli altri. Ho deciso di correre questo ·
· << rischio calcolato » per le seguenti ragioni :
1 . Credo fermamente che chiunque abbia diritto di dire
la sua e il dovere di sostenere le proprie convinzioni. Non
vog-liq litigare con i seguaci di scuole e gruppi soltanto per-
ché il loro modo di vedere la fotografia è diverso dal mio:
Rispetto le loro opinioni anche se spesso non le condivido.
Ciò che respingo a priori non sono queste opinioni, ma la
loro ristrettezza mentale e la loro intolleranza, il loro at-
teggiamento che si potrebbe esprimere così : « O fate in
questo modo o non valete niente. »
2. Non sono èontrario alla polemica. Credo che una di-
scussione accesa sia sempre stimolante e fruttuosa, anche se
il disaccordo è estremo. Anzi, la discussione senza disaccordo
è insulsa perché non dà la possibilità di svolgere una critica
costruttiva.

216
3· Infine, esprimo le mie opinioni perché credo che quello
che ho da dire possa aiutare il lettore a diventare uri foto-
grafo migliore.

UNA « FILOSOFIA DELLA FOTOGRAFIA »

Nella formazione di un fotografo ci sono tre stadi. Alcuni


passano gradualmente dal primo al secondo, e quindi al ter-
zo; altri non superano il secondo, e talvolta nemmeno il pri-
mo; altri ancora saltano il primo. I «fotografi nati», poi,
cominciano addirittura dal terzo.
Primo stadio. In questa fase il fotografo è .soltanto un col-
lezionista, un appassionato di strumenti e di aggeggi, il cui
interesse si concentra sugli apparecchi, sugli obiettivi, sulla
meccanica della fotografia, Possiede di solito i migliori ap-
parecchi, i più aggiornati strumenti e una serie completa di
accessori. Jl fotografo che si trova in questa fase costituisce
la delizia dei negozianti di articoli fotografici perché non
conserva un apparecchio più di qualche settimana o di qual-
che mese. Torna continuamente a cambiarlo con uno più re-
cente, «prova» instancabilmente macchine e obiettivi, ma
non fa mai una vera fotografia.
Secondo stadio. In questa fase l'interesse del fotografo si
rivolge soprattutto alla « qualità » delle copie positive. An-
che questo tipo di fotografo poss~ ede una vasta e ottima at-
trezzatura: ma, a differenza del precedente, se ne serve per
fare fotografie. Quando fa fotografie, però, . non presta la
minima attenzione al soggetto. La sua ambizione è di otte-
nere un «positivo perfetto». Discute appassionatamente di
grana della pellicola, gradazione dei negativi, gamma, iner-
zia, mancanza di reciprocità e opacità; si precipita ad acqui-
stare ogni tipo di soluzione « a grana fine » appena spunta
sul mercato, sperando sempre di imbroccare quella pe.rfetta :
una soluzione che gli permetta di ottenere un ingrandimento
in formato g6 x 48, del tutto privo di grana, da un negativo
Leica, con una copi11 a contatto incollata nell'angolo a sini-
stra in basso.
Terzo stadio. In questa fase il fotografo ècome un p ittore
o un romanziere animato dall'ispirazione. Non gli importa

217
che tipo di apparecchio usa, ma la fotografia che può otte-
nere. Potete vedergli tra le mani una Leica modello 1932,
scrostata e sconquassata, ma le sue fotografie finiscono espo-
ste nelle sale del Museo di Arte Moderna di New York. La
sua « tecnica » può essere talvolta discutibile, la sua sincerità
mai. Se un fotografo sa ciò che vuole, anche se non è pa-
drone della. tecnica, troverà sempre il modo, con-lo studio e
con l'invenzione personale, di . esprimersi chiaramente sulla
pellicola e sulla carta sensibile in modo da comunicare agli
altri le sue esperienze e le sue sensazioni.

La missione della macchina fotografica

Una fotografia, a mio parere, deve avere uno scopo e un


significato. Lo scopo: la fotografia è un mezzo di comunica-
zione. SI fotografa perché le immagini siano vìste da altre
persone. Ogni fotografia è un messaggio del fotografo a chi
la guarda. Scopo di tale messaggio è di dire, in forma visiva,
qualcosa che il fotografo sente di dover comunicare agli al-
tri. Naturalmente il «messaggio » può talvolta non essere
compreso, come accade soprattutto alle fotogra·fie « speri-
mentali » . . Da questo punto di vista il destino di certi foto-
grafi è analogo a quello di molti altri artisti le cui opere
erano troppo « avanzate » per il loro tempo, il cui pubblico
non era « pronto » ad accogliere ciò che essi avevano da di-
re. Questi artisti erano irrisi dai loro contemporanei ma la
loro opera, .definita « rivoluzionaria » se non peggio, aprì
una strada per la generazione successiva. Il significato: ogni
messaggio ha un contenuto. Il contenuto di una fotografia
può essere educativo, informativo, satirico, divertente. Anche
una fotografia fatta soltanto per scopi di archivio h'l. un si-
gnificato: lascia una traccia o un documento a cui riferirsi in
futuro . La maggior parte delle fotografie dei dilettanti sono
nroorio fotografie di nuesto genere : ogni foto,grafia di bam-
bini o di fidanzate, di un compleanno o di un picnic è un
« documento» a cui q'>alcuno si riferirà in avvenire. Con-
frontate queste fotografie, che molti dilettanti . seri disprez-
zano, con quf'l!e che spesso fanno mostra di sé nelle esposi-
zioni fotografiche : le prime significano qualcosa almeno per

218
chi le ha fatte e per la sua famiglia; le fotografie « da espo-
sizione » spesso non significano nulla per nessuno.
Ogni fotografia che abbia un significato parte da un'idea.
Quanto più l'idea è originale, tanto più la fotografia può
dire qualcosa di nuovo a chi la guarda; e il nuovo, l'insolito,
il non convenzionale sono sempre stimolanti. Una fotografia
che abbia origine da un'idea banale non può essere che ba-
nale. Tutte le fotografie che sono imitazioni di altre fotogra-
fie sono banali proprio perché non nascono da un'idea ori-
ginale. L'imitazione è uno spreco di tempo e di sforzi, ma
sembra che molti fotografi non concordino su ciò. Come spie-
garsi altrimenti la continua inflazione di cliché fotografici
come le file di sedie vuote, i rotoli di cordame, i mendicanti
barbuti, gli occhiali posati su libri aperti, le m ani giunte
per la preghiera, i finti monaci vestiti di saio e le ragazze nu-
de che giocherellano con un palloncino di gomma?
Il primo passo sulla strada del lavoro originale · si compie
quando ci si rende conto che un apparecchio fotografico è
solo uno strumento per fare fotografie. Dimentica te il suo
aspetto esterno, i suoi meccanismi di precisione, le sue cro-
mature, il suo obiettivo scintillante; e consideratelo alla stre-
gua - tanto per fare un esempio ·- ·· di una macchina per
scrivere. La macchina fotografica è per il fotografo quelio
che la macchina per scrivere è per il romanziere : uno stru-
mento per esprimere delle idee. Tutti possono imparare a
scrivere a macchina come tutti possono imparare a fare fo-
tografie. A nessuno importa di conoscere la marca della
macchina per ~crivere di un romanziere. Nello stesso modo, _
perché si dovrebbe pretendere di sa,pere quale apparecchio è .
usato da un fotografo? L'unica cosa che conta è se il suo
lavoro è buono o cattivo, interessa nte o sèialbo.
Una macchina fotografica può essere versatile come un
microsconio o un telescopio. Si può usarla per registrare im-
magini che non siano ripetizioni di altre immagini già viste.
Usata con un po' di immaginazione, una macchina foto-
r.-rafica diventa un vero e p-r oprio mezzo di esplorazione e di
scoperta. Pochi dilettanti si rendono conto del gràn numero
di motivi inediti che è alla portata dei loro apparecchi.

MICROFOTOGRAFIA E MACROFOTOGRAFIA . La fotografia di

219
piccoli animali, piante e oggetti in· grandezza superiore a
quella naturale è veramente la scoperta di -un nuovo mon-
do : « volti » di insetti grotteschi come maschere di tribù pri-
mitive; - minuscoli semi pieni di ingegnosi organi, che per-
mettono loro di viaggiare, in forma di ali, di penne, di un-
cini. Nulla sembra più fermo di un filo d 'erba o di un albe-
ro; ma molte piante, nei loro stadi primitivi, viaggiano, vo-
lano, navigano in forma di seme. Non è più eccitante foto-
grafare questi aspetti della natura che trà.vestire vostro zio
da frate e fotografarlo mentre finge di scrivere con una
penna d'oca?

TELEFOTOGRAFIA. Non soltanto avvicina gli oggetti distan-


ti : li riporta anche alle loro proporzioni naturali. Elimina
le distorsioni. Fa apparire tutto « monumentale » e dà l'im-
pressione. di trovarsi nel bel mezzo del soggetto. Nelle scene
di strada, le persone fotografate con un teleobiettivo ap-
paiono come sono realmente e non con quell'aria tesa o in-
timorita che è inevitabile quando le si fotografa da vicino
con un obiettivo normale. Se fotografate una strada del cen-
·tro con un teleobiettivo, il traffico sembrerà congestionato
proprio come è quando cercate di aprirvi un varco con la
vostra automobile. Il teleobiettivo è ideale per fotografare
animali in cattività o in libertà. Il teleobiettivo è poi utile
per ogni soggetto : non soltanto per quelli troppo lontani per
un obiettivo normale, ma anche per soggetti che a prima vi-
sta non sembrano « da· teleobiettivo ». Andate indietro fino
ad ottenere la distanza necessaria, fotografate col teleobiet-
tivo una scena che avreste voluto fotografare da vicino : ve-
drete come le vostre fotografie miglioreranno.

FILM INFRARosso. Avete mai pensato ad usarlo? Esplora-


te le sue possibilità, notate come « drammatizza » i paesag-
gi, come penetra il velo atmosferico, come riduce fe distan-
ze, come fa apparire nuovi ed eccitanti oggetti che si credeva
di conoscere bene. Non serve alcuna « attrezza tura specia-
le » : bàsta un apparecchio a cassetta.

FOTOGRAFIE l'<OTTURNE. La giornata, per il fotografo di og-


gi, d ura ventiquattro ore. Una 'p arte della nostra vita la vi-

220
viamo di notte : perché non !asciarne una traccia sulla pel-
licola? Esposizioni « a tempo » sono possibili con ogni sor-
ta di apparecchio, anche con una «cassetta». I fari e i fa-
nalini delle automobili, di notte, tracciano nello spazio e
nel tempo diagrammi che si possono vedere soltanto con
l'aiuto di una macchina fotografica. Con esposizioni di lun-
ga durata si possono vedere le stelle che ruotano nel cielo.
Un solitario lampione, un rettangolo di luce all'ultimo piano
di una casa buia evocano il mistero della notte, la sua oscu-
rità e la sua quiete.

LAMPO ELETTRONICO. Ormai ve ne sono molti buoni mo-


delli a prezzi ragionevoli, alla portata di molti dilettanti. È
rideale per ritratti di ogni genere. La luce è morbida e mo-
della i contorni, il lampo è troppo breve per dare fastidio
agli occhi, la lampada può accendersi diverse migliaia di
volte prima di dover essere cambiata. Sono finiti i giorni in
cui prima di fotografare una persona bisognava intimarle :
«Fermo così!» Non ci sono più scuse per giustificare sorrisi
congelati e atteggiamenti « in posa»; non c'è bisogno di
treppiede. Col lampeggiatore elettronico potete d imenticarvi
dei problemi « tecnici » e concentrarvi su ciò che volete af-
ferrare nel vostro soggetto : un suo gesto caratteristico, una
sua espres.!lione subitanea, il suo sorriso spontaneo e non
« ordinato».

Io penso che l'apparecchio fotografico sia un -mezzo per


allargare i propri orizzonti, per esplorare i fatti e le emo:z;io-
ni, per mostrare come la gente vive e ciò che sente. Un ap-
parecchio fotografico è una responsabilità, specialmente nel-
le -ma-n1 d( coloro che lo usano per fare fotografie destinate
alla pubblicazione. Giustamente la fotografia è stata chiama-
ta un linguaggio di immagini : se non rappresenta la realtà
in modo veritiero, se falsifica i fatti e induce il pubblico a
formarsi opinioni sbagliate, diventa pericolosa. Un apparec-
chio fotografico, nelle mani di un fotografo che non abbia
rispetto per la verità e per la realtà, è come un'arma da fuo-
co nelle mani di un irresponsabile. Tutti si rendono conto
della pericolosità di un'arma da fuoco, ma pochi fotografi si
rendono conto del danno che può arrecare l'uso irresponsa-

221
bile di un apparecchio fotografico. Ciò vale soprattutto per
la fotografia giornalistica, ma, in misura minore, anche per
le fotografie inflitte al pubblico dalle riviste fotografiche e
nelle mostre. Molti giovani credono che queste fotografie,
per .il ·solo fatto di essere state scelte per essere stampate o
esposte, devono essere necessariamente « buone »; e perciò le
prendono a modello per il loro lavoro. Fotografie di questo
genere hanno ritardato lo sviluppo di molti fotografi dilet-
tanti ed hanno loro impedito di realizzare le grandi possibi-
lità del « mezzo » fotografico. Presi nel giro vizioso di quella
società di mutua ammirazione che è il «circolo fotografico»,
essi non si preoccupano di guardarsi intorno per cercare al-
tri stimoli e altri esempi.

CHE COSA VALGONO L'ATTREZZATURA E LA TECNICA

Spesso si cerca di giustificare la m~diocrità delle proprie


fotografie con frasi come questa: « Se avessi quell'apparec-
chio o quell'obiettivo, potrei fare fotografie come quelle del
tale e del tal altro grande fotografo. » Per chi pensa così
può essere una sorpresa sapere- per esempio- che W . Eu-
gene Smith non ha mai usato altro che una semplice Leica,
lo stesso modello che usano innumerevoli dilettanti; e che,
press'a poco, il go per cento delle fotografie che appaiono
su Life sono fatte o con un apparecchio 24x g6 (Contax,
Leica, Nikon) o con una Rolleiflex. È quindi ovvio che non
all'apparecchio ma al modo di usarlo spetta il merito di una
fotografia. '
Chi crede che con un'attrezzatura fotografica del valore
di un milione sia possibile fare fotografie « da premio foto-
grafico» , è destinato a ricevere molte delusioni. Le operazio-
ni fondamentali per -la posa, lo sviluppo e la stampa sono le
stesse per gli apparecchi del valore di centinaia di migliaia
di lire e per le « cassette » da tremila lire. In entrambi si
usano le stesse pellicole; e i negativi si stampano sullo stesso
tipo di carta. A parte le differenze di formato, l'unica dif-
ferenza fra gli uni e le altre è nella qualità ottica e mecca-
nica, che si manifesta principalmente nella nitidezza dei ne-
gativi. Tuttavia, soltanto un fotografo in possesso di una

222
buona tecnica può sfruttare praticamente la qualità supe-
riore di un apparecchio che valga, poniamo, 25o.ooo lire in
modo che tale qualità risulti evidente rispetto ad un appa-
recchio che ne valga 25.ooo. E anche così egli otterrebbe
soltanto una fotografia leggermente più nitida, mentre un
fotografo più « ispirato » potrebbe ottenere, con l'apparec-
chio da 25.000 lire, una fotografia più bella.
Le costose attrezzature « speciali » servono soltanto .per
lavori « speciali», che sono eccezionali e rari anche per i fo-
tografi professionisti. Nessun dilettante riuscirà a convincer-
mi di aver esaurito tutti i possibili temi col suo apparecchio,
e di dover quindi passare ad un apparecchio « più sofistica-
to». Se egli non ha l'immaginazione necessaria per trovare
motivi adatti· al suo apparecchio «ordinario», non ne avrà
nemmeno per trovare motivi per la sua futura attrezzatura
« speciale ».
In se stesso, un apparecchio non è più creativo di un pez-
zo di èreta. Ma, come un pezzo di creta, può diventare, in
mani ispirate, un mezzo di espressione artistica. Apparecchi
<< che vincono premi » .e apparecchi «che possono fare tut-
to » esistono soltanto nella fantasia degli agenti pubblicita-
ri. Non vi sono apparecchi che vincono premi : vi sono sol-
tanto fotografi che vinèono premi. Ogni apparecchio, dal
formato ~!4 x g6 millimetri al formato 20 x 24 centimetri, può
produrre belle fotografie. Grandi fotografie sono state fatte
anche con « ignobili cassette». Sotto questo punto di vista,
un apparecchio è paragonabile a un'automobile: ogni au-
tomobile che funzioni può portarvi alla vostra destinazione.
Alcune, naturalmente, lo faraimo più velocemente e como-
damente che altre. Ma è sempre il guidatore che deve deci-
dere dove andare.
La preoccupazione per gli aspetti tecnici più esteriori
della fotografia è evidente nella tendenza di molti dilettanti
ad attribuire importanza ai « dati tecnici ». Le riviste e gli
annuari fotografici corredano religiosamente con questi dati
ogni fotografia che pubblicano. Tranne qualche caso ecce-
zionale, i dati tecnici sono non soltanto inutili ma anche tali
da indurre a conclusioni sbagliate. Anzitutto, tàli dati - per
esempio il diaframma e il tempo di posa - possono essere
forniti con molto maggiore accuratezza da un qualsiasi espo-

223
simetro. Inoltre, la citazione della marca dell'apparecchio,
dell'obiettivo e del film è di nessuna utilità pratica: è soltan-
to una pubblicità gratuita per i loro fabbricanti. È commo-
vente vedere quanta pena si danno alcuni redattori di rivi-
ste fotografiche per fornire « informazioni complete » ai loro
lettori. Si legge, per esempio, che la tale fotografia è stata
fatta con una Rolleiflex 6 x 6, dotata di obiettivo Carl Zeiss
Tessar f/g,s. Chiunque sappia che cos'è la Rolleiflex sa art-
che che il suo formato è 6x6, che è dotata o di un Tessar o
di uno Xenon, che tutti gli obiettivi Tessar sono fabbricati
da Cari Zeiss e che l'apertura relativa dell'obiettivo è f / 3,5
(vi sono soltanto poche Rolleifiex con obiettivo f /2,8). Ma
c'è qualcuno che possa dirmi che differenza c'è, quanto a
qualità della fotografia, se questa è fatta con una Rolleifiex
o con una reflex a due obiettivi di un'altra marca. con un
Tessar o uno Xenon, con un obiettivo f/2,8 o f/ 3;5 (magari
col diaframma a f / 8 o f / II)? Se si rivolge loro questa do-
manda, i suddetti redattori di riviste fotografiche rispondono
che sono i lettori stessi a volere queste informazioni, anche
se la redazione si rende conto della loro inutilità pratica. Ma
in questo caso non dovrebbero le redazioni stesse avvertire
di ciò i lettori? Dopo tutto, le riviste fotografiche dovreb-
bero servire per « educare » il dilettante. Ciò che rende non
soltanto inutili ma dannosi i « dati tecnici » è il fatto che
essi non dicono mai tutto. Non dicono se l'esposizione indi··
cata è giusta O sbagliata, se il negativo è sottesposto -0 SO-
vresposto. Non dicono niente sulla luce che c'era al momen-
to della posa, che invece dovrebbe essere indicata sotto for-
ma: di indicazione dell'esposimetro. Non fanno parola del
tempo di sviluppo del negativo, della soluzione usata, della
densità e della gradazione del negativo, del grado di con-
trasto della carta. Di più: l'analisi di questi dati rivela spes-
so che essi sono « fabbricati »·. In molte fotografie all'aperto,
un'ombra che ne contiene un'altra denuncia l'uso di un flash
ausiliario, che non viene menzionato nei dati- che dovreb-
bero insegnare al dilettante « come si fa». Può anche suc-
cedere che un attento esame della profondità di campo ac-
certi un errore o una bugia nell'indicazione dell'apertura di
diaframma. Ma che altro si può pretendere? Quanti foto-
grafi annotano veramente i << dati » di ogni fotografia che

224
fanno? E quanti fotografi possono ricordarsi come hanno fat-
to una data fotografia? Finché i dilettanti insisteranno nel
pretendere i « dati » per ogni fotografia stampata sulle rivi-
ste, dovranno rassegnarsi al rischio di essere male informati.
Spero che da. ora in poi il lettore si affidi all'esposimetro e al
buonsenso .e lasci perdere i « dati tecnici ».
La « tecnica» vale soltanto nella misura in cui può essere
volta ad un fine pratico. Sapere «come» non basta: . biso-
gna anche sapere «che cosa» e sapere «perché». Qualche
volta, sapere (( troppo » può indurre il fotografo a rischiare
troppo poco. Quando siete in dubbio se una fotografia « ver-
rà» dal punto di vista tecnico, fatela! Soltanto le fotografie
« sicure » vengono sempre bene; ma molto spesso sono scial-
be. Correndo qualche rischio, come per esempio nella foto-
grafia contro luce o direttamente contro sole, si ottengono
spesso fotografie eccitanti e nuove. Naturalmente può darsi
che nella fotografia ci siano aloni formidabili; ma anche la
luce del sole è formidabile! ·

COME VEDERE « ·xN TERMINI FOTOGRAFICI »

Ho già detto che la riuscita di lin « buon » fotografo è


dovuta in parte alla sua capacità di « vedere » più e meglio
dei suoi colleghi meno fortunati. Questa facoltà di scoprire
immagini che ad altri sfuggono è una combinazione di tre ·
fattori diversi: un occhio sensibile ai soggetti interessanti; il
senso di ciò che è « fotogenico »; e la conoscenza, basata sul-
la · esperienza, dei soggetti che devono essere evitati perché
non danno mai buone fotografie.

I SOGGETTI INTERESSANTI. Di regola, ciò che è vivo e ciò


che è insolito, o l'una o l'altra cosa, è più interessante e si
presta a fotografie più stimolanti dei soggetti comuni, statici
o inanimati. Le fotografie più interessanti sono sempre quel-
le di persòne che mostrano le loro emozioni. All'altro estre-
mo sono le nature morte e certe composizioni di oggetti ina-
nimati. Gli accostamenti fittizi e artificiali non possono dare
che fotografie fittizie e artificiali.

225
LE QUALITÀ FOTOGENICHE. Ogni fotografia è un'« astra-
zione » nel senso in cui lo sono anche le parole e le kttere
dell'alfabetò. Una lettera, pe~ esempio, è il simbolo di un
suono. Un gruppo di .lettere è il simbolo di un suono· più
complesso : una parola. E una _parola è il simbolo di un og-
getto, di una qualità, di un fatto, eccetera. Tutti conoscono
il significato dei simboli che formano la parola « ragazza ».
Senza tali simboli non sarebbe possibile comunicare agli al-
tri, in forma scritta, il concetto di « ragazza». Lo stesso
principio vale per la fotografia. La fotografia di una ragazza,
per esempio, è un'astrazione in quanto manca di colore, di
tridimensionalità e di movimento, tre delle qualità più im-
portanti di ogni soggetto vivente. In fotografia il coiore è
simboleggiato da sfumature diverse di grigio; la tridimensio-
nalità è simboleggiata dalla prospettiva; il movimento è
simboleggiato da un certo tipo di sfocatura. La conoscenza ,
dei simb!Jli propri della fotografia e la capacità di usarli so-
no fattori importanti ·che influenzano la riuscita delle foto-
grafie. ·
I soggetti dotati di qualità che si prestano alla « simbo-
lizzazione » fotografica sono « fotogenici »; i soggetti privi
di tali qualità non sono «fotogenici». I soggetti fotogenici
'sono ricchi di contrasto, di profondità, di « rotondità », han-
no contorni interessanti; i soggetti non fotogenici sono piat-
ti, monotoni, p~ivi di contrasto, scialbi nei contorni e nella
forma.

I SOGGETTI CHE NON DANNO BUONE FOTOGRAFIE sorio, in li-


nea di massima, quelli non fotogenici : ma non sempre. Vi
sono soggetti estremamente attraenti per la vista, eppme po-
chissimo fotogenici. Ciò è vero soprattutto per le vedute dal-
l'alto e per i panorami. Questi ultimi sono assai belli da
guardare; ma risultano addirittura deprimenti, in fotografia,
se la loro vastità non è simboleggiata introducendo una
« scala » nell'immagine : un uomo a piedi o a cavallo. in lon-
tananza, là cui piccolezza dia respiro e vastità al panorama.
Non sono fotogenici tutti quei soggetti che appaiono trop-
po gremiti, con diversi « centri di interessè >> o con ·uno sfon-
do non intonato. Una distesa di prati verdi sotto un cielo
. azzurro senza nubi è certamente gradevole agli occhi, ma
\
226
dà fotografie molto scialbe. Ciò vale anche per le fotografie
di vegetazione lussureggiante: c'è troppo «verde sul ver-
de», trop'po poco contrasto, troppo pochi contorni netti.
Il fotografo non ha, come il pittore, la possibilità di mu-
tare e inventare per migliorare un quadro. Ma può sempre
scegliere ed escludere. Scegliendo i suoi soggetti in base alle
loro ·qualità fotogeniche può grandemente migliorare le pro-
prie probabilità di ottenere buone fotografie.
Pensare in termini fotografici non è come pensare in ter-
mini, poniamo, letterari. Un soggetto può essere estrema-
mente interessante e si può trarne un racconto affascinante;
lo stesso soggetto, tuttavia, può diventare estremamente noio-
so in fotografia. Pensiamo, per esempio, ad un monumento
commemorativo di una battaglia. Su questa battaglia si po-
trebbe scrivere un libro. pieno di vita, di colore e di dram-
ma; ma in fotografia non si potrebbe che ritrarre il monu-
mento, ed esso risulterebbe insignificante e scialbo come mol-
ti altri.

LA COMPOSIZIONE

Un pittore, per migliorare la .~< composizione » di un qua-


dro, può fare tutti i cambiamenti che vuole. Può aggiunge-
re, cancellare, ricominciare da càpo finché non è soddisfatto.
Tutto ciò non è concesso al fotografo. Quando l'otturatore è
'scattato, la « eomposizione » è fatta. Fino a quel momento
c'era la possibilità di disporre gli oggetti e le persone, di sce-
glierli, di escluderli; dopo quel momento, non si può cambiar
pili quasi nulla.
Comporre un'immagine fotografica significa fare in modo
che le sue diverse parti formino una unità. Per ottenere que-
sto, risultato è necessario che l'interesse si concentri su ciò
che è veramente importante, che linee e forme siano dispo-
. ste in modo armonioso, che luci e ombre siano ben equili-
brate, che l'immagine sia racchiusa in una cornice naturale
e « organica», non ingombrante e non 'artificiale. Per otte-
nere questo risultato il fotografo può scegliere fra quattro
strade: \
1) disporre o dirigere il soggetto fino a quando è certo di

227
avere realizzato una buona composizione. Questa è la solu-
zione ideale, ma naturalmente presuppone che il fotografo
abbia sul soggetto gli stessi poteri che un regista cinemato-
grafico ha sui suoi attori; ,
2) cambiare il punto di vista (e di presa) fino a quando il
soggetto immobile appare bene inquadrato. Questo sistéma
vale soprattutto per le fotografie di paesaggi e di architettu-
re. Quando è possibile, usare un obiettivo di focale superiore
alla normale, éhe migliorerà la composizione « serrando » il
soggetto (il tipico « effetto telefoto » o « prospettiva com-
pressa»);
3) aspettare il momento buono e scattare rapidamente. t
un sistema valido specialmente per le fotografie di sport e di
azione, in cui i mutamenti sono improvvisi e · ìnaspettati. t
adatto anche p(!r molte scene di strada;
4) migliorare lza composizione durante l'ingrandimento,
stampando soltan~o la parte del negativo che contiene l'es-
senza dell'immagine ed eliminando i particolari marginali
che distrarrebbero l'attenzione. Questo sistema consente sol-
tanto di correggere, non di migliorare radicalmente un'in-
quadratura. Quando si fa una fotografia, non bisogna mai
contare su questo rimedio, che ha sempre carattere d'emer-
genza.
Ecco qualche considerazione da tener presente quando si
« compone » una fotografia : . ·

LA SEMPLICIT)~ non è mai un errore. Quanto più sempli-


cemente una immagine è concepita e realizzata, tanto più ef-
ficace sarà. Ciò significa, innanzitutto, che ogni fotografia
deve contenere ~n solo soggetto. I soggetti multipli si tradu-
cono in centri multipli di interesse e perciò dividono l'atten-
zione di chi guarda. Se vi sono diversi soggetti degni di inte-
resse, fate diverse fotografie; non cercate di stiparli tutti in
una sola. '

BIANCHI E NERI MOLTO. NETTI SOnO spesso piÙ efficaci di una


lunga scala di sottili sfumature grigie. Non abbiate paura
di usare bianchi e neri e non tenete conto di tutto ciò che
si dice a proposito delle luci e delle ombre « vuote». Una
zona luminosa che non sia ·di un bianco puro appare velata

228

..___ ______
e sporca·; una zona d'ombra nera e senza dettaglio può spesso
« tenere insieme » un'immagine, dandole forza ed efficacia.

LO SFONDO è una delle parti 'più importanti - e più spesso


trascurate - di uria fotografia. Specialmente se è fuori fuo-
co e pieno di macchie bii,\nche informi, uno sfondo troppo
gremito può rovinare qualsiasi fotografia. Il migliore degli
sfondi è il cielo.

L'ORIZZONTE, se è nell'immagine, divide la fotografia in


due. Un orizzonte basso dà un senso di distanza, di spazio
e di elevazione. Un orizwnte alto mette in rilievo il terreno
e suggerisce sensazioni più materialistiche. Se conoscete que-
sti effl'!tti e sapete farne uso, potete mettere l'orizzonte dove
volete; anche nel bel mezzo aella fotografia.

INQU ADRARE il soggetto con oggetti in primo piano ridotti


a silhouette scura è un ottimo · mezzo per guidare l'occhio
verso il centro della fotografia e per aumentare la sensazione
di « profondità >>.

FOO:OGRAFATI DA VICINO, oggetti e persone creano sempre


· una imp re~sione maggiore, una sensazione di realtà. Tenerlo
in mente quando si fanno ingrandimenti : tagliare quanto
più possibile i margini dell'immagine è uno dei mezzi più
sicuri per aumentare l'efficacii di una fotografia:

LUCE E OMBRA hanno una duplice funzione: lud e ombre


morbide creano un'illusione di spazio tridimensionale; di
« rotondità » e di profondità; luci e ombre violente stabili-
scono la tonalità, la « chiave» di unafotografia. I toni chia-
ri e bianchi sono aggréssivi": suggeriscono gioia, giovinezza,
sensazioni piacevoli. Le ombre scure e nere sono passive:·
suggeriscono umori cupi, .forzft, , età avanzata e morte. Le
zone chiare sono le prime' ad attrarre l'attenzione . .Le wne
scure permettono all'occhio di riposarsi e danno peso ad una
fotografia. '

IL MOVIMENTO è simboleggiato dalla sfocatura meglio che


da ogni altro espediente. Quanto più l'imrp,agine è sfocata e

229
«mossa», tanto maggiore è l'illusione della velocità. Il mo-
vimento, inoltre, può essere suggerito da una composizione
diagonale del soggetto, specialmente quando l'oggetto che
si muove deve essère reso nitidamente. Inquadrando il sog-
getto su una delle diagonali dell'immagine e disponendo i
.principali elementi della composizione in modo che si tro-
vino in $enso diagonale invece che orizzontale e verticale,
si può ottenere un quadro estremamente dinamico e tale da
1
suggerire efficacemente il movimento e la velocità.

LE PROPORZIONI DELLA coPIA devono riflettere le ca~atteri­


stiche ·del soggetto. Molti dilettanti « compongono » le loro
fotografie in modo che rientrino sempre di misura nei limiti
del vetro smerigliato o del mirino: errore particolarmente
vistoso quando il negativo è quadr~to. Nell'ingrandimento
bisogna cercare di tagliare in modo da ottenere le propor-
zioni più efficaci: dalla striscia orizzontale estremamente
stretta a quella verticale ugualmente stretta.

La fotografia si può insegnare soltanto in parte: la p arte


relativa alla tecnica fotografica. Tutto il resto deve venire
dal fotografo. Ciò che l'insegnante, o il libro, possono fare,
è di guidàre i fotografi potenzialmente creativi nella ·dire-
zione giusta, mostrando loro ciò che la fotografia può dare
se è coltivata con intelligenza e immaginazione.
Da ora in poi, se sapete dove volete arrivare e come ar-
rivarci, tocca a voi andare avanti. Le regole e le istruzioni
sono per i tecnici : chi è capace di creare deve tracciarsi la
strada da sé.

230
Indice analitico
(l numeri in corsivo si riferiscono alle tavole fuori testo)

Accessori 66-6 7 Camera oscura 139-I56


Esposimetro 6 7 Campo utile 46-4 7
Filtri 68-70 Carta sensibile 148-150, 168
Paraluce 72 Cassetta (apparecchi a) 87
Scatto flessibile 72 Cerchio di confusione 84, 85,
Treppiede 73 100
Acqua (gocce di pioggia) 28 Chimica dello sviluppo 156
Agitazione durante lo sviluppo Coefficiente dell'obiettivo sup- ·
I6o, !62 plementare I20, 122
Alone 2I Coefficiente di filtro 70, I 28
Anellì di Newton 176 Colori complementari 70, I05
Angolo di visuale 2-7 Composizione dell'immagine fo-
Apertura relativa 39-42 sgg. tografica 227-230
Apparecchio 33 sgg., 87, 198 Contrasto dei negativi 21, 6o,
a cas~etta 8 7 . 101" I 12
- a fuoco fisso 87 Contrasto del soggetto I 20, I22
a vetro smerigliato 203 Controluce 78, I 35
con telemetro accoppiato 202 Copie I 63 sgg.
de~ principiante 205 Corrente elettrica 133
di seconda mano 205 Cronografo 2.9, I44
refiex !204
Aria calda g I Diaframma 17, 18, 21-22, 25-28,
Arte e tecnica 2-16 35, 41-43, 94-iOO, 175, .204
ASA 59 - automatico 20, 204
Asciugamento delle copie 172 Diametro effettivo dell'obiettivo
Asciugamento del negativo I62 39
AsCiugatrice 155 DIN 59
Assicella 153 Dispersione di luce 43··44
Distanza breve 45, 48, 88, 8g,
Bacchetta I 44 •229
Bacinelle per soluzioni 153 Distanza (scelta della)' 4c5
Bagno d'arresto 147, 161, 172 Distorsioni 72-73, I 52, I 75
Bianco e nero (traduzione dei Doppia esposizione 18
colori in) I 02
Bicchiere graduato 144 Elettricità. (cot;rente ·elettrica)
Bottiglie per soluzioni 144 133

231
Elettricità statica 22 , 5 I Illuminazione IO-II, 'j~~-78, 107-
Emulsioni 56, 57, I48 109, 126-I35
- ortocromatiche 56 Immagine latente I5, 157, I70
- . pancromatiche 57 Impronte digitali 16, :i6, 50,
- sensibili al blu s6 I64
Errori IB, I8I-I89 ' Indebolimento dei negativi I83-
Esposimetro I8, fii, 67 ,sgg., I q- I86
120 lndebolitore Kodak al persolfato
Esposizione I I, I6, 18, 20, 23, R-I5 I84
35, I 17-I26 Indebolitore Kodak Farmer R -4a
- con treppiede 23 184
delle copie I 68-170 lndebolitore Kodak R-5 I8S
di ' soggetti poco ilh:1minati lndebolitore proporzionale 185
125-126 lndebolitore ultraproporzionale
doppia IB 184
lnduritore Kodak SH-1 I82
Film 15, 28, 50-66 Infrarossi
Film in rotoli 51; 16o-I62 Film 57, 58, 220
Filmpack 50-52 Filtri 58, 1o6 .
- (sviluppo dei) I62 Flash 58 ·

l
Filtri 68-70, I 04-1 o6 Ingrandimento 167, I 73 sgg.
Finitura delle copie I 73 Ingrandimento (rapporto di) 152 1 1
Fissaggio delle copie I 72 Ingranditori 150-152
Fissatore 16 I Instabilità di fuoco 92
Flash 75, I33 Intensificazione dei negativi I 86-
Focale (lunghezza) 36 sgg. 187
Formato del negativo 53-55 lperfocale 97
Fotogeniche (qualità) 226-227 Ista-ntanea I 4-I 5, 25
Fotografie improvvise in teatri
BIS Lampade-lampo (v. Flash)
Fotografie notturne all'aperto Lampade survoltate (v. Photo-
I 25, 220 floods)
Fuoco (v. Messa à fuoco) Lampeggiatore 75-77
Fuoco (instabilità di) 9~ Lampo elettronico I I 5, 116, 22 I
Lanterna I43
Gradazione della carta 1 I o, I 48, Lastre 53
I65, I68 - (sviluppo delle) I63
. Gradazione della pellicola 63, ,65 Lavaggio delle copie I 72
Grana 2I, '62, 64 Lavaggio del negativo I6I , I63
Grandangolare (obiettivo) 39, Lavatrice I 54 .
210-2I2 Luce I I 7- I 20, I 26-136
Grandezza dell'oggetto 8-g, 38, - ad effetto IO-I r, 131
45 artificiale I26-I36
Grembiule I45 ausiliaria I 07- I o8, 13 I
diretta I 2- I 3

232
~ di sfondo 132 Otturatore 17-18, 21-116, 30, 35,'
incidente 1110 I 14

1 posteriore (v. Controluce)


- principale 130-13 1 Paraluce 72
- riflessa r :.~o Pellicola piana 52, 163
Luminosità 1 18- I 20 Photoftoods 74
Piano focale 35
Macchie 'sui negativi e sulle co- Pinze 148, 153, 164
pie 187 Polvere 16, rB
Macchina fotografica (v. Appa- Portànegativi 152
recchio) Posa (tabelle di) 6 7
Macrofotografia 2 19 Potere risolvente 85
Maschere 110-1 u, 175 Priini piani (v. Distanza breve)
Materiale per lo sviluppo dei ne- Profondità di campo 87-89,. 92-
gativi 145-148 IOO
Messa a fuoco 16-tg, 114-27, 34, Pulitura del negativo 161 , 1641
35, 88, 8g, I.'jÌ, 175 165, 174, r83
- dell'ingranditore 15 1 Puntamento 6-7, 33
- dorsale 8g ·
Microfotografia 2 1 9 Rapidità deil'obiettivo 39, 41
Mirino 33-34 Rapporto di ingrandimento I 52
Movimento dell'apparecchio 6-7, Reciprocità 124
18, go Reflex 204, 205, .241
Movimento del soggetto 14-15, Reticolazione 29
23, go, 112-117, 120, 121, 229 Riflessi 24-25
Riflettori 78
Negativi Rigature 27
- fuori fuoco 175 Rinforzatore al cromo Kodak
sottesposti 2 1 !87
- sovresposti 110-2 1 Rinforzo dei negativi 182 sgg.
- tecnicamente perfetti 11, 16 Rotoli (film in) 51, 52, r6o-161
Negativo 16, 17, 51-55, IOI!-103,
' 164, 165 Scariche elettriche 2 2
Nitidezza (mancanza di) 17, 18, Scatto flessibile 7 2
20,8g Schermi polarizzanti 70-7 I
Numeri/f 40-43 Sensibilità cromatica 55, 65
del film 120, 121, 133
Obiettivo 33, 36 sgg., 207·11o8, - effettiva del film 6o
209-212 - luminosa 59 sgg., 65
- a fuoco morbido 2 12 . Sfondo 30, 229 '
- da ritratto 2 1 2 Sistema Generai Electric 59
- grandangolare 38, 2 1 o-2 12 Sistema W es ton 59
- normale 38, 49, 21 o Smaltatrice I 55, I 73
supplementare 212. Smaltatura 149
- ultraluminoso 2 I 1 Soggetto 23, 225-227

23q .
Solarizzazione 37 Svilupp,o delle copie I70· il74
Soluzioni 6o, I23, I46-I48 Sviluppo delle lastre I63
ad alto contrasto I47
-- a grana fine I 23, I 4 7 Taglio I74
- a grana ultrafine I47 Tecnica e arte 2-16
di fissaggio I 48, I 54 Telaio per la stampa a contatto
- normali I47 I 50
- per il bagno d'arresto I54 Telefotografìa 220
per lo sviluppo dei positivi Telemetro accoppiato I9, 92
I 53 Teleobiettivo 39, 47, 48, 21 I
rapide I47 Temperatura 'della camera oscu-
tropicali I 4 7 ra I40
Sottesposizione I 26 Temperatura della soluzione di
Sovrasviluppo dei negativi 30 sviluppo .~9, I 58, I 7 I
Sovresposizione dei negativi 30 Tempo di s\(iJuppo 29, 158, I 7 I
Speedlights (v. Lampo elettroni- Termometrd 29, I44
co) Traduzione dei colori in bianco
Spianamento delle copie I 73 e nero I02 l
Spotlights 74-77, I08, I3I
Spots (v. Spotlights)
Treppiede 73 l
Spugrla I48
Squadra tura delle copie I 73
Ultravioletto s 8, 9 I l
Stampa I63 sgg. V ascheite di sviluppo I 45
Striature 22, 5 I Velatura 28 ·
Superficie della carta I 49 Velocità (impressione della) r6
Sviluppo del negativo 28-29, 6o, Vetro smerigliato I 9
6I, I45-I48, I55- I64 Vignettatura 37

'

234
Indice generale

Introduzione 5

Parte prima: Prz:ncipi generali , 9


Difficoltà immaginarie e difficoltà reali t t
Una scorciatoia per la « perfezione tecnica » 12
Cognizioni utili 'e cognizioni inutiii 14
BREVE CORSO TE ORICO PER I L PRINCIPIANTE 15
Ecco che cosa succede quando fate una fotografia 15
Il « negativo tecnicamente perfetto » 16
Tre funzioni vitali 16
Nota sulla '« nitideZza » 17
Strumenti per I,. messa a fuoco, l'esposizione e lo sviluppo tg
Strumenti per ljl messa a fuoco 19
Vetro smerigliato 19
Telemetro accoppiato 20
Stru'm enti per l'esposizione 20
I negativi sovresposti 20
I negativi sottesposti 21
Un consiglio 21
Diaframma e tempo di posa 22
Strumenti per lo sviluppo 28
La temperatura 'della soluzione 28
Il tempo di sviluppo · 29
CONSIGLI Al PRINCIPIANTI 29

Parte seconda : Strumenti e materiale 3I


L'APPARECCHIO 33
Parti che lo compongono e loro funzioni 33
Strumenti per il puntamento 33
Strumenti per la messa a fuoco 34
Strumenti per l'esposizione 35
L'OBIET'rrvo 36
La lunghezza focale 36
L'apertu ra relativa 39
Il diaframma 41

235
Dispersioni di luce negli obiettivi 43
Luminosità degli obiettivi e fotografie da brevi distanze 44
Il campo utile ' 46
IL FILM , 49
Caratteristiche fondamentali 49
1 o cose da fare e da non fare 50
Tipi di materiale negativo 5I
Film in rotoli 51.
Filmpack 52
Pellicola piana 52
Lastre 53
, I diversi formati del materiale negativo 53
.La sensibilità crom atica . 55
Le emulsioni sensibili al blu 56
Le emulsioni or tocromatiche 56
Le emulsioni pancromatiche 57
Le pellicole infrarosse 57
Ultravioletto 58
La sensibilità luminosa 59
La sensibilità « effettiva » del film 6o
Le emulsioni lente 6I
Le·emulsioni medio-rapide 6I
Le emulsioni rapide 6r
Le emulsioni ultra-rapide 6r
La grana 62
La gradazione · 63
Pellicole di gradazione dura 63
Pellicole di gradazione normale 63
Pellicole di gradazione morbida 64
Il miglior film 66
l
AC CESSORI 66
L'esposimetro 67
Le guide e le tabelle di posa 67
I fotometri ottici ' 67
Gli esposimetri fotoelettrici 68
I filtri 68
I filtri per contrasto 6g
I filtri correttivi 70
Gli schermi polarizzanti e il controllo dei riflessi 70
Il paraluce . 72
Lo scatto flessibile 72
Il treppiede 73
ATTREZZATURA PER L'ILLUM·I NAZIONE 74
I « photofloods » 74

236
Gli « spotlights » 74
Le lampade-lampo 75
Il lampeggiatore elettronico 76
Riflettqri e loro supporti 78
CONSIGLI AI DILETTANTI AVANZATI 78

Parte terza; Come si fa una fotografia Br


Come si fa una fotografia 83
COME SI OTTENGONO FOTOGRAFIE NITIDE 84
Definizione della nitidezza 84
L'incisività degli obiettivi ·8s
\ Ii potere risolvente del film Bs
L'esattezza della messa a fuoco 86
La profondità di campo nelle prese « oblique » 87
Messa a fuoco alle brevi distanze 88
I nemici della nitidezza 89
Obiettivo sporco 89
· Filtro sporco 89
Movimento dell'apparecchio 90 ·
Movim~nto del soggetto 90
Qualità scadente del filtro go
Curvatura del film go
Strati di aria calda 91
· Radiazioni ultraviolette 91
Discordanza tra vetro smerigliato e film 91
Telemetro male accoppiato . 92
Fronte dell'apparecchio non abbastanza robusta 92
Instabilità di fuoco 92
COME SI OTTIENE LA PROFONDITÀ DI CAMPO 92
Un esperimento · 93
Quanto si deve diaframmare 94 ·
Il problema delle istantanee g6
Tabella per le istantanee 96
La distanza iperfocale 97
Perché la profondità di campo aumenta quando si chiude
il diaframma 99
COME SI OTTIENE UN BUON CONTRASTO IOI
Mezzi per controllare il contrasto 102
Il materiale negativo 103
I filtri 104
L'illuminazione 107
L'esposizioni e lo sviluppo 109
La gradazione della carta I l Q-
Le maschere I IO

237
Le combinazioni I Il
COME SI « FERMA » IL MOVIMENTO II2
« Immobilizzazione » dell'immagine del soggetto in movimento 113
Limitazione del movimento dell'immagine sul film ' 113
Tabella dei tempi di posa possibili II5
COME SI ESPONE CORRETTAMENTE 117
Come si usa l'espç>simetro 1 n8
Misurazione della luçe ~iflessa 120
Misurazione della luce ipcidente I20
I fattori che influiscono sujla posa 120
Sensibilità del film 121
Profondità del soggetto I21
Movimento del soggetta 121
Contrasto del soggetto 121•
Colori del soggetto . 122
Distanza del sogge~to 122
Coefficiente di filtro 122
Gli obiettivi supplementari 122
Tipo di soluzione di sviluppo 123
Tempo di posa 123
Applicazione pràtica 124
Tabella per fotografie notturne all'aperto 1 25
T a bella per fotografie improvvise in teatri 1 25
,,COME SI USA LA LUCE ARTI F ICIALE 1 26
Scopi e principi dell'illuminazione 127
La luce è il « mezzo » fotografico 127
La luce crea volumi e forme 128
La luce e l'ombra come bianco e nero 129
Come si illumina una fotografia 129
Preparativi 130
La luce principale 130
La luce ausiliaria 131
La luce « ad effetto » 131
La luce di sfondo 132
Consigli per l'uso della corrente elettrica 133
Come si usa il flash 133
CONSIGLI AI DILETTANTI ESPERTI 1_~4
1
Parte quarta : Come si sviluppa e si stampa 13 7
Il dilemma : fare da sé o no? 139
LA CAMERA O SC U RA 139
ATTREZZATURA PER LA CAMERA OSCURA 142
Materiale di uso generale 143
Materiale per ]o sviluppo dei negativi 145

238
Materiale per la stampa e l'ingrandimento 148
COME SI SVILUPPA UN FILM 155
Norme e principi generali 155
Chimica dello sviluppo 156
Norme pratiche per lo sviluppo 1 57
Preparativi 157
Sviluppo dei film in rotoli 160
Sviluppo dei filmpack 162
Sviluppo delle pellicole piane e delle lastre 163
COME SI STAMPA 163
Come si fa la stampa a contatto 164
Come si fa un ingrandimento 165
· Norme pratiche per la stampa 166
1
Il negativo 166
La carta 167
L'esposizione 16g
Lo sviluppo 170
Bagno d'arresto 172
Fissaggio 172
Lavaggio I72
Asciugamento 172
La finitura delle c~pie . 1 73
Spianamento 173
Squadratura 173
Consigli pratici per l'ingrandimento 173

Parte quinta: Sbagliando si impara 179


Il successo costa 181
La correzione degli errori 182
/ lndurimento dei negativi prima della correzione 182
Come si indeboliscono i negativi 18 :~
Come si rinforzano i negativi 186
Le macchie sui negativi e sulle copie 187
Alcune delle più comuni cause di errori 188

Parte sesta: L'esperienza 191


SPERIMENTARE MATERIALE E T.E CNICHE 193
La grande confusione 195
SPERIMENTARE. APPARECCHI E ACCESSORI 196 ·
Come scegliere un apparecchio 198
·, L'apparecchio con tèlemetro accoppiato all'obiettivo 202
L'apparecchio a vetro smerigliato 203
Vapparecchio refiex 204
L'apparecchio del principiante 205

239
Apparecchi di seconda mano 205
Corrie si prova un apparecchio 206
Come si prova un obiettivo 207
. Come scegliere un obiettivo 209
La cosa più importante 209
I vari tipi di obiettivi 210
L'obiettivo normale 210
Gli obiettivi grandangolari 210
I 'teleobiettivi 2il
Gli obiettivi ultraluminosi 211
Gll obiettivi a fuoco morbido e da ritratto 212
Gli obiettivi supplementari 212

Parte settima: Come usare la fotografia 213


U 1~a questione di opir{ioni 215
Una « filosofia della fotografia » 217
La missione della macchina fotografica 218
Che cosa valgono l'attrezzatura e la tecnica 222
Come vedere « in termini fotogtafici » 225
La composizione 227
INDICE ANALITICO 231

/
·l Garzanti
R~manzi italiani e stranieri, cronache della realtà . e documenti
della storia contemporanea, opere di letteratura e di saggistìca,
manuali ecc. compongono questa notissima coliezione di « tasca-
bili ». Secondo la consuetudine migliore, , si tende a promuovere,
con questa iniziativa di edizioni a prezzo economico, la massima
diffusione delle opere di successo, già apparse in altre col1eziorù,
con lo scopo di soddisfare le esigenze di lettura, d'informazione,
di cultura di un vastissimo pubblico.

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Ottieri, Ottiero Susann, Jacqueline
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Mandel'stam, Osip Lewis, Sinclair
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Salgari, Emilio Pasolini, Pier Paolo (a cura di)
I pirati della Malesia ' Canzoniere italiano
390 40!2
Dorfles, Gilio
Troyat, Henri
L'architettura moderna
Le dame di Siberia
391
Troyat, Henri 103
La compagnia del fiore rosso Donoso, José
I ne oro nazione
392
Troyat, Henri 404
La barinja Salgari, Emilio
Le due tigri
393
Fenoglio,Beppe 405
Un giorno di fuoco Clark, Grahame
La preistoria del mondo
394
Zamjàtin, Evgénij
406
Noi Gavotti, Erina
Menù per il 1973
395
Pirenne, Henri
Storia economica e 407
Hall, Edwar d T.
sociale del Medioevo
Il linguaggio silenzioso
396
N. Dietrich-B. Thomas 408
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Troyat, Henri Jèan - Charles, Jehanne
La gloria dei vinti Il libro dei gat·ti

398 410
Clidière, Martine Sagan, François
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Finito di stampare il 20 dicembre 1972
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l
Periodico settimanale j228j 14 aprile 1970
Direttore responsabile Livio Garzanti

Pubblicazione registrata
presso il Tribunale di Milano n. 150 del 24-5-1965

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