Sei sulla pagina 1di 11

CAPITOLO 1

1
I PRINCIPALI STRUMENTI DI INFORMAZIONE MUSICALE

LE FONTI DELLA MUSICA


L’operazione di recupero della musica delle epoche anteriori è stata avviata già nei primi anni del XIX sec.,
prima nei Paesi tedeschi e successivamente in quelli di lingua anglosassone. All’Ottocento risalgono le
prime biografie critiche dei grandi musicisti, le prime indagini sulle fonti musicali, la compilazione dei primi
monumentali dizionari e repertori bibliografici, le prime edizioni critiche, i primi studi sull’ambiente sociale
e culturale nel quale si collocano determinati fenomeni musicali o figure di musicisti. In questo campo di
conoscenze l’Italia ha accumulato un notevole ritardo rispetto ad altri Paesi d’Europe e d’Oltreoceano, che
solo negli ultimi anni ha cominciato a colmare.
La richiesta di informazione e aggiornamento in questo campo ha creato diversi strumenti di informazione
musicale a cui si può fare ricorso sia per effettuare ricerche che per tenersi aggiornati.

DIZIONARI ED ENCICLOPEDIE
Si tratta di imprese editoriali che raccolgono una gran mole di dati e di informazioni disposte di norma in
ordine alfabetico per singole “voci”. Ci sono voci “lessicali” che spiegano i termini tecnici e voci
“biografiche” che illustrano la vita e l’opera dei musicisti.
Il più esteso e aggiornato dizionario musicale finora dato alle stampe è il “New York Grove dictionary of
music and musicians, 2° ed.”, frutto del lavoro di una schiera di reputati studiosi di ogni nazionalità. L’opera
comprende, oltre alle voci tradizionali, quelle sulla musica popolare ed extraeuropea, nonché numerosi
esempi musicali ed illustrativi.
Lo strumento di informazione più moderno ed esteso attualmente disponibile in lingua italiana è il
“Dizionario enciclopedico universale della musica e dei musicisti” (DEUMM).
Nella prima parte sono incluse le voci de lessico, la seconda parte contiene le biografie, ossia, nella forma
di dizionario, indicazioni sui compositori, interpreti, trattatisti, ecc.

I REPERTORI BIBLIOGRAFICI
Si tratta di opere di consultazione rapida, di guida, di introduzione e di documentazione per ogni tipo di
ricerca musicale.
Le grandi opere bibliografico musicali di consultazione si suddividono in due categorie:

 Quelle che registrano gli scritti pubblicati sulla musica,


 Quelle che elencano e descrivono le musiche a stampa e manoscritte.
Data la vastità delle informazioni e dei dati che devono essere raccolti e resi disponibili, i compiti di
organizzazione e coordinamento di simili lavori sono di necessità affidati ad organismi internazionali che
operano sotto gli auspici della “International Musicological Society” (Società internazionale delle
biblioteche musicali).
CAPITOLO 1
Sono attualmente quattro i repertori internazionali che si occupano di campi diversi della ricerca
bibliografico-musicale. Ciascuno di questi è designato con una sigla particolare.
R.I.L.M. (Repertorio internazionale della Letteratura Musicale) che consiste nella pubblicazione periodica di
brevi riassunti, degli scritti che vengono stampati sotto qualsiasi forma (libri, saggi su riviste, tesi di laurea,
ecc.) in ogni Paese e in ogni lingua.

R.I.P.M. (Repertorio Internazionale della Stampa Periodica) che si occupa della indicizzazione sistematica
delle informazioni contenute in giornali e periodici dedicati alla musica (fino al 1950).

R.I.d.I.M. (Repertorio Internazionale d’Iconografia Musicale) che ha per fine l’inventariazione dei
documenti dell’iconografia musicale che si trovano nei quadri, dipinti ed altre opere delle arti figurative.

R.I.S.M. (Repertorio Internazionale delle Fonti Musicali) che si occupa della catalogazione sistematica di
tutte le musiche stampate e manoscritte datate fino al 1800 attualmente esistenti nelle biblioteche e
archivi del mondo. Questo si articola in tre serie:

 La prima serie (A) e suddivisa in due sezioni:


 La prima (A/I) riguarda l’elenco, in ordine alfabetico, delle opere dei singoli autori,
 La seconda (A/II) è destinata alla inventariazione dei manoscritti musicali;
 La seconda serie (B) segue l’ordinamento monografico per soggetti;
 La terza serie (C) è una guida agli archivi e biblioteche musicali: descrive sommariamente le biblioteche
di tutto il mondo in possesso di fondi musicali.

CATALOGHI TEMATICI
Si tratta di opere di consultazione relative all’intera produzione di un singolo compositore, a particolari
generi musicali, a fondi musicali di biblioteche, a singole fonti.
Il primo catalogo tematico fu il “Catalogo tecnico-cronologico di tutte le opere di Wolfgang Amadé
Mozart”, compilato per le opere di W. A. Mozart da Ludwig von Köchel (da qui la K che serve a
contrassegnare le opere di Mozart) e costituì il modello per i successivi lavori analoghi.
All’interno dei cataloghi le opere sono disposte in ordine cronologico per data di composizione, oppure
sono raggruppate per generi e a ciascun brano è attribuito un numero d’ordine progressivo.
Nei cataloghi tematici relativi ai singoli musicisti i dati indicati per ciascuna composizione sono i seguenti:

 Il titolo originale,
 La data di composizione (certa o presunta),
 L’organico completo,
 Informazioni sulle varie forme manoscritte e a stampa pervenuti,
 Gli incipit musicali,
 Il numero di battute di ciascun movimento.
CAPITOLO 1
PERIODICI E RIVISTE MUSICALI
Questi servono al musicista per mantenersi aggiornato sulle nuove produzioni nel campo delle discipline
storico-musicali. Quasi tutte le riviste, ad esempio, ospitano regolarmente recensioni critiche di libri di ogni
argomento, di edizioni di partiture, di CD di una certa importanza appena emessi sul mercato. Ciascuna
rivista è dedicata ad un settore speciale dell’indagine musicale: alcune hanno un indirizzo storico
documentario, o si occupano di problemi della prassi esecutiva, teoria della musica, estetica, altre si
distinguono per varietà di contenuti.

EDIZIONI CRITICHE
Si tratta di edizioni il cui intento è di fornire testi di provata integrità e completezza, che si presume si
avvicinino il più possibili alle intenzioni originarie dell’autore. Nel lavoro di realizzazione dell’edizione
critica le fonti musicali che si prendono in considerazione sono, in ordine di importanza:

 Il manoscritto autografo,
 Le copie manoscritte redatte sotto la diretta supervisione dell’autore o ritenute storicamente
importanti,
 Le prime edizioni a stampa svoltesi sotto il diretto controllo dell’autore,
 Altre fonti coeve manoscritte e/o a stampa.

Il compito del revisore (o curatore) consiste nel:

 Accertamento critico e documentario del testo musicale e letterario (per un’opera vocale): si
confrontano le varie fonti superstiti per stabilire eventuali discrepanze e verificare l’eventuale
interdipendenza (se dipende o no da un’altra fonte);
 Trascrizione del sistema originario di scrittura musicale in notazione moderna;
 Correzione di eventuali errori di scrittura e soluzioni delle incertezze presenti nel testo originale;
 Aggiunta di indicazioni ed integrazioni;
 Preparazione di un saggio introduttivo in cui il revisore chiarisce i criteri adottati, colloca l’opera nel
momento storico che l’ha vista nascere, ne traccia l’iter creativo, fornisce nozioni (documentate)
sulle prassi esecutive;
 Segnalazione e valutazione a parte delle varianti tra le diverse fonti, degli eventuali errori di
scrittura, omissioni, correzioni ecc. (“Commento”);
 Preparazione di un’Appendice che allinea tutti quei pezzi aggiunti, rifacimenti, adattamenti che
l’autore o altri per conto suo (ma da lui autorizzati) hanno introdotto nell’opera.
A volte però ci sono pervenute più fonti autografe di una stessa opera che differiscono tra loro o, altre
volte, non si dispone di autografi o di manoscritti o di stampe riveduti ed approvati dal compositore stesso.
Ogni qualvolta esistano più versioni della stessa opera il revisore può adottare il criterio di utilizzare come
base dell’edizione la prima o l’ultima versione, o anche una sintesi di esse (metodo però molto
disapprovato); di fatto quanto più le edizioni risalgono ad epoche lontane, tanto più è difficile risalire in
maniera attendibile alla volontà dell’autore.
[Pag. 7 – 20]
CAPITOLO 1

2
LA MUSICA DELLA PREISTORIA E L’ETNOMUSICOLOGIA

LE ORIGINI DELLA MUSICA


Per poter datare e collocare l’origine della musica si è fatto affidamento su alcuni reperti archeologici pervenutici
come: sculture e disegni su pareti di caverne raffiguranti strumenti musicali e le circostanze del loro uso.

L’interesse dell’occidente per le culture extraeuropee risale alla seconda metà del Settecento, durante il periodo
dell’illuminismo, nel tentativo di proporre una più ampia versione della storia (fino a quel tempo la musica veniva
solo considerata un oggetto di consumo, quindi diffusa era l’idea di guardare al futuro e non interrogarsi sul
passato).

Fu soprattutto Jean-Jacques Rousseau a sviluppare il concetto dell’origine comune di musica e linguaggio in quanto
espressioni parallele che comunicano le passioni, i sentimenti, le emozioni che agitano l’uomo. Le teorie di Rousseau
sul problema delle origini della musica hanno costituito poi il punto solido e ideale di riferimento in tutta Europa, in
particolare gli studiosi evoluzionisti ipotizzarono uno svolgersi lineare della musica da origini semplici ad un’arte
sempre più complessa.

Secondo Charles Darwin lo scopo originale della musica sarebbe stato quello di accompagnare e facilitare il
corteggiamento e l’accoppiamento, fenomeni quindi collegati al mondo degli animali.

Un’altra teoria è che la musica sarebbe nata, come il linguaggio, dalla necessità di emettere segnali sonori per
comunicare a distanza maggiore di quella consentita dal linguaggio parlato.

Alcune teorie sottolineano l’origine magica o divina della musica, usata per esercitare un controllo dell’uomo sulle
forze della natura. In una fase di civilizzazione successiva la musica sarebbe divenuta qualcosa di accessorio al rito
religioso per poi rendersi autonoma dal culto ed essere apprezzata in quanto arte. Alcuni popoli dell’antichità storica
avevano infatti designato una delle divinità come l’inventrice, o almeno la protettrice della musica: Thot in Egitto,
Narada in India, Apollo in Grecia. Appare chiaro il fatto che la musica, nelle sue dimostrazioni più arcaiche, non fu
sicuramente prodotta per soddisfare esigenze estetiche ed intellettuali, ma fu invece considerata come qualcosa
sempre funzionale: come necessità comunicativa, come parte integrale dei rituali magici e religiosi, come primigenio
richiamo all’accoppiamento, ecc.

Appare quindi evidente che non possa esistere una singola origine della musica, ma varie e per svariati motivi.

A partire dalla fine del XIX secolo, alle teorie speculative sulla musica delle età arcaiche, si andò sostituendo una
forma di studio fondata sulla oggettiva osservazione scientifica. Tale disciplina è dominata etnomusicologia.

L’ETNOMUSICOLOGIA
L’etnomusicologia ha sviluppato un metodo di lavoro basato essenzialmente sull’analisi del testo etnografico-
musicale (scale, ritmi, generi verbali-letterali) inserito nell’ambito di un determinato contesto socio-culturale (riti
magico-religiosi di vario tipo, modelli psicologici e sociali, ecc.). Certi rami dell’etnomusicologia che hanno studiato la
musica tribale e orientale, hanno portato alla luce dati essenziali che ci aiutano a comprendere meglio anche le
prime fasi dello svolgimento della storia musicale occidentale. Il nascere della polifonia non fu un evento proprio ed
esclusivo della civiltà europea, poiché forme rudimentali di canto a più parti (non necessariamente polifonico:
eterofonia) furono dapprima coltivate in culture di tradizione orale per avere poi esistenza nella notazione scritta
europea.

Gli etnomusicologi ritengono che non possa esistere un singolo sistema “naturale” di suoni e di scale, bensì tanti
sistemi musicali nelle diverse culture (si deve soprattutto ad Alexander John Ellis un metodo di calcolo dei suoni che
CAPITOLO 1
consente di fissare graficamente sistemi di intervalli diversi dal sistema colto occidentale, Ellis introdusse una nuova
unità di misurazione degli intervalli, il cent: centesima parte del semitono).

Verso la fine del XIX secolo i metodi di lavoro praticati dagli etnomusicologi si perfezionarono, ampliando così le
possibilità di indagine e di realizzazione sonora dei materiali raccolti. In questa direzione determinante fu
l’invenzione di Thomas Edison del fonografo a cilindro, che facilitò le cosiddette “indagini sul campo”, il lavoro cioè di
raccolta di canti, ritmi di danze, musiche strumentali estranei alla tradizione colta occidentale, con la possibilità di
fissarli stabilmente attraverso la registrazione nel momento stesso dell’esecuzione. Nascono in quest’epoca i primi
archivi sonori (il primo a Vienna). Tutto ciò fu determinante per l’avvio di tutte quelle iniziative di recupero delle
tradizioni e delle realtà etnico-musicali nazionali.

GLI STRUMENTI MUSICALI


Gli strumenti musicali hanno occupato pressoché da sempre un posto di primaria importanza, è anzi da rilevare che
alcune forme di strumenti tipici moderni hanno avuto un’origine assai antica, subendo poi col passare dei secoli
successivi perfezionamenti. È probabile che la musica strumentale abbia avuto origine diverse e molto posteriori alla
musica vocale. È da ritenere che la musica strumentale abbia avuto origine dagli impulsi motori del corpo, che
vennero tradotti in ritmo-suono e associati essenzialmente ai movimenti regolari dei passi di danza. Gli inizi della
musica strumentale furono pertanto sostanzialmente di natura ritmica.

L’uso di strumenti per produrre suono risale invece alla tarda età paleolitica, ossia quando gli atti percussivi del
corpo vennero sostituiti da oggetti nei quali il suono è ottenuto sfregando o agitando. Alcune teorie sostengono che
le forme, i colori e persino i materiali di cui furono fatti certi strumenti possono avere avuto un significato magico e
un valore simbolico direttamente connesso con la loro funzione rituale. Nelle società più evolute, pastorali ed
agricole, si cominciano ad incontrare strumenti effettivamente melodici (capaci di competere con la voce umana).

L’estrema varietà e il numero considerevole degli strumenti usati nelle epoche arcaiche hanno posto agli studiosi
moderni problemi non indifferenti di classificazione, che si basa su metodologie diverse. La classificazione di Sachs di
divisione degli strumenti consiste sostanzialmente in quattro grandi classi, definite secondo i principi acustici con cui
producono il suono:

1. IDIOFONI: Sono gli strumenti che producono il suono tramite le vibrazione della materia con la quale sono
costruiti e le azioni di percussione (battito delle mani o piedi o di altre parti del corpo con oggetti:
bacchette, bastoni e piccole campane) o sfregamento (tamburi lignei e sonagli);

2. MEMBRANOFONI: Appartengono a questa classe i vari tipi di tamburi (suonati con le mani o le bacchette);

3. CORDOFONI: Questi strumenti basano la loro sonorità sulla vibrazione delle corde (arpe, liuti, lira);

4. AEROFONI: Rientrano in questa categoria gli strumenti che producono il suono per mezzo della vibrazione
di una colonna d’aria (vari tipi di flauti).

[Pag. 21 – 31]
CAPITOLO 1

3
LA MUSICA DEI PRIMI POPOLI STORICI

IL RUOLO DELLA MUSICA NELLE SOCIETÀ ANTICHE


A superare il concetto di musica che aveva l’uomo della preistoria contribuì il nuovo tipo di organizzazione delle
società più mature specialmente con la formazione di classi sociali e caste. I ceti superiori richiesero forme di
intrattenimento lussuosi che favorirono la costituzione graduale di una classe di cantanti e di esecutori specialisti.
Questi in genere occuparono una posizione privilegiata nella società. Importante era anche la posizione dei musicisti
legati ai Templi, dove potevano mantenere contatti con sacerdoti dotti nella filosofia, nell’astrologia, nella
matematica, i quali li aiutarono a dare basi teoriche alla musica.

La musica non veniva scritta, ma ci sono pervenuti reperti di vari strumenti, disegni su vasi, rilievi su pietre, che ci
permettono di sapere il ruolo importante che ebbero il canto e l’esecuzione strumentale nei riti religiosi e nelle
attività sociali.

GLI EGIZIANI
Per gli Egiziani antichi la musica era di origine divina, aveva potere magico e svolgeva un ruolo fondamentale nei
rituali religiosi. Numerosi erano i canti che venivano eseguiti da sacerdoti cantori e, più tardi, anche da donne
musiciste. Si usava una grande varietà di strumenti: arpe e cetre mobili, liuti, tamburelli e vari tipi di sistri.

Questi ultimi avevano particolare importanza nei riti per la dea Iside e sono spesso raffigurati nelle mani di divinità
(la tromba invece era lo strumento di Osiride e il flauto di Amon).

Quando i confini egizi si espansero verso Oriente, entrarono in contatto con le culture della Mesopotamia, in
quest’epoca appaiono infatti strumenti asiatici e nuovi strumenti quali oboi doppi, arpe arcate e arpe angolari.

CINESI
Le tradizioni musicali dei Cinesi risultano tra le più antiche del mondo. Anche essi ritenevano che la musica fosse di
origine divina e avesse il magico potere di dominare le leggi della natura e di influenzare gli stati d’animo dell’uomo.

Era diffusa l’idea che la musica contribuisse all’equilibrio del tempo e dello spazio, per Confucio la musica doveva
suscitare nell’animo dell’uomo sentimenti di serenità, dolcezza e grazia piuttosto che di inquietudine e di
passionalità. Confucio volle dunque separare la musica buona da quella cattiva, la religiosa dalla profana. La musica
aveva anche la capacità di cambiare i costume dell’uomo: di renderlo migliore, oppure di corromperlo.

I teorici eruditi acquisirono importanti conoscenze nel campo degli studi acustici, arrivando ad elaborare un sistema
di intonazione che si avvicina molto a quello che l’occidente raggiunse solo nel XVII secolo.

Grande era la varietà degli strumenti musicali usati, classificati in otto famiglie timbriche, a seconda dei materiali
diversi di costruzione (l’argilla, la zucca, la pietra, i metalli, la pelle, il legno, il bambù e la seta). C’erano molte varietà
di strumenti a percussione (gong, piatti, tamburi), numerosi tipi di flauti (di bambù o argilla) e un organo a bocca
(sceng).
CAPITOLO 1
GLI ASSIRI E I BABILONESI
Le civiltà dell’antica Mesopotamia si svilupparono contemporaneamente a quella egiziana, ma mentre la civiltà
egiziana ebbe carattere unitario e fu espressione di un solo popolo, quelle mesopotamiche abbracciarono culture e
popoli diversi (Sumeri, Babilonesi e Assiri); anche vero però che l’influenza esercitata dalla civiltà mesopotamica sulla
cultura del mondo occidentale fu assai ampia.

I Babilonesi possedevano indubbiamente una teoria musicale, che fu in effetti il punto di partenza del nostro sistema
attuale (a loro va attribuito il merito di aver determinato le regole che permettevano di collegare gli intervalli
musicali con le stagioni dell’anno: IV° autunno, V° inverno, VIII° estate, l’unisono primavera).

I canti rituali liturgici erano genericamente denominati salmi o inni e venivano intonati da cantori solisti
accompagnati da qualche strumento. Sembra anche che il canto antifonale (cori che cantano alternativamente) fosse
abbastanza comune. Numerosi erano i canti che invocavano la protezione di greggi e di raccolti e per il rito di
seppellimento dei re venivano intonati canti funebri.

Tra gli strumenti che venivano impiegati nelle ufficiature liturgiche vanno ricordati i vari tipi di arpe e di certe (di
strutture molto evolute).

GLI EBREI
Questi si contraddistinguono dagli altri popoli per due motivi:

1) È l’unico popolo di religione rigorosamente monoteista e l’unico ad escludere ogni forma di


rappresentazione iconografica della divinità,
2) La loro storia ci è pervenuta attraverso la Bibbia (fonti documentate).

Le liriche religiose contenute nella Bibbia (salmi e cantici) non hanno mai cessato di essere intonate nel culto
cristiano, mentre numerosi episodi biblici sono stati fonte di ispirazione per generazioni di compositori
dell’Occidente, dal Medioevo fino ai nostri giorni.

I libri biblici dell’Antico Testamento costituiscono la fonte principale delle notizie che possediamo sulla musica
ebraica antica (la musica ebraica fu comunque sempre trasmessa oralmente di generazione in generazione).

Gli strumenti per gli ebrei erano legati a significati arcani e simbolici, più volte evocati nella Bibbia. Questi venivano
classificati in tre categorie, ciascuna collegata a una delle tre classi sociali:

 I corni e le trombe erano riservate ai sacerdoti, di grande importanza era il sofar (corno) presente in varie
occasione nella Bibbia: il sacrificio di Isacco, la rivelazione di Dio sul Monte Sinai, le trombe di Gerico;
 Gli strumenti a corda (lire e arpe) erano destinati ai musicisti addetti al servizio del Tempio, il kinnor (lira)
venne usato da Davide per placare il violento temperamento del suo padrone, Re Saul, così egli stesso
divenne, nel Medioevo, simbolo della musica (fu re Davide a comporre su ispirazione Divina gran parte dei
150 salmi);
 Gli strumenti a fiato e ad ancia (zufoli e flauti) venivano suonati dal popolo, importante era l’ughàv.

La storia della musica ebraica è svolta in vari stadi:

nei tempi più antichi gli ebrei condussero una vita tribale perlopiù nomade prima di stabilirsi nella terra di Canaan.

La distruzione di Gerusalemme da parte del Re babilonese Nabucodonosor costituisce il periodo di massimo


splendore economico e sociale della civiltà ebraica, è il periodo in cui la nazione ebraica adottò la forma di governo
monarchico in cui la musica ricevette un grande impulso, soprattutto ad opera di Re Davide e di suo figlio Salomone.
La musica del cerimoniale del Maestoso tempio richiese spesso la partecipazione di grandiosi complessi vocali e
strumentali (come quando Re Davide porto L'Arca a Gerusalemme).
CAPITOLO 1
Gli anni della cattività babilonese segnarono un periodo di crisi, in seguito la Palestina entra a far parte dell'Impero
Persiano e poi sotto il dominio di Alessandro Magno.

Una volta ritornati in patria sotto i Persiani la vita degli ebrei si iniziò a sviluppare intorno alle Sinagoghe. La musica
vocale e strumentale venne affidata a corporazioni di musici professionisti i quali erano suddivisi in 12 gruppi di 24
persone ciascuno, il culto era fondato su un modo particolare di lettura dei testi sacri che consisteva in una linea
intermedia tra la recitazione e l'intonazione melogenica.

Un altro tipo di canto che stava alla base dell'ordinamento liturgico delle sinagoghe era la Salmodia che riguardava
l’intonazione dei salmi. I salmi venivano intonati su un'unica nota con qualche inflessione caratteristica all'inizio e
alla fine di ogni versetto; questi passarono nella liturgia dei primi cristiani e trovarono una loro collocazione centrale
nella repertorio monastico gregoriano, costituendo così l'anello di congiunzione tra la musica dell’Oriente Antico e
quella del Medioevo.

[Pag. 32 – 40]

4
LA MUSICA DEI GRECI, DEGLI ETRUSCHI E DEI ROMANI

I GRECI: LE TESTIMONIANZE SCRITTE


La storia della musica del mondo occidentale ha il suo inizio nella Grecia antica: mentre le esperienze musicali delle
altre civiltà non varcarono mai la soglia di un sapere prescientifico, e le testimonianze che ci sono pervenute sono di
natura archeologica, il percorso della musica greca e abbondantemente documentato da numerose fonti letterarie e
teorico-musicali. Ciò che avevano scritto i greci sulla musica influì sensibilmente sulla teoria musicale medioevale e
rinascimentale e costituisce peraltro la base del nostro sistema musicale moderno.

Non sempre risulta possibile interpretare con assoluta attendibilità il valore delle testimonianze scritte, i documenti
originali hanno infatti subito un processo di filtramento e di decantazione tale che è difficile ricostruire il contesto
preciso a cui appartenevano; di fatto le citazioni sulla musica che si leggono sono spesso di seconda o di terza mano
e sono magari inscritte in un ambito di pensiero ad esse estraneo.

C'è inoltre una certa confusione nella terminologia musicale: non del tutto distinti, ad esempio, sono i significati di
termini quali harmonia, tónos, trópos, systema. La parola harmonia (Armonia) fu variamente usata dai Greci nel
significato di (tónos) tono, di modo o di specie, di ottava, di scala-tipo o di accordatura di uno strumento.

Si può dire accertato che sotto la parola mousiké (arte delle Muse) i greci posero non soltanto l'arte dei suoni, ma
tutto il complesso di attività e di esperienze diverse comprendenti le arti sorelle (la poesia e la danza), come pure la
medicina e le pratiche magiche.

L'abbondanza di miti riguardanti la musica sta ad indicare l'importanza assegnata a quest'arte dai vari miti: di Apollo,
di Dioniso e quello soprattutto di Orfeo. Infatti il mito racconta che con la musica da lui stesso inventata, il poeta
musico Orfeo, riuscì ad ammansire le belve, ad indurre gli alberi a danzare e addirittura a convincere gli dèi dell’Ade
a restituire alla luce la morta sposa Euridice. La leggenda ci racconta poi che la testa di Orfeo, sbranato dalle menadi,
fu gettata nel fiume Tebro ma galleggiò cantando fino alla foce, oltre la morte.

I poemi epici di Omero contengono numerosi riferimenti alla pratica musicale del tempo: gli aedi e rapsodici
vengono presentati come cantori professionisti che ricevevano la loro ispirazione direttamente dagli déi. Omero ad
esempio cita l'episodio di Achille il quale, per alleviare i tormenti del proprio animo canta accompagnandosi con
CAPITOLO 1
strumento a corda; o quello di Ulisse, quando si commosse talmente a sentir cantare dell'impresa del cavallo di Troia
da piangere a dirotto; o ancora la maga Circe cantatrice o la demoniaca dolcezza del canto delle sirene.

A partire dal VI-V sec. a.C., la musica cessò di essere ad appannaggio di esperti professionisti ed entro a far parte del
sistema educativo oltre ad essere accostata alla sfera dei numeri e dei pianeti.

MUSICA E MATEMATICA
La mistica religiosità dei filosofi pitagorici concepì la musica come elemento che, assieme alla musica, coinvolge tutto
il cosmo. La leggenda vuole che fosse stato Pitagora a mettere per primo la musica in stretto contatto con la
matematica. La teoria di Pitagora (ma nessun suo scritto ci è rimasto) accostò la musica al movimento dei pianeti,
che alla pari della musica era governato da precise leggi numeriche e da proporzioni armoniche.

La musica doveva essere ricondotta a proporzioni numeriche semplici mediante la misurazione matematica degli
intervalli che la compongono. Così se una data corda vibrante produce un determinato suono nel monocordo per
ottenere il suono consonante di un’ottava superiore bisogna far vibrare la metà della corda stessa (espressa dal
rapporto numerico 2:1), per ottenere la quinta occorre fa vibrare i due terzi della sua lunghezza (2:3), e così via. Di
fatto secondo questo schema la vicinanza di numeri richiamava la consonanza mentre la lontananza la dissonanza.

Il concetto pitagorico di “armonia” ha un significato metafisico oltre che matematico: esso è messo in relazione alla
musica nella sua capacità di influire sull’animo e sul carattere degli uomini, infatti essa aveva il potere di guarigione
dell’uomo.

LA FUNZIONE EDUCATIVA ED ETICA DELLA MUSICA


Platone esortò i tutori del suo “Stato ideale”, fondato sulla giustizia, ad assegnare alla musica un ruolo fondamentale
nell'educazione, soprattutto dei giovani (la musica doveva servire ad arricchire l'animo, così come la ginnastica
giovava a educare il corpo) e pratiche musicali dovevano essere rese obbligatorie (e in effetti la musica divenne
veramente materia obbligatoria di studio per tutti fino ai 30 anni).

La musica era quindi considerata oggetto della ragione, pertanto capace di influire sui costumi e sui comportamenti
dell'uomo: per i pensatori ellenici un uomo conduce la propria vita non seguendo le costrizioni dell'istinto ma
obbedendo alla ragione, il comportamento e le abitudini rappresentano la quintessenza di tutto ciò che forma il
nostro sistema di vita, è questo quello in cui consiste il famoso concetto di ethos.

L'arte dei suoni può incidere sul carattere dell'animo e agire su di esso in senso negativo o positivo; ogni armonia
possedeva un suo ethos specifico: la specie Dorica, ad esempio, suscitava pensieri virili e sviluppava i caratteri forti,
mentre quella Frigia era adatta a pacificare e a persuadere gli animi. Queste sono le melodie che incidono
positivamente sull'animo, mentre le altre suscitano nell'uomo emozioni e passioni che ne possono turbare
l'equilibrio razionale.

Platone condanna anche una crisi andatasi a creare, a parer suo, nel V secolo, che comportò la perdita dei nomoi
ossia i valori culturali (e regole musicali fino ad allora tramandate oralmente).

Aristotele amplia e approfondisce il pensiero di Platone sui valori etici della musica, ma lui ha un atteggiamento più
flessibile riguardo le armonie e il loro uso: egli le approva tutte a vantaggio dell'educazione, del godimento
intellettuale, della distrazione e della ricreazione, della purificazione dell'anima. Anche Aristotele dà molta
importanza alle qualità terapeutiche della musica, ma a differenza di Platone lui si riferiva ad una guarigione
spirituale e della mente mediante la purificazione dell'anima (katharsis: catarsi).

A questo serviva anche la Tragedia, nata come un rituale consistente in danze orgiastiche nei boschi ad opera di
sacerdotesse e baccanti in onore al Dio Dioniso (dal consueto sacrificio di un caprone, tragos in greco, deriva il
termine tragedia).
CAPITOLO 1
Aristosseno di Taranto rappresenta il fondamento di tutta la teoria musicale successiva. Lui definisce l'importanza
dell'udito, oltre che dell'intelletto e della memoria, nella percezione e nello studio dei rapporti tra i suoni nella loro
successione; per lui i fenomeni musicali sono dinamici e non statici e pertanto per comprenderne il significato non
sono sufficienti i calcoli delle speculazioni numeriche, ma occorre la sensazione uditiva. Egli avanzò la teoria di
dividere l'ottava in sei toni uguali e di suddividere ciascun tono in due semitoni, arrivando così a stabilire una specie
di temperamento equabile.

IL SISTEMA MUSICALE DEI GRECI


I greci organizzarono lo spazio musicale in un’ordinata successione di suoni che essi definirono “armonia”. Tale
sistema fu determinato teleion (perfetto) e consisteva in una serie di 15 suoni disposti in successione discendente,
con l’aggiunta al grave di un suono supplementare per completare le due ottave. L’organizzazione delle ottave era
divisa in frazioni di quattro suoni: i tetracordi.

I suoni estremi del tetracordo erano fissi, mentre quelli interni erano mobili quindi, secondo la natura degli intervalli
mobili, si distinguevano tre generi distinti di tetracordo:

 diatonico: formato da due toni e un semitono (MI – RE – DO – SI);


 cromatico: formato da un tono e mezzo e due semitoni (MI – DO# – DO – SI);
 enarmonico: caratterizzato dalla successione di un salto di due toni e due quarti di tono (MI – DO – SI – SI).

Questi ultimi due, di origine orientale (Turchia) andarono sempre i più messe da parte ed emarginate, fino a cadere
in disuso.

I modi erano formati da due tetracordi disgiunti della stessa specie. La posizione del semitono nel tetracordo
diatonico era il criterio che distingueva i tre modi fondamentali:

 dorico: col semitono al grave (MI – RE – DO SI);


 frigio: col semitono nel mezzo (RE – DO SI – LA);
 lidio: col semitono all’acuto (DO SI – LA – SOL);

 a questi tre si aggiunse in seguito un altro denominato misolidio: col semitono fra i due tetracordi.

A completare il sistema ci sono anche tre “ipomodi” posti una quinta sotto le tre fondamentali:

 ipodorica: (LA – SOL – FA MI);


 ipofrigia (o ionia): (SOL – FA MI – RE);
 ipolidia: (FA MI – RE – DO).

GLI STUMENTI DEI GRECI ANTICHI


I reperti archeologici ci forniscono numerose raffigurazioni di strumenti vari a corda e a fiato.

I principali strumenti utilizzati dai greci possono essere raggruppati in tre famiglie:

 a corde: la lira (o cetra) era lo strumento più comune e più antico, tanto che la leggenda ne attribuisce la
creazione al dio Apollo, composta in origine da tre-quattro corde, poi portate a sette;

 a fiato: il più diffuso era l’aulòs (vicino all’oboe moderno) legato al dio Dioniso, appartenente più al mondo
mediorientale e infatti per questo ritenuto superiore alla lira, infatti molte erano le leggende sulle sfide fra i dei
Apollo e Dioniso terminanti irrimediabilmente con la vittoria del primo. Altro strumento a fiato era la siringa
CAPITOLO 1
(corrispondente grossomodo al nostro flauto), e una sua specie particolare formata da sette cannucce digradanti
disposta una accanto all’altra: il flauto di Pan (così denominato per la sua origine dovuta al dio Pan);

 a percussione: come tamburelli, cimbali, sistri (di origine egizia), e cròtali (corrispondenti alle moderne nacchere
spagnole).

LA MUSICA DEGLI ETRUSCHI


Come per altri popoli storici antichi, anche per gli etruschi la musica era in gran parte connessa ad eventi rituali e
sociali. Di questa antica popolazione non ci sono pervenuti né trattati musicali né melodie notate, ma il ruolo
importante che svolgeva il canto e l’esecuzione strumentale nella vita religiosa e sociale è attestato da antiche fonti
iconografiche (vasi, urne funerarie, disegni sulle pareti delle tombe che rappresentano scene di banchetti, di danze,
di giochi di musici).

Gli strumenti più diffusi erano: la lira (di contaminazione greca) e l’oboe doppio, a loro va anche attribuita
l’invenzione della tromba dritta terminante a campana (adoperata nelle manifestazioni guerriere).

Inoltre, essendo gli etruschi uno dei pochi popoli antichi a lavorare il metallo, le trombe e gli strumenti affini
rappresentarono una loro specialità.

LA MUSICA DEGLI ANTICHI ROMANI


Roma aveva mantenuto rapporti stretti con la civiltà greca e le guerre Puniche e la conquista del mediterraneo li
mise in contatto con i popoli orientali e di conseguenza con vari tipi di strumenti a fiato, a corda e a percussione.

Scarse sono le testimonianze sulle forme di canto e di danza praticate dai romani, e nessuna composizione scritta cin
è pervenuta, anche se un passo delle Bucoliche non lascia dubbi sull’esistenza di una qualche forma di notazione
scritta. Inoltre la musica veniva essenzialmente tramandata per via orale.

Diversamente dai greci, i romani non sembravano aver dato grande rilievo alla musica, anche se credettero nelle sue
virtù magiche e terapeutiche; ai suonatori e cantori furono imposte limitazioni di ogni tipo nell’esercizio della loro
attività. La musica era infatti considerata fonte di mollezza e d’infiacchimento morale. Di fatti, anche dal punto di
vista teorico e innovativo, i romani dell’epoca precristiana non portarono contributi originali alla teoria musicale.

In ambito strumentale, fin dai tempi antichi, i romani mostrarono maggiore predilezione per gli strumenti a fiato,
essendo essi strumenti tipici della musica militare.

Fra gli strumenti musicali utilizzati dai romani troviamo:

 Le trombe: lo strumento più diffuso e in diversi tipi quali il liutus, la bucina e la tuba;

 la tibia, simile all’aulòs greco;

 l’hydraulis (organo) veniva usato per accompagnare la lotta dei gladiatori negli anfiteatri.

Oltre a queste ultime, numerosi erano gli spettacoli tenuti negli anfiteatri, ritenuti utili per distrarre l’attenzione
della popolazione dagli avvenimenti politici.

Dopo essere stato nominato imperatore Nerone iniziò a studiare la musica: sua aspirazione era infatti cantare i
propri versi poetici accompagnandosi con la cetra ed essere apprezzato come musicista e grande virtuoso.

Potrebbero piacerti anche