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Con Carletti intorno al mondo – R.

Russo

Capitolo 1

Francesco Carletti nasce a Firenze o nelle sue vicinanze nel 1573 o nel’74 da Antonio e Lucrezia Macinghi.
Sin dall’infanzia affianca il padre, un mercante dedito a lontani viaggi in Spagna e in Portogallo, nell’attività
mercantile. A 18 anni, nel 1591, si reca a Siviglia presso il mercante fiorentino Niccolò Parenti là residente,
con il quale il padre intratteneva rapporti commerciali. Dopo due anni è stato raggiunto dal padre che, per
aumentare le sue ricchezze, pensa di mandare il figlio alle Isole di Capo Verde, chiamate Esperie perché il
toponimo deriva dalla loro identificazione con le mitiche Isole Esperidi (ai tempi del Carletti esse
costituivano il principale mercato del commercio degli schiavi africani), con l’intento di acquistare schiavi
nevi da rivendere nelle colonie ispano-americane; ma a causa di una serie di imprevisti, è costretto a partire
col figlio, dopo aver ottenuto il dispaccio della Casa della contrattazione delle Indie. Quindi i Carletti
viaggiano per acquistare schiavi e arricchirsi, ma ciò che porta padre e figlio a prolungare il viaggio è la
curiosità di vedere il mondo e smentire gli antichi filosofi.

Il viaggio dei Carletti dura 12 anni, dal 1594 al 1606: la tappa iniziale delle Isole di capo Verde e delle Indie
Occidentali si arricchisce con la tappa delle Indie Orientali, dell’Olanda, della Francia e dell’Italia. In questi
anni di viaggio Carletti scrisse appunti e annotazioni che andarono dispersi, mentre tutte le mercanzie
accumulate (schiavi mori, ori, vasi preziose, perle, rubini, amuleti, pietre filosofali) furono depredate dai
pirati zelandesi nei pressi dell’isola di sant’Еlena. Il Carletti, partito insieme al padre, ritornerà da solo in
Italia: il padre Antonio muore a Macao, in Asia. Perduti tutti gli appunti, Carletti dovette ricostruire tutta la
sua esperienza di viaggio servendosi dei suoi ricordi, e avvalendosi dove possibile delle relazioni di
precedenti viaggiatori (Marco Polo, Colombo, Vespucci, e soprattutto G. B. Ramusio). Le avventure del
Carletti sono raccontate in un suo scritto, intitolato Ragionamenti, composto dietro richiesta del granduca
di Toscana Ferdinando I de Medici.

I Ragionamenti di Francesco Carletti sopra le cose da lui vedute ne’ suoi viaggi, pubblicati solo nel 1701, si
compongono di due parti: un Primo discorso delle Indie occidentali, che comprende 6 ragionamenti sui
territori di influenza spagnola; e un Secondo discorso delle Indie orientali, che comprende 6 ragionamenti
sui territori di influenza portoghese. I due Carletti salpati dal porto di San Lucar di Barrameda, posto alla
foce del fiume Betis detto Guadalchevir (che significa fiume grande) l’8 gennaio del 1594, dopo 19 giorni di
navigazione, toccate le Canarie (conosciute nel medioevo come Isole Fortunate) e la costa del Capo Bianco,
giungono alle Isole di Capo Verde, fermandosi in quella più grande di S. Jacopo, ossia Santiago. Qui, muniti
di 80 licenze regie, comprate a 25 scudi l’una, utili per prendere 80 schiavi e portarli senza un altro dazio
nelle colonie di Castiglia, fanno i loro acquisti.

Il 19 aprile dello stesso anno, quando Carletti figlio è ancora malato per via della febbre contratta a
Santiago, si dirigono a Cartagena de las Indias, dove giungono dopo un mese di navigazione con un carico di
75 schiavi. Qui il Carletti figlio viene messo in prigione con l’accusa di portare schiavi senza licenza e anche il
padre viene colpito da febbri malariche. Dopo essersi ristabiliti e aver venduto gli schiavi, i Carletti
investono il capitale in mercanzie venute dalla Spagna e si imbarcano il 12 agosto del 1594 per Nombre de
Dios, città malsana (infestata da pipistrelli, enormi rospi, zanzare, scarsità di cibo) situata sulla costa
settentrionale di Panama, ad est dell’odierno canale. La traversata dell’istmo di Panama è compiuta da
Carletti su imbarcazioni indiane primitive lungo il Rio di Ciagre e a dorso di un mulo. Da Panama vanno a
Paita e Santa, situate sulla costa peruviana, e poi sbarcano al Callao nel gennaio 1595, porto di Lima: Lima,
capitale del regno del Perù, era chiamata Ciudad de los Reyes e qui governava un Vice Re mandato dalla
Spagna a governare per 3 anni la provincia.
Nel marzo del 1595, vendute ormai tutte le mercanzie e convertitele in verghe d’argento, i due mercanti,
dopo aver ottenuto le licenze necessarie per recarsi da una provincia all’altra dell’America spagnola,
s’imbarcano dal porto del Callao e si recano a Città del Messico, capitale del regno della Nuova Spagna.
Dopo aver sostato a Gaura (attuale Huaura) e a Sansonat, luogo dove nasce il cacao, lungo la costa
dell’attuale Salvador, arrivano a giugno nel porto messicano di Acapulco e dopo alcuni giorni a Città del
Messico, città lacustre con le chinampas, ossia isole artificiali ricoperte di vegetazione. A Città del Messico si
fermano dal giugno 1595 al marzo 1596. Ritornati al porto di Acapulco, vanno alla Isole Filippine (chiamate
così a causa della dominazione spagnola), passando per le Marianne (scoperte da Magellano e da lui
chiamate Islas de los Ladrones per l’usanza degli indigeni di salire sulle navi e prendere ciò che volevano; si
chiamano Marianne perché, conquistate dalla Spagna, presero il nome da Marianna d’Austria, vedova dello
spagnolo re Filippo IV) e nel giugno 1596 giungono a Manila (fondata dal Legapzi e dal vescovo Urdaneta).

A Manila i Carletti devono fare i conti con il monopolio spagnolo, dato che solo gli spagnoli potevano
caricare merci, e qui un incendio colpisce i depositi delle mercanzie asiatiche, le ultime di quell’anno dato
che non venivano più navi dalla Cina e dal Giappone. A maggio del 1597 lasciano Manila e passano per il
Giappone e la Cina, insieme alla merci preziose, per arrivare alle Indie orientali e poi in Spagna,
completando il giro del mondo. Visto il divieto imposto ai castigliani di attraversare i territori orientali
conquistati dai portoghesi pena la perdita dei beni e l’arresto, i Carletti fuggono durante la notte,
imbarcandosi di nascosto nel maggio del 1597 su un vascello giapponese che doveva tornare a Nangasachi,
l’attuale Nagasaki. Dopo 30 giorni di viaggio, complicato e in condizioni difficili per via delle continue
bonacce, giungono in Giappone, e durante questo viaggio il Carletti è colpito dalle imbarcazioni orientali e
dai modi di navigare di questi popoli orientali: le vele sono fatte di foglie d’alberi e viticci tessuti insieme
come se fossero una stuoia e poi le vele vengono rinforzate con verghe di canne.

Il Carletti riferisce che questi popoli nel navigare non usano carte né astrolabi, si servono della calamita e
della bussola in modo differente rispetto agli europei. Conclusa questa prima parte dei Ragionamenti, inizia
la seconda, descritta in maniera più particolareggiata perché l’autore può disporre di una memoria più
fresca e in questa seconda parte risultano particolarmente dettagliate le notizie relative al Giappone. In
Giappone si trattengono alcuni mesi, dal giugno 1597 al marzo 1598, e si imbarcano su un vascello
giapponese diretto al regno di Coccincina, nell’attuale Vietnam: dopo 12 giorni arrivano ad Amacao,
l’attuale Macao sulla costa meridionale cinese, di notte e in segreto, per evitare il pericolo della confisca dei
loro averi per essere venuti dalle Filippine. Ma il mattino seguente, essendosi sparsa la voce del loro arrivo
con centinaia di migliaia di scudi che si diceva dovessero essere impiegati in mercanzie destinate alle
Filippine, vengono messi in prigione per 3 giorni, ma vengono liberati perché dimostrano di essere italiani
che girano il mondo a scopo di piacere e provengono dal Giappone.

Prima di lasciare Macao, Antonio Carletti, il padre dell’autore, muore di calcolosi il 20 luglio 1598, dopo 4
mesi di sofferenza. Il padre viene sepolto nella cattedrale della città, per volere del figlio, di fronte all’altare
dove si dice il vangelo. Ma Francesco Carletti, ora privo del genitore, ha la fortuna di incontrare a Macao
Orazio Neretti, suo concittadino di Firenze. Dopo le cure del Neretti, il Carletti rimane un altro anno a
Macao; passato l’anno, egli vuole tornare in patria e si fa comprare dai mercanti d Macao alla fiera cinese di
Canton ed entra in Europa passando per Goa. Nel marzo del 1600 raggiunge Goa, conquistata dai
Portoghesi, e si ferma per scambiare le merci cinesi con quelle indiane perché aspettava la nave rimasta a
Malacca per mancanza di vento. La mattina di Natale del 1601 il Carletti si imbarca per il viaggio di ritorno
sulla nave ‘’S. Jacopo’’ diretta a Lisbona, pregustando gli affetti e la ricchezza.
Ma la nave, giunta a S. Elena, entra in combutta con 3 navi mercantili olandesi, comandate da Gerardo Le
Roy. Dopo due giorni di cannoneggiamento, la nave portoghese si arrende: gli Zelandesi il sabato santo del
1602 portano l’imbarcazione con i superstiti affamati e assetati sull’isoletta deserta di Ferdinando de
Noronha. Carletti non si rassegna alla perdita definitiva delle sue mercanzie e, ribadendo la sudditanza al
granduca di Toscana, amico degli Olandesi, induce il capitano a condurlo in Zelanda. Il 7 luglio del 160 il
Carletti giunge finalmente in Europa insieme agli Zelandesi. Il Carletti spera di riavere, invano, tutto o parte
delle mercanzie destinate alla vendita e delle ‘’cose curiose’’ destinate al granduca di Toscana, come
porcellane cinesi, vasi giapponesi e un addobbo per la camera da letto, fatto tessere a macao e recante le
insegne degli Medici. Come è scritto nel 6° ed ultimo ragionamento delle Indie orientali, il Carletti non
riuscirà a riappropriarsi dei suoi beni, neppure dietro diretto interessamento di Ferdinando I.

Il Carletti quindi perse la causa davanti alla corte di Ammiragliato della Zelanda: nell’accordo del 1605,
Carletti dichiara di rinunciare ai beni confiscatigli, ricevendo in cambio una somma di denaro di poco
superiore alle spese sostenute nella causa (13 mila fiorini). A Gerardo le Roy viene consegnata una
medaglia con l’isola di S. Elena ed il galeone portoghese che viene cannoneggiato dagli zelandesi; al Carletti
invece tocca offrire una sontuosa cena ai giudici incaricati della revisione del processo rimasto sospeso.
Nonostante tutte queste beffe, Carletti si ammala gravemente a causa del clima olandese, rimanendo in
Olanda fino all’inverno 1605, ricercato da un certo Van der Neesen, agente commerciale segreto del
granduca di Toscana, che pare volesse servirsi del suo suddito per avviare commerci con l’America. Ma
Enrico IV di Francia, più deciso di Ferdinando I, invita il Carletti a Parigi, che arriva il 20 dicembre 1605.

Nei Ragionamenti non si dice in cosa consistesse l’incarico offertogli dal sovrano francese, ma da alcune
ricerche pare che il Carletti dovesse andare in Olanda per acquistare ed equipaggiare i vascelli destinati alla
Compagnia francese delle Indie orientali. Ottenuti 900 franchi per la sua venuta a Parigi, e ora che l’incarico
del sovrano francese è andato a monte, il Carletti è libero e pensa di tornare a Firenze. Tornando in patria il
12 luglio 1606, l’opera termina. Nei primi tempi del suo rientro a Firenze, Ferdinando I coinvolge il
mercante nei disegni d’espansione commerciale della corte medicea. In quegli anni infatti Ferdinando I
medita di avviare traffici diretti fra Livorno e le Indie Orientali, Livorno e il Brasile, con l’intento di
sviluppare non solo commercialmente Livorno, ma anche industrialmente, mediante la fondazione di
raffinerie di zucchero. A tal fine, infatti, fa costruire in Olanda, la Livorna, una forte nave da guerra.

L’impresa a cui è destinato il Carletti dal granduca va a monte, e il sovrano rinuncia definitivamente
all’espansione commerciale. Il Carletti continua a rimanere ugualmente presso Ferdinando I, il quale,
desideroso di avere informazioni sui paesi visitati dal mercante fiorentino chiede al mercante di stendere i
suoi ricordi inerenti il lungo viaggio. Morto Ferdinando I, il Carletti ottiene dal successore Cosimo II la carica
di maestro della casa granducale, esercitata fino al 1616. Dopo questa data, il mercante rimane al servizio
dei Medici, continuando a godere della protezione di Cristina di Lorenza, vedova di Ferdinando I. Carletti
morì nel 1636, lasciando nel testamento le sue sostanze a un figlio naturale, Carlo, mai fattosi vivo.

Il viaggio del Carletti è frutto di scelte spesso dettate dal caso ed ha obiettivi essenzialmente economico-
commerciali: è organizzato e compiuto con mezzi propri (mezzi di trasporto locali, no navi proprie), senza
alcun incarico ufficiale e senza intenti politici e religiosi. Quello di Carletti è un viaggio unico ed irripetibile,
compiuto da un suddito del granduca di Toscana: c’è un nuovo modo di viaggiare, osservare e descrivere, il
tutto avviene diversamente da quanto è successo con i precedenti viaggi di conquista di nuove terre. Il
Seicento è un lungo periodo di adeguamento alla nuova realtà geografica, che trae origine dall’intensa fase
esplorativa del secolo precedente. I viaggi regolari verso le nuove terre si sostituiscono alle scoperte vere e
proprie ed aprono la strada alla futura esplorazione scientifica tipica del XVIII secolo.
Nel Seicento i mari vengono controllati non più dalle monarchie iberiche ma da quelle centro-europee
(Olanda, Inghilterra, Francia): le flotte ispano-portoghesi, già a metà del secolo, non riescono più a
contrastare l’espansionismo dei rivali, che adottano tecniche nautiche molto più progredite: gli Inglesi, in
particolare, posseggono vascelli dotati di potenti cannoni e iniziano nel XVII secolo la scalata verso la
supremazia nei mari che li renderà, nell’Ottocento, la più forte potenza del mondo. Il trattato di Tordesillas
del 1494 stabiliva che Spagnoli e Portoghesi fossero proprietari di ogni terra da essi scoperta; mentre
Inglesi, Francesi e Olandesi sostengono che le nuove terre sono di chi le ha scoperte e ne ha preso
possesso. Il Carletti, nella sua opera, mostra di essere sempre alla ricerca dell’utile e quindi anche le sue
descrizioni sono estremamente precise, concrete, senza ornamenti banali e prive di quell’attrazione verso il
mitico e il meraviglioso.

Nei suoi Ragionamenti, Carletti non tratta solo di vendite, guadagni e perdite, ma compie anche analisi
fisico-geografiche, politiche, religiose, etnografiche, botaniche e cartografiche, dimostrando in tal modo
che la sua attenzione è onnicomprensiva, ma sempre legata a ciò che è utile: egli infatti vede e descrive
solo ciò che serve o può servire a sé e agli altri. Carletti viaggia per il suo interesse e scrive la storia del suo
viaggio per insegnare agli altri a viaggiare. Dato il suo fine pratico, nell’opera sono assenti moralismi e
pregiudizi, infatti egli non proferisce elogi o denigrazioni al mondo del colonialismo iberico, ma descrive
tutto con assoluta imparzialità. Quindi Carletti esamina con distacco ed una certa superiorità le politiche
coloniali europee e l’evangelizzazione cristiana del Nuovo Mondo. Egli guarda al presente e non al passato
perciò, mettendo per iscritto la sua storia, crede che ciò possa essere utile e valida per l’umanità.

Capitolo 2

Rientrato a Firenze nel luglio del 1606, il Carletti viene chiamato dal granduca per riferire quanto ha vissuto
nel suo viaggio. Questa voglia di ascoltare del granduca non è solo pura curiosità. Ferdinando I, pur non
vivendo a lungo, riuscì in pochi anni a destreggiarsi contro lo strapotere spagnolo: creò una flotta con base
a Livorno e fece anche l'unico tentativo italiano di creare una colonia nelle Americhe, precisamente in
Brasile, perché aveva saputo delle grandi ricchezze minerarie del paese. Finito il racconto orale al granduca,
il sovrano chiede al giovane mercante di stendere i suoi ricordi di viaggio, i Ragionamenti. Al Carletti pare
debbano attribuirsi anche alcuni scritti, di valore minore rispetto ai Ragionamenti, sempre relativi ai viaggi
in Oriente, ma questa volta con istruzioni e notizie per inviare agenti toscani nelle Indie orientali.
I Ragionamenti del Carletti, dopo essere stati stampati per la prima volta nel 1701, vengono pubblicati solo
nel 1958, a cura di Gianfranco Silvestro, servendosi del manoscritto della Biblioteca Angelica di Roma.

Il titolo dell’opera, usato ampiamente nel Cinquecento (vedi Aretino, Firenzuola), rinvia a una prolungata
oralità. I Ragionamenti sono indirizzati a pochi e ben precisi ascoltatori, infatti l’autore non si preoccupa di
diffondere o pubblicare il suo libro. L’autore intende mirare al discorso e non alla storia, quindi contenere il
protagonismo dell’io narratore, tendere ad una commistione tra avventura e relazione, tra scritto e parlato,
tra romanzesco e descrittivo. Il racconto autobiografico è attraente soprattutto perchè può essere un
ammaestramento, un exemplum da seguire. I Ragionamenti, opera appartenente alla letteratura
odeporica, presentano due registri, il narrativo e il poetico; quest’opera è costruita sulla base di una
volontà illustrativa e da una solida pedagogia commerciale.

Nella prosa dei Ragionamenti l’oggettività è estrema ed arida e questa impedisce all’autore di caricare
sentimentalmente il suo scritto: egli ritorna su veri e propri luoghi comuni orientali ma solo per confermare
e farsi garante, dato che ha visto e conosciuto, dei racconti già divulgati. La struttura di questo scritto
richiama il Decameron boccaccesco (6+6 ragionamenti, distribuiti uno per giorno): il richiamo alla novella è
accennato in apertura e in chiusura di ciascuna sezione, ed allude al parlato e all’affabulazione.
Carletti visita un mondo distrutto ed annientato dalla violenza della colonizzazione e che sta cercando di
ricomporsi e darsi una nuova fisionomia. Egli si trova di fronte a pochi inerti indigeni, al feroce
accaparramento spagnolo delle infinite risorse e a una natura tanto rigogliosa da risultare soffocante.
Anche se la vegetazione è sovrabbondante, ci sono numerose ricchezze e ampi spazi, Carletti non si trova in
una sorta di paradiso terrestre, ma in un paradiso marcio, in cui pullulano febbri e malesseri, animali
fastidiosi e repellenti (cimici, zanzare, rospi, pipistrelli). Le fonti utilizzate dal Carletti per questa sua opera
sono soprattutto le Navigazioni e viaggi del Ramusio, ma anche Marco Polo, Colombo, Vespucci, Niccolò de’
Conti e l’autore confuta errori e sviste, dimostrandosi al corrente sui popoli sudamericani.

Il linguaggio utilizzato corrisponde all’empirismo utilitario e alla curiosità dell’autore: troviamo


frequentemente gli iberismi, inseriti su una base fiorentina, e utilizzati per la sfera tecnica o specialistica
(oggetti esotici, termini nautici, toponomastica). Gli iberismi spesso non hanno un immediato corrispettivo
in italiano e l’autore inserisce anche modi di dire, proverbi e all’occorrenza traduce parole ascoltate in altre
lingue in italiano. La necessità di precisione comunicativa porta il mercante a prestare grande attenzione
alle lingue: egli trascrive l’alfabeto giapponese, i numeri cinesi, risale alle etimologie. La parola del Carletti è
conversativa, nel senso che si carica di tutti i moduli tipici del ragionare con un interlocutore: da qui la
vivacità parlata, l’insorgere non ordinato dei ricordi, il succedersi degli eventi un po’ affannoso, l’uso di un
tono medio non organizzato per mancanza di ordine interiore.

La prima novità del viaggio di Carletti, lo si è detto, è che è il primo giro del mondo fatto da un privato per
interessi economico-commerciali, senza un piano prestabilito ed un mezzo unico di trasporto. L’altra novità
è che le notizie sui paesi visitati non costituiscono la parte accessoria ma la parte principale del racconto.
Carletti informa il lettore distinguendo le cose da lui viste e quelle sapute per sentito dire. I nomi e le
località indicate dal Carletti se le confrontiamo con le odierne sono leggermente errate solo quando era
errata la fonte del mercante; mentre del tutto esatte sono le osservazioni fisiche: precise e numerose le
informazioni sugli animali e sulle piante, alcune delle quali vengono riportate per la prima volta
ampiamente, almeno in Italia. L’importanza dei Ragionamenti consiste proprio nell’aver allargato
l’orizzonte geografico, anche se alcuni vedono in essa un’opera dallo scarso valore scientifico perché,
essendo stata pubblicata solo nel 1701, le notizie geografiche riportate dal Carletti erano già conosciute.

Capitolo 3

Il Nuovo Mondo nel Primo discorso viene proposto e fotografato senza preconcetti. L’autore contesta i
filosofi antichi, che ritenevano quelle terre inabitabili a causa dell’eccessivo caldo, al contrario ne sottolinea
l’abbondanza di acque e di fiumi e i freschi pascoli che verdeggiano tutto l’anno, così come le molteplici
varietà di frutti, fiori e alberi; ma allo stesso tempo riferisce che a causa della grande quantità di selve e
paludi, ma non solo per questo motivo, gli indiani sono pochissimi. Vi è una specie di commistione tra una
natura prodiga di doni e l’impossibilità reale di sottometterla ai bisogni dell’uomo. In questo Nuovo Mondo
tutto risulta esasperato. Il clima caldissimo viene sicuramente rinfrescato dalle abbondanti piogge, ma le
acque sono malsane e fonti di febbri e malattie, i temporali sono così violenti che forse in nessun altro
posto sono così. La vegetazione è intricatissima, inospitale; le boscaglie sono così fitte che non vi si può
entrare e sono abitate da porci selvatici e gatti che di notte emanano un suono lugubre e sepolcrale.

Accanto agli animali domestici commestibili, vi sono zanzare di ogni tipo (le cui punture sono molto più
velenose delle nostre), rospi particolarmente grandi, pipistrelli che assalgono chi dorme, pulci e un clima
malsano in cui piaghe e ferite diventano incurabili. Quindi al di là dell’Oceano non c’è né il Paradiso
Terrestre né l’Eldorado, né mostri e cannibali, ma luoghi inospitali e desolati, una natura non
addomesticata.
Gli abitanti sono persone buone e oneste, non ci sono ladri tra essi, ma la popolazione locale va
diminuendo a causa delle malattie portate dai colonizzatori e del trattamento che i conquistatori riservano
loro. Venduti gli schiavi a basso prezzo, i Carletti investono il ricavato in mercanzie, e da Cartagena d’India
in Colombia, giungono a Nombre de Dios, un luogo malsano e non adatto alla vita; a Panama, le cui case
sono fatte di legno e abitate da mercanti spagnoli facoltosissimi; e poi a Lima, città abitata dai principali
cavalieri e mercanti spagnoli. Lima colpisce il mercante per via delle sue ricchezze eccessive: qui tutto è
d’argento, addirittura i mercanti realizzano letti servendosi delle barre d’argento e ci dormono sopra.

I Carletti vogliono comprare, con l’argento peruviano, mercanzie da rivendere a Lima, per poi far ritorno in
patria; ma il padre decide di tentare la fortuna e, attraversando il Pacifico, di raggiungere le Filippine. Con il
passaggio in Giappone i Ragionamenti cambiano rotta. Fra le tante tappe descritte nella prima sezione dei
Ragionamenti, cioè quella relativa alle Indie occidentali, la più interessante è quella fatta a Città del
Messico, capitale del viceregno della Nuova Spagna, descritta nel Quinto Ragionamento. A Città del Messico
i Carletti sono attratti da interessi turistico-culturali: i Carletti si recano da Lima a Città del Messico, dopo
aver ottenuto la licenza dal viceré della Nuova Spagna. Arrivano in Nuova Spagna e sbarcano nel porto di
Sansonat, oggi Sonsonate, luogo dove nasce il cacao, utilizzato in quel luogo anche come moneta per
comprare. Il Carletti non è stato il primo a portare in Europa notizie sulla cioccolata, ma è stato il primo ad
introdurre il suo uso in Toscana.

Carletti descrive il cacao come un frutto che nasce da un albero piccolo, bello e delicato, che necessita di un
terreno privo di erbacce e nasce in mezzo a due alberi più grandi che gli fanno ombra e lo proteggono dal
vento. Gli indiani hanno chiamato cioccolata la bevanda ricavata dal miscuglio di cacao, acqua calda e
zucchero. Carletti, durante la sosta in Messico, ne fa un uso quotidiano, sottolineando che chi la beve non si
può mantenere in salute abbandonandola. Dopo l’analisi della cioccolata e la sosta ad Acapulco, i due
Carletti attraversano il fiume Rio Grande servendosi di zucche grosse e secche a mo’ di imbarcazione e
giungono a Città del Messico. Dopo essersi soffermato a descrivere la pianta cittadina e aver fatto dei
parallelismi con Livorno, il Carletti dice che Città del Massimo è un paradiso, luogo in cui disporre di ogni
comodità e beni di ogni tipo, pur essendo costruita su un terreno infido, che rischia di inghiottire tutto.

Si sa infatti che Città del Messico sorgeva su un’area lacustre non ancora prosciugatasi all’epoca del viaggio
dei due Carletti. Tra i luoghi più importanti della città ci sono le chiese di S. Agostino, S. Domenico e S.
Francesco. In una delle piazze più belle della città sorgeva il palazzo del viceré, dove ora c’è il Duomo, che al
tempo del viaggio non era stato ancora completato. A Città del Messico Carletti vede anche una grossa
tavola rotondeggiante in pietra, forse la pietra di Tizoc o la pietra dei sacrifici, sulla quale venivano
sacrificati i prigionieri di guerra. Questa pietra si trovava inizialmente ai piedi della scala del tempio
principale della città ed era un monumento votivo innalzato in onore del dio Sole.

I cittadini di Città del Messico non sono ricchi, non si vantano e si servono ancora di schiavi mori e indiani
che chiamano cruimechi: i cruimechi sono uomini che si dipingono il viso ed il corpo per sembrare più
terribili ai nemici; vivono come bestie nelle campagne deserte, cibandosi anche di serpi e di animali
velenosi, non disdegnando l’antropofagia, in particolare a danno degli spagnoli. Ogni singolo Ragionamento
rappresenta una vera e propria relazione sul significato e gli aspetti più vari delle avventure vissute di volta
in volta dal mercante.
Capitolo 4

Con il Secondo discorso delle Indie orientali il lettore incontra il mondo dell’Oriente. Si tratta di un mondo
nuovo, non contaminato dalle invasioni europee, né dalle conquiste. Di fronte a quelle civiltà e a quelle
culture, il giovane mercante diventa osservatore e descrittore di diversità degne di un profondo rispetto ,
nei confronti delle quali non è sempre facile ed immediato dare un giudizio. Carletti descrive la società
giapponese come colta e ben organizzata, in cui c’è un grande sviluppo dell’agricoltura, della tecnologia e
dell’attività estrattiva (soprattutto argento). Il Giappone inoltre possiede una scrittura propria, terre
fertilissime e ricche di selvaggina. Ma il Giappone, descritto da Carletti, ha anche un lato negativo, quello
della giustizia: Carletti dice che, appena sbarcato col padre a Nagasaki, ha assistito una crocifissione di 6
frati francescani spagnoli. I giapponesi usavano crocifiggere gli uomini anche solo per aver rubato una
radice, quindi anche per piccoli reati; addirittura i giapponesi arrivano a crocifiggere anche donne che
stringono i neonati al petto.

Le strade del Giappone sono invase da croci, con uomini, donne e ragazzini appesi. Carletti poi descrive il
macabro rito per punire gli adulteri: in presenza del marito oltraggiato, all’uomo viene tagliato il pene e una
parte di pelle da mettere sul capo della donna adultera come cuffia; alla donna adultera tagliano la pelle
intorno alla vagina e la mettono sul capo dell’uomo adultero, poi entrambi con le mani legate, camminano
nudi per la città e muoiono dissanguati. I giapponesi usano constatare il grado di affilamento delle proprie
catane sui condannati alla decapitazione, tagliando i corpi in pezzi molto piccoli; per questi uomini non si
tratta di un’azione crudele, ma di uno spasso, un divertimento, non si tratta di un’azione ripugnante. Per i
giapponesi è d’uso mettere a morte un uomo con facilità, come quando noi ammazziamo le mosche. Anche
le donne giapponesi sono molto crudeli, infatti sono solite uccidere i loro bambini, abortendo o appena
nati, perché non vogliono allevarli.

L’occhio del Carletti in Giappone, Cina e India è attento non solo alle organizzazioni statali, alla burocrazia,
alle legislazioni, continuamente confrontate con quelle europee, ma anche alle lingue, agli usi quotidiani,
alle convenzioni sociali e alla gastronomia. Il Giappone di Carletti è una commistione di civiltà ed inciviltà. Il
Primo Ragionamento dell’India Orientale è dedicato al Giappone, il Secondo alla Cina e per questa parte
l’autore si serve di numerose fonti indigene, ampliando il discorso oltre la solita misura. Al contrario dei
Giapponesi, i Cinesi non desiderano la vendetta né portano armi per ferire o ammazzare. I Cinesi, racconta
Carletti, hanno grandi capacità intellettive, infatti sono soliti trascorrere la maggior parte della vita nello
studio e professano la medicina, la filosofia morale, la matematica, l’astrologia. Ma i Cinesi sono anche
molto astuti, infatti cercano di ingannare chiunque, anche più degli zingari.

Carletti non nasconde la sua ammirazione per questa civiltà raffinata ed intellettuale; le sue pagine
documentano la nascita del mito cinese, canonizzato subito dopo da gesuiti e filosofi, e tanto diffuso
nell’Europa del Seicento e del Settecento come modello di ordine, di saggezza e di moralità. Il mercante
fiorentino riconosce l’originalità della Cina, un paese di letterati, mercanti, artigiani, di uomini che hanno
inventato la stampa, l’artiglieria. Carletti lascia la Cina nel dicembre del 1599 per Goa. Giunto a Goa, il
Carletti vi rimane a lungo, poiché è un vero e proprio Eden: gli abitanti sono onesti (anche i mercanti sono
leali), pacifici, incapaci di uccidere nemmeno un insetto, sono festosi e allegri. Descrive usi, piante e animali
e sottolinea la lealtà, la mitezza e la tolleranza dei buddisti, già notate in Cina. Goa è soprattutto una buona
piazza dove si guadagna bene e si vive ancora meglio.

Gli ultimi due Ragionamenti trattano minuziosamente dell’attacco olandese e della sciagura economica
toccata al mercante, abbozzando anche un ritratto dei Paesi Bassi, quindi non solo riferisce aneddoti su ciò
che ha vissuto non appena ha perso tutte le sue ricchezze.
Capitolo Quinto

Carletti non è insensibile al fascino femminile e nella sua opera descrive attentamente non solo le figure
femminili, ma anche i costumi sessuali dei vari paesi di volta in volta visitati. IL soggiorno a Goa è segnato
soprattutto dalle avventure amorose. Il mercante fiorentino è colpito fortemente dalla bellezza,
femminilità, eleganza, sensualità, pulizia, cortesia delle indigene. A Goa, in India, è raro vedere donne con
le mammelle che ricadono o con altre imperfezioni fisiche tipiche delle donne europee soprattutto dopo il
parto. Viene messo in evidenza che queste donne vestono abiti di finissimo cotone. Anche le schiave sono
così fedeli che sono disposte a sacrificarsi per salvare l’onore della propria padrone. Però le donne di Goa
sono adultere: a detta del mercante, le donne orientali sono lussuriosissime e non si fanno mancare nulla in
campo sessuale pur di soddisfare le loro voglie. Addirittura sono così vogliose che preparano ai loro uomini
una miscela che mentre ristora, incita di nuovo gli amanti al sesso. Lo stesso fanno le cinesi.

I cinesi sono così gelosi delle loro donne che le lasciano vedere mai a nessuno, a meno che non siano
parenti stretti, e le lasciano andare in giro su seggiole serrate. Quando devono sposarsi, i cinesi non
guardano se si è parenti stretti; mentre i giapponesi, pur essendo monogami e non condividendo
l’adulterio, dimostrano di non avere alcun rispetto per le donne, che spesso vengono vendute o fatte
prostituire soprattutto ai portoghesi per pochissimi soldi. Sempre bellissime, ma del tutto diverse dalle
asiatiche, sono le indigene delle isole di Capo Verde, non disprezzate dai portoghesi sposati che qui vi
giungono. Nei Ragionamenti si riscontra una sorta di erotismo raffinato e moderno che rende piacevole la
lettura.

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