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Cºo
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CORSO
1) I

CHIMICA GENERALE
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TOMO NONO
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CORSO- - -

DI

CIIIMICA GENERALE
DEL P. OTTAVIO FERRARIO
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RANIERI ARCIDUCA D'AUSTRIA


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Nef Acºtto loutfiatòo-ºcueto, cc. cc. ec.

PARTE SEGUNDA
º a ot avio A Ai PLICATA ALLE scleNzE MEDICHE,
ºltº a ri. E sopra A TUTTO ALL' AC, RIC01.TURA,

TOMO QUARTO

3 blitano
l'hi.SSO LUIGI DI (,I ACt)MO l'IRC)L A

M , De CC . x LV,

AO º 26 - 3
9
CORSO DI CHIMICA GENERALE
---

l?ARRÈ SEGU)NIDA
LA CHIMICA DEI CORPI ORGANIZZATI
a? LICATA ALLE SCIENZE MEDICHE ED ALLE ARTI,

-----

LEZIONE TRENTESIMA

tH LA STORIA DELLE SOSTANZE PR OD OTTE


DALL'on GANIzzAzio NE.

Terzo Gr v ERF. Materie coloranti.

Introduzione (1).
-

S Raspail, non esiste tessuto organizzato


vale il quale, sotto l'influenza della luce e dell'aria,
º n materia capace di trasmettere all'organo della
e l'impression e, o meglio la sensazione d'una o
º altra delle mille gradazioni delle tinte del prisma.
All'oscurità permanente nulla di simile si opera;
tessuti, di qualunque specie siano, non riflettono,
º riangono che la luce bianca; tali tessuti sono, per
dire, languidi ed intisichiti.
Ma se per accidente qualche raggio della luce diſ
º introduce a rischiarare debolmente il mezzo oscuro,

Ho creduto di riportare le viste teoretiche sulla causa della co


- i corpi organizzati riferite da Raspail.
11
- ra anche sullo stesso tessuto, si poco esteso che
tatte le gradazioni alla volta della medesima mate
il neolora fino a quella tinta che forma il carat
a nonato dall'industria e dalle arti: quest'ultima
e la tanto più abbondante quanto più la maturanza
ulividuo si avvicina: ma le altre che si trovano a
i diversi e che accompagnano la prima, la alterano
presenza loro in modo più o meno pronunciato,
Per ravvivare il colore delle materie coloranti bi
a purificale ed isolare le prime da quelle che non
i - al quale intento si ricorre alla diversa solubi
le materie componenti la materia grezza: infatti
e sono solubili in un mestruo, mentre le altre non
- .
Altre volte la vivacità della tinta che si ricerca si
e o colla polverizzazione, o colla soluzione di con
º la del sistema coloriparo: allora la materia colorante
º clubilmente ossidata, posta a contatto più perfetto
essene atmosferico, si ossida in tutte le parti, e
i si dire in massa, mentre nell'organismo l'ossi
e non le veniva che d'atomo ad atomo.
l'eti questi principi generali, passerò alla storia
a delle materie coloranti, dividendole in due se
º seguendo Liebig, nella prima collocherò le ma
º coloranti non azotate, e nella seconda le materie
tanti azotate.
3

vi in po colorante disciolto: quest' è la causa che


- e tene un discorso cangiano istantaneamente di tinta
i lo vengono a contatto d'un alcali: i principi gialli
e al bruno in molte circostanze, i rossi prendono
a tnta violetta azzurra o verde.
Molte materie coloranti presentano lo stesso can
; to di tinta a contatto degli acidi: i rossi scuri
stano per lo più una tinta più chiara, e gli azzurri
- lato rossl,

Moltissime materie coloranti non esistono nelle piante


º lesimo stato che si ottengono dall'arte; così, p. e..
a lar della robbia è gialla allo stato recente, e non
i nera che per una specie di fermentazione: il le
r del Brasile, come quello del campeggio, è giallo o
--- -bruno allo stato verde, e l'uno o l'altro diven
º mesi a contatto dell'aria, specialmente se tagliati.
la donnone dei due discorsi legni assorbe l'ossigene
- ana e diventa d'un color rosso vivo o rosso-scuro;
e il contatto è molto prolungato si vede prodursi
irritati colorati cristallini che non esistono nei detti
verdi.
Le ora discorse materie devono adunque i loro co
l'assorbimento d'una data quantità d'ossigene che
º loro togliere di frequente col mezzo d'agenti ri
i n, come l'idrogene solforato e lo zinco. Per siſ
º deossidazione o riduzione si rendono allora inco
Quando si espongono nuovamente all'aria dopo es
state così decolorate riassorbono l'ossigene e ri
º no il loro colore primitivo.
Esiste pure rilevante numero di sostanze scolorate,
pali ossidandosi quando si trovano simultaneamente
tatto dell'aria e dell'ammoniaca, si mutano in ma
º colorate sovente azotate. In questa classe di ma
º odoranti bisogna collocare il tornasole, l'oricella,
º e riteina. ec.
Si conoscono anche altre sostanze incolore, come
i lo gallico, l'acido tannico, i quali, disciolti in una
17

Questa sostanza si presenta sotto forma d'una massa


ra, la quale dà una polvere gialla bellissima, è "
la ed inodora, è insolubile nell'acqua fredda; l'al
e l'etere la disciolgono facilmente a caldo. La po
a caustica la discioglie, e somministra un liquido neu
r - curo.
le sue combinazioni colle terre alcaline sono in
h, come anche quelle cogli ossidi metallici. Il pro
º di stagno produce con essa una bella combina
tre gialla, il protossido di ferro ne offre una bruna,
; io di rame verde.
Il doro imbianca e distrugge il colore di questa
ra: quando si stempra la polvere della resina in di
ero nell'acqua clorata, e dappoi si evapora la mi
» a, si ottiene una materia giallo-pallida, insolubile
a ſua, che contiene acido idro-clorico in chimica
ce nazione.
L'acido nitrico decompone la resina della gomma
i a olla bollitura e la cangia in acido ossalico.
E poco usata; come materia tintoriale serve nella
i ora delle carte e delle tele dipinte a stampo.
Annotta, o terra oriana.

Questa sostanza è la materia colorante separata dai


e della bira orellana, e da quelli della metella tinctoria.
Per ottenerla quale si ha nel commercio, se ne pe.
º i semi, si riducono in ispecie di pasta, la quale
º ºrmpra nell'acqua calda, e si getta il tutto sopra
º di crimi, o sopra qualunque altro apparato for
º e un filtro a larghe maglie: l'acqua porta con sè la
ºa colorante che è più o meno pura, secondo che
- o è più o meno fitto, e che i semi siano stati più
º sºno macinati.
Si lascia allora riposare e fermentare sopra la fec
º fºto liquido colorato, si decanta dappoi il depo
º de si è formato, e si essicca all'aria in luogo co
IV 2
49
a e alcooliche a bagno-maria a prosciugamento, e

gliendo l'estratto alcoolico nell'etere, evaporando


a tre eteree riunite fino a secco.
Questo principio ridotto allo stato puro nel modo
n olcato si presenta allo stato d'una massa bruna
a molle, vischiosa, fusibile pel calore, che non
etafiabile anche esposta a temperatura molto bassa.
i pesante dell'acqua, poco solubile in detto liquido.
Si può ottenerne la materia colorante trattando
e sta colla soluzione della potassa caustica; la solu
a resce rosso-scura, e saturando quest'ultima con un
rº, il principio colorante si depone allora di color
- rancato, che si lava con acqua fredda.
l'acido solforico concentrato cangia in azzurro il
di questa materia, dappoi in verde e per ultimo
a petto, l'acido nitrico diluito e freddo non la al
l'acido nitrico concentrato aggiunto in piccola quan
º il principio giallo le comunica un color verde, che
ºra al giallo, e dà un prodotto che riscaldato detona
a te.

Gli oli grassi ed essenziali sono colorati dall'an


º in giallo-rossigno.
sondo Chevreul, l'annotta racchiude due prin
- oloranti, l'uno giallo solubile nell'acqua e nell'al
poco solubile nell'etere, e tinge in giallo le stoffe
ate, l'altro è rosso, poco solubile nell'acqua, so
- no all'opposto nell'alcoole e nell'etere, ai quali
ºa comunica un color giallo-aranciato.
l'annotta fu analizzata da Boussingault; è adoperata
tutoria, e per tingere il burro ed il formaggio.
Carotina.

º da questo nome alla materia colorante della ra


º il dancus carota di Linneo, pianta della famiglia
e ombrellifere.
l'er ottenere questa sostanza pura si trattano le
2|

e 3 le radici coll'alcoole, evaporando la dissoluzione


a a in bagno-maria fino a secco, e trattando l'e
e alcoolico coll'acqua fino a che questa s intor
l

Lavasi il residuo coll'acqua fredda, dappoi si di


o, e nell'acqua bollente, in cui la materia colo
nies depone coll'infreddamento; la si ridiscioglie nel
e andro, e dopo eliminato detto liquido colla
i nome, si ridiscioglie nell'etere la materia rimasta
io a che l'etere non si colora più in giallo.
La soluzione eterea coll'evaporazione lascia la ra
a ma allo stato puro.
N può egualmente ottenere la rabarbarina col trat
a l estratto alcoolico delle radici dei rabarbari col
i lo solforico allungato fino a che si produce preci
a scuro, che si ammassa rapidamente. Se aggiungesi
- ando il precipitato si fa giallo e polveroso, e
de molto concino.
finalmente un terzo processo, consiste nel trat
ur di prima coll'ammoniaca l'estratto acquoso, fino a
º º genera un precipitato rosso-scuro, il quale si stem
in nell'acqua, ed aggiungesi bastevole quantità d'acido
iº a far sparire il color rosso.
Il prodotto ottenuto coi discorsi due metodi, è
trato per ultimo coll'alcoole e coll'etere, nella stessa
e fa di quello prodotto dalla soluzione nell'acqua
rile.

La rabarbarina pura cristallizza dalla dissoluzione


º a o eterea allo stato granelloso, con tinta giallo
la; allo stato secco è inodora, ma umida sente
in ariaro. E poco solubile nell'acqua fredda, si di
º le più facilmente nella calda, dalla quale si depone
º freddamento sotto forma d'una massa estrattiva.
L'alcoole la discioglie difficilmente a freddo, e se
º ºdiedono 350 parti. Le soluzioni della rabarbarina
º amare, disgustose, ed hanno leggera reazione acida.
Il per-cloruro di ferro colora in bruno la dissolu
Rumicina.

Questo principio, scoperto da Geiger nella radice


a un rpatientia di Linneo, si estrae coi medesimi
ross adoperati nell'estrazione della rabarberina, e pos
tutte le proprietà di quest'ultima.

Raponticina (giallo del rapontico).

Il memann scoprì questa materia colorante nella


del rheum rhaponticum di Linneo. Per ottenerla
la l'estratto della detta radice coll'acqua fino
e si forma un precipitato giallo, e, dopo lavato
pa fredda e coll'alcoole freddo, lo si discioglie
r le bollente: la raponticina cristallizza coll'eva
ºre e spontanea dell'alcoole.
La raponticina è una polvere cristallina, gialla e
r te, senza sapore e odore, poco solubile nell'acqua
lo le freddo, si discioglie facilmente nell'alcoole
a te, nell'etere e nelle dissoluzioni alcaline.
Il proto-nitrato di mercurio, il cloruro di platino
ruro d'oro precipitano la soluzione alcoolica della
ma che si pretende contenere azoto.
Luteolina (giallo del guado).
I tte le parti dell'erba conosciuta col nome di gua
“a guida (reseda luteola di Linneo) racchiudono
- po colorante che comunica all'estratto acquoso
º erba un color giallo verdognolo quando impie
all'acqua.
th acidi impallidiscono il colore del guado, gli al
º orie pure alcuni sali neutri lo rendono più inten
a decozione del guado dà bei precipitati gialli col
col proto-cloruro di stagno e coll'acetato di
º col proto-solfato di ferro produce un precipi
º ingo-perognolo, e col solfato di rame un altro di
º bruno-verdognolo.
25

Questo principio colorante è una polvere cristalli


a i color del giallo di cromo o di zolfo, leggermente
rao, solubile in 400 parti d'acqua bollente, e in 4
e º parti d'alcoole anidro. Non è alterabile all'aria, la
a nome prende a poco a poco una tinta rosso-bruna.
Il quercitrino dà colla distillazione secca un subli
a gallo, che si fa concreto per l'infreddamento, e
a un residuo carbonoso: quando si riscalda con una
una d acido solforico e di perossido di manga
a somministra acido formico. La sua dissoluzione ha
e acida, neutralizza perfettamente l'acqua di ba
re e non si altera coll'evaporazione.
Il sale di piombo che si ottiene precipitando la dis
sia e alcoolica del quercitrino con una dissoluzione
mente alcoolica d'acetato di piombo, presenta la
a sinone C. Il 6 O, + Po O.
L'acqua del quercitrino dà alla lana ed alla seta
- nate una tinta gialla un poco più pallida di quella
tes ha usando della decozione del legno giallo. Tinge
a sta preparata con mordente di ferro in grigio oliva,
a cura di quello che si produce col principio co
rete del legno giallo.
Secondo Chevreul, il quercitrino sembra produrre
e rncipio colorante rosso sotto l'influenza dell'ossi
I e.

Il quercitrone può servire a tingere in giallo la


sca la seta ed il legnoso: nullameno non è adoperato
de per la tintura delle tele. Il suo colore si conserva
º lungamente di quello del guado senza passare al
º n.

La decozione fatta con una parte di questa scorza


," d'acqua, depone col tempo del quercitrino,
e la lunga colorasi fortemente in bruno-rosso, e ter
sa col rapprendersi in una materia che ricorda il coa
fa del sangue.
27

sco più chiaro, al quale si diede il nome di morino


uro, che poco differisce dal precedente nelle pro
ra, se non per la reazione che esercita a contatto
o - fato di ferro, che non colora in verde, ma in
ranata.
Il legno giallo è principalmente adoperato nella tin
e della lana, non solamente in giallo, ma ancora in
srl in bronzo ed in diversi colori misti, nelle quali
a me e adoperato unitamente ad altre materie co
int suggerite dall'esperienza.
I galli che con questo legno si ottengono hanno
i roveniente di cangiare in rosso a contatto dell'aria;
e cangiamento dipende dall'assorbimento dell'os
e come ha dimostrato Chevreul coll'esperienza se
r te
Prese della soluzione acquosa di morino, riempì
se essa un tubo di vetro, che capovolto così ripieno,
e o sul bagno a mercurio in modo da non permet
tr l'ingresso all'aria: la soluzione così difesa dal con
º o dell'aria non provò cangiamento di colore, men
e nel tempo stesso una soluzione identica rinchiusa in
mile, ma nel quale vi era del gaz ossigene, passò
a reso
Giallo dello scuotano.

Lo scuotano è il legno del rhus cotinus di Linneo,


i tale contiene un principio giallo, secondo Chevreul
ºre lnente cristallizzabile.
Si ottiene trattando coll'acqua la raschiatura od i
ma h del detto legno; evaporando lentamente la so
a e acquosa si ha allo stato d'una vernice di color
calcio tendente al verde, e provveduta di sapore
º gente, solubilissima nell'acqua. L'acido solforico
ºntrato la discioglie, e la i" riesce colorata
e rancio un poco bruno.
La soluzione acquosa della detta materia colorante
Frode per la potassa caustica un bel colore di porpora,
29

Gli acidi scolorano un poco la soluzione acquosa


zº di corsa materia colorante, gli alcali la rendono
rºsa e più scura, il per-cloruro di ferro le comu
sia del pari una tinta più scura, non agisce d'egual
E ra sulla dissoluzione alcoolica.
Il proto-cloruro di stagno e l'acetato di piombo
: uno in giallo la soluzione acquosa della detta ma
ra ed il solfato di rame vi determina un precipitato
e le
la materia colorante preparata nel modo più sopra
º to non è pura; contiene ancora materia grassa ed
a ºstanze. Finora non si conosce allo stato puro,
ºra è adoperata nella tintoria.
Giallo della datisca.

Le foglie ed i giovani fusti della datisca cannabina


e rigono un principio giallo particolare, il quale si
: ta sotto forma d'una massa trasparente, di sapore
e solubilissima nell'acqua; la soluzione è gialla, si
º alla per gli acidi, e più intensa cogli alcali: l'al
se avviva il color giallo, l'acetato di piombo non de
º-a nella detta soluzione alcun precipitato.
L'alcoole discioglie pochissimo il principio giallo di
- oniano, il quale dà una tinta gialla molto du
e alle lane alluminate.
Molte piante racchiudono un principio analogo a
r ora discorso, e sono le foglie della serratula tin
della genista tinctoria, i fiori del narcissus pseudo
sus, la betula alba, la noce di galla, ec.
Tutte queste piante hanno presentemente un uso
º limitato nella tintoria.

Spino cervino, grani d'Avignone.


Questi grani sono i frutti del rhamnus catharticus,
º imnus infectorius, e di altri arbusti congeneri.
31

ri- gia scura, solubilissima nell'acqua e nell'al


a pasi insolubile nell'etere e negli oli, di debole
º di miele, di sapore zaffranato amaro.
La soluzione versata ha un bel colore giallo-rosso,
vendo Henry, questa sostanza contiene ancora
º , e dell'acido. Quando la si purifica col mezzo
a e o con quello degli alcali, presenta un rosso
- to in massa, senza odore, un poco amara, so
ma nell'alcoole che lo colora in giallo-rossigno,
e nell'etere e negli oli grassi ed essenziali. Gli al
a disciolgono facilmente.
la policroite da ai tessuti un bel color giallo, cui
- e altera prontamente, talchè lo zafferano ha un
- tatissimo nella tintoria.

Giallo del lichene parietino.

prepara, secondo lo Schrader, spogliando la


a mercè l'alcoole bollente, di tutta la sostanza so
il detto mestruo: allora la materia colorante cri
- a per l'infreddamento della soluzione in lamine
te e brillanti, che si possono impastare fra le dita.
cristalli si fondono facilmente pel calore, e col
llamento si rapprendono in una massa dillicil
- º -lverizzabile.
La detta materia è insolubile nell'acqua, solubile
le, nell'etere e nella soluzione della potassa.
- i letberger la si può sublimare in parte. L'acido
concentrato la discioglie, e la soluzione pre
in color cremisi, che passa ben presto al rosso
e La soluzione alcalina è pure dapprima cre
º ma a poco a poco passa al violetto: gli acidi ne
la materia colorante allo stato di fiocchi gialli.
protossido di stagno e l'ossido di piombo for
la materia colorante, di cui ragioniamo, preci
- anchi.
lando si mantiene la materia colorante gialla in
33

e o precipitano in giallo la dissoluzione alcoolica della


g a l acetato di piombo produce un precipitato cre
m de annerisce coll'essiccazione. I sali del protossido
i mo la precipitano in verde-scuro, e quelli di pe.
se io in nero, i sali di zinco mescolati a poca ammo
a danno un precipitato giallo, solubile in un eccesso
i tenaca. La combinazione della spireina coll'ossido
i ne ha un color verde di prato.
Il mitrato d'argento non precipita la dissoluzione
a a della spireina che coll'aggiunta dell'ammoniaca,
a tale non ridiscioglie il precipitato nero così pro
- Il proto-nitrato di mercurio dà un precipitato
º allognolo, che ben presto si fa bruno-scuro.
Il bi-cloruro di mercurio, il cloruro d'oro ed il
º no di platino non precipitano la soluzione della spi
- a

Lewig e Weidmann trovarono nella spireina 59,94


º arbonio, 5.14 d'idrogene e 34,92 d'ossigene; da
i numeri dedussero la formola C. Ho Oi, la quale
le una quantità di carbonio ben minore di quella
º vata dall'esperienza.
La combinazione piombica ottenuta col precipitare
º note alcoolica della spireina con una soluzione
º al lica d'acetato di piombo, avrebbe, secondo
dimici, la composizione Cs II 6 O, + Po O.
la spireina si decompone esposta ad elevata tem
i fa, l'acido nitrico concentrato la discioglie a caldo;
- none prende un color rosso, e non la altera che
a prolungata bollitura, senza però formare acido
a sin.

I llata con una mischianza d'acido solforico e di


º o di manganese, o di bi-cromato di potassa, for
dell'acido formico e dell'acido carbonico.
L'acido solforico discioglie la spireina senza decom
º l'acqua la precipita inalterata da questa dissolu
º L'acido idro-clorico non ha azione sopra di essa.
no la decompone svolgendo acido idro-bromico
1. A. 3
85
ARTICOLO 11.

Materie coloranti rosse non azotate.

la nina, o principio rosso del sangue di drago.

Di questa sostanza si è trattato parlando delle re


se il p. 424, t. III, parte seconda.
Santalina, rosso del legno santalo.
Questa materia colorante si estrae dalla raschiatura
a º no santalo (pterocarpus santalinus di Linneo)
tre l'alcoole.
E una materia resinoidea d'un rosso-scuro, veduta
a o d'un verde brillante, senza sapore. fusibile a
- sº di Reaumur, ha molta somiglianza col sangue
a o
E insolubile nell'acqua, solubilissima nelle dissolu
laline, da cui la precipitano gli acidi minerali
«lubilissima egualmente nell'acido acetico, nell'al
e nell'etere; la soluzione alcoolica prende colore
- ra coll'aggiunta del proto-cloruro di stagno; l'a
di piombo la precipita in violetto.
La soluzione eterea della santalina è gialla, e assume
- alta di porpora coll'evaporazione all'aria; ma senza
atto dell'aria siffatto cangiamento di tinta non ha
lº,

Gli oli essenziali ossigenati disciolgono egualmente


º principio, quelli che sono privi d'ossigene non
- º azione sopra di esso. Gli oli grassi si compor
in analoga maniera.
ſull'analisi di Pelletier la santalina risulta compo
º i 75.03 di carbonio, 6,37 d'idrogene, e 18,60
-,ene.
il legno santalo è adoperato nella tintoria, ma la
º talena colorante è ben lontana d'avere quella sta
- che alcuni si ripromettevano.
37

La detta materia colorante si discioglie egualmente


a etere, negli oli essenziali e grassi.
sondo Pelletier, contiene sopra 100 parti, 71,178
i a suo, 6.826 d'idrogene e 21,996 d'ossigene.
lussmann studiò l'applicazione di questa sostanza
i tatura, ma l'impiego è molto limitato: 1.º perchè
i non ha la ricercata solidità; 2.º per essere diſ
i-ante solubile nell'acqua.

Rosso dell'iperico,
I fiori dell'hypericum perforatum di Linneo con
e o una materia colorante rossa, che si può isolare
a le.
La detta sostanza ha un color rosso-scuro, e lu
in delle resine, diafana se in istrati sottili, molle,
a fusibilissima, ha fortissimo odore di camomilla,
a to probabilmente a mischianza d'olio essenziale. Il
º e te è acre, un po' aromatico.
E insolubile nell'acqua e negli acidi diluiti, solu
- a nell'alcoole, nell'etere e nelle essenze: inso
e gli oli grassi all'ordinaria temperatura, solubile
e ol concorso del calore: si discioglie nelle solu
ari degli alcali caustici che le colora in verde; le so
- oncentrate sono rosse per riflessione.
testa sostanza forma cogli alcali terrosi e cogli
di metalli precipitati gialli: ella comportasi adun
º i si come un acido. Presa alla dose di 2 a 10
ra, econdo Buchner, eccita la fame, ciò che a Lie
º tibra dubbioso. -

la discorsa materia colorante si trova deposta, ed


º te disciolta nell'olio d'iperico delle farmacie.
\lla tintoria finora, da quanto mi consta, non è
rata
39

ee, asiugata si leva dai piattelli con una lamina sot


i d'acciaio.
La cartanina si presenta in laminette sottili, che
vºi e per riflessioni sono giallo d'oro con riflesso verde
valo simile a quello delle ali delle cantaridi; ve
iº per trasmissione, ossia interposta fra l'occhio e la
e rossa,

E insolubile o quasi insolubile nell'acqua fredda.


l'alcoole la discioglie a freddo; allora la dissolu
ase è d'un bel rosa; a caldo è giallo-aranciata. L'etere
a i le più difficilmente.
L'oleina e gli oli volatili non la disciolgono.
I sotto-carbonati alcalini la disciolgono senz'alte
vi e gli acidi, specialmente il citrico e l'acetico, la
r uno in fiocchi d'un bel color di rosa.
Gli alcali caustici la disciolgono, alterandola almeno
tritatto dell'aria: la dissoluzione alcalina è incolora
tela e cristallizza in parte. La cartamina, secondo
etriner, comportasi come un acido.
Tinge in bellissimo color di rosa le stoffe di seta
i lambagia, ma questo colore svanisce sollecitamente
sto alla luce solare.
La cartamina è adoperata per tingere in rosa ed
e alor carneo, si adopera dai fioristi e dai miniatori,
ºne nella preparazione del rosso da tavoletta, cono
clo col nome di rosso vegetabile.
Cica (chica).
Nome col quale viene indicata una specie di focac
a i color del cinabro, che si prepara nell'America
ºnlionale colle foglie della bignonia chica di Humb.,
º quale è adoperata in quelle regioni nella tintura dei
-.ti Gl'Indiani l'adoperano per tingere la pelle.
Rosso della robbia.

La materia colorante della robbia (rubia tinctorum


º Luneo) fu l'oggetto di molte ricerche chimiche;
41
Le radici che si trovano nel commercio sono es
a tenere e ridotte in polvere; in questo stato por
a lei numeri, i quali indicano il titolo o la loro bontà
- a.

v può adoperare questa radice allo stato recente;


i ra più bella la tinta e tinge di più (1), e si può
la materia colorante con 7, meno d'acqua.
La radice che cresce al mezzodì della Francia, nel
º a, nell'Olanda è posta polverizzata in commercio;
a proveniente dal Levante, ed in parte quella del
u, la Francia trovasi nel commercio intera, e porta
are d'alizari.
La radice intera è rosso-gialla, la polvere d'un bel
più o meno intenso, secondo la qualità. Qualche
a ravvivare il colore dopo essere stata macinata,
re mettata ed esposta all'aria; allora la materia co
ir e gialla assorbe l'ossigene e si fa rossa.
La polvere della robbia attrae l'umidità: deve con
trmente essere conservata in botti ben chiuse ed
- arrino asciutto.
La robbia della Germania e dell'Olanda è gialla
o tendente al rosso-bruno, ha sapore acido zuc
tra (2), odore forte particolare.
sto i riguardi commerciali la robbia si distingue:
la provenienza: 2.º pel modo di preparazione o
- anone, alla quale viene sottoposta prima d'es
rata in commercio.
S o Dembourney, quattro libbre di radice recente producono
f d una libbra di radice essiccata; e siccome otto libbre di
va a rlucono ad una libbra coll'essiccazione, ne segue che la
- nºte e due volte maggiore nelle radici fresche di quello sia
errate. Nullameno, secondo le esperienze fatte in Inghilterra,
º inserebbero nella stessa maniera che adoperando quattro lib
º e le
bº-trer, professore a Jena, ottenne dalla robbia, colla fer
un liquore vinoso, che, distillato, diede dell'alcoole, senza to
e proprietà coloranti della radice; a tale intento, fatta in pol
º lo gna ospenderla in 2o parti d'acqua, nella quale siasi stem
º rto di birra, lasciare il tutto in digestione a temperatura di
re di Reannui per 5 o 6 giorni, dappoi passare alla distillazione.
4S

E l'utinzione delle robbie per riguardo al modo


di loro preparazione.
1.º Mli-zari.

\ome dato in origine alla sola robbia di Levante,


- emente essiccata all'aria; ma presentemente esteso
º ee quelle
nel non macinate,
acinate, cosicchè distingue l'ali
si disti
cosicchè si
an del Levante, d'Avignone, ec.
: Robbia non vestita (garance non robee).
S da questo nome alla robbia seccata stata macina
a rata essere stata separata dalla sua pellicola corticale.

3' Robbia vestita (garance grappe ou robee).


È la robbia macinata, la quale venne separata collo
ono, dalla pellicola corticale, e qualche volta anche
al parte interna, la quale è quasi incolora.
4.º Robbia da scarto.

Nome applicato alle radici guaste, all'epidermide, ec.,


arte col mezzo del velo e dello staccio.
Finalmente vi sono ancora altre distinzioni che si
iro presentemente nel commercio, segnate con lettere.

5 Robbia SF vera (garance SF veritable).

E la robbia seccata, indi passata alla macina e allo


º Col mezzo della prima, l'epidermide che ritiene
e un poco di materia terrosa, è staccata dalla ra
º e col mezzo dello staccio viene separata.
45

e le deposto nella mischianza un precipitato rosso, che


e º di grammi di radice non ascende che a 15 gram
i l.

N lava questo precipitato con acqua, dopo di aver


rata l'allumina col mezzo dell'acido idro-clorico, si
- e nell'alcoole, dal quale deponesi coll'evapora
o e allo stato d'una polvere cristallina rosso-aranciata.
esto principio si volatilizza in parte senza de
e senza che la porzione sublimata abbia al
a ſparenza cristallina. E poco solubile nell'acqua
r ma meglio si discioglie nella calda. La sua dis
e alcoolica è intorbidata dall'aggiunta dell'acqua.
- e ſi allungati lo disciolgono a caldo, e la dissolu
- a colora in giallo: e da essa si separa coll'infred
to in fiocchi aranciati. Gli alcali la disciolgono, e
a nome riesce rossa di scarlatto. Questa sostanza ha
e le allinità colla calce che si combina interamente
a quando la si fa bollire col carbonato di calce.
l Principio rosso. Questo costituisce la porzione
e irante della massa che si depone coll' infredda
º della decozione alluminosa. La si spoglia del prin
i pora, spogliandola a caldo coll'acido idro-clo
i sogliendo ciò che rimane insolubile nell'alcoole,
ando questa soluzione con una concentrata d'al
io a che si presenta ancora una tinta rossa, ri
- ndo il precipitato nell'etere, colla spontanea
alone dell'etere la materia colorante cristallizza:
e per tal modo sotto forma d'una polvere giallo
a e cristallina.
º sta materia si fonde col calore in liquido aran
e sublima in aghi brillanti dello stesso colore,
del carbone: nullameno detti cristalli, sotto
e una seconda distillazione, volatilizzano senza de
E solubile nell'acqua bollente, e precipita da
luzione coll'infreddamento sotto forma di fioc
I lole e l'etere la disciolgono, e prendono un
al rosso. Gli acidi la ingialliscono. L'ammo
47

era precipitare tutta la materia colorante combinata


e sito di calce che ritiene un poco d'albumina.
lunna discioglie facilmente la materia colorante
a a nolba. Il latte è colorato da essa in giallo, e de
ºre il cacio colorato in rosa.
Alla grande solubilità dei principi coloranti della
ne hºuori albuminosi, e sopratutto alla loro grande
a pel fosſato di calce, devesi attribuire il colora
neto delle ossa degli animali nutriti a lungo colla rob
a V. t. I, p. 506, parte seconda).
l principio colorante giallo o santina (ranthina)
a se si ottiene spogliando la radice dalla materia
- nell'acqua fredda, precipitando la soluzione col
a di calce, trattando il precipitato coll'acido ace
se le discioglie la santina e la calce. Si evapora la
e ne acetica fino a secco, dappoi si tratta il re
ol'alcoole: per ultimo si precipita la soluzione
a a coll'acetato di piombo, il quale determina un
ritato rosso di scarlatto che decomponesi sospen
nell'acqua, e facendo passare una corrente d'a
º in solforico. Così operando si ottiene una bella
e gialla di santina, la quale, separata dal sol
ºr di piombo col filtro, ed evaporata a lento calore,
ai materia colorante allo stato concreto.
Il principio bruno è una sostanza insolubile nel
ºra e nell'alcoole, che si estrae dalla robbia col
º delle soluzioni alcaline. La soluzione alcalina vien
ea con un acido, il quale, togliendo il solvente,
º la la materia bruna. Questa sostanza non ha im
ºrº a alcuna nella tintoria.
e osservato che la robbia recente non è rossa,
º "a, e che il principio rosso non si manifesta che
te circostanze e per una specie di fermentazione
º lazione, perchè l'accesso dell'aria esercita nota
º senza sulla produzione del fenomeno.
l'atto chimico che allora si compie non è ancora
rminato, nullameno è probabilissimo che le di
49

ezzato, il quale determina un deposito di materia fioc


bruno-rossigna, la quale, fatta secca, la sottopone
a sllinazione.
Altro processo suggerito dal detto chimico consiste
are direttamente la robbia ridotta in polvere dalle
e solubili nell'acqua fredda e nell'acido solforico
i to; ciò fatto lava ben bene con acqua fredda la
a così trattata, onde separarvi l'acido che vi può
e, indi la essicca e la tratta coll'etere fino a che
resto esca scolorato; allora riunisce le tinture eteree e
º pone alla distillazione a bagno-maria per separare
ºre. La materia rimasta nella cucurbita la sublima.
L'almarina ottenuta coi metodi indicati si presenta
forma d'aghi giallo-rossi, brillantissimi, trasparenti,
nte lunghi molte linee: è priva di sapore e d'odore
lo Zennek ha sapore acidetto ed amaro), può es
stimata, è poco solubile nell'acqua fredda, più
le nella bollente. La soluzione ha color roseo.
Secondo Robiquet e Colin si discioglie facilmente
º lole e nell'etere; secondo Zennek, all'opposto,
male (I). La soluzione alcoolica è rosea, l'eterea
a d'oro. Le soluzioni di questa sostanza hanno rea
tre acida.
L'alzarina si discioglie nelle soluzioni alcaline con
su violetta od azzurra: queste soluzioni passano al
o quando si diluiscono con acqua, precipitano col
i inta degli acidi. L'acido solforoso vi produce un
i tato color di ruggine; i detti precipitati si disciol
º in un eccesso d'ammoniaca, la dissoluzione am
º aale riesce rosso-scuro. La mischianza dell'allume
b potassa precipitano dalla dissoluzione acquosa del
aria una lacca rosea.
Seondo Koechlin, l'alizarina di Robiluet e Colin
º e una resina colorata da un principio rosso, il
Q te contraddizioni rimarcate dagli autori nelle proprietà di
a dipendono dalle moditi azioni in essa prodotte da mesco
- - , e usa metodi adop lati nella preparazione.
A. 4
5|

me la materia colorante dalla robbia, il quale con


e a far passare una corrente di vapore a traverso
a robbia portata alla temperatura di 0 + 204° cent.
Il vapore trascina la materia colorante che va a
zo narsi nel recipiente unito all'apparato: questo pro
a secondo Enrico Schlumberger, presenta gravi in
stamenti, e merita d'essere meglio studiato per ot
ºre nsultamenti più felici.
La robbia è la sostanza adoperata estesamente nella
e ra: essa dà colori solidi, con essa si preparano
ate molto ricercate dalla pittura.
Rosso del legno del campeggio.

Il legno del campeggio appartiene ad un albero


va famiglia delle leguminose, dai botanici denominato
a star lon campechianum; esso è duro, più pesante
º sopia: recentemente tagliato è giallo-rossigno, che
ai bruno all'aria e per le emanazioni ammoniacali,
ºre un bel pulimento, ha odore debole particolare
raboo, sapore dolcigno; masticato tinge la saliva in
Posto a contatto dell'acqua le comunica una tinta
-uno a sbiadata. Se si aggiunge un alcali al liquido
r le color rosso più scuro inclinante al bruno; se al
sto aggiungesi un acido, il colore si fa pallido e
- ta giallognolo.
La dissoluzione dell'allume aggiunta all'infusione
º del campeggio la rende dapprima giallognola,
e lo fa passare successivamente al rosso-vinoso, poi
a letto.
La soluzione del sotto-acetato di piombo aggiunta
º o o al decotto del campeggio gli comunica una
º veletta molto oscura, più azzurra che rossa ve
º per riflessione, e più rossa che azzurra se veduta
º trasmissione. L'acetato di rame le comunica un co
º di vino-scuro.
Questo legno trovasi in commercio in stanghe di
53

lo si combina colle basi, ed in particolare coll'am


L'enutosilina cristallizza in prismi quadrangolari
- di qualche linea di lunghezza e brillanti. Erdmann
e l disegno di questi cristalli ed una descrizione
- -

a
i-
rafica fatta da Wolfl, dalla quale sembrano ap
i re al sistema tetragonale.
Il colore dei cristalli varia secondo il loro spessore
a pallido al giallo di mele. Il sapore è forte, e
a quello del sugo della regolizia, non è nè amaro,
- Il ente.
Quando si riscalda si decompone senza sublimare,
º in luce tracce d'ammoniaca alla distillazione secca,
a residuo carbonoso abbondante.
N discioglie difficilmente ed in piccola quantità nel
a fredda: la dissoluzione satura è giallo-pallida.
e la bollente la discioglie in maggior copia: la dis
I ne è gialla, e coll' infreddare depone la maggior
º e della materia che teneva disciolta.
E solubilissima nell'alcoole e nell'etere, si depone
a rese dissoluzioni allo stato cristallino, purchè queste
-ano dell'acqua. Nel caso contrario, quando manca
e la di cristallizzazione, si rapprende in una massa
e ſa di consistenza gommosa.
leposta alla luce solare si fa rossa alla superficie, an
i radiusa in tubi di vetro chiusi alla lampada, ma l'al
nºme non penetra che a piccola profondità della massa.
La dissoluzione acquosa si fa gialla alla luce, non
na rossa: l'aria atmosferica pura non ha azione, ma
neolata a tracce minutissime d'ammoniaca, l'ema
la si fa rossa, tanto sotto forma cristallina che di
la allora assorbe dell'ossigene.
Mon si può guari evitare ch'essa passi al rosso nei
ºratori, nei quali di frequente sono sparsi vapori am
ali. Si colora pure colla filtrazione a cagione del
º lato di calce contenuto nella carta.
la dissoluzione colorata di tal maniera depone cri
55

La coincidenza che presentano questi rapporti di


i mi sembra confermare l'esattezza della formola del
i tutosilina.
Gli acidi, se sono allungati, non esercitano che debole
nome sull'ematossilina; la disciolgono se concentrati, la
i lunone è rossa, ma l'ematossilina deponesi di nuovo
n nstalli gialli.
L'acido solforico la discioglie, e prende un color
ri-bruno; ma se la dissoluzione solforica è immedia
trente mescolata con acqua, si può assicurarsi col mezzo
ºſa reazione della potassa che l'ematossilina non ha
5tto ancora alterazione. Se si lascia lungo tempo a
retutto, e specialmente se s'innalza la temperatura, al
in dopo d'aver allungata la mischianza acida con acqua,
unta della potassa precipita una materia bruna in
alle nell'acqua. Quando si scalda di più, l'acqua
a precipita una materia bruna insolubile nell'acido al
legato, ma che si ridiscioglie con lavature d'acqua pura.
L'acido nitrico distrugge l'ematossilina anche a fred
º e da una dissoluzione gialla che depone cristalli d'a
a o esalico.
L'acido cromico la distrugge con isvolgimento di
tu Quando si fa passare una corrente di cloro nella
e-luzione dell'ematossilina, quest'ultima si converte
a ma massa giallo-bruna-scura, solubile nell'acqua.
L'ematossilina forma colle basi combinazioni into
bre o giallognole: ma bisogna porre attenzione d'esclu
º compiutamente la presenza dell'ossigene, perchè
rite combinazioni assorbono questo principio colla più
rude avidità, e prendono dapprima un colore azzurro
ºldo, poi azzurro-scuro, e per ultimo rosso-bruno.
L'acqua di barite privata d'aria produce nella dis
ºaone dell'ematossilina, egualmente privata d'aria, un
ritato bianco, il quale passa per tutte le tinte in
date quando si scontra coll'aria; e se viene dappoi se
la la barite col mezzo d'un acido, non si ha più
atossilina, ma un prodotto trasformato di quest'ul
sa, ne in tale reazione si forma acido carbonico,
-
57

ra, e le dissoluzioni dell'oro e dell'argento depon


; a poco a poco il metallo.
Emateina (hemateina).
Qando si discioglie l'ematossilina nell'ammoniaca
a si ottiene una dissoluzione rosea, la quale assorbe
a a poco l'ossigene dell'atmosfera, ed in propor
º di un tale assorbimento prende un colore sempre
a neo ed intenso. Dapprima l'ematossilina si discio
; all'ammoniaca, decomponendosi in piccola quan
ma la maggior parte rimane nella dissoluzione sotto
ira di combinazione coll'ammoniaca.
Se si abbandona una tale dissoluzione che non con
ammoniaca in rilevante eccesso, quantunque senta
- i se ammoniacale, all'evaporazione spontanea in cap
olto piatta, aggiungendo di tempo in tempo un poco
º maca, in maniera di mantenere sempre un debole
Questa dissoluzione assorbe a poco a poco l'os
e dell'aria, il colore di essa si fa gradatamente sem
ºi intenso, infine diventa rosso-cupo quasi nero.
in quest'operazione si forma un corpo elettro-ne
o rosso-scuro, che Erdmann chiamò emateina, la
º si combina coll'ammoniaca e cristallizza in piccoli
a che si lavano con acqua fredda e si asciugano
a ndoli a carta da filtro. L'acqua madre ne dà
ºra un poco se si continua ad aggiungere ammonia
a ma se si lascia una tale aggiunta, si essicca in una
º verde-nerognola, provveduta di lucentezza metal
º e rossa per trasmissione.
Se si ridiscioglie nell'acqua la combinazione del
talena coll'ammoniaca, e si aggiunge dell'acido ace
º si ottiene un precipitato d'emateina rosso-bruno
º º assomiglia al perossido di ferro. Quand'è lavata
º scata è verde-nerognola a lucentezza metallica. La
ºre e rosso-bruna, e prende colore tanto più bello,
- lo più la si riduce in fina polvere.
59

de si essicca nel vuoto sopra l'acido solforico. Non


rºno l'ammoniaca se sono stati ben compressi nella
ru da filtro; ma se si mettono nel vuoto tuttora
roi, perdono unitamente all'acqua l'ammoniaca, e
rare l'emateina pura.
Quando si evapora la combinazione ammoniacale
a materna all'ordinaria temperatura, non rimane, come
a e vºluto, che dell'emateina. Siffatta combinazione si
a che facilmente nell'acqua, e dà una dissoluzione di
si nsso di porpora-scuro. Secondo l'analisi è com
ºsa di
Trovato. Atomi. Calcolato.

Carbonio. . . 56,26 40 56,29.


ldrogene . . . 5,17 44 5,15.
Azoto . . . . 6,82 4 6,64.
Ossigene . . . 31,75 17 31,92.

100,00 100,00.
Erdmann dedusse da questi risultati la formola per
a rºbinazione ammoniacale . N. Hº O + C” Hº Oº, e
se l'emateina C Hº Oº + H, O.
Quando si considerano attentamente questi rapporti,
-olo Berzelius, non si comprende perchè l'emateina
º si combini che con un atomo d'acqua, mentrechè
due atomi d'ammoniaca per essere saturata. Que
º mostanza tende a far credere che ciò che si ri
tri, come un atomo d'emateina ne formi realmente
º e de l'emateina libera che fu analizzata contenga
º due atomi d'acqua.
in questa supposizione di Berzelius l'emateina sa
e composta di C Hº O' + . Aq, formola che s'ac
a perfettamente coll'analisi.
la composizione del sale ammoniacale dev'essere
entata allora dalla formola. N Hº C” Hº O +. Aq.
Il legno del campeggio serve nella tintoria per le
º nolette ed anche pei fondi azzurri, ma non dà
º subli. E uno dei principali ingredienti delle tinte
6 I

peste stanghe hanno un'estremità conica, l'al


a t-lata perpendicolarmente al loro asse. Il tessuto
- sto legno è più tenero verso il midollo che verso
a ſeria,
Il legno sºppan è riportato alla caesalpinia sappan,
le cresce nelle Indie orientali, nel regno di Siam,
i pone, ec. Questo legno è molto compatto, duro,
e di ricevere un bel pulimento; il suo colore è
i calo di quello degli altri del medesimo genere.
ºra a noi privato dell'alburno, in istanghe e qualche
in rami, i quali presentano un largo canale riem
º di midollo rosso-giallognolo. -

La materia colorante, o il rosso del fernambuco si


a lo stato puro sotto forma d'una massa compatta,
in giallo-rosso-scuro, solubilissima nell'acqua e nel
- i le.
La soluzione acquosa è giallo-rossigna, che si fa più
r a esposta all'aria, e impallidisce coll'aggiunta d'un
º d acido solforico, idro-clorico o nitrico, e passa al
più forte per un eccesso d'acido.
l'acido idro-solforico e l'acido solforoso la scolo
e gli acidi forti ristabiliscono il color rosso della
ºra soluzione.
li alcali colorano in violetto la soluzione della bra
º a trazione che può essere posta a profitto per ri
te la presenza degli alcali. Gli acidi fosforico,
o, idro-clorico, nitrico citrico, ec., colorano la
a tutti col fernambuco, dapprima in rosso, dappoi
e od anche immediatamente in giallo; l'acido
o la scolora.
La brasilina pura, secondo Chevreul, cristallizza in
º laghi color d'arancio, sembra si volatilizzino in
º col calore, ed in parte si decompongano, dando
º filo ammoniacale: l' acido nitrico la cangia in
º in acido nitro-picrico.
È solubile nell'acqua, nell'alcoole e nell'etere; i
i stagno e di piombo danno colle dissoluzioni di
63

La materia colorante, che estraesi dalle bacche rosse,


ree da quelle della phrtolacca decandra (1) di Lin
ro, presenta i medesimi caratteri: siffatte materie non
o permanenti, la loro tinta è fugace, non sono ado
rite nell'arte tintoria; quelle delle bacche della fito
aa e delle more si adoperano per colorare i vini.
Queste materie coloranti possono servire di reat
º nella scoperta delle reazioni alcaline.
Rosso dei fiori.

la materia colorante di moltissime corolle dei fiori,


se quella delle rose, dei papaveri, dei catti, ec., si
e facilmente tagliando minutamente le dette corolle
ntandole coll'alcoole; quando questa parte del fiore
a e materie resinoidee o cerose, torna utile trat
ide dapprima coll'etere.
Coll'evaporazione della tintura alcoolica si ottiene
a massa rosso-scura, o una polvere rosso-viva, solu
isma nell'acqua, nell'alcoole idrato, insolubile nel
iere e negli oli
Gli acidi per lo più mutano in rosso-roseo il rosso
o della detta materia, gli alcali la mutano dapprima
e num, ed infine in verde ed anche in giallo. L'a
ºlo di piombo basico precipita la soluzione di essa
º e le od in giallo; quasi d'egual maniera si com
ºra l'acetato di piombo neutro: qualche volta dà un
i lato azzurro o violetto.
La luce distrugge più o meno rapidamente il prin
o rosso dei fiori, causa per la quale non è adope
nº nella tintoria: a egual maniera si comporta il cloro
ei cdo solforoso. '
La chimica se ne serve come reattivo.

fa bere (phytolacca), deriva da p.rà, (phyton), pianta, e da


-, ºra da una specie di lacca rossa.
65

i le l nome; questo colore è adoperato nella pit


-

La tintura e il sciroppo delle viole sono adoperate


dunuco come reattivi. La prima si prepara sepa
la corolla della viola odorata dal calice; s'invol
e le corolle in pannolino ben lavato, e s'immergono
a pa portata alla temperatura di 0 + 40”, si preme
a per separare la materia gialla, si levano le co
e dal panno, si pestano in mortaio di vetro, e vi
raversa dell'acqua, si preme, si filtra sopra filtro
- ritenente lavato, e si conserva in cristallo, aggiun
rdo una piccola quantità d'alcoole; questa tintura a
rºtto della luce si altera sollecitamente.
Lo sciroppo delle viole che si conserva più a lungo
irrara come segue:
Si separano i calici della corolla della viola odo
si pestano alquanto si bagnano con acqua a 0 + 40”,
srl ngono in pannolino ben lavato, si premono per
fare la materia gialla, la quale tende nello stesso
º iº a cangiare l'azzurro in verde, ed a promuovere
arazione successiva dello sciroppo.
Le corolle così lavate si pongono in bagno-maria
una quantità tale d'acqua bollente, che equivalga
º pio del peso delle corolle adoperate, compreso
dell'acqua ritenuta da esse nella lavatura. Si la
º l'infusione per dodici ore, dopo il qual tempo si
º e l'infuso, si lascia deporre durante qualche ora
º i terminare la separazione d'un poco di materia fe
a verde, si decanta allora il liquido chiaro in vaso
no, e si fa fondere in esso alla temperatura del
a bollente il doppio del peso dell'infuso di zuc
º finissimo affitto privo di calce.
º fatto freddo lo sciroppo si conserva in piccole bot
t. - " e ben chiuse, che si ripongono in luogo
la cui temperatura sia costante a 0 + 12° o 0 - 14".
67

pone di 1 1, per 100, abbandonandola così con


retata alla spontanea evaporazione.
L'esculina deponesi allora in capo a qualche setti
ma cnstallizzata, si separa l'acqua madre, si lavano
rulli coll'acqua fredda, e si disciolgono in una mi
era d'alcoole e d'etere, si filtra la dissoluzione e
a a lascia abbandonata alla spontanea evaporazione.
La dissoluzione eterea-alcoolica dell'esculina deve
e replicata allo scopo d'ottenerla affatto pura.
L'esculina pura è incolora, cristallina, di sapore
raro poco solubile nell'acqua fredda, solubilissima nella
a te. Questa soluzione si rapprende in massa gelati
nime collinfreddare, ed è diafana per trasmissione, az
rrº per riflessione. Questo modo di comportarsi della
a a osserva anche in una soluzione che contiene una
parte d'esculina sopra i 1. milioni di parti d'acqua.
Una parte d'esculina disciogliesi in 24 parti d'acqua
strate, dalla quale, come si è detto, precipita in gran
º e ol'infreddamento allo stato polveroso.
L'etere anidro la discioglie in pochissima quantità.
Gli acidi distruggono i fenomeni dell'irradiazione
ºlare della soluzione acquosa di questa sostanza, gli
si d contrario la colorano in giallo, ed accrescono
" l'effetto della riflessione specolare della luce.
Il doro cangia dapprima in rosso il colore della
e dell'esculina, dappoi lo distrugge.
L'esculina esposta al calore si fonde in una massa
ºra, indi si gonfia e si decompone.
L'esculina in istato di soluzione muta in rosso l'az
º o del tornasole, cosicchè presenta reazione acida;
º nº da precipitati cogli ossidi metallici, nè combi
º i cristalline colla sua unione agli alcali.
Secondo Trommsdorff il giovane, l'esculina sarebbe
º sta di . . Carbonio . . 52,452.
Idrogene. . . 4,876.
Ossigene. . . 42,672.
-

100,000.
69

M le officine dove si pratica siffatto genere d'in


e si adopera per lo più l'urina, l'allume e qual
º via l'acido arsenioso.
Md commercio si conoscono diverse qualità d'ori
più o meno pure, più o meno stimate.
lo delle Canarie, detto anche delle isole, è il
a i to, e si prepara colla roccella tinctoria, lichen
e di Linneo, pianticella che nasce frequentemente
alene degli scogli sottomarini delle isole Canarie,
a Azorre, della Corsica, della Sardegna, ec.
la specie più ordinaria è l'oricello detto di terra,
to dalla variolaria orcina, dalla variolaria deal
e dalla licanora tartarica.
\ la preparazione dell'oricello si separa dapprima
a leni la parte terrosa, si macinano dappoi umet
- l on urina putrefatta in modo di ridurre la mi
- va in una specie di poltiglia finissima, la quale si
a bºa a contatto dell'aria per alcune settimane,
r la cura di rimescolare di tempo in tempo la ma
e di inumidirla se la si essicca.
Il metodo suggerito da Chevreul è il seguente: Si
º 100 chilogrammi di lichen roccella ben ripu
e “ ndotto in polvere in mastello di legno, svasato
º i metri di lunghezza sopra 0",6 a 0",7 di profon
e 0°.1 di larghezza al fondo. Si bagna la materia
e 20 chilogrammi d'urina, e di più se il lichene è
º sa qualità, si copre il mastello col coperchio, si
la la materia di tempo in tempo per due giorni
e notti, cioè di tre in tre ore.
Il terzo giorno si pesano 5 chilogrammi di calce
e si passa per istaccio di crimi, vi si mescola un
i d acido arsenioso in fina polvere, ed un quarto
i - e di rocca, si unisce il tutto con ogni diligenza
Pit-lia del lichene; in quest'operazione bisogna
º tutta la cura di guardarsi dalla polvere arsenicale
º per disperdersi nell'aria. Quando la materia ag
º è ben bagnata si rimescola fortemente, si lascia
71

Se invece d'esporre i licheni, e particolarmente


i lla tinctoria all'azione della sola soluzione am
le si sottopongono all'azione d'una mischianza di
a tuto di potassa e d'ammoniaca, sotto l'influenza
a ra atmosferica: si produce dapprima nella mischian
a a color rosso che gradatamente passa all'azzurro
e me in tutta la massa, quando si ebbe cura di ri
e laria. Con questa poltiglia, che si addensa con
a nato calcare finamente polverizzato, ovvero con
e si prepara il così detto tornasole in panetti o in
a te, da noi molto comune.
la Inghilterra si prepara colla lecanora tartarea
= odore simile all'oricello, al quale danno il nome di
tr.

Ora con Liebig, con Kane e con altri valenti pas


ºrno in rivista i diversi principi dai chimici rinvenuti
º ideni dei quali abbiamo discorso.
Della lecanorina, dell'orcina, dell'eritrina, ec.

Robiquet ed Heeren descrissero coi nomi d'orcina


e ritrina, alcuni principi incolori che ottennero dalla
laria orcina, dalla lecanora tartarica, e dalla roc
alla tinctoria; ma, secondo Liebig, non si sa ancora
ºla di certo intorno allo stato in cui siffatte materie
teatro naturalmente nei detti licheni, e nuove ricerche
o necessarie per pronunciare giudizio sopra tale ar
talento. Le recenti esperienze di Schumck dimostrano
situ de la questione è ancora lontana dall'essere esau
rta.

Lecanorina. Quando si spogliano coll'etere i licheni


e tanti dalla materia solubile in detto mestruo, special
ºtte la variolaria lactea, in apparato di spostamento,
a evapora la tintura eterea verdognola a bagno-inaria
fino ad un dato punto, si ottiene coll'infreddamento del
riduo una poltiglia formata di molti cristallini legger
nºtte colorati in verde, che si possono lavare o puri
73

Quando si mescola la lecanorina coll'ammoniaca


a, e si abbandona il liquido all'aria, prende a
no a poco un colore di porpora bellissimo.
I labeni esaminati da Schunck, che aveva raccolti
ai basalti del Vogelsberg, contenevano ancora due
«stanze cristalline, l'una delle quali presenta in
º niente i caratteri della pseudo-eritrina di Heeren,
e l'eritrina di Kane.
Quest'ultima sostanza si trova in piccola quantità
r ta alla lecanorina, e può essere separata coll'acqua
a te. Essa si estrae con maggior facilità spogliando
cui coll'alcoole bollente, evaporata fino a secco la
i azione alcoolica, si tratta il residuo coll'acqua bol
rie. La soluzione acquosa depone allora coll'infredda
e to grosse lamine od aghi appianati e brillanti, solubili
inente nell'alcoole, difficilmente nell'etere, ed ap
ira nell'acqua fredda.
A contatto coll'ammoniaca questa sostanza si muta
rºssimamente in una materia colorante rossa; ella si
le facilmente nell'acqua di barite, e la soluzione
e la bollitura da un deposito di carbonato di barite.
La pseudo-eritrina di Ileeren ha dato all'analisi
Carbonio . . . . . . 6 1.68.
Idrogene. . . . . . . 6,23.
Ossigene. . . . . . . 32,09.

100,00.
Numeri che s'accordano sensibilmente colla formola
C H. O, .
Quando si spogliano i licheni coll'alcoole bollente
º o il loro trattamento coll'etere, si ottiene una so
a me, che infreddata, depone una sostanza cristallina
esaltata da una materia colorante verdognola, la quale
e ºttiene pura ed incolora con lavature nell'etere. Una
nºa cristallizzazione nell'alcoole la dà sotto forma di
sei riuniti in stella, provveduti allo stato secco di lu
critezza della seta. Questa sostanza muta in rosso il
75

rus, sotto forma di sciroppo senza lasciar residuo. Que


«iroppo attrae l'umidità dell'aria, e si concreta a
ºco a poco a contatto della medesima. La densità del
un re dell'orcina anidra, secondo Dumas, è di 5,7.
Le soluzioni metalliche non precipitano la soluzione
di anima, eccetto quella dell'acetato basico di piombo,
a quale determina nella prima un precipitato decompo
alle dall'acido idro-solforico, in solfuro di piombo, ed
e un liquido composto d'acido acetico e di orcina pura.
La soluzione acquosa dell'orcina mescolata colla po
usa o con altro alcali fisso solubile, si fa bruna a con
tito coll'aria, assorbendone l'ossigene.
Mescolata coll'ammoniaca, ed esposta la mischianza
ilana, diventa a poco a poco color rosso di sangue;
a produce allora la combinazione ammoniacale d'un
movo corpo azotato, l'orceina, contenente l'azoto sotto
altra forma di quella ond'è contenuto nell'ammoniaca.
leo esso dell'ammoniaca mantiene l'orceina in disso
line, dalla quale l'acido acetico la precipita sotto
ima d'una " rosso-bruna.
L'orccina si discioglie nell'ammoniaca, e la solu
ne riesce di color rosso di sangue intenso, negli al
al fissi con un color rosso-violetto, gli acidi la preci
ptano da tali dissoluzioni inalterata; sottoposta alla di
allazione secca dà molt'ammoniaca, come anche bollita
negli alcali fissi.
Il solfuro d'ammonio fa sparire il bel color rosso
della soluzione ammoniacale, che cangia in bruno-giallo
tolo, lo stesso solfuro colora in bruno-nero la disso
hmone dell'orceina nella potassa caustica. -

A contatto dell'aria il color rosso ricompare nelle


due soluzioni.
Il nitrato d'argento ed i sali di piombo producono
nella soluzione ammoniacale dell'orceina precipitati d'un
rosso-nerognolo-scuro.
Quanto alla genesi dell'orceina coll'orcina, Robiquet
dimostrò che questa materia colorante non si produce
77

au e l'altra, per l'orcina anidra, quasi la stessa com


i ne centesimale, cioè:
Prima formola. Seconda formola.

C 59,36 – C.s 59,1.


Il 6,66 – II 6,5.
O: 33,98 – Os 34,4.

100,00 100,0.
Dumas, appoggiandosi alla composizione d'un sale
i mbo, che gli aveva dato all'analisi 79,60 – 80
– sº, 34 per 100 d'ossido di piombo, ammette la se
rile composizione
Orcina cristallizzata . . Cs H.6 Os
Orcina anidra . . . . . C.s H.o Os
Sale di piombo . . . . C Ho O, + 5 Po O.
Queste formole, secondo Liebig, si trovano in con
t lizione colle analisi fatte dallo stesso chimico del
trina e dell'orceato d'argento, le quali gli avevano
º lo

Orceina. Orceato d'argento.


Carbonio . . . . 55,9 – 24,6.
Azoto. . . . . . 7,9 – 3,5.
ldrogene . . . . 5,2 – 1,8.
Ossigene . . . . 31,0 – 1 1,5.
Ossido d'argento – 58,6.

100,0. 100,0.
L'azoto ed il carbonio ritrovati nell'orceina sono
º riporto di 2 : 16; Dumas, dietro di ciò, interpreta
a posizione della prima colla formola Co N. His O, ;
alla del sale d'argento per Cº N, II º Os -. Ag O.
Queste due composizioni racchiuderebbero adunque
º carbonio dell'orcina, ciò che implica necessaria
º tr uno svolgimento d'acido carbonico nella trasfor
º tre dell'orcina in orceina. Ma vedemmo più sopra
da nulla di simile ha luogo.
Che se si confrontano ora le analisi precedenti colla
- 79

L'orina anidra si unisce a 3 atomi d'acqua per


irare l'orcina cristallizzata = Cº II. O, .
La formazione dell'orceina si spiega facilmente se
solo queste formole: 1 atomo d'orcina cristallizzata
s e 5 atomi d'ossigene e un equivalente d'ammo
aa per formare l atomo d'orceima e 4 atomi d'acqua,
sce lo indica l'equazione seguente
Calla 0, + 3 O 4- N. Ho = Ce His O, +-s II. O.
i rilarina. Secondo Robiquet, la variolaria deal
º, trattata direttamente coll'alcoole bollente, dà una
a me, la quale racchiuderebbe dell'orcina bella e for
ra Collinfreddamento la tintura alcoolica depone aghi
agli bianchi, i quali diversificano per le loro proprietà,
e ne ottiene una maggior quantità coll'evaporazione
ºil luore.
La variolarina non agisce sopra i colori vegetabili,
º di coglie nelle soluzioni alcaline senza originare ma
era rossa a contatto dell'aria. Sottoposta alla distilla
ne secca si decompone senza entrare in fusione, e dà
ºra un sublimato bianco cristallino, lasciando a residuo
e to carbone.
Quando si evapora a siccità la tintura alcoolica del
sire in discorso, e si tratta il residuo coll'acqua, que
º liscioglie l'orcina, e si ottiene allora questo principio
far evaporare la soluzione acquosa a consistenza di
ºppo. Col mezzo del carbone animale si decolora.
L'estratto alcoolico della variolaria, dopo d'aver
to all'acqua l'orcina che conteneva lascia un re
ºlio che disciogliesi in gran parte nell'etere che co
ºra in verde.
La soluzione eterea dà coll'evaporazione agli bian
º agitati da acqua madre colorata in verde. Questi
li vennero da Robiquet denominati variolarina.
La variolarina di prima cristallizzazione, separata
i sopra madre, si purifica con lavature alcooliche, si
i che nell'etere e si lascia cristallizzare colla spon
ºra evaporazione.
87
L'estratto alcoolico, trattato coll'etere, è rosso-bru
se l'ammoniaca versata sul residuo lasciato dall'etere
- lionisce della azolitmina, che, trattata con un acido
evaporata, cede a quest'ultimo tutta l'ammoniaca.
ll tornasole, trattato coll'acqua bollente, cede a que
a una materia colorante azzurra, la quale deve la sua
lita all'ammoniaca che contiene. La dissoluzione
a evaporata a secco, ripresa coll'acido idro-clorico,
avata coll'alcoole, lascia la spaniolitmina (1).
L'eritroleina è semi-fluida l ordinaria temperatura,
ad oglie facilmente nell'etere, nell'alcoole e nelle so
roni alcaline, soluzioni che colora in rosso di porpora,
hissimo solubile nell'acqua e si decompone pel ca
º. La sua composizione è rappresentata, secondo
Are, da C- Ho O, .
L'eritroitmina è rossa, poco solubile nell'acqua,
º solubile nell'alcoole, la sua soluzione alcoolica ope
nº a caldo la depone collinfreddamento allo stato d'una
pºtere granellosa e cristallina. Si discioglie negli alcali
ºrolora in azzurro: coll'ammoniaca produce una com
anone azzurra insolubile. La sua formola è Co II o O.s.
L'a:olitmina è insolubile nell'acqua e nell'alcoole,
º «lubile nelle dissoluzioni alcaline. E la materia prin
a costituente il tornasole, contiene 49 a 50 per 100
a carbonio, 5.35 a 5,32 d'idrogene, come pure del
nºto che non venne determinato.
La paniolitinina non contiene azoto: Kane esprime
- va composizione per Cs H., O.6.
lcloro decompone l'azolitmina e l'eritrolitmina, pro
º lo composti, nei quali racchiudono il cloro invece
º al dato numero d'atomi d'idrogene.
Quando si tratta, secondo Gelis, il tornasole in pani
º alla lisciva alcalina debole, e si precipita la solu
º e alcalina, che è azzurro-scura, coll'acetato di piom
Corpo affatto problematico, come la pensa Berzelius (vedi Rapport
- le progres de la chimie, 5 ° annee 18.45, pag. 2 a 1.)
91

e le piante del genere indigofera danno indaco, o


a o meno non sono adoperate per l'estrazione di esso.
Le specie d'indigofera che sono adoperate all'uso
sminuto sono: 1.º l'indigofera anil: 2.º l'indigofera tin
.: 3° l'indigofera glauca; 4.º l'indigofera hirsuta;
º Inigofra trita; ma non solo le piante del discorso
tre danno indaco, ma quelle d'altri generi, e fra
e se il nerium tinctoria, l'isatis tinctoria, la pergularia
r fa, la gomnema tingens, il polygonum tinctorum,
fa fructicosa, cc.
le piante indigofere contengono l'indaco allo stato
lo bianco solubile, che si giunge ad estrarre dalle
i e con vari metodi, cioè coll'alcoole, coll'etere e col
ora. Secondo Liebig, sembrerebbe probabilissimo che
alo si trovasse nel sugo delle dette piante in istato
i ombinazione solubile con un alcali, e fors'anche col
ſenmoniaca. Sotto questo riguardo l'indaco si compor
tribe come il maggior numero dei principi vegetabili
stati, i quali si colorano al contatto dell'aria, assor
tendone l'ossigene e perdendo la solubilità.
Nell'estrazione dell'indaco si seguono diversi pro
ºs, secondo i vari paesi nei quali si pratica codesto
reno lucroso d'industria.
Nell'America settentrionale si stemprano nell'acqua
º la le foglie delle indigofere essiccate e ridotte in pol
tre, quando si opera sopra le foglie del nerium tinctoria
smantengono per due ore nell'acqua bollente, cioè fino
ide il liquido abbia presa una bella tinta verde. Si ab
a dona allora la decozione filtrata per tela all'aria; allora
indaco bianco, o la combinazione solubile di siffatta ma
tra colorante, assorbe l'ossigene, si colora in azzurro,
a 5 insolubile e si depone allo stato d'indaco azzurro.
Le foglie adoperate nella discorsa operazione sono
mºlte allo stato verde e disseccate; si scelgono quelle
º macchiate dopo l'essicazione, e che non si riducono
º liente in polvere stropicciate fra le dita. Il bel co
º verde delle foglie si trova compiutamente mutato
93
Quando l'apparato è disposto nel modo ora descrit
t a opera come segue: a misura che raccogliesi la
º ti indigofera, raccolta che deve farsi all'apparire del
ir, la si pone tagliuzzata nella tina di fermentazione;
pando questa trovasi ripiena, si aggiunge l'acqua in
arra che il liquido sopravanzi la pianta dell'altezza
i tre dita.
La fermentazione si determina ben presto: essa è
rata e tumultuosa, si solleva la massa delle foglie, in
r- era che deborderebbero dalla tina, se non si avesse
a precauzione di aggiungere sopra le pareti della tina,
sarte d'assicelle: l'acqua della tina di fermentazione
sn tarda molto a tingersi d'un bel verde, che acquista
e più d'intensità: la superficie del liquido presenta
e nlesso metallico di color di rame brillantissimo, al
e ben presto succede uno strato di materia densa e
ea mescolata a spuma.
Quando la fermentazione ha raggiunto il conve
te grado si procede all'operazione della sbattitura,
to grado arriva circa in capo a dodici ore, quando
i rpo è caldo e piovoso, circostanze che assecondano
º mentazione putrida o ammoniacale.
Il grado conveniente della discorsa fermentazione
non sce: Iº se il liquore presenta un color giallo
o analogo a quello della vecchia acquavita detta
2" se preso in piccola quantità in un vaso,
.titolo, lascia deporre in grani ben formati la ma
a olorante.
Allora si fa colare l'acqua del tino di fermenta
º e in quello dell'agitazione, nel quale si sbatte for
rite, sia col mezzo d'un fascio di vimini, o meglio
economicamente mediante un asse armato da pa
º d'assicelle disposte in spirale, fissato nel tino e
º in movimento mediante manovella.
L'operazione ora discorsa devesi condurre unifor
º te e fino al punto che il liquido lascia deporre
º tra formati di materia colorante nella tazza di
99

di calce, nè eccesso di solfato d'indaco, vale a dire


gando il liquido avrà una tinta debole verde-olivo.
Se dopo la prima mischianza il liquido avrà con
servata una tinta azzurra, sarà segno d'eccesso d'indaco;
il ras incomincia nuovamente l'operazione col versare
la capsula una minor quantità di solfato azzurro, affine
d'ottenere con una sola mischianza la tinta verde-olivo.
Si procede d'egual maniera colla dissoluzione del
Indaco normale o indaco puro, e colle diverse disso
buoni degli indachi che si devono assaggiare, dappoi
e stabilisce la proporzione seguente, allo scopo d'otte
iere il grado reale della bonta o valore dell'indaco sot
ºsto all'assaggio.
La ricchezza dell'indaco è in proporzione inversa
della quantità del solfato azzurro impiegato alla decolo
nnone, di maniera che
P essendo il numero dei gradi adoperati col sol
ſito d'indaco puro, e
C rappresentando il numero dei gradi impiegati col
ſito d'indaco del commercio, si ottiene º º = X=

i numero dei gradi reali dell'indaco assaggiato e rap


resentante la quantità della materia colorante pura con
nuta in 100 parti d'indaco sottoposto all'assaggio.
Di maniera che allorquando si trova che l'indaco
pro richiede, p. e., 54 parti del suo solfato per es
ºre decolorato dal cloruro, e che uno degli indachi as
serati comparativamente avrà addimandate 64 parti
r e

i lito, si avrà " = 84,5, vale a dire che 100


lati di quest'indaco del commercio contengono 84.5
4 ndaco puro.
Dividendo il prezzo del costo dell'indaco per il
º grado di purezza, si avrà il prezzo d'un grado
indicotina, che darà il rapporto esatto che esiste fra
i diversi indachi assaggiati per riguardo al loro prezzo
º al loro grado di purezza.
|0|

antità d'acqua, come pure la dissoluzione del cloruro


calce, in così operando l'esperimento va soggetto a
meno errori di quello che usando dissoluzioni più con
entrate. Di più, quando il liquore azzurro è debolissi
ro, è più facile riconoscere il grado di scolorazione al
tanto li quale si deve sospendere l'operazione.
Le acque impure o calcari producono una più o
sono rilevante precipitazione della materia colorante col
sito d'indaco: torna utile l'adoperare acqua distillata
e di pioggia per diluire la dissoluzione colorata.
Il grado esatto della colorazione, ossia il punto al
iale conviene sospendere l'operazione si riconosce tanto
ſi facilmente quanto più l'indaco è puro e la disso
più perfetta. i" è perciò che coll'indaco puri
iato il liquore addizionale del cloruro di calce può di
tentare giallo, e basta aggiungere ancora un solo grado
di dissoluzione d'indaco per ottenere una tinta azzur
nola, segno d'eccesso d'indaco: ciò che porterebbe
h sensibilità del mezzo d'assaggio a mezzo grado o circa
a mezzo centesimo. Con qualche indaco di qualità sca
date del commercio riesce più difficile il colpire il punto
n cui conviene sospendere l'operazione dello scolora
ento, perchè in tali casi il liquore scolorato prende
i delle volta una tinta oliva, e bisogna aggiungere 2
3 gradi di soluzione di solfato d'indaco per passare dal
telo alla tinta azzurra.
Chevreul aveva proposti molti metodi a determi
º la bontà dell'indaco del commercio, e fra questi
ºle quello del cloruro di calce: ma aveva concluso
de, quantunque facile, nullameno non dava risultati as
ti: ma le esperienze di Schlumberger sembrano dimo
rare il suo metodo d'assaggio affatto esente d'errore
i-ndo venga eseguito colle discorse precauzioni.
A meglio dimostrare l'importanza dell'assaggio degli
ºidi del commercio, riporterò la seguente tavola dello
ºrso Schlumberger.
d 0S
-

-
-

DENOMINAZIONE
- -
Èii i.E- i3 | - E
l - 2 - - ITL -

la qualità e della specie degli indachi i: 3 i ii


È=
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5, -
iiii
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- Fran. Centes

- - - - - . Il 2o,5o | 81 "
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-
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tanta - - - - -
-

- l 19,5o 65 29,6
17,5o 56 51,2
laiato Guatimala fiore. - - - - - - l 55 52,7
l - - - - - - - - 15,5o | 74 29,9
78 | 25,o
fie
Bieu-violetto
contenute
desima cassa
" 18
5.5o
1 º,
68
54
2o,o
25,o
"!
scuro
Idem .
} 14,5o
Bleu
Bleu-violetto ) Idem . 16,5o 6o 27.5
A
Bleu-scuro ; 12,8o | 58 22,o

la luce di Madras . . . - - - 12,1 o | 42 28,8


14 32 45,7
l ºeu . . . . -
tº: "
-
16 5o | 3
32,o
l Bleu-scuro. cassa
- e
Ma le Bleu ordinario . º Idem .
14,5o 42 54,5
Bleu appannato scuro
laiacoſ Bleu-chiaro . . . . . .
contenute
la - chiato e sporco nella stessa
la I Bleu-nero .
i 'di Firrine . . . . . .
cassa
l -
4 9
-

º del polygonum tinctorium . . .


-

»
º
,
- -

- l 14 | -

In questo quadro si osservano differenze enormi


ºfontando il prezzo degli indachi col loro grado di
fia Così in uno degli indachi segnati, il grado del
ſindacotina viene a costare 44 centesimi per chilogram
º, mentre un'altra qualità non costa che 20 centesimi,
05

Allora fermenta, si gonfia, si formano fenditure, cui


i si o chiudere comprimendo la pasta, la quale si ba
ra di tempo in tempo col sugo; ogni tre giorni si ri
air sia nuovamente la massa coi piedi.
La fermentazione dura da 20 a 30 giorni, se il tempo
foldo; e quando le foglie sono state raccolte secche
a prolunga di più: nella bassa Italia dura fino a 4 mesi.
Questa massa, passabilmente essicata, è ancora ma
cata una volta, e ridotta in focacce d'una a tre libbre,
ali vengono essiccate compiutamente all'aria ed im
- te. In questo stato può essere posto in commercio,
a per lo più si rende migliore con una seconda fer
l'anone.

A tal fine si prendono le focacce, si rompono, si


sarano, se ne bagna la polvere con acqua, o meglio
a colla tintura dello stesso pastello; si ammucchia,
a maneggia di nuovo la detta polvere, prima dopo 8
emi, poi dopo 6 giorni 5 e 4 giorni, e tutto dopo
arrvalli decrescenti.
Frequentemente si dà al pastello la forma di pal
iº e della grossezza d'un pugno.
ll pastello di buona qualità è più giallo-verdognolo
deaurro, leggero e debolmente umido; lascia, fregato
º la carta, una macchia verde-chiara: invecchiando si
i migliore con una leggera fermentazione a cui va sog
tºto ll pastello di quattro anni tinge con doppia forza
di fielo d'un anno.
Chevreul trovò in 100 parti di pastello 34 parti
i materia solubile nell'acqua, 11 parti solubili nell'al
º le 55 parti di fibra legnosa. L'alcoole bollente vi
glie la cera e l'indaco.
Effetti del pastello.

Secondo Hellot, 4 libbre d'indaco guatimala pro


an il medesimo effetto di 210 libbre di pastello d'Al
º si può tingere benissimo colle focacce del pastello,
07

Rimane una massa che si assomiglia alla gliadina


e li osmazoma, ma che non è vischiosa, e si discioglie
i mente nell'acqua.
2.º Un principio colorante bruno
(bruno d'indaco, indigbraun).

Lo si ottiene dall'indaco, prima trattato cogli acidi


el'acqua, e scaldandolo dolcemente colla dissoluzione
3 a polassa concentrata, filtrando la massa gelatinosa
i aggiungendo al liquore filtrato che è bruno
a leggero eccesso d'acido solforico, e decomponendo
al carbonato di barite il precipitato gelatinoso dopo di
relo lavato con acqua.
Una porzione di questo precipitato si unisce allora
a bante, mentre un'altra porzione rimane disciolta
sei opua: finalmente si evapora la detta dissoluzione.
ll precipitato bruno rimane allo stato d'una ver
º bruna-oscura e lucente. Si combina cogli acidi pro
i ndo composti poco solubili. Gli alcali caustici e puri
º disciolgono facilmente: le soluzioni sono d'un bruno
fremente scuro, non hanno alcuna reazione alcalina se
e piutamente sature; evaporate a secco presentano un
reduo in parte di tessitura cristallina. Secondo Berze
ta, questo principio s'avvicina all'acido ulmico e al
odo apocrenico.

i Principio colorante rosso (rosso d'indaco, indigroth).


Si tratta l'indaco coll'alcoole bollente dopo d'a
º trattato cogli acidi allungati, coll'acqua e cogli al
ai Quando si elimina dappoi l'alcoole dalla tintura al
º la colla distillazione, il principio rosso si depone, si
e ora il liquore filtrato, si diluisce nell'acqua e si ag
page dell'acido acetico, il quale precipita il rimanente.
Questa sostanza si presenta sotto forma d'una pol
ºre bruno-nera, qualche volta brillante, insolubile nel
13

le dona per molti giorni in vaso ben chiuso con una


n hanza di proto-solfato di ferro, di calce e d'acqua.
Torna meglio adoperare 5 parti d'indaco, 10 di
e di ferro, 15 di calce e 60 d'acqua. Dappoi si de
ata il liquido chiaro col mezzo del sifone, si aggiunge
º l'acido idro-clorico allungato, indi si lava il precipi
a prima con acqua pura, e per ultimo con alcoole
b nte, fino a che questo liquido passa incoloro od az
r gnolo,
Si può, in luogo di prendere la mischianza della
aer e del vitriolo verde, adoperare con maggior van
ti, o una lisciva debole di soda, p. e... una parte di
la sopra 20 d'acqua, nella quale si discioglie un peso
i mucchero di " eguale l peso della soda.
Fritsche indicò un metodo per purificare l'azzurro
didaco, che, secondo Berzelius, sembra il migliore dei
nosciuti finora, il quale consiste nell'introdurre una
pºrte d'indaco del commercio ridotto in polvere, una
parte di zucchero d'uva in fiasco capace di contenere
º parti d'acqua, il quale si riempie a metà d'alcoole
biente, dappoi si finisce d'empirlo con una dissolu
nte concentrata d'una parte e mezza di soda caustica
e una quantità d'alcoole eguale alla prima. Si tura bene
liasco e si lascia a sè stesso.
In capo di qualche tempo il liquido prende un color
rºs-giallognolo così intenso che non lascia passare la
bre, eccetto che sugli orli. L'alcali determina una meta
fsi dello zucchero d'uva, in forza della quale l'ossido
minoso si combina coll'idrogene per formare l'ossido
struoso, che si discioglie nella soda. Quando questa
manone è terminata, e il liquore si è fatto chiaro, si
data la parte chiara col mezzo del sifone.
Questa dissoluzione ha la proprietà di non preci
ptre l'ossido indinoso al momento nel quale si ripro
dar, come ciò ha luogo colle dissoluzioni acquose; ma
presenta successivamente tutte le gradazioni di tinte dal
º violetto all'azzurro. e l'ossido indinoso si depone
t. lA. 8
( I5

de col clorato di potassa, e dà una fiamma bianca bel


htsma mista a tinta rossa e violetta. Questa fiamma è
verde quando alla mischianza si aggiunge dello zolfo.
L'acido solforico concentrato discioglie l'indaco e si
aira in azzurro-scuro. Coll'acido solforico anidro, il
ºtto corpo, genera una combinazione di color rosso di
prpora, la quale si discioglie nell'acqua senza che la
aschianza si riscaldi, questa soluzione è azzurra.
Gli acidi nitrico, clorico, cromico, il cloro e il
irano, colorano l'indaco in giallo, e producono una
ºre di decomposizioni che si disciolgono nell'acqua e
tri alcoole, tingendo detti liquidi in giallo. La solu
pale della potassa caustica attacca egualmente l'indaco.
Quando l'indaco viene posto a contatto con ma
ºre deossidanti, o con sostanze in attuale stato di pu
trinone, o con quelle che hanno tendenza alla putre
inone, ovvero ci protossido di ferro, di stagno, di
manganese ed in presenza d'un alcali solubile, si sco
ºra, e si discioglie compiutamente nel liquido alcalino.
Prova la medesima trasformazione sospeso in una
isºluzione alcalina di zucchero d'uva: in quest'ultimo
a o dopo d'avere precipitato l'indaco coll'acido idro
rico, si trova " liquido una data quantità d'acido
fanico. In questa circostanza l'acido idro-clorico preci
fa l'indaco bianco.

Indaco bianco,

Formola Co II , N. O, .

Snonimi. Indacogene, indaco deossigenato, indaco ridotto.


Lindaco bianco si prepara collo stesso processo
delindaco azzurro, colla differenza d'aver la cura di
di derlo dal contatto dell'aria, mentre si precipita la
ºliione alcalina coll'acido idro-clorico.
Si lava prestamente il precipitato raccolto sul filtro
“n acqua bollita e fredda; si comincia la lavatura con
17

Secondo Runge, la soluzione alcalina dell'indaco


lato da coi sali del deutossido di rame e di ferro preci
fati, i quali riscaldati allo stato secco danno: quelli di
nere un sublimato verde, e quelli di ferro un subli
stato giallo e cristallino. La combinazione argentica ot
unata colla medesima reazione somministra cristalli aran
cati, e quella prodotta dai sali di bi-ossido di mercurio
i da tinti in verde di prato.
Tali combinazioni, secondo Liebig, meritano d'es
sere esaminate attentamente.

0,ervazioni sulla composizione dell'indaco azzurro,


e dell'indaco bianco.

Le prime analisi buone dell'indaco azzurro vennero


ite da Walter Crum; confermate da Dumas, da lui
ritese colla formola Co He N. O..
Dopo, Erdmann e Laurent, misero interamente fuori
di dubbio l'esattezza d'una tale espressione.
Le ricerche di Dumas sembrano dimostrare. se
nodo Liebig, che l'indaco bianco non differisca dall'az
raro che per un equivalente d'idrogene di più che con
tre. Altre volte si riguardavano questi due corpi come
ºl dello stesso radicale diversi fra di loro per le pro
ºrmoni dell'ossigene: in conseguenza di ciò facilmente
a regava la formazione dell'indaco bianco per l'effetto
4 materie avide dell'ossigene.
Ma siccome, secondo Dumas, questi due corpi con
º sono la medesima proporzione d'ossigene, bisogna,
ºrma di spiegare questo fenomeno, poter rendersi ra
t e della forma sotto la quale l'eccesso d'idrogene si
trºvi nell'indaco bianco.
Quest'idrogene può essere contenuto, tanto allo
º d'acqua, quanto sotto una forma analoga a quella
di caratterizza una parte d'idrogene nell'essenza delle
talorle amare. Se lo si ammette come costituente del
fa si ha, Indaco azzurro Co N. H e O..
Indaco bianco Cs N. Ho O + H, O;
121

venne indicato col nome di cerulina e l'altro sotto quello


di fenicina (porpora d'indaco di Berzelius).
Berzelius dimostrò poco dopo che questi due prin
sono combinazioni d'indaco alterato, e d'acido sol
ino: combinazioni che si uniscono facilmente alle basi
alcaline, e che danno sali solubili nell'acqua pura ed in
«illi nei liquidi salini.
Quando s'immerge la lana nell'indaco disciolto in
do solforico allungato d'acqua, prende una bella tinta
urra, ed il liquido si scolora; il colore azzurro fis
sto sul tessuto resiste all'acqua, all'alcoole; ma si può
ilmente estrarre mercè il carbonato d'ammoniaca.
Quando si evapora a siccità la soluzione azzurra e
si tratta il residuo coll'alcoole, si separano due sali am
monacali, di cui l'uno rimane allo stato insolubile. Il
se solubile, secondo Berzelius, conterrebbe dell'ipo
indacotato d'ammoniaca, il sale insolubile è solfin
dietato della stessa base.
Ambedue i detti sali si disciolgono facilmente nel
la pia, danno precipitati azzuri, l'uno coll'acetato di
penbo basico, l'altro coll'acetato di piombo neutro.
Questi precipitati decomposti coll'acido idro-solforico,
i ducono del solfuro di piombo, e lasciano l'acido ipo
indicotico, e l'acido solfindacotico.
Di recente estratti dai loro sali di piombo col mezzo
di idrogene solforato, questi acidi sono incolori o legger
mette giallognoli, e danno coll'essicazione nel vuoto vicino
allando solforico e all'idrato potassico delle masse giallo
“ure vischiose, che esposte all'aria si fanno dapprima
tride-porco, e terminano col diventare azzurre. Evaporate
e dissoluzioni dei detti acidi a 50° e all'aria libera si colo
no rapidamente e lasciano un residuo azzurro d'acido ipo
lindacotico o solfindacotico, che diventa umido all'aria.
Questi due acidi sono solubilissimi nell'alcoole; la
ºluzione riesce azzurra, ed è decolorata dall'idrogene
º forato con deposizione di zolfo, come pure a contatto
dello zinco e del ferro, con isvolgimento di gaz.
23

I solfindacotati solubili provano a contatto d'un ec


cesso d'alcali caustico, un'alterazione che, secondo Lie
i sarebbe probabilmente dello stesso ordine di quella
de l'indaco subisce a temperatura elevata coll'azione
dei medesimi corpi (vedi in seguito i prodotti della de
corposizione dell'indaco azzurro operata dagli alcali
rustici).
Una soluzione del solfindigotato di potassa in 50 parti
d'acqua di calce, e riscaldata in vaso chiuso si colora
n verde: gli acidi ristabiliscono il colore azzurro. Con
un riscaldamento prolungato il liquido assume una tinta
olor di porpora, e dà allora coll' infreddamento un de
posto di calce colorata in bruno.
Quando si fa la detta operazione al contatto del
fana, il liquido prende successivamente tutte le grada
nti di tinte verde, porporino, scarlatto, ed acquista fi
minente una tinta decisamente gialla. Siffatte differenze
di tinte corrispondono a tre prodotti di decomposizione
particolare, le quali possiedono proprietà acide, si pos
so facilmente ottenere, separando la calce dal liquido
ol mezzo d'una corrente d'acido carbonico, ed evapo
ndolo a secco.
Il liquido porporino dà un residuo, il quale dopo
d'essere stato trattato coll'alcoole, a cui comunica una
tita gialla, si ridiscioglie nell'acqua e la colora in porpora.
La detta dissoluzione forma coll'acetato di piombo
neutro un precipitato rosso-bruno, dal quale l'idrogene
virato separa un acido solubile nell'acqua che colora
i " Berzelius lo chiama purpurin-schivefelsaeure.
Il liquido precipitato dall'acetato di piombo neutro dà
Psia coll'acetato di piombo basico un altro precipitato
di color grigio.
Quando nel trattamento del solfindacotato di potassa
º evita, per quantº è possibile, il contatto dell'aria, e
º cerca di cogliere il momento in cui il liquido possiede
a tinta scarlatto, si ottiene facendo macerare nell'alcoole
º residuo dell'evaporazione colorato in bruno e incli
125

bo, ma colla di lui saturazione, cogli alcali o coll'ace


tito di potassa, col sale ammoniaco, coi sali di magne
sa, di rame, di stagno, di protossido di ferro o d'al
Limina. La sua soluzione somministra combinazioni fioc
se color di porpora, formate dall'acido solfo-porporico
e delle basi dei detti sali.
Il sale ammoniacale e quello di soda dell'acido sud
detto sono più solubili, i sali a base di magnesia, di
stagno e di rame lo sono meno. L'allume ed il clo
ruro di calcio precipitano le dissoluzioni dell'acido solfo
i ponco compiutamente.
Il solfo-porporato d'ammoniaca, che sembra il sale
più esatto di questo genere, il quale si ottiene precipi
tolo l'acido solfo-porporico acquoso col sale ammonia
o, svolge colla distillazione secca un gaz rosso, e depone
culli simili all'indaco sublimato, provveduti qualche
rilla di lucentezza metallica, e che si fanno lucenti collo
sºrzamento senza riflettere la luce dell'iride.
I solfo-porporati sono meglio solubili nell'alcoole
de nell'acqua; la loro soluzione acquosa perde il pro
fro colore azzurro per effetto di tutti i corpi deossi
dati o riduttori. Questi sali si comportano nella stessa
maniera dei solfindicotati coll'idrogene solforato, il proto
ſito di ferro, la calce, ec.
Composizione degli acidi formati dall'indaco
e dall'acido solforico.
Secondo le esperienze di Dumas, l'acido solfinda
lo contiene nel sale di potassa gli elementi dell'in
tro, meno un atomo d'acqua, e 2 atomi d'acido sol
ino. Così l'indaco, unendosi all'acido solforico, cede
rile un atomo d'acqua preesistente nella sua molecola;
ºtto questo rapporto comporterebbesi come l'alcoole
º la formazione dell'acido solfo-vinico; ma si potrebbe
“ralmente ammettere che l'ossigene dei 2 atomi d'a
ºdo solforico si portino sopra l'equivalente d'idrogene
º formare dell'acqua, e che quest'acqua venga sosti
I 27

quale un equivalente d'idrogene sarebbe sostituito da


un equivalente di cianogene, secondo la formola unita.
H )
(2 , O, + H. .
Cy. l

l'ndaco bianco sarebbe allora


H
C., O, + . H. ;
Cy,
e l'acido solfindigotico
Iſs
C. O + S. O, + Aq.
Cy.
Quest'ultimo formerebbesi dunque di tal maniera,
de 2 atomi d'acido solforico, cedendo un atomo d'os
stre ad un equivalente d'idrogene dell'indaco, pro
i resero un atomo d'acqua, che diventa eliminabile da
di ossidi metallici.
L'esistenza di molte altre combinazioni analoghe
in favore della presenza dell'acido ipo-solforico nel
do solfindigotico: così questa teoria, secondo Lie
º; sembra presentare la maggiore verisimiglianza.
I solfo-porporati racchiudono, secondo Dumas, un
rio composto di 2 atomi d'indaco e di 2 atomi d'a
ci solforico, che satura un atomo di base.
Tutte le osservazioni fatte sull'indaco bianco di
ºrarono che la di lui trasformazione in indaco az
sito è la conseguenza d'un assorbimento d'ossigene.
º se l'indaco bianco, come tutto sembra dimostrare
ºre un idrato, coll'ossidarsi perde la sua acqua d'idra
ºse, è evidente che passando allo stato d'indaco az
ºmo deve perdere un peso eguale al peso dell'idro
rie eliminato.
Le esperienze fatte per determinare l'aumento del
º provato dall'indaco bianco nella detta reazione es
ºdo stabilite sopra la quantità d'ossigene assorbito o
º la quantità del rame ridotto allo stato di protos
4 39

Clorisatina (clorisatinasa di Laurent).


Formola C6 N, Hs Cl. O, .

Questo corpo cristallizza in prismi tetragoni o in


i lette trasparenti, di colore d'arancio, inodore, ama
e Riscaldato oltre ai 160° si sublima decomponendosi
n parte. È appena solubile nell'acqua fredda, solubile
in 30 parti della bollente. Si discioglie facilmente nel
I lo le cui tinge in ranciato intenso. Cento parti d'al
ole di 14° ne disciolgono 0,455.
Le soluzioni di questa sostanza non hanno reazione
si colori vegetabili. La si discioglie anche nell'acido sol
ino concentrato, ed è precipitata da tale dissoluzione
per l'aggiunta dell'acqua, e, a quanto sembra, inaltera
a L'acido nitrico concentrato la decompone a caldo.
Le soluzioni della clorisatina non danno cloruro
d'argento trattate colle soluzioni dei sali d'argento.

Aido clorisatico (acido clorisatinasico di Laurent).


Formola C 6 N. H a Cl, Os II, O.

La clorisantina si comporta cogli alcali caustici nella


ºrsa maniera dell'isatina: la mischianza si colora a caldo
in rosso scuro, che ben presto passa al giallo, e la so
buone da allora cristalli d'un sale giallo-pallido che
antiene un nuovo acido, in cui si trovano gli elementi
dia dorisatina, più un atomo d'acqua.
Quest'acido non può essere isolato col mezzo del
se di potassa, perchè al momento che diventa libero.
deonponesi in acqua e in clorisatina: per questo ri
gardo si comporta ad egual maniera dell'acido isatico,
Il clorisatato di potassa C º N. H e Cl. O, KO si
presenta sotto forma di pagliette o d'aghi quadrilateri,
trasparenti, brillanti, di color giallo di zolfo. Solubilis
ano nell'acqua, poco solubile nell'alcoole: la soluzione
35

tando si tratta la bi-clorisatina con una soluzione di


passa.
La soluzione del nuovo sale che in questa circo
stanza si forma, se concentrata, depone il bi-clorisatato di
pelassa allo stato di pagliette giallo-pallide, che si pu
ria con nuova cristallizzazione nell'alcoole.
L'acido bi-clorisatico è più solubile dell'acido clo
noto: per la qual cosa si può separare dalla dissolu
no concentrata del sale di potassa mediante l'aggiunta
a pest'ultima d'un acido minerale: allora si depone
sto forma d'una polvere gialla che si discioglie facil
mente nell'acqua: ma che per l'essiccazione si decom
pºne in acqua e in bi-clorisatina. La soluzione acquosa
e satura di detto acido si fa torbida riscaldata a 60°, e
d pone della bi-clorisatina.
La soluzione del bi-clorisatato di potassa saturata
a caldo si rapprende per l'infreddamento in una specie
i poltiglia composta di fogliette brillanti. Questo sale
º depone dall'acqua, ritenendone 2 atomi, e dalla so
" idrato con un atomo d'acqua di
hinone nell'
cristallizzazione.
Il sale di barite e quello d'argento si assomigliano
a dorisantati delle stesse basi. Il sale di piombo è giallo,
e conserva questo colore: il sale di rame, al momento
della sua formazione, ha il colore dell'idrato di protos
sdo di ferro, ma a poco a poco si fa giallo-verdognolo
fallido, e termina coll'essere d'un rosso-cremisi.
Clorisatide.

Quando si discioglie a caldo la clorisatina nell'idro


ºlfato d'ammoniaca, e che si lascia infreddare la mi
danza, si separa una polvere bianca o giallognola,
ristallina, priva di zolfo, alla quale Erdmann diede il
nºme di clorisatide.
È pochissimo solubile nell'acqua, si discioglie nel
l'ammoniaca, la quale viene tinta in rosso, e nelle so
binomi degli alcali: le sue soluzioni si fanno giallo-pallide
nscaldate.
37

Esso è mescolato d'un liquido oleoso che si toglie


ed acqua e coll'alcoole: il cloramile rimane allora allo
stato di pagliette giallo-pallide, d'una lucentezza di per
º E insolubile nell'acqua e nell'alcoole freddo, si di
le bene nell'alcoole bollente, e si depone cristal
tuato dalla dissoluzione coll'infreddamento.
Il cloranile non prova alterazione per parte del
do nitrico, dell'acido idro-clorico e dell'acido sol
fro: volatilizza esposto a dolce calore, e sublima senza
i lersi e senza lasciar residuo. Con riscaldamento ra
i lo si fonde e si decompone.
La composizione del cloranile è rappresentata dalla
imnola C. O, Cl... Quando viene disciolto nella solu
mare della potassa caustica, la metà del cloro che lo
ampone s'impadronisce del potassio ed è sostituita dal
l'esigene: si forma allora del cloruro di potassio e del
l'acido cloranilico Co O. Cl..
Il cloranile si discioglie nel solfuro di potassio che
o tinge in giallo: questa soluzione è precipitata dagli aci
di si colora esposta all'aria, prende successivamente tutte
e gradazioni del rosso, diventa finalmente porpora, ed
al ra si fa torbida, deponendo un corpo nero ed inso
labile,
Mcido cloranilico.

La soluzione calda del cloranile nella potassa cau


sta da, coll'infreddamento, dei prismi brillanti di co
ha porpora-bruno, che è il cloranilato di potassa.
La dissoluzione di questo sale, mescolata a freddo
ol'acido idro-clorico, depone pagliette cristalline bian
o-rossigne, brillanti, che sono l'idrato dell'acido clo
fanlico: a caldo detto acido si depone allo stato di
grali color di minio.
L'acido cloranilico si discioglie nell'acqua pura che
tºse in violetto; questa dissoluzione è precipitata dal
acido solforico e l'acido idro-clorico: l'acido nitrico
a decompone rapidamente.
39

tristallizza ritenendo 5 atom d'acqua, i quali li dimette


ncaldato a 0 + 1 30°.
Nè il cloranilammon, nè il cloranilam non possono
essere considerati come sali ammoniacali, perchè manca
kro allo stato secco l'atomo necessario a formare l'os
elo d'ammonio. Non si può pure ammettere che que
ti corpi racchiudano dell'acido cloranilico bello e for
mato, perchè le loro soluzioni non danno coi sali me
tlci le reazioni dei cloramilati. Gli alcali caustici can
tano le dette soluzioni in cloramilati con isvolgimento
d ammoniaca.
Questi corpi producono nella soluzione del nitrato
d'argento un precipitato voluminoso bruno-rosso. Questo
fºipitato si discioglie compiutamente nell'acqua calda,
nell'ammoniaca e nell'acido acetico; il liquore sopra
tante rimane violetto.
La proporzione dell'ossido d'argento racchiusa in
feste combinazioni varia fra 36,7 a 47 per 100; il
primo numero corrisponde ad un composto contenente
un atomo d'ossido d'argento, più gli elementi di due
itini d'acido cloramilico.
Portati al punto della bollitura negli acidi minerali
di media densità, il cloramilammon ed il cloramilam si
drompongono in ammoniaca ed in acido cloranilico.
Clorindottene clorato.

Quando si sottopongono alla distillazione, dopo avere


“parato il cloranile, i prodotti dell'azione del cloro sulla
dissoluzione della clorisatina o della bi-clorisatina, ri
mane un residuo bruno e resinoideo, dal quale si svolge,
quando si continua a riscaldarlo, un prodotto volatile,
ºleaginoso e semi-fluido, accompagnato sovente d'aghi
lanchi, i quali si depongono sul collo della storta.
Il prodotto distillato sottoposto a nuova distilla
ºne con una soluzione di potassa, dà un sublimato so
ºdo: il residuo è solubile, e la soluzione produce coll'in
I 4 I

dorati corrispondenti. Gli alcali mutano la bi-bromisatina


in acido bi-bromisatico.

Prodotti dell'azione della potassa sopra l'isatida


e la solfesatida.

Tali prodotti furono scoperti e studiati da Lau


tent: le condizioni della loro formazione non sono an
ara ben schiarite.

Solfasatida (sulfasathyda).
Formola C,6 H, N. O, S.

Quando si mescola a goccia a goccia una soluzione


di sollesatida con una soluzione di potassa, il liquido
diventa rosso e depone un corpo bianco e cristallino.
Se in capo a ventiquattr'ore si lava convenientemente
il precipitato con alcoole bollente, si ha una polvere
" mescolata a piccola quantità d'una sostanza
descritta col nome d'indina.
La solfasatida pura è bianca, inodora, insipida, cri
stallina, insolubile nell'acqua, poco solubile nell'alcoole
bollente e nell'etere: coll'infreddamento di tali solu
noi si depone sotto forma di fogliette sottili e rettan
plari.
Esposta all'azione del calorico si fonde, si fa rossa,
domponendosi e svolgendo gaz idrogene solforato, e
somministra in pari tempo un olio roseo ed un sublimato
daghi, lasciando del carbone voluminoso. L'acido ni
inco bollente la cangia in una polvere violetta, la solu
nome della potassa caustica la decompone egualmente.
Indina.

Formola Cº H, N. O, .

Ponendo della solfesatida solida in mortaio di ve


tro, sopraversandovi la dissoluzione concentrata della
147

L'amasatina è una polvere d'un bellissimo giallo,


nodora ed insipida, poco solubile nell'alcoole, pressochè
nelubile nell'etere. Si fonde esposta all'azione del ca
no, indi si decompone svolgendo ammoniaca, e più
tardi produce un sublimato cristallino.
L'acido solforico la discioglie a freddo, e si colora
in violetto-scuro: l'acido idro-clorico opera in egual mo
do: la soluzione contiene acido imasatico. L'acido ni
tno la discioglie immediatamente a freddo colorandosi
in violetto, che non tarda a passare al giallo, special
mente colla bollitura: allora l'aggiunta dell'acqua alla
ºlanone nitrica determina la precipitazione d'una ma
tra gialla.
L'anasatina si discioglie nell'acqua mediante prolun
tata bollitura, svolgendo ammoniaca e coll'evaporazione si
catene dell'imasato d'ammoniaca e poco acido imasatico.
La potassa la decompone anche a freddo, si svolge
ammoniaca, e colla bollitura si forma dell'imasatato di
tassa.
L'amasatina contiene C 6 II , N, O, .

Acido imasatico.

Detto acido si separa dall'amasatina, come si è


detto, decomponendo coll'acido idro-clorico la soluzione
mmoniacale e concentrata. Si lava con acqua il preci
itato, il quale è rosso-vivo, dappoi si fa cristallizzare
nell'alcoole.
L'acido imasatico puro si presenta sotto forma di
bellissime lamine o tavolette esagone d'un rosso magni
io simile al colore del deuto-ioduro di mercurio. E
lºro solubile nell'acqua bollente, più solubile nell'al
aele e nell'etere bollenti. L'acido solforico lo discio
ele colorandosi in violetto, l'acqua precipita l'acido ima
ºtto dalla dissoluzione solforica inalterato.
L'acido idro-clorico lo discioglie colorandosi in vio
ºtto, la dissoluzione evaporata genera aghi violetti, i
Tali passano al rosso a contatto dell'aria.
1 49
Imaclorisatinasa.

Quando si fa bollire la clorisatina coll'alcoole e col


l'ammoniaca, la prima si discioglie benissimo, il liquore
prende un color rosso-bruno. Questo liquore depone in
apo d'un giorno o due dei grani bruno-gialli.
Detti grani, essendo separati, versando dell'acqua
nella soluzione alcoolica, si forma un precipitato rosso
allo che si raccoglie sul filtro: nel liquore filtrato
la do idro-clorico vi genera un altro precipitato bruno
reso resinoso; finalmente la soluzione acida dà col
l'evaporazione un deposito giallo semi-cristallino e semi
- inoso.

I due primi precipitati sembrano, secondo Liebig,


identici: si compongono d'imaclorisatinasa: quando si
f, bollire il secondo coll'alcoole, questo lascia una pol
vere leggermente rossigna, le proprietà della quale si
assºmigliano a quelle dell'imasatina: contiene 52,5 di
carbonio e 2,7 d'idrogene. -

La ſormola è Co II, Cl, Nº O3 .

Imabromisatinesa.

La bi-bromisatina posta in eccesso a contatto col


l'alcoole assoluto e bollente, poi sottoposta la soluzione
ad una corrente di gaz ammoniaco, si discioglie facil
mente, e collinfreddamento si depone una polvere for
mata di pagliette giallo-rossigne e microscopiche.
Esse pagliette sono appena solubili nell'alcoole e
all'etere. Il calore ne svolge una materia cristallizzata
n .hi. L'acido idro-clorico è senza azione sopra della
medesima: la potassa la discioglie senza separare ammo
naa. Ella si compone di Co II, Nº Br. O.
iporterò il seguente quadro di Liebig, delle for
mele che rappresentano le diverse combinazioni risul
uti dell'indaco sottoposto all'azione dell'ossigene, del
dro e del bromo.
5
Amasatina . . . . . . . . . . . . . Ce II , N. O,
Inclorisatinasa. . . . . . . . . . . Ce H e N, Cl. O,
lmalorisatinasa. . . . . . . . . . . C 6 H, C, N, O,
labronisatinasa . . . . . . . . . . Co H, N, Br, Oi
(iranila . . . . . . . . . . . . . . C6 Cl, O,
Acido cloranilico . . . . . . . . . . C6 Cl. O,
ll to d'acido cloranilico . . . . . C6 Cl. O, + II. O
C rilanmon . . . . . . . . . . . C6 Cl. N. -i- Ho O3
ramlem . . . . . . . . . . . . . C. Cl, N, Ilo O2
Acido clorindottico (1). . . . . . . C. Cl6 II, O
idrato d'acido clorofenisico . . . . C. Cla H. O, H. O
Aido clorindottico clorato . . . . . C, Clo. O
lºrato d'acido clorindottico clorato (2) C Clo 0 + II, ()

Prodotti dell'azione dell'acido nitrico sull'indaco.

Di tali prodotti si è già discorso trattando degli


acidi azotati.

Prodotti della decomposizione dell'indaco azzurro


operata dagli alcali.

Quando aggiungesi dell'indaco in polvere fina ad


ma soluzione concentrata e bollente di potassa (della
densità di 1.15), si discioglie rapidamente senza svol
tre gaz: la soluzione prende un color bruno-rosso. Eva
piandola di più, si osserva ben presto formarsi in
esa dei cristalli brillanti dello stesso colore del liquido.
linfreddamento l'ultimo si rapprende in una massa
mellina, solubile nell'acqua che colora in bruno, e nel
l'alcoole che colora in verde-scuro.
La soluzione acquosa allungata, si comporta all'aria
1) Identi o all'acido cloro-fenisico di Laurent.
Identi o all'a lo loro fenu co di l.aurent.
153

Si può anche riporre il precipitato lavato nell'acqua


bollente: allora si fonda in una massa bruna-rossigna e
reunoidea, la quale si discioglie nell'etere, e depone
l'acido allo stato della maggior purezza.
Berzelius propone ottenere l'acido crisanilico in
maggiore abbondanza, di sciogliere nell'idrato potassico
fuso tanto clorato potassico quanto ne può disciogliere,
prima d'aggiungere l'indaco; in questa maniera non si
frma che pochissima materia, la quale ha la proprietà
di riprodurre l'indaco azzurro a contatto dell'aria, ed
un quantità d'acido eguale al quinto del peso dell'in
doo adoperato.
Si lava l'acido con acqua, dappoi si stempra nel
l'acqua, aggiungendo della soluzione dell'idrato di po
tassa a piccola porzione per volta, rimescolando fino al
punto che il colore del liquido abbia preso una tinta
rullo d'oro pura. Eccedendo nella potassa, si ha una
tinta verdognola, ciò che si deve evitare diligentemente.
Si filtra il liquido per separare le materie indisciolte,
e si precipita coll'acido idro-clorico, che mette in libertà
l'acido crisanilico sotto forma di polvere bruno-rossa
molto simile al chermes; nullameno il colore dell'acido
è tanto più sbiadato, quanto più avvi nel liquido del
l'acido idro-clorico.
Si lava il precipitato e si essicca; coll'essicazione
l'acido in discorso presenta una massa bruno-scura in
inne, che si lascia facilmente ridurre in polvere, la quale
e di colore bruno più pallido, che qualche volta passa
il verde; ciò che sembra indicare, al dire di Berzelius,
a presenza d'una materia straniera.
L'acido crisanilico è poco solubile nell'acqua: nul
hºno le comunica un color giallo-pallido. Si discioglie
in più rilevante quantità nell'alcoole idrato, il quale pren
di un colore giallo-rossigno. La mischianza fatta a parti
fruli d'acqua e d'alcoole, saturata al grado della bol
itura " crisanilico, e filtrata ancora bollente de
ºe in gran parte l'acido coll'infreddamento sotto forma
i 55

una volta sia stato essiccato, si discioglie colorando l'al


cale in bruno-rosso, lasciando della materia indisciolta.
In più quand'è umido, si altera all'aria dimettendo del
l indaco azzurro, ma questa decomposizione non si eſ
fettua che lentissimamente nella materia essiccata.
Dall'esposto si vede che le deduzioni di Fritsche
«pra la formazione dell'acido crisanilico, prese dall'ana
lis della materia secca, sono prive di fondamento. Que
sto chimico attribuisce all'acido in discorso la formola
Ca llo N, (); -

Gli acidi minerali lo decomporrebbero in acido an


traulico ed in quella materia nera, di cui più sopra si
detto, la quale avrebbe per formola C H N, O, il
alolo richiederebbe pel suo carbonio 66.48 centesimi.
ſcido antranilico.

Forinola C., II. N (), II. O.

Per preparare detto acido si mantiene in bollitura


a soluzione della potassa caustica della densità di 1.35
oa indaco azzurro in polvere: di tempo in tempo si
disce la mischianza con acqua in proporzione che que
sta evapora. Prima che tutto l'indaco sia sparito aggiun
sei alla dissoluzione bollente del perossido di manga
ºre in fina polvere, fino al punto, che levata una por
nome del liquido ed allungata d'acqua esposta all'aria,
ºn deponga indaco azzurro.
Allora il liquido soprasaturato da un acido non pro
da e più che un legger precipitato grigiognolo, racchiude
di intrallato di potassa ed eccesso di potassa caustica.
º unge eccesso d'acqua bollente, si soprasatura con
- lo solforico dopo avere separato il precipitato col fil
º si aggiunge della soluzione di potassa in quantità
ºvole alla saturazione dell'acido, e si fa evaporare
º scrità.
Il residuo della detta evaporazione contiene il sol
1 57

stilizzabili. Il sale potassico genera precipitati cristallini


nelle soluzioni dei sali di zinco, di piombo, di rame e
d'argento.
Il sale d'argento è solubile nell'ammoniaca, e dà
una dissoluzione che lo depone sotto forma cristallina.
L'analisi dell'acido e del suo sale d'argento ha
ondotto ai seguenti risultati.
- e io - sALE D'ARGENTo
-

Trovato, Atomi. Calcolato. Trovato, Atomi. Calcolato.

Carbonio. 61,63 14 61,69 34,97 14 34,81


lingene . 5,09 14 5,03 2,54 12 2,44
Anto. . . 10,94 2 10,21 5,90 2 5,76
0egene . 22,34 4 23,07 9,03 3 9,76
-- – Ag 47,56 1 47,23
100,00 100,00 – -

100,00 100,00
La formola di quest'acido, secondo Berzelius, sa
ribe per conseguenza H. O + C II - N. O, e nei sali
ll 0 viene sostituito da R O.
L'acido idrato ha esattamente la medesima com
posizione della proto-nitro-benzoena di Deville,
Confrontando la composizione dell'indaco azzurro
con quella dell'acido antranilico riguardato anidro, si
osserva che l'indaco per produrre detto acido perde 2
toni di carbonio, e si assimila un equivalente d'acqua.
Non si è esaminato ciò che succeda del carbonio eli
minato.
Terminerò la lunga storia delle metamorfosi alle
quali l'indaco va soggetto diversamente tormentato dalle
duniche reazioni coll'osservazione sensatissima di Raspail.
L'indaco è una mischianza inestricabile di glutine,
d'olio essenziale, di sali ammoniacali, di materia colo
rante e di sali terrosi, la quale somministra un poco di
tutte le dette cose, contemporaneamente quando venga
ºttoposta alla sublimazione. Il sottoporre adunque al
59

si vede ripieno d'una moltitudine di piccoli corpi ovoidei,


nesgni, sparsi in una polpa incolora, che sono le uova.
La cocciniglia la più stimata, detta mesticata, o coc
vista grigia, o marezzata, è grossa, venata di porpora,
e sopratutto leggermente farinosa, aspetto altronde
de gli si comunica coll'arte coll'aspergerla di talco di
Venezia o di cerusa.
L'odore della cocciniglia è un poco fetido, il sa
i te amaro debolmente acido.
Si trovano nel commercio due specie di cocciniglia,
la grigia e la nera. Alcuni credono che una tal dille
rma d penda dal modo di preparazione adoperato per
ondere l'insetto. Altri le riguardano come due varietà.
Quale sia la più ricca di queste di materia colorante è
ancora questione controversa: i caratteri fisici adunque
nºn bastano per determinare il valore venale di que
st importante materia tintoriale.
Robiquet e Authou hanno proposto ciascuno un me
ti do per riconoscere la proporzione della carmina con
tenuta in una data cocciniglia.
Il processo di RobiTuet consiste a scolorare volumi
rsuali di dissoluzioni di cocciniglia col cloro: ma la diſ
i lta di procurarsi facilmente delle soluzioni di cloro
dritiche deve far rinunciare a questo metodo, il quale
altronde non può dare buoni risultati che nelle mani
d'un chimico assai pratico.
Il processo di Authou consiste nel precipitare la
carmina dalla decozione della cocciniglia coll'idrato d'al
hmina, fino allo scoloramento compiuto della decozione;
la quantità dell'idrato adoperato dà la ricchezza della
miglia. Questo processo è facile, e deve preferirsi
pnino.
La cocciniglia grigia del commercio presenta due
ºaneta ben distinte: la prima è grossa, pesante, rego
bre, si riconoscono gli undici anelli che compongono il
ºrpo dell'insetto: ha conservata la forma, il color gri
sº è dipendente d'una polvere bianchiccia, dalla quale
º copre col crescere.
I6I

il metodo di Authou più sopra indicato per determi


nare la bontà o il titolo della cocciniglia del commercio.
La lacca così ottenuta è d'un bellissimo rosso, il
quale passa al cremisi, quando si fa bollire il liquido in
cui ella si è formata.
ll maggior numero delle dissoluzioni saline versate
in un liquido contenente la carmina disciolta, lo fanno
passare al colore cremesi: il solfato di calce, il proto
-druro di stagno, il proto-nitrato di mercurio ed il
sotto-acetato di piombo precipitano la detta carmina.
Sottoposta all'azione del calorico si decompone dan
do vapori ammoniacali.
Secondo Pelletier sarebbe composta di
Carbonio . . . . . . 49,33.
Idrogene . . . . . . 6,66.
Azoto . . . . . . . . 3.56.

Ossigene. . . . . . . 40,45.

100,00.
Per ottenere la carmina pura si fa digerire la coc
ciglia in polvere nell'etere, rinnovando la digestione
on nuovo etere fino a che detto liquido esca affatto
uoloro: l'etere toglie alla cocciniglia la materia grassa.
La materia rimasta dal trattamento etereo è sotto
posta all'azione dell'alcoole comune e bollente fino a che
detto liquido esca affatto privo d'estraneo colore e sapore.
Le tinture alcooliche sono evaporate in istorta a
bagno di cenere fino a ridurre il volume del liquido ad
un terzo.

Allora si leva la rimanenza del liquido e si lascia


evaporare spontaneamente all'aria fino a secco al co
pºrto della polvere.
Si tratta il residuo coll'alcoole anidro: rimane un
deposito bruno che si separa dal liquido, si aggiunge a
quest'ultimo un egual volume d'etere, il quale deter
mina la precipitazione della carmina, e rimane disciolta
º liquido una sostanza gialla.
t. ix. 1
I 63

Si fa bollire la cocciniglia colla potassa in pentola


di rame stagnata contenente sei litri d'acqua distillata o
di pioggia, la bollitura ha luogo con effervescenza, la
" si calina coll'aggiungere dell'acqua fredda.
Dopo alcuni minuti di bollitura si leva la pentola
dal fuoco, la si colloca sopra tavolo inclinata in modo
da poter travasare il liquido comodamente.
Si getta nella decozione l'allume in polvere, si ri
muove con cilindro di legno la mischianza, la quale
canzia al momento di colore e assume una tinta più
brillante.
In capo a quindici minuti la cocciniglia è deposta
al fondo, ed il bagno è chiaro come fosse stato filtrato.
Contiene la materia colorante, e probabilmente un poco
d'allume in sospensione.
Allora si decanta in altra pentola, si riporta al
fuoco, aggiungendo la colla di pesce disciolta in molta
a ſua e passata allo staccio.
Al momento della bollitura si vede il carmino por
tirsi alla superficie del bagno in una specie di coagulo,
come succede nella chiarificazione coll'albume delle uova.
Si leva prestamente la pentola dal fuoco, si ri
muove il bagno con cilindro di legno. In capo di 15
a 20 minuti il carmino è deposto, si decanta e si mette
a sgocciolare sopra tela fitta.
2. Modo di preparare o disciogliere la colla di pesce.

Dopo aver tagliata in minuzzoli la colla, la si mette


a macerare in poca acqua durante la notte; si gonfia
mºltissimo: allora la si pesta in mortajo di vetro, e la
º riduce in gelatina trasparente, la quale si discioglie
al momento nell'acqua calda.
Quando l'operazione è riescita a dovere, il car
nuno allo stato secco si schiaccia facilmente sotto le dita;
quanto più la potassa adoperata è carbonata, tanto più
carmino riesce friabile.
69

La soluzione bollente di questo corpo comunica alla


ata una tinta di porpora-scura inclinante al bruno, e
e la stoffa è stata dapprima imbevuta da mordente di
un sale di rame, di stagno o d'allumina, si possono fis
are sopra di essa tutte le tinte del bruno, l'azzurro, il
valetto, il verde ed il giallo; per la quale proprietà
venne denominato acido policromatico (1). Le dette tinte
rarono all'acqua di sapone, nullameno la luce le rende
pelle col tempo. La lana è tinta dal detto corpo in
nºso tendente al nero.
L'anaio d'aloè artificiale si discioglie facilmente
tri liquori alcalini e acquosi, ai quali comunica una
tita bruno-rossa. Quando si aggiunge la soluzione del
druro di bario ad una soluzione alcalina e satura del
corpo in discorso, si produce un precipitato bruno, ed
il liquore soprastante conserva ancora la sua tinta rosso
-atila,

ll precipitato ed il liquido racchiudono due distinti


opi, provveduti di qualità acide, che si debbono, al
dire di Liebig, riguardare come i principi essenziali del
l'amaro d'aloè fittizio: l'uno ebbe da Schunck il nome
d'acido aloetico, e l'altro quello d'acido aloe retinico.
L'acido aloéretinico si trova combinato alla barite
le precipitato rosso-bruno, dal quale si può estrarre col
mezzo dell'acido nitrico. Le sue combinazioni cogli os
sli dei metalli pesanti sono per lo più insolubili e co
rati in bruno; quelli colla potassa e la soda non cri
stallizzano, ma danno coll'evaporazione, masse dense e
gratinose dello stesso colore.
Si ottiene l'acido aloético coll'aggiungere dell'acido
ittico al liquido separato col filtro dal precipitato bari
tº, si depone allora allo stato d'una polvere giallo-pal
la non cristallina, che dà colle basi sali rossi in gran
parte solubili.
La soluzione di quest'acido saturata colla potassa
(i) Da r ; (polys), molto, e da Xi ua (chrdma), colore, molti
85

deposizione della materia colorante, e ne altererebbero


la bellezza del colore che si desidera ottenere.
Dalle discorse preliminari operazioni, le quali si ri
dicono all'imbiancamento dei tessuti vegetabili, di che
fa ragionato p. 193, t. I, parte seconda, allo spurgo
della lana e della seta, delle quali operazioni tratteremo
nella parte pratica dell'arte.
CAIPITOLO II.

Idee generali dell'arte tintoria.

Le materie coloranti vengono applicate sopra i filati


o sopra i tessuti: l'applicazione loro può essere unifor
me, o limitata sopra punti determinati: il primo metodo
costituisce la tintoria propriamente detta, il secondo la
ilbricazione delle tele dipinte.
Si deve necessariamente dividere l'arte che trat
tiamo in due parti distinte: nella prima discorreremo
della tintura propriamente detta; nella seconda dell'arte
delle tele dipinte. Ma siccome alcune operazioni sono
comuni alle due industrie, così tratteremo primamente
in modo generale, riservando per ciascuna delle due di
usioni adottate ciò che vi è di speciale nella loro appli
caſione nei processi, che andremo esponendo.
ARTICOLO I.

Dei mordenti.

Qualunque colore prodotto dalla doppia decompo


szione di due corpi solubili, qualunque corpo che si può
“parare da un veicolo per l'azione dell'acqua o d'una
ºetanza che dà luogo alla sua separazione, possono unirsi
direttamente ai tessuti, senza che questi siano stati an
redentemente combinati a corpi capaci d'unirsi colla
materia filamentosa, e di determinare la fissazione del
corpo colorante.
I 95

tranciato e bianco: l'azzurro complementario del


l'aranciato si aggiunge al bianco.
I crde e bianco: il rosso complementario del verde
s aggiunge al bianco.
ſezurro e bianco: l'aranciato complementario del
l'azzurro s'aggiunge al bianco.
Indaco e bianco: il giallo tendente all'aranciato
complementario dell'indaco s'aggiunge al bianco.
Violetto e bianco: il giallo inclinante al verde com
plementario del violetto s'aggiunge al bianco.
Vero e bianco: questi due colori appariscono più
diversi l'uno dall'altro.
I corpi colorati contigui ai corpi neri presentano
pure rimarchevoli modificazioni.
Rosso e nero, il verde complementario del rosso
sgiunto al nero sembra meno rossigno: il rosso sembra
più chiaro, o meno bruno, meno aranciato.
Aranciato e nero: l'azzurro complementario del
l'aranciato s'aggiunge al nero, che sembra meno rosso,
o più azzurro; l'aranciato più brillante, più giallo e
meno bruno.
Giallo tendente al verde e nero: il violetto com
il mentario del giallo s'aggiunge al nero che sembra
valetto: il giallo è più chiaro, fors'anche più verdognolo.
Verde e nero: il rosso complementario del verde
- aggiunge al nero che sembra più violetto o rossigno;
i verde tende debolmente al giallo.
Azzurro e nero: l'aranciato complementario del
azurro s'aggiunge al nero che fa chiaro: l'azzurro è
più chiaro e fors'anche più verde.
Indaco e nero: il giallo tendente all'aranciato com
fºmentario dell'indaco s'aggiunge al nero e lo fa molto
daro, l'indaco lo schiarisce pure.
Violetto e nero: il giallo tendente al verde com
l'ementario del violetto si aggiunge al nero e lo rende
dato il violetto è più brillante, più chiaro e fors'an
de più rosso.
99

Tutti i colori primitivi acquistano in purezza e vi


vacita per la vicinanza del bigio, ma gli effetti sono di
versissimi da quelli somministrati dal bianco: gli assor
timenti binari più favorevoli sono bigio ed azzurro,
logio ed aranciato, bigio e rosa.
L'estensione di quest'articolo non permette d'en
trare nella descrizione degli assortimenti ternari dei co
lon complementari fra loro ed il bianco e il bigio; credo
però cosa utile ricordare i principi stabiliti da Chevreul
su tale argomento,
La disposizione complementaria è superiore ad ogni
altra; i tuoni devono essere alla medesima elevazione
per quantº è possibile.
I colori primitivi s'accordano meglio fra loro dei
colori binari contenenti l'uno o l'altro di essi come
elemento: ma nell'associazione dei colori primitivi con
uno dei colori binari, l'effetto è tanto migliore, quanto
più il colore primitivo è più vivo del colore binario.
Se due colori male s'associano, vi è utilità a separarli
col mezzo del bianco.
ll nero si associa bene a due colori luminosi, e qual
che volta meglio del bianco, e con tuoni smorzati pro
duce sovente buon effetto; ma la cosa va diversamente
di due colori, l'uno dei quali luminoso e l'altro oscuro.
Il grigio rende dilavati due colori luminosi, ai quali
venga associato, diminuisce la forza dei colori oscuri,
come l'azzurro, il violetto e i tuoni smorzati dei co
lori luminosi; ed è qualche volta più utile del bianco
con due colori, l'uno luminoso e l'altro oscuro.
Le applicazioni dei discorsi principi sono di grande
importanza tanto per la tintura, come per l'arte delle
tele dipinte. Gli esempi che andiamo riportando con
Chevreul lo proveranno nel modo più evidente.
Vi sono ricette per la composizione dei colori, le
quali una lunga esperienza rende di frequente prezio
sissime allo stabilimento in cui sono poste ad effetto,
Malgrado la bontà dei tuoni e gli eccellenti effetti che
20 |

ſerica di Chevreul i colori complementari da aggiungersi,


o i colori che si deve evitare di mescolare con un dato
colore per produrre del nero, o per evitare d'appannarlo.
Le sostanze coloranti che si mescolano o devono
essere prive d'azione chimica reciproca, o se hanno
azione chimica la si deve questa effettuare senza modi
fare il colore delle sostanze adoperate. Per ottenere un
nero col portare successivamente diversi colori sopra un
tessuto, non si deve fissarne una a saturazione, ciò che
non permetterebbe di combinare in seguito quelle che
sono destinate a dare il nero: così si dà frequentemente
alle stoffe un fondo o piede d'azzurro d'indaco per
avere un bel nero; se questo colore è sufficientemente
abbondante per dare un violetto tendente al rosso di
rame, sarebbe difficilissimo, se non impossibile, di mo
dificarlo col mezzo del giallo-verdognolo che è il suo
complementario.
Se i tre colori semplici o i due colori che sono
vicendevolmente complementari sono uniti in altre pro
porzioni di quelle che producono il nero, si aggiunge
a questo colore il colore semplice o binario che domina.
S'impiegano frequentemente nella tintoria, come
più sopra si è detto, delle bruniture o colori appannati
allo scopo di diminuire la lucentezza dei colori mede
simi, e si ottengono con bagni formati di solfato di pro
tossido di ferro, di campeggio, di noce di galla, ec.;
ma questi colori non sono solidi, e si raggiungono mi
gliori risultati col processo che consiste nel brunire od
appannare il rosso col giallo, e l'azzurro col verde,
l'aranciato coll'azzurro, il giallo col rosso, e un po' di
azzurro o di violetto, il verde col rosso, l'azzurro col
giallo e un po' di rosso o d'aranciato, il violetto col
giallo, aggiungendo tanto più di colore destinato a pro
durre la brunitura, secondo che si desidera appannare
la tinta.
Dietro gli ora esposti principi, quando si desidera
ottenere col mezzo delle mischianze di colori semplici
205
si torce con forza una parte del campione bagnato che
presenta molto dappresso il tuono reale.
(APITOLO III.

Della tintura della lana.

la lana è il pelo degli animali del genere pecora;


questa varia di pregio, secondo le diverse razze, il cli
ma, lo stato fisico dell'animale, il nutrimento, e per
ultimo le parti del corpo che rivestiva.
Tale sostanza è intonacata da una materia sapo
nosa, la quale si oppone alla penetrazione delle materie
coloranti, come già si è detto alla p. 595, t. I della
seconda parte di questo Corso, ove venne indicato suc
cintamente il modo di spurgarla; ma siccome lo spurgo
della lana destinata alla tintoria ricerca particolare at
tenzione, così credo di aggiungere alcuni particolari su
tale argomento,
ARTICOLO 1.

Dello spurgo cd imbianchimento della lana.

La lana intonacata dal sucidume è immersa alla


temperatura di 30" a 35° gradi circa in una mischianza
di tre parti d'acqua ed una d'urina putrefatta; in que
sto bagno ella si libera in poco tempo di tutto il su
cidume ond'era imbrattata, per un effetto che cer
tamente si deve attribuire all'ammoniaca. La dimora
nella caldaia del bagno discorso è per lo più d'un quarto
d'ora, dopo di che viene riposta in grandi panieri ed
immersa nell'acqua, e la si rimescola con bastoni fino
a che l'acqua esca perfettamente chiara.
Nel qual tempo la caldaia dello spurgo serve a
preparare nuova quantità di lana, e si aggiunge di tem
in tempo dell'urina quando si scorge che la forza del
907

in modo a ricevere sopra tutte le loro superficie i va


pori dello zolfo: si accende in seguito una data quan
tità della detta sostanza posta in terrine, cioè circa un
centesimo del peso della lana: si chiude esattamente la
camera, e si lascia così per alcune ore, si apre, si la
scia uscire il vapore rimasto dell'acido solforoso, ed en
trare l'aria: finalmente si leva la lana che è bianchissima.

A taTICOLO 11.

Bollitura delle lane o della loro combinazione


col mordente,

Si da nella tintoria il nome di bollitura all'opera


nome che ha per iscopo di combinare la lana col mor
dente. Quest'operazione succede costantemente alla tem
pertura della bollitura.
L'allume ed il tartaro, come si è detto, sono i
mordenti più comuni nella tintura delle lane, e ge
neralmente si usa associare questi due sali per la pre
parazione delle stoffe destinate a ricevere colori ai quali
questi mordenti convengono; ma le proporzioni nelle
quali vengono adoperati sono svariatissime.
Martin fa alcune riflessioni in proposito, le quali
possono servire a condurci con qualche discernimento
in tal riguardo.
L'allume ed il tartaro, insieme o separatamente,
hanno la proprietà di rendere chiare le tinte delle ma
terie coloranti, ma il loro effetto non è lo stesso, per
che l'allume abbandona parte dell'allumina, origina un
composto nuovo modificato da una certa quantità di
tale sostanza, mentre il tartaro si combina col colore,
e s introduce nel precipitato che determina, ciò non è
mai che in quantità inapprezzabile, di maniera che la
sua azione è quasi analoga a quella del suo acido.
Così quando non si ha bisogno di schiarire molto
a tinta i" materie coloranti, e di darle tutta la vi
2| |

Gli alcali, il sapone, l'allume, l'ammoniaca fanno


vitare lo scarlatto al cremisi: si può adunque ottenere
detto colore colla reazione dei discorsi corpi sopra le
s: ſe già tinte in scarlatto; ma ordinariamente si pre
para direttamente passando il panno già tinto nel primo
legno in altro formato per una parte di panno di 20
d'acqua l. d'allume, fa di cremore di tartaro, t, di
corniglia ed un poco di soluzione di stagno.
La tintura colla cocciniglia riesce meglio adope
nºdo vasi di stagno o di rame ben stagnato.
Il secondo bagno che ha servito nella preparazione
dello scarlatto non è spogliato di tutta la materia co
lorante, così può essere adoperato per ottenere diverse
altre tinte, come l'aranciata, il color delle cerase, quello
di carne, ec.
Lo scarlatto, secondo Thénard, sembrerebbe essere
una combinazione della lana, della materia colorante,
dell'acido tartarico, dell'acido idro-clorico e del peros
sdo di stagno. Non è cosa inutile il dividere l'opera
rene in due parti, cioè facendo passare la materia da
tingersi successivamente in due bagni, come più sopra
si è detto: perchè facendo bollire insieme tutti i corpi
de entrano nella composizione di questa tintura, si ot
terrebbe una tinta poco forte.
Quando si tratta coll'acqua bollente il panno tinto
m scarlatto prende dapprima la tinta cremisi, e termina
col farsi color di carne. La combinazione che costituisce
lo scarlatto è decomponibile almeno parzialmente dal
l'acqua a temperatura elevata.
3° Colla robbia (V. t. IV, p. 39, parte seconda).
Il processo comunemente seguito per tingere la lana in
rosso colla robbia, indicato da Vitalis, consiste a far
bollire il panno o la lana per due ore con l. d'allume
e I di cremore di tartaro; levata la lana dal primo
-no, viene ripassata in un secondo d'allume tiepido,
ºntenente un peso di robbia eguale a quello della lana,
al quale si aggiunge 1, di dissoluzione di stagno; si
2 | 3

cuglia: da ciò risulta che quest'ultima tintura in scar


litto fu generalmente preferita da che venne conosciuta
l'arte d'avvivare il color proprio della cocciniglia col
sale di stagno.
ll rosso della grana chermes, secondo Berthollet,
la molta solidità: si possono levare le macchie d'unto
senza che si alteri. E un rosso di sangue che si vede
onservato nelle antiche tappezzerie.
5° Del rosso coll'oricello (V. t. IV, p. 68, parte
seconda). Ilellot assicura d'avere adoperato l'oricello
silla lana bollita coll'allume col tartaro: la lana non
la resistito meglio di quella non alluminata, ma asse
re d'aver ottenuto dall'oricello erba (liche rocella o
delle Canarie) un colore molto più solido, mettendo nel
legno un poco di dissoluzione di stagno: con quest'ag
s inta dice che l'oricello perde il suo colore naturale,
e prende una tinta che avvicinasi a quella dello scar
latto, e non ha altro difetto che d'essere un po' de
ble con un sol bagno.
L'oricello erba ha l'inconveniente di tingere in ma
niera ineguale, amenochè si abbia l'attenzione di passare
il pomo nell'acigna calda al momento che esce dal bagno.
ARTICOLO IV.

Della tintura della lana in giallo.


1° Coll'erba guada (V. t. IV, p. 23, parte se
conda). Si fa bollire la lana per ventiquattr'ore in un ba
gno che contiene 2 d'allume e 1 di tartaro per ogni
º parti di lana, la si leva da detto bagno e si passa
nel bagno dell'erba guada bollente fatto con 2 o 3 parti
d'erba sopra una di panno.
2° Col quercitrone (V. t. IV, p. 24, parte se
ºnda). Si dà l'allume alla lana con is a 7, d'allume,
e la si passa dappoi nel bagno formato della medesima
quantità di quercitrone: s'avviva il colore coll'aggiun
ºre una data quantità di creta al bagno.
2 | 5

lastevole d'acido solforico a disciogliere la materia co


lorante ed alterare la resina, al quale intento basta 1, per
la lacca detta dagl'Inglesi lac-lake, e per la lacca lac
di e l.
La dissoluzione della lacca operata nel modo ora
descritto dà alla lana una tinta di scarlatto che può av
vivarsi collo scotano. Al qual fine si racchiude detto le
gno tagliuzzato in sacco onde poterlo levare a piacere
dal bagno. S immerge dapprima questa sostanza nel
l'acqua calda, e a poco a poco la si porta quasi alla bol
litura, allora si aggiunge il cremore di tartaro, la lacca
ed il sale di stagno, e dopo alcuni minuti di bollitura
si fa passare nel bagno il panno, che si rivolge in esso
per circa tre quarti d'ora.
Per 100 parti di lana si richiedono circa 12 di
lacca (lae-die), 8 di cremore di tartaro e 30 di sale
di stagno preparato con 12 di metallo fino, 12 di sale
ammoniaco e 30 d acido nitrico. -

Per evitare la reazione dell'acido sulla lana si può


saturarlo col carbonato di soda: presentemente si om
mette l'acido e si adopera la lacca ridotta allo stato
della massima divisione possibile.
ARTICOLO VI.

Dei colori ottenuti per doppia decomposizione.

Trattando dei sali, nella prima parte di questo


Corso abbiamo veduto quali reazioni presentino pel con
talto delle loro dissoluzioni: i sali solubili possono pel
trasporto dei loro acidi o delle loro basi produrre un
sale solubile ed un sale insolubile: si approfitta di una
tale reazione per procurarsi alcune tinture: e qui trat
teremo solo di quelle che si applicano alla lana.
2|7

d'acqua, si rimescola bene e si passa di nuovo il panno


raggirandolo sopra il tornello, e lo si lascia immerso
nel bagno fino a che questo abbia dato una o due bol
liture, dappoi si lava bene coll'acqua e finalmente col
sapone.
Per avvivare gli azzurri scuri si passa il panno col
mezzo del tornello nell' acqua che contiene 'l d'am
moniaca, e se la tinta riesce troppo violetta si ripasserà
nell'acido idro-clorico debolissimo.
Per gli azzurri chiari si passa il panno nell'acqua
contenente per litro 5 grammi d'acido solforico, 5 di
tartaro rosso e lo d'acqua pura, e si riscalda alla bol
litura.
ARTICOLO VII.

IDei colori composti.

Secondo i principi più sopra stabiliti si comprende


facilmente quante varietà di tinte si possono ottenere
colla mischianza dei colori primitivi passando successi
vamente la materia tessile o le stole in convenienti
bagni tintori.
Siccome non si può, mediante uno dei processi ge
nerali discorsi, ottenere facilmente i tre colori primitivi,
sia per la natura delle materie tessili non atte a pren
dere egualmente questi colori, sia perchè esse non som
ministrano sotto il rapporto della vivacità e della solidità
le qualità che si desiderano, si ottengono frequentemente
i colori composti dall'unione di questi vari tessuti con
materie coloranti solubili ed altre i" nell'acqua
od ottenute per la doppia decomposizione: ben inteso
de non si devono adoperare che prodotti i quali non
reagiscono chimicamente gli uni sugli altri, e qui ci oc
cuperemo particolarmente del nero.
Per lo più si dà alle stofle un fondo azzurro, sia
naturale, sia ottenuto col campeggio e coll'acetato di
rame, si passa dappoi al mordente in bagno di solfato
2I 9

Il nero ottenuto coll'acetato di ferro sulla lana a


fondo azzurro è per lo meno eguale a quello che dà il
solfato di ferro, ma sul fondo azzurro-violetto è inferiore.
Con un secondo bagno le lane tinte coll acetato
danno un nero più intenso sul fondo azzurro che sul
fondo azzurro-violetto.
Quando si sostituiscono al sommaco 20 parti di
galla, il nero fatto coll'acetato di ferro è più rossigno
e brillante di quello che in egual circostanza si ottiene
col solfato di ferro.
Si ottiene un bel nero senza fondo d'indaco col
far bollire 100 parti di lana con 25 d'allume, 6.25 di
tartaro, dandogli un fondo di guado, di fuliggine o di
robbia, e passandola in bagno di 200 di campeggio, 60
di sommaco, 240 di noce di galla, aggiungendo al ba
gno 20 di solfato di ferro: dopo ritirata la lana dal
rimo bagno s'immerge nel secondo, e si danno tre
" di due ore ciascuna.
Sostituendo al sommaco 40 di noce di galla, ed
al solfato di ferro l'acetato, il nero riesce un poco più
brillante e la stoffa più durevole.
La lana che ha ricevuto il mordente per 100 parti
con 22 di solfato di ferro, 8 di solfato di rame ed 8
di tartaro, passata al bagno formato da 200 di cam
peggio, 5 di noce di galla (1) e 11 di solfato di ferro
da un bel nero, più rossigno quando si opera in vasi
di rame.
CAPITOLO IV.

Della tintura della seta.

In questo capitolo ci occuperemo della differenza


che presentano i mezzi adoperati per tingere questa spe
cie di materia tessile con quelli già indicati per la tin
tura della lana e dei colori particolari, che non si ap
plicano, o che non possono applicarsi che sulla seta.
(1) La galla di cui si è parlato s'intende quella nera d'Aleppo.
221

-resinosa sia disciolta: si leva dal bagno, si lascia sgoc


ciolare, si torce, si introduce ne sacchi, e viene sotto
posta ad un secondo spurgo che si eseguisce col primo
metodo sopra indicato. Le due operazioni ora descritte
bastano per dare alla seta la bianchezza richiesta dalle
successive operazioni tintorie.
Quando la seta deve rimanere bianca, le si co
munica un bianco più perfetto lavorandola ad una tem
peratura poco al di sotto della bollitura in una debole
soluzione di sapone bianco, alla quale aggiungesi una
piccola porzione d'azzurro, vale a dire d'indaco por
firizzato.
Qualche volta l'aggiunta dell'azzurro si fa nello
spurgo, e se la seta ha preso troppa tinta azzurra in
detta operazione, si lavora di nuovo in bagno di sa
pone leggerissimo fino a che ha perduto l'eccesso della
tulla.

La seta che non dev'essere tinta non è lavata dopo


le dette operazioni, ma esposta ai vapori dello zolfo in
combustione in camera chiusa. Si adoperano due parti
di zolfo sopra 100 di seta. All'uscire della camera ed
essiccata, e se non è bastevolmente azzurrognola la si
passa in bagno d'acqua fredda, nella quale si mette una
piccola quantità di soluzione solforica d'indaco.
Quella destinata alla fabbricazione delle berrette
non è passata allo zolfo, perchè l'acido solforoso at
tacca più o meno la materia. S'imbianca lavorandola al
l'uscire dello spurgo in una dissoluzione di sapone, nella
quale si è messo un poco d'azzurro. Dopo di che la
si torce bene e la si essicca senza lavarla.
Volendo dare a questa seta una tinta grigiognola
la si passa nell'acqua che ha servito alla prima lavatura
dei neri all'uscire della caldaja, si ottengono così delle
tinte grigie più o meno intense. La seta lavata e sec
cata sarebbe propria ad essere adoperata senz'altro ap
parecchio.
Quando le stoffe di seta devono conservare una
223

Questa dissoluzione si prepara col saturare l'acqua


bollente d'allume ben puro, versando dappoi quest'acqua
nella tina, nella quale avvi una data quantità d'acqua
fredda. Nel tempo della mischianza bisogna aver la di
ligenza di rimescolare il liquido per impedire la cristal
lizzazione dell'allume.
Cinquanta libbre d'allume in un tino di trecento
libbre bastano per alluminare circa centocinquanta libbre
di seta, ma dopo di ciò bisogna aggiungere allume ed
incominciando l'aggiunta quando si vede che il bagno
diventa debole, ciò che si riconosce dal sapore che si
fa meno aspro.
Del resto si continua ad alluminare nello stesso ba
gno fino a che prende cattivo odore per vecchiaia. L'al
luminazione delle sete si fa costantemente a freddo, per
che si è riconosciuto che l'allume a temperatura elevata
fa perdere la loro lucentezza. Quando si ha immerso
la seta in bagno troppo forte, e si conosce che questa
albia ritenuto dell'allume cristallizzato, bisogna passarla
nell'acqua tiepida per togliere l'eccesso dell'allume; al
tronde le sete devono essere sempre lavate dopo l'al
luminazione.
ARTICOLO III.

Della tintura della seta in azzurro.

1.º Coll indaco.

Per tingere in azzurro la seta si adopera un tino


più piccolo di quello adoperato per tingere la lana, nul
lameno preparato d'egual maniera e coi medesimi in
gredienti.
Questa tintura richiede grande abilità nell'esecu
zione, senza della quale le matasse prenderebbero ine
gualmente il colore azzurro e sortirebbero macchiate dal
uno. Così l'operaio le deve ripassare nel bagno con di
ligenza senza lasciarle prendere aria, cioè tenendole to
223

2° Tintura della seta coll'azzurro di Sassonia.

L'azzurro che si comunica alla seta colla dissolu


rione dell'indaco nell'acido solforico è fugacissimo e di
cattiva tinta, l'acqua calda sola lo fa svanire, e l'ag
giunta dell'allume non gli comunica alcuna buona qua
lità. Si ottiene altronde lavorando la seta nell'acqua
fredda carica della dissoluzione del solfato d'indaco.

3° Tintura della seta in azzurro col campeggio.

L'azzurro di piccola tinta (bleu petit teint) che si


comunica alla seta col campeggio può ottenersi adope
rando l'acetato di rame o il solfato dello stesso me
tallo; quest'ultimo è preferito perchè dà un colore più
sicuro e si lega meglio coll'allume, che alcuni propon
gono d'aggiungere al bagno.
L'azzurro del campeggio dev'essere fatto a freddo,
e la seta destinata a questa tintura dev'essere passata
a freddo per un quarto d'ora in una dissoluzione d'un
sale di rame, nella quale il sale entra per un trentesimo
del peso della seta.
Quando la seta è levata dalla detta dissoluzione, si
aggiungono quantità variabili del bagno del campeggio,
si fa esattamente la mischianza, e si lavora in seguito
la seta, avendo diligenza di non torcerla.
Questa tintura addimanda lunga manipolazione, e
non richiede meno di sei ore perchè la seta possa pren
dere una tinta azzurro-scura. In ogni caso la si ripassa
ben bene nel bagno, la si leva di tempo in tempo per
aggiungere del bagno di campeggio quando si giudica
che la quantità adoperata non sia già bastevole.
4.º Tintura della seta in azzurro
coll azzurro di Prussia.
Facilmente si comunica alla seta una bella tinta
azzurra coll'azzurro di Berlino, facendola digerire per
T. iM. I5
227
Alcuni tintori impiegano costantemente la dissolu
zione del sale di stagno e un poco di tartaro, ma al
lora aumentano un poco la dose della cocciniglia: ado
perano pure la noce di galla bianca a preferenza della
nera ogni qual volta non si propongono d'imbrunire.
Quanto alla loro dissoluzione di stagno, vi fanno
entrare il doppio di metallo di quello che avvi nella
dissoluzione comune. S'imbrunisce il cremisi della coc
ciniglia sulla seta, passando quest'ultima in una debole
dissoluzione di coparosa, alla quale si aggiunge qualche
volta un poco di decotto di scotano.
Finora non si è riescito che imperfettamente a tin
gere la seta in scarlatto col mezzo della cocciniglia. Ma
cluer prescriveva per questa tintura d'immergere la seta,
alla quale si doveva dare dapprima un fondo di terra
oriana in una dissoluzione di stagno preparata con tre
parti di metallo, quattro d'acido nitrico e due d'acido
idro-clorico: di lasciarla macerare a freddo una mezz'ora,
di lavarla in séguito con diligenza e immergerla in un
bagno di tintura composto d'un quarto di cocciniglia,
d un sesto di tartaro relativamente al peso della seta.
La cocciniglia ed il tartaro non devono essere in
trodotti nel bagno che dopo avere dato un bollo sepa
ratamente con bastevole quantità d'acqua, ed il bagno
non dev'essere mantenuto che alla temperatura di 50
gradi circa: sulla fine si può attivare il fuoco, ma giunto
alla bollitura, dopo qualche minuto si deve levare la seta.
La seta tinta con questo processo non raggiunge
mai il vero scarlatto. Scheller propose un processo quasi
simile, solamente non dà il fondo d'oriana, e lascia la
seta per ventiquattr'ore in una dissoluzione di stagno
composta con quattro parti d' acido nitrico, una di sal
marino ed una di stagno, alla quale aggiunge quattro
parti d'acqua.
All'uscire di detto bagno la seta dev'essere ben
lavata ed in seguito immersa per un quarto d'ora in
un bagno bollente e poco allungato, nel quale la coc
23

4." Ilosso col legno del 13rasile.


La seta destinata ad essere tinta in rosso col le
gno del Brasile non richiede d'essere così fortemente
alluminata come quella che viene tinta in cremisi colla
cocciniglia, basta anche spurgarla con un 20 per 100
di sapone. Del resto ecco come si opera per tingerla in
cremisi col brasile.
Dopo d'aver lavata la seta nell'acqua corrente, al
l'uscire del bagno d'allume viene lavorata a dolce tem
peratura in un tino d'acqua, in cui vien messa quella
quantità di decotto di brasile creduta necessaria.
Si sa che questa decozione dev'essere da qualche
tempo preparata, e che si ſa sempre migliore coll'in
vecchiare per uno o due mesi.
Quando la seta ha presa una tinta bastevolmente
piena si lava nell'acqua corrente, e se la tinta non rie
si bastevolmente viva, si passa a freddo dopo la lava
tura nell'acqua leggermente alcalina, nella quale la seta
prende un bel cremisi; all'uscire dell'acqua alcalina la
si rilava e si essicca.
Per avere un cremisi più oscuro si aggiunge del
bagno di campeggio al bagno del brasile, e quando il
rosso è arrivato ad un dato grado si leva la seta dal
bagno misto e si lavora in nuovo bagno di brasile.
Quando si desidera tingere la seta in rosso di pa
" scarlatto o rosso acceso ( ponceau) col brasile,
isogna darle un fondo forte d'oriana prima di portarla
nella tina d'allume, nella quale deve rimanere dodici
ore: all'uscire dal bagno d'allume la seta è d'un rosso
vivo e viene lavorata dopo essere stata lavata nell'acqua
tiepida, alla quale si aggiunge del bagno di brasile molto
vecchio, e non viene levata che allorquando abbia presa
la desiderata tinta, purchè si riconosca di non avere ag
giunta bastevole quantità di decozione di brasile.
In ogni caso, quando la tinta è perfetta si lava la
seta nell'acqua corrente, si torce bene egualmente e la
23 )

Per ottenere il colore ancora si opera come ora si


è detto, solamente in luogo di lavorare la seta nel ba
gno medesimo, la si può lavorare nell'acqua calda, alla
quale si è aggiunto il bagno d'oriana, e si continua il
lavoro fino a che abbia acquistata la tinta. I colori ot
tenuti coll’oriana devono essere essiccati all'ombra, e
si possono modificare infinitamente tanto variando le
dosi della materia colorante e dell'alcali, che operando
a diversi gradi di temperatura.
Quando alcun si propone di tingere le sete crude, si
scelgono quelle naturalmente bianche, e si tingono a tie
pido ed anche a freddo, perchè l'alcali non intacchi la
materia gommosa e non tolga alla seta l'elasticità che
si vuol conservarle.
Si è detto che per le tinte tendenti all'aranciato
torna utile passare la seta nella dissoluzione dell'allume
o nell'acqua acidulata. Questa pratica ha per iscopo di
rendere all'oriana il suo colore aranciato naturale, che
l'alcali aveva fatto voltare al giallo: se il colore non si
trova bastevolmente oscuro dopo di ciò, si può pas
sarlo sopra un bagno di brasile leggerissimo, o sopra
un vecchio bagno di cartamo. Finalmente si può otte
nere anche una tinta d'arancio adoperando l'oriana sola,
e a ciò basta discioglierla in minore quantità d'alcali.
ARTICOLO VI.

Dei colori composti prodotti sulla seta dalla mischianza


del rosso e dell'azzurro.

1° Violetto fino. Si dà il nome di violetto fino al


violetto che si ottiene passando nel tino cremisi di coc
ciniglia. Questo cremisi si fa col modo ordinario, sola
mente non aggiungesi al bagno nè tartaro, nè dissolu
tione di sale di stagno.
Si proporziona la dose della cocciniglia a norma
della gradazione della tinta che si desidera avere: per
lo più se ne adoperano due a tre once per libbra di seta.
237

si comincia a diguazzare la seta che si è fatta passare


sopra bastoncelli, come è di solito. Questo maneggio si
fa con prestezza, e quando la seta ha presa la tinta si
leva e si torce leggermente.
Se la tinta non è giudicata bastevolmente piena,
si fa bollire ancora il bagno un momento per togliere
all'oricello una nuova quantità di materia colorante, e,
dopo che la temperatura sarà abbassata, si torna a di
guazzare la seta.
La detta operazione può essere replicata diverse
volte: in ogni caso si avrà la cura di ben diguazzare
la seta durante il lavoro, e di lavarla con diligenza
quand'è tinta: dopo di che se non ha una tinta viva
lastevolmente azzurrognola, la si passa a freddo in una
leggera dissoluzione alcalina, ed allora acquista la tinta
voluta.
I colori che vengono guastati coll'essiccare si ri
mettono nello stato primiero ripassando la seta in un
legno che si riscalda e le si dà un poco d'alcali dopo
la lavatura, nè si lava dopo il bagno alcalino.
I colori meno oscuri del violetto, come il lillà, le
gradazioni dei fiori del persico, del lino possono otte
nersi in seguito al violetto nel medesimo bagno: sola
mente quando il bagno trovasi troppo impoverito, si ag
giunge dell'oricello.

3." I ioletto del campeggio e del brasile.

Si fa un violetto sulla seta col campeggio passan


dola in una dissoluzione di verderame, e lavorandola
in seguito a freddo in una decozione di campeggio, nella
quale prende un colore azzurro, che si fa voltare al vio
letto coll'aggiunta dell'allume. Questo colore è fugacis
sino, e quello che si ha, dando dapprima l'allume alla
seta, non è meno fugace.
Pei colori bruni la seta richiede l'applicazione del
l'allume, dopo lavata gli si dà un fondo di brasile,
25 3

in 4 o 5 volte il suo peso d'acido idro-clorico: si di


luisce questa specie di soluzione con acqua calda, e si
lavora in essa la bambagia che ha ricevuto per mor
dente l'acetato d'allumina, la quale si carica d'un co
lore azzurro bellissimo, che però non regge al sapone.
Coll'altro processo il colore è un poco più solido,
quantunque sempre distruttibile dagli alcali.
Si ottiene passando alternativamente la bambagia
nella dissoluzione del deuto-solfato di ferro acidula, ed
in altro d'alcali caustico, e quando ha preso un bel
fondo di ruggine, s'immerge nella dissoluzione del prus
stato di potassa acidulata con piccola quantità d'acido
solforico. In poco tempo prende un bel colore azzurro.
Quando si adoperasse la coparosa verde tornerebbe a
proposito il mescolare l'acido nitrico all'acido solforico
nella dissoluzione del prussiato alcalino.
a - - - - - - - crori
3.º Tintura azzurra col campeggio.

La bambagia prende una tinta azzurra poco solida,


immersa che sia nella decozione fredda o tiepida di cam
peggio, alla quale aggiungesi del solfato di rame e del
verderame. Questa tinta regge un poco meglio quando
la bambagia ſu antecedentemente ingallata, ma è sem
pre una cattiva tintura.
ARTICOLO IV.

Delle tinture rosse della bambagia e del lino.


1.º Rosso colla robbia.

Si distinguono due specie di rosso colla robbia sulla


bambagia, il rosso comune ed il rosso d'India o di
Adrianopoli.
a. Rosso comune. Per ottenere il rosso comune,
de è nullameno un bel rosso, s'ingalla la bambagia,
289

1.” - ſezurro d applicazione.


Si prepara una dissoluzione concentrata d'indaco
col solfuro d'arsenico ed un alcali caustico, e quand'è
ben gialla si addensa nella proporzione d'una mezza lib
bra di gomma e di quattro once d'amido per litro di
soluzione.
Questa preparazione viene adoperata immediata
mente, e devesi conservare al coperto dell'aria. Quando
ha perduto il giallo e si è fatta verde, non può più
servire, ma può essere riparata coll'aggiunta del solfuro
d'arsenico e dell'alcali caustico.
Il colore azzurro che si ha col metodo in discorso
è solidissimo, ma tale non riesce usando l'azzurro di Ber
lino stemprato nell'acido idro-clorico e addensato con
venientemente; quest'ultimo non regge agli alcali.
2.º Rosso d'applicazione.
Una vecchia decozione di legno del Brasile prepa
rata con una parte di legno ed otto d'acqua, e ridotta
alla metà coll'evaporazione, incorporata con bastevole
quantità di mordente rosso per prendere una bella tinta,
cd addensata convenientemente, produce un colore d'ap
plicazione bellissimo, ma che ha poca solidità.
3.º Giallo al applicazione.

Si ottiene un giallo d'applicazione solidissimo fa


cendo riscaldare a dolce calore sei o sette libbre di
quercitrone in dieci litri d'acqua, filtrando il liquore e
nducendolo alla metà, addensandolo con quattro libbre
di gomma, ed aggiungendo della dissoluzione di stagno
e rimescolando il tutto diligentemente. La dissoluzione
dello stagno deve contenere molto metallo. Si può ag
giungere un poco d'acetato di piombo, lasciar riposare
la mischianza e adoperarne la porzione chiara.
t. 1 A. I 9
3 i7

Se il muschio alterato per la reazione lenta dei


suoi principi è il solo muschio del commercio, per con
seguenza il solo adoperato ed il solo che fosse analizzato.
Neumann riconobbe nel muschio la presenza del
l'ammoniaca; Nysten, nel suo Dizionario di medicina,
lo dice composto d'olio volatile, di resina e d'adipo
cera. John, nei suoi Quadri chimici del regno animale,
ha dato l'analisi dei muschi tonchino e kabardino, dai
quali risultati il primo sarebbe composto di
Carbonato d'ammoniaca . . . . 8,33.
Cera pura. . . . . . . . . . . . 7,50.
Resina . . . . . - - - - - - - - - 0.83.
Gelatina . . . . . . . . . . . . . 50,00.
Albumina membrana animale . . 25,80.
Sal marino . . . . . . . . . . . 2,50.
Potassa . . . . . . . . . . . . . 0,83.
Carbonato di calce . . . . . . . 3,23.
Perdita . . . . . . . . . . . . . 0,88.

100,00.
In quest'analisi non compare il principio aroma
tico, sarà imponderabile? -

Il muschio kabardino componesi di


Ammoniaca. . . . . . . . . . . . . 5.
Cera vischiosa . . . . . . . . . . . 5.

Materia gelatinosa . . . . . . . . . 50.


Membrane animali . . . . . . . . . 36.

Carbonato di calce e perdita . . . 4.


1 00.

In questa svanì l'albumina ed il principio aroma


tico, nè si ebbero frazioni decimali.
Blondeau e Guibourt analizzarono il solo muschio
tonchino, ed ebbero (oltre 47 per 100 d'acqua, un
poco d'ammoniaca libera, d'arena e di peli) i "
seguenti: gelatina, albumina, fibrina, materia molto car
bonata solubilissima nell'acqua, insolubile nell'alcoole;
349

A RTI COL O IX.

Del zibetto.

Sostanza di consistenza siropposa, di color giallo


-pallido, di sapore un poco acre, d'odore forte aroma
tico che partecipa di quello del muschio e dell'ambra
grigia, che trasuda dalle pareti d'una piccola borsa po
sta fra i testicoli e l'ano del maschio di due piccole
specie di mammiferi del genere viverra, una di queste
detta viverra zibetta di Linneo, conosciute anche coi
nomi di felis odoratus, hyraena odorifera, e catus zibi
thicus, animali che hanno per patria, l'uno l'Africa e
l'altro l'Asia.
Boutron-Charland rinvenne nel zibetto l'ammoniaca
libera, della resina, del grasso, una materia estrattifor
me, del muco, e coll'incenerizzazione del carbonato,
del solfato di potassa, del fosfato di calce e dell'ossido
di ferro: analisi invero molto incompiuta, e che una fa
raggine di materie animali darebbero simili risultati.
Il zibetto è adoperato dalla profumeria, e gode
proprietà analoghe a quelle del muschio.

A R T I C 0 L O X.

Del castorco.

Il castoreo delle officine sono due borse ancora fra


loro riunite per mezzo dei condotti secretori comuni,
sempre ineguali fra loro, appianate, rugose, di color
bruno-rosso; quello del Canadà più oscure, un poco
lucenti, ripiene d'una sostanza resinoidea.
Queste borse costituiscono l'apparato secretorio del
l'animale che secerne la materia costituente il casto
reo propriamente detto, appartiene ad un genere di qua
drupedi mammiferi dell'ordine de'rosicanti, denominato
S5 1

Bouillon-Lagrange, Laugier, Bonn, Brandes ed altri hanno


, pubblicate delle analisi più o meno estese del castoreo.
Quella che sembra più compiuta è devoluta a Brandes.
Analisi del castoreo di Brandes; 1000 parti di castoreo
contengono

Olio volatile . . . . . . . . . . . - - 10,00.


- - - - -

Castorina (1). . . . . . . . . . . . . . . . . . 7,00.


Carbonato, urato e benzoato di calce. . . . . 3,50.
Resinoida del castoro . . . . . . . . . . . . . 120,00.
con traccia di benzoato e urato di calce 16,00.
– estratta coll'etere . . . . . . . . . . 1,00.
Albumina con traccia di fosfato di calce . . . 0,50.
Osmazoma e traccia di sali di potassa, di soda
e di calce . . . . . . . . . . . . . . . . 2,06.
Resinoida ottenuta dall'estratto acquoso . . . 1,50.
Solfato di calce e materia organica . . . . . . 14,00.
Carbonato di calce. . . . . . . . . . . . . . . 33,60.
di magnesia. . . . . . . . . . . . . 4,00.
Solfato di potassa, di calce e fosfato di calce 2,00.
Muco animale . . . . . . . . . . . . . . . . . 18,00.
– disciolto . . . . . . . . . . . . . . . . . 5,00.
Carbonato di magnesia. . . . . . . . . . . . . 8,20.
Materia animale . . . . . . . . . . . . . . . . 23,00.
Sostanze membranose e sali . . . . . . . . . . 192,00.
Acqua e perdita. . . . . . . . . . . . . . . . 538,64.

1000,00.
Quest'analisi porta, secondo Raspail, la sua condanna
nell'acqua e perdita; la triplice figura della resinoida,
la confusione delle materie organiche e saline non me
ritano alcuna confidenza, cosicchè l'analisi del castoreo
rimane a farsi.
Il castoreo è riguardato dalla medicina come po
tente antisterio, presentemente è poco adoperato.
(1) Vedi t. VllI, p. 122, parte seconda,
363

LEZIONE TRENTESIMAQUINTA
DEI PRODOTTI DELLA DISORGANIZZAZIONE SACCHARO-GLUTINOSA

o DELLA FERMENTAZIONE viMosA (1).

CAPITOLO I.

Del vino.

La denominazione di vino può applicarsi ad un


gran numero di sughi di frutti, o di prodotti liquidi
zuccherini che hanno subita la fermentazione alcoolica
o vinosa, come quelli delle poma, dei peri, dei lam
poni, la decozione dell'orzo germinato, la soluzione dello
zucchero mista a porzione di lievito, ec.; ma è più spe
cialmente riservata al prodotto proveniente dal sugo del
l'uva, mentre i primi vengono indicati con nomi spe
ciali, cioè di sidro, d'idromele, di birra, ec.
Il vino è un liquido di color vario, cioè rosso-vio
laceo, colore che dicesi vinoso, più o meno intenso,
ovvero giallo d'ambra più o meno cupo, ed anche quasi
affatto scolorato; presenta una densità varia, il suo odore
è alcoolico particolare svariatissimo, qualche volta aro
matico; il sapore presenta grandissime variazioni, per
chè è zuccherino od alcoolico, acido od astringente, e
che volta ben anche amaro, passando per tutte le
egradazioni e mischianze di tali sapori; nullameno ha
sempre un sapore suo proprio e caratteristico che ri
corda la natura e la genesi del prodotto, e che dicesi
sapore vinoso.
(1) Della teoria della fermentazione ho trattato nel t. II, p. 55 e
seg. della parte seconda di questo Corso, ora tratterò l'argomento più
specialmente sotto l'aspetto pratico.
382

precise intorno alla quantità necessaria a ciascun mosto; .


così ne emerse l'inconveniente di metterne nel mosto a
torto od a ragione, e così si guastarono buoni vini in
buone raccolte, le quali non avevano bisogno d'essere
zuccherate.
Questa pratica, buona in sè stessa, divenne deplo |
|

rabile mania in certe località; si è fatta ancora parola


crudele in quest'occasione: un vino alterato coll'intro
duzione dello zucchero, nella vinificazione è per alcuni
enologisti vino chaptalize.
Il processo (le procede), che così denominasi dai
vignajuoli francesi l'introduzione dello zucchero nel mo
sto, non si potrebbe riguardare come pratica giudiziosa
che in due casi (1).
1.º Maturità dell'uva accidentale, insufficiente d'un
raccolto d'anno abbondante, nel quale, per la sover
chia quantità, l'uva non ebbe alimento bastevole alla
produzione della quantità necessaria dello zucchero,
2.º Insufficienza abituale della materia zuccherina
nei prodotti d'un raccolto mediocre.
Fare un episodio annuale e regolare della vinifica
zione, quando si tratta di buoni vini è follia. Altronde
non esiste alcuna osservazione scientifica, alcuna regola
precisa pel caso in cui possa l'aggiunta in discorso frut
tare; la cosa vien fatta, per così dire, ad azzardo; si
gettano per 8 o 10 franchi di zucchero di fecola in 240
litri di mosto, e questo liquido acquista un valore ve
nale di 15 a 20 franchi di più. Si rende un servizio
immenso ai vignaiuoli che ricercano d'essere istrutti stu
diando a fondo la questione dell'aggiunta dello zuc
chero, questione affatto chimica, e che la sola chimica
può risolvere.
Questa questione, secondo Payen, interessa mol
tissimo gli operai di campagna, ai quali dai Francesi gli
1) Da noi non si praticherà forse mai quest'introduzione per non
avere ſabbriche di zucchero indigeno, e per essere questo di rilevante
prezzo. -
383

si dà a bere la lavatura delle graspe che escono dal


torchio (1); questa bevanda è detta piguette, nauseosa
e malsana, ottenuta coll'immersione delle fecce del vino
che escono dal torchio in una data quantità d'acqua.
Tali fecce o graspe debbono contenere ancora molti
principi mucilagginosi e coloranti, fors'anche questi prin
cipi, poco finora conosciuti, possono essere quelli che
somministrano l'aroma. Una debole dose di materia zuc
cherina e d'acqua mista ai detti graspi, fatta così un'in
tima mischianza, la si colloca in circostanze favorevoli
onde possa fermentare, e somministra allora un liquore
vinoso debole che può servire di bevanda piacevole ed
lllll0Cula.

ARTICOLO V.

Dei saggi dei vini, onde riconoscere la quantità


dell'alcoole che contengono.

Per riconoscere la quantità relativa dell'alcoole con


tenuto nei vini venne proposto un areometro con scala
speciale, a cui si diede il nome di pesa vino.
Il pesa vino è l'areometro comune, a scala però
molto lunga, per conseguenza ad asta sottile; i gradi
che porta sono lunghi e divisi in 10 parti. Immerso
quest'istromento nei vari vini s'infossa tanto più, quanto
più il vino contiene d' " e potrebbe somministrare
dei dati comparabili ed utili, se gli altri principi costi
tuenti il vino fossero sempre presenti nelle medesime
proporzioni; ma la cosa è ben altra: infatti i vini rac
chiudono dei sali in proporzioni diverse dello zucchero
non ancora mutato in alcoole ed altre materie che au
mentano la densità che l'alcoole tende a diminuire, di
maniera che un dato vino che contiene più alcoole d'un
altro, potrà anche contenere una proporzione più ri
(1) Certamente dev'essere un'elegante bevando; speriamo che la moda
non la dillonda anche presso di noi.
S87

I vini detti piccoli delle vicinanze di Parigi, se


condo Gay-Lussac, non conterrebbero che 5 per 100
d'alcoole, condizione nella quale si trovano i vini della
Bassa Lombardia e quelli della Brianza più alta, come
quelli di Caslino, non ne contengono che circa 3 per 100.
I vini che contengono meno di 6 a 7 per 100
d'alcoole non si conservano; bisogna che ne contengano
12 a 16 per 100 per poter essere sottoposti a viaggio.
Quelli che si trasportano con meno pericolo per acqua
o per mare sono i vini che abbondano più di concino;
così, p. e., il borgogna è troppo dilicato per sostenere
lungo viaggio di mare.
È impossibile il dare la proporzione regolare del
l'alcoole (lo stesso si dica degli altri componenti del vino),
una tale proporzione è continuamente alterata dalla dif.
ferenza del suolo, dal grado di latitudine, dall'esposi
zione più o meno propizia, dalla coltura meglio calco
lata, e dalla maggiore o minore intelligenza dei vignaiuo
li. Cosicchè non è cosa rara il trovare grandissime dif.
ferenze della qualità, e conseguentemente del valore dei
prodotti di due vigneti contigui.
La verità di questo fatto colpisce di più nella pro
duzione enologica che in tutte le altre classi d'indu
stria, nelle quali i procedimenti hanno una tendenza a
divenire uniformi, e a dare per tal modo risultati pres
sochè identici; la mancanza di regole bene stabilite e
l'arbitrio dei metodi della vinificazione rendono molto
incerto l'apprezzamento della qualità dei vini anche in
ciascun vigneto.
Non potendo attenersi l'enologo nel giudizio dei
vini e dei liquidi spiritosi che ai caratteri generali, i
quali non sono bene stabiliti che per un piccolo numero
di liquidi rinomatissimi, e se vi si aggiungono le modi
ficazioni prodotte dalle differenze della temperatura e
degli influssi atmosferici di un'annata all'altra, facilmente
si comprenderà quanto l'arte dell'assaggiatore dei vini
sia difficile.
392 -

Nei luoghi dove si fa molto vino, specialmente de


stinato per la distillazione, convengono le grandi tine di
muro, le quali resistono meglio alle variazioni della tem
peratura e si possono riscaldare prima d'empirle. L'in
tonaco di queste tine ha un'azione sensibile sul vino,
ma il primo anno soltanto; non si debbono adoperare
per i vini delicati.
=

Fig.
for M a C i i
i
HH||
l Tib

L'unita figura rappresenta una tina di legno AA


(fig. 2.º) cerchiata di ferro, avente due metri e 32 di
diametro inferiore, e due metri di diametro superiore;
l'altezza totale è di circa due metri fra i due fondi,
che sono zinati a dovere e con diligenza. Un coperchio
mobile, del quale daremo la descrizione più basso, chiude
l'apertura di 0",50 di diametro, praticata nel mezzo
del fondo superiore.
Un tubo di latta G di 0",040 di diametro serve
a dare esito all'acido carbonico che si svolge nel tempo
della fermentazione, ed è immerso di 0",013 a 0",026
nell'acqua contenuta nel vaso D. E è un robinetto o
chiave destinata a vuotare la tina; si pone avanti alla
medesima chiave un fascio di sarmenti ben puliti per im
pedire che le pellicole ed i semi la otturino, e alla sua
apertura esteriore è attaccato un tubo di cuoio o di tela
393
le; senza cucitura F che conduce il vino fino al fondo della
botte; la tina è riposta sopra uno scanno di pietra o di
º le
grosse travi dell'altezza di 0",94. O è un'apertura di
lº 0",06 a 0",08, chiusa da un tampone assicurato da bri
glia di ferro mobile per dare uscita all'acido carbonico
r dopo la svinatura prima d'entrare nella tina; un tubo
di latta XX pertugiato serve ad introdurre a diverse
profondità un termometro per conoscere la temperatura
della tina.
La disposizione del coperchio (fig. 1.º), A sono
due letti di legno di 0",04 di grossezza, posti contro
filo, e riuniti a vite con cavicchie FFF, sopra gli orli
dell'apertura sono doppi telaj BB di 0",041 di gros
sezza sopra 0",81 a 0",88 di larghezza; l'uno al di
sopra, l'altro al di sotto del fondo GG, questi telai
sono legati fra loro da chiavicchie D D, i lati dell'aper
tura sono rivestiti di assicelle b b. Una forcella di ferro
E sostiene l'estremità della leva G che porta il peso M.
Il telaio superiore è guernito da fasce di cuoio incollate
per operare una chiusura ermetica.

La qui unita figura rappresenta una tina in muro


a volta d'un diametro ai lati di 2",649, e profonda
2" dall'origine della volta; la grossezza del muro è di
995

Tutte queste sostanze che si trovano disciolte o


sospese nel mosto, la più importante è la glucosa o
lo zucchero d'uva; le altre sostanze non sono che ac
cessorie, eccetto il fermento, che altronde basta in pic
cola quantità.
Per conoscere la qualità del mosto bisogna assicu
rarsi della quantità dello zucchero che contiene. La sua
densità, confrontata con quella dell'acqua pura sotto lo
stesso volume, temperatura e pressione, non è sempre
una misura certa di detta quantità, perchè il peso del
mosto può variare per la presenza delle altre sostanze
che possono accompagnare lo zucchero.
Il processo più esatto per prendere la densità del
mosto sarebbe di pesarlo su buona bilancia compara
tivamente con acqua distillata ad una temperatura di
15°. Ma siccome questo peso potrebb'essere dedotto con
poca esattezza, così torna meglio l'adoperare l'areome
tro di Beaumé, che in questo caso prende il nome di
pesamosto.
Per facilitare l'uso di questo strumento presenterò
il Quadro di Tabarié delle densità o dei gradi della
sua scala, e la densità corrispondente dei liquidi che
indicano questi gradi alla temperatura di 12,50°.
401

crepare alla superficie, dappoi la temperatura aumenta,


il gaz sfugge con sibilo, e riporta alla superficie i ra
cemi e le pellicole che formano al di sopra del mosto
una massa più o meno coerente che è detta il cappello.
La fermentazione dura più o meno, secondo la
natura del mosto, la quantità dello zucchero e del lie
vito presente, e del grado della temperatura ambiente.
Nel tempo di questa reazione il liquido colorasi in
rosso, perde la dolcezza, acquista sapore caldo e pic
cante, odore vivo e piacevole; a poco a poco la tem
peratura diminuisce, il liquore diventa chiaro, il cap
pello si abbassa, ed allora è il momento di svinare.
Non bisogna però credere che l'andamento della
fermentazione sia sempre così regolare; molte circo
stanze possono farlo variare. Per ben valutare le cause
che ritardano o accelerano la fermentazione vinosa, giova
aver presente la teoria d'una tale operazione da noi
esposta sulle tracce di Liebig e Raspail; ora ci limete
remo a ricordare ciò che più particolarmente si riferisce
alla fermentazione del mosto.
Il sugo dell'uva entra in fermentazione, quando
questa si è attivata, continua fino alla compiuta scom
parsa dello zucchero, senza che l'aria prenda una parte
ulteriore in tal mutazione.
La fermentazione dello zucchero puro a contatto
del lievito del vino o di quello della birra è molto di
versa da quella del sugo dell'uva o del mosto della
birra. Nel primo caso il lievito sparisce a misura che lo
zucchero si decompone: nell'altro si opera, oltre la me
tamorfosi dello zucchero, una metamorfosi del glutine,
in conseguenza della quale si genera il lievito.
Siccome fra i prodotti della fermentazione del mo
sto del vino e della birra non trovasi idrogene libero,
è evidente che l'ossidazione del glutine, vale a dire la
sua trasformazione in lievito, dev'essere operata a spese
dell'ossigene dell'acqua o dello zucchero. Se l'acqua ha
parte, l'idrogene della medesima deve necessariamente
T. IX. 26
4 18

rico d'alcoole. Quando il vino è bastevolmente carico


di gaz si mette nelle bottiglie, e si ritiene il turacciolo
con due funicelle poste in croce ed un filo di ferro, poi
si copre il tutto d'una foglia di stagnola o d'uno strato
resinoso; allo scopo che il turacciolo non si essicchi le
bottiglie si devono conservare supine; senza questa pre
cauzione il gaz sfugge, e il vino perde lo spumeggiare,
I metodi ora descritti sono propri alla fabbrica
zione dei vini spumeggianti di prima qualità, e se que
sti furono travasati e ben defecati si possono perfet
tamente conservare. Tutte le riferite precauzioni sono
inutili quando si vogliano preparare vini spumeggianti
da consumarsi subito: si può allora aggiungere lo zuc
chero in quella dose che piace, filtrarli, poi riporli nel
cilindro per caricarli di gaz. -
Questi vini riescono buoni, ma poco suscettibili di
conservazione; non si guastano, ma solamente si forma
un deposito nelle bottiglie che impedisce che il vino,
senza cessare d'essere aggradevole, possa essere ven
duto come merce. Si può chiarificarlo, ed allora potrà
essere posto in commercio senza inconveniente.
L'impegolatura delle bottiglie richiede qualche di
ligenza; l'intonaco che si mette sul turacciolo, per es
sere buono, dev'essere bastevolmente grasso, nullameno
deve facilmente fendersi e staccarsi quando leggermente
si batte.
La composizione del seguente mastice sembra molto
conveniente.
Colofonia . . . . . . . . . . . Once 12.
Carbonato calcare o polvere di
marmo finissima . . . . . . . » 10.
Essenza di terementina . . . . . » 2.
Carbone animale in fina polvere » 1.7

Si fonde la colofonia, si aggiunge l'olio di tere


mentina, il carbonato di calce ed il carbone animale,
si mescola bene; allora s'immergono nella mischianza
tuttora calda i colli delle bottiglie.
440

dispone ad infiammazioni croniche del tubo alimentare,


al cancro, alla gotta, all'apoplessia, ai calcoli, all'idro
pisia, che è la fine più comune dei bevoni.
L'eccesso passaggero del vino produce l'ubbria
chezza, stato che Licurgo faceva presentare per ispetta
colo onde inspirare orrore; questo è caratterizzato da
una specie di stupidità, risultante dalla congestione ac
cidentale del cervello, che porta un delirio momenta
neo, e qualche volta il furore. In tale stato le gambe
vacillano, gli occhi sono torbidi, l'aspetto stupido, la
loquela è intrigata, ovvero ha luogo la privazione dei
sensi quasi compiuta ed uno stato subapopletico. Si os
servò che la ripetuta ubbriachezza origina il così detto
delirium tremens, il cui rimedio, secondo alcuni medici,
sarebbe l'oppio. Sembra che gli antichi talora ubbriacas
sero a metà i sacerdoti depositari degli oracoli; Virgilio
chiama questa maniera di divinazione enomanzia.
B. Medicinale.

Il vino manifesta azione più energica sugl'individui


che ne fanno uso più limitato; ciò rende ragione del
perchè riesca così salutare nei poveri, ai quali basta ta
lora darne un poco per loro ridonar la salute. -

Il vino d'amministrarsi qual rimedio dev'essere


vecchio, generoso e non molto spiritoso, come sono al
cuni vini del Piemonte. Si prescrivono anche vini zuc
cherosi di Spagna e di Madera nei casi che si richie
dano cordiali più distinti.
Il vino è un tonico soave, un poco diffusibile, che
produce dolce calore, rianima la circolazione e dà atti
vità alle funzioni vitali, nè deve essere amministrato
sotto l'aspetto medicinale che a dose moderata.
Si dà nella convalescenza quando non vi siano sin
tomi infiammatori; allora ridona forza allo stomaco, rende
facile la digestione, e riporta in appresso questa fun
zione allo stato normale.
442

officinali e magistrali, le quali assumono il nome di vini


medicati, come il vino di china, d'assenzio, ec.
La chirurgia adopera di frequente il vino: quello
carico di principio colorante e sostanze saline passa per
astringente, ed è suggerito sotto forma d'iniezioni nella
blenorragia recente, nelle piaghe fistolose, e come to
nico detergente nelle piaghe atoniche; si lavano pure i
fanciulli deboli col vino caldo, e vennero anche sugge
riti i bagni vinosi.
CAPITOLO II.

Della birra.

Si dà il nome di birra ad una bevanda antica


mente conosciuta, la cui origine ascende a tempi favo
losi, per molto tempo indicata col nome di cervogia,
dai latini cerevisia o cervisia, da Cereris vis, perchè do
mina in tal liquore la forza dei cereali, e questi da Ce
rere (Ceres dei Latini), dea delle biade. -

Nella preparazione della birra si preferisce l'orzo,


ma in alcune località si adopera il riso ed una specie
d'olco (holcus spicatus). -

ARTICOLO I.

Della preparazione del malto, o dell'orzo germinato.


La preparazione dell'orzo, ossia la preparazione del
così detto malto, è l'operazione più importante nella
fabbricazione della birra. Questa viene suddivisa in tre
parti: 1.º la germinazione: 2.º l'essiccazione; 3.º la se
parazione delle radicelle.
Si adopera generalmente l'orzo comune (hordeum
vulgare), l'orzo a due ordini di sementi (hordeum di
stichon), e l'orzo a sei ordini (hordeum hecastichum)
in questa fabbricazione. L' eguaglianza più approssima
Quando i grani sono bastevolmente arieggiati, all'u
scire dal germinatoio si deve sospendere ogni vegeta
zione, ed evitare coll'essiccarli le alterazioni spontanee
che proverebbero sotto l'influenza prolungata dell'umidità.
La piattaforma AAA dell'essiccatoio o della tou
raille è alla parte superiore d'un forno. Esso compo
nesi di lastre di latta pertugiate BBB come una spu
maruola, i buchi devono essere piccoli per non lasciar
passare i grani e fra loro molto avvicinati.
Una tela metallica è molto più preferibile, richiede
men mano d'opera, perchè bisogna rimovere meno
l'orzo, lascia passare e ripartire più equabilmente l'aria
da, rompe meglio le radicelle ed abbrucia meno i
grani.
Questa piattaforma rappresenta la base d'una pi
454

tutto il mosto delle due prime materie riunite come si


è detto.
Si stempra una terza volta la mischianza, aggiun
gendovi dell'acqua quasi bollente: si lascia deporre per
un'ora, si cava e si porta la dissoluzione chiara nella
caldaja della birra piccola. Quando il malto non fosse
stato bastevolmente spogliato delle materie solubili, si
lava un'altra volta con acqua bollente, si lascia scolare
il liquido dal robinetto, e si riunisce nella caldaia della
piccola birra.
Dietro ciò che si è detto circa la fabbricazione dello
zucchero colla fecola, si può ridurre la quantità del
malto sostituendovi una proporzionale quantità di fecola
dei pomi di terra o tutt'altra farina amilacea, e ren
dere la fabbricazione della birra più semplice e più eco
nomica. Ecco come si può operare:
Fig. 2.º Una caldaja (fig. 2°
qui unita) chiusa da co
perchio, che lascia vicino
agli orli 2 a 3 aperture
della dimensione del cor
po d'un uomo AAA è
immersa nella tina B, la
scia fra le sue pareti ester
è ne e quella della tina un
\ intervallo di circa 3 pol
=Alici, forma il bagno maria;
un tubo C d'un pollice
di diametro si biforca fra
i due fondi e porta a piacere il vapore d'un genera
tore; un indicatore segna il livello dell'acqua contenuta
nel bagno-maria.
Suppongasi che si trattino 1,000 chilogrammi di
fecola; il doppio inviluppo B (il bagno-maria) essendo
riempito d'acqua a metà dell'altezza della caldaja A,
in cui vi sono 45 ettolitri d'acqua e 200 chilogrammi
di buon malto in polvere grossa, si apre la chiave F
456

Questo metodo è ancora buono a seguirsi tutte le


volte che i grani di cattiva qualità imperfettamente ri
dotti in malto o macerati senza le convenienti diligenze
hanno dato del mosto troppo debole; in quest'ultimo
caso basta aggiungere la quantità di sciroppo bastevole
a procacciare alla soluzione il grado aereometrico (6 di
Beaumé per la birra doppia di Parigi, e 2 1, a 3 per
la piccola birra), nella stessa maniera che si sarebbe
ottenuto con buon grano convenientemente trattato.
3.º Della cottura della birra.

Riprendiamo la fabbricazione della birra al momento


che il mosto viene versato nella caldaja sopra il lu
pulo (1) nella proporzione di 37 libbre e 1, di quest'ul
timo per 27 sestieri o staja di malto, ciò che equivale a
circa 450 grammi per ettolitro di birra ordinaria, ed
ottenendo un secondo prodotto di piccola birra, col far
passare un'eguale quantità di questa sopra il lupuloser
vito nella preparazione della prima, aggiungendovi altre
14 libbre di lupulo di seconda qualità.
Si ha cura di mantenere immerso nel liquido il lu
ulo col riavolo mentre si versa il mosto nella caldaia,
ed anche nel tempo della bollitura, fino a che sia bene
ammollito. -

Quando il mosto è versato nella caldaja, s'innalza


la temperatura, e la si mantiene vicino alla bollizione
fino a che siasi ottenuto il secondo mosto, o la seconda
infusione, o la seconda materia; aggiunta quest'ultima,
la massa è portata alla bollitura, in modo da non dis
sipare molto vapore, e così evitare una troppo forte
perdita dell'olio essenziale, al quale il lupulo deve la
sua amarezza, il suo aroma e sapore speciale.
Si potrebbe sostituire con grande vantaggio al ri
(1) Vedi Storia di questa sostanza. Polline degli organi foliacci,
t. I, p. 545 e seg. della seconda parte di questo Corso.
458
molto grosse. Le nuove devono essere imbonite con va
rie lavature ad acqua bollente; usandole si deve avere
tutta la diligenza di mantenerle sempre ben pulite e
monde, perchè per la più piccola quantità di mosto
che vi può aderire fermenta e inacidisce, prende odore
putrido che verrebbe comunicato al mosto che vi si ri
ponesse.

4.º Dell'infreddamento del mosto della birra,


La temperatura del mosto dev'essere abbassata al
grado conveniente per la fermentazione; questo grado
varia secondo le influenze della temperatura dell'aria
atmosferica ed in senso inverso. Il mosto della birra
dev'essere tanto più freddo quanto più l'aria esterna
è calda, e reciprocamente. È chiaro ad intendere che
si compensano in questa maniera le vicende dell'infred
damento ulteriore nelle tine di fermentazione. -

In generale nella stagione fredda bisogna attivare


per quanto è possibile la fermentazione alcoolica; nel
tempo del calore estivo l'operatore deve all'opposto
sforzarsi di moderare i suoi progressi per evitare che la
birra prenda l'acido. Si possono altronde diminuire le
variazioni di siffatte alterazioni con aumentare la dose
del lupulo, e importa a tal fine d'operare l'infredda
mento più presto che sia possibile. Le tinozze devono
adunque essere esposte a forte corrente d'aria, la quale
si ottiene col mezzo delle persiane che le circondano ore
dinariamente. - -

Refrigerato. In qualunque maniera che siano di


sposte le tinozze, presentano sempre gravi inconvenienti,
e le diligenze più scrupolose non possono qualche volta
prevenire l'alterazione del mosto lupulato che troppo a
lungo rimase caldo. - - -

La costruzione loro è altronde molto dispendiosa


per sè stessa, come per la solidità nelle medesime che
abbisogna in tutte le parti dell'edificio che sostengono
46 6

Nullameno si può preparare una birra leggera che


si conservi bene adoperando mista col mosto dell'orzo
una quantità bastevole (due terzi circa di materia zuc
cherina) di melassa o di sciroppo di pomi di terra ben
depurato. Queste birre ben preparate contengono po
chissima mucilagine, così il loro sapore diversifica da
quello delle altre, sono men dolci e colano senza umet
tare della stessa maniera la membrana mucosa; quindi si
dice che sono secche e che non hanno abboccato cattivo.
Sembra che l'uso consacrato in Fiandra di far di
sciogliere, mediante una lunga bollitura, i piedi di vitello
nel mosto della birra, renda questa bevanda più ca
pace di dare spuma più persistente e più untuosa al pa
lato; si comprende che quest'effetto deve risultare dalla
soluzione gelatinosa prodotta dalla pelle e dai tendini
di questi piedi così trattati. Nullameno la presenza di
questa materia animale deve rendere la birra di più fa
cile alterazione.

ARTICOLO III.

Teoria della fabbricazione della birra.

La germinazione sviluppa nei grani dell'orzo la


diastasi; questa reagisce sull'amido, separa i corpi stra
nieri e produce, disciogliendo l'amidina, la destrina e
lo zucchero, sostanze che passerebbero ad alimentare il
fusto se si lasciasse continuare la vegetazione (1),
Una gran parte dell'amido (probabilmente 66 o
70 centesimi) non ha provata questa conversione in de
strina zuccherina, ma si trova in presenza d'una quan
tità di diastasi più che bastevole per operare quest'eſ
fetto. Se adunque si uniscono le sostanze favorevoli,
vale a dire che si stempri il malto in 4 parti d'acqua
(1) Qui esponiamo la teoria della fabbricazione della birra di Payen,
avendo già trattato diffusamente della germinazione alla p. 252 del t ,
parte seconda di questo Corso,
468

rende anche la spuma per qualche istante persistente;


essa basta ancora ad umettare la lingua ed il palato
d'una maniera speciale, ciò che i conoscitori esprimono
col dire che la birra non è secca, che ha dell'abboc
cato; proprietà che si riscontra più nella birra fatta
esclusivamente collo zucchero o sciroppo di fecola ot
tenuto coll'acido solforico.
ARTICOLO IV.

Di alcune birre estere.

1.° Ale fabbricata in Inghilterra.


Per ottenere questa specie di birra si deve ado
perare il malto più bello, che non sia stato alterato nel
l'essiccazione con incipiente tostatura; il lupulo dev'es
sere il più recente e meglio conservato, ec.
Le proporzioni usitate per la fabbricazione di questa
birra sono: bel malto pallido di Hereford 40 ettolitri;
lupulo della contea di Kent prima qualità 50 chilog: lie
vito fresco lavato 18 litri; sal comune 2 chilogrammi,
Si sceglie il tempo più favorevole alla fabbricazione
di questa birra, e si può operare nei mesi di marzo,
aprile, ottobre e novembre.
Cinque giorni dopo aver dato mano alla fermen
tazione si leva la spuma e si aggiunge il sal marino, si
leva di nuovo la spuma dopo 12 ore, e si replica que
st'operazione mattina e sera fino a che sia ultimata la
fermentazione. La birra travasata chiara produce 34 ba
rili, equivalenti a 45 ettolitri.
2.º Porter inglese.
Questa specie di birra, della quale si fa il mag
gior consumo nell'Inghilterra, e di cui viene esportata
una quantità rilevante, si fabbrica particolarmente a Lon
dra, dove, per una tina di porter, quale si beve comu
nemente, si adoperano le proporzioni seguenti.
470

Si adoperano in questi diversi paesi varietà d'abeti per


prepararla. Il processo di fabbricazione consiste a sosti
tuire al lupulo per 3 a 4 volte più di fettucce sottili di
legno d'abete, dai quali si ottiene egualmente nel mo
sto d'orzo una decozione che presenta un odore aro
matico speciale.
Gl'Inglesi fanno uso per la loro marina di un
estratto d'abete conosciuto col nome di essence ofspru
ce, che aggiungono a diversi mosti. Si è ancora adope
rata la trementina e la ragia d'abete a quest'uopo.
Tutte le dette sostanze hanno, al pari del lupulo,
la proprietà di conservare i mosti fermentati, proprietà
che sembra risiedere nell'olio essenziale, che presenta
ovunque caratteri analoghi. Quanto alle proprietà anti
scorbutiche attribuite esclusivamente alle birre dette re
sinose, è probabilissimo che la più parte delle osserva
zioni fatte su tal soggetto, avrebbero avuto egual suc
cesso se fossero state praticate colle birre del lupulo,
perchè queste contengono pure un olio essenziale per
sistente.
Il birraio consulterà utilmente per il progresso del
l'arte sua ciò che abbiamo detto trattando della tra
sformazione delle fecole in zucchero, tanto coll'acido
solforico che colla diastasi, la teoria della fermentazione
vinosa, quella della germinazione, ec.
Nella birra qualche volta si mette il sugo dei li
moni o quello dei lamponi, ed allora prende il nome
di birra di limone o di birra di (framboise) lamponi.
ARTICOLO V.

Delle birre economiche.

La birra è fra tutte le bevande quella che nell'e


state, vale a dire dal principio di maggio a tutto set
tembre, può prepararsi ovunque prontamente senza di
sturbo, nè bisogno d'apparati complicati.
472

mosto lavora, si copre di spuma che sfugge dal coc


chiume, che è raccolta in vaso a ciò disposto.
Quando il liquore cessò di lavorare, e che si è
chiarificato, si travasa in altro barile che devesi riem
pire fino al cocchiume, e che si tura colturacciolo idrau
lico o di sicurezza, e si ripone in cantina; otto giorni
dopo gli si dà la colla, come si pratica colla birra co
mune, si lascia in quiete per ventiquattr'ore, dopo il
qual tempo s'introduce la birra nelle bottiglie.
Si aggiunge alla colla un po' d'alcoole o acquavita,
mezzo litro del primo e doppia quantità della seconda:
se si desidera averla spumeggiante vi si unisce mezza
libbra di sciroppo ogni 120 litri. In questo caso bisogna
turar bene e tenere le bottiglie supine per 3 o 4 giorni,
dopo il qual tempo rimetterle in piedi. -

Questa bevanda in Francia non costa che 10 cen


tesimi al litro, e non costerebbe che 5 se si potesse
in campagna fabbricare da loro il sciroppo.
ARTICOLO VI.

Delle falsificazioni delle birre.


Queste bevande vanno soggette a molte falsifica
zioni, che hanno in generale di mira l'economia del lu
pulo, sostituendovi altre materie poco costose, le quali
vi possono comunicare il sapore amaro con qualche aro
ma che lo assomiglia, il bosso, la genziana, la centau
rea, ec.
Nell'Inghilterra si adoperò la stricnina, base vege
tabile, come vedremo, sommamente venefica. Ma sic
come questo principio comunica in piccolissima quantità
un sapore eccessivamente amaro ad una grande quan
tità di liquido, ne avvenne che non se ne adoperò in
dose bastevole, perchè la birra così adulterata produ
cesse immediatamente gravi disordini nell'economia ani
male, nullameno bastevole, perchè l'uso d'una tale be
ARTICOLO I.

Composizione chimica.

Nello stato attuale della scienza sarebbe difficile dare


la composizione esatta delle diverse specie di sidro, non
conoscendosi ancora un'analisi compiuta di questa be
vanda. Nullameno si sa che quasi tutti i sidri conten
gono gli stessi principi, le proporzioni dei quali devono
variare, ciò che non può essere posto in dubbio quando
si abbia riguardo alla differenza del gusto, dell'odore
e delle altre qualità che presentano le diverse qualità
di queste bevande tanto per riguardo ai luoghi che ai
modi di loro preparazione ed annata.
Comunque siasi la cosa, si può affermare che tutti
i sidri contengono: 4.º dello zucchero, e in maggior
quantità, quando sono più dolci di quello che si contiene
nel vino e nella birra; 2.º dell'alcoole, la cui propor
zione fu trovata da Brande di 9,87 per 100 in volume;
3.º della mucilagine o materia gommosa, la quale varia,
per così dire, in ciascuna specie di sidro, ed anche in
ragione dell'età; 4.º un principio estrattivo amaro che
sembra trovarsi nel tessuto cellulare dell'inviluppo del
frutto, principio che di frequente determina in alcuni si
dri un sapore dispiacevole; 5.º una materia colorante par
ticolare, abbandonata probabilmente dall'inviluppo e dalla
polpa del frutto, il cui sugo non può essere estratto
senza che questo abbia sofferta una leggera fermenta
zione, il cui colore si fa sempre più intenso in ragione
del progredire che fa la medesima. Quest'effetto ha
luogo altronde nel sidro come in tutte le altre bevande
spiritose, perchè è conosciutissimo che si può fare vino
bianco coll'uva rossa, non lasciando fermentare il mo
sto sopra le pellicole dell'acino.
I sidri contengono inoltre del glutine e dell'albu
mina vegetabile, da Proust e Bérard rinvenute nelle
poma, principi necessari alla fermentazione alcoolica, più
478

mezzano, che è la bevanda più comune dei paesi che


producono in quantità il sidro, si ottiene col mescolare
il forte coll'acqua, ciò che si fa male aggiungendola dopo
la fermentazione, mentre si otterrebbe un miglior pro
dotto allungando il mosto del sidro prima della fermen
taZiOne.

Il piccolo sidro si ottiene nella stessa maniera del


vino piccolo, cioè aggiungendo una determinata quan
tità d'acqua sopra la feccia rimasta dopo la pressione
del mosto del primo sidro.
Prima di passare all'estrazione del mosto del sidro
si deve fare la scelta e la mischianza delle discorse
varietà delle poma. L'esperienza ha chiarito che non
si può generalmente ottenere un buon sidro con una
sola specie di poma; si deve dunque mescolarne varie
specie, in maniera a neutralizzare le cattive qualità delle
une per la buona qualità delle altre. Ma per fare siffatta
mischianza od assortimento vi sono dei principi da se
guirsi, l'ommissione de quali non sarebbe disgiunta da
inconvenienti più o meno gravi.
Il più essenziale si è d'assortire le specie che giun
gono nel tempo stesso a maturanza, e di non unire,
come per lo più si pratica, dei frutti verdi, a frutti
maturi, e sovente ancora a quelli già fracidi. Una ve:
rità, che dev'essere sempre presente al pensiero del
l'agricoltore, è che la forza e la bontà del sidro (del
vino e d'ogni altro liquore fermentato) dipendono dallo
stato di maturanza dei frutti, o in altri termini, dalla
proporzione dello zucchero che contengono.
Quantunque, come ho accennato, le varietà delle
poma siano numerosissime, pure in generale si possono
disporre nelle seguenti serie.
Poma acide: queste rendono molto sugo chiaro, leg.
gerissimo, ma danno un sidro senza forza, di sapore
poco grato e sempre soggetto a farsi nero.
Poma dolci: producono poco sugo senza aggiunta
d'acqua, danno sidro gustoso fino a che è zuccherino,
430

seconde, il sidro debole o piccolo si iro- perchè maci


mando la feccia della prima e seconda premitura vi si
aggiunge una data quantita d acqua.
Abitualmente nella Normandia si calcola che 2340
chilog. di poma devono dare 1000 litri di sidro puro,
e 600 litri risultanti dalle seconde pressioni delle fecce
bagnate. Questi 1600 litri, mescolati insieme danno un
buonissimo sidro che può sovente passare per sidro
forte: ma in cattive annate la medesima quantità di
frutti trovasi così carica d'acqua che rende fino 3000
litri di sidro mezzano buono, compresa l'acqua aggiunta
nelle seconde pressioni delle fecce: il sidro mezzano è
più sano del forte.
Quando si volessero stabilire questi calcoli non die
tro il peso, ma la misura dei frutti, si può considerare
come positivo che abbisognano 6 misure di frutti per
farne una di sidro forte, e che non se ne richiedano
che 3 o al più 4 per avere un sidro mezzano.
La sanza che rimane dalla pressione del mosto delle
poma o delle pera è conservata in fosse coperte di terra
in modo d'impedire l'accesso all'aria. La si estrae dalle
medesime a misura che richiede il bisogno, e serve a
nutrire i majali nell'inverno.
Mescolando questa sanza con crusca di granoturco,
si possono fare mattoncelli, i quali, essiccati bene, pos
sono servire di combustibile, danno buona fiamma e con
servano molto il fuoco.
Il sugo o il mosto delle mela, espresso come ora
abbiamo detto, non presenta la stessa densità, e segue
le stesse leggi seguite nel mosto dell'uva. Questa den
sità è importante di conoscerla, perchè quanto più il
mosto è denso, tanto più contiene di materia zuccherina.
Nullameno la densità non è la misura esatta della
quantità della materia zuccherina contenuta nel liquido,
bisogna dedurla dal peso della materia supposta secca,
perchè una tale densità indica anche la quantità dell'a
cido malico sempre contenuto in grande quantità nel
436

per quelli che vi sono avvezzati: ma l'aspetto latteg.


giante e il deposito che lascia sempre nei vasi la ren
dono poco gradevole alla vista.
Gl'Indiani la bevono sempre torbida, e per averla
tale agitano i vasi che la contengono prima di versarla.
Il fatto è che la chicha è nel tempo stesso alimento di
grande nutrizione e bevanda eccitante: si vedono uo.
mini occupati nei più duri lavori, ai quali la chicha è
il loro alimento quasi esclusivo.
I bevitori pretendono ch'ella ispiri orrore all'acqua,
Bougsingault aggiunge di non aver mai veduto un in
diano ricco, un coltivatore del piano di Bogota disse
tarsi coll'acqua; sovente quando si fa, dopo un viag
gio penoso, una fermata vicino ad un torrente, si ve
dono fare più d'una lega per trovare una capanna, in
cui sono certi di ritrovare la bevanda loro favorita.
c. Nella provincia di Soccorro a Belez si prepara
una poltiglia di mais, che basta stemprarla nell'acqua
per avere la chicha. Detta poltiglia si nomina masato;
è il mais cotto e macinato, che lasciasi fermentare in
pasta dopo d'avervi aggiunto una data quantità di zuc.
chero. Questa fermentazione è lentissima, e quando è
molto avanzata, il masato, che ha la consistenza e l'a
spetto del riso cotto, è riposto in otri onde essere espor
tato, e se ne fa rilevante commercio.
L'uso precipuo del masato, come si è detto, è
quello di preparare istantaneamente la chicha, la quale,
dosando bene l'acqua, riesce fortissima. Nullameno lo
si usa anche come alimento; e, al dire di Boussingault,
non è raro il vedere persone compiutamente ubbriache
dopo averne mangiato uno o due piattelli.
d. Guaruzo. Gl'Indiani delle regioni calde fanno
col riso un alimento alcoolico che ha analogia col ma
sato. Questo è il guariuzo, che si ottiene facilissimamente
stemprando nell'acqua il riso cotto. Il liquido, nel quale
i grani del riso restano sospesi e divisi, fermenta ada
gio e conserva sempre sapore sensibilmente acido.
490

LEZIONE TRENTESIMASESTA

DELL'ALCOOLE.

ARTICOLO I.

Dell'estrazione dell'alcoole.

Lº alcoole si ottiene sottoponendo alla distillazione


i liquidi che hanno sofferta la fermentazione vinosa, so
spendendo l'operazione dopo che sia passato circa un
terzo del volume primitivo del liquore adoperato. Il
prodotto così ottenuto contiene l'alcoole misto a quan
tità più o meno rilevante d'acqua, e prende il nome
d'acquavite, dalla quale si separa l'alcoole più puro coi
mezzi che vedremo.
Non si hanno dati storici positivi del quando s'in
cominciasse a distillare il vino per ottenere lo spirito,
Questa pratica ascende a tempi molto rimoti, perchè
lo spirito di vino era adoperato molto prima dell'era
chimica nel nord dell'Europa. -

Arnoldo da Villanova, medico e chimico del XIII


secolo, che professava la chimica a Montpellier, e Rai
mondo Lullo, suo discepolo, conoscevano l'acquavita,
ed insegnavano i mezzi di separare da essa le parti
acquose in modo d'ottenere un prodotto più ricco di
spirito ardente o d'alcoole. Ciò che Raimondo Lullo ed
i suoi successori denominarono quinta-essentia, e da cui
derivò il nome quintessenza, la quale servì di base ai
loro lavori chimici, non era altra cosa che spirito rete
tificato o distillato più volte col mezzo del calore del
letame.
Argand nel 1780 concepì la prima idea di far tor
nare a profitto della distillazione medesima il calore ado
492

serie di vasi in forma d'uovo, carichi di vino, e si con


densavano fino a che il vino avesse acquistato il grado
della bollitura in conseguenza del calorico da loro ab
bandonato. Questo vino così riscaldato e divenuto più
alcoolico inviava i suoi vapori di più in più ricchi d'al
coole in altra serie di vasi minori piccoli e vuoti, ove
essi deponevano, cammin facendo, le loro parti meno
spiritose (ciò che si nomina flema), la cui quantità an
dava senza posa a diminuire di vaso in vaso. Le parti
più volatili venivano in fine a condensarsi dapprima in
un serpentino rinfrescato col vino, e dappoi in altro
immerso nell'acqua.
Quando il vino posto nella cucurbita del lambicco
era spogliato dallo spirito, si lasciavano colare di fuori
col mezzo d'una chiave posta al fondo della cucurbita, e
si riempiva immediatamente col vino già caldo dell'ova
e del serpentino. In questa maniera si traeva partito di
tutto il calorico latente dei vapori, ed il prodotto non
sentiva odore d'abbruciato, perchè la distillazione non
aveva luogo a contatto immediato del fuoco. Finalmente
il grandissimo vantaggio era quello d'ottenere in una
sola distillazione lo spirito di quel grado commerciale
che più tornava utile.
Edoardo Adam prese privilegio d'invenzione nel
29 maggio 1801, e s'affrettò di stabilire col mezzo di
capitalisti venti distillerie nel mezzodì della Francia. Più
d'un milione di franchi si è impiegato in questa gigan
tesca intrapresa.
Ma ben presto d'ogni parte si eressero apparati
modellati al suo; una serie di processi e di liti dispen
diose s'impegnarono fra Adam ed i suoi contraffattori,
Questi guadagnarono la causa, e l'infelice Adam, dopo
aver dettato il mezzo di un'industria che doveva tanto
contribuire alla ricchezza di questa contrada, se ne morì
nella miseria e nell'afflizione alla fine del 1807.
La storia di Adam, di Lebron, di Lablane, di Ja
cquart, che è sgraziatamente quella di quasi tutti gli sco
49 6

correzione, che è 1° di Cartier per 6° della variazione


della temperatura vicino a 33”, diventa 1° per 5° vi
cino a 36° e 1° per 8° nella vicinanza di 20°.
L'alcoometro centesimale è adoperato unitamente
al termometro centigrado: la temperatura è fissata a 15°
di questo termometro, e le tavole che fanno le corre
zioni del titolo e del volume sono divenute con questo
istromento in Francia le basi dei rapporti dell'ammini
strazione col commercio. Apportano esse perciò una gran
de esattezza nella percezione del diritto considerato come
tassa dell'alcoole puro.
Le tavole di Gay-Lussac riportano alla tempera
tura 15° cent. la ricchezza alcoolica di tutti i liquidi,
qualunque sia la loro temperatura da 0° a 30”: indi
cano ancora il volume in più o in meno che bisogna
dare al di sopra o al di sotto di 15° per dare in tutte
le stagioni la medesima quantità d'alcoole. Si comprende
facilmente che, ammessi questi principi di calcolo, i com
mercianti non avranno più a preferire per la compera o
per la vendita dei loro spiriti una tale o tal altra sta
gione.
Nel sistema doganale molti Governi hanno adottato
esclusivamente l'alcoometro di Gay-Lussac, che dovrebbe
essere sostituito all'areometro di Beaumé e di Cartier,
nullameno credo utile riportare alcune tavole di corri
spondenza dei due istromenti, utilissime a consultarsi
499
Tavola della corrispondenza della scala dell'arcometro
di Beaume e di Cartier.

Beaumé. Cartier. Bcaumé. Cartier.

10 M 1 25 24
I 1 1 1,75 27 25
15 14,75 30 28,50
17 16,75 39 30
20 9 36 34,50
21 20 38 35,50
23 29 40 37

La tavola seguente offre le densità dell'alcoole as


soluto e delle sue mischianze coll'acqua alla tempera
tura di 15° centig., secondo Gay-Lussac.
Alcoole in centesimi. Densità del liquido.
100 o,7947.
95 0,8168.
90 0,8346.
85 0,8502.
80 0,8645.
75 0,8779.
70 0,8907.
65 0,9027.
60 0,91 41.
55 0,9248.
50 0,9348.
45 0,9440.
40 0,9523.
35 0,9595.
30 0,9636.

Sopra l'esposta densità è fondata la costruzione


delle tavole di Gay-Lussac per determinare l'acqua o
lo stato d'idrazione dei liquidi spiritosi, operazione che
generalmente si denomina riduzione dell'acquavite, che
500

consiste a riportare questi liquidi ad un titolo inferiore


determinato, tanto col mescolarvi dell'acqua, che ag
giungendovi un liquido spiritoso più debole. -

Se si hanno, p. e., 1000 litri di spirito a 86° cen


tesimali o a 86”, e che si voglia ottenerne a 50", si
trova che bisogna aggiungere 761 litri d'acqua, ma non
se ne otterranno che litri 1720 di liquido in luogo di
1761, perchè la mischianza si addensa di fa (1)
Si avrà dunque questa formola:
100 x " = 1720.
OO

Se con 86 si volesse farne 438 litri di 48, si ot


terrebbe, secondo la formola
as litiº º
Tg5 = 244",4 per la quantità dello spirito, -

Mille litri di questo spirito prenderebbe 834 litri


d'acqua per dare dello spirito a 48°; moltiplicando il
numero 244",4, e dividendo per 1000, si trovereb
bero 203",8 per l'acqua d'idrazione.
Se si vuole diluire un liquido spiritoso con altro
liquido più debole, si procede pure con metodo ana
logo. Per esempio, se si avessero 708 litri a 88", e
che si volesse ottenerne a 46° con un altro liquido che
segnasse 34”, si troverebbe -

86 – 46
708 litri x = 2478 litri.
TAGT54
Col tener conto della contrazione, il volume di
questo liquido è di 2574 litri, differisce di 96 o lº
circa, ed è la quantità del liquido spiritoso a 34” che
bisogna aggiungere per ottenere il grado voluto,
Finalmente si può rinforzare o portare a grado più
elevato uno spirito debole col mezzo d'altro più forte,
P. e. 2478 litri a gradi 34°, che si volessero portare a
gradi 46°, adoperando dello spirito a 88°, abbisognerebbero
(1) Fenomeno dai fisici qualificato col nome di penetrazione mole
colare. - -
504

dà l'idromele, liquore vinoso che alla distillazione som


ministra acquavite, come anche il latte delle giumente
nella Tartaria dà un liquore fermentato.
Tutte le sostanze dalle quali si estrae l'acquavite
le comunicano un odore più o meno particolare e ca
ratteristico. -

Secondo la provenienza e la natura del liquido vi


noso che ha prodotto lo spirito col mezzo della distil
lazione, questi prendono diversi nomi commerciali, di
cui torna utile conoscere almeno i principali.
54 0

Quando si è riunita una data quantità di flemma sul


fondo sferico, si ferma la chiave H, la pressione che al
lora si stabilisce nell'apparato, la quale equivale presso
a poco a quella d'una colonna d'acqua di 20 a 24
centimetri d'altezza, basta per far ascendere queste flem
me nella caldaia di rettificazione.
Apparato continuo di Carlo Devosne.
Fig. 3°
La fig. 3.” rappresenta
il complesso dell'appara
to, cioè: 1.º AA due cal- a-t

daje che devono essere -

stabilmente incassate nel


muro; 2.º B colonna di
distillazione; 3.º colonna
di rettificazione; 4.” D
condensatore riscalda-vi
no; 5.º Erefrigerante; 6.”
F vaso regolatore dello
scolo sormontato da chia
ve h e da galleggiante;
7.º G serbatoio.
La caldaja A è prov
veduta di uno scaricatore
| | |
a a chiave b; c è un tubo -

terminato da una cannuc -


-

cia, nella
duce quale
un tubo s'intro-
di vetro di B | re

congiunto con mastice sul- A |


lo scaricatore a, e Serve e AHA
e, -

) - e Mi g li ca'

- l d i

s º º l º lº
d'indicatore; h apertura della caldaja chiusa da coperchio
5 42

vatura, ciascuno di questi tubi dev'essere provveduto


d'una chiave z z per determinare a piacere il titolo del
liquido riportato nel rettificatore. Questo si ristringe su
riormente in un tubo tche si salda con un tubo si
mile allo scalda-vino. All'interno è occupato da sei ser
batoi fissi, composti di sei piastre circolari u , forate
al loro centro da un buco, sul quale è saldato un ci.
lindro. Questo cilindro è incassato in maniera da lasciare
bastevole intervallo fra le due pareti per un coperchio a
sostenuto al di sopra del cilindro ad una certa distanza,
col mezzo di liste metalliche saldate sulla piastra da una
parte e dall'altra sul coperchio. Ciascuna di queste pia
stre è inoltre pertugiata sopra un lato da un foro più
piccolo, d'onde s'innalza una piccola porzione di tubo
ss della stessa altezza del cilindro. Col mezzo di questi
tubi il vapore è ammesso nello spazio lasciato fra cia
scun serbatoio; v, u, a (fig. 1.º).
Fig. 6.º Fig. 6.” Lo scaldavino
7l X In B D veduto per la sezione
orizzontale: racchiude un
serpentino orizzontale s,
del quale ciascuno dei detti
giri è pertugiato nella parte
più bassa da foro, al quale
si trovasi saldato un tubo 1,
lº 2, 3, 4, ec., che si fa luce
al di fuori per un con
dotto comune b; a scaricatore del liquido del condotto
b, che si congiunge ad un prolungamento a che comu
nica a piacere con ” col mezzo d'una chiave; c d altri
scaricatori a chiave, terminanti a un tubo e riunito al
tubo f, t p, tubulature che s'incastrano con quella º
del rettificatore e quella u del refrigerante; i tubulatura
- che dà passaggio al vino, che pel condotto g lascia co
lare detto liquido nel tubo r; h, k tubulature a chiave
destinate a vuotare lo scalda-vino alla fine dell'opera
ZlOlle.
3, º 4

passa per gf gi nella seconda caldaia A che risal


data dal vapore e dal gaz ehe sfigse dal focolaio, è ben
presto posto in bollitura.
Il vapore che essa produce si svolge per l'. pe.
netra nella colonna ſi s incontra col vino che percorre
tutti i suoi compartimenti cangia con lui il suo calo
rico contro l'alcoole, giunge in C, ove si alcoolizza al
cora di più. entra nello scalda-vino. si spoglia in parte
dei vapori acquei che l'accompagnano e che ritornano
pel tobo a o pei tubi c. d nella colonna di rettifice
zio e, a meno che questi tubi fossero chiusi, esso non
prende la sua direzione nel passare di più in più allo
stato liquido verso il refrigeratorio E, che rendendolo
ad una temperatura poco elevata al di sopra di quella
deli aria esterna passa per il tubo b' del vaso E".
Andamento dell' operazione.

A º Principio dell'operazione. S'incomincia a cari


care la caldaja A A", come ora si è detto. Si riuniscono
le diverse parti del macchinisti o nell'ordine descritto,
e chiuse tutte le chiavi, si apre la chiave i di F. ll
vino segue il catinino sopra segnato, e quando si vede
dall'indicatore di che è giunto in A' si chiude l', e
si mette fuoco al fornello della caldaia A.
ll vapore segue il cammino indicato, si ottiene del
l'acquavite o dell'alcoole, secondo la ricchezza del vino
adoperato, dallo scaricatore b", si lascia colare il primo
prodotto, che ha un sapore dispiacevole di rame, e quando
cola di buon gusto, si raccoglie separatamente, si coll
tinta la distillazione se l'operatore si limita ad ottenere
acquavite, e quando lo scalda-vino D è caldo al punto
di non potervi mantenere la mano, si apre la chiave i"
di 1' e l'operazione è in lavoro.
Se all' opposto si vuole ottenere dello spirito, dopº
d'aver lasciato colare tutto ciò che sa di rame, si
aprono le chiavi di ritorno c e d, per le quali il li
5 16 t

Se si desidera aumentare la ricchezza in alcoole


somministrato dalle aperture, si potrà far ritornare in
B porzione di liquido a per le aperture successive di cd,
le quali lasceranno colare un liquido meglio alcoolizzato
e più ricco. Si accresce ancora la ricchezza alcoometrica
aprendo la chiave c, e meglio ancora aprendo d che ri
condurranno tutte e due il liquido in C per i tubi e, f ).
Per ottenere il grado 36 (85 alcoometrico) del com
mercio si è riconosciuto che, generalmente parlando, bi
sogna lasciare le tre chiavi aperte. Se si vuol diminuire
la spiritosità del prodotto, non hassi che a chiudere
prima d e poi e.
Fine della distillazione.

Non avendo più materia da distillare, se non quella


rimasta nell'apparato, i serbatoi G e F essendo vuo
tati, si vuota la caldaja A e la si riempie del liquido
della caldaja A'; si sospende un istante il fuoco, e si
fa giungere in A il liquido D aprendo la chiave h di
D. Si vuota nel tempo stesso il refrigeratorio E, si porta
dell'acqua in G, si sluta il tubo g di D, e si gira in
modo che l'acqua non possa rientrare per r in B.
Si apre la chiave di G e F e si riscalda di nuovo,
L'acqua compie allora le funzioni del vino per la con
densazione. Si continua così rifrescando con acqua fred
da. Se verso il fine dell'operazione non si vuol ottenere
una troppo grande quantità d'acquavite debole, si può
aumentare la proporzione dell'acqua in D e lasciare
aperti i tubi di ritorno. Quando il liquido che giunge
in b di E" non segna più sensibilmente grado alcoome
trico, la distillazione ha raggiunto il termine.
Rettificazione.

L'apparato sopra descritto, quantunque specialmente


destinato alla distillazione dei vini e degli altri liquidi
5 | 2,

Dev'essere composta di vari locali, cioè: 1° di


un officina. nella quale si trovino comodamente disposti
gli apparati distillatori in numero più o meno grande,
secondo lo sviluppo della fabbricazione ben provveduta
d'acqua e ben ventilata, in modo che i vapori alcoo
lici e quelli del combustibile non rendano viziata l'aria,
2.º una buona cantina per la conservazione dei vini o
dei liquidi spiritosi, e per quella delle acquevite e del
l'alcoole prodotti; 3.º un locale per la fermentazione
dei grani dei cereali e delle altre sostanze amilacee,
quando siasi adottato questo metodo di fabbricazione;
4.º un magazzino pei combustibili ed altri attrezzi di
fabbricazione: 5.º finalmente locali per la direzione, ec.
Stabilito il locale secondo le indicate norme, prima
di comprare i vini e di dar mano alla distillazione, coll
vien conoscere la quantità dell'alcoole che contengono,
onde procedere con cognizione di causa al lavoro.
Tutti i vini, ed in genere tutti i liquori fermer
tati, non somministrano la medesima quantità d'acqua
vite; anche i vini delle medesime situazioni non pre
sentano sempre la stessa forza o la stessa proporzione
d'alcoole, come anche i liquidi fermentati, ottenuti con
Inetodi identici e da sostanze eguali non danno sempre
il medesimo prodotto, perchè la fermentazione vinosa
è influenzata da circostanze che non tutte si possono re
golare.
In genere, parlando dei vini, i bianchi in totale
non danno una quantità più grande d'alcoole dei rossi,
ma è più aromatica e di miglior gusto. Questi vini d'orº
dinario sono meno ricercati e reggono meno dei rossi,
così di prezzo minore, molto più i meno scelti, e si
possono distillare più presto e poco tempo dopo la velº
demmia. - a

Secondo i principi stabiliti sulla trasformazione dellº


materie zuccherine in alcoole, si vede che il momentº
più favorevole per sottoporre i vini alla distillazione è
quello nel quale il sapore zuccherino è sparito, in º
522

I grani germinati non devono essere che modera


tamente essiccati, e solo convertiti in malto pallido o
giallo ombrato: spingendo di più l'essiccazione si abbru
stolisce una porzione della materia zuccherina (carame
lizza), ciò che tornerebbe di danno al sapore dell'acqua
vite. E nella fabbricazione dell'acquavite dei grani che si
riconoscono tutti i vantaggi degli essiccatoi riscaldati a
vapore. - -

Altronde, per evitare questi apparati ed il lavoro


dell'essiccazione, Doerffurts propose per la distillazione
di non essiccare i grani germinati, ma di schiacciarli
ancora allo stato molle fra due cilindri. Assicura che i
germi non comunicano alcun gusto cattivo all'acquavite,
che la fermentazione è così attiva, la macinatura faci
lissima, e che si ottiene ben anche una maggiore quali
tità di liquore spiritoso.
Molti processi sono in uso per operare la forma
zione del mosto (brassage), come per dirigere la fel
mentazione e la distillazione dei grani. Descriverò qui
con Payen i metodi germanici ed inglesi, aggiungendo
qualche particolare sopra un terzo che si potrebbe de
nominare metodo francese, perchè fondato su scoperte
recenti dovute a climici francesi.

Metodo germanico per la distillazione dell'acquavite


dei grani.

In Germania e nel nord dell'Europa si ha l'abi


tudine d'esporre alla fermentazione alcoolica il mosto
che si ottiene dalla dissoluzione del malto nell'acqua
calda senza chiarificarlo, e d'introdurre questo mosto
fermentato colla sua feccia nella caldaia degli apparati
distillatori.
L'operazione della soluzione del malto (brassagº)
si fa come segue. Supponiamo che si vogliano mettere
in fermentazione 100 chilogrammi di malto pesto e di
farina di grani crudi; si riscalda l' acqua nella caldaja,
52 4

chilog di lievito recente del deposito, e 4 chilog di


quello che galleggia; si mescola dapprima questo lievito
con un poco di mosto caldo e prima che sia stato al
lungato d'acqua, di maniera che incominci a fermen
tare al momento che si aggiunge alla massa del mosto,
poi si mescola uniformemente per quanto è possibile nel
liquido; ciò fatto si copre la tina e si abbandona il mo
sto alla fermentazione.
Questa fermentazione è diretta nello stesso modo
che abbiamo descritto trattando della birra. Aggiunge
remo solamente che in capo di un'ora circa comincia
a manifestarsi, e dopo 5 ore il cappello è già formato,
A questo momento la temperatura del mosto è innal
zata a 36° o 40° centig., in capo a 36 ore la fermen
tazione è giunta al massimo di attività; dopo d'allora
il calore diminuisce a poco a poco, le materie solide
ritenute in sospensione si precipitano, il liquore si fa
chiaro, la massa passa al riposo e la fermentazione è
terminata in 48 o al più in 60 ore.
Secondo Koelle, torna vantaggioso per rendere come
piuta la fermentazione del mosto al momento in cui
cade il cappello, di rimescolare fortemente la massa li
quida, aggiungendo un po' d'acqua calda per riscal
darla. La fermentazione prolungasi ancora per qualche
tempo, quantunque con poca energia, ed è più compiuta,
Quando si giudica che sia ultimata la fermenta
zione, si lascia riposare il vino dei grani per qualche
tempo fino a che si manifesti alla superficie un principio
di reazione acida. Lo scopo di questa pratica è quello
d'assicurarsi che la fermentazione alcoolica sia terminata,
e che tutto lo zucchero siasi trasformato in alcoole,
L'arte consiste a colpire per la distillazione il momento
in cui il liquore contiene più di spirito, ciò che ha
luogo ordinariamente 60 a 72 ore dopo l'aggiunta del
lievito. Questo punto, una volta riconosciuto, si tra
sporta tutta la massa nell'apparato e si procede alla
distillazione. -
526 - -

estratto presso a poco mescolato nella proporzione di


80 chilog. di segale cruda e macinata grossamente so
pra 20 di malto d'orzo schiacciato, si depone in questa
tima a doppio fondo uno strato di corta paglia di 2
centimetri di spessore, si stendono al di sopra 200 chi
log. di grani mescolati, allora si fanno arrivare pel coll
dotto laterale che comunica collo spazio praticato fra i
due fondi, 400 litri d'acqua alla temperatura di 45"a
50”, mentre un uomo o due, armati di rimescolatoio,
sono occupati a fortemente rimescolare, indi a sè stessi,
abbandonano la materia per un quarto d'ora o mezz'ora
aſlinchè si penetri d'acqua.
Immediatamente dopo questa macerazione gli operai
riprendono il rimescolatoio ed incominciano a rimesco
lare la massa, mentre per il condotto laterale si fanno
arrivare 800 litri d'acqua bollente. La rimescolatura
deve durare questa volta un quarto d'ora circa, poi si
lascia in riposo per un ora almeno. A questo momento
i grani che si trovavano affogati nell'acqua devono ess
sere precipitati al fondo della tina e ricoperti d'uno
strato di liquido chiaro. Si apre una chiave che comi
nica collo spazio interposto fra i due fondi; e siccome
il fondo superiore forma una specie di filtro pei buchi
conici che ha alla sua superficie e lo strato di paglia
che lo ricopre, tutto il liquido che cola dalla chiave è
trasportato nella tina di fermentazione.
Fatta questa prima estrazione, s'introducono per
lo stesso condotto 600 litri d'acqua bollente, e gli operai
rimescolano ancora per un quarto d'ora; lasciano ripo
sare un'ora, e cavano questo liquido come il primo per
riporlo in fermentazione. I grani che rimangono sul dopº
pio fondo dopo queste due estrazioni sono bastevolmente
spogliati della materia fermentiscibile, che l'acqua ha di
sciolta. -

Il liquido deposto nella tina di fermentazione è po


sto in lievito quando la temperatura è discesa a 20" o
30", secondo la capacità delle tine, e si ottiene così un
534

I risultati oltre ciò d'alcune esperienze molto pre


cise dimostrano che la putrefazione o la fermentazione
simultanea di questa fibrina può essere evitata nella fab
bricazione dell'acquavite del frumento.
Lo stesso mosto che nella distillazione dell'acqua
vite dà un prodotto carico d'olio essenziale, sommini
stra nella fabbricazione della birra un liquore spiritoso
che non ne contiene traccia. Ed è perchè in quest'ul
tima operazione si aggiunge al mosto della birra una
sostanza aromatica, cioè il lupulo, ed è probabilissimo
che la sua presenza modifichi la natura delle metamor
fosi che si operano nella stessa maniera che l'olio es
senziale della senapa, p. e., come anche gli oli empi
reumatici arrestano la fermentazione dello zucchero ope
rando sopra il lievito che si trasforma. L'olio essenziale
del lupulo non sospende, egli è vero, la fermentazione
dello zucchero, ma modifica in eminente grado l'in
fluenza che la materia azotata in decomposizione eser
cita sull'acidificazione dell'alcoole. Avvi adunque argo
mento da credere che esistano delle sostanze aromatiche,
le quali, aggiunte alle mischianze fermentiscibili, possono
alterare i prodotti e variarne i risultati.
L'olio dell'acquavite del frumento si compone in
ran parte d'un acido grasso non eterificato che discio
glie l'ossido di rame ed in generale gli ossidi metallici,
si combina cogli alcali, e per le sue combinazioni s'avviº
cina all'acido enantico, ma nullameno differisce da que
sto per le proprietà (Mulder).
L'olio dell'acquavite dei pomi di terra, come ab.
biamo indicato, costituisce un idrato d'una base ama
loga all'etere, capace per conseguenza di formare delle
combinazioni cogli acidi; si produce in grande quantità
nei liquidi fermentiscibili che sono neutri o leggermente
alcalini; così nelle circostanze in cui trovasi solo non è
in istato di combinazione con un acido.
Si ricercò con infinità di mezzi per togliere il cal
tivo gusto dell'acquavite delle fecce dei grani o della
v . . .. . . .
536

a parte: l'acquavite che ottenne dappoi, era, secondo


lui, perfettamente priva di gusto o di odore di cloro,
ne sentiva odore empireumatico.
I mezzi sopra indicati diedero in apparenza del
l'acquavite pura e spoglia del così detto fuselcel, sem
bra però, e specialmente quando si adoperò il carbone
animale, che essa riprenda in capo ad un dato tempo
un odore d' olio animale molto forte e spiacevole, o
che l'antico gusto d'empireuma fornì a ricomparire,
Questi mezzi sono adunque insufficienti. Il processo
di Klaproth, che consiste a distillare l'acquavite delle
fecce delle fecole con acido solforico concentrato ed aceto,
presenta più felice successo. Con questo si toglie non
solo una parte del cattivo gusto all'acquavite, ma essa
riceve un sapore d'etere acetico molto gradevole. Nul.
lameno questi liquidi così emendati ai palati pratici
manifestano l'origine loro, e non possono adoperarsi per
la fabbricazione dei liquori fini.
Woehler propose di rettificare le acquavite in di
scorso sopra il manganesato di potassa (camaleonte mi
" ed assicura che allora prendono gusto grato al
pari di quello ottenuto dai migliori vini. Ecco le pro
porzioni indicate per depurare 100 litri d'acquavite:
Acido solforico concentrato. . 300 gr.
Aceto forte . . . . . . . . . . A 200 ,
Si lascia digerire, per ventiquattr'ore, si distilla la
mischianza a bagno-maria, ed il liquore distillato si ret
tifica sopra 600 grammi di manganesato di potassa.
Liebig suggerisce per iscoprire la presenza dell'olio
dei pomi di terra o quello delle sementi dei cereali esi.
stente nell'acquavite, d'aggiungere a questa alcune gocce
d'acido solforico concentrato; se prendono una tinta
rossa avvi presente il detto olio. Vogel propose al me
desimo intento l'aggiunta d'alcune gocce della soluzione
del nitrato d'argento, e di esporre dappoi la mischianza
ai raggi solari; se avvi olio di pomi di terra prende
una tinta rossa.
538

L'alcoole ordinario prodotto dalla fermentazione


dello zucchero è il corpo tipo di questa classe di com
binazioni. La sua formola è: C Hº O = 2 volumi di
vapore. L'acido solforico concentrato gli toglie H' 0, e
lo converte in gaz oleofacente; gli agenti ossigenanti lo
mutano in acido acetico C Hº O”.
C Hº O alcoole.
C Hº O – H O = C Hº gaz oleofacente.
C” Hº O – Hº + O = C Hº O' acido acetico.
Secondo lo stesso chimico esiste un altro corpo
tipo derivante dagli alcooli, ed è l'alcoole deidrogenato
o per abbreviazione aldeida, risultando da ossidazione
incompiuta.
C Hº O– H =C Hº O aldeida (V.t.II, p.699,
parte seconda).
Quest'ultimo corpo costituisce un termine interme
dio fra l'alcoole e gli acidi.
Gli alcooli possono essere considerati come capi
della famiglia, perchè col loro mezzo si producono delle
serie di combinazioni numerosissime. Scoprire o carat
terizzare un alcoole, diceva Dumas e Stas, è arricchire
la chimica organica d'una serie di prodotti analoghi a
quelli cui rappresenta nella chimica minerale la scoperta
d'un nuovo metallo. Sfortunatamente il numero di quelli
che si conoscono adesso è ancora limitatissimo, perchè
non si è ancora ritrovato il mezzo di convertire gli acidi
nei loro alcooli rispettivi, ma avvi a supporre che cor
risponda a ciascun acido un alcoole, un aldeida, un car
buro d'idrogene, vale a dire che ciascuna famiglia pos
seda il suo alcoole.
In fatto d'alcooli si può ammettere presentemente
1° Il metole (methol), spirito delle legne od al
coole della prima famiglia CH O = (CH') + H 0.
2.º Alcoole ordinario (spirito di vino), od alcoole
della seconda famiglia C Hº O =, (CH) + H 0.
3.º Amilol (olio dei pomi di terra. V. t. II, p.631,
parte seconda), o alcoole della quinta famiglia stabilita
dallo stesso Gerhardt C Hº O = 5 (CH) + H 0.
540

Non bisogna però, secondo lo stesso autore, attac


care un senso troppo esclusivo a questa maniera di rap
presentare l'alcoole, perchè esistono moltissimi altri corpi
capaci di cedere gli elementi dell'acqua sotto l'influenza
di certi agenti, senza che quest'acqua preesista in essi
bella e formata.
La teoria di Liebig, come andrò dimostrando, espri
me gli alcooli di Gerhardt quali idrati d'ossidi inco,
gniti (etile, metile, ec.).
L'alcoole adunque, secondo Liebig, è l'idrato del
l'ossido d' etile, ossia l'idrato dell'etere; la sua formola
e la sua composizione sarebbero la seguente:
Formola. C. Ha O. = O + Aq.

Composizione.
1 at. d'ossido d'etile . = 468,146 – 80,624,
2 – d'acqua . . . . . = 112,479 – 19,376.

4 at. d'alcoole Ae + Aq = 580,625 –100,000,


L'etere e l'acqua si combinano direttamente e for
mano l'alcoole, allorquando la loro mischianza viene
lungo tempo abbandonata a sè stessa; nullameno questa
combinazione può aver luogo al momento che i due
corpi s'incontrano allo stato nascente, ciò che ha luogo
riscaldando i sali acidi d'ossido d'etile.
L'alcoole si forma anche decomponendo i sali neu
tri d'ossido d'etile col mezzo degl'idrati alcalini; ma
in grande è generato dalla decomposizione particolare
a cui vanno soggette le materie zuccherine a contatto
del lievito o d'una materia atta a determinare la ferº
mentazione, come fu diffusamente sopra discorso,
a. Metodo d'ottenere l'alcoole anidro.

Si è veduto che lo spirito di vino del commercio,


anche il meglio rettificato, contiene sempre una data
544

sviluppa non basta alla soluzione della neve operata dal


l'alcoole, e toglie adunque il calorico ai corpi ambienti
L'unione dell'alcoole coll'acqua si opera con una
condensazione, perchè la mischianza presenta un volume
minore di quello dei due liquidi preso separatamente,
Il massimo di questa condensazione ha luogo per
la mischianza d'un atomo d'alcoole con 6 d'acqua, che
corrisponde a 580, 625 parti d'alcoole e 674,88 di
acqua; 100 volumi della detta mischianza contengono
53,929 volumi d'alcoole, e 49,806 volumi d'acqua;
per conseguenza 103,735 volumi si sono ridotti a 100,
il peso specifico della detta mischianza è di 927 a 10"
cent. = 8 di Réaumur.
Il punto della bollitura della mischianza dell'acqua
e dell'alcoole s'innalza colla quantità dell'acqua fino ad
un dato limite, così l'alcoole di 94 cent." bolle allo
stesso punto dell'alcoole anidro; l'alcoole a 96 a 99
cent." bolle a temperatura un poco inferiore, causa per
la quale nella preparazione dell'alcoole anidro la prima
porzione che passa nella distillazione racchiude quasi
sempre un poco d'acqua.
L'alcoole puro non ha reazione nè acida, nè al
calina, e svapora senza lasciar residuo.
L'alcoole, dopo l'acqua, è il solvente più univer
sale, discioglie l'iodio, il bromo, lo zolfo, il fosforo e
asi tutti i gaz oleosi meglio dell'acqua.
Tutti i sali inorganici deliquescenti sono solubili
nell'alcoole, eccetto il carbonato di potassa; l'analisi
mette a profitto d'una tale proprietà. I solfo-sali ed i
solfuri alcalini sono pure solubili nell'alcoole.
Secondo Graham, l'alcoole forma delle combina
zioni cristalline coi sali, e si combina con molti di essi
in proporzioni definite, ed origina una classe di com
posti da lui denominati alcoolati (1), i quali corrispol
(1) Gli alcoolati di Graham non vanno confusi con quelli delle far
macie, le quali sono soluzioni di principi volatili nell'alcoole ottenute collº
dislillazione.
550

E', E", E", secondo che essi risultano dall'azione di


un acido a mono-basico, a bi-basico, a " tri-basico, si ha
E' = a + A – H O.
E" = a" -- a A – . H' O.
E" = a" + 3 A – 3 H O.
Esempi. L'acido nitrico, l'acido idro-clorico, l'a.
cido formico e l'acido acetico sono mono-basici.
Acqua
Alcoole. Acido, Etere prodotto, i.
Metole(1)ed aci
do nitrico . . . CHº O--N H Oº = CH° NOº-l-H 0.
Metole ed acido
idro-clorico . . CHº O + H Cl - CHº Cl +-H 0.
Alcoole ed acido
formico . . . . C Hº O + CH O'= Cº Hº O° +-H 0.
Alcoole ed acido
acetico . . . . C'Hº O + C Hº O' – Cº Hº O' +-H 0.
L'acido solforico, l'acido ossalico e l'acido canfo
rico sono bi-basici.
3
Alcoole. Acido. Etere prodotto. eliminata.

Metole ed aci
do solforico . (CH O) + SH O =C HºSO +, H 0.
Alcoole ed aci
do ossalico . (C HºO) + C H O = CºHº 0 +, H 0.
Alcoole ed aci
do canforico . (C HºO)--CºHºOº=CºHº 0 +, H'0.
L'acido citrico è tri-basico.
Acqua
Alcoole. Acido. Etere prodotto. eliminata.

Alcoole ed aci
do citrico . 3 (C. Hº O)--CºHº O = CºH O +3 H 0.
Dalle formole esposte si vede che gli eteri conten
ono porzione degli elementi dell'alcoole, più una parte
" quelli dell'acido; ma signora peranco sotto qualforma
tali elementi si trovino fra loro riuniti nelle molecole
costituenti l'etere, nè si sa dimostrare come si formi
(1) Spirito delle legna, bi-idrato di metilene, idrato d'ossido di me
tile (V. t. II, p. 642, parte seconda, ove si è accennato il radicale ipº
tetico).
L'etere prodotto dalla reazione dell'acido piro-mu
cico sull'alcoole. il detto acido ha la formoia C H 0.
Siffatta reazione presenta particolarità degna d'osserva
zione: quest etere fissa quattro equivalenti di cloro senza
che l'idrogene si separi dai suoi elementi (Malaguti),
Le formole seguenti rendono ragione della discorsa
reazione.
Alea e- Azi io piro-razzo. Esere par -razzizo. AzTra

C* Hº O -- Cº Hº O” – C7 Hº Oº + H O.
C H' O -- CI =C Hº O' Cl (etere cloro-piro-mucico),
L'etere cloro-piro-mucico posto a contatto della
potassa caustica, la mischianza si riscalda fortemente e
si colora in bruno, e dopo qualche tempo depone una
materia simile al latte rappreso, la quale si dissipa nel
l'acqua calda: la dissoluzione della detta sostanza manda
odore d'alcoole. contiene rilevante quantità di cloruro
potassico: ma all'analisi non presenta più alcun vestigio
d'acido piro-mucico.
Si trovano eteri che possono mutare l'idrogene loro
con un metallo, p. e... l'etere salicilico, che si unisce
direttamente colla potassa nella stessa maniera degli acidi
e d'alcuni oli essenziali ossigenati. Gli eteri formati da
gli acidi a tre equivalenti d'ossigene sembrano per lo
più comportarsi (Cahours) nel modo ora indicato.
D'altra parte, secondo il modo di vedere di Ge
rhardt, gli alcooli si trovano nello stesso caso, se non
che le combinazioni metalliche alle quali danno origine
sono pochissimo stabili.
2.º Caso. Gli acidi poli-basici possono produrre sali
copuli cogli alcooli; tali acidi si uniscono direttamente
agli alcooli come nel caso precedente, nel tempo stesso
che gli elementi dell'acqua sono posti in libertà; ma
nei prodotti combinati in questo secondo caso le pro
porzioni non sono le stesse di quelle degli eteri neutri
Così, p. e., mentre che un acido bi-basico per for
mare un etere si unisce a due equivalenti d'alcoole, ed
elimina due equivalenti d'acqua; questo medesimo acido,
5 58

a due serie d'eteri: nella prima la riunione degli ele


menti costituenti l'etere è modificata per la sostituzione
d'un equivalente d'un metalloideo ad un equivalente
d'ossigene; questi sono gli eteri semplici od aloidei,
Questi eteri si rappresentano nella maniera seguente:
Etere idro-clorico . . . . . . C Hº Cl.
idro-bromico . . . . . Cº Hº Br.
– idriodico. . . . . . . . C4 Hº I.
– idro-solforico . . . . . C4 Hº S.
Nella seconda serie la molecola dell'etere rimane
intatta; ella combinasi cogli elementi d'alcuni acidi ami
dri, i quali per lo più non vennero mai ottenuti isolati
da un equivalente d'acqua; si hanno in tal modo
L'etere carbonico . . . CO, Cº HP O.
– nitrico . . . . Az O”, Cº H 0.
– per-clorico . . Cl O', C Hº 0.
ossalico. . . . C' O”, C Hº 0, ec.
Tali eteri si possono denominare composti o anfidi
Queste due serie d'eteri possedono molti caratteri
notabili, i quali li accompagnano nelle loro combina
zioni più svariate; essi sono quasi tutti volatili, provve.
duti d'odore forte penetrante, spesso soave; il loro sa.
pore è zuccherino e caldo. Sono tutti combustibili,
I metalloidei, come il cloro, ovvero l'acido come
l'acido ossalico che entrano nella loro composizione, non
sono per alcun modo chiariti dai reattivi ordinari del
cloro o dell'acido ossalico. -

Quando si trattano questi eteri col cloro, perdono


per lo più due molecole d'idrogene, le quali si trovanº
sostituite da due molecole di cloro: ma se l'azione del
cloro è assecondata da quella del calorico o della luce,
l'idrogene dell'etere può essere tolto compiutamente e
sostituito dal cloro in equivalente proporzione.
Detti eteri sono per lo più insolubili nell'acqua,
solubili nell'alcoole; se in tale stato di soluzione Vene
gono trattati colla soda o colla potassa caustica, si de
compongono. L'etere riproduce l'alcoole, il metalloideº
56 4

si trovano gli acidi acetico e formico, come pure l'ace.


tale e l'aldeida. Queste combinazioni catalitiche sono ba.
stevolmente attive a mantenere incandescente un pez
zetto di platino spugnoso, dapprima riscaldato, ed indi
posto sopra l'etere, od anche un filo di platino con
torto a spira sopra sè stesso, pure riscaldato prima
dell'immersione nel vapore etereo.
I medesimi prodotti si originano anche facendo ri
scaldare un mattone a 0 + 150°, e sopraversandovi
l'etere a goccia a goccia, allora si vede operando nel
l'oscurità una luce azzurra poco lucente ovunque cadono
le gocce dell'etere; il mattone fa qui le parti di corpo
catalitico.
L'azoto sembra disciogliersi nell'etere, che, se
condo Doeberein, ne assorbirebbe 17 per 100.
Lo zolfo disciogliesi nell'etere, a freddo ne discio
glie circa 1 per 100.
Il fosforo è disciolto dall'etere nella proporzione
di 2 per 100. Se si concentra la dissoluzione fosforica,
il fosforo cristallizza coll'infreddamento. -

L'azione prolungata del fosforo sull'etere, con o


senza il concorso della potassa, origina prodotti parti
colari indicati da Zeise, i quali finora non vennero de
scritti.
Quando si fa cadere l'etere a gocce a gocce in un
fiasco ripieno di cloro, e poi si accende la mischianza,
si produce leggera esplosione e si depone del carbone,
Se versasi dell'etere acceso in fiasco pieno di cloro, il
primo continua ad abbruciare, deponendo quantità i
guardevole di carbone.
Etere clorato. Quando l'etere si trova in rilevante
quantità per rapporto al cloro, e che opera alla luce
diffusa, il cloro è assorbito dall'etere; esso agisce sopra
due equivalenti d'idrogene, i quali vengono sostituiti
da due copuivalenti di cloro: C. Hs O si mutano in
C4 H3 Cla O.
Questo prodotto, scoperto da Malagutti, si cangia
56 5

in acetato quando lo si tratta con una soluzione alcoo


lica di potassa.
Nella reazione del cloro sull'etere non bisogna in
freddare di troppo, diversamente l'acido idro-clorico
agirebbe sull'etere producendo dell'etere idro-clorico,
la cui decomposizione operata poscia dal cloro, mescole
rebbe prodotti stranieri a quelli che somministra l'etere
ordinario.
L'etere clorato è un liquido incoloro, pesante,
oleaginoso, privo d'azione sui colori vegetabili, prov
veduto d'odore particolare che ricorda quello del finoc
chio; bolle a 0 + 140”, decomponendosi in pari tempo.
Riscaldato a contatto del potassio cede a quest'ul
timo un equivalente di cloro, e diventa
(., II, Cl O.
Sottoposto all'azione dell'acido idro-solforico ori
gina due prodotti scoperti da Malagutti, il primo indi
cato per la formola:
C, II S O etere solforato.
Questo composto è solido, un po' meno solubile
nell'alcoole di quello che ha la formola
C, II, S Cl O etere cloro-solforato.
Nella formazione dei due indicati prodotti svolgesi
dell'acido idro-clorico: lo zolfo sostituisce il cloro equi
valente per equivalente. Questi due prodotti sono can
giati dalla soluzione alcoolica di potassa in acetato alca
lino, formandosi in pari tempo del solfuro di potassio,
e nel secondo caso una mischianza di solfuro e di clo
ruro di potassio.
L'etere clorato, sottoposto nuovamente all'azione
del cloro, abbandona tutto l'idrogene sotto l'influenza
diretta dei raggi solari: l'idrogene è allora sostituito da
una proporzione equivalente di cloro, e si ottiene un
nuovo composto scoperto da Regnault, espresso dalla
formola
C, Cl; O.
Detto composto è l'etere per-clorato di Regnault;
566

solido, cristallino, si fonde a 0 + 69°, e non volatilizza


che oltre a 0 + 280°.
La produzione della detta combinazione è accom
pagnata per ordinario da quella del sesqui-cloruro di car
bonio. Malagutti ha riconosciuto che in quest'ultimo
caso il sesqui-cloruro di carbonio era sempre accompa
gnato proporzionalmente da un nuovo corpo che ha per
formola
C, Cl, Oa.
Questo è il clorale, nel quale l'ultimo equivalente
d'idrogene è sostituito dal cloro; o meglio ancora l'al
deida, nella quale tutto l'idrogene si trova sostituito dal
cloro.
La produzione di tale composto spiegasi colla se
parazione di due molecole d'etere per-clorato
a C4 Cls O = C4 Cl6 + C4 Cl, O, .
Etere per-clorato. Sesqui-cloruro di carbonio. Aldeida clorata.

Si può facilmente dividere l'etere clorato in sesqui


-cloruro di carbonio ed in aldeida clorata, sottoponendo
l'etere alla temperatura di 0 + 300°.
L'aldeida per-clorata è liquida, volatile, fumante,
bolle a + 100° o 105°, ha odore soffocante insoppor
tabile, è neutra, macchia la pelle in bianco e cauterizza
la lingua.
L'aldeida clorata si muta a contatto dell'acqua il
acido cloro-acetico ed idro-clorico, ed a contatto del
l'alcoole puro in etere cloro-acetico ed in acido idro
-clorico.
Quando si tratta l'etere per-clorato puro col mono
-solfuro di potassio, si separano due molecole di cloro,
e si ottiene un nuovo corpo scoperto da Malagutti, che
denominò clorossetosa, e Gerhardt etosa clorata, la
quale è liquida, limpida, d'odore che ricorda quello dei
fiori della spirea ulmaria; la sua densità è di 1,654 a
o + 21°, bolle a 0 + 210”, colorandosi un poco, si con
serva benissimo sotto l'acqua, ma non così all'aria,
Esposta all'azione del cloro sotto l'influenza della
567

luce diretta, si cangia nuovamente in etere per-clorato,


ed in presenza dell'acqua si genera nel tempo stesso
acido cloro-acetico e dell'acido idro-clorico.
Felice d'Arcet ottenne nella preparazione del li
quore degli Olandesi una sostanza, alla quale diede il
nome di cloreteral, la quale ha per formola:
C, II, CI O.
Questo corpo si deve riportare come i precedenti
all'etere, e rappresenta senza dubbio il primo grado di
clorurazione dell'etere, come si vede dalla serie seguente:
Etere. . . . . . . . . . C, II6 O.
Cloreteral . . . . . . . C, II, Cl O.
Etere clorato . . . . . . C, H, Cl, O.
– per-clorato . . . . C. Cl: O.
–– solforato . . . . . C, II, S, O.
cloro-solforato . . C, H, Cl SO.
Il bromo si discioglie in rilevante proporzione nel
l'etere, dal quale è poi attaccato. L'affinità dell'etere
pel bromo non è bastevole a superare col mezzo del
l'etere il bromo contenuto in una dissoluzione acquosa.
L'iodio è pure disciolto dall'etere in rilevante quan
tità, e col contatto prolungato di questi corpi si forma
dell'acido idro-iodico e dell'etere idro-iodio.
L'acqua e l'etere possono riprodurre l'alcoole per
un contatto prolungatissimo alla temperatura ordinaria,
ma si fa passare inutilmente il vapore dell'acqua e del
l'etere per un tubo ripieno di sostanze porose riscaldato
a + 130". I due corpi escono dall'esperimento inalterati.
L'etere si discioglie in 10 parti d'acqua, e 36 parti
d'etere disciolgono una d'acqua. I due liquidi, una volta
saturati, non si mescolano più.
L'alcoole e l'etere si mescolano e si disciolgono
reciprocamente in tutte le proporzioni. L'acqua divide
questa mischianza e fa sopranuotare l'etere, quando que
sto ecceda la proporzione d'un quinto. Da ciò risulta
che l'alcoole stato separato dall'etere col mezzo dell'acqua
contiene ancora un quinto del proprio volume d'etere.
568

L'etere riscaldato a contatto degli alcali idrati ge


nera acido acetico, ed a freddo siffatto cangiamento si
opera quando l'aria abbia libero accesso.
Il sodio ed il potassio riscaldati coll'etere svolgono
idrogene; ma l'etere stesso è distrutto coll'originare
composti idro-carburati, la composizione de quali lascia
ancora dubbi.
Quanto agli altri metalli agiscono sull'etere nella
stessa maniera che sull'alcoole, cioè in ragione della ten
denza ad ossidarsi ed a formare degli acetati.
Il gaz ammoniacale si discioglie nell'etere.
L'azione degli acidi sull'etere non è stata finora
studiata con egual cura che per riguardo all'alcoole: si
sa che l'acido solforico assorbe l'etere, e che il calo
rico opera dappoi decomposizioni particolari.
L'acido solforico anidro fa soffrire all'etere due
decomposizioni; a freddo, si genera dell'acido isetionico,
dell'acido etionico, del solfato d'ossido d'etile, dell'olio
di vino leggero. La seconda quando tali prodotti ven.
gono sottoposti alla distillazione si decompongono, e di
stilla del solfato d'ossido d'etile, dell'olio di vino leg
gero, dell'acqua e dell'etere misto d'acido acetico, for
mico, d'ossido di carbonio, d'acido solforoso e di gaz
oleofacente.
L'acido nitrico attacca l'etere, originando molti
prodotti d'ossidazione, e fra questi l'acido acetico, for
mico, ossalico, carbonico ed aldeida,
Il gaz cloridrico si discioglie nell'etere, e la mi
schianza colla distillazione dà l'etere cloridrico.
C, H5 O + Cl H = C4 H5 Cl + HO,
Etere cloridrico,

Kulman riconobbe che l'etere si combina benissimo


col per-cloruro di ferro, ed origina una combinazione
cristallina. Il per-cloruro di stagno dà un composto ana
logo cristallizzabile, il quale distilla inalterato.
L'etere, al pari dell'alcoole, è solvente utilissimo
nelle analisi. Scioglie alcuni cloruri metalllci, fra questi
5b9

il cloruro di zinco, il bi-cloruro di mercurio, il per-clo


ruro d'oro: il bi-cloruro di mercurio è tolto all'acqua
agitando la soluzione acquea del detto cloruro coll'etere.
L'etere scioglie molte sostanze organiche insolubili
nell'acqua e nell'alcoole. Sembra esercitare a preferenza
la sua forza dissolvente sopra le sostanze organiche car
bonatissime: così gli oli grassi od essenziali e qualche re
sina sono solubilissime nell'etere. Questo rapporto, de
gno d'osservazione, ricorda che l'acqua è un solvente
" universale dei prodotti dell'ossidazione. Si può
ire fino ad un dato punto dei dissolventi: similia si
milibus,
Preparazione.

Per ottenere l'etere vennero suggeriti vari metodi,


cioè distillando una mischianza fatta a parti eguali d'al
coole a 85 gradi centesimali e d'acido solforico della
densità di 1,85, altri modificano le proporzioni adope
rando tre parti d'acido e due d'alcoole delle indicate
densità.
La distillazione si opera in istorta di vetro della
doppia capacità della miscela che vuolsi distillare, colla
precauzione di mantenere sempre freddo il recipiente
onde condensare i vapori eterei.
Si porta prestamente il miscuglio alla bollitura, che
ha luogo benissimo alla temperatura di 0 + 140°. In
principio distilla un poco d'alcoole, ed indi una mi
schianza d'acqua e d'etere, che formano due strati di
stinti osservabili sul collo della storta, ma passa ancora
un poco d'alcoole.
Non bisogna separare che due terzi dell'alcoole
adoperato; spingendo più oltre la reazione, la tempera
tura s'innalza, e si ottengono prodotti ben diversi del
l'etere. Ma siccome l'acido solforico rimane nella storta
senza provare alterazione molto sensibile, si può sosti
tuire alcoole in proporzione che il livello del liquido
contenuto nella storta abbassa. Al quale intento sulla
570

pancia della storta si segna il detto livello, e si rista


bilisce, introducendo l'alcoole per un tubo ad Sinne
stato nella tubulatura, in proporzione che distilla l'etere,
Dominé ha riconosciuto che una parte d'acido sol
forico può eterificare cinquanta d'alcoole; ma dopo questo
termine si forma dell'olio di vino che altera il prodotto,
Processo continuo di Mitscherlich.

In questo si adopera l'alcoole della densità di 822,


vale a dire di 90° dell'alcoometro di Gay-Lussac, al
coole che si può ottenere mettendo a digerire l'alcoole
di 0,918 sopra egual peso di carbonato di potassa secco,
ma privo di potassa caustica.
Quando nella digestione alcoolica si sono formati
due strati, si separa l'inferiore, che è una soluzione di
carbonato di potassa nell'acqua, dal superiore, il quale
è l'alcoole della voluta densità.
L'alcoole così separato si mescola coll'acido solfo
rico della densità di 1,85 nella proporzione di 5 del
primo e 9 del secondo,
La mischianza si può fare in vaso di rame circolº
dato da mischianza frigorifera, aggiungendo a poco a
poco l'acido all'alcoole in modo da produrre minor ri
scaldamento possibile; ma siccome l'acido solforico per
la sua gravità specifica cade al fondo, così fa mestieri
rimescolare il liquido con cilindro di vetro o di legno,
Raffreddata la detta mischianza viene introdotta in
istorta di vetro tubulata, in modo che rimanga a metà
piena. La storta è riposta in bagno d'arena non troppº
immersa in essa, che non deve arrivare se non alle
vello del liquido contenuto nella storta, si riscalda grº
datamente fino a portarlo alla bollitura, che si mantiene
fino al termine dell'operazione.
Nella tubulatura della storta si fissa un tubo di ve:
tro curvo di 2 a 8 linee d'apertura all'estremità su
periore, e d'una linea all'inferiore, la quale s'immerge
57 |

per circa un pollice nel liquido contenuto nella storta,


la porzione orizzontale di detto tubo, la quale può es
sere lunga 2 a 3 piedi, è unita a serbatoio contenente
l'alcoole, il quale passa pel tubo nella storta in pro
porzione che progredisce la distillazione, lo scolo del
l'alcoole è regolato mediante una chiave, e così si man
tiene costante il livello del liquido contenuto nella storta.
L'apparato di Sottmann, di Berlino, è il meglio
inteso per la preparazione dell'etere col metodo ora
discorso, del quale presentiamo la figura e la descrizione.
L'apparato componesi:
- 1.º D'un fiasco A,
il quale serve di ser
batoio all'alcoole, che
ha nella parte inferiore
una tubulatura, che si
può munire di chiave
allo scopo di levare
quella del tubo: quan
do si opera in grande
questo serbatoio può
essere di piombo.
2.º D'una storta tubulata B immersa nell'arena fino
al livello del liquido che contiene, convenientemente as
sicurata, e comunicante col pallone D per l'intermezzo
di un'allunga: la sua tubulatura riceve un turacciolo di
sughero attraversato da uno dei rami d'un tubo pie
gato ad angolo retto.
Il detto tubo s'immerge per questo ramo fin quasi
al fondo della storta, mentre il ramo leggermente a
piano inclinato è interrotto nel tragitto d'una chiave
che mette in comunicazione la storta ed il serbatoio A,
e serve a regolare lo scolo dell'alcoole. Il detto tubo
forma tre pezzi riuniti nel mezzo da liste di gomma
elastica ben legate all'ingiro dei capi dei tubi che in
volgono, per cui si rendono così in qualche modo fles
sibili e meno soggetti a rompersi.
572.

3.º D un pallone D a due tubulature, l'una late


rale bastevolmente larga onde ricevere la punta dell'al
lunga, l'altra inferiore più stretta che s'immette col
l'estremità superiore del serpentino E, che trovasi colo.
cato in un secchio contenente una mischianza frigorifera;
il serpentino va a terminare con un fiasco D che serve
a raccogliere l'etere e gli altri prodotti della distillazione,
Il metodo seguito da Sottmann col suo apparato è
il seguente:
L'apparato, essendo montato, eccetto che la tubu.
latura della storta è lasciata libera, le connessure per
fettamente lutate, introducesi nella storta col mezzo di
un tubo terminato ad imbuto, che porta il liquido fino
nella pancia della stessa storta onde non imbrattare le
pareti interiori del collo.
Introdotta tutta la mischianza acida ed alcoolica,
adattasi un termometro a mercurio, il quale discende
per alcuni pollici nella mischianza, destinato a far co.
noscere l'interna temperatura, fissato il termometro, ed
unitovi il tubo di comunicazione del serbatoio A, siluta
la tubulatura fermandovi il termometro ed il tubo.
Disposto così l'apparato si dà fuoco, e si porta il
liquido prestamente alla bollitura, al qual punto il ter.
mometro segna 0 + 140°; questa temperatura devesi
mantenere costante: allora si fa giungere l'alcoole, re
golando lo scolo in modo di mantenere costante illi
vello del liquido contenuto nella storta e la temperatura
di esso sempre a 0 + 140°.
Si adoperano in tutto 10 volte tanto d'alcoole del
l'acido adoperato. -

Terminata l'aggiunta dell'alcoole, si conosce che


l'operazione dev'essere sospesa, perchè il volume del
liquido condensato non aumenta più, e sopratutto dal
vedersi formare nell'interno della storta vapori bianchi,
la produzione dei quali coincide colla colorazione dellº
quido che distilla.
Allora si sospende il fuoco, e si fa colare la sabbia
da un'apertura a ciò disposta. -
573

Al momento della mischianza dell'acido solforico


concentrato coll'alcoole avvi idrazione del primo, dei
drazione del secondo e produzione d'acido solfo-vinico,
che rimane disciolto nell'acido solforico acquoso che si
è formato, e nell'alcoole adoperato in eccesso. L'acido
solfo-vinico si mantiene fino vicino a 0 + 127", e fino
a tale temperatura non si ha raccolto che alcoole ed
acqua, l'acido solforico troppo allungato per ritenerla
interamente, prova allora una vera ebullizione.
A partire da 0 + 127", l'etere comincia a vapo
rizzarsi; ma siccome s'incontra coi vapori dell'acqua na
scente al pari di lui, in parte ripassa allo stato d'al
coole: questo svolgimento d'etere, e questa riproduzione
d'alcoole continua fino a che la temperatura del liquido
rimane al di sotto di 0 + 1 40°.
A tale epoca la produzione dell'etere si appalesa
più abbondante, in ragione diretta della decomposizione
più rapida dell'acido solfo-vinico, e che l'acido solfo
rico è più concentrato, incapace che era divenuto di
bollire, e che poteva cedere al vapore dell'etere che
lo traversava una porzione determinata d'acqua non si
trova presentemente più nelle condizioni primitive favo
revoli alla riproduzione dell'alcoole.
Da ciò il bisogno di portare rapidamente a 0 + 140°
la temperatura del liquido contenuto nella storta.
Quando l'andamento naturale dell'operazione ha
permesso che il liquido raggiunga 0 + 160" a 0 + 180°,
la proporzione sempre crescente dell'acido solforico, il
suo stato di concentrazione sempre crescente, terminano
col porre la porzione dell'etere non volatilizzata nelle
condizioni analoghe a quelle nelle quali si mette l'al
coole allorquando si tratta d'ottenere il gaz idrogene
bi-carbonato.
Nelle indicate condizioni si producono: acido sol
foroso, acido carbonico, acqua, olio dolce di vino pe.
sante, ed una materia ricchissima in carbonio.
Che se si fa giungere nella storta dell'alcoole, rim
576

che bagna, serve a sottrarre il calorico e quindi gli ef


fetti della scottatura, e non permette la produzione della
vescica quando sia immediatamente applicato.
La farmacia prepara varie soluzioni eteree, che si
chiamano tinture.
Il liquore anodino dell'Hoffmann (etere solforico
alcoolizzato) era usato moltissimo nella medicina nello
scorso secolo, ed ora quasi dimenticato. Si prepara me
scolando parti eguali d'etere puro e d'alcoole a 85 cen
tesimi, mescolando esattamente i due liquidi, e conser
vandoli in bottiglia di cristallo ripiena e chiusa allo smeri
glio; conviene conservare tanto l'etere che il liquore ano
dino in piccole bottiglie per le ragioni più sopra esposte,
La soluzione del fosforo nell'etere (etere fosforato)
è adoperata nella medicina fino dalla metà dello scorso
secolo. Si prepara, secondo Bucholz, disciogliendo una
parte di fosforo in 80 parti d'etere anidro; si facilita
la dissoluzione agitando la mischianza in cristallo ben
chiuso, colla diligenza di non elevare la temperatura,
perchè il calore diminuisce la solubilità del fosforo, e
ne promuove l'ossidazione.
Questa soluzione non si conserva che per poco
tempo, ella si decompone originando dell'acido fosforico,
Quando si usa bisogna evitare di mescolarla al
l'acqua; per quest'ultima altera la combinazione, pre
cipitando porzione di fosforo.
Soluzione eterea d'iodio.

Si ha disciogliendo una parte d'iodio in 10 d'ete


re, e un liquore bruno-scuro che ricorda nel tempo
stesso l'odore dell'etere e dell'iodio (V. t. I, p. 342,
parte prima).
Etere ammoniacale.

È un liquido limpido che si ottiene distillando a


mite calore una mischianza di parti eguali di sale am
moniaco, d'idrato di calce e d'etere,
577
Soluzione eterea di deuto-ioduro di mercurio.

Questa soluzione si ottiene, secondo Magendie, col


disciogliere una parte di deuto-ioduro di mercurio in
12 parti d'etere.
Soluzione eterea di cloruro di ferro.

Una parte di deuto-cloruro di ferro si discioglie in


quattro d'etere. Mescolando la soluzione del cloruro di
ferro coll'etere, quest'ultimo toglie all'acqua il cloruro,
e si forma così una dissoluzione eterea di cloruro di
ferro d'un bel giallo d'oro.
La detta dissoluzione scolorasi esposta alla luce,
e tutto il ferro precipita sotto forma di proto-cloruro di
ferro cristallizzato; il liquore sopranuotante contiene ri
levante quantità d'acido idro-clorico, del cloruro d'etile
ed un'altra combinazione clorata.
Il detto liquido somministra coll'evaporazione una
massa resinosa bruna, solubile nell'etere, ed insolubile
nell'alcoole, nell'acqua e nell'essenza di trementina.
ARTICOLO III.

Degli eteri salini della prima classe.


1.° Dell'etere idro-clorico.

Sinonimia.

Cloruro d'etile, etere cloridrico, etere muriatico,


idro-clorato d'eterina, acetina clorata di Gerhardt.
582

day, venne osservato da Laurent qual prodotto finale


dell'azione del cloro sull'etere idro-clorico, sotto l'in
fluenza dei raggi solari. Si genera anche coll'azione
del cloro sul gaz oleofacente: ma in questo caso è pro
dotto secondario risultante dalla combinazione del corpo
C. Cl, con Cl, somministrato dall'eccesso del cloro che
si fa agire sul gaz oleofacente (Regnault).
Si purifica il detto prodotto, che è solido, laval.
dolo con poc'acqua, disciogliendolo nell'alcoole, ed ag.
giungendo questa soluzione a goccia a goccia ad una li
sciva debole di potassa. Allora si precipita, si raccoglie
il precipitato, si lava nuovamente e si asciuga interpo:
nendolo a carta straccia. -,

L'etere idro-clorico per-clorato è privo di colore,


quasi insipido, d'odore aromatico di canfora, è friali
lissimo, d'un peso specifico doppio di quello dell'acqua
Si fonde a 0 -- 160°, e bolle a 0 + 180°. I suoi va
pori si condensano in ottaedri trasparenti. È difficilis.
simo ad abbruciare, è insolubile nell'acqua, tanto a
freddo che a caldo, solubilissimo nell'etere e nell'al
coole; le dette dissoluzioni non sono intorbidate dal mi
trato d'argento. -

Quando si fanno passare i vapori di questo corpo


sopra ossidi metallici riscaldati a rosso, somministrano
cloruri metallici, acido carbonico e metallo ridotto. La
densità di questi vapori è eguale ad 8,157.
Secondo Regnault, può essere distillato misto ad
una dissoluzione alcoolica di potassa senza soffrire alte
razione; ma la dissoluzione alcoolica d'idro-solfuro di
solfuro di potassio (1) l'attacca vivamente, producendo
idrogene solforato, cloruro di potassio, ed un liquido
incoloro più denso dell'acqua, formato da C. Cl (ele
rena per-clorata di Gerhardt), la quale si genera al
che facendo passare i vapori dell'etere idro-clorico per
-clorato per un tubo di porcellana incandescente,
(1) Detto reagente non attacca gli altri eteri idro-clorici clorali
583
2.º Etere idro-bromico.

Sinonimi. Acetena bromata, idro-bromato d'etere


na, bromuro d'etile, etere bromico.
La scoperta del detto etere è dovuta a Sérullas.
Formola. C. Ho Br. = Ae Br, (Liebig).
- C H: Br (Gerhardt).
Composizione.
Peso atomico. Peso.
1 atomo d'etile . . . . . = 368,14 – 27,32.
1 equivalente di bromo . = 978,30 – 72,68.
- -

1 atomo di bromuro d'etile =1346,44 – 100,00.

Preparazione.

S'introducono in istorta di vetro tubulata 40 parti


d'alcoole di 84 centesimali, una parte di fosforo, indi
si versa a goccia a goccia 7 ad 8 parti di bromo.
L'acido idro-bromico che risulta dall'azione del
fosfuro di bromo sopra l'acqua dell'alcoole eterifica que
st'ultimo. La reazione si opera con isvolgimento di ca
lorico; nullameno è necessario riscaldare la mischianza
per ottenere la separazione dell'etere idro-bromico.
L'etere distilla misto a porzione d'alcoole non ete
rificato, dal quale è separato coll'aggiunta dell'acqua.
Lo si lava dappoi con un poco di lisciva alcalina, e per
ultimo lo si essicca digerendolo sul cloruro di calcio, e
si distilla.
L'etere idro-bromico è un liquido incoloro, d'o
dore etereo penetrantissimo, più pesante dell' a ſua, si
mescola in tutte le proporzioni coll'alcoole e coll'etere.
Non è disciolto, nè decomposto dall'acqua, e non è
adoperato.
584

3.º Etere idriodico.

Sinonimi. Acetena iodata, ioduro d'etile,

Formola. C. Ho J. = Ae J. (Liebig).
23 C. H: J (Gerhardt).
Composizione.
Peso atomico. In peso,
1 atomo d'etile . . . . . = 368,14 – 18,90.
1 equivalente d'iodio . . – 1947,64 – 81,10,
- - -

1 atomo d'ioduro d'etile = 2315,78 –100,00,


Fu tale composto scoperto da Gay-Lussac, e si
ottiene distillando l'alcoole sopra-saturato di gaz acido
idro-iodico, ovvero col mescolare l'ioduro di fosforo col
l'alcoole.
Operando col secondo metodo, s'introduce inistorta
di vetro due parti e mezza di fosfuro d'iodio ed una
parte d'alcoole a 85° cent.; si passa alla distillazione,
ed il prodotto di questa è lavato con acqua alcalina ed
essiccato sopra il cloruro di calcio.
L'etere idriodico è liquido, incoloro, d'odore di
etere non spiacevole. La sua densità è di 1,9206 a
0 + 22°,3, bolle a 0 + 64°,8, la densità del suo va
pore, la quale rappresenta quattro volumi, è di 5,4
Si colora esposto all'aria; la potassa disciolta di
il mercurio metallico vi tolgono l'iodio che lo colora
Si decompone quando si fa cadere a goccia a goccia sº
pra i carboni ardenti senza infiammarsi.
Il suo vapore, diretto a traverso d'un tubo di por
cellana incandescente, somministra una materia solida,
cristallina, giallognola, identica, secondo le indagini di
E. Kopp, all'idriodato d'ioduro d'aldeidena:
C4 H4 Ja.
La densità del vapore di quest'ultima venne de
terminata da Gay-Lussac, ma finora non abbiamo l'analisi
98 )

Etere idro-cianico.

IFormola. C, II, , C. Az.

Pelouze prepara questo corpo esponendo a dolce


calore in una storta una mischianza secca di solfo-vinato
di potassa e di cianuro di potassio a parti eguali.
L'etere così ottenuto è condensato nel recipiente
circondato da mischianza frigorifera, e per ultimo ret
tificato con diligenza sopra il cloruro di calcio.
L'etere idro-cianico è un liquido velenoso, inco
loro, d'odore d'aglio fortissimo, bolle a 0 +-82° la sua
densità è di 0,787.
È infiammabile, insolubile nell'acqua, solubile nel
l'alcoole e nell'etere.
L'ossido di mercurio lo decompone, mentre gli
alcali non hanno azione sopra di lui.
Etere idro-solforico.

Formola. C, II; S.

Questo composto fu scoperto da Regnault, risulta


dall'azione dell'etere idro-clorico sopra il mono-solfuro
di potassio disciolto nell'alcoole. Il mono-solfuro dev'es
sere alcalino se fosse esattamente neutro. La presenza
dell'idrogene solforato, o quella dello zolfo originerebbe
prodotti diversi.
Si satura da principio la dissoluzione del mono-sol
furo coll'etere idro-clorico, e quando cessa il gaz d'es
sere assorbito, si riscalda la detta dissoluzione. Allora
si depone del cloruro di potassio. La si distilla sotto
una corrente d'etere idro-clorico. L'etere idro-solforico
si volatilizza, e va a condensarsi nel recipiente, che si
infredda mantenendolo coperto di cenci bagnati nell'acqua
a zero; indi si lava molte volte coll'acqua, finalmente
lo si tratta col cloruro di calce e si rettifica.
586
L'etere idro-solforico è liquido, d'odore agliaceo
penetrantissimo e spiacevole; la sua densità è a 0 +20"
di 0,825, bolle a 0 + 73°. Il suo vapore racchiude du
volumi, e pesa 3,1386. º

Regnault ha fatto conoscere anche l'azione del clor


sull'etere idro-solforico. Quando lo si versa in un fiasco
ripieno di cloro s'infiamma; ma se invece si dirige
una corrente di cloro nell'etere idro-solforico al coperto
della luce diretta del sole, il cloro è assorbito, si svolge
dell'acido idro-clorico; e se l'azione incomincia alla luce
diffusa, ed indi continua alla luce solare, la quale si
renda successivamente più intensa, si converte l'etere
idro-solforico in liquido oleoso, giallo, d'odore fetidis
simo e persistente. -

La detta combinazione, liberata dall'acido idro-clo


rico, entra in bollitura a 0 + 160”, ma si altera così
sensibilmente. La sua densità è di 1,673 a 0 + 24", ed
è rappresentata dalla formola C4 H Cl S.
La discorsa combinazione è l'etere idro-solforico
quadri-clorato. Cosicchè nell'etere idro-solforico lo zolfo
non è eliminato dal cloro. Questo fatto è uno degli
esempi più meritevoli d'attenzione degli effetti della come
binazione intima, la quale nel riferito caso sottrae lo
zolfo all'azione del cloro, come anche dissimula la pre
senza del cloro, dell'etere idro-clorico semplice o clo
rurato a reattivi ordinari di esso cloro. Regnault è di
opinione non essere l'etere idro-solforico quadri-clorato
che una delle combinazioni clorurate che si potessero
formare a spese del detto etere, ma ancora coll'etere
idro-clorico.
L'odore ributtante ed insalubre di questi prodotti
apporta difficoltà particolari al loro esame.
L'etere idro-solforico si trova in rapporto con una
combinazione denominata mercaptano (mercaptan)
Cs H5 S, HS.
Agli eteri salini che abbiamo esaminati, vanno rie
niti i seguenti: -
587

1." L'etere seleniato C, II, Se, ottenuto da Loewig


nella stessa maniera dell'etere idro-cianico.
2.” L'elere tellurato C. Il Te, preparato da Woeh
ler col distillare una soluzione di solfo-vinato di barite
col tellururo di sodio.
Quest'etere è liquido, rosso-giallognolo-scuro, più
pesante dell'acqua, d'odore spiacevole. Bolle al di sotto
di 0 + 100". Si altera al contatto dell'aria, ed abbru
cia spandendo vapori d'acido telluroso.
Il solfo-cianuro di potassio distillato con una mi
schianza d'alcoole e d'acido solforico somministra un li
quido oleoso, il quale è, a non dubitare, della natura
degli eteri.
ARTICOLO IV.

Degli eteri salini della scconda classe.

La seconda classe degli eteri salini comprende tutte


le combinazioni dell'etere cogli ossacidi minerali ed or
ganici.
Tali composti si formano sempre per una combi
nazione intima di due riunioni, in seguito della quale
l'alcoole, e più di frequente l'acido combinato abban
dona dell'acqua.
1.º Etere per-clorato, Cl O, C, II: O.

Woehler riconobbe che l'acido per-clorico eterifica


l'alcoole senza originare alcun prodotto particolare. Ma
distillando una mischianza di solfo-vinato di potassa e
di per-clorato di barite, Clarck Hare, e Martino K. Boyé
ottennero un etere pericolosissimo in ragione della sua
proprietà fulminante.
Si deve operare sopra piccolissima quantità della
detta mischianza, sette od otto grammi al più; si di
stilla in piccola storta, ed il prodotto è raccolto in vaso
che si mantiene freddo. Non bisogna oltrepassare la tem
588

peratura di 0 + 170°, e circondare l'apparato di rete


metallica a preservare l'operatore e gli astanti in caso
d'esplosione.
L'etere per-clorico è liquido, trasparente, provve.
duto d'odore particolare piacevole, di sapore dolcigno,
indi mordente.
È più pesante dell'acqua, non volatile alla tempe
ratura dell'acqua bollente.
Insolubile nell' acqua, solubilissimo nell'alcoole,
precipitato dalla soluzione alcoolica coll'aggiunta del
l'acqua.
Fa esplosione con somma violenza, tanto per il cº
lore che per lo sfregamento, e di frequente senza causa
apprezzabile. -

Bisogna riceverlo al momento della preparazione in


recipiente con entro un poco d'alcoole assoluto, dal
quale è precipitato dall'acqua al momento di tentare
qualche esperienza sopra di esso.
La dissoluzione alcoolica è immediatamente decom
osta dall'aggiunta della potassa caustica disciolta nel
i" si precipita il per-clorato di potassa.
Gli elementi dell'etere per-clorico si possono tre
durre per
a CO + 4 HO + Cl H = C, H5 O, Cl O, .
Sembra infatti che la sua esplosione produca oi
sido di carbonio, acqua ed acido idro-clorico.
2.º Etere nitroso, Az O5, C. H5 0.

Sinonimi. Nitrito d'ossido d' etile, etere ipoli


trico, ec.
Questa combinazione, scoperta da Kunkel, si forma
colla reazione dell'acido nitrico del commercio sopra
l'alcoole. Le indicazioni che si hanno sulla preparazione
di questo corpo sono sommamente varie, s

Thénard consiglia di mettere in istorta ampia parti


eguali d'alcoole a 0,85, ed acido nitrico di 1,3. La
589

storta è poi messa in comunicazione coll'apparato di


Woulf, le cui bottiglie sono immerse in bagno frigo
rifero.
Quando si opera la reazione nella storta, quest'ul
tima s'infredda con ispugna inzuppata d'acqua fredda.
Black introduceva in un fiasco nove parti d'alcoole
a 83”, faceva giungere quattro parti d'acqua sotto l'al
coole col mezzo d'imbuto vitreo a lungo e stretto collo,
e collo stesso metodo faceva penetrare otto parti d'acido
nitroso fumante e concentrato: allora chiudeva il fiasco
con turacciolo di sughero, dal quale faceva partire un
tubo, che s'immetteva in altro fiasco a mezzo pieno
d'alcoole.
Così disposto l'apparato, lo abbandonava alla quiete
per 24 o 48 ore alla temperatura di 0 + 15°.
L'etere rendevasi in parte nell'alcoole, ed in parte
galleggiava sul liquore acido del primo fiasco.
ll metodo di Black allontanava la formazione de
gli svariati prodotti che accompagnano la reazione viva
dell'acido nitrico sull'alcoole. Ma si può renderlo più
semplice mescolando con precauzione in vaso di platino
freddo l'alcoole a 35", e l'acido nitrico puro a quattro
equivalenti d'acqua, in volumi eguali, introducendo il
tutto in un fiasco, che si mantiene per un giorno o due
alla temperatura dello zero. Si forma rilevante quantità
d'etere nitroso che galleggia sul liquido acido.
Pedroni assicura che si evita la formazione dei pro
dotti accessori impiegando le proporzioni seguenti: ni
trato d'ammoniaca cristallizzato 11 grammi, acido sol
forico 8 grammi, alcoole 9 grammi: si distilla in seguito
senz'altro riguardo.
È probabile che la presenza dell'ammoniaca impe
disca la formazione troppo abbondante dell'acido nitroso,
alla quale è dovuto il movimento tumultuoso che si pro
paga fra gli elementi dell'acido nitrico e dell'alcoole.
Liebig lo prepara dirigendo i vapori nitrosi nell'al
coole.
590

A tale intento si riscaldano a bagno-maria in istorta


molto grande una parte d'amido e 10 d'acido nitrico
di 1,3, e si dirige il gaz che si svolge fino al fondo
d'un fiasco a due tubulature, ripieno a due terzi d'una
mischianza di due parti d'alcoole di 85° ed una d'acqua,
ll fiasco è immerso in bagno frigorifero.
Il tubo, che congiunge la storta col fiasco conte
nente la mischianza alcoolica, deve avere la lunghezza di
due a tre piedi, e si deve mantenere freddo per tutto
il tempo che passa il gaz nitroso, involgendolo in pan
nolini bagnati d'acqua fredda.
Col metodo ora discorso si ottiene rilevante quale
tità d'etere nitroso, che si purifica dall'alcoole laval.
dolo nell'acqua, si separa dall'acqua, e per essiccarlo
si digerisce sopra il cloruro di calcio fuso.
L'etere nitroso è un liquido giallo pallido, d'odore
che ricorda quello delle mele, di sapore dolcigno e cal
do; la sua densità è di 0,886 a + 4°, bolle a 0 + 21"
è infiammabile e brucia con fiamma bianca e chiara,
Quando si fa passare il vapore dell'etere nitroso
per un tubo di porcellana incandescente si decompone
con formazione d'etere, d'azoto, di bi-ossido d'azoto
e d'idro-cianato d'ammoniaca.
Le soluzioni alcaline alcooliche decompongono il
detto etere sollecitamente con formazione di nitriti.
Si decompone a contatto dell'acqua, la quale non
ne discioglie che qualche traccia; si decompone anche
spontaneamente, formando del bi-ossido d'azoto, ed un
prodotto acido, che si crede essere acido malico. Assi
curasi che si conserva meglio quando venga digerito per
qualche tempo sul perossido di manganese e distillato
dappoi sulla magnesia. -

Si discioglie in tutte le proporzioni nell'alcoole e


nell'etere; col primo dà lo spirito di nitro dolce ado
perato dalla medicina. -
59 |

Alcoole nitrico. spirito d etere nitrico,


o spirito di nitro dolce.

Questo prodotto si ottiene mescolando una parte


d'etere nitroso con otto d'alcoole anidro, ovvero di
stillando l'acido nitrico con maggior quantità d'alcoole.
L'etere nitrico alcoolizzato, detto anche liquore
anodino nitroso, dovrebbe prepararsi a parti eguali di
etere nitroso e d'alcoole a 85" 1.
Alcuni autori propongono di prepararlo distillando
due parti d'alcoole a 90° "i, ed una d'acido nitrico,
raccogliendo altrettanto prodotto quanto fu l'alcoole ado
perato: ma così operando si ottiene un prodotto di com
posizione varia ed acido, che bisogna depurare, che rie
sce sempre incerto: ciò che non avviene quando si ado
pera una quantità determinata d'etere e d'alcoole.
L'etere nitrico alcoolizzato non si deve confondere
collo spirito di nitro dolcificato, od alcoole nitrico, il
quale si forma con tre parti d'alcoole ed una d'acido
nitrico a 34° di Beaumé: in questa mischianza col tempo
si genera dell'etere nitroso.
Lo spirito di nitro dolce è usato dalla medicina
misto ad acqua aromatica appropriata alla dose d'una
o due dramme come eccitante e diuretico.
Alcune farmacopee prescrivono di togliere l'acido
libero all'etere nitroso alcoolizzato colla magnesia od al
tre sostanze alcaline: ma queste devono essere rigettate
perchè decompongono in parte l'etere.
L'etere nitroso alcoolizzato si deve conservare in
luogo freddo entro a piccoli cristalli ripieni e ben chiusi;
si acidifica prontamente all'aria, ma tale alterazione è
tanto più lenta quanto men d'acqua contiene il prodotto.
3.º Etere nitrico, Az Os, C, II O.

Si prepara quest'etere prendendo un volume d'a


cido nitrico concentrato e purissimo, della densità di
593

S'infiamma e brucia con fiamma bianca pronuncia


tissima. Si decompone esposto a temperatura un poco
superiore a quella della sua bollitura, e qualche volta
con detonazione.
L'acido nitrico concentrato distrugge l'etere ni
trico; è pure distrutto dall'acido idro-clorico con pro
duzione d'acqua regia (acido cloro-nitrico).
L'acido solforico unito ad un equivalente d'acqua
discioglie il quarto del suo peso d'etere nitrico senza
alcun fenomeno apparente nel principio, se l'aggiunta
dell'etere è fatta a poco a poco. Ma in capo a qualche
istante la mischianza manda vapori d'acido nitrico ed
un poco più tardi la si riscalda fortemente con produ
zione di gaz nitroso; l'acido solforico si fa nero, e tutto
l'etere si trova distrutto.
L'iodio si discioglie nell'etere nitrico e lo colora
in bel violetto. Il cloro lo attacca fortemente.
È affatto insolubile nell'acqua, si discioglie in tutte
le proporzioni nell'alcoole, dal quale è facile precipi
tarlo coll'aggiunta di piccola quantità d'acqua.
L'intervento del nitrato d'urea nella produzione
dell'etere nitrico si spiega colla reazione i" urea sul
l'acido nitroso; questi due corpi si distruggono vicen
devolmente, iº volumi eguali d'azoto e d'a
cido carbonico; di maniera che la presenza dell'urea
previene la formazione dell'acido nitroso.
Così non è che al momento in cui l'acido nitroso
si mescola all'acido nitrico, che si manifestano fra gli
elementi dell'alcoole le trasformazioni che si ha l'abitu
dine d'attribuire all'acido nitrico solo. Si può anche
dire che quest'ultimo non è la causa diretta della detta
reazione tumultuosa, e non agisce che qual sorgente del
l'acido nitroso.

4.º Etere borico, . (BO ) C, II: O.


L'alcoole distillato sull'acido borico ne strascina con
sè proporzione riguardevole, gli elementi dell'alcoole
T. IN.. 38
59 4

possono combinarsi coll'acido borico per formare un


vero etere borico. - -

Il metodo seguito da Ebelmen per preparare i


detto etere è il seguente. -

Si mescolano parti eguali d'acido borico fuso, i


dotto in fina polvere, e d'alcoole anidro; avvi ben pre
sto svolgimento riguardevole di calorico. Ricercando di
eliminare l'alcoole colla distillazione, si trova che li
temperatura può inalzarsi nell'interno della storia moltº
al di là dal punto della bollitura dell'alcoole, prima di
tutto il liquido siasi dissipato. -

Sospendendo la distillazione verso i 110 gradi, il


trattando la massa fatta fredda coll'etere anidro, de
cantando la soluzione eterea, e riscaldandola progressi
vamente in bagno d'olio fino a 0 + 200°, si ottiene i
residuo di questa distillazione un liquido vischioso, i
quale alla detta temperatura ed a contatto dell'ari
manda copioso fumo bianco, e si solidifica infreddando
Il detto composto s'avvicina molto per le prº
prietà fisiche all'acido borico ed ai borati metallici,
quali, come si sa, prendono colla fusione lo stato e
troso. E un vero vetro trasparente, ma vetro già m
po' molle all'ordinaria temperatura, che può tirarsi
fili sottilissimi verso 0 + 40° o 0 + 50°, ha debole odit
etereo, sapore bruciante. Posto sulla pelle vi determi
impressione sensibile di calore, e si cangia ben presº
in polvere bianca d'acido borico. Diventa bianco espostº
all'aria, ma tale alterazione non è che superficiale e
solo pei frammenti d'un certo volume.
Sottoposto all'azione del calorico si decomponeves
o + 300° con isvolgimento abbondante d'un gu, i
uale possede tutti i caratteri del gaz oleofacente,
Il detto gaz brucia con fiamma verde, ciò mosſi
che ritiene ancora una data quantità d'etere borico non
decomposta, ma l'aggiunta d'un poco d'acqua gli i
perdere questa proprietà. -

Triturato nell'acqua leggermente calda l'etere lº


e
596

Le soluzioni alcooliche degli alcali lo disciolgono prestº


mente, e si può col mezzo degli acidi separare la si
lice allo stato gelatinoso. Alcune gocce d'etere silicio
versate in una capsula di platino incandescente preſº
dono fuoco con fiamma bianca, lasciando della silice in
polvere impalpabile. -

L' analisi di tale composto dimostra che il calº


bonio e l'idrogene si trovano nelle medesime propor
zioni che nell'etere ordinario, e che la silice contiene
la medesima quantità dell'ossigene della base. Se siamº
mettono con Berzelius ed il maggior numero dei chimici,
i numeri 277,32 per l' equivalente del silicio, e Si 0
per la formola della silice, si trova che la formola del
l'etere silicico è Si O3, 3 C. H5 O. -

Se all'opposto si prende il terzo del numero pre


cedente, o 92,44 per l'equivalente del silicio, e Si 0
per la formola della silice, come ha proposto Dumas,
la formola dell'etere silicico diventa simile a quella de
gli altri eteri composti, e trovasi rappresentata da
- - Si O, C4 H5 O. -

La densità del vapore dell'etere silicico è stata trº


vata eguale a 7,18; il calcolo dà 7,234, ammettendo
che Si O, C. H5 O rappresenta un volume di vapore,
siffatto modo di condensazione non si sarebbe finora pre
sentato negli eteri composti.
Frazionando il prodotto che distilla fra 0 + 17"
e 0 + 300°, ed analizzandolo, trovasi che il carbonio
e l'idrogene si scontrano costantemente nel medesimo
rapporto come nell'etere ordinario, ma la proporzione
della silice aumenta colla temperatura.
. Il liquido distillato oltre 0 + 300° è incoloro, poi
sede odore debole e sapore affatto diverso da quello
dell'etere precedente. La sua densità è 1,035. L'azione
dell'acqua e degli alcali sopra detto composto è affatto
eguale di quella che esercitano sopra l'etere Si 0, C H: 0;
la sua analisi conduce alla formola
. (Si O) C, H: O.
598
Lo stesso chimico ha scoperte le due seguenti con
binazioni:
CO., C, H. Cl, O

e CO., C, Cl; O.
Quest'ultima combinazione è bianca e cristallina,

Etere clorossi-carbonico C. Os Cl, C. H: 0.

Dumas è arrivato ad ottenere un prodotto etereo


affatto particolare col far agire il gaz clorossi-carbonico
sull'alcoole assoluto. La temperatura s'innalza molto, ed
il liquido si separa in due strati, il più pesante di
quali rappresenta il prodotto etereo.
Si purifica esso etere facendolo digerire sul lita'
irio e sul cloruro di calcio, sottoponendolo per ultimo
alla distillazione. -

L'etere clorossi-carbonico è liquido, incoloro, nel


tro, d'odore soffocante che fa piangere; pesa 1,133 a
0 + 15°, bolle a 0 + 94°, e brucia con fiamma verde
L'acqua bollente lo decompone, l'acido solforico
vi svolge dell'acido idro-clorico e lo carbonizza in sé
guito; l'ammoniaca origina un sale ammoniacale ed un
prodotto particolare, che Dumas chiamò uretana,
Quest'etere può essere riguardato come una con
binazione d'etere carbonico CO. C. Hs O e di gaz di
rossi-carbonico CO, Cl.
Uretana od etere carbamico.

L'ammoniaca provoca l'eliminazione dell'acidoidº


-clorico, reagendo co' suoi elementi sull'etere clorosi
-carbonico, l'acido idro-clorico si combina in séguito col
l'ammoniaca eccedente -

C. Os Cl, C4 Hs O + a Az H =
Etere clorossi-carbonico.
= C, Os, Az H., C. Hs O + CI H, Az H.
Uretana.
600

L'etere ossalico puro è privo di colore, di cor


sistenza oleaginosa, pesa 1,0929 e bolle a 0 + 18"
Possede odore aromatico, si mescola in tutte le pro
porzioni coll'alcoole e coll'etere; quando è puro si col
serva a lungo in contatto dell'acqua; ma basta ch'essa
contenga piccola quantità d'acido, d'alcali o d'abole,
perchè muti l'etere ossalico in acido ossalico ed in al
coole. -

Quando si rimescola l'etere ossalico coll'ammo


niaca mista all'acqua, si produce, secondo l'osserva:
zione di Bauhof, una sostanza bianca, cristallizzata, di
natura particolare, nella quale Liebig riscontrò le pro
prietà e la composizione dell'ossamida.
Ossametana, etere ossamico.

C. O., Az H., C. O, + C H: 0.
Quando si satura l'alcoole assoluto col gaz ammo.
niacale, e si aggiunga in séguito la mischianza alcoolici
a goccia a goccia all'etere ossalico, si genera una coi
binazione particolare scoperta da Dumas, alla quale diede
il nome d'ossametana. Balard fece conoscere la vera
composizione di detta sostanza, e scoperse l'acido º
SanllOO.

Quest'ultimo acido è rappresentato da


C. O, Az H., C. O3 – HO.
L'equivalente d'acqua che può essere cangiato verº
so un equivalente d'ossido metallico, è sostituito nel
l'ossametana da un equivalente d'etere.
L'etere ossamico forma dei cristalli in fogliette i
aspetto grasso, fusibili a 0 + 100°, e distillano a 0+30"
inalterati.
e Il detto etere è solubile nell'acqua e nell'alcoole,
non precipita la soluzione del sotto-acetato di piombo
la dissoluzione acquosa dell'etere ossamico si decom
poné colla bollitura in bi-ossalato d'ammoniaca ed in
604

Si può ottenere l'etere acetico coll'azione diretta


dell'acido acetico sopra l'alcoole, ma l'eterificazione non
si opera che sopra limitata porzione della mischianza
Distillando
Acetato di piombo anidro. . . . . 16
Alcoole assoluto . . . . . . . . . . 4,5
Acido solforico mono-idatato . . . 6
o meglio - -

Acetato di soda . . . . . . . . . . 10
Alcoole assoluto . . . . . . . . . . 6
Acido solforico mono-idatato . . . 15
si ha quantità riguardevole d'etere.
Il prodotto della distillazione è saturato colla calce,
indi abbandonato per qualche tempo a contatto del clo
ruro di calcio è separato con nuova distillazione,
L'etere così ottenuto è limpido, incoloro, d'odore
piacevole, bolle a 0 + 74°, pesa 0,89 a 0 + 15" Si
discioglie in sette parti d'acqua, e si mescola in tutte
le proporzioni all'alcoole e all'etere; rimescolato al do
ruro di calcio produce una massa molle e cristallina, la
quale diluita coll'acqua lascia libero l'etere.
L'acido solforico decompone l'etere acetico, e gli
alcali lo convertono in alcoole ed in acetato alcalino,
Malagutti riconobbe che la prima azione che ese
cita il cloro sull'etere di cui ragioniamo, gli toglie due
equivalenti d'idrogene, e si forma un composto rap
presentato da -

C4 H3 O3 C4 H3 Cl, O.
A contatto d'una soluzione alcoolica di potassa,
quest'etere clorato si muta compiutamente in acetato
ed in cloruro. !

Leblanc ha seguita la discorsa reazione del cloro


sull'etere clorato di Malagutti, ed è arrivato a sepa.
rare un novello prodotto, nel quale tutto l'idrogene è
sostituito dal cloro.
L'etere acetico è adoperato qualche volta dalla
medicina, - -
606

una parte d'etere butirrico e cinque a sei parti d'am


moniaca: l'azione si ultima in capo ad otto o dieci
giorni.
L'etere che vi galleggia sparisce. Si evapora, e la
butirramida cristallizza coll'evaporazione in tavolette di
un bianco di perla lucente. -

La butirramida è inalterabile all'aria, di sapore fre


sco dolcigno, ma che lascia un senso d'amarezza. Si
fonde a 0 + 115°, e si volatilizza senza lasciar residuo;
è più solubile nell'acqua calda che nella fredda; è pure
solubile nell'alcoole e nell'etere. La soluzione acquosa
della butirramida è decomposta a caldo dalla lisciva al
calina in butirrato alcalino ed in ammoniaca.

Etere benzoico, benzoato d'ossido d' etile


(benzalcool normale di Gerhardt) C Ho 0.
Il detto etere si prepara distillando una mischianza
di 4 parti d'alcoole, 2 parti d'acido benzoico cristal
“lizzato ed una d'acido idro-clorico concentrato: si può
eterificare quasi tutto l'acido benzoico coobando diverse
volte il prodotto; si cangia il recipiente quando il li
quido che passa s'intorbida per l'aggiunta dell'acqua
Si purifica l'etere colle lavature nell'acqua mista
a piccola quantità di carbonato di soda; la purificazione
si ultima rettificando l'etere sul litargirio.
L'etere benzoico è incoloro, d'odore aromatico gra
devolissimo, della densità di 0,0539 a 0 + 10°5, bolle
a 0 + 209° e distilla inalterato; la densità del suo va
pore venne trovata da Boullay e Dumas eguale a 5,407
E insolubile nell'acqua fredda, ma si discioglie un
po' nella calda, è solubile in tutte le proporzioni nel
l'alcoole. - -

Scioglie molto acido benzoico, e quando è saturº


di detto acido si rapprende a 0 + 20°. -

La potassa caustica lo converte a poco a poco in


benzoato di potassa ed in alcoole.
608

Il primo prodotto che si raccoglie è quasi puro


alcoole che sfugge alla reazione, cui succede una mi
schianza d'alcoole e d'etere salicico; le ultime porzioni
sono quelle che contengono maggior copia d'etere. Bi.
sogna badar bene di sospendere la distillazione quando
incominciano a manifestarsi vapori solforosi.
I prodotti ultimi vengono agitati molte volte nel
l'acqua debolmente ammoniacale, all'oggetto di togliere
l'acido che può imbrattare l'etere, indi si lava quest'ul
timo con acqua pura, si essicca sul cloruro di calcio e
si rettifica due volte.
L'etere salicilico così purificato è liquido, incoloro,
d'odore soave. E più pesante dell'acqua, bolle vicino
a 0 + 225°. -

Forma colla potassa e colla soda combinazioni cri


stalline solubili nell'acqua, simili perfettamente a quelle
formate dal silicilato di metilene; le dette combinazioni
sono distrutte dall'aggiunta d'un acido, e l'etere sali
cilico fatto libero si separa. .
La barite forma coll'etere salicilico una combina
zione cristallina un po' solubile.
Se in luogo di far agire gli alcali a freddo sull'e
tere salicilico, si fa intervenire il calorico, le molecole
si separano, e si produce dell'alcoole ed un silicilato
alcalino. - -

Il cloro ed il bromo agiscono vivamente sull'etere


salicilico; ma quando si conserva in vaso chiuso una
mischianza di queste due sostanze, l'etere alla lunga
svanisce, e formasi un liquido bruno interamente solu
bile nell'acqua, si riproduce dell'alcoole, e si ottiene la
salicilamida. - -

L'acido nitrico fumante, aggiunto a goccia a goc


cia all'etere salicilico, lo discioglie svolgendo del calº
rico, la mischianza riesce colorata in rosso-scuro; l'ag
giunta dell'acqua determina la separazione d'un olio che
si rapprende in capo a qualche tempo in una massa
gialla, la quale lavata coll'acqua e ridisciolta nell'alcoole
6 10

Se collocasi il detto prodotto in gran fiasco ri


pieno di cloro, e lo si esponga all'azione diretta dei
raggi solari, si osserva comparire del fumo bianco e
denso d'acido idro-clorico, ed in capo a qualche giorno
il composto ch'era prima liquido, si rapprende in una
massa cristallina. Quest'ultima, ben compressa fra carta
emporetica, e posta nuovamente in fiasco pieno di cloro
all'influenza dei raggi solari, non prova più alterazione
La detta massa cristallina è l'etere succinico per
-clorato, ma per averlo puro, bisogna prendere il pro
dotto precedente, comprimerlo forte tra fogli di carta
straccia, lavarlo con piccola quantità d'etere solforico,
comprimerlo di bel nuovo, e finalmente discioglierlo nel
l'etere anidro e farlo cristallizzare.
L'etere succinico per-clorato è d'un bianco di neve,
cristallizzato in piccoli aghi che s'intralciano facilmente
fra loro; ha odore simile ai prodotti clorati eterei, si
discioglie nell'alcoole e nell'etere molto più coll'aiuto
del calorico; ma questi liquidi lo alterano, si fonde da
0 + 115° a 0 + 120°. Sottoposto a temperatura più
elevata una porzione distilla, mentre un'altra si altera
La composizione di quest'etere, secondo Cahours,
sarebbe rappresentata da
C8 H Cl13 O, .

Etere cianurico.

Woehler e Liebig diedero questo nome ad un pro


dotto che ottennero dirigendo i vapori dell'acido cia
nico idrato in una mischianza d'alcoole e d'etere a sº
turazione compiuta.
Dopo ventiquattr'ore di riposo la combinazione ci
stallizza; la si separa dalla ciamelida (1) che si forma
nello stesso tempo col mezzo dell'acqua o dell'alcoole
bollente. -

(1) Vedi Acido cianurico insolubile, t. II, p. 12o, parte prima


6| |
L'etere cianurico cristallizza coll' infreddamento in
prismi o in aghi incolori lucentissimi. E privo di sapore
e d'odore, senza azione sui colori vegetabili e sulle dis
soluzioni metalliche.
Riscaldato si fonde in liquido incoloro che volati
lizza in vasi aperti, e si condensa sotto forma di fioc
chi leggeri nevosi, voluminosissimi.
Abbandona acqua ed alcoole sottoposto alla distil
lazione secca, lasciando un residuo d'acido cianurico.
Gli alcali lo mutano in alcoole cianurato e cianato
alcalino.
L'etere cianurico si rappresenta per due molecole
d'acido cianico idrato e per una d'etere
(C. Az, O, IIO) + C. H: O.
Etere cloro-cianico.

Aime fece conoscere una combinazione che ottenne


dirigendo la corrente del cloro secco in una soluzione
alcoolica di cianuro di mercurio.
Quando l'azione del cloro è ultimata, si aggiunge
dell'acqua, la quale precipita un liquido incoloro d'o
dore agliaceo, d'un sapore di mandorle amare.
Il detto liquido pesa 1, 12, bolle a 0 - 50”, è in
solubile nell'acqua, a contatto della quale si decompone
col concorso del calorico. Si discioglie nell'alcoole che
lo decompone del pari.
La composizione assegnata all'etere cloro-cianico è
rappresentata dalla formola
C. Az, Cl -- C, Hs O.

L'etere ed il cloruro di cianogene.

Stenhouse indicò una combinazione diversa da quella


di Aimé, operando in circostanze analoghe. Questo chi
mico fa agire il cloro secco sulla dissoluzione alcoolica
del cianuro di mercurio o d'acido prussico. Adopera da
6 14

Etere citrico, citrato di ossido di etile.

Formola Ci. 3 Ae O.

Quest etere venne preparato per la prima volta da


Thénard. -

Malagutti lo prepara mescolando 90 parti d'acido


citrico cristallizzato, 110 d'alcoole della densità di 0.814.
e 40 d'acido solforico concentrato: si riscalda la detta
mischianza posta in istorta di vetro fino a che si svolga
etere comune. Allora si aggiunge dell'acqua al residuo,
ed il citrato d'ossido d'etile si separa sotto forma d'un
corpo oleaginoso.
Si purifica l'etere citrico dall'acido che vi aderisce
lavandolo nell'acqua: disciogliendolo nell'alcoole, e tral
tando la dissoluzione alcoolica col carbone animale, si
arriva ad ottenerlo perfettamente scolorato.
L'etere citrico è liquido, oleaginoso, d'odore de
bole che ricorda quello dell'olio d'olivo, ed ha sapore
amaro, disgustoso, della densità di 1,142, si colora
esposto a 0 + 270”, bolle a 0 + 283°, decomponendosi
in gran parte.
Nell'ultimo caso si raccoglie, oltre una data quale
tità di citrato d'ossido d'etile non alterato, un corpo
bruno oleaginoso (acido itaconico), dell'alcoole ed un
gaz combustibile, e rimane nella storta un residuo cal
bonoso. -

La potassa e la soda caustica mutano l'etere ci


trico in alcoole ed in citrato alcalino; il cloro, il bromo
non lo alterano sensibilmente. L'iodio sembra che si
combini con lui. L'acido solforico concentrato, l'acido
nitrico e l'acido idro-clorico lo disciolgono a freddo, e
l'acqua precipita l'etere citrico da queste dissoluzioni
senz'alterazione; ma a caldo i detti acidi decompongono
l'etere citrico.
6 5

Etere aconitico. aconitato d'ossido di etile.

Formola At Ae O (Crasso).

Si ottiene questa combinazione saturando una dis


soluzione alcoolica d'acido aconitico col gaz idro-clorico.
ed aggiungendo dell'acqua al liquido così saturato. L'e
tere aconitico si precipita allora sotto forma di liquido
pesante, che si purifica dall'acido aderente con repli
cate lavature.
L'etere aconitico puro è limpido, incoloro, d'o
dore aromatico, di sapore intensamente amaro, della
densità di 1.074 a 0 + 1 4", bolle a 0 - 236". Non
può essere riscaldato oltre questo grado senza decom
porsi, colorandosi a poco a poco, e lasciando in fine
un residuo nero.

Etere itaconito, itaconato d'ossido d' etile.


Fornola It, Ae O = Co II. O, .

Per preparare quest'etere si discioglie l'acido ita


conito in quattro parti d'alcoole, si fa passare nella so
luzione una corrente d'acido idro-clorico gazoso e secco,
mantenendo il liquido in bollitura a bagno-maria. Quando
la metà dell'alcoole è passata nel recipiente, si aggiunge
dell'acqua al residuo; allora separasi l'etere itacomto,
che si lava molte volte coll'acqua per liberarlo dall'acido,
Quest'etere è liquido, incoloro, trasparente, di sa
pore amaro, d'odore penetrante ed aromatico, ha un
peso specifico di 1.040 a 0 + 18,5”. Si mescola in tutte
le proporzioni coll'alcoole e coll'etere ordinario. Non
abbrucia all'ordinaria temperatura; il suo vapore arde
con fiamma bianca. Non è volatile; bolle a 225° de
componendosi. -

Colle dissoluzioni alcaline si comporta assolutamente


come gli eteri precedentemente studiati. L'acido solfo
rico concentrato lo annerisce, deponendovi del carbone.
61 6

Etere citraconico, citraconato di ossido d'etile.

Formola Ct Ae O.

Quest'etere possede le stesse proprietà e compo


sizione del precedente: decomponendolo colla potassi
caustica si ottiene dell'alcoole e dell'acido citraconito.
che non ha subito alterazione alcuna.
Etere tartrico, tartrato acido d'ossido d' etile
(acido tartro-vinico).
Formola T, Ae O- H, O.
Tale composto si forma anche a freddo pel con
tatto dell'acido tartrico cristallizzato coll'alcoole, ma più
presto a caldo.
Per isolarlo si precipita il tartrato d'ossido d'etile
e di barite coll'acido solforico diluto, si evapora il li
quido diviso dal precipitato nel vuoto sull'acido solfo.
rico concentrato. Si ottiene in tal modo dei prismi al
lungati a base rombea, od anche una massa cristallina
bianca, inodora, di sapore acido dolcigno, che attrae
l'umidità dell'aria, solubilissima nell'acqua e nell'al
coole, insolubile nell'etere ordinario. -

Detto composto riscaldato sulla lamina di platino


brucia con fiamma luminosa, esalando odore d'acido
tartrico. A 0 + 30° ammollisce; a 90° prende l'aspetto
d'un sciroppo, che si fa più fluido a 0 + 140", e fi
malmente a 0 + 160° si decompone.
A temperatura più elevata somministra, quali pro
dotti della decomposizione, dell'alcoole, dell'acqua, del
l'acido acetico, dell'etere acetico, dell'acido carbonico,
del gaz infiammabile, olio empireumatico, un liquido
volatile analogo all'acetone, e finalmente un residuo car
bonoso. y - , -

Col tempo la soluzione acquosa ed allungata del


l'etere tartrico si copre di muffa.
6 | 7

L' acido solforico concentrato discioglie il detto


etere a 66" senza annerirlo: quando si riscalda oltre
l'indicato grado, la mischianza si carbonizza svolgendo
vapori solforosi.
Lo zinco, il ferro si disciolgono nella dissoluzione
acquosa dell'etere tartrico con isvolgimento di gaz idro
gene: lo stagno non è attaccato.
L'acqua di barite è intorbidata dalla dissoluzione
dell'etere tartrico, ma il precipitato si ridiscioglie quando
se ne aggiunge in eccesso. L'acqua di strontiana non
è precipitata.
L'acqua di calce è intorbidata dalla dissoluzione
dell'etere in discorso, ed il precipitato calcare è di
sciolto dagli acidi. -

La soluzione dell'acetato di piombo non è intorbi


data: ma se vien concentrata si produce un sal doppio
di tartrato d'ossido d'etile e di piombo, cristallizzato
d'un bianco di perla, solubile nell'acido nitrico.

Etere piro-tartrico, piro-tartrato d'ossido d' etile.

Formola C II O, C, II O = p R, Ae O.
Quando si fa passare una corrente d'acido idro
-clorico secco nella dissoluzione d'una parte d'acido piro
-tartrico in due d'alcoole, mantenuta a dolce calore, si
ottiene un liquido, il quale, coll'aggiunta dell'acqua,
depone rilevante quantità di piro-tartrato d'ossido d'etile.
Lo si purifica lavandolo nell'acqua, e mettendolo
in digestione sull'ossido di piombo.
L'etere piro-tartrico è liquido, incoloro, d'odore
aromatico, di sapore acre ed amaro, non si mescola
all'acqua, ha la densità di 1,016 a 0 + 15°. Bolle a
0 -- 218° sotto la pressione di 755 mm., decompo
nendosi.
6 18

Etere malico, malato d'ossido d' etile.

Distillando una mischianza d'acido malico, d'al


coole e d'acido solforico, Thénard ottenne per residuo
un olio giallognolo più pesante dell'acqua.
Quando si distilla una mischianza di malato acido
d'ammoniaca, d' acido solforico e d'alcoole, fino al
punto in cui il residuo diventa nero, passa un prodotto
d'odore gratissimo, dal quale l'acqua separa una ma
teria oleosa ed eterea, la quale è il fumarato d'ossido
d'etile od etere fumarico.
Il detto corpo si forma egualmente quando si sa
tura col gaz idro-clorico una soluzione d'acido malico
nell'alcoole anidro, e che si distilla il tutto fino a secco,
Rimane allora un debole residuo carbonoso.
Nella riſerita distillazione passa in principio dell'al
coole carico d'acido idro-clorico, in séguito un liquido
acido, pesante ed oleaginoso, che si discioglie nell'acqua
in considerevole quantità, lasciando un olio pesante ed
etereo.
Questo liquido etereo non è malato d'ossido d'e
tile, ma il fumarato della detta base.

Canforato acido d'ossido d'etile (acido canforinico)


Ae O -

a Ca Malagutti.
H. O -

Per ottenerlo distillasi una mischianza di 10 parti


d'acido canforico, di 20 d'alcoole e di 5 d'acido solº
forico; si riscalda fino al punto che sia passata la metà
della mischianza, indi si aggiunge dell'acqua al residuo
rimasto nella storta. e

Allora il canforato d'ossido d'etile si depone allo


stato d'un olio sciropposo. Lo si può avere puro di
sciogliendolo nella lisciva della potassa, indi precipitan
620

sante, ed è ciò che costituisce il canforato d'etile nel


tro o l'etere canforico. Per purificarlo dall'acido che
vi aderisce, lo si fa bollire con una debole soluzione di
potassa, poi lo si lava coll'acqua, s'abbandona sul clo
ruro di calcio, e finalmente lo si rettifica.
L'etere canforico puro è liquido, oleaginoso, di
colore un po' oscuro, di sapore amaro sommamente di
sgustoso. Ha odore particolare, quello del suo vapore
è nauseante in sommo grado.
La densità dell'etere canforico è di 1,029 a 0 +16",
bolle fra 0 + 285° e 287°, alterandosi leggermente. Si
infiamma difficilmente, ed abbrucia con fiamma fulgi
nosa. E solubilissimo nell'etere e nell'alcoole, insolubile
nell'acqua, non ha azione sui colori reattivi.
Il bromo, l'iodio ed il gaz ammoniacale si disciol
gono in gran copia nell'etere canforico: tuttavia sembra
che esercitino azione chimica sopra di lui,
Il cloro, agendo sull'etere canforico, origina l'etere
canforico clorato
Ce H. O, + C Ho Cl, O (Malagutti),
Etere valerico, valerato d'ossido d' etile.

Formola Va, Ae O.

Quando si distilla la soluzione alcoolica d'acido va


lerico, o quella d'un valerianato, alle quali siasi ºg:
giunto dell'acido solforico, e che versasi nel liquore di
stillato dell'acqua distillata, si separa considerevole quale
tità d'etere valerico, che si purifica coi metodi noti,
- Il detto etere è liquido, oleaginoso, incoloro, di
odore particolare che ricorda quello della frutta e della
valeriana; la densità sua allo stato liquido è di 0,894
a 0 + 13”; a quello di vapore è di 4,33 = 4 volumi
È insolubile nell'acqua, si mescola coll'alcoole, col
l'etere solforico e cogli olj. .
626

ad etere comune. Questi eteri non si svolgono sempre


allo stato di libertà, ma spesso e molto più al fine del
l'operazione, somministrano col per-cloruro di stagno
combinazioni cristallizzabili.
Le proporzioni più proprie per eterificare l'alcool
e mettere l'etere in libertà, sono quelle d'un equiva
lente di per-cloruro per un equivalente d'alcoole aso.
luto, ovvero tre di per-cloruro e quattro d'alcoole. Ad,
perando quantità d'alcoole superiore di tre equivaleni
verso due di per-cloruro, una parte d'alcoole non è
eterificata.
Quando si porta la quantità del per-cloruro oltre
ad un equivalente per un equivalente d'alcoole, la pro
porzione dell'etere idro-clorico aumenta, e questo tende
a combinarsi col per-cloruro metallico.
Nel primo contatto dell'alcoole assoluto col per
-cloruro, il prodotto che si forma è sempre cristallino,
purchè la quantità dell'alcoole non ecceda le proporzioni
sopra indicate.
La presenza d'una piccola quantità d'acqua non
nuoce all'eterificazione dell'alcoole operata dal doruro
di stagno.
Quando si sottrae la mischianza del cloruro e del
l'alcoole alla pressione atmosferica, l'eterificazione non
ha più luogo in modo sensibile.
Per-cloruro di ferro ed alcoole.

Quando i detti due corpi sono a contatto, avvi


aumento grande di temperatura. Si forma una massa
densa, dalla quale il calorico svolge dell'etere. Le prº
porzioni più favorevoli all'ordinaria eterificazione sono
un equivalente di per-cloruro di ferro Fe, Cl, e due
d'alcoole; con minor quantità d'alcoole si produce del
l'etere idro-clorico.
627
Cloruri d'antimonio ed alcoole.

Hellot indicò una combinazione cristallina di per


-cloruro d'antimonio e d'alcoole.
Quanto sappiamo intorno all'azione del per-cloruro
d'antimonio sull'alcoole lo dobbiamo a Kulmann.
Al contatto di questi due corpi ha luogo eleva
zione considerevole di temperatura; la mischianza si co
lora in bruno, e non cristallizza coll'infreddamento.
Quando si riscalda la detta combinazione, sommi
nistra dell'etere idro-clorico, e ciò a 0 + 140"; ma se
il per-cloruro è in grande eccesso, l'etere idro-clorico
si produce ben anche a + 85”.
Cloruro d'arsenico ed alcoole.

Questi due corpi, giunti a reciproco contatto, si


riscaldano; ma la loro separazione può operarsi dal ca
lore, senza che l'etere apparisca. L'alcoole distilla a
0 + 1 15”, la bollitura cessa a 0 + 130”, e non rico
mincia che a 0 + 189" per dare del cloruro d'arsenico.
Cloruro d'allumio ed alcoole.

La combinazione di questi due corpi si opera col


l'elevazione di temperatura: ne risulta un liquido vi
schioso, incoloro o giallognolo.
Riscaldando la mischianza alcoolica, distilla l'alcoole,
sul principio, misto ad un poco di cloruro che gli dà
odore d'aglio spiacevole; verso - 170" la mischianza si
colora leggermente e si svolge dell'etere idro-clorico.
A + 200° comparisce dell'acido idro-clorico, e si
ha dell'allumina per residuo.
Fluoruro di boro ed alcoole.

Gay-Lussac e Thénard riconobbero pei primi la


presenza d'un etere nei prodotti del gaz fluo-borico sul
l'alcoole.
-
628

Desfosses dimostrò che l'etere prodotto dalla rile


rita reazione non era che etere comune.
Secondo Kulmann, il prodotto della distillazione
della mischianza del fluoruro di boro e dell'alcoole con
siste in una combinazione d'etere C. Ho 0 e di fluo.
ruro di boro; questa combinazione si decompone a con
tatto dell'aria e lascia l'etere, mentre il fluoruro di boro
somministra i prodotti propri della sua decomposizione
L'acido fluo-borico è assorbito dall'alcoole assoluto
con isvolgimento di calorico: si forma un liquido inco,
loro persistente all'aria, che riproduce a contatto del
l'acqua l'alcoole.
L'alcoole saturato d'acido ſluo-borico, abbandona
sottoposto alla distillazione, a 0 + 140° o + 170 un
composto liquido, incoloro, il quale brucia con bella
fiamma verde, spandendo abbondante fumo bianco,
Il detto composto non cede tutto l'etere messo a
contatto dell'acqua se non che al grado della bollitura
Kulmann, a cui i riferiti particolari sono dovuti, per
venne a riprodurre la stessa combinazione coll'etere or
dinario ed il fluoruro di boro. -

Fluoruro di silicio ed alcoole,


Kulmann nega all'indicata mischianza la proprietà
di somministrare etere comune.
Invero l'alcoole assorbe il fluoruro di silicio con
grande svolgimento di calorico; la combinazione per tal
modo prodotta bolle a 0 + 80”, e distilla senz'altera
zione riscaldata a 0 + 150° o + 160°.
Il detto composto alcoolico brucia con fiamma ros
signa, manda abbondanti vapori bianchi che lasciano de
posito di silice. -

L'acqua decompone il composto in discorso, e me


lio le soluzioni alcaline; e da siffatta decomposizione
non si ha che alcoole senza traccia d'etere,
- -

6:29

Combinazioni dell'etere semplice.

Quanto sappiamo circa le combinazioni dirette del


l'etere si limita a poche notizie somministrate da Kul
illallll.

Molte combinazioni dell'etere ordinario C, II, O coi


per-cloruri e cloruri metallici cristallizzano facilmente, se
esposte all'aria secca; e ad una temperatura elevata il
maggior numero di tali combinazioni volatilizzano.
La combinazione del per-cloruro di ferro coll'etere
cristallizza lentamente in tavolette rettangolari.
Il per-cloruro di stagno somministra un composto
d'aspetto brillante, la cui cristallizzazione è d'una esat
tezza notabile. Tal composto si ottiene coll'unione del
l'alcoole e del per-cloruro di stagno, tanto allo stato
liquido, che a quello di vapore.
Il composto ora indicato distilla inalterato alla tem
peratura di 0 + 80°
La reazione dell'acido fluo-borico sopra l'alcoole
assoluto ha dimostrato che l'etere comune può combi
narsi col fluoruro di boro.
L'etere assorbe l'acido solforico anidro, e sembra
capace di combinarvisi, ma ne risultano presto nume
rose decomposizioni.
Combinazioni dell'etere idro-clorico.

Per-cloruro di stagno.

Questo corpo si combina coll'etere idro-clorico senza


svolgere calorico. Il prodotto della reazione è incoloro,
liquido, fumante esposto all'aria. Evaporato lentamente
in atmosfera d'aria secca cristallizza e dà luogo ad una
vegetazione che oltrepassa più d'un centimetro gli orli
della capsula che contiene il liquido. I cristalli hanno
l'aspetto e la disposizione della " d'una penna da
scrivere. L'acqua li distrugge, rigenerando una porzione
630

d'etere idro-clorico. Il composto recente non dà residuo


nella detta distruzione operata dall'acqua.
Per-cloruro d'antimonio.

Assorbe l'etere idro-clorico con produzione di ca.


lorico. La combinazione è liquida, incolora, fumante al
l'aria. Nell'aria secca si rapprende in massa cristallina
ma ben presto ritorna liquida, si colora in bruno, h.
sciando deposti dei cristalli di proto-cloruro d'animo
mio. Il liquido bruno mescolato all'acqua depone una
materia bruna oleosa.

Per-cloruro di ferro.

La combinazione del per-cloruro di ferro coll'etere


idro-clorico cristallizza confusamente in un'atmosfera esº
siccata colla calce, l'acqua la decompone e ne elimina
l'etere idro-clorico.
Le varie combinazioni dell'etere idro-clorico coi
cloruri volatili sono in una specie di corrispondenza co.
gli eteri salini della seconda classe. I cloruri volatili rap
presentano gli ossacidi nella serie delle combinazioni di
rate: s'uniscono essi all'etere idro-clorico nella stessa
maniera che l'etere ordinario agli acidi.
L'etere idro-clorico è assorbito in grande quantità
dall'acido solforico anidro. Ne risulta un prodotto lº
quido fumantissimo che, mescolato all'acqua, origina un
corpo oleoso particolare. -

- La combinazione dell'etere idro-clorico coll'acido


solforico non bolle che a 0 + 130°; una porzione di
stilla inalterata, mentre un'altra è decomposta, illi
quido si colora in bruno, svolge acido solforoso. Quale
do la detta combinazione è distrutta dall'aggiunta del
l'acqua, il corpo oleoso lascia una soluzione acidissima,
la quale, mescolata a caldo con una dissoluzione di do
ruro di bario, abbandona coll'infreddamento una cri
stallizzazione abbondante, setosa d'un sale baritico.
632

Allorquando si allunga l'acido solforico d'un equi


valente d'acqua in modo d'avere SH. O, + Aq, perde
la facoltà di mutare a freddo l'alcoole in acido solfo.
-vinico; e siccome nell'azione dell'acido concentrato una
molecola d'acqua s'elimina, per ciascuna molecola d'a
cido, è chiaro che per il semplice mescolamento del
l'acido allungato e dell'alcoole, tutto l'acido non poli
combinarsi, perchè a misura che si forma l'acido solf,
-vinico, si produce nel tempo stesso dell'acqua che rende
il rimanente acido troppo allungato per agire.
Magnus dimostrò con esperienze esatte che la metà
solamente dell'acido concentrato si converte in acido
solfo-vinico, in modo che la reazione deve esprimersi così:
C. Hº O + - SH. O = C. Ho SO, + (SH. O, + Aq)
La riferita equazione spiega anche questo fatto, cioè
che mantenendo a 100° (temperatura alla quale non s
forma per anco l'etere) una mischianza d'acido solfo.
rico concentrato e d'alcoole, non trovasi alcoole asso
luto nei prodotti distillati, ma sempre molt'acqua
Marchand ha fatto uno studio particolare dell'acido
solfo-vinico e delle sue combinazioni; consiglia d'aggun.
gere l'alcoole assoluto all'acido solforico mono-idrato,
di maniera a non oltrepassare la temperatura di + il
a 70". Conviene adoperare un vaso metallico per soddi.
sfare quest'ultima condizione.
Siccome la reazione sembra esercitarsi fra due equi
valenti d'acido solforico ed uno d'alcoole, contiene
prendere dei pesi d'alcoole e d'acido che si avvicinino
alle indicate proporzioni d'equivalenti.
Liebig assicura che si può formare l'acido solo vi
nico facendo passare il vapore dell'etere nell'acido sol
forico fino al punto che quest'ultimo rifiuti d'assorbire
il vapore dell'etere.
In ogni caso si allunga d'acqua il liquore acido,
indi lo si satura col carbonato di barite o con quello
di piombo, si produce rilevante quantità di solfato il
solubile e di solfo-vinato solubile. -
636

tico sotto forma di bei prismi a base rombea, inaltera


bili all'aria. Contengono 8,48 per 100 d'acqua di ci
stallizzazione, che la pérdono nel vuoto: il sale anidro
non è alterato alla temperatura di 0 + 100”, ma quello
idrato leggermente si decompone a tale temperatura
Mantenendosi la soluzione acquosa del solfo-vinato
baritico in bollitura, questa s'intorbida e depone del Sol
fato di barite; quando si toglie il deposito, e si saturi
il liquido filtrato col carbonato di barite, si ottiene un
sale baritico cristallizzabile, la cui composizione a 100'
è esattamente la stessa di quella del solfo-vinato; questo
nuovo sale non si decompone alla bollitura, come altresì
non si gonfia colla calcinazione, ma manda vapori d'o
lio di vino pesante, il quale prende fuoco e brucia al
lora tranquillamente. A
/
Solfo-vinato calcico C. (Hs Ca) SO, + Aq.
Questo sale presentasi in laminelle esagonali, allunº
gate e sottili.

Solfo-vinato di piombo C. (Hs Pb) SO, + A1


Cristallizza in tavolette incolore e trasparenti, sº
lubilissime nell'acqua e nell'alcoole; la soluzione pre
senta reazione acida. Contengono 7,28 per 100 d'acſa
di cristallizzazione. - -

Mettendo la soluzione del detto sale a digerire so.


pra l'ossido di piombo recentemente precipitato, si ot
tiene un sale sopra-basico ( C (Hs Pb) SO, + Pb,0)
il quale non cristallizza. -

Solfo-vinato di rame C. (Hs Cu) SO, +, Aq.


Questo sale è d'un bell'azzurro, cristallizzato in
laminelle sensibilmente rettangolari, ovvero in prismi
dritti a base rettangona; i detti cristalli prendono so,
vente rilevante volume. - -
638

Quando si fa cadere l'alcoole assoluto sull'acido


fosforico anidro ottenuto colla combustione del fosforo
nel gaz ossigene, v'ha grande sviluppo di calorico, la
massa si fa sciropposa, e sottoposta alla distillazione non
somministra nè alcoole, nè etere, ma gaz oleofacente,
E probabile, secondo Millon, che nel caso ora in
dicato l'acido fosforico sia combinato in uno stato di
idrazione diversa da quella che entra nella costituzione
dell'acido fosfo-vinico di Lassaigne.
La composizione del sale di barite che serve alla
preparazione dell'acido fosfo-vinico è rappresentata
Ph O5, C. H5 O, a Ba O + a HO.
Perde tutta l'acqua a 0 + 150°.
L'acido fosfo-vinico è incoloro, sciropposo, di sa
pore acidissimo, si mescola in tutte le proporzioni al
l'acqua, all'alcoole e all'etere. Quando è concentratis.
simo si giunge qualche volta ad ottenerlo cristallizzato,
Rapprende l'albumina. -

Fosfo-vinato baritico C. (Hs Ba.) Ph O, + Aq.


Questo sale cristallizza in lamine incolore, della lu
centezza della perla. Si discioglie in maggior quantità
nell'acqua a 40° ed anche nella bollente, di maniera che
facendo bollire la soluzione acquosa di detto sale saturata
a 40° si rapprende in una poltiglia cristallina. Contiene
29 per 100 d'acqua, che la perde a 0 + 150", ed è
efflorescente all'aria.

Fosfo-vinato di piombo C. (Hs Pb.) Ph 0.


Sale solubilissimo, che non contiene acqua di Cri
stallizzazione. -

Acido arsenico-vinico.

Felice d'Arcet ottenne coll'acido arsenico concen


trato e l'alcoole anidro una combinazione, il cui sale di
639

barite contiene, secondo lui, Cs H. Ba. As. Os; ma l'au


tore non ha pubblicato i particolari delle sue analisi, ed
è da supporsi che questa combinazione appartenga al
medesimo genere dei fosfo-vinati C. H: As O., e C.
(Il Ba ) As O. Se questo fatto venisse chiarito, biso
gnerebbe cangiare la nomenclatura di tali composti, e
denominare i fosfo-vinati vinati fosforati, ed i composti
arsenicali vinati arseniati.

Acido carbo-vinico.

L'acido carbo-vinico non fu isolato, ma il carbo


-vinato di potassa venne ottenuto da Dumas e Peligot.
Si discioglie nell'alcoole anidro dell'idrato di po
tassa ben fuso, indi si dirige una corrente d'acido car
bonico nella dissoluzione infreddata. Il liquore diventa
torbido e termina col rapprendersi in massa. Si forma
una mischianza di carbonato, di bi-carbonato e di carbo
-vinato di potassa; si lava con etere, indi si versa del
l'alcoole assoluto sulla mischianza salina, il carbo-vinato
solo è disciolto.
Si lascia cadere la dissoluzione alcoolica nell'etere
privo d'acqua: precipita allora il carbo-vinato di potassa.
Questo sale si essicca presto nel vuoto sopra l'a
cido solforico concentrato.
La composizione del carbo-vinato è esposta dalla
formola
- CO., C. Hs O, KO.
Si presenta sotto forma di pagliette d'un bianco
lucente di perla, grasse al tatto. Sottomessa alla distil
lazione si decompone in acido carbonico, in un gaz in
fiammabile ed in liquore etereo, lascia del carbone e
del carbonato di potassa.
L'acqua decompone il carbo-vinato di potassa al
l'istante in alcoole ed in bi-carbonato di potassa.
6.40

Acido ossalo-vinico, bi-ossalato d'etile,


ossalo-vinato normale di Gerhardt.

Quest'acido non può formarsi direttamente, e quale


do è formato non si può concentrare la dissoluzione
acquosa senza decomporlo.
Mitscherlich, che scoprì la combinazione di questo
acido colla potassa, la prepara col mezzo dell'etere os
salico. Discioglie il detto etere nell'alcoole assoluto, ed
aggiunge alla dissoluzione la quantità di soluzione alcoo.
lica d'idrato di potassa strettamente necessaria a mer
tralizzare la metà dell'acido ossalico combinato nell'etere
Il sale si separa sotto forma di pagliette cristalline
insolubili nell'alcoole. -

L'ossalo-vinato di potassa (ossalato di potassa e


d'ossido d'etile) ha per formola
a C. O3, C. Hs O, KO.
Cristallizza in un liquido composto d'alcoole e
d'acqua; gli acidi metallici aggiunti alla dissoluzione lo
decompongono a poco a poco. - -

Allo stato secco può essere esposto a + 100" senza


decomporsi. -

La dissoluzione alcoolica acquosa è decomposta dal


l'acido idro-fluo-silicico, che precipita la potassa e mette
l'acido ossalo-vinico in libertà; ma non può essere coll.
centrato, perchè si decompone rapidamente in alcoole
ed in acido ossalico.
Nullameno l'acido posto in libertà dall'acido idro
-fluo-silicico può agire sopra i carbonati di calce, diba
rite e sopra le basi deboli, e somministrare gli ossalo
-vinati di queste basi.
Acido clorossalo-vinico, ossalo-vinato quinti-clorato
- di Gerhardt.
Etere ossamico per-clorato, scoperto da Malaguti
C. O., Az H., C. O, C, Cls O.
Si discioglie lentamente nell'ammoniaca caustica e
642

goccia a goccia fino a che il liquore alcoolico ebbe per


duta ogni reazione alcalina.
Nelle condizioni esposte si forma un sale potassico
tutto particolare espresso dalla formola
a C S. + C4 Hs O, K0.
Questo sale è un sale vinico, nel quale il solito
di carbonio tiene luogo degli acidi.
L'acido e le serie saline, alle quali il sale in di
scorso dà origine, vennero perfettamente analizzate da
Zeise. Couerbe fece conoscere alcuni fatti interessanti
relativi ai prodotti pirogenici somministrati dalle come
binazioni scoperte da Zeise.
Acido santico, acido solfo-carbo-pinico, solfo-carlo
nato d'ossido d'etile, carbo-vinato bi-solforato di Ge
rhardt (1). -

Formola a C Sa -- C4 H5 O + HO.

Si discioglie l'idrato di potassa fuso nella metà di


suo peso d'alcoole anidro, e nella dissoluzione si dirigº
il solfuro di carbonio C Sa fino a che la soluzione di
coolica abbia perduta la reazione alcalina; allora sile
scia infreddare la mischianza fino a 0°. Si depone un
sale cristallizzato in aghi incolori, che è il carbo-vinato
bi-solfuro-potassico.
Si separa l'acido versando sul sale potassico del
l'acido solforico o idro-clorico allungato d'acqua, si pro
duce allora un liquido latteggiante, al quale si aggiunge
nuova acqua, in modo che l'acido si separa più come
piutamente.
L'acido santico è un liquido oleaginoso, incolorº
più pesante dell'acqua, d'odore forte particolare, i
sapore acre ed acido, indi astringente ed amaro, ma
in rosso l'azzurro del tornasole. -

Brucia spandendo forte odore d'acido solforosº


(1) Vedi t. I, p. 551, parte prima,
64 4

quando viene riposta nel vuoto vicino all'acido solf,


rico concentrato; ed aggiungendovi alcune gocce d'acqua,
si converte in una massa cristallina, solubile nell'acqua
dalla quale si depone coll'evaporazione in lamelle o a
stelle incolore. In tale stato il sale baritico racchiude
due equivalenti d'acqua
-C S., C. H5 O, Ba O, . HO.
Il santato di piombo si ottiene col mezzo del sale
tato di potassa e dell'acetato di piombo disciolti l'unº
e l'altro nell'alcoole: si opera in séguito nella mischiava
un deposito d'aghi cristallini gialli. Questo sale non è
decomposto dal gaz idrogene solforato gazoso.
Il santato di rame non esiste che allo stato di proto
-sale; il medesimo sale è giallo, fioccoso, di grandi
stabilità. La sua formazione a spese d'un bi-sale, è º
compagnata dalla produzione d'un corpo particolare di
consistenza oleosa, che sarebbe un carburo d'idrogenº
nelle proporzioni del gaz oleofacente; si produrrebbe al
cora il detto corpo, secondo Zeise, quando si disciole
il proto-santato di rame nell'acido nitrico.
Distillazione dei santati.

Couerbe studiò la distillazione dei santati di pº


tassa e dell'ossido di piombo.
Il santato di potassa, il quale non si decompone
che a 0 + 200°, lascia a residuo del penta solito di
otassio K S3 e del carbone.
Il santato di piombo somministra del mono solitº
di piombo Pb S e poco carbone.
I due sali nominati somministrano in pari tempº
liquidi e prodotti gazosi.
Il gaz presenta una costituzione particolare, si con
pone di due volumi d'idrogene, due di zolfo, due i
carbonio e due d'ossigene, tutti condensati in cinque
volumi -

Ca Oa Sa Ha o
646
Ella produce colla dissoluzione alcoolica della pº
tassa un sale bianco, cristallino, che si purifica laval.
dolo coll'etere.
Couerbe rappresenta la detta combinazione da
KS: + 3 C. H5 O3, KO, -

combinazione di tri-solfuro di potassio e di acetato di


potassa.
ARTICOLO IV.

Storia d'alcuni composti, i quali conservano


la riunione atomica alcoolica.

Questa serie, ancora poco numerosa, si distingue


per la conservazione numerica degli elementi che con
pongono l'alcoole. - -

A Zeise devesi la scoperta dei prodotti della serie


cui andiamo a descrivere, i quali costituiscono senza
dubbio una delle modificazioni più singolari cui possa
offrire la riunione alcoolica nella natura delle sue mo:
lecole. - -

Il tipo di questa serie venne denominato mercºp


tano (mercurium captans), ed è rappresentato da
C. H5 S, HS.
È un alcoole, in cui tutto l'ossigene è sostituito
dallo zolfo. -

- . . . . - C, Hs O, HO. - -

. L'etere idro-solforico C4 H5, S si riunisce al mer


captano per lo stesso titolo che l'etere semplice all'alto le
Alcoole . . C. H5 O, HO: Mercaptano. C, II; S, HS,
Etere . . . C. H5 O. Etereidro-solforicoCilli S.
Ma al mercaptano si riportano ancora numerosi
composti, in cui prendono posto i metalli, sostituendosi
ad una molecola d'idrogene. -

Questi composti metallici vennero da Zeise dello


minati mercaptidi.
La loro formola generale si rappresenta per
C. H5 S, MS.
648
Il prodotto ha bisogno d'essere rettificato sopra un
poco d'alcoole solfo-mercurico, composto derivato dal
mercaptano, e facilissimo ad ottenersi. -

- Secondo Woehler, si può formare il mercaptano


saturando colla potassa l'alcoole mescolato d'acido sol
forico nelle proporzioni che danno l'acido solfo-vinico,
si precipita del solfato di potassa, aggiungesi al liquore
alcoolico eccesso di potassa, poi lo si satura coll'idrogene
solforato, e lo si sottomette alla distillazione.
Regnault ottiene alcoole solforato col distillare una
mischianza d'acetone clorato e di solfidrato di potassa,
- Il mercaptano è liquido, incoloro, trasparente, luido
come l'etere, provveduto d'odore di cipolla insoppo
tabile. Bolle a 0 + 36"; questa proprietà rende facile a
separarlo dai prodotti che lo possono accompagnare nei
diversi modi di preparazione. La densità di questo corpo
è di 0,842 a + 15". Esposto al freddo si solidifica. Si
discioglie nell'acqua in quantità riguardevole bastante a
-,
comunicarle l'odore, è solubilissimo nell'alcoole e nel
iſ, l'etere. È infiammabilissimo, e brucia con fiamma azzurra,
-

t.

- Si volatilizza in modo sì rapido, che sospende'


done una goccia all'estremità d'un tubo, ed agitando
esto nell'aria, una porzione evapora, e l'altra si so
lidifica.
Bunsen trovò che la densità dei vapori del corpo
di cui ragioniamo è rappresentata da 2,4 1.
Il mercaptano discioglie lo zolfo, il fosforo, l'io
dio, il cloro, colorandosi in bruno; tale tinta svanisce
coll'aggiunta dell'acqua.
Riscaldando il mercaptano col potassio o col sodio
va soggetto a decomposizione analoga a quella che prova
l'alcoole trattato coi detti metalli: si svolge dell'idro
gene, e si genera un alcoole solfo-basico
C, H5 S, HS + K = C. H5 S, KS -- H.
Tale composto si discioglie nell'alcoole inalterato,
dalla quale dissoluzione separasi sotto forma solida me
diante l'evaporazione.
650

Alcoole solfo-piombico, alcoole solfuro-piombico,


mercaptido di piombo C. H: S, Pb S.
Si ottiene disciogliendo l'acetato di piombo nell'al
coole, ed aggiungendovi la soluzione alcoolica del mer
captano.
Il precipitato è giallo, un po' cristallino; la solu
zione del mercaptano dev'essere aggiunta in eccesso,
diversamente il composto piombico si ridiscioglie e som
ministra dopo qualche istante degli aghi o pagliette gialle
splendenti, le quali costituiscono, secondo Millon, una
combinazione diversa.
L'alcoole solfo-piombico non è decomposto dalla
potassa. Non può ottenersi col nitrato di piombo, ma
molto bene col carbonato.
L'alcoole solfo-piombico annerisce col riscaldarlo,

Alcoole solfo-mercurico, mercaptido di mercurio,


C, Hs S, Hg S.
Si versa a poco a poco la soluzione alcoolica del
mercaptano (da tre a quattro parti) sopra il biossido
di mercurio (una parte), avendo cura di mantenere
fredda la mischianza. Si lasciano per qualche tempo le
due sostanze in contatto, indi si riscalda la mischianta
dolcemente. L'eccesso del mercaptano volatilizza seri
scaldasi fino alla fusione, allora si ottiene una massa cri
stallina, incolora, poco odorosa, molto simile al bianco
di balena.
L'alcoole solfo-mercurico si fonde a 0 + 87, col
nello stesso modo d'un olio grasso, si decompone a
() -- A 25”.
È infiammabile, poco solubile nell'acqua, più so.
lubile nell'alcoole; le sue dissoluzioni non si alterano
neppure a caldo. La potassa caustica disciolta non ha
azione sopra tale composto, che si combina col bi-clo
ruro di mercurio.
65 |

Sottoposto alla distillazione si cangia in prodotti fi


mora non esaminati.
La combinazione del mercaptano coll'ossido di rame
si ottiene bagnando quest'ultimo coll'alcoole idro-solfo
rico. Dopo ventiquattr'ore di contatto si ha una massa
molle incolora, dalla quale si elimina l'eccesso del mer
captano col calore.
L'oro ed il platino entrano in combinazione col
l'alcoole solforato, nella stessa guisa dei metalli sopra
indicati, e somministrano composti stabili e definiti.
Bisogna riunire alle combinazioni idro-solforiche del
l'alcoole e dell'etere una materia gialla, oleosa che si
forma sostituendo il tri-solfuro di potassio al solfidrato
di solfuro nelle reazioni proprie a produrre il mercaptano.
Si forma anche nella distillazione una materia gialla
oleosa, volatile a 0 + 50”, quasi densa come l'acqua,
solubile nell'alcoole e nell'etere, insolubile nell'acqua.
Questo prodotto, indicato da Zeise, deve considerarsi,
secondo l'analisi di Pyrame-Morin, come una combina
zione di zolfo e d'etere idro-solforico:
C, Hs S, S etere idro-solforico solforato.
La soluzione alcoolica di questa combinazione è pre
cipitata dall'acetato di piombo e dal bi-cloruro di mer
curio. L'ossido di mercurio vi si unisce formando una
massa gialla.
La potassa distrugge l'etere solfo-idrico solforato.
Etere solfo-carbonico C S. C. H: S.

Devesi qui collocare un composto etereo scoperto


da Schweizer; questo chimico applicò al solfo-carburo
di potassio C S. KS il processo adoperato da Regnault
nella preparazione dell'etere idro-solforico.
l solfo-carburo di potassio assorbe i vapori del
l'etere idro-clorico, e dà origine ad un composto ete
reo, che dev'essere rappresentato da
C S, C, II, S.
652

Tale composto è un etere solforato corrispondente


all'etere carbonico:
- CO., C. H5 O;
nel quale l'ossigene è sostituito dallo zolfo equivalente
per equivalente. -

Berzelius aveva preveduta la possibilità di formare


combinazioni di etere così costituite. E probabile che
altri solfuri possano surrogare il solfuro di carbonio ed
unirsi all'etere idro-solforico.
L'etere solfo-carbonico è liquido, più pesante del
l'acqua, solubile nell'alcoole e nell'etere; è giallo, di
odore d'aglio, di sapore zuccherino che ricorda quello
dell'anice. Si colora in rosso-scuro sotto l'influenza del
calorico, bolle a 0 + 60° e brucia con fiamma azzurra,
Azione dell'acido nitrico sopra il mercaptano,
Era necessario conoscere la costituzione del mer
captano per comprendere la formazione d'un composto
di natura acida, che si riunisce senza dubbio agli acidi
VIIllCI, - -

Il detto composto fu ottenuto da Loewig col velº


sare il mercaptano goccia a goccia nell'acido nitrico calº
do. Si lascia disciogliere il mercaptano prima d'aggiun
gere altra porzione, e finalmente tutto l'acido nitrico è
distrutto.
Si evapora la dissoluzione a bagno-maria fino a coi
sistenza sciropposa, o meglio ſino a che tutto l'acido
nitrico rimasto indecomposto sia eliminato; si satira al
lora col carbonato di barite, si filtra e si evapora fino
a cristallizzazione. - - - - - -

Si può mettere il nuovo acido in libertà coll'acido


solforico; l'eccesso di quest'ultimo vien tolto col carº
bonato di piombo, si filtra e si separa il piombo col
gaz idrogene solforato. -

Quest'acido è incristallizzabile evaporato a consi:


stenza sciropposa; possede sapore acre e spiacevole. Tutti
i sali che forma sono solubili.
653

se Il sale di barite cristallizza in tavolette romboidali


oblique, incolore, solubilissime nell'acqua, insolubili nel
l'alcoole anidro. Questo sale contiene un equivalente
d'acqua, cui egli perde a 0 + 100, resiste allora a
più elevato calore.
La composizione del sale anidro è rappresentata da
S. O, C, II: O, Ba O. Ipo-solfo-vinato di barite.
Questa formola è quella d'un sale vinico formato
dall'acido ipo-solforoso: la maniera della sua formazione
non esclude una simile disposizione molecolare.
L'acido solforico risultante dall'ossidazione d'una
porzione di zolfo, può benissimo reagire sopra un'altra
parte del mercaptano, e dar quindi origine all'acido
ipo-solforoso che trovasi immediatamente eterificato.
ARTICOLO V.

Idrogene bi-carbonato (1), aldeida, cloral,


cd alcuni annessi.

Quando l'unione molecolare dell'alcoole va sog


getta ad aſlinità sommamente energiche: quando i reat
tivi che si sono fermati alla molecola dell'etere, pe
netrano in qualche maniera più profondamente, l'al
coole, che fu utile rappresentare con C, II, IIO, HO,
si trova separato per sempre da due molecole d'acqua,
le quali occupavano nella sua costituzione un luogo par
ticolare. E allora l'idrogene bi-carbonato composto di
C, II, che compare in tutte le reazioni in cui trovasi con
un'attitudine di combinazioni sì varie e ben caratte
rizzate come quelle che appartengono all'alcoole o al
l'etere.
Si possono isolare questi fatti della storia dell'al
(1) Alla p. 551 del t. I, parte prima di questo Corso si è trattato
vi del gaz idrogene bi-carbonato sotto l'aspetto d'una materia inorganica;
ora aggiungerò ciò che riguarda i suoi rapporti colla chim ca organica,
per così meglio schiarire la storia dell'alcoole e degli eteri.
656

Idrogene bi-carbonato C, H, gaz oleofacente.


Eterena normale di Gerhardt, elailo, idruro d'acetile,

Quando si cerca d'ottenere dalla mischianza del


l'acido solforico e dell'alcoole propria a somministrare
l'etere, più di due terzi dell'alcoole adoperato, ovvero
quando la mischianza primitiva è immediatamente riscal
data di 0 + 160° a 0 + 170°, si trova che l'ultima terza
porzione dell'alcoole va soggetta ad una specie di de
composizione tutta propria. -

L'etere allora è distrutto, abbandona dell'acqua,


dell'idrogene bi-carbonato, ed un corpo oleoso, liquido,
conosciuto col nome d'olio dolce, o d'olio pesante di
vino.
La storta contiene una mischianza nerognola aci
dissima, composta di molti prodotti, la costituzione dei
quali si spiega in parte coll'azione del gaz oleoſacente
sopra l'acido solforico.
La reazione è per lo più accompagnata da produ.
zione d'acido solforoso e d'ossido di carbonio.
Ebelmen suggerisce di preparare il gaz oleofacente
col riscaldare in un pallone la mischianza di tre parti
d'acido borico fuso ed una d'alcoole anidro; con tal
processo si ottiene uno svolgimento abbondante e regº.
lare di gaz oleofacente, senza che la massa si carbonizzi
Kulmann aveva già fatto osservare che l'acido fo:
sforico anidro posto a contatto dell'alcoole anidro non
cede che gaz oleofacente, quando si sottopone la mi
schianza alla temperatura di 0 + 175° a 0 + 200'.
Per depurare l'idrogene bi-carbonato dall'etere e
dall'acido solforoso che l'accompagnano, bisogna farlo
attraversare per una soluzione di potassa, indi per la
cido solforico concentrato: la prima ferma l'acido sol
foroso, ed il secondo l'etere; allora si compie la de
purazione lavando il gaz ed essiccandolo coi metodi co
nosciuti. -

Il gaz oleofacente non si produce soltanto nella


658

L'azione del cloro sull'idrogene bi-carbonato è suc.


cessiva, e produce:
1° C, H. Cl, HC = C, H. Cl..
2.° C, H. Cla HC = C4 H5 Cl; .
3.° C4 H Cl; H Cl = C4 H. Cli.
4.° C, Cl, Cla = C4 Cl6.
Regnault fa osservare che i tre primi termini sono
isomerici di quelli ottenuti dall'azione del cloro sulle
tere idro-clorico; vedemmo infatti che si ottengono, me
diante il cloro e dell'etere idro-clorico, composti di
rati espressi dalle formole:
1.° C, H, Cl, Cl = C, H. Cl..
2.º C, H3 Cla Cl = C4 H3 Clº.
3.º C4 H. Clº Cl = C, H. Cli.
4.° C, Cl; CI.
I tre primi termini presentano d'una parte e dal
l'altra i medesimi pesi nella densità dei loro vapori
Le due serie vanno a terminare ad un composto
che è il medesimo per ambedue, ed è il sesquidoruro
di carbonio; ma seguendo l'esame comparativo delle due
serie, Regnault riconobbe che i termini derivati dall'i
drogene bi-carbonato sono sottoposti ad un'azione degna
della maggiore osservazione, tanto per parte del polº
sio, che dell'idrato di potassio disciolto nell'alcoole,
Pérdono ambedue in questa reazione un equivalente di
acido idro-clorico e diventano
1° C, H: CI, idrogene bi-carbonato monoclorato,
2.° C, H. Cl., bi-clorato,
3.° C H Clº, – tri-clorato,
Coi composti derivati dall'etere idro-clorico mi
di simile si produce. -

Ecco alcune indicazioni sommarie sopra i detti prº


dotti clorati.
C, Hº Cl, H CI, liquore degli Olandesi, eterleu
bi-clorata, etere per-clorato, cloridrato di cloruro d'acº
tile, cloruro d'elale. -

I due gaz convenientemente diretti sono mescoli


666

stevole quantità d'ammoniaca per precipitarlo, ma non


sufficiente a saturare tutto l'acido idro-clorico; si fa eva
porare. Con tal mezzo si forma un sale doppio ammo.
niacale. Si riuniscono i cristalli, si separano dall'acqua
madre che contiene del cloruro di sodio, si ridisciol.
gono in piccola quantità d'acqua acidulata con acido
idro-clorico. Si precipita così, per quanto è possibile,
il sale ammoniacale formato dal bi-cloruro di platino,
indi si separa il liquido che sopranuota il precipitato di
platino e d'ammoniaca, e lo si fa evaporare nel vuoto
fino a secco.
Nei due processi ora indicati si ottiene una massa
gommosa, d'un giallo di mele, frammista a grani opa
chi. Tale composto diventa nero e si altera a con
tatto della luce, dalla quale bisogna tenerlo al coperto
nel tempo dell'operazione e quando si desidera di coll
servarlo.
È solubile nell'acqua e nell'alcoole, colora i deli
liquidi in giallo; la dissoluzione si rende facile colla;
giunta di piccola porzione d'acido idro-clorico. La bolle
tura decompone questa dissoluzione, la quale è mante
nuta inalterata per qualche tempo dall' " idro-clorico.
La soluzione alcoolica essiccata sopra il vetro o la
porcellana, poi riscaldati l'uno o l'altra a rosso, lascia
un intonaco specolare di platino metallico.
La dissoluzione acquea, mescolata ed agitata col
l'idrato di magnesia, produce del cloruro di magnesio,
e forma nel tempo stesso una massa mucilaginosa grigio
-bruna, la quale non tarda molto a diventar nera, e
dalla quale si può separare l'eccesso della magnesia col
l'acido nitrico. Sembra che questa sia la combinazione
primitiva in cui l'ossigene avrebbe sostituito il cloro:
C, H., Pt O -- Pt O.
Manca l'analisi per istabilire la riferita costituzio
ne. La detta combinazione dell'ossido platinico si coll
suma con esplosione, lasciando il platino allo stato me
tallico. -
668

pore astringente, metallico e persistente; incomincia a


decomporsi esposta a 0 + 90°.
Gli acidi idro-clorico e solforico le comunicano
grande stabilità; il gaz idrogene vi determina un depo .
sito nero.
Il cloro forma un cloruro doppio di platino e di
potassio, e nel medesimo tempo si produce del sesqui
-cloruro di carbonio: C, Cl6 .
I cloruri di sodio e d'ammonio formano sali ana
loghi al precedente.
Se aggiungesi dell'ammoniaca caustica a tutti i com
posti anteriori, si trova che ne risulta uno stesso pro
dotto rappresentato da -

C. H4, Pt Cl -- Pt Cl, Az Hs
Tale prodotto è un sale giallo, poco solubile nel
l'acqua, non molto diverso nelle proprietà dai sali ora
studiati.

Aldeide (V. t. VII, p. 699, parte seconda)


Aggiungerò alcuni particolari intorno alla detta so.
stanza, che può essere rappresentata, secondo Milon,
come una molecola d'etere, nella quale un equivalente
d'ossigene ha sostituito uno d'idrogene:
C4 H4 O, O, aldeide.
C4 H5 O, etere.
La si può anche riguardare come idrogene bicar
bonato unito a due equivalenti d'ossigene, nella stessa
maniera che l'idrogene bi-carbonato trovasi unito a due
equivalenti di cloro nel liquore degli Olandesi:
C, Hº Cl, H Cl, liquore degli Olandesi,
C, H3 O, HO, aldeide. --

Finalmente si deduce benissimo la formola dell'al


deide da quella dell'alcoole,
due equivalenti d'idrogene: deducendo da quest'ultima
a a

C4 H6 Os – Ha – C, H4 O, .
Alcoole, - Aldeide.
679

LEZIONE TRENTESIMA OTTAVA

SEGUE LA STORIA DEI PRODOTTI DELLA DISORGANIZZAZIONE.

Decomposizione ammoniacale o putrefazione.

Introduzione.

La putrefazione è l'ultimo periodo della fermen.


tazione, nel quale la materia organica passa allo stato
inorganico (1). - -

Le combinazioni degli elementi costituenti i mate


riali immediati dell'organismo sono, finchè dura la vita,
in uno stato di tensione continua e di combinazione
complicata, la quale tenta di semplificarsi; cessata quindi
la vita, si ricompongono in combinazioni binarie come
esistevano nel regno inorganico; tali sono i prodotti della
putrefazione. -

I vegetabili, come vedemmo, risultano pel maggior


numero di combinazioni ternarie, nelle quali l'idrogene
ed il carbonio prevalgono sull'ossigene, di maniera che
queste non sono troppo predisposte che ad una fermer
tazione incompiuta; e infatti non avvi fra queste de la
colla d'amido, l'albumina vegetabile e le sue modifica
zioni, le quali vanno soggette all'immediata putrefazione,
La materia animale risulta da combinazioni qua
dernarie, nelle quali l'idrogene e l'azoto prevalgono per
lo più sull'ossigene e sul carbonio. Quest'associazione
complessa rende le sostanze animali eminentemente atte
(1) Paracelso definisce la putrefazione: essere una trasmutazione, la
quale consuma i corpi vecchi, e li cangia in sostanze nuove; essa prº
duce frutti nuovi. Tutto ciò che vive muore, e tutto ciò che muore i
VIVe,
680

blimato corrosivo), il quale a contatto dell'albumina


determina la formazione d'un composto solido insole
bile ed imputrescibile.
L'acido arsenioso, distruggitore energico delle ma
terie organiche in istato di vita, diventa un mezzo di
conservazione delle materie morte; ma il modo col quale
si comporta in questa seconda circostanza non è ancora
ben conosciuto: egli è certo che uccide gl'insetti pro
pagatori della putrefazione.
La semplice sottrazione dell'acqua interposta o come
binata coi tessuti organici, sottrazione operata dall'aria
calda e continuamente rinnovata, ovvero dal contatto
della materia organica con corpi avidi dell'acqua basta
ad impedire la putrefazione. Così si essiccano le piante
interponendole tra fogli di carta emporetica, ricoprendo
il tutto d'arena secca. Le arene dei deserti della Libia
racchiudono interi cadaveri ben conservati,
Esistono pure caverne ove si trovano i cadaveri di
vari animali, i quali hanno resistito alla putrefazione, e
sono ridotti allo stato di mummie naturali, ma non ne
è conosciuta bene la causa del fenomeno.
Per ben conoscere i fenomeni della putrefazione
cadaverica umana, Burdach la divide in tre periodi
ARTICOLO V.

Periodi della putrefazione cadaverica


A. Primo periodo.
È questo caratterizzato dall'incipiente decompose
zione. Si svolgono gaz d'odore putrido, e sopravvengono
cangiamenti al cadavere sì nella consistenza che nel colore
- 1. Lo svolgimento dei gaz è rapido ed abbondante
se la temperatura ambiente è elevata, e se nei vasi
venosi esiste copia di sangue, dal quale i gaz sfuggonº
principalmente, ed è cosa facile l'osservare svolgersi bol.
licine gazose dal sangue nei cadaveri dei tifosi,
i

º º

il
686

abbandonato il cadavere per andare a trasformarsi al


trove, non pochi si sono ivi mutati in crisalidi.
Quando i parassiti del regno animale non trovano
nel cadavere di che nutrirsi, vi sopravvengono quelli
del regno vegetabile; cominciano quelli della famiglia dei
funghi, indi i licheni.
3.” A poco a poco le parti del cadavere si disgiun
gono sotto l'influenza di qualche commozione, le mem
bra e le costole abbandonano il tronco, specialmente
coll'infossare del terreno pel vuoto prodotto dalla di
struzione della sostanza cadaverica.
Allora i tessuti si risolvono insensibilmente per il
progresso continuo, quantunque lento della decomposi
zione caratteristica di questo periodo, in termine al quale
non rimane che una massa bruno-scura formata di cal
bone, misto alla terra e coi sali, la quale ritiene ancora
della gelatina; la detta massa sottoposta alla distillazione
secca dà dell'olio empireumatico misto a carbonato d'amº
moniaca, e lascia per residuo il fosfato terroso.
In capo a molti anni non rimane della detta ma
teria carbonosa che la porzione terrea, salina sotto forma
di cenere, simile a quella che lascia la combustione
ignea.
Nelle ossa la materia organica, cioè la gelatina e
le sue modificazioni, sono le prime ad essere distrutte,
e gli elementi loro riuniti in diverso modo vengono vo:
latilizzati dall'azione combinata dell'aria e dell'acqua,
indi l'acido fosforico stesso è in parte decomposto dal
carbonio e dall'idrogene, mutandosi in acido carbonico
ed in gaz idrogene fosforato; le ossa allora diventano
friabili e polverose.
Fourcroy e Vauquelin rinvennero in alcune ossa
umane di sette secoli una materia colorante porporina,
la quale doveva certamente il colore al fosſato di ferro,
dei cristalli di fosfato acido di calce, e poco fosfato di
magnesia. l

4. La terra che involge i cadaveri assorbe il


688
ARTICOLO VI,

Effetti tossici della putrefazione cadaverica,


L'esperienza dimostrò che le grandi carnificine delle
battaglie sono sempre susseguite da malattie pestilen
ziali, specialmente quando si lasciano insepolti i cada
veri per diversi giorni.
Nullameno Raspail fa osservare che la putrefazione
delle sostanze animali assume caratteri più funesti quando
ha luogo nell'oscurità ed all'ombra, che sotto l'i
fluenza della luce solare. A giudicare degli effetti, il no
stro autore sarebbe portato a credere, che i prodotti
siano affatto diversi nell'una e nell'altra circostanza, di
maniera che si ha tutta la ragione di considerare la fel
mentazione putrida che si opera nell'oscurità come spe
cie distinta da quella che ha luogo in piena aria sotto
l'influenza diretta della luce; e denomina la prima fr.
mentazione notturna, e diurna la seconda, distinzione
cui applica anche alla putrefazione vegetabile.
Si comprenderà più facilmente in teoria la giustezza
d'una tale distinzione, quando si ricordi l'azione de
componente del raggio solare e l'analogia di essa colla
scintilla elettrica diretta sulle mischianze gazose poste nel
l'eudiometro.
In pratica osservasi che si può passare vicino ai
cadaveri degli animali abbandonati sulle pubbliche vie a
tutti i fenomeni della putrefazione, senza soffrire inco
modo nella salute, quando questi cadaveri non siano ac
cumulati in gran numero da renderne l'aria viziata. Ma
la cosa è ben diversa quando si tratta d'aprire un sat.
cofago, o nel dissotterramento del cadaveri in piena pur
trefazione; allora bisogna ricorrere alle fumicazioni col
cloro e a molte altre precauzioni.
Bastano questi esempi a mostrare la differenza lo
cale delle due fermentazioni putride.
Qual è la differenza dei prodotti delle due fermen
690

cadaveri o le parti loro destinate allo studio, ma finora


tutte le sostanze indicate a tal fine presentano il grave
inconveniente d'alterare più o meno il colore e la tes
situra del corpo organico.
Le principali sostanze adoperate nella conservazione
dei pezzi d'anatomia e di storia naturale sono:
1.” L'alcoole, che come altrove si è detto, rap
prende l'albumina, indurisce i tessuti, discioglie inoltre
le parti adipose e lo zucchero, e molte materie coloranti
Adoperato troppo forte, toglie prestamente l'acqua
e raggrinza la materia organica; perciò bisogna adope
rarlo diluito a 20” di Beaumé, e cambiarlo di tempo in
tempo. L'aggiunta d'una porzione di sale torna molto
utile,
2." Lo zucchero è sostanza conservatrice, ma con
fetta la materia organica, la deforma e cristallizza nel
l'interno dei tessuti. Si conservano benissimo le carni
frapponendole in istrati di polve composta di salma
rino puro, di nitrato di potassa e di zucchero. In ge
nerale le carni salate e quelle destinate alla confezione
delle salsiccie, si preparano stropicciandole più volte con
salmarino ridotto in fina polvere misto con un decimo
di nitrato di potassa fuso misto ad un ventesimo di
zolfo, indi s'immergono per qualche tempo nella sala
moja concentrata; levate da questa si asciugano belle
con pannolino e si affumicano, poi si sospendono i
luogo asciutto, fresco e ventilato; queste carni prima di
cuocerle bisogna macerarle per ventiquattr'ore nell'acqua
alla temperatura di 30 ai 35°.
Prima di salare le carni conviene che siano bastº
volmente frolle, perchè salate non affrolliscono più º
rimangono tigliose (1). -

Nella Francia meridionale si preparano le lingue di


majale (langues fourvins) col tenerle immerse, e con
(1) Il metodo di conservare le sostanze alimentari proposto di ºf
pert venne discorso alla p. 325 del t. II, parte seconda,
692

che venne essiccato lentamente all'ombra, e in capo a


ventiquattro giorni non diede indizio di putrefazione:
ma questo metodo di preparare i tessuti animali ha l'in
conveniente di tingerli quasi in nero. -

7.° L'allume e gli altri sali d'allumina vennero pre


conizzati da F. Luedersdorff misti agli oli grassi ed al
cremore di tartaro, alla conservazione delle piante gras.
se, ed in ispecie per quella dei funghi; ma prima di lui
usavasi dell'allume misto al nitro per la conservazione
dei pezzi d'anatomia.
Lareboullet, conservatore del museo di storia nº
turale di Strasborgo, conserva in buono stato fino dal
1832 dei pezzi d'anatomia in un liquido composto di
quattro parti di cloruro di calcio, due d'allume (sol
fato d'allumina e di potassa), una di nitro e sedici
d'acqua. » -

Vinet, custode dello stesso museo, adopera il detto


liquido alla concia delle pelli degli animali destinate ad
essere impagliate. - - - -

8.° Raspail, fino dal 1829, fece conoscere un meno


molto singolare di conservazione dei cadaveri o delle
parti loro, che gli fu comunicato da Vignol, il qual
mezzo consiste nell'immergere compiutamente nell'acqua
il corpo che si desidera conservare, posto in vaso a
larga apertura; sopra l'acqua si pongono dei pezzetti di
canfora. Così disposte le cose, il corpo si conserva il
terato per tempo indefinito, cioè fino a che vi sarà call
fora alla superficie dell'acqua. a -

Bisogna rimettere l'acqua e la canfora in propor


zione che evaporano, perchè il corpo non deve mai i
manere scoperto d'acqua, e il vaso dev'essere posto
aperto in locale illuminato. - -

9.” L'anatomia, secondo lo stesso Raspail, dovrebbe


ottenere non piccoli vantaggi adoperando per la consº
vazione de cadaveri i metodi usati nella concia delle
pelli, modificati in modo intelligente. Il quale, a suo
dire, potrebbe consistere nel vuotare gl'intestini, intro

|
694

suis medicis ut aromatibus condirent patrem. Quibusjussa


ea plentibus transierunt quadraginta dies. Genesis cap. 1,
V. 2 et 3.

Erodoto, che visse più di mille anni dopo Mosè,


lasciò su questo proposito quanto segue:
L'imbalsamatore dà mano al suo lavoro collevare,
mediante l'introduzione d'un ferro ricurvo, per le narici
tutto il cervello, il quale si fa uscire totalmente o col
l'indicato mezzo, ovvero introducendo qualche droga
che lo fa scolare.
Dopo l'indicata operazione fende con una pietra
acutissima d'Etiopia il ventre vicino all'ileo, e da que
sta ferita leva gl'intestini della cavità addominale, la
lava con vino di palma, poi la riempie d'aromi pesi,
cioè di mirra purissima, di cassia (cannella?), e d'ogni
specie d'essenze, eccetto l'incenso; ciò fatto cucisce la
pelle.
Il corpo così preparato veniva immerso nella sala
moja, ossia in una satura soluzione di natron (carbo
nato di soda nativo), nella quale si lasciava per settanta
giorni, e non era da lasciarlo un tempo maggiore. De
corsi i settanta giorni levavano il cadavere dalla sala
moja, lo involgevano compiutamente in tela di bisso ri
tagliata a bendelle inzuppate in una dissoluzione di gom
ma, della quale gli Egizii si servivano in luogo della
colla. Allora venivano i parenti a riprendervi il morto
che riponevasi in una cassa di legno di figura umana,
Questo modo d'imbalsamazione era il più splendido,
Il secondo processo, meno costoso, consisteva nel
riempire l'interno del ventre del cadavere col metro
d'injezioni d'olio di cedro, senza aprirlo e senza levarne
le interiora, limitandosi ad introdurre il detto liquido
per la via dell'ano ed impedendone l'uscita.
Dopo la detta operazione s'immergeva il cadavere
nella salamoia di natron per lo stesso tempo indicato nel
primo; scorso il qual termine si levava il cadavere dalla
salamoia, si faceva uscire l'olio di cedro che strascinava
INIDICE
-

DELLE MATERIE cov reNUTE IN QUESTo Qt ARTo Tovo.


- - - --

I.EZIONE TRENTI.SI VIA

segue la storia delle sostanze prodotte dall'organizzazione.


Terzo genere. Materie coloranti. – Introduzione . . . . pag. 5
NEZIONE PRIMA. Delle materie coloranti non azotate . . » 1a
CAPlTOl.O I. Generalità . . . . . . . . . . . . » ivi
Articolo 1. Delle materie coloranti gialle . . . . . . . . 15
Giallo della curcuma o curcumina . . . . . » ivi
l'esina gialla della gomma gotta . . . . . . » 16
Annotta, o terra oriana . . . . . . . . . . 17
Carotina . . - - - . . . - 19
Rabarbarina (giallo del rabarbaro reina) . . . » ao
Rumicina . . . . . . . . . . . . . . 25
laponticina (giallo del rapontico). . . . . . » ivi
l uteolina (giallo del guado) . . . . . . . . ivi
Quercitrino (giallo del quercitrone, acido quercitrico) - 24
Morino (principio giallo del legno giallo) -
ato
Giallo dello scuotano . . . . . . . . . . . 27
Giallo del cartano o zafferanone . . . . . . » 28
Giallo della datsca . . . . . . . . . . . 29
Spino cervino, grani d'Avignone . . . . . . » ivi
Giallo dello zafferano (polychroite) . . . . . » 5o
Giallo del lichene parietino . . . . . . . . 5
Spireina, o principio giallo dei fiori della spirca ul
maria di Linneo . . . . . . . . . . . .e
Chelidossantina (chelidoxanthina), principio giallo -

della chetidonia . . - . - 54
Santofilla (vanthophylla), o giallo delle foglie . . » ivi
- II. Materie coloranti rosse non azotate . . . . . . 55
Draconina, o principio rosso del sangue di drago. - ivi
Santalina, rosso del legno santalo . . . . . . . ivi
Rosso dell'anchusa (acido anchusico di Pelletier), o
rosso dell'orcanetta, orcanettina, o anchusina . “ 56
Rosso dell'iperico . . . . . . . . . . .
Rosso del cartamo, cartamina (carthamina), acido
cartanico di Doebereiner, scheola dei droghieri » 58
Cica (chica) . . . . . . . . . . . . . 39
Rosso della robbia . . . . . . . . . . . - vi
Distinzione delle robbie, avuto riguardo alla prove
nienza . . - - - . . . . . 42
Robbia del Levante (analis, ritari, inari o ali-zari) » ivi
Robbia d'Avignone . . . . . . . . . . » ivº
LEZIONE TRENTESIMA PRIMA

Della fissazione delle materie coloranti sopra i tessuti.


SEZIONE PRIMA. Dell'arte tintoria. – Introduzione . pag. 173
CAPITOLO I. Della teoria dell'arte tintoria . . . . . . . iº,
- II. Idee generali dell'arte tintoria . . . . . n 185
ARTIcolo I. Dei mordenti . . . . . . . . . . . . » iti
– II. Delle materie coloranti . . . . . » 18;
. . . .
– III. Del contrasto dei colori . . . . . . . . . » igi
– IV. Delle tinture ottenute dalle materie coloranti solu
- bili nell'acqua . . . . . . . . . . . non
CAPITOLO III. Della tintura della lana . . . . . . . . 205
ARTIcolo I. Dello spurgo ed imbianchimento della lana . . n iti
– lI. Bollitura delle lane o della loro combinazione col
mordente . . . . . . . . n. 207
III. Della tintura della lana in rosso . . . . . . n 209
IV. Della tintura della lana in giallo . . . . . . » 213
V. Della tintura della lana in rosso colla lacca . . » 214
VI. Dei colori ottenuti per doppia decomposizione. . » 115
Azzurro col cianuro di ferro . . . . . » 216
– VII. Dei colori composti . . . . . . . . . . n 217
CAPITOLO IV. Della tintura della seta . . . . . . . n 219
Anticolo I. Dello spurgo della seta . . . . . . . . . ” º
II. Dell'alluminatura della seta . . . . . . . ” º
III. Della tintura della seta in azzurro . . . . . ” º
IV. Della tintura della seta in rosso . . . . . . ” º
E V. Della tintura della seta in giallo . . . . . . . ” º
VI. Dei colori composti prodotti sulla seta dalla mischianza
del rosso e dell'azzurro . . . . . . . . . . ” 235
VII. Dei colori composti prodotti sulla seta dalla mischianº ,
del giallo e dell'azzurro . . . . . . . ” º
– VIII. Delle tinture nere sulla seta . . . . . . . ” "
CAPITOLO V. Della tintura della bambagia, dellino e della canapa "º
ARTIcolo I. Dell'ingallatura della bambagia e del lino . . . " "
II. Dell'alluminazione della bambagia e del lino . "º
III. Delle tinture della bambagia e del lino azzurre " "
IV. Delle tinture rosse della bambagia e del lino , º i
V. Delle tinture gialle sulla bambagia ed il lino . . m 200
VI. Delle mischianze d'azzurro e di rosso sopra la bam
VII. Dellabagia ed il lino
mischianza . . . e. del. giallo,
dell'azzurro . . ossia
. . dei.
verdi sopra la bambagia ed il lino . . -

VIII. Del nero sulla bambagia e sul lino . . . . .

LEZIONE TRENTESIMASECONDA
SEzioNesEcoNDA. Dell'arteo delle
CAPITOLO I. Delle macchine mezzitelemeccanici
dipinte –Introdui"
adoperati nella º
dipintura delle tele . . n nº5
- -
27
707
Tavola della corrispondenza della scala dell'arcometro
di Beaume e di Cartier -
. . . . . Pag. 499 -
-

Aa1icolo III. Delle sostanze specialmente adoperate per l'estrazione


dell'alcoole. . . . . . . . . . » 5o a
IV. Degli apparati distillatori per l'acquavite 5o7
V. Principali qualità d'acquavite di commercio, e modo
d'ottenerle - - - - - - - - 517
Dell'acquavite dei grani e delle ſcole . . . . 519
Metodo germanico per la distillazione dell'acquavite
522
dei grani . . - - - - - - -

Metodo inglese per distillare l'acquavite dei grani 525


Metodo francese per l'estrazione dell'acquavite dei
-
grani e della fecola . . . . . . .
l

VI.
VII,
Acquavite dei pomi di terra . . . . .
Dello spurgo o depurazione delle acqueviti.
Dell'alcoole puro o anidro . . . . . . iº
,
57

LEZIONE TRENTESIMASETTIMA

Degli eteri.
Introduzione
ARTIcolo I. Classificazione degli eteri secondo Millon .
Dell'etere solforico, etere propriamente detto
Etere ammoniacale . . . . . . . .
Degli eteri salini della prima classe .
Dell'etere idro-clorico . . . . . . .
-
Etere idro-bromico . . . . . . . .
Etere idriodico . . . . . . . . . .
-
Etere idro-cianico . . . . . . .
Etere idro-solforico . . . . .
IV. Degli eteri salini della seconda classe .
-
Etere per-clorato . . . . . . .
Etere nitroso . . . . . . . . . .
Alcoole nitrico, spirito d'etere nitrico, o spirito di
nitro dolce . . . . . . . . . .
Etere nitrico . . . . . . . . .
Etere boriºo . . . . . . .
Etere silicico . . . . . . . . . .
Etere carbonico . . . . . . . . .
Etere clorossi-carbonico . . . . . . .
Uretana od etere carbamico. . . . .
Etere ossalico . . . . . . . . . .
Ossametana, etere ossamico . . . . .
Etere formico . . . . . . . . . .
Etere acetico . . . . . . . . . .
Etere lattico . . . . . .
Etere butirrico e butirramida . . . . .
Etere benzoico, benzoato d'ossido d' etile (benzalcool
normale di Gerhardt) . . . . . . - Go6

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