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Appunti del corso di Fisica Matematica 1

Prof. Pierluigi Contucci

a cura del Dott. Francesco Camilli


22 maggio 2020

Indice
1 Misure, numeri razionali e reali 3
1.1 Sistema Internazionale (SI) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4

2 Moti unidimensionali 5
2.1 Velocità media ed istantanea . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5
2.2 Moto rettilineo uniforme . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7
2.3 Moti relativi: trasformazioni di Galileo . . . . . . . . . . . . . . . . . 13
2.4 Accelerazione e Moti accelerati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14
2.5 Ricapitolando... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18
2.6 Caduta dei gravi: esperimento di Galileo . . . . . . . . . . . . . . . . 19
2.7 Caduta dei gravi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20

3 Moti piani 26
3.1 Vettori sul piano . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 26
3.2 Angoli piani . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 28
3.3 Prodotto scalare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 30
3.4 Moto del proiettile . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 30
3.5 Zona sicura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 34
3.6 Moto circolare uniforme . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 37

4 Dinamica 40
4.1 Primo principio della dinamica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 40
4.2 Le forze e il secondo principio della dinamica . . . . . . . . . . . . . . 41
4.3 Il terzo principio della dinamica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 42

1
4.4 Validità dei principi di Newton: SdR inerziali . . . . . . . . . . . . . 42
4.5 Forza peso e massa gravitazionale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 43
4.6 Quantità di moto e terzo principio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 46

5 Lavoro ed energia 47
5.1 Definizione elementare di lavoro: caso 1D . . . . . . . . . . . . . . . . 47
5.2 Teorema dell’energia cinetica (forze generali) . . . . . . . . . . . . . . 48
5.3 Estensione a 2 e 3 dimensioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 52
5.4 Forze conservative . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 54

6 Gravitazione Universale 56
6.1 Leggi di Keplero . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 58
6.2 Il campo gravitazionale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 59
6.3 Lavoro della forza gravitazionale Newtoniana . . . . . . . . . . . . . . 60

7 Il Teorema di Newton-Gauss 64
7.1 Caso bidimensionale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 65
7.2 Angolo solido e superfici orientate . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 69
7.3 Teorema di Gauss: caso tridimensionale . . . . . . . . . . . . . . . . . 69
7.4 Flusso del campo gravitazionale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 71

8 Moti lungo curve, sistemi di punti materiali, baricentro, urti 73


8.1 Moti lungo curve in campo gravitazionale costante . . . . . . . . . . . 73
8.2 Sistemi di punti materiali: il baricentro . . . . . . . . . . . . . . . . . 76
8.3 Forze d’urto, forze impulsive . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 77
8.4 Problemi variazionali e moti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 80

9 Moti rotatori 83
9.1 Dinamica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 85
9.2 Il prodotto vettoriale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 86
9.3 Momento angolare e momento torcente . . . . . . . . . . . . . . . . . 87
9.4 Corpo rigido (versione elementare) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 88
9.5 Energia cinetica di rotazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 89
9.6 Il pendolo semplice . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 91
9.7 Cenni sulla stabilità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 93
9.8 Stabilità delle orbite circolari dei pianeti . . . . . . . . . . . . . . . . 94

2
10 Relatività ristretta 97
10.1 Propagazione sferica classica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 97
10.2 I postulati della relatività ristretta . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 99
10.3 Le Trasformazioni di Lorentz . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 99
10.4 Distanze di tipo spazio, luce, e tempo . . . . . . . . . . . . . . . . . . 101
10.5 Effetti relativistici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 102

11 Moto Browniano 110


11.1 Probabilità discreta . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 110
11.2 Variabili aleatorie, media e varianza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 112
11.3 Probabilità congiunta ed indipendenza . . . . . . . . . . . . . . . . . 115
11.4 La passeggiata aleatoria . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 118

12 Esercizi di ricapitolazione 120


.

1 Misure, numeri razionali e reali


Iniziamo con la definizione della misura di una lunghezza. In modo analogo si de-
finisce la misura di tempo e di massa che con lo spazio sono le grandezze fisiche
fondamentali della meccanica.

Figura 1: Confronto fra regoli e tavolo.

Una operazione di misura è un confronto tra grandezze omogenee operato come


segue. Vogliamo misurare la lunghezza L di un tavolo in relazione a quella r di un
regolo. Supponiamo r < L. Per avere una prima approssimazione di L nelle unità
r poniamo tante copie identiche del regolo una accanto all’altra come in Figura1.
Troveremo, per esempio, che la lunghezza del tavolo è compresa tra 12r e 13r ad
esempio. Se la precisione ottenuta è sufficiente agli scopi della misura ci fermiamo
altrimenti procediamo ad una seconda misurazione più accurata. Dividiamo quindi il
nostro ultimo regolo in dieci (o due se usiamo il sistema binario invece che decimale)
parti uguali.

3
r

r/10

Figura 2: Decimi di regolo.

A questo punto, un’ ulteriore confronto col tavolo ci dirà non solo tra quanti
regoli la lunghezza del tavolo è compresa, per esempio:

12r < L < 13r

ma anche tra quali decimi di regolo:

12.3r < L < 12.4r

e cosı̀ via. Fermandoci, per esempio, ai millesimi si ottiene la misura della lunghezza
del tavolo:

12.310r < L < 12.311r

che possiamo anche riscrivere introducendo il quoziente tra le due grandezze x = L/r
come

12.310 < x < 12.311.

Una misura quindi è l’identificazione di un intervallo di numeri razionali: il sinistro


che è l’approssimante per difetto e il destro che è quello per eccesso. Il semi-intervallo
da una stima dell’errore di misura. Nello studio della meccanica classica si assume
che questo processo di misura possa essere reso infitamente preciso e che conduca a un
numero reale come elemento di separazione di una successione di intervalli razionali.
Diremo che questo numero reale è la lunghezza del tavolo senza dimenticare che il
numero reale è un modello idealizzato della realtà fisica.

1.1 Sistema Internazionale (SI)


Il Sistema Internazionale definisce le unità di misura da utilizzare per misurare le
varie grandezze. Ad esempio definisce cos’è il regolo dell’esempio precedente. Per
quanto riguarda la Meccanica, le unità di misura fondamentali sono:

4
• Per le Lunghezze: m, metro;
• Per i Tempi : s, secondo;
• Per le Masse: kg, chilogrammo.
Per quanto riguarda le prime due, si è trovato un modo per definirle in relazione a
costanti fondamentali della natura, come la velocità della luce o il tempo del numero
di oscillazioni della radiazione in una certa transizione atomica. Per il chilogrammo
è stata fatta la stessa cosa solo il 20 maggio 2019.

2 Moti unidimensionali
2.1 Velocità media ed istantanea
Un moto che si svolge su una dimensione spaziale è identificato da misure di spazio
in R e di tempo in R. Sopo aver fissato uno O in ciascuno di essi diremo di avere un
Sistema di riferimento (SdR) per spazo e tempo.
x1 0 x2
∆x = x2 − x1 > 0

x2 0 x1
∆x = x2 − x1 < 0

Figura 3: Asse del moto unidimenzionale. Spostamento (con segno).

Come in Figura 3, possiamo definire sull’asse del moto il cosiddetto spostamento:


∆x = x2 − x1 (1)
che dunque è un numero reale, e il suo segno è rilevante.

0 t1 t2
∆t = t2 − t1 > 0

Figura 4: Asse dei tempi.

Allo stesso modo possiamo immaginare di disporre i tempi su un asse reale e di


definire un intervallo temporale, anch’esso numero reale:
∆t = t2 − t1 . (2)

5
Il moto di un punto è descritto da misure coppie di spazi e tempi nelle diverse
posizioni. E’ utile porre le coppie in un piano cartesiano, come fatto in Figura5.

7
(tempo,posizione)
6

5
Posizione (x) [m]

0
0 2 4 6 8 10 12
Tempo (t) [s]

Figura 5: Esempio di misure di posizione e tempo.

Da due misurazioni (talvolta chiamate eventi) (t1 , x1 ), (t2 , x2 ) possiamo definire


la velocità media:
x2 − x1 ∆x12
v̄12 = = (3)
t2 − t1 ∆t12
Nell’esempio in Figura5, nel primo tratto blu ascendente la velocità media vale:
(5 − 0)m
v̄12 = = 1m/s
(5 − 0)s
Lungo il tratto blu orizzontale:
(5 − 5)m
v̄23 = = 0m/s
(10 − 5)s
Mentre la velocità media nell’intero intervallo di tempo di 10s vale:
(5 − 0)m
v̄13 = = 0.5m/s
(10 − 0)s

6
Notare la velocità media dipende solo dagli estremi dell’intervalli spazio tempo-
rali. Si osserva inoltre che la velocità media su un intervallo di tempo è la pendenza
del segmento di spezzata che vedete nel grafico in Figura5.
Se si possiede, Figura5, un campionamento più fine (spezzata rossa) si può
ottenere la velicutà media anche in intervalli più piccoli.

x(t)
6
Posizione (x) [m]

0
0 2 4 6 8 10 12
Tempo (t) [s]

Il modello della meccanica classica imposta lo studio del moto nell’ipotesi di avere
un campiomento della posizione infinatmente preciso, continuo, di spazio e tempo.
In tal caso si può parlare di velocità istantanea, non più riferita ad un intervallo
di tempo, ma ad un istante ben preciso. Ciò si ottiene utilizzando il concetto di
derivata, facendo tendere a zero l’ampiezza dell’intervallo temporale.

x(t + h) − x(t)
v(t) = lim (4)
h→0 h
Si assume implicitamente che la posizione sia funzione continua e derivabile del
tempo.

2.2 Moto rettilineo uniforme


La legge oraria, cioè x(t), per il moto rettilineo uniforme è:

x(t) = vt + x0 (5)

7
dove x0 è la posizione a t = 0, e v è una costante. Da questa espressione si verifica
immediatamente che la velocità istantanea di tale moto è costante ed è proprio v.
dx(t)
=v
dt
La linearità nel tempo è una caratteristica di moti con velocità costanti.

5
x(t)
4
Posizione (x) [m]

0
0 2 4 6 8 10
Tempo (t) [s]

Esercizio 0. Due corpi puntiformi situati in x1 e x2 > x1 viaggiano uno contro


l’altro con velocità v1 > 0 e −v2 < 0. Stabilire in quale istante e dove si scontrano i
due corpi. Proponiamo due soluzioni.

D = x2 − x1
x1 0 x2

Figura 6: Figura Esercizio 0.

Soluzione 1: geometrica. Quando i due punti si incontrano avranno percorso uno


spazio d1 e d2 e:
D = d1 + d2
Inoltre, il tempo t̄ a cui si incontrano vale:
d1 d2
t̄ = = .
v1 v2

8
Abbiamo dunque un sistema lineare:
(
D = d1 + d2
d1
v1
= dv22 ⇒ d1 = v1 dv22

Quindi:
 
v1 v2
D = 1+ d2 ⇒ d2 = D
v2 v1 + v2
D
t̄ =
v1 + v2
Dall’ultima si evince che ognuno dei due vede arrivare l’altro incontro a sé con la
somma delle velocità.

Soluzione 2: analitica. Ricicliamo le stesse notazioni. Scriviamo le leggi del moto


dei due punti.

x(t̄) = v1 t̄ + x1
x(t̄) = v2 t̄ + x2
x2 − x1 D
t̄(v1 − v2 ) − (x2 − x1 ) = 0 ⇒ t̄ = =
v1 − v2 v1 − v2
La terza è ottenuta come differenza delle prime due. Si noti che il denominatore può
essere scritto come v1 + |v2 |. È come se lo spazio che li separa fosse percorso alla
somma delle due velocità.
A questo punto reinseriamo t̄ in una delle prima due equazioni e l’esercizio è
finito.
x 2 − x1 v1 x2 − x1 v2 v1/2
x(t̄) = v1 + x1 = ⇒ ∆x1/2 = x(t̄) − x1/2 = D
v1 − v2 v1 − v2 v1 − v2
Dove abbiamo utilizzato la prima.
Possiamo anche dare una rappresentazione grafica della situazione nel piano (t, x).
Le coordinate dell’intersezione sono la soluzione del problema.
Esercizio 1 (Il falco ed il treno). Un falco parte dalla punta di un treno, in moto con
velocità vT > 0, spiccando il volo con una velocità vF > vT quando entrambi distano
D dal capolinea, verso il quale sono diretti. Ogni volta che il falco raggiunge il
capolinea, inverte la sua velocità e torna indietro verso il treno, che invece continua
imperterrito. La stessa cosa avviene quando il falco riincontra il treno, come in
Figura7.

9
5

Posizione (x) [m] 3

0
0 2 4 6 8 10
Tempo (t) [s]

Assumendo che il falco inverta istantaneamente ogni volta la velocità, ci chiedia-


mo quanto spazio ha percorso quando il treno è arrivato a destinazione.

Soluzione: La chiave è capire la relazione tra D e D(1) , e per farlo l’esercizio


precedente viene in aiuto. La prima fase, in cui il falco va verso il capolinea insieme
al treno è di semplice moto rettiline uniforme per entrambi.

D
t̃ =
vF
 
vT
D̃ = D 1 −
vF
La seconda fase, in cui falco e treno si vanno incontro, è identica all’Esercizio
0, con un ∆x = D̃. Dunque la distanza col capolinea si accorcia ulteriormente
arrivando a:
vF − vT
 
(1) vT
D = D̃ 1 − =D
vT + vF v +v
| F {z T}
=α<1

Si noti che, essendo per ipotesi vF > 0, la velocità riflessa ha un segno negativo.
Questo spiega la comparsa del segno + al denominatore, diversamente da quanto
accade nel precedente esercizio.
Il fatto che ci sia una contrazione di un fattore α < 1, ci lascia intuire che il
processo di riflessione della velocità del falco avvenga infinite volte. Inoltre, ogni

10
D
vT t=0
vF

vT t = t̃
vF
D(1)
vT t = t(1)
vF

Figura 7: Figura Esercizio 1.

volta che esso inverte la sua velocità al capolinea percorre già la distanza contratta,
e la ripercorrerà un’altra volta dopo la riflessione col treno. Questo si può intuire
già guardando ciò che accade tra i tempi t̃ e t(1) in Figura7.
Possiamo dunque scrivere una formula che racchiuda lo spazio totale percorso dal
falco.

X ∞
X
(1) (1) (2) (2) (n)
S =D+D +D +D +D + · · · = −D + 2 D = −D + 2D αn
n=0 n=0

La serie che vedete a destra è detta serie geometrica e si calcola esplicitamente:


 
2 1+α D
S = D −1 + =D = vF
1−α 1−α vT

Possiamo isolare esplicitamente il tempo di volo del falco:


D
TF =
vT
il che conferma un risultato ottenibile tramite l’intuizione: il processo deve conclu-
dersi quando il treno arriva a capolinea. Notare inoltre che esso è finito, nonstante
le riflessioni non lo siano.

11
Esempio 2.1 (La serie geometrica). La serie geometrica utilizzata nel precedente
esercizio:

X
S= αn
n=0

converge solo se |α| < 1, ipotesi senz’altro verificata nell’Esercizio 0. Il risultato della
serie viene dal limite delle somme parziali:
n
X
Sn = αk = 1 + α + α2 + · · · + αn
k=0

Essa verifica le seugenti proprietà:


(
Sn+1 = Sn + αn+1 1 − αn+1
risolviamo per Sn ⇒ Sn =
αSn = Sn+1 − 1 1−α

Dunque:

1 − limn→∞ αn+1 1
lim Sn = −→ quando n → ∞
n→∞ 1−α 1−α
perché αn −→ 0 se |α| < 1.

La dimostrazione del risultato delle somme parziali può anche essere fatta per
induzione.
Vogliamo provare che:

1 − αn+1
Sn =
1−α
L’uguaglianza vale sicuramente per n = 0:
1−α
S0 = 1 =
1−α
Assumiamo ora che valga per n generico e dimostriamo che implica lo stesso asserto
con n + 1.
1 − αn+1 1 − αn+2
Sn+1 = Sn + αn+1 = + αn+1 =
1−α 1−α
Questo conclude la prova.

12
O0 v t = 0s

O
D = vt
O0 v P t>0

Figura 8: Due sistemi di riferimento in moto relativo.

2.3 Moti relativi: trasformazioni di Galileo


Abbiamo due osservatori O ed O0 piazzati nelle origini di due SdR. Il secondo SdR
si muove con velocità v rispetto al primo. Assumiamo che il tempo sia misurato
secondo le stesse unità dai due osservatori.
Secondo O0 la posizione di P è x0 . O invece per avere la coordinata di P deve
aggiungere il segmento D = vt. Otteniamo le Trasformazioni di Galileo:
( (
x = x0 + vt x0 = x − vt
⇔ (6)
t = t0 t0 = t

Esempio 2.2 (Legge di composizione delle velocità). Un treno si muove a velocità v


rispetto ad una stazione. Dal treno viene sparato un proiettile che viaggia a velocità
v 0 rispetto ad esso verso la stazione. Calcolare la velocità con cui il proiettile arriva
alla stazione.
Chiamiamo x0 (t) la legge del moto del proiettile rispetto al treno, x(t) la legge
del moto rispetto alla stazione. Per la traformazione di Galileo:

x(t) = x0 (t) + vt

Derivando ambo i membri otteniamo la legge di trasformazione o composizione delle


velocità:
dx dx0
= + v = v0 + v (7)
dt dt
Osservazione 2.1. Lo stesso risultato si poteva ottenere componendo due trasforma-
zioni galileiane: quella sopra indicata tra treno e stazione e quella tra O00 ed O0 ,
rispettivamente proiettile e treno. Siccome la trasformazione di Galileo è lineare
anche nelle velocità la composizione di due trasformazioni lineari è ancora lineare e
il parametro composto è la somma dei due parametri.

13
Esercizio 2. Scrivere le traformazioni di Galileo in forma matriciale.

Soluzione: Consideriamo la coppia (x, t) ed i loro trasformati (x0 , t0 ). Allora si


verifica immediatamente che:
  0  0
x + vt0
   
x 1 v x
= =
t 0 1 t0 t0
 0     
x 1 −v x x − vt
= =
t0 0 1 t t

Notare inoltre che le trasformazioni sono lineari (essendo scrivibili in forma matri-
ciale) e le due matrici di trasformazioni sono l’una l’inversa dell’altra:
    
1 v 1 −v 1 0
=
0 1 0 1 0 1

Osservazione 2.2. Si fa notare che le trasformazioni di Galileo sono un gruppo a un


parametro Gv rispetto alla composizione che agisce come prodotto righe per colonne
nella rappresentazione matriciale. Il gruppo obbedisce alla legge:

Gv1 · Gv2 = Gv1 +v2 (8)

Esercizio 3. Verificare che le trasformazioni di Galileo lasciano inalterate le distanze


euclidee misurate a tempi sincroni.

Soluzione: L’osservatore O prende due misure di istante e posizione (x1 , t1 ) e


(x2 , t2 ). O0 invece misura (x01 , t1 ) e (x02 , t2 ) rispettivamente.

D0 = |x02 − x01 | = |x2 − x1 − v(t2 − t1 )|

Da cui si vede che nell’ipotesi t1 = t2 :

D0 = |x02 − x01 | = |x2 − x1 | = D

Lo stesso discorso si può fare in tre dimensioni, dove i moduli sono sostituiti da
norme euclidee.

2.4 Accelerazione e Moti accelerati


Possiamo vedere anche la velocità come funzione del tempo, e calcolarne la sua
variazione in un intervallo di tempo.

14
Si definisce dunque accelerazione media:

v(t2 ) − v(t1 )
ā12 = (9)
t2 − t1
Ripetendo gli stessi ragionamenti possiamo anche definire l’accelerazione isstantanea:

v(t + h) − v(t) dv(t)


a(t) = lim = = v̇(t) = ẍ(t) (10)
h→0 h dt
Osservazione 2.3. Il moto rettilineo uniforme soddisfa le seguenti:

x(t) = vt + x0 con v costante


ẋ(t) = v(t) = v
ẍ(t) = a(t) = 0

La prima delle tre è l’equazione della retta nel piano. Ha dunque senso che le derivate
seconde (legate alle convessità) nel tempo siano nulle.

12 x(t)
10
x[m], v[m/s], a[m/s2 ]

2 v(t)
a(t)
0
0 2 4 6 8 10 12
Tempo (t) [s]

Figura 9: Moto rettilineo uniforme.

Esercizio 4. Calcolarsi lo spazio percorso a v = cost in un intervallo ∆t.

Soluzione: Implicitamente già usato. Si tratta dell’area (con sengo) sottesa dal
grafico della velocità.

15
3

2
v[m/s]
t1 t1 v(t)

0
0 2 4 6 8 10 12
Tempo (t) [s]

Figura 10: Area e spazio percorso.

Essendo l’area di un rettangolo:


∆x = (t2 − t1 )v = v∆t
Si può procedere anche per via anlitica:
(
x1 = vt1 + x0
⇒ ∆x = v∆t
x2 = vt2 + x0

Definiamo moto ad accelarazione costante, o uniformemente accelerato, quello la


cui velocità obbedisce alla legge
v(t) = at + v0 con a costante reale (11)
Esercizio 5. Calcolare spazio percorso per un moto uniformemente accelerato.
Soluzione: Si può procedere come prima per via geometrica, considerando sempre
lo spazio percorso come area (con segno) sottesa dal grafico della velocità. In tal caso:
Geometricamente parlando è sufficiente calcolare l’area del trapezio in Figura11.

v(t2 ) + v(t1 ) 1
∆x = (t2 − t1 ) = a(t2 + t1 )(t2 − t1 ) + v0 (t2 − t1 ) =
2 2
1
= a(t22 − t21 ) + v0 (t2 − t1 )
2

16
12

10 v(t)

8 t2
v[m/s]
6

4 t1
2

0
0 2 4 6 8 10 12
Tempo (t) [s]

Figura 11: Spazio percorso, moto uniformemente accelerato

Analiticamente invece si può procedere per integrazione.


Z t2  t=t2
dx(t) 1 2
v(t) = ⇒ x(t2 ) − x(t1 ) = dt v(t) = at + v0 t
dt t1 2 t=t1

Osservazione 2.4. Si noti che il moto precedente obbedisce alle seguenti leggi:

ẍ(t) = a = cost (12)


ẋ(t) = at + v0 (13)
1
x(t) = at2 + v0 t + x0 (14)
2
per tempi generici x0 è la posizione all’istante iniziale, mentre v0 è la velocità
istantanea all’istante iniziale (qui assunto come t = 0).
L’accelerazione istantanea costante dà il nome al moto, detto moto uniforme-
mente accelerato (rettilineo).

Esercizio 6. Calcolare la velocità media in un moto ad accelerazione a = cost tra


due istanti t1 e t2 > t1 .

17
Soluzione: usiamo la definizione:

x(t2 ) − x(t1 ) 1 t2 − t21 1


v̄ = = a 2 + v0 = a(t2 + t1 ) + v0 =
t2 − t1 2 t2 − t1 2
1 1 v(t2 ) + v(t1 )
= (at2 + v0 ) + (at1 + v0 ) =
2 2 2
Riassumendo, abbiamo dimostrato che:

x(t2 ) − x(t1 )
 
v(t2 ) + v(t1 )
v̄ = = (15)
2 t2 − t1

Dall’esercizio precedente ricaviamo un’importantissima legge di conservazione.


Consideriamo:
v(t2 ) + v(t1 ) x(t2 ) − x(t1 )
=
2 t2 − t1
Usiamo la (11) per eliminare i tempi:

v(t2 ) − v(t1 )
t2 − t1 =
a
Dunque:

v(t2 ) + v(t1 ) v(t2 ) − v(t1 )


= x(t2 ) − x(t1 ) ⇒ v 2 (t2 ) − 2ax(t2 ) = v 2 (t1 ) − 2ax(t1 )
2 a
Eliminando per comodità del tutto i tempi possiamo scrivere che:

v22 − 2ax2 = v12 − 2ax1 ⇔ v 2 − 2ax = cost (16)

Abbiamo dunque individuato una quantità che si conserva per tutto il moto (unif.
acc.).

2.5 Ricapitolando...
Per il moto rettilineo uniforme abbiamo visto che:

x(t) = vt + x0 con v costante


ẋ(t) = v = cost
ẍ(t) = a = 0

18
Per il moto rettilineo uniformemente accelerato abbiamo visto che:
1
x(t) = at2 + v0 t + x0
2
ẋ(t) = v(t) = at + v0
ẍ(t) = a = cost

E dimostrato che:
v2 + v1
v̄ =
2
v22 − 2ax2 = v12 − 2ax1

2.6 Caduta dei gravi: esperimento di Galileo

1
3

Figura 12: Esperimento di Galileo

Il moto uniformemente accelerato è descritto da Galileo, nel caso del piano in-
clinato (Figura12), come moto in cui gli incrementi spaziali crescono come i numeri
dispari. Misurando la posizione ad intervalli regolari, ad esempio 1s ciascuno, le
distanze successive percorse in un secondo seguono la legge:

∆x(n = 1) = c ove c è una costante opportuna


∆x(n = 2) = 3c
∆x(n = 2) = 5c
..
.

19
Da questa successione si può dunque estrarre la legge:

∆x(n) = xn+1 − xn = c(2n + 1) (17)

Ciò è equivalente a dire che la posizione (e non gli spazi percorsi) cresce quadra-
ticamente nel tempo. Infatti considerando istanti discreti n:

x(n) ≡ xn = cn2
xn+1 − xn = c[(n + 1)2 − n2 ] = c(2n + 1)

2.7 Caduta dei gravi


I gravi si trovano soggetti ad un’accelerazione costante diretta verso il basso pari a:

g ' 9.81 m/s2 (18)

diretta verso il ”basso”. Ciò significa che un grave in moto vicino alla superficie
terrestre segue una legge del tipo:
1
y(t) = − gt2 + v0y t + y0
2

4
y[m]

2 y0

0 y(t)

0 2 4 6 8
Tempo (t) [s]

Figura 13: Caduta del grave.

20
Esercizio 7. Una palla viene lanciata da terra con una velocità v rivolta verso l’alto.
Calcolare il tempo di volo (t̄).

Soluzione: Scriviamo la legge di cui sopra assegnando i valori dati nel problema:
1 2v
y(t̄) = 0 = − g t̄2 + v t̄ + 0 ⇒ t̄ = 0 ∨ t̄ =
2 g
L’equazione dà come soluzione anche l’istante di partenza in cui la palla effettiva-
mente è a terra, ma non è la soluzione cercata.
Da un’analisi dimensionale scopriamo che:

[v] [L][T ]2
[t] = [T ] = =
[g] [T ][L]
Esercizio 8. Quanto tempo impiega la palla dell’Esercizio 7 a raggiungere la mas-
sima altezza?

Soluzione: Osservando che la legge oraria del grave è una parabola nel piano (t, y),
il tratto ascendente deve essere simmetrico a quello discendente. Per simmetria il
tempo cercato è esattamente la metà del tempo di volo dell’Esercizio 7.
t̄ v
tmax = =
2 g
Esercizio 9. Quanto vale la massima altezza raggiunta (si chiami h)? (Si faccia
riferimento ad Esercizio 7-8. Si vedano tutte e tre le proposte di soluzione.)

Soluzione 1 : Basta calcolare y(t) in tmax già trovato in precedenza.

1 v2 v v2
h = y(tmax ) = − g 2 + v =
2 g g 2g

Soluzione 2 : Si può usare la legge di conservazione:

0 + 2gh = vy2 (tmax ) + 2gy(tmax ) = cost = vy2 (0) + 2gy(0) = v 2

ATTENZIONE: il segno è dovuto al fatto che in questi problemi a = −g. Infine:

v2
v 2 = 2gh ⇒ h=
2g

21
Soluzione 3 : Il punto più alto è il punto di max della parabola del moto. Per
trovarlo basta vedere dove si azzera la deriviata prima di y(t) ovvero la velocità in
verticale.

v
vy (tmax ) = ẏ(tmax ) = 0 = −gtmax + v ⇒ tmax =
g
Dopodiché ci si riconduce alla prima soluzione.

Esercizio 10. Una palla viene lanciata da un’altezza y0 verso l’alto con una velocità
iniziale rivolta verso l’alto pari a v. Calcolare il tempo di volo (tempo impiegato per
toccare terra, ad altezza y = 0) e la velocità di impatto col suolo. La situazione è
rappresentata in Figura13.
La soluzione è lasciata al lettore.

Esercizio 11. Una palla viene lasciata cadere (vy (0) = 0) a t = 0. Dopo un tempo
t̄ > 0 una seconda palla viene lasciata cadere sulla stessa verticale. Scrivere le
equazioni del moto per entrambe le palle e calcolare la distanza che le separa come
funzione del tempo.

Soluzione: L’unica accortezza è per la seconda palla. Infatti qui la parabola


descrivente la legge del moto va traslata in avanti di un tempo t̄.

1
y1 (t) = − gt2
2
1 1 1
y2 (t) = − g(t − t̄)2 = − gt2 + gtt̄ − g t̄2 per t ≥ t̄
2 2 2
La distanza che le separa è il valore assoluto della differenza delle precedenti:
1
|y1 (t) − y2 (t)| = gtt̄ − g t̄2
2
e cresce linearmente con t.

Esercizio 12. Facendo riferimento alla Figura14, scrivere la legge oraria del moto.

Soluzione: Basta calcolare, a seconda del tempo trascorso, l’area sottesa dal
grafico.

x(t) = v1 t per t ∈ [0, t1 ]

22
12

10

8 t2 , v2 t3
v[m/s]
6

4 t1 , v1

0
0 2 4 6 8 10 12
Tempo (t) [s]

Figura 14: Esercizio 12.

Per il secondo tratto va calcolata la pendenza a della retta.


v2 − v1
a= .
t2 − t1
Dunque:
1 v2 − v1
x(t) = v1 t1 + (t − t1 )2 + v1 (t − t1 ) per t ∈ (t1 , t2 ]
2 t2 − t1
Infine, nell’ultimo tratto semplicemente:
v1 + v2
x(t) = v1 t1 + (t2 − t1 ) + v2 (t − t2 ) per t ∈ (t2 , t3 ]
2
Esercizio 13. Si faccia riferimento alla Figura15. Dati i tempi di volo ∆t1 , ∆t2 e la
distanza ∆h, stabilire quanto vale la costante di accelerazione gravitazionale g.

Soluzione: Sappiamo dagli Es. precedenti che i tempi di volo soddisfano:


2v1
∆t1 =
g
2v2
∆t2 =
g

23
5
hmax

4
h2 ∆t2

y[m] 3
∆h
2
h1 ∆t1

0
0 1 2 3 4 5 6 7
Tempo (t) [s]

Figura 15: Esercizio 13.

Le velocità devono soddisfare:

v12 = 2g(hmax − h1 )
v22 = 2g(hmax − h2 )

Possiamo elevare al quadrato le equazioni dei tempi e sottrarle. Sottraiamo tra loro
anche le equazioni delle velocità:
4 2 8∆h
v12 − v22 = 2g∆h ∆t21 − ∆t22 = 2
(v1 − v22 ) =
g g
Infine:
8∆h
g=
∆t22− ∆t21
Esercizio 14. Dimostrare la formula risolutiva per equazioni di secondo grado:

ax2 + bx + c = 0 con a 6= 0

Soluzione: Procediamo per gradi. Prendiamo per cominciare un caso in cui b = 0:

x2 = 4 ⇒ x = ±2

24
Sappiamo già risolvere anche il caso c = 0, ad esempio:
(
x=0
x2 + x = 0 ⇒ x(x + 1) = 0 ⇒
x = −1
Con questi due esempi, con la tecnica del completamento del quadrato sappiamo
risolvere anche un caso più complesso:
1 5
x2 + x − 1 = 0 ⇒ x2 + x + − = 0
| {z 4} 4
(x+1/2)2
2 √ √
−1 ±

1 5 1 5 5
x+ = ⇒ x+ =± ⇒ x=
2 4 2 2 2
Da questo ultimo esempio deduciamo la tecnica per il caso generale. Dividiamo
l’equazione per il coefficiente a e completiamo i quadrati:
2
b2 b2 b2 − 4ac

2 b c b
x + x+ + 2 − 2 =0 ⇒ x+ =
a a 4a 4a 2a 4a2
r √
b b2 − 4ac −b ± b2 − 4ac
x+ =± ⇒ x =
2a 4a2 2a
Esercizio 15. Facendo riferimento alla Figura16, con t1 , t2 , vmax noti, scrivere le
equazioni del moto.

Soluzione: Nel primo tratto ascendente l’accelerazione vale:


vmax
a=
t1
Nel tratto discendente invece l’accelerazione sarà negativa, dunque una decelarazione:
vmax
d=−
t2 − t1
Le equazioni del moto saranno:
1 vmax 2
x(t) = t per t ∈ [0, t1 )
2 t1
1 1 vmax
x(t) = vmax t1 + vmax (t − t1 ) − (t − t1 )2 per t ∈ [t1 , t2 ]
2 2 t2 − t1
A prova della correttezza di quanto sopra, lo spazio totale percorso vale:
vmax t2
x(t2 ) =
2
cioè l’area del triangolo in Figura16.

25
2
1,8 vmax t1

1,6

1,4

1,2
v[m/s]

1
0,8

0,6
t2
0,4

0,2

0
0 0,5 1 1,5 2 2,5 3 3,5 4 4,5
Tempo (t) [s]

Figura 16: Esercizio 15.

3 Moti piani
3.1 Vettori sul piano
Consideriamo R2 nella sua struttura di spazio vettoriale. Un elemento di R2 è un
vettore identificato dalla coppia di numeri reali ordinati:

r = (x, y) ∈ R2 (19)

Una combinazione lineare di vettori è definita da:

αr1 + βr2 = (αx1 + βx2 , αy1 + βy2 ) . (20)

Un caso particolare è la somma di vettori o la loro differenza:

r1 + r2 = (x1 , y1 ) + (x2 , y2 ) = (x1 + x2 , y1 + y2 ) (21)

26
y

r1

r2
x
O

Figura 17: Esempio di vettori e loro somma (in verde) sul piano.

La differenza di un vettore con se stesso è il vettore nullo

r1 − r1 = (x1 , y1 ) − (x1 , y1 ) = (0, 0) = 0 (22)

La rappresentazione della somma difinita in modo algebrico è illustrata geometrica-


mente in Figura17 e nota come regola del parallelogramma.
Ad un vettore è associato il suo modulo, o norma o lunghezza:
p
krk = x2 + y 2 (23)

e l’angolo che esso forma con l’asse orizzontale:


y
tan θ = , x 6= 0 (24)
x
Esempio 3.1. Calcolare le componenti del vettore:

αr1 + βr2

con α = 2, β = −1 e r1 = (1, 2), r2 = (2, 1).


Soluzione: αr1 + βr2 = (0, 3).

Le grandezze r = krk e θ si dicono anche coordinate polari. Il passaggio dalle


coordinate polari alle cartesiane è dato dalle:
(
x = r cos θ
con r ∈ [0, ∞), θ ∈ [0, 2π) (25)
y = r sin θ

27
Il passaggio dalle coordinate cartesiane alle polari è dato dalle:
( p
r = krk = x2 + y 2
(26)
θ = arctan xy

La corrispondenza tra le due coordinate è uno a uno tranne che nell’origine in cui
l’angolo non è determinato.

Esercizio 16. Scrivere il vettore r = (1, 1) in coordinate polari. Scrivere il vettore


corrispondente alle coordinate polari r = 1, θ = π/3).
La soluzione si lascia al lettore.

E’ talvolta utile rappresentare un vettore attraverso i versori del piano:

î = (1, 0) ĵ = (0, 1) (27)


r = xî + y ĵ (28)

Esercizio 17. Dimostrare, con le precedenti definizioni, le seguenti proprietà:

• commutatività della somma: v + w = w + v;

• associatività della somma: (v + w) + u = v + (w + u);

• esiste un vettore nullo 0, elemento neutro per la somma: r + 0 = r ∀r;

• distributività del prodotto tra uno scalare e somma di vettori: α(v + w) =


αv + αw;

• distributività del prodotto tra somma di scalari e un vettore: (α + β)v =


αv + βv;

• associatività del prodotto: (αβ)v = α(βv) = αβv.

Soluzione lasciata al lettore (si utilizzi la rappresentazione cartesiana e le pro-


prietà di R).

3.2 Angoli piani


L’angolo piano è un numero puro ed è il rapporto tra due lunghezze:

• la lunghezza dell’arco di circonferenza che lo sottende;

28
y x = r cos θ
y = r sin θ
y

r l

θ x
x
O

Figura 18: Definizione di angolo in radianti.

• la lunghezza del raggio della circonferenza cui l’arco appartiene.

l
θ= (29)
r
L’angolo giro vale:
2πr
θ= = 2π (30)
r
Esercizio 18. Utilizzando la formula di Eulero:

eiθ = cos θ + i sin θ (31)

dimostrare le formule di addizione e sottrazione di angoli:

cos(α + β) = cos α cos β − sin α sin β


sin(α + β) = sin α cos β + cos α sin β

Verificare inoltre, a partire da esse, le formule di duplicazione degli angoli, prendendo


α = β.

29
3.3 Prodotto scalare
Siano v1 = (x1 , y1 ) e v2 = (x2 , y2 ) due vettori. Definiamo il loro prodotto scalare
come segue:

v1 · v2 = x1 x2 + y1 y2 ∈ R (32)

Il prodotto scalare è un numero reale, non un vettore, per questo viene chiamato
esterno.

Esercizio 19. Dimostrare le seguenti proprietà del prodotto scalare:

• v1 · v2 = v2 · v1 , commutatività;

• (αv1 + βv2 ) · w = αv1 · w + βv2 · w, bilinearità (essendoci commutatività, basta


richiedere linearità in un’entrata).

Può essere utile conoscere il seguente teorema:

Teorema 3.1 (Prodotto scalare). Il prodotto scalare di due vettori è uguale al


prodotto dei moduli dei due vettori per l’angolo tra essi compreso:

v1 · v2 = x1 x2 + y1 y2 = kv1 kkv2 k cos θ (33)

Dimostrazione. Usiamo la rappresentazione polare:

v1 = (kv1 k cos θ, kv1 k sin θ)


v2 = (kv2 k cos θ, kv2 k sin θ)

Usando la definizione in componenti del prodotto scalare (32):

v1 · v2 = kv1 kkv2 k(cos θ1 cos θ2 + sin θ1 sin θ2 ) = kv1 kkv2 k cos(θ1 − θ2 ) =


= kv1 kkv2 k cos(θ2 − θ1 ) = kv1 kkv2 k cos(θ)

La penultima uguaglianza segue dalla parità del coseno. Inoltre la differenza tra i
due angoli coincide con l’angolo compreso tra i due vettori.

3.4 Moto del proiettile


Si tratta della composizione di un moto accelerato uniformemente con un moto
rettilineo uniforme.

30
10

Trajectory
8

y[m] 6

0
0 2 4 6 8
x[m]

Figura 19: Moto del proiettile o moto parabolico.

La legge oraria del moto è:

I: x(t) = x0 + v0x t (34)


1
II : y(t) = − gt2 + v0y t + y0 (35)
2
Vediamo che traiettoria cartesiana disegna un moto di questo tipo. Eliminiamo
t attraverso la I:
x − x0
t=
v0x
Lo inseriamo in II:

1 (x − x0 )2 v0y gx2
 
v0y gx0
y=− g 2
+ (x − x 0 ) + y0 = − 2
+ + 2 x+
2 v0x v0x 2v0x v0x v0x
v0y x2
+ y0 − x0 − g 02
v0x 2v0x

Si tratta di una parabola. Il caso più semplice è in figura Figura19 con x0 = y0 = 0:

1 gx2 v0y
y=− 2
+ x
2 v0x v0x

31
Esercizio 20. Calcolare la gittata xG , definita come l’ascissa alla quale il proiettile
riatterra alla stessa quota. (La seconda intersezione con l’asse x in Figura19.)
Soluzione: Prendiamo l’equazione della traiettoria e poniamo y = 0.
 
v0y 1 gx 2v0y
x − 2
= 0 ⇒ xG = v0x
v0x 2 2v0x g
|{z}
Tempo di volo

Esercizio 21. Fissato il modulo della velocità, trovare la gittata massima.


Soluzione: Si prenda l’esercizio precedente con:

v0x = v cos θ
v0y = v sin θ

L’espressione della traiettoria diventa:


gx2 gx2
y=− 2 2
+ tan θ x = − 2
(1 + tan2 θ) + tan θ x
2v cos θ 2v
Dunque:
2v 2 v2
xG = cos θ sin θ = sin 2θ
g g
Il massimo lo si raggiunge quando θ = π/4 e vale:

v2
xG,max =
g
Il doppio rispetto all’alatezza massima raggiungibile. (Si veda l’esercizio del lancio
in alto del grave.)
Esercizio 22. Dimostrare che gli angoli di equigittata sono complementari. Solu-
zione: Fissiamo xG = R ≤ xG,max .
gR gR gR
= sin 2θ ⇒ 2θ1 = arcsin ∨ 2θ2 = π − arcsin 2
v2 v 2 v
Dividendo per due entrambe le soluzioni:
 
1 gR gR π
θ1 + θ2 = arcsin 2 + π − arcsin 2 =
2 v v 2

32
1

gR/v 2
0,5

sin 2θ
sin 2θ 0 π/4 π/2

−0,5

−1
0 0,5 1 1,5 2 2,5 3
θ

Figura 20: Esericizo 22.

Nel particolare caso di gittata massima θ1 = θ2 = π/4.


Si può procede anche per via più diretta, osservando che le soluzioni di:
gR
= sin 2θ
v2
sono simmetriche rispetto a π/4, come mostrato in Figura20. In particolare la loro
semisomma è proprio π/4, dunque:

θ1 + θ2 π π
= ⇒ θ1 + θ2 =
2 4 2
Esercizio 23. Si faccia riferimento alla Figura21. Dati y0 , α, v calcolare la gittata
dalla torre, cioè l’ascissa dell’atterraggio del proiettile xG .
Soluzione: Ricordando l’espressione della traiettoria:

gx2
yf inale = 0 = y0 + xG tan α − 2 G 2
p 2v cos θ
2 2
v sin 2α ± v sin 2α + 8gy0 v 2 cos2 α
4
xG =
2g

33
8

y(x)
6

y[m]
4 v

α y0
2

0
0 2 4 6 8
x[m]

Figura 21: Esericizo 23.

3.5 Zona sicura


La zona sicura è la parte di piano che, fissata la velocità iniziale, non può essere
raggiunta con nessun angolo di alzo di partenza. La curva di sicurezza è quella che
separa la zona sicura da quella pericolosa che può essere raggiunta dal proiettile.
I due punti di gittata massima e il punto di massima altezza nel lancio verticale
appartengono a tale curva. Talvolta si ritiene erroneamente che la curva di sicurezza
sia il luogo dei vertici delle parabole di lancio. L’esercizio seguente mostra che questa
ipotesi non è corretta.

Esercizio 24. Trovare il luogo dei vertici delle parabole a velocità iniziale fissata v,
al variare dell’angolo di alzo θ.
Soluzione: Come già annotato nell’esercizio della gittata, il vertice lo si raggiunge
ad un’ascissa che è metà della gittata.

v2 v2
xv = sin 2θ = sin θ cos θ
2g g
Attraverso l’equazione della traiettoria abbiamo:

gx2v v2 2 v2 2 v2
yv = xv tan θ − = sin θ − sin θ = (1 − cos 2θ)
2v 2 cos2 θ g 2g 4g

34
2

1,5 v2
2g
v2
g
y[m]
1

0,5

0
−2 −1 0 1 2
x[m]

Figura 22: Esercizio 24. In blu il luogo dei vertici.

A questo punto è facile vedere che:


2
4g 2 x2v 16g 2 v2

+ 4 yv − =1
v4 v 4g
Osservazione 3.1. Si noti che questa curva, una ellissi, non può essere la curva di si-
curezza perchè non contiene il segmento dell’asse orizzontale delimitato dalla gettata
massima che ovviamente sta nella zona pericolosa.
Dimostriamo che la curva di sicurezza è una parabola. Partendo dall’equazione
della traiettoria con intercetta nulla e usando l’identità
1
2
= (1 + tan2 θ)
cos θ
otteniamo
gx2
y = x tan θ − (1 + tan2 θ)
2v 2
Se (x, y) sono le coordinate di un’ipotetico punto da colpire, variando l’angolo di alzo
θ, basta studiare le soluzioni della quadratica in tan θ.

gx2 tan2 θ − 2v 2 x tan θ + (2v 2 y + gx2 ) = 0 ⇒ ∆ = 4x2 v 4 − 4gx2 (2v 2 y + gx2 )

35
2
1,8

1,6

1,4

1,2
y[m]

1
0,8

0,6

0,4

0,2

0
0 0,5 1 1,5 2 2,5 3 3,5
x[m]

Figura 23: Parabola di sicurezza.

Il punto generico di coordinate (x, y) sta nella curva di sicurezza quando:

gx2 v 2
∆=0 ⇒ y=− + (36)
2v 2 2g
chiamata parabola di sicurezza.
Osservazione 3.2. La parabola di sicurezza in generale si studia solo per x ≥ 0 o
equivalentemente per θ ∈ [−π/2, π/2], poiché il resto si deduce per simmetria.

Esercizio 25. Dato un punto all’interno della parabola di sicurezza, dimostrare che
può sempre essere colpito con due angoli, detto angoli di equi-bersaglio.
Soluzione: Riprendiamo l’equazione per tan θ. Essa è quadratica quindi fornirà
sempre due soluzioni (all’interno della parabola di sicurezza):
p
xv 2 ± x2 v 4 − gx2 (2v 2 y + gx2 )
tan θ± =
gx2

36
3.6 Moto circolare uniforme

y
v

a
r

ωt x

Figura 24: Istantanea di un moto circolare uniforme.

Questo moto è definto dalle sue leggi orarie che si danno sia in coordinate polari
che cartesiane:
r = cost (37)
θ(t) = ωt con ω = cost = velocità angolare (38)

x(t) = r cos(ωt) (39)


y(t) = r sin(ωt) (40)
(41)
Possiamo anche rappresentarlo in forma vettoriale:
r(t) = r cos(ωt)î + r sin(ωt)ĵ kr(t)k = r (42)
La situazione è già rappresentata in Figura18, dove però l’angolo θ varia come sopra
nel tempo.
Calcoliamo il vettore velocità:
v(t) = ṙ(t) = −ωr sin(ωt)î + ωr cos(ωt)ĵ = kv(t)k = ωr (43)

37
Si noti che:

v(t) · r(t) = ω 2 r [− cos(ωt) sin(ωt) + sin(ωt) cos(ωt)] = 0 = kv(t)kkr(t)k cos α

Il che vuol dire che i due vettori sono ortogonali tra loro.
Calcoliamo infine l’accelerazione:

a(t) = v̇(t) = −ω 2 r cos(ωt)î − ω 2 r sin(ωt)ĵ = −ω 2 r(t) (44)


ka(t)k = ω 2 r (45)

Notiamo che l’accelerazione in questo caso ha solo una componente radiale che punta
verso il centro. Per tale motivo si dice accelerazione centripeta.
Abbiamo dunque scoperto che il moto obbedisce alla seguente equazioni differen-
ziale ordinaria del secondo ordine:
d2 r(t)
a(t) = 2
= −ω 2 r(t) (46)
dt
intesa componente per componente.
Esercizio 26 (Il cacciatore e la scimmia.). Un cacciatore punta una freccia in di-
rezione di una scimmia che si trova ad una altezza h su di un albero distante D da
lui. Nell’istante in cui scaglia la freccia la scimmietta si lascia cadere. Dimostrare
che essa viene inevitabilmente colpita dal proiettile.
Soluzione: Coincide col chiedersi se ∃ T ≥ 0 tale che:
(
xp (T ) = xs (T )
yp (T ) = ys (T )

con (xp , yp ) posizione del proiettile, (xs , ys ) posizione della scimmietta.


Scriviamo le equazioni per entrambi:
( (
xp = v0x t xs = D
1 2
yp = − 2 gt + v0y t ys = − 12 gt2 + h

Uguagliare componente per componente al tempo T ci porta a:


v0y h
v0x T = D v0y T = h ⇒ =
v0x D
dove l’ultima condizione è verificata perché il vettore velocità iniziale è diretto verso
il bersaglio.

38
2

1,5 (xs , ys )

y[m] (xp , yp )
1

0,5

0
0 2 4 6 8
x[m]

Figura 25: Esercizio 26: il cacciatore e la scimmietta.

Le coordinate del punto di incontro sono:


 2 !
1 D
P = D, h − g
2 v0x

Esercizio 27 (I due cacciatori.). Due cacciatori, uno nell’origine e l’altro nel punto
(D, h) si puntano il fucile contro, cioé con la canna che giace sulla medesima dire-
zione. Allo stesso istante t = 0 sparano. Dimostrare che i due proiettili collidono
inevitabilmente. Soluzione: L’idea è la stessa dell’esercizio precedente. Scriviamo
le equazioni per i due proiettili:
( (
x1 = v0x,1 t x2 = −v0x,2 t + D
y1 = − 21 gt2 + v0y,1 t y2 = − 12 gt2 − v0y,2 t + h

Uguagliamo componente per componente al tempo T :


v0y,1 + v0y,2 h
T (v0x,1 + v0x,2 ) = D T (v0y,1 + v0y,2 ) = h ⇒ =
v0x,1 + v0x,2 D
L’ultima uguaglianza è verificata proprio grazie al fatto che:

v0y,1 = v0x,1 tan α v0y,2 = v0x,2 tan α

39
2

1,5
(2)
y[m]

(1)
0,5

0
0 1 2 3 4 5 6 7 8
x[m]

Figura 26: Esercizio 27: i due cacciatori.

con α angolo di alzo uguale per entrambi! Che equivale ad applicare anche il
precedente esercizio ad entrambe le velocità inziali:

Dv0y,1 + Dv0y,2 = hv0x,1 + hv0x,2

Il punto di incontro ha coordinate:


 2 !
v0x,1 1 D D
P = D, − g + v0y,1 (47)
v0x,1 + v0x,2 2 v0x,1 + v0x,2 v0x,1 + v0x,2

4 Dinamica
Lo strumento per misurare forze si chiama dinamomemetro. Nella sua realizzazione
classica è costituito da una molla collegata a un cursore.

4.1 Primo principio della dinamica


Se un corpo non è soggetto a forze, o se la loro risultante è nulla, il corpo
si muove di moto rettilineo uniforme.

40
In formule:

r(t) = vt + r0 , r0 , v, r ∈ R3 o anche R, R2 , t∈R (48)

dove v, r0 sono vettori costanti nel tempo in ogni loro componente.

4.2 Le forze e il secondo principio della dinamica


Misurando l’effetto della forza sul moto di un corpo Figura27 si vede sperimental-
mente che l’accelerazione impressa è proporzionale alla forza stessa F ∝ a:

Figura 27: Forza e moto.

per esempio:

F 3 6 9 12
a 1 2 3 4

e in notazione vettoriale

F∝a (49)

La costante di proporzionalità per un dato corpo si dice massa inerziale, si misura in


chilogrammi, e rappresenta la tendenza di quel corpo ad opporsi all’ accelerazione.
Il secondo principio di Newton si scrive come segue:

F = ma, [F ] = kg · m/s2 ≡ N ”Newton” (50)

Osservazione 4.1. Le masse inerziali sono additive. Se applico la stessa forza a


un corpo di massa m o ad uno formato dall’insieme solidale di due corpi uguali
al precedente di cui voglio stimare la massa globale M si trova che l’accelerazione
impressa al corpo doppio è la metà della precedente:
(
F = ma
⇒ M = 2m.
F = M a/2

41
Esercizio 28. Un’automobile di massa m viaggia a velocità v. Qual è la forza
costante necessaria per fermarla in uno spzio h?
Soluzione: Se la forza è costante la seconda legge di Newton ci dice che anche
l’accelerazione lo è. Usiamo la legge di conservazione per moti 1D ad accelerazione
costante:

2 v2
v = 2ah ⇒ a=
2h
Usando il secondo principio:

mv 2
F =
2h

4.3 Il terzo principio della dinamica


Se un corpo A esercita una forza su un corpo B, il corpo B esercita una
forza uguale in modulo ma opposta sul corpo A:

In formule se FA→B è la forza esercitata da A su B e FB→A la forza esercitata da B


su A:

FA→B = −FB→A (51)

4.4 Validità dei principi di Newton: SdR inerziali


Le leggi di Newton sono valide su Sistemi di riferimento inerziali. Su SdR non
inerziali vanno modificate con l’aggiunta delle cosiddette forze fittizie.
Esempi di sistemi inerziali sono quelli solidali a:

• un laboratorio terrestre (in ottima approssimazione, se non troppo esteso);

• un treno in moto rettilineo uniforme;

• una stazione spaziale in orbita intorno alla Terra.

Esempi di sistemi non inerziali sono:

• treno/auto in frenata o in accelerazione;

• una giostra;

• un’auto in curva.

42
4.5 Forza peso e massa gravitazionale
La forza peso è quella che attrae i corpi verso la terra. Essa è proporzionale alla
massa gravitazionale che si misura sempre in chilogrammi ma non ha nulla, a priori,
a che fare con quella inerziale.

Fp ∝ mG oppure Fp = kmG .

Con la bilancia si vede che la massa gravitazionale è, quanto quella inerziale, additiva.
In caduta libera, un corpo accelera con g verso il basso. Per la seconda legge:

F p = mI g dove mI è la massa inerziale.

Da esperimenti, risulta che massa inerziale e gravitazionale sono uguali. Più


precisamente:

|mG − mI |
' 10−13 ⇒ mG = mI a meno di 10−13 (52)
mI
Nella teoria della Relatività Generale la loro equivalenza è un assioma e viene
chiamata principio di equivalenza.

Esercizio 29 (Problema elementare della statica). Analizzare, con le leggi di New-


ton, le forze che agiscono su un corpo in quiete poggiato su un supporto.
Soluzione: Sappiamo che è in quiete dunque a = 0, pertanto la risultante delle
forze deve essere nulla. Essendo soggetto alla forza peso deve esistere una forza Fv
chiamata reazione vincolare, tale che:

Fp + Fv = 0 ⇒ Fv = −Fp

Si noti che forza peso e reazione vincolare non sono azione e reazione. A differenza
delle due forze del terzo principio entrambe le forze agiscono sullo stesso corpo.

Fv

Fp

Figura 28: Esercizio 29.

43
Esercizio 30. Un corpo di massa m viene trascinato da una fune, inclinata di un
angolo α > 0 rispetto all’orizzontale, che esercita una forza di modulo F . Si assuma
che il vincolo sia bilaterale (il corpo non può staccarsi da terra) e liscio (la reazione
vincolare ha solo la componente verticale). Calcolare l’accelerazione e la reazione
vincolare.
Soluzione:

Fv
F
α
Fp

Figura 29: Esercizio 30.

Le componenti della seconda legge Newton, F = ma, porgono:


( (
F cos α = ma a = F cos
m
α

F sin α + Fv − Fp = 0 Fv = mg − F sin α

Esercizio 31. (Problema dell’ascensore in caduta libera). Figura30. A una corda


inestensibile che passa per due carrucole sono appese due masse. Il sistema è privo
di attrito, corda e carrucole hanno masse trascurabili. Si calcoli l’accelerazione con
cui si muove il sistema e la tensione della fune.

T
T
gm1
gm2

Figura 30: Esercizio 31.

Soluzione: Si impostino le leggi di Newton per ambedue i corpi. La tensione va


considerata unica, poiché unica è la fune e non ci sono attriti. Quando un blocco sale

44
l’altro scende, dunque ∆y1 = −∆y2 da cui a1 = −a2 (accelerazioni dei due corpi).
(
T − m1 g = m1 a
T − m2 g = m2 (−a)

Risolvendo per a e T si ottiene:


(
1 −m2
a= m
m1 +m2
g
2m1 m2
T = m1 +m2 g

Esercizio 32. Due vagoni, di mase m1 , m2 , scorrono senza attrito su delle rotaie.
Essi sono collegati da una fune inestensibile. m1 viene tirato con una forza F parallela
al suolo. Trovare l’accelerazione comune dei due vagoni e la tensione della corda che
li collega.
Soluzione: Scriviamo le leggi di Newton per enntrambi i corpi:
( (
F
F − T = m1 a a = m1 +m
⇒ 2

T = m2 a T = m1m+m2
2
F

Esercizio 33 (Treno in accelerazione). Un treno si muove con accelerazione a > 0.


Al soffitto è attaccato un lampadario di massa m. Si vede che la corda forma un
angolo α con la verticale. Trovare la tensione della corda e l’angolo α.

T T
α α

ma F̄

Fp Fp

Figura 31: Esercizio 33. Sulla sinistra le forze nel sistema di riferimento solidale con
la terra. Sulla destra nel sistema non inerziale del treno.

Soluzione nel sistema di riferimento della terra: si faccia riferimento alla parte
sinistra di Figura31. In questo sistema di riferimento valgono le leggi di Newton:
( ( p
T sin α = ma T 2 (sin2 α + cos2 α) = m2 (a2 + g 2 ) ⇒ T = m a2 + g 2

T cos α = mg tan α = ag

45
Soluzione nel sistema di riferimento del treno: In questo sistema le leggi di New-
ton non valgono ma possono essere restaurate con l’introduzione di una forza fittizia
F̄ . Facendo riferimento alla parte destra di Figura31 si possono scrivere le leggi di
Newton:
(
−F̄ + T sin α = 0
mg = T cos α

in cui compaiono 3 incognite e due equazioni. Per identificare F̄ dobbiamo comunque


fare riferimento al sistema inerziale e il confronto tra le leggi di Newton porge

F̄ = ma .

4.6 Quantità di moto e terzo principio


Definiamo quantità di moto o impulso di un corpo di massa m e di velocità v il
vettore:

p = mv (53)

Si noti che se la massa del corpo è costante:


dp dv
=m = ma = F ⇒ F = ṗ (54)
dt dt
Consideriamo un sistema di due corpi A e B in cui le uniche forze che agiscono
sono quelle interne, cioè in A agisce solo la forza esercitata da B e viceversa:

FA→B = ṗB , FB→A = ṗA .

Il terzo principio implica che:

FA→B + FB→A = ṗB + ṗA = 0

da cui segue:
d
(pA + pB ) = 0 (55)
dt
quindi la quantità di moto totale si conserva.
I sistemi su cui non agiscono forze esterne si dicono sistemi isolati.

46
Esercizio 34 (Automobile in frenata). Si consideri un’automobile che si muove con
velocità v > 0. Al suo interno una corda con appeso un peso penzola dal tetto.
All’istante t = 0 l’auto comincia a frenare con decelerazione costante, e si arresta in
uno spazio h. Calcolare l’angolo che la cordicella forma con la verticale durante la
frenata.
Soluzione: La soluzione non è diversa da quella dell’Esercizio 33.

a
tan α =
g
La decelerazione in valore assoluto deve essere tale che:
v2
v 2 = 2ah ⇒ a=
2h
Infine:
v2
tan α =
2gh
Esempio 4.1. Un corpo di massa m è attaccato ad una fune di lunghezza r. L’altro
estremo della fune è vincolato in un punto. Il corpo compie un moto circolare
uniforme con velocità angolare ω attorno al punto vincolato, ed è tenuto in traiettoria
dalla fune. Calcolare la tensione T della fune.
Soluzione: Scriviamo le equazioni di Newton:

v2
T = mac = m = mω 2 r
r

5 Lavoro ed energia
5.1 Definizione elementare di lavoro: caso 1D
Consideriamo un asse x orientato, sul quale si muove un corpo di massa m.
Si definisce lavoro di una forza costante F in una dimensione su un corpo, il
prodotto:

L = F · S = ma(xf − xi ), S ≡ ∆x = xf − xi (56)

dove S è lo spostamento del corpo.

47
Ricordando che F = cost ⇒ a = cost vale:
vf2 − vi2
vf2 − 2axf = cost = vi2 − 2axi ⇒ a= (57)
2(xf − xi )

Possiamo inserirlo nella (56):

vf2 − vi2 1
L=m (xf − xi ) = (Tf − Ti ) = ∆T, T = mv 2 (58)
2(xf − xi ) 2

La precedente è nota come Teorema dell’energia cinetica o Teorema delle forze vive.

F
1,5
F(x)[N]

0,5

0
0 0,5 1 1,5 2 2,5 3 3,5
x[m]

Figura 32: Lavoro come area sottesa dal grafico della funzione F (x) = cost.

5.2 Teorema dell’energia cinetica (forze generali)


Richiamiamo il teorema fondamentale del calcolo integrale ed il teorema di cambio
di variabile di integrazione:
Z t2
f˙(t) dt = f (t2 ) − f (t1 ) (59)
t1
Z t2 Z x(t2 )
f (x(t))ẋ(t) dt = f (x) dx (60)
t1 x(t1 )

48
Riprendendo l’analogia in Figura32 definiamo il lavoro di una forza, che assumia-
mo dipendere solo dalla posizione e dalla velocità, come:
Z tf Z x(tf )≡xf
L= F (x(t), ẋ(t))ẋ(t) dt = F (x, ẋ(x)) dx (61)
ti x(ti )≡xi

dove abbiamo usato il teorema di cambio di variabile nell’integrale.


Osservazione 5.1. Per calcolare la (61) c’è bisogno di conoscere, oltre alla traiettoria,
anche la velocità in ogni istante/punto del moto. Ma se la forza è posizionale,
F = F (x) (vedi in seguito), l’integrale dipenderà solo dal percorso scelto (nel caso
1D da punti iniziale e finale).
Usiamo la legge di Newton:
Z xf Z xf Z xf
dv dv dx dv
L= m dx = m dx = m v dx =
xi dt xi dx dt xi | dx
{z }
d(v 2 /2)
vf
v2 vf2 − vi2
Z  
=m d =m = ∆T (62)
vi 2 2

dove la prima uguaglianza segue dalla formula della derivata della funzione composta
e la terza segue dal cambio di variabile come in (60): x −→ v 2 /2, vf /i ≡ v(xf /i ) ≡
ẋ(xf /i ). Abbiamo inoltre utilizzato la definizione di differenziale di una funzione:

df (x)
df (x) = dx (63)
dx
Abbiamo dimostrato il Teorema dell’energia cinetica:
Z xf
1
L= F dx = ∆T = m(vf2 − vi2 ) (64)
xi 2

Il solo assunto fatto sulla forza è che sia posizionale, in particolare non è richiesta
la conservatività, vedi in seguito.
Esercizio 35 (Lavoro della forza gravitazionale costante nel lancio verticale). Cal-
colare il lavoro compiuto dalla forza peso su un corpo che si sposta in verticale da
un’altezza hi ad un’altezza hf .
Soluzione: La forza è costante e vale F = −mg, dove abbiamo incluso il segno.

L = −mg(hf − hi ) (65)

49
Notare che si può sempre scrivere:

L = −∆U, U = mgh + cost (66)

con U detta energia potenziale gravitazionale. Inoltre:

L = ∆T = −∆U ⇒ ∆T + ∆U = ∆(T + U ) = 0 (67)

cioè la quantità tra parentesi si conserva. Definiamo l’energia meccanica come:


1
E = T + U = ( nel presente caso ) = mv 2 + mgh = cost (68)
2
Riconosciamo la prima legge di conservazione già vista:

v 2 − 2ax = cost con a = −g e x = h

Esercizio 36 (Esercizio 36: lavoro della forza elastica). Calcolare il lavoro della
forza elastica F = −kx in una dimensione.
Soluzione:
xf
1 1
Z
Le = −k x dx = − k(x2f − x2i ) = −∆Ue , Ue = kx2 + cost (69)
xi 2 2
1 1 2
E = T + Ue = ( nel presente caso ) = mv 2 + kx = cost (70)
2 2
Esercizio 37 (Moto armonico). La legge del moto unidimensionale di un corpo di
massa m soggetto ad una forza elastica F = −kx è:
d2 x(t) k
ma = m = mẍ(t) = −kx(t) ⇒ ẍ(t) = − x(t) = −ω 2 x(t) (71)
dt2 m
ẍ(t) = −ω 2 x(t) (72)

Verificare che:
k
x(t) = A cos(ωt + φ), ω2 = , A, φ ∈ R (73)
m
è soluzione. Verificare anche la conservazione dell’energia meccanica.
Soluzione: Assumendo x(t) come sopra:

ẋ(t) = −Aω sin(ωt + φ)


ẍ(t) = −Aω 2 cos(ωt + φ)

50
Inoltre:
1 1 mA2 ω 2 kA2
E = mẋ2 + kx2 = sin2 (ωt + φ) + cos2 (ωt + φ) =
2 2 2 2
kA2 kA2 1
= sin2 (ωt + φ) + cos2 (ωt + φ) = kA2 indipendente da t
2 2 2
Osservazione 5.2 (Sulle forze posizionali). Per tali forze invertire lo spostamento ds
cambia il segno al lavoro:
Z xf Z xi
L= F ds = − F ds (74)
xi xf

Esempi di forze posizionali:


• le forze costanti tra cui la forza peso in prossimità della superficie terrestre
• la forza elastica
• la forza elettrica dentro un condensatore.
Osservazione 5.3. Se si riesce a scrivere il lavoro di una forza come:
L = −∆U (75)
allora:
xi = xf ⇒ L = −∆U = 0 . (76)
la condizione precedente ammette come caso particolare quella del corpo in quiete.
Esercizio 38 (Forza non posizionale). Si consideri la forza di attrito in d = 1 che
dipende dalla velocità secondo la formula:
F = −bv , (77)
con b > 0. Calcolare il lavoro sul percorso:
x(t) = vt, t ∈ [0, 1]
x(t) = x(1) − v(t − 1) t ∈ [1, 2] .

Soluzione: Si ha:
Z x(1) Z x(2)=0
L= F ds + F ds = −bvx(1) + bv(−x(1)) = −2bvx(1) 6= 0 .
x(0)=0 x(1)

Pertanto L non si può scrivere come −∆U .


Si noti che essendo la forza non posizionale, per calcolare il lavoro abbiamo dovuto
esplicitare la legge oraria con cui si percorre la traiettoria.

51
1,2

0,8
x[m]
0,6

0,4

0,2
t1 = 1s t2 = 2s
0
0 0,5 1 1,5 2 2,5
Tempo (t) [s]

Figura 33: Esercizio 38: x vs t.

5.3 Estensione a 2 e 3 dimensioni


Il lavoro di una forza F costante (in ogni componente) lungo uno spostamento di
S ≡ ∆r = rf − ri è:

L = F · S = Fx Sx + Fy Sy + Fz Sz = kFkkSk cos θ (78)

dove θ è langolo compreso fra F e S.


Se la forza non è costante:
Z
L= F · ds (79)
C

C è una curva i cui punti sono descritti da:



x(t)

C = y(t) (80)

z(t)

Osservazione 5.4. Anche in questo caso se la forza dipende anche dalla velocità
F = F(r(t), ṙ(t)), per calcolare (79) bisogna conoscere la legge oraria:
Z tf
ds = ṙdt, L = F((r(t), ṙ(t)) · ṙ(t) dt, r(t) ∈ C ∀t ∈ [ti , tf ] (81)
ti

52
dove abbiamo usato ancora (60). Al contrario, nel caso di forze posizionali F = F(r)
l’integrale (79) dipende soltanto dalla scelta della curva C, e non dalla velocità con
cui viene percorsa. Infatti l’integrando diviene il prodotto scalare di due vettori che
dipendono solo dal punto sulla curva:
ds = dsτ̂ , τ̂ : versore tangenziale alla curva (82)
Il teorema dell’energia cinetica si estende:
Z
L = (Fx dx + Fy dy + Fz dz) = ∆Tx + ∆Ty + ∆Tz = ∆(Tx + Ty + Tz ) = ∆T (83)
C
1 1
T = m(vx2 + vy2 + vz2 ) = mkvk2 (84)
2 2
Esercizio 39 (Lavoro della forza gravitazionale costante in R2 ). Mostrare che il
lavoro della forza gravitazionale costante F = −mg ĵ è uguale lungo il percorso blu
e quello rosso in Figura34. Mostrare che il risultato è sempre lo stesso su ogni curva
C che vada da A a B.

C B

rAB
rP B = hĵ

A rAP = dî P

Figura 34: Esercizio 39.

Soluzione: Applico la definizione per forze costanti:


LA,B = (−mg ĵ) · (dî + hĵ) = −mgh
| {z }
rAB

LA,P + LP,B = −mg ĵ · dî − mg ĵ · hĵ = −mgh


Applico la definizione generale per la curva generica:
Fds = −mg ĵ(dxî + dy ĵ) = −mg dy
Z Z yB
LAB = −mg dy = −mg dy = −mgh
CAB yA

53
5.4 Forze conservative
Come prima definizione:
Una forza posizionale si dice conservativa se il suo lavoro dipende solo
dai punti iniziale e finale dello spostamento.
Si dimostra l’equivalenza delle seguenti proprietà delle forze conservative F:
1. il lavoro di F dipende soltanto dai punti iniziale e finale dello spostamento;
2. il lavoro di F su una qualsiasi curva chiusa, detto circuitazione, è nullo;
3. ∃ U (r) : L = −∆U , con L lavoro di F.
Dimostrazione di (1) ⇔ (2). Si faccia riferimento a Figura35. L’inversione del per-

(1)
CAB B

(2)
CAB

Figura 35: Proof of (1) ⇔ (2).

corso cambia il segno al lavoro:


Z Z Z
F · ds = F · ds = − F · ds
(1) (2) (2)
CAB CAB CBA
Z Z I
F · ds + F · ds = 0 = F · ds
(1) (2)
CAB CBA C

Dove:
(1) (2)
C = CAB ∪ CBA
(1) (2)
è una curva chiusa da percorrere da A a B lungo CAB , e poi da B ad A lungo CBA .
La (3) implica automaticamente (1) e di conseguenza (2). Viceversa, la dimo-
strazione che la (1) e la (2) implicano (3) verrà fatta nei corsi superiori di Fisica
Matematica.

54
Esercizio 40 (Lavoro di una forza costante in tre dimensioni). Calcolare il lavoro
di una forza costante F in R3 lungo una qualsiasi curva CAB che comincia in A e
termina in B.
Soluzione:
Z Z Z Z
L= F · ds = . . . (ds = vdt) · · · = Fx vx dt + Fy vy dt + Fz vz dt =
CAB
Z Z Z
= Fx dx+Fy dy +Fz dz = Fx (xB −xA )+Fy (yB −yA )+Fz (zB −zA ) = F·∆r

Dunque le forze costanti sono conservative:

L = −∆U (r), U = −F · r + cost

Esercizio 41 (Lavoro della forza elastica in tre dimensioni). Si consideri in R3 una


forza elastica inomogenea F = (−k1 x, −k2 y, −k3 z). Si dica se è conservativa. Se lo
è, trovare il suo potenziale.
Soluzione: Cominciamo dal lavoro:
Z t2 Z t2 Z t2
L = −k1 xẋ dt − k2 y ẏ dt − k3 z ż dt
t1 t1 t1

Cambio variabile: x(t) = x, dx(t) = ẋ(t)dt = dx, x(t1 ) = x1 , x(t2 ) = x2 . La stessa


cosa per y, z.
Z x2 Z y2 Z z2
L = −k1 x dx − k2 y dy − k3 z dz =
x1 y1 z1
1
= − [k1 (x22 − x21 ) + k2 (y22 − y1 ) + k3 (z22 − z12 )] (85)
2
Dunque:
1
U = [k1 x2 + k2 y 2 + k3 z 2 ] + cost (86)
2
Nel caso isotropo k1 = k2 = k3 = k:
1
U = kr2 + cost (87)
2
La forza elastica è conservativa.

55
6 Gravitazione Universale
Nella teoria di Newton la gravitazionale universale è una forza attrattiva tra ogni
coppia di masse:

• tra una mela e la Terra;

• tra la Terra e Luna;

• tra Terra e Sole;

• tra due mele.

La forza di attrazione gravitazionale è definita tra due masse puntiformi come


avente:

• modulo:
mM N m2
kFk ≡ F = G , G = 6.67 · 10−11 (88)
r2 kg 2
dove M, m sono le masse gravitazionali dei due corpi, r è la distanza che li
separa e G è la costante di gravitazione universale;

• direzione: la congiungente dei due corpi;

• verso: attrattivo.

Esercizio 42. Con le precedenti definizioni, scrivere l’espressione analitica in R3 di


F.
Soluzione: Poniamo M in O = (0, 0, 0). Allora la forza percepita da m è:

r xî + y ĵ + z k̂
r̂ = =p , kr̂k = 1 (89)
krk x2 + y 2 + z 2
Mm xî + y ĵ + z k̂ mM
F = −G r̂ = −GM m = −G r (90)
x2 + y 2 + z 2 (x2 + y 2 + z 2 )3/2 r3

Esercizio 43. Assumendo l’equivalenza tra massa inerziale e gravitazionale e sotto


l’ipotesi che la massa della Terra MT sia concentrata nel suo centro, calcolare l’ac-
clerazione percepita da un corpo puntiforme sulla superficie terrestre (di raggio RT ).

56
Soluzione:
GMT mg
F = mi g =
RT2

Semplificando la massa mi con la mg :

GMT
g(MT , RT ) = (91)
RT2

Esercizio 44. Con le stesse assunzioni del precedente esercizio, si valuti quanto vale
l’accelerazione g(MT , R) con R > RT questa volta.
Soluzione:
GMT GMT RT2 RT2
g(MT , R) = = = g(MT , RT ) .
R2 RT2 R2 R2

Ad esempio sull’Everest g ' 9.77m/s2 .

Cosa succede per R < RT senza assumere che la Terra sia puntiforme, scavando
cioè un tunnel verso il centro?

Esercizio 45. Sempre assumendo il principio di equivalenza, si dica a quali velocità


angolare ω e lineare v deve viaggiare una massa m per orbitare attorno ad una di
massa M compiendo un moto circolare uniforme di raggio r e assumendo la massa
M fissa.
Soluzione: Mettiamo M nell’origine.
Mm
F = −G r̂
r2
2 v2
ac = −ω rr̂ = r̂
r
F = mac

Mettendo insieme le equazioni precedenti:


GM
v2 =
r
2 GM
ω = 3
r

57
Esercizio 46. Calcolare velocità v e raggio r di un satellite geostazionario.
Soluzione: Il satellite ha una velocità angolare:
2π 2π
ω= = s−1
1day 24 · 60 · 60
Dall’esercizio precedente:
r
GMT 3 GMT
r3 = ⇒ r= ' 42 168 km
ω2 ω2
e
2πr
v= = ωr ' 3 000 m/s
T

6.1 Leggi di Keplero


Una delle motivazioni che indusse Newton a proporre la legge di gravitazione uni-
versale fu quella di ottenere da essa le tre leggi di Keplero:

1. le orbite dei pianeti sono ellittiche ed il Sole occupa uno dei due fuochi;

2. la velocità areolare, cioè l’area spazzata dal raggio vettore che congiunge il Sole
con un pianeta per unità di tempo, è costante;

3. il rapporto tra i quadrato del periodo T 2 di rivoluzione ed il cubo del semiasse


maggiore R3 dell’orbita è costante per tutti i pianeti:

T2
= cost
R3

Nel caso, particolarissimo, di orbite circolari si verificano in modo elementare:

1. il cerchio è un ellisse con semiassi uguali;

2. ω = cost;

3. per l’Esercizio 45:

4π 2 GM T2 4π 2
ω2 = 2
= 3 ⇒ = cost =
T R R3 GM

58
Esercizio 47. Dati due corpi puntiformi di masse m1 ed m2 nelle posizioni: r1 =
(x1 , y1 , z1 ), r2 = (x2 , y2 , z2 ), calcolare la forza che m1 esercita su m2 e la forza che
m2 esercita su m1 , verificando che obbediscano al terzo principio. Scrivere le forze
in notazione versoriale cartesiana.
Soluzione: m2 sente una forza:

r̂1,2 r2 − r1
F1,2 = −Gm1 m2 2
= −Gm1 m2 =
r12 kr2 − r1 k3
(x2 − x1 )î + (y2 − y1 )ĵ + (z2 − z1 )k̂
= −GM m
((x2 − x1 )2 + (y2 − y1 )2 + (z2 − z1 )2 )3/2
Da cui si vede che scambiando 1 con 2 la precedente cambia segno:

F1,2 = −F2,1

in accordo con il terzo principio di Newton.

6.2 Il campo gravitazionale


Sia m una massa di prova, che ipotizziamo sufficientemente piccola da produrre
effetti gravitazionali trascurabili.
Il campo gravitazionale è :
F
g= (92)
m
con F forza gravitazionale percepita da m.
Esercizio 48. Calcolare il campo gravitazionale nell’origine generato da una distri-
buzione discreta di masse puntiformi: (mi , ri )i=1,...,K .
Soluzione:
K
! K
F 1 X mi X mi
g= =+ G 2 mr̂i =G r̂i
m m i=1
ri i=1
ri2

Esercizio 49. Calcolare il campo gravitazionale nell’origine prodotto da tre masse


unitarie disposte in:

r1 = (0, 1, 0), r1 = (1, 0, 0), r1 = (1, 1, 0)

59
Soluzione:
!  
ĵ + î 1 
g = G ĵ + î + 3/2 =G 1+ î + ĵ
2 23/2
Osservazione 6.1. Il campo prodotto nell’origine da una distribuzione di masse uguali
in:
(1, 0, 0) (1, 1, 0) (0, 1, 0) (−1, 1, 0)
(−1, 0, 0) (−1, −1, 0) (0, −1, 0) (1, −1, 0)
è nullo per simmetria.

6.3 Lavoro della forza gravitazionale Newtoniana


Prendiamo due punti A, B ∈ R3 , ed una curva che li connetta CAB . Allora:
Mm
Z
L= F · ds, F = −G 2 r̂ (93)
CAB r
Dividiamo lo spostamento in direzione ⊥ e k a r̂:
ds = dxî + dy ĵ + dz k̂ = (r̂ · ds)r̂ +ds⊥ = drr̂ + ds⊥
| {z }
dsk

Dunque:
Z rB  rB
Mm Mm 1
Z
L= −G 2 r̂ · (drr̂ + ds⊥ ) = −G 2 dr = GM m = −∆AB U (r)
CAB r rA r r rA

GM m
U (r) = − + cost (94)
r
Quindi la forza gravitazionale newtoniana è conservativa.
L’energia meccanica nel presente caso è nella forma:
1 GM m
E = mv 2 − (95)
2 r
Osservazione 6.2. Se usiamo l’energia:
1
E = mv 2 + mgh
2
per quanto velocemente possiamo lanciare un oggetto verso l’alto dal un corpo at-
trattore, questo ricadrà sempre! Ciò non succede con la gravitazione di Newton, di
cui la precedente è un’approssimazione.

60
Esercizio 50 (Velocità di fuga.). Si calcoli la minima velocità vf con cui lanciare un
corpo radialmente dalla Terra per far sı̀ che non ricada mai su essa (equivalentemente:
che si allontani indefinitamente).
Soluzione: vf , se è la minima velocità necessaria, sarà tale che la velocità del
corpo, quando r → ∞, sarà nulla.

1 MT m 1 MT m
E = mvf2 − G = cost = m02 − lim G =0
2 RT 2 r→∞ r
da cui:
r
2GMT
vf = ' 11 200 m/s (96)
RT
Esercizio 51. Due potenziali sono equivalenti se le loro differenze ∆U1 = ∆U2 .
Dimostrare che vicino alla superficie terrestre, cioè a quote h : h/RT << 1 i due
potenziali:
MT m
U1 = −G
r
U2 = mgh

sono equivalenti.
Soluzione: Calcoliamo la differenza di energia dei due potenziali per uno sposta-
mento da una quota h = 0, r = RT a h > 0, r = R > rT .
 
1 1 GmMT
U1 (RT + h) − U1 (RT ) = −GmMT − = h=
RT + h RT (RT + h)RT
GMT GMT
= mh 2
' mh = mgh
(1 + h/RT )RT RT2
| {z }
g

Osservazione 6.3. Nel caso di due corpi piazzati in posizioni generiche r1 , r2 l’energia
potenziale diventa:
Gm1 m2 Gm1 m2
U =− =− (97)
r12 kr2 − r1 k

ed è posseduta dal sistema dei due corpi.

61
In caso di tre corpi:

m1 in r1
m2 in r2
m3 in r3

l’energia potenziale posseduta dall’intero sistema dei tre corpi è:


m1 m2 m1 m3 m2 m3
U = −G −G −G (98)
r12 r13 r23
Esercizio 52. Calcolare l’energia potenziale gravitazionale per la configurazione di
masse dell’Esercizio 49.
La soluzione è lasciata al lettore.

Esercizio 53. Si consideri la seguente distribuzione di masse identiche ed unitarie:

(1, 1, 0) (0, 1, 0) (−1, 1, 0)


(−1, 0, 0) (−1, −1, 0) (0, −1, 0) (1, −1, 0) .

Calcolare il campo gravitazionale nell’origine.


Soluzione: Se introduciamo una massa in (1, 0, 0) il campo nell’origine è nullo.
Dato che il campo è un vettore possiamo dire che:

g(0) + g(1,0,0) (0) = 0

per simmetria, dove g(0) è l’incognita del problema e g(1,0,0) (0) è il campo generato
nell’orgine da una massa puntiforme in (1, 0, 0).

g(0) = −g(1,0,0) (0) = −Gî

Esercizio 54. Risolvere lo stesso esercizio con

(1, 0, 0) (0, 1, 0) (−1, 1, 0)


(−1, 0, 0) (−1, −1, 0) (0, −1, 0) (1, −1, 0) .

La soluzione è lasciata al lettore.

62
y

Fcf

P P̄

φ x

d = RT cos φ
O

Figura 36: Esercizio 55.

Esercizio 55 (Peso apparente sulla Terra). Dato un corpo di massa m sulla superficie
terrestre, calcolare il suo peso apparente ad una latituedine φ.
Soluzione: Il corpo è soggetto, oltre che al peso, anche ad una forza centrifuga
Fcf , poiché la terra ruota.
Ad una latitudine φ la distanza dall’asse di rotazione è:

d = RT cos φ ⇒ Fcf = mω 2 RT cos φ

Per trovare il terzo lato del triangolo formato dai vettori P e Fcf usiamo il teorema
di Carnot:

c2 = a2 + b2 − 2ab cos φ
q
P̄ = m2 g 2 + m2 ω 4 RT2 cos2 φ − 2m2 ω 2 gRT cos2 φ

In particolare:

Ppolo = P̄φ=π/2 = mg
Pequatore = P̄φ=0 = m(g − ω 2 RT )

63
Esempio 6.1 (Esercizio non numerato). Un corpo puntiforme di massa m può muo-
versi senza attrito su un tavolo. Al centro del tavolo viene praticato un foro attraverso
il quale viene fatto passare un filo inestensibile e di massa trascurabile che lega sud-
detto corpo ad un altro corpo di massa M che quindi penzola sotto il tavolo. Il corpo
sul tavolo viene messo in moto circolare uniforme su una circonferenza di raggio r
ad una velocità v tale da sostenere la massa appesa sotto il tavolo. Calcolare v.
Soluzione:
(
Mg = T M gr
2 ⇒ v2 =
T = mvr m
Esempio 6.2 (Esercizio non numerato). Calcolare il peso apparente di un corpo di
massa m su una giostra che ruota con velocità angolare ω sapendo che esso si trova
ad una distanza r dall’asse di rotazione.
Soluzione: Oltre al peso, si aggiungerà una componente ortogonale di forza
centrifuga:
p
P̄ = m g 2 + ω 4 r2

7 Il Teorema di Newton-Gauss
Il Teorema di Gauss è noto in generale come Teorema della divergenza. Noi lo
studiamo nel caso di un campo specifico, quello gravitazionale, per il quale il teorema
è stato provato da Newton.
Definizione 7.1 (Campo vettoriale). Un campo vettoriale in R3 è un’applicazione
liscia (tranne in casi che verranno specificati) che dato un punto P = (x, y, z) ∈ R3
associa ad esso un vettore:
v = v(x, y, z) = (v1 (x, y, z), v2 (x, y, z), v3 (x, y, z)) (99)
Il vettore del campo vettoriale va pensato come applicato al punto in cui il campo
viene calcolato P .
Esempio 7.1 (campo vettoriale costante).
v(x, y, z) = (1, 2, 5) (100)
Esempio 7.2 (campo gravitazionale puntiforme). Il campo gravitazionale generato
da una massa m puntiforme:
r̂ xî + y ĵ + z k̂
g = −Gm = −Gm (101)
krk 2
[x2 + y 2 + z 2 ]3/2

64
Esempio 7.3 (di campo vettoriale). Un esempio di campo vettoriale, in dimensione
due, è il campo di accelerazione centripeta. Si ricordi che:

ac = −ω 2 r, ac = kac k = ω 2 r

Figura 37: Campo centripeto.

7.1 Caso bidimensionale


Dato un segmento immerso in R2 di lunghezza l, si dice segmento orientato il vettore:

l = ln̂ (102)

dove n̂ è un (uno dei due) versore normale al segmento stesso.


Dato un campo vettoriale costante v, il suo flusso attraverso il segmento orientato
l è:

φ = v · l = vl cos θ (103)

La situazione è rappresentata in Figura38.

65
ln̂

θ
l v

Figura 38: Flusso di un campo vettoriale costante su un segmento orientato.

Osservazione 7.1. Valori particolari del flusso si hanno nei seguenti casi:

φ = −vl quando v e l sono antiparalleli θ = ±π


φ = vl quando v e l sono paralleli θ = 0
π
φ = 0 quando v e l sono ortogonali θ = ±
2
Osservazione 7.2. La definizione (103) ricorda il flusso di un fluido di velocità v
attraverso l.
Si può anche definire il flusso di un campo vettoriale attraverso una curva liscia
ed orientata, utilizzando un integrale. Se indichiamo la curva con CAB , con A e B i
suoi estremi:
Z Z Z
φ := dφ = v · dl = v · n̂ dl (104)
CAB CAB CAB

n̂ è il versore normale alla curva, e v è un vettore che può anche variare lungo la
curva.
Definiamo ora il campo di Newton in due dimensioni:

r̂ r̂ xî + y ĵ xî + y ĵ
v= ≡ = 2 , con r̂ = p versore radiale (105)
krk r x + y2 x2 + y 2
Per questo particolare campo vale il seguente teorema:
Teorema 7.1 (Teorema di Gauss in R2 ). Data una curva liscia ed orientata CAB
che congiunge i due punti A, B ∈ R2 , il flusso del campo di Newton (105) sulla curva
CAB è l’angolo AÔB ≡ θAB sotteso dalla curva con l’origine.
Z
φ= dφ = θAB (106)
CAB

66
dl n̂
α
dθ dl⊥
α r̂
O

Figura 39: Tratto infinitesimo della curva orientata.

Osservazione 7.3. Se la curva non fosse liscia in suo punto, in tale punto non sarebbe
possibile stabilire univocamente il versore normale.
Dimostrazione.
dl dl cos α dl⊥
dφ = r̂ · n̂ = = , α: angolo compreso tra r̂ e n̂
r r r
dl⊥ = dl cos α = proiezione di dl su una circonferenza di raggio r

Possiamo pensare il dl⊥ come la corda sottesa da un archetto di circonferenza centrata


in O e di raggio r. Per piccoli angoli la lunghezza dell’arco è ben approssimata da
quella della corda come conseguenza del limite notevole:
sin x
−→ 1, x → 0 (107)
x
In definitiva:
dl⊥ arco
dφ = ' = dθ angolo in radianti
r raggio
Il dθ non va inteso come un usuale differenziale. Il suo segno infatti dipende dal
prodotto scalare tra la normale e il vettore del campo e non dal verso di percorrenza
della curva il quale non gioca nessun ruolo nel calcolo del flusso.

Esercizio 56. Calcolare il flusso del campo di Newton attraverso una qualsiasi curva
liscia chiusa che abbraccia l’origine. Calcolarlo anche per una curva che si avvolge
k volte attorno all’origine. Calcolarlo anche quando l’orientazione della normale è
entrante anziché uscente.
Soluzione: Il flusso è pari all’angolo giro: φ = 2π per il primo quesito. Gli altri
sono lasciati al lettore.

67
Esercizio 57. Calcolare il flusso del campo di Newton attraverso una qualsiasi curva
liscia chiusa che non abbraccia l’origine.
Soluzione Essendo la curva chiusa, esso non sottende alcun angolo con l’origine.
Prendendo infatti due punti A, B su essa possiamo vederla come composta da due
0
curve: CAB ∪ CBA .
Z Z
φ= dφ + dφ = θAB − θBA = 0
CAB 0
CBA

Osservazione 7.4 (Legge di cancellazione). Il teorema di Gauss si regge su una legge


di cancellazione microscopica, contenuta nella sua prova.

4

3 n̂
y

1

0
0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10
x

Figura 40: Legge di cancellazione

Come vediamo in Figura40 i due segmenti rossi della curva sottendono entrambi
lo stesso angolo . Solo che il loro contributo al flusso è di segno opposto poiché il
campo di Newton è sempre uscente dall’origine mentre la normale alla curva cambia
la sua proiezione sulla direzione uscente.

68
7.2 Angolo solido e superfici orientate
Si consideri una porzione di area S di una superficie sferica di raggio r. Si definisce
angolo solido:
S
Ω= (108)
r2
L’angolo solido totale in R3 vale:

4πr2
Ωtot = = 4π (109)
r2
Data una superficie piana di area S invece, si dice superficie piana orientata il
vettore:

S = S n̂ (110)

dove n̂ è una delle due normali alla superficie.


Il flusso di un campo vettoriale v costante attraverso una superficie piana orien-
tata S è:

φ = v · S = v · n̂S = vS cos θ (111)

con θ angolo compreso fra v e S.


Come per il caso bidimensionale, si generalizza il concetto di flusso a superfici
liscie ed orientate, non piane (Σ) e campi non costanti (v):
ZZ ZZ
φ= v · dS ≡ v · n̂ dS (112)
Σ Σ

n̂ è il versore normale alla superficie Σ, e dS è una sua porzione infinitesima.

7.3 Teorema di Gauss: caso tridimensionale


Scegliamo come campo v il campo di Newton in R3 :
r r̂
v= = (113)
r3 r2
Vale il seguente teorema:

69
Teorema 7.2 (Teorema di Gauss in R3 ). Sia Σ una superficie liscia ed orientata
secondo il campo normale di vettori n̂. Il flusso del campo di Newton (113) su Σ è
l’angolo solido ΩΣ sotteso da Σ con l’origine.

ZZ
φ= 2
· n̂ dS = ΩΣ (114)
Σ r

Dimostrazione. Si osservi che:


r̂ · n̂ dS = dS cos α ≡ dS⊥ (115)
dove α è l’angolo tra r̂ e n̂. Analogamente al caso bidimensionale, dS⊥ è la proiezione
di dS su una sfera di raggio r.
Dunque:
r̂ dS⊥
2
· n̂ dS = 2 = dΩ
r r
Come per il caso in due dimensioni il dΩ non un usuale differenziale, dato che il
segno dipende dall’orientazione relativa di n̂ ed r.
Sommando i contributi che vengono da ciascuna porzione infinitesima:
ZZ
φ= dφ = ΩΣ
Σ

Osservazione 7.5. Come osservato nel caso bidimensionale, anche nel caso tridimen-
sionale il Teorema di Newton-Gauss si regge su una legge di cancellazione.
Esercizio 58. Calcolare il flusso di (113) attraverso una superficie chiusa liscia ed
orientata che include l’origine.
Soluzione: Il flusso è pari all’angolo solido totale:
φ = Ωtot = 4π
Esercizio 59. Ripetere l’Esercizio 58 con una superficie che non include l’origine.
Soluzione: Immaginando di tagliare in due la superficie, e di avere due superfici
Σ1 , Σ2 non chiuse avremmo:
ZZ ZZ ZZ
dφ = dφ + dφ = ΩΣ1 − ΩΣ2 = 0
Σ1 ∪Σ2 Σ1 Σ2

Il segno è dovuto al fatto che la superficie Σ2 ha orientazione opposta a quella di Σ1 .


I due angoli solidi sono uguali poiché le due superficie condividono il bordo.

70
Esempio 7.4 (Campi di Newton centrati in punti generici). Fino ad ora abbiamo
visto solo campi diretti radialmente da e verso l’origine.
Un campo di Newton centrato in r0 è:

rb− r0 r − r0 (x − x0 )î + (y − y0 )ĵ


vr2D = = 2
= (116)
0
kr − r0 k kr − r0 k [(x − x0 )2 + (y − y0 )2 ]
rb− r0 r − r0 (x − x0 )î + (y − y0 )ĵ + (z − z0 )k̂
vr3D = = = (117)
kr − r0 k2 kr − r0 k 3
[(x − x0 )2 + (y − y0 )2 + (z − z0 )2 ]3/2
0

Per questi è possibile dimostrare il teorema di Gauss traslando sia il campo che la
superficie di −r0 . Ne risulterà che il flusso attraverso una superficie chiusa sarà
uguale a 4π se r0 è interno alla superficie, zero se è esterno.

7.4 Flusso del campo gravitazionale


Il campo gravitazionale generato da una massa M puntiforme è multiplo del campo
di Newton:
FG r̂
g= = −GM 2 (118)
m r
Dunque il flusso attraverso una superfcie chiusa vale:
(
−4πGM se la superficie include l’origine
φ= (119)
0 altrimenti

In generale, grazie alla (117) si può dire che se MT è la massa totale all’interno di
una superficie Σ allora:
φΣ = −4πGMT (120)
Esercizio 60 (Applicazione del Teorema di Gauss: campo generato da una sfera
massiva omogenea). Si immagini di avere una sfera piena, massiva ed omogenea di
raggio RT centrata nell’origine di un sistema di assi in R3 . La sua massa totale è
MT . Trovare il campo gravitazionale da essa generato in ogni punto dello spazio.
Soluzione: Consideriamo la classe di campi radiali:
g = g(r) = −g(r)r̂; (121)
questo è un ansatz (espressione analitica di prova) che oltre ad essere radiale dipende
solo dalla distanza dall’origine r. Il campo che cerchiamo deve essere di quella forma
perché:

71
• la radialità è garantita dalla simmetria della sfera rispetto alla rotazione intorno
a un qualsiasi suo asse che passa per il centro.

• la dipendenza dalla sola distanza è garantita dalla simmetria della sfera rispetto
a una rotazione qualsiasi rispetto al suo centro.

Caso 1: r ≥ RT . Prendiamo delle superfici sferiche Sr di raggio r centrate sempre


in O. Il flusso attrverso esse è:
ZZ ZZ
φ = −4πGMT = − g(r)r̂ · r̂dS = −g(r) dS = −g(r)4πr2
Sr Sr

Dunque:
GMT GMT
g(r) = ⇒ g=− r̂, r ≥ RT (122)
r2 r2
Si comporta come se la massa fosse concentrata tutta nel centro.
Caso 2: r < RT . La densità della sfera è:
3MT
ρ=
4πRT3

Quindi, prendendo delle sfere Sr concentriche ad essa di raggio r < RT il flusso


attraverso di esse vale:
4 3 3MT r3
φ = −4πG πr = −4πGMT = −g(r)4πr2
|3 {z } 4πRT3 RT3
volume incluso

Infine:
GMT
g(r) = − r (123)
RT3

All’interno della sfera il modulo aumenta linearmente col raggio.


Inoltre:
GMT
lim− g(r) = − r̂ = lim+ g(r)
r→RT RT2 r→RT

il campo è continuo sulla superficie della sfera.

72
Esercizio 61 (Campo gravitazionale del filo). Calcolare il campo gravitazionale
generato da un filo massivo infinito omogeneo giaciente sull’asse z di densità lineare
λ.
Suggerimento: utilizzare l’ansatz g = g(d) = −g(d)d̂ dove d e d̂ sono la distanza
dall’asse z e il verso sempre uscente da esso rispettivamente.

Esercizio 62 (Campo gravitazionale del piano). Calcolare il campo gravitazionale


generato da un piano massivo infinito omogeneo giaciente sul piano x0y di densità
superficiale σ.
Suggerimento: utilizzare l’ansatz g = g(d) = −g(d)d̂ dove d e d̂ sono la distanza
dal piano e il verso sempre uscente da esso rispettivamente.

Esempio 7.5. Lo studente si inventi una distribuzione di masse che permette il


calcolo del campo utilizzando il teorema di Gauss.

Esempio 7.6. Lo studente estenda la dimostrazione del Teorema di Newton-Gauss


a superfici non lisce, che presentano punti o intere curve angolose.

Esempio 7.7. Lo studente estenda il Teorema di Newton-Gauss al caso in cui il


campo di Newton-Gauss è centrato sulla superficie stessa (né interno, né esterno!).

Esempio 7.8 (∗ ). Lo studente cerchi di applicare il teorema di Newton-Gauss al


caso di un campo gravitazionale generato da un semispazio z ≤ 0 riempito con una
distribuzione di massa uniforme.

Esempio 7.9 (∗ ). Lo studente cerchi di calcolare il campo gravitazionale in R3


generato da una distribuzione di massa uniforme che riempie tutto lo spazio a meno
di una cavità sferica.

8 Moti lungo curve, sistemi di punti materiali,


baricentro, urti
8.1 Moti lungo curve in campo gravitazionale costante
Si immagini un punto materiale appoggiato su una curva rigida e liscia come in
Figura41.
Sul punto agiscono:

• la forza peso P, sempre diretta verso il basso;

73
6

4 Fv
y

2
P

0
0 2 4 6 8 10
x

Figura 41: Moto su una curva nel campo gravitazionale costante.

• La reazione vincolare Fv , in assenza di attriti è sempre ortogonale alla curva


e dunque allo spostamento: Fv ⊥ ds.

L’unica forza ad entrare nel bilancio energentico è la forza peso, Fv non compie
lavoro.
1
L = LP = −∆U = ∆T ⇒ ∆E = ∆(U + T ) = 0, E = mv 2 + mgh (124)
2
Esercizio 63. Un corpo appoggiato su una curva come in Figura41 parte da fermo
ad una quota y = h da terra. Calcolare la velocità del corpo quando esso si trova ad
una quota y = 0.
Soluzione: Imponiamo la conservazione dell’energia meccanica tra punto di par-
tenza e di arrivo (a terra):
1 p
Ei = mgh = mv 2 = Ef ⇒ v= 2gh
2
Esercizio 64 (Giro della morte). Un punto materiale parte da fermo dal punto più
alto di una rotaia, come mostrato in Figura42, e dopo un tratto discendente compie
un giro della morte di raggio R. Si calcoli quanto deve valere la differenza di quota
tra il punto di partenza ed il punto più alto del giro h, perché il punto materiale non
si stacchi mai dalla rotaia.

74
Fcf
h

Figura 42: Giro della morte. Esercizio 64.

Soluzione: Nella sommità la forza peso P deve essere più piccola (in modulo)
della forza centrifuga Fcf .
mv 2
≥ mg ⇒ v 2 ≥ gR
R
R
v 2 = 2gh per l’esercizio precedente ⇒ h≥
2
Nel caso in cui h = R/2 il peso apparente sulla rotaia è nullo.
Esercizio 65. Nella situazione h ≥ R/2 dell’Esercizio 64, valutare la differenza di
peso apparente del corpo puntiforme di massa m che effettua il giro della morte fra
il punto più alto e più basso di quest’ultimo.
Soluzione: Indicando i due pesi apparenti rispettivamente con P↑ e P↓
P↑ = Fcf,↑ − P
P↓ = Fcf,↓ + P
∆Papparente = 2P + Fcf,↓ − Fcf,↑
Attraverso la conservazione dell’energia:
1 2 1 2
mv↓ = mv↑ + 2mgR ⇒ v↓2 − v↑2 = 4gR
2 2
m
Fcf,↓ − Fcf,↑ = (v↓2 − v↑2 ) = 4gm
R
Infine:
∆Papparente = 6mg

75
8.2 Sistemi di punti materiali: il baricentro
Consideriamo un sistema di N punti materiali di masse e posizioni {(mi , ri )}1≤i≤N .
La quantità di moto totale del sistema è:
N
X
P= mi vi (125)
i=1

vi è la velocità dell’i-esimo corpo.


Se il sistema è isolato, ovvero non ci sono forze esercitate dall’esterno sul sistema,
ma solo all’interno di esso, per il terzo principio:
N N
X X dv
FR = Fi = mi = 0 La risultante delle forze interne è nulla (126)
i=1 i=1
dt

Che si può riscrivere come:


N N
d X X
mi vi = 0 ⇔ mi vi = cost (127)
dt i=1 i=1

Definiamo il baricentro come:


PN
mi ri
rB = Pi=1
N
(128)
i=1 mi
Per quanto visto, la velocità del baricentro di un sistema isolato è costante:
PN
drB mi vi
vB = = Pi=1N
= cost (129)
dt i=1 mi

Esercizio 66 (Urti elastici unidimensionali). Si dicono elastici quegli urti in cui si


conserva non solo la quantità di moto, come visto prima, ma anche l’energia cinetica
totale del sistema. Sapendo ciò, calcolare le velocità finali v1f , v2f di due corpi che
si muovono su una retta, di masse m1 , m2 rispettivamente e che si sono urtati con
velocità iniziali v1i , v2i .
Soluzione: Imponiamo le conservazioni:
(
m1 v1i + m2 v2i = m1 v1f + m2 v2f
1
2
2
(m1 v1i 2
+ m2 v2i ) = 12 (m1 v1f
2 2
+ m2 v2f )
(
m1 (v1f − v1i ) = m2 (v2i − v2f )
2 2 2 2
m1 (v1f − v1i ) = m2 (v2i − v2f )

76
Dividiamo la seconda per la prima:
(
m1 (v1f − v1i ) = m2 (v2i − v2f )
⇒ v1f − v2f = v2i − v1i
(v1f + v1i ) = (v2i + v2f )

La velocità relativa cambia segno dopo l’urto. Risolvendo l’ultimo sistema per le due
velocità finali:
(
1 −m2
v1f = m v + m2m
m1 +m2 1i
2
1 +m2
v2i
m2 −m1 2m1
(130)
v2f = m1 +m2 v2i + m1 +m2 v1i

Discutiamo casi particolari:


• m1 = m2 : i corpi si scambiano le velocità: v2f = v1i , v1f = v2i . In particolare
se v1i = v e v2i = 0: v1f = 0 e v2f = v;

• m2 = ∞ o m2 >> m1 e v1i = v, v2i = 0: il corpo considerevolmente più leggero


rimbalza sull’altro: v1f = −v, v2f = 0.

8.3 Forze d’urto, forze impulsive


Ricordiamo che la seconda legge di Newton si può scrivere anche come:
dp
= ma = F (131)
dt
almeno in una dimensione. Se consideriamo una pallina che urta contro un muro
con velocità v, la forza che cambia l’impulso di essa agisce in un intervallo di tempo
arbitrariamente piccolo (−, ):
Z  Z  Z 
F (t)
2mv = ∆p = dp = F (t) dt ⇒ dt = 1 (132)
− − − 2mv

Questo ci porta a concludere che F (t)/2mv deve essere estremamente piccata den-
tro l’intervallo (−, ) come in Figura43 e il suo integrale deve comunque valere 1.
Chiaramente non c’è nessuna funzione che soddisfa questo requisito nel limite  → 0,
l’oggetto limite è una distribuzione, la delta di Dirac.
Esercizio 67 (Urto completamente anelastico unidimensionale). Due corpi punti-
formi di masse m1 ed m2 si muovono rispettimanete con velocità v1 e v2 su una retta
fino a quando non si urtano. Dopo l’urto essi si muovono insieme, alla velocità V
del baricentro. Trovare V .

77
20

15

F (t)
10

0
−4 −2 0 2 4
t

Figura 43: Tipica forza impulsiva.

Soluzione: Si conserva solo la quantità di moto, non l’energia.

m1 v1 + m2 v2
m1 v1 + m2 v2 = (m1 + m2 )V ⇒ V = (133)
m1 + m2
che in effetti coincide con la velocità del baricentro.

Esercizio 68 (Energia dissipata in un urto completamente anelastico). Dato un urto


completamente anelastico, come nel precedente esercizio, dimostrare che la variazione
di energia cinetica vale:
1 m1 m2
∆T = − (v1 − v2 )2 (134)
2 m1 + m2

Soluzione:
 2
1 m1 v1 + m2 v2 1 1
∆T = (m1 + m2 ) − m1 v12 − m2 v22 =
2 m1 + m2 2 2
2 2
m1 (m1 + m2 )v1 + m2 (m1 + m2 )v2 − m1 v1 − 2m1 m2 v1 v2 − m22 v22
2 2
=− =
2(m1 + m2 )
m1 m2
=− (v1 − v2 )2
2(m1 + m2 )

78
Figura 44: In blu la massa, in rosso i baricentri.

Esempio 8.1. Alcuni sistemi che sono dotati di particolari simmetrie hanno un
baricentro facilmente individuabile. Si veda la Figura44.

Osservazione 8.1. Si può osservare che (la dimostrazione è lasciata al lettore) nel
caso unidimensionale, la coordinata del baricentro soddisfa:
m1 x1 + m2 x2
x1 ≤ x ≤ x2 , x=
m1 + m2
dove m1 , m2 sono le masse di due corpi e x1 , x2 le loro posizioni.

Esercizio 69. Mostrare che il baricentro di un sistema di due punti (m1 , r1 ), (m2 , r2 )
giace sulla congiungente dei due corpi.
La soluzione è lasciata al lettore. Si suggerisce di procedere per componenti.

Esercizio 70 (Teorema iterativo del baricentro). Sia IN = {1, 2, . . . , N } e siano I1 e


I2 = IN − I1 due suoi sottinsiemi complementari qualsiasi. Mostrare che il baricentro
gode di iteratività:
P
i∈I mi ri M1 rB1 M2 rB2
rB = P N = + (135)
i∈IN mi M1 + M2 M1 + M2
P P
X i∈I1/2 mi ri i∈I1/2 mi ri
M1/2 = mi , rB1/2 = P = (136)
i∈I i∈I1/2
m i M 1/2
1/2

Soluzione:
X X X
mi ri = mi ri + mi ri
i∈IN i∈I1 i∈I2

79
Ricordiamo che:
P P
i∈I1 mi ri mi ri
rB1 = P , rB2 = Pi∈I2
mi i∈I2 mi
P i∈I1 P
i∈I mi ri i∈IN mi ri
rB = P N =
i∈IN mi M
dunque:
M rB = (M1 + M2 )rB = M1 rB1 + M2 rB2
Dividendo per M1 + M2 si ottiene il risultato.

Figura 45: Disco bucato

Esempio 8.2 (Ancora sul baricentro e simmetrie). Utilizzando l’iteratività del ba-
ricentro calcolare per esercizio il baricentro della distribuzione di massa in Figura45,
sapendo che la circonferenza più grande ha raggio R.
Esempio 8.3 (Urti obliqui con pareti). Immaginiamo un urto di un corpo puntiforme
di massa m contro una parete rigida, liscia ed inamovibile.
Con le ipotesi di cui prima la parete esercita una forza direzione ortogonale nel
corpo. Dunque:
(
vf x = vix
⇔ vf = vix î − viy ĵ (137)
vf y = −viy

8.4 Problemi variazionali e moti


Per problema variazionale si intende la minimizzazione (o massimizzazione) di una
quantità che dipende da un numero reale o da un qualcosa di più complesso come
una funzione. La fisica esprime spesso le sue leggi come principi variazionali.

80
B
y

A vf

vi α α

C C’ parete, x
A’

Figura 46: Urto obliquo con parete.

A
v1 θ1
a

x
O
v2
θ2 b

l B

Figura 47: Il problema del bagnino. Esercizio 71.

Osservazione 8.2. Nell’urto (elastico) angolo di incidenza ed angolo di riflessione sono


uguali. Si veda la Figura46. Si può verificare che richiedere che lo spazio percorso (a
v = cost) per andare da A a B in Figura46 sia minimo, equivale a chiedere proprio
che angolo di incidenza e riflessione siano uguali tra loro! (α in figura).

AC + CB = A0 C + CB = A0 B ≤
≤ (disuguaglianza triangolare) ≤ A0 C 0 + C 0 B = AC 0 + C 0 B (138)

Esercizio 71 (Il problema del bagnino). Vogliamo che il bagnino, che parte da A
in Figura47, arrivi al bagnante in B nel minor tempo possibile. Il bagnino corre a
velocità v1 fuori dall’acqua e nuota a velocità v2 nell’acqua. Trovare x, il punto in
cui si tuffa, per cui il tempo è minimizzato.

81
Soluzione: Scriviamo il tempo come funzione di x.
√ p
a2 + x 2 b2 + (l − x)2
T (x) = +
v1 v2
Calcoliamo la derivata prima:
1 x 1 l−x sin θ1 sin θ2
T 0 (x) = √ − p =0 ⇒ = = cost
v1 a + x
2 2 v2 b + (l − x)2
2 v1 v2

L’ultima è anche nota in ottica come legge di rifrazione.

4
y

0
0 1 2 3 4 5 6 7
x

Figura 48: Cicloide, la brachistocrona del campo gravitazionale costante

Nel caso in cui una delle due velocità sia molto maggiore dell’altra, ad esempio
v1 >> v2 come nel caso di un vero bagnino, si ha v2 /v1 → 0, e quindi:
v2
sin θ2 = sin θ1 −→ 0 ⇒ θ2 = 0
v1
Cioè il bagnino trova conveniente percorrere il tratto in acqua in verticale.

Esempio 8.4. Gli esempi precedenti son tutti tipi dei tipi di brachistocrona, curva
di minor tempo. La brachistocrona più celebre è quella di caduta senza attrito in un
campo gravitazionale costante: un punto materiale in un piano verticale si sposta
lungo una curva (vincolo rigido liscio) che connette due punti ad altezza diversa.
Che forma deve avere la curva affinchè il tempo di percorrenza sia minimo? Galileo
propose come soluzione un arco di circonferenza. La soluzione corretta trovata da

82
Bernoulli è un arco di cicloide (Figura48). Possiamo pensare la curva Figura48 come
il risultato di tantissime rifrazioni consecutive in cui si mantiene costante la quantità:
sin θ sin θ
=√ = cost (139)
v 2gh
dove h è la perdita di quota lungo la discesa del corpo da fermo e θ è l’angolo che la
tangente alla curva forma con la verticale.

9 Moti rotatori
Come primo caso trattiamo il moto circolare vario (non necessariamente uniforme)
e richiamiamo alcuni concetti attraverso la figura:

y x(t) = r cos θ(t)


l(t)
θ(t) = r atan y(t) = r sin θ(t)
y
a

acp l(t)

θ(t) r x
x
O

Figura 49: Moti rotatori. Relazione tra variabili angolari e lineari.

Dalla definizione di angolo ricaviamo le seguenti relazioni:


˙
l(t) v(t)
ω(t) = θ̇(t) = = (140)
r r
¨l(t) atan (t)
α(t) = θ̈(t) = = (141)
r r
dove atan è l’accelerazione tangenziale, vedi Figura49, e acp è l’accelerazione centri-
peta.

83
v = vtan , a = atan + acp , kacp k = ω 2 (t)r, katan k = α(t)r (142)

Il vincolo implica che la velocità è tangenziale alla traiettoria.


Osservazione 9.1. Il moto circolare uniforme è un particolare caso del precedente
con:

θ̇(t) = ω(t) = ω = cost ⇒ θ̈(t) = α(t) = 0, atan = 0

come può essere verificato inserendo nelle precedenti la legge:

θ(t) = ωt + θ0 .

x(t) θ(t)

v(t) ω(t)

a(t) α(t)

Figura 50: Relazione fra grandezze lineari e angolari.

A partire dall’analogia tra il moto circolare uniforme e il moto rettilineo uniforme


si costruisce un dizionario tra i moti in R e quelli nella circonferenza che è alla base
degli studi sulle rotazioni, vedi Figura50
Osservazione 9.2. L’analogia vale anche per il moto circolare ad accelerazione (an-
golare) costante:
1
θ(t) = αt2 + ω0 t + θ0
2
da cui si può facilmente provare (lo studente lo faccia per esercizio seguendo il caso
del moto ad accelerazione costante in R) che:

ω 2 = ω02 + 2α∆θ .

e che
ω + ω0
ω̄ = .
2
La Figura51 riassume queste analogie.

84
Moti unformi
x(t) = vt + x0 θ(t) = ωt + θ0

Moti uniformemente accelerati


x(t) = 12 at2 + v0 t + x0 θ(t) = 12 αt2 + ω0 t + θ0

Leggi di conservazione
v 2 = v02 + 2a∆x ω 2 = ω02 + 2α∆θ

v+v0 Velocità medie ω+ω0


v̄ = 2
ω̄ = 2

Figura 51: Leggi per moti lineari e leggi per moti circolari.

9.1 Dinamica
È utile identificare le cause dei moti rotatori cioé le forze tangenziali.
Ftan = matan = mrα (143)
e moltiplicando per r:
rFtan = mr2 α (144)
Definendo:
I = mr2 , τ = rFtan (145)
detti rispettivamente momento d’inerzia e momento torcente, giungiamo a:
τ = Iα (146)
che è l’equivalente alla legge di Newton in una dimensione.
Questo ci permette di completare l’analogia della Figura50 e della Figura52.

F = ma τ = Iα

m I

Figura 52: Forze e momenti torcenti. Masse e momenti d’inerzia.

Vogliamo ora introdurre un formalismo vettoriale che ci permetta di riformulare


in modo completo le leggi di Newton nel linguaggio delle rotazioni. Talvolta, come nel
caso dei moti vincolati e del corpo rigido, questa formulazione risulta particolarmente
efficace.

85
9.2 Il prodotto vettoriale
Dati due vettori r1 , r2 ∈ R3 :

r1 = (x1 , y1 , z1 ) = x1 î + y1 ĵ + z1 k̂
r2 = (x2 , y2 , z2 ) = x2 î + y2 ĵ + z2 k̂

il loro prodotto vettoriale, interno perché è un vettore, è definito come:


 
î ĵ k̂
r1 ∧ r2 = det x1 y1 z1  = (y1 z2 − y2 z1 , z1 x2 − x1 z2 , x1 y2 − x2 y1 ) (147)
x2 y2 z2

Il prodotto vettoriale gode delle seguenti proprietà:

1. antisimmetria: r1 ∧ r2 = −r2 ∧ r1 ;

2. r ∧ r = 0. Può essere vista come una conseguenza della precedente;

3. distributività rispetto al prodotto con uno scalare: (αr1 + βr2 ) ∧ r = αr1 ∧ r +


βr2 ∧ r;

4. r1 ∧r2 è un vettore ortogonale ad r1 ed r2 (verificarlo per esercizio): r1 ·(r1 ∧r2 ) =


r2 · (r1 ∧ r2 ) = 0;

5. kr1 ∧ r2 k = kr1 kkr2 k sin θ, con θ angolo compreso fra i due vettori.

Queste proprietà si verificano immediatamente come conseguenza delle proprietà dei


determinanti. La 1 corrisponde allo scambio della seconda e della terza riga della
matrice. La 3 si verifica per componenti. La 4 si verifica osservando che i prodotti
misti sono determinanti con due righe uguali. Per verificare la 5 esprimiamo i vettori
in rappresentazione polare, assumendo senza perdita di generalità che i due vettori
r1 , r2 giacciano sul piano xOy:

r1 = (r1 cos α1 , r1 sin α1 , 0), r2 = (r2 cos α2 , r2 sin α2 , 0)


r1 ∧ r2 = r1 r2 (cos α1 sin α2 − sin α1 cos α2 )k̂ = r1 r2 sin(α2 − α1 )k̂

Verificare inoltre (farlo per esercizio) che:

î ∧ ĵ = k̂ (148)

86
Esercizio 72 (Regola di Leibniz per il prodotto vettoriale). Utilizzano la regola di
Leibniz e la definizione di prodotto vettoriale dimostrare che:
d d d
(r1 ∧ r2 ) = r1 ∧ r2 + r1 ∧ r2 . (149)
dt dt dt
L’esercizio si risolve derivando le componenti e utilizzando la legola di Leibnitz per
il prodotto di funzioni.

9.3 Momento angolare e momento torcente


Identifichiamo ora una versione della legge di Newton che si risulta utile nello studio
dei moti rotatori. Definiamo:

τ = r ∧ F momento torcente (150)


l = r ∧ p momento angolare (151)

Si verifica facilmente che la (150) si riduce alla definizione di momento torcente del
caso piano visto prima in cui forza e raggio sono ortogonali.
Osserviamo che:
dl d d dl
= r ∧ mv + r ∧ p = mv ∧ v + r ∧ F = τ ⇒ τ = (152)
dt dt dt dt
Segue che l si conserva in assenza di momenti torcenti.

τ =0 ⇒ l = cost

Tornando al caso piano, avremmo che se F è tangenziale alla traiettoria circolare:

l = r ∧ p esce dalla pagina ed ha modulo rp = rmv = r2 mω


τ = r ∧ F esce dalla pagina ed ha modulo rF

La (152) ci darebbe:

τ = mr2 α

come predetto. La situazione è presentata in Figura53.


Osservazione 9.3. Nel caso di una forza generica conterebbe, a causa del prodotto
vettoriale, solo la componente tangenziale.

87
y
F
v
r x
O

Figura 53: Ancora sui momenti torcenti. Rappresentazione grafica.

9.4 Corpo rigido (versione elementare)


In un corpo rigido le distanze relative dei punti materiali (mi , ri ) che lo compongono
non cambiano. Possiamo allora assumere le stesse velocità ed accelerazione angolari
per i punti che lo compongono:

X X
τi = ri2 mα ⇒ τi = ( mi ri2 )α
i i

Dove ri qui è la distanza dall’asse di rotazione, non dall’origine. Abbiamo:


X
τtot = ( mi ri2 )α = Iα (153)
i

Esercizio 73. Calcolare il momento di inerzia di un anello di raggio R e massa M


che ruota attorno al proprio asse.
Soluzione:Immaginiamo di dividere l’anello in tanti pezzetti infinitesimi di massa
mi
X X
Ianello = mi ri2 = R2 mi = M R2 (154)
i i

Esercizio 74. Calcolare il momento di inerzia di un disco pieno omogeneo di massa


M e raggio R.
Soluzione: Le sommatorie cui siamo abituati diventano integrali nel continuo. Se
σ è la densità superficiale del nostro disco allora:
Z R
M M R2
X Z Z
2 2 2
mi ri −→ r dm = r σdS = r2 2 2πr dr = (155)
i 0 πR 2

88
dove abbiamo scomposto l’area del cerchio in tante piccole corone di area:

dS = 2πr dr .

Calcolare per esercizio il momento d’inerzia di una sbarra lunga L, e massa M , di


spessore trascurabile, che ruota attorno all’asse passante per il suo centro.

9.5 Energia cinetica di rotazione


Immaginiamo di avere un corpo rigido costituito dai punti (mi , ri )i=1,...,N . La loro
energia cinetica totale è:
X mv 2 X mω 2 r2 ω2 X 1
i i
Ttot = = (vi = ωri ) = = mi ri2 = Iω 2 (156)
i
2 i
2 2 i 2

Esercizio 75. Su una carrucola di raggio R e momento d’inerzia I scorre un filo


inestensibile senza strisciare al quale è appesa una massa M . Trascurare ogni attrito.
Calcolare la velocità della massa M dopo che è scesa di una quota h.

RI

Figura 54: Esercizio 75.

Soluzione: La conservazione dell’energia impone:


1 1 1 1 v2
M gh = M v 2 + Iω 2 = M v2 + I
2 2 2 2 sR2
 
I 2M gh
2M gh = M + 2 v 2 ⇒ v=
R M + I/R2

89
Osservazione 9.4. Ricordiamo che :
dl
0=τ = , l = cost
dt
per un punto che ruota si trasforma in:

l = rmv = mr2 ω = Iω = cost

sempre in assenza di momenti torcenti.

Esercizio 76. Un punto materiale di massa m si muove di moto circolare uniforme


su un tavolo. Esso è tenuto in traiettoria da un filo che passa sotto tavolo attraverso
un foro praticato nel centro della traiettoria circolare. Il filo viene tirato da sotto
il tavolo accorciando cosı̀ il raggio del moto da ri ad rf < ri entrando in un nuovo
moto circolare uniforme. Rispondere alle seguenti domande:

1. L’energia è conservata?

2. Il momento angolare è conservato?

3. Quanto vale la velocità vf sulla nuova traiettoria circolare di raggio rf , sapendo


che nella prima valeva vi ?

Soluzione: Il momento angolare è certamente conservato perché la forza che viene


esercitata attraverso il filo (la tensione) ha momento torcente nullo:

Fkr ⇒ τ =0 ⇒ l = Iω = cost

Possiamo dunque usare:

Ii ωi = mri2 ωi = mri vi = mrf vf = mrf2 ωf = If ωf


ri
vf = vi > vi
rf

L’energia dunque non si è conservata, perché nel tirare a sé il punto, il filo inesten-
sibile ha compiuto lavoro.

Esercizio 77. Un punto materiale di massa m giace su un tavolo ed è attacato


tramite una fune inestensibile ad punto sulla superficie di un cilindro. Il punto
parte con una velocità iniziale diretta ortogonalmente alla fune come in Figura55.
Rispondere alle stesse domande dell’esercizio precedente.

90
y

v
r T

Figura 55: Esercizio 77.

Soluzione: L’energia si conserva poiché la tensione della fune è sempre ⊥ alla


velocità. Perciò non compie lavoro. Dunque è anche vero che:
1 2 1 2
mv = mvf ⇒ vi = vf
2 i 2
Non si conserva invece il momento angolare, poiché il prodotto r ∧ T questa volta
è non nullo (si veda Figura55). Se considerassimo come centro di rotazione il punto
di contatto tra filo e cilindro il momento torcente sarebbe nullo ma in quel sistema
di riferimento che ruota (non inerziale) non valgono le leggi di Newton.

9.6 Il pendolo semplice


Il pendolo semplice è un sistema costituito da un filo inestensibile di massa trascu-
rabile e lunghezza L fissato per un suo estremo ad una parete verticale. All’altro
estremo è appesa una massa m, come in Figura56.
Scomponiamo la forza peso in una sua componente radiale Pk ed una tangenziale
F:

F = −mg sin θ, Pk = −mg cos θ (157)

I segni meno sono necessari per essere coerenti con l’angolo, che è positivo se preso
in senso antiorario.
Dato che il filo è inestensibile avremo:

Pk = mg cos θ = T

91
θ
L

T m
l
F
Pk
P

Figura 56: Pendolo semplice.

Per la direzione tangenziale invece (sin θ ' θ per piccoli angoli):


mg
F = −mg sin θ ' −mgθ = − l (158)
L
cioè una forza elastica con legge di Newton
F = −kl = m¨l (159)
con:
mg
costante elastica: k= (160)
r L
r
k g
pulsazione: ω= = (161)
m L
s
2π L
periodo: T = = 2π (162)
ω g
L’equazione in l, e la sua equivalente in θ
g
θ̈ = − θ , (163)
L
sono risolte dalla soluzione di moto armonico 1
l(t) = l0 cos(ωt + φ0 ), θ(t) = θ0 cos(ωt + φ0 ) (164)
Si verifica immediatamente che le (164) soddisfano la (163).
1
Si veda l’Esercizio 37 e la (72)

92
Esercizio 78 (Il lampadario che oscilla). Un lampadario cilindrico di momento d’i-
nerzia I si trova appeso al soffitto tramite una corda. Quando il lampadario ruota
di un angolo θ rispetto al suo asse (sul quale giace anche la corda che lo sostiene)
per effetto della torsione la corda esercita un momento torcente pari a τ = −kθ con
k una costante.
Trovare la legge del moto θ(t) del lampadario conoscendo:
θ(0) = θ0
θ̇(0) = 0

La soluzione è lasciata al lettore.

9.7 Cenni sulla stabilità


Cominciamo osservando che una forza F (x) posizionale in 1D è anche conservativa.
Il potenziale risulta essere infatti:
Z
U (x) = − F (x) dx, F (x) = −U 0 (x) . (165)

La (165) ci dice che la forza è nulla nei punti di massimo e minimo di U (x).

4
U(x)

0
0 2 4 6 8 10
x

Figura 57: Esempio di un potenziale. In verde i minimi, in rosso i massimi.

Un punto di equilibrio è un punto estremale per il potenziale, poiché lı̀ si annulla


la forza. Analizziamo i casi:

93
• x∗ , punto di massimo: se consideriamo due punti x± = x∗ ±  con  > 0 piccolo
allora:

U 0 (x+ ) < 0 ⇒ F (x+ ) > 0


U 0 (x− ) > 0 ⇒ F (x− ) < 0

Cioè un punto è portato ad allontanarsi da x∗ . Questo ne fa un punto di


equilibrio instabile;

• x∗ , punto di minimo: se consideriamo due punti x± = x∗ ± come prima allora:

U 0 (x+ ) > 0 ⇒ F (x+ ) < 0


U 0 (x− ) < 0 ⇒ F (x− ) > 0

Cioè un punto è portato a tornare verso la posizione di minimo x∗ . Questo ne


fa un punto di equilibrio stabile;

• infine se x∗ è un punto di flesso risulta ancora di equilibrio instabile. Infatti se


ci si sposta di poco in una delle direzioni ci si allontana poi indefinitamente.

Dunque per controllare che x∗ sia un punto di equilibrio stabile controlliamo che:

U 0 (x∗ ) = 0, U 00 (x∗ ) > 0 (166)

9.8 Stabilità delle orbite circolari dei pianeti


Abbiamo visto che il moto (nell’approssimazione circolare uniforme) di un pianeta in-
torno al Sole è descritto, nel sistema di riferimento solidale al pianeta, dall’equazione
di bilancio tra forza centrifuga e forza gravitazionale:
GM m
FG = = mω 2 r = Fc
r2
Immaginiamo di perturbare il moto con il vincolo che il momento angolare sia
costante, l = Iω = mr2 ω = cost, per esempio con una forza in direzione in direzione
radiale. Eliminando la velocità angolare:

2 l2 l2 l2
ω = 2 4 ⇒ Fc = m 2 4 r =
mr mr mr3

94
La forza centrifuga ammette un potenziale:

l2 l2
Z
Uc = − dr = + cost (167)
mr3 2mr2
e l’energia potenziale totale risulta:

GM m l2
U (r) = − + (168)
r 2mr2

Esercizio 79 (Stabilità orbite circolari). Verificare che il potenziale (168) ammette


un punto di equilibrio r∗ , che corrisponderà ad un’orbita circolare, e che esso sia
stabile.
Soluzione: Calcoliamo le derivate:

0 ∗ GM m l2 l2
Uef f (r ) = − =0 ⇒ r∗ =
r∗2 mr∗3 Gm2 M
che è il raggio di equilibrio. Vediamo se è stabile:

00 ∗ GmM l2 −2GM m2 r∗ + 3l2 −2l2 + 3l2 l2


Uef f (r ) = −2 + 3 = = = >0
r∗3 mr∗4 mr∗4 mr∗4 mr∗4
Osservazione 9.5. Nel precedente problema è stato fissato il momento angolare, non
la velocità angolare. Se invece fissiamo la velocità angolare, la forza centrifuga è
comunque conservativa con:
1
Z
Ũcf (r) = − mω 2 r dr = − mω 2 r2 + cost (169)
2
Esercizio 80. Ripetere l’analisi precedente fissando questa volta la velocità angolare.
Verificare che il punto di equilibrio radiale (orbita circolare) è instabile.
Soluzione: Il calcolo delle derivate porta a:
GmM 1
Uef f (r) = − − mω 2 r2
r 2
0 ∗ GM m
Uef f (r ) = ∗2
− mω 2 r∗ = 0
r
00 ∗ GmM
Uef f (r ) = −2 ∗3 − mω 2 < 0
r

95
Osservazione 9.6. Si può vedere che il calcolo precedente fornisce una spiegazione
elementare del fenomeno delle maree in un caso molto particolare e precisamente
quello in cui la velocità angolare di rotazione e quella di rivoluzione siano identiche.
Le maree causano accumulo di acqua nella direzione che congiunge i due corpi sia
nel lato vicono che in quello lontano.

Esercizio 81 (Moto sulla separatrice). Il punto materiale di massa m in Figura58


parte con la velocità vi appena suffieciente ad arrivare sulla cima della parabola di
equazione:

y = 2x − x2 , ⇒ 1 − y = (1 − x)2

Dimostrare che il tempo T necessario per raggiungere la sommità, di coordinate (1, 1)


è infinito e diverge logaritmicamente.

vi

Figura 58: Esercizio 81.

Soluzione: Imponiamo la conservazione dell’energia tra l’origine e la sommità:


1 2 p
mv = mg ⇒ vi = 2g
2 i
Imponendo la conservazione tra l’origine ed un punto qualsiasi del moto (nel ramo
ascendente):
1 2 1 1 2
mv + mgy = mvi2 = mg ⇒ mv = mg(1 − y) = mg(1 − x)2
2 2 s  2
2  2
p ds dx dy dx
v = 2g(1 − x) = = + ≥
dt dt dt dt

96
Grazie alla predente:
B 1
1 dx 1
Z Z
T = dt ≥ √ =√ lim+ [− log(1 − x)]01− =
A 2g 0 1−x 2g →0
− lim→0+ log  + 0
= √ = +∞
2g

10 Relatività ristretta
Ricordiamo le trasformazioni di Galileo tra due sistemi di riferimento (O; x, y, z),
(O0 ; x0 , y 0 , z 0 ), con il secondo in moto di velocità v = (v, 0, 0) rispetto al primo:
 0   
 0  t 1 0 0 0 t
x0  −v 1 0 0 x
 
t 1 0 t
= ,  y 0  =  0 0 1 0 y 
    (170)
x0 −v 1 x
z0 0 0 0 1 z
0

 t =t
x0 = x − vt

0
(171)


 y = y
 0
z =z

10.1 Propagazione sferica classica


La propagazione di un’onda generata da una sorgente puntiforme, come per esempio
il suono nell’aria, segue le regole della meccanica classica. Il fronte d’onda può essere
descritto da una sfera il cui raggio cresce proporzionalmente al tempo e alla velocità
di propagazione nel mezzo e rispetto a quel mezzo. Questo rende diversi e fisicamente
distinguibili i sistemi in quiete rispetto all’aria, da quelli in moto rispetto ad essa.
Consideriamo due sistemi di riferimento inerziali in moto relativo uniforme reci-
proco. Il sistema O è in quiete rispetto all’aria, Figura59. Al tempo zero, quando i
due sistemi coincidono viene generato un suono nell’origine che si propaga a velocità
vs omogeneamente nello spazio tridimensionale.

• L’orgine di O è al centro della sfera di propagazione per ogni t. L’osservatore


in esso vede quindi una sfera di equazione:

x2 + y 2 + z 2 = vs2 t2

97
z z0 v

x O0 x0
O

y y0

Figura 59: Propagazione sferica per il suono.

• Applicando le trasformazioni di Galileo l’osservatore in O0 vede un:

x2 + y 2 + z 2 = (x0 + vt)2 + y 02 + z 02 = vs2 t02

I due sistemi di riferimento quindi sono fisicamente distinguibili. Questo dipende dal
fatto che il suono si propaga nell’aria e che mentre O è in quiete rispetto ad essa O0
è in moto.
Nelle studio delle oscillazioni elettromagnetiche il dibattito su quale fosse il mezzo
in cui esse si propagano venne risolto dall’esperimento di Michelson e Morley (1887).
Le osservazioni sperimentali conlusero che la velocità con cui la luce raggiunge un
osservatore è indipendente dal moto relativo tra questi e la sorgente. La propagazione
della luce non segue dunque la normale legge di composizione galileiana delle velocità
e si propaga alla stessa velocità indipndente dalla velocità della sorgente relativa
all’osservatore.

Esempio 10.1. Un priettile sparato a velocità v2 da una macchina che si muove a


velocità v1 , avrà una velocità rispetto al terreno pari a:

vtot = v1 + v2

Si osserva invece che un impulso luminoso che parte dalla medesima auto, viaggia
a velocità, chiamiamola c, sia per chi sta sull’auto, sia per chi sta a terra.

vtot 6= c + v1 , vtot = c

98
10.2 I postulati della relatività ristretta
Postulato 1: La luce si propaga nel vuoto e ha la stessa velocità rispetto
a ogni sistema di riferimento. La sua misura sperimentale fornisce:

c = 299 792 458 m/s (172)

con una precisione di quattro parti su un miliardo. Dopo la ridefinizione


del metro come la distanza percorsa dalla luce in una frazione pari a
1/1/299792458 il valore di c è privo di errore.

Postulato 2: Le leggi della Fisica sono le stesse su ogni sistema di


riferimento inerziale.

Il significato dell’assioma precedente è molto profondo: non c’è nessun esperimen-


to che permetta di stabilire quale dei due sistemi di riferimento inerziale si muova e
quale stia fermo. Si può solo dire che i due sono in moto relativo.
Ripetiamo l’esperimento in Figura59 con la luce. Quando le due origini coinci-
dono facciamo partire un impulso luminoso sferico (immaginate una lampadina che
si accende per un istante e illumina uniformemente lo spazio). Allora varrà:
(
x2 + y 2 + z 2 = c2 t2
02 02 02 2 02
⇒ x2 − τ 2 = x02 − τ 02 , τ ≡ ct, τ 0 ≡ ct0 (173)
x +y +z =c t

Entrambi sono al centro della sfera, altrimenti potremmo di chi si muove e chi sta
fermo.

10.3 Le Trasformazioni di Lorentz


Cerchiamo ora, tra le trasformazioni lineari:
(
x 0 = a1 x + b 1 τ
 0  
x x
= L , (174)
τ0 τ τ 0 = a2 x + b 2 τ

quelle che soddisfano le condizioni precedenti. Inserendole nella (173) otteniamo:

x02 − τ 02 = (a1 x + b1 τ )2 − (a2 x + b2 τ )2 =


= x2 (a21 − a22 ) − τ 2 (b22 − b21 ) + 2xτ (a1 b1 − a2 b2 )

99
Dunque va imposto:
a21 − a22 = 1 (175)
b22 − b21 = 1 (176)
a1 b 1 − a2 b 2 = 0 (177)
Parametrizziamo con seni e coseni iperbolici:
a1 = cosh θ1 , a2 = sinh θ1 ⇒ a21 − a22 = cosh2 θ1 − sinh2 θ1 = 1
b1 = sinh θ2 , b2 = cosh θ2 ⇒ b22 − b21 = cosh2 θ2 − sinh2 θ2 = 1
La (177) si traduce in:
tanh θ2 − tanh θ1 = 0 ⇒ θ1 = θ2 ≡ θ (178)
Le trasformazioni divengono:
(
x0 = cosh θ x + sinh θ τ
(179)
τ 0 = sinh θ x + cosh θ τ
Calcoliamo θ imponendo che l’origine di O0 sia in x0 = 0:
x x
x0 = 0 ⇒ = = − tanh θ (180)
τ ct
x v
x = vt ⇒ =v ⇒ = − tanh θ (181)
t c
La seconda viene dalla legge del moto di O0 vista da O che è uniforme.
Usando ora le identità:
1 tanh θ
cosh θ = p , sinh θ = p
1 − tanh2 θ 1 − tanh2 θ
otteniamo le Trasformazioni di Lorentz :
0 x − vt 0 t − cv2 x
x =q , t = q (182)
2 2
1 − vc2 1 − vc2

Esercizio 82 (Trasformazioni di Lorentz inverse). Mostrare che le (182) sono inver-


tibili con inverse:
x0 + vt0 t0 + cv2 x0
x= q , t= q (183)
2 2
1 − vc2 1 − vc2

La soluzione è lasciata al lettore.

100
Osservazione 10.1. Si definisce evento il vettore a quattro componenti (x, y, z, t).

Esercizio 83 (Metriche e pesudometriche). Abbiamo già mostrato che che le tra-


sformazioni di Galileo conservano le distanze Euclidee (Esercizio3):

d2E (P1 , P2 ) = (x2 − x1 )2 + (y2 − y1 )2 + (z2 − z1 )2 = d2E (GP1 , GP2 ),


 
0 0
 1
 x = x 1 − vt x2 = x2 − vt

GP1 = y10 = y1 , GP2 = y20 = y2
 0
  0

z1 = z1 z2 = z2

Si noti che i due tempi devono essere uguali. Mostrare che le trasformazioni di
Lorentz conservano la pseudodistanza di Minkowski :
(2) (2)
dM (P1 , P2 ) = c2 (t2 − t1 )2 − (x2 − x1 )2 − (y2 − y1 )2 − (z2 − z1 )2 = dM (LP1 , LP2 )
(184)
con:
t1 − v2 x1 t2 − v2 x2
 
0 0

 t1 = q c
2

 t1 = q c
2
1− v2 1− v2

 

 c  c
 0 x1 −vt1  0 x2 −vt2
 
x1 = q x2 = q
LP1 = 1− v2
c
2
, LP2 = 1− v2
c
2

y0 = y y0 = y

 


 

 
z 0 = z
 z 0 = z

Si noti che i tempi dei due eventi possono essere distinti.


La soluzione è lasciata al lettore.
Il nome pseudodistanza è dovuto al fatto che la quantità in (184) può essere anche
negativa.

Osservazione 10.2. Ma se si conserva la distanza (184), cosa succede alle distanze


ordinarie, euclidee? Cosa succede alle distanze tra coordinate temporali (intervalli
di tempo)?

10.4 Distanze di tipo spazio, luce, e tempo


Si considerino due eventi nello spazio tempo di Minkowski:

E1 = (x1 , y1 , z1 , t1 ), E2 = (x2 , y2 , z2 , t2 )

101
con posizioni e tempi misurati da un opportuno osservatore inerziale. La loro
pseudodistanza vale:
(2)
dM (E1 , E2 ) = c2 (t2 − t1 )2 − (x2 − x1 )2 − (y2 − y1 )2 − (z2 − z1 )2

A seconda del suo segno possiamo introdurre una classificazione di distanze tra eventi:
(2)
• distanza di tipo luce: dM (E1 , E2 ) = 0, corrisponde a dire che la distanza
spaziale tra i due eventi è esattamente lo spazio percorso da un raggio luminoso
nel dato intervallo di tempo;
(2)
• distanza di tipo tempo: dM (E1 , E2 ) > 0, un corpo che viaggia ad una velocità
opportuna v < c può mettere in comunicazione i due eventi nello spazio-tempo;
(2)
• distanza di tipo spazio: dM (E1 , E2 ) < 0, nulla può mettere in comunicazione i
due eventi, in quanto la distanza spaziale che li separa è più grande di quella
percorribile dalla luce nel tempo assegnato.
In base a quanto descritto osserviamo che la luce determina la struttura causale dello
spazio tempo. In particolare due eventi separati da una distanza di tipo spazio non
posso essere causa o effetto l’uno dell’altro. Non può sussistere una relazione causale
tra i due.
Osservazione 10.3. Come conseguenza della struttura causale dello spazio tempo
due eventi separati da una distanza di tipo spazio, che in un SdR avvengono in
un determinato ordine temporale, possono accadere anche simultaneamente in un
altro SdR. La dimostrazione di questo fatto si lascia per esercizio. Per risolverlo si
prendano due eventi con: 0 < c∆t = c(t2 − t1 ) < ∆x = x2 − x1 . Questa possibilità
infatti non viola la causalità.
Osservazione 10.4. Al contrario, due eventi separati da una distanza di tipo spazio
non possono essere fatti coincidere spazialmente in nessun SdR.

10.5 Effetti relativistici


Esercizio 84 (Contrazione delle lunghezze). Una sbarra si trova in quiete rispetto
al sistema di riferimento (O; x, y, z, ) in Figura60. La sua lunghezza propria, cioè
quella misurata nel sistema in quiete con essa, vale l0 = x2 − x1 = ∆x.
Dato che la sbarra si muove rispetto ad (O0 ; x0 , y 0 , z 0 ), un osservatore su di esso
deve effettuare una misura della posizione degli estremi della sbarra contemporanea-
mente t01 = t02 = t0 . Quale lunghezza si misura da O0 ?
Soluzione: Chiamiamo ∆x0 = x02 − x01 la lunghezza dela sbarra vista da O0 .

102
Usando le trasformazioni inverse (183) vediamo che:

x02 + vt0 x01 + vt0


x2 = q , x1 = q
2 2
1 − vc2 1 − vc2
∆x0
l0 = ∆x = x2 − x1 = q
2
1 − vc2

Infine:
r
0 v2
∆x ≡ l = l0 1− < l0
c2
L’ultima disuguaglianza è nota come effetto di contrazione delle lunghezze.

z z0
v

x1 x2 x O0 x0
O

y y0

Figura 60: Contrazione delle lunghezze e dilatazione dei tempi. Esercizi 84-85.

Esercizio 85 (Dilatazione dei tempi). Siano due SdR come in Figura60. Questa
volta però abbiamo un orologio fisso (x02 = x01 = x0 ) nel SdR (O0 ; x0 , y 0 , z 0 ), che misura
un intervallo di tempo ∆t0 = t02 − t01 = T0 detto tempo proprio, poiché misurato nel
sistema in quiete con l’orologio. Che intervallo di tempo misura invece un osservatore
nel SdR di O?

103
Soluzione: Prendiamo sempre le (183):
t02 + cv2 x0 t01 + cv2 x0
t2 = q , t1 = q
v2 2
1 − c2 1 − vc2
∆t0 T0
T ≡ ∆t = t2 − t1 = q =q > T0
v2 v2
1− c2
1− c2

L’ultima disuguaglianza è nota come effetto di dilatazione dei tempi.


Osservazione 10.5. Abbiamo imparato che:
• La lunghezza propria, misurata in quiete con l’oggetto da misurare, è la più
lunga possibile;
• Il tempo proprio, misurato in quiete con il fenomeno studiato, è il più corto
possibile.
ATTENZIONE: I due effetti sarebbero stati identici se le posizioni di osservatori
e sbarra/orologi fossero stati scambiati. Ad esempio ponendo la sbarra su O0 ed
osservandola da O. Le due affermazioni precedenti devono rimanere valide per il
Postulato 2.
Esempio 10.2. Gli effetti relativistici si possono dedurre col solo utilizzo dei postu-
lati senza l’impiego delle trasformazioni di Lorentz.

Dilatazione dei tempi Consideriamo un osservatore O0 in moto rispetto ad un


altro osservatore O con velocità uniforme v. O0 è dotato di un orologio luce. Un
orologio luce è costituito da due specchi paralleli uno sopra l’altro, a distanza fissata
h. Esso conta quante volte un raggio luminoso che parte dallo specchio inferiore
compie un viaggio di andata e ritorno al medesimo specchio.
Facendo riferimento a Figura61 capiamo che il tempo impiegato dal raggio a
compiere un’andata ed un ritorno nel SdR di O0 vale:
2h
∆t0 =
c
O però vede che il medesimo raggio luminoso deve percorrere una traiettoria
obliqua per inseguire lo specchio bersaglio. Vale la seguente relazione geometrica:
 2  2
2 ∆t 2 2 ∆t
c =h +v
2 2

104
ottenuta applicando il teorema di Pitagora. Dalla precedente segue:

2h/c ∆t0
∆t = q =q (185)
2 v2
1 − vc2 1− c2

c c c c h

O0 O0 O0
v∆t

Figura 61: Orologio luce visto nei due SdR. A sinistra il punto di vista di O, a destra
quello di O0 .

v∆t2
c c
O0
c c
L v∆t1 L0

Figura 62: Apparato dei due specchi visto nei due SdR. A sinistra il punto di vista
di O, a destra quello di O0 .

Contrazione delle lunghezze Siano O ed O0 come nel caso precedente. O0 porta


con se una coppia di specchi a distanza propria L0 adagiati in direzione del moto.
Ad un certo istante fa partire un raggio luminoso da uno specchio ed aspetta che
questo torni indietro, misurando:

2L0 c∆t0
∆t0 = ⇔ L0 =
c 2
O però vede che il raggio dapprima deve inseguire il secondo specchio (Figura62),
in seguito va incontro al primo specchio. Dunque, in base alle notazioni della figura

105
impiegherà un tempo:

∆t = ∆t1 + ∆t2

Sempre per questioni di natura geometrica, dalla figura si osserva che:

L v L/c
∆t1 = + ∆t1 ⇒ ∆t1 =
c c 1 − vc
L v L/c
∆t2 = − ∆t2 ⇒ ∆t2 =
c c 1 + vc

Dunque:
L 1
∆t = 2
c 1 − vc22

Per la dilatazione dei tempi già dimostrata si ha infine che:


r r
v2 c∆t0 v2 v2
 
c∆t
L= 1− 2 = 1 − 2 = L0 1 − 2 (186)
2 c 2 c c

Esercizio 86 (Viaggio della navicella). Una navicella spaziale viaggia dalla Terra
ad un altro pianeta di un altro sistema solare con velocità v = c/2. La distanza da
percorrere è pari ad 1a luce (1a luce=c · 1a, è una distanza).

• Quanto tempo impiega la navicella a raggiungere il pianeta per un osservatore


sulla Terra?

• E per i viaggiatori sulla navicella?

Soluzione: Al primo quesito si risponde subito con:


1a luce 1a · c
∆TT erra = = = 2a
c/2 c/2

Ma questo tempo è dilatato perché gli osservatori sulla Terra non sono solidali
con l’orologio sulla navicella, che invece misurerà un tempo proprio.
r
v2
∆Tnavicella = ∆TT erra 1 − 2 ' 1.73 a
c

106
Osservazione 10.6. La dilatazione dei tempi è coerente con la contrazione delle lun-
ghezze. Infatti, gli osservatori sulla navicella vedono una lunghezza da percorrere
contratta:
r
v2
L = 1a · c 1 − 2
c
Dunque il tempo che secondo loro è necessario sarà:
r r
L 1a · c v2 v2
∆Tnavicella = = 1 − 2 = 2a 1 − 2 ' 1.73 a
c/2 c/2 c c

Esempio 10.3 (Relatività della contemporaneità). Un osservatore O si trova al


centro di un vagone fermo su un binario. Su un binario parallelo viaggia un secondo
vagone, identico al primo, con velocità v e con un osservatore O0 al suo centro.
Nei punti 1 e 2 della Figura63 si accendono due lampadine. L’osservatore in O
riceve i segnali allo stesso tempo e deduce che per gli istanti delle due accensioni
vale t1 = t2 = 0 dato che la sua distanza dalle lampadine è la stessa. Il secondo
osservatore, che era di fronte al primo a t = 0 riceverà invece prima il segnale dalla
lampadina 2 e poi dalla lampadina 1 perchè nel frattempo si è spostato.

v v
O0 O0
1 2
O O

Figura 63: Relatività della contemporaneità.

Il concetto di contemporaneità è relativo.

Esempio 10.4. Tramite le trasformazioni di Lorentz è anche possibile valutare l’in-


tervallo temporale tra l’accensione delle due lampadine misurato da O0 nel precedente
esempio, conoscendo L0 lunghezza propria del vagone. Lo lasciamo per esercizio.

Esercizio 87 (Contrazione del quadro). Un quadro rettangolare di dimensioni pro-


prie H0 ed L0 si trova in quiete in un SdR (O; x, y, z). Il lato lungo L0 giace sul’asse
x. Quale area ha il quadro se misurata da un SdR (O0 ; x0 , y 0 , z 0 ) in moto di velocità
v = (v, 0, 0) rispetto al precedente?

107
Soluzione: La lunghezza L0 è l’unica affetta da effetti relativistici perché parallela
al moto.
r r r
v2 v2 v2
H = H0 , L = L0 1 − 2 ⇒ S = HL = H0 L0 1 − 2 = S0 1 − 2
c c c
Esercizio 88 (Contrazione del quadro inclinato). Si risolva l’esercizio precedente
senza l’ipotesi che uno dei due lati del rettangolo giaccia sulla direzione del moto.
Soluzione: La soluzione non cambia:
r
v2
S = S0 1−
c2
Possiamo infatti imaginare di scomporre il rettangolo in tanti piccoli rettangoli con
un lato parallelo alla direzione del moto, e q
poi di risommare (con un integrale) le
v2
loro aree, contratte tutte quante del fattore 1− c2
.

Esempio 10.5. In base all’osservazione precedente lo studente deduca che qualsiasi


figura piana di superficie propria S0 e forma arbitraria obbedisce alla stessa legge di
contrazione.

Esercizio 89. Una distanza di 100 a luce è percorribile per un essere umano? (Nel
tempo di una vita ∼ 80 a.)
Soluzione: Per chi viaggia il tempo scorre diversamente. Quindi bisognerà con-
siderare il suo tempo proprio!
Con una veloictà v = 0.999c si otterrebbe:
p
∆T0 = 100a · c 1 − (0.999)2 ' 45 a

Perciò, se si raggiungono velocità molto elevate, è possibile.

Esercizio 90 (Composizione delle velocità). Si consideri la Figura63. In questo caso


però O0 si muove anche di una sua velocità u0 misurata sul vagone in movimento.
Con che velocità si muove O0 secondo O?
Soluzione. Scriviamo le trasformazioni di Lorentz relative alle differenze:
∆x0 + v∆t0 ∆t0 + cv2 ∆x0 ∆x ∆x0 + v∆t0
∆x = q , ∆t = ⇒ =
∆t0 + cv2 ∆x0
q
v2
1 − c2 1 − vc2
2 ∆t

108
Dividiamo numeratore e denominatore del membro di destra dell’ultima equazione
per ∆t0 e otteniamo:
∆x 0
∆x 0 + v
= ∆t v ∆x0 (187)
∆t 1 + c2 ∆t0
dalla quale calcolando il limite ∆t → 0, ∆t0 → 0 si ottiene:
u0 + v
u= 0 (188)
1 + vu
c2

L’inversa invece sarà:


u−v
u0 = (189)
1 − uv
c2

Osservazione 10.7. Dalla (188) si vede facilmente che se u0 è c allora si ottiene u = c!


c+v
u= =c (190)
1 + vc
Esercizio 91 (Limite non relativistico). Si ponga  = v 2 /c2 . Dimostrare che a meno
di ordini O() le trasformazioni di Lorentz (182) si riducono alle trasformazioni di
Galileo (6). Mostrare poi che la legge di composizione delle velocità (187) si riduce
a quella galileiana:
u0 = u − v (191)

Soluzione: Si utilizzi:
1 
√ = 1 + + o()
1− 2
1
= 1 ±  + o()
1∓

0 x − vt   
x =q = (x − vt) 1 + + o() ' x − vt
1 − vc2
2 2

t − v2 x     
t0 = q c = t − x 1 + + o() ' t
2
1 − vc2 v 2
u−v  u 
u0 = = (u − v) 1 + + o() 'u−v
1 − u
v
v

109
11 Moto Browniano
Questa importante teoria fisico-matematica prende il nome da una osservazione del
biologo Robert Brown del 1827 che notò come certi granelli di polline in sospensione
nell’acqua seguono delle traiettorie irregolari. Nel 1905 Albert Einstein trattò il pro-
blema dal punto di vista teorico introducendo una prospettiva meccanico-statistica
derivando la legge √
d(t) = 2Dt (192)
tra lo spostamento medio della particella di polline e la radice quadrata del tempo.
D è chiamata costante di diffusione ed è tipica del mezzo in cui si muove la particella.
La teoria di Einstein è basata sull’ipotesi che il moto venga prodotto dagli urti casuali
delle molecole di acqua contro la particella di polline. Nel 1908 il fisico Perrin verificò
sperimentalmente alcune conseguenze della teoria di Einstein (lavoro che gli valse il
Nobel nel 1926) confermando cosı̀ la teoria cinetico molecolare della materia come
composta da atomi e molecole. Il modello che consideriamo in questa sede è molto
semplificato rispetto a quello di Einstein che è sul continuo. Descrive infatti una
passaggiata aleatoria in una dimensione, cioè una particella che a intervalli di tempo
discreti t = 1, 2, 3, ... sceglie a caso se fare un passo (di lunghezza unitaria) verso
destra o uno verso sinistra. Il modello considerato ha ovviamente ben poco valore
dal punto di vista fenomenologico a differenza di quello più realistico a tempi e spazi
continui. Tuttavia conserva sorprendentemente la capacità di riprodurre la legge
del moto diffusivo. Lo studente potrà fare il confronto tra il caso discreto e quello
continuo nei corsi superiori dove sarà anche affrontato il problema del limite del primo
al secondo che rappresenta un prototipo di molte altre teorie fisico-matematiche. Per
rendere queste note autoconsistenti faremo una brevissima introduzione agli spazi
di probabilità discreta, dagli assiomi di Kolmogorov alle proprietà delle variabili
aletorie.

11.1 Probabilità discreta


Uno spazio di probabilità discreto e finito è definito come segue.
Siano:

• I = {1, 2, . . . , N } un insieme di elementi, chiamati eventi elementari, detto


spazio campione;

• P = {p1 , p2 , . . . , pN } un insieme di numeri reali associati a ciascun evento


elementare.

110
L’indieme della parti di I si dice anche spazio degli eventi generici e si verifica fa-
cilmente che è chiuso rispetto alle operazioni di unione e intersezione in I. Questa
proprità di chiusura condurrà, nel caso degli spazi di probabilità continui alla nozione
di sigma-algebra.

Se P è tale che:
• K1) pi ∈ [0, 1];

• K2) N
P
i=1 pi = 1;

• K3) dati A, B ⊆ I:

P (A ∪ B) = P (A) + P (B) − P (A ∩ B) (193)

allora la coppia (I, P ) è uno spazio di probabilità discreto. K1, K2 e K3 sono detti
Assiomi di Kolmogorov.
Esempio 11.1. Mostrare a partire dagli assiomi che:
X
P (C) = pi , C ⊆ I (194)
i∈C

e che:

P (∅) = 0 (195)

Esercizio 92 (Dado a 6 facce). Costruire lo spazio di probabilità di un dado regolare


a 6 facce.
Soluzione: Gli eventi elementari sono le possbili uscite del dado:

I = {1, 2, 3, 4, 5, 6}

Le probabilità da assegnare sono tutte uguali tra loro (ipotesi di regolarità). Per K1:
6
X 1
pi = (pi = p) = 6p = 1 ⇒ p=
i=1
6

Dunque:
 
1 1 1 1 1 1
P = , , , , ,
6 6 6 6 6 6

111
Esercizio 93 (Dado truccato a 6 facce). Ripetere lo stesso esercizio con un dado a
6 facce truccato come segue:
1 1
P ({1} ∪ {6}) = , P ({2} ∪ {3} ∪ {4} ∪ {5}) =
2 2
con ipotesi di regolarita a gruppi, cioè p1 = p6 e p2 = p3 = p4 = p5 .
Soluzione: I = {1, 2, 3, 4, 5, 6}. Se chiamiamo p1 = p6 = p e p2 = p3 = p4 = p5 =
q, per gli assiomi K2 e K3:
1 1
P ({1} ∪ {6}) = 2p = , P ({2} ∪ {3} ∪ {4} ∪ {5}) = 4q =
2 2
Dunque:
 
1 1 1 1 1 1
P = , , , , ,
4 8 8 8 8 4
Definizione 11.1. Due eventi A, B ⊆ I si dicono indipendenti quando:

P (A ∩ B) = P (A)P (B) (196)

Esempio 11.2. Si consideri lo spazio campionario del lancio di due monete:

I = {(T T ), (T C), (CT ), (CC)}

dotato della misura di probabilità uniforme. Si dimostri che l’evento A =testa al


primo lancio= T T ∪ T C, e l’evento B =croce al secondo lancio= T C ∪ CC sono
indipendenti.
Definizione 11.2. Dati due eventi A, B ⊆ I si definisce probabilità condizionata di
A dato B come:
P (A ∩ B)
P (A|B) = (197)
P (B)
Si verifica che quando A e B sono indipendenti P (A|B) = P (A).

11.2 Variabili aleatorie, media e varianza


Uno degli approcci più frequenti, nella fisica matematica, per lo studio degli spazi di
probabilità è quello che coinvolge le variabili aleatorie. Questo perchè esse rappre-
sentano quantità osservabili, smentre gli spazi di probabilità rappresentano gli stati
di un sistema.

112
Una variabile aleatoria è una funzione che associa un numero a ciascun evento
elementare. Essendo lo spazio discreto sarà definita dalla collezione dei suoi valori:
f = {f1 , f2 , . . . , fN } (198)
Assegnata una o più varaibili aletorie a partire da esse possiamo costruire l’algebra
associata. Essa si ottiene attraverso combinazioni lineari e prodotti punto per punto:
αf + βg = {αf1 + βg1 , αf2 + βg2 , . . . , αfN + βgN }

f g = {f1 g1 , f2 g2 , . . . , fN gN }
Esempio 11.3 (Lancio di una moneta). Il lancio di una moneta prevede solo due
eventi elementari:
T ≡ testa
C ≡ croce
Il suo spazio di probabilità sarà:
I = {T, C}, P = {p, 1 − p}
Una possibile variabile aleatoria è:
σ = {+1, −1}
Il funzionale valor medio o aspettazione di una variabile aleatoria è:
N
X
E[f ] = p i fi (199)
i=1

Osservazione 11.1. Il valor medio è una media ponderata i cui pesi sommano ad uno.
Esercizio 94. Considerate le due variabili aleatorie χA e χB , funzioni caratteristiche
degli insiemi A, B ⊆ I:
(
1 se i ∈ C
∀C ⊆ I χC,i =
0 altrimenti
mostrare che la condizione:
E[χA χB ] = E[χA ]E[χB ] (200)
equivale all’indipendenza di A e B. Si noti che:
−1
χA (1) = A, χ−1
B (1) = B (201)

113
La varianza di una variabile aleatoria è definita come:
V[f ] = E[(f − E[f ])2 ] (202)
p
V[f ] è detta deviazione standard.
Osservazione 11.2. E[·] può essere visto come un funzionale:
E : algebra delle funzioni −→ R
E gode delle seguenti proprietà:
1. linearità: date due variabili aleatorie f e g:
E[αf + βg] = αE[f ] + βE[g] ; (203)
2. positività: se la variabile aleatoria f è positiva fi ≥ 0, ∀i ∈ I allora E[f ] ≥ 0;
3. normalizzazione:
E[1] = 1 (204)
Esercizio 95. Dimostrare le tre proprietà del valor medio utilizzando gli assiomi
K1, K2, K3.
La soluzione è lasciata al lettore.
Esercizio 96. Dimostrare che:
E[c] = c
con c variabile aleatoria costante c = {c, c, . . . , c}.
La soluzione è lasciata al lettore.
Esercizio 97. Dimostrare che:
E[f 2 ] ≥ (E[f ])2 (205)
per ogni f variabile aleatoria.
La soluzione è lasciata al lettore.
Esercizio 98. Dimostrare che, dati due numeri reali a, b ∈ R ed una variabile
aleatoria f :
V[af + b] = a2 V[f ] (206)

Soluzione: Per calcolo diretto:


V[af + b] = E[(af + b − E[af + b])2 ] = E[(af + b − aE[f ] − b)2 ] =
= E[a2 (f − E[f ])2 ] = a2 V[f ]

114
11.3 Probabilità congiunta ed indipendenza
Introduciamo lo spettro di una variabile aleatoria:

Sf := {r ∈ R|r = fi , i ∈ I} = Im(f ) (207)

cioé l’insieme dei valori che f può assumere sullo spazio degli eventi elementari I.
La probabilità che la variabile aleatoria f assuma un valore r tra i vari possibili
è:
X
P (f = r) := pi (208)
i∈I: fi =r

La sommatoria è dovuta al fatto che la variabile aleatoria può assumere lo stesso


valore su più eventi elementari, cioé può non essere iniettiva come funzione sullo
spazio I. Nel caso particolare di v.a. invertibili invece, la sommatoria contiene un
unico termine:

P (f = fi ) = pi (209)

Osservazione 11.3. Il valor medio della v.a. f si può anche calcolare come segue:
X
E[f ] = rP (f = r) (210)
r∈Sf

La dimostrazione è lasciata per esercizio.


Dati r ∈ Sf e s ∈ Sg la distribuzione di probabilità congiunta di f e g è la
collezione di valori:

pf,g (r, s) := P (f = r, g = s) = P ({i ∈ I|fi = r, gi = s}) (211)

Ciò consente di calcolare il valor medio:


X X
E[f g] = fi gi pi = pf,g (r, s)rs (212)
i∈I r∈Sf ,s∈Sg

Per essa vale la proprietà di normalizzazione:


X
E[1] = pf,g (r, s) = 1 . (213)
r∈Sf ,s∈Sg

115
Rispetto alla distribuzione di probabilità congiunta si definiscono le distribuzioni
di probabilità marginale delle variabili aleatorie f e g come:
X
pf,g (r, s) = pf (r), (214)
s∈Sg

X
pf,g (r, s) = pg (s), (215)
r∈Sf

Diremo che due variabili aleatorie f e g sono indipendenti se vale la fattorizzazione


della congiunta nelle marginali:

pf,g (r, s) = pf (r)pg (s), ∀ r ∈ Sf , s ∈ Sg (216)

Osservazione 11.4. Se consideriamo gli i ∈ I| fi = r otteniamo un determinato


sottoinsieme di I cioé un evento non elementare, che denotiamo con f −1 (r). La
stessa cosa accade per i j ∈ I| gj = s. Denotiamo il corrspondente evento g −1 (s).
Indipendenza di v.a. significa l’indipendenza di tutti gli eventi f −1 (r), g −1 (s) per
ogni r ∈ Sr , s ∈ Sg .

Esempio 11.4 (Lancio di due monete). Siano σ1 , σ2 = ±1 due variabili aleatorie


associate ciascuna al lancio di una moneta descritte da una distribuzione congiunta:
(σ1 , σ2 ) ++ +− −+ −−
3 1 2 8
p(σ1 , σ2 ) 10 30 15 15

Le due variabili aleatorie non sono indipendenti. Infatti basta calcolare le seguenti
marginali:
9+1 1
p1 (+) = p(+, +) + p(+, −) = =
30 3
9+4 13
p2 (+) = p(+, +) + p(−, +) = =
30 30

Osserviamo che:
3 13
p(+, +) = 6= = p1 (+)p2 (+)
10 90

116
Esempio 11.5 (Dado e moneta). Si consideri uno spazio di probabilità descrivente
il lancio simultaneo di un dado ed una moneta:
I = {T, C} × {1, 2, 3, 4, 5, 6} = {(T, 1), (T, 2), . . . , (C, 6))}, |I| = 12
P = {pT 1 , pT 2 , . . . , pC6 }
insieme alle seguenti variabili aleatorie:
σ : {T, C} × {1, 2, 3, 4, 5, 6} −→ {−1, +1},
σ(T, i) = 1, σ(C, i) = −1 ∀ i = 1, . . . , 6

D : {T, C} × {1, 2, 3, 4, 5, 6} −→ {1, 2, 3, 4, 5, 6}


D(T, i) = i, D(C, i) = i, ∀i = 1, . . . , 6
Supponiamo per un momento di avere una probabilità P uniforme. Ogni evento ha
probabilità 1/12. L’indipendenza delle variabili aleatorie D e σ significa:
P ({(i, j) ∈ I| σ(i, j) = r, D(i, j) = s}) = P (σ −1 (r) ∩ D−1 (s)) = P (σ = r)P (D = s),
∀ r ∈ {±1}, s ∈ {1, 2, 3, 4, 5, 6}
dove abbiamo utilizzato quanto suggerito dall’osservazione precedente. Ad esempio
fissando r = 1, s = 6 dovremmo verificare che:

P (σ −1 (1) ∩ D−1 (6)) = P ({T } × {1, . . . , 6} ∩ {T, C} × {6}) =


1
= P ({T } × {6}) = P ((T, 6)) =
12
sia uguale a:
1 1 1
P ({T } × {1, . . . , 6})P ({T, C} × {6}) =· =
2 6 12
Non è difficile accorgersi da questo calcolo che la fattorizzazione avviene con ogni
altra scelta di r ∈ {±1} ed s ∈ {1, 2, 3, 4, 5, 6}, prendendo cioè ogni altra coppia
delle possibili uscite di dado e moneta.
Esercizio 99. Provare che se due variabili aleatorie f e g sono indipendenti il valor
medio del loro prodotto fattorizza:
E[f g] = E[f ]E[g] (217)

Soluzione:
XX X X
E[f g] = pf,g (r, s)rs = rpf (r) pg (s)s = E[f ]E[g]
r∈Sf s∈Sg r∈Sf s∈Sg

117
Esercizio 100. Dimostrare che per due variabili aleatorie f e g vale:

V[f + g] = V[f ] + V[g] + 2E[f g − E[f ]E[g]]

Osservazione 11.5. Come conseguenza del precedente esercizio, se due variabili alea-
torie sono indipendenti la varianza della loro somma è uguale alla somma delle loro
varianze.

11.4 La passeggiata aleatoria


Consideriamo uno spazio di probabilità cosı̀ fatto:

D = destra, S = sinistra ⇒ I = {D, S} (218)


P = {p, 1 − p} (219)
(220)

Associamo ad I una variabile aleatoria dicotomica:

σ = {+1, −1} (221)

È comodo utilizzare una parametrizzazione della distribuzione della moneta come


funzione della variabile aletoria σ:
ehσ
p(σ) = , h∈R (222)
2 cosh h
eh
p(1) = p(destra) = p = (223)
2 cosh h
e−h
p(−1) = p(sinistra) = 1 − p = (224)
2 cosh h
h misura la propensione di σ ad assumere il valore +1. Infatti:

lim p(+1) = 1, lim p(−1) = 1


h→+∞ h→−∞

Inoltre possiamo calcolare valor medio e varianza di σ:


X ehσ
E[σ] = σ = tanh h (225)
σ=±1
2 cosh h
V[σ] = E[σ ] − E2 [σ] = 1 − tanh2 h
2
(226)

118
Con questo linguaggio descriviamo il moto aleatorio di un punto nel reticolo
unidimensionale Z. Ad ogni istante discreto di tempo i = 1, . . . , n esso compie un
passo di lunghezza unitaria avanti o indietro. Ogni passo compiuto è indipendente
da quelli precedenti. Associamo al passo i-esimo la variabile aleatoria σi = {+1, −1}.
La distribuzione congiunta che descrive la passeggiata aleatoria è la seguente:
n
Y ehσi
p(σ1 , σ2 , . . . , σn ) = p(σ1 )p(σ2 ) . . . p(σn ) = (227)
i=1
2 cosh h

dove abbiamo assunto la forma (222) per le marginali.


La posizione del punto all’istante n-esimo sarà:
n
X
Xn = σi (228)
i=1

Per linearità:
n
X
E[Xn ] = (linearità) = E[σi ] = n tanh h (= 0, se h = 0)
i=1

Lo spazio medio percorso E[Xn ] nel tempo n mostrano una velocità, chiamata di drift,
costante e pari a tanh h. Oltre allo spostamento medio ci saranno delle fluttuazioni
medie rispetto ad esso che possono essere stimate dalla deviazione standard
p
V[Xn ]

Il suo calcolo porge:


" n
#
X
V[Xn ] = E[Xn2 ] − E2 [Xn ] = E σi σj − n2 tanh2 h = (linearità) =
i,j=1
n
X n
X n
X
2
= 2
E[σi σj ] − n tanh h = E[σi2 ] + E[σi σj ] − n2 tanh2 h = (indipendenza)
i,j=1 i=j=1 i6=j,1
n
X
=n+ E[σi ]E[σj ] − n2 tanh2 h = n + n(n − 1) tanh2 h − n2 tanh2 h =
i6=j,1

= n(1 − tanh2 h)

119
Osservazione 11.6. La dipendenza lineare della varianza da n è frutto della can-
cellazione dei termini n2 . Essa deriva dalla proprietà di indipendenza e può essere
dimostrata direttamente utilizzando il risultato dell’Esercizio 100.
La posizione media del passeggiatore al tempo n è dunque:
p q
x(n) = E[Xn ] ± V[Xn ] = n tanh h ± n(1 − tanh2 h) (229)

Nel caso in cui il drift sia nullo, per h = 0, si ottiene come distanza media
dall’origine


d(n) = |x(n)| = n (230)

caratteristica dei moti diffusivi che coincide con la (192) con costante di diffusione
D = 1/2 per tempi e spazi discreti.

12 Esercizi di ricapitolazione
1. Un proiettile viene lanciato in un piano verticale dove è soggetto ad una ac-
celerazione g = (0, −2). Esso parte dalla posizione iniziale (2, 0) con velocità
iniziale v0 = (−2, 4). L’asse x = 0 è una parete rigida e liscia con cui il
proiettile urta elasticamente.
Dopo aver calcolato l’istante dell’urto, scrivere le equazioni del moto e quella
della traiettoria sia prima che dopo l’urto. Fare il grafico della traiettoria nel
quadrante del piano cartesiano x, y ≥ 0.

Soluzione: Istante urto: t̄ = 1.


Equazione della traiettoria in Figura64:
x  x 2  x
t=1− 0≤t≤1 ⇒ y =− 1− +4 1− 0≤x≤2
2 2 2
x  x 2  x
t= +1 t≥1 ⇒ y =− 1+ +4 1+ x≥0
2 2 2

2. In (O; x, y, z) si considerino tre fili massivi omogenei, con densità di massa uni-
taria, che giacciono sugli assi x, y e x = y = 1. Scrivere il campo gravitazionale
in tutto lo spazio in termini delle coordinate (x, y, z)

120
Grafico della traiettoria

y 3

2 v0

0
0 1 2 3 4 5 6
x

Figura 64: Traiettoria, esercizio 1.

Soluzione: Sommando vettorialmente i campi generati dai tre fili otteniamo:

(x − 1)
 
x
gtot = −2G + î +
(x − 1)2 + (y − 1)2 x2 + z 2
(y − 1)
    
y 1 1
+ + ĵ + + z k̂
(x − 1)2 + (y − 1)2 y 2 + z 2 y 2 + z 2 x2 + z 2

3. Un osservatore, chiamiamolo O, si trova su un sistema di riferimento (O; x, y, z).


Un secondo osseratore O0 , che viaggia con velocità v = (3/10c, 2/5c, 0) rispet-
to al primo porta con sé un orologio. Se O0 misura un’intervallo di tempo
∆t0 , quale intervallo di tempo corrispondente misura O dal suo sistema di
riferimento?
O0 inoltre poggia su una piattaforma di area A0 che giace sul piano xOy e che
si muove insieme a lui. Qual è la sua area secondo O?

Soluzione: Basta ruotare il sistema di riferimento di O in maniera tale che la


velocità di O0 giaccia interamente sull’asse x di O.
∆t0 2
∆t = q = √ ∆t0
1 − 12
2 3

121

3 0
A= A
2
4. Un camminatore aleatorio ad ogni tempo naturale n si trova in un punto Xn
della retta dei numeri interi, poi compie un passo +1 verso destra con proba-
bilità p/3, o compie un passo −1 verso sinistra con probabilità p/3, o rimane
fermo con probabilità 1 − 2/3p ∈ (0, 1) . La scelta al tempo n è indipendente
da tutte le altre. Dimostrare che il moto è diffusivo e trovare la costante di
diffusione.

Soluzione: Definisco le v.a. indipendenti:


ξi = 0, ±1, i = 1, . . . , n
2
p(ξi = ±1) = p/3, p(ξi = 0) = 1 − p
3
Grazie all’indipendenza:
" n
# n
X X 2
d2 = V[Xn ] = V X0 + ξi = V[ξi ] = np (= 2Dn)
i=1 i=1
3

p
D=
3
5. Un punto di massa m scivola senza attrito lungo una traiettoria partendo da
un’altezza h su una pista. Una volta arrivato in fondo, dopo un breve rettilineo
urta un secondo punto di massa 3m. Dopo l’urto i due punti si muovono insie-
me verso una molla di costante elastica k disposta lungo la direzione del moto
e la comprimono (vedi figura alla lavagna). Calcolare la massima compressione
della molla. Calcolare l’energia dispersa dal sistema e spiegare dove si è persa.

Soluzione:
1
in cima alla pista mgh = mv 2 infondo alla pista
p 2
v = 2gh
Velocità dopo l’urto:

v 2gh
(m + 3m)V = mv ⇒ V = =
4 4

122
Massima compressione:
r
1 1 2gh 1 1 mgh
4mV 2 = 4m = mgh = kx2 ⇒ x=
2 2 16 4 2 2k
Energia perduta nell’urto:
1 1 3
∆E = mgh − kx2 = mgh − mgh = mgh
2 4 4

6. Nello spazio tridimensionale R3 , si considerino due cilindri di altezza infinita e


raggio R. I loro assi sono paralleli con equazioni x = y = 0 e x = R, y = 0.
L’intersezione dei volumi dei due cilindri viene riempita con una distribuzione
di massa di densità ρint = 2 e le restanti due porzioni di volume sono riempite
con una distribuzione di densità unitaria. Calcolare il campo gravitazionale in
ogni punto dello spazio e dire se è continuo.

Soluzione: L’ansatz da fare per utilizzare Gauss è:

dab (x, y) = (x − a)î + (y − b)ĵ

" #
x î + y ĵ (x − R) î + y ĵ
g(r) = −2πGR2 2 + d00 , dR0 > R
x + y 2 (x − R)2 + y 2
" #
(x − R) î + y ĵ
g(r) = −2πG xî + y ĵ + R2 d00 ≤ R, dR0 > R
(x − R)2 + y 2
" #
x î + y ĵ
g(r) = −2πG R2 2 + (x − R)î + y ĵ d00 > R, dR0 ≤ R
x + y2
h i
g(r) = −2πG (2x − R)î + 2y ĵ d00 , R, dR0 ≤ R

7. Un orologio si trova nell’origine di un sistema di riferimento S : (O; x, y, z),


mentre una sbarra di lunghezza propria L0 giace sull’asse x0 di un sistema di ri-
ferimento S 0 : (O0 ; x0 , y 0 , z 0 ), in moto rispetto al primo con velocità v = (v, 0, 0).
Se secondo l’orologio in S è trascorso un tempo ∆t, quanto tempo è trascorso
per un osservatore su S 0 ? Quanto è lunga la sbarra per un osservatore in S?

123
Soluzione: Se l’osservatore in S non è in quiete con la sbarra la misurerà
contratta del caratteristico fattore:
r
v2
L = L0 1 − 2
c
L’orologio è in quiete nel sistema S dunque dalla trasformazione dei tempi:
(∆t − v/c2 · 0)
∆t0 = q = γ∆t
2
1 − vc2

cioè in S 0 si misura un tempo dilatato, come dovrebbe essere, dato che S 0 è in


moto rispetto ad S.
8. Si considerino due variabili aleatorie dicotomiche σ1 , σ2 = ±1 con al seguente
distribuzione congiunta:

(σ1 , σ2 ) ++ +− −+ −−
9 1 18 2
p(σ1 , σ2 ) 50 50 25 25

Si dica se le due variabili sono indipendenti. Si calcoli V[2σ1 − σ2 ].

Soluzione: Cominciamo a calcolare le marginali:


9 1 1
p1 (+) = + =
50 50 5
4
p1 (−) = 1 − p1 (+) =
5
9 36 9
p2 (+) = + =
50 50 10
1
p2 (−) = 1 − p2 (+) =
10
Le due variabili sono manifestamente indipendenti infatti:
9
p1 (+)p2 (+) =
50
1
p1 (+)p2 (−) =
50
36 18
p1 (−)p2 (+) = =
50 25
4 2
p1 (−)p2 (−) = =
50 25

124
Questo facilita il calcolo della varianza richiesta.
3 4
E[σ1 ] = − E[σ2 ] =
5 5  
9 16 73
V[2σ1 − σ2 ] = 4V[σ1 ] + V[σ2 ] = 4 1 − +1− =
25 25 25

9. In R2 agisce una accelerazione g = (0, −1). La retta x = d va considerata


come una parete rigida liscia ed elastica. Si consideri un pendolo di lunghezza
l e massa m, appeso per il punto (0, l + h), dove h > 0. Il pendolo viene
rilasciato a t = 0 da fermo con un piccolo angolo −θ0 < 0. Quando la massa
appesa raggiunge il punto più basso essa si stacca dal filo ed inizia un’altra fase
di moto. Nell’ipotesi in cui la massa urti la parete prima di arrivare a terra
(y = 0), scrivere le equazioni del moto dall’istante t = 0 fino alla caduta ad
y = 0. Trovare inoltre le condizioni su θ0 per suddetta ipotesi sia verificata.

Soluzione: Pendolo:

√ θ0 √ π l
θ(t) = −θ0 cos(t/ l) , θ̇(t) = √ sin(t/ l) ⇒ t̄ =
l 2

vx (t̄) = lθ̇(t̄) = lθ0
vx (t̄): velocità orizzontale della massa all’istante di distacco.
In verticale il moto non cambia neanche dopo l’urto.
1
y(t) = − (t − t̄)2 + h per t ∈ [t̄, tc ]
2 √
y(tc ) = 0 ⇒ tc = t̄ + 2h
In orizzontale, prima dell’urto:

x(t) = vx (t̄)(t − t̄) = lθ0 (t − t̄) per t ∈ [t̄, td ]
d
td = √ + t̄
θ0 l
Dopo l’urto:

x(t) = −θ0 l(t − td ) + d per t ∈ [td , tc ]
Condizione su θ0 :
d
td < tc ⇒ θ0 > √
2hl

125
10. In (O; x, y, z) si consideri una massa di densità unitaria nel piano (x, z) e una
massa di densità unitaria nell’asse y, entrambe omogenee. Scrivere il campo
gravitazionale in tutto lo spazio in termini delle coordinate (x, y, z).

Soluzione: Se chiamiamo gp e gf i campi generati da piano e filo rispettiva-


mente allora il campo risultante incognito sarà:

g(r) = gp (r) + gf (r)


2G
g(r) = − (xî + z k̂) − 2πG sign(y)ĵ
x2 + z2
Si usi Gauss per calcolare i campi di piano e filo.

11. Un triangolo rettangolo ha i due cateti lunghi a e b giacenti rispettivamente


sugli assi x ed y di un sistema di riferimento (O; x, y, z). Quanto misurano i
tre lati per un osservatore posto su un sistema di riferimento (O0 ; x0 , y 0 , z 0 ) in
moto rettilineo uniforme con velocità v = (v, 0, 0) rispetto al primo?

Soluzione:
r
v2
a0 = 1− a
c2
b0 = b
s
√ 2
 
0 v
c = a02 + b02 = a2 1 − 2 + b 2
c

12. Siano σ1 , σ2 = ±1 due variabili aleatorie di distribuzione congiunta:

p(σ1 , σ2 ) = Ceσ1 +σ2 +σ1 σ2 .

Calcolare il valore della costante C affinchè p(σ1 , σ2 ) sia una distribuzione di


probabilità. Trovare le probabilità marginali delle due variabili, p1 (σ1 ) e p2 (σ2 )
e specificare se sitratta di variabili identicamente distribuite. Dire, motivando
la riposta, se le due variabli aleatorie sono tra loro indipendenti.

Soluzione:
X 1
Ceσ1 +σ2 +σ1 σ2 = 1 ⇒ C=
σ1 , σ2 =±1
3e−1 + e3

126
Le marginali sono:
X
Ceσ1 +σ2 +σ1 σ2 = C e−1 + e2σ1 +1

p1 (σ1 ) =
σ2 =±1
X
Ceσ1 +σ2 +σ1 σ2 = C e−1 + e2σ2 +1

p2 (σ2 ) =
σ1 =±1

Le due variabili sono identicamente distribuite, ma non indipendenti. Infatti:


2
p1 (+)p2 (+) = C 2 e−1 + e3 6= Ce3

13. Si consideri una accelerazione di gravità g = (0, 0, −1). Una massa m è appesa
ad un filo inestensibile, di massa trascurabile e di lunghezza l, fissato per un
suo estremo. La massa appesa viene messa in moto circolare uniforme con
velocità angolare ω = 1 rispetto all’asse parallelo a g e passante per il punto
fisso del filo. All’istante t = 0 la massa si trova nell’origine del sistema di assi,
con velocità in direzione î e si stacca dal filo. Calcolare
• l’angolo θ che il filo forma con la verticale (l’asse di cui prima) durante la
fase di moto circolare uniforme;
• l’equazione della traiettoria in tre dimensioni della fase di moto successiva
a quello circolare.
Nello svolgere i calcoli si consideri un filo di lunghezza l  1.

Soluzione: Se d è la distanza della massa dall’asse e T la tensione del filo allora:


(
T sin θ = mω 2 d = mω 2 l sin θ 1
⇒ cos θ =
T cos θ = m l

La traiettoria dopo il moto circolare è parabolica. v0 = v0 î con cui parte


dall’origine.
r
1 1 2l2 − 1
v0 = ωl sin θ = l 1 − 2 ' l − =
l 2l 2l
Ora possiamo scrivere le leggi orarie, ed eliminando il parametro anche la
traiettoria si ottiene il risultato:
2l2
z=− 2 x2
(2l − 1)2
y=0

127
14. In (O; x, y, z) si considerino due fili massivi omogenei, con densità di massa
unitaria, che giacciono esattamente sugli assi x ed y. Scrivere il campo gravi-
tazionale in tutto lo spazio in termini delle coordinate (x, y, z)

Soluzione: I versori ortogonali agli assi x ed y che ci serviranno sono:

y ĵ + z k̂
dˆx = p
y2 + z2
xî + z k̂
dˆy = √
x2 + z 2
Sommando vettorialmente i campi generati dai due fili otteniamo:
   
x y 1 1
gtot = −2G 2 î + 2 ĵ + + z k̂
x + z2 y + z2 y 2 + z 2 x2 + z 2

15. Un osservatore in un sistema (O; x, y, z) vede due eventi A = (ta , xa , ya , za ) =


(0, 0, 0, c/2), B = (tb , xb , yb , zb ) = (1, 0, 0, 0). Trovare, se esiste, un sistema di
riferimento su cui i due eventi coincidono spazialmente. In tale sistema, solo
nell’eventualità che esista, quale dei due eventi accade prima?

Soluzione: Se tale sistema esiste si dovrà muovere in direzione z rispetto al


primo.

zb − za −c/2 c
za0 = zb0 ⇒ γ(za − vta ) = γ(zb − vtb ) ⇒ v= = =−
tb − ta 1−0 2
dunque tale sistema esiste. Se possiamo vedere i due eventi nello stesso punto,
non potendo violare la causalità, l’evento A precederà comunque l’evento B.
Infatti:
1 γ
t0a = γ(ta − za ) =
2c 4
1
t0b = γ(tb − zb ) = γ > t0a
2c

16. Siano σ1 , σ2 = ±1 due variabili aleatorie di distribuzione congiunta:

p(σ1 , σ2 ) = Ceσ1 +2σ2 +3σ1 σ2 .

128
Calcolare il valore della costante C affinchè p(σ1 , σ2 ) sia una distribuzione di
probabilità. Trovare le probabilità marginali delle due variabili, p1 (σ1 ) e p2 (σ2 )
e dire, motivando la riposta, se le due variabli aleatorie sono tra loro indipen-
denti.

Soluzione: La costante C serve soltanto a normalizzare la distribuzione:


X X 1
C eσ1 +2σ2 +3σ1 σ2 = 1 ⇒ C = 6
σ =±1 σ =±2
e + e + e−2 + 1
−4
1 2

Le due variabili non sono indipendenti, lo si vede esplicitamente calcolando le


marginali:
X
p1 (σ1 ) = C eσ1 +2σ2 +3σ1 σ2 = C(eσ1 +2+3σ1 + eσ1 −2−3σ1 ) = 2Ceσ1 cosh(2 + 3σ1 )
σ2 =±1
X
p2 (σ2 ) = C eσ1 +2σ2 +3σ1 σ2 = C(e2σ2 +1+3σ2 + e−1+2σ2 −3σ2 ) = 2Ce2σ2 cosh(1 + 3σ2 )
σ1 =±1

e risulta evidente che:


p(σ1 , σ2 ) 6= p1 (σ1 )p2 (σ2 )
Si può anche testare una coppia di valori ad esempio (+, +) e vedere che
p(+, +) 6= p1 (+)p2 (+).
17. Un lampadario cilindrico è appeso a un filo e quando ruota intorno al suo asse
di un angolo θ il momento torcente che agisce su di esso vale τ = −θ. Il suo
momento di inerzia è unitario e la sua velocità angolare nella posizione di equi-
librio è unitaria. Calcolare il massimo angolo di torsione θ0 , la legge del moto
θ(t), l’energia cinetica T (t), quella potenziale U (t) e la loro somma.

Soluzione: Dalla conservazione dell’energia meccanica:


1 1
= θ02 ,
2 2
si deduce che θ0 = 1. L’equazione del moto è quindi
θ(t) = sin(t) ,
ω(t) = cos(t) ,
Energia totale
1 1 1
ω(t)2 + θ(t)2 = .
2 2 2

129
18. Un cilindro con asse z e raggio unitario è uniformemente occupato da una
massa omogenea di densità volumetrica unitaria. Sulla superficie cilindrica di
raggio unitario viene inoltre distribuita una massa omogenea di densità super-
ficiale unitaria. Calcolare il campo gravitazionale in ogni punto dello spazio in
notazione vettoriale e dire se è continuo.

Soluzione: Versore ortogonale all’asse del cilindro: r̂. Otteniamo:

g(r) = −2πGr = −2πG(xî + y ĵ) r<1


6πG 6πG
g(r) = − 2 r = − 2 (xî + y ĵ) r>1
r r
Il campo è discontinuo sulla superficie del cilindro.

∆g(r) = lim g(r) − lim g(r) = 6πG − 2πG = 4πG


r→1+ r→1−

19. In un dato sistema di riferimento (O; x, y, z) si trova un ellissoide di equazione:

x2 y 2 3z 2
+ + =1
4 4 16
Un osservatore su un sistema (O0 ; x0 , y 0 , z 0 ) osserva una sfera di raggio R = 2.
A quale velocità v = (vx , vy , vz ) sta viaggiando l’osservatore in O0 ? Specificare
le componenti della velocità motivando la risposta.

Soluzione: L’osservatore non può che viaggiare in direzione z


La formula di contrazione è:
r
vz2 4 c
∆z 0 = 2 = 1− √ ⇒ vz = ±
c2 3 2

La velocità vale: v = (0, 0, ±c/2).

20. Un passeggiatore
√ aleatorio√compie, ad ogni istante di tempo, un passo α che
prende valori + 3 , 0 e − 3 con probabilità 1/3. I passi a tempi diversi sono
indipendenti. Dimostrare che il suo moto è diffusivo e calcolare la costante di
diffusione.

130
Soluzione:
1√ 1 1√
E[αi ] = 3+ 0− 3=0
3 3 3
1 1 1
E[αi2 ] = 3 + 0 + 3 = 2
3 3 3
Definiamo: n
X
Xn = α i + X0
i=1

con X0 posizione iniziale. X0 essendo costante non influisce sul calcolo.


 
Xn Xn Xn
2 2 2
d = V [Xn ] = V [αi ] =  E[αi ] − E [αi ] =
 2 = 2n = 2Dn
i=1 i=1
| {z } i=1
=0

Il moto è diffusivo in quanto la varianza è proporzionale al tempo discreto,


inoltre D = 1.

21. Nel piano verticale agisce una accelerazione gravitazionale g = (0, −g). Si
consideri un pendolo di lunghezza l e massa m. Il pendolo viene rilasciato da
fermo con un piccolo angolo −θ0 < 0. Quando la massa appesa raggiunge il
punto più basso essa urta una seconda massa 2m e vi rimane attaccata per il
resto del moto. Calcolare:

• il periodo T del pendolo, prima dell’urto e quello T 0 dopo l’urto;


• l’ampiezza angolare θ̃ di oscillazione del pendolo dopo l’urto.

Approssimazioni dei piccoli angoli : sin θ ' θ, cos θ ' 1 − θ2 /2.

Soluzione:
s
l
T = T 0 = 2π .
g

Conservazione dell’energia:
1
mgl(1 − cos θ0 ) = mv 2 ⇒ v 2 ' glθ02
2

131
Conservazione della quantià di moto per determinare la velocità V di partenza
dell’insieme delle due masse:
1 p θ0
mv = 3mV ⇒ V = v = gl
3 3
Angolo di oscillazione massimo raggiunto: la conservazione dell’energia:
1 V2 θ2
3mV 2 = 3mgl(1 − cos θ̃) ⇒ θ̃2 ' = 0
2 gl 9
θ0
θ̃ =
3

22. Si considerino
√ due sfere, entrambe centrate nell’origine di R3 , di raggi R1 = 1 e
3
R2 = 2. Tra esse viene distribuita una massa omogenea di densità unitaria.
Nel punto identificato dal vettore c si trova una massa unitaria. Calcolare il
campo gravitazionale in ogni punto dello spazio r. Esprimere il risultato solo
attraverso i vettori r e c.

Soluzione: In ogni punto dello spazio il campo totale sarà la somma vettoriale
dei campi:
r−c
g(r) = gs (r) − G
|r − c|3
Si usa il teorema di Gauss solo per la distribuzione a simmetria sferica, non
per il punto materiale.
Sommando i campi otteniamo il campo risultante:
r−c
g(r) = −G per r ≤ 1
|r − c|3
4 r3 − 1 r−c √
3
g(r) = − πG 3 r − G per 1 < r ≤ 2
3 r |r − c|3
4 r r−c √
3
g(r) = − πG 3 − G per r > 2
3 r |r − c|3

23. Un osservatore su un sistema di riferimento (O; x, y, z) vede accadere due eventi


A, B in coordinate spazio-temporali: (ta , xa , ya , za ) = (0, 0, c/3, 0), (tb , xb , yb .zb ) =
(1/2, c/3, 0, 0). Un altro osservazione, che viaggia con velocità v = (v, 0, 0)
rispetto al primo, vede che i due eventi coincidono sul suo asse x0 . Calcolare

132
• la velocità v del secondo osservatore;
• la separazione temporale dei due eventi misurata dal secondo osservatore.

Soluzione: Trasformazioni di Lorentz:


∆x 2
∆x0 = 0 = γ(∆x − v∆t) ⇒ v= = c
∆t 3
Possiamo ora rispondere al secondo quesito:
  √
0
 v  3 1 2 5
∆t = γ ∆t − 2 ∆x = √ − =
c 5 2 9 6

24. Siano σ1 , σ2 = ±1 due variabili aleatorie di distribuzione congiunta:

(σ1 , σ2 ) ++ +− −+ −−
3 1 2 8
p(σ1 , σ2 ) 2K 6K 3K 3K

Calcolare il valore della costante K affinchè p(σ1 , σ2 ) sia una distribuzione di


probabilità. Dire, motivando la riposta, se le due variabili aleatorie sono tra
loro indipendenti.

Soluzione: K deve normalizzare ad uno la probabilità.


X X 9 + 1 + 4 + 16
p(σ1 , σ2 ) = =1 ⇒ K=5
σ1 =±1 σ2 =±1
6K

Le due variabili aleatorie non sono indipendenti. Infatti basta calcolare le


seguenti marginali:
9+1 1
p1 (+) = p(+, +) + p(+, −) = =
6K 3
9+4 13
p2 (+) = p(+, +) + p(−, +) = =
6K 30

Osserviamo che:
3 13
p(+, +) = 6= = p1 (+)p2 (+)
10 90

133
25. Si consideri un sistema costituito da due pendoli attigui (figura alla lavagna)
di lunghezza l e masse, m1 e m2 . Uno dei due viene sollevato rispetto alla sua
posizione di equilibrio di un piccolo angolo  e rilasciato da fermo. Assumen-
do che l’urto tra le due masse sia elastico dimostrare che entrambi i pendoli
compiono piccole oscillazioni. Determinare le equazioni del moto del sistema
in funzione dei dati forniti verificando che il moto è periodico e calcolandone il
periodo.
 
Soluzione: Per t ∈ 0, √π il moto è:
2 g/l

p
θ1 (t) = − cos ( g/lt)
θ2 (t) = 0

Le ampiezze delle oscillazioni dei due pendoli dopo l’urto sono:


ṽ1 m1 − m2
˜1 = √ = 
lg m1 + m2
ṽ2 2m1
˜2 = √ = 
lg m1 + m2
 
Per i tempi t ∈ √π 3π
, √ valgono le seguenti soluzioni:
2 g/l 2 g/l

" !#
m1 − m2 p π
θ1 (t) =  sin g/l t − p
m1 + m2 2 g/l
" !#
2m1 p π
θ2 (t) =  sin g/l t − p
m1 + m2 2 g/l
 

√ √2π
Per il restante quarto di periodo t ∈ , avremo:
2 g/l g/l

" !#
p 3π
θ1 (t) = − sin g/l t − p
2 g/l
θ2 (t) = 0

Il moto è evidentemente periodico.

134
26. Un punto ruota di moto circolare uniforme con centro nell’origine, raggio uni-
tario e e velocità angolare unitaria nel sistema (O; x, y, t). Scrivere l’equazione
della traiettoria del punto rispetto a un osservatore nel sistema (O0 ; x0 , y 0 , t0 ).

Soluzione:
h  v i
γ(x0 + vt0 ) = cos γ t0 + 2 x0
c i
h  v
y = sin γ t + 2 x0
0 0
c
(x0 + vt0 )2
1 + y 02 = 1
γ2

27. Una ruota della fortuna ha quattro spicchi uguali. Nel primo compare il rosso,
nel secondo il verde nel terzo il blu. Nel quarto compaiono tutti e tre i colori.
Dimostrare che gli eventi: Ar , Av , Ab , rispettivamente uscita del rosso, uscita
del verde e uscita del blu sono indipendenti a coppie. Mostrare tuttavia che la
terna di eventi non è globalmente indipendente, cioè

P (Ar , Av , Ab ) 6= P (Ar )P (Av )P (Ab )

.
Soluzione:
1 1 1
P (Ar ) = + =
4 4 2
1
P (Ab ) = P (Ar ) =
2
1
P (Av ) = P (Ar ) =
2
1
P (Ar , Av ) = = P (Ar )P (Av )
4
1
P (Ar , Ab ) = = P (Ar )P (Ab )
4
1
P (Av , Ab ) = = P (Av )P (Ab )
4
1 1
P (Ar , Av , Ab ) = 6= P (Ar )P (Av )P (Ab ) =
4 8

28. Si consideri un pendolo costituito da un filo di lunghezza l ed una massa ap-


pesa m. Il pendolo è appeso a un piolo posto nell’origine del piano cartesiano.

135
Nel punto di coordinate (0, −l/2) viene posizionato un secondo piolo, in ma-
niera tale che il filo faccia perno su di esso di esso quando il pendolo oscilla,
senza poterlo scavalcare. Sapendo che il pendolo parte con un piccolo angolo
θ0 > 0 rispetto alla verticale, scrivere le equazioni del moto utilizzando i mo-
menti torcenti e risolverle per piccole oscillazioni. Calcolare il periodo del moto.

Soluzione:

θ(t) = θ0 cos (ω1 t) t ∈ [0, π/(2ω1 )]


  
∗ π
θ(t) = −θ sin ω2 t − t ∈ [π/(2ω1 ), π/(2ω1 ) + π/ω2 ]
2ω1
  
π π
θ(t) = θ0 sin ω1 t − − t ∈ [π/(2ω1 ) + π/ω2 , π/ω1 + π/ω2 ]
ω2 2ω1

T1 + T2 π π
T = = +
2 ω1 ω2
29. Nello spazio euclideo tridimensionale si trova un cilindro di lunghezza infinita,
di densità unitaria e raggio R, il cui asse coincide con l’asse z. Viene successi-
vamente scavata una cavità sferica centrata nell’origine di raggio R anch’essa.
Calcolare il campo gravitazionale in tutto lo spazio esprimendolo in notazio-
ne versoriale cartesiana. Una volta considerata la sezione della cavità su un
piano contenente l’asse z, si rappresenti graficamente all’interno della medesi-
ma il campo attraverso i suoi vettori. Infine si verifichi che il campo è continuo.

Soluzione:
2
r<R ~g (x, y, z) = − πG(xî + y ĵ − 2z k̂)
3  
2R3 2R3 2R3
   
r > R, ρ < R ~g (x, y, z) = − 2πG xî 1 − 3 + y ĵ 1 − 3 − 3 z k̂
3r 3r 3r
     
2 1 2R 1 2R 2R
ρ>R ~g (x, y, z) = − 2πGR xî − + y ĵ − − 3 z k̂
ρ2 3r3 ρ2 3r3 3r

La continuità si verifica immediatamente.

30. Siano (O; x, y, z) e (O0 ; x0 , y, z) due sistemi di riferimento. Il secondo viaggia


rispetto al primo con una velocità ~v = (c/2, 0, 0). Inoltre solidali col sistema in
movimento ci sono una sorgente luminosa (nell’origine di tale sistema) ed un

136
bersaglio. I due sono collegati da un’asta rigida di lunghezza propria L0 = 1m
che forma un angolo proprio di θ0 = π/6 con la direzione del moto. Ad un
certo punto la sorgente invia un impulso luminoso al bersaglio. Quanto tempo
impiega l’impulso a raggiungere il bersaglio nel sistema (O0 ; x0 , y, z) e quanto
nel sistema (O; x, y, z)?
Opzionale: ricavare il secondo risultato utilizzando solamente i postulati della
relatività ristretta.

Soluzione:
 √ 
 v  1
c
1 + 43 1

2 1

∆t = γ ∆t + 2 L0 cos θ0 =
0
q = √ +
c 1 − 14 c 3 2

31. Siano σ1 e σ2 due variabili aleatorie dicotomiche (σi = ±1). Si consideri la


seguente funzione:
1
P (σ1 , σ2 ) = e−3σ1 +2σ2 −3σ1 σ2
K
Si determini la costante K affinchè la funzione data rappresenti una distribu-
zione di probabilità secondo gli assiomi di Kolmogorov e li si verifichi uno ad
uno. Successivamente si dica, attraverso un calcolo, se le due variabili aleatorie
sono indipendenti.

Soluzione:
2e−2 + e8 + e−4
=1 ⇒ K = 2e−2 + e8 + e−4
K
Essendo K gli esponenziali sempre positivi abbiamo che le varie probabilità
sono somme e rapporti di quantità sempre positive.

e−4 (e−4 + e−2 )(e−4 + e8 )


P (+, +) = 6
= = p1 (+)p2 (+)
2e−2 + e8 + e−4 (2e−2 + e8 + e−4 )2

Dunque le due variabili non sono indipendenti.

32. Un lampadario cilindrico è appeso a un filo in equilibrio e in quiete. Esso viene


ruotato intorno al suo asse di un angolo α0 rispetto alla posizione di equilibrio.

137
Considerato che il momento torcente esercitato dal filo è τ = −α, che il suo mo-
mento di inerzia è unitario, calcolare la legge del moto α(t), l’energia cinetica
in funzione del tempo e quella potenziale verificando l’energia totale è costante.

Soluzione:
α(t) = α0 cos t
ω(t) = −α0 sen t ,
1 1
T = ω 2 (t) = α02 sen2 t .
2 2

1 1
U = α2 (t) = α02 cos2 t .
2 2
1 1
Etot = Iα02 = α02 .
2 2
33. In un dato sistema di riferimento (O; x, y, z) hanno luogo tre eventi A,B e C in
sequenza, in tre punti diversi:

A : (ta , xa ) = (0, 0)
3
B : (tb , xb ) = (1, c)
2
7
C : (tc , xc ) = (2, c)
4
Ordinare cronologicamente i tre eventi in un altro sistema di riferimento, che si
muove con velocità v = ( 56 c, 0, 0). È possibile trovare un sistema di riferimento
in cui i due eventi B e C sono contemporanei?

Soluzione: L’ordine diviene B, A, C.


È impossibile trovare tale sistema di riferimento.

34. Un passeggiatore aleatorio compie, ad ogni istante di tempo, un passo α che


prende valori +2 , 0 e −1 con probabilità 1/3. I passi a tempi diversi sono
indipendenti. Dimostrare che il suo moto è diffusivo e calcolare la costante di
diffusione.

138
Soluzione:
n n n  
2
X X X 5 1 14
E[αi2 ] 2

d = V [Xn ] = V [αi ] = − E [αi ] = − = n = 2Dn
i=1 i=1 i=1
3 9 9

Il moto è diffusivo in quanto la varianza è proporzionale al tempo discreto,


inoltre D = 7/9.

35. Un punto materiale di massa unitaria si muove secondo la legge di moto


r(t) = (2 cost , sint). Calcolare l’equazione della traiettoria nell’intervallo
0 ≤ t ≤ π, disegnarla specificando il tipo di curva che essa rappresenta. Calco-
lare la forza che agisce sul punto specificando la natura delle sue componenti
e dire per quali tempi dell’intervallo dato essa non compie lavoro.

Soluzione:
x2
+ y2 = 1
4
solo arco superiore del precedente ellisse.

3
F(t) · v(t) = m(4 cos t sin t − cos t sin t) = 3m cos t sin t = sin 2t = 0
2
t = 0, π/2, π, sono gli istanti di tempo cercati che corrispondono alle interse-
zioni della traiettoria con l’asse x (due) ed y (una).

36. In una distribuzione di massa sferica e omogenea di densità unitaria e raggio


R, centrata nel punto (0, 0, 0), viene fatta una cavità sferica di raggio R/2
centrata in c = (R/2, 0, 0). Calcolare il campo gravitazionale all’interno della
cavità.

Soluzione:

g(r) = g1 (r) − g2 (r) = − Gc .
3
37. In un sistema di riferimento inerziale (O; x, y, z) due eventi sono separati da
un intervallo di tempo ∆t > 0 e da una distanza spaziale ∆x > 0 tali che
c∆t > ∆x. Trovare un sistema di riferimento in cui i due eventi coincidono
spazialmente. A che serve la condizione c∆t > ∆x?

139
Soluzione: La condizione data dal testo del problema garantisce che tale siste-
ma di riferimento esista, cioè che:
∆x c∆t
v= < =c
∆t ∆t

38. Un passeggiatore aleatorio compie, ad ogni istante di tempo, un passo asimme-


trico α che prende valore +2 con probabilità 1/2 e −1 con probabilità 1/2. I
passi a tempi diversi sono indipendenti. Dimostrare che il suo moto è diffusivo
e calcolare la costante di diffusione.

Soluzione:
n n n  
2
X X X 5 1 9
E[αi2 ] 2

d = V [Xn ] = V [αi ] = − E[αi ] = − = n
i=1 i=1 i=1
2 4 4

Come preannunciato il moto è diffusivo poiché d2 ∝ n e se il coefficiente di


diffusione D è tale per cui: d2 = 2Dn allora esso vale D = 9/8.

39. Un proiettile viene lanciato in un piano verticale dove è soggetto ad una ac-
celerazione g = (0, −1). Esso parte dalla posizione iniziale (1, 0) con velocità
iniziale (−1, 2). L’asse x = 0 è una parete rigida e liscia con cui il proiettile
urta elasticamente.
Dopo aver calcolato l’istante dell’urto, scrivere le equazioni del moto e quella
della traiettoria sia prima che dopo l’urto. Fare il grafico della traiettoria per
0 ≤ x ≤ 3.

Soluzione: (
1−t 0≤t≤1
x(t) =
t−1 t≥1
1
y(t) = − t2 + 2t ∀t ≥ 0
2

1
t=1−x 0≤t≤1 ⇒ y = − (1 − x)2 + 2(1 − x) 0 ≤ x ≤ 1
2
1
t=x+1 t≥1 ⇒ y = − (x + 1)2 + 2(x + 1) x ≥ 0
2

140
40. Nello spazio euclideo tridimensionale si trovano una sfera piena omogenea di
raggio R1 e massa M1 e una cava, di raggio R2 > R1 e massa M2 , entrambe
centrate nell’origine del sistema. Calcolare il campo gravitazionale g in ogni
punto dello spazio.

Soluzione: Per 0 ≤ r ≤ R1 .
GM1
g(r) = − r
R13

Per R1 ≤ r < R2 :
GM1
g(r) = − r̂
r2
Per r > R2 :
G(M1 + M2 )
g(r) = − r̂
r2
41. Un sistema di riferimento inerziale (O0 ; x0 , y, z) si muove rispetto ad un altro
sistema inerziale (O; x, y, z) con velocità v = (v, 0, 0). Un’asta di lunghezza
propria L0 è solidale col sistema (O0 ; x0 , y, z), giace nel piano (x0 , y) e forma un
angolo θ0 rispetto alla direzione x0 . Calcolare la lunghezza dell’asta misurata
da un osservatore solidale con (O; x, y, z) e l’angolo che essa forma con la dire-
zione x.

Soluzione:
s r
v2 v2 2 0
p  
L = ∆x2 + ∆y 2 = L20 cos2 θ0 1− 2 + L20 sin2 θ0 = L0 1− cos θ
c c2
r !−1
∆y L0 sin θ0 v2
tg θ = = 1− 2 = tg θ0 γ
∆x L0 cos θ0 c

42. Siano σ1 e σ2 due variabili aleatorie dicotomiche. La loro distribuzione di


probabilità congiunta è data dalla seguente tabella:

(σ1 , σ2 ) ++ +− −+ −−
e3 e−1 e−1 e−1
p(σ1 , σ2 ) e3 +3e−1 e3 +3e−1 e3 +3e−1 e3 +3e−1

141
Mostrare che la distribuzione congiunta verifica gli assiomi di positività e nor-
malizzazione. Dire se le due variabili aleatorie sono indipendenti.

Soluzione: La positività è immediata.


X e3 e−1
p(σ1 , σ2 ) = + 3 =1
σ1 ,σ2
e3 + 3e−1 e3 + 3e−1
2
e3 + e−1 e6 + e−2 + 2e2

p1 (+)p2 (+) = = 6= p(+, +)
e3 + 3e−1 (e3 + 3e−1 )2
43. Un punto di massa unitaria si muove, senza attrito, nel piano (x, y) lungo la
curva liscia di equazione y = f (x). La curva passa per l’origine con deriva-
ta positiva e raggiunge un massimo locale in x = 1. Su di esso agisce un
campo gravitazionale costante ~g = (0, −1). All’istante t0 = 0 il punto si tro-
va in (0, 0) con velocità iniziale di modulo v0 . Discutere il moto al variare di v0 .

Soluzione: Se v0 < 0 il corpo va ad x più negative, quindi manterrà il segno


negativo.
Se v02 > 2f (1) la velocità non si annulla anche una volta sul massimo locale,
perciò il corpo non arresta il suo moto proseguendo anche oltre.
Al contrario se v02 < 2f (1) la velocità si azzera prima, e lı̀ il segno della velocità
si inverte da + a − ed il corpo va verso x sempre più piccole.
Infine se v02 = 2f (1) il corpo ha l’energia appena sufficiente per fermarsi sulla
cresta, tuttavia ci impiega un tempo infinito (divergenze almeno logaritmica).
44. In un sistema di riferimento (O; x, y, z), i piani x = 0 e y = 0 hanno densità
di massa superficiale uniforme e unitaria. Calcolare il campo gravitazionale in
ogni punto dello spazio.

Soluzione:

g(x, y) = −2πG(sign(x)î + sign(y)ĵ)

45. Un cubo di lato unitario si trova solidale al sistema di riferimento O. Il sistema


di riferimento O0 si muove rispetto ad O con velocità c/2 in direzione (1, 1, 1).
Calcolare il volume del parallelepipedo per l’osservatore O0 .

142
Soluzione: r √
0 1 3
V =V 1− =
4 2
46. Un camminatore aleatorio si muove in 3 dimensioni (indipendenti) nei punti
del reticolo di coordinate intere. Dimostrare la legge del moto diffusivo.
Soluzione: (σi1 , σi2 , σi3 ) = xi
X 1 1
E[xi1 ] = σ1 p(σ1 ) = − =0
σ=±1
2 2
1 1
V ar[xi1 ] = E[x2i1 − E 2 [xi1 ]] = E[x2i1 ] = + = 1
| {z } 2 2
=0
n
X
V ar[R1 ] = d2x = V ar[xi1 ] = n
i=1
d2 = d2x + d2y + d2z = n + n + n = 3n

47. Un punto di massa unitaria si muove, senza attrito, nel piano (x, z) lungo la
curva di equazione z = x(1 − x). Si di esso agisce un campo di forza gravita-
zionale costante ~g = (0, −1). All’istante t0 = 0 il punto si trova in (0, 0) con
velocità iniziale di modulo v0 . Discutere il moto al variare di v0 .

Soluzione: Prendere la soluzione del problema 43. Sostituire al posto di f (x)


la parabola z = f (x) = x(1 − x). La discussione del moto è poi del tutto
identica.

48. In un sistema di riferimento (O; x, y, z), i piani x = 0, y = 0 e z = 0 hanno


densità di massa uguale ad 1. Calcolare il campo gravitazionale in ogni punto
dello spazio.

Soluzione: Considerare la soluzione del problema 44.

gz (z) = −2πGsign(z)k̂
g(x, y, z) = −2πG(sign(x)î + sign(y)ĵ + sign(z)k̂)

49. Un cubo di lato unitario si trova solidale al sistema di riferimento O. Il sistema


di riferimento O0 si muove rispetto ad O con velocità c/2 in direzione (1, 1, 1).

143
Calcolare il volume del parallelepipedo per l’osservatore O0 .

Soluzione: Vedere soluzione al problema 45.

50. Un camminatore aleatorio si muove in due dimensioni (indipendenti) nei punti


del reticolo di coordinate intere. Dimostrare la legge del moto diffusivo.

Soluzione: Vedere problema 46. A tale soluzione si tolga la variabile σ3 . Fatto


ciò la soluzione è identica.

51. Nel sistema di riferimento (O; x, y) si trova un piano inclinato con estremi in
O e (1, 1). Agisce un campo di forza gravitazionale costante ~g = (0, −1). All’i-
stante t0 = 0 un punto di massa m si trova in O e viene lanciato lungo il piano
inclinato con velocità iniziale di modulo v0 .
Determinare il valore minimo v̄0 di v0 necessario affinchè la massa arrivi in
cima al trampolino e l’eventuale velocità v1 in cima al trampolino.
Assumendo v0 > v̄0 , calcolare la distanza del punto di caduta sull’asse x dal-
l’origine O.

Soluzione q √
v1 = v02 − 2 se v0 > 2

Mentre se v0 < 2 la massa non raggiunge la cima del trampolino.
p
y(t) = 0 ⇔ t = v1 sin θ + (v1 sin θ)2 + 2
p 
⇒ x(t) = 1 + v1 cos θ v1 sin θ + (v1 sin θ)2 + 2 =
q q
2
= 1 + (v0 /2 − 1) + v0 /2 − 1 (v02 /2 − 1) + 2 =
2
q
2
= v0 /2 + v04 /4 − 1 .

52. In un sistema di riferimento (O; x, y, z), i due piani z = 1 e z = −1 hanno


densità di massa uguale ad 1 e la sfera cava x2 + y 2 + z 2 = 1 ha massa m.
Calcolare il campo gravitazionale nei punti dello spazio per cui −1 < z < 1.

Soluzione:
Gm (x, y, z)
~gsfera = − I(x2 + y 2 + z 2 > 1)
x2 2 2
p
+y +z 2
x +y +z2 2

144
Per −1 < z < 1 i contribuiti dei due piani si annullano e resta
~g = ~gsfera .

53. Un parallelepipedo si trova solidale al sistema di riferimento O, con i lati pa-


rallelli agli assi e lunghi rispettivamente a, b, c. Il sistema di riferimento O0 si
muove rispetto ad O con velocità c/2 in direzione parallela all’asse x. Calcolare
il volume del parallelepipedo per l’osservatore O0 .

Soluzione:
Vol0 = a0 b0 c0 =
p
3/4 abc

54. Un camminatore aleatorio ad ogni istante naturale n si trova in un punto


Xn della retta dei numeri interi e poi compie un passo σn = +1 verso de-
stra con probabilità p+ (Xn ) oppure compie un passo σn = −1 verso sinistra
con probabilità 1 − p+ (Xn ). La probabilità dipende dalla posizione nel modo
seguente: 
1 − tanh(x) se x > 0

p+ (x) = 1/2 se x = 0

tanh |x| se x < 0

Sapendo che all’istante iniziale X0 = 0, calcolare le seguenti grandezze medie:


E[σ0 ], E[σ0 σ1 ]. I passi σ0 e σ1 sono indipendenti?

Soluzione: Il primo quesito è immediato:


1 1
E[σ1 ] = 1 · −1· = 0
2 2
La probabilità congiunta con cui calcolare la media può essere riassunta nella
seguente tabella:

(σ1 , σ2 ) ++ +− −+ −−
1 1 1 1
p(σ1 , σ2 ) 2
(1 − tanh(1)) 2
tanh(1) 2
tanh(1) 2
(1 − tanh(1))

Dunque:
1 1 1
E[σ1 σ2 ] = 1·1· ·(1−tanh 1)+1·(−1)· ·tanh 1+(−1)·(−1)· ·(1−tanh 1)+
2 2 2
1
+ (−1) · 1 · · tanh 1 = 1 − 2 tanh 1
2

145
I passi σ1 e σ2 non sono indipendenti, perchè E[σ1 σ2 ] 6= E[σ1 ] E[σ2 ] , dato che
E[σ1 ] = 0.

55. Un punto di massa unitaria si muove di moto rettilineo uniforme con velocità
|~v | = 1 per tutti i tempi t < 0. Al tempo t = 0 entra in un’orbita circolare di
raggio unitario tangente alla retta e resta in tale orbita per tutti i tempi t > 0,
mantenendo una velocità |~v | = 1 . Studiare la funzione F~ (t) della forza risul-
tante su di esso, spiegando le leggi fisiche utilizzate per dedurla. La funzione
velocità ~v (t) é continua? E la funzione accelerazione ~a(t)?

Soluzione: Per esempio l’orbita circolare ha centro in (0, 0) e il corpo vi entra


nel punto (1, 0) 
(0, 0) per t < 0
F~ (t) =
−(cos t, sin t) per t > 0
La forza e l’accelerazione sono dunque discontinue in t = 0. La velocità invece
è continua: 
(0, 1) per t < 0
~v (t) =
(− sin t, cos t) per t > 0

56. In un sistema di riferimento (O; x, y, z), i due piani z = 1 e z = −1 han-


no densità di massa uguale ad 1 e la sfera cava x2 + y 2 + z 2 = 1 ha massa m.
Calcolare il campo gravitazionale in ogni punto dello spazio per cui −1 < z < 1.

Soluzione: Guardare esercizio 52.

57. Un regolo di un metro (lunghezza propria) si muove, solidale con il sistema


O0 , nella direzione della sua lunghezza con velocità v = c/3 rispetto ad un
osservatore in O. Calcolare qual è la sua lunghezza per l’osservatore in O. Lo
stesso regolo viene ora messo in quiete in O, calcolare la sua lunghezza per
l’osservatore in O0 .

Soluzione: Nel primo caso:


r
1 v2 p
L = L0 = 1− = 8/9
γ c2
Nel secondo caso:
1 p
L0 = L0 = 8/9
γ

146
58. Un camminatore aleatorio ad ogni tempo naturale n si trova in un punto Xn del-
la retta dei numeri interi, poi compie un passo +1 verso destra con probabilità
p/2, o compie un passo −1 verso sinistra con probabilità p/2, o rimane fermo
con probabilità 1 − p ∈ (0, 1) . La scelta al tempo n è indipendente da tutte le
altre. Sapendo che all’istante iniziale X0 = 0, calcolare media e varianza di Xn .

Soluzione: n
X
E[Xn ] = E[ξi ] = 0
i=1
n X
X n n
X
Var[Xn ] = E[Xn2 ] = E[ξi ξj ] = E[ξi2 ] = n p
i=1 j=1 i=1

59. Due proiettili di massa unitaria vengono lanciati al tempo t = 0 nel piano (x, y)
con velocità unitaria. Essi partono dai punti di coordinate (−1, 0) e (+1, 0).
Considerando una accelerazione di gravità ~g = (0, −1) determinare:
- le leggi orarie di ciascun proiettile in funzione dei rispettivi angoli di lancio θ
e θ0 ,
- le traiettorie di ciascun proitettile,
- la zona sicura nel piano (x, y). Dire se il punto (0, 21 ) sta nella zona sicura o
no.
Soluzione: Primo proiettile:

x1 (t) = t cos θ − 1
y1 (t) = − 21 t2 + t sin θ
1
y = − (1 + tan2 θ) (x + 1)2 + tan θ (x + 1)
2
Secondo proiettile:
x2 (t) = t cos θ0 + 1


y2 (t) = − 12 t2 + t sin θ0
1
y = − (1 + tan2 θ0 ) (x − 1)2 + tan θ0 (x − 1) .
2
1
Il punto (0, 2 ) sta nella zona sicura.
60. In un sistema di riferimento (O; x, y, z) ci sono 3 masse unitarie puntiformi
posizionate in (1, 1, 0), (−1, −1, 0) e (0, 0, 3). Calcolare il flusso del campo
gravitazionale attraverso una sfera di raggio 2 centrata nell’origine degli assi.
Calcolare il campo gravitazionale ~g in funzione della posizione (x, y, z).

147
Soluzione:
~g = g~1 + g~2 + g~3
dove:
G
g~1 = − 3/2 (x − 1, y − 1, z)
(x − 1)2 + (y − 1)2 + z 2
G
g~2 = − 3/2 (x + 1, y + 1, z)
(x + 1)2 + (y + 1)2 + z 2
G
g~3 = − 3/2 (x, y, z − 3)
x2 + y 2 + (z − 3)2

61. Nel sistema di riferimento O due eventi accadono nel punto P ai tempi rispet-
tivamente t = 0 e t = 1. Il sistema di riferimento O’ si muove con velocità di
modulo v in direzione (1, 2, 3). Calcolare qual è l’intervallo di tempo tra i due
eventi nel sistema O’.
Soluzione:
t01 − t00 = γ (t1 − t0 ) = γ
p
con γ = 1/ 1 − v 2 /c2 .

62. Si consideri lo spazio di probabilità dato da due lanci indipendenti di un dado


a 6 facce equiprobabili. Detto X1 il risultato del primo lancio e X2 il risultato
del secondo lancio, dire se gli eventi A e B sono indipendenti nei seguenti casi:

· A = (X1 + X2 = 3) , B = (X1 è dispari)

· A = (X1 è dispari, X2 è dispari) , B = (X1 + X2 è pari)

Soluzione: Caso 1.
2 3 1
P (A) = , P (B) = , P (A ∩ B) =
36 6 36
Ne segue che A e B sono indipendenti.
Caso 2.
P (A ∩ B) = P (A) > P (A) P (B)
e i due eventi non sono indipendenti.

148
63. Un punto di massa m si muove in un sistema di riferimento inerziale (O; x, y)
sotto l’effetto di un campo gravitazionale costante ~g = (0, −1). Il punto parte
con velocità nulla da Q = (0, 1) e scivola lungo un trampolino di lancio ad arco
di cerchio con centro in C = (1, 1), fino a P = (1 + √12 , 1 − √12 ), che raggiunge
all’istante t = 0. Da qui prosegue il suo moto rimbalzando elasticamente contro
il pavimento (asse x) agli istanti t1 , t2 , . . .
Trascurando le forze di attrito calcolare t1 e t2 , scrivere la legge del moto e
l’equazione della traiettoria percorsa per i tempi t ∈ [0, t1 ], t ∈ [t1 , t2 ] indivi-
duando le quantità conservate in ciascuno dei due intervalli. Dire per quali
valori di t il moto è periodico e calcolare il periodo T .

Soluzione: Per t ∈ (0, t1 ) la legge oraria e’:


(
x(t) = xP + vx t = 1 + √12 + √ 4
1
2
t
g 2 1 1
y(t) = yP + vy t − 2 t = 1 − 2 +
√ √
4
2
t − 12 t2

Sono conservate l’energia meccanica e la componente orizzontale della velocità.


La traiettoria e’:
1
y − yP = x − xP − √ (x − xP )2
2 2
Trovo t1 imponendo:
p s
vy ± vy2 + 2 g yP 1 1
y(t) = 0 ⇔ t± = = √ ± 2− √
g 4
2 2

siccome t1 > 0, sara’ t1 = t+ .


Per t > 0 il moto e’ periodico: il punto percorre infiniti archi di parabola
traslati uno rispetto all’altro. Periodo:
s
1
T = t+ − t− = 2 2 − √ .
2

64. In un sistema di riferimento (O; x, y, z) una massa M è distribuita unifor-


memente tra due sfere centrate in O di raggi R0 < R1 . Calcolare il campo
gravitazionale ~g come funzione della posizione ~r = (x, y, z).

Soluzione:
• 0 ≤ r < R0 . In questo caso MSr = 0, percio’ g(r) = 0.

149
• R0 ≤ r ≤ R1 . Detta ρ la densita’ (uniforme) della corona, si ha MSr =
4 3 4 3

ρ 3 πr − 3 πR0 . Quindi

4 r3 − R03
g(r) = πGρ
3 r2
4
πR13 − 43 πR03 . Quindi

• R0 ≤ r ≤ R1 . Si ha MSr = M = ρ 3

GM
g(r) =
r2
Il campo è continuo, come si vede confrontando i valori in R0 ed R1 .

65. Un rombo R di diagonali d, D (con d < D) è fermo rispetto al sistema di riferi-


mento (O; x, y, z, t). R è posizionato sul piano xz con la diagonale maggiore
parallela all’asse x e la diagonale minore parallela all’asse z. Un osservatore
(O0 ; x0 , y 0 , z 0 , t0 ) si muove rispetto ad O con velocità costante v lungo la direzio-
ne dell’asse x; per lui la figura R0 e’ un quadrato. Calcolare il valore di v.

Soluzione: s
1
D= v2
D0 , d = d0
1 − c2
r
d2
vquadrato = c 1−
D2
66. Si consideri il seguente spazio probabilita’ per la coppia di variabili dicotomiche
(σ1 , σ2 ):

++ +– –+ ––
1/6 2/6 1/6 2/6

Calcolare la distribuzione di probabilita’ di σ1 e quella di σ2 . Dire se le due


variabili aleatorie sono indipendenti.

Soluzione. Le due variabili aleatorie sono indipendenti.

150
Elenco degli esercizi
0 Esercizio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8
1 Esercizio (Il falco ed il treno) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9
2 Esercizio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14
3 Esercizio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14
4 Esercizio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15
5 Esercizio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16
6 Esercizio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17
7 Esercizio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21
8 Esercizio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21
9 Esercizio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21
10 Esercizio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22
11 Esercizio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22
12 Esercizio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22
13 Esercizio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23
14 Esercizio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 24
15 Esercizio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25
16 Esercizio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 28
17 Esercizio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 28
18 Esercizio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29
19 Esercizio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 30
20 Esercizio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 32
21 Esercizio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 32
22 Esercizio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 32
23 Esercizio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 33
24 Esercizio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 34
25 Esercizio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 36
26 Esercizio (Il cacciatore e la scimmia.) . . . . . . . . . . . . . . . . . . 38
27 Esercizio (I due cacciatori.) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 39
28 Esercizio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 42
29 Esercizio (Problema elementare della statica) . . . . . . . . . . . . . . 43
30 Esercizio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 44
31 Esercizio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 44
32 Esercizio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 45
33 Esercizio (Treno in accelerazione) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 45
34 Esercizio (Automobile in frenata) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 47
35 Esercizio (Lavoro della forza gravitazionale costante nel lancio verticale) 49
36 Esercizio (Esercizio 36: lavoro della forza elastica) . . . . . . . . . . . 50

151
37 Esercizio (Moto armonico) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 50
38 Esercizio (Forza non posizionale) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 51
39 Esercizio (Lavoro della forza gravitazionale costante in R2 ) . . . . . . 53
40 Esercizio (Lavoro di una forza costante in tre dimensioni) . . . . . . . 55
41 Esercizio (Lavoro della forza elastica in tre dimensioni) . . . . . . . . 55
42 Esercizio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 56
43 Esercizio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 56
44 Esercizio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 57
45 Esercizio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 57
46 Esercizio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 58
47 Esercizio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 59
48 Esercizio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 59
49 Esercizio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 59
50 Esercizio (Velocità di fuga.) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 61
51 Esercizio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 61
52 Esercizio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 62
53 Esercizio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 62
54 Esercizio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 62
55 Esercizio (Peso apparente sulla Terra) . . . . . . . . . . . . . . . . . . 63
56 Esercizio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 67
57 Esercizio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 68
58 Esercizio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 70
59 Esercizio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 70
60 Esercizio (Applicazione del Teorema di Gauss: campo generato da
una sfera massiva omogenea) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 71
61 Esercizio (Campo gravitazionale del filo) . . . . . . . . . . . . . . . . 73
62 Esercizio (Campo gravitazionale del piano) . . . . . . . . . . . . . . . 73
63 Esercizio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 74
64 Esercizio (Giro della morte) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 74
65 Esercizio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 75
66 Esercizio (Urti elastici unidimensionali) . . . . . . . . . . . . . . . . . 76
67 Esercizio (Urto completamente anelastico unidimensionale) . . . . . . 77
68 Esercizio (Energia dissipata in un urto completamente anelastico) . . 78
69 Esercizio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 79
70 Esercizio (Teorema iterativo del baricentro) . . . . . . . . . . . . . . 79
71 Esercizio (Il problema del bagnino) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 81
72 Esercizio (Regola di Leibniz per il prodotto vettoriale) . . . . . . . . 87
73 Esercizio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 88
74 Esercizio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 88

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75 Esercizio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 89
76 Esercizio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 90
77 Esercizio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 90
78 Esercizio (Il lampadario che oscilla) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 93
79 Esercizio (Stabilità orbite circolari) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 95
80 Esercizio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 95
81 Esercizio (Moto sulla separatrice) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 96
82 Esercizio (Trasformazioni di Lorentz inverse) . . . . . . . . . . . . . . 100
83 Esercizio (Metriche e pesudometriche) . . . . . . . . . . . . . . . . . . 101
84 Esercizio (Contrazione delle lunghezze) . . . . . . . . . . . . . . . . . 102
85 Esercizio (Dilatazione dei tempi) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 103
86 Esercizio (Viaggio della navicella) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 106
87 Esercizio (Contrazione del quadro) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 107
88 Esercizio (Contrazione del quadro inclinato) . . . . . . . . . . . . . . 108
89 Esercizio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 108
90 Esercizio (Composizione delle velocità) . . . . . . . . . . . . . . . . . 108
91 Esercizio (Limite non relativistico) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 109
92 Esercizio (Dado a 6 facce) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 111
93 Esercizio (Dado truccato a 6 facce) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 112
94 Esercizio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 113
95 Esercizio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 114
96 Esercizio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 114
97 Esercizio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 114
98 Esercizio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 114
99 Esercizio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 117
100 Esercizio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 118

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