Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
1
Cfr. R. BRENDEL, in «H-Soz-u-Kult, H-Net Reviews», <http://www.h-net.org/reviews/showrev.php?id=37246>; F.
CARLÀ, in «Bryn Mawr Classical Review», <http://bmcr.brynmawr.edu/2012/2012-11-44.html>; U. LAMBRECHT, in
«Plekos» 15 (2013), pp. 63-67, <http://www.plekos.uni-muenchen.de/2013/r-sguaitamatti.pdf>.
Claudian. Pan. Olybr. et Prob. Coss. 178; Pan. VI cons. Hon. 646; Paul. Nol. Carm. 10, 253-254;
Cassiod. Var. 6.1,6.
La disamina dei privilegi onorifici del console tardoantico (pp. 41-49), in particolare delle
competenze sulla manomissione servile, è occasione per registrarne incidentalmente la residua iuris
dictio (p. 43 con n. 171), minima e pressoché formale: a tal proposito sarebbe stato opportuno
rilevarne anche la persistenza della qualificazione formale di iudex (cfr. ad es. Cassiod. Var. 6.20,3:
summus iudex). Alla solo accennata panoramica sulle statue erette in onore di consoli (pp. 47-49)
valga qui aggiungere la statua equestre dedicata da Zenone a Teoderico in occasione del suo
consolato, su cui Iord. Get. 289. In merito alla variabile posizione del consolato nelle carriere
senatorie (pp. 51-58) e in relazione all'età dei consoli durante la tarda antichità (pp. 55-58), sarebbe
stato opportuno specificare preliminarmente, ai fini di una più immediata contestualizzazione, gli
orizzonti prospettati a partire dalla legislazione costantiniana sulla comune possibilità che giovani a
partire dai sedici anni rivestissero la prestigiosa carica, cfr. Cod. Theod. 6.4.1 (a. 320 o 326), citata
da Sguaitamatti (p. 166) ma non a tal proposito. Ai riferimenti della comunque encomiabile
trattazione sul rango e lo status consolare (pp. 59-77) valga qui aggiungere, sul tema
dell'antagonismo gerarchico fra consolato e patriziato (cfr. pp. 62-69), T. D. BARNES, Patricii
Under Valentinian III, in «Phoenix» 29 (1975), pp. 155-170, spec. 158, 160, 166, 168-169.
La già variamente discussa concezione del consolato tardoantico come honos sine labore (v.
Mamertino in Paneg. Lat. 3 [11], 2,2) viene correttamente illustrata da Sguaitamatti (p. 71) come
riferita all'assenza di competenze relative l'ordinaria amministrazione dello stato e non già come
mancanza di effettive responsabilità da parte del console, comunque tenuto a importanti e ben
precise prestazioni: tale prospettiva è corroborata da varie fonti e in particolare da un passaggio
della formula consulatus non considerato dallo studioso, in cui viene prospettata la realtà di un
pressoché istituzionalizzato “otium consulare” (Cassiod. Var. 6.1,6: in otio subiectus merearis,
quod nos post maximos labores assumimus imperantes); questo ultimo aspetto viene soltanto
sfiorato nel secondo capitolo – pp. 71 (con n. 79), 83 – ma avrebbe certo meritato attenzione nella
sezione sul 'profilo sociale' del console, stanti le diverse evidenze documentarie sulla tipologia
tardoantica del console impegnato, durante il suo mandato, in un edificante otium letterario:
sappiamo infatti che buona parte dei consoli tardoantichi era adusa ad attività letterarie e vi si
dedicò specificamente anche nel corso del mandato consolare, v. ad es. Sedul. Carmen Paschale (in
CSEL X, p. vii), cod. Laur. 39.1 (subscript.), e significativamente, la perspicua e trascurata apologia
boeziana circa la produzione letteraria espletata durante il consolato come 'servizio alla comunità' in
Boeth. In Categ. Arist. 2, Introductio (PL LXIV, col. 201): Et si nos curae officii consularis
impediunt quominus in his studiis omne otium plenamque operam consumimus, pertinere tamen
uidetur hoc ad aliquam reipublicae curam, elucubratae rei doctrina ciues instruere. Nec male de
ciuibus meis merear, si…Graecae sapientiae artibus mores nostrae ciuitatis instruxero. Quare ne
hoc quidem ipsum consulis uacat officio, cum Romani semper fuerit moris quod ubicumque gentium
pulchrum esset atque laudabile, id magis ac magis imitatione honestare. Aggrediar igitur et
propositi sententiam operis ordinemque contexam (si noti l’analogia concettuale fra il cassiodoreo
in otio merearis ed il boeziano omne otium consumimus…nec male de ciuibus meis merear); cfr. sul
tema J. E. G. Zetzel, Latin Textual criticism in Antiquity, New York 1981, pp. 216-220, O. Pecere,
Antichità tarda e trasmissione dei testi. Qualche riflessione in Id. (ed.), Itinerari dei testi antichi,
Roma 1991, pp. 65 ss.; la solo apparentemente antinomica definizione cassiodorea del consolato
tardoantico come honos arduus (Var. 9.22,4), riferita agli oneri organizzativi ed economici che la
dignità comportava, non viene invece considerata.
Sulla risemantizzazione cristiana del consolato, meritoriamente approcciata da Sguaitamatti (pp. 77-
80), è ancor oggi auspicabile uno studio specifico (cfr. già G. A. Cecconi, Lineamenti di storia del
consolato tardoantico, in M. David, Eburnea diptycha. I dittici d’avorio tra Antichità e Medioevo,
Bari 2007, pp. 109-127, spec. 117-118); ai riferimenti considerati in merito valga qui aggiungere K.
Bowes, Consular diptychs, Christian appropriation and polemics of time in Late Antiquity, «Art
History», 24.3 (2001), pp. 338-357; l'orizzonte storico sulla declinazione cristiana del consolato in
età tardoantica non si spinge oltre il quarto secolo (a esclusione di un cenno finale all'età di
Gregorio Magno, p. 80), sorvolando sullo scenario successivo e, ad esempio, sulla peculiare
categoria dei “consoli eretici” (principalmente ariani), di etnìa barbarica ed estrazione militare,
nominati nonostante la legislazione vigente precludesse espressamente tale possibilità (fra questi
Ardabur nel 427, Aspar nel 434, Ricimero e Patrizio nel 459, Teoderico nel 484, Eutarico nel 519);
sul tema mi permetto di rimandare a F. M. Petrini, Il ‘potere ariano’ in Italia da Ricimero a Totila,
in G. A. Cecconi – Ch. Gabrielli (edd.), Politiche religiose nel mondo antico e tardoantico. Poteri e
indirizzi, forme di controllo, idee e prassi di tolleranza, Bari 2011, pp. 339-357, spec. 341-344, 346.
Certamente proficua risulta l'analisi delle tipologie consolari “minori”, quali il suffettato e il
consolato onorario, e del loro avvicendamento (pp. 5-7, 21-25, 30-33, 52-54, 58, 67-70, 94-98, 125-
128, 161-169). La distinzione sociotipologica, in età tardoantica, fra consoli di formazione civile e
militare, che Sguaitamatti analizza brillantemente (pp. 80-91), comportò però – nell'ultimo secolo di
storia della carica – un'effettiva alternanza solo in Oriente: per quanto infatti fra quinto e sesto
secolo i consoli occidentali con esperienza militare non siano casi eccezionali (v. a titolo di
esempio, Cassiod. Var. 9.23,3: Hinc est quod patricium Venantium sub admiratione pensamus et
fecunda prole gaudentem et tot consularibus patrem. Quorum infantia bonis artibus enutrita
iuventutem quoque armis exercuit), le dominazioni dei patricii barbarici Ricimero, Odoacre e
Teoderico praticamente riservarono il consolato ai soli civili romani, cfr. in tal senso la
caratterizzazione di Cassiod. Var. 6.1,7: qui bella nescitis; ma anche Ennod. Carm. 2,132; Ep. 5.2,3.
La diffusa indagine sulla munificentia consularis (pp. 142 ss.) avrebbe potuto dedicare una
maggiore considerazione ai dettagli di Cassiod. Var. III 39, V 42 e IX 22-23, citati solo brevemente
a scapito della pletora di dettagli che offrono sulle edizioni consolari nel sesto secolo: come già
specificato, l'Autore ha dovuto necessariamente tralasciare numerosi specimina documentari, ma la
sintesi critica di questa sezione riesce nondimeno particolarmente omogenea ed efficace. In merito
al processus consularis come alla più generica immagine topica del console che si presenta alla
comunità uscendo dalla propria residenza privata (su cui p. 139), valga qui aggiungere gli ulteriori
riscontri documentari di Sid. Ap. Ep. 1.9,3; Boeth. De Cons. Phil. 2.3,8; Cassiod. Var. 6.1,6., e un
mancato riferimento critico in P. Bastien, Remarques sur le Processus Consularis dans le
monnayage romain, in R. G. Doty - T. Hackens (edd.), Italiam Fato Profugi. Hesperinaque
venerunt litora. Numismatic Studies Dedicated to Vladimir and Elvira-Eliza Clain-Stefanelli,
Louvain-la-Neuve 1996, pp. 21-34.
Un aspetto che avrebbe meritato una qualche attenzione è la distribuzione delle manifestazioni e
delle rappresentanze consolari, che, tradizionalmente, potevano interessare un ampio numero di
località: Sguaitamatti prescinde infatti dalla localizzazione di iniziative consolari al di fuori delle
città dove si teneva l'inaugurazione del mandato, mentre sappiamo ad esempio che ancora sotto gli
ostrogoti il Vicarius Urbis Romae presiedeva i giochi a Preneste in rappresentanza del console, v.
Cassiod. Var. 6.15 (formula Vic. V.R.), 2: Praeneste ludos edis in vicem consulis. Ovviamente, tanto
più un console disponeva di risorse economiche, tanto più la munificenza consolare poteva
interessare città diverse da quella dove si celebrava l'inaugurazione: l'Historia Augusta attribuisce a
Gordiano I edizioni consolari eccezionalmente sontuose, con spettacoli finanziati in 'tutte le città di
Campania, Etruria e Umbria, Flaminia, Piceno' (SHA, Vita Gordiani I, 4); e una già citata epistola
delle Variae sembrerebbe documentare per il 511 la celebrazione di giochi consolari a Milano
(3.39,2: a Mediolanensibus aurigis nos aditos esse…illa sibi vestris temporibus fuisse subtracta,
quae mos priscus indulserat). Anche il multiplex apparatus centrato sulla dignità avrebbe potuto
essere ulteriormente analizzato in relazione alle forze lavoro coinvolte; il console, infatti, pur non
disponendo di un apparato burocratico, si avvaleva, stipendiandolo di tasca propria, di un ampio e
composito staff operativo: oltre ai lictores, debitamente considerati da Sguaitamatti (v. ad es. pp. 26,
45, 137-138, 236-237), era coinvolto nell'azione consolare uno staff amministrativo ed esecutivo,
cfr. in tal senso Cassiod. Var. 1.27,3-4; Cod. Iust. 12.63; Nov. Iust. 105.2.
Nel complesso, il libro di Sguaitamatti risulta guidato da un personale quanto competente filo
logico, che scandaglia in cinque capitoli altrettante prospettive d'indagine sistematizzate e,
nell'offrire un approccio talora parziale ma sempre efficace, si rivela opera pregevole di interesse
specialistico, certo destinata a rimanere referenziale sul tema.
Francesco Maria Petrini
LdM – CAMNES (Firenze)
francesco.petrini@camnes.org