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INDICE

- MECCANISMI DI RAFFORZAMENTO
1. Rafforzamento per soluzione solida
2. Rafforzamento per incrudimento
3. Rafforzamento per precipitazione
4. Rafforzamento per trasformazione martensitica
5. Rafforzamento per bordo di grano e legge di Hall-Petch

- TECNOLOGIA DEI GETTI


1. Vantaggi dell’uso dei getti rispetto alle altre lavorazioni (asportazione di
truciolo o deformazione plastica)
2. Microstruttura del materiale ottenuto per colata (dendriti, fasi secondarie,
composti intermetallici indesiderati, inclusioni, …)
3. Tecnologia di getto allo stato semisolido e i suoi vantaggi
4. Sviluppo del danno microstrutturale in trazione di leghe da fonderia (per
esempio tratto plastico in leghe Al-Si)
5. Peculiarità delle caratteristiche meccaniche dei getti (dipendenza dai
parametri di fabbricazione e microstruttura che ne deriva)
6. Contrazione di volume e porosità da ritiro
7. Effetti di scala (influenza del volume) nelle proprietà meccaniche dei getti
8. Difetti nei getti
9. Confronto fra le caratteristiche meccaniche e tecnologiche derivanti da
differenti tecnologie di colata

- LEGHE DI ALLUMINIO DA FONDERIA


1. Composizione, microstruttura e proprietà delle leghe binarie Al-Si
2. Composizione, microstruttura e proprietà delle leghe Al-Si-Mg
3. Composizione, microstruttura e proprietà delle leghe Al-Si-Cu
4. Trattamenti termici delle leghe di Al a seconda delle tecnologie di produzione
5. Modificazione dell’eutettico nelle leghe di Al contenenti Si (leghe
ipoeutettiche e ipereutettiche)
6. Effetti della microstruttura nelle leghe di Al da fonderia
7. Solidificazione dendritica dell’alluminio
8. Confronto della composizione e microstruttura delle leghe Al-Si e Al-Si-Cu

- LEGHE DI MAGNESIO DA FONDERIA


1. Caratteristiche e campi applicativi delle leghe di Mg che contengono terre rare
e metalli alcalini
2. Leghe Mg-Ag, Mg-Y o Mg-Y-Gd (composizione, microstruttura e proprietà)
3. Proprietà ingegneristiche peculiari (leggerezza, capacità di smorzamento,
lavorabilità) delle leghe di Mg
4. Corrosione nelle leghe di Mg
5. Effetto dello Zr nelle leghe di Mg
6. Leghe Mg-Al-Zn e Mg-Al-Mn (composizione, microstruttura e proprietà)
7. Meccanismi d’indurimento (loro dipendenza da elementi leganti,
microstruttura ed eventuale trattamento termico) e caratteristiche
meccaniche delle leghe di Mg
8. Leghe binarie Mg-Al

- ACCIAI PER RUOTE DENTATE


1. Pitting nelle ruote dentate
2. I diversi tipi di usura nelle ruote dentate
3. Applicazione degli acciai da bonifica nelle ruote dentate: tipo di acciaio
(composizione e trattamento termico) e caratteristiche richieste
4. Acciai da cementazione: effetti del C e degli elementi leganti
5. Tempra degli acciai da cementazione: varianti del trattamento termico e
conseguenze per quanto riguarda cricche di tempra, tensioni residue,
austenite residua e distorsioni
MECCANISMI DI RAFFORZAMENTO

1. Rafforzamento per soluzione solida


Immettendo un soluto all’interno del metallo che funge da solvente, si ha una modifica
del reticolo cristallino che ostacola il movimento delle dislocazioni. Gli atomi estranei
che entrano in soluzione solida inducono stati tensionali sul reticolo degli atomi
ospitanti. Ne consegue una interazione del campo di tensione reticolare tra le
dislocazioni e questi atomi i quali quindi ostacolano il movimento delle dislocazioni. Tale
meccanismo è efficace soprattutto per reticoli CFC e meno per CCC. Gli atomi possono
essere sia interstiziali (O, H, C o N nel Fe) sia sostituzionali (Mn, Si o Cr nel Fe). In
questo caso, un atomo sostituzionale più grande produrrà tensioni di compressione sugli
atomi vicini; viceversa, se l’atomo sostituzionale è più piccolo, genererà campi di
tensione di trazione. [Disegno atomo interstiziale grande/piccolo e dislocazione] Altri
esempi sono le leghe 3xxx Al-Mn e le leghe 5xxx Al-Mg (sostituzionali), gli ottoni del 1°
titolo Cu-Zn (1° titolo significa monofasici), leghe AZ Mg-Al-Zn. L’incremento di tensione
tangenziale Δτ per muovere la dislocazione è data da

∆𝜏 = 𝐺 ∙ 𝑏 ∙ 𝜀 3⁄2 ∙ √𝑐
Con G modulo di elasticità tangenziale, b modulo del vettore di Burgers (considerabile
come lunghezza caratteristica della dislocazione), c concentrazione del soluto, ε
deformazione.

2. Rafforzamento per incrudimento


L’incrudimento è il fenomeno per cui, sottoponendo un materiale duttile a una
lavorazione meccanica a freddo, si ha un aumento della resistenza meccanica. Si può
avere con lavorazioni meccaniche quali laminazione, trafilatura, piegatura. [Disegno
prova di trazione, RO,2 e RO,2’] Dal grafico in particolare si vede che, dopo aver
sottoposto il metallo a una tensione RO,2’ maggiore della tensione di snervamento RO,2 e
dopo aver scaricato il materiale, si osserva che, se caricato nuovamente, la sua nuova
tensione di snervamento sarà RO,2’. Si ha quindi un incrudimento del materiale, con un
conseguente aumento del tratto elastico ma diminuzione di quello plastico, in cui
aumenta la tensione di snervamento ma diminuisce l’allungamento a rottura.
L’indurimento è spiegato in base alle interazioni del campo di tensione tra le
dislocazioni; durante la deformazione plastica si ha la generazione e la moltiplicazione
delle dislocazioni, le quali si intersecano e si ostacolano. Gli effetti dell’incrudimento
possono essere eliminati con un trattamento termico di ricottura. La tensione di flusso
plastica è data da:

𝜎𝑓𝑙𝑜𝑤 = 𝑀(𝜏0 + 𝛼𝐺𝑏√𝜌)


In cui τ0 rappresenta la tensione di Peierls Nabarro, cioè lo sforzo necessario per
ottenere lo scorrimento tra piani cristallografici, α è una costante, G modulo di
elasticità tangenziale, b modulo del vettore di Burgers (considerabile come lunghezza
caratteristica della dislocazione), ρ densità delle dislocazioni che può andare da 10 3mm-2
per metalli solidificati lentamente a 1010 mm-2 per metalli fortemente incruditi, M è il
fattore di Taylor con M≈3 in un materiale policristallino. Il rafforzamento per
incrudimento è praticato a volte; esempi sono l’acciaio inossidabile austenitico AISI 304
(X6CrNi1810) il cui snervamento può arrivare a 2000 Mpa; allumini serie 5 (il Mg dà già
rafforzamento per soluzione solida) AA 5083 H8 (incrudita).

3. Rafforzamento per precipitazione


In una lega metallica la formazione di precipitati costituisce un ostacolo al movimento
delle dislocazioni, con miglioramento della resistenza meccanica. Prendendo come
esempio una lega Al-Cu al 4,5%, si porta la lega a una temperatura tale per cui tutto il
rame si scioglie nell’alluminio (fase α). Raffreddando si separa la fase θ Al2Cu. Si attua
quindi una tempra in acqua (alta drasticità) in modo tale da sopprimere le
trasformazioni previste dal diagramma delle fasi, ottenendo una soluzione solida
sovrasatura (SSSS). Segue un invecchiamento, in cui si ha una precipitazione omogenea
all’interno dei grani del precipitato. Sono importanti in questa fase la temperatura e il
tempo di invecchiamento. Dalle SSSS si passa quindi alle zone di GP (Guinier-Preston),
che sono piccoli addensamenti nanometrici di atomi di soluto coerenti, in quanto
mantengono la continuità dei piani reticolari. Si formano successivamente delle fasi
intermedie, quali la fase θ’ Al2Cu, più grandi delle GP, le quali possono presentare simili
composizione alle fasi stabili ma possono essere coerenti o parzialmente coerenti, a
differenza delle fasi finali che sono incoerenti. La semicoerenza è la situazione che
garantisce migliore resistenza; essa si raggiunge quindi per un tempo e una temperatura
intermedi per non avere sovrainvecchiamento. [Grafico HV/log(t) parametrizzata per T,
evidenziare coerenza, semicoerenza e incoerenza] A seconda della dimensione dei
precipitati e della loro distanza, possono essere oltrepassati dalle dislocazioni in due
modi:
- taglio dei precipitati: la dislocazione attraversa il precipitato, occorre uno sforzo di
taglio che aumenta all’aumentare delle dimensioni della particella (equazione di
Friedel): 𝜏 = 𝛼𝛾𝐴𝑃𝐵 3⁄2 √𝑟𝑓 1⁄3 con f frazione in volume dei precipitati, γAPB energia del
bordo di antifase, α costante
- aggiramento dei precipitati: la dislocazione si blocca quando incontra un precipitato,
si deforma e lo aggira. La tensione è inversamente proporzionale alle dimensioni del
𝑏𝐺
precipitato (legge di Orowan): 𝜏 = 𝛽 con b modulo del vettore di Burger (considerabile
𝑟
come lunghezza caratteristica della dislocazione), G modulo di elasticità tangenziale, β
costante. Diagrammando le due tensioni si ottiene questo andamento: [Grafico τ-r con
Friedel ~rad r e Orowan ~1/r]
Per piccoli precipitati e finemente dispersi, si avrà un meccanismo di taglio dei
precipitati poiché è richiesta una tensione minore; per precipitati di dimensioni maggiori
si ha un meccanismo di aggiramento. Esiste quindi una τc massima per una dimensione
media del precipitato. Esempi di leghe rafforzate per precipitazione sono: Al-Cu
(formazione di Al2Cu), Al-Cu-Mg (Al2CuMg), Al-Mg-Si (Mg2Si), Al-Zn-Mg (MgZn2); negli
acciai, formazione di carburi e nitruri di Ti, V, Nb. Al-Mg SSSS→β(Al3Mg2) non ci sono
precipitati intermedi quindi non si può indurire per precipitazione.

4. Rafforzamento per trasformazione martensitica


Nel caso di una lega ferro-carbonio, quando essa viene portata in fase austenitica e
raffreddata velocemente, si ha formazione di martensite. Si tratta di una struttura
monofasica di non equilibrio che risulta dalla trasformazione senza diffusione
dell’austenite. La diffusione porterebbe infatti alla formazione di cementite e ferrite.
Durante la trasformazione, si vede che l’austenite CFC subisce una trasformazione
polimorfa portando a una martensite tetragonale a corpo centrato TCC. Si tratta di una
modifica del CCC in cui gli atomi di carbonio presenti nell’austenite rimangono nella
martensite come impurezze interstiziali. La modifica del reticolo causa ostacolo al
passaggio delle dislocazioni ed è pertanto la principale causa dell’aumento di durezza.
La trasformazione martensitica non è propria solo delle leghe ferro-carbonio ma anche
in altre leghe quali bronzi all’alluminio o leghe di nichel e titanio (leghe a memoria di
forma). In questi casi è caratterizzata da trasformazione senza diffusione, e avviene
quasi istantaneamente. Nel caso di leghe ferro-carbonio si possono ottenere due
microstrutture diverse: lath martensite e plate martensite. La prima si ottiene per leghe
con C<0,6%, si forma per la riorganizzazione a causa del passaggio di pacchetti di
dislocazioni. I grani di martensite hanno la forma di sottili lamine che si formano lato
per lato e si allineano parallelamente. Questi listelli si raggruppano poi in blocchi più
grandi. Per C>0,6% la tensione critica di taglio aumenta a tal punto che le dislocazioni
non possono più muoversi e il reticolo si riorganizza per geminazione. Osserviamo quindi
la plate martensite, caratterizzata da una struttura aghiforme o a placchette.
5. Rafforzamento per bordo di grano e legge di Hall-Petch
I bordi di grano costituiscono a bassa temperatura un forte ostacolo al moto delle
dislocazioni, aumentando quindi la resistenza meccanica del materiale. Poiché grani
adiacenti presentano un diverso orientamento del reticolo, alle dislocazioni è richiesta
una maggiore energia per spostarsi a causa del cambio di direzione. Vedendo inoltre il
bordo di grano come una zona amorfa, o come un condensato di dislocazioni, sarà
difficile trovare un piano continuo su cui si muoveranno le dislocazioni. La frattura
avviene quindi all’interno del grano (frattura transgranulare). La superficie dei bordi di
grano aumenta al diminuire della dimensione media dei grani. Ad alte temperature si ha
invece il fenomeno opposto, cioè i bordi di grano sono una zona di debolezza e la
frattura è intergranulare. Il comportamento è descritto dalla legge di Hall-Petch. Essa
può essere ricavata mediante la teoria della meccanica della frattura, modellizzando il
bordo di grano come l’apice di una cricca sottoposta a sforzi di taglio paralleli al piano
della cricca medesima (modo di taglio II). La tensione di taglio è data da:

𝜏√𝜋𝑎
𝜏𝑥𝑦 = 𝑓𝑥𝑦 (𝜃)
√2𝜋𝑟
Con τ tensione nominale applicata (non vi è influenza della cricca), a lunghezza della
cricca, r distanza dall’apice della cricca, θ angolo rispetto alla direzione della cricca.
Ponendo θ=0 (si calcola la tensione sul piano della cricca), a=d dimensione del grano, e
sottraendo τ0, resistenza allo delle dislocazioni non dato dal bordo di grano, a τ e
inserendo una costante si ottiene:

(𝜏 − 𝜏0 )√𝑑
𝜏𝑥𝑦 = 𝐵1
√2𝜋𝑟
Si può pensare che le tensioni tangenziali siano causate da sforzi di trazione
monoassiali per cui σ=2τ (cerchi di Mohr), ci si avvicina al bordo di grano fino alla
distanza minima del vettore di Burger r→b, quindi si può prendere il valore locale σloc, in
particolare si sceglie il valore σ* per cui la dislocazione oltrepassa il bordo di grano

(𝜎 − 𝜎0 )√𝑑
𝜎 ∗ = 𝐵2
√𝑏
Inglobando in un un’unica costante k*=σ*/B2, si ottiene la legge di Hall-Petch:

𝑏
𝜎 = 𝜎0 + 𝑘 ∗ √
𝑑

Si vuole vedere fino a che punto, restringendo il grano, è valida la legge di Hall-Petch.
Si può porre, dal punto di vista fisico, d<100 nm, σ-σ0≈σ (cresce molto la tensione per
generare nuove dislocazioni), ne consegue anche N→1 numero di dislocazioni). La legge
di Hall-Petch si trasforma come:
𝑐2 𝐸𝑏
𝜎≈
𝑑
Quindi, applicata una tensione critica σ*, viene nucleata una dislocazione che subito
passa il bordo. Posto 𝑘 ∗ = √𝑐2 𝐸𝜎 ∗ si ottiene il diametro critico sotto il quale non vale
più la legge di Hall-Petch:

𝑐2 𝐸 2
𝑑∗ = ( ∗ ) 𝑏
𝑘
Il rafforzamento per affinamento del grano può essere praticato mediante
l’inserimento di particolari elementi inoculanti nel metallo. Esempi sono lo Zr nel Mg
oppure TiB2 nell’Al che fungono da nucleatori permettendo una nucleazione eterogenea
più spinta a pari accrescimento del grano.
TECNOLOGIA DEI GETTI

1. Vantaggi dell’uso dei getti rispetto alle altre lavorazioni (asportazione di truciolo o
deformazione plastica)
I vantaggi dell’uso dei getti sono:
- proprietà mediamente isotrope nei pezzi ottenuti (può esserci qualche lieve
variazione a causa della solidificazione direzionale, ma effetti minori alle altre
lavorazioni)
- progettazione funzionale senza dover tenere conto delle problematiche del
montaggio finale (il pezzo è prodotto con forme e dimensioni richieste)
- rapida prototipazione
- produzione semplificata di pezzi di forma complessa, quindi con riduzione dei costi
(risparmio di massa, minor numero di pezzi e lavorazioni)
- è indicata quindi per la produzione di piccoli o medi lotti (a seconda della
produttività e dei costi impiantistici della tecnologia scelta) di pezzi di forma complessa
a cui possono seguire operazioni di finitura superficiale a seconda della tecnologia
utilizzata.

2. Microstruttura del materiale ottenuto per colata (dendriti, fasi secondarie, composti
intermetallici indesiderati, inclusioni, …)
La microstruttura ottenuta nei getti influenza le sue caratteristiche meccaniche.
Generalmente in un getto si possono osservare tre zone con microstrutture diverse: una
zona più esterna (chill zone) cioè quella a contatto con le pareti, presenta cristalli
equiassici di piccole dimensioni; una zona intermedia (columnar zone) contraddistinta da
dendriti disposte nella direzione del gradiente termico; una zona più interna che
raffredda per ultima, presenta grandi grani equiassici e vi si accumulano tutti i difetti in
assenza di materozze. Si ha formazione di dendriti soprattutto nelle leghe a causa di
gradienti di temperatura e di composizione. Più l’intervallo di solidificazione è lungo,
più difficilmente si formeranno dendriti, se è maggiore di circa 110 °C si avrà quasi
solamente chill zone quindi cristalli equiassici. Per ridurre la zona colonnare si possono
inserire degli inoculanti che favoriscono la nucleazione eterogenea (per esempio Zr nel
Mg o TiB2 nell’Al) oppure agitare la forma con rottura delle dendriti e nucleazione di
grani equiassici. La crescita colonnare è favorita anche da una elevata velocità di
𝐴 2
raffreddamento, che può essere stimata con la legge di Chvorinov 𝑇̇ ∝ (𝑉) in cui A
rappresenta la superficie del pezzo e V il suo volume. Nella solidificazione di leghe
ingegneristiche multifase osserviamo fasi diverse, che possono essere duttili come nel
caso degli acciai inox austenoferritici, oppure possono esserci 2e fasi fragili, le quali
possono essere desiderate o indesiderate. Desiderate: ho messo degli elementi a posta e
voglio che si formino; nell’Al: Cu→θ(Al2Cu),θ’ Mg→β(Mg2Si),β’ negli acciai può essere un
C che forma carburi. Sono intenzionali anche gli inoculanti quali il TiB2 nell’Al.
Indesiderate: considerate inclusioni; nel Fe S→MnS O→Al2O3,SiO2 nell’Al da fonderia:
Fe→FeSiAl5. Possono essere classificate anche in micrometriche, quali Fe 3C, Si, θ, β
oppure nanometriche, come quelle usate nei rafforzamenti per precipitazione β’ θ’ δ’ η’
Le inclusioni possono anche essere esogene, cioè che derivano dal processo produttivo,
per esempio particelle di scoria ceramiche o di sabbia. Possono essere eliminate con un
flussaggio di Cl o F.

3. Tecnologia di getto allo stato semisolido e i suoi vantaggi


Nella colata allo stato semisolido, la lega si trova a una temperatura interna alla
lacuna di miscibilità, quindi tra le curve di liquidus e solidus (per le altre tecnologie di
colata, la temperatura di colata è superiore di 100 °C rispetto alla temperatura di
fusione). Si ha quindi una fase pastosa che presenta numerose dendriti. Quando la fase
solida raggiunge il 20% circa, il liquido interdentrico diventa molto viscoso e il fluido non
riesce a infiltrarsi tra le dendriti. Quando il metallo viene versato, le dendriti tendono a
rompersi a causa di sollecitazioni meccaniche o elettromagnetiche permettendo il
passaggio del fluido e dando luogo a una microstruttura fine. Si ottengono quindi pezzi
con ottime caratteristiche meccaniche, buona finitura superficiale e possibilità di
ottenere forme complesse con una elevata produttività. La difficoltà è costituita nello
studio della temperatura ottimale di colata. Inoltre rappresenta un processo costoso e
sono poche le leghe adatte a questa tecnologia. I due principali processi sono il
thixocasting e il rheocasting.

4. Sviluppo del danno microstrutturale in trazione di leghe da fonderia (per esempio


tratto plastico in leghe Al-Si)
Può essere studiato il danno microstrutturale andando ad osservare ciò che succede al
microscopio elettronico, ad esempio, in una lega Al-Si sottoposta a trazione. Se la
tensione a cui è sottoposto il materiale supera la tensione di snervamento, si verifica
uno spostamento di dislocazioni che si trovano all’interno della fase α, il cui numero è
proporzionale alla dimensione della cella. Queste, spostandosi, porteranno con loro dei
campi di tensione elastica che saranno scaricati quando la dislocazione incontrerà una
particella di silicio. La tensione su di esse aumenta ogni volta che su di esse vanno a
finire delle dislocazioni finchè si ha la frattura quando viene raggiunta una soglia limite.
Sopra di essa, andando ad aumentare la sollecitazione non si verifica altro che una
propagazione della rottura o della decoesione delle particelle fino a quando le
discontinuità create coalescono formando una cricca. Può essere ricavato
l’allungamento a rottura in funzione di L, lunghezza della cella dendritica:
𝐿 = 𝐾1 𝑡𝑠 𝑞 con q≈2 e ts tempo di solidificazione
𝑇 −𝑇
Velocità di raffreddamento: 𝑇̇ = 𝐿𝑡 𝑆 con TL temper di liquidus e TL di solidus
𝑠

1 𝐴 2 𝑉 2 𝑉 2𝑞
Per Chvorinov 𝑇̇ ∝ 𝑡 ∝ (𝑉) ; 𝑡𝑠 = 𝐾2 (𝐴) ; 𝐿 = 𝐾3 (𝐴) con A area e V volume
𝑠

2
Risulta 𝐴% = 𝑒𝑥𝑝 [(𝐾4 − 𝐾5 𝐿)1+𝑛 ] − 1

K4 e K5 tengono conto del fattore di forma, n è l’esponente d’incrudimento. Tale


modello trascura il verificarsi della strizione che è normale in quanto per la maggior
parte delle leghe da fonderia questo non avviene.

5. Peculiarità delle caratteristiche meccaniche dei getti (dipendenza dai parametri di


fabbricazione e microstruttura che ne deriva)
Le caratteristiche meccaniche dipendono da diversi fattori: proprietà del metallo o
della lega (intervallo di solidificazione), processo utilizzato quindi velocità di
raffreddamento (più elevata se in conchiglia piuttosto che in sabbia), microstruttura
ottenuta alla fine del processo. In particolare essa presenta tre zone: una zona più
esterna (chill zone) cioè quella a contatto con le pareti, presenta cristalli equiassici di
piccole dimensioni; una zona intermedia (columnar zone) contraddistinta da dendriti
disposte nella direzione del gradiente termico; una zona più interna che raffredda per
ultima, presenta grandi grani equiassici e vi si accumulano tutti i difetti in assenza di
materozze. Le proprietà del metallo e il processo di produzione influenzano appunto la
dimensione di queste tre zone: più l’intervallo di solidificazione è lungo, più
difficilmente si formeranno dendriti, se è maggiore di 110 °C si avrà quasi solamente
chill zone quindi cristalli equiassici; velocità di raffreddamento più elevate significano
elevati gradienti termici quindi dendriti, ma ciò può portare anche a grani più grossi.
La velocità di raffreddamento può essere stimata con la legge di Chvorinov per cui
𝐴 2
𝑇̇ ∝ (𝑉) in cui A rappresenta la superficie del pezzo e V il suo volume. La velocità di
raffreddamento è influenzata anche da altri fattori come la presenza di raffreddatori, la
geometria dei canali di colata, geometria della forma (parti sottili raffreddano più
velocemente).
I pezzi ottenuti per fonderia presentano proprietà mediamente isotrope (mediamente
perché può esserci qualche lieve anisotropia dovuta alla solidificazione direzionale) a
differenza di pezzi ottenuti per deformazione plastica che presentano spiccate
anisotropie, come nel caso delle lamiere ottenute per laminazione. In tal caso tendono
ad allinearsi sia la tessitura di forma (può essere eliminata nella laminazione a caldo),
ma soprattutto la tessitura cristallografica, per cui tendono ad allinearsi i sistemi di
scorrimento. I semilavorati risultano più duttili dei getti, perché in questi ultimi le
seconde fasi non duttili sono in percentuale molto maggiore che nei semilavorati. Altra
differenza sta nella dispersione delle caratteristiche meccaniche, che è molto alta nei
getti a causa degli effetti di scala (più il pezzo è grande, più è probabile avere dei
difetti al suo interno) e i dati tabellari, ottenuti per provette colate a parte, possono
sovrastimare le caratteristiche del 20-30%. Per i semilavorati invece le caratteristiche
meccaniche sono riproducibili.

6. Contrazione di volume e porosità da ritiro


Durante la solidificazione del metallo successiva alla colata, si ha una riduzione di
volume che prende il nome di ritiro. E’ di tre tipi: liquido, poiché la temperatura di
colata è maggiore a quella di solidificazione e aumenta la densità; solido, perché il
metallo solidificato si riduce ancora di volume raffreddandosi fino a temperatura
ambiente; durante il passaggio di stato, poiché generalmente (non è il caso del Si) i
metalli aumentano di densità (quindi si riduce il volume) passando dallo stato liquido
allo stato solido. Risulta necessario ovviamente iniettare una maggiore quantità di
metallo liquido e, per far ciò, è necessario che si abbia una solidificazione
unidirezionale. Il ritiro può manifestarsi sia come variazione di forma alle pareti del
getto (superfici concave) sia come porosità interne. Queste si concentrano nelle zone
del getto che solidificano per ultime; un buon metodo per ovviare a questo problema
sono le materozze, cioè dei grandi volumi, che vengono aggiunti al pezzo, i quali
solidificheranno per ultimi e lì si concentreranno questi tipi di difetti. Le materozze
verranno in seguito eliminate dal pezzo. Tale metodo risulta efficace solamente nei
metalli puri (intervallo di solidificazione nullo) e inefficace per leghe a intervallo di
solidificazione lungo, dove si ha formazione di muschy zone con fase sia solida che
liquida che tende a risucchiare altro metallo fuso dalla zona di solidificazione. Il ritiro si
forma perché nel liquido si ha una bassa pressione ma il risucchio è ostacolato dalla fase
solida con formazione di microvuoti. Si può in parte migliorare questo problema
prendendo accorgimenti sulla geometria del pezzo per pilotare la solidificazione
direzionale oppure provare a colare dal basso per spingere l’aria fuori. Si può
contrastare anche grazie all’Hot Isostatic Pressing, la quale fa emergere tutte le
porosità sulla superficie del pezzo.

7. Effetti di scala (influenza del volume) nelle proprietà meccaniche dei getti
Le proprietà meccaniche dei getti sono rappresentate da grandezze ottenute mediante
metodi statistici, proprio perché tali proprietà risultano variabili da getto a getto e
rappresentano quindi non il valore effettivo ma un valore medio (valore atteso). I dati
statistici vengono forniti tramite distribuzioni gaussiane. Ci sono due limitazioni: tale
distribuzione è sensata se si tratta di un materiale duttile (allungamento a rottura
A%>8%); non sono tenute in conto le variazioni di velocità di solidificazione per le varie
sezioni. La probabilità di rottura può essere descritta mediante statistica di Weibull:
𝑤
𝑉 𝑅−𝜎0
− ( )
𝑃 = 1−𝑒 𝑉0 𝜎𝑚𝑒𝑑 (𝑉0 )−𝜎0
Con V volume del materiale, V0 un volume rappresentativo, σ0 soglia al di sotto della
quale non vi è rottura, σmed(V0) il valore medio della tensione di rottura nel volume
rappresentativo. w è l’esponente di Weibull che è indice della dispersione dei dati (w=10
per ceramici, w=50 metalli forgiati, w=80 laminati metallici, w=50 premium quality). In
particolare si arriva all’espressione:
1 𝑉
ln (𝑙𝑛 ( )) = [𝑙𝑛 − 𝑤 ∙ 𝑙𝑛(𝜎𝑚𝑒𝑑 (𝑉0 ))] + 𝑤 ∙ 𝑙𝑛(𝑅)
1−𝑃 𝑉0
In piano doppio logaritmico è una retta di coefficiente angolare w e la cui intercetta
dipende da σmed(V0). Dall’espressione si evince come, aumentando V0, aumenta la
probabilità di rottura, la quale quindi ha un effetto di scala dipendente dal volume del
pezzo.

8. Difetti nei getti


- Porosità: possono essere da ritiro o da idrogeno. Durante la solidificazione si ha una
riduzione di volume (ritiro) che può manifestarsi sia come variazione di forma alle pareti
del getto (superfici concave) sia come porosità interne. Queste si concentrano nelle
zone del getto che solidificano per ultime; un buon metodo per ovviare a questo
problema nei metalli puri sono le materozze. Tale metodo risulta inefficace per leghe a
intervallo di solidificazione lungo, dove nella muschy zone (fase sia solida che liquida) si
ha una bassa pressione nel liquido ma il risucchio è ostacolato dalla fase solida con
formazione di microvuoti. Si può in parte migliorare questo problema prendendo
accorgimenti sulla geometria del pezzo per pilotare la solidificazione direzionale,
provare a colare dal basso per spingere l’aria fuori oppure grazie all’Hot Isostatic
Pressing. La porosità da H è causata dal fatto che esso è solubile in molti metalli allo
stato liquido ma non lo è allo stato solido (Al e Mg) dando origine a delle porosità
interne, in particolare come bolle nell’ultima zona solidificata o formando vuoti
interdendritici se la quantità di H è elevata. L’idrogeno proviene principalmente
dall’umidità atmosferica, per esempio nell’alluminio si verifica la reazione
3H2O+2Al→Al2O3+6H (il primo rappresenta l’ossido superficiale, il secondo è disciolto nel
liquido) oppure l’umidità può trovarsi sugli stampi che devono essere lavati con ossigeno
puro. L’idrogeno può anche essere eliminato con un flussaggio di Cl o Ar
- Gas intrappolati. Essi portano alla formazione di bolle che rendono la lega non
trattabile termicamente a causa del blistering. Si può evitare progettando dei canali di
sfiato nel contenitore; effettuando una colata sottovuoto; lavare lo stampo con un
soffiaggio di ossigeno, che rimarrà l’unico gas; applicare una camera di sfogo
- Inclusioni. Possono essere endogene o esogene. Le prime possono essere fasi non
metalliche che derivano dalla reazione del metallo con l’ambiente circostante (solfuri,
nitrati, ossidi) oppure metalliche come il Fe nell’Al e affinanti del grano come boruri di
Ti o V. Le inclusioni esogene derivano dal processo produttivo, per esempio particelle di
scoria ceramiche o di sabbia. Possono essere eliminate con un flussaggio di Cl o F.
- Film di ossido. E’ un sottile strato di ossido che si forma a causa della reazione del
metallo con l’ossigeno e si tratta di una inclusione. Si cerca di isolare il bagno
dall’atmosfera con scorie protettive che generano solidi bassofondenti che fondendo
coprono la superficie del pezzo.
- Strappi a caldo (hot tears). Durante il ritiro volumetrico che si verifica dopo la
solidificazione, può accadere che il metallo sia posto a trazione e la tensione superi la
resistenza del metallo che non è ancora alta alle elevate temperature. La frattura che si
verifica è sempre intergranulare e dipende molto dalla lega, per esempio è un problema
nell’Al e si può correggere aggiungendo del Fe. Si può migliorare anche affinando il
grano
- Difetti superficiali e finiture. Possiamo annoverare le gocce fredde, che si generano
durante la colata se delle gocce di metallo solidificano prima e verranno
successivamente inglobate dal resto del liquido, comportandosi come macroinclusioni.
Le giunzioni fredde, che si hanno se la velocità di solidificazione è elevata o se la
fluidità è bassa, e si hanno quando due flussi di liquido si incontrano quando sono già
abbastanza freddi e si uniscono senza mescolarsi, dando luogo a dei punti di debolezza.
Possono generarsi nella pressocolata e bisogna controllare la geometria dei canali di
colata e la temperatura delle pareti. I reticoli di bave sono una replica delle cricche
presenti negli stampi a causa della fatica termica e che vengono riportati sulla superficie
del getto.

9. Confronto fra le caratteristiche meccaniche e tecnologiche derivanti da differenti


tecnologie di colata
Sabbia Conchiglia Pressocolata Semisolida
Costo Basso Medio Alto Alto
Produttività Bassissima Bassa Alta Media
Forme pezzi Complicate, Complesse Forme Complesse
getti grandi ma con normali ma con
dimensioni pochi inserti pochi inserti
Spessori minimi Molto grandi Grandi Piccoli Normali
Finitura sup Scarsa Normale Ottima Buona
Velocità Bassissima Normale Altissima Medio-alta
raffreddamento
Microstruttura Grossolana Fine Finissima in Molto fine
superficie
Caratteristiche Mediocri Buona Ottima Ottima
meccaniche
Nella colata in sabbia le forme sono provvisorie e ne conseguono bassi costi ma con
bassa produttività. Il basso raffreddamento causa microstrutture grossolane con scarse
caratteristiche meccaniche. Sono necessarie successive lavorazioni poiché i pezzi
presentano scarsissima finitura superficiale e grossi spessori.
La colata in conchiglia prevede invece una forma permanente in materiale ferroso. Ciò
causa un raffreddamento più rapido, migliori finiture superficiali, microstrutture più fini
e migliori caratteristiche meccaniche. Presentano costi maggiori.
Nella pressocolata il metallo liquido è iniettato in forma permanente (stampi in acciaio
o ghisa) a pressioni elevate (2-15 MPa se a camera calda, 15-150 MPa a camera fredda).
La pressione è mantenuta elevata per tutto il raffreddamento del pezzo. I costi
aumentano ma anche la produttività e le caratteristiche meccaniche.
La colata semisolida è una tecnologia innovativa ancora in via di sviluppo. Può essere
impiegata per poche leghe metalliche (leghe di alluminio). La lega fusa viene versata a
una temperatura media tra la temperatura della curva di liquidus e la temperatura della
curva di solidus.
Un’altra tecnologia da ricordare è la colata a cera persa, dove vengono prodotti pezzi
con elevate precisioni e finiture superficiali. Essa consiste nella realizzazione di grappoli
di pezzi con modello in cera sulle quali si ricaveranno delle forme transitorie in gesso in
cui verrà colato il metallo fuso.

10. Resistenza a fatica dei getti


La resistenza a fatica dei getti può essere determinata mediante formule ottenute
sperimentalmente. Si possono considerare le formule trovate da Murakami:
1,43 ∙ (75 + 𝐻𝑉)
𝑃𝑒𝑟 √𝐴 ≤ 1400 𝜇𝑚, 𝜎𝑙𝑖𝑚,7,𝑑𝑖𝑓 = 1⁄6
(√𝐴)
1,43 ∙ (450 + 𝐻𝑉)
𝑃𝑒𝑟 √𝐴 > 1400 𝜇𝑚, 𝜎𝑙𝑖𝑚,7,𝑑𝑖𝑓 = 1⁄3
(√𝐴)
Si hanno quindi delle equazioni in cui si correla σlim,7,dif, cioè la resistenza a fatica di
campioni ottenuti da getti in cui i difetti sono origine della rottura (107 cicli, prove di
flessione rotante R=-1), alla durezza Vickers HV e alla radice dell’area perpendicolare
alla massima tensione principale del massimo difetto in superficie. Essa può essere
determinata da provette difettose rotte a fatica o da controlli non distruttivi su provette
con difetti. Tali relazioni possono però sovrastimare la resistenza a fatica nel caso in cui
si abbiano dei difetti molto piccoli. In tal caso è necessario confrontare la resistenza a
fatica in presenza di difetti con quella ottenuta in assenza di difetti, cioè in cui essi non
sono causa di rottura (si capisce dalla superficie di rottura). La tensione di rottura a
fatica in assenza di difetti è ricavata anch’essa sperimentalmente ed è tra la metà e un
terzo della tensione di rottura.
LEGHE DI ALLUMINIO DA FONDERIA

1. Composizione, microstruttura e proprietà delle leghe binarie Al-Si


Le leghe binarie Al-Si sono le leghe da getto più usate; il Si è insolubile nell’Al a
temperatura ambiente. Esso è inserito perché: il calore di fusione è molto alto, il che
prolunga la vita della fase fluida (soprattutto per concentrazioni ipereutettiche);
migliora la resistenza alla corrosione; da solido ha una densità prossima a quella del
liquido quindi contrasta il ritiro e la conseguente porosità; buona saldabilità; migliora la
fluidità per il grande volume di eutettico; peggiora la lavorabilità. Presentano una buona
duttilità se ipoeutettiche ma la concentrazione di Fe non deve superare lo 0.2% per
evitare la dannosa formazione del composto ß Al5FeSi che, in struttura aghiforme,
peggiora notevolmente le caratteristiche meccaniche della struttura. Inserendo Mn nel
bagno, si può tramutare nella struttura a "scrittura cinese" α Al5FeSi sicuramente meno
dannosa della precedente. Inoltre, nel caso si dovesse affrontare un processo di
pressocolata, è necessario aggiungere alla struttura un quantitativo di Fe<2% per
fronteggiare il fenomeno delle cricche a caldo, per esempio nella lega 413. Il Fe forma
eutettici bassofondenti che chiudono le cricche. Le leghe eutettiche si presentano come
strutture con molto silicio, di conseguenza il bagno fuso sarà molto fluido e con poco
ritiro. Vanno bene per getti sottili ma non sottoposti a sollecitazioni (il silicio è un
materiale fragile). Si colano in conchiglia. La microstruttura varia con la velocità di
solidificazione: se è alta, la struttura è fine e il Si assume forma fibrosa con buona
duttilità e resistenza; se è bassa, la struttura risulta meno fine, in cui vi sono aghi di Si
su fondo di Al con una maggiore fragilità. Si possono migliorare le caratteristiche
meccaniche anche modificando l’eutettico, oltre che giocando sulla velocità di
solidificazione. Le leghe ipereutettiche hanno una struttura che presenta grosse
particelle di silicio primario pro eutettico (che dà fragilità) immerse nella solita
struttura formata da liquido eutettico solidificato.

2. Composizione, microstruttura e proprietà delle leghe Al-Si-Mg


L’inserimento del Mg in una lega Al-Si porta al rafforzamento per soluzione solida, per
dispersione della fase micrometrica β Mg2Si, e dopo un T6 per precipitazione della fase
nanometrica β’ Mg2Si con miglioramento delle caratteristiche meccaniche; un esempio di
queste leghe sono appunto la 356 e la 357. Rispetto alle leghe senza il trattamento
termico, le particelle di silicio o di fase ß potrebbero presentare degli spigoli, magari
anche a causa di una loro rottura, portando alla formazione di microcricche; il
trattamento T6 causa l'arrotondamento delle particelle riducendo punti di
concentrazione delle tensioni. Quanto detto vale in un caso statico poiché, nel caso
della fatica, si sa che l’effetto dei trattamenti termici è minore se non del tutto nullo.
In tal caso, sono i difetti causati dalla colata che diventano nucleatori di cricche di
fatica. Si può migliorare la resistenza a fatica pertanto andando a lavorare con getti
premium quality. Sono buone leghe anche per quanto riguarda la corrosione e la
saldabilità. Si può aggiungere Cu in lega che può portare a rafforzamento per
precipitazione di composti nanometrici θ’ Al2Cu. Possono presentare elementi in lega
quali TiB2 in funzione di affinante, il Fe non deve superare lo 0.2% per evitare la
formazione della fase ß AlFeSi che, in struttura aghiforme, peggiora notevolmente le
caratteristiche meccaniche della struttura ma inserendo Mn si può tramutare nella
struttura a "scrittura cinese" α AlFeSi sicuramente meno dannosa della precedente.

3. Composizione, microstruttura e proprietà delle leghe Al-Si-Cu


Sono simili alle leghe binarie Al-Si ma presentano maggiore resistenza meccanica. Le
percentuali di Cu sono comprese tra 1,5% e 4,5%, Si tra 3% e 10% e possono portare Mg o
Ni. L’inserimento del Cu in lega comporta una diminuzione di lavorabilità agli utensili,
duttilità (causata dalla bassa resistenza del rame) e resistenza alla corrosione. Può
indurire per soluzione solida e precipitazione di composti micrometrici θ Al2Cu (il Si si
osserva sotto forma di particelle micrometriche a bordo delle dendriti) che sotto
l’effetto di un invecchiamento possono diffondere e creare particelle nanometriche θ’
Al2Cu. Se aggiunto il Mg, si avrebbero composti β’ Mg2Si nanometrici. Su di esse può
essere applicato un T5 con tempra in aria e raffreddamento; non si esegue T6 per
evitare il blistering. Per basse quantità di Si o Cu si cola in sabbia o in conchiglia,
mentre aumentando il Si si può colare in pressione a causa del minore ritiro e della
maggiore fluidità (necessaria aggiunta di Fe per evitare strappi a caldo). Esempi di leghe
sono la A390 ipereutettica o la A332 in cui un 2% di Ni causa indurimento per dispersione
e migliora la resistenza ad alte temperature. Può esserci presenza di P per aumentare la
presenza di silicio poiché si forma AlP nucleatore del Si.

4. Trattamenti termici delle leghe di Al a seconda delle tecnologie di produzione


Le leghe di alluminio sono spesso trattate termicamente per migliorarne le
caratteristiche meccaniche. Ciò viene effettuato attraverso indurimento per soluzione e
soprattutto per precipitazione. L’indurimento avviene attraverso vari stadi:
solubilizzazione sopra la linea della lacuna di miscibilità per dissolvere gli elementi in
lega; tempra, ovvero raffreddamento veloce sotto la linea di fase in modo da ottenere
una soluzione sovrasatura (SSSS); invecchiamento, mantenendo la lega a temperatura
ambiente oppure elevata secondo il risultato che si vuole ottenere. Si ottiene quindi un
precipitato fine sui bordi di grano che ostacola il movimento delle dislocazioni. I
trattamenti termici dell’alluminio sono indicati con la simbologia TX. I più utilizzati
vanno dal T3 al T8; in particolare si ricordano il T6 cioè solubilizzazione, tempra e
invecchiamento artificiale, e T7 in cui si ha un superinvecchiamento. Il trattamento T6 è
effettuato nelle leghe Al-Si contenenti Mg, dove si ha un rafforzamento per
precipitazione della fase β’ Mg2Si. La solubilizzazione del T6 serve a frammentare e
arrotondare le particelle di Si nelle leghe modificate. Se nella lega è presente Cu invece
si può avere precipitazione di particelle nanometriche θ’ Al2Cu a cui può seguire un
trattamento T5 (il T6 può portare a blistering). Bisogna ricordare però come questo
trattamento non aiuta nella resistenza a fatica.

5. Modificazione dell’eutettico nelle leghe di Al contenenti Si (leghe ipoeutettiche e


ipereutettiche)
Si osserva che, per raffreddamenti più rapidi, si ha una fine struttura di solidificazione
in cui il Si assume forma fibrosa e si ha buona duttilità e resistenza; per lenti
raffreddamenti, le particelle di Si assumono forma di grossi aghi di Si su fondo di Al con
conseguente riduzione di duttilità del materiale. Oltre che agire sulla velocità di
raffreddamento (colate in conchiglia), si può agire anche modificando la composizione
dell’eutettico (12,6%): si può per esempio inserire nel bagno degli elementi (Na, Sr, Ca,
Sb) che modificano la forma originaria, comportando una migliore resistenza, tenacità e
riducendo la porosità. Inoltre, riuscendo ad abbassare l’eutettico, si ha una modifica
dell’intervallo di solidificazione. Un esempio è rappresentato dal sodio in leghe
ipoeutettiche, che inserito in piccole quantità (0,005%-0,015%) serve ad avvelenare i
nuclei di Si bloccandone la crescita. Si ha quindi una forte velocità di nucleazione e un
minore accrescimento delle particelle di Si. Se è presente P può comportare problemi
perché, sopra le 5 ppm, si può legare con l’alluminio formando AlP, nucleatore di silicio
di grandi dimensioni; il sodio può limitarne gli effetti formando NaP. Troppo Na invece
forma AlNaSi che è nucleatore di grosse placche di Si, dando fragilità. Utilizzando Sr o Sb
si può arginare questo problema dovuto alla sovramodifica poiché il composto che si
forma, Al3SrSi3, non funge da nucleante. La struttura ottenuta inoltre risulta più fine e si
mantiene se il metallo viene rifuso. Per le leghe ipereutettiche non si fa una vera e
propria modifica dell’eutettico ma si aggiunge il P perché si vuole affinare sia la
struttura di Si che quella di Al. La presenza di Na e Ca inibisce l’effetto nucleante del P
con la formazione di NaP e CaP. E’ quindi opportuno che si proceda con flussaggio di Cl
prima dell’aggiunta del P per eliminare Na e Ca. Il P è volatile come Il Na e quindi non è
possibile avere anche in questo caso lingotti pre-modificati.

6. Effetti della microstruttura nelle leghe di Al da fonderia


La microstruttura nelle leghe d’Al da fonderia dipende da tre fattori: velocità di
solidificazione, l’utilizzo di affinanti e dagli elementi di lega. Aumentando la velocità di
solidificazione, si ottiene una struttura cristallina più fine quindi migliori caratteristiche
meccaniche. Essa può essere ottenuta anche mediante l’utilizzo di affinanti che
permettono di avere una nucleazione eterogenea più spinta. Nel caso dell’Al si può
usare TiB2, che funge da nucleatore di grani di Al. La microstruttura dipende anche dagli
elementi in lega, per esempio da forma e dimensione delle particelle di Si in leghe
binarie Al-Si. Generalmente queste si presentano come lamine sottili, che rendono
fragile il materiale. Con il processo di modifica dell’eutettico si può ottenere invece una
struttura con particelle di Si di forma fibrosa che risultano mediamente più piccole e
ostacolano la propagazione delle cricche. La modifica può avvenire in leghe
ipoeutettiche mediante l’aggiunta di Na in piccole quantità (0,005%-0,015%), che serve
ad avvelenare i nuclei di Si bloccandone la crescita. Si ha quindi una forte velocità di
nucleazione e un minore accrescimento delle particelle di Si. Se è presente P può
comportare problemi perché, sopra le 5 ppm, si può legare con l’alluminio formando
AlP, nucleatore di silicio di grandi dimensioni; il sodio può limitarne gli effetti formando
NaP. Troppo Na invece forma AlNaSi che è nucleatore di grosse placche di Si, dando
fragilità. Utilizzando Sr o Sb si può arginare questo problema dovuto alla sovramodifica
poiché il composto che si forma, Al3SrSi3, non funge da nucleante. La struttura ottenuta
inoltre risulta più fine e si mantiene se il metallo viene rifuso. Per le leghe
ipereutettiche non si fa una vera e propria modifica dell’eutettico ma si aggiunge il P
perché si vuole affinare sia la struttura di Si che quella di Al. La presenza di Na e Ca
inibisce l’effetto nucleante del P con la formazione di NaP e CaP. E’ quindi opportuno
che si proceda con flussaggio di Cl prima dell’aggiunta del P per eliminare Na e Ca. Il P è
volatile come Il Na e quindi non è possibile avere anche in questo caso lingotti pre-
modificati. Infine, la presenza di Fe nella leghe Al-Si porta alla formazione del composto
Al5FeSi che si presenta con una struttura aghiforme che ancora una volta favorisce la
propagazione delle cricche. L’aggiunta di Mn porta invece alla formazione del composto
AlMnFeSi che invece assume la cosiddetta forma a scrittura cinese, che rende la lega più
resistente. Comportamento analogo lo si ha nelle leghe Al-Si-Mg.

7. Solidificazione dendritica dell’alluminio


Generalmente in un getto si possono osservare tre zone con microstrutture diverse:
una zona più esterna (chill zone) cioè quella a contatto con le pareti, presenta cristalli
equiassici di piccole dimensioni; una zona intermedia (columnar zone) contraddistinta da
dendriti disposte nella direzione del gradiente termico; una zona più interna che
raffredda per ultima, presenta grandi grani equiassici e vi si accumulano tutti i difetti in
assenza di materozze. Si ha formazione di dendriti per lo più nelle leghe in cui si
verificano gradienti di temperatura e di pressione. Più l’intervallo di solidificazione è
lungo, più difficilmente si formeranno dendriti, se è maggiore di 110 °C si avrà quasi
solamente chill zone quindi cristalli
equiassici ma molta porosità. Si
può prende la solidificazione di una
lega binaria Al-Si ipoeutettica come
esempio. Alla temperatura T1
comincia la solidificazione del
solido α a composizione A.
Proseguendo la solidificazione, il
liquido cambierà di composizione
arricchendosi di Si. Si verifica però
che il liquido vicino all’interfaccia è più ricco di Si (ciò non è visibile nel diagramma
delle fasi, poiché si tratta di aspetti cinetici) e presenterà localmente una temperatura
di solidificazione minore (sottoraffreddamento chimico). [Diagramma Tatt e Tsol]
Pertanto, esisteranno dei cristalli più sporgenti rispetto all’interfaccia che vedranno un
liquido a temperatura di solidificazione maggiore e continueranno a crescere
perpendicolarmente alla superficie, con la formazione della dendrite. [Disegno dendriti]
La stessa situazione si verifica sui lati delle dendriti portando alla formazione di dendriti
secondarie. Per ridurre la zona colonnare si può inserire un inoculante che favorisce la
nucleazione eterogenea, per esempio TiB2, oppure agitare la forma con rottura delle
dendriti e nucleazione di grani equiassici. Si può cambiare la fisica della solidificazione
andando a modificare l’eutettico (12,6%) e quindi variando l’intervallo di solidificazione.
Elementi in grado di cambiare la composizione dell’eutettico sono: Na, Sr, Ca, Sb.

8. Confronto della composizione e microstruttura delle leghe Al-Si e Al-Si-Cu


Nelle leghe Al-Si, la microstruttura varia con la velocità di solidificazione: se è alta, la
struttura è fine e il Si assume forma fibrosa con buona duttilità e resistenza; se è bassa,
la struttura risulta meno fine, in cui vi sono aghi di Si su fondo di Al con una maggiore
fragilità. Si possono migliorare le caratteristiche meccaniche anche modificando
l’eutettico, oltre che giocando sulla velocità di solidificazione. L’inserimento del Si in
lega è dovuto principalmente al fatto che prolunga la vita della fase fluida (soprattutto
per concentrazioni ipereutettiche), poichè da solido ha una densità prossima a quella del
liquido quindi contrasta il ritiro e la conseguente porosità. Presentano una buona
duttilità se ipoeutettiche ma la concentrazione di Fe non deve superare lo 0.2% per
evitare la dannosa formazione del composto ß AlFeSi che, in struttura aghiforme,
peggiora notevolmente le caratteristiche meccaniche della struttura. Inserendo Mn nel
bagno, si può tramutare nella struttura a "scrittura cinese" α AlFeSi sicuramente meno
dannosa della precedente.
Le leghe Al-Si-Cu sono simili alle leghe binarie Al-Si ma presentano maggiore resistenza
meccanica. Le percentuali di Cu sono comprese tra 1,5% e 4,5%, Si tra 3% e 10% e
possono portare Mg o Ni. L’inserimento del Cu in lega comporta una diminuzione di
fluidità e di duttilità (causata dalla bassa resistenza del rame) e resistenza alla
corrosione, ma può indurire per soluzione solida e precipitazione di particelle θ Al2Cu o
anche sotto l’effetto di un trattamento termico; migliora anche la lavorabilità con gli
utensili. Per basse quantità di Si o Cu si cola in sabbia o in conchiglia, mentre
aumentando il Si si può colare in pressione a causa del minore ritiro e della maggiore
fluidità (necessaria aggiunta di Fe per evitare strappi a caldo). Su di esse può essere
applicato un T5 con tempra in aria e raffreddamento; non si esegue T6 per evitare il
blistering. Esempi di leghe sono la A390 ipereutettica o la A332 in cui un 2% di Ni causa
indurimento per dispersione e migliora la resistenza ad alte temperature. Può esserci
presenza di P per aumentare la presenza di silicio poiché si forma AlP nucleatore del Si.
LEGHE DI MAGNESIO DA FONDERIA

1. Caratteristiche e campi applicativi delle leghe di Mg che contengono terre rare e


metalli alcalini
Le terre rare vengono inserite nelle leghe di Mg soprattutto per l’aumento di resistenza
ad alte temperature e a creep ma anche perchè consentono di diminuire la
microporosità, di contrastare gli strappi a caldo e aumentare la resistenza alla
corrosione. Le terre rare principalmente usate sono: Ce, La, Nd, Pr, Gd ma, essendo
molto costose, si può usare il misch metal. La caratteristica principale delle terre rare è
quella di presentare degli eutettici bassofondenti: questo risulta essere un vantaggio in
fase di colata, in quanto questo implica che la miscela rimarrà fluida per molto tempo,
riuscendo ad andare ad ostacolare tutta la porosità interdendritica. Nel caso non si
utilizzasse la pressocolata, è possibile anche andare ad utilizzare un trattamento T6 per
andare a rafforzare i grani della lega. Le leghe Mg-Al-RE sono ottime per la pressocolata,
in quanto hanno dei raffreddamenti molto rapidi che consentono al tempo stesso una
fine precipitazione all'interno dei grani del tipo Al11RE3, che ne aumenta la resistenza
anche a caldo, e la creazione di dispersoidi a bordo grano, per migliorare la resistenza a
creep. Un esempio di queste leghe è la lega AE42 che ha una buona resistenza al creep
che però diminuisce drasticamente quando la temperatura supera i 165 °C a causa della
formazione della fase molle β Mg17Al12.
Vengono utilizzati generalmente calcio e stronzio per spendere un po' meno rispetto
alle terre rare ed ottenere dei risultati allo stesso modo soddisfacenti. Infatti Ca e Sr
hanno basse solubilità e creano dispersoidi (Al2Ca e Al4Sr) che, precipitando a bordo
grano, aumentano la resistenza a creep (fino a 150-170°C). Se poi nella lega troviamo
anche una presenza di terre rare, a quel punto avremo anche una fine dispersione
all'interno dei grani che andrà a rafforzare la matrice di magnesio. Ca e Sr però, vanno a
diminuire la fluidità della lega e, proprio per questo, favorire l'insorgere degli strappi a
caldo. Per ridurre le porosità possiamo colare in sabbia e poi effettuare un trattamento
T6 oppure utilizzare la pressocolata ammettendo una minima presenza di porosità. Lo Sr
conferisce più resistenza a caldo del Ca ma risulta più caro.

2. Leghe Mg-Ag, Mg-Y o Mg-Y-Gd (composizione, microstruttura e proprietà)


L’argento viene inserito in leghe di magnesio con RE. Il suo inserimento in lega porta
ad un miglioramento delle proprietà meccaniche che sono ottime fino a 250 °C e la
resistenza a creep arriva fino ai 200 °C. Ciò è causato, durante l’invecchiamento, da un
aumento della nucleazione e quindi da un aumento della frazione in volume dei
precipitati e all’effetto ritardante dell’Ag sulla formazione di precipitati stabili. Un
trattamento T6 può aumentare le proprietà tensili. E’ presente un limite nel costo
elevato e nell’elevato peso perché generalmente nelle leghe di Mg si ricerca la
leggerezza. Un esempio di lega è la QE22 che viene rafforzata con Zr sul bordo di grano
e che possiede le caratteristiche meccaniche più elevate.
L’Y viene inserito per aumentare la resistenza meccanica e a creep, ciò perché avendo
grande solubilità nel Mg, dà rafforzamento per soluzione solida e dopo un T6 dà
rafforzamento per precipitazione. L’invecchiamento è fatto a una temperatura superiore
ai 250 °C altrimenti l’accrescimento dei precipitati non è completo. Molta importanza
rivestono le leghe Mg-Y-Nd(RE)-Zr che presentano elevata resistenza a T ambiente e a
creep fino a 300 °C e, se trattate con T6, costituiscono le leghe di Mg più resistenti alla
corrosione ad alta temperatura. Problemi dell’Y: elevato costo (si utilizzano terre rare
contenenti Y), elevatà affinità con l’ossigeno quindi rischio di ossidazione, temperatura
di fusione molto elevata sui 1500 °C. Un esempio di queste leghe è la WE43 contenente
Nd (risolve la diminuzione di duttilità sopra i 150 °C).
Inserendo il Gd in tali leghe (1,3%), si ottiene un miglioramento in quanto a fluidità e
resistenza alla corrosione lasciando praticamente inalterate le proprietà meccaniche
fino ai 300°C. Questo accade perché, durante l’invecchiamento ad alte temperature
causa la precipitazione di fasi stabili. Si tratta di leghe comunque molto costose.

3. Proprietà ingegneristiche peculiari (leggerezza, capacità di smorzamento,


lavorabilità) delle leghe di Mg
Il magnesio (Mg) è un metallo con struttura cristallina esagonale, abbondante sulla
crosta terrestre e reperibile in commercio con purezze più del 99,8% ma è quasi sempre
legato ad altri metalli. E’ un materiale che si incendia facilmente se si trova sotto forma
di truciolo o polvere. Il suo costo è di circa 1,9 €/kg (alluminio circa 1,5 €/kg) ma è
proficuamente utilizzato in fonderia in quanto i costi di fusione sono inferiori del 30%
rispetto all’Al e presentano una T di fusione leggermente più bassa (660°C contro 650
°C) e minor calore di fusione. Queste leghe possono essere colate sia essa in sabbia, in
conchiglia o in pressocolata. Una delle caratteristiche che ha causato la diffusione
dell’uso del magnesio è la sua leggerezza, infatti la sua densità (1,75 kg/dm3) è
nettamente inferiore a quella del ferro (7,8 kg/dm3) e a quella dell’alluminio (2,7
kg/dm3).
Le leghe di Mg sono particolarmente adatte per fonderia ma anche per lavorazioni alle
macchine utensili poiché forma trucioli molto piccoli che si staccano facilmente. Questo
è dovuto essenzialmente alla struttura esagonale che lo costituisce che lo rende
relativamente fragile. Ne consegue un aumento di 5-10 volte la durata della vita
dell’utensile, ottima finitura superficiale che permette, per basse velocità di taglio, di
eliminare la fase di finitura. Generalmente la lubrificazione è necessaria a velocità di
taglio molto elevate per ridurre la probabilità di incendio da parte delle polveri
prodotte.
Il Mg presenta una notevole capacità specifica di smorzamento, data dal rapporto tra
l’energia smorzata in un ciclo e l’energia totale del ciclo durante vibrazioni meccaniche.
E’ possibile valutarla sottoponendo il materiale a un ciclo di carico-scarico. Riportando il
ciclo in un diagramma sforzo-deformazione, si ottiene un ciclo d’isteresi la cui area
racchiusa rappresenta l’energia dissipata per unità di volume (U diss).
𝜎
𝑈𝑑𝑖𝑠𝑠 = ∮ 𝜎 𝑑𝜀 𝑈𝑒𝑙 = 2 ∫0 𝑑 𝜎 𝑑𝜀 𝑑𝜀 = 𝑑𝜎/𝐸
2
quindi 𝑈𝑒𝑙 = 𝛿𝑚𝑎𝑥 /𝐸 𝐷 = 𝑈𝑑𝑖𝑠𝑠 ⁄𝑈𝑒𝑙
Viene impiegato efficacemente in numerosi settori industriali per via dei suoi vantaggi.

4. Corrosione nelle leghe di Mg


Il problema principale e più serio delle leghe di magnesio risiede nella bassissima
resistenza alla corrosione. Infatti il magnesio presenta il potenziale elettrico più piccolo
tra i metalli strutturali. A contatto con una atmosfera umida, va incontro alle seguenti
reazioni chimiche

L'idrossido di magnesio che si è venuto in questo modo a creare, precipita all'interno


della soluzione e va a posizionarsi come una patina sopra il pezzo interessato. A questo
punto a contatto con l'aria l'idrossido di magnesio reagisce con l'ossigeno dell'atmosfera
andando a creare MgO, un ossido che forma una sorta di patina protettiva sulla
superficie del metallo. Grattata via una po' di questa dalla superficie del pezzo, se ne
verrà a creare dell'altra: così facendo se ne andrà di volta in volta del magnesio che
uscirà dal pezzo per andare a formare l'ossido. Tale strato passivante non è totalmente
impermeabile, come quello dal titanio, ma al tempo stesso non totalmente poroso come
quello del ferro. Elementi come Cu, Fe, Ni hanno effetti nefasti sulla resistenza a
corrosione del magnesio, in quanto la loro ossidazione va a creare degli ossidi ceramici
che si comportano da catodi all'interno della reazione insieme al magnesio che andrà
incontro a erosione. Il problema della bassa resistenza alla corrosione, si risolve
immettendo all'interno del bagno uno 0.2% di Mn che va a formare dei composti
intermetallici poco dannosi con rame, ferro e nichel: questi composti passeranno poi
nella scoria e verranno eliminati. Esistono dei limiti di tolleranza entro i quali questi
elementi possono essere sopportati all'interno delle leghe di magnesio ( Cu= 0.13%, Fe =
0.017%, Ni= 0.0005%). Il magnesio inoltre non resiste alla corrosione in ambiente acido
ma resiste bene in ambiente basico. Un’altra soluzione consiste nel proteggere il
magnesio con dei ricoprimenti di natura organica o inorganica.
5. Effetto dello Zr nelle leghe di Mg
Lo Zr è inserito in moltissime leghe di Mg allo scopo di affinarne il grano. Ciò perché,
avendo una fase α con una struttura esagonale e costanti reticolari simili a quelle del Mg
e stabile sotto gli 862 °C, funge da nucleatore di Mg ottenendo grani più fini. Ciò è
confermato dalla microanalisi dove si trova molto Zr al centro di grani di Mg. E’
necessario però che la concentrazione di Zr superi lo 0,58%, infatti dal diagramma delle
fasi si evince che sotto questa soglia lo Zr è in soluzione solida. L’effetto nucleante può
derivare anche da composti dello Zr se presenti anche altri elementi in lega. E’
fondamentale utilizzare lo Zr solo se nella lega non sono presenti Al e Mn perché
tenderebbe a formare dei composti stabili che verranno poi portati in scoria, annullando
quindi l’effetto di affinamento. Lo Zr inoltre permette di ridurre la porosità da gas in
quanto reagisce con l’idrogeno formando ZrH2. In questo tipo di leghe vengono anche
aggiunti altri elementi in lega quali RE, Th, Ag, Y e Zn (quest’ultimo aumenta anche la
colabilità) per migliorare caratteristiche meccaniche e resistenza al creep.

6. Leghe Mg-Al-Zn e Mg-Al-Mn (composizione, microstruttura e proprietà)


Nelle leghe Mg–Al–Zn la concentrazione dell’alluminio è variabile dal 4 al 10%, lo zinco
dallo 0.3 % al 3% mentre il Mn è presente in tenori dello 0.15%. L’alluminio è l’elemento
determinante agli effetti dell’aumento delle caratteristiche meccaniche della lega
sottoposta a bonifica. L’alluminio a temperatura ambiente è solubile fino al 2%, se
superiore non si ha formazione di GP e fasi intermedie ma si ha la formazione della fase
β Mg17Al12 che si forma in corrispondenza del bordo di grano. Si ha quindi una riduzione
della duttilità ma anche della resistenza a creep e si può indurire solo per soluzione
solida e affinamento del grano. Si supera questo problema mediante l’inserimento dello
Zn il quale forma il composto MgZn2 riducendo la fase β. Inoltre lo Zn dà rafforzamento
per soluzione solida (più dell’Al) e può anche dare rafforzamento per precipitazione
della fase metastabile semicoerente η’ MgZn2; aumenta anche la colabilità. Di contro,
non permette di affinare il grano e se la concentrazione di Zn supera il 3%, può causare
strappi a caldo. La lega più utilizzata è la AZ91D, che è molto resistente alla corrosione
atmosferica per il basso contenuto in Fe, Cu e Ni.
Andando a inserire Mn nella lega, innanzitutto si migliora la resistenza alla corrosione.
Immettendo all'interno del bagno uno 0.2% di Mn, esso va a formare dei composti
intermetallici poco dannosi con rame, ferro e nichel: questi composti passeranno poi
nella scoria e verranno eliminati. Si ottiene inoltre una migliore duttilità poiché viene a
ridursi la percentuale di fase β Mg17Al12 che si forma ai bordi del grano. In queste leghe
in genere il tenore di Al è più basso.

7. Meccanismi d’indurimento (loro dipendenza da elementi leganti, microstruttura ed


eventuale trattamento termico) e caratteristiche meccaniche delle leghe di Mg
I meccanismi di indurimento servono ad incrementare la resistenza meccanica delle
leghe metalliche. Ciò si ottiene inserendo degli ostacoli microstrutturali che ostruiscono
il movimento delle dislocazioni le quali necessiteranno di carichi superiori per scorrere.
In particolare, le leghe di Mg sono indurite per:
- affinamento del grano: si sa come il bordo del grano costituisca un ostacolo al
movimento delle dislocazioni, e diminuendo la dimensione media del grano
aumenteranno i bordi di grano
- per soluzione solida: inserendo elementi in lega che si sistemano come atomi
sostituzionali o insterstiziali, si ha una distorsione del reticolo cristallino
- per precipitazione: si porta la lega a una temperatura elevata in modo che,
cambiando la solubilità dei vari elementi in lega, si produce un precipitato fine di essi
che ostacola il movimento delle dislocazioni
Gli elementi che possono portare indurimento nelle leghe di Mg sono:
- Zr allo scopo di affinarne il grano. Avendo una fase α con una struttura esagonale e
costanti reticolari simili a quelle del Mg e stabile sotto gli 862 °C, funge da nucleatore di
Mg ottenendo grani più fini. E’ necessario però che la concentrazione di Zr superi lo
0,58%, infatti dal diagramma delle fasi si evince che sotto questa soglia lo Zr è in
soluzione solida. E’ fondamentale utilizzare lo Zr solo se nella lega non sono presenti Al
e Mn
- Y, Ca e Si danno anch’essi rafforzamento per affinamento del grano. Si possono anche
usare composti volatili contenenti carbonio sotto forma di mattoncini posizionati al
fondo dei crogioli e sui quali verrà colato il materiale fuso
- Al porta a rafforzamento per soluzione solida. Inserendo Zn e Mn si contrasta la
formazione della fase β Mg17Al12 che si forma in corrispondenza del bordo di grano
quando la concentrazione dell’Al supera il 2%
- terre rare o misch metal, consentono di diminuire la presenza della fase β grazie alla
formazione di dispersoidi AlRe3 che contrastano lo scorrimento sui bordi di grano. In
alternativa alle Re, molto costose, è possibile utilizzare metalli alcalini come lo Sr
- Li, anch’esso indurisce per soluzione solida ma non più utilizzato
- Zn indurisce per precipitazione formando il composto MgZn2
Per quanto riguarda le caratteristiche meccaniche si ricordano:
- leggerezza, infatti la sua densità (1,75 kg/dm3) è nettamente inferiore a quella del
ferro (7,8 kg/dm3) e a quella dell’alluminio (2,7 kg/dm3)
- la lavorabilità, ovvero la capacità di un materiale di esportare trucioli senza usurare
gli utensili, è ottima in quanto forma trucioli molto piccoli che si staccano facilmente.
Questo è dovuto essenzialmente alla sua struttura. Ne consegue un aumento di 5-10
volte la durata della vita dell’utensile, ottima finitura superficiale
- presenta una notevole capacità specifica di smorzamento, data dal rapporto tra
l’energia smorzata in un ciclo e l’energia totale del ciclo durante vibrazioni meccaniche.
E’ possibile valutarla sottoponendo il materiale a un ciclo di carico-scarico. Riportando il
ciclo in un diagramma sforzo-deformazione, si ottiene un ciclo d’isteresi la cui area
racchiusa rappresenta l’energia dissipata per unità di volume (U diss).
𝜎
𝑈𝑑𝑖𝑠𝑠 = ∮ 𝜎 𝑑𝜀 𝑈𝑒𝑙 = 2 ∫0 𝑑 𝜎 𝑑𝜀 𝑑𝜀 = 𝑑𝜎/𝐸
2
quindi 𝑈𝑒𝑙 = 𝛿𝑚𝑎𝑥 /𝐸 𝐷 = 𝑈𝑑𝑖𝑠𝑠 ⁄𝑈𝑒𝑙

8. Leghe binarie Mg-Al


Le leghe binarie Mg-Al sono leghe con basse caratteristiche meccaniche, quasi sempre
si inseriscono altri elementi in lega. Sono assenti infatti le zone GP e i precipitati
intermedi e sono rafforzabili per soluzione solida e affinamento di grano. Il problema
principale è costituito dalla presenza del composto β Mg17Al12 che crea un reticolo
fragile al bordo di grano e costituisce un percorso preferenziale alla propagazione delle
cricche. Già a 200°C inoltre questo composto diviene molle, favorendo il creep. Si può
aggiungere dello Zn per aumentarne la resistenza, senza però eccedere per evitare
problemi di strappi a caldo. Anche la resistenza alla corrosione è scarsa e si può
migliorare aggiungendo Mn. Le leghe Mg-Al presentano generalmente dei grani grossi che
possono essere affinati aggiungendo al bagno composti volatili contenenti carbonio sul
fondo dei crogioli prima di colare la lega. Il C forma quindi composti come Al4C3 che
funzionano da inoculante. Nelle leghe Al-Mg si può introdurre anche il Si che riduce la
formazione del composto Mg17Al12 poiché si forma il composto Mg2Si. Si possono
introdurre anche le terre rare che portano effetti positivi sulla lega quali l’aumento
della resistenza ad alte temperature e a creep. Queste possono essere sostituite, a
causa del loro elevato costo, dal misch metal. In queste leghe si viene a creare il
composto Al11Re3 che contrata lo scorrimento dei grani anche ad elevate temperature,
minimizzando il creep.
ACCIAI PER RUOTE DENTATE

1. Pitting nelle ruote dentate


Il pitting è un fenomeno di erosione superficiale sulla superficie del dente causata da
una eccessiva pressione superficiale. Si tratta di un fenomeno di fatica. Presenta una
morfologia caratteristica in quanto la cricca si propaga anche al di sotto della superficie
per poi tornare in superficie e ramificare. Ci si può accorgere di tale difettosità anche a
causa del rumore. La causa principale è dovuta alla pressione superficiale che si verifica
al contatto tra i due denti; è stata studiata da Hertz il quale è riuscito a ricavare il
massimo valore della pressione di contatto. L’innesco della cricca può avvenire
principalmente nella zona superificiale, dove si verificano le massime tensioni di taglio;
in questo caso la cricca si innesca o per un basso spessore del velo lubrificante oppure
per una tensione di contatto molto elevata, causata dal contatto tra asperità o da difetti
superficiali. Si può innescare la cricca anche per alterazioni nel lubrificante
(contaminazione con H2O o particelle abrasive) oppure a causa di difetti o inclusioni. In
tal caso gli inneschi sono sub superficiali e si verificano anche in condizioni normali di
lavoro. Nel caso di acciai con grande durezza superficiale e bassa tenacità, si verifica il
fenomeno di micropitting, i cui pit presentano profondità di 10 μm e la superficie si
presenta brinata. Per ridurre il pitting si può intervenire sulla pressione di contatto
variando la geometria delle ruote oppure l’impiego di materiali e trattamenti termici
idonei. Si ricorre quindi ad acciai da cementazione, la cui superficie molto dura limita il
fenomeno resistendo ad alte pressioni di compressione. In seguito al trattamento è
necessaria una operazione di finitura superficiale. Come visto prima è anche importante
il ruolo del lubrificante che riduce le pressioni massime distribuendole sulla superficie
del dente e deve produrre un film spesso e viscoso.

2. I diversi tipi di usura nelle ruote dentate


- Usura adesiva: avviene quando due superfici metalliche strisciano tra loro sotto
pressione e si verificano dei fenomeni di microsaldatura. Ciò costituisce un problema
quando tale fenomeno interessa non solo lo strato di ossido superficiale ma anche il
metallo sottostante. Si ha una riduzione dello spessore dei denti con conseguenti
vibrazioni e rumore. Se il fenomeno è vistoso, in particolare quando si assottiglia il velo
lubrificante o si provoca eccessivo riscaldamento a causa di elevate pressioni di
contatto, si può arrivare allo scuffing. Si verifica un’abrasione dello strato di ossido
superficiale esponendo a diretto contatto i metalli dei denti e provocando saldature
localizzate. Per risolvere, si può svolgere una procedura di running-in, cioè prima
dell’entrata in servizio di un impiego a metà carico per 10h (soprattutto per lo scuffing);
utilizzare superfici dei denti ben lavorate e molto lisce: Inoltre, si può giocare sul
lubrificante, utilizzandone di molto viscosi e secchi; ad alte velocità si possono usare
additivi allo S o al P per migliorare lo scuffing (ad alte temperature reagiscono sulla
superficie del metallo) ma possono causare aumento di usura adesiva o lucidatura.
- Usura abrasiva: si verifica quando si ha lo sfregamento di particelle dure e appuntite
su un materiale più tenero, dal quale viene asportato materiale. Tali particelle esterne
derivano da contaminazioni esterne, avvenute durante operazioni di manutenzione e
montaggio, o da sorgenti interne di detriti, che possono essere dovute all’usura adesiva
o al pitting. La formazione di questi detriti è minima se si utilizzano denti con superfici
lisce, acciai induriti superficialmente e lubrificanti viscosi. Per ridurre tale tipo di usura,
si può cercare di rimuovere le contaminazioni esterne e cambiare il lubrificante. Un tipo
di usura abrasiva che si può verificare quando si utilizzano additivi antiscuffing è la
lucidatura. Quando la temperatura è bassa e non assolvono alla funzione di antiscuffing,
causano abrasione e favoriscono l’usura anche per dissoluzione anodica. Si può risolvere
eliminando gli additivi o utilizzandone di meno aggressive, per esempio al B.

3. Applicazione degli acciai da bonifica nelle ruote dentate: tipo di acciaio


(composizione e trattamento termico) e caratteristiche richieste
La composizione degli acciai da bonifica prevede:
- C=0,3÷0,6% conferisce durezza alla martensite ma riduce la tenacità
- Cr<3% migliora le caratteristiche meccaniche perché forma carburi stabili alle
temperature di rinvenimento che, in questa fase, limitano l’accrescimento dei grani;
migliora la temprabilità e la resistenza alla corrosione
- Ni<5% migliora tenacità e temprabilità
- Mn=0,4% se deriva dal minerale o dalla disossidazione. Fino all’1% è introdotto per
aumentare la temprabilità
- Si=0,3% deriva dalla disossidazione
- Mo<0,8% aumenta la temprabilità e riduce il fenomeno della fragilità da rinvenimento
- V<0,2% se presente, forma carburi stabili nella fase dell’austenite quindi impediscono
l’ingrossamento del grano
Sono impiegate quando si desidera elevata resistenza a fatica a flessione e alta
resistenza agli urti, se invece si desidera alta resistenza alle elevate pressioni di
contatto è preferibile l’uso di acciai cementati o nitrurati. Il rinvenimento è effettuato
sui 550 °C se si vuole alzare il limite elastico e migliorare la resistenza a fatica a
discapito della tenacità e della resistenza agli urti; viceversa si effettua un rinvenimento
sui 650 °C. L’inserimento di elementi in lega è finalizzato anche all’aumento della
temprabilità, la profondità di tempra è maggiore rispetto ad un acciaio al solo carbonio.
Pertanto la tempra è effettuata in acqua (alta drasticità) per acciai non legati mentre è
effettuata in olio o soluzione di polimeri per acciai legati, con rischio di cricche di
tempra. Altro fattore importante è l’agitazione. Un’altra caratteristica cercata è uno
stato di compressione residua nella zona corticale in seguito alla tempra, e ciò si può
ottenere negli acciai non legati in cui la profondità di tempra è bassa, la parte esterna
tende a espandersi (trasformazione martensitica) mentre quella interna tende a
contrarsi per il raffreddamento. Ne consegue uno stato di compressione residua
all’esterno e di tensione all’interno e, trattandosi di tensioni residue, è uno stato
tensionale autoequilibrato. Negli acciai legati invece anche la zona subcorticale sarà
soggetta a trasformazione martensitica e, insieme all’effetto del raffreddamento, si può
presentare in superficie uno stato tensionale residuo di trazione. Con il rinvenimento, le
tensioni residue si attenuano. In seguito a trasformazione martensitica si possono
verificare distorsioni per cui saranno necessarie operazioni di finitura.

4. Acciai da cementazione: effetti del C e degli elementi leganti


La cementazione attualmente è effettuata: in gas (la più utilizzata), con uso di
idrocarburi; sottovuoto, solo con pressioni parziali di idrocarburi; ionica o in plasma,
svolta sottovuoto ma ci sono ioni di C che impattano la superficie del pezzo e diffondono
nell’acciaio. La cementazione è finalizzata al raggiungimento di elevate durezze
superficiali, mantenendo un cuore tenace. Dopo la cementazione, viene effettuata una
tempra il cui mezzo temprante dipende dalla temprabilità dell’acciaio.
- Per ruote piccole si cerca uno strato poco profondo di tempra (circa 2 mm) per
mantenere un cuore tenace; si scelgono acciai al C e si effettua una tempra in acqua
(alta drasticità)
- Per ruote grandi si desidera uno strato più spesso, quindi bisogna inserire elementi in
lega per aumentarne la temprabilità (acciai debolmente legati). La tempra è effettuata
in olio o soluzione di polimeri, si può avere rischio di cricche di tempra
Gli elementi che si possono inserire in lega sono:
- C= 0,1-0,2% al cuore, che può arrivare a 0,8-1% in superficie. E’ responsabile della
durezza della martensite, ma riduce la tenacità
- Cr<2% migliora le caratteristiche meccaniche perché forma carburi stabili alle
temperature di rinvenimento che, in questa fase, limitano l’accrescimento dei grani;
migliora la temprabilità e la resistenza alla corrosione
- Ni<5% migliora tenacità e temprabilità
- Mn=0,4% se deriva dal minerale o dalla disossidazione. Fino all’1% è introdotto per
aumentare la temprabilità
- Si=0,3% deriva dalla disossidazione
- Mo<0,5% aumenta la temprabilità e riduce il fenomeno della fragilità da rinvenimento
5. Tempra degli acciai da cementazione: varianti del trattamento termico e
conseguenze per quanto riguarda cricche di tempra, tensioni residue, austenite residua
e distorsioni
La cementazione attualmente è effettuata: in gas (la più utilizzata), con uso di
idrocarburi; sottovuoto, solo con pressioni parziali di idrocarburi; ionica o in plasma,
svolta sottovuoto ma ci sono ioni di C che impattano la superficie del pezzo e diffondono
nell’acciaio. La cementazione è finalizzata al raggiungimento di elevate durezze
superficiali, che dipendono dalla percentuale di C, mantenendo un cuore tenace. Dopo
la cementazione è effettuata una tempra, che deve essere abbastanza drastica da avere
tutta martensite in superficie e una buona profondità ma bisogna evitare le cricche di
tempra e austenite residua.
- Per ruote piccole si cercano basse profondità di tempra. Si scelgono quindi acciai al C
(0,1-0,2% di C al cuore, che può arrivare a 0,8-1% in superficie) che presentano bassa
temprabilità. Si temprano in acqua (alta drasticità) e si ottiene una profondità di 2 mm ;
- Per ruote grandi serve uno strato di tempra profondo e anche elevata resistenza a
flessione quindi si scelgono acciai legati finalizzati soprattutto all’aumento di
temprabilità (Cr<2%, Ni<5%, Mo, Mn). Quindi si temprano in olio o in soluzione di
polimeri con tempra attenuata.
Tempra diretta: i pezzi usciti dal forno sono subito raffreddati nel mezzo temprante
(più economica).
Tempra attenuata: dopo la cementazione, che avviene 50 °C sopra A3 (sui 920 °C per
acciai a bassa % di C) si porta lentamente il pezzo a una temperatura di 50 °C sopra la
nuova A3 della superficie (alta % di C, prossima all’eutettico, quindi 730 °C) e poi si
tempra. Non bisogna scendere sotto A3 per evitare la formazione di carburi a bordo
grano che aumentano la fragilità.
Problemi derivanti dalla tempra:
- Austenite residua: raffreddando sin da 200 °C sopra A3, si parte da un’austenite a
grani grossi da cui si ottiene martensite fragile a placche o aghi grossi e si rischia che
rimangano gli ex bordi di grano dell’austenite ingrossata dove si presentano tutte le
impurezze. E’ necessario raffreddare sotto A1 per formare le fasi stabili, riscaldare
sopra A3 per rigenerare austenite a grano fino e poi temprare. Si rischia austenite
residua per tempra diretta di acciai non legati
- Distorsioni: sono causate dall’aumento di volume che si verifica nella trasformazione
martensitica. Dipende dalla concentrazione di C ma anche dalla forma dei pezzi e dalla
modalità di ingresso dei pezzi nel mezzo temprante. Saranno necessarie rettifiche
successive. Si verificano distorsioni minori negli acciai legati e durante tempra diretta.
-Tensioni residue: sono causate delle variazioni di volume che si verificano dopo
tempra. Negli acciai non legati, in cui la profondità di tempra è bassa, la parte esterna
tende a espandersi (trasformazione martensitica) mentre quella interna tende a
contrarsi per il raffreddamento. Ne consegue uno stato di compressione residua
all’esterno e di tensione all’interno e, trattandosi di tensioni residue, è uno stato
tensionale autoequilibrato. Negli acciai legati invece anche la zona subcorticale sarà
soggetta a trasformazione martensitica e, insieme all’effetto del raffreddamento, si può
presentare in superficie uno stato di tensione residuo. Con il rinvenimento, le tensioni
residue si attenuano. Sono desiderate delle tensioni residue in superficie di
compressione.
- Cricche di tempra: possono sorgere quando si utilizza un mezzo temprante ad alta
drasticità o si effettua tempra diretta

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