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CENSORINO E VARRONE

Author(s): FILIPPO FRANCESCHI


Source: Aevum, Anno 28, Fasc. 5/6 (SETTEMBRE - DICEMBRE 1954), pp. 393-418
Published by: Vita e Pensiero – Pubblicazioni dell’Università Cattolica del Sacro Cuore
Stable URL: http://www.jstor.org/stable/25820606 .
Accessed: 16/06/2014 02:13

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FILIPPO FRANCESCHI

CENSORINO E VARRONE

La seconda meta del secolo scorso e i primi anni del corrente so


no caratterizzati da una fervida ripresa di studi Varroniani.
Si sono ricercate nelle opere della tarda Ietteratura latina le tracce
della dottrina del Reatino e sulla scorta dei frammenti rinvenuti e stato
possibile in qualche caso fortunate) ricostruire il disegno di alcune sue
opere fondamentali. II che
comportato ha di necessita lo studio e il va
glio delle fonti che quei frammenti conservarono, segnatamente gli eru
diti e i grammatici dell' eta imperiale, dai quali Varrone fu unanimamente
riconosciuto come il principe della cultura tradizionale. Ed e merito
grande di queste indagini, anche quando non hanno dato risultati defi
nitive di aver utilmente contribuito ad una migliore conoscenza degli
scrittori di quell* eta.
Estraneo al genere di ricerche non e rimasto il libro de die natali
di Censorino, il quale, oltre a contenere non dubbi frammenti varroniani,
offre anche preziose indicazioni per la conoscenza della sua dottrina
cronologica.
Le conclusioni raggiunte attraverso studi vari, per lo piu disserta
zioni dottorali (1), non sono ancora soddisfacenti e, pur senza nulla to

dellc fonti di Censorino e stato spesso condotio unitamenfe a del


(1) L'esame quello
le fonti di Macrobio e Solino e limitato ai passi riguardanti l'anno romano: ved. Th.

mommsen, Romische Chronologie bis auf Caesar*, Berlin 1859, p. 19 e n. 13b; del me
desimo autore: C. Iulii Solini, Collectanea rerum memorabilium, Berlin 1895, praef.
p. XXIII; O. gruppe, in ?Hermes X (1876), p. 59; g. WlSSOWA, De Macrobii Saturnalh
urnfontibus, diss.Wralisl, 1880, p. 17; P. MiRSCH, De M. Terentii Varronis Antiquitatum
rerum humanarum, nei cLeipziger Studien V?, (1882), p. 66 sgg.; Th. Litt., De Verrii
Flacci et Cornelii Labeonis fastorum libris, diss. Bonnae 1904, p. 10 segg.; H. WlL
lensen, De Varronianae doctrinae apud fastorum scriptores oestigiis, diss. Bonnae

1906, p. 6 sgg.; F. Rabenald, Quaestionum Solinianarum capita tria, diss. Halis 1909,
p. 102 sgg.: fra gli studi piu recenti vd. W. A. Baehrenz, Cornelius Labeo atque eius
commentarius oergilianus, Lipsiae 1918, p. 21 sgg. Indagini piu complete condussero il
P. Weber, Quaestionum Suetoniarum capita duo, diss., Halis 1903, p. 43 sgg. e dopo

A?vum -Anno XXVIII - 25

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gliere alia serieta di esse, il problema merita di essere ripreso c risolto


possibilmente alia luce di una piu adeguata valutazione.
II libro si divide in due parti: la prima (capp. I-XVI) riguarda di
rettamente il giorno natalizio e contiene una esposizione delle antiche
teorie suH'origine della vita umana, sulla sua lunghezza; mentre la se
conda (capp. XVI-XXIV) e dedicata
questioni a di carat
cronologiche
tere piu generale. Le due parti, pur tra loro connesse, mantengono una
loro impostazione e una loro linea d'indipendenza, ispirandosi ciascuna
a fonti diverse, si che si prestano ad essere esaminate separatamente
1 'una dall'altra.
Noi per ora la nostra
limiteremo indagine alia seconda parle, come
quella che ci sembra
piu ricca di echi varroniani. Qui Censorino tratta
della naiura del tempo: ?tempus hodiernum quam potero lucidissimis notis
signabo. tempus autem non diem tantummodo Del mensem vel annum ver
tentem appello, sed et quod quidam lustrum aut annum magnum ooeant,
et quod saeculum nominant.* (cap. XVI, 1-2); ci riferisce la maniera con
cui esso era calcolato dagli antichi, secondo le voci aeuum, saeculum,
lustrum, annus, mensis, dies: distingue poi i tempi in naturali e civili e
di questi da il computo dei diversi popoli.
Nel capitolo decimo settimo, dedicato alia voce saeculum, merita
anzitutto particolare rilievo la frequenza con cui ricorre il nome di Varro
ne: e citato ben cinque volte (XVII, 6, 8,11,14, 15), di cui due col tito
lo preciso: Varro de scaenicis originibus libro primo (XVIII, 8); libro
antiquitatum duodevicesimo (XVII, 15); poi va sottolineato il fatto che,
contrariamente alle sue maniere, Censorino riporti qui soltanto il com
puto etrusco del secolo.
La stessa definizione vitae humanae
di saeculum, ?
spatium quale
longissimum partu definitum? et morte
(XVII, 2) pud essere rapportata
con quella che Varrone da nel de L. I. VI, 11: ?saeculum spatium annorum
centum oocarunt, dictum a sene, quod longissimum spatium senescendo
rum id putarunt? (1). Appar chiaro che le definizioni non coincidono in
tutti gli elementi. Per Censorino la durala del secolo naturale e fissata
in base alia lunghezza massima della vita umana, mentre nel testo var
roniano la distinzione fra secolo naturale e secolo civile sembra annul

di lui il A. Hahn, De Censorini fontibus, diss. Ienae 1905. Si confronti la recensione di


questi due lavori fatta dal P. WESSNER, in ?Berl. Philol. woch? XXVII, (1907), p. 101 sgg.
ved. ancora G. Wissowa, in P. W RE, III, col. 1909.

(1) Del soecu/um Varrone, stando ad Ovidio, da anche un'altra etimologia ?saecu
la, ut Ouidius Naso dicit, dicuntur a sequendo, eo quod sese sequantur atque in se
reooluantur, teste Varrone*. Ps. Primas in Hebr. cap. XI, in MlGNE, P. L. 117 901 C;
vd. in propositoW. Heraeus, in ?Rhein. Mus.? 79 (1930), p. 392-95; MAZZARINO,Gram
maticae Romanae fragmenta, vol. I, Torino 1950, p. 276.

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lata, o meglio il secolo civile e definito in base quale el criterio col


era fissala la durata del secolo naturqle.
II concetto di secolo e la maniera di calcolarlo non era uniforme
presso gli antichi popoli (1) ne lo fu costantemente presso gli stessi
Romani. Oltre al secolo naturale etrusco di durata non precisa si parla
di un antico secolo romano collegato al rito ?claui figendi? (2), di un
secolo greco-romano, istituito dietro consultazione dei libri Sibillini, e
festeggiato con i ludi saeculares (3), ed inoltre di un secolo greco-ro
mano di 110 anni. Quest' ultimo di origine greca o forse egizia (4), era
stato introdotto a Roma dai XV viri ed accolto da Augusto. E qui ascol
? narra egli,
tiamo Censorino Gli Etruschi, (cap. XVII, 5), facevano
coincidere Tinizio del secolo col giorno, quo urbes adque ciuitates consti
tuerentur e lo facevano con la morte
terminaredi chi, nato il giorno
della fondazione citta, aveva
della piu a lungo vissuto. Cominciava allo
ra il secondo secolo, la cui fine era ugualmente segnata dalla morte di
chi fra i nati il giorno d'inizio del secolo aveva vissuto piu lungamente.
Ad evitare errori gli dei avrebbero mandato segni straordinari (portenta)
per rendere edotti gli uomini della fine del secolo. I portenti significativi
di nuovi secoli sembrano aver carattere di eccezionalita nei confronti di
altri segni minori, che pure i dotti etruschi ed erano sempre
notavano
accompagnati da celebrazioni
espiatorie, rito, a noi oggi scono
il cui
sciuto, era indicato nei libri della disciplina etrusca. Gli Aruspici poi
conservavano memoria dei portenti accaduti e piu tardi li tramandarono
per iscritto. tempo della stesura dei libri o della
Al loro traduzione la
tina correva il secolo ottavo (XVII, 6).
Per i Romani il passaggio da un secolo ad un altro, almeno da un
certo periodo in qua, pare fosse segnato dai Ludi saeculares (XVII, 7).
E pero da osservare che nessuna delle due serie di ludi, di cui ci siano
pervenute testimonianze, risale con continuity fino alia fondazione di
Roma. La serie per la quale i ludi cadevano a distanza di 110 anni a
cominciare dai 298 (408, 518, 628, 738), fu compilata al tempo di Augu
sto, al fine di sanzionare l'alta antichita del secolo di 110 anni e giusti
ficare cosi i nuovi ludi, che a tale distanza, secondo i suggerimenti dei
libri sibillini, si sarebbero dovuti succedere (5).

(1) Si veda fra gli studi piu recenti: E. DlEHL, Das saeculum, seine Riten und Ge
bete, in ?Rhein. Mus.? 83 (1914), p. 254 sgg.; p. 348 sgg.
(2) Vd. TH. Mommsen, Rom. chron., p. 175 sg.; C. O. Thulin, Die etruschische Di
scipline Riluatbucher, Goteborg, 1909, p. 68 sgg.; del medesimo in P. W RE, VII, col.
2461; M. P. Nilsson, in P. W RE, la col. 1698.
(3) Varro apud Cens., de die nat. XVII, 8; vd. inproposito DlEHL, art. cit. p. 264 sgg.
(4) DlEHL, art. cit., p. 351.

(5) Mommsen, Rom. chron., p. 184 sg.; L. holzapfel, R&mische Chronologic Leipzig

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L'altra serie, accettata anchc da Valerio Anziate e Varrone, datava


i primi ludi nel 305 c successivamente nel 406, 505, 605, con intervallo
di 100 anni: utique ludi centesimo quoque anno fierent (XVII, 8).
L. Censorino Pisone contava nel 158/7 (invece del 154/3 era varr.)
il principio del settimo secolo di Roma, ma non faceva parola di ludi
celebrativi (XVII, 13).
I Romani di fatto ritennero il secolo di 100 anni (1) ?maiores no*
stri saeculum cioile ad cerium modulum annorum centum stafuerunt*
(XVII, 13) e praticamente non mostrano di aver utilizzato il secolo na
turale, ne le innovazioni dei XV viri e di Augusto furono, come si sa,
da tuttiaccetlate (2). Fra gli oppositori, prima di Livio e di Verrio, e da
annoverare Varrone. questo il pensiero
E di Censorino, il quale ricerca
le ragioni che potevano aver indotto i Romani a fissare in 100 anni la
durata del secolo. ?Sed ut hunc annorum numerum constituerent nostri,
non nihil causae fuif, primum quod multos suorum civium ad hunc aeta*
tern perducere oidebant, dein quod Etruscos, quorum prima saecula
centenum fuerunt annorum, etiam hie ut in aliis plerumque imitari volue
?
runt praeterea fieri potest quod refert Varro, quod Dioscorides astro
logus scribit, Alexandriae inter eos qui mortuos sallunt cons tare hominem
plus centum annos viuere non posse, idque cor hominum declarare eorum
qui integri perierunt sine corporis tabe... (XVII, 15) (3).
E manifesfa l'intenzione di far vedere come il secolo civile di 100
anni non fosse stato arbitrariamente stabilito, ma trovasse il fondamento
nel fatto che tale era la lunghezza massima della vita umana. Qui e
chiara la consonanza con la dottrina di Varrone: le prove che Censo

1885, p. 174 sg.; DlEHL, art. cit., p. 349. II Peter, H. R. Reliqq., vol. I, p. 248, il NiLSSON,
in P. W RE, Ia col. 1708, ed altri ritennero sulla base di un frammento del de gente P.
R. apud Aug. de ciu. Dei, XXIII, 28 (= Fracc. 2) che anche Varrone avesse accetlato il
secolo di 110 e le credenze misiiche sulla palingenesia, il ricongiungersi cioe delle anime
ai corpi dopo un ciclo di 440 anni, diffuse a Roma nella seconda meta del primo secolo
a. Ch. e ispiratrici della quarta egloga di Virgilio e dei Ludi saeculares dei 17, celebra
ti da Orazio. Che valore attribuire al frammento in Agostino e con limit) accoglierlo
quali
ha ben mostrato il P. Fraccaro, in Studi Varroniani. De gente populi Romani libri IV,
Padova 1907, pp. 102-8.

(1) Fest. Paul. p. 441, L. 4 s. v. saeculares Ludi: saeculares ludi apud Romanos

post centum annos fiebant, quia saeculum centum annos extendi existimabant; Liu.
apud Cens. de die nat. XVII, 10; Aug. de civ. Dei, III, 18; Serv. ad Aen., VIII, 508; ad
Buc, IV, 5; vd. MoMMSEN, Rom. chron., p. 191; DlEHL, art. cit., p. 263.
(2) Mommsen, Rom. chronol., p. 186 e i passi alia nota 366; DlEHL, art. cit., p. 264.
(3) Alia durata di 100 anni della vita umana dovevano riferirsianche dottrine orfico
pitagoriche quando insegnavano che l'anima deiruomo dopo la morte doveva vagare
sotterra per mille anni, dato che ogni giorno di colpa doveva essere espiato con died
giorni e di 100 anni era la vita umana. Vd. Plat., De repubbl., 615; Fedr., 249; la dot
trina era nota anche a VIRGILIO, Aen., VI, 748. Vd. DlEHL, art. cit., p. 262 sg.

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rino adduce sono quelle stesse di Varrone ed a testi varroniani si ri


chiama. Nuovo valore acquista cosi anche la prima parte del capitolo
relativa alle dottrine etrusche.
La teoria Etrusca
secoli era passata a Roma
dei e Varrone ci fa
sapere che in base
portenti a
furono istituiti nel 505 i ludi Tarentini
(XVII, 8), e nelFanno 88 dotti etruschi avevano interpretato dei portenti
come significativi della fine di un secolo ed inizio di un nuovo (1).
L'augure Vegetius nel 44 aveva osato interpretare la comparsa della
cometa della morte di Cesare come annunciatrice della fine del nono
secolo etrusco, pagando con la vita la sua indiscrezione (2).
Varrone accoglieva tali teorie e come si era fatto calcolare da Ta
ruzio (3) il giorno natalizio di Roma, cosi notava il vaticinio di Vettio
che dalla comparsa di 12 avvoltoi deduceva che Roma avrebbe dovuto
durare 12 secoli (XVII, 15). A Varrone direttamente o indirettamente ri
sale quanto Censorino scrive sulle teorie Etrusche, come prova anche
la prima parte del de die nat., dove gli accenni ai libri della disciplina
etrusca sono da lui derivati (4). E ben lo interpreta quando nei primi
quattro secoli etruschi della durata di 100 anni ?in Tuscis historiis, ut
Varro testatur . . . scriptum est quattuor prima saecula annorum fuisse
centenum* (XVII, 16) Censorino riconosce un precedente del secolo ro
mano (XVII, 13).
Poco e da dire circa il capitolo decimo ottavo, dove si parla del
lustro: ? de annis maioribus dicam . . . tempus anni magni Romanis fuit
quod lustrum appellabant* (XVIII, 1,13). Non vi compare mai il nome
di Varrone ne possiamo con sicurezza riconoscervi presenza della sua
dottrina. Ci soffermeremo solo sulle definizioni dai due proposte.
Varrone nel de L. /.VI, 11 afferma: ?lustrum nominatum tempus quin
quennale a luendo, id est a soloendo, quod quinto quoque anno oeetigalia
et ultro tributa per censores persolvebantur*. All* idea di purificazione

(1) Varr. apud Serv. ad Aen., VIII, 526; cf. Plut., Sull. 7.

(2) Serv. Dan. Ad Bue. IX, 46 = Fr. 5 di Augusto; peter, H. R. Reliqq., p. 56, vol. II.
(3) Lucius quidem Tarutius Firmanus familiaris noster in primis Chaldaicis ratio

nibus, urbis etiam nostrae natalem diem ab Us Palilibus . . . CiC. de div.


repetebat
II, 47. 98; la stessa notizia e riferita da plut., Romul, 12, il quale precisa che, a richie
sta di Varrone toutw irooufJaXsv 6 gdppwv) Taruzio cerco Y oroscopo di vd. anche
( Roma;
SOLIN. 1, 18; LlDUS, de mens. 1, 14.
(4) Cf. de die nat. XIV, 6: Etruscis quoque libris fatalibus aetatem hominis duo
decim hebdomadibus describi Varro commemorat. A Roma le dottrine degli Etruschi
dovettero penetrare principalmente ad opera di Varrone, il quale tanto di frequente alle
loro tradizioni si rivolgeva per ricerche sulla protistoria Romana; parla cosi di citta "etru
sco ritu ? fondate (de L. I. V, 143), apprende da Vulnius Torigine etrusca del nome
delle prime tre tribu romane ( de L. I. V, 55 ), da 1'etimologia etrusca di idus (de L. I.
VI, 28 ).

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(Xtrcpov) Varrone ha sostituito l'idea di riscatto (Xouxp&v), col pagamen


to di una somma quinqucnnale: lustrum a luendo, id est persolvendo.
Censorino invece pone il lustro in relazione col rito della purifica
zione istituito da Servio Tullio (1), rito che si celebra ogni cinque anni
allo scadere dei censori: idem tempus anni magni Romanis fuit quod
lustrum appellabant, ita quidem a Servio Tullio institutum, ut quinto quo
que anno, censu civium habito, lustrum conderetur (XVIII, 13).
Elemento comune, per altro non a loro soltanto, e la durata quin
quennale.
Un altro accostamento si pud forse proporre fra ? censu civium ha
bito ? e ?vectigalia et ultra tributa per censores persolvabuntur?; ma la

ragione o meglio la natura del termine lustrum rimane diversa nei due.
Si pud tuttavia rilevare che del sacrificio espiatorio, a cui allude Cen
sorino con
Tespressione ?lustrum conderetur* regolato nel cerimoniale
da disposizioni delle tavole censorie, fa parola anche Varrone in altro

luogo del de L. /., che a quelle disposizioni si ispira: praetores,


tribunique plebei, quique in consilium vocati sunt venerunt, Censores inter
se sortiuntur, uter lustrum faciat. Ubi templum conditurus est, post turn
conventionem habet qui lustrum conditurus
(VI, 87) (2). est*
E
probabile che in un* opera diversa dal de L. /,Varrone, trattando
del lustro, ne abbia considerato questo aspetto; e si sa come e quanto
Varrone si sia in piu opere ripetuto.

I Capitoli decimo nono, ventesimo e ventunesimo sono consacrati


aU'esame dell'anno romano. Varrone vi e nominato tre volte (XX, 2; XXI,
1, 5) e di lui sono
riportati ampi frammenti. Analizzando Censorino il
computo civile dell'anno presso i vari popoli, ricorda come gli Egizia
ni considerassero l'anno della durata di un mese (XIX, 4).
La stessa notizia, piu ricca di particolari, leggiamo in Lattanzio, che
la prende da Varrone: Varro .. . cum putarentur antiqui mille annos vie
titasse ait enim: apud Aegyptios pro annis menses haberi ut non solis
per duodecim signa circuitus faciat annum, sed luna quae orbem triginta
dierum spatio lustrat (3).

(1) Circa l'istituzione del Lustrum da parte di Servio Tullio. Vd. ClC, de oral. II,
Liv., 1, 44; Dionis. Hal., IV, 22.
(2) Sul valore dell'espressione lustrum condere, vd. usener inKlein. Schriften, IV,
p. 117; berve in ?P.W RE? XIII, 2 col. 2053.
(3) 1st. dio., II, 12, 21; august., de cio. Dei, XV, 12; Plin., n. h. VII, 48; f. RlTSCHL,
inOpusc. Ill, p. 396 ritiene che il fr.derivi dai Disciplinarum libri. Vd. anche ilWeber,
op. cit., p. 40.

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E chiaro
percid come Censorino ridia qul dottrina varroniana, se
condo quanto lascia sospettare la felice citazione di Lattanzio.
Fa parte di questo capitolo il lungo frammento circa il numero dei
mesi componenti l'anno romano (XX, 2,6).
Censorino riferisce due versioni in proposito: quella di Licinio Ma
cro e di Fenestella, che ritenevano l'anno fin dall'inizio di 12 mesi e
Paltra di Giunio Graccano, Fulvio Nobiliore, Varrone e Svetonio, che
al contrario lo dicevano originariamente di 10 mesi: ?Annum vertentem
Romae Licinius quidem Maceret postea Fenestella statim ab initio duo
decim mensuum fuisse scripserunt: sed magis Iunio Gracchano et Fulvio
et Varroni et Suetonio aliisque credendum, qui decem mensuum putaoerunt
fuisse, ut tune Albanis erat, unde orti Romani. . . ?.

Quale fondamento abbia l'opinione di Giunio, di Varrone e degli


altri, e quale l'importanza di questo primitivo calendario negli ordinari
usi della vita, non tocca qui stabilire (1): basta a noi rilevare come an
che riguardo alia storia dell* anno romano Censorino si attenga di pre
ferenza alia versione varroniana.
Che in proposito tale fosse realmente il pensiero di Varrone mi
pare dedurlo da quel luogo del de L. I., dove egli ricercando l'etimolo
gia del nome dei mesi, recensisce per ultimi i mesi di Gennaio e Feb
braio e precisa che essi furono solo posteriormente aggiunti: ad hos qui
additi prior a principe deo Ianuarius appellatus; posterior, ut idem dicunt
scrrptores, ab diis inferis Februarius appellatus... (VI, 34); e quando,
sempre nel de L. I. fa allusione al mese che a Febbraio si intercalava
fra le feste Terminali e il Regifugio (2). Si confrontino qui i testi.

de die nat. XX, 6 de L. 1. VI, 13

denique cum iniercalarium mensem Terminalia, quod is dies anni


viginti duum vel viginti Mum extremus constitutus: duodecimus
dierum alternis annis enim mensis fuit Februarius et
placuisset... in mense cum intercalatur inferiores quinque
Februario inter Terminatia et dies duodecimo demuntur mense.
Regifugium intercalatum est...

Altre piu diffuse notizie mancano nelP opera grammaticale, ma i bre


vi cenni iti rinvenuti sono gia sufficiente garanzia circa la genuinita della

(1) Vd. in proposito mommsen, Rom. chron. 2, p. 47.


(2) Circa il tempo in cui si introdusse ilmese intercalare, vedi le diverse opinioni e
quelle di Varrone inMacr., Sat. I, 13, 20: sed hoc arguit Varro scribendo antiquissi
mam legem fuisse incisam in columna aenea a L. Pinario et Furio coonsulibus, cui

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400 F. FRANCESCHI

dottrina varroniana riportata nel de die nat. ed eliminano il sospetto che


essa sia stata contaminata con apporti di nuovc fonti; sospetto che po
teva sembrar giustificato trattandosi di informazioni che Censorino non
deriva direttamente da Varrone, ma come e piu probabile da Svetonio,
il cui nome e ricordato per ultimo nella enumerazione delle fonti. E a
Svetonio risale quasi sicuramente quanto Censorino subito dopo scri
ve sulla riforma del
opera calendario
Cesare, ad pontefice di Giulio
Massimo. si arguisce
Cio
anche da Macrobio il quale per notizie circa
Tanno romano, che ha in comune con Censorino, mostra di aver utiliz
zato un autore che visse fra Domiziano e Commodo (1), e, sebbene non
lo nomini, altri non sembra possa essere se non Svetonio.
Si trova a questo punto del de die nat. il noto passo di Varrone
circa la divisione del tempus in adelon, mythicon, historicon (XXI, 1. ss.).
"Hie (Varro) enim tria discrimina tempo rum esse tradit, primum ab ho
minum principio ad cataclysmum priorem, quod propter ignorantiam vo
catur adelon, secundum a cataclysmo priore ad Olympiadem primam,
quod, quia multa in eo fabulosa referuntur, mythicon nominatur, tertium
a prima olympiade ad nos, quod dicitur historicon, quia res in eo gestae
veris historiis continentur. primum tempus, sive habuit initium seu semper
fuit, certe quot annorum sit non potest comprehendi, secundum non pla
ne quidem scitur, sed tamen ad mille circiter annos et sescentos annos
esse creditur a priore scilicet cataclysmo, quern dicunt et Ogigii, ad Ina
chi regnum annos circiter C C C C... . (2) hinc ad olympiadem primam
paulo C C C C....
Quanto ai concetti la suddivisione dei tempi ha un aspetto vera
mente varroniano e le parole ?primum_ siue habuit initium seu
semper fuit:, ricordano, come nota il Fraccaro (3), le supposte opinioni
dei filosofi (alcuni dei quali ammettevano un principio della vita anima
le, altri non vi assegnavano principio alcuno) che Varrone passa in
?
rassegna nel de re. r. //, 1, 3 e nel Logistorico Tubero, de origine

men sis intercalaris adscribitur. Vd. S. RlCCOBONO in Fontes iuris Romoni antejustinia
nt, pt. I, Florentiae 1941, p. 70 seg.
(1) Macr. Sat. I, 12, 57 ricorda imutamenti del nome dei mesi infrodottida Domi
ziano e aggiunge: cautio postea principum ceferorum diris animis infausta vitantium
mensibus a Septembri usque ad Decembrem prisca nomina reseroavit. Non conosce

dunque la sua fonte i successivi mutamenti di Commodo. Vd. re1fferscheid, C. Suetoni


Tranquil/ini, praeter Caesarem iibros, reliquiae, Lipsiae, 1860, p. 434; WlSSOWA (de.
Macr. Saturn, font.) p. 22; H. SGHANZ in ?Hermes? 30 (1895) p. 423.
(2) Nella lacuna che di necessita si deve ammettere a questo punto, perche altrimenti
la somma non torna, dovevano essere computati 800 anni da Inaco alia guerra troiana.
Vd. Fraccaro. op. cit., p. 88 e n. 2.

(3) Op. c//.,p. 99.

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CENSORINO E VARRONE 401

humana, e richiarnano da vicino il mythicon theologiae genus, di cui Var


ronc parla nel libro delle antichita divine ? (1).
Piu esitanti ci lasciano invece i dati cronologici, definienti la durata
delle singole tre epoche: quel continuo ritorno di intervalli fissi di 400
anni fa gia pensare a qualcosa di artificiosamente adattato, e inoltre va
osservato che questa cronologia non si concilia affatto con quella, che
risulta da altri piu sicuri frammenti del de gente p. R. e del de re. r. (2).
Non possiamo noi correggere le cifre, perche la tradizione mano
scritta non ci autorizza a farlo, ma d'altra parte non ci pare neppure
verosimile che Varrone, il quale si attiene sempre allo stesso sistema
cronologico nelle Antiqq. come nel
r. hum. p. R. e nel de re
de gente
r. possa, in opere a queste anteriori, averne presentato uno diverso o
averlo mutato nella sua ultima attivita letteraria e nel caso nei Discipli
narum librt, la cui pubblicazione seguiva appunto il de re r. Piu proba
bile rimane quindi l'ipotesi, gia da altri formulata, che Censorino o la
sua fonte abbiano alterato i genuini numeri di Varrone (3).
Parlando Censorino suH'origine del nome dei mesi accenna
prima
alia dottrina e di Giunio,
di Fulvio poi diffusamente espone il pensiero
varroniano. I due annalisti attribuivano a Romolo Torigine del nome dei
"
mesi, mentre Varrone crede Romanos a Latinis nomina mensuum ac
cepisse, auctores eorum antiquiores quam urbem fuisse?.
Dottrina del genere troviamo ripetuta anche nel de L. I, VI, 33, ed
e bene comparare qui i due testi per decidere della provenienza del
frammento di Censorino.

de die nat. XXII, 9 11 de L. 1. VI, 33

Nomina decem
mensibus antiquis Mensium nomina fere sunt aperta
Romulum fecisse Fuluius et Iunius si a Martio ut antiqui consti
auctores sunt et quidem duos pri tuerunt numeres: nam primus a
mos a parentibus suis nominasse Marie.
Martium a Marte
patre, Aprilem secundus, ut Fuhius scribit, et
ab Aphrodite, id est Venere, un lunius a Venere, sit
quod ea
de maiores eius oriundi dicebantur. Aphrodite; cuius nomen ego an
Proximos duos a populo Maium tiquis litteris quod nusquam inoe*
a maioribus natu, Iunium a iunio ni, magis puto dictum quod ver
ribus. ceteros ab ordine quo sin omnia aperit Aprilem.
guli erant, Quintilem usque De
cembrem perinde a numero.

(1) Apud Aug., de cio. Dei, VI, 5.


(2) Apud AUG., de civ. Dei, XVIII, 8 = (Fr. 3 Fracc); de rer. r. Ill, 1, 24. Vd. in
Fraccaro, op. cit., p. 82 sgg. l'esame e il confronto di questi ed altri testi sulla questione.
(3) Fraccaro, op. cit., p. 98,

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402 F. FRANCESCHI

Varro autem Romanos a Latinis Macr. Sat. I, 12-13

nomina mensum accepisse arbi


trates auctores eorum antiquiores Cingio etiam Varro consentit ad
quam urbem fuisse satis argute firmans nomen Veneris ne sub
docet itaque Martium mensem a regibus quidem apud Romanos oel
Marte quidem nominatum credit, latinum oel graecum fuisse, et
non quia Romuli fuerit pater, sed ideo non potuisse mensem a Ve
latina bellicosa. nere nominari . . . sed cum . . .
quod gens Apri
lem autem non ab Aphrodite, sed omnia verno id est hoc mense
ab tune ferme aperiantur . . . quasi Aperilem si
aperiendo, quod
cuncta gignantur et nascendi clau cut apud Athenienses <xv9-eaT7)pia)v
stra aperiat natura. Maium oero idem mensis vocatur ab eo quod
non a maioribus, sed a Maia no hoc tempore cuncta florescant.
mem accepisse, quod eo mense
tarn Romae quam antea in Latio
res dioina Maiae et Mercuric de L. 1.VI, 33
fit
i Iunium quoque a lunone potius
quam iunioribus, quod itlo mense Tertius a maioribus Maius, quar
maxime Iunoni honores habentur. tos a junioribus dictus lunius. de

Quintilem, quod loco iam apud hinc quintus Quintilis et sic dein*
Latinos fuerit quinto, item Sexti ceps ad Dicembrem a numero.
lem ac deinceps ad Decembrem qui additi prior a princi
ad quos
a numeris appellatos. ceterum la pe deo lanuarius appellatus, poste
nuarium et Februarium posfea qui rior, ut idem dicunt scriptores, ab
dem additos sed nominibus iam diis inferis Februarius appellatus,
ex Latio sumptis: et Ianuarium ab quod turn his parentetur; ego ma*
Iano, cui adtributus est, nomen gis arbitror Februarium a die fe
traxisse, Februarium a februo. bruato.

II frammentodi Censorino e, nei confronti del de L. /., assai piu


completo e preciso nelle notizie riguardanti l'origine del nome dei mesi,
presentando molti dati di carattere antiquario, che non potevano certo
rientrare nei limiti di un'opera di grammatica. C'e inoltre da notare che
i due testi dissentono circa i nomi dei mesi Maggio e Giugno, che in
Censorino vengono fatti derivare rispettivamente da Maia (1) e Giunone.
?Maium oero non a maioribus sed a Maia nomen accepisse... Iunium
quoque a lunone potius quam iunioribus ? mentre secondo il de L. L deri

(1) Sulle diverse identificazionidi Maia, vd. macr., Sat. 1, 12, 18. 11LlTT., op. cit.,
pag. 12 crede che qui Censorino riportidottrina verriana; diversamente il WlLLENSEN,
op. cit., p. 6 seg. e il Baehrens, op. cit., p. 24.

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CENSORINO E VARRONE 403

verebbero da maioribus e iunioribus ? Tertius a maioribus Maius, quar


tus a iunioribus dictus Iunius*.
Come ben si vede la voluta insistenza di Censorino sull'origine dei
stica dei mesi fa si che le due testimonianze non solo non ammettano
alcun punto d'incontro, ma anzi si escludano in modo assoluto. Sicco
me pero non abbiamo alcun motivo
che giustifichi sulla sicu un dubbio
rezza della citazione di Censorino cosi mi pare piu logico sospettare
che anche qui Varrone sia presente a Censorino non col de L. /., ma
con un* altra sua opera, alia quale molto probabilmente si deve ricondur
re anche il passo di Macrobio poco sopra citato e riportato.
E chiaro infatti che nel de L. I. Varrone riferisce la piu recente
versione, testimoniata da Fulvio Nobiliore, secondo la quale la denomi
nazione di Maius a maioribus e lunius a Iunioribus sarebbe stata intro
dotta da Romolo in onore delle classi degli iuniores e maiores in cui

egli aveva diviso il popolo (1); mentre invece nelF altra opera restava
fedele alia tradizione piu antica che voleva evessero i Romani derivato
il nome dei mesi dai Latini.
E a questa stessa tradizione Varrone si richiama conlinuamente con

precisazioni a proposito dei mesi di Marzo ?a Marie quidem nominatum,


non quia Romuli fuerat pater sed quod gens latina bellicosa*, di Quintile
?quod loco iam apud Latinos fuerit quinto?, di Gennaio e Febbraio
?postea quidem additos, sed nominibus iam ex Latio sumptis ?; e come
aveva accettato un primitivo calendario di 10 mesi, cosi di quei mesi
accettava la primitiva origine deistica.
In sulla fine del libro Censorino
discorre del giorno e delle varie

parti in cui era diviso. II nome di Varrone non figura, ma vive piu che
altrove appaiano qui le tracce della sua dottrina. Accenno ora di sfuggita,
per riprendere piu avanti la questione, alia perfetta concordanza che si
riscontra fra quel che al capitolo ventitreesimo, 3 segg. Censorino afferma
circa il criterio seguito dai Babilonesi, Umbri, Ateniesi e Romani per
stabilire l'inizio e il termine del giorno e un passo delle nodes Atti
cae (III, 2, 4) dove Gellio reca apertamente in campo Varrone, preci
sando nelle
Antiqq. r. hum. V opera utilizzata.
C'e poi una fortunata testimonianza di Plinio il Vecchio circa le
notizie sull' origine e V uso dei solari, che esclude ogni dubbio al riguar
do. E vero che la versione pliniana e piu ricca di particolari e di pre
cisazioni erudite, ma sostanzialmente e concorde con quella di Censorino.

(1) Macr., Sat., 1,12,16: Fuhius Nobilior in Fastis quos in aede Herculis musa
rum posuit, Romulum dicit postquam poputum in maiores
iunioresque dioisit, ut altera

pars con si I io altera armis rem publicam tueretur, in honor em utriusque partis hunc
Maium, sequentem lunium oocasse. Vd. Plut., Num. 86.

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404 F. FRANCESCHI

de die nat. XXIII, 6-7 n. h. VII, 212-215

In horas XII diem diuisum esse ... princeps solarium horologium sta
noctemque in totidem vulgo no tuisse ante XXII annos quam cum
turn est: sed hoc credo Romae Pyrro bellatum est ad aedem Quirini
post reperta solaria obseroatum. L. Papirius Cursor, cum earn dedica
quorum antiquissimum quod fue ret a patre suo votam a Fabio oestale
rit inventudifficile est: alii enim proditur. Sed neque facti horologi ra
apud aedem Quirini primum sta tionem oel artificem significat nec un
tutum dicunt, alii in Capitolio, de translatum sit aut apud quern scrip
nonnulli ad aedem Dianae in turn id invenerit. M. Varro primum
Aventino. illud satis const at, statutum in publico secundum Rostra
nullum in foro prius fuisse quam in columna tradit bello punico primo
id quod M. Valerius ex Sicilia a M. Valerio Messala cons., Catina
advectum ad rostra in columna capta in Sicilia, deportatum inde post
posuit quod quoniam ad clima XXX annos quam de Papiriano horolo
Siciliae descriptum ad horas gio tradituranno urbis CCCCLXXXX
Romae non convenirent, L. Phi* nec congruebant ad horas eius lineae,
lippus censor aliud iuxta consti paruerunt tamen ei annis undecentum,
tuit. deinde aliquando post P. donee Q. Marcius qui cum
Philippus,
Cornelius Nasica, censor ex L. Paulo fuit censor, diligentius ordi
aqua fecit horarium quod et natum iuxta posuit, idque munus inter
ipsum ex consuetudine noscendi censoria opera gratissima acceptum
a sole horas solarium coeptum est. etiam turn nubilo incertae fuere
vocari. horae usque ad proximum lustrum,
tune Scipio Nasica collega Laenati pri
mus aqua dioisit horas aeque noctium
ac dierum, idque horologium sub tecto
dicavit anno urbis DXCV.

E qui si incontra Varrone nel de L. /.: ?solarium dictum id in quo


horae in sole inspiciebantur, quod Cornelius in Basilica Aemilia Fulvia
inumbraoit* (VI, 4). Potrebbe sembrare assai laconica questa testimo
nianza varroniana a petto delle due versioni precedenti, si da pensare
che esse non vengono avviate da quella.
Ma occorre riflettere che ci sono in esse elementi di tal sapore
varroniano, da non trovare altra spiegazione se non si riconoscono
sul filone del Reatino. Per esempio: che la basilica fu cosi nominata
per essere stata eretta da M. Fulvio Nobiliore, che ebbe a
collega
nella censura M. Emilio Lepido si sa anche da altri; ma che poi vi
fosse stato messo un orologio sappiamo soltanto da questo di
luogo
Varrone,

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CENSORINO E VARRONE 405

1/ espressione: Cornelius . . . , cosi


come suona non pare pos
quod
sa intendersi del
primo orologio a Roma, ne il verbo
visto inumbraoit
deve intendersi per ?coperse di un tetto, di una loggia?, espressione
quanto mai impropria riferita ad un orologio solare. Inoltre non si deve
dimenticare che il termine solarium veniva indifferentemente usato ad
indicare sia orologi solari sia quelli che non erano propriamente tali,
come fa fede Censorino: ex aqua fecit horarium quod et ipsum ex con
suetudine noscendi a sole horas solarium coeptum vocari; e piu chiara
mente ancora Cicerone: solarium oel descriptum vel ex aqua contem
plere (1).
Cio mi sembra voglia intendere qui Varrone, il quale, conoscendo
la duplice accezione del termine, al solarium in quo horae inspicieban
tur, contrappone il ?solarium (= horologium ex aqua) quod Cornelius
in Basilica Aemilia et Fulvia inumbraoit* (2). A questo supposto ben
corrisponde il nome di Cornelio. II verbo inumbraoit avrebbe percio il
senso dato dalle parole di Plinio : sub tecto dicauit. Si aggiunga infine
che T espressione in Basilica non e proprio riferita ad orologio solare,
per il quale vediamo dirsi: apud aedem Quirini; in Capitolio; ad
aedem Dianae; ad Rostra o secundum Rostra; in columna.

Riguardo al capitolo ventesimo quarto proponiamo innanzitutto il


confronto fra il testo di Censorino e quello del de L. /.

de die nat. XXIV, 2 ss. de L. 1.VI, 7

gallicinium, cum Galli canere in alii ab eo quod siletur silentium


cipiunt, dein conticinium, cum con noctis quod idem Plautus (Asin.
ticuerunt; 685) tempus conticinium.
mane, cum lux videtur sole orto ... de L. 1. VI, 4 : mane quod turnma
meridies quod est medii diei no nat dies ab oriente meridies ab eo
men; hinc suprema post occa quod medius dies.
sum solis esse existimant, quia de L. 1.VI, 5: suprema, summum
est in XII Tabulis scrip turn sic, diei, id ab superrimo. hoc tempus
solis occasus suprema Tempestas XII Tabulae dicunt occasum esse
esto: sed postea M. Plaetorius solis; sed postea lex Praetoria id
tribunus plebiscitum tulit, in quo quoque Tempus esse iubet supre
scriptum est Praetor urbanus qui mum; quo praetor in comitio su

(1) De not deor. II, 87.


(2) Vd. Canal P., M. Terenzio Varrone, libri intorno alia lingua latina, Venezia An
tonelli 1874, p. 427 seg.; in proposito G. Goetz c F. Schoell, M. Terentii Varronis de
lingua Latina quae supersunt, Lipsia 1910, p. 58 n. 10 e p. 260.

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406 F. FRANCESCHI

nunc est quique


posthac fuat duo premam pronunciavit populo. cf.
littores
apud habeto se
usque a de L. 1. VII, 51: qui suprema a
supremam (ad solem occasum fus superrimo dictum, itaque in XII
que) inter cioes dicito. tabulis: solis occasu diei suprema
post supremam sequitur uespera, Tempestas esto (1)
ante ortum scilicet eius stellae de L. I. VI, 6: cum stella prima
quam Plautus uesperuginem, En exorta (eum Graeci vocant garcepov,
nius uesperum Vergilius hesperon nostri vesperuginem ut Plautus
appellat. (Amph. 275) id tempus dictum a
Graecis ivnipoL latine vesper.
inde porro crepusculum, sic for de L. 1. VI, 5: secundum hoc di'
tasse appellatum quod res incer citur crepusculum a crepero . . .
tae creperae dicuntur idque tern crepusculum significat dubium, ab
pus noctis sit an diei incertum eo res dubiae creperae, quod
est. crepusculum dies etiam nunc sit
an iam nox multis dubium.
de L. 1. VI, 7: intempesta Aelius
deinde concubium cum itum est dicebat cum tempus agendi est
cubitum; nullum, quod alii + inconcubium
exinde intempestas id est nulla appellarunt quod omnes fere tune
nox, qua nihil agi tempestioum. cubarent. Cf. de L. 1. VII, 72.

Le tracce della dottrina varroniana sono facilmente


riconoscibili,
ma, come gia altrove abbiamo notato, anche qui le notizie di Censorino
sono piu ricche di particolari di quelle del de L. /., che non puo percio
esser considerata come sua fonte diretta (2). Cio apparira chiaro dal
Tesame dei due passi paralleli relativi al plebiscito Pletorio, col quale
si modificava la precedente norma delle XII Tavole circa l'ora ultima
del giorno. Nel de L. I. manca il testo integrale della legge, ma vi si
ricorda la disposizione con cui era lasciato in potere del Pretore di fis
sare quale dovesse essere T ultima ora e si stabiliva s'avesse a ritene
re per ultima quella che, come tale, il Pretore faceva annunziare al popolo,
raccolto nel comizio (3). E comprensibile come Varrone, trattando nel

(1) Vd. Oell., n. A. XVII, 2, 10; Macr., Sat. I, 3, 14.


(2) Hahn, op. cit.t p. 40; Goetz e Schoell, op. cit.t p. 59 n. 1 e p. 260 scg., pensa
no ad una derivazione dalleAntiqq. r. hum.

(3) La regola seguita del banditore per determinare quest' ora suprema ci e data da
PlINIO, n. h. VII, 212: accenso consu/um id pronuntiante, cum a curia inter Rostra et
Graecostasin prospexisset solem: a columna Maenia ad career em inclinato sidere,
supremam pronuntiauit. La notizia deriva probabilmente da Varrone, il cui nome compare
subito dopo nel testo pliniano.

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CENSORINOE VARRONE 407

de L. /. delle varie si preoccupi


parti del giorno, soprattutto di definire
il valore di
?suprema tempestas* e possa trascurare altre disposizioni
riguardanti piu propriamente T amministrazione delta giustizia, su cui po
teva ritornare in altri scritti.
Censorino al contrario, dopo aver precisato che comunemente si
considerava ultima l'ora ?pos/ occasum solis*, in tal senso interpretan
do le parole delle XII Tavole, riporta per intero il testo della legge Pie
toria. Le ?ad solem occasu > fra rotonda non
parole iusque parentesi
dovevano far parte del testo della legge, ma, come crede lo Schoell (1),
prese da un luogo varroniano, Censorino le avrebbe aggiunte a scopo
esplicativo e contrapposte alle precedenti ?post solem occasum...?
Censorino utilizzava un* opera varroniana dunque, dove la questione
era ampiamente svolta e certo vi era riportato il testo completo della

legge, commentato nelle diverse interpretazioni, ma preoccupato di rias


sumere tutto in poche righe e caduto in inesattezze, e la sua esposizione
ne e risultata, come si vede, assai poco chiara.

* * *

Rintracciati i frammenti che sicuramente o con molta probability


vengono a Censorino da Varrone, resta ora da indicare a quale delle sue
innumerevoli opere essi appartengono. Censorino, che pur non e solito
riferire con molta fedelta la sua fonte, non differendo in cio dagli scrit
tori del suotempo, nomina solo due opere varroniane: i libri: de scae
nicis originibus e le Antiquitates rerum humanarum.
Ai libride scaenicis originibus ricorre quando parla dell*origine dei
Ludi Tarentini e per la data varroniana dei
quarti Ludi (XVII, 8, 11) (2).
L' opera,
per quel poco che
sapere e dato
da questi ed altri scarsi
frammenti, rientrava nella serie degli scritti sopra Tarte drammatica dei
Romani (3), e non era certo la piu adatta a contenere dottrina crono
logica. La citazione stessa, probabilmente di seconda mano, e le succes
sive che enumerano le differenti opinioni drca la datazione dei ludi
hanno, a ben
osservare, nello
svolgimento della dottrinadi Censorino,
il carattere di una digressione dotta e tendono a dimostrare come il se
colo romano non potesse essere definito nella sua durata dal succedersi
dei ludi.
Dalle Antiquitates Censorino ha ripreso il passo relativo all'inter
pretazione che Vettio dava sulla comparsa dei dodici avvoltoi dell'Au

(1) SCHOELL R? Legis duodecim tabularum reliquiae, Lipsiae 1866, p. 3 n. 2.


(2) CiCHORlUSC, in Comment, in Hon. O. Ribbek, Lipsiae 1888, p. 421.
(3) DAHLMANN,M. Terentius Varro in P. W RE, suppl. VI, col. 1223.

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408 F. FRANCESCHI

gurium August um: sed quid a pud Varronem legerim non tacebo, qui libro
ait fuisse Vettium Romae in augurio non
antiquitatum duodeoincesimo
in disceptando
cuiois docto paremeum se
ignobilem, ingenio magno,
audisse dicentem, si ita esset ut traderent hisforici de Romuli urbis con
dendae auguriis ac. XII vulturis, quoniam CXX annos incolumis praete
?
risset populus Romanus, ad mille et ducentos perventurum (XVII, 15).
I libri XIV-XIX delle Antiqq. r. hum. trattano del tempo, come si sa
da S. Agostino, che dell'intera opera ci ha conservalo il disegno gene
rale : in sex itaque primis de hominibus scripsit, in secundis sex de locis,
sex tertios de temporibus, sex quartos eosdemque postremos de rebus
absolvit: (de civ. Dei VI, 3) e dallo stesso Varrone, che a tale dispo
sizione si richiama all'inizio della quarta esade: ?e/ ea quae ad rnorta
lis pertinent, quadrifariam dispertierim in homines, in loca, in tempora,
in res* (1).
Non tutte le notizie cronologiche fornite da Varrone si possono ri
ferire alle Antiquitates : se ne trovano nei libri de Gente populi Roma
ni (2), unitamente alle indagini sulle piu lontane origini della stirpe
romana e dei suoi istituti, in quelli degli Annali (3), dove Varrone trac
ciava un quadro storico dei principali avvenimenti di Roma; ma ne Tuna
ne l'altra opera e mai ricordata da Censorino, ne rientra fra le sue pos
sibili fonti.
Sicuramente delle
Antiqq. r. hum. e il frammento riguardante il cal
colo egiziano sulla
durata della vita umana, come prova il confronto con
un passo di Diomede. Diomede utilizza Varrone soltanto in ragione di
pure notazioni lessicali, poco o nulla interessandosi del resto, che in
vece Censorino trascrive interamente.

Diom. I, 375 K de die nat. XVII, 14

salliorfrequens oidetur et Praeterea fieri potest quod refert Varro,


tritum ut perfecto tempore quod Dioscorides astrologus scribit, Ale
salsus turn dicamus : xandriae inter eos qui mortuos sallunt con
sed veteres anbiquitatem stare hominem plus centum annos oiuere
appellations vitantes et non posse, idque cor hominum declarare co
analogia sequentes sallitus rum qui integri perierunt sine corporis tabe;
turn dixerunt a positione ideo omnis aetatis incrementa et dominatio
sallo non sallio ut Sal nes conseruere, et anniculi pendere duas

(1) Apud Non. p. 92* 12; la stessa divisione Varrone ripropone nel de L. /.VI,
11-12; VII, 5; VIII, 44.
(2) Fraccaro, op. c/7., p. 82 segg.
(3) RiTSCHL in opusc. Ill, p. 448.

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CENSORINOE VARRONE409

lustius . . . Varro ad Ci bimi quattuor, et sic in annos sin


dragmas
gulos usque ad quinquaginta
ceronem . . . idem anti accedere bi
quitatum humanarum quin nas; ab iis centum dragmis abusque anno
to decimo: mortuos sal quinquagesimo item decedere in uno quoque
lunt. binas: ex quo perspiquum sit centesimo an
no redire ad anni primi pondus nec longius
vitam posse producere (1).

Illustrando Censorino Fetimologia di Februarium a Februo, viene a


parlare del rito di espiazione che in quel mese si celebra a Roma.
Si Iratta dei Lupercalia, che gli antichi idendificavano o, per meglio
dire, derivavano Lykaia (2). Data
dai Oreci per fini etimologici, la noti
zia brevemente nel de L. /. VI, 15, a Varrone preme, alia sua maniera

riprenderla e illustrarla ampiamente nelle Antiqq. r. hum.: ?nam et Luper


calia februatio, ut in antiquitatum libris demonstravi*.

E qui l'incontro con Censorino:

de die nat. XXII, 14 de L. 1.VI, 34

Februarium a februo ? est febru . . . ego magis arbitror Februari


um quidquid piat purgatque et fe um a die februato, quod turnfebru*
bruamenta purgamenta, item febru fur populus, id est Lupercis nudis
are purgare et purum facere. fe lustraturf antiquum oppidum Palati'
bruum aufem non idem usque qua um gregibus humanis cinctum.
que dicitur: nam aliter in aliis de L. 1. VI, 13: Lupercalia dicta
sacris februatur, hoc est purga quod inLupercali Luperci sacra fa
? rex cum ferias menstruas
tur in hoc autem mense ciunt
Lupercalibus, cum Roma lustratur nonis februariis edicit, hunc diem
salem calidum ferunt, quod febru februatum appellat; februum Sa
um appellant, unde dies Luperca bini purgamentum, et id in sacris
lium proprie februatus et ab eo nostris oerbum: nam et Lupercalia

porro mensis februarius vocitatur. februatio, ut in Antiquitatum libris


demonstraoi.

Artcor piu manifesta la dlpendenza dalle Antiqq. r. hum. appare


in cio che Censorino riferisce a proposito dei diversi criteri adottati
dai Babilonesi, Umbri, Ateniesi e Romani, per stabilire Tinizio e la fine

(1) Vd. Gruppe in ?Hermes? X, p. 51; Hahn, op. c/7., p. 35.


(2) Varro apud Aug. de civ. Dei XVIII, 16 (Fr. 29, Fracc); vd. in proposito Frac
caro p. 160 seg. e pag. 201 seg.

Aevum -Anno XXVIII - 20

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410 F. FRANCESCHI

del giorno. Abbiamo come termine di confronto il testo varroniano, con


servatoci da Gellio. Lo riferisce anche Macrobio con qualche leggera
variazione grammaticale

de die nat. XXIII, 3 Gell. n. A. Ill, 2,4

. . . Athenienses
Babyloni quidem a autem aliter obseruare, idem
solis exortu ad exor Varro in eodem libro (sc. rer. hum. de diebus)
tum eiusdem astri eosque a sole occaso ad solem iterum occiden
diem statuerunt, at in tem omne id medium tempus unum diem esse
Umbria plerique a dicere. Babylonios porro aliter: a sole enim
meridie ad meridiem exorto ad exortum eiusdem incipientem totum id
Athenienses ab occa spatium minus diei nomine appellare (vocare:
su solis ad occasum. Macr.J; multos vero in terra Umbria (Umbros:
ceterum Romani a Macr.) unum et eundem diem esse dicere a me
media nocte ad medi ridie ad insequentem meridiem ... populum au
am noctem diem es tem Romanum ita, ut Varro dixit dies singulos
se existimarunt. adnumerare a media node ad mediam
proxi
mam, multis argumentis ostenditur.
Indicio sunt sacra Sacra sunt Romana partim diurna alia nocturna :
et sed ea,
quae inter noctem fiunt, diebus addi
publica auspicia
etiam cuntur, non noctibus; quae igitur sex posteriori
magistratum,
quorum si quid ante bus noctis horis fiunt, eo die fieri dicuntur, qui
medium noctis est ac proximus earn noctem inlucescit. ad hoc situs
turn, diei qui praete quoque et mos auspicandi eamdem osservatio
riit adscribitur, si quid nem docet: nam magistratus quando uno die
autem post mediam auspicandum est id super quo auspicaoerunt,
noctem et ante lucem agendum, post mediam noctem auspicantur et
eo die ge*
est post meridialem solem
agunt auspicatique esse
factum
stum dicitur qui earn et egisse uno die dicuntur.

sequitur noctem.
idem significat quod M. Varro in libro rerum humanarum, quern de
qui a media nocte diebus scripsit: homines, inquit, qui inde a me
ad proximam mediam dia nocte ad proximam mediam noctem in his
noctem in his horis horis viginti quottuor nati sunt, uno die nati

quattuor et oiginti na dicuntur. (Cfr. Macr. Sat. 1, 3, 4).


scuntur, eundem diem
habent natalem.

Censorino riassume il testo di Varrone, non ne muta la sosianza;


nessun particolare nuovo sapremo infatti indicare, che non si trovi gia
nella fonte. De Varrone tuttavia si differenzia neH'ordine con cui recen

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CENSORINOE VARRONE 411

sisce i popoli: in Varrone Tordine e alfabetico (Ateniesi, Babilonesi,


Umbri) in Censorino cronologico, o meglio sccondo il tempo di inizio
del giorno, a partire da quelli che lo facevano cominciare al mattino, a
mezzogiorno, alia sera o a mezza notte (Babilonesi, Umbri, Ateniesi).
Ma questi sono particolari accidentali infimi, che per nulla intacca
no la sostanzialita dell* accordo Varrone-Censorino.
Una notizia del genere ci e data anche da Plinio (n. h. II, 188), da
Servio (ad aen. V, 255), da Isidoro (etym. V. 30, 4) e da Lido (de
mens. II, 2), ma con notevoli differenze. Plinio
gli Umbri non ricorda
mentre introduce gli Egiziani; Servio, e con lui Isidoro, parla di Egizia
ni, Persiani, Etruschi, Ateniesi, Romani; Lido, il piu vicino a Censori
no, oltre gli Egiziani, ricorda gli Ebrei. II che induce a credere che es
si abbiano derivato da fonti diverse, o con apporti nuovi, abbiano arbi
trariamente variato Pordine e contaminata la comune fonte originaria.
Altro frammento Varroniano in Censorino e inserito nella parte fi
nale delTesposizione circa l'anno romano.
L'intero passo (XXI, 1-5), che
contiene un breve compendio cro
nologico, si inizia con la divisione del tempus in adelon, mythicon,
historicon.
Qui e addotta anzitutto Y opinione di Timeo, di Eratostene e di altri
circa la precisa durata del terzo tempo; poi si continua: ?..de tertio
autem tempore fuit quidem aliqua inter auctores dissensio in sex septemve
tatummodo annis versata, sed hoc quodcumque caliginis Varro discussit,
et pro cetera sua sagacitate nunc dioersarum civitatium conferens tern
pora nunc defectus eorumque intervalla, retro dinumerans eruit uerum
lucemque ostendit per quam numerus certus non annorum modo sed et
dierum perspici possit*.

Nel testo originale il frammento seguiva probabilmente, riassumen


dola, una piu ampia trattazione, nella quale, dopo brevi notizie suH'ori
gine del mondo e sulle varie eta del genere umano, Varrone, partendo
dal diluvio di Ogige, che ricordava come il fatto piu antico, illustrava,
dielro le orme dei cronografi greci, i principali avvenimenti fino alia
data di fondazione di Roma (1). Cio avverte anche Censorino, il quale,
rifacendosi a questo computo varroniano, poteva datare l'anno del con
solato di Ulpiano e Ponziano come il millesimo dalla prima olimpiade,
e il 991? dalla data di fondazione di Roma (XXI, 6).
L'era della fondazione di Roma doveva esser precisata nelle Antiqq.
r. hum., se Cicerone poteva riferirlafin dal 47/6 nel Brutus, (?72) (2)

(1) Fraccaro, op. cit.t pag. 101 scg.


(2) II Brutus c deU'anno 46-47, posteriore percio alle antiqq. r. hum. Le Antiquitd'

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412 F. FRANCESCHI

dal liber annalis di Attico,


esprimendo ed
poi airamico la sua ammirata
gratitudine per P opera compiuta, scriveva:... tu aetatem patriae, tu de
scriptiones temporum... aperuisti (ac. post. I, 3, 9).
L'ipotesi che l'era della fondazione di Roma fosse dimostrata nei
libri del de gente p. Romani, non sembra attendibile e poggia sull'as
sai labile base di un frammento di Arnobio e sul capitolo ventunesimo
di Censorino, che appunto si vorrebbe, contro ogni buona ragione, de
rivato dal de gente poputi Romani (1).

E possibile invece che Varrone abbia accennato alia questione in


altre sue opere, quali ad es. gli Annalium cio libri ma
noi non ha per
importanza. Le parole di Cicerone non si riferiscono certo agli Annali,
ne Censorino ha fatto uso di quei libri. L'ampia discussione era certa
mente svolta in un libro della terza esade delle Antiqq. r. hum., come
si pud capire dai frammentidel libro XVII e del libro XVIII conservati
in Gellio I, 16, 3, e in Censorino XVII, 15; ed era certo T opera piu
adatta dal momento che vi raccoglieva tutte le antiche tradizioni Ro
mane (2).

Abbiamo gia notato come Censorino derivi da Varrone le sue infor


mazioni sulla teoria etrusca dei saecula che sarebbero assegnati ad ogni
gente. Ma in quale opera poteva Varrone aver esposto tali teorie? Ser
vio Danielino cita di Varrone un ?de saeculis*, e il breve frammento
? Varro de saeculis auditum sonum ( Tyrrenae) tubae ( ad a en. VIII, 526)
accenna ad uno di quei portenti che i dotti Etruschi interpretavano come

significativo della fine di un secolo.Plutarco, con maggior ricchezza di


particolari di Servio, ci descrive lo stesso prodigio e la interpretazione
che ne davano i Tuppiflvwv Xoyoi: ~b oi rcavxtov jieyiaxov e? dvecpeXov xal

tes humanae precedevano le divine (aug., de cio. Dei VI, 4), dedicate nel 47 a Cesare
massimo de civ. Dei VII, 35; Latt., fust. dio. I, 6, 7). Negli anni suc
pontefice (Aug.,
cessivi aF47 VARRONEattese ai libri del de L. /. (ClC., ad Att. XIII, 16, 1), per i quali
fa uso delle Antiquitates. Vd. DahlMANN, art. cit., col. 1272 C; Cichorius, Romische

Studien, Berlin 1922, p. 210. La data della fondazione di Roma era frutto,come si sa, di
ricerche di Varrone, Attico e Taruzio Firmano.

(1) MoMMSEN, Rom. Chron., p. 147 ; HOLZAPFEL, id., p. 1 n. 1. Contro tale opinione
vedi le ragioni del FRACCARO,op. cit., p. 100.
(2) Gia H. KETTNER, in Vafronische Studien, Halle 1865, p. 48, ammetteva la possi
bility che^il passo inCensorino fosse delle Antiqq* r. hum., cosi intese anche il GRUPPE,
?Hermes* X, p. 57, che lo pose in relazione al fr. varroniano in Gellio, n. A. I, 16, 3,
e dopo di lui ilMlRSCH, op. cit., p. 129 e il Hahn, op. cit., p. 38. Cfr. in proposito il
FRICK in ?Berl. Philol. Wochen.? 1910, col. 1023. II Peter, H. R. reliqq., vol. II, p. 10, lo

riporta invece al de gente p. R. come dubbio. Contro la possibility di una derivazione


dal de gente p. R. da parte di Censorino si espresse il FRACCARO,op. cit., p. 87.

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CENSORINO E VARRONI 413

Staid-poo xoO 7repi?)(ovTO<; ?}Xrlae' T0)v^ aaX7ttyyo<; 6?6u arcoxetvouaa xal fyprj
vwSyj ^ftoyyov (paxe rcavxas excppovas yeviafrat, xai xaxavxfj^at 8i4 x6

uiyexog... (1).
E da supporre che proprio in questo abbia Varrone
libro esposto
le teorie Etrusche. II de saeculis poi, piu che una monografia a parte (2),
si deve riguardare come uno dei libri dell'esade de temporibus (3),
e qui e da riportare anche il frammento sopra il contenuto delle Tuscae
historiae (XVII, 6).

Oltre
questi frammenti, Censorino ha derivato dalle Antiqq. r. hum.
le notizie sul calendario romano, sull'origine e l'uso dei solari e in ge
nere quei passi per i quali nel corso del nostro studio, abbiamo propo
sto il confronto col testo dei libri de L. I.
infatti che Varrone
Sappiamo ha utilizzato le Antiqq. r. hum. per la
sua opera grammaticale (4), e non trascurabile e il fatto che gli unici
?
due luoghi del de L. I. (VI, 13 VI, 18), in cui egli alle Antiquitates
si richiama, e quelli che noi abbiamo addotto a confronto col de die
nat., siano proprio nel libro sesto, dedicato air esame dei ?oocabula
temporum et eorum re rum quae in agendo fiunt out dicuntur cum tempo
re aliquo (VI, 1), libro che a ragione possiamo considerare come rias
sunto deU'intera esade. Che Censorino non si sia servito dei libri de
L. I. provano anche quelle notizie
piu propriamente anti di carattere
quario, che si incontrano di frequente nel de die nat., e non potevano
entrare in un* opera grammaticale, dove Finteresse prevalente era quello
etimologico.
A Varrone risale la distinzione in tempi naturali e civili (5), che
Censorino segue; e il criterio stesso di ordinare la trattazione secondo
le voci aeuum, saeculum, lustrum, annus, mensis, dies e varroniano. Lo
si trova nel de L. I.: (6) e nell'ordine del de die nat., per quel che

(1) Plut., Still., 7.

(2) MlRSCH, op. cit., p. 42.


(3) Merkel R., Proleg. ad Ovid. Fast., Lipsiae, 1851, p. LXXV; RlTSCHL,Opusc, III
p.48; mommsen, Rom. chron., n.372; gruppe, ?Hermes* X, p. 51; il medesimo in ?Berl.
Philol. Woch.? 1883, col. 409; Weber, op. cit., p. 18; Hahn, op. cit., p. 37; Bolisani e.,
/ logistorici varroniani, Padova, 1937, p. 108.
(4) De L. I. VII, 13: februum Sabini... ut in Antiquitatum libris demonstravi; VI,
... huius diet vestigia fugae in sacris apparent, de quibus rebus Antiquitatum
aliquot
libri plura referunU Cf. Goetz e Schoell, op. cit. proleg., p. XLIV.
(5) De L. I. VI, 12: ad naturale discrimen civilia vocabula die(ru)rt accesserunt;
VI, 27 : de his diebus nunc iam qui, hominum causa, constituti videamus.
(6) Nel de L. I. VI, 4 Tordine e: dies, annus, mensis, lustrum, saeculum, aevum.
La voce annus precede quella di mensis solo perche qui Varrone riassume itmovimento
del sole. Cf. de L. I. VI, 4; Goetz e Schoell, op. cit., p. 260.

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414 F. FRANCESCHI

ci e dato conoscere da sicuri frammenti, dal titolo di due libri, traman


datoci da Servio (ad aen. VIII, 526) e da Gellio (n. A. Ill, 2, 2), dal
F analogia alia disposizlone dei libri nelle altre esadi, dovevano succe
dersi gli argomenti nei sei libride temporibus (1).

* * *

Individuata cosi P opera Varroniana dalla quale proviene una parte


del materiale e la stessa disposizione del de die nat., ci chiediamo ora
se Censorino ha attinto direttamente a Varrone oppure se ne derivi la
dottrina da fonti intermedie.
Solitamente a Censorino diretto delle Antiqq. r. hum.,
si nega Fuso
lo si considera epitomatore un comune
e plagiario, il quale, lungi dal
sobbarcarsi alia fatica di una ben che minima ricerca, si sarebbe accon
tentato di riassumere quel che trovava ammannito nella sua fonte.
Le Antiqq. r. hum., secondo P opinione piu diffusa sarebbero andate
presto disperse (2) e solo in parte sostituite dalla molteplice e varia
produzione di Svetonio, al quale si attribuisce il merito di aver tanto
spesso tramandato agli scrittori successivi frammenti di dottrina varro
niana (3). Censorino non ha certo letto tutti gli scrittori che nomina;

(1) Dopo gli incerti tentatividel L. Krahner, Commentationis de M. Varronis Anti?


quitatum rerum hum. et div. libris specimen, Halis 1934, p. 23 e del BOISSIERC, ?tude
sur la vie et les ouvrages de M. T. Varron, Paris 1861, p. 177, che definirono in modo

piuttosto generico il contenuto dei 6 libri, una piu precise disposizione proponeva il Kett
ner, in Kritische Bemerkungen zu Varro, Halle 1868, p. 14 e inM. T. Varronis de vita
p. R., Holae 1868, p. 12 e piu tardi il gruppe in ?Hermes? X, p. 54; e in ?Berl. Philol.
Woch.? 1883, recensendo il lavoro del MlRSCH. La soluzione del gruppe e stata poi ac
cettata dagli studiosi successivi (ad eccezione del MlRSCH, op. cit., p. 40-45). Vd. Hahn,
op. cit., p. 37; Weber, op. cit., p. 46; Willensen, op. cit., p. 70; Franke C., De Ovidii
Fastorum fontibus capita trta, diss. Halis 1909, p. 51; Baehrens, op. cit., p. 32.

(2) S. Agostino ce ne ha conservato il disegno completo ma lo deriva quasi sicura


mente dalle Antiqq. r. div., cfr. gruppe in Comment, in hon. T.Momms., p. 540; MlRSCH,
op. cit., p. 31; R. Aoahd, De Varronis rer. div. libris, I, XIV-XVI, Lipsiae, 1896, p. 15.
u
(3) II re1fferscheid, op. cit., p. 474, scrive: eo tempore Varronis auctoritatem
esse a Suetouio non ?
coeptam obrui, quod contraria docuerit Suetonius immo vero
varronianam eruditionem praecipue Suetoni opere posteris servatam esse contende
rim? sed qui a Suetonius et faciltora ad intelligendum propter brevitatem et accomo
datiora ad captum horum temporum tradebat?. Circa la presenza in Solino di dottrina
varroniana, derivata tramite Svetonio, vd. M. Schanz, Gesch. rom. lift. Ill, 2, p. 236; Ra
benald, op. cit., p. 117 e f. Samter, Quaestiones varronianae, diss. Berol., 1890, p. 22
segg.; in Servio, vd. in particolare g. Laemmerhirt, De priscorum scriptorum locis a
Servio a Hat is in Comment., Ienens 1890, p. 372 e g. Thilo, Servii grammatici qui fe
runtur in Vergilii carmina Comment, Lipsiae 1923, praef. p. LXXVII; g. funaioli, nel
suo articolo su Svetonio in P. W RE, IV A1 col. 639 ci da un elenco degli scrittoripa
gani e cristiani che usarono dell'opera di Svetonio.

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CENSORINO E VARRONE 415

il piu delle volte li trova citati nella fonte che ha fra mano: cio vale
ad es. per i cronografl e gli storici greci, resi notl a Roma principal
mente ad opera di Varrone (1). L'argomento trattato e la sua stessa
esposizione sempre molto concisa ed unitarlamente ordinata, senza ec
cessive divagazioni erudite lascia intendere che le sue fonti non furono
molte; ma e eccessivo supporre che tutto abbia derivato da una sola
fonte e nel caso da Svetonio, come pare intendano molti di quelli che,
dopo il Reifferscheid, si sono occupati della questione.

Di Svetonio a proposito
si fa memoria dell* anno romano
solo ?se</
magis lunio Graccano et Fuloio et Varroni et Svetonio aliisque creden
</i/m? (XX, 2) ed k questo uno dei due frammenti che con una certa
sicurezza possediamo del libro de anno romanorum, indicato come fonte
di Censorino (2).
Risalgono molto
probabilmente a Svetonio altre notizie del de die
nat. che ben si convengono col tempo in cui egli visso, o che riguarda
no eta posteriori a Varrone, quali ad es. le datazioni dei ludi saeculares
(XVII, 7 ss.), quelle dei lustri (XVIII, 13 ss.) e i dati cronologici del
capitolo ventunesimo (7 ss.) (3).
Anche la sostituzione delPordine cronologico all'ordine alfabetico
delFelenco dei popoli, che diversamente computavano il giorno, e veri
simile sia dovuta a Svetonio (4).
Come riprova della diretta dipendenza da Svetonio si sono addotti
i passi concordanti fra Censorino, e Solino
Macrobio dei me sul nome
si, sulPordine con cui essi si susseguivano neH'anno, sulla loro etimo
logia. Sono concordanze pero, a bene osservare piuttosto generiche e
fra i tre non mancano leggere divergenze: il numero e la successione
dei mesi nel corso dell'anno, che Censorino dice di origine latina; Ma
crobio li attribuisce a Romolo: e differenze si notano ancora circa il
computo dell'anno presso i diversi popoli delFantichita.

(1) L'uso da parte di Varrone di parecchi scrittorigreci e stato rilevato per es. dal
R. RlTTER,De Varrone Vergilii in enarrandis urbium populorumque Itaiiae originibus
auctore, in Diss. Ienens. XIV, 1901, cf. l'indice a p. 414; dal F. MUNZER,Beitrdge zur
Quellenkritik der Naturgeschichte des Plinius, Berlin 1897, passim; I. Geffcren, Geo
graphie des Wesfens in ?Leipziger Studien? XVII passim; vd. in proposito la ricca do
cumentazione del Fraccaro, op. cit.t p. 235 segg.; del B. RlPOSATl, M. Terentii Varronis
de vita p. Romani. Milano 1939, p. 269.
(2) A torto lo Schanz, ?Hermes? XXX (1895), p. 426 considera come fonte di Cen
sorino T opera enciclopedica Prata di Svetonio. Vd. in contrarioWeber, op. cit., p. 18;
Hahn, op. cit., p. 19; Funaioli, in P. W RE IV, A1 col. 633.
(3) Vd. anche Schanz in ?Hermes* XXX, p. 425.
(4) WlLLENSEN, op. cit., p. 16; BAEHRENS,op. cit., p. 32.

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416 F. FRANCESCHI

La qucstionc dell* anno romano e ampiamente svolta e con ricchez


za di citazioni da Macrobio, mentre in Solino e contenuta in poche righe
riassuntive ed e assai meno ordinata di quella di Censorino.
Tutto cio pud trovar plausibile spicgazione piu che nell'uso diverso
della stessa fonte, neiruso che almeno Macrobio fece di altre fonti ol
ire Sveionio.
Del resto quale sia stato preciso del libro de anno Roma
il contenuto
norum-noi non sappiamo bene. II Funaioli (1) lo ritiene ?una esposizione
storica della
cronologia romana ? e ne indica la fonte principale in Var
rone, le secondarie in Verrio Flacco, Masurio Sabino, Oiulio Modesto
e in genere negli scrittori dei fasti. Nelle sue linee generali il libro sa
rebbe dunque affine alia seconda parte del de die nat. Non e chi non
veda il pericolo che si insinua in questo modo di procedere, per cui
pare che il contenuto del de anno Romanorum si definisca da quello
del de die nat. (2), senza peraltro poter dimostrare una sicura e cosi
totale dipendenza dell'uno dall'altro.
Chi i capitoli
legge del de die nat. non puo non essere sorpreso
dal cosi
frequente ricorrere del nome di Varrone, dal perfetto accordo
fra i frammenti di Censorino e frammenti varroniani, accordo che va
spesso fino ai minimi particolari nelle pagine sul secolo, sulPanno, sui
mesi, sul giorno; dal ritrovare in Censorino autori da Varrone gia ri
cordati.
Se stiamo all'ipotesi piu comune, che a Censorino nega la cono
scenza delleAntiqq. r. hum. dobbiamo implicitamente ammeitere che
Svetonio (altre fonti d'importanza non sapremmo indicare) sia stato un
fedele epitomatore dell'esade de temporibus, e cio non solo non si puo
provare, date le condizioni del de anno Romanorum, ma sembra anche
contraddire alia fama tributata a Svetonio nell'antichita (3), e alle sue
stesse esigenze di erudito, che non si contentava certo di una sola fon
te. Se poi, com'e piu naturale, ammettiamo una molteplicita di fonti per

(1) In P. W RE IV, A1 col. 627; Schanz in ?Hermes* XXX, p. 416, ne definisce il


contenuto ?ein kurzer Abriss der Geschichfe der romischen Chronologies e pensa che il
libro sia parte dell'opera enciclopedica Rama; mentre nelf opera Praia, donde deriva
Censorino, la trattazione sarebbe stala piu ampia e di cronologia generate.
*
(2) II reifferscheid considera cosi i capitoli XVI, 7 e segg. come supplementa li
bri de onno Romanorum?; e allo stesso modo Schanz in ?Hermes? XXX, p. 421 afferma
esser Censorino ed Isidoro fonti principal! per ricomporre T opera Praia di Svetonio. Cir
ca le fontidi Isidoro vd. meglio Scenk, De Isidori H. de natura rerum libeHi fontibus,
diss. Ienens., 1909, p. 19; Phitipp. in P. W RE IX, col. 2070 segg.; Wessner in ?Hermes*
LH 1917, p. 207 segg.
(3) Plinio il Oiovane, Epist. X, 94, lo dice uprobissimum, eruditissimum virum,
td. Epist. I, 24; III, 8; V, 10; IX, 34; X, 95.

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CENSORINO E VARRONE 417

Svetonio c che
egli le abbia contaminate per mantenere il carattere di
unita alia sua
trattazione, allora non si riesce piu a capire come possa
Tesposizione di Censorino allinearsi tanto perfettamente con quella che
dove esser di Varrone, non vi s'incontrino mai divergenze tali da ren
der necessario il pensare a contaminazioni nella sua fonte, non vi siano
tracce cosi manifeste
di questa molteplicita di fonti.
Censorino non
nomina mai Verrio e le altre fonti di Svetonio, men
tre invece fa memoria nove volte di Varrone. Non e per questo neces
sario pensare che Censorino abbia letto interamente le Antiqq. r. hum.;
erano a lui sufficient i libri de temporibus o un'epitome dei medesimi.
Esistevano infatti delle Antiqq. r. hum. et dio. un' epitome in nove libri (1)
e dei commentari, i quali piu a lungo resistettero alle insidie del tempo
se anche Tertulliano pote averli tra mano (2).
Non si e inoltre affatto sicuri che V opera intera fosse gia irreperi
bile air eta di Censorino: non molti anni prima di lui Gellio mostra di
averla usata (3).
Censorino dice di aver letto Varrone: ?sed quod apud Varronem
legerim non tacebo... (XVII, 15)?. Non sappiamo quanto valore attribui
re a questa dichiarazione, ma non e giusto il trascurarla del tutto.
Di Varrone Censorino ha conosciuto i logistorici Atticus - de nume

ris (II, 2) e Tubero-de origine humana (IX, 1) e abbondantemente li


utilizza nella prima parte del suo libro, la quale come la seconda e
ricchissima di riferimenti varroniani (4).
Tutto cio induce a credere che egli abbia veramente raccolto ilma
teriale prima di cominciare il suo lavoro e percio dobbiamo attribuirgli
fede, quando alFinizio del libro dichiara di non aver mutuato ?aut ex

(1) Nel catalogo delle opere varroniane, redatto da S. Gerolamo in una lettera "ad
PaulariXn ritrovatada Ludovico Urlichs in un codice del sec. XII o XIII e pubblicata poi
con ampio commento dal Ritschl, opusc. Ill p. 419 segg. leggiamo Em-roar, Antiquitatum
ex libris XLll libri IX.
(2) Inoenimus autem apud Commentarios etiam humanarum Antiquitatum paulatim
humanum genus exuberasse dum Aborigines...: de anima, XXX, 2; vd. l'ediz. dell'ope
ra dello I. H. Waszinck, Amsterdam 1917, introd. p. 47 e p. 371 segg.; Schmeckel, De
Ooidiana Pithagoreae doctrinae adumbratione, Gryphisw, 1885, p. 44.

(3) Gell, n. A. XIII, 13, 4: sed ego qui tarn adsiduus in iibris Varronis fui...
XIII, 12, 5: in M. Varronis rer. hum. uno et uicesimo enarratius scriptum inoenimus.
Vd. L. ruske, De Aulii Oelli Noctium Atticarum fontibus, Glaciae 1853, p. 21 seg., e
gia prima L. MercKMN, Die Citiermethode und Quelienbenutzung des A. G. in den No
ctes Atticae, in ?Jahrb. f. Philol.?, suppl. Ill, 1860, passim. gruppe in Comment, in hon.

Momms., p. 546.

(4) Circa Fuso dei logistorici varroniani da parte di Censorino vd.weber, op. cit.
p. 35; Hahn, op. c//.,p. 10; Wissowa in P. W RE III col. 1908; H. DiELS, Doxographi
Graeci, Berlin 1929, p. 186 seg.; Bolisani, op. cit.9 p, 50.

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418 F* FRANCESCHI

ethica parte philosophiae praecepta ad bene uioendum rhetorum locos


laudibus celebrandis..ma di aver scelto ? ex com'
piuttosto philologis
mentarils quasdam quaestiunculas, quae congestae possint aliquantum
volumen efficere... ?.
Mi pare percid di poter concludere questa indagine coll'affermare
che in Varrone o in Varrone - Svetonio deve ricercarsi la fonte princi
pale del de die nat. Ben videro dunque, senza pur addurre prove suffi
cienri il Weber (1) e il Hahn (2) quando formularono l'ipotesi che
Censorino debba il grosso del suo materiale antiquario soprattutto alle
Antiqq. r. hum. e al de anno Romanorum.

(1) Op. cit., p. 45.


(2) Op. cit.t passim, c p. 39. Vd. in proposito WESSNER in ?Berl. Philol. woch.?
1907, coll. 102-105.

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