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Sistemi Meccatronici

Introduzione alla Dinamica e al Controllo dei Sistemi Meccanici

rev. 0.9

prof. Paolo Righettini


Universita di Bergamo

20 novembre 2009
2

appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Universita di Bergamo
Indice

1 Modelli di sistemi meccanici 5


1.1 Sistemi a corpi rigidi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6
1.2 Sistemi a corpi deformabili . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7
1.3 Conclusioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9

2 Equazione di moto per sistemi ad un gdl 11


2.1 Velocita geometrica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14
2.1.1 Esempio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15
2.2 Accelerazione geometrica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16
2.2.1 Esempio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18
2.3 Bilancio di potenze . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19
2.3.1 Esempi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20
2.4 Integrazione Numerica dellequazione di moto . . . . . . . . . 23
2.4.1 Metodo di Eulero . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 24
2.4.2 Applicazione allequazione di moto . . . . . . . . . . . 25
2.5 Equazioni di Lagrange . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 30
2.5.1 Esempio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31

3 Comportamento dinamico in un intorno della posizione di


equilibrio 33
3.1 Esempi sulla scrittura delle equazioni di moto . . . . . . . . . 33
3.1.1 Manovellismo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 33
3.1.2 Pendolo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 37
3.2 Risoluzione dellequazione di moto . . . . . . . . . . . . . . . 40
3.2.1 Vibrazioni libere . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 41
3.2.2 Vibrazioni smorzate . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 45
3.3 Rigidezza degli elementi elastici . . . . . . . . . . . . . . . . . 51
3.3.1 Esempi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 53

4 Sistemi ad un grado di liberta forzato 59


4.1 Forzanti armoniche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 60
4.2 Forze dinerzia rotanti ed alternate . . . . . . . . . . . . . . . 67

3
4 INDICE

4.3 Eccitazione per spostamento del vincolo impresso . . . . . . . 68


4.4 Forze trasmesse . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 72
4.5 Isolamento dalle vibrazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 73
4.6 Esempi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 75

5 Funzioni di trasferimento 83
5.1 Determinazione e caratteristiche della funzione di trasferimento 84
5.2 Transitori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 86
5.2.1 Risposta allo scalino di un sistema del secondo ordine 86
5.2.2 Risposta al gradino di sistemi del primo ordine . . . . 89
5.2.3 Esempi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 90
5.3 Risposta di regime - analisi in frequenza . . . . . . . . . . . . 92
5.3.1 Diagrammi asintotici di Bode . . . . . . . . . . . . . . 99

6 Introduzione al controllo dei sistemi meccanici 105


6.1 Modello motore corrente continua . . . . . . . . . . . . . . . . 105
6.1.1 Modello elettrico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 109
6.1.2 Comportamento dinamico . . . . . . . . . . . . . . . . 110
6.2 Accoppiamento statico con il carico . . . . . . . . . . . . . . . 115
6.3 Controllo in anello aperto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 117
6.4 Controllo in anello chiuso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 119
6.4.1 Funzione di trasferimento ad anello chiuso . . . . . . . 120
6.4.2 Regolatori PID . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 120

A Dal P.L.V. al teorema dellenergia cinetica 125

B Trasformata di Laplace 127


B.1 Derivazione nel dominio del tempo . . . . . . . . . . . . . . . 128
B.2 Integrazione nel dominio del tempo . . . . . . . . . . . . . . . 129
B.3 Linearita . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 129
B.4 Teorema del valore iniziale e finale . . . . . . . . . . . . . . . 129
B.5 Trasformate razionali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 130
B.6 Sviluppo di Heavside . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 130
B.6.1 Poli reali distinti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 130
B.6.2 Poli complessi coniugati . . . . . . . . . . . . . . . . . 131

appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Universita di Bergamo
Capitolo 1

Modelli di sistemi
meccanici

Il comportamento dinamico di sistemi meccanici puo essere analizzato ri-


correndo ad opportuni modelli in funzione del tipo di indagine richiesta.
Una prima analisi dinamica possibile e lo studio del movimento degli
elementi costituenti il sistema in funzione delle forze esterne applicate (mo-
trici e resistenti). Per questo tipo di analisi risulta di sovente sufficiente
una schematizzazione a corpi rigidi degli elementi costituenti il sistema.
In questa schematizzazione si trascureranno percio le deformabilita degli
elementi meccanici, comunque presenti per il fatto che essi sono soggetti
a coppie e forze. Lentita di tale deformazione viene ritenuta trascurabile
rispetto al movimento complessivo e non viene introdotta nella stesura del
modello. I sistemi descritti con questo tipo di modello sono detti sistemi
a corpi rigidi.
Questa schematizzazione puo essere considerata valida fino a che la de-
formabilita degli elementi non influenza il moto complessivo o le reazioni
vincolari non assumo valori eccessivamente diversi rispetto al caso rigido.
In queste circostante risulta opportuno utilizzare un modello che tenga con-
to anche della deformabilita degli elementi, al fine di indagare quanto questa
possa influenzare il moto o le forze che gli elementi si scambiano fra loro. Si
trattera quindi di introdurre corpi deformabili nel modello del sistema.
Un secondo tipo di analisi dinamica e allora lo studio delle vibrazioni,
dovute alla cedevolezza degli elementi. In questo caso risulta allora utile
analizzare il comportamento in un intorno di una configurazione, in modo
da valutare leffetto introdotto dalla deformabilita degli elementi. I sistemi
meccanici cos studiati vengono chiamati sistemi a corpi deformabili.

5
6 CAPITOLO 1. MODELLI DI SISTEMI MECCANICI

Figura 1.1: Schema a corpi rigidi di un mandrino

1.1 Sistemi a corpi rigidi


Uno dei problemi ampiamente diffuso nel campo dellingegneria e lanalisi
del moto di un sistema meccanico, costituito da piu elementi meccanici fra di
loro collegati da opportuni vincoli cinematici. Gli elementi meccanici inter-
connessi sono considerati rigidi, la loro deformata dovuta al carico applicato
e considerata trascurabile rispetto al movimento che compiono. Nel model-
lo i vincoli cinematici sono considerati lisci (non dissipano energia), ideali,
con deformazioni nulle per qualsiasi carico applicato, ovvero i vincoli sono
considerati olonomi. Questi possono essere ad esempio cerniere o carrelli,
che dal punto applicativo corrispondono a cuscinetti o guide prismatiche.
Le ipotesi enunciate sono molto forti, condizioni irrealizzabili costruttiva-
mente, si dovra allora valutare se effettivamente il loro comportamento e
assimilabile a quello ideale per lapplicazione in studio.
I parametri necessari alla descrizione di questo tipo di modello sono
quelli di massa, le equazioni di vincolo introdotte dalle coppie cinematiche
e le forze applicate al sistema. Il numero delle coordinate libere dipende
dal numero di corpi rigidi che costituiscono il modello e dal numero delle
equazioni di vincolo.
Un esempio di un sistema a corpi rigidi e riportato in figura 1.1. Il siste-
ma ha un solo gradi di liberta, ad esempio la rotazione del motore m , a cui
sono linearmente legate le rotazioni di tutti gli altri corpi. Il comportamento
dinamico ci permette di legare le accelerazioni del motore alle coppie motri-
ci/resistenti applicate in funzione dei parametri di massa, viene trascurata
la cedevolezza degli alberi di trasmissione e ruote dentate. I risultati ot-
tenuti possono permettere una valutazione delle caratteristiche meccaniche
delle ruote dentate e alberi di trasmissione necessarie affinche nelle condizio-
ni operative il sistema sia in condizioni di sicurezza oppure di determinare
landamento della coppia motrice richiesto per un assegnato movimento del

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CAPITOLO 1. MODELLI DI SISTEMI MECCANICI 7

Figura 1.2: Schema a corpi rigidi di un manovellismo

carico. Lequazione di moto puo essere determinata ricorrendo agli equilibri


dinamici.
A tal riguardo si puo citare il manovellismo di figura 1.2, composto da
4 elementi (manovella, biella, corsoio e telaio), fra di loro opportunamente
collegati per mezzo di tre cerniere piane ed una guida prismatica. Il sistema
ha un grado di leberta, infatti essendo costituito dal tre corpi mobili, per
complessivi 9 gdl, 4 coppie cinematiche ognuna delle quali pone 2 equazioni
di vincolo per un totale di 8 gdv. Complessivamente ha quindi un solo grado
di liberta, ad esempio la rotazione della manovella. In questo meccanismo
e di interessa il legame fra la rotazione della manovella e lo spostamento
del corsoio (o il legame fra la coppia applicata alla manovella e la forza
applicata al corsoio).

1.2 Sistemi a corpi deformabili


In questo tipo di sistemi si e generalmente interessati allanalisi dellin-
fluenza della cedevolezza degli elementi sul moto o linsorgenza di fenomeni
vibratori. Tale indagine viene generalmente effettuata paragonando il com-
portamento del moto in piccolo rispetto al caso statico, ovvero rispetto al
caso in cui il moto in piccolo e completamente assente.
Le cedevolezze introdotte possono rappresentare anche la deformabilita
dei vincoli, in modo che nel modello possano essere introdotte delle coppie
cinematiche ideali.
La scelta di quali elementi allinterno del modello considerare rigidi e
quali flessibili deve tenere conto della rigidezza associata agli elementi e del
carico inerziale che li attraversa.
Lintroduzione di elementi flessibili comporta un cospicuo aumento dei
parametri che descrivono il modello, la cui valutazione puo essere in talune
circostanze onerosa o valutabile solamente dal punto di vista sperimentale.
In alcune applicazioni si potranno considerare sistemi deformabili a parame-

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8 CAPITOLO 1. MODELLI DI SISTEMI MECCANICI

Figura 1.3: Schema a corpi rigidi di un mandrino con albero deformabile

tri concentrati, scelta che permette di ridurre la complessita computazionale


ed il numero di parametri. Altrimenti si possono introdurre sistemi conti-
nui le cui equazioni costitutive permettono lanalisi di ogni singolo punto
appartenente allelemento.
Oltre ai parametri indicati nel caso dei modelli a corpi rigidi si devono
introdurre le cedevolezze (deformabilita) e le masse delle parti deformabi-
li. Il numero dei gradi di liberta aumenta con il numero di cedevolezze
introdotte ed il modello dinamico risulta piu complesso.
In questo tipo di modelli rientrano anche quelli delle strutture (costru-
zioni in acciaio o cemento armato) che sono statiche. Infatti esse non hanno
moto in grande, ma viene studiato il moto in piccolo per valutare leffetto
degli elementi deformabili sulle reazioni di vincolo quando sono soggette ad
un terremoto.
A titolo desempio possiamo considerare il sistema di figura 1.3 che rap-
presenta il modello di un mandrino con un albero di trasmissione torsio-
nalmente deformabile. La deformabilita dellalbero e rappresentata dalla
rigidezza torsionale kt . Complessivamente il sistema ha percio 2 gdl, ad
esempio la rotazione dellalbero motore e del carico, che ci permettono ana-
lizzare di quanto il comportamento dinamico di questo modello si discosta
da quello presentato in figura 1.1 per la cedevolezza dellalbero. Lintegra-
zione di questo sistema a due gradi di liberta risulta piu onerosa rispetto al
caso rigido.
Il sistema presentato in figura 1.4 rappresenta un manovellismo in cui
la cerniera del corsoio e deformabile lungo la direzione del corsoio. La
deformabilita del vincolo e rappresentata dalla rigidezza kv . In questo caso
il sistema ha un grado di liberta in piu rispetto al caso di figura 1.2, che ci
permette di analizzare di quanto il moto della massa M si discosta dal caso
rigido per la presenza della cedevolezza del vincolo.

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CAPITOLO 1. MODELLI DI SISTEMI MECCANICI 9

Figura 1.4: Schema a corpi rigidi di un manovellismo

1.3 Conclusioni
Lo studio del problema dinamico prevede quindi la definizione di un modello
che possa adeguatamente descrivere il comportamento del sistema in studio.
La definizione del modello comprende anche la determinazione dei parametri
che lo descrivono (geometrici, di massa, strutturali, forze motrici e resistenti,
ecc.).
Successivamente si dovra scrivere lequazione di moto (piu equazioni per
sistemi a piu gradi di liberta) le cui caratteristiche potranno dare indicazioni
sul comportamento dinamico del sistema. Lequazione differenziale risultan-
te potra essere integrata in forma chiusa o numericamente per analizzare i
transitori.

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10 CAPITOLO 1. MODELLI DI SISTEMI MECCANICI

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Capitolo 2

Equazione di moto per


sistemi ad un gdl

Lequazione di moto di un sistema ad un grado di liberta puo essere scritta


seguendo diversi approcci. Il primo proposto e il bilancio di potenze che
permette di ottenere lequazione di moto senza considerare le reazioni vin-
colari. Infatti nei modelli a cui facciamo riferimento i vincoli sono ideali e
lisci, condizioni nelle quali le reazioni vincolari non lavorano e quindi non
dissipano energia.
Prenderemo in considerazione le forze generalizzate agenti sul sistema,
forze o coppie a seconda dei casi, ovvero le forze esterne applicate in punti
definiti dei corpi e, ricorrendo al principio di DAlambert, le forze dinerzia.
Nel caso di sistemi piani la risultante dei forze dinerzia di un corpo
rigido dipende dalla massa e dellaccelerazione del baricentro
F in = mg aG . (2.1)
La risultate delle coppie dinerzia, nelle medesime ipotesi, dipende dal mo-
mento dinerzia baricentrale e dellaccelerazione angolare del corpo
M in,G = JG . (2.2)
Il calcolo delle azioni dinerzia risulta quindi il prodotto di un parametro
di massa per laccelerazione (lineare o angolare) del baricentro del corpo
rigido.
Per il calcolo delle potenze di tutte le forze facciamo allora riferimento
a tutti gli N punti a cui sono applicate delle forze esterne e/o delle azioni
dinerzia. Considerando le forze generalizzate, e quindi non distinguendo fra
accelerazioni lineari ed angolari e fra masse e momenti dinerzia, la potenza
delle forze generalizzate applicate al punto i-esimo sara allora
Wi = (F i mi ai ) v i , (2.3)

11
12 CAPITOLO 2. EQUAZIONE DI MOTO PER SISTEMI AD UN GDL

Figura 2.1: Schema a corpi rigidi di un motociclo

in cui il pedice i fa riferimento ai corpi a cui e applicata una coppia esterna,


o che hanno un momento dinerzia, e a punti a cui sono applicate forze
esterne o che sono caratterizzati da masse concentrate. Il bilancio di potenza
dellintero sistema potra allora essere imposto per mezzo della relazione
N
X
(F i mi ai ) v i = 0 . (2.4)
i=1

Per applicare il bilancio di potenza si dovra quindi:


definire la coordinata libera del sistema;
calcolare la velocita v i dei punti di applicazione delle forze esterne;
calcolare laccelerazione ai dei punti di massa;
sviluppare il bilancio di potenze espresso dallequazione 2.4.
Nel modello semplificato di motociclo ad un solo grado di liberta, pre-
sentato in figura 2.1, i corpi sono considerati rigidi e i vincoli ideali, le ruote
ruotano senza strisciare sul piano ed il vincolo di contatto sul piano sia
bilatero. Si trascurano le masse e i momenti dinerzia associati alle ruote,
si considera come unico punto di massa il baricentro del motociclo. Alla
ruota motrice e applicata la coppia Cm(t) in verso orario e si assume come
coordinata libera la rotazione oraria della ruota motrice.
In questo caso i punti di interesse sono due, uno la traccia dellasse di
rotazione della ruota a cui viene applicata la coppia motrice, laltro il bari-
centro del motociclo. Si tratta quindi di determinare per ambedue i punti
la dipendenza della loro velocita dalla coordinata libera. Per il baricentro,
essendo punto di massa, sara necessario determinare la dipendenza della sua
accelerazione dalla coordinata libera.

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CAPITOLO 2. EQUAZIONE DI MOTO PER SISTEMI AD UN GDL 13

1. Rotazione ruota.
La rotazione della ruota coincide con la coordinata libera, per cui il
vettore velocita di rotazione sara un vettore perpendicolare ed entrante
nel piano del foglio con modulo ;

2. Baricentro.
La posizione del baricentro puo essere espressa dalla coordinata x nel
sistema di riferimento di figura, ovvero in notazione vettoriale x = x~i
dove ~i e il versore dellasse assunto come riferimento, parallelo al piano
stradale. Il legame fra la posizione x del baricentro e la coordinata
libera e x = R a partire da unarbitraria origine. Il vettore velocita si
ottiene derivando rispetto al tempo il vettore posizione. In questo caso
la derivazione e semplice in quanto il verso del vettore non varia in
funzione della coordinata libera, rimane, per ogni posizione raggiunta,
parallelo al piano stradale. Il vettore velocita sara allora diretto come
~i di modulo x = R. Analogamente il modulo dellaccelerazione saraa
x = R.

E ora possibile applicare il bilancio di potenze espresso dalla 2.4 per i due
punti individuati nellesempio:

Cm mG R~i R~i = 0 (2.5)

da cui
Cm (t)
(t) = . (2.6)
mG R 2
Lequazione di moto trovata fissa il legame fra laccelerazione del mo-
tociclo e la coppia applicata alla ruota. Lintegrazione di questa equazione
differenziale a coefficiente costanti del secondo ordine ci permette di risalire
alla legge oraria che descrive il movimento del veicolo.
R
(t) = (0) + (t)dt
R (2.7)
(t) = (0) + (t)dt

La complessita dellintegrazione in forma chiusa dipende solamente dalla


complessita della funzione Cm (t). In ogni caso e sempre possibile determi-
nare la soluzione numerica dellintegrale.
Il legame cinematico fra i punti di interesse e la coordinata libera non
e in generale cos semplice come presentato nellesempio precedente, in cui
la direzione del vettore x e costante ed il modulo dipende linearmente dalla
coordinata libera.
La sospensione rappresentata in figura 2.2 e un sistema con caratteri-
stiche cinematiche piu complesse rispetto al caso del motociclo. In questo
modello viene trascurata la cedevolezza della gomma, tutti gli elementi sono

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14 CAPITOLO 2. EQUAZIONE DI MOTO PER SISTEMI AD UN GDL

Figura 2.2: Schema a corpi rigidi di una sospensione

rigidi, i vincoli sono ideali e lunico elemento dotato di massa e la ruota. E


composta da 7 corpi rigidi, per un totale di 21 gdl, 8 cerniere che impongono
16 gdv e 2 manicotti che impongono 4 gdv. Il sistema ha quindi 1 solo gdl.
La coordinata libera scelta e la rotazione dellasta A0 A.
Per applicare il bilancio di potenze espresso dalla 2.4 si deve determinare
la velocita e laccelerazione del baricentro G della ruota che, per generalita,
indicheremo come il punto Pi .

2.1 Velocita geometrica


La posizione di Pi e fissata dalla configurazione raggiunta dal sistema in
funzione della coordinata libera , e puo essere descritta, in un opportuno
sistema di riferimento, da un vettore P i , anchesso funzione di , risulta
cioe
P i = P i () . (2.8)

Per una variazione della coordinata libera, come mostrato in figura


0
2.3, il punto raggiungera una nuova posizione, descritta dal vettore P i ( +
0
), scostata rispetto alla precedente della quantita S i () = P i P i
funzione della configurazione, e quindi di .
Se lincremento viene imposto nellintervallo di tempo t, la velocita
media di spostamento del punto e

S i
v i = (2.9)
t

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CAPITOLO 2. EQUAZIONE DI MOTO PER SISTEMI AD UN GDL 15

Figura 2.3: Spostamento del punto Pi

Per intervalli di tempo t 0, gli spostamenti S i divengono infinitesimi


e la velocita media di spostamento tende alla velocita istantanea v i ,

dS i dS i d
vi = = = i . (2.10)
dt d dt
Il vettore i descrive il legame fra lo spostamento infinitesimo di un punto
per una variazione infinitesima d della coordinata libera, dipende da ,
che fissa la configurazione geometrica raggiunta, non dipende dal tempo,
e quindi descrive una caratteristica geometrica del punto Pi . Viene indi-
cato come velocita geometrica o rapporto di trasmissione generalizzato; e
descritto dai due parametri tipici dei vettori, modulo e anomalia, che sono
funzione della sola coordinata libera , per cui i = i ().
La velocita di un punto di un corpo del sistema e rappresentata dal
prodotto della velocita geometrica del punto per la velocita della coordinata
libera
v i = i . (2.11)
La velocita geometrica i e allora un vettore tangente alla traiettoria come
lo e il vettore velocita v i
i = | i |~t . (2.12)
Puo essere facilmente determinata dallanalisi cinematica, come la velocita
del punto calcolata per velocita unitaria = 1 della coordinata libera.

2.1.1 Esempio
In riferimento alla figura 2.4, rappresentante una parte della sospensione di
figura 2.2 viene illustrato il calcolo di del baricentro della ruota. Per il

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16 CAPITOLO 2. EQUAZIONE DI MOTO PER SISTEMI AD UN GDL

Figura 2.4: Calcolo di

calcolo si fa riferimento allequazione 2.11 che lega la velocita di un punto


al corrispondente rapporto di trasmissione .
Il mozzo della ruota e rigidamente collegato alla biella del parallelogram-
ma quadrilatero A0 A B B0 , per cui trasla nel piano. Il Centro di
Istantanea Rotazione (CIR) e allinfinito nella direzione fissata dai bilancieri
A0 A e B0 B, tutti i punti solidali alla biella percorrono delle traiettorie
ad arco di cerchio di raggio a. La velocita del baricentro coincide allora in
modulo e verso con la velocita dei punti A a B pari a
V a = V b = V G = a~t
e sara tangente alla traiettoria. Da questa espressione, ricordando la 2.11,
e che coincide con v per = 1, risulta
= a~t .
In questo caso ha modulo costante pari ad a ed anomalia che dipende
dalla posizione; infatti il versore tangente alla traiettoria forma con lesse
orizzontale unangolo + /2.

= a ~i cos( + /2) + ~j sin( + /2) . (2.13)

2.2 Accelerazione geometrica


Laccelerazione del punto Pi puo essere determinata derivando rispetto al
tempo la 2.11, risulta allora
dv i d i d i d
ai = = + i = + i . (2.14)
dt dt d dt

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CAPITOLO 2. EQUAZIONE DI MOTO PER SISTEMI AD UN GDL 17

Figura 2.5: Approssimazione del II ordine della traiettoria

Laccelerazione dipende da due contributi: il primo i e dovuto allaccele-


razione della coordinata libera; il secondo d 2
d e dovuto alla variazione
i

del rapporto di trasmissione rispetto alla coordinata libera.


La derivata del rapporto di trasmissione rispetto alla coordinata libera
e una caratteristica geometrica del punto, dipende dalla configurazione rag-
giunta e quindi dalla coordinata libera, viene indicata come accelerazione
geometrica
d i
= i = i () . (2.15)
d
i e un vettore che puo essere facilmente determinato dallanalisi cinematica,
corrisponde allaccelerazione del punto Pi calcolata per = 0 e per = 1;
in tali condizioni dalla 2.14 risulta infatti ai = i .
Laccelerazione geometrica ha due componenti significative, una tangen-
te e laltra normale alla traiettoria. Ricordando la 2.12 risulta

d i d ~ d| i | ~ d~t
i = = | i |t = t + | i | . (2.16)
d d d d
La derivata del versore tangente alla traiettoria rispetto alla coordinata
libera puo essere determinata ricorrendo alla relazione di Frenet. Facendo
riferimento alla figura 2.5, si considera unapprossimazione del secondo or-
dine della traiettoria nel punto Pi . Per una variazione infinitesima d della
0
coordinata libera il punto Pi raggiunge la posizione Pi con uno spostamento
dS. A tale spostamento corrisponde lo spostamento angolare d misurato

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18 CAPITOLO 2. EQUAZIONE DI MOTO PER SISTEMI AD UN GDL

al centro del cerchio osculatore, tale che dS = d, con raggio di curva-


tura della traiettoria. Ricordando la definizione di , e anche dS = d.
0
Passando dal punto Pi al punto Pi la tangente alla traiettoria subisce una
rotazione d, per cui essa subisce uno spostamento d~t di modulo

|dS| | |d
|d~t| = |~t|d = 1 = (2.17)

e con direzione coincidente con la normale alla traiettoria nel punto Pi .


La derivata del versore tangente alla traiettoria rispetto alla coordinata
libera risulta allora
d~t | |
= ~n , (2.18)
d
mentre laccelerazione geometrica i in funzione delle componenti tangen-
ziali e normali e:
d| i | ~ | i |2
i = t+ ~n . (2.19)
d
Le due componenti sono funzione della coordinata libera, quella tan-
genziale dipende dalla variazione del modulo del rapporto di trasmissione,
mentre quella normale dipende dalla variazione della direzione del rappor-
to di trasmissione. Queste due componenti non corrispondono in generale
allaccelerazione normale e tangenziale della traiettoria.
Complessivamente laccelerazione e espressa dalle relazioni

ai = i 2 + i (2.20)

d| i | ~ | i |2
ai = i 2 + i = t+ ~n 2 + | i |~t , (2.21)
d
per cui laccelerazione e determinabile in funzione delle derivate di ordine 0,
1 e 2 della coordinata libera; infatti e necessario calcolare la velocita geome-
trica () e laccelerazione geometrica (), per poi applicare la relazione
2.20.

2.2.1 Esempio
Il calcolo dellaccelerazione geometrica del baricentro della ruota di figura
2.6, rappresentante una parte della sospensione di figura 2.1, puo essere
condotto in due modi.
Il primo prevede di derivare rispetto alla coordinata libera lespressione
della velocita geometrica , espressa dalla relazione 2.13. Si ottiene
h i
= d = a ~i sin( + /2) + ~j cos( + /2)
d h i
= a ~i cos() ~j sin() .

appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Universita di Bergamo
CAPITOLO 2. EQUAZIONE DI MOTO PER SISTEMI AD UN GDL 19

Figura 2.6: Calcolo di

Laccelerazione geometrica ha allora modulo a ed e diretta come la normale


alla traiettoria.
Laccelerazione geometrica puo essere calcolata considerando la 2.20 e
ricordando che coincide con laccelerazione per = 1 e per = 0. In
questo caso il punto si muove lungo in arco di circonferenza di raggio a,
con un velocita angolare ; nelle condizioni specificate ( = 0) laccele-
razione tangenziale e nulla, mentre laccelerazione centripeta e a. Allora
laccelerazione geometrica avra modulo a e sara diretta come la normale
alla traiettoria.
= a~n .
Questo risultato poteva essere dedotta anche dalla 2.21, in cui sono esplici-
tate le componenti normali e tangenziali; nelle condizioni poste solo la com-
ponente normale dellaccelerazione geometrica e diversa da zero, in quanto il
modulo del rapporto di trasmissione e costante, mentre la direzione dipende
da .

2.3 Bilancio di potenze


Lo sviluppo dellanalisi cinematica condotta nei paragrafi precedenti per-
mette di riscrivere il bilancio di potenze espresso dalla 2.4; introducendo le
espressioni della velocita 2.11 e dellaccelerazione 2.14 si ottiene:
N
X
F i mi ( i 2 + i ) i = 0 (2.22)
i=1

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20 CAPITOLO 2. EQUAZIONE DI MOTO PER SISTEMI AD UN GDL

N
X
F i i mi i i 2 mi i2 = 0 . (2.23)
i=1

Lequazione di moto espressa dalla 2.23 permette di risolvere i due


problemi dinamici fondamentali, dinamica diretta e dinamica inversa.
In problema dinamico inverso consente di calcolare la coppia motrice
necessaria ad ottenere una definita legge oraria della coordinata libera (t),
essendo note le forze resistenti applicate al sistema. In questo caso essendo
assegnata la leggere oraria (t), sono anche assegnate le derivate prime e
seconde, per cui i termini differenziali nella 2.23 sono noti; essa si riduce
allora ad una semplice equazione scalare che permette di determinare lin-
cognita. Si tratta di determinare le espressioni di i e di i in funzione
della coordinata libera , la risoluzione e del tutto analoga a quella del caso
statico, per tale motivo questo problema e anche detto cinetostatico.
Il problema dinamico diretto permette la determinazione dellaccelera-
zione della coordinata libera note , e le forze attive e passive applicate
al sistema
XN

F i i mi i i 2
i=1
= N
. (2.24)
X
mi i2
i=1

La legge oraria (t) si ottiene dallintegrazione dellequazione differenzia-


le espressa dalla 2.23, la difficolta dellintegrazione dipende essenzialmente
dalla complessita dei termini che compongono la 2.23. In alcune circostanze
non e possibile determinare lintegrale in forma chiusa, in questi casi lunica
soluzione possibile e quella numerica. In ogni caso sara necessario fissare le
condizioni iniziali di velocita e posizione che corrispondono alle due costanti
di integrazione.
Dallequazione differenziale 2.24 si possono facilmente ottenere dei casi
notevoli. Ad esempio considerando rapporti di trasmissione e forze costanti
in modulo ed anomalia, risulta = 0 e quindi otterremo = cost, moto
uniformemente accelerato, facilmente integrabile in forma chiusa.

2.3.1 Esempi
Equazione di moto per una sospensione

La figura 2.7 rappresenta lo schema di una sospensione, in cui la forza


esercitata dal gruppo molla-ammortizzatore, sempre diretta verso lalto, e
indicata con Fe , la forza di contatto fra ruota e terreno, sempre diretta verso
lalto, e indicata con Fc . Lunico elemento dotato di massa e la ruota.

appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Universita di Bergamo
CAPITOLO 2. EQUAZIONE DI MOTO PER SISTEMI AD UN GDL 21

Figura 2.7: Schema a corpi rigidi di una sospensione

Lequazione di moto che descrive il comportamento dinamico della so-


spensione puo essere calcolata ricorrendo allequazione 2.24. I punti di
interesse sono in questo caso 3 come indicato in figura:

1. Punto di contatto ruota terreno.


In questo punto e applicata la forza esterna F c . Il suo rapporto di
trasmissione e stato determinato nel paragrafo 2.1.1 ed e

1 = a ~i cos( + /2) + ~j sin( + /2) .

2. Centro di massa della ruota.


Per i punti che rappresentano il centro di massa si deve determinare
sia che . Analogamente a quanto visto per il punto 1 risulta

2 = a ~i cos( + /2) + ~j sin( + /2) .

Il calcolo di e riportato nel paragrafo 2.2.1 e risulta


h i
2 = a ~i cos() ~j sin() .

3. Punto di attacco del gruppo molla-ammortizzatore.


Analogamente a quanto visto per il punto 1, il rapporto di trasmissione
risulta
3 = b ~i cos( /2) + ~j sin( /2) .

Le forze esterne hanno le espressioni vettoriali F c = Fc~j e F e = Fe~j.


Applicando la 2.24 si ottiene

Fc 1 + Fe 3
=
m22

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22 CAPITOLO 2. EQUAZIONE DI MOTO PER SISTEMI AD UN GDL

Figura 2.8: Manovellismo

Fc a sin( /2) + Fe b sin( + /2)


= (2.25)
ma2
Questultima relazione esprime laccelerazione della coordinata in fun-
zione della coordinata libera ed in funzione del modulo delle forze ester-
ne. Lintegrazione di questa equazione differenziale, fissando le condizioni
iniziali di velocita e posizione, ci permette di ricavare landamento di (t).

Equazione di moto per un manovellismo


Il manovellismo rappresentato in figura 2.8 e modellizato a corpi rigidi, i
vincoli siano ideali e fissi. Il moto e garantito dalla coppia motrice Cm
applicata alla manovella, la forza resiste Fr applicata al corsoio e funzione
della posizione e della velocita del corsoio Fr = Fr (x, x). Il corsoio ha
massa m2 mentre la manovella ha una massa m1 ed un momento dinerzia
baricentrale JG .
Assumendo come coordinata libera la rotazione della manovella, la
posizione del corsoio misurata a partire dal punto morto esterno risulta
p
x = l + r r cos l2 r2 sin2 (2.26)
mentre la velocita
" #
r2 sin(2)
x = r sin + p .
l2 r2 sin2
Per la scrittura dellequazione di moto per mezzo del bilancio di potenze,
si prendono in considerazione tre punti caratteristici:
1. Centro di massa della manovella.
Questo punto ha una traiettoria circolare, il rapporto di trasmissione
ha modulo costante e verso funzione della coordinata libera, risulta:
1 = a~t1

appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Universita di Bergamo
CAPITOLO 2. EQUAZIONE DI MOTO PER SISTEMI AD UN GDL 23

dove ~t1 e il versore tangente alla traiettoria seguita dal punto, quindi
ruotato di + /2 rispetto alla direzione orizzontale assunta come
riferimento. Laccelerazione geometrica 1 e normale alla traiettoria
(il modulo di e costante) e ha modulo pari ad a.
1 = a~n1 .

2. Centro del corsoio.


In questo punto si intende concentrata la massa del corsoio ed appli-
cata la forza resistente. Dallanalisi della velocita del corsoio risulta
" #
r2 sin(2) ~i
2 = r sin + p
l2 r2 sin2
Il rapporto di trasmissione ha allora direzione fissa ma il modulo e
funzione della coordinata libera. Ricordando la 2.19, lespressione
dellaccelerazione geometrica si ottiene derivando rispetto ad il mo-
dulo del rapporto di trasmissione; in questi casi ha una componente
tangenziale diversa da zero. Si ottiene:
" #
r2 cos(2) r4 sin(2 a) sin cos ~
2 = r cos + 2 p + 3/2 i
l2 r2 sin2 l2 r2 sin2
3. Traccia dellasse di rotazione della manovella.
La rotazione della manovella coincide con la coordinata libera, per cui
3 = 1~k
mentre 3 e nullo in quanto il rapporto di trasmissione e costante.
Lespressione dellaccelerazione risulta allora:
F r (x, x) 2 m2 2 2 2 + C m 3
= (2.27)
m1 12 + m2 22 + JG
I termini geometrici che compaiono in questequazione sono tutti funzio-
ne di , la forza resistente e funzione di e di mentre la coppia motrice
puo essere funzione del tempo. Lintegrazione in forma chiusa per la de-
terminazione della legge oraria (t) puo risultare complessa o addirittura
impossibile. In questi casi il problema dinamico diretto puo essere risolto
efficacemente ricorrendo allintegrazione numerica.

2.4 Integrazione Numerica dellequazione di


moto
In questo paragrafo sono riportati alcuni cenni sullintegrazione numerica
di equazioni differenziali, non viene proposta una trattazione esaustiva, e si
rimanda a testi specializzati per un approfondimento sulla tematica.

appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Universita di Bergamo
24 CAPITOLO 2. EQUAZIONE DI MOTO PER SISTEMI AD UN GDL

Prendendo in considerazione un problema ai valori iniziali per unequa-


zione differenziale ordinaria del primo ordine in forma esplicita

y(t) = f (t, y(t))
(2.28)
y(t0 ) = y0
lintegrazione alle differenze finite (numerica) consiste nella determinazione
di unapprossimazione della funzione primitiva y(t). Tale approssimazio-
ne viene determinata per un numero finito di valori t1 , t2 , t3 , . . . , tn della
variabile di integrazione.

2.4.1 Metodo di Eulero


Il metodo di integrazione numerica piu semplice e quello di Eulero che per-
mette di determinare lapprossimazione della funzione primitiva allistante
tk+1 per mezzo della relazione
y(tk+1 ) = y(tk ) + hf (tk , y(tk )) (2.29)
dove h e un opportuno intervallo di tempo fisso, ed il legame fra gli istanti
in cui si valuta la funzione primitiva e
tk+1 = tk + h (2.30)
La 2.29, come in generale tutti i metodi di integrazione, permette di
determinare un insieme di valori {y1 , y2 , y3 , . . . , yn } della funzione primitiva,
con yk = y(tk ), in corrispondenza di un insieme di valori {t1 , t2 , t3 , . . . , tn }
della variabile di integrazione.
Il metodo di Eulero deriva dallo sviluppo in serie di Taylor, arrestato al
primo ordine, della primitiva y(t) nellintorno destro dellistante tk

dy(t)
y(tk + h) = y(tk ) + (tk + h tk ) = y(tk ) + f (tk , y(tk ))h (2.31)
dt t=tk

che rappresenta unapprossimazione della primitiva nellintervallo h. Questo


metodo e detto esplicito in quanto permette di determinare direttamente il
valore della funzione yk+1 a partire da yk .
La valutazione della primitiva viene quindi fatta a passi, basandosi sul
valore della funzione calcolata al passo precedente. Per il primo passo ven-
gono utilizzate le condizioni iniziali y(t0 ) = y0 espresse dalla 2.28; nella
tabella 2.1 vengono riportati alcuni passi dellintegrazione numerica con il
metodo di Eulero, la figura 2.9 ne rappresenta laspetto geometrico.
Esistono tecniche di integrazione piu complesse, ma piu precise, come il
metodo dei trapezi (implicito), che permette di determinare lintegrale con
la relazione
y(tk+1 ) = y(tk ) + 0.5h [f (tk , y(tk )) + f (tk+1 , y(tk+1 ))] . (2.32)
Fra gli altri metodi si possono ricordare quelli Runge Kutta che calcolano
le derivate anche in punti intermedi dellintervallo [tk tk+1 ].

appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Universita di Bergamo
CAPITOLO 2. EQUAZIONE DI MOTO PER SISTEMI AD UN GDL 25

tk y(tk )
t0 y0 condizioni iniziali
t1 y1 = y0 + hf (t0 , y0 )
t2 y2 = y1 + hf (t1 , y1 )
t3 y3 = y2 + hf (t2 , y2 )

Tabella 2.1: Passi dellintegrazione numerica con il metodo di Eulero

Figura 2.9: Interpretazione geometrica dellintegrazione numerica con il


metodo di Eulero

2.4.2 Applicazione allequazione di moto


Lequazione di moto di un sistema ad un grado di liberta e unequazione
differenziale del secondo ordine che puo essere espressa, come visto nelle
relazioni 2.27 e 2.25, nella forma

(t) = f (t, , ) . (2.33)

Lintegrazione numerica di questequazione differenziale puo essere ricondot-


ta al caso dellintegrazione di equazioni differenziali del I ordine, e seguire
il metodo proposto in questo paragrafo.
Unequazione differenziale del II ordine puo essere ricondotta ad un siste-
ma di equazioni differenziali del I primo ordine introducendo una variabile
dappoggio tale per cui
= . (2.34)
Lequazione differenziale 2.33 e riconducibile allora al sistema di due equa-
zioni differenziali del I ordine

=
. (2.35)
= f (t, , )

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26 CAPITOLO 2. EQUAZIONE DI MOTO PER SISTEMI AD UN GDL

tk Y (tk )
t0 Y0
0 0
t1 Y 1 = Y 0 + hY 0 = +h
0 f (t0 , 0 , 0 )
1 1
t2 Y 2 = Y 1 + hY 1 = +h
1 f (t1 , 1 , 1 )

Tabella 2.2: Passi dellintegrazione numerica dellequazione di moto con il


metodo di Eulero

Per lintegrazione di questo sistema si dovranno introdurre due costanti di


integrazione che corrispondono ai valori iniziali delle funzioni da integrare

(t0 ) = 0
(2.36)
(t0 ) = 0 = 0

E possibile una rappresentazione matriciale di questo problema di inte-


grazione. Introducendo il vettore

(t)
Y (t) = (2.37)
(t)

che rappresenta le funzioni integrali ricercate, il sistema di equazioni diffe-


renziali e le condizioni iniziali sono rappresentate dalla

(t) (t)
Y = f (t, Y ) =
(t) f (t, , ) (2.38)

Y (t0 ) = Y 0

che rappresenta la forma matriciale della relazione 2.28.


Lintegrazione numerica del sistema di equazioni differenziali del primo
ordine, puo essere condotta con il metodo di Eulero, integrando contempo-
raneamente le equazioni. Indicando con

k
Yk = (2.39)
k

la formula di integrazione di Eulero e

Y k+1 = Y k + Y k h , (2.40)

mentre i passi di integrazione sono espressi dalle relazioni riportate nella


tabella 2.2.

appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Universita di Bergamo
CAPITOLO 2. EQUAZIONE DI MOTO PER SISTEMI AD UN GDL 27

Figura 2.10: Integrazione numerica dellequazione di moto di una


motocicletta

Esempio numerico in ambiente Matlab


Viene riportato un semplice esempio dellintegrazione numerica dellequa-
zione di moto in ambiente Matlab, facendo riferimento al sistema presentato
in figura 2.10. La determinazione dellequazione di moto puo essere eseguita
con la procedura indicata in questo capitolo, si ottiene

Cm () Fr R Cm () Kr (R)2 R
= = . (2.41)
mR2 mR2
La coppia motrice Cm applicata e funzione della velocita della coordinata
libera, ha andamento parabolico come illustrato in figura. I parametri del
modello sono: Cm0 = 70 Nm, 0 = 100 rad/s, R = 0.2 m, m = 90 kg,
2
Kr = 0.7 N/(m/s) . Le condizioni iniziali sono: (0) = 0 e (0) = 0.
Il programma di integrazione e costituito da una funzione principale
dinmoto.m riportata in figura 2.11. Nella prima parte vengono fissate le
condizioni iniziali ed il passo di integrazione, nella seconda viene eseguita
lintegrazione vera e propria tramite un ciclo for, mentre nellultima parte
vengono visualizzati i risultati.
La parte di integrazione utilizza il metodo di Eulero per lintegrazione
della velocita e dellaccelerazione, basandosi sullaccelerazione espressa dalla
2.41 valutata al passo di integrazione corrente, il cui valore numerico viene
determinato con la funzione acc.m riportata in figura 2.12. Questa funzione
determina il valore dellaccelerazione in funzione della derivata di ordine 0
e 1 della coordinata libera; il valore dellaccelerazione dipende inoltre dal
raggio R della ruota motrice.
La determinazione dellaccelerazione si basa su altre due funzioni, ripor-
tate in figura 2.13, che consentono il calcolo della forza resistente e della
coppia motrice in funzione della velocita .

appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Universita di Bergamo
28 CAPITOLO 2. EQUAZIONE DI MOTO PER SISTEMI AD UN GDL

function dinmoto

clear all
close all
%raggio della ruota
R = 0.2;
%%
t=0;
%tempo di integrazione
tend = 10;
%intervallo di integrazione
h=0.01;
%contatore cicli
cc=1;

%condizioni iniziali
%velocita e posizione nulla
alpha = 0;
dalpha = 0;

for t=0:h:tend
ddalpha=accbar(R,alpha, dalpha);
%integrazione velocita
alpha = alpha + dalpha*h;
%integrazione accelerazione
dalpha = dalpha + ddalpha*h;
%
%salvo risultati nella matrice
ris(cc,:) = [t,alpha,dalpha,CoppiaMotrice(dalpha)];
%
t=t+h; %incremento la variabile di integrazione
cc = cc+1; %incremento il contatore dei cicli
end

%diagramma forze esterne


DiagrammiForzeEsterne(R);
%diagrammi dei resiltati
DiagrammiRisultati(ris);

return

Figura 2.11: Integrazione con il metodo di Eulero

function ddalpha=acc(R,alpha, dalpha)


%calcola laccelerazione nota la posizione e la velocita della coordinata
%libera
%parametri :
%R: raggio della ruota
%alpha: coordinata libera
%dalpha: velocita della coordinata libera
%valore di ritorno: accelerazione della coordinata libera

%dati identificativi del modello


%massa
m=90;
%%
dx = R*dalpha; %velocita del baricentro
%calcolo della forza resistente e della coppia motrice
Fr = ForzaResistente( dx );
Cm = CoppiaMotrice(dalpha);
%calcolo dellaccelerazione
ddalpha = (Cm - Fr*R)/(m*R^2);

return;

Figura 2.12: Calcolo dellaccelerazione

appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Universita di Bergamo
CAPITOLO 2. EQUAZIONE DI MOTO PER SISTEMI AD UN GDL 29

function Fr=ForzaResistente(dx)
%calcola la forza resistente in funzione della velocita di avanzamento
%parametri: velocita di avanzamento

Kr = 0.7;
Fr = Kr*dx.^2;

return

function Cm=CoppiaMotrice(dalpha)
%calcola la coppia motrice in funzione della velocita di rotazione della
%ruota
Cm0 = 70;
w0 = 100;

Cm = Cm0*(1 - (dalpha/w0).^2);

return

Figura 2.13: Calcolo delle forze esterne

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30 CAPITOLO 2. EQUAZIONE DI MOTO PER SISTEMI AD UN GDL

2.5 Equazioni di Lagrange


Le equazioni di Lagrange permettono la scrittura delle equazioni di moto
considerando il sistema nel suo complesso, esprimendo in unopportuna for-
ma il lavoro virtuale delle forze dinerzia e delle forze esterne. Leffetto dei
campi di forza descritti da unenergia potenziale V , come ad esempio quelli
conservativi, e introdotto per mezzo dellenergia potenziale V .
Considerando un sistema ad un grado di liberta in cui la coordinata
libera e , lequazione di Lagrange e espressa dalla relazione

d L L
= Q (2.42)
dt
in cui si e introdotta la funzione L = T V (detta Lagrangiana) che rap-
presenta la differenza fra lenergia cinetica totale del sistema e lenergia
potenziale totale del sistema. La Lagrangiana e funzione della posizione
e della velocita ed assume lespressione generale
X1 X
L(, ) = mi vi2 (, ) Vj () (2.43)
i
2 j

in cui compare la somma delle energie cinetiche dei corpi che costituisco-
no il sistema e la somma di tutte le energie potenziali associate alle forze
applicate al sistema. Nel calcolo dellenergia cinetica si e fatto riferimento
alla massa generalizzata dei corpi, senza distinguere fra traslazioni di punti
di massa e rotazioni di corpi con momento dinerzia diverso da zero. Nella
2.43 si e inoltre esplicitata la dipendenza dellenergia cinetica e potenziale
dalla derivata di ordine 0 e 1 della coordinata libera, senza introdurre delle
variabili fisiche di comodo per la descrizione del movimento dei punti di
massa o di applicazione delle forze esterne.
Il primo membro della 2.42 fa allora riferimento al lavoro virtuale delle
forze dinerzia e dei campi di forza che ammettono potenziale, mentre il
secondo membro Q fa riferimento al lavoro delle forze applicate al sistema
che non rientrano nel primo membro dellequazione.
Il termine Q prende il nome di componente lagrangiana della sollecita-
zione attiva P
F k pk
Q = k (2.44)

ed e determinabile come la somma dei lavori virtuali delle forze esterne
per una spostamento virtuale della coordinata libera diviso lo stesso
spostamento virtuale della coordinata libera. Ricordando quanto esposto
nel paragrafo 2.1, e ricordando che il lavoro virtuale e quello compatibile
con i vincoli e che gli spostamenti virtuali possono essere presi piccoli a
piacere, la 2.44 puo essere espressa in termini di k = dsk /d
X
Q = Fk k (2.45)
k

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CAPITOLO 2. EQUAZIONE DI MOTO PER SISTEMI AD UN GDL 31

2.5.1 Esempio
Facendo riferimento al manovellismo riportato in figura 2.8 ed allo sviluppo
dellesercizio proposto nel paragrafo 2.3.1 viene determinata lequazione di
moto con lequazione di Lagrange. Lenergia cinetica del manovellismo sara
1 1 1
T = m1 (b)2 + JG 2 + m2 x2 ,
2 2 2
la dipendenza della velocita x del corsoio e gia stata determinata nel para-
grafo 2.3.1 " #
r2 sin(2)
x = r sin + p = 2 ()
l2 r2 sin2
per cui risulta
1 1 1
T = m1 (b)2 + JG 2 + m2 22 2 .
2 2 2
Il meccanismo giace nel piano orizzontale, nellespressione della lagran-
giana non compare quindi lenergia potenziale della forza peso, L = T .
Le derivate della lagrangiana che compaiono al primo membro della 2.42
risultano allora

T = m1 b2 + JG + m2 22

d d2
T = m1 b2 + JG + m2 (22 + 22 )
dt dt

d d2 d 2
T = m1 b2 + JG + m2 (22 + 22 )
dt d dt

d
T = m1 b2 + JG + m2 (22 2 2 + 22 )
dt
d2 2
T = m2 2 = m2 2 2 2
d
Il primo membro dellequazione di Lagrange risulta allora
m1 b2 + JG + m2 (2 2 2 + 22 )
La componente lagrangiana della sollecitazione attiva Q e
Q = Fr 2 + Cm
e quindi lequazione di lagrange porta allequazione differenziale
(m1 b2 + JG + m2 22 ) + m2 2 2 2 = Fr 2 + Cm
riconducibile con semplici passaggi alla 2.27
Fr 2 + Cm m2 2 2 2
=
m1 b2 + JG + m2 22

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32 CAPITOLO 2. EQUAZIONE DI MOTO PER SISTEMI AD UN GDL

appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Universita di Bergamo
Capitolo 3

Comportamento dinamico
in un intorno della
posizione di equilibrio

3.1 Esempi sulla scrittura delle equazioni di


moto
3.1.1 Manovellismo
Per il manovellismo presentato in figura 3.1 vengono proposti due metodi
per la scrittura dellequazione di moto necessaria allanalisi dinamica in un
intorno della posizione di equilibrio. Si suppone che la lunghezza l della
biella sia molto piu grande della lunghezza r della manovella. Con queste
ipotesi lequazione 2.26 si semplifica e la posizione del corsoio a partire dal
punto morto esterno e descritta dalla relazione

x = r(1 cos )

in cui e la rotazione della manovella, assunta come coordinata libera.


La molla e applicata al corsoio lungo la sua direzione di scorrimento,
ha lunghezza libera l0 , e fissata a terra in un punto che dista h dal punto
morto esterno lungo la direzione di scorrimento del corsoio. Nelle condizioni
di molla scarica il corsoio avra allora la posizione xs = l0 h a cui
corrisponde una rotazione della manovella

s = arccos(1 xs /r) .

33
CAPITOLO 3. COMPORTAMENTO DINAMICO IN UN INTORNO DELLA POSIZIONE
34 DI EQUILIBRIO

Figura 3.1: Manovellismo

Bilancio di potenze
La posizione di equilibrio e individuata dal valore 0 della coordinata libera,
e determinabile dal principio dei lavori virtuali, che puo essere espresso nella
forma X
Fi i = 0 ,
dove la sommatoria e estesa a tutte le forze generalizzate applicate al siste-
ma. Viene indicato con ~i il versore dellasse x assunto come misura della
posizione del corsoio e con ~k il versore dellasse perpendicolare ed uscente
dal piano del foglio. Quindi la coppia applicata alla manovella sara espressa
dalla relazione C0 = C0~k, mentre la forza elastica applicata al corsoio sara
F e = Fe (~i) in cui Fe = k(x xs ) = kr(cos s cos ).
I rapporti di trasmissione dei punti di applicazione delle forze esterne
risultano rispettivamente 3 = 1 ~k per la coppia applicata alla manovella,
e 2 () = dx/d~i = r sin ~i per la forza elastica applicata al corsoio. La
posizione 0 di equilibrio e allora determinabile della relazione
C0 3 + F e 2 = C0 kr2 (cos s cos 0 ) sin 0 = 0 .
Lequazione di moto che descrive il comportamento dinamico in un
intorno della posizione di equilibrio e
m + k = 0
in cui X
m = i20 mi
e !
X dF i

k = i0 + F i0 i0 .
d =0

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CAPITOLO 3. COMPORTAMENTO DINAMICO IN UN INTORNO DELLA POSIZIONE
DI EQUILIBRIO 35

Il rapporto di trasmissione del punto 2 ha modulo funzione di (2 =


2 (), mentre la sua direzione e fissa. Derivando allora il rapporto di tra-
smissione rispetto ad si ottiene 2 () = r cos ~i. Applicando le relazio-
ni viste ai punti di interesse indicati in figura 3.1 si ottiene per la massa
equivalente lespressione

m = m1 12 + m2 22 (0 ) + JG ,

mentre la rigidezza equivalente e


!
dFe
k = 2 (0 ) Fe0 2 (0 ) ,
d =0

da cui
k = kr sin 0 r sin 0 + kr(cos s cos 0 )r cos 0
k = kr2 (sin2 0 + cos s cos 0 cos2 0 ) .
In questultima relazione i termini cos s cos 0 cos2 0 rappresentano
leffetto dellintensita della forza elastica nella posizione di equilibrio, quindi
in questo caso la rigidezza equivalente dipende anche dal valore delle for-
ze che determinano la posizione di equilibrio. Infatti si osserva che se la
posizione di equilibrio coincidesse con la posizione di molla scarica (ovvero
0 = s e quindi C0 = 0), rimarrebbe solamente leffetto della variazione
2 2
del modulo della forza esterna dF 2
d =0 20 = kr sin 0 , essendo nullo il
valore della forza elastica nella posizione di equilibrio. La coppia C0 appli-
cata alla manovella non compare nellespressione della rigidezza equivalente
in quanto il rapporto di trasmissione che lega la rotazione della manovella
alla coordinata libera e costante (unitario).

Equazione di Lagrange
Le espressioni di m e k possono essere ottenute seguendo anche lapproc-
cio di Lagrange. Si dovranno scrivere le espressioni dellenergia cinetica
associata alle masse in movimento e quelle dellenergia potenziale associata
alle forze elastiche. Nel caso in cui le espressioni ottenute non siano rispet-
tivamente delle forme quadratiche in per lenergia potenziale ed in per
lenergia cinetica, lapplicazione dellequazione di Lagrange 2.42 porterebbe
ad unequazione di moto in generale non lineare con coefficienti non costanti.
Lanalisi del comportamento dinamico in un intorno della posizione di
equilibrio statico, puo essere efficacemente condotta operando sullequazione
di moto linearizzata, in modo da ottenere unequazione differenziale ordi-
naria a coefficienti costanti del secondo ordine. La forma linearizzata del-
lequazione di moto puo essere ottenuta sviluppando in serie di Taylor le
espressioni dellenergia cinetica e potenziale in un intorno della posizione di

appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Universita di Bergamo
CAPITOLO 3. COMPORTAMENTO DINAMICO IN UN INTORNO DELLA POSIZIONE
36 DI EQUILIBRIO

equilibrio 0 , in modo che lenergia cinetica sia una forma quadratica in


e lenergia potenziale una forma quadratica in .
Per applicare la 2.42, che porta allequazione di moto cercata, si fara
riferimento allanalisi cinematica sviluppata nella parte precedente, da cui
risulta x = dx/d = 2 (). Lenergia potenziale associata alla molla e

1 1
V = k(x xs )2 = kr2 (cos s cos )2 ,
2 2
lenergia cinetica e
1 1 1 1
T = (JG + md2 )2 + m2 x2 = (JG + md2 )2 + m2 (r sin )2 ,
2 2 2 2
mentre la componente lagrangiana della sollecitazione attiva e

Q = C0 .

Per la determinazione della posizione di equilibrio statico possiamo far


riferimento ancora alla 2.42, annullando lenergia cinetica, T = 0. La posi-
zione di equilibrio statico 0 cercata e allora determinabile dalla relazione

V
= Q

da cui risulta
kr2 (cos s cos 0 ) sin 0 = C0 ,
come precedentemente gia ottenuto.
Lespressione dellenergia cinetica T e potenziale V trovate non sono
rispettivamente una forma quadratica in e in . Si procede allora al loro
sviluppo in serie di Taylor in un intorno della posizione di equilibrio; per
lenergia cinetica si considerera la funzione approssimante
1
T () = T (0 ) + O0 = (JG + md2 + m2 r2 sin2 0 )2
2
che risulta una forma quadratica in . Per lenergia potenziale si considerera
la funzione approssimante

V 1 2 V
V () = V (0 ) + ( ) + ( 0 )2 + O2
=0 2 2 =0
0

quadratica in .
Considerando L = T V ed applicando la 2.42 otteniamo

d d
L= T = (JG + md2 + m2 r2 sin2 0 ) = m
dt dt

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CAPITOLO 3. COMPORTAMENTO DINAMICO IN UN INTORNO DELLA POSIZIONE
DI EQUILIBRIO 37

in cui si riconosce lespressione di m precedentemente determinata.


" #
V 2 V
L = V = + ( 0 ) =
=0 2 =0

= kr2 (cos s cos 0 ) sin 0 + . . .



kr2 sin2 0 + (cos s cos 0 ) cos 0 ( 0 ) .

Applicando ora la 2.42 si ottiene lequazione differenziale ordinaria del


secondo ordine
m + kr 2
(cos s cos 0 ) sin 0 + . . .
+kr sin2 0 + (cos s cos 0 ) cos 0 ( 0 ) = C0
2

in cui i termini kr2 (cos s cos 0 ) sin 0 e C0 si elidono a vicenda in quanto


rappresentano la condizione di equilibrio precedentemente determinata.
Rimane allora

m + kr2 sin2 0 + (cos s cos 0 ) cos 0 ( 0 ) = 0 ,

nella quale introducendo la variabile = 0 , che descrive lo spostamento


dalla posizione di equilibrio statico, da cui risulta = , si ottiene

m + k = 0

in cui
k = kr2 sin2 0 + (cos s cos 0 ) cos 0
come precedentemente determinato.

3.1.2 Pendolo
Il pendolo presentato in figura 3.2 e posto nel piano verticale, e si assume
come coordinata libera la rotazione del pendolo misurata a partire dalla
direzione verticale. La molla di costante elastica k sia scarica per una
rotazione = s del pendolo.
La posizione di equilibrio puo essere determinata imponendo lequilibrio
alla rotazione attorno alla cerniera o. La forza elastica Fe dovuta allallun-
gamento della molla risulta Fe = kl = kR( s ). Il momento dovuto
al richiamo elastico della molla risulta M1 () = kR( s )R in senso an-
tiorario, mentre quello dovuto alla forza peso e M2 () = mgl sin in senso
orario. Nella condizione di equilibrio i momenti citati si devono bilanciare
M1 () = M2 () da cui, risolvendo in si ricava la posizione di equilibrio
0 . Risulta
kR( s )R = mgl sin

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CAPITOLO 3. COMPORTAMENTO DINAMICO IN UN INTORNO DELLA POSIZIONE
38 DI EQUILIBRIO

Figura 3.2: Pendolo inverso

la cui risoluzione e rappresentata dal punto di vista geometrico in figura 3.3.


Lequazione di moto descrivente il comportamento dinamico in un in-
torno della posizione di equilibrio viene determinato sia con lequazione del
bilancio di potenze linearizzata in un intorno della posizione di equilibrio,
sia con il metodo energetico.

Bilancio di potenze

Lanalisi cinematica per la determinazione di e deve essere condotta per


i punti 1 e 2 di figura 3.2, in quanto ad essi sono applicate forze esterne
o descrivono la posizione di punti di massa. Per il punto 1 il rapporto di
trasmissione ha direzione costante (come mostrato in figura) e modulo R.
Infatti la sua velocita risulta v1 = R con direzione costante, per cui 1 = R.
Per il punto 2 il rapporto di trasmissione ha modulo costante. Infatti la sua
velocita risulta v2 = l con direzione variabile, per cui 2 = l. La derivata
del rapporto di trasmissione rispetto ad sara allora diversa da zero (varia
la direzione). Ricordando la 2.19 risultera 2 = l diretto verso il centro di
rotazione del pendolo.
Calcolati i parametri cinematici e ora possibile determinare la massa e
la rigidezza equivalente. La massa equivalente risulta
X
m = i20 mi = l2 m

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CAPITOLO 3. COMPORTAMENTO DINAMICO IN UN INTORNO DELLA POSIZIONE
DI EQUILIBRIO 39

Figura 3.3: Soluzione grafica per la posizione di equilibrio del pendolo di


figura 3.2

mentre la rigidezza equivalente


!

P dF i
k = i0 + F i0 i0 =
d =0

= [kR1 + mgl cos 0 ] = kR2 mgl cos 0 .

Lequazione cercata e allora

ml2 + (kR2 mgl cos 0 ) = 0 .

Si osservi che il sistema e stabile se k > 0, ovvero se kR2 > mgl cos ; fa-
cendo riferimento alla figura 3.3, questa circostanza si verifica allora quando
la curva M1 () interseca la curva M2 () con una pendenza maggiore. Infat-
ti kR2 rappresenta la pendenza della curva M1 , mentre il termine mgl cos
rappresenta la pendenza della curva M2 . In particolare quando s = 0,
ovvero quando nella posizione di molla scarica il pendolo e allineato alla
direzione verticale, le curve citate hanno due punti di intersezione, A e B.
Nella posizione di equilibrio A risultera k < 0 ed e percio di equilibrio
instabile; in B risulta invece k > 0 e la posizione di equilibrio e allora
stabile.

Metodo energetico
Per applicare il metodo energetico si devono determinare le espressioni
dellenergia cinetica e dellenergia potenziale associate al sistema.
Lespressione dellenergia cinetica risulta
1
T = m(l)2 .
2

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CAPITOLO 3. COMPORTAMENTO DINAMICO IN UN INTORNO DELLA POSIZIONE
40 DI EQUILIBRIO

Per il calcolo dellenergia potenziale si deve tenere conto della molla e


del campo gravitazionale terrestre. Risulta allora
1 1 1 1
V = k(l)2 + mg(z0 + lcos) = kR2 ( s )2 + mg(z0 + lcos)
2 2 2 2
in cui z0 e la quota di riferimento per la misura delle altezze.
Lespressione dellenergia cinetica e gia una forma quadratica in , e non
viene quindi approssimata in un intorno della posizione di equilibrio.
Lenergia potenziale deve essere sviluppata in serie di Taylor in un intor-
no della posizione di equilibrio 0 per ricondurla ad una forma quadratica
in . Si considerera la funzione approssimante

V 1 2 V
V = V (0 ) + ( 0 ) + ( 0 )2 .
0 2 2 0

Considerando L = T V ed applicando lequazione di Lagrange si


ottiene:
d
L = ml2 ,
dt

V 2 V
L = ( 0 ) =
0 2 0

= kR2 (0 s ) + mgl sin 0 + (kR2 + mgl cos 0 )( 0 ) ,


in cui il termine kR2 (0 s )+mgl sin 0 si annulla in quanto rappresenta
le condizioni di equilibrio.
Introducendo la variabile = 0 lequazione di moto risulta allora:

ml2 + (kR2 mgl cos 0 ) = 0 .

3.2 Risoluzione dellequazione di moto


Lanalisi dinamica in un intorno della posizione di equilibrio viene allora
eseguita studiando lequazione differenziale ordinaria del II ordine

m + k = 0 (3.1)

in cui rappresenta lo spostamento del sistema misurato a partire dalla


posizione di equilibrio. Nel seguito si studieranno sistemi stabili per i quali
risulta k > 0.
Nei prossimi paragrafi verranno studiate alcuni soluzioni del problema
dinamico a partire della 3.1.
Per facilitare linterpretazione fisica dei risultati che si otterranno faremo
riferimento al modello di un sistema semplice, per il quale e immediato il

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CAPITOLO 3. COMPORTAMENTO DINAMICO IN UN INTORNO DELLA POSIZIONE
DI EQUILIBRIO 41

Figura 3.4: Modello per lo studio delle vibrazioni

contributo delle forze applicate, ma che porta sempre alla stessa equazione
di moto 3.1. Facendo riferimento alla figura 3.4, lequazione di moto che de-
scrive il comportamento dinamico in un intorno della posizione di equilibrio
e
m x + k x = 0 (3.2)
coincidente con la 3.1, sostituendo x a .

3.2.1 Vibrazioni libere


Lequazione differenziale 3.2 rappresenta il comportamento dinamico di un
sistema ad un grado di liberta non dissipativo, al quale cioe non sono appli-
cate forze che dissipano energia, la soluzione x(t) potra essere determinata
fissando le condizioni iniziali (condizioni al contorno) al tempo t = 0

x(0) = xt0
(3.3)

x(0) = xt0
La forma generale della soluzione e rappresentata dallespressione

x(t) = zet (3.4)

in cui i valori di dipendono dai coefficienti dellequazione differenziale,


mentre la variabile complessa z dipende dalle condizioni iniziali.
I valori di si determinano sostituendo la 3.4 e la sua derivata seconda
nella 3.1, si ottiene
m 2 zet + k zet = 0 , (3.5)
da cui si ottiene unequazione algebrica di secondo grado in

m 2 + k = 0 , (3.6)

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CAPITOLO 3. COMPORTAMENTO DINAMICO IN UN INTORNO DELLA POSIZIONE
42 DI EQUILIBRIO

Figura 3.5: Soluzione vettoriale

le cui soluzioni complesse coniugate sono


p
1,2 = i k /m (3.7)

avendo considerato
p k > 0 ed essendo m > 0.
Il termine k /m e una caratteristica del sistema in studio, e funzione
dei coefficienti dellequazione di moto, viene indicata con 0 e prende allora
il nome di pulsazione propria del sistema.

1,2 = i0 (3.8)

La soluzione generale assumera allora la forma

x(t) = z1 e1 t + z2 e2 t = z1 ei0 t + z2 ei0 t . (3.9)

Le due costanti di integrazione z1 e z2 sono determinate imponendo le


condizioni iniziali

z1 + z2 = xt0
x(0) = xt0 z1 + z2 = xt0
xt .
x(0) = xt0 z1 i0 z2 i0 = xt0 z1 z2 = i 0
0
(3.10)
Le variabili complesse z1 e z2 sono allora complesse coniugate (la somma
porta ad un numero reale, mentre la differenza ad un numero puramente
immaginario), per cui sono facilmente determinabili e risultano


1 xt0

z = x i
1 2
t0
0
(3.11)

1 x

t
z2 = xt0 + i 0

2 0

La soluzione x(t) ha allora anche una rappresentazione geometrica, puo


essere vista come la somme di due vettori z1 ei0 t e z2 ei0 t rotanti nel piano

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CAPITOLO 3. COMPORTAMENTO DINAMICO IN UN INTORNO DELLA POSIZIONE
DI EQUILIBRIO 43

Figura 3.6: Soluzione per xt0 6= 0, xt0 = 0

complesso, rispettivamente con velocita 0 e 0 , come presentato in figura


3.5. La soluzione x(t) e allora reale, la somma dei vettori controrotanti giace
sullasse reale, ed e possibile esprimere la soluzione x(t) come la proiezione
sullasse reale di un vettore parallelo a z1 , di modulo C e rotante nel piano
complesso con velocita 0 . Risulta allora

x(t) = C cos(0 t + ) (3.12)

in cui rappresenta lanomalia del vettore proiettato allistante t = 0. La


direzione del vettore allistante iniziale coincide con quella del vettore z1 ,
risulta allora
xt /0
= arctan 0 . (3.13)
xt0
Il modulo C del vettore considerato avra, per costruzione geometrica, un
valore doppio rispetto al modulo dei vettori z1 e z2 , risultera
q
C = 2|z1 | = 2|z2 | = x2t0 + (xt0 /0 )2 . (3.14)

La soluzione ha andamento armonico la cui ampiezza C dipende dalle


condizioni iniziali imposte, mentre il periodo T0 = 2/0 dipende dai coef-
ficienti dellequazione di moto massa m e rigidezza k equivalente, e quindi
dalle caratteristiche fisiche del sistema analizzato. La soluzione trovata de-
scrive allora unoscillazione attorno alla posizione di equilibrio della massa
di figura 3.4, con una frequenza fn = 1/T0 dipendente dalle caratteristiche
del sistema, e con unampiezza funzione della perturbazione iniziale.
Nel caso in cui sia nulla la velocita iniziale, xt0 = 0, e diverso da zero lo
spostamento iniziale, risulta = 0, si ottiene la risposta riportata in figura
3.6. In questo caso, a partire dalla condizione di equilibrio, la massa viene
portata nella posizione xt0 e qui lasciata libera. La massa allora oscilla
attorno alla posizione di equilibrio con unampiezza pari a xt0 e con una
frequenza fn .

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CAPITOLO 3. COMPORTAMENTO DINAMICO IN UN INTORNO DELLA POSIZIONE
44 DI EQUILIBRIO

Figura 3.7: Soluzione per xt0 = 0, xt0 6= 0

Nel caso in cui sia diversa da zero la sola velocita iniziale xt0 , risulta
= /2, e landamento di x(t) e riportato in figura 3.7. In questo caso
nelle condizioni di equilibrio viene imposta alla massa una velocita iniziale
xt0 , allora essa inizia ad oscillare attorno alla posizione di equilibrio con
unampiezza pari a xt0 /0 e con una frequenza fn .
cosa accade alla forza totale ???
La soluzione x(t) puo essere espressa anche in unaltra forma, infatti,
ricordando la formula di addizione degli angoli per il coseno, dalla 3.12 si
ottiene
x(t) = C cos cos(0 t) C sin sin(0 t) (3.15)
x(t) = A cos 0 t + B sin 0 t (3.16)
e quindi
B C sin B
= tan = , (3.17)
A C cos A
per cui dalla 3.13 risulta
B xt /0
= 0 . (3.18)
A xt0
In definitiva si ottiene allora
xt0
x(t) = xt0 cos 0 t + sin 0 t . (3.19)
0
Questa relazione poteva ovviamente essere ottenuta dalla 3.16 imponendo
le condizioni iniziali espresse dalla 3.3.
La soluzione x(t) puo allora essere espressa in tre forme equivalenti:

x(t) = z1 ei0 t + z2 ei0 (3.20)


x(t) = A cos 0 t + B sin 0 t (3.21)
x(t) = C cos(0 t + ) = <{Cei ei0 t } (3.22)

(3.23)

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CAPITOLO 3. COMPORTAMENTO DINAMICO IN UN INTORNO DELLA POSIZIONE
DI EQUILIBRIO 45

Per i casi rappresentati dal modello di figura 3.4, la pulsazione propria 0


puo essere determinata tramite la misura della deformata della molla nelle
condizioni di equilibrio, dovuta allazione della forza peso. Nella condizioni
di equilibrio la molla ha subito, a partire della configurazione indeformata,
un allungamento
mg
st = (3.24)
k
e ricordando lespressione di 0 risulta
r r
p mg/st g
0 = k/m = = . (3.25)
m st
Lanalisi della soluzione x(t) ottenuta mette in evidenza che lampiezza
di oscillazione e costante, fissata dalle condizioni iniziali permane per un
tempo infinito una volta che loscillazione e stata innescata. Lampiezza di
oscillazione costante mette in evidenza che lenergia totale del sistema si
conserva.
Questo comportamento non corrisponde alla rilevazione sperimentale dei
fenomeni vibratori, per i quali la vibrazione, una volta innescata, si esaurisce
in un certo intervallo di tempo, dissipando tutta lenergia introdotta fissando
le condizioni iniziali di moto. Si trattera allora di inserire nel modello fino
ad ora utilizzato degli effetti dissipativi, in modo che si possa rappresentare
la riduzione dellampiezza di oscillazione libera della massa.

3.2.2 Vibrazioni smorzate


Lenergia dissipata ciclo per ciclo durante la vibrazione del sistema puo
dipendere da varie cause, puo essere funzione dello spostamento, funzione
della velocita, degli sforzi interni del materiale oppure puo dipendere da
fenomeni di isteresi. Si tratta di introdurre leffetto della dissipazione di
energia in modo conveniente nellequazione di moto 3.2, il modello che porta
alla piu semplice soluzione analitica dellequazione di moto e quello detto
dello smorzatore viscoso equivalente, il quale prevede di considerare una
forza proporzionale alla velocita di deformazione dello smorzatore in verso
opposto alla velocita di deformazione. Facendo riferimento alla figura 3.8 la
forza dissipativa risulta
F d = rx~i (3.26)
e lenergia dissipata nellunita di tempo e

Wd = F d x~i = rx2 (3.27)

Il parametro r e detto coefficiente di smorzamento ed il suo valore sara


opportunamente calcolato in modo che lo smorzatore equivalente dissipi,
per ogni ciclo di oscillazione, la stessa energia che dissipa il sistema reale
rappresentato dal modello.

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CAPITOLO 3. COMPORTAMENTO DINAMICO IN UN INTORNO DELLA POSIZIONE
46 DI EQUILIBRIO

Figura 3.8: Caratteristica e simbolo dello smorzatore viscoso equivalente

Figura 3.9: Modello smorzato per lo studio delle vibrazioni

Introducendo nel modello 3.4 uno smorzatore viscoso equivalente, in pa-


rallelo alla molla di rigidezza k come indicato nella figura 3.9, lequazione di
moto che descrive il comportamento dinamico in un intorno della posizione
di equilibrio risulta
mx + rx + kx = 0 . (3.28)
Nella scrittura dellequazione di moto leffetto della forza di smorzamento
viscoso puo essere introdotto considerando il lavoro virtuale compiuto dalle
forze dissipative per un incremento virtuale della coordinata libera, diviso
lincremento virtuale della coordinata libera, ovvero
X
F dj j . (3.29)

Nellapplicazione dellequazione di Lagrange questo contributo compare nel-


la scrittura della componente Lagrangiana della sollecitazione attiva Q .
Si osservi che la forza dissipativa introdotta e nulla nella posizione di
equilibrio e non dipende dalla coordinata libera, per cui essa non compare
nella scrittura della rigidezza equivalente.
La soluzione x(t) dellequazione differenziale 3.28 e del tipo x(t) = zet ;
sostituendola assieme alle sue derivate prima e seconda nella 3.28 si ottiene
lequazione algebrica del secondo ordine in

2 m + r + k = 0 . (3.30)

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CAPITOLO 3. COMPORTAMENTO DINAMICO IN UN INTORNO DELLA POSIZIONE
DI EQUILIBRIO 47
x(t)

xt0 = 1, xt0 = 0
xt0 = 1, xt0 = 20
xt0 = 1, xt0 = 80

Figura 3.10: Risposte con indice di smorzamento h = 2

Dividendo ambo i membri dellequazione per m si ottiene

2 + 2h0 + 02 = 0 (3.31)

in cui al rapporto r/m si e sostituito lespressione


r 2r0
= = 2h0 . (3.32)
m 2m0
Il parametro
r r
= h= (3.33)
2m0 rc
e detto indice di smorzamento ed e definito come il rapporto fra il coefficiente
di smorzamento equivalente ed in coefficiente di smorzamento critico rc =
2m0 .
Le soluzioni dellequazione algebrica 3.31 sono espresse dalla relazione
q p
1,2 = h0 h2 02 02 = 0 h h2 1 (3.34)

e possono essere, in funzione del valore di h, reali distinte, reali coincidenti


o complesse coniugate.
p
h > 1 soluzioni reali distinte 1,2 = 0 h |h2 1| :
La soluzione
x(t) = z1 e1 t + z2 e2 t
dellequazione di moto ha 1 < 0 , 2 < 0; e allora la somma
di due funzioni esponenziali decrescenti. Qualsiasi sia il valore delle

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CAPITOLO 3. COMPORTAMENTO DINAMICO IN UN INTORNO DELLA POSIZIONE
48 DI EQUILIBRIO

x(t)

xt0 = 1, xt0 = 0
xt0 = 1, xt0 = 20
xt0 = 1, xt0 = 80

Figura 3.11: Risposte con smorzamento critico

condizioni iniziali che fissano le costanti complesse z1 , z2 , il moto


della massa non potra mai essere oscillatorio, non potranno percio
mai nascere delle vibrazioni. Imponendo le condizioni iniziali 3.3, si
ottiene
xt0 2 + xt0 1 t xt 1 xt0 2 t
x(t) = e + 0 e (3.35)
2
20 h 1 20 h2 1
La figura 3.10 presenta landamento di x(t) per tre diverse condizioni
iniziali.
h = 1 soluzioni reali coincidenti 1,2 = 0 h:
In questo caso e h = 1, ovvero il coefficiente di smorzamento coincide
con il coefficiente di smorzamento critico, r = rc . La soluzione x(t) e
allora rappresentata dalla forma generale
x(t) = (A + Bt) e0 t (3.36)
in cui le costanti A e B devono essere determinate imponendo le
condizioni iniziali 3.3, si ottiene
x(t) = [xt0 + (xt0 + 0 xt0 )t] e0 t . (3.37)
La risposta in condizioni di smorzamento critico e quella che permette
di raggiungere la posizione di equilibrio nel minor tempo senza oscil-
lazioni, al massimo attraversando una volta la posizione di equilibrio.
La figura 3.11 presenta la risposta per tre diverse condizioni iniziali.
Si osserva che solo per condizioni iniziali che prevedono velocita verso
la posizione di equilibrio lo spostamento x e tale per cui si oltrepassa
la posizione x = 0 di equilibrio.

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CAPITOLO 3. COMPORTAMENTO DINAMICO IN UN INTORNO DELLA POSIZIONE
DI EQUILIBRIO 49

h < 1 soluzioni complesse coniugate 1,2 = 0 h i 1 h2 :
Indicando con p
1 = 0 1 h2 (3.38)
la soluzione dellequazione di moto risulta

x(t) = z1 e(h0 +i1 )t + z2 e(h0 i1 )t = eh0 t z1 ei1 t + z2 ei1 t
(3.39)
Ricordando lo sviluppo della 3.9 la soluzione dellequazione di moto
puo essere espressa nelle forme

x(t) = eh0 t (A cos 1 t + B sin 1 t) (3.40)

x(t) = eh0 t C cos(1 t + ) (3.41)


in cui le costanti A e B o C e devono essere determinate imponendo
le condizioni iniziali 3.3, ad esempio per la 3.40 si ottiene

xt 0 hxt0
x(t) = eh0 t xt0 cos 1 t + 0 sin 1 t (3.42)
1

La soluzione x(t) e espressa come il prodotto di due funzioni: La pri-


ma e un esponenziale descrescente eh0 t

eh0 t

t
mentre la seconda rappresenta un moto armonico A cos 1 t+B sin 1 t,
quindi di periodo T1 = 2/1

A cos 1 t + B sin 1 t

Il prodotto fra le due porta allora ad una soluzione oscillante la cui


ampiezza via via si riduce con il passare del tempo.

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CAPITOLO 3. COMPORTAMENTO DINAMICO IN UN INTORNO DELLA POSIZIONE
50 DI EQUILIBRIO

eh0 t (A cos 1 t + B sin 1 t)

Il periodo di oscillazione T1 dipende essenzialmente da m e k , la


velocita con cui le oscillazioni si smorzano dipende dal coefficiente di
smorzamento r e dalla massa m , infatti h0 = r /(2m ).

Considerazioni sullindice di smorzamento - Decremento logarit-


mico
Leffetto dellindice di smorzamento h sulla riduzione dellampiezza di oscil-
lazione puo essere valutato considerando il rapporto fra lampiezza di oscil-
lazione di due periodi consecutivi (figura 3.12). Indicando con xa0 lam-
piezza di oscillazione del primo periodo e con xa1 lampiezza di oscillazione
del periodo successivo, in questo caso il secondo, si definisce decremento
logaritmico lespressione
xa
= ln 0 . (3.43)
xa1
La misura delle ampiezze di oscillazione xa0 e xa1 viene eseguita in due
istanti di tempo che distano fra di loro un intervallo di tempo T1 , pari al
periodo di oscillazione. Indicando con t il tempo in cui si misura lampiezza
di oscillazione xa0 e ricordando la 3.40 risulta
x(t) h2
= ln = ln eh0 T1 = h0 T1 = . (3.44)
x(t + T1 ) 1 h2
Se si considera il rapporto fra ampiezze di oscillazione la cui distanza e
pari ad un numero n di periodi di oscillazione
xa xa xa xa
ln 0 = ln 0 + ln 1 + . . . + ln n1 (3.45)
xan xa1 xa2 xan
risulta allora
x a0 h2
= n = n
ln . (3.46)
xan 1 h2
Da questultima espressione si ottiene una semplice relazione che lega
il numero di periodi di oscillazioni n necessari affinche lampiezza di oscil-
lazione si dimezzi, e lindice di smorzamento h. Infatti considerando nella
3.46 ln xa0 /xan = ln 2, ed ipotizzando h << 1, si ottiene
ln 2 = nh2 nh ' 0.11 . (3.47)

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CAPITOLO 3. COMPORTAMENTO DINAMICO IN UN INTORNO DELLA POSIZIONE
DI EQUILIBRIO 51
x(t)

xa0

xa1
xa2
x a3
t

Figura 3.12: Calcolo decremento logaritmico

La figura 3.13 rappresenta il legame fra n e h nel caso in cui n periodi


di oscillazione portino al dimezzamento dellampiezza di oscillazione.

3.3 Rigidezza degli elementi elastici


Nei modelli introdotti, la rigidezza lineare degli elementi elastici meccanici
e stata indicata con k, tale che

Fe = kl ,

in cui l e deformazione dellelemento elastico. Pochi solo gli elemen-


ti meccanici che mettono in evidenza un comportamento elastico lineare,
in generale landamento della reazione esercitata dellelemento meccanico
in funzione della sua deformazione ha un andamento non lineare come ad
esempio rappresentato in figura 3.14. Nello studio delle vibrazioni si e inte-
ressati allanalisi del comportamento dinamico in un intorno della posizione
di equilibrio, ad esempio quella indicata con A nella figura, per ricondur-
re il problema allo studio di un sistema lineare. In questintorno e allora
possibile considerare una linearizzazione del comportamento elastico del-
lelemento meccanico, ed utilizzare quindi la pendenza della tangente alla
curva forza-deformazioni nel punto A, rappresentata dal parametro K di
figura.
La rigidezza lineare K introdotta tiene conto della cedevolezza del siste-
ma in studio, ed il modello in cui viene inserita e tanto piu rappresentativo
del sistema effettivo tanto piu la massa della parte elastica e piccola rispet-
to alla massa equivalente concentrata in un determinato punto. La tabella

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CAPITOLO 3. COMPORTAMENTO DINAMICO IN UN INTORNO DELLA POSIZIONE
52 DI EQUILIBRIO

n
25

20

15

10

0 h
0 0.01 0.02 0.03 0.04 0.05 0.06 0.07 0.08 0.09 0.1
Figura 3.13: Numero n di periodi dopo i quali lampiezza di oscillazione si
dimezza, in funzione dellindice di smorzamento h

3.1 indica le rigidezze di alcuni elementi meccanici valutata per piccoli spo-
stamenti lineari o torsionali in un intorno della posizione indicata. Tale
valore di rigidezza puo essere efficacemente utilizzato per tutti quei modelli
nei quali la massa dellelemento elastico e molto piu piccola rispetto alla
massa ad esso collegata. Se questa condizione non e verificata, nello studio
delle vibrazioni si dovra tenere conto anche della massa distribuita lungo
lelemento elastico. Nella tabella si e indicato con I il momento dinerzia
della sezione rispetto allasse neutro, mentre con Jp il momento polare della
sezione. La tabella 3.2 indica le espressioni di I e JP per alcune semplici
sezioni.

Figura 3.14: Caratteristica non lineare forza/deformazioni

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CAPITOLO 3. COMPORTAMENTO DINAMICO IN UN INTORNO DELLA POSIZIONE
DI EQUILIBRIO 53

Elementi elastici attraversati dalla stessa forza F sono detti in serie


(figura 3.15), in tal caso la deformata di ciascun elementoPelastico e i =
F/ki , mentre la rigidezza equivalente e tale per cui F = keq i ; la costante
elastica equivalente risulta allora
1 X 1
= . (3.48)
keq ki

Elementi elastici che subiscono la stessa deformazione sono detti in pa-


rallelo. (figura 3.15), In questa circostanza la forza dovuta a ciascun ele-
mento elastico
P e Fi = ki , mentre la rigidezza equivalente e tale per cui
keq = Fi , e risulta
X
keq = ki . (3.49)

Figura 3.15: Rigidezze in serie ed in parallelo

3.3.1 Esempi
Pendolo torsionale

Figura 3.16: Pendolo torsionale

Il pendolo torsionale di figura 3.16 e costituito da due alberi, le cui


caratteristiche geometriche sono riportate in figura, uno consecutivo allal-
tro, che collegano un volano simmetrico ed omogeneo di massa M , e dia-
metro D a terra. Il volano e allora caratterizzato dal momento dinerzia
2
J = M d8 [ kgm2 ]. Gli alberi hanno massa trascurabile rispetto a quella

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CAPITOLO 3. COMPORTAMENTO DINAMICO IN UN INTORNO DELLA POSIZIONE
54 DI EQUILIBRIO

del volano, percio costituiscono due rigidezza concentrate poste in serie,


rispettivamente
GJp1 GJp2
k1 = , k1 =
l1 l2
in cui G e il modulo di elasticita tangenziale del materiale costituende gli
alberi. Nellinsieme il pendolo torsionale e allora rappresentabile come una
rigidezza torsionale equivalente
k1 k2
kt =
k1 + k2
che vincola il volano a terra. Considerando la coordinata che descrive la
rotazione del volano, lequazione di moto in un intorno della posizione di
equilibrio e allora
J + kt = 0 .

Verricello

Figura 3.17: Verricello

La figura 3.17 rappresenta un verricello posto allestremita di una men-


sola incastrata. La mensola ha sezione rettangolare uniforme come indicato
in figura, lunghezza l1 . La massa della mensola e quella del tamburo del
verricello sono trascurabili rispetto a alla massa M del carico trattenuto dal
verricello. La fune utilizzata per tenere sospeso il carico ha diametro d e,
per la configurazione analizzata, e svolta per un tratto l2 dal tamburo.
La rigidezza vista dal carico M e quella dovuta alla flessione della men-
sola incastrata e alla deformazione della fune che sorregge il carico. Con-
siderando solo leffetto di abbassamento dellestremo libero della mensola,
dovuto ad un carico concentrato applicato allestremita della mensola, la
rigidezza dovuta alla mensola e
EI E bh3
k1 = 3 = 3 [ N/m] .
l13 l13 12

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CAPITOLO 3. COMPORTAMENTO DINAMICO IN UN INTORNO DELLA POSIZIONE
DI EQUILIBRIO 55

La rigidezza dovuta alla cedevolezza della fune e invece

EA Ed2 /4
k2 = = [ N/m] .
l2 l2
Queste due rigidezze sono fra loro poste in serie, per cui sono equivalenti ad
una rigidezza
k1 k2
kl = .
k1 + k2
Lequazione di moto in un intorno della posizione di equilibrio e allora

M x + kl x = 0

in cui x descrive labbassamento del carico.

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CAPITOLO 3. COMPORTAMENTO DINAMICO IN UN INTORNO DELLA POSIZIONE
56 DI EQUILIBRIO

EA
l

Gd4
64nR3

3EI
l3

3EIl
a2 b2

GJp
l

12EI
l3

24EI
l3

Tabella 3.1: Rigidezza in un intorno della posizione indeformata di alcuni


elementi meccanici

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CAPITOLO 3. COMPORTAMENTO DINAMICO IN UN INTORNO DELLA POSIZIONE
DI EQUILIBRIO 57

d4 d4
Ix = 64 , Jp = 32

bh3
Ix = 12

Tabella 3.2: Momenti dinerzia per sezioni semplici

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CAPITOLO 3. COMPORTAMENTO DINAMICO IN UN INTORNO DELLA POSIZIONE
58 DI EQUILIBRIO

appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Universita di Bergamo
Capitolo 4

Sistemi ad un grado di
liberta forzato

Nel caso in cui siano applicate delle forze variabili nel tempo, come pre-
sentato in figura 4.1, il sistema e detto forzato. Questa e una situazione
abituale in una grande classe di dispositivi meccanici. Si pensi ad esempio
alle forze applicate al telaio di un veicolo dal motore, alle forze esercita-
te da masse eccentriche rotanti, ecc. Leffetto introdotto dalla forza F (t)
sul moto del sistema, e quindi sulla deformazione delle parti elastiche, ri-
sultera essere funzione sia dellintesita della forza sia del sua variabilita in
funzione del tempo. Si cerchera di introdurre una metodologia sistematica
per lapproccio a questo tipo di problemi, ed in particolare faremo sempre
riferimento a sistemi lineari o linearizzati in un intorno della posizione di
equilibrio. Come visto nel capitolo 3, lequazione di moto per questo tipo di
sistemi e descritta da unequazione differenziale ordinaria del II ordine.
Per generalita si prendera in considerazione una forzante di tipo sinu-
soidale, come mostrato in figura 4.1, con espressione generale F0 sin t,
in cui F0 e lampiezza della forza generalizzata applicata, con andamento
sinusoidale di periodo T = 2/.
I risultati che otterremo si potranno estendere a tutti i tipi di forzanti, in
quanto esse possono essere espresse come somma di funzioni sinusoidali per
mezzo della serie di Fourier. Facendo riferimento a sistemi lineari la risposta
complessiva risultera allora la somma delle risposte dovute ai singoli termini
dello sviluppo in serie di Fourier.
Si cerchera di mettere in evidenza il rapporto fra la variazione st che
subirebbe la coordinata libera se venisse applicata una forza costante di
modulo F0 , e lampiezza di oscillazione in un intorno della posizione di
equilibrio dovuta allapplicazione della forzante F (t) = F0 sin t.

59
60 CAPITOLO 4. SISTEMI AD UN GRADO DI LIBERTA FORZATO

Figura 4.1: Modello per lo studio delle vibrazioni forzate

4.1 Forzanti armoniche


Facendo allora riferimento al sistema rappresentato in figura 4.1, lequazione
di moto che ne descrive il comportamento dinamico in un intorno della
posizione di equilibrio e

mx+rx + kx = F0 sin t (4.1)

Questa equazione di moto rappresenta anche il caso generale di un sistema


ad 1gdl linearizzato in un intorno della posizione di equilibrio

m +r + k = F0 sin t (4.2)

in cui rappresenta lo scostamento in un intorno della posizione di equili-


brio.
Lequazione differenziale del II ordine non omogenea 4.1, ha soluzione
generale
xg (t) = xo (t) + xp (t) (4.3)
in cui xo (t) e la soluzione dellequazione omogenea associata, ovvero

mx+rx + kx = 0 (4.4)

gia discussa nel paragrafo 3.2.2, mentre xp (t) e un integrale particolare


dellequazione differenziale 4.1, la cui espressione dipende dal termine noto.
Per quanto riguarda lintegrale xo (t) dellequazione differenziale omoge-
nea associata, si osserva che per indici di smorzamento h diversi da zero, il
moto descritto da xo (t) tende, per qualsiasi condizione iniziale imposta, ad
annullarsi dopo un certo intervallo di tempo, dipendente essenzialmente dal
coefficiente di smorzamento r .

appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Universita di Bergamo
CAPITOLO 4. SISTEMI AD UN GRADO DI LIBERTA FORZATO 61

3
xo (t)
2 xp (t)
xg (t)

0 t

0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2 1.4


-1

-2

-3

Figura 4.2: Componenti dellintegrale generale, per h = 0.1, condizioni


iniziali nulle

Al termine di tale intervallo la risposta xg (t) cercata dipendera esclusiva-


mente dallintegrale particolare xp (t) in quanto xo (t) si e ormai annullato.
Questa condizione viene allora indicata come la risposta di regime, che e
quindi unicamente descritta dallintegrale particolare xp (t).
Per equazioni differenziali del tipo 4.1 lintegrale particolare assume la
forma
xp (t) = D sin(t + ) , (4.5)
lintegrale generale risulta allora

xg (t) = xo (t) + xp (t) = eh0 t (A cos 1 t + B sin 1 t) + D sin(t + ) (4.6)

in cui le costanti A e B dipendono dalle condizioni iniziali. La figura 4.2 mo-


stra, per condizioni iniziali nulle, landamento dellintegrale dellomogenea
associata xo (t), dellintegrale particolare xp (t) e dellintegrale generale. Si
osserva che dopo un certo intervallo di tempo, necessario affinche xo (t) abbia
ampiezze trascurabili, lintegrale generale coincide con quello particolare.
Per la determinazione dellampiezza e dello sfasamento dellintegrale par-
ticolare, si tenga conto che, essendo esso una soluzione dellequazione diffe-
renziale, la deve soddisfare. Sostituendo allora nella 4.1 xp (t) e le sue due
prime derivate
xp (t) = D cos(t + )
(4.7)
xp (t) = D2 sin(t + )
si sostituite

mD2 sin(t + ) + rD cos(t + ) + kD sin(t + ) = F0 sin t (4.8)

appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Universita di Bergamo
62 CAPITOLO 4. SISTEMI AD UN GRADO DI LIBERTA FORZATO

mD2 = mx

rD = r x

F0

kD = kx

Figura 4.3: Equilibrio dinamico per un sistema forzato


mD2 sin(t+)+rD sin( +t+)+kD sin(t+) = F0 sin t (4.9)
2
La relazione 4.9 esprime lequilibrio dinamico del sistema 4.1 come chiu-
sura vettoriale delle forze che partecipano allequilibrio. Il poligono di forze
risultante ruota con velcocita (termine che compare in tutti gli addendi
della 4.9), mentre la configurazione del poligono dipende da D (ampiezza
di oscillazione dellintegrale particolare) e dallo sfasamento della risposta
xp (t) rispetto alla forzante F (t).
La figura 4.3 presenta lequilibrio dinamico del sistema forzato. Si os-
serva che prese positive le rotazioni antiorarie, langolo risulta negativo,
quindi loscillazione xp (t) e ritardata dellangolo rispetto alla forzante. La
forza elastica e parallela allo spostamento, quindi di modulo kD; la forza
dissipativa di ampiezza rD e sempre ortogonale alla forza elastica, mentre
la forza dinerzia di modulo mD2 ha verso opposto rispetto alla risposta.
La chiusura vettoriale indicata, essendo note le direzioni relative dei
vettori, permette la determinazione dellampiezza D della risposta di regime
e dello sfasamento . Dalla chiusura vettoriale si determina

F02 = (kD mD2 )2 + (rD)2 , (4.10)

da cui, con semplici passaggi, si ottiene


F0 1
D= p (4.11)
k (1 a )2 + (2ah)2
2

dove a = /0 . Lampiezza di oscillazione della risposta e, a parita di am-


piezza F0 della forzante, funzione dellindice di smorzamento h e del coef-
ficiente a, rapporto fra la pulsazione della forzante e la pulsazione propria
0 del sistema.
Analogamente e possibile determinare lo sfasamento
2ah
= arctan . (4.12)
(1 a2 )

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CAPITOLO 4. SISTEMI AD UN GRADO DI LIBERTA FORZATO 63
|Cd |
100

10

0.1
/0
0 0.5 1 1.5 2 2.5 3

Figura 4.4: Coefficiente di amplificazione dinamica Cd , per h =


0.01, 0.05, 0.1, 0.25, 0.5

Dalla relazione 4.11 si osserva che lampiezza di oscillazione della risposta


xp (t) cercata (ovvero la deformata massima della parte elastica), puo essere
messa in relazione con la deformata della parte elastica dovuta ad un carico
costante di intensita F0 . In questa circostanza infatti risulta st = F0 /k.
Il rapporto fra lampiezza D della deformata dovuta alla forzante F0 sin t
e la deformata st in condizioni statiche, prende il nome di coefficiente di
amplificazione dinamica.
D 1
Cd = =p (4.13)
F0 /k (1 a )2 + (2ah)2
2

La figura 4.4 riporta landamento del coefficiente di amplificazione dina-


mica Cd al variare di a = /0 e dellindice di smorzamento h. Analizzando
la 4.13 si possono trarre le seguenti considerazioni:
Per valori di a << 1, Cd tende allunita indipendentemente dal valore
di h, ad indicare il fatto che lampiezza di oscillazione D della risposta
di regime e paragonabile alla deformata statica st . Questa zona di
funzionamento e allora detta di comportamento quasi statico ed il
confronto fra queste due situazioni di carico e riportato in figura 4.5.
Per valori di a 1, Cd assume valori maggiori dellunita, in funzione
del valore di h. Laumento del coefficiente Cd indica che lampiezza
di oscillazione D della risposta di regime e maggiore della deformata
statica st , ed e tanto maggiore quanto piu h e basso e tanto piu a e
prossimo allunita. Si osservi che a = 1 indica che il periodo T = 2/

appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Universita di Bergamo
64 CAPITOLO 4. SISTEMI AD UN GRADO DI LIBERTA FORZATO

Figura 4.5: Confronto fra la condizione di carico statica e dinamica per


a << 1

Figura 4.6: Confronto fra la condizione di carico statica e dinamica per


a 1 e h = 0.1

della forzante coincide con il periodo T0 = 2/0 , caratteristico del


sistema non smorzato. Questa condizione di funzionamento e indicata
come di risonanza, ed e una situazione operativa che porta a defor-
mazioni, e quindi a forze scaricate a terra, che possono essere molto
piu grandi di quelle dovute a forze della stessa intensita ma applicate
in condizioni statiche. Il confronto fra le condizioni di carico statico e
dinamico di risonanza sono riportate in figura 4.6 per h = 0.1. In tali
condizioni il valore massimo di Cd e circa 5, quindi nelle condizioni
di regime si ottengono ampiezze di oscillazione 5 volte la deformata
statica st . Si ricorda che un indice di smorzamento h = 0.1 e stato in-
dicato come elevato, infatti porta ad oscillazioni libere la cui ampiezza
si dimezza (vedi equazione 3.47) per ogni periodo di oscillazione.
In dettaglio, lespressione 4.13 presenta un massimo per
p
aCd ,max = 1 2 h2 (4.14)
a cui corrisponde un valore massimo
1 1 1
Cd,max = ' . (4.15)
2h 1h 2 2h

appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Universita di Bergamo
CAPITOLO 4. SISTEMI AD UN GRADO DI LIBERTA FORZATO 65


0
/0
-20
h
-40
-60
-80
-100
-120
-140
-160
-180
0 0.5 1 1.5 2 2.5 3

Figura 4.7: Sfasamento , per h = 0.01, 0.05, 0.1, 0.25, 0.5

Il massimo si ha percio in prossimita di a = 1, e si presenta in anticipo


rispetto a questo valore allaumentare di h. La posizione del massimo
e rappresentata con linea tratteggiata nella figura 4.4. Si osservi che
per h = 0.5 il valore massimo di Cd e circa 1, ad indicare che lef-
fetto dellamplificazione delle oscillazioni in condizioni di risonanza e
notevolmente ridotto per indici di smorzamento h > 0.5.

Per valori di a >> 1, Cd tende a zero indipendentemente dal valore di


h, ad indicare il fatto che lampiezza di oscillazione D della risposta
di regime tende ad annullarsi. Questa zona di funzionamento e detta
di comportamento sismografico.

Lo sfasamento della risposta e riportato in figura 4.7 in funzione di


a e dellindice di smorzamento h. Esso diminuisce allaumentare a, risulta
= 90 per a = 1 indipendentemente da h, e tende al valore di 180
per a >> 1.
Landamento dello sfasamento mette in rilievo che la forma del poligo-
no di forze 4.3 cambia in funzione di a. La figura 4.8 mostra la condizione di
equilibrio per le tre condizioni di funzionamento analizzate. Si puo osservare
che:

a << 1
La forzante F0 e equilibrata prevalentemente dalla forza elastica. In-
fatti 0 e la risposta xp (t) e poco sfasata rispetto alla forzante;

a1
La forzante F0 e equilibrata dalla forza dissipativa. In questo caso

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66 CAPITOLO 4. SISTEMI AD UN GRADO DI LIBERTA FORZATO
mx

r x
mx

r x
F0
F0
kx kx r x
mx
kx

F0

Figura 4.8: Equilibrio dinamico per un sistema forzato. Da sinistra a destra


a < 1, a = 1, a > 1, h = 0.4

90 , la derivata prima xp (t) della risposta e allora poco sfasata


rispetto alla forzante;

a >> 1
La forzante F0 e equilibrata dalla forza dinerzia. In questo caso
180 , la derivata seconda xp (t) della risposta e poco sfasata rispetto
alla forzante.

Le tre condizioni di equilibrio presentate in 4.8 sono determinate per i valori


di a riportati nelle figura 4.9.

|Cd |
1.4 a b c

1.2
1
0.8
0.6
0.4
0.2
0
/0
0 0.5 1 1.5 2 2.5 3 3.5 4 4.5

Figura 4.9: Valori di a per i quali si sono valutati gli equilibri dinamici di
figura 4.8, per h = 0.4

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CAPITOLO 4. SISTEMI AD UN GRADO DI LIBERTA FORZATO 67

Figura 4.10: Dispositivi generatori di forzanti periodiche

4.2 Forze dinerzia rotanti ed alternate


In ambito industriale e civile esistono parecchi esempi di dispositivi in grado
di generare forzanti periodicamente variabili come quelli fino ad ora analiz-
zate. Fra questi, quelli piu diffusi sono le macchine rotanti con rotori sbi-
lanciati, ovvero con massa non uniformemente distribuita rispetto allasse
di rotazione, ed i motori a combustione interna (figura 4.10).
Considerando ad esempio la macchina rotante sbilanciata di figura 4.11,
appoggiata su di una trave uniforme cedevole, di massa trascurabile rispetto
alla macchina rotante. Lo studio dinamico nella direzione verticale e ricon-
ducibile al modello ad un grado di liberta indicato in figura; e la velocita
di rotazione dellasse della macchina, k = 48EI/l3 e la rigidezza dovuta alla
cedevolezza della trave, M1 e la massa del telaio della macchina rotante, m
e la massa non bilanciata del rotore, e e leccentricita della massa non bi-
lanciata m rispetto allasse di rotazione ed r il coefficiente di smorzamento.
Indicando con x lo spostamento verticale del telaio, corrispondente al movi-
mento verticale del centro della trave, e con y = x + e sin t lo spostamento
verticale della massa m, lequazione di moto in un intorno della posizione
di equilibrio risulta

(m + M1 )x+rx + kx = M x+rx + kx = me2 sin t (4.16)

in cui M = M1 + m e la massa totale della macchina rotante.


Lequazione di moto 4.16 e analoga alla 4.1, e mette quindi in evidenza
che lo sbilanciamento del rotore genera una forzante sinusoidale di ampiezza
F0 = me2 , ovvero leffetto di una forza dinerzia rotante come quella ora
analizzata e riconducibile a quello dovuto ad una forzante esterna applicata
alla macchina rotante.
Lo spostamento verticale x della macchina rotante nelle condizioni di
regime, e allora determinabile con le relazioni gia viste, risulta x(t) =

appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Universita di Bergamo
68 CAPITOLO 4. SISTEMI AD UN GRADO DI LIBERTA FORZATO

Figura 4.11: Macchina rotante sbilanciata su trave di massa trascurabile

D sin(t + ) con
F0 1 me2 1
D= p = p (4.17)
k (1 a2 )2 + (2ah)2 k (1 a2 )2 + (2ah)2
da cui moltiplicando numeratore e denominatore per M si ottiene
me 2 1
D= a p (4.18)
M (1 a )2 + (2ah)2
2

e
DM a2
=p . (4.19)
me (1 a2 )2 + (2ah)2
Lo sfasamento della risposta rispetto alla forzante conserva invece lespres-
sione gia trovata
2ah
= arctan . (4.20)
(1 a2 )
Lampiezza delloscillazione D della macchina rotante rapportata a me/M
e indicata in figura 4.12; risulta nulla per a = 0, cresce, mantenendosi limita-
ta grazie lo smorzamento, fino al raggiungimento della zona di risonanza,per
poi decrescere avvicinandosi asintoticamente al valore unitario.
Per a >> 1 il movimento verticale del telaio della macchina rotante e
sfasato di rispetto al movimento verticale della massa sbilanciata, ed ha
unampiezza D tale per cui il baricentro della macchina rotante, dovuto al
contributo della massa M1 e m, ha una posizione costante.

4.3 Eccitazione per spostamento del vincolo


impresso
Nel paragrafo 4.2 si e messo in evidenza come in ambiti applicativi esista-
no dispositivi in grado di generare forzanti con andamento periodico, che

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CAPITOLO 4. SISTEMI AD UN GRADO DI LIBERTA FORZATO 69
M D/me
100

10
h

0.1

0.01
/0
0 0.5 1 1.5 2 2.5 3

MD
Figura 4.12: me , per h = 0.01, 0.05, 0.1, 0.25, 0.5

Figura 4.13: Eccitazione per spostamento del vincolo imposto

possono porre in vibrazione il sistema a cui sono applicate. La vibrazione


generata puo essere tale per cui si pone in oscillazione anche il vincolo di
un altro sistema vibrante posto in prossimita, come illustrato nella figura
4.13. Questa situazione viene indicata come eccitazione per spostamento
del vincolo imposto. Si tratta allora di determinare il movimento verticale
della massa m in funzione delle caratteristiche dello spostamento impresso
al vincolo. Lo spostamento y del vincolo considerato e di tipo sinusoidale,
caratterizzato dallampiezza Y0 e della pulsazione , quindi y(t) = Y0 sin t.
Dallequilibrio dinamico alla traslazione verticale si ottiene

mx + r(x y) + k(x y) = 0 (4.21)

da cui si ottiene lequazione di moto

mx+rx + kx = rY0 cos t + kY0 sin t = F (t) (4.22)

appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Universita di Bergamo
70 CAPITOLO 4. SISTEMI AD UN GRADO DI LIBERTA FORZATO

Figura 4.14: Forza applicata per lo spostamento del vincolo impresso

Questa equazione rivela che lo spostamento del vincolo imposto e equi-


valente ad una forzante F (t) = rY0 cos t + kY0 sin t funzione dello spo-
stamento impresso al vincolo (y, y) e di k, r. La forzante F (t) risulta la
somma di due funzioni sinusoidali sfasate fra di loro di 90 (cos = sin( +
pi/2)). Analizzando la figura 4.14, la forzante puo essere rappresentata dalla
relazione
p
F (t) = Y0 k 2 + (r)2 sin(t + ) = F0 sin(t + ) (4.23)

in cui
r
tan =
tan = 2ah . (4.24)
k
Lequazione di moto 4.22 diventa allora
p
mx+rx + kx = Y0 k 2 + (r)2 sin(t + ) (4.25)

del tutto analoga a quella vista per i sistemi forzati, in cui ora la forzante ha
uno sfasamento al tempo t = 0. Il moto imposto al vincolo si traduce allora
in una forzante di modulo F0 dipendente dallampiezza dello spostamento
impresso e da k, r e di pulsazione coincidente con quella del movimento
del vincolo.
La risposta di regime e allora facilmente determinabile con le relazioni
gia viste, risulta
x(t) = D sin(t + + ) , (4.26)
analoga alla 4.5 a cui si e aggiunto lo sfasamento iniziale della forzante.
Lampiezza di oscillazione D risulta
p
F0 1 Y0 k 2 + (r)2 1
D= p = p
k 2 2
(1 a ) + (2ah) 2 k (1 a )2 + (2ah)2
2

(4.27)

appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Universita di Bergamo
CAPITOLO 4. SISTEMI AD UN GRADO DI LIBERTA FORZATO 71

TR
100

10
h

0.1

0.01
/0
0 1 2 3 4 5

Figura 4.15: Trasmissibilita, per h = 0.01, 0.05, 0.1, 0.25, 0.5

e quindi p
1 + (2ah)2
D = Y0 p = Y0 TR . (4.28)
(1 a2 )2 + (2ah)2
Questa equazione mette in relazione lampiezza Y0 dello spostamento im-
presso al vincolo con lampiezza D delloscillazione della massa, il rapporto
D/Y0 fra le due ampiezze, e detto trasmittibilita e viene indicata con TR .
La figura 4.15 mostra landamento della trasmissibilita in funzione del rap-
porto a = /0 e dellindice di smorzamento h. La trasmissibilita risulta
unitaria per a = 0, si amplifica nella zona di risonanza, per poi decrescere e
tendere asintoticamente
a 0 per a . La trasmissibilita
risulta unitaria
per a = 2, risulta sempre minore di 1 per a > 2, indipendentemente
dallindice di smorzamento h.
Lo sfasamento della risposta x(t) rispetto allo spostamento del vincolo
imposto risulta = + , ed e tale per cui
tan tan
tan() = tan( + ) = , (4.29)
1 + tan tan
da cui ricordando che tan = 2ah/(1 a2 ) si ottiene
2a3 h
tan() = tan( + ) = (4.30)
1 a2 + (2ah)2
un cui il segno indica che la risposta e in ritardo rispetto allo spostamento
imposto al vincolo. La figura 4.16 mostra landamento dello sfasamento della
risposta in funzione della pulsazione dello spostamento del vincolo imposto
e dellindice di smorzamento.

appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Universita di Bergamo
72 CAPITOLO 4. SISTEMI AD UN GRADO DI LIBERTA FORZATO


0
/0
-20
h
-40
-60
-80
-100
-120
-140
-160
-180
0 1 2 3 4 5

Figura 4.16: Fase della risposta per spostamento del vincolo imposto, per
h = 0.01, 0.05, 0.1, 0.25, 0.5

4.4 Forze trasmesse


Nellanalisi della risposta di regime di un sistema forzato (figure 4.1) risulta
di interesse la determinazione della forza trasmessa verso il vincolo fisso
(terra), forza dovuta alla deformazione della rigidezza k e dallo smorzatore
r.

Figura 4.17: Forza trasmessa a terra

La forza Ft trasmessa a terra dipendera allora dal moto di regime della


massa m, descritta dallequazione 4.5, risultara quindi

Ft (t) = kD sin(t + ) + rD cos(t + ) , (4.31)

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CAPITOLO 4. SISTEMI AD UN GRADO DI LIBERTA FORZATO 73

in cui lampiezza di oscillazione D e determinabile dalla relazione 4.11.


La forza trasmessa a terra dipende dalla somma di due funzione trigo-
nometriche fra di loro ortogonali, e puo essere anche espressa nella forma

Ft (t) = kD sin(t + ) + rD sin(t + + /2) , (4.32)

per cui risulta la somma delle componenti lungo lasse delle ordinate della
forza elastica, di modulo kD e fase t + , e della forza dissipativa, di
modulo rD e fase t + + /2, come rappresentato in figura 4.17. La
stessa figura mostra che la forza trasmessa
e la proiezione lungo lasse delle
ordinate della forza Ft di modulo D k 2 + 2 r2 e fase t + + , in cui
e tale per cui tan = r/k = 2ah.
Ricordando la 4.11 il modulo della forza trasmessa a terra e allora,
p F0 1 p
Ft = D k 2 + 2 r2 = p k 2 + 2 r 2 (4.33)
k (1 a2 )2 + (2ah)2
p
1 + (2ah)2
Ft = F0 p . (4.34)
(1 a2 )2 + (2ah)2
Questultima relazione mostra che il modulo della forza trasmessa a terra
dipende dal modulo F0 della forzante e dalla trasmissibilita gia introdotta
nel paragrafo 4.3. Il rapporto Ft /F0 fra il modulo della forza trasmessa
ed il modulo della forzante e allora la trasmissibilita, per cui e possibile
trasmettere a terra una forza minore della forzante solo se la trasmissibilita
e < 1. Landamento della trasmissibilita e riportato in figura 4.15, per cui
si trasmette verso terra una forza minore della forzante di pulsazione solo
se la pulsazione propria 0 del sistema e tale per cui

a= > 2. (4.35)
0
La figura 4.18 mostra con linea tratteggiata la forza trasmessa a terra per
le tre zone di funzionamento: statico, di risonanza e sismografico. Il modulo
della forza trasmessa diminuisce in modo marcato per valori di a > 1, in
accordo allandamento della trasmissibilita rappresentato nella figura 4.15.
Da questanalisi risulta allora che il problema di limitare le forze scari-
cate a terra da un sistema forzato coincide con il problema di limitare le
oscillazioni di un sistema forzato per spostamento del vincolo imposto.

4.5 Isolamento dalle vibrazioni


Nei paragrafi 4.3 e 4.4 e stato messo in evidenza come i problemi della
riduzione delle vibrazioni dovute al movimento del vincolo e della riduzione
delle forze trasmesse verso terra da un sistema forzato, si riconducono dal

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74 CAPITOLO 4. SISTEMI AD UN GRADO DI LIBERTA FORZATO
mx

mx

r x
r x

F0 F0
r x
kx kx mx

kx

F0

Figura 4.18: Forza trasmessa a terra (tratteggiata). Da sinistra a destra


a < 1, a = 1, a > 1, h = 0.4

punto di vista analitico alla limitazione della trasmissibilita TR al di sotto


dellunita,
imponendo quindi delle condizioni operative tali per cui a =
/0 > 2.
Dal punto di vista applicativo questo comporta allora lintroduzione di
opportuni dispositivi meccanici, detti isolatori, il cui compito, per una de-
terminata pulsazione della forzante o dello spostamento del vincolo, e
quello di imporre le condizioni di funzionamento in modo che la trasmissibi-
lita TR sia opportunamente limitata. Gli isolatori a cui si fa riferimento sono
quelli passivi, fisicamente sono delle molle (figura 4.21) lineari di adeguata
escursione, la cui costante elastica sara opportunamente scelta in funzione
della frequenza del disturbo (sia esso in forza che in posizione) e della mas-
sa del sistema da isolare. Tale approccio risulta valido per limitare sia gli
effetti dovuti alloscillazione del vincolo, sia lentita della forza trasmessa a
terra da un sistema forzato.
Nei paragrafi precedentemente indicati e stato sottolineato che e possibi-

le ottenere un efficace isolamento qualora il rapporto a = /0 >> 2. In
tali condizioni operative e possibile considerare unespressione semplificata
della trasmissibilita, rappresentata dalla relazione
1 1
TR = = 2 2 (4.36)
a2 1 /0 1
che lega la frequenza f della forzante ( = 2f ) ed il valore della trasmissi-
bilita desiderato alla pulsazione propria del sistema (0 ). Ad esempio, per
un sistema forzato, si potrebbe richiedere che la forza trasmessa a terra si
al massimo il 2% del modulo della forzante; in tal caso TR = 0.02.
La pulsazione propria del sistema dipende (vedi figura 4.19) dalla massa
m e dalla rigidezza k che, in questo caso, e quella dellisolatore da inserire.
Nel settore degli isolatori la pulsazione propria viene espressa con una re-
lazione diversa, in cui compare la deformata st dellisolatore (quindi della

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CAPITOLO 4. SISTEMI AD UN GRADO DI LIBERTA FORZATO 75

Figura 4.19: Introduzione di un isolatore per limitare le forze trasmesse a


terra

rigidezza k) dovuta allapplicazione del peso proprio della massa m. Risulta


kst = mg per cui
p
0 = g/st . (4.37)

Il parametro st viene quindi utilizzato per indicare un opportuno accop-


piamento fra rigidezza dellisolatore e la massa del dispositivo da isolare.
Rielaborando la relazione 4.36 e possibile esprimere la frequenza f del-
la forzante in funzione della deformata statica st dellisolatore e della
trasmissibilita richiesta, risulta

TR + 1 g 1
f2 = . (4.38)
TR (2)2 st

La figura 4.20 riporta il legame fra st e f per alcuni valori della trasmis-
sibilita. Tutti i punti al di sopra di una retta fissata da una determinato
valore della trasmissibila, individuano un valore di frequenza e di deforma-
ta statica che portano a trasmissibilita inferiori a quella che fissa la retta
stessa.

4.6 Esempi
Esercizio 1:

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76 CAPITOLO 4. SISTEMI AD UN GRADO DI LIBERTA FORZATO

f [ Hz]
100
TR = 0.8
TR = 0.5
TR = 0.2
TR = 0.1
TR = 0.02

10

1
st [ mm]
1 10 100 1000

Figura 4.20: Frequenza della forzante in funzione della trasmissibilita


richiesta e del st

Figura 4.21: Esempi di isolatori

La macchina operatrice rappresentata in figura pesa complessivamente 90 kN, ese-


gue della operazioni di tranciatura di lamiera alla cadenza di 400 battute al mi-
nuto. Sullo stesso piano dellofficina e posizionato un impianto automatico per
lassemblaggio delle lamiere prodotte, il cui funzionamento risente delle vibrazioni
indotte dalla pressa precedentemente citata. Considerando solo il moto verticale
della pressa, si richiede di determinare le caratteristiche di quattro isolatori per
la pressa che riducano le forze trasmesse a terra, responsabili delle vibrazioni del

appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Universita di Bergamo
CAPITOLO 4. SISTEMI AD UN GRADO DI LIBERTA FORZATO 77

piano dellofficina, siano ridotte del 70%.


Si tratta di scegliere degli isolatori in modo tale che la trasmissibilita TR sia pari
a 0.3. Facendo riferimento alla relazione semplificata della trasmissibilita
1
TR =
a2 1
p
e ricordando che 0 = g/st si ottiene la relazione (vedi equazione 4.38)
TR + 1 g 1
st =
TR (2)2 f 2
che lega la frequenza della forzante alla deformata statica richiesta dagli isolatori.
Nel caso in studio risulta f = 400/60 = 6.67 Hz, trasmissibilita richiesta TR = 0.3,
per cui la deformata statica richiesta dagli isolatori per azione del peso proprio
della pressa e
st = 24 mm .
Gli n isolatori da introdurre, in numero minimo di 4, devono essere tali per cui
ognuno di essi abbia un carico nominale di 90 kN/n. La rigidezza complessiva degli
isolatori risulta k = 90 kN/st = 3715 kN/m.
Utilizzando questi isolatori la pulsazione propria del sistema risulta
p
0 = g/st = 20.12 rad/s = 3.2 Hz ,
mentre il rapporto fra lampiezza D di oscillazione della pressa nelle condizioni
di regime, ed il modulo F0 della forza di lavorazione per la frequenza operativa
indicata, risulta
D 1 1
= p = 8.27 108 m/N .
F0 k (1 a2 )2 + (2ah)2

Esercizio 2:

Un delicato sistema di misura viene installato nei laboratori di una sede produttiva.
Le macchine operatrici qui presenti generano delle vibrazioni del piano dofficina di
ampiezza massima 1 mm e con frequenze nellintervallo 2025 Hz. Considerando il
solo moto verticale dello strumento si richiede di determinare gli isolatori necessari
allo strumento in modo che le sue oscillazioni non superino i 50 m. Il peso dello
strumento e 1200 N.
La trasmissibilita richiesta e TR = 50/1000 = 0.05 che, se verificata per la frequen-
za piu bassa dellintervallo indicato, e verificata anche per le frequenze maggiori.
Considerando allora la frequenza f = 20 Hz, la deformata statica richiesta agli
isolatori e
TR + 1 g 1
st = = 13 mm .
TR (2)2 f 2

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78 CAPITOLO 4. SISTEMI AD UN GRADO DI LIBERTA FORZATO

k = 1200/0.013 =
A tele deformata statica corrisponde una rigidezza complessiva p
92 kN/m, ed una frequenza propria dello strumento pari a 0 = g/st = 27.4 rad/s =
4.26 Hz.

Esercizio 3:

Unautovettura viaggia con velocita v = 72 km/h su di una strada sconnessa il cui


profilo e assimilabile a quello di una sinusoide di ampiezza y0 = 30 mm e lunghezza
donda = 5 m. La massa del veicolo sia m = 1200 kg, la rigidezza equivalente
delle sospensioni k = 90 kN/m mentre il coefficiente di smorzamento equivalente
sia r = 2000 Ns/m. Considerando il veicolo e le sospensioni come un sistema
vibrante ad un grado di liberta nella direzione verticale determinare:

lequazione di moto;
lampiezza di oscillazione della cassa del veicolo nelle condizioni di regime;
la velocita di avanzamento del veicolo per la quale si raggiungono le condi-
zioni di risonanza
per quale velocita lampiezza di oscillazione di regime e minore di 20 mm

Lavanzamento del veicolo sul profilo stradale sinusoidale e riconducibile al pro-


blema dei sistemi forzati per spostamento del vincolo imposto. In questo caso lo
spostamento del vincolo imposto e y(t) = Y0 sin t in cui lampiezza e pari allam-
piezza y0 del profilo stradale, mentre la pulsazione dello spostamento del vincolo
dipende dalla lunghezza donda del profilo stradale e dalla velocita di avanzamento,
risulta = 2v/ = 25.13 rad/s.
Lequazione di moto risulta allora (equazione 4.25)
q
mx+rx + kx = Y0 k2 + (r)2 sin(t + )

in cui e tale per cui tan = r


k
; risulta 0 = 8.66 rad/s e h = 0.096. In tali
condizioni la risposta di regime della cassa del veicolo e
x(t) = D sin(t + + ) ,
in cui lampiezza di oscillazione D dipende (equazioni 4.27, 4.28) dallampiezza di
oscillazione del vincolo e della trasmissibilita TR
p p
Y0 k2 + (r)2 1 1 + (2ah)2
D= p = Y0 p .
k 2 2
(1 a ) + (2ah) 2 (1 a2 )2 + (2ah)2
Per la velocita di regime indicata risulta risulta
TR v=72 km/h = 0.154
per cui lampiezza di oscillazione nelle condizioni di regime indicate e
D = Y0 0.154 = 0.0046 m .

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CAPITOLO 4. SISTEMI AD UN GRADO DI LIBERTA FORZATO 79

Le condizioni di risonanza vengono raggiunte quando la pulsazione della forzante


coincide con la pulsazione propria del sistema, per cui
vris = 0 /2 = 6.9 m/s = 24.8 km/h .

Affinche si abbiano delle oscillazioni della cassa minori di 20 mm e necessario che


che la trasmissibilita assuma il valore
20
TR rich = = 0.6667 .
30
Il valore della velocita per cui si raggiunge questo valore della trasmissibilita,
per lindice di smorzamento h del sistema, puo essere ricavato risolvendo in a
lespressione p
1 + (2ah)2
p = TR rich = 0.6667 ,
(1 a2 )2 + (2ah)2
si ottiene a = 1.59, per cui lim = 1.590 . La velocita oltre la quale le ampiezze
di oscillazione limitate rispetto al valore indicato e percio
vlim = lim /2 = 11 m/s = 39.5 km/h .
Unapprossimazione di tale risultato puo essere ottenuta considerando per la tra-
smissibilita lespressione semplificata
1
TR = ,
a2 1
valida per a > 1. Per il valore di trasmissibilita desiderato risulta
p
a = 1 + 1/TR rich = 1.58
che poco si discosta dal valore precedentemente calcolato.

Esercizio 4:

La rettifica rappresentata in figura appoggia su degli isolatori che complessiva-


mente costituiscono una rigidezza e smorzamento equivalente k = 1000 kN/m e
r = 10000 Ns/m, mentre il peso complessiva della macchina e M = 5000 N. Il
pavimento su cui appoggia la macchina ha degli spostamenti sinusoidali. Consi-
derando solo il movimento verticale della rettifica, supposta rigida, determinare il
valore massimo dellampiezza di oscillazione del pavimento in funzione della fre-
quenza delloscillazione, affinche lo spostamento massimo della testa della rettifica
sia minore di 1 m.
Lesercizio presenta un sistema forzato per spostamento del vincolo imposto. In
questa classe di problemi lampiezza di oscillazione D della testa dipende dallam-
piezza y0 di oscillazione del pavimento e dalla trasmissibilita
p
1 + (2ah)2
D = y0 p .
(1 a2 )2 + (2ah)2

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80 CAPITOLO 4. SISTEMI AD UN GRADO DI LIBERTA FORZATO

y0 [ m]
1e-005

1e-006

1e-007

1e-008
/0
0 0.5 1 1.5 2 2.5 3

Figura 4.22: Massima ampiezza di oscillazione del vincolo ammessa in


funzione della frequenza

La pulsazione propria del risulta 0 = 1414 rad/s e h = 0.0071. Affinchee risulti


D < 1 m dovra risultare
, p
1 + (2ah)2
y0 < 1 106 p
(1 a2 )2 + (2ah)2

che rappresenta il legame fra ampiezza oscillazione imposta al vincolo e la sua


frequenza. La figura 4.22 rappresenta le condizioni limite per la disequazione
indicata.

Esercizio 5:

Il sistema indicato in figura ruota attorno al punto o ed e forzato per spostamento


del vincolo impresso. Lo spostamento impresso al vincolo ha unampiezza y0 =
0.02 m ed una pulsazione = 100 rad/s. Si richiede di:

determinare lequazione di moto;


determinare la risposta di regime;

appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Universita di Bergamo
CAPITOLO 4. SISTEMI AD UN GRADO DI LIBERTA FORZATO 81

verificare nelle condizioni di regime il tiro della fune che sostiene la massa
m.

Siano J = 0.1 kgm2 , m = 2 kg, k = 1000 N/m, R = 0.3 m, r = 0.1 m.


Lo spostamento applicato al vincolo e la rotazione della puleggia, descritta dalla
coordinata libera , si traduco in una forza applicata allestremo A della molla di
modulo
Fa = k(y0 sin t R)
e con il verso indicato in figura. La forza Fa e la somma di sue forze, una propor-
zionale ad ed una dipendente dal tempo. Questultima risulta nulla allistante
t = 0 e non partecipa alla definizione della posizione di equilibrio. La posizione di
equilibrio dipende allora dalla forza peso mg e della rigidezza k della molla; nelle
condizioni di equilibrio statico la deformata statica st della molla sara tale per
cui mgr
kst R = mgr st = .
kR
Per la determinazione dellequazione di moto in un intorno della posizione di equi-
librio si possono utilizzare uno dei metodi visti nel capitolo precedente. Si assume
come coordinata libera la rotazione della puleggia a partire dalla posizione di
equilibrio statico. Utilizzando ad esempio il bilancio di potenze linearizzato in un
intorno della posizione di equilibrio, si dovranno essere determinati i rapporti di
trasmissione delle forze esterne applicate, rappresentate in figura. In questo caso
i rapporti di trasmissione sono costanti, e per i punti A, B e C risultano
A = R, B = 1, C = r .
La massa equivalente m
risulta
X

m = 2
mi i20 = J + mC = J + mr2 .

Lunica forza esterna che concorre alla definizione della rigidezza equivalente e
parte della forza applicata in A dipendente dalla coordinata libera (kR).
Infatti il precarico della molla nelle condizioni di equilibrio e la forza peso non
compaiono in quanto sono applicate in punti che hanno rapporto di trasmissione
costante rispetto alla coordinata libera, mentre la forza applicata in A che rappre-
senta leffetto dovuto allo spostamento del vincolo (F a1 = ky0 sin t) e nulla nelle
condizioni di equilibrio statico e non dipende dalla coordinata libera. La rigidezza
equivalente risulta allora
!
X dF i
k = i + F i (kR)R = kR2 .
d= ===00 0 i0

Leffetto dello spostamento del vincolo imposto viene introdotto tenendo conto
del lavoro virtuale prodotto per un incremento della coordinata libera rapportato
allincremento della coordinata libera stessa che, come visto, e rappresentato dal
prodotto scalare fra la forza ed il rapporto di trasmissione del punto di applicazione
F a1 A = ky0 sin(t)R .
Lequazione di moto risulta allora
(J + mr2 ) + (kR2 ) = kRy0 sin(t) .

A questo risultato si poteva giungere applicando lequazione di Lagrange. In que-


sto esercizio, come gia osservato, le forze costanti non rientrano nella scrittura
delle equazioni di moto, per cui utilizzando la coordinata libera a partire dalla
condizione di equilibrio statico, non verra considerato il potenziale della forza peso,
si considerara solamente il potenziale associato alla molla a partire dalla posizione

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82 CAPITOLO 4. SISTEMI AD UN GRADO DI LIBERTA FORZATO

di equilibrio statico. Ricordando i legami cinematici illustrati precedentemente,


lenergia cinetica risulta
1 1
T = J 2 + m(r)2 ,
2 2
mentre lenergia potenziale e
1
V = k(R)2 .
2
Leffetto della forza generata dallo spostamento del vincolo (F a1 = ky0 sin t)
viene introdotto come componente lagrangiana lungo la coordinata libera, risulta
Q = F a1 A = ky0 sin(t)R .
Applicando lequazione di Lagrange

d L L
= Q , L=T V
dt
si ottiene lequazione di moto precedentemente trovata.
La risposta di regime sara allora del tipo
(t) = D sin(t + )
in cui D risulta
ky0 R 1 y0 1
D= p = .
k (1 a2 )2 + (2ah)2 R 1 a2
p
In questo caso risulta 0 = k /m = 27.4 rad/s, a = /0 = 3.65, per cui
lampiezza di oscillazione del disco nelle condizioni regime e
D = 5.4 mm .

Per la verifica del tiro T della fune che sorregge la massa m, si devono conside-
rare tutte le forze applicate alla massa. Dalla figura, lequilibrio alla traslazione
verticale della massa otteniamo
T + rm = mg T = m(g r) 0 .
Il minimo valore del tiro della fune si verifica in corrispondenza del valore massimo
dellaccelerazione max , che per la risposta di regime e max = D2 = 54 rad/s2 .
Il valore massimo dellaccelerazione della massa imposto dalla risposta di regime
e amax = max r = 5.4 m/s2 < g, per cui Tmin = m(g amax ) = 8.8 N, la fune
risulta sempre tesa.

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Capitolo 5

Funzioni di trasferimento

Lanalisi dei sistemi vibranti condotta, ha riguardato sistemi lineari, la cui


dinamica e descritta da equazioni differenziali ordinarie a coefficienti co-
stanti. La risposta libera e forzata di questi sistemi e stata determinata nel
dominio del tempo, ed in particolare la risposta libera e stata determina-
ta in funzione di condizioni iniziali, mentre quella forzata in funzione della
pulsazione del segnale sinusoidale forzante.

Questo legame fra forzante (ingresso) e risposta (uscita) del sistema puo
essere efficacemente rappresentata per mezzo dello schema a blocchi di figura
5.1, nel quale il blocco G rappresenta il sistema lineare, la cui dinamica e
descritta da unequazione differenziale ordinaria a coefficienti costanti.

Figura 5.1: Rappresentazione a blocchi di una funzione di trasferimento

Il sistema lineare trasforma il segnale in ingresso nel segnale in uscita,


questa trasformazione puo essere efficacemente rappresentata da una funzio-
ne complessa detta funzione di trasferimento. La funzione di trasferimento
ha gli stessi parametri dellequazione differenziale descrivente il comporta-
mento dinamico del sistema, ha cioe lo stesso contenuto informativo.

83
84 CAPITOLO 5. FUNZIONI DI TRASFERIMENTO

5.1 Determinazione e caratteristiche della fun-


zione di trasferimento
La funzione di trasferimento, per condizioni iniziali nulle, puo essere effi-
cacemente ottenuta dalla trasformata di Laplace (vedi appendice B) del-
lequazione di moto. Considerando ad esempio lequazione di moto di un
sistema forzato
mx+rx + kx = F (t) , (5.1)
trasformando con Laplace si ottiene

ms2 X(s) + rsX(s) + kX(s) = F (s) (5.2)

da cui la funzione di trasferimento G(s) nel dominio delle trasformate, cal-


colata come rapporto fra la trasformata del segnale in uscita X(s) e la
trasformata del segnale in ingresso F (s) risulta

X(s) 1
G(s) = = . (5.3)
F (s) ms2 + rs + k

La funzione di trasferimento ottenuta e caratterizzata dagli stessi parametri


(m, r e k) dellequazione differenziale di partenza.
I sistemi con un ingresso ed una uscita, detti SISO, hanno funzioni di
trasferimento espresse nella forma razionale in s

N (s)
G(s) = (5.4)
D(s)

in cui N (s) e D(s) sono dei polinomi nella variabile complessa s primi fra
loro.
Le radici del polinomio al numeratore N (s) sono detti zeri della funzione
di trasferimento, mentre le radici del polinomio al denominatore sono detti
poli della funzione di trasferimento. Se i coefficienti dellequazione differen-
ziale di partenza sono reali, anche gli zeri ed i poli sono reali oppure, se
complessi, compaiono in coppie complesse coniugate.
Per la funzione di trasferimento 5.3, il calcolo dei poli porta alla soluzione
del polinomio in s

ms2 + rs + k = 0 s2 + 2h0 + 02 = 0 (5.5)

le cui radici coincidono con quelle dellequazione 3.30 in di pagina 46.


I poli risultano allora gli esponenti degli esponenziali che descrivono la ri-
sposta libera nel dominio del tempo, quindi la posizione dei poli nel piano
complesso e indicativa della risposta libera del sistema descritto dalla fun-
zione di trasferimento. Allora un sistema stabile ha tutti i poli con parte
reale negativa.

appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Universita di Bergamo
CAPITOLO 5. FUNZIONI DI TRASFERIMENTO 85

Per 0 < h < 1 il polinomio 5.5 ha poli complessi coniugati


p
p1,2 = h0 i0 1 h2 , (5.6)
la cui posizione e riportata nella figura 5.2. I poli hanno modulo 0 , la loro

Figura 5.2: Posizione dei poli complessi coniugati per un sistema oscillante

posizione nel piano e tale per cui il coseno dellangolo indicato e cos =
h0 /0 = h e quindi coincide con lindice di smorzamento. Allaumentare
di lindice di smorzamento diminuisce, per = /2 i poli sono immaginari
coniugati e giacciono sullasse immaginario (h = 0). In questo caso la
risposta libera del sistema e oscillatoria non smorzata. Al diminuire di
lindice di smorzamento cresce, per cui il sistema sara in condizioni di
smorzamento critico per = 0. In tale condizione i poli sono coincidenti
e giacciono sullasse reale e la risposta libera del sistema e esponenziale
decrescente senza oscillazioni. Per valori di indice di smorzamento maggiore,
i poli saranno reali e distinti, appartenenti allasse reale.
Risulta conveniente in alcune circostanze assegnare alla funzione di tra-
sferimento una forma che metta in evidenza gli zeri ed i poli, ovvero rap-
presentando i polinomi N (s) e D(s) raccolti in fattori
Q Q 2 2
i (1 + i s) l (1 + 2hl s/0l + s /0l )
G(s) = g Q Q 2 2 (5.7)
s m (1 + Tm s) k (1 + 2hk s/0 k + s /0 k )
nella quale le produttorie con indice i e m evidenziano gli zeri ed i poli reali,
mentre le produttorie con indice l e k evidenziano gli zeri ed i poli complessi
coniugati.

appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Universita di Bergamo
86 CAPITOLO 5. FUNZIONI DI TRASFERIMENTO

5.2 Transitori

Figura 5.3: Risposta al gradino in forza di un sistema vibrante

La determinazione della risposta U (s) nel dominio delle frequenze, do-


vuta ad un ingresso Y (s), e di facile determinazione per un sistema con
funzione di trasferimento G(s). Infatti, per la definizione di funzione di
trasferimento, risulta
Y (s) = G(s)U (s) . (5.8)
La risposta nel dominio del tempo viene determinata antitrasforman-
do Y (s) secondo quanto riportato in appendice B. In generale la funzione
Y (s) = G(s)U (s) da antitrasformare e una funzione razionale. In tal caso
loperazione di antitrasformazione puo essere efficacemente eseguita scom-
ponendo Y (s) nella somma di funzioni razionali di cui e nota lantitrasforma-
ta, e quindi basandosi su trasformate notevoli gia note. Per la proprieta di
linearita, lantitrasformata cercata sara la somma delle singole trasformate.

5.2.1 Risposta allo scalino di un sistema del secondo


ordine
Fra i sistemi con funzione di trasferimento del secondo ordine rientrano
quelli vibranti. Infatti il sistema forzato di figura 5.3 ha equazione di moto

mx+rx + kx = F (t) , (5.9)

e quindi funzione di trasferimento fra lingresso (forzante) F (t) e lusci-


ta x spostamento della massa, determinabile dalla trasformata di Laplace
dellequazione differenziale. Si ottiene

ms2 X(s) + rsX(s) + kX(s) = F (s) (5.10)

da cui
X(s) 1 1 1
G(s) = = = (5.11)
F (s) 2
ms + rs + k m s + 2h0 + 02
2

appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Universita di Bergamo
CAPITOLO 5. FUNZIONI DI TRASFERIMENTO 87

p
nella quale 0 = k/m e h = r/2m0 .
Le funzioni di trasferimento del secondo ordine hanno allora una forma
generale del tipo
1
G(s) = 2 . (5.12)
s + 2h0 + 02
x(t)
F0 /k
1.8
h = 0.1
1.6
h = 0.2
1.4 h = 0.6

1.2

0.8

0.6

0.4

0.2
t
0
0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7

Figura 5.4: Influenza dellindice di smorzamento al variare dellindice di


smorzamento h sulla risposta al gradino

Come gia visto sistemi del secondo ordine di questo tipo possono pre-
sentare delle oscillazioni nella risposta libera se il parametro h, detto indice
di smorzamento, e minore dellunita. Viene ora presentata la risposta al
gradino di un sistema del secondo ordine, nellipotesi di 0 < h < 1. In tali
condizioni la funzione di trasferimento ha poli complessi coniugati
p
p1,2 = 0 h i0 1 h2 (5.13)

di modulo 0 .
Considerando un segnale di forza in ingresso a gradino di altezza F0 , con
trasformata di Laplace (vedi appendice B)

Fo
F (s) = (5.14)
s
la risposta x ha trasformata di Laplace
1 1 F0 F0 1
X(s) = G(s)F (s) = = .
m s2 + 2h0 + 02 s m s(s2 + 2h0 + 02 )
(5.15)

appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Universita di Bergamo
88 CAPITOLO 5. FUNZIONI DI TRASFERIMENTO

x(t)
F0 /k
1.6
0.50
1.4 0
40
1.2

0.8

0.6

0.4

0.2
t
0
0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7

Figura 5.5: Influenza della pulsazione propria 0 sulla risposta al gradino

Il valore di regime a cui tende la risposta nel domino del tempo puo
essere facilmente determinata dalla X(s) applicando il teorema del valore
finale (vedi appendice B),

x() = lim sX(s) . (5.16)


s0

In questo caso avendo posto in ingresso un segnale a gradino con trasformata


F0 /s si ottiene

F0 F0
x() = lim sX(s) = lim s G(s) = F0 G(0) = . (5.17)
s0 s0 s k
La risposta x(t) nel dominio nel tempo, come presentato nellesempio
che segue, e ottenibile antitrasformando X(s), per cui

1 1 F0 1
x(t) = L [X(s)] = L (5.18)
k s(s2 + 2h0 + 02 )

e quindi

F0 0 ht h
x(t) = sca(t) + e cos(1 t) + sin(1 t) . (5.19)
k 1 h2

in cui 1 = 0 1 h2 , mentre sca rappresenta la funzione gradino unitario.
Questa espressione mette in evidenza che la risposta si assesta, eventualmen-
te compiendo delle oscillazioni, attorno al valore pari a F0 /k = /02 . Le
figure 5.4 e 5.5 riportano delle risposte x(t) al variare dei parametri della

appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Universita di Bergamo
CAPITOLO 5. FUNZIONI DI TRASFERIMENTO 89

funzione di trasferimento, la pulsazione propria 0 e lindice si smorzamento


h.
Si osserva come allaumentare dellindice di smorzamento si riducano le
oscillazioni necessarie affinche la risposta si stabilizzi al valore di regime.
Inoltre allaumentare di h si riducono le ampiezze di oscillazione attorno al
valore di regime, la prima delle quali e detta sovraelongazione. Allaumen-
tare della pulsazione propria 0 aumenta la frequenza di oscillazione attorno
al valore di regime e si riduce il tempo necessario affinche la risposta rag-
giunga per la prima volta il valore di regime. Questo ad indicare che un
aumento del modulo dei poli complessi coniugati porta ad una riduzione del
tempo di risposta del sistema. In questo contesto si definisce come tempo
di salita Ts il tempo necessario alla risposta per passare dal 10% al 90% del
valore di regime.

5.2.2 Risposta al gradino di sistemi del primo ordine


Il sistema del primo ordine considerato in questo paragrafo e caratterizzato
dalluscita y(t) e dallingresso u(t). La funzione di trasferimento che lega i
due segnali sia del tipo

Y (s) 1
G(s) = = . (5.20)
U (s) s + 1

Essa ha un polo p = 1/ reale negativo per > 0. La risposta nel dominio


delle frequenze ad un ingresso a gradino unitario, quindi con trasformata
U (s) = 1/s, risulta

1 1
Y (s) = G(s)U (s) = . (5.21)
s + 1 s

La risposta y(t) nel dominio del tempo si assestera attorno ad un valore


di regime determinabile con il teorema del valore finale
1 1
y() = lim sY (s) = lim s =. (5.22)
s0 s0 s + 1 s
Landamento della risposta y(t) puo essere ottenuta antitrasformando Y (s).
Loperazione e facilitata se si scompone la funzione razionale Y (s) nella som-
ma di funzioni elementari di cui e nota lantitrasformata (si veda lappendice
B). Risulta
1 1 A B
Y (s) = = + (5.23)
s + 1 s s s + 1
da cui, eliminando in ambo i membri il denominatore comune, si ottiene

= A( s + 1) + Bs . (5.24)

appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Universita di Bergamo
90 CAPITOLO 5. FUNZIONI DI TRASFERIMENTO

Uguagliando i coefficienti della stessa potenza in s dei polinomi al primo e al


secondo membro, si ottengono due equazioni che permettono di determinare
le costanti A e B.

A + B = 0 A=
. (5.25)
A= B =

La funzione complessa Y (s) e allora esprimibile come la somma di due


funzioni razionali

Y (s) = (5.26)
s s + 1
di cui e nota lantitrasformata. Riferendosi alla tabella B.1 si ottiene
et/
y(t) = = (1 et/ ) . (5.27)

La risposta nel dominio del tempo ha andamento esponenziale, tende asin-
toticamente al valore (come gia sottolineato con il teorema del valore
finale).
y(t)

1

0.5
0.8 0.25

0.6

0.4

0.2

t
0
0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7

Figura 5.6: Influenza del polo sulla risposta al gradino

La figura 5.6 rappresenta alcune risposte al variare della costante di


tempo del polo. Si osserva che allaumentare del modulo del polo (al
diminuire della costante di tempo), luscita tende ad avvicinarsi al valore di
regime in tempi sempre piu brevi.

5.2.3 Esempi
Esercizio 1:

appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Universita di Bergamo
CAPITOLO 5. FUNZIONI DI TRASFERIMENTO 91

Determinare la risposta al gradino di forza F0 u(t) applicata al sistema


presentato in figura, a partire da condizioni iniziali nulle.

Considerando la coordinata libera x indicata, lequazione di moto del


sistema, ottenuta ad esempio con il metodo degli equilibri dinamici, e

mx+rx + kx = F0 u(t) .

Per la determinazione della risposta in forza, trasformiamo con Lapla-


ce lequazione di moto, ottenendo la risposta X(s) nel dominio delle
trasformate. Ricordando che la trasformata del gradino unitario u(t)
e 1/s, si ottiene

F0 F0
ms2 X(s)+rsX(s)+kX(s) = X(s) =
s s(ms2 + rs + k)

che, raccogliendo la massa m al denominatore, puo essere rielaborata


nella forma
F0 1
X(s) = .
m s(s + 20 hs + 02 )
2

La risposta x(t) puo essere ottenuta antitrasformando la relazione pre-


cedente. Tale operazione puo essere facilitata scomponendo la funzio-
ne razionale fratta X(s) nella somma di funzioni di cui e nota lan-
titrasformata. Si osserva che lespressione X(s) ha un polo distinto
nellorigine e due poli complessi coniugati (supponendo h1). Dallap-
pendice B la funzione X(s) puo allora essere ricondotta nella somma
di funzioni
F0 1 A Bs + C
X(s) = 2 = + 2
2
m s(s + 20 hs + 0 ) s s + 20 hs + 02

in cui le costanti A, B e C vanno determinate in modo che la somma


delle due funzioni introdotte ci riconduca allo stesso numeratore di
X(s). Eliminando il denominatore comune nelle due espressioni risulta

F0
= A(s2 + 20 hs + 02 ) + (Bs + C)s .
m

appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Universita di Bergamo
92 CAPITOLO 5. FUNZIONI DI TRASFERIMENTO

Uguagliando i coefficienti delle stesse potenze in s si ottiene un sistema


di tre equazioni che permette la determinazione delle tre incognite.

A+B =0
coefficiente di s2
A20 h + C = 0 coefficiente di s .
A 2 = F0

termine noto
0
m
Si ottiene
F0 F0 F0
A= , B= , C= 20 h
k k k
e quindi
F0 1 s + 20 h
X(s) = .
k s s2 + 20 hs + 02
La risposa nel domino nel tempo cercata e

1 F0 1 1 1 s + 20 h
x(t) = L [X(s)] = L L .
k s s2 + 20 hs + 02

Dalle tabelle di appendice B, e ricordando che 0 1 h2 = 1 , risulta

F0 0 ht h
x(t) = 1e cos(1 t) + sin(1 t) .
k 1 h2
Questa risposta per h = 0.1, 0 = 30 rad/s e F0 /k = 1, e mostrata
nella figura seguente.
1.8
1.6
1.4
1.2
1
0.8
0.6
0.4
0.2
0 t
0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2 1.4
Si osserva che dopo un transitorio iniziale in cui compaiono delle oscil-
lazioni, la posizione della massa si assesta attorno al valore F0 /k,
caratteristico della posizione statica.

5.3 Risposta di regime - analisi in frequenza


Nel capitolo 4 e stata presentata lanalisi di sistemi ad un grado di liberta
soggetti a forze variabili nel tempo con andamento sinusoidale, secondo il

appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Universita di Bergamo
CAPITOLO 5. FUNZIONI DI TRASFERIMENTO 93

Figura 5.7: Forzante sinusoidale applicata ad un sistema del secondo ordine

modello presentato in figura 5.7, per il quale m = 1 kg, r = 18.87 Ns/m


e k = 1000 N/m. Landamento della posizione della massa e descritto
dallequazione di moto
mx+rx + kx = F0 sin t = F (t) . (5.28)
La soluzione x(t) dellequazione differenziale e risultata la somma di due
contributi, il primo dovuto alla risposta libera funzione delle condizioni ini-
ziali, il secondo dovuto alla forzante applicata. Il contributo della risposta
libera tende ad annullarsi velocemente, per cui la riposta di regime e dovuta
solamente alla forzante applicata. La risposta di regime ha lo stesso anda-
mento sinusoidale della forzante, quindi pulsazione , ampiezza D dipen-
dente dallampiezza e dalla pulsazione della forzante, ed e sfasata rispetto
alla forzante di un angolo funzione di (vedi paragrafo 4.1 di pagina 60)
x(t) = D(F0 , ) sin(t + ()) . (5.29)
Lampiezza D dipende linearmente dallampiezza della forzante, mentre ha
dipendenza non lineare da , come evidenziato dal coefficiente di amplifi-
cazione dinamica (vedi equazione 4.13 di pagina 63). La risposta di regime
puo allora essere espressa nella forma
x(t) = F0 Ag () sin(t + ()) (5.30)
in cui Ag () rappresenta il termine non lineare che lega lampiezza della
forzante con quello della risposta.
Questo risultato puo essere esteso a tutti i sistemi lineari nei quali un
ingresso sinusoidale (forzante) comporta unuscita (spostamento della mas-
sa) sinusoidale con la stessa pulsazione della forzante ma sfasata rispetto ad
essa. Il rapporto fra lampiezza del segnale in uscita e quello in ingresso e
una funzione Ag () non lineare nella pulsazione della forzante.
La risposta di regime ad un segnale sinusoidale e allora completamente
definita dalle funzioni in Ag () e (). Landamento di queste funzioni
e stato determinato per alcuni sistemi nel capitolo 4 analizzando la risposta
in funzione del tempo.
Queste due funzioni possono essere determinate direttamente dalla fun-
zione di trasferimento fra ingresso ed uscita. Considerando la funzione di
trasferimento razionale
N (s)
G(s) = (5.31)
D(s)

appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Universita di Bergamo
94 CAPITOLO 5. FUNZIONI DI TRASFERIMENTO

e possibile dimostrare che la funzione Ag () precedentemente citata e il


modulo della funzione di trasferimento calcolata per s = i, mentre la
funzione () e largomento della funzione di trasferimento calcolata per
s = i
Ag () |G(i)| () arg G(i) . (5.32)
La risposta di regime dovuta ad una forzante sinusoidale e allora rappre-
sentabile in termini di funzione di trasferimento dello schema a blocchi di
figura 5.7. Lampiezza della risposta e D = F0 |G(i)|, mentre lo sfasamen-
to = arg G(i). Dallequazione differenziale 5.28 si ottiene la funzione di
trasferimento
X(s) 1
G(s) = = , (5.33)
F (s) ms2 + rs + k
quindi

1
D
= F0 |G(i)| = F0 = ...
m + ri + k
2

(5.34)
1 1 1
= F0 p = F0 p
2
(k m ) + (r) 2 k (1 a )2 + (2ah)2
2

come gia ottenuto nellequazione 4.11 di pagina 62. Lo sfasamento risulta


" #
k m2 ri
= arg G(i) = arg p = ...
(k m2 ) + (r)2
(5.35)
r 2ah
= arctan = arctan
k m2 (1 a2 )
come gia ottenuto nellequazione 4.12 di pagina 62.
La risposta dei sistemi lineari e quindi completamente definita dalla
funzione complessa ottenuta dalla funzione di trasferimento calcolata per
s = i. Questa funzione viene quindi indicata come risposta in frequenza
del sistema, in quanto permette di determinare lampiezza e lo sfasamento
della risposta di regime in funzione della pulsazione (frequenza) del segnale
in ingresso.
Landamento del modulo |G(i)| e dellargomento arg G(i) della rispo-
sta in frequenza, viene rappresentato in diagrammi, detti di Bode del modulo
e della fase, ottenibili dal rispettivo studio di funzione. Il diagramma del
modulo della risposta in frequenza e solitamente riportato in db, ovvero
20 log(|G(i)|). Per il sistema massa-molla forzato di figura 5.7, i diagram-
mi di Bode della risposta in frequenza G() sono riportati in figura 5.8.
Dal diagramma del modulo si osserva che la sensibilita della risposta alla
forzante dipende dalla pulsazione della forzante stessa. A parita di ampiezza
del segnale in ingresso, lampiezza del segnale in uscita dipende solamente

appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Universita di Bergamo
CAPITOLO 5. FUNZIONI DI TRASFERIMENTO 95

|G(i)|db
-50

-60

-70

-80

-90

-100

-110

-120 log
0.1 1 10 100 1000
arg |G(i)|
0
-20
-40
-60
-80
-100
-120
-140
-160
-180 log
0.1 1 10 100 1000

Figura 5.8: Diagrammi di Bode del modulo e della fase per il sistema del
secondo ordine di figura 5.7

dal modulo della risposta in frequenza. Per il diagramma rappresentato in


figura risulta che se il segnale in ingresso ha pulsazione < 10 rad/s, lam-
piezza della forzante si ripercuote efficacemente sullampiezza della risposta.
Se il segnale in ingresso ha una pulsazione = 1000 rad/s, lampiezza della
risposta e 1000 volte piu piccola rispetto al caso precedente.
La risposta in frequenza dei sistemi lineare e allora selettiva rispetto alla
frequenza del segnale in ingresso. Ovvero leffetto che il segnale in ingresso
ha su quello in uscita dipende dalla risposta in frequenza G(i) e quindi
dalla funzione di trasferimento.
Nel caso in cui il segnale di ingresso sia composto dalla somma di piu
segnali sinusoidali, con diversa frequenza, vale il principio di sovrapposizione
degli effetti (il sistema e lineare), per cui la risposta corrisponde alla somma
delle risposte dei singoli segnali in ingresso.
La figura 5.9 mostra la risposta del sistema di figura 5.7 per un ingresso

appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Universita di Bergamo
96 CAPITOLO 5. FUNZIONI DI TRASFERIMENTO

composto dalla somma di tre segnali sinusoidali, di ampiezza unitaria ma


con diversa pulsazione. Nella prima colonna, dallalto verso il basso, sono
indicate le singole componenti della forzante ed infine la loro somma. Nello
colonna di destra, dallalto verso il basso, le corrispondenti risposte alle
singole componenti del segnale ed infine la loro somma.
prima componente: 1 = 10 rad/s, ampiezza unitaria
Il modulo della risposta in frequenza (figura 5.8) |G(i1 )| e legger-
mente piu elevato di quello in continua pari a |G(i0)| = 1/k = 0.001.
La risposta a tele ingresso, dalla figura 5.9, ha ampiezza di poco piu
elevata di 0.001 e sfasamento quasi nullo;
seconda componente: 2 = 20 rad/s, ampiezza unitaria
Il modulo della risposta in frequenza (figura 5.8) |G(i2 )| e anche in
questo caso poco piu elevato di quello in continua pari a |G(i0)| =
1/k = 0.001. La risposta a tele ingresso, dalla figura 5.9, ha ampiezza
di 0.0014 e sfasamento di circa 40 ;
terza componente: 3 = 100 rad/s, ampiezza unitaria
Il modulo della risposta in frequenza (figura 5.8) |G(i3 )| e circa 1/10
rispetto ai casi precedenti. La risposta a tele ingresso, dalla figura 5.9,
ha ampiezza di circa 0.0001 ed uno sfasamento di prossimo ai 170 ;
La risposta complessiva, rappresentante lo spostamento della massa, non
e influenzata dalla componente di pulsazione 3 , e risente dello sfasamen-
to introdotto dalla componente di pulsazione 2 . Complessivamente ha
pertanto lo stesso andamento della forzante, a meno delle componenti ad
elevata frequenza che vengono filtrate dal sistema.
Questa comportamento del sistema vine detto passa basso, ad indicare
il fatto che solo le componenti al di sotto di una certa frequenza influenzano
luscita (la risposta) del sistema. Per i sistemi di questo tipo si definisce
come larghezza di banda quel range di frequenze che vanno da quella nulla
fino a quella in cui il modulo della risposta in frequenza |G(i)| e tale per
cui e ancora verificata la relazione
|G(0)|
|G(i)| 2|G(0)| . (5.36)
2
Questa espressione, se espressa in db, risulta

|G(0)|db 3db |G(i)|db |G(0)|db + 3db , (5.37)

per cui la larghezza di banda puo essere definita come quel range di fre-
quenza che vanno dalla frequenza nulla fino alla frequenza per la quale il
modulo della risposta in frequenza si scosta non piu di 3db dalla valore in
continua (figura 5.10).

appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Universita di Bergamo
CAPITOLO 5. FUNZIONI DI TRASFERIMENTO 97

ingressi uscite
sin i t |G(ii )| sin(i t + arg G(ii ))
1 0.0015
0.8
0.6 0.001
0.4 0.0005
0.2
0 0
-0.2
-0.4 -0.0005
-0.6 -0.001
-0.8
-1 t -0.0015 t
0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7 0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7

+ +
1 0.0015
0.8
0.6 0.001
0.4 0.0005
0.2
0 0
-0.2
-0.4 -0.0005
-0.6 -0.001
-0.8
-1 t -0.0015 t
0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7 0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7

+ +
1 0.00015
0.8
0.6 0.0001
0.4 5e-005
0.2
0 0
-0.2
-0.4 -5e-005
-0.6 -0.0001
-0.8
-1 t-0.00015 t
0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7 0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7

3 0.0025
0.002
2 0.0015
1 0.001
0.0005
0 0
-0.0005
-1 -0.001
-2 -0.0015
-0.002
-3 t -0.0025 t
0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7 0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7

Figura 5.9: Segnali in ingresso ed in uscita dal sistema di figura 5.7


appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Universita di Bergamo
98 CAPITOLO 5. FUNZIONI DI TRASFERIMENTO

Figura 5.10: Larghezza di banda per un sistema passa basso

appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Universita di Bergamo
CAPITOLO 5. FUNZIONI DI TRASFERIMENTO 99

5.3.1 Diagrammi asintotici di Bode


I diagrammi di Bode del modulo e della fase della funzione di trasferimento
sono ottenibili dallo studio di funzione delle corrispondenti funzioni. Esi-
stono opportuni programmi software che determinano i diagrammi di Bode
a partire dai coefficienti dei polinomi al numeratore e denominatore della
funzione di trasferimento.
Gli andamenti qualitativi dei diagrammi, indicati come diagrammi asin-
totici di Bode, possono essere ottenuti analizzando solamente il guadagno
in continua della funzione di trasferimento, il tipo ed il modulo degli ze-
ri e dei poli. Per la determinazione dei diagrammi asintotici conviene far
riferimento alla forma fattorizzata della funzione dei trasferimento 5.7
Q Q 2 2
i (1 + i s) l (1 + 2hl s/0l + s /0l )
G(s) = g Q Q 2 2 . (5.38)
s m (1 + Tm s) k (1 + 2hk s/0 k + s /0 k )

Diagramma asintotico del modulo


Il diagramma asintotico di Bode del modulo rappresenta il modulo espresso
in db della funzione di trasferimento calcolata per s = i
Q Q 2 2
i (1 + i i) l (1 + 2hl i/0l /0l )
|G(i)|db = 20 log Q Q
(i)g m (1 + Tm i) k (1 + 2hk i/0 k 2 /0 2k )
(5.39)
da cui applicando le proprieta dei logaritmi si ottiene
X
|G(i)|db = 20 log + 20 log |1 + i i| . . .
X i
+ 20 log |1 + 2hl i/0l 2 /02l | . . .
l X (5.40)
20 log |i|g 20 log |1 + Tm i| . . .
X m
20 log |1 + 2hk i/0 k 2 /0 2k | .
k

Lespressione cercata e allora la somma algebrica di un certo numero


di termini, una parte dei quali rappresenta il contributo degli zeri, mentre
unaltra parte il contributo dei poli. Il contributo dei vari termini dipende
essenzialmente dal valore della pulsazione a cui si vuole determinare il
diagramma. Ricordando che sullasse delle ascisse viene riportato il log ,
il contributo dei termini risulta:
1. Il termine 20 log rappresenta il contributo del guadagno in continua.
Il diagramma della funzione di trasferimento, in assenza si poli o zeri
nellorigine, parte allora dal valore di espresso in db in quanto tutti
gli altri termini sono nulli per = 0. Il diagramma manterra questo
valore fino a che il contributo degli altri termini rimane trascurabile.

appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Universita di Bergamo
100 CAPITOLO 5. FUNZIONI DI TRASFERIMENTO

|Ga (i)|db
60
40 g=0
20 g=1
g=2
0
g=-1
-20
-40
-60
-80
-100
-120 log
0.1 1 10 100 1000

Figura 5.11: Diagrammi di Bode asintotico per il termine Ga (s) = 1/sg

2. Il termine 20 log |i|g = 20g log rappresenta il contributo dei


poli (g > 0) o degli zeri (g < 0) nellorigine. Allora nel piano
log |G(i)|db questo termine rappresenta un retta la cui pendenza
e 20g db/decade, dipendente quindi dalla molteplicita dei poli o de-
gli zeri. Nel caso in cui la funzione di trasferimento non abbia ne poli
ne zeri nellorigine (g = 0), questo termine non influenza landamento
del diagramma. Il contributo di questo termine e riportato in figura
5.11.
P
3. Il termine m 20 log |1 + Tm i| rappresenta il contributo dei poli
reali pm = 1/Tm . Per ogni polo reale il contributo risulta
p
20 log 1 + Tm 2 2 = 10 log T 2 (1/T 2 + 2 ) .
m m

Nel caso in cui sia << 1/Tm ( << pm ), ovvero quando e


molto piu piccolo del modulo del polo, il contributo del termine e
nullo (log 1 = 0). Nel caso in cui sia >> 1/Tm ( >> pm ), ovvero
quando e molto piu grande del modulo del polo, il contributo del
termine e
20 log
che nel piano log |G(i)|db rappresenta una retta con pendenza
di 20 db/decade. Nel caso in cui siano presenti dei poli reali coinci-
denti, la pendenza sara para a 20 volte la moltiplicita del polo reale.
Riassumendo risulta

20 log 1 = 0 << 1/Tm
20 log |1 + Tm i| '

20 log >> 1/Tm

appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Universita di Bergamo
CAPITOLO 5. FUNZIONI DI TRASFERIMENTO 101

|Gb (i)|db
10
esatto
5 asintotico

-5

-10

-15

-20 log
1 10 100 1000

Figura 5.12: Diagrammi di Bode asintotico per il termine Gb (s) = 1/(1 +


Tm s), per Tm = 0.01

I due andamenti asintotici hanno in comune il punto di ascissa =


1/Tm , come mostrato in figura 5.12.
P
4. Il termine k 20 log |1 + 2hk i/0 k 2 /0 2k | rappresenta il con-
tributo dei poli complessi coniugati, con modulo 0k . Il contributo
e q
20 log (1 2 /0 2k )2 + (2hk /0 k )2 .

Nel caso in cui sia << 0 k tale contributo e nullo (log 1 = 0). Nel ca-
so in cui sia >> 0 k tale contributo e 20 log 2 che nel piano log
|G(i)|db rappresenta una retta con pendenza di 40 db/decade. Rias-
sumendo risulta

20 log 1 = 0 << 0 k
20 log |1 + 2hk i/0 k 2 /0 2k | '

40 log >> 0 k

I due andamenti asintotici hanno in comune il punto di ascissa =


0 k . Landamento asintotico delineato non tiene ovviamente conto
delleventuale picco di risonanza in prossimita di = 0k , come mo-
strato nel paragrafo 4.1. Si ricorda che i poli risultano complessi co-
niugati se 0 < h < 1, e che il picco di risonanza non si presenta per
h > 0.75. Il contributo di questo termine e riportato in figura 5.13.
P
5. Il termine i 20 log |1 + i i| rappresenta il contributo degli zeri reali.
Il suo effetto e determinabile dallanalisi fatta sui poli reali. Luni-
ca differenza e il segno del termine, per cui il contributo introdotto

appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Universita di Bergamo
102 CAPITOLO 5. FUNZIONI DI TRASFERIMENTO

|Gc (i)|db
50
40 h = 0.1
30 h = 0.4
h = 0.75
20
asintotico
10
0
-10
-20
-30
-40 log
1 10 100 1000

Figura 5.13: Diagrammi di Bode asintotico per il termine Gc (s) = 1/(1 +


2hk s/0 k + s2 /0 2k ), per 0 k = 100

coincide con quello dei poli reali a meno del segno.



20 log 1 = 0 << 1/i
20 log |1 + i i| '

20 log >> 1/i
P
6. Il termine l 20 log |1 + 2hl i/0l 2 /02l | rappresenta il contributo
degli zeri complessi coniugati. Il suo effetto e determinabile dallanalisi
fatta sui poli complessi coniugati. Lunica differenza e il segno del
termine, per cui il contributo introdotto coincide con quello dei poli
complessi coniugati a meno del segno.

20 log 1 = 0 << 0l
20 log |1 + 2hl i/0l 2 /02l | '

40 log >> 0l

Diagramma asintotico della fase


Per la determinazione del diagramma asintotico della fase si deve considerare
il contributo dei termini analizzati discutendo del diagramma del modulo.
Ad una determinata pulsazione si devono considerare tutti i poli e gli
zeri che hanno modulo minore di . Ogni zero che soddisfa tale condizione
introduce uno sfasamento di +90 , mente ogni polo che soddisfa la condi-
zione introduce uno sfasamento di 90 . La fase in continua (quindi quella
iniziale) e pari a 0 se > 0, altrimenti e 180 se < 0.
La figura 5.14 riporta il diagramma di bode asintotico del sistema del
secondo ordine di figura 5.7.

appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Universita di Bergamo
CAPITOLO 5. FUNZIONI DI TRASFERIMENTO 103

|G(i)|db
-50

-60

-70

-80

-90

-100

-110

-120 log
0.1 1 10 100 1000
arg |G(i)|
0
-20
-40
-60
-80
-100
-120
-140
-160
-180 log
0.1 1 10 100 1000

Figura 5.14: Diagrammi di Bode asintotici del modulo e della fase della
figura 5.8

appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Universita di Bergamo
104 CAPITOLO 5. FUNZIONI DI TRASFERIMENTO

appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Universita di Bergamo
Capitolo 6

Introduzione al controllo
dei sistemi meccanici

In questo capitolo vengono introdotti i concetti fondamentali del regolazione


dei sistemi meccanici, facendo riferimento al controllo di sistemi meccanici
movimentati da alcuni tipi di sistemi azionamento.
Vengono inizialmente presentati i modelli di alcuni sistemi di aziona-
mento e successivamente sviluppate le tecniche di regolazione piu diffuse in
ambito industriale. La parte di controllo fara riferimento a sistemi lineari o
comunque linearizzati in un intorno della posizione di funzionamento.

6.1 Modello motore corrente continua


In questa parte vengono messi in rilievo i principi di funzionamento dei mo-
tori in corrente continua, con particolare riferimento alle caratteristiche che
li rendono adatti alle applicazioni richiedenti il controllo del movimento. Per
questo tipo di applicazioni la tensione e la corrente di alimentazione del mo-
tore vengono opportunamente imposte per mezzo di azionamenti elettronici
di potenza.
Durante il funzionamento di un motore elettrico viene trasformata ener-
gia elettrica in energia meccanica o, in particolari condizioni, la trasforma-
zione inversa. Il bilancio energetico di tale trasformazione, con riferimento
alla figura 6.1, puo essere dedotto dalle seguenti leggi: se un conduttore di
lunghezza l si muove in un campo magnetico, descritto dal flusso magnetico
B, con velocita v si genera una forza elettro motrice e

e = lB v (6.1)

105
106 CAPITOLO 6. INTRODUZIONE AL CONTROLLO DEI SISTEMI MECCANICI
i

F i

F
B
B

Figura 6.1: Leggi fondamentali per il funzionamento del motore c.c.

Se un conduttore percorso da corrente i viene posto in un campo magnetico,


descritto dal flusso magnetico B, e soggetto ad una forza

F = lB i. (6.2)

Per generare coppia allalbero del motore si deve quindi creare un cam-
po magnetico in cui disporre uno o piu conduttori percorsi da corrente.
Per raggiungere tale scopo si utilizzano due avvolgimenti, in uno dei quali
viene imposta la corrente di alimentazione per generare il campo magneti-
co di intensita desiderata, mentre nellaltro viene imposta una tensione di
alimentazione, da cui dipende il valore della corrente che ne percorre gli av-
volgimenti. In alcuni casi viene imposta la corrente anche in questo secondo
avvolgimento.
Lavvolgimento in cui viene imposta la tensione di alimentazione e detto
avvolgimento di armatura, solitamente e lavvolgimento rotorico, ed in esso
circola la corrente che interagisce con il flusso magnetico B, responsabile
della generazione della coppia. Lavvolgimento in cui si impone la circo-
lazione della corrente per la generazione del campo magnetico viene detto
avvolgimento di campo, o avvolgimento statorico.
In un motore corrente continua viene imposta una corrente allavvolgi-
mento di campo per creare il flusso di campo magnetico allinterno della
macchina. Per ottenere coppia sul rotore della macchina e necessario ren-
dere solidale con il rotore una o piu spire percorse da corrente. Queste spire
costituiscono lavvolgimento rotorico e vengono connesse con lalimentazione
esterna per mezzo di un collettore a lamelle. Il collettore ha un certo nume-
ro di coppie di lamelle, disposte in senso assiale, fra di loro elettricamente
isolate, su cui strisciano le spazzole e a cui sono collegate gli avvolgimenti
del rotore. La continuita elettrica fra alimentazione e spire del rotore colle-
gate al collettore e garantita da contatti striscianti detti spazzole (realizzate
nella maggior parte dei casi in grafite).

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CAPITOLO 6. INTRODUZIONE AL CONTROLLO DEI SISTEMI MECCANICI 107

avvolgimento di campo collettore


spazzola spira
F

F
B

Figura 6.2: Motore corrente continua elementare

Lalimentazione applicata dallesterno e una tensione continua, da cui


deriva il nome dato a questo tipo di macchine.
Se lavvolgimento rotorico e costituito da una sola spira (vedi figura 6.2)
la coppia applicata al rotore dipende dalla proiezione della forza F applicata
allavvolgimento sulla perpendicolare al piano passante per lasse del rotore,
che lo contiene, ha quindi andamento sinusoidale ed e massima per = 0,
nulla per = 90. In questultima posizione il motore non e in grado di
funzionare, per generare coppia un sistema ad una sola spira come quello
descritto deve spostarsi da questa posizione.
Quando il rotore e ruotato per piu di 90 gradi, il verso della tensione
di alimentazione applicata alla spira viene invertito per la nuova posizione
relativa fra collettore e spazzole, il verso delle forze applicate alla spira si in-
verte. Questo permette di generare una coppia motrice sempre nello stesso
verso e quindi di far ruotare il rotore in continuazione. La tensione applicata
sullavvolgimento di armatura e quindi alternata, spazzole e collettore fun-
zionano da inverter, convertono la tensione continua in alternata, quando
il flusso di energia va dal motore verso il carico, da rettificatore, convertono
la tensione da alternata in continua, in caso contrario.
Linversione della polarita di alimentazione della spira di armatura deve
avvenire quando la corrente che fluisce in essa e nulla, in caso contrario le-
nergia residua presente nella spira viene dissipata bruscamente sotto forma
di scintillio fra spazzole e collettore. Listante in cui la corrente si annulla
dipende dai parametri elettrici della spira (induttanza e resistenza) e dal
valore della forza contro-elettro motrice (f.c.e.m).
Nel rotore vengono poste piu spire a costituire lavvolgimento di armatu-
ra, esse possono essere avvolte sul rotore e collegate ai segmenti del collettore
in vario modo, un esempio di questi (lap-winding) e riportato in figura 6.3
a).

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108 CAPITOLO 6. INTRODUZIONE AL CONTROLLO DEI SISTEMI MECCANICI

espansioni polari spira


collettore ia

spazzola
Va

Figura 6.3: a) Schematizzazione rotore, b) Schematizzazione della


connessione delle spire.

In questo tipo di schematizzazione supponiamo che i due rami che costi-


tuiscono la spira, sezionati nella figura, siano sfasati fra di loro di 180 gradi,
ovvero la spira appartenga ad un piano passante per lasse del rotore come
precedentemente illustrato. E possibile rilevare che in meta dei rami delle
spire degli avvolgimenti la corrente fluisce in un senso, nellaltra meta nel
verso opposto. In particolare i conduttori con la croce identificano quelli
che sono percorsi da corrente che entra nel piano del disegno, mentre quelli
con il pallino sono percorsi da corrente che esce dal piano del foglio.
Per alimentare gli avvolgimenti del rotore in questo modo, si ricorre
ad un collegamento fra le varie spire come quello rappresentato in figura
6.3 b). In questa figura si osserva che, in funzione della posizione spaz-
zole/collettore, ci sono due circuiti costituiti dalle spire collegate in serie,
percorse da corrente di verso opposto, a seconda che si parta dalla spira a fi-
no al punto b in senso antiorario oppure in senso orario. In questa posizione
la spira a e ortogonale al campo (f.c.e.m nulla), viene quindi chiusa in corto
circuito in modo che la corrente che in essa fluisce possa annullarsi, per poi
cambiare verso nella successiva commutazione. Lenergia immagazzinata
dallinduttanza della spira viene dissipata sulla resistenza complessiva della
spira. Il tempo in cui la corrente allinterno della spira si annulla dipende
dai valori di induttanza e di resistenza della spira stessa.
Se la f.c.e.m non e nulla, le spire che stanno per commutare (sono corto-
circuitate su se stesse) sono soggette ad una corrente di corto circuito che
produce calore, coppia frenante e scintillio fra spazzole e collettore. Per
ridurre queste perdite di energia la commutazione delle spire avviene in una
zona neutra, ovvero in una zona in cui il flusso di campo magnetico e nullo.
Le zone in cui il flusso esiste vengono dette zone polari. Si osservi nella
figura 6.3 che la zona neutra e quella in cui il rotore sporge dalle espansioni
polari.

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CAPITOLO 6. INTRODUZIONE AL CONTROLLO DEI SISTEMI MECCANICI 109

6.1.1 Modello elettrico


In questo paragrafo viene discusso il modello elettrico del motore, mettendo
in evidenza come le caratteristiche fisiche del motore e le grandezze di co-
mando del motore, tensioni e correnti, influenzano la velocita del rotore e la
coppia prodotta. Si fara riferimento soprattutto al motore corrente continua
a magneti permanenti.

Figura 6.4: Modello elettrico motore in corrente continua a magneti


permanenti

Con riferimento alla figura 6.4 per lavvolgimento di armatura e possibile


scrivere lequazione
di
Va = iR + L + Vcem (6.3)
dt
in cui Vcem e la forza contro elettromotrice. Il valore di questultima e della
coppia erogata viene determinata per mezzo della 6.1 e della 6.2. Vcem e
proporzionale alle dimensioni degli avvolgimenti, alla velocita di rotazione
del rotore e al campo magnetico, quindi allintensita del campo magnetico.

Vcem = Kv . (6.4)

La coppia prodotta al rotore sara proporzionale alle dimensioni degli


avvolgimenti, alla corrente di armatura ia che li attraversa e al campo
magnetico, quindi allintensita campo magnetico

Mm = Kt i . (6.5)

In condizioni di regime (i = cost), le relazioni precedenti costituiscono un


sistema lineare dal quale e possibile ricavare lequazione della curva carat-
teristica del motore, che lega la coppia prodotta alla velocita di rotazione
del motore
Va K t Kt Kv
Mm = . (6.6)
R R

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110 CAPITOLO 6. INTRODUZIONE AL CONTROLLO DEI SISTEMI MECCANICI

Figura 6.5: Curva caratteristica motore corrente continua a magneti


permanenti

Le costanti di velocita Kv e di coppia Kt del motore, se espresse nel sistema


internazionale, hanno lo stesso valore numerico, quindi vengono in generale
indicate con K. Per questo sistema di misura la K puo essere espressa in
V Nm
Arad/s per determinare la Vcem e in A per determinare la coppia prodotta
dal motore.
La curva caratteristica ottenuta, rappresentata in figura 6.5, e allora
una retta, con pendenza negativa K 2 /R, dipendente dalle caratteristiche
del motore (avvolgimenti e campo magnetico). I punti di intersezione della
curva caratteristica con lasse delle ascisse e 0 = Va /K, mentre il punto
di intersezione con lasse delle ordinate e Va K/R. La curva caratteristi-
ca trasla al variare della tensione di alimentazione, si sposta verso destra
allaumentare della tensione di alimentazione.

Va K K2
Mm = . (6.7)
R R

6.1.2 Comportamento dinamico


Lanalisi del comportamento dinamico di un motore in corrente continua,
accoppiato ad un carico puramente inerziale Jr0 ridotto allalbero del motore,
come rappresentato in figura 6.6, puo essere facilmente condotta analizzando
la funzione di trasferimento fra tensione applicata al motore Va e velocita
di rotazione del motore.
La coppia prodotta dal motore sara allora equilibrata dalla coppia di-
nerzia
Mm = (Jm + Jr0 ) , (6.8)

appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Universita di Bergamo
CAPITOLO 6. INTRODUZIONE AL CONTROLLO DEI SISTEMI MECCANICI 111

Figura 6.6: Motore in c.c. con carico puramente dinamico

Figura 6.7: Diagrammi di Bode della funzione di trasferimento del motore


in c.c.

per cui ricordando la 6.5 si ottiene


(Jm + Jr0 )
i= . (6.9)
K
Sostituendo questa espressione nella 6.3 si ottiene
(Jm + Jr0 )
Va = R + Li + K . (6.10)
K
La funzione di trasferimento cercata puo essere facilmente determinata
trasformando con Laplace le relazioni 6.9 e 6.3. Si ottiene
(Jm + Jr0 )
I(s) = s(s) (6.11)
K
Va (s) = RI(s) + LsI(s) + K(s) (6.12)
da cui, eliminando I(s) si ottiene

(Jm + Jr0 )
Va (s) = (R + Ls) s(s) + K(s) (6.13)
K
e quindi la funzione di trasferimento
(s) 1 1
= (6.14)
Va (s) K (1 + e s)m s + 1

appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Universita di Bergamo
112 CAPITOLO 6. INTRODUZIONE AL CONTROLLO DEI SISTEMI MECCANICI

|G(i)|
100
e = m
e = 0.05m
10 e = 0

0.1

0.01 log
0.1 1 10 100 1000 10000

Figura 6.8: Influenza di e sulla funzione di trasferimento del motore in c.c.

Figura 6.9: Diagrammi di Bode della funzione di trasferimento del motore


in c.c. considerando solo m

in cui e e la costante di tempo del circuito elettrico di armatura


L
e = , (6.15)
R
mentre m e la costante di tempo meccanica
Jm + Jr0 RJ
m = R 2
= 2 . (6.16)
K K
In generale la costante di tempo elettrica e molto piu bassa di quella
meccanica (e << m ), ed in prima approssimazione si potrebbe considerare
solo la costante di tempo meccanica.
Nel caso generale la funzione di trasferimento ha allora due poli
p s
m m 2 4 1 m 4e
e m
p1,2 = = (6.17)
2e m 2e 4e2 m

appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Universita di Bergamo
CAPITOLO 6. INTRODUZIONE AL CONTROLLO DEI SISTEMI MECCANICI 113

|G(i)|
10
K
2K
4K
1

0.1

0.01 log
0.1 1 10 100 1000 10000

Figura 6.10: Influenza di K sulla funzione di trasferimento del motore in


c.c.

Le soluzioni risultano complesse coniugate se e > 14 m , in questo caso


la funzione di trasferimento 6.14 puo essere scritta nella forma

(s) 1 1
= 2 2 (6.18)
Va (s) K s /0 + s2h/0 + 1

nella quale si riconoscono i termini caratteristici di unp sistema vibrante,



0 = 1/ e m e la pulsazione propria, mentre h = 12 m /e e lindice di
smorzamento.
Il comportamento di regime puo essere analizzato studiano il diagramma
di Bode della funzione di trasferimento, rappresentato per modulo e fase in
figura 6.7, nelle quali e indicato il guadagno in continua 1/K ed il modulo
dei poli complessi coniugati 0 .
Nel caso in cui sia e << m (figure 6.8), la costante di tempo elettrica
puo essere trascurata rispetto a quella meccanica in quanto la larghezza di
banda e determinata principalmente dalle caratteristiche meccaniche (rap-
presentate dal polo 1/m ). In questo caso la funzione di trasferimento puo
assumere la forma che mette in evidenza il solo polo meccanico

K2
pm = (6.19)
R(Jm + Jr0 )

(s) 1 1
G(s) = = . (6.20)
Va (s) K m s + 1
Il diagramma asintotico di Bode e riportato nella figura 6.9.

appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Universita di Bergamo
114 CAPITOLO 6. INTRODUZIONE AL CONTROLLO DEI SISTEMI MECCANICI

M
10
K
2K
8
4K

0
0 100 200 300 400 500 600

Figura 6.11: Influenza di K sulla curva caratteristica del motore in c.c., a


parita di tensione di alimentazione

In ogni caso il modulo dei poli complessi coniugati e del semplice polo
meccanico aumenta al diminuire dellinerzia J = Jm + Jr0 complessiva e al-
laumentare della costante di coppia K del motore. Un aumento del modulo
dei poli indica un aumento della velocita di risposta del sistema. Linfluenza
della costante K sulla funzione di trasferimento e sulla curva caratteristica
e rappresentata nelle figure 6.10 e 6.11. Allaumentare della costante carat-
teristica K del motore diminuisce pero il guadagno in continua, ovvero a
parita di tensione di alimentazione si ottengono velocita di regime minori.
Questo comportamento e mostrato in figura 6.11 in cui, a parita di tensione
di alimentazione, un aumento di K porta ad un aumento della pendenza e
ad un arretramento della curva caratteristica.

Mr
Mm
Va + I + ?
- h - 1
R(1+se )
- K - h - 1 -
sJ
6
Vcem

Figura 6.12: Schema a blocchi del motore CC ad anello aperto

appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Universita di Bergamo
CAPITOLO 6. INTRODUZIONE AL CONTROLLO DEI SISTEMI MECCANICI 115

Le relazioni precedenti possono essere rappresentate per mezzo dello


schema a blocchi di figura 6.12. Da questo diagramma si puo ottenere la
variazione di velocita ad un gradino di coppia resistente Mr .
(s) (1 + se )Ra (1 + sa )Ra /K 2
G2 (s) = = 2 = (6.21)
Mr (s) K + (Ra + sL)Jm s 1 + (1 + se )sm
Il denominatore di queste relazioni presenta due soluzioni (due poli) alle
pulsazioni
p s
m m 2 4 1 m 4e
e m
p1,2 = = (6.22)
2e m 2e 4e2 m

La risposta in condizioni di stazionarieta (regime) ad un gradino U (s) =


Mr /s di coppia esterna, puo essere determinata ricorrendo al teorema del
valore finale
Mr
= lim s G2 (s) (6.23)
s0 s
per cui la risposta a transitorio esaurito puo essere determinata ponendo
s = 0 nella 6.21
R
= 2 Mr . (6.24)
K
Si osserva che al crescere della costante K del motore diminuisce la sensibilia
ai disturbi di coppia provenienti dal carico. Infatti un aumento di K implica
un aumento della pendenza della curva caratteristica del motore (figura
6.11), il parametro K 2 /R rappresenta percio la rigidezza del motore.

6.2 Accoppiamento statico con il carico

Figura 6.13: Motore accoppiato ad un utilizzatore

Il sistema motore-utilizzatore di figura 6.13, ha un punto di funziona-


mento statico raggiunto in condizioni di regime elettrico e meccanico, de-
finito dallintersezione delle curve caratteristiche del motore e del carico,

appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Universita di Bergamo
116 CAPITOLO 6. INTRODUZIONE AL CONTROLLO DEI SISTEMI MECCANICI

questultima proiettata allasse del motore, come rappresentato in figura


6.14.

Figura 6.14: Punto di funzionamento di regime

Il punto di funzionamento di regime e caratterizzato dalle coordinate


, M , e dipende dalle due curve caratteristiche. La velocita di regime
calcolata, sara tanto piu corrispondente a quella realmente ottenibile (accop-
piando il motore allutilizzatore) tanto piu le curve caratteristiche tracciate,
dipendenti dal modello matematico del motore e del carico, rappresenta-
no le condizioni di funzionamento di regime di motore e carico. Dipende
essenzialmente dalla bonta di tali modelli rispetto al comportamento reale
degli effettivi dispositivi, funzione della stima dei parametri, numero dei
parametri utilizzati, ecc..
Le incertezze, in generale non note, sui modelli che identificano le due
curve caratteristiche possono essere rappresentate da un termine addizionale
rispetto al modello nominale di motore e carico. Per il motore leffettiva
curva caratteristica puo essere espressa dalla relazione
Mm = Mmn (Va , ) + Mmd (t, pm ) (6.25)
in cui Mmn rappresenta il modello nominale del motore, mentre il termine
Mmd rappresenta il contributo delle incertezze dei parametri o di disturbi
esterni. Il vettore pm identifica un insieme di parametri responsabili dello
scostamento del motore dal comportamento nominale. Fra questi parametri
possono ad esempio rientrare la tolleranza dei parametri caratteristici del
motore, come la resistenza R di armatura o la costante K di coppia del
motore. Nel caso di motore ideale e Mmd = 0. Analogamente per la curva
caratteristica del carico
Mr = Mrn () + Mrd (t, pr ) . (6.26)

appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Universita di Bergamo
CAPITOLO 6. INTRODUZIONE AL CONTROLLO DEI SISTEMI MECCANICI 117

Nelle condizioni di equilibrio statico dovra pertanto risultare Mm = Mr

Mmn (Va , ) + Mmd (t, pm ) = Mrn () + Mrd (t, pr ) (6.27)

dalla quale, per una prefissata tensione Va , e possibile determinare la ve-


locita di funzionamento di regime. Tale risultato dipende non solo dalle
caratteristiche nominali di motore ed utilizzatore, ma anche da quanto essi
si scostano dalle condizioni nominali di funzionamento.
Leffettiva velocita di regime dipende percio da parametri a priori non
noti, o difficilmente identificabili, e non e possibile in generale ottenere un
modello analitico che permetta di determinare la tensione Va di alimentazio-
ne necessaria affinche il motore accoppiato al carico raggiunga una velocita
di funzionamento richiesta r . Questo problema e ulteriormente rimarcato
se si considera una serie di dispositivi, costituiti da motori accoppiati ad
utilizzatore, nominalmente uguali fra loro. In realta i dispositivi della se-
rie citata non sono fra di loro uguali, basti solo pensare alla tolleranza con
cui sono realizzati ed alle diverse condizioni operative (si pensi ad esem-
pio allinfluenza della temperatura sugli attriti e sul valore della resistenza
elettrica del circuito di armatura).
I modelli nominali di motore (Mmn ) e carico (Mrn ) non permettono
quindi, nei casi in cui essi non tengano adeguatamente conto di tutti i pa-
rametri che partecipano alla descrizione del problema fisico, di determinare
la reale dipendenza della velocita di regime dalla tensione di alimentazione
del motore.
Questo concetto e chiaramente estendibile a tutti gli altri casi in cui
si debba determinare la dipendenza della variabile fisica di interesse, detta
variabile controllata (in questo caso la velocita di regime), dalla variabile
fisica di comando, detta variabile di controllo (in questo caso la tensione di
alimentazione del motore).

6.3 Controllo in anello aperto


I modelli nominali di motore (Mmn ) e carico (Mrn ) permettono allora solo
una stima della tensione di alimentazione del motore necessaria allotteni-
mento della velocita di regime richiesta r , in generale si ottera una velocita
di regime 6= r . Una possibile soluzione e lintroduzione di una sistema
di regolazione ad anello aperto basato sulla conoscenza del comportamento
statico del sistema.
La dizione anello aperto sta ad indicare che il segnale imposto al sistema,
in questo caso la tensione di alimentazione del motore, viene imposta senza
considerare leffettiva risposta del sistema.
La determinazione del reale comportamento statico del sistema, ovvero
la determinazione della dipendenza della velcita di regime dalla tensione di

appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Universita di Bergamo
118 CAPITOLO 6. INTRODUZIONE AL CONTROLLO DEI SISTEMI MECCANICI

Figura 6.15: Curva di taratura e blocco rappresentativo

alimentazione, e ottenibile efficacemente per via sperimentale. Si tratta allo-


ra di determinare la curva di taratura dellintero sistema, motore accoppiato
allutilizzatore (figura 6.13). Lattivita sperimentale prevede lapplicazione
di un insieme di valori di tensioni di alimentazioni Va , di attendere per ognu-
na di esse linstaurarsi delle condizioni di regime, e quindi misurare la reale
velocita di regime ottenuta. La curva di taratura (figura 6.15) e linsieme
di questi punti determinati sperimentalmente, che hanno ascisse corrispon-
denti alla reale velocita di regime raggiunta, e ordinate corrispondenti alla
tensione di alimentazione applicata al motore.
Volendo ora determinare la tensione Va necessaria per ottenere una vel-
cocita di regime r , si dovra individuare sullasse delle ascisse della curva di
taratura il valore della velocita cercata e determinare in corrispondenza sul-
lasse delle ordinate il valore della tensione di alimentazione cercato. Questo
utilizzo della curva di taratura pio essere efficacemente rappresentato come
un blocco (figura 6.15) Fw che permette di trasformare la velocita richie-
sta r in ingresso, nelluscita corrispondente alla tensione di alimentazione
Va cercata.
Nellinsieme, blocco di taratura e sistema (motore ed utilizzatore) pos-
sono allora essere rappresentati nello schema a blocchi di figura 6.16.

Figura 6.16: Controllo in anello aperto con blocco di taratura

Tale schema operativo non risolve completamente il problema dellotteni-


mento di una prefissata velocita di funzionamento di regime. Basti pensare
al fatto che la taratura introdotta non puo soddisfare tutte le condizioni
operative di funzionamento e tutte gli accoppiamenti motore ed utilizzatore

appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Universita di Bergamo
CAPITOLO 6. INTRODUZIONE AL CONTROLLO DEI SISTEMI MECCANICI 119

nominalmente uguali. Inoltre tale approccio non tiene conto del comporta-
mento dinamico dellintero sistema. Lapproccio della regolazione ad anello
chiuso permettera di eliminare buona parte di queste limitazioni.

6.4 Controllo in anello chiuso

Figura 6.17: Schema di controllo ad anello chiuso

Lo schema di controllo ad anello chiuso si contrappone a quello ad anello


aperto in quanto il segnale di comando imposto al sistema e determinato
istante per istante in funzione della risposta del sistema. Si introduce quindi
un segnale di retroazione che riporta verso lingresso le informazioni relative
alluscita del sistema. Si tratta quindi di introdurre nel sistema un oppor-
tuno sensore che permetta la misura della variabile controllata, in modo che
in base al suo valore ed in funzione della logica di regolazione, rappresentata
in figura 6.17 dal blocco R, si imponga un opportuno comando al sistema.
Nello schema presentato in figura, al segnale generato dal blocco di taratura
viene sommato un contributo dipendente dal blocco di regolazione R e dal
suo ingresso r , differenza fra la velocita richiesta e la velocita effettiva,
rappresentate istante per istante lerrore di velocita.
Per evidenziare a livello qualitativo, in condizioni di regime, leffetto del-
la regolazione ad anello chiuso, si ipotizza una legge di regolazione propor-
zionale allerrore di velocita R = Kp . Il segnale u(t) in ingresso al sistema
sara u(t) = r Fw + Kp (r ), per cui se la velocita attuale e minore
di quella richiesta < r , al segnale in uscita dal blocco di taratura vie-
ne aggiunto un contributo tendente a ridurre leffetto dellerrore di velcita,
dovuto a scostamenti del sistema dalla situazione di taratura.
Lintroduzione dello schema di controllo ad anello chiuso modifica anche
il comportamento dinamico del sistema. Si valutera per sistemi lineari o
linearizzati come cambia il comportamento statico e dinamico in funzione
di comuni logiche di regolazione.
Lanalisi del contributo della retroazione tramite il blocco di regolazione,
sara condotto prescindendo dalla parte di taratura.

appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Universita di Bergamo
120 CAPITOLO 6. INTRODUZIONE AL CONTROLLO DEI SISTEMI MECCANICI

6.4.1 Funzione di trasferimento ad anello chiuso


Per la determinazione del comportamento statico e dinamico dei sistemi ad
anello chiuso si fara riferimento al solo contributo dellanello di retroazione
presentato in figura 6.18, dedotto da quello di figura 6.17 trascurando la
parte di taratura.

Figura 6.18: Controllo in anello chiuso

Il comportamento dinamico del sistema retroazionato e descritto dalla


funzione di trasferimento H(s) fra il segnale di uscita e quello in ingresso
r . Il legame fra ingresso ed uscita di un sistema retroazionato puo essere
determinato risolvendo lo schema a blocchi nel dominio delle trasformate di
Laplace. Dalla figura 6.18 risulta

(r (s) (s))R(s)G(s) = (s) (6.28)

da cui si ottiene
(s) R(s)G(s)
H(s) = = . (6.29)
r (s) 1 + R(s)G(s)
Come indicato presentando le caratteristiche delle funzioni di trasferi-
mento, la stabilita del sistema e la sua risposta dinamica sono direttamente
collegate ai poli della H(s). Essi dipendono dal regolatore R(s) utilizza-
to. Unaccorta scelta del funzione di trasferimento del regolatore permet-
te allora, entro i limiti di linearita del sistema, di ottenere un desiderato
comportamento dinamico del sistema ad anello chiuso.

6.4.2 Regolatori PID


I regolatori lineari piu diffusi in ambito industriale sono i regolatori PID,
cos detti in quanto la loro uscita dipende proporzionalmente (P), dallin-
tegrale (I) e dalla derivata (D) dellingresso. Nel dominio delle trasformate
di Laplace la funzione di trasferimento del regolatore PID e

Ki 1
R(S) = Kp + Kd s + = Kp 1 + Ti s + (6.30)
s Td s
in cui le costanti Kp , Kd o Ki (o le equivalenti Kp , Td e Ti ) sono le costanti
delle tre componenti del regolatore.

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CAPITOLO 6. INTRODUZIONE AL CONTROLLO DEI SISTEMI MECCANICI 121

Per valutare il contributo delle componenti si fara riferimento alla re-


golazione in anello chiuso della velocita di un motore in corrente continua
collegato ad un carico puramente inerziale.

Regolatore proporzionale
In questo caso il regolatore ha funzione di trasferimento R(s) = Kp , mentre
la funzione di trasferimento del motore accoppiato al carico, trascurando
il transitorio della parte elettrica, e espresso dalla 6.20. La funzione di
trasferimento ad anello chiuso risulta allora dalla 6.29
1 1
Kp K m s+1
H(s) = 1 1 (6.31)
1 + Kp K m s+1

in cui m = RJ/K 2 (vedi equazione 6.16). Si ottiene


Kp K Kp 1
H(s) = = RJ
. (6.32)
RJs + K 2 + KKp K + Kp K 2 +KKp s +1

La funzione di trasferimento ha un polo reale negativo

K2 KKp
p= (6.33)
RJ RJ
piu piccolo in senso algebrico del polo K 2 /RJ (vedi 6.19) della G(s), fun-
zione di trasferimento del sistema motore e carico in anello aperto. Il polo
diventa sempre piu piccolo allaumentare della costante Kp del regolatore,
ad indicare il fatto che il sistema diventa sempre piu veloce allaumentare
di Kp (si veda a tale proposito il paragrafo 5.2.2 di pagina 89). La figura

Figura 6.19: Diagramma asintotico di Bode del modulo di H(s)

6.19 riporta i diagrammi asintotici di bode della funzione di trasferimento


H(s). Da essi si possono avere indicazioni sulla risposta di regime a richie-
ste di velocita con andamento sinusoidale di pulsazione . Il modulo del
polo aumenta con Kp , ad indicare che la larghezza di banda del sistema
aumenta con la costante del regolatore. Inoltre il guadagno in continua

appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Universita di Bergamo
122 CAPITOLO 6. INTRODUZIONE AL CONTROLLO DEI SISTEMI MECCANICI

= Kp /(K + Kp ) tende al valore unitario allaumentare del valore di Kp


rispetto a K. Cio indica che lampiezza della velocita in uscita, per frequen-
ze minori di quella di taglio, e tanto piu prossima a quella richiesta quanto
piu e elevato il valore di Kp rispetto a K.

Figura 6.20: Risposta al gradino unitario della H(s)

La figura 6.20 riporta la risposta al gradino unitario per il sistema ad


anello chiuso. Il valore a cui si assesta la risposta puo essere determi-
nato con il teorema del valore finale (vedi paragrafo 5.2.2) ed e pari a
= Kp /(K + Kp ). Lerrore fra il valore di regime richiesto (unitario) e
quello effettivamente ottenuto tende allora ad annullarsi allaumentare del-
la costante Kp , come gia messo in evidenza dallo studio in frequenza della
H(s). La velocita di risposta al gradino, dipende dal modulo del polo della
H(s). Allaumentare della costante Kp si riduce il tempo di risposta del
sistema, risulta quindi piu pronto.
Laumento di prestazioni dinamiche imputato alla costante Kp del rego-
latore e valida fino a che lintero sistema rimane nel campo di linearita in cui
e stato sviluppato il modello. Infatti nella trattazione non si tengono conto
delle inevitabili saturazioni che intervengono sulleffettivo funzionamento del
sistema. Si pensi ad esempio alla limitazione dovuta alla massima tensione
di alimentazione (Va ) applicabile al motore dal sistema di regolazione.
Lintroduzione della retroazione rende piu insensibile il sistema ai di-
sturbi di coppia applicati dallesterno. Lanalisi dellinfluenza dei disturbi
di coppia sul sistema ad anello aperto e stata condotta nel paragrafo 6.1.2
ottenendo la relazione 6.24. Per ripercorrere lanalisi fatta per il sistema
retroazionato si prende in considerazione lo schema a blocchi di figura 6.21,
ottenuto da quello di figura 6.18 a cui si e sostituito al blocco G(s) lo schema
a blocchi di figura 6.12. Considerando solo leffetto del momento resistente
Mr sulluscita , si ottiene

K 1
(Kp K) Mr = (6.34)
R Js
e quindi la funzione di trasferimento
R 1
Hd (s) = = 2 2
. (6.35)
Mr K + KKp JRs/(K + KKp ) + 1

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CAPITOLO 6. INTRODUZIONE AL CONTROLLO DEI SISTEMI MECCANICI 123

Figura 6.21: Schema a blocchi per valutare linfluenza di disturbi esterni di


coppia

La risposta in ad un gradino di coppia resistente di altezza Mr e rappre-


sentato in figura 6.22. Il valore di regime a cui tende la risposta e, per il

Figura 6.22: Risposta in velocita ad un disturbi di coppia a gradino

teorema del valore finale


Mr R
() = lim s Hd (s) = Mr 2 . (6.36)
s0 s K + KKp

Dal confronto di questa relazione con la 6.24, determinata per il sistema in


anello aperto, si osserva che il sistema e tanto piu insensibile agli affetti dei
disturbi esterni di coppia tanto piu Kp e elevato. Il sistema retroaziona-
to si comporta allora come se il motore avesse una curva caratteristica di
pendenza K 2 /R KKp /R, maggiore rispetto a quella ad anello aperto
pari a K 2 /R. Leffetto e illustrato in figura 6.23. Si osserva che a parita
di ampiezza del disturbo di coppia, la variazione di velocita a transitorio
esaurito nel caso di sistema retroazionato e minore che nel caso ad anello
aperto.
Leffetto che si ottiene dal punto di vista statico con lintroduzione della
retroazione e allora laumento di rigidezza del sistema, a parita di carico si
ottengono minori variazioni di velocita. Al limite, per elevati valori di Kp , si
puo ottenere una rigidezza infinita, equivalente ad una curva caratteristica
verticale del motore.

appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Universita di Bergamo
124 CAPITOLO 6. INTRODUZIONE AL CONTROLLO DEI SISTEMI MECCANICI

Figura 6.23: Effetto di un disturbo di coppia Mr

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Appendice A

Dal P.L.V. al teorema


dellenergia cinetica

Per un sistema in equilibrio statico con vincoli bilateri, a cui sono applicate
le forze f i nei punti pi , la condizione di equilibrio e espressa secondo il PLV
nella forma X
f i pi = 0 (A.1)
in cui pi e lo spostamento virtuale invertibile (essendo i vincoli bilateri)
del punto pi .
Lequilibrio di sistemi meccanici in moto vario puo essere studiato con la
stessa relazione ricorrendo al principio di DAlambert, considerando quindi
accanto alle forze attive agenti sul sistema anche le forze dinerzia. Lespres-
sione risultate sara allora
X
(f i mi ai ) pi = 0 . (A.2)

Gli spostamenti virtuali pi sono per loro definizione quelli compatibili


con i vincoli, prendendoli piccoli a piacere possono essere espressi in funzione
della velocita del punto
pi = v i dt (A.3)
per cui X X
f i v i dt mi ai v i dt = 0 . (A.4)
La componente dellaccelerazione che contribuisce al prodotto scalare con
la velocita e solamente quella tangente alla traiettoria (parallela al vetto-
re velocita v i = vi~t) per cui il contributo delle forze dinerzia puo essere
espresso nella forma
vi ~ ~
mi ai v i dt = mi t vi tdt . (A.5)
dt

125
126 APPENDICE A. DAL P.L.V. AL TEOREMA DELLENERGIA CINETICA

Nel caso in cui la massa mi sia costante lespressione precedente e la varia-


zione dellenergia cinetica

vi 1
mi ~t vi~tdt = mi vi2 (A.6)
dt 2

che porta alla relazione che lega la somma dei lavori compiuti dalle for-
ze motrici, forze resistenti e dissipative alla variazione dellenergia cinetica
dellintero sistema
X 1
Lm Lr Lp = mi vi2 . (A.7)
2

Analogamente, considerando le variazioni nellintervallo di tempo infini-


tesimo dt, si ottiene la relazione che esprime il bilancio di potenza
X X d 1
Wi = mi vi2 . (A.8)
dt 2

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Appendice B

Trasformata di Laplace

La trasformata di Laplace F (s) di una funzione f della variabile reale t e


definita dallintegrale
Z +
F (s) = L [f (t)] = f (t)est dt (B.1)
0

dove s = + i e una variabile complessa. La trasformata di Laplace F (s)


della funzione f (t) e una funzione complessa della variabile complessa s,
ed esiste se esiste lintegrale che ne definisce la trasformata. E possibile
dimostrare che la trasformata esiste per un insieme di valori di s apparte-
nenti al semipiano tali per cui <(s) > in cui > e detta ascissa di
convergenza.
Analogamente la trasformata inversa (detta antitrasformata) permette
di trasformare la funzione complessa F (s) della variabile complessa s nella
funzione f (t). Lantitrasformata e definita dallintegrale

Z +i
1 1
f (t) = L [F (s)] = F (s)est ds , > . (B.2)
2i i

Le due trasformate definiscono una corrispondenza biunivoca fra la fun-


zione f (t), t 0 e la funzione F (s), ad evidenziare il fatto che le due
funzioni hanno lo stesso contenuto informativo, ovvero rappresentano due
modi diversi di rappresentare lo stesso problema.
Le formule di trasformazione e di antitrasformazione sono poco utilizza-
te, si utilizzano delle metodologie che possono ricondurre il problema alla
traformazione (antitrasformazione) di funzioni notevoli, di cui e cioe gia nota
la trasformata. La tabella B.1 riporta alcune delle trasformate notevoli.

127
128 APPENDICE B. TRASFORMATA DI LAPLACE

f (t) F (s)
(t) (impulso) 1

1
u(t) (gradino unitario)
s
k
kt (rampa di pendenza k)
s2
1
et
s+

sin t
s2 + 2
s
cos t
s2 + 2

e0 ht p 1
sin( 1 h2 0 t)
2
1 h 0 s2 + 20 hs + 02
p p
h s + 20 h
e0 ht cos( 1 h2 0 t) + sin( 1 h2 0 t)
1 h2 s2 + 20 hs + 02
p p
h s
e0 ht cos( 1 h2 0 t) sin( 1 h2 0 t)
1 h2 s2 + 20 hs + 02

Tabella B.1: Trasformate di Laplace notevoli, con 0 h < 1

B.1 Derivazione nel dominio del tempo


Sia f (t) una funzione derivabile, indicando con f(t) = df (t)/dt, la trasfor-
mata di Laplace della funzione derivata f(t) e
h i
L f(t) = sF (s) f (0) (B.3)

dove F (s) e la trasformata di Laplace della primitiva della f(t), F (s) =


L [f (t)], mentre f (0) e il valore che assume la funzione f (t) allistante t = 0
(condizione iniziale). Estendendo alla derivata seconda si ottiene
h i
L f(t) = s2 F (s) sf (0) f(0) . (B.4)

Se la funzione f (t) e le sue n 1 derivate sono nulle allistante iniziale t = 0,


risulta n
d f (t)
L = sn F (s) , (B.5)
dtn

appunti delle lezioni - Sistemi Meccatronici - 2009/2010 prof. Paolo Righettini - Universita di Bergamo
APPENDICE B. TRASFORMATA DI LAPLACE 129

per cui, nelle condizioni poste, e possibile introdurre nel dominio della tra-
sformate loperatore di derivazione s. Moltiplicando nel dominio delle tra-
sformate la funzione complessa F (s) per s equivale a derivare nel dominio
del tempo.

B.2 Integrazione nel dominio del tempo


In modo analogo a quanto visto per loperatore derivazione nel dominio delle
trasformate, e possibile introdurre loperatore integrazione. Risulta
Z t
1
L f ( )d = F (s) , (B.6)
0 s

per cui loperatore integrazione e 1/s.

B.3 Linearita
La trasformata e lantitrasformata di Laplace godono della proprieta di
linearita:
L [f (t) + g(t)] = F (s) + G(s) , (B.7)

ovvero la trasformata di Laplace di una combinazione lineari di funzioni e


pari alla medesima combinazione lineare delle corrispondenti trasformate.
Analogamente per lantitrasformata

L1 [F (s) + G(s)] = f (t) + g(t) . (B.8)

B.4 Teorema del valore iniziale e finale


E possibile dimostrare che il valore che assume allistante t = 0 la funzione
f (t) puo essere determinato dalla trasformata F (s) dalla relazione

f (0) = lim sF (s) (B.9)


s

Il valore che assume la funzione f (t) per t = e determinabile dalla


trasformata F (s) dalla relazione

f () = lim sF (s) (B.10)


s0

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130 APPENDICE B. TRASFORMATA DI LAPLACE

B.5 Trasformate razionali


Di particolare interesse per lo studio dei sistemi dinamici sono le funzioni
razionali fratte
N (s)
(B.11)
D(s)
con N (s) e D(s) polinomi nella variabile complessa s e primi fra loro. Le
radici di N (s) = 0 sono detti zeri, mentre le radici di D(s) = 0 sono detti
poli. Se la funzione f e reale i coefficienti dei due polinomi sono reali.

B.6 Sviluppo di Heavside


Per applicare efficacemente le antitrasformate notevoli indicate nella tabella
B.1 per un funzione razionale F (s) si rende necessario scomporre la funzione
razionale nella somma di funzioni razionali di cui e nota lantitrasformata.
Per la proprieta di linearita, lantitrasformata cercata sara la somma delle
singole trasformate. Viene analizzato il caso in cui la funzione complessa

N (s)
F (s) = (B.12)
D(s)

abbia il denominatore di grado maggiore rispetto al numeratore. Inoltre,


considerando funzioni f (t) reali, i coefficienti dei polinomi saranno a loro
volta reali. In tali ipotesi, se esistono degli zeri o dei poli non reali, essi
compariranno sempre a coppie complesse coniugate. In generale il deno-
minatore D(s) avra poli reali distinti, poli reali coincidenti, poli complessi
coniugati. In relazione ad essi si introdurranno delle metodologie per la
determinazione delle funzioni elementari la cui somma deve riportare alla
funzione F (s) di partenza.

N (s)
F (s) = Qn Qm 2 2 (B.13)
i=1 (s + pi ) k=1 (s + 20k hs + 0 k )

B.6.1 Poli reali distinti


Se la funzione F (s) ha n poli reali distinti, si dovranno considerare n funzioni
razionali espresse dalla sommatoria

X Ai n
N (s)
F (s) = Qn , (B.14)
i=1 (s + pi ) i=1
s + pi

in cui le n costanti Ai devono essere determinate imponendo che la somma


delle funzioni introdotte possa ricondurre al polinomio N (s) della funzione
F (s), ovvero sia soddisfatta lindentita B.14. E possibile dimostrare che

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APPENDICE B. TRASFORMATA DI LAPLACE 131

uguagliando i coefficienti della stessa potenza in s dei due numeratori si


otterranno n equazioni indipendenti che permettono il calcolo dei coefficienti
Ai .

B.6.2 Poli complessi coniugati


Nel caso in cui siano presenti dei poli complessi coniugati, si dovranno
considerare m funzioni razionali espresse dalla sommatoria
X m
N (s) Ak s + Bk
F (s) = Qm 2 2 2 + 2 hs + 2 )
, (B.15)
k=1 (s + 2 0k hs + 0 k ) (s 0k 0k
k=1

in cui le costanti Ak e Bk devono essere determinate imponendo che la


somma delle funzioni introdotte possa ricondurre al polinomio N (s) della
funzione F (s).

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