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Pasolini poeta 8
Le ceneri di Gramsci 9
L’Impressionismo 32
Édouard Manet 33
Colazione sull’erba 34
Olympia 35
Le onde sismiche 38
I punti inerenti al pensiero pasoliniano che si sono voluti approfondire in tale percorso sono:
• la riflessione storica e sociale di Pasolini sulla condizione umana, a proposito della
quale è stata presa in considerazione l’attività letteraria dell’autore nel generale, e nel
particolare la poesia civile de Le ceneri di Gramsci (1959);
• la speculazione pasoliniana sull’identità della borghesia industriale analizzata in
confronto all’opposta rappresentazione della classe dirigente in Menandro;
• la riflessione sociale e la superiorità dell’intellettuale accomunanti Petronio e
Pasolini;
• la filosofia marxista a cui l’autore aveva aderito e la ricostruzione del socialismo e
del comunismo in Italia nel periodo del cosiddetto biennio rosso;
• la sensibilità alle condizioni dei poveri accomunante Pasolini a Charles Dickens;
• lo scandalo degli impressionisti, pittori dell’altra faccia della classe media e fuori
dagli schemi accademici di una pittura borghese, retorica e poco aperta alla novità.
Pier Paolo Pasolini nasce a Bologna il 5 marzo del 1922, da una maestra elementare,
Susanna Colussi, e da un capitano di fanteria, Carlo Alberto. È con la madre che stringe il
suo legame più profondo, simbiotico e quasi morboso, di un amore “platonico” (Dacia
Maraini): a lei è dedicata una delle sue poesie più celebri, A mia madre (in Poesia in forma di
rosa, 1964) ed è lei che interpreta il ruolo della madre di Cristo nel film Il vangelo secondo
Matteo (1964). Il lavoro del padre, uomo violento e poco presente, costringe la famiglia a
continui spostamenti: l’unico punto fermo per Pasolini è Casarsa, borgo natìo della madre,
dove trascorre le estati.
Piangevo, nel lettuccio di Casarsa,
nella camera che sapeva di orina e bucato
in quelle domeniche che splendevano a morte…
(Una disperata vitalità III, vv. 18-20, in Poesia in forma di rosa, 1964)
Si trasferisce stabilmente a Bologna negli anni del liceo (frequenta il corso classico) -
segnati dalle letture di autori come Pascoli, Carducci, D’Annunzio, Dostoevskij,
Shakespeare, Wilde, Rimbaud, Ungaretti, Montale - e, diplomatosi con un anno d’anticipo,
s’iscrive a soli diciassette anni alla facoltà di lettere (1939), dove matura interessi per la
filologia romanza e il cinema. Proprio in lingua romanza è l’aforisma introduttivo, del
trobadore Peire Vidal, alle Poesie a Casarsa, pubblicate nel 1942 in dialetto friulano (riedite
nel 1975 come La nuova gioventù: poesie friulane) e recensite subito positivamente:
Sempre nel 1942, a causa della seconda guerra mondiale, lascia Bologna per la più sicura
Casarsa, trasferimento che rafforza il legame con il borgo materno: ne è testimonianza il
romanzo postumo Atti impuri (1982), purtroppo ancora poco considerato dalla critica, che
narra dell’amore segreto dell’autore verso Nisiuti, un suo studente, tra i sensi di colpa per
la propria omosessualità, vissuta come un peccato, e l’aria di guerra che attraversa il
paese. Sempre a Casarsa fonda l’Academiuta de lenga furlana, un istituto di lingua e
poesia che rivaluta e riadatta il dialetto friulano all’uso letterario a discapito dell’italiano.
Terminata la guerra può finalmente laurearsi nel novembre 1945 con una tesi su Pascoli.
Diventa insegnante di lettere a Casarsa (di qui il soprannome di «maestro corsaro») e,
avvicinatosi all’ambiente contadino, si iscrive nel 1954 al PCI. In questo clima matura
Il 1961 è anche l’anno del suo primo film, Accattone, all’insegna dell’adesione al
neorealismo; egli predilige attori non professionisti, scelti nella strada, fra gli amici o i
conoscenti. In un decennio gira moltissime pellicole per tutto il mondo, puntualmente
discusse e sequestrate, varie per temi trattati: le borgate romane in Accattone e Mamma
Roma, la religione ne Il vangelo secondo Matteo, la crisi ideologica marxista in Uccellacci e
uccellini, il mito greco in Medea e Edipo re, la sconfitta del modello borghese in Teorema e
Porcile, la sessualità nella Trilogia della vita e in Salò o le 120 giornate di Sodoma.
Pubblica la sua ultima antologia poetica, Trasumanar e organizzar, nel 1971. La riflessione
sul conformismo e la società dei consumi diventa sempre più centrale, come si può
leggere dagli articoli pubblicati nel Corriere della Sera tra il 1973 e il 1975 confluiti nei
volumi Scritti corsati (1975) e Lettere luterane (1976).
Muore assassinato, la notte tra l’1 e il 2 novembre 1975 all’idroscalo di Ostia. Quando
viene ritrovato è inizialmente scambiato per un mucchio di spazzatura: ha i segni dei
copertoni di un’auto sulla schiena, una frattura alla mandibola, di dieci costole e di alcune
dita, l’orecchio destro staccato, ferite alla testa e al volto, il fegato lacerato, un trauma ai
testicoli, il cuore scoppiato. Restano oscure le motivazioni dell’assassinio: forse a causa
delle avances sessuali dello scrittore verso alcuni ragazzi, forse per un più intrigato caso di
… La morte non è
nel non poter comunicare
ma nel non poter più essere compresi.
(da Una disperata vitalità, Poesia in forma di rosa, 1964)
Pasolini poeta
Tre sono i nuclei fondamentali della produzione poetica pasoliniana: la poesia in
dialetto, la poesia civile e la poesia della disillusione.
Fanno parte della produzione in dialetto Poesie a Casarsa (1942), La meglio gioventù
(1954) e La nuova gioventù (1975). Il dialetto non è tanto impiegato a scopi mimetici o
realistici, quanto inteso come unico strumento in grado di tradurre «certi sentimenti al
limite dell’inesprimibile». E il sentimento più grande è quello dell’affetto verso Casarsa e
la campagna friulana, luogo simbolo di un’innocenza sempre minacciata dal timore della
morte e della corruzione. Su questo sfondo s’insinua anche la tematica omoerotica,
Quattro anni dopo La meglio gioventù, Pasolini pubblica la sua prima raccolta in italiano,
L’usignolo della Chiesa Cattolica (1958) seguito dalle Ceneri di Gramsci (1959). In queste due
antologie è evidente l’adesione a un impegno strettamente civile, nel rifiuto del post-
ermetismo verso un confronto più partecipe e consapevole con la realtà storico-sociale. In
particolare Le ceneri di Gramsci contengono undici poemetti in terzine dal tono colloquiale,
modellati come dialoghi, ora indirizzati a interlocutori indefiniti (come il popolo) ora
determinati (come Gramsci, Picasso, Attilio Bertolucci).
Protagonista dei componimenti è il sottoproletariato romano, la cui purezza ha un
carattere naturale e istintivo, che abbandonato farebbe perdere ad esso tutta la sua forza.
Pasolini si trova dunque in una posizione ambivalente: da un lato vorrebbe preservare un
universo che lo affascina e con il quale si identifica, dall’altro sente necessario il riscatto
dalla miserabile condizione in cui il sottoproletario versa: «Lo scandalo del contraddirmi,
dell’essere / con te e contro te; con te nel cuore, / in luce, contro te nelle buie viscere».
L’ultimo filone della produzione poetica pasoliniana, quello della disillusione, è costituito
da La religione del mio tempo (1961) e Poesia in forma di rosa (1964): di fronte al mito del boom
economico si sgretola anche il sottoproletariato e l’unica speranza di riscatto viene
individuata nelle plebi del Terzo Mondo. Progressivamente il poeta perde di fiducia
anche nella letteratura, determinando il proprio isolamento da tutto.
« La morte non è
nel non poter comunicare
ma nel non poter più essere compresi. »
(Una disperata vitalità, Poesia in forma di rosa, 1964)
Le ceneri di Gramsci
Quando Pasolini arriva a Roma nel 1950 non può fare a meno di visitare l’urna contenente
le ceneri di Antonio Gramsci presso il cimitero acattolico, nel quartiere di Testaccio.
Questa visita sarà l’ispirazione per la raccolta di undici poemetti sotto il titolo di Le ceneri
di Gramsci nel 1951.
L’incipit dell’opera descrive l’ambiente di un «autunnale maggio» dalla «mortale pace»,
che rappresenta simbolicamente una stagione storica, «la fine del decennio in cui ci appare
Pasolini osserva freddo come uno scienziato l’ipocrisia borghese - che nasconde dietro
all’apparente stabilità dell’istituzione familiare tutta la sua piccolezza, la sua infondatezza,
come mero sofisma - un’ipocrisia che travolge la società italiana del suo tempo ma che
può essere applicata come al contesto odierno anche a quello di Menandro, per dire alla
fine che il corpo dell’uomo è piegato dall’artificio borghese come oggetto di difficile
controllo. Secondo Vincenzo Barbarotta l’ospite misterioso potrebbe addirittura
paragonarsi a Dioniso, dio polimorfico della liberazione dei sensi e dell’estasi, e le stesse
attenzioni nel film riguardo al dettaglio quasi feticista del corpo diventano misura di una
sessualità primitiva ed eversiva che scardina il controllo sociale della famiglia.
In questo senso anche il matrimonio appare una costruzione esclusivamente di tipo
sociale, che a volte nulla ha a che fare con l’amore:
Ancora meglio troviamo spiegata la sua teoria nel film-documentario Comizi d’amore
(1965), in cui il regista smaschera il reale pensiero italiano (trascendente a ogni classe
sociale) sull’amore e il sesso, che contano ben poco rispetto all’onore e al rispetto. L’opera
si conclude con la scena del matrimonio tra due giovani:
« È soprattutto quando è lieta e innocente che la vita non ha pietà. […] Ogni diritto è crudele ed
essi [gli sposi], esercitando il proprio diritto ad essere ciò che furono i loro padri e le loro madri,
non fanno altro che confermare, cari come sono alla vita, la lentezza e l’innocenza della vita. Così
la conoscenza del male e del bene e la storia, che non è né lieta né innocente, si trova sempre di
fronte a questa spietata smemoratezza di chi vive alla sua sovrana umiltà. Tonino e Graziella si
sposano, e chi sa tace di fronte alla loro grazia che non vuole sapere; e invece il silenzio è
colpevole. E l’augurio a Tonino e Graziella sia: “Al vostro amore si aggiunga la coscienza del
vostro amore”»
ARGOMENTO
La vicenda è narrata in prima persona, da un giovane di nome Encolpio che rievoca le avventure e le
peripezie di un viaggio compiuto in compagnia di un bellissimo giovinetto, Gìtone, di cui è innamorato.
Nei primi capitoli Encolpio si trova impegnato con un retore, Agamennone, che disserta sulla decadenza
dell’eloquenza. Encolpio poi torna alla locanda che ospita, insieme a lui e Gìtone, il giovane Ascilto,
compagno di peripezie e suo rivale nell’amore per Gìtone. Intanto la sacerdotessa di Priapo, Quartilla, li
accusa di aver violato i misteri del dio obbligandoli, in riparazione, a partecipare a un’orgia.
Encolpio, Ascilto e Gìtone partecipano a una cena nella casa del ricchissimo liberto Trimalchione. Si tratta
di un estenuante e interminabile banchetto in cui il padrone di casa esibisce la sua ricchezza nei modi più
spettacolari e grotteschi, disgustando Encolpio con l’ostentazione di un lusso pacchiano. Dopo la cena,
riprendono i litigi tra Encolpio e Ascilto per Gìtone, il quale lascia il primo preferendogli il secondo.
Encolpio incontra il vecchio letterato Eumolpo, che gli racconta la presa di Troia tramite una descrizione in
versi, con la cosiddetta Troiae halōsis. I due ritrovano Gìtone e si imbarcano su una nave, affrontando varie
peripezie; anche Eumolpo intanto si invaghisce del giovinetto.
Scampati a un naufragio, i tre giungono a Crotone, dove Eumolpo si finge un vecchio ricco e senza figli ed
Encolpio e Gìtone si fanno passare per suoi servi. in questo modo scroccano pranzi e regali ai cacciatori di
eredità. Encolpio intanto diviene impotente per l’ira di Priapo durante un rapporto sessuale, subendo di
conseguenza la collera dell’amante; Eumolpo lascia scritto nel suo testamento che gli eredi potranno
entrare in possesso dei suoi beni solo se faranno a pezzi il suo corpo e se ne ciberanno alla presenza del
popolo.
VITA E OPERE DI MARX Karl Marx nasce a Treviri nel 1818, da una
famiglia ebrea convertitasi al protestantesimo per ragioni politiche, ma di
fatto agnostica. Marx riceve un’educazione di stampo razionalistico dal padre
avvocato ed è vicino al club dei “giovani hegeliani” (la sinistra hegeliana).
Passato da Giurisprudenza a Filosofia, si laurea a Jena con la tesi Differenza
tra la filosofia della natura di Democrito e quella di Epicuro.
Dopo l’università si dedica al giornalismo politico e scrive per la Gazzetta
renana, ma ricevuta l’interdizione del giornale da parte del governo nel 1843
deve trasferirsi a Parigi, dove conosce Friedrich Engels, un amico e
compagno di lotte che gli rimarrà vicino tutta la vita. Qui termina la stesura
della Critica della filosofia del diritto di Hegel e di importanti saggi che
testimoniano il suo esplicito passaggio al comunismo. Intanto sposa
l’aristocratica renana Jenny von Westphalen. Espulso dalla Francia su pressione del governo prussiano, si
trasferisce a Bruxelles: in questo periodo matura il distacco dall’intera filosofia tedesca, concretizzatosi
nelle Tesi su Feuerbach e soprattutto ne L’ideologia tedesca. Nel 1848, su richiesta della Lega dei
comunisti, elabora un documento teorico-programmatico in collaborazione con Engels con il titolo di
Manifesto del partito comunista. Intanto fonda la Nuova gazzetta renana.
Per ragioni politiche, emigra a Londra nel 1850. In questi anni si ritira dalla politica attiva e inizia a lavorare
per il British Museum. È un periodo difficile, tormentato da problemi economici; nonostante ciò fiorisce la
produzione letteraria con la pubblicazione de Il capitale (1866) e altri saggi di carattere scientifico e
sensibili alla situazione politica della Francia. Nel 1881 muore la moglie Jenny e, a distanza di due anni, nel
1883, lo stesso Marx.
1 In filosofia la parola “alienazione” è usata sia da Rousseau per indicare la cessione dei diritti individuali a
favore della comunità, sia da Hegel per alludere al momento dello spirito che si fa “altro” da sé per poi
riappropriarsi di sé in modo arricchito (accezione negativa e positiva al tempo stesso), sia da Feuerbach
che intende la situazione dell’uomo religioso, il quale si sottomette a Dio “estraniandosi” dalla propria realtà
(accezione solo negativa). Marx riprende da Feuerbach l’alienazione in termini di “scissione” e
“dipendenza”, ma piuttosto che indicarla come un fatto coscienziale la concepisce come un fatto reale.
LA VISIONE DIALETTICA Come Hegel, Marx concepisce la storia come una totalità
DI HEGEL E DI MARX processuale, organica e rafforzata dal negativo, non
condividendo tuttavia con lui la configurazione idealistica e il carattere aprioristico e
puramente speculativo. La dialettica di Marx inoltre non è ideale e teoretica come quella
hegeliana, ma scientifica ed empirica; il soggetto di essa non è lo Spirito (ideale) ma sono
le classi sociali e la struttura economica; le contraddizioni che ne permettono la
processualità non sono astratte e generiche, bensì concrete e determinate.
LA LOTTA DI CLASSE Il concetto viene meglio chiarito tre anni dopo, nel Manifesto del
partito comunista, quando Marx afferma che la borghesia ha risvegliato delle “forze
gigantesche” che non riesce più a dominare: le forze produttive moderne si rivoltano
infatti contro i rapporti di proprietà privatistici mettendo in crisi l’esistenza stessa del
capitalismo. Il proletariato, rappresentante delle nuove forze produttive, dovrà quindi
portare avanti una lotta di classe volta a superare il capitalismo con le sue forme
ideologiche e istituzionali. Il socialismo volto a individuare nel proletariato il soggetto
storico della soluzione comunista, vista come una necessità appunto storica e non più
Non tutto il plusvalore comunque resta nelle tasche del capitalista: una parte andrà ad
alimentare la concorrenza e a mantenere i macchinari necessari alla produzione (capitale
costante), e solo il profitto frutterà il capitale dell’imprenditore.
Pertanto il saggio del profitto non coincide con il saggio del plusvalore, ma scaturisce dal
rapporto, espresso in percentuale, tra il plusvalore e la somma tra capitale costante e
capitale variabile.
DALLA MANIFATTURA ALLA GRANDE INDUSTRIA Avremo già capito che il fine
strutturale del capitalismo è raggiungere la maggior quantità possibile di plusvalore, così
perseguendo la logica del profitto privato anziché dell’interesse collettivo. Tuttavia anche
il capitalismo è destinato a contraddirsi e a degenerare…
Il capitalista, più che sul prolungamento della giornata lavorativa (che renderebbe meno
produttivo l’operaio), punta sulla riduzione di quella parte di giornata lavorativa
necessaria a reintegrare il salario (plusvalore relativo): se l’operaio, anziché impiegare sei
LA CRISI POST-GUERRA Alla fine della prima guerra mondiale l’Italia, come tutti gli
altri Stati, si trovava ad affrontare una profonda crisi economica, sociale e politica.
Durante la guerra più volte era stata utilizzata la promessa della “terra ai contadini” per
incitare le masse rurali a resistere. È naturale che molti contadini tornarono dal fronte
carichi di speranze e attese: nove decimi dei proprietari possedevano infatti solo un ettaro
di terreno ed erano costretti ad affittare i fondi dai medi e grandi proprietari, oppure a
lavorare come braccianti. Era diffusa quindi una gran fame di terra da coltivare.
Anche l’industria era entrata in crisi in seguito alla sua riconversione da bellica e civile: le
ricchezze nuove erano finite nelle mani di pochi speculatori, mentre cresceva la
disoccupazione. In un simile contesto divennero sempre più aspre le lotte sociali, e
accanto alla FIOM (Federazione Impiegati Operai Metallurgici) nacquero nuovi sindacati
quali la CGL (Confederazione Generale dei Lavoratori) e la CIL (Confederazione Italiana dei
Lavoratori), che andavano a contrapporsi a Confindustria che invece difendeva gli interessi
delle banche e del padronato.
Da una parte abbiamo dunque l’insorgere di lotte agricole nelle campagne, e dall’altra
l’insorgere di lotte operaie nelle città, e in particolare nel triangolo industriale Torino-
Genova-Milano. Questi tipi di lotte erano chiamate “bianche” se appoggiate dai cattolici e
dai moderati, “rosse” se appoggiate dai socialisti, i quali a differenza dei primi - oltre agli
aumenti salariali e alla riduzione delle ore lavorative - chiedevano la socializzazione della
terra.
NUOVI PARTITI POLITICI In questo contesto di forti tensioni nacquero nuovi partiti
politici come il Partito Popolare Italiano (PPI) di don Luigi Sturzo (1919), che si fondava
su un programma di riforme sociali da attuarsi pacificamente, non accettando né la critica
dei socialisti alla proprietà privata e la visione atomistica dei rapporti tra classi, né le idee
LE ELEZIONI DEL 1919 Nel novembre 1919 si andò per la prima volta alle elezioni
dopo la guerra con un nuovo sistema elettorale che era il proporzionale, il quale cioè
assegnava ad ogni partito un numero di parlamentari proporzionale ai voti presi alle
elezioni. Gli Italiani in questa tornata elettorale “punirono” i partiti liberal-democratici che
erano stati al governo con Orlando e Nitti schierandosi dalla parte dei latifondisti e
determinarono la vittoria schiacciante del Partito Socialista (32%) insieme a quella del
Partito Popolare (20%). I Fasci di combattimento non avevano ottenuto alcun seggio.
Non fu facile la formazione di un governo di maggioranza giacché i socialisti non
volevano collaborare con i “borghesi”: i popolari quindi dovettero allearsi con la
minoranza liberal-democratica. Nitti rimase in carica fino al giugno 1920, quando non più
capace di tenere unita la maggioranza di governo dovette dimettersi, passando l’incarico
al quinto e ultimo Giolitti.
Il periodo che va dal 1919 al 1920 è chiamato appunto “biennio rosso” per la vittoria
socialista alle elezioni e per le vittorie socialiste nelle lotte operaie e agricole.
LA NASCITA DEL PCI Come già anticipato, l’esito delle lotte sindacali aveva creato
divisioni ormai irreparabili all’interno del Partito Socialista, le cui correnti principali erano
due: i massimalisti - guidati da Serrati - che aspiravano alla rivoluzione sul modello
russo, e i riformisti - guidati da Turati e Treves - che volevano una serie di riforme
piuttosto che la rivoluzione. A queste correnti si aggiunsero anche i comunisti, guidati da
Bordiga e a cui aveva aderito lo stesso Gramsci, che accusavano i riformisti di essere vili e
inetti. Lenin stesso aveva affermato che bisognava espellere i riformisti dal partito, e anche
i “comunisti che sono suscettibili di tentennare”.
Al Congresso di Livorno del 1921 i comunisti abbandonarono la sala del teatro Goldoni e
si recarono in quella del teatro San Marco; qui proclamarono la costituzione del Partito
Comunista d’Italia, con Bordiga segretario e Gramsci nel comitato centrale.
Gramsci inizialmente non aveva appoggiato l’idea della scissione, poiché riteneva che la
classe operaia sarebbe stata indebolita dalla frammentazione, come in effetti avverrà.
Furono probabilmente le durissime posizioni di Lenin verso Serrati a fargli cambiare idea.
CONCLUSIONS Making a final balance, we can affirm that both Pasolini and Dickens
denounced similar social problems in different ways: what distinguishes them is mostly
that Pasolini believed in a social revolution, while Dickens did not want it, but only
2 «un mucchio di misere costruzioni, non case ma porcili» (v. 37), A un Papa, Umiliato e Offeso - Epigrammi
(1958) in La religione del mio tempo (1960).
L’Impressionismo
L’impressionismo è un movimento artistico che si sviluppa in Francia, più precisamente in
una Parigi post 1870 (all’uscita di scena di Napoleone III con la proclamazione della Terza
Repubblica) che, grazie al fervore della borghesia moderata e conservatrice in ascesa,
economicamente salda sulle industrie in sviluppo e i profitti coloniali, assume quei
caratteri architettonici, culturali e sociali che la denomineranno “ville lumière”.
LA VILLE LUMIÈRE ovvero “città della luce” per via della rete di lampioni a gas
tecnologicamente all’avanguardia che rischiarano la notte parigina, una città che tende a
consolidare il proprio aspetto borghese in un fiorire di teatri, musei, ristoranti, sale da
ballo casinò e caffè che si estendono di tavolo in tavolo sugli enormi marciapiedi dei
boulevards rinnovati nel progresso delle nuovi costruzioni (dalle imponenti stazioni
ferroviarie e metropolitane e gallerie in acciaio e vetro ai primi grandi magazzini con
ascensori elettrici allora unici in Europa). L’impressionismo è il figlio ribelle di una
borghesia mercantile e imprenditoriale, contribuente allo sviluppo del paese ma legata
ad una produzione artistica di tipo accademico (proprio contro tale accademismo si
scaglieranno gli Impressionisti), che anima una città viva e moderna, piena di splendori,
contraddizioni e miserie che definiscono l’epoca dei fasti e della spensieratezza: la Belle
époque.
IL COLORE LOCALE L’unicità di questo movimento consiste nel rapporto in cui gli
artisti si pongono rispetto alla realtà esterna che non viene più descritta minuziosamente
Édouard Manet
Édouard Manet nasce a Parigi nel 1832, dimostra sin da giovane molto attratto dal
disegno e della pittura e poco incline agli studi e – sebbene il padre lo faccia imbarcare,
sedicenne, al fine di avviarlo alla carriera di comandante navale se non di magistrato –
incomincia a frequentare, nel 1850, l’atelier del pittore accademico Thomas Couture, al
quale critica la pittura vacua e retorica.
Nel 1856 abbandona l’atelier per viaggiare in Olanda, Germania, Austria e Italia
riuscendo ad ammirare i grandi “coloristi” del passato: Tiziano, Rembrandt, Tintoretto,
Velàzquez (che aveva già studiato al Louvre).
Dei contemporanei ammira molto Delacroix per l’utilizzo del colore giustapposto e gli
chiede di riprodurre “La barca di Dante” al fine di poterne meglio studiare la tecnica
Colazione sull’erba
Il dipinto che segna l’inizio della
tormentata carriera artistica di
Manet viene esposto nel 1863 al
Salon des Refusés (esposizione
organizzata per gli artisti esclusi
dal Salon ufficiale, per diretto
interessamento dell’imperatore
Napoleone III) destando
immediatamente enorme
scandalo presso la borghesia benpensante del tempo, che al crudo realismo di quel nudo
reagisce criticando all’artista volgarità e malizia che in realtà non gli appartenevano.
La Colazione sull'erba raffigura un episodio squisitamente contemporaneo. Due uomini e
una donna stanno consumando la merenda all'aperto, in una radura costeggiata dalla
Senna, a poca distanza da Parigi (si presume presso l'île Saint-Ouen). I due signori sono
vestiti con abiti moderni di città - veri e propri dandy del loro tempo - e stanno
amabilmente conversando tra di loro. Quello a sinistra è lo scultore Ferdinand Karel
Leenhoff, futuro cognato dell'artista, mentre a destra è raffigurato uno dei due fratelli di
Manet, Eugène o Gustave, semi-sdraiato sul manto erboso e con il braccio allungato in
direzione della giovane amica: si tratta di un gesto che evoca un dialogo, anche se sembra
che nessuna delle figure rappresentate stia conversando.
Alla destra della prima figura maschile troviamo infine una donna nuda che conversa,
per la quale ha posato Victorine-Louise Meurent, all'epoca la modella prediletta di Manet.
Con il mento posato sulla mano, la fanciulla volge lo sguardo verso lo spettatore (è l'unico
personaggio della composizione a farlo), quasi a voler dialogare e intessere una relazione
con chi sta osservando la scena, lasciandosi scappare contestualmente un enigmatico
sorriso. Per di più ella non è semplicemente nuda, ma addirittura denudata, forse
Olympia
La tela raffigura una donna
nuda mollemente adagiata su
un letto sgualcito. Nulla
lascia dubitare che si tratti di
una prostituta: innanzitutto il
nome, Olympia, assai diffuso
tra le prostitute parigine
dell'epoca. Inequivocabile è
anche la posa (con la mano che si copre il pube, l'oggetto del suo mercato), che ricorda
quelle immagini che iniziavano clandestinamente a circolare nei salotti parigini, stante
anche l'impetuoso sviluppo conosciuto in quegli anni dall'arte fotografica. Ma i dettagli
che rimandano al mondo della prostituzione sono molteplici: basti pensare all'orchidea
rosa che le adorna i capelli corvini, o magari al braccialetto dorato, agli orecchini di perle,
alle pantofole da cortigiana e al malizioso nastrino di raso nero che le percorre il collo.
A scatenare il biasimo della critica e lo sdegno fu anche il ricorso al modello classico.
Olympia è infatti una trasparente derivazione iconografica della Venere di Tiziano, che
Manet tuttavia reinterpretò liberamente secondo il proprio gusto: era un iter che sarebbe
divenuto distintivo di Manet, il quale si rifiutava di riprodurre mimeticamente i grandi
modelli classici e li sottoponeva a una destrutturazione per riadattarli alla
contemporaneità. Mentre la Venere tizianesca - secolare simbolo della bellezza muliebre -
è molto dolce, pudica e antierotica, Olympia ostenta senza problemi la sua cruda nudità
e la sottopone spudoratamente alla voracità degli sguardi altrui: non ha problemi nel
Le onde sismiche
TIPI DI ONDE SISMICHE Le onde sismiche sono classificate in base al tipo di
deformazione che provocano nel mezzo in cui si propagano e alla velocità.
Distinguiamo:
❖ le onde P (onde prime), che si propagano in profondità e sono longitudinali, cioè
DISTRIBUZIONE GEOGRAFICA DEI TERREMOTI Gli epicentri dei sismi che ogni
anno si verificano sulla Terra sono distribuiti lungo fasce geograficamente e
geologicamente ben determinate, che corrispondono a:
persone, sugli edifici e sul terreno. La scala più diffusa è la scala MCS (ideata, insieme
ad altri, da Giuseppe Mercalli), suddivisa in 12 gradi.
Per attribuire il grado, i dati raccolti vengono confrontati con le descrizioni riportate
nella scala di riferimento.
Scala Richter e Mercalli tuttavia non possono essere equiparabili. Due terremoti di uguale
forza ad esempio possono avere intensità diversa se uno avviene più in profondità
rispetto all’altro, causando quindi più danni rispetto al secondo.
ancora efficace sul breve periodo, ma importante come previsione a lungo termine;
avviene attraverso lo studio della storia sismica di una regione;
❖ la prevenzione del rischio sismico, che comprende l’analisi dettagliata delle