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a cura di
Stefano Beretta
Politecnico di Milano, Dipartimento di Meccanica
10 giugno 2012
Indice
1
2.5.3 Rappresentazione matriciale . . . . . . . . . . . . . . . . . 36
2.5.4 Simmetria nei materiali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 38
2.5.5 Materiale anisotropo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 41
2.5.6 Materiale ortotropo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 41
2.5.7 Materiale isotropo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 42
2.6 Appendice . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 45
II Problemi elastici 46
3 Soluzione analitica di problemi elastici piani 47
3.1 Problemi piani . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 47
3.1.1 Stato di sforzo piano . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 47
3.1.2 Stato di deformazione piana . . . . . . . . . . . . . . . . . 48
3.1.3 Soluzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 49
3.2 Funzione di Airy . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 50
3.2.1 Semplici esempi di funzione . . . . . . . . . . . . . . . . 50
3.2.2 Soluzioni per serie . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 51
3.3 Problemi in coordinate polari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 54
3.3.1 Membrana forata soggetta a carico biassiale . . . . . . . . 55
3.3.2 Foro in una membrana indefinita soggetto a carico radiale 56
3.3.3 Membrana forata soggetta a taglio . . . . . . . . . . . . . 58
3.3.4 Membrana forata soggetta a carico assiale . . . . . . . . . 59
3.3.5 Carico concentrato su un semispazio elastico . . . . . . . 63
3.4 Esercizi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 66
5 Problemi assialsimmetrici 76
5.1 Problema termoelastico lineare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 76
5.2 Dischi sottili . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 78
5.2.1 Disco con sole pressioni sui contorni . . . . . . . . . . . . 80
5.2.2 Disco rotante a costante . . . . . . . . . . . . . . . . . . 84
5.2.3 Metodo di Grammel . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 89
5.3 Cilindri lunghi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 90
5.3.1 Cilindro rotante a velocit angolare costante . . . . . . . 92
5.4 Esercizi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 95
2
6 Lastre circolari piane 97
6.1 Flessione semplice di una lastra in due direzioni ortogonali . . . . 97
6.1.1 Composizione dei momenti in un punto . . . . . . . . . . 98
6.1.2 Lastre con momento uniforme . . . . . . . . . . . . . . . . 100
6.2 Lastre circolari assialsimmetriche . . . . . . . . . . . . . . . . . . 100
6.2.1 Carico distribuito . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 103
6.2.2 Carico concentrato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 105
6.2.3 Lastra anulare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 107
6.3 Esercizi e problemi sul quaderno . . . . . . . . . . . . . . . . . . 109
3
Parte I
4
Capitolo 1
Si richiamano qui i concetti fondamentali dello stato di sforzo nei solidi, gi visti nel Corso
di Costruzione di Macchine 1. Questi concetti ci serviranno quindi, nei capitoli successivi,
per analizzare il legame con le deformazioni e lo stato di sollecitazione in diversi tipi di
problemi elastici relativi allo stato di sforzo in organi delle macchine 1 .
1a cura di S. Beretta
5
Figura 1.1: Azioni e reazioni interne: a) sezione del corpo; b) equilibrio tra azioni
ed azioni interne; c) componenti di F [2].
6
rappresentati da un tensore del secondo ordine2 :
xx xy xz
[ij ] = xy yy yz (1.3)
xz yz zz
2 vale la notazione: ii = i e ij = ij .
7
lo sforzo normale n agente sul piano di normale
n non altro che la proiezione
di S su n ovvero:
i
n = S
n = i l m [ij ] l (1.5)
m
La procedura sopravista potrebbe essere utilizzata per proiettare S su direzioni
diverse da
n permettendo cos di ottenere componenti di sforzo su tali direzioni.
Generalizzando quindi la procedura della eq.(1.5) si pu esprimere il tensore di
sforzo [ij ] dal riferimento X Y Z al un altro riferimento X 0 Y 0 Z 0 . In
particolare possiamo scrivere:
0
[ij ] = T [ij ] T T (1.6)
dove:
i1 l1 m1
T = i2 l2 m2 (1.7)
i3 l3 m3
la matrice T contiene per righe i coseni direttori degli assi X 0 Y 0 Z 0 rispetto
alla terna X Y Z. Quindi il tensore di sforzo pu essere trattato come una
matrice (1.3), collegata a una legge di trasformazione (1.6).
8
Y' Y
X'
I = x + y + z
1
2 2 2
I2 = x y + x z + y z xy xz yz (1.13)
2 2 2
I3 = x y z + 2xy xz yz x yz y xz z xy
Tale equazione risolta ammette 3 radici 1 , 2 e 3 che vengono detti gli sforzi
principali. Gli sforzi principali sono gli autovalori della matrice [ij ].
Introducendo le soluzioni 1 , 2 e 2 nel sistema (considerando inoltre la
relazione i2 + l2 + m2 = 1) si ricavano tre terne di coseni direttori (i, l, m) che
definiscono le direzioni principali (o con altra terminologia gli autovettori della
matrice).
9
se i 3 sforzi principali sono distinti, allora le 3 direzioni principali sono
distinte ed ortogonali;
se 2 valori di p coincidono allora una sola direzione principale definita
(corrisponde allo sforzo principale diverso dagli altri due) mentre le altre
sono infinite perch corrispondono alle normali alla prima;
se i 3 valori di p coincidono allora ogni direzione principale (sforzo
idrostatico: la pressione identica su qualsiasi superficie).
Le tre radici 1 , 2 , 3 (ordinate in modo che 1 > 2 > 3 ) hanno un impor-
tante significato: 1 il massimo valore dello sforzo normale in un punto (al
variare della giacitura del piano), mentre 3 lo sforzo normale minimo.
Esempio 1.1 Si consideri lo stato di sforzo rappresentato in Fig. 1.4: calcolare gli
sforzi e le direzioni principali (i valori sono espressi in [MPa]).
Figura 1.4: Calcolo degli sforzi principali tramite Eq. (1.12).
I1 = 0 I2 = 2 1002 I3 = 0
Introducendo nella (1.12) i valori ricavati si ottengono gli sforzi principali (i valori sono
espressi in [MPa]):
I = 100 2 II = 0 III = 100 2
10
Le direzioni principali risultano espresse dalle colonne della matrice V, che si calcola
in modo semplice con tecniche di calcolo numerico:
2
0.5 2
0.5
[V ] = 0.5 22 0.5
2 2
2
0 2
Esempio 1.2 Calcolare gli sforzi principali e le direzioni principali se allo stato di
sforzo dellesempio precedente viene sovrapposto idrostatico pari a 100 MPa.
ovvero la sovrapposizione di uno sforzo idrostatico su uno stato di sforzo generico [ij ]
non altera le direzioni principali.
11
Introducendo gli angoli p nella prima delle (1.10) si ottengono i valori
massimo e minimo di x0 :
s 2
x + y x y 2
1,2 = + xy (1.17)
2 2
risolvendo tale equazione si ottiene ancora la (1.17) per esprimere gli sforzi
principali.
P
-p
p
-p
Mt
(a) (b) (c)
Gli sforzi agenti sulla sezione (espressi in [MPa]) sono uno sforzo di scorrimento:
16Mt
= = 47.2
d3
ed uno stato di sforzo piano (Fig. 1.5 (c)) dovuto alla pressione esterna. Rappresen-
tando il tensore degli sforzi:
10 47.2 0
[ij ] = 47.2 0 0
0 0 10
12
ottenendo3 :
10 47.2
[ij ] =
47.2 0
Gli sforzi principali risultano (tendendo conto che conosciamo gi z = 10):
1 = 42.46 2 = 10 3 = 52.46
p = 0.6806
La matrice di rotazione T della (1.8), riferita allo stato di sforzo tridimensionale, che
esprime lo stato di sforzo nelle direzioni principali risulta:
cos p sin p 0
T = sin p cos p 0 (1.19)
0 0 1
ovvero non vi nessuno sforzo di taglio (vedi Fig. 1.6). Considereremo tale
riferimento per calcolare in modo semplice alcune importanti propriet dello
stato di sforzo in un punto.
Figura 1.6: Trasformazione del tensore di sforzo nel riferimento principale [3].
3 possiamo anche immaginare di guardare il tensore dallasse z riguardando lo stato di
13
1.4.1 Sforzi normali e tangenziali su un piano generico
Riferendosi alla terna delle direzioni principali, le componenti del vettore S (su
T
un piano la cui normale identificata da n = [i l m] ) si calcolano dalla (1.4) e
risultano:
Sx = 1 i Sy = 2 l Sz = 3 m (1.21)
Lo sforzo normale sul piano (dalla 1.5) risulta:
n = S
n = 1 i2 + 2 l2 + 3 m2 (1.22)
2 = S 2 n2 = 12 i2 + 22 l2 + 32 m2 (1 i2 + 2 l2 + 3 m2 )2 (1.23)
3 3
1
2
14
1.4.2 Cerchi di Mohr
Consideriamo un piano avente la giacitura parallela alla direzione 3 (ovvero la
normale al piano perpendicolare allasse 3 ed m = 0).
2
3
2 n
n
1
1
n
n
1 n 2
2
(a) (b)
Figura 1.8: Costruzione del cerchio di Mohr per piani paralleli alla direzione 3: a)
identificazione dello stato di sforzo agente; b) convenzioni di segno.
Detto langolo che la normale forma con lasse 1 e fissando come positiva la
direzione oraria dello sforzo di scorrimento sulla faccia di normale n, possiamo
scrivere dalle (1.10)5 :
1 1
n = (1 + 2 ) + (1 2 ) cos 2
2 2 (1.27)
n = 1 (1 2 ) sin 2
2
da cui facile verificare che:
2 2
1 2 1
n (1 + 2 ) + n = (1 2 ) (1.28)
2 2
Questa equazione rappresenta, in un piano detto piano di Mohr, una
circonferenza di centro C e raggio R con:
(1 + 2 ) (1 2 )
C ,0 , R =
2 2
ovvero i punti P (n , n ), per i piani con m = 0, descrivono al variare di una
circonferenza di centro C e raggio R, che passa per gli sforzi principali 1 e 2 .
La costruzione grafica del cerchio di Mohr permette di visualizzare in modo
semplice lo stato di sforzo e di calcolare graficamente gli sforzi principali (non
si usa pi ovviamente per questo motivo, ma aiuta a visualizzare la soluzione).
Ripetendo la costruzione per i piani paralleli agli assi 1 e 3 si ottengono
altre due circonferenze: in totale i 3 cerchi di Mohr permettono di visualizzare
in modo semplice i valori massimi e minimi dello stato di sforzo nel punto. Si
pu dimostare che lo stato di sforzo su una giacitura generica (non parallela ad
un asse principale) appartiene alla regione compresa tra il cerchio fondamentale
(quello passante per 1 e 3 ) e gli altri due.
5 rispetto alle (1.10) dobbiamo considerare x0 e x0 y0 cambiando di segno a questultima
15
2 1 3 2 1
(a) (b)
1 + 2 + 3 I1
ott = = (1.29)
3 3
che viene anche chiamato sforzo idrostatico ed indicato con il simbolo h . Lo
sforzo tangenziale sui piani ottaedrali vale:
1 1/2
ott = (1 2 )2 + (2 3 )2 + (1 3 )2 ) (1.30)
3
16
Lo sforzo ott pu essere riscritto, svolgendo i quadrati, come:
q
2
ott = 12 + 22 + 32 1 2 1 3 2 3 (1.31)
3
La ott , impiegata come vedremo nei capitoli successivi per le verifiche di resi-
stenza, pu anche essere scritta come:
1 2 1/2
ott = 2I1 6 I2 (1.32)
3
che pu quindi utilmente permettere, sostituendo i valori degli invarianti, di
scrivere ott in termini delle componenti del tensore in coordinate cartesiane:
1 2 1/2
(x y )2 + (y z )2 + (x z )2 + 6xy
2 2
ott = + 6yz + 6xz (1.33)
3
dove:
h 0 0
hij = 0 h 0 (1.35)
0 0 h
e:
x h xy xz
sij = xy y h yz (1.36)
xz yz z h
Gli sforzi principali del tensore sij risultano:
17
1.5 Equazioni indefinite di equilibrio
Consideriamo un piccolo volume di materiale avente dimensioni dx dy dz 6
ed immaginiamo siano presenti, oltre alle componenti del tensore di sforzo, le
componenti di forza di volume Fx Fy Fz . Se esprimiamo lequilibrio del
volumetto in direzione x (Fig.1.12) otteniamo la relazione:
x yx zx
+ + + Fx = 0
x y z
Generalizzando nelle tre direzioni si ottengono le equazioni di equilibrio:
z
zx
zx + dz
z
x
yx dz
x yx
x + dx yx + dx
x zx y
x dy
dx y
x xy zx
+ + + Fx = 0
x y z
xy y yz
+ + + Fy = 0 (1.39)
x y z
xz + yz + z + F = 0
z
x y z
Queste equazioni esprimono come varia lo stato di sforzo allinterno del corpo
per effetto delle forze di volume presenti. Il set di equazioni precedenti pu
essere scritto in forma sintetica come [3]:
+ F = 0 (1.40)
18
Esprimendo la (1.40) nel sistema di coordinate cilindriche [3] si ottiene:
r 1 r rz 1
+ + + (r ) + Fr = 0
r r z r
r 1 z 2
+ + + r + F = 0 (1.42)
r r z r
rz + 1 z + z + 1 + F = 0
rz z
r r z r
r 1 r 1 r 1
+ + + (2r + r cot ) + Fr = 0
r r r sin r
r 1 1 1
+ + + [( ) cot + 3r ] + F = 0
r
r r sin r
r 1 1 1
+ + + (2 cot + 3r ) + F = 0
r r r sin r
(1.44)
19
z
1.6 Esercizi
Esercizio 1.1 Si consideri un tubo (De =36 mm, Di =30 mm) soggetto ad un momen-
to Mt=450 Nm ed una forza F=30 kN. Calcolare:
lo stato di sforzo su un punto della superficie esterna del tubo considerando il
riferimento x y z di figura (x direzione radiale ed y circonferenziale);
lo stato di sforzo su un piano inclinato di 45 gradi rispetto agli assi y e z;
valutare leffetto dellintroduzione di una pressione interna di 10 MPa sullo stato
di sforzo calcolato ai punti precedenti.
Mt
y
x y
Figura 1.14: Schema di un tubo soggetto ad una forza assiale e del piano su cui
calcolare lo stato di sforzo.
20
Esercizio 1.2 Calcolare gli sforzi principali nellesercizio precedente e verificare, at-
traverso il calcolo degli sforzi principali di sij le (1.37). Le direzioni principali coinci-
dono con quelle di ij ?
Esercizio 1.3 Considerando un albero del diametro d=18 mm soggetto ad una coppia
torcente di 50Nm ed un momento flettente pari a 60 Nm:
ricavare lo stato di sforzo nel punto P;
calcolare gli sforzi principali e da questi ricavare max ;
calcolare ott .
Y
P
X
Mf
Mt
21
Capitolo 2
Deformazioni e legame
sforzi-deformazioni
Si richiamano qui i concetti fondamentali dello stato di deformazione nei solidi, eviden-
ziando le diverse componenti del tensore di deformazione. Si espongono quindi i diversi
tipi di legame sforzi-deformazioni che verranno utilizzati nel corso1 .
22
u(x,y+dy,z,t)
dy
u(x,y,z,t) u(x+dx,y,z,t)
A B
dx
Figura 2.1: Spostamento u dei punti A,B e C allistante t.
u v
xy = + . (2.4)
y x
Per un solido 3D nello spazio lo stato di deformazione descritto da un totale
di sei componenti:
u v w
x = , y = , z =
x y z
(2.5)
u v v w u w
xy = + , yz = + , xz = +
y x z y z x
23
D'
D
C'
C
A A' B B'
24
Per il tensore [ij ] valgono le stesse propriet del tensore degli sforzi, in par-
ticolare esiste una terna di direzioni che identificano le direzioni dei piani sui
quali agiscono le deformazioni principali, ovvero i valori massimi e minimi che
assumono le deformazioni ii .
La ricerca delle deformazioni principali 1 2 3 pu essere effettuata
ricercando, con gli opportuni algoritmi, gli autovalori della matrice ij oppure
ricercando i valori p che soddisfano la relazione:
(xx p ) xy xz
xy (yy p ) yz =0 (2.10)
xz yz (zz p )
dove le quantit:
E = x + y + z
1
E2 = x y + x z + y z 2xy 2xz 2yz (2.12)
E3 = x y z + 2xy xz yz x 2yz y 2xz z 2xy
25
direzione delle deformazioni principali, necessario misurare le deformazioni in
tre direzioni per ricavare tutte le componenti di [ij ]3 .
Figura 2.3: Rilievo delle deformazioni in problemi paini: a) rosetta a 120 gradi; b)
rosetta -45/0/45 gradi; c) schema generale di una rosetta.
Si ottiene:
x = 190 y = 130 xy = 577
26
Per le deformazioni principali si pu applicare una formula uguale alla (1.17), in
particolare: s 2 2
x + y x y xy
1,2 = + (2.15)
2 2 2
ottenendo:
1 = 360 2 = 300
Langolo tra la direzione del riferimento principale e lasse X si calcola ancora con una
formula uguale alla (1.16):
xy
2p = tan1 (2.16)
x y
da cui si ottiene: p = 0.53232 (p = 30.5 ).
C+dC
C
y
A
B A+dA
B+dB
x
27
2.3 Variazione delle deformazioni in un continuo
- Equazioni di congruenza
In Eq.2.5 si sono ricavate le relazioni tra deformazioni e spostamenti: date 3
funzioni continue per gli spostamenti u - v - w possibile ricavare le 6 compo-
nenti delle deformazioni. E semplice immaginare che, se integrassimo le ij per
ricavare gli spostamenti, le 6 componenti di deformazioni non possano essere
indipendenti e deve esistere una certa relazione tra le componenti di deforma-
zione. Ricaveremo queste relazioni dapprima per il caso 2D e poi per il caso
3D.
Per capire meglio il concetto, prima di sviluppare le relazioni matematiche,
consideriamo dapprima una semplice interpretazione geometrica [3] (vedasi Fig.
2.5). Consideriamo un solido discretizzato in elementi (a) nella configurazione
indeformata in (b). Consideriamo ora di assegnare agli elementi una deforma-
zione e tentiamo di ricostruire il solido: in (c) gli elementi sono stati deformati
in modo da tener conto della continuit con gli elementi vicini fornendo un
campo continuo di spostamenti, mentre in (d) gli elementi sono stati deformati
individualmente senza alcun rispetto della continuit con gli elementi adiacenti.
28
con derivazioni successive possibile scrivere le relazioni:
2 x 3u 2 y 3v 2 xy 3u 3v
2
= = = +
y y 2 x x 2 x2 y xy y x x2 y
2
da cui otteniamo lequazione di congruenza (nei testi inglesi viene detta compa-
tibilit):
2 x 2 y 2 xy
2
+ 2
= (2.20)
y x xy
Tale equazione differenziale deve essere soddisfatta dalle componenti di deforma-
zione per assicurare che esistano funzioni u e v continue che possano esprimere
le deformazioni attraverso la Eq. 3.3.
29
garantendo la compatibilit. Solitamente si assume una funzione polinomiale,
per esempio per u(x, y) si adotta una funzione del tipo
u(x, y) = 1 + 2 x + 3 y + 4 xy (2.24)
u(x, y) = 1 + 2 x2 + 3 y + 4 x2 y = 1 + 2 y (2.25)
dove i valori dei coefficienti 1 e 2 dipenderanno solo dai valori assunti dagli
spostamenti nodali u1 e u2 dei nodi 1 e 2 posti agli estremi del lato in questione.
Questa considerazione vale in generale, qualsiasi sia lelemento avente i nodi
1 e 2 ai vertici di un lato, pertanto lespressione sar la stessa per lelemento
studiato e per quello adiacente avente il lato 1-2 in comune. La condizione di
compatibilit risulta allora soddisfatta.
3 2 u2
y
v
x
u 4
1 u
1
4 Il termine costante 1 deve essere presente per poter rappresentare moti rigidi.
30
2.4 Legame elastico lineare per materiali isotropi
Nei materiali solidi isotropi le deformazioni, finch non si raggiunge un livello di
sforzo vicino alla condizione di snervamento del materiale, sono funzioni lineari
degli sforzi attraverso le relazioni:
x = 1/E x (y + z )
y = 1/E y (x + z )
z = 1/E z (x + y )
2(1 + )
xy = xy (2.26)
E
2(1 + )
yz = yz
E
2(1 + )
xz = xz
E
E
dove E il modulo di Young, il modulo di Poisson e G = 2(1+) il modulo
di elasticit tangenziale. Nella sezione 2.5 (che verr aggiunta per gli studenti
2010/11) si esaminer il legame di Hooke generalizzato. Nel seguito di questa
sezione si esaminano alcune applicazioni e conseguenze delle (2.26).
Esempio 2.3 Dato un recipiente sottile in acciaio chiuso ai fondi (ai fini di questo
problema non rilevante la forma dei fondi) di diametro D=400 mm e spessore s=5
mm soggetto alla pressione interna p=10 [MPa], ricavare lo spostamento radiale del
fasciame cilindrico del recipiente.
y = z
1 1 2
z = (z 2 z ) = z
E E
31
z
z
materiale
y
stampo
d 2 1+
E xy 2xy
=0 tan 2p = 1+ =
d E ( x y ) (x y )
ovvero in campo elastico lineare la direzione degli sforzi principali coincide con
la direzione delle deformazioni principali. Questo risultato generalizzabile a
qualsiasi problema elastico lineare con materiale isotropo.
32
Esempio 2.5 Si consideri lo stato di deformazione dellesempio 2.2: calcolare gli sfor-
zi principali.
33
2.5 Legame sforzi-deformazioni in campo elastico
2.5.1 Convenzione degli indici ripetuti
Prima di introdurre il legame sforzi-deformazioni in campo elastico opportuno
ricordare la convenzione degli indici ripetuti.
In unespressione la presenza di un indice ripetuto sottointende il simbolo di
sommatoria:
n
X
ai xi = ai xi = a1 x1 + a2 x2 + a3 x3 + . . . ai xi + . . . an xn (2.30)
i=1
dove lindice ripetuto k deve essere inteso, vedi Eq.(2.30), come sommatoria:
a1k bk1 a1k bk2 a1k bk3
a2k bk1 a2k bk2 a2k bk3 =
a3k bk1 a3k bk2 a3k bk3
a11 b11 + a12 b21 + a13 b31 a11 b12 + a12 b22 + a13 b32 a11 b13 + a12 b23 + a13 b33
a21 b11 + a22 b21 + a23 b31 a21 b12 + a22 b22 + a23 b32 a21 b13 + a22 b23 + a23 b33
a31 b11 + a32 b21 + a33 b31 a31 b12 + a32 b22 + a33 b32 a31 b13 + a32 b23 + a33 b33
(2.35)
che, come facile dimostare, uguale al prodotto tra due matrici [A] e [B].
34
2.5.2 Legge di Hooke generalizzata
Utilizzando la convenzione degli indici ripetuti possibile esprimere la legge di
Hooke generalizzata che stabilisce il legame elastico tra le componenti di sforzo
e quelle di deformazione:
ij = ji (2.38)
e quindi:
35
riducendo il numero di costanti indipendenti a 81 9 = 72.
Le stesse relazioni possono anche essere scritte per:
C13kl kl = C31kl kl
(2.43)
C23kl kl = C32kl kl
11 1 22 2 33 3
(2.46)
23 4 13 5 12 6
Allo stesso modo il tensore delle deformazioni pu essere scritto come:
36
1 11 11
2 22 22
3 33 33
4 = 223 = 23
[] = (2.47)
5 213 13
6 212 12
dove stata introdotta anche la notazione ingegneristica dello scorrimento an-
golare ij .
Con questa notazione il tensore del quarto ordine Cijkl , formato dai 36
moduli di resistenza, diventa una matrice 6 6:
2W 2W
= Cji = = Cij = Cij = Cji (2.51)
i j j i
che porta a concludere che la matrice di rigidezza simmetrica, riducendo
ulteriormente il numero di costanti indipendenti a 21:
C11 C12 C13 C14 C15 C16
C12 C22 C23 C24 C25 C26
C13 C23 C33 C34 C35 C36
Cij = (2.52)
C14 C24 C34 C44 C45 C46
C15 C25 C35 C45 C55 C56
C16 C26 C36 C46 C56 C66
37
In maniera analoga si pu definire la matrice di cedevolezza [S]:
Piano di simmetria
Si ipotizzi che il materiale abbia un comportamento simmetrico rispetto al piano
x1 x2 , vedi Figura 2.8.
Piano di simmetria materiale (1) 26
x3
33 33
32 32
23 23
31 31
22 22 x2
x2
13 13
21 21
12 12
11 11
x3
1 0 0
R = Piano
Figura 2.8: simmetria materiale.
0 1 0di
0 0 1
Si pu definire la matrice di rotazione per passare dal sistema di riferimento
xi al sistema x0i :
1 0 0
T = 0 1 0 (2.55)
0 0 1
38
ottenendo:
[ 0 ] = [T ] [] T T =
0 0 0
11 12 13 1 0 0 11 12 13 1 0 0
0
12 0 0
22 23 = 0 1 0 12 22 23 0 1 0 =
0 0 0
13 23 33 0 0 1 13 23 33 0 0 1
0 0 0
11 12 13 11 12 13
0
12 0 0
22 23 = 12 22 23
0 0 0
13 23 33 13 23 33
(2.56)
e pasando alla notazione vettoriale, Eq.(2.45) e Eq.(2.46):
0 0
1 11 11 1
20 22 0
0 0 22 2
3 33 33 3
0 = 0 =
4 23 23 = 4 (2.57)
0 0
5 13 13 5
60 0
12 12 6
Lo stesso procedimento pu essere esteso alle deformazioni, ottenendo:
0
1 1
02 2
0
3 3
0= (2.58)
4 4
0
5 5
06 6
Introducendo la matrice di rigidezza si pu scrivere:
i0 = Cij
0 0
j = i0 = Ci1
0 0 0 0
1 + Ci2 0 0
2 + Ci3 0 0
3 + Ci4 0 0
4 + Ci5 0 0
5 + Ci6 6 (2.60)
nel sistema di riferimento x0i .
Considerando per esempio i = 1 si ottiene:
10 0 0
= C11 0 0
1 + C12 0 0
2 + C13 0 0
3 + C14 0 0
4 + C15 0 0
5 + C16 6
0 0 0 0 0 0
= C11 1 + C12 2 + C13 3 C14 4 C15 5 + C16 6 (2.62)
= C11 1 + C12 2 + C13 3 C14 4 C15 5 + C16 6
39
Ricordando infine che 1 = 10 , vedi Eq.(2.57), si ottiene:
C14 = C14
(2.63)
C15 = C15
che presenta come unica soluzione C14 = C15 = 0.
Allo stesso modo si pu dimostrare che:
Asse di simmetria
Materiale trasversalmente isotropo 32
x3 x3
x2 Materiale trasversalmente isot
asse di simmetria rotazionale x
x2
x1
x1
C112.9:CAsse
Figura 12
diC
simmetria.
12 0 0 0
C C C
21 22 23 0 0 0
C12 C23
40 C22 0 0 0
5 moduli di rigid
C22 C23
0 0 0 0 0
2
0 0 0 0 C66 0
0
0 0 0 0 C66
Con procedimento analogo al precedente si pu dimostare che nel caso di
materiale che presenta una simmetria rispetto ad una asse di rotazione x1 , vedi
Fig.(2.9), il numero di costanti indipendenti della matrice di rigidezza si riduce
a 5:
C11 C12 C12 0 0 0
C12 C22 C12 0 0 0
C12 C12 C33 0 0 0
Cij =
C22 C33
(2.67)
0 0 0 2 0 0
0 0 0 0 C66 0
0 0 0 0 0 C66
41
12
21
=
E E1
2
13
31
= (2.70)
E3 E1
23 32
=
E2 E3
Allo stesso modo la matrice di rigidezza pu cos essere scritta come:
dove:
(1 12 21 23 32 13 31 221 32 13 )
= (2.72)
E1 E2 E3
42
1+
ij = ij kk ij (2.75)
E E
dove:
kk = 11 + 22 + 33 (2.76)
e ij rappresenta il delta di Kronecker:
1 se i=j
ij = (2.77)
0 se i 6= j
E possibile anche introdurre la notazione tensoriale:
dove:
E
G= (2.81)
2 (1 + )
Anche in questo caso possibile introdurre la notazione indiciale:
E E
ij = ij kk ij (2.82)
1+ (1 + )(1 2)
dove:
43
E E
Cijkl = ij kl + (ik jl + jk il ) (2.85)
(1 + )(1 2) 2(1 + )
44
2.6 Appendice
E utile scrivere le relazioni tra spostamenti e deformazioni nei riferimenti, di-
versi da quello cartesiano finora adottato, cilindrico e sferico. Tali relazioni
verranno utilizzate nei capitoli successivi per la soluzione di alcuni problemi re-
lativi allo stato di sforzo.
Detti (u, v, w) gli spostamenti nelle direzioni (r, , z), le deformazioni si espri-
mono come:
u 1 v w
= , = + u , z =
r
r r z
1 u v v
r = r + r r
(2.86)
w u
rz = +
r r
v 1 w
z = +
z r
Detti (u, v, w) gli spostamenti nelle direzioni (r, , ) (dove misura langolo
tra il raggio considerato e la direzione positiva dellasse z) , le deformazioni si
esprimono come:
u 1 v 1 w
= , = + u , = + u sin + v cos
r z
r r r sin
1 u v v
r = r + r r
w w 1 u
r = +
r r r sin
1 w v
= sin w cos +
r sin
(2.87)
45
Parte II
Problemi elastici
46
Capitolo 3
Soluzione analitica di
problemi elastici piani
Si illustra la soluzione di una serie di problemi elastici importanti sulla base del potenziale
di Airy. Questo tipo di analisi sono sono dello stesso tipo di quelle adottate per le lastre
piane e lo stato di sforzo allapice di fratture 1 .
dove tx , ty sono le componenti delle forze di superficie applicate bordo del solido
e nx , ny sono le componenti del versore che definisce la direzione della normale al
bordo. Risolvere lo stato di sforzo nel solido significa ricavare le tre componenti
incognite con le condizioni gi viste:
47
(a) (b)
equazioni di equilibrio:
x xy
+ =0
x y
(3.2)
y
xy + =0
x y
legame sforzi-deformazioni
1 2(1+)
x = E (x y ), y = E1 (y x ), xy = E xy
(3.3)
z = E (x + y ) xz = yz = 0
Sembra ragionevole pensare che nella membrana bidimensionale che stiamo con-
siderando gli spostamenti u, v siano funzione solo delle variabili x ed y e che
non vi sia alcuno spostamento w fuori dal piano: nella realt z 6= 0 e quindi la
membrana varia di spessore da punto a punto.
48
Questo tipo di stato di deformazione corrisponde a quello di un solido in cui
le dimensioni del corpo lungo z fanno s che le sezioni (perpendicolari allasse
z) si mantengano piane. Se come in Fig.3.1(b) il corpo vincolato lungo z, la
deformazione impedita e z = 0 2 . Dalle Eq.2.5 si ricava che in tale condizione:
z = (x + y ) (3.4)
Il legame sforzi-deformazioni risulta quindi:
1 2
x = x y
E 1
1 2
(3.5)
y = y x
E 1
2(1 + )
xy = xy , xz = yz = 0
E
Lo stato di deformazione piana quindi corrispondente allo sforzo piano con le
posizioni (come gi visto anche nellesempio 2.4):
E
E = , = (3.6)
1 2 1
3.1.3 Soluzione
Se ricordiamo la Eq. (2.20) di congruenza:
2 x 2 y 2 xy
2
+ 2
=
y x xy
esprimendo le deformazioni in termini degli sforzi si ottiene:
2 2 2 xy
( x y ) + ( y x ) = 2(1 + )
y 2 x2 xy
Derivando rispetto a x e y le equazioni di equilibrio e facendo la somma di tali
derivate si ottiene:
2 x 2 y 2 xy
+ = 2 (3.7)
x2 y 2 xy
Introducendo tale equazione in quella precedente finalmente possibile riscrivere
la Eq.(2.20) come: 2
2
+ 2 (x + y ) = 0 (3.8)
x2 y
Questa equazione, insieme con le equazioni al contorno, permette di risolvere in
forma chiusa dei problemi elastici 2D. Lulteriore importante osservazione che
x + y deve essere una funzione armonica indipendente dalle caratteristiche del
materiale.
2 Se non vi fossero vincoli la condizione = c si pu ottenere facilmente sovrapponendo
z
allo stato di sforzo corrispondente a z = 0 uno sforzo uniforme che annulli la risultante degli
sforzi in z.
49
3.2 Funzione di Airy
Un modo particolarmente efficace di trovare soluzioni per problemi elastici 2D fu
proposto da Airy [1] che formul che la soluzione potesse essere trovata tramite
una funzione = (x, y) detta funzione di sforzo tale che:
2
=
x
y 2
2
y = (3.9)
x2
2
xy =
xy
Introducendo tali posizioni, che soddisfano le condizioni di equilibrio, nella
Eq.(3.8) si ottiene:
4 4 4
+ 2 + =0 (3.10)
x4 x2 y 2 y 4
ovvero la funzione deve essere biarmonica. Questo semplifica la ricerca del-
la soluzione dei problemi elastici in quanto esistono dei metodi per costruire
funzioni biarmoniche [5]. Nel seguito esaminiamo alcuni semplici esempi.
50
ovvero la descrive una membrana soggetta a flessione semplice.
L L
Figura 3.2: Semipiano indefinito caricato da una pressione tipo cos kx.
d4 f 2
2d f
2k + k4 f = 0 (3.17)
dy 4 dy 2
la cui soluzione del tipo:
51
Si pu facilmente verificare come lo stato di sforzo diminuisca rapidamente al-
linterno del semipiano elastico (ad esempio risulta y (x, L) = 0.0140 cos kx),
confermando il principio di Saint-Venant.
dove: a
qa 1 mx 2q sin(ma/L)
Z
A0 = Am = q cos dx =
L L a L m
La che risolve il problema conterr un termine in x2 e dei termini come quelli
della Eq.(3.16) per ognuna delle m armoniche. Lo stato di sforzo [1] y risulta:
qa X sin a (c cosh c + sinh c) cosh y y sinh y sinh c
y = cos x
L m=1 m sinh 2c + 2c
(3.21)
in cui = m/L.
Se immaginiamo il caso di una barretta caricata da una forza P concentrata
si pu utilizzare la stessa soluzione immaginando che a 0 e qa = P/2. In
particolare la distribuzione di sforzo y nella barretta appare quasi uniforme
gi ad una distanza pari alla larghezza della barretta, similmente ai risultati gi
ottenuti con lo smorzamento delle tensioni nel semipiano elastico, in accordo al
principio di Saint-Venant.
52
a a
y
c
x
c
L L
L L
(a) (b)
53
3.3 Problemi in coordinate polari
E interessante applicare la metodologia di soluzione di Airy a problemi ela-
stici in coordinate polari: vediamo dapprima come si esprimono le equazioni
fondamentali in coordinate polari e poi vedremo alcune soluzioni in termini di
funzione di sforzo. Il legame tra spostamenti e deformazioni in coordinate polari
:
ur ur u ur u u
r = , = + , r = + (3.22)
r r r r r r
Il legame tra sforzi e deformazioni simile a quello delle coordinate rettangolari:
1 1 2(1 + )
r = (r ), = ( r ), xy = r (3.23)
E E E
Le condizioni di equilibrio in coordinate polari risultano:
r 1 r r
+ + + br = 0
r r r
(3.24)
1 r r
+ +2 + b = 0
r r r
Se cerchiamo di esprimere la Eq.(3.8) in coordinate polari conviene prima di
tutto scrivere le componenti di sforzo nel nuovo sistema di riferimento. Dalle
Eq.(1.9) si ottiene (scrivendo in funzione dellangolo 2 3 ):
x + y x y
r = + cos 2 + xy sin 2
2 2
x + y x y
= cos 2 xy sin 2 (3.25)
2 2
r = x y sin 2 + xy cos 2
2
Da tali equazioni si pu facilmente verificare che:
x + y = r +
3 ricordando che cos2 = (1 cos 2)/2, sin2 = (1 + cos 2)/2 e 2 sin cos = sin 2
54
La funzione di Airy in coordinate polari una funzione tale che:
2
r = 1 +
r r r 2
2
2
= (3.28)
r2
2
r = 1 1
r2 r r
Con tali posizioni, che soddisfano le condizioni di equilibrio, la (3.27) diventa:
2
2
2
2
+ + + + =0 (3.29)
r2 rr r2 2 r2 rr r2 2
Problemi assialsimmetrici
Consideriamo ora un sottoinsieme di problemi elastici piani: i problemi elastici
nei quali lo stato di sforzo e deformazione non dipende da (lo sforzo e defor-
mazione uguale per ogni e possiamo quindi dire che ogni piano radiale di
simmetria). In tali condizioni lunico campo di spostamento ur e le Eq.(3.22)
si semplificano in:
ur ur
r = = r = 0 (3.30)
r r
Immaginiamo per i problemi assialsimmetrici una funzione di sforzo = (r),
in tal caso lequazione biarmonica diventa una equazione differenziale:
2 2
d 1 d d 1 d
+ + (3.31)
dr2 r dr dr2 r dr
55
S
S 2a S
Figura 3.5: Membrana forata soggetta ad uno sforzo remoto S biassiale (S, S, 0)
anche imponendo che il campo di spostamenti del problema in esame (come in questo caso)
sia assialsimmetrico.
56
S
2a
Esempio 3.1 Si pu arrivare allo stesso risultato immaginando che lo stato di sforzo
di Fig. 3.6 sia la sovrapposizione di due stati di sforzo qui di seguito rappresentati, di
cui il primo uno stato di sforzo biassiale uniforme.
S S
S S S S
S
2a 2a
S S
(a) (b)
Figura 3.7: Membrana forata soggetta a carico assiale come sovrapposizione di:
a) sforzo uniforme; b) sforzo (S, S, 0).
57
3.3.3 Membrana forata soggetta a taglio
Consideriamo la membrana forata indefinita gi esaminata soggetta ad uno
sforzo remoto (0, 0, S):
x = 0 y = 0 xy = S
S
S
B S
A
2a
2a
S
(a) (b)
Figura 3.8: Membrana forata soggetta a taglio: a) sforzo (0, 0, S); b) sforzo in
coordinate polari ( evidenziato lo stato di sforzo per = /4).
58
Le componenti di sforzo risultano:
6C 4D
r = 2A + + sin 2
r4 r2
6C
= 2A + 12Br2 + 4 sin 2
r
6C 2D
r = 2A 6Br2 + 4 + 2 cos 2
r r
Imponendo le condizioni al contorno:
( (
r = S sin 2 per r A = S/2
r = S cos 2 per r B=0
e: ( (
r (a) = 0 D = Sa2
r (a) = 0 C = Sa4 /2
Lo stato di sforzo nella membrana risulta quindi:
a4 a2
= S 1 + 3 4 sin 2
r
r4 r2
a4
= S 1 + 3 ) sin 2 (3.39)
r4
4 2
r = S 1 3 a + 2 a cos 2
r4 r2
Se analizziamo lo stato di sforzo nei punti A ( = /4) e B ( = 3/4) sul bordo
del foro otteniamo:
(a, ) = 4S
4
(a, 3 ) = 4S
4
Considerando lo stato di sforzo remoto (di trazione per = /4 e di compres-
sione per = 3/4), ne possiamo concludere che uno sforzo remoto tangenziale
provoca sul bordo del foro un fattore di concentrazione degli sforzi Kt = 4 in
corrispondenza delle direzioni degli sforzi principali.
59
I
y
r
A
S II S
B x
2a
60
Se consideriamo la sezione I I, che passa per il centro del foro e corrisponde
a = /2, gli sforzi dalla (3.42) risultano (Fig. 3.10):
2
a4
3 a
r = S 2 4
2 r r
2
a4
1 a (3.44)
= S 2 + 2 + 3 4
2 r r
r = 0
E facile vedere il carattere locale della concentrazione di sforzo in quanto
decresce molto rapidamente e tende allo sforzo S. Gi per r/a = 5 si ottiene
= 1.02S e quindi a partire da una tale distanza leffetto del foro trascurabile.
3
!" / S
!r / S
2.5
2
!"/ S, !r/ S
1.5
0.5
0
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10
r/a
61
1
!" / S
0.8 !r / S
0.6
0.4
0.2
!"/ S, !r / S
0.2
0.4
0.6
0.8
1
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10
r/a
0.5 S
0.5 S
0.5 S 0.5 S
0.5 S 0.5 S
0.5 S 0.5 S
(a) (b)
Figura 3.12: Membrana forata soggetta a carico assiale come sovrapposizione di:
a) sforzo (0.5S, 0.5S, 0); b) sforzo (0.5S, 0.5S, 0).
e nel punto B:
= 2 (0.5S) 4 (0.5S) = S
Lo stato di sforzo lungo le linee I e II pu altres essere ottenuto sovrapponendo
r e dei due casi.
62
3.3.5 Carico concentrato su un semispazio elastico
Data una membrana caricata da una forza concentrata P (P una forza per unit
di lunghezza poich ripartita sullintero spessore della membrana di spessore
unitario, Fig. 3.13), possibile calcolare in modo semplice la distribuzione di
sforzo esatta nella membrana. Poich per r lo sforzo deve annullarsi
facile immaginare (anche dal punto di vista dimensionale) che le componenti di
sforzo debbano essere espressi da relazioni del tipo:
P
ij (r, ) = gij () (3.46)
r
Se ipotizziamo una funzione di sforzo del tipo:
= rP f () (3.47)
d2 f d4 f
f +2 + =0 (3.48)
d2 d4
la cui soluzione :
Poich i termini in sin e cos non danno contributi agli sforzi (essendo x =
r cos ed y = r sin ) e cerchiamo una soluzione tale che r sia simmetrica
rispetto a = 0, se ne ricava che la funzione di sforzo sar:
63
La costante C si ricava imponendo che lungo una semicirconferenza di raggio r
vi sia equilibrio alla traslazione in x:
Z /2
r cos rd = P (3.52)
/2
= 2P cos
r
r (3.53)
= r = 0
ovvero la forza P da origine solo a degli sforzi radiali mentre le altre componenti
di sforzo sono nulle. E importante annotare come lo stato di sforzo sia sin-
golare, ovvero per r 0 r : tuttavia in un componente vero a mitigare
questa singolarit interviene la non-linearit del contatto (se immaginiamo ad
esempio il contatto di una superficie cilindrica di raggio qualunque sul semipia-
no elastico, il contatto idealmente puntiforme come in Fig.3.13 ma gli sforzi
fanno deformare le superfici a contatto facendo aumentare larea di contatto)
ed eventualmente la plasticizzazione localizzata nella zone di applicazione del
carico.
Se calcoliamo le componenti di sforzo nel riferimento X Y di Fig. 3.13 ad
una distanza h dal bordo della membrana otteniamo:
2P cos3 2P
2
x = r cos = = cos4
r h
2P 2
y = sin2 = sin cos2 (3.54)
h
= sin cos = 2P sin cos3
xy r
h
Landamento di tali sforzi riportato in Fig.3.15: si nota come gli sforzi (il cui
valore massimo inversamente proporzionale ad h) decrescano rapidamente con
la distanza dalla retta di applicazione del carico.
64
0.4
"x
0.2 "y
#xy
0
0.2
2P/(! h)
0.4
0.6
0.8
1
5 4 3 2 1 0 1 2 3 4 5
y/h
Figura 3.14: Sforzi per un carico localizzato ad una distanza h dal bordo del
semipiano.
P
y
45 45 h
h h
*x
x
65
3.4 Esercizi
Esercizio 3.1 Consideriamo a contatto due corpi rugosi (rugosit con una lunghezza
donda L = 20 [m]): immaginiamo che la pressione di contatto p che si scambiano i
due corpi sia descrivibile come sovrapposizione di una componente costante pi una
componente sinusoidale. A quale profondit dalla superficie non si risente pi della
distribuzione non uniforme della pressione ?
Esercizio 3.2 Data una membrana forata soggetta allo stato di sforzo (espresso in
MPa) (100, 60, 50). Calcolare: i) landamento dello sforzo sul bordo del foro; ii) i
valori massimi e minimi dello sforzo ; iii) le direzioni per le quali massimo cosa
rappresentano per il tensore [ij ] dello stato di sforzo remoto ?
Esercizio 3.3 Data una membrana forata soggetta allo stato di sforzo generico (Sx , Sy , 0)
ricavare unespressione analitica della concentrazione di sforzo nei punti A e B (vedasi
Fig.3.9) al variare della biassialit = Sx /Sy .
66
Capitolo 4
Intagli e concentrazione di
sforzo
Si riprendono alla luce del Cap. 2 i concetti di coefficiente dintaglio, gi esposti nel
Corso di Costruzione di Macchine 1, illustrando il concetto di ellisse equivalente e come
si possano applicare a problemi reali i dati/grafici dei coefficienti dintaglio disponibili in
letteratura per geometrie semplificate 1 .
1a cura di S. Beretta
67
Figura 4.1: Coefficiente dintaglio in una membrana forata di dimensioni finite [7].
della lastra:
nom = (4.2)
H d
ed il coefficiente dintaglio Kt pu essere approssimato con la formula [7] (otte-
nuta come interpolazione di risultati sperimentali):
3
d
Kt = 2 + 1 (4.3)
H
Se il coefficiente dintaglio viene invece riferito alla sezione lorda - Kt,g - la con-
centrazione di sforzo tende invece a salire, perch allaumentare delle dimensioni
del foro si riduce sempre di pi la sezione minima e lo sforzo nominale tende ad
innalzarsi rispetto allo sforzo remoto . In particolare:
Kt
Kt,g = (4.4)
(1 d/H)
Leffetto della superficie libera su Kt,g simile a quello che si ritrover sul fattore
di forma per esprimere il SIF allapice delle fratture.
68
4.2 Membrana con foro ellittico
Nel caso di una membrana di dimensioni indefinite contenente un foro ellittico
di semiassi a, b e soggetta ad uno sforzo remoto (in direzione y), lo stato di
sforzo pu essere espresso in diverse formulazioni abbastanza complicate. Quello
che qui ci interessa annotare che lo sforzo tangente al foro in A risulta:
2a
A = 1 + (4.5)
b
Esempio 4.1 Si consideri una membrana indefinita soggetta ad uno sforzo di 100
[MPa] contenente un foro ellittico delle dimensioni 20, 10 [mm]: valutare la concen-
trazione di sforzo al variare della giacitura della cavit (asse maggiore orizzontale o
69
verticale).
La Eq. (4.7) mostra come per 0 (come nel caso di una cavit ellittica che
si assottiglia fino a diventare una frattura) lo stato di sforzo diventi singolare
con A . Nel caso di fratture abbandoneremo il Kt ed analizzeremo lo
stato di sforzo (per eseguire le verifiche di resistenza) sulla base del SIF (Stress
Intensity Factor ), un parametro che descrive lintensit del campo di sforzo
singolare allapice della frattura.
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Figura 4.3: Foro di forma romboidale [8].
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3++$*73!
! 70
Consideriamo ad esempio il caso della cavit romboidale di Fig. 4.3 in una
membrana soggetta allo sforzo remoto . Per stimare il coefficiente dintaglio
nel punto A immaginiamo unellisse che abbia la stessa larghezza della cavit
ed lo stesso raggio di raccordo A . Il coefficiente dintaglio pu essere stimato
come:
a
r
Kt,A = 1 + 2
A
! !!
"
"!
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Figura 4.4: Intaglio sul bordo di una membrana [8].
Esempio 4.2 Si consideri un intaglio semicircolare sul bordo di una membra: stimare
il coefficiente dintaglio.
Adottando in questo caso la Eq.(4.7) risulta: Kt,A = 3. Il valore vero del coefficiente
dintaglio Kt = 3.06 [7]. La ragione per cui questa concentrazione di sforzo molto
71
simile a quella di un foro che nellintaglio semicircolare sul bordo manca, rispetto
alla membrana forata, la presenza degli sforzi : il loro effetto modesto in A giacch
hanno una risultante nulla (lo stesso vale per una cavit semi-ellittica).
2r
A
Figura 4.7: Intagli multipli [7]: a) piccolo intaglio semicircolare al bordo di un foro;
b) schematizzazione dellintaglio.
72
In casi come questo in cui le dimensioni geometriche di un intaglio sono molto
minori di quelle dellaltro si pu ragionare in questo modo:
lo stato di sforzo indotto dal foro Kt1 = 3;
lo stato di sforzo indotto dal piccolo intaglio semicircolare non in gra-
do di perturbare la distribuzione di sforzo intorno al foro grande e di
conseguenza lintaglio investito da uno sforzo pari a Kt1 ;
lintaglio approssimabile allintaglio semicircolare al bordo di una mem-
brana semi-infinita e caratterizzato da Kt2 = 3.06.
In conseguenza dei punti precedenti la concentrazione di sforzo al bordo dellin-
taglio risulta:
Kt1,2 = Kt1 Kt2 = 9.18
Un altro caso simile quello di un foro al fondo di uno spallamento o la gola di
un albero: considerando un albero con un foro piccolo al fondo di una gola (come
si verifica per i fori di lubrificazione in alberi motore) soggetto a torsione, detto
Kt,tors il coefficiente dintaglio a torsione dellalbero, al bordo del foro si ha Kt =
4Kt,tors . Nel caso invece di intagli di dimensioni simili le considerazioni semplici
Figura 4.8: Intagli multipli [7]: albero con un foro piccolo al fondo di una gola in
cui il Kt ricavabile tramite moltiplicazione dei coefficienti dintaglio.
73
(a) (b)
Figura 4.9: Intagli multipli costituiti da geometrie di dimensione simile non risol-
vibili con la moltiplicazione dei coefficienti dintaglio: a) foro con intagli ellittici; b)
albero con gola doppia.
74
considerando una membrana sottile cui siano applicati un carico assiale ed una
coppia flettente, detti:
max,1 = Kt,1 nom,1 max,2 = Kt,2 nom,2
gli sforzi massimi dovuti rispettivamente a P ed M , lo sforzo al fondo dellinta-
glio risulta:
max = max,1 + max,2 = Kt,1 nom,1 + Kt,2 nom,2 (4.8)
Nel caso di componenti soggetti a carichi che provocano componenti sforzo di-
verse al fondo di un intaglio, come nel caso di un albero soggetto a carichi che
inducono sforzi normali (azione assiale P e coppia flettente M ) e sforzi di taglio
(una coppia torcente T ), si sovrappongono gli effetti e si ricorre quindi ad un
opportuno criterio di cedimento (statico o fatica) per lo stato di sforzo composto
come mostrato nel successivo esempio.
Per effetto dellazione assiale (Kt = 2.70) lo sforzo massimo max,P = 38.18 [MPa]
e per effetto del momento flettente (Kt = 2.45) lo sforzo massimo max,M = 225.65
[MPa]: lo sforzo normale massimo al fondo della gola quindi max = 263.83 [MPa].
Lo sforzo tangenziale massimo (Kt = 1.75) max = 40.28 [MPa].
Essendo in prima approssimazione uno stato di sforzo piano (trascurando le com-
ponenti circonferenziali dello sforzo normale) la sollecitazione di confronto si calcola
come: p
= max 2 + 3 max
2 = 272.89 [MPa]
75
Capitolo 5
Problemi assialsimmetrici
Si considera una classe particolare di problemi assialsimmetrici, molto comuni nelle appli-
cazioni meccaniche. A questa classe di problemi appartengono dischi e cilindri soggetti a
pressioni radiali e a effetti di forze centrifughe dovute a rotazione con velocit angolare
costante 1 .
r
d
dr
r
Fr
r+ dr
X
(a) (b)
76
isolato in coordinate cilindriche agisce, oltre agli sforzi di superficie, anche la
forza di massa per unit di volume Fr .
Scrivendo la condizione di equilibrio in direzione radiale (lunica non identi-
camente soddisfatta) si ha:
d dr
r rddz+(r +dr)(r+dr)ddz2 drsin dz+FR r + ddrdz = 0
2 2
(5.1)
Sviluppando e trascurando gli infinitesimi di ordine superiore al terzo e dividen-
do per dz d si ricava:
r dr + dr r dr + FR rdr = 0
dr
r + r + FR r = 0
dr
Infine lequazione di equilibrio in direzione radiale si scrive:
d
(r r) + FR r = 0 (5.2)
dr
Una porzione di materiale (come nella Fig. 5.1(a)(a)) sottesa dallangolo d
pu solo muoversi in direzione radiale con uno spostamento u. Considerando le
componenti di deformazioni di tale caso, nellesempio 2.1 avevamo ottenuto le
Eq. (2.1):
du u
r = =
dr r
che possiamo combinare in:
d( r) du
= = r
dr dr
per ottenere lequazione di congruenza:
d( r)
r = 0 (5.3)
dr
Alla equazione di congruenza si devono aggiungere le condizioni al contorno e
la legge costitutiva del materiale cos espressa dalle relazioni termoelastiche:
1
r = [r ( + z )] + T (r)
E
1
= [ (r + z )] + T (r) (5.4)
E
1
z = [z (r + )] + T (r)
E
Si introduce a questo punto la funzione di sforzo 0 (r) che diventa lincognita
del problema, essa rende identicamente soddisfatta lequazione di equilibrio. In
questo caso si pone:
r r = 0
d0 (5.5)
= + FR r
dr
77
La funzione 0 si determina mediante lequazione di congruenza espressa in
termini di sforzo attraverso la legge costitutiva. Considerando quanto gi visto
nel Cap. 4, si pu dire che la funzione 0 la derivata del potenziale di Airy.
z = rz = z = 0 (5.6)
Indicando con la densit del materiale, la forza di massa per unit di volume
Fr = 2 r (5.7)
e le relazioni termoelastiche sono:
1
r = (r ) + T (r)
E
1
= ( r ) + T (r)
E (5.8)
z = (r ) + T (r)
E
pi
pe
78
in funzione degli sforzi ed introducendole nellequazione di congruenza (5.3) si
ottiene:
r d d 1 1
( r ) + r T (r) + ( r ) (r ) = 0
E dr dr E E
dr dr dT
r r + + r r +Er =0
dr dr dr
Introducendo gli sforzi, espressi attraverso la funzione di sforzo 0 , si ha
d2 (0 ) d(0 ) dT
r2 + r 0 = 2 r3 (3 + ) Er2 (5.9)
dr2 dr dr
che unequazione differenziale lineare completa di Eulero. Per la ricerca
dellintegrale generale dellomogenea associata si pone:
(0 )0 = r
da cui:
d(0 )0
= r1
dr
d2 (0 )0
= ( 1) r2
dr2
Sostituendo si ottiene:
r2 ( 1) r2 + r r1 r = 0 r [ ( 1) + 1] = 0 (5.10)
1 = 1 2 = 1 (5.11)
79
Ricordando il legame tra la 0 e gli sforzi definito mediante la funzione del Airy,
si ricava infine
Z r
0 C2 3+ 1
r = = C1 + 2 E 2 T r dr (5.15)
r r 8 r k
Z r
dF C2 1 + 3 1
= + Rr = C1 2 +E 2 T r dr E T (5.16)
dr r 8 r k
Se T (r) = costante, gli integrali si spezzano nella somma di un termine costante
e di uno in r2 che si conglobano in C1 e in C2 . Solo se la temperatura non
uniforme ci sono sforzi termici.
r = C 1 = C1
2 Si poteva anche arrivare alla stessa conclusione considerando che per r = 0 deve essere
r = .
80
pe
pe pe
pe
pe
r = pe
(5.19)
= pe
con uno stato di sforzo piano idrostatico (nel piano) come indicato nella figu-
ra 5.3.
Disco forato
Nel caso in cui il disco sia forato necessario scrivere le condizioni sia sul
contorno interno sia su quello esterno:
C2
r = pi per r = ri pi = C1 +
r2
C2
r = pe per r = re pe = C1 + 2
r
Si ricava
pi ri2 pe re2 (pe pi ) ri2 re2
C1 = C2 = (5.20)
re2 ri2 re2 ri2
81
2
r/pi
1.5 /pi
1 a=2
a=2.5
a=3
/pi
0.5
1
0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7 0.8 0.9 1
(rri)/(reri)
re
Nel caso di sola pressione esterna (pi = 0), indicando con a = , si ha:
ri
a2
2
ri
r = p e 1 ovunque di compressione
a2 1 r2
(5.22)
a2
2
r
= p e 2 i2 1 ovunque di compressione
a 1 r
2 a2
r = 0 e = pe (5.23)
a2 1
e nel caso di foro molto piccolo (ri 0 rispetto alle dimensioni esterne del
disco) si ha3 :
lim = 2 pe
ri 0
82
Allestradosso si ha:
a2 + 1
r = pe e r = pe (5.24)
a2 1
Si osserva che | | sempre maggiore di pe e tende a pe per re . Va anche
annotato come i valori degli sforzi non dipendono dalle dimensioni assolute del
disco ma dal rapporto a = re /ri .
Nel caso della sola pressione interna (Fig. 5.4) con pe = 0 si ha:
a2 ri2
pi
r = 2 1 2 ovunque di compressione
a 1 r
(5.25)
a2 ri2
pi
= 2 1+ 2 ovunque di trazione
a 1 r
Allintradosso dove massima si ha:
r = pi
a2 + 1 (5.26)
= pi > pi
a2 1
In questo caso la sempre maggiore di pi e tende a pi per re o per
ri 0. Allestradosso si ha
r = 0
2 pi
= 2
a 1
32 + 1 355
= pi ( + 1) = (5.29)
32 1 1.2
da cui pi,max = 132 MPa, r =-132 MPa, = 165 MPa e = 297 MPa.
83
5.2.2 Disco rotante a costante
Le espressioni degli sforzi sono:
C2 3+ 2 2
r = C 1 + r
r2 8
C2 1 + 3 2 2
= C 1 2 r
rp 8
e la dilatazione lungo z :
1+
z = (r + ) = 2C1 2 r2
E E 2
Disco pieno
Nel caso del disco pieno, se la superficie esterna scarica, si ha:
r = per r=0
r = 0 per r = re
e si ottiene:
3+ 2 2
C1 = r C2 = 0
8
Con questi valori delle costanti le espressioni degli sforzi diventano:
3+
r = 2 (re2 r2 ) ovunque di trazione
8 (5.30)
3+ 1 + 3
= 2 re2 2 r2 ovunque di trazione
8 8
Al centro del disco, per r = 0,
3+
r = = 2 re2
8
e nel caso di = 0.3: r = = 0.412 2 re2 .
Alla periferia del disco, per r = re , si ottiene:
r = 0
1
= 2 re2
4
La deformazione assiale z risulta variabile con r:
2 3+ 2 1+ 2
z = re r
E 4 2
84
0.5
r/( 2 r2e)
0.4 /( 2 r2e)
0.3
/( 2 r2e)
0.2
0.1
0
0 0.2 0.4 0.6 0.8 1
r/re
(a) (b)
Esempio 5.2 Si consideri un disco pieno in acciao ( = 7800kg/m3 ) rotante con ve-
locit periferica vp = 100 m/s. Assumendo re =1 m (=100 rad/s), e lo spessore del
disco (s) pari a 20 mm, si calcoli lo stato di sforzo al centro del disco e la massima
riduzione di spessore del disco per effetto della rotazione.
85
Disco forato
Se il disco rotante forato, le condizioni al contorno sono
r = 0 per r = ri
= 0 per r = re
r2 r2
3+
r = 2 ri2 + re2 e 2 i r2 ovunque di trazione
8 r
r2 r2
3+ 1 + 3 2
= 2 ri2 + re2 + e 2 i r ovunque di trazione
8 r 3+
(5.31)
Il valore massimo di r :
2
3+ 3+ 1
(r )max = 2 ri2 re2 = 2 r2 1
8 8 a
e si ha per r = ri re , mentre il valore massimo di
3+ 2 2 1 2 3+ 2 2 1 1
( )max = re + r = re 1 +
4 3+ i 4 3 + a2
e si manifesta allintradosso.
Allestradosso si ha il minimo valore di :
3+ 1 2 3+ 1 1
( )r=re = 2 ri2 + re = 2 re2 +
4 3+ 4 a2 3+
Landamento degli sforzi mostrato nella Fig. 5.6. Si pu osservare che il valore
degli sforzi dipende dalla forma (rapporto re /ri ), dalla densit , dal coefficiente
del Poisson e dalla velocit periferica vp = re .
E interessante notare come per un foro molto piccolo presente sullasse (ri 0),
cio per a , si ottiene:
3+ 2 2
, max = re
4
che il doppio del valore di al centro di un disco pieno rotante.
86
1
r/( 2 r2e)
0.8 /( 2 r2e)
/( 2 r2e) 0.6
0.4
0.2
0
0 0.2 0.4 0.6 0.8 1
(rri)/(reri)
Calcolando la risultante totale dovute alla forza centrifuga delle palette ( = 314.15 [rad/s])
si ottiene che:
Fr = 64 mp 2 re = 6.316 106 [N ]
dividendo per larea totale su cui applicata Fr (la superficie esterna del disco) ne
risulta:
Fr
ext = = 25.13 [M P a]
2 re s
Lo stato di sforzo allintradosso del disco turbina quindi la sovrapposizione dello
sforzo dovuto a ext (che gi contiene la forza centrifuga delle palette) e di quello
dovuto alla rotazione del disco. In particolare:
Come si vede chiaramente dallesempio, nel disco rotante gli sforzi circonferen-
ziali maggiori sono allintradosso e, nei casi di interesse applicativo in cui ( re )
assume valori elevati, sono sicuramente impegnativi per i materiali di comune
impiego. Nelle turbine (a vapore o a gas) il profilo dei dischi (che sono an-
che soggetti alle forze radiali centrifughe delle palette) presentano uno spessore
maggiore allintradosso proprio per presidiare tali sforzi circonferenziali.
Le palette vengono fissate allesterno del disco mediante opportuni collega-
menti che permettono un facile montaggio delle pale ed il trasferimento degli
elevati carichi al disco turbina attraverso un accoppiamento di forma (vedasi
Fig. 5.7(b)).
87
(a)
(b)
Figura 5.7: Applicazione analisi dischi: a) disco turbina con palette; b) particolare
attacco palette.
88
5.2.3 Metodo di Grammel
Esistono alcune soluzioni analitiche per i dischi di spessore variabile [9], ma
si pu trovare una soluzione soddisfacente al problema dividendo il disco in n
corone circolari di spessore costante hi (i = 1, n), assumendo uno spessore pari
al valore medio nel tratto considerato. Questo modo di procedere si chiama
metodo del Grammel [10].
Per ciascuna corona valgono le espressioni degli sforzi trovati per disco ro-
tante di spessore costante:
C2i 3+ 2
r = C1i + r
r2 8
C2i 1 + 3 2
= C1i 2 r
r 8
Le 2n costanti C1i e C2i con (i = 1, n) si determinano con le due condizioni al
contorno sulle superficie interna ed esterna:
89
questa seconda, esprimendo luguaglianza delle deformazioni circonferenziali,
impone luguaglianza degli spostamenti radiali. Le due equazioni precedenti,
queste possono essere scritte per ognuno delle (n 1) superfici di contatto,
formando quindi con le (5.32) un sistema di (2 n) incognite in (2 n) equazioni.
In molti casi pratici, per esempio dischi di bassa pressione di turbine a va-
pore, in cui lo spessore aumenta molto verso il mozzo, lapprossimazione pi
gravosa sta nel considerare valide le relazioni che danno gli sforzi ricavati per
spessore infinitesimo. La variabilit dello spessore pu essere seguita molto be-
ne aumentando il numero delle corone, introducendo tutta la procedura in un
opportuno programma di calcolo.
essendo N la forza assiale agente sulle basi. Leffetto di altri carichi (flessione,
taglio, torsione) si considera a parte e poi si applica la sovrapposizione degli
effetti poich si in campo elastico lineare.
Procedendo come gi fatto per i dischi e introducendo il legame sforzi-
deformazioni nellequazione di congruenza si ottiene:
d dr dz dT
(1 + ) (1 + )r + r r r +Er =0 (5.36)
dr dr dr dr
Dallespressione della dilatazione assiale:
1
z = [z (r + )] + T (r)
E
poich z = cost lungo la sezione, deve essere:
dz 1 d T (r)
=0 = [z (r + )] + (5.37)
dr E dr dr
90
da cui si ottiene:
dz d T (r)
= (r + ) + (5.38)
dr dr dr
Tenendo conto di questa espressione si ottiene:
d dr dT
(1+) (1+)r +r(1 2 ) r (1+) +(1+)E r = 0 (5.39)
dr dr dr
e infine introducendo ancora la funzione di sforzo F si ottiene ancora unequazio-
ne di Eulero, analoga a quella dei dischi, in cui al secondo membro la compare
in modo diverso:
d 2 0 d0 3 2 E 2 dT
r2 2
+r 0 = 2 r3 r (5.40)
dr dr 1 1 dr
Integrando si ottiene:
r
C2 3 2 E 1
Z
0 = C1 r + 2 r3 T r dr (5.41)
r 8(1 ) 1 r k
e successivamente:
Z r
C2 3 2 E 1
r = C1 + 2 r2 T r dr
r2 8(1 ) 1 r2 k
Z r (5.42)
C2 1 2 E 1 E
= C1 2 2 r2 + T r dr T
r 8(1 ) 1 r2 k 1
Da queste si ricava:
1 E
r + = 2 C1 2 r2 T (5.43)
2(1 ) 1
e quindi:
dz d dT dT dT
= (r + ) E = 2 r E E (5.44)
dr dr dr 1 1 dr dr
e integrando si ha lespressione di z :
E
z = 2 r2 T + C3 (5.45)
2(1 + ) 1
e si ottiene
2 Z re
r2
4
r4
re N re E
C3 i = + 2 i T r dr
2 2 2 2(1 + ) 4 4 1 ri
91
Si vede che nellespressione di z i termini che dipendono da r sono quelli dovuti
alla rotazione.
Nel caso in cui agiscano solo le pressioni interna ed esterna si ha lo sforzo
z = costante = N/A. Se N = 0 non si hanno sforzi assiali. In questo caso la
soluzione quella gi trovata per i dischi che d z = cost., come deve essere
per lunicit della soluzione del problema termoelastico.
r2
3 2 2 2
r = re 1 2 ovunque di trazione
8(1 ) re
1 + 2 r2
3 2 2 2
= re 1 ovunque di trazione (5.46)
8(1 ) 3 2 re2
r2
re
z = 2 re2 1 2 2 si annulla per r =
4(1 ) re 2
Landamento di tali sforzi lungo il raggio riportato nella Fig. 5.9. Al centro
0.5
0.4
0.3
/( 2 r2e)
0.2
0.1
r/( 2 r2e)
0
/( 2 r2e)
0.1
z/( 2 r2e)
0.2
0 0.2 0.4 0.6 0.8 1
r/re
Figura 5.9: Andamento degli sforzi lungo il raggio di un cilindro rotante ( = 0.3).
92
del cilindro per r = 0 si ha:
3 2
r = = 2 re2
8(1 )
(5.47)
z = 2 re2
4(1 )
I valori sono leggermente maggiori di quelli trovati per il disco sottile, ma nel
cilindro presente anche uno sforzo z > 0: il confronto dei cerchi di Mohr nei
due casi mostrato in Fig. 5.10.
0.2
/( 2 r2e) Disco
0.15 Cilindro
0.1
z z =r
0.05
0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5
0
0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5
0.05 /( 2 r2e)
0.1
0.15
0.2
Figura 5.10: Cerchi di Mohr per disco e cilindro rotanti pieni in corrispondenza
dellasse con = 0.3.
93
Al bordo esterno gli sforzi sono:
r = 0
12
= 2 re2
4(1 )
z = 2 re2
4(1 )
Cilindro cavo
Se il cilindro cavo supponendo che le superficie laterali siano scariche, le
condizioni al contorno si esprimono come:
(
r = 0 per r = ri
r = 0 per r = re
r2 r2
3 2 1
r = 2 re2 1 + 2 i2 2 ovunque di trazione
8(1 ) a r re
r2 1 + 2 r2
3 2 1
= 2 re2 1 + 2 + i2 ovunque di trazione
8(1 ) a r 3 2 re2
r2
1
z = 2 re2 1 + 2 2 2
4(1 ) a re
(5.48)
94
1
r/( 2 r2e)
0.8 /( 2 r2e)
0.4
0.2
0.2
0 0.2 0.4 0.6 0.8 1
(rri)/(reri)
5.4 Esercizi
Esercizio 5.1 Dato un disco forato (D=60 mm) su cui viene calettato un disco forato
(Di = 60 mm, De = 160 mm), ambedue i dischi sono in acciaio:
calcolare linterferenza necessaria ad assicurare una pressione di contatto di 60
MPa;
95
calcolare la pressione di contatto se linsieme dei due corpi viene posto in rota-
zione ad una velocit di 3000 [g/min](il calcolo si fa immaginando che per effetto
della rotazione le superfici dei due dischi subiscano uno spostamento radiale);
verificare che la soluzione del punto precedente poteva essere ottenuta mediante
il principio di sovrapposizione degli effetti.
Esercizio 5.2 Si abbia un tubo da realizzare in acciaio inox AISI 17-4 PH (Rm =
1100 [M P a], Rp0.2 = 1000 [M P a]), costituente un intensificatore di pressione per un
water-jet, con un diametro di 30 mm soggetto ad una pressione interna pulsante di
250 [M P a]. Quesiti:
calcolare il minimo diametro esterno del tubo in modo che il tubo possa resistere
a fatica illimitata (si assuma la superficie interna del tubo rettificata);
calcolare come cambia il coefficiente di sicurezza a fatica sulla superficie inter-
na del tubo se a questo (mediante forzamento di una camicia esterna) venisse
imposta una pressione esterna di 50 [M P a].
Esercizio 5.3 Dimensionare la camicia esterna, realizzata nello stesso acciaio del tu-
bo, che permetta di avere una pressione di contatto di 50 [M P a] tra i due tubi delle-
sercizio precedente.
Calcolare inoltre come cambia lo stato di sforzo nel foro dellintensificatore per effetto
della camicia forzata.
96
Capitolo 6
Si analizza in questo capitolo, a partire dal legame tra curvature e momenti delle lastre
piane, si analizza lo stato di sforzo in lastre circolari caricate simmetricamente soggette a
condizioni di carico che si rifanno alle comuni applicazioni nei recipienti in pressione1 .
97
Sostituendo le (6.2) si ottiene:
1 1
Mx = D + (6.4)
x y
e:
1 1
My = D + (6.5)
y x
dove:
+t/2
E Et3
Z
D= z 2 dz = (6.6)
1 2 t/2 12(1 2 )
rappresenta la rigidezza flessionale della lastra.
t/2
t/2
n = x cos2 + y sin2
(6.7)
nt = (y x ) sin cos
Se gli sforzi x e y sono gli sforzi generati ad una distanza z dal piano medio
dai momenti Mx ed My in una fetta di lastra, se ne deduce che sulla faccia
inclinata nascono: un momento normale Mn , che genera n , ed un momento
98
x
x
Y y
n
y z nt
n Mx t
nt n My Mnt
Mn
X
(a) (b)
torcente Mnt , che genera nt . Si pu quindi facilmente ricavare che tali momenti
dipendono dalla direzione della normale n con le relazioni:
Mn = Mx cos2 + My sin2
(6.8)
Mnt = (My Mx ) sin cos
Poich le relazioni tra gli sforzi sono uguali alle relazioni tra i momenti, ne segue
che i momenti agenti in un punto al variare della giacitura possono essere rap-
presentati su un cerchio esattamente come gli sforzi: esistono due momenti prin-
cipali che corrispondono ai momenti normali massimo e minimo (si verificano
su piani in cui Mnt nullo).
La costruzione grafica permette di anche capire come lunico caso in cui non
vi sia Mnt quello in cui i due momenti principali siano coincidenti.
Mnt
2
My Mx
99
6.1.2 Lastre con momento uniforme
Nel caso di Mx = My = m (flessione uniforme), le due curvature 1/x ed 1/y
sono uguali tra di loro e risulta:
1 m
= (6.9)
(1 + )D
ovvero la superficie elastica diventa una sfera (una porzione di sfera) avente un
raggio .
Se consideriamo una lastra circolare soggetta ad un momento distribuito m
costante sul contorno (essendo Mx = My = m si ha un momento costante in
tutte le direzioni), ci troviamo in tale situazione. In particolare detto R il raggio
della lastra, la rotazione al contorno e la freccia f al centro risultano:
Figura 6.4: Lastra circolare soggetta a momento costante m sul contorno [11].
R mR
= = (6.10)
(1 + )D
2R2 mR2
f= = (6.11)
8 2(1 + )D
La superficie secondo cui si atteggia la lastra descritta dallequazione:
m
R2 r 2
w= (6.12)
2(1 + )D
100
Se consideriamo una lastra circolare soggetta da una distribuzione di sforzo
assialsimmetrica, la deformata sar anchessa dello stesso tipo e ci basta ana-
lizzare la deformata lungo un qualsiasi diametro. Consideriamo lorigine O del
nostro riferimento al centro della lastra ed indichiamo con w labbassamento
della lastra. La curvatura della lastra in direzione radiale in un punto A risulta
espressa da:
1 d2 w
= 2 (6.13)
r dr
e quella in direzione circonferenziale (la superficie dei punti lungo lo spessore
avente la medesima distanza r dal centro si atteggia secondo un cono avente
centro in B) con:
1 1 dw
= (6.14)
r dr
Il legame tra momenti e curvature risulta quindi2 :
2
d w dw
Mr = D + (6.15)
dr2 r dr
d2 w
1 dw
M = D + 2 (6.16)
r dr dr
2 alla stesse equazioni si poteva arrivare, come visto a lezione, trasformando in coordinate
101
M
Mr d
Mr+ dMr
(a) (b)
d
2 M sin dr = M drd
2
Scrivendo quindi lequilibrio alla rotazione dellelementino abcd si ottiene:
dMr
Mr + dr (r + dr)d Mr rd M drd + Qrdrd = 0 (6.17)
dr
102
Figura 6.7: Equilibrio tra taglio Q e carico distribuito q.
Z r
d 1 d dw 1
r = q rdr (6.22)
dr r dr dr rD 0
differenziando rispetto ad r e dividendo per r si ottiene:
1 d d 1 d dw q
r r = (6.23)
r dr dr r dr dr D
Nei paragrafi successivi vedremo come integrando tale relazione, a dispetto del-
la lunghezza della formula, sia semplice ottenere la soluzione in alcuni casi
applicativi di interesse.
103
Integrando ancora una volta otteniamo finalmente la soluzione (costituita da
unomogenea con i termini C1 , C2 e C3 e da unintegrale particolare contenente
q):
qr4 C1 r 2
w= + + C2 log r + C3 (6.26)
64D 4
Lastra incastrata
qr4 qa2 r2
w= + C3
64D 32D
Imponendo:
qa4
w(a) = 0 C3 =
64D
In conclusione la soluzione :
q 2
w= a2 r2 (6.27)
64D
La freccia massima al centro risulta:
qa4
fmax =
64D
I momenti flettenti risultano:
q 2
a (1 + ) r2 (3 + )
M = (6.28)
16
q 2
a (1 + ) r2 (1 + 3)
Mr = (6.29)
16
104
I momenti nella sezione dincastro (r = a) risultano:
qa2 qa2
Mr = M = (6.30)
8 8
Gli sforzi si ricavano dai momenti flettenti come:
6Mr 6M
r = =
t2 t2
Landamento degli sforzi riportato nella Fig. 6.9: si pu vedere come il punto
pi sollecitato per una lastra incastrata sia sul bordo esterno.
Figura 6.9: Distribuzione degli sforzi nella lastra incastrata soggetta a pressione
(carico distribuito) costante.
Lastra appoggiata
La lastra appoggiata si pu ricavare a partire da quella della lastra incastrata
sovrapponendo alla soluzione dellincastro, quella di una lastra soggetta a dei
momenti radiali uguali e contrari al momento radiale dincastro. Poich nella
soluzione che sovrapponiamo Mr = M = qa2 /8 costante, ci basta sovrapporre
tale valore alle equazioni dei momenti per la lastra incastrata.
In particolare i momenti flettenti nella lastra appoggiata soggetta a carico
distribuito risultano:
q 2
a (3 + ) r2 (1 + 3)
M = (6.31)
16
q
Mr = (3 + )(a2 r2 ) (6.32)
16
105
Figura 6.10: Soluzione della lastra circolare soggetta a pressione appoggiata, come
sovrapposizione della soluzione incastrata (a) pi una lastra soggetta a momenti
distribuiti che liberano radialmente il bordo.
106
a
Figura 6.12: Lastra circolare caricata su una zona centrale: la soluzione si ottiene
cercando le iperstatiche M e Q che ristabiliscono la congruenza degli spostamenti
tra le due porzioni di lastra.
C1 r2 r
w= + C2 log + C3 (6.36)
4 a
107
a
M2 M1 M1 M2
Il momento Mr risulta:
C1 C2 C1 C2
Mr = D 2 + + 2 (6.37)
2 r 2 r
Imponendo che:
Mr = M1 per r = b
Mr = M2 per r = a
Si ottiene:
C1 a 2 M 2 b2 M 1 a2 b2 (M2 M1 )
= C2 = (6.38)
2 (1 + )D(a2 b2 ) (1 )D(a2 b2 )
C1 a2
C3 = (6.39)
4
E interessante notare che se b 0, allora C2 = 0 e gli altri termini diventano:
C1 M2 M2 a2
= C3 = (6.40)
2 (1 + )D 2(1 + )D
108
a
Qo
Figura 6.15: Lastra anulare caricata sul bordo interno.
P r2 r C1 r 2 r
w= log + + C2 log + C3 (6.42)
4D a 4 a
Le costanti possono essere determinate imponendo che sul bordo esterno:
2
d w dw
(w)r=a = 0 D + =0
dr2 r dr r=a
e sul bordo interno:
d2 w dw
D + =0
dr2 r dr r=b
Nel caso b 0 (un forellino infinitesimo) le costanti diventano:
1 P P a2 1
C1 = C2 = 0 C3 = (6.43)
1 + 4D 16D 1 +
e la espressione della deformata coincide con la (6.33), confermando ancora come
la presenza di un forellino al centro non faccia cambiare la deformata generale
della lastra.
Problema 6.1 Ricavare la distribuzione dei momenti flettenti in una lastra inca-
strata soggetta a carico concentrato P al centro della lastra, utilizzando la soluzione
della lastra appoggiata + quella della lastra circolare soggetta a momento radiale di
estremit.
Problema 6.2 Dato un acciaio con Rp0,2 =240 MPa ed un carico P=1000 [N], cal-
colare lo spessore t minimo per una lastra di raggio 500 mm che sopporti il carico e
ricavare la freccia massima.
109
Capitolo 7
Lastre cilindriche
110
(a)
Mx Tx
N
Nx
(b) (c)
Figura 7.1: Lastra cilindrica con carichi assialsimmetrici: a) posizione del problema;
b) schematizzazione dellelemento come lastra; c) schematizzazione dellelemento
come membrana.
da cui:
Tx N
+ = p (7.4)
x R
Con riferimento ancora alla Fig. 7.2 e imponendo lequilibrio alla rotazione
111
p
da cui:
Mx
Tx = 0 (7.6)
x
Cercando di risolvere in forma chiusa il problema ci troviamo di fronte ad
una difficolt in quanto abbiamo due equazioni (la 7.4 e la 7.6) in tre funzioni
incognite.
112
Figura 7.3: Componenti di deformazione.
2 questa una ipotesi importante della quale dovremo ricordarci per la soluzione dei pro-
blemi pratici: in caso di sforzi assiali dovremo risolvere il problema come sovrapposizione
degli effetti di sforzi assiali (ricavabili dellequilibrio assiale) e sforzi circonferenziali dovuti
alla pressione.
113
s3
2
E w E s3 2 w
M = 2
2 = (7.18)
(1 ) 12 x (1 2 ) 12 x2
2 Mx N
+ = p (7.19)
x2 R
Sostituendo ora nelleq.(7.19) le espressioni di N e Mx delle equazioni (7.16) e
(7.17), si ottiene:
4 w 12 1 2 p
+ w= , (7.20)
x4 s2 R2 D
dove:
Es3
D=
12 (1 2 )
il modulo di elasticit flessionale della lastra. Ponendo:
3 1 2
= 4 (7.21)
s2 R2
lequazione risolutiva diventa:
4w p
4
+ 4 4 w = (7.22)
x D
Lomogenea (p = 0) ha per soluzione:
w = ex (C1 cos (x) + C2 sin (x)) + ex (C3 cos (x) + C4 sin (x)) (7.23)
114
Se componiamo radialmente il contributo di N sui due lati del concio, imma-
ginando che sia assimilabile ad una pressione radiale otteniamo:
w d
2 Es = Rd (7.24)
R 2
da cui:
Es
= w (7.25)
R2
Consideriamo ora una striscia longitudinale (sempre sottesa dallangolo d) della
lastra soggetta alla pressione p. Ricordando che lequazione di equilibrio della
trave soggetta ad un carico distribuito :
EJ wIV = p (7.26)
Es3
(1 2 )12
Es3 Es
wIV + 2 w = p (7.27)
12(1 2 ) R
N N
R
d
115
p
Es pR2
N = = pR (7.29)
R Es
Gli sforzi:
N pR
= = (7.30)
s s
Gli sforzi circonferenziali sono proporzionali solo alla pressione, con dei termini
pari allo sforzo di Mariotte. Da notarsi che gli sforzi sono negativi in quanto la
pressione va nello stesso verso dellasse z, nei recipienti in pressione pi comu-
nemente si ha una pressione maggiore allinterno del recipeinte: in questo caso
p sarebbe negativa, come pure (dalle equazioni soprascritte) w, N e .
116
Figura 7.6: Effetti di bordo.
117
Per x = :
s
x= = 1.74s = 5.47s
0.575
e = 0.043
quindi gi ad una distanza pari a met lunghezza donda gli spostamenti sono di due
ordini di grandezza inferiori rispetto a quelli delle estremit caricate del bordo.
Ad una distanza x = 2 il termine ex diventa e2 = 0.0019 e gli spostamenti
sono di tre ordini di grandezza inferiori rispetto al bordo.
E s3 2 w E s3 2 x
Mx = = e (2C3 sin (x) + 2C4 cos (x))
(1 2 ) 12 x2 (1 2 ) 12
(7.33)
Per x = 0:
E s3 2
Mx (x = 0) = 2
2C4 = M0 (7.34)
(1 ) 12
12 1 2
C4 = M0 (7.35)
2Es3 2
Per determinare il valore di C3 , ricordando leq.(7.6):
E s3 3 x
Tx = 2 e ((C4 C3 ) sin (x) + (C4 + C3 ) cos (x)) (7.36)
(1 2 ) 12
E s3 3
Tx (x = 0) = 2 (C3 + C4 ) = 0 (7.37)
(1 2 ) 12
si ottiene:
12 1 2
C3 = C4 = M0 (7.38)
2Es3 2
Gli spostamenti e le azioni sulla lastra risultano:
6 1 2 x
w[M0 ] = e M0 (cos (x) + sin (x)) (7.39)
Es3 2
118
Esempio 7.2 Considerando ancora un cilindro con 2R = 10s ed s = 10 mm sogget-
to ad una coppia M0 = 100 [N mm/mm], calcolare le azioni interne nel tubo e gli sforzi.
Applicando la (7.40) e la (7.41) facile ottenere landamento lungo il tubo delle azioni
sulla lastra. E facile verificare come i punti di stazionariet di Mx si ottengano per
x = 0 e x = , ovvero i punti nei quali Tx nullo.
100 6
Mx !" m
Tx !x
5
80 !" f
4
60
40
2
20
1
0
0
20 1
0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100 0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100
x [mm] x [mm]
(a) (b)
Figura 7.7: Cilindro con momento su un bordo: a) azioni interne sulla lastra; b)
sforzi allintradosso.
119
T0 x
Mx[T0 ] = e sin (x) (7.45)
Tx[T0 ] = T0 ex (sin (x) cos (x)) (7.46)
60 6
Mx !" m
Tx !x
50 5
!" f
40 4
30 3
20 2
10 1
0 0
10 1
0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100 0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100
x [mm] x [mm]
(a) (b)
Figura 7.8: Cilindro con forza radiale su un bordo: a) azioni interne sulla lastra;
b) sforzi allintradosso.
120
7.2.1 Coefficienti di bordo
Gli effetti di M0 e T0 li possiamo trattare con dei coefficienti che diano sposta-
menti e rotazioni per effetto di forze e coppie unitarie. In particolare calcolando
gli spostamenti e le derivate prime in x = 0:
1
wM = (7.51)
2 2 D
1
wT = (7.52)
2 3 D
dwM 1
= M = (7.53)
dx D
1
T = (7.54)
2 2 D
Va annotato come i termini misti dovrebbero essere uguali per il Th. di Maxwell,
in realt il segno discorde perch abbiamo preso il verso di T discorde con w.
I coefficienti di bordo inoltre soddisfano questa relazione:
wT M = 2 wM T (7.55)
7.3 Applicazioni
7.3.1 Forza radiale su un parallelo
Calcoliamo le azioni che nascono su un tubo che venga premuto su un parallelo
da una forza radiale P .
Figura 7.9: Tubo lungo premuto da una forza radiale P lungo un parallelo.
Una striscia del cilindro, lungo la generatrice, come una trave caricata sullasse
di simmetria: la forza P si ripartisce egualmente sulle due met del cilindro e
possiamo mettere in evidenza un momento iperstatico M , come visibile in Figura
7.10.
121
Figura 7.10: Sezione del cilindro nella zona di applicazione della forza P .
Avendo diviso il problema in due cilindri, uniti per un bordo, possiamo usare
i coefficienti di bordo. Il momento M deve essere tale da riportare a zero
langolo che la lastra forma per effetto di P/2. In particolare:
1 P 1 P P/2
M 2
= 0 = M = = (7.56)
D 2 2 D 4 2
Lo spostamento del tubo sotto lazione di P pu essere calcolato ancora con i
coefficienti di bordo, sotto lazione di M e P/2:
P 1 P 1 P
w|x=0 = + = w|x=0 = (7.57)
4 2 2 D 2 2 3 D 8 3 D
(a) (b)
Calcoliamo, con i concetti del metodo delle forze, la forza T che riporta a zero
lo spostamento radiale del parallelo vincolato, quando il cilindro soggetto alla
pressione interna.
1 pR2 2p
T 3
= 0 = T = (7.58)
8 D Es
122
Il momento M si ricava dalla soluzione gi vista per la lastra caricata su un
parallelo.
p
M= (7.59)
2 2
Si poteva arrivare alla stessa soluzione cercando le forze T0 e M0 da applicare
al bordo di un tubo per impedire lo spostamento radiale (per il vincolo) e la
rotazione (per la simmetria).
(
1 1
D M0 + 2 2 D T0 = 0
(7.60)
2 2 D M0 213 D T0 4p4 D = 0
1
ex
p p p
w(x) = 3
2 (sin (x) cos (x)) + cos (x) 4 (7.63)
2 D 2 4 D
123
600
!" m
500 !x
!" f
400
300
200
!
100
100
200
0 50 100 150 200 250 300
x [mm]
Figura 7.12: Sforzi allintradosso del tubo, con una pressione interna p =
15 [M P a], la cui espansione impedita su un parallelo.
124
A T
(a) (b)
Val la pena notare come se A , allora T = 2p/ (come nel caso del vincolo
radiale sul parallelo), mentre se A 0 allora T 0.
125
quindi in modo semplice con la (7.65). In particolare gli sforzi sono rappresentati nella
Fig. 7.14 : lo sforzo circonferenziale medio in x = 0 risulta meno del 50% dello sforzo
di Mariotte nel cilindro semplice.
Lo sforzo nellanello risulta: ,an = 123.1 [M P a]: da notare che tale valore
corrisponde allo sforzo circonferenziale membranale nel tubo.
350
300
!" m
250
!x
200 !" f
150
!
100
50
50
100
0 50 100 150 200 250 300
x [mm]
126
applicazioni precedenti, permette di trovare lo stato di sforzo presente nei re-
cipienti in pressione. Avendo gi analizzato fondi piani e travi ad anello, nel
seguito si esaminano i coefficienti elastici e lo stato di sforzo nelle fondi (cupole)
sferici, per poi calcolare lo stato di sforzo in un recipiente a spessore costante
soggetto a pressione interna
sin2 f sin2 f
wT = T = (7.69)
2 3 D 2 2 D
e che per effetto di coppie M unitarie risultano:
sin2 f sin2 f
wM = M = (7.70)
2 2 D D
Osservando le equazioni precedenti, si osserva facilmente che per f = 90 i
coefficienti di bordo sono quindi uguali a quello di un cilindro lungo.
T
M
R f
pR
= (7.71)
2s
127
con le stesse convenzioni di segno gi assunte per i cilindri (pressione positiva
se agente sulla superficie esterna). Nella risoluzione dei problemi andr quindi
tenuto in conto che lo spostamento radiale del fondo, ricavabile dagli sforzi
membranali, diverso da quello del mantello cilindrico.
T
T
M
M p
p
1 pR2 1 pR2
uc = (2 ) uf = (1 ) (7.73)
E 2s E 2s
Nascono quindi delle azioni iperstatiche M e T che ristabiliscono la congruenza
delle deformazioni tra i corpi. In particolare, scrivendo la prima equazione di
congruenza degli spostamenti angolari:
1 1 1 1
M 2 T = M 2 T (7.74)
D 2 D D 2 D
128
da cui si ottiene M = 0 (ci dovuto al fatto che T genera delle rotazioni uguali
sui due corpi e non quindi ulteriormente necessario M ). Dalla congruenza
degli spostamenti radiali (sapendo gi che M = 0):
1 1 pR2 1 1 pR2
3
T (2 ) = 3 T (1 ) (7.75)
2 D E 2s 2 D E 2s
da cui si ricava:
p
T = (7.76)
8
Gli sforzi si ricavano quindi dalle (7.47) ed (7.49) (nelle quali T0 = T per la
convenzione di Fig. 7.16 contraria a quelle che avevamo assunto per gli effetti
di bordo). In particolare:
p
Mx = 2 ex sin x
8
p x
Tx = e (sin x cos x)
8
Il massimo di Mx si raggiunge quando Tx = 0, ovvero per x = 4 . In corri-
spondenza di tale distanza lo sforzo x,f massimo (il segno negativo di Mx
significa che sono tese le fibre allestradosso) a cui va sommato lo sforzo membra-
nale x,m = pR/2s. In particolare lo sforzo massimo allestradosso del cilindro
risulta:
3 2R pR
x,max = x,f,max + x,m = p e/4 p + (7.77)
8s 3(1 ) 2 2s
tale valore circa pari a 1.29 x,m .
Esempio 7.6 Considerando un recipiente cilindrico a fondi semisferici con R = 200 [mm]
ed s = 10 [mm] soggetto ad una pressione interna p = 15 [N/mm2 ], calcolare gli sforzi
sul mantello cilindrico.
Dalla (7.76) ricaviamo T0 = 65.23 [N/mm] e possiamo rappresentare gli sforzi in Fig.
7.17. Va annotato come il calcolo dello sforzo membranale circonferenziale, poich
siamo in un caso in cui Nx 6= 0, pu essere fatto solo attraverso la (7.65): la ragione
sta nel fatto che lo spostamento radiale del mantello cilindrico (a causa della presenza
dello sforzo assiale) non pi descritto dalla (7.28).
129
350
300
!",m
250 !",i
!",e
!x,i
200
!x,e
!
150
100
50
0
0 50 100 150 200 250 300
x [mm]
7.5 Esercizi
Esercizio 7.1 Calcolare gli spostamenti e la distribuzione di sforzi in un tubo per
effetto di un sistema di coppie applicate lungo un parallelo ( il duale della forza
radiale sul parallelo). Perch .m deve risultare nullo in corrispondenza del parallelo
di applicazione delle forze ?
Esercizio 7.2 Perch in un tubo cerchiato lo sforzo circonferenziale sul tubo pari a
quello sullanello ?
130
Parte III
Applicazioni ed organi di
macchina
131
Capitolo 8
Si espongono i concetti fondamentali delle verifiche a fatica degli elementi saldati alla luce
delle vigenti normative, insieme con una descrizione delle verifiche basate sul concetto di
hot-spot. Per un quadro pi completo, si accenna quindi alla propagazione di difetti ed ai
metodi per incrementare la resistenza a fatica di un giunto saldato1 .
132
Figura 8.2: configurazioni tipiche dei giunti saldati
133
Figura 8.3: Confronto tra le curve S-N del materiale base, intagliato e saldato
134
distribuzione dei raggi di raccordo misurati . I difetti presenti in una saldatura
Figura 8.5: Rilievo dei raggi di raccordo in una sezione trasversale di un cordone
di saldatura e distribuzione dei valori di raggio rilevati [13].
sono di diverso tipo (in Figura 8.6 sono rappresentati i difetti pi ricorrenti)
e sono provocati da meccanismi essenzialmente riconducibili alla successione di
riscaldamento e rapido raffreddamento, nonch alla deposizione di materiale di
apporto. Per individuare i difetti le saldature sono soggette a controlli non di-
struttivi (radiografie, ultrasuoni) e pertanto ill livello e la qualit del controllo
contribuisce a determinare i valori degli sforzi ammissibili.
135
cordone di saldatura. Queste tensioni residue possono raggiungere valori molto
elevati, dellordine di grandezza dello snervamento del materiale base. Le ten-
sioni residue possono essere ridotte o eliminate mediante trattamenti termici di
distensione.
136
Figura 8.8: Componenti di sforzo considerate nella definizione delle efficienze
a fatica di una giunzione saldata e quella del materiale base. Solitamente fanno
riferimento al limite di fatica; vedremo nel seguito che il concetto di limite di
fatica trova una definizione convenzionale nellambito delle normative di riferi-
mento per la verifica delle saldature. Questi fattori di riduzione sono definiti con
riferimento alle ampiezze delle componenti di sforzo agenti in direzione perpen-
dicolare , parallela k e tangente k al cordone di saldatura (v. Figura 8.8).
Se indichiamo con ,A , k,A e k,A i limiti di fatica associati a queste tre
componenti, con D e D i limiti di fatica del materiale base (a trazione e a
taglio, rispettivamente), le corrispondenti efficenze , k sono espresse nel
seguente modo:
A
= (8.1)
D
kA
k = (8.2)
D
kA
= (8.3)
D
Valori caratteristici delle efficienze per un acciaio da costruzione simile al-
lFe360 sono riportati nella tabella di Figura 8.10, in cui D = 240 MPa
(questo valore, corrispondente Pf =10%, relativo a un rapporto di ciclo R = 0,
cio a fatica pulsante, mentre la resistenza a fatica alternata, cio a R= -1, del-
lFe360 D,R=1 /2 = 180 MPa; questi valori sono coerenti con il diagramma
di Haigh di Figura 8.9 ). Si noti che le efficienze sono indicate con il simbolo
a indicare che fanno riferimento a propriet del materiale base D ricavate da
provini estratti da lamiera grezza e non da provini lucidati (diverso effetto della
finitura superficiale). Una tabella analoga, valida per le leghe di alluminio,
riportata in Figura 8.11
137
Figura 8.9: Diagramma di Haigh semplificato per lacciaio Fe360
Figura 8.10: Valori tipici delle efficienze di giunti saldati in acciaio strutturale [14]
Figura 8.11: Valori tipici delle efficienze di giunti saldati in alluminio [14]
138
Figura 8.12: Coefficienti di sicurezza per la resistenza a fatica M F proposti da
Eurocodice 3.
2 Per gli apparecchi in pressione sono previste normative specifiche: in questi casi i controlli
e le verifiche sono ancora pi dettagliate. Infatti in questo settore delle costruzioni meccaniche,
la tecnica di saldatura riveste, a ragione, importanza fondamentale.
139
Figura 8.13: Curve SN utilizzate dalla normativa Eurocodice 3. .
Gli sforzi ammissibili in funzione del numero di cicli atteso, sono dati sotto
forma di curve SN in funzione della classe della giunzione. In Figura 8.13 sono
riportate le curve SN relative agli acciai da costruzione (sono valide per tutti
gli acciai da costruzione con fy 690N/mm2 ), tratte da Eurocodice 3. Queste
curve S-N sono ottenute per traslazione lungo lasse dei di una curva di
riferimento, riportata in Figura 8.14. Sono caratterizzate dallo stesso valore
dellinverso della pendenza m1 = 3 del tratto a termine, mentre si distinguono
per il valore della resistenza C a N = 2 106 cicli. Questo tratto rettilineo si
estende fino a durate pari a NC = 5 106 cicli. Oltre a questa durata, nel caso
di fatica ad ampiezza costante, si considera che esista un valore D al di sotto
del quale non sia necessaria alcuna verifica (linea c trattegiata in figura 8.14).
Lulteriore tratto continuo che in Figura 8.14 termina con il tratto orizzontale
d verra spiegato nel seguito con riferimento alla verifica a fatica in presenza di
sforzi ad ampiezza variabile.
Curve S-N analoghe sono disponibili per i giunti saldati in lega di aluminio,
come riportato in Figura 8.15. La norma di riferimento in questo caso Euro-
codice 9 [18] (in questa norma, per alcuni tipi di giunzioni in alluminio, sono
previste pendenze del tratto a termine diverse da quelle degli acciai e diverse al
variare della classe del giunto).
Concorrono alla definizione della classe tre elementi principali: la geometria
(in ultima analisi il tipo di discontinuit o intaglio), il tipo di sollecitazione
(il tipo di forze che deve trasmettere il giunto e la posizione del loro punto
140
Figura 8.14: Curva SN di riferimento utilizzata dalla normativa Eurocodice 3.
141
Figura 8.16: Esempio di tabella relativa alle classi di resistenza delle saldature,
tratta da Eurocodice 3.
142
di applicazione) ed infine la qualit della fabbricazione e/o il tipo e il livello
di controlli eseguiti. Come mostrato in Figura 8.16, le normative propongono
tabelle dove nella prima colonna riportato il valore di , nella seconda uno
schea della giunzione e delle forze che trasmette, nella terza una descrizione
e infine nella quarta eventuali precisazioni o considerazioni sulle modalit di
realizzazione o sul livello di controllo.
Dalle espressioni delle curve SN, del tipo m N = C m
NC , si ricava
lespressione della durata corrispondente a un dato nominale applicato: per
il tratto a termine (cio per > C , vale a dire per N < 5 106 ), si ha
m1
C
N = 2 106 (8.4)
/M F
143
Esempio 8.1 Sia data una struttura come quella disegnata in Figura 8.17. Si tratta
di una porzione di una trave a struttura scatolare, con due rinforzi saldati sulle piat-
tabande superiore ed inferiore, terminati con una sagoma semicircolare. Il modulo di
resistenza della sezione nominale quello della sezione rettangolare cava di dimensioni
330 x 400 x 10, e vale
1 400
W = 330 4003 310 3803 = 1, 71 106 mm4 (8.5)
12 2
Supponendo che in corrispondenza della sezione A-A, posta al termine del rinforzo
semicircolare, agisca lazione interna momento flettente pulsante M = 128,5 kNm,
si calcola uno sofrzo nominale = M/W = 75M P a. Ipotizzando limpiego di un
acciaio strutturale, la classe di dettaglio riportata in Eurocodice 3 pi simile a questa
configurazione la qunta dallalto tra quelle riportate in Figura 8.16. Il valore di C
associato 50 MPa e pertanto si calcola una durata
3
50
N = 2 106 = 592.000 (8.6)
75
144
Figura 8.18: Modifica del ciclo degli sforzi per giunzioni distese, secondo normativa
Eurocodice 3.
saldatura (m1 = 3). In Figura 8.20 sono riportate le curve corrispondenti alle
classi contemplate da Eurocodice 3.
Nel caso di presenza contemporanea di sforzi normali e tangenziali ,
qualora per la classe di dettaglio in questione non sia espressamente prevista
dalla normativa una formula che permetta di calcolare unampiezza di variazione
degli sforzi di riferimento, si procede alla combinazione delle due componenti
secondo la seguente formula di verifica
3 5
+ 1.0 (8.7)
C C
145
Figura 8.19: Fattore di correzione della resistenza a fatica, secondo le line guida
dellIIW.
146
L si assume che abbia una pendenza pari a 1/m2 , dove m2 = 2 m1 1 = 5
per gli acciai.
Nel caso di sforzi ad ampiezza variabile Eurocodice 3 prevede una proce-
dura riassunta in figura8.21. Per prima cosa necessario costruire la sequenza
temporale degli sforzi nominali in corrispondenza del dettaglio da verificare.
Successivamente, con un opportuno metodo (per esempio il metodo Rainflow)
si procede allindividuazione dei cicli e al loro conteggio, al fine di costrure uno
spettro di carico, caratterizzato da blocchi di ampiezza i che si estendono
per un numero di cicli ni . Per ciascuno di questi blochhi, con rifernimento alla
curva S-N del dettaglio in questione, si calcola il numero di cicli a rottura Ni .
La verifica finale condotta applicando una legge di somma lineare del danno
(legge di Miner)
X ni
D = 1.0 (8.9)
Ni
dove Ni viene calcolato applicando le seguenti equazioni:
m1
C
i > C Ni = 2 106 (8.10)
i /M F
m2 m1
C 2
< C N = 2 106 (8.11)
i /M F 5
Il valore della somma del danno D uguale a 1.0 ritenuta dallIIW non
conservativo. Pertanto viene proposto un valore ridotto a 0.5.
147
Figura 8.21: Schema proposto da Eurocodice 3 per la verifica in presenza di sforzi
ad ampiezza variabile.
148
8.3 Metodo hot-spot
Qualora il manufatto che oggetto della verifica non sia riconducibile a nessuna
delle classi previste dalle normative, possibile applicare un metodo, detto hot
spot [20], basato sullintensit delle azioni interne, valutate in corrispondenza
del cordone di saldatura mediante opportune tecniche di estrapolazione (ovvia-
mente nulla vieta di applicare il metodo hot spot anche a giunzioni contemplate
tra ii dettagli strutturali contemplati dalle normative). Lestrapolazione ne-
cessaria in quanto la distribuzione degli sforzi nello spessore di una lamiera in
corrispondenza di una saldatura non direttamente riconducibile ai valori delle
azioni interne che la hanno generata. Ci dovuto alla presenza del cordone di
saldatura che genera una concentrazione di sforzo e una distribuzione non linea-
re degli sforzi lungo lo spessore, come mostrato in Figura 8.22. Le sole azioni
149
cordone di saldatura. Poich, come abbiamo visto, tale geometria presenta una
variabilit elevata, con il metodo hot spot si mira a ottenere uno sforzo locale
di riferimento in corrispondenza del punto pi sollecitato, lhot spot appunto,
che non dipenda da queste condizioni locali non note.
Figura 8.24: Distanza minima dal giunto da cui si procede per lestrapolazione
degli sforzi strutturali.
Per ricavare il valore dello sforzo strutturale nellhot spot viene prescritta
unestrapolazione a partire dai valori segli sforzi strutturali calcolati in prossi-
mit del giunto, a partire da una distanza minima fissata in 0, 4t, dove t lo
spessore della lamiera di base. Il valore di 0, 4t quello che nella maggior parte
dei casi garantisce che la distribuzione degli sforzi nello spessore non risenta pi
della componente non lineare nlp , come mostrato in Figura 8.24. Poich nella
magior parte dei casi si procede ad unestrapolazione lineare, il secondo punto
si posiziona ad una distanza pari allo spessore t della lamiera di base.
Mediante questa tecnica di estrapolazione, lo sforzo strutturale nellhot spot
risulta pi basso dello sforzo di picco reale, ma maggiore dello sforzo nominale,
come mostrato schematicamente in Figura 8.25. Rispetto allo sforzo nominale
n , lo sforzo di hot spot HS risulta pertanto amplificato di un coefficiente Ks ,
per cui
HS = Ks n (8.12)
Il metodo hot spot si presta particolarmente allapplicazione ad analisi agli ele-
menti finiti di strutture. E sufficiente disporre della coppia di nodi (di estremit,
ma anche intermedi, o mid-node) posti alle distanze prescritte, come mostrato
in Figura 8.26. Poich nella pratica frequente limpiego di elementi aventi me-
diamente tutti le stesse dimensioni, ammesso il ricorso allestrapolazione anche
a partire da nodi intermedi posti alle distanze di 0, 5t e 1, 5t, come mostrato in
Figura 8.27
Le formule che forniscono il valore dello sforzo nellhot spot sono, per le-
strapolazione eseguita a partire da punti posti alle distanze di 0, 4t e 1, 0t,
hs = 1, 67 1,0t 0, 67 0,4t (8.13)
150
Figura 8.25: Definizione del coefficiente Ks .
Figura 8.27: Estrapolazione degli sforzi strutturali da un modello FEM con nodi
equidistanti
151
mentre per lestrapolazione a partire da punti posti alle distanze 0, 5t e 1, 5t
Figura 8.28: Tipi di elementi adatti per analisi hot spot [20]
I valori di ampiezza degli sforzi di hot spot ammissibili sono stati determi-
nati mediante estese campagne sperimentali, come quella i cui risultati sono
riportati in Figura 8.29, che hanno portato alla conclusione che sia possibile
152
fare riferimento, nel caso degli acciai, alle sole due classi denominate FAT90
e FAT100 (cio alle classi di dettagglio corrispondenti a C = 90M P a e a
C = 100M P a. In Eurocodice 3 riportata una tabella (v. Figura 8.30) con
le classi di resistenza da assumere nel caso in cui si proceda alla verifica me-
diante il metodo hot spot dei tipi di giunzione riportati nella tabella stessa. Il
meodo hot spot contemplato anche dalla norma Eurocodice 9 per le strutture
in alluminio.
153
Figura 8.30: Tabella dei valori di resistenza hot spot riportata in Eurocodice 3.
154
Figura 8.32: Particolare del modello in corrispondenza del cordone di saldatura
Figura 8.33: Simulazione della presenza del cordone di saldatura mediante elementi
inclinati o mediante elementi rigidi verticali
struttura reale. Diversamente, se non fossero stati presenti gli elementi inclinati, ma
solo elementi verticali, eventualmente di tipo rigido, lhot spot nel modello si sarebbe
venuto a trovare spostato a sinistra rispetto alla posizione assunta nella struttura reale.
Lanalisi fornisce la distribuzione degli sforzi x agenti in direzione parallella allas-
se della trave riportata in Figura 8.34. Il valore massimo di x si registra in prossimit
della mezzeria della piattabanda, laddove agisce perpendicolarmente al cordone di sal-
datura. Tuttavia nel nodo posizionato esattamente allintersezione tra il cordone di
saldatura e la piatttabanda si registra una sollecitazione apparentemente inferiore, co-
me si pu vedere in Figura 8.35, a causa delloperazione di resitituzione al nodo di
un valore medio dei valori nodali di sforzo associato agli elementi aventi quel nodo in
comune. Non quindi possibile utilizzare il valore di sforzo agente nellhot spot leggen-
dolo direttamente in corrispondenza del nodo posto nellhot spot, bens necessario
procedere allestrapolazione secondo la procedura vista. In Figura 8.36 riportato
landamento dei valori di x in funzione della distanza dallhotspot. Il risultato del-
155
Figura 8.34: Distribuzione degli sforzi x nella piattabanda superiore
lestrapolazione lineare a partire dai valori di sigmax letti in corrispondenza dei nodi
posti alle distanze 0, 5t e 1, 5t, rispettivamente pari a 144,4 MPa e 158,8 MPa, porta
a valutare una sollecitazione hs = 1, 5 158, 8 0, 5 144, 4 = 166M P a. Assumendo
una classe C = 100M P a, sulla base dello schema riportato in Figura 8.30, si calcola
una durata pari a
3
100
N = 2 106 = 547.000 (8.15)
166
valore molto prossimo a quello ottenuto applicando il metodo basato sugli sforzi
nominali.
156
Figura 8.35: Particolare della distribuzione degli sforzi x nella piattabanda
superiore; si osservi la riduzione apparente in corrispondenza dellhot spot
Figura 8.36: Grafico dei valori di x in funzione della distanza dallhot spot
157
8.4 Difetti di saldatura e calcolo della vita a fa-
tica
I difetti di saldatura sono principalmente imperfezioni geometriche generate
durante il processo di fabbricazione, come cricche, strappi lamellari, inclusioni
solide, penetrazioni incomplete, mancate fusioni e altre (figure 8.37, 8.38, 8.39).
La presenza di questi difetti suggerisce lapplicazione di analisi basate sui
principi della meccanica della frattura. Secondo questo approccio la durata
a fatica degli elementi saldati consistere esclusivamente nella propagazione di
cricche descritta attraverso la variazione del fattore dintensit degli sforzi KI
ed una opportuna legge di propagazione in cui da/dN = f (K).
Pur se tutte le saldature sono caratterizzate da imperfezioni e difetti (??)
diventa difficile modellare precisamente il SIF di piccole fratture al piede o alla
radice della saldatura, oltre che tenere adeguatamente in conto il cosiddetto
effetto short-cracks (legato alle approssimazioni del campo singolare quando
le cricche sono piccole).
Per questo motivo si applica la Meccanica della Frattura per la valutazione
della resistenza statica o della vita residua di saldature contenenti difetti solo
quando questi abbiano dimensioni rilevabili con i controlli non distruttivi o per
modellare leffetto della preparazione in giunti a non completa penetrazione.
Il calcolo della durata di un elemento contenente una cricca di profondit
nota si pu calcolare integrando la curva di Paris (figura ??):
da
= CK m
dN
dove
K = F S a
nel modo seguente
af
da
Z
N= (8.16)
ai C(S)m (F (a)a)m
Come noto, la durata calcolata attraverso questo metodo fortemente influen-
zata dal valore della dimensione iniziale della cricca impiegata (i questo caso i
difetti rilevati o la mancanza di penetrazione). Il valore finale della lunghezza
della cricca af pu essere determinato, nel caso di lamiere e giunti saldati, come
lo spessore delle membrature attraversate dalla frattura (o nel caso di giunti a
grosso spessore come il valore in corrispondenza del quale si supera il valore di
tenacit alla frattura KIc sotto lazione dei carichi massimi di esercizio).
Per il fattore di forma F lassunzione che spesso si fa nelle saldature, anche
per effetto delle concentrazioni di sforzo al piede ed alla radice della saldatura,
considerare cricche 2D. I fattori di intensit degli sforzi (SIF) sono ricavati
da formule approssimate basate su analisi agli elementi finiti o con mediante
BEM, e coprono la maggior parte dei casi di interesse pratico, figura 8.41. Per
quanto riguarda la curva di propagazione unampia serie di risultati sperimentali
ha mostrato come la velocit di propagazione sia la stessa per diversi materiali
saldati (vedasi Fig. 8.40 per saldature in acciaio).
158
Figura 8.37: Difetti di saldatura: criccatura a freddo e a caldo [14].
159
Figura 8.40: Velocit di propagazione ricavata da prove di laboratorio su provini
precriccati. Si noti che la velocit di propagazione non viene influenzata dal tipo di
microstruttura.
160
Figura 8.41: Fattori di intensit degli sforzi per giunti saldati di differenti geometrie.
161
Materiale C m m
mm/ciclo
MP a m
9
acc. ferritici perlitici 6, 9 10 3,0
acc. austenitici 5, 6 109 2,3
7075 T6 2, 7 108 3,7
Ti6Al4V 1, 0 108 3,2
Tabella 8.1: Valori dei coefficienti della legge di Paris per alcuni materiali (R=0)
[21]
162
Figura 8.43: Molatura del cordone di saldatura. La soluzione b) ha efficacia,
mentre la resistenza della geometria a) poco differente da quella del cordone
originale.
TIG dressing luso della tecnica di saldatura TIG, con la fusione locale del
cordone migliora la forma del cordone e rimuove i microintagli che potreb-
bero presentarsi nel cordone. I migliori risultati si ottengono per saldature
trasversali e per gli acciai ad elevata resistenza.
163
Figura 8.44: Aumento della resistenza a fatica di acciai strutturali (R = 0)
realizzato mediante lapplicazione di differenti accorgimenti di fabbricazione.
164
Bibliografia
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Prentice Hall, Upper Saddle River (NJ), 2003.
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New York, 1997.
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lesecuzione, il collaudo e la manutenzione. UNI, 1988.
[16] BS 7068, Code of practice for fatigue design and assessment of steel
structures. British Standards Institution, 1993.
166
Appendice
Una lista delle correzioni e delle aggiunte nelle edizioni per A.A. 2010-11:
nella revisione del 4 giugno 2011 corretta la simbologia per le iperstatiche
di bordo nel recipiente in pressione (ora M e T );
nella revisione del 8 giugno 2011 rivisti gli esercizi del Cap. 5;
nella revisione del 7 maggio 2012 corretto errore formula ott ed introdotti
sforzi nei cilindri (Cap. 5);
nella revisione del 10 giugno 2012 corretto errore formula (7.60).
167