Sei sulla pagina 1di 2

Seneca: non amico sed amicitia carere

Amicizia e amici
L. Annaeus SENECA Ad Lucilium, 6

(trad. tc) Caro Lucilio, 1. mi rendo conto che non solo mi sto liberando della negativit, ma sto cambiando faccia; anche se non garantisco gi, n mi illudo che non sopravviva in me pi niente da modificare. Perch mai non dovrei avere ancora un bel po di cose da rimettere in sesto, da limare, da tirar su? Dopo tutto, comunque, una prova che il cuore trasformato in meglio anche il fatto che gli inconvenienti di cui finora non aveva consapevolezza, adesso li vede: a certi malati si fanno i complimenti gi solo quando si sono accorti di essere malati! 2. Mi piacerebbe dunque mettere in comune con te questa mia cos inattesa evoluzione; allora avrei ragione di concepire una fiducia pi solida nella nostra amicizia, lamicizia che dico io, quella che lillusione, la paura, il calcolo interessato non sanno sradicare, quella dentro la quale gli uomini sono disposti a morire, per la quale muoiono. 3. Potrei citarti un sacco di gente che non senza amici, ma senza amicizia: ci non pu succedere, se una reciproca volont di aspirazione etica a trascinare i cuori in un autentico legame. Perch non dovrebbe essere possibile? Essi sanno, in realt, di avere in comune ogni cosa, e tanto pi le diversit. Non puoi neanche immaginare quanta energia di progresso io vedo che i giorni, uno dopo laltro, mi regalano.

Seneca Lucilio suo salutem. [1] Intellego, Lucili, non emendari me tantum sed transfigurari; nec hoc promitto iam aut spero nihil in me superesse, quod mutandum sit. Quidni multa habeam, quae debeant colligi, quae extenuari, quae attolli? Et hoc ipsum argumentum est in melius translati animi, quod vitia sua, quae adhuc ignorabat, videt: Quibusdam aegris gratulatio fit, cum ipsi aegros se esse senserunt. [2] Cuperem itaque tecum communicare tam subitam mutationem mei; tunc amicitiae nostrae certiorem fiduciam habere coepissem, illius verae, quam non spes, non timor, non utilitatis suae cura divellit, illius, cum qua homines moriuntur, pro qua moriuntur. [3] Multos tibi dabo, qui non amico, sed amicitia caruerint: hoc non potest accidere, cum animos in societatem honesta cupiendi par voluntas trahit. Quidni non possit? Sciunt enim ipsos omnia habere communia, et quidem magis adversa. Concipere animo non potes, quantum momenti adferre mihi singulos dies videam. [4] Mitte, inquis, et nobis ista, quae tam efficacia expertus es. Ego vero omnia in te cupio transfundere, et in hoc aliquid gaudeo discere, ut doceam; nec me ulla res delectabit, licet sit eximia et salutaris, quam mihi uni sciturus sum. Si cum hac exceptione detur sapientia, ut illam inclusam teneam nec enuntiem, reiciam: nullius boni sine socio iucunda possessio est. [5] Mittam itaque ipsos tibi libros, et ne multum operae impendas, dum passim profutura sectaris, imponam notas, ut ad ipsa protinus,

4. Mandami anche a me dici tu questi doni, che hai constatato cos produttivi. Ma io ho una voglia di rovesciarteli tutti addosso, e mi diverto un po ad apprendere soltanto per poter fare che altri da me apprenda. E non mi appagher nessuna cosa, per quanto eccezionale e risolutiva, se son destinato a saperla solo io. Se la conoscenza fosse concessa con la condizione che io debba tenerla sotto chiave e non gridarla ai quattro venti, la butterei via: di nessuna ricchezza gratificante il possesso, se non hai con chi spartirla. 5. Te li mander, allora, quei libri; e, per non farti perdere troppo tempo a correr dietro alle pagine interessanti, user levidenziatore, cos arriverai in un colpo docchio a quei passi che mi piacciono un mon-

do. Tutto sommato, per, ti sar pi stimolante la viva voce e la presenza di persona, che non uno scritto. il caso che ci incontriamo faccia a faccia: primo perch le persone dan credito pi agli occhi che alle orecchie; poi perch lunghissima la strada dei consigli astratti, breve e produttiva quella delle esperienze. 6. Cleante non si sarebbe identificato in Zenone se lavesse soltanto ascoltato: fu presente dentro la sua vita, osserv la sua intimit, prese atto se viveva secondo i suoi principi. Platone e Aristotele, e tutta la sfilza dei filosofi delle pi svariate tendenze, apprese pi dal comportamento che dalle parole di Socrate; Metrodoro Ermarco e Polieno li rese grandi non la predicazione di Epicuro, ma la vita condivisa con lui. Io, per parte mia, non ti spingo soltanto a crescere, ma a farmi crescere: ci saremo un sacco utili luno allaltro.

quae probo et miror, accedas. Plus tamen tibi et viva vox et convictus quam oratio proderit; in rem praesentem venias oportet, primum quia homines amplius oculis quam auribus credunt, deinde quia longum iter est per praecepta, breve et efficax per exempla. [6] Zenonem Cleanthes non expressisset, si tantummodo audisset: vitae eius interfuit, secreta perspexit, observavit illum, an ex formula sua viveret. Platon et Aristoteles et omnis in diversum itura sapientium turba plus ex moribus quam ex verbis Socratis traxit; Metrodorum et Hermarchum et Polyaenum magnos viros non schola Epicuri, sed contubernium fecit. Nec in hoc te accesso tantum, ut proficias, sed ut prosis; plurimum enim alter alteri conferemus. [7] Interim quoniam diurnam tibi mercedulam debeo, quid me hodie apud Hecatonem delectaverit, dicam. Quaeris inquit quid profecerim? Amicus esse mihi coepi. Multum profecit: numquam erit solus. Scito esse hunc amicum omnibus. Vale.

7. Intanto, poich ti sono debitore ogni giorno della mia mancetta, ti dir che cosa oggi mi ha colpito in Ecatone. Scrive: Tu vuoi sapere in che sono cresciuto? Ho iniziato a essere amico di me stesso. Una bella crescita: non sar pi solo. Non dimenticare che un amico cos ce lhanno tutti. Ciao.

Potrebbero piacerti anche