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(Gasiorowicz)
17 agosto 2019
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Indice
3 Equazione di Schrödinger 16
3.1 Derivazione dell’equazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16
3.1.1 Operatori Energia e Momento . . . . . . . . . . . . . . . . 17
3.2 Condizioni iniziali e phi(p) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18
3.3 Equazione di continuità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18
3.4 Postulati meccanica quantistica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20
Indice 3 / 223
10 Metodo Operatoriale 77
10.1 Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 77
10.2 Operatori di proiezione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 80
10.3 Degenerazione e autofunzioni in comune . . . . . . . . . . . . . . . 80
15 Spin 115
15.1 Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 115
15.2 Matrici di Pauli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 116
Indice 6 / 223
24 Entanglement 187
Indice 8 / 223
Capitolo 1
1.1 Introduzione
1
c2 =
µ0 ϵ0
il problema che sorge è capire cosa si intende quando si parla di velocità dell’onda.
Infatti, se pensiamo al suono come un’onda sappiamo che la sua velocità nell’aria
è circa 340ms−1 mentre nell’acqua è 4 volte superiore. Per la luce la questione è
più delicata, in quanto l’onda si propaga anche tra distanze astronomiche in cui
non v’è altro che il vuoto. Si pensò all’etere come mezzo di propagazione della
luce, ma l’esperimento di Michelson Morley confermò la non esistenza di tale
mezzo. Nel 1905 Einstein propose la teoria della relatività speciale in cui stabilì
i due postulati:
λmax T = cost
cioè tutti i corpi neri che hanno lo stesso picco λmax hanno le stesse caratteristiche,
indipendenti dai dettagli di cui sono costituiti.
1.2.1 Calcolini
2L
λ=
n
c
ν=
λ
n
ν= c
2L
Calcoliamo la spaziatura, in termini di frequenza, tra un modo n e il suo successivo
n+1 :
c c
∆λn+1 − ∆λn = (n + 1 − n) =
2L 2L
Posso inoltre calcolare il numero di modi presenti in un intervallo dν di frequenza:
2L
dn = dν
c
Dalle osservazioni dello spettro nero in funzione dell frequenza, Rayleigh e Jeans
notano la somiglianza con una maxwelliana, come nelle distribuzioni di velocità
delle particelle. Per ricavare la Maxwelliana si utilizza il toerema di equipartizione
dell’energia e di conseguenza anche loro pensano di utilizzarlo, assegnando ad
ogni modo dell’oscillatore un energia kT . In una cavità tridimensionale bisogna
immaginare l’onda oscillante lungo i tre assi cartesiani e avente quindi un numero
di modi nx , ny , nz . Generalizzando il concetto ottengo che
√ c 4ν 2 L2
ν= n2x + n2y + n2z ⇒ n2x + n2y + n2z =
2L c2
Bisogna immaginare di avere un raggio del numero di modi (effettivamente è
un’astrazione un po’ strana ma guardando i conti ci si può rendere conto) di cui
Capitolo 1. Problemi della fisica classica 3 / 223
( )3
1 4 3 1 4 (√ 2 )3 1 4 2Lν
N= πr = π nx + n2y + n2z = π
83 83 83 c
C’è inoltre da tenere conto di un fattore 2, dovuto al fatto che lungo una direzione
il campo elettromagnetico può essere polarizzato in due modi:
( )3
π 2Lν
Ncorretto = 2N =
3 c
Questa equazione prende il nome di Legge di Rayleigh-Jeans. Il modello funziona
bene per le basse frequenze, ma la previsione si discosta nel campo dell’ultravio-
letto. A descrivere il comportamento per basse lunghezza d’onda c’era la legge di
Wien, una legge sperimentale, per cui la densità di energia avesse un andamento
del tipo
u(ν, T ) ∝ e(−αν/T )
Inoltre, era nota la formula di Stefan per cui l’emittanza di un corpo nero vale:
q = σT 4
Oppure:
∫ ν
u(ν, T )dν = σT 4
0
Esercizio dimensionale
Giochino sulle quantità dimensionali. Nel corpo nero la mia teoria ha dei para-
metri fondamentali in questione, che sono
ν T c kB
Ipotesi di Planck
Planck ipotizza che l’energia scambiata En per ogni modo fosse scambiata in
quantità discrete:
En = nhν
e−Ei /KT
P (E; T ) = ∞
∑
e−Ei /KT
i=0
8πhν 3 hν
u(ν, T ) =
c3 ehν/kT −1
Facendo i limiti per T → 0 e per T → ∞ ritrovo le leggi di Wien e di Rayleigh-
Jeans. Torna anche la legge di Stefan. L’integrale non diverge ma
∫ ( )4
8πh kT π4
udν = = σT 4
c3 h 15
∂E 1
∆E 2 = β :=
∂β kT
So che
EP lanck = u(ν)hν
Quindi:
∂E 1 hν/kT
= (hν) ( )2 (hν)e
∂β ehν/kT −1
Noto che:
1
ehν/kT = 1 + n(v) con n(ν) =
ehν/kT −1
Studiamo le fluttuazioni di energia nei limiti di alte e basse temperature:
kT
≫1
hν
∆E 2 [u(ν)]2 ≈ (kT )2
kT
≪1
hν
∆E 2 = (hν)2 e−hν/kT
e−ρV (ρV )n
P (n) =
n!
dove ρ è la densità di particelle nel Volume. ρ · V = Nparticelle Calcoliamo media
e varianza del numero di particelle libere:
∑ n(ρV )n
< n >= e−ρV = ρV = Nparticelle
n!
∑ N 2 (ρV )n
< n2 >= e−ρV =< n >2 + < n >
n!
∆n2 =< n2 > − < n >2 = < n >
Già trattato in fisica III. Quello che c’è da ricordare è che secondo la fisica clas-
sica, il tempo necessario per una sorgente di luce a far uscire un elettrone ester-
no dal suo atomo era nell’ordine di 105 s, in totale disaccordo con le evidenze
sperimentali.
Anche qua già fatto. Bisogna ricordare che i calcoli sono stati fatti utilizzando la
cinematica relativista e il momento di un fotone è p = E/c anche se non sappiamo
bene il perchè. A volte può succedere che il fotone colpisca un elettrone interno e
faccia rinculare l’atomo.
h
λ=
p
λ = 2d sin θ
h h
λ= =
p mv
p2 1
Ekin = = mv 2
2m 2
h h
λ= √ = √
2mEkin m 2Ekin /m
λBragg = 1.65A◦
λDeBroglie = 1.63A◦
Uno degli esperimenti più noti, che mostra la formazione di figure d’interferenza
non dalla sovrapposizione di onde ma dall’interazione di un fascio di elettroni con
una doppia fenditura. Questo esperimento conferma l’ipotesi di DeBroglie perchè
Capitolo 1. Problemi della fisica classica 8 / 223
mostra che alle particelle di materia è possibile associare una lunghezza d’onda e
un comportamento prettamente ondulatorio, com’è quello dell’interferenza.
Non è possibile osservare da quale delle due fenditure sia passato il singolo elet-
trone: infatti se poniamo una fonte luminosa dopo le fenditure per osservare il
passaggio degli elettroni e identificarne il lato, l’esperimento viene perturbato e
la figura di interferenza scompare a causa degli urti fotone-elettrone. Diminuen-
do l’intensità luminosa per disturbare un numero minore di elettroni la figura di
interferenza riappare ma peggiora la risoluzione della nostra osservazione, non
permettendoci di nuovo di capire da dove passa l’elettrone.
E’ evidente che il ruolo dell’osservatore è fondamentale nell’esperimento e ne
perturba l’esecuzione.
Un altro problema della fisica classica era quello della stabilità dell’atomo. Era
sicuramente noto che il modello a panettone di Thomson fosse errato ed era ben
accettata la teoria dell’esistenza del nucleo atomico. Il modello atomico accettato
era quello di Rutherford. Ciò che non ci si riusciva a spiegare era come l’ato-
mo potesse essere stabile visto che che gli elettroni girando intorno al nucleo ed
essendo particelle cariche, irraggiano energia.
Consultare il Jackson
per ricavare la formula, ma si ottiene che l’energia persa nel tempo da un elettrone
di carica e , di accelerazione a è data da:
( )
dE 2 e2 a2 1
=
dt 3 c3 4πϵ0
Il moto è circolare uniforme e quindi l’unico contributo della forza centripeta è
dato dall’interazione columbiana tra l’elettrone e il nucleo. Nel caso più semplice
dell’atomo di Idrogeno:
mv 2 e2 1
= 2
r r 4πϵ0
e2 1
a=
mr2 4πϵ0
( )3
dE 2 e6 1
=
dt 3 m2 c3 r4 4πϵ0
Immagino che tutta l’energia venga persa nel fenomeno in gioco. Domanda: come
so che l’energia cinetica dell’elettrone non è relativistica? Risposta: La relatività
inizia ad avere un aspetto rilevante quando l’energia cinetica è confrontabile con
l’energia di massa a riposo della particella. In questo caso l’energia di legame
dell’elettrone è nell’ordine del eV mentre la massa dell’elettrone è circa 511keV
quindi posso stare tranquillo che l’energia non è relativistica. Come ben noto,
l’energia cinetica di una particella è:
1
K = mv 2
2
Capitolo 1. Problemi della fisica classica 9 / 223
K 1 e2 1 3 m2 c3 r4
t= = (4πϵ0 )3 ≈ 10−10 s
dE/dt 2 r 4πϵ0 2 e6
a = ω 2 r = 4π 2 f 2 r
Capitolo 2
2.1.1 Fotoni
⃗
E(x, t) = E⃗1 (x, t) + E⃗2 (x, t)
Il campo elettrico risultante sullo schermo è dato dalla somma dei due campi,
sfruttando la linearità delle equazioni di Maxwell e quindi il principio di sovrap-
posizione degli effetti. Ciò che misuriamo è l’intensità della radiazione, data dal
modulo quadro del campo elettrico totale:
I = |E⃗1 + E⃗2 |2
2.1.2 Elettroni
Consideriamo ora un fascio di elettroni che raggiunge una doppia fenditura. L’elet-
trone è sempre stato descritto come una particella: percorre traiettorie governate
dai campi elettromagnetici, ha massa e trasporta una determinata energia e mo-
mento. L’interazione con le fenditure crea però una figura di interferenza. Anche
qui potremmo immagine di far passare un elettrone per volta, ma l’effetto com-
plessivo sarebbe comunque una figura di interferenza: è una proprietà del singolo
elettrone. Possiamo immaginare quindi di descrivere l’elettrone, come il fotone,
con un campo ⃗e(x, t) , più precisamente una funzione d’onda ψ(⃗r, t) . Poichè l’e-
lettrone deve interferire con se stesso dobbiamo assumere che ψ(⃗r, t) obbedisca a
un’equazione lineare. A questa funzione d’onda associamo quindi la probabilità
che l’elettrone arrivi sullo schermo in ⃗r .
Nel caso in cui una sola fenditura sia aperta la probabilità è data da
Nel caso in cui entrambe siano aperte la probabilità è il modulo quadro della
somma delle due funzioni d’onda, in analogia con l’intensità dell’onda luminosa:
Cerchiamo di dare una forma alla funzione d’onda di una particella. Partiamo
dalla formula più generale: un onda armonica piana che si propaga sull’asse x con
numero d’onda k e pulsazione w .
∫ +∞
ψ(x, t) = dkA(k)ei(kx−wt)
−∞
A(k) = e− 2 (k−k0 )
α 2
Possiamo notare due contributi in questa equazione. Il fattore e−x /2α modula
2
l’ampiezza del pacchetto e lo localizza nello spazio intorno a x = 0 con una forma
gaussiana. Il termine eik0 x è un fattore “di onda piana” con numero d’onda k0
all’istante t = 0 . Vediamo quindi che il pacchetto d’onda non è più un’onda
Capitolo 2. Dualismo onda particella 13 / 223
∆x∆k = 4 = cost
Maggiore è la larghezza del pacchetto nel dominio dei numeri d’onda, minore è
l’estensione del pacchetto nello spazio.
Aver messo un fattore esponenziale vuol dire aver perturbato l’andamento soli-
to della luce attraverso le fenditure. Questo può essere realizzato per esempio
Capitolo 2. Dualismo onda particella 14 / 223
Se alla domanda “dove si trova la particella?” possiamo solo rispondere “la pro-
babilità che la particella si trovi in una certa regione di spazio è ...”, si pone
un problema: dove si trovava la particella prima che andassimo a misurarne la
posizione?
Capitolo 2. Dualismo onda particella 15 / 223
Capitolo 3
Equazione di Schrödinger
2π h p
k= λ= k=
λ p ℏ
p2
ω = 2πν E = hν E=
2m
Se nella funzione d’onda ψ(x, t) sostituisco p, E al posto di k, ω ottengo:
∫ ∞
1 1
ψ(x, t) = √ Φ(p)ei(px−Et) ℏ dp
2πℏ −∞
Φ(p)
La quantità √ gioca lo stesso ruolo che aveva precedentemente A(k) . Sappiamo
2πℏ
p 2
che possiamo scrivere l’energia di una particella libera in moto come E = 2m ,e
ricordando la formula della velocità di gruppo del pacchetto si trova vg = ∂ω
∂k =
∂E p
∂p = m . Notiamo che non viene usata l’energia in forma relativistica, perchè
altrimenti la teoria diventa inconsistente.
Procediamo dunque differenziando la funzione d’onda rispetto al tempo e allo
spazio nel modo seguente:
∫
∂ 1 1
iℏ ψ(x, t) = √ Φ(p)Eei(px−Et) ℏ dp
∂t 2πℏ ∫
ℏ ∂ 1 1
ψ(x, t) = √ Φ(p)pei(px−Et) ℏ dp
i ∂x 2πℏ
( )2 2 ∫
ℏ ∂ 1 1
2
ψ(x, t) = √ Φ(p)p2 ei(px−Et) ℏ dp
i ∂x 2πℏ
∂ ℏ2 ∂ 2
iℏ ψ(x, t) = − ψ(x, t)
∂t 2m ∂x2
L’ultima equazione rappresenta l’equazione di Schrödinger per una particella li-
p2
bera. Se la particella è sottoposta ad un potenziale scriviamo E = 2m + V . In
sostanza cambia poco perchè la nuova funzione d’onda è uguale a quella vecchia
Capitolo 3. Equazione di Schrödinger 17 / 223
iV (x)t
moltiplicata per un fattore di fase e ℏ , che non cambia il moto della parti-
cella. Evidentemente questo è errato in quanto in una regione a potenziale non
nullo sappiamo che il moto cambia a seconda della posizione. Dovremo dunque
sistemare l’equazione di Schrodinger per tenere conto di questo fatto. Per fare ciò
basta scrivere:
∂ ψ(x, t) ℏ2 ∂ 2 ψ(x, t)
iℏ =− + V (x)ψ(x, t)
∂t 2m ∂x2
Che esiste anche per ψ(x, t)∗ coniugando l’equazione:
∂2 1 ∂2
Ψ = Ψ
∂t2 c2 ∂x2
Il fatto che L’equazione di Schrodinger sia un’equazione differenziale al primo
ordine mentre quella delle onde piane sia del secondo ordine è importante: ci
dice infatti che in meccanica quantistica possiamo solo trovare la probabilità per
una particella di trovarsi in una certa posizione ad un certo tempo, mentre in
meccanica classica date le condizioni iniziali si può sapere il moto per ogni (x, t)
.
Abbiamo diritto di dire che è una teoria poco robusta. La questione è che po-
chi mesi prima Heisenberg aveva concluso uno studio sofisticato sull’analisi dei
fenomeni atomici in termini di quella che chiamò “meccanica delle matrici”. Era
una teoria complessa che definiva la probabilità di transizione dei livelli energetici
durante i fenomeni atomici. La trattazione di Schrodinger risolveva in modo equi-
valente il problema, semplificando di gran lunga il procedimento . Il retroscena
teorico dell’equazione di Schrodinger si può dunque trovare nella meccanica di
Heisenberg.
′
Ψ = OΨ
∂ ∂2
iℏ →E − ℏ2 → p2
∂t ∂x2
Se andassimo a sostituire otterremmo
p2
EΨ(x, t) = Ψ(x, t)
2m
Capitolo 3. Equazione di Schrödinger 18 / 223
Abbiamo detto che l’unica condizione iniziale necessaria per risolvere l’eq. di
Schroedinger è ψ(x, 0) . Inoltre la soluzione dipende dalla forma del pacchet-
to d’onda, cioè da ϕ(p) . Queste due quantità sono legate esattamente da una
trasformata di Fourier:
∫ +∞
1
ψ(x, 0) = √ dp ϕ(p) eipx/ℏ
2πℏ −∞
∆x∆p ≥ const
∂ ℏ2 ∂ 2
iℏ Ψ(x, t) = − Ψ(x, t)
∂t 2m ∂x2
∂t |Ψ|
∂ 2
Calcoliamo :
∂
|Ψ|2 =
∂t
∂Ψ∗ ∂Ψ
Ψ + Ψ∗
=
∂t ∂t
∂ ∗ ℏ2 ∂ 2 ∗
−iℏ Ψ = − Ψ
∂t 2m[∂x2 ]
∂ 1 ℏ2 ∂ 2 Ψ ∗ ℏ2 ∂ 2 Ψ∗
|Ψ| = −
2
Ψ −Ψ
∂t iℏ 2m ∂x2 2m ∂x2
( )
ℏ ∂ ∂Ψ ∂Ψ∗
=− Ψ∗ −Ψ
2mi ∂x ∂x ∂x
∂ ∂
|Ψ|2 + J =0
∂t ∂x
Dove abbiamo chiamato J la quantità
( )
ℏ ∗ ∂Ψ ∂Ψ∗
J= Ψ −Ψ
2mi ∂x ∂x
dove abbiamo usato il teorema della divergenza e abbiamo considerato J come una
corrente di probabilità. Vediamo quindi l’analogia con l’equazione dei continuità
del vettore densità di corrente dell’elettrostatica: La variazione nel tempo della
densità di probabilità contenuta in un generico volume deve essere uguale al
flusso della corrente di probabilità attraverso quel volume. Si tratta di una legge
di conservazione della probabilità.
Ora mandiamo all’infinito la superficie in considerazione, includendo tutto l’u-
niverso. Poichè la funzione d’onda ψ(x, t) deve essere una funzione continua e
appartenente a L2 , all’infinito tende a 0 più velocemente di qualsiasi potenza di
xn .Quindi il termine a destra nell’equazione espandendo la superficie all’infinito
tende a 0. Questo dimostra che la probabilità totale nell’universo si conserva, in
analogia con il principio di conservazione della carica.
Capitolo 3. Equazione di Schrödinger 20 / 223
Potenziale complesso
Notiamo come nel calcolo la corrente di probabilità non dipenda dal potenziale
V (x) : questo è dovuto al fatto che si è assunto che il potenziale fosse reale. Se
così non fosse possiamo scrivere
Ogni misura di un osservabile può avere come risultato solo uno degli autovalori
dell’operatore associato.
Grazie alla quale sappiamo che data una funzione d’onda ψ(x, 0) possiamo calco-
lare la sua evoluzione temporale come:
ψ(x, t) = e−
iÊt
ℏ ψ(x, 0)
∂
Dove Ê = iℏ ∂t è l’operatore Energia del sistema.
Capitolo 4. Principio di indeterminazione di Heisenberg 22 / 223
Capitolo 4
Principio di indeterminazione
di Heisenberg
Abbiamo visto in più situazioni sperimentali che vale una relazione di indetermi-
nazione sulla posizione e il momento di una particella.
ℏ
∆x∆p ≥
2
Dove l’uguaglianza è valido nel caso che la funzione d’onda della particella sia
descritta tramite una distribuzione gaussiana. In seguito daremo anche una di-
mostrazione teorica. Troveremo spesso citato nella forma
ℏ
∆E∆t ≥
2
Questa relazione non ha nulla a che vedere con la relazione di Heisenberg anche
se gli assomiglia molto e anche se in relatività il quadrimomento associa energia
e momento, la quadriposizione assoccia tempo e posizione quindi viene molto
naturale associare al principio di indeterminazione ∆x∆p il suo omologo ∆E∆t e
questo è uno dei motivi che porta alla non consistenza della meccanica quantistica
relativistica.
Per rispondere alla domanda, immaginiamo di avere una funzione d’onda ψ(x, t)
di cui possiamo calcolare ∆x, ∆p . Sviluppiamo secondo taylor al primo ordine
∆E
∂ E
∆E = ∆p
∂p p=p0
∂ ω
= ∆p
∂k
= vgruppo ∆p
Capitolo 4. Principio di indeterminazione di Heisenberg 23 / 223
∆x
:= τ
vg
∆x ℏ
∆E ∼ vg ∆p ∼ ∆p ∼
τ τ
∆E τ ∼ ℏ
λ
sin θ ≈ θ ≈
a
Chiamo con θ/2 l’angolo di diffrazione e considero la variazione di momento ∆py
lungo l’asse y dovuta alla particella che attraversa la fenditura. Per il principio
di indeterminazione vale che:
ℏ ℏ
∆py ≥ =
∆y a
∆py ℏ λ λ
tan θ ≈ θ = ≥ = =
px ∆ypx ∆y a
Microscopio di Heisenberg
h h
− sin θ ≤ px ≤ sin θ
λ λ
Da cui discende direttamente
h
∆px = 2 sin θ
λ
L’indeterminazione sulla posizione è nota dalle leggi di ottica
λ
∆x =
2 sin θ
Dunque è facile notare che
∆px ∆x = h
λ << rn+1 − rn
ℏ [ ]
= (n + 1)2 − n2
mcα
ℏ
≈ n
mcα
Capitolo 4. Principio di indeterminazione di Heisenberg 25 / 223
m(cα)2
∆E >> = |En |
n2
Quindi per vedere l’elettrone sull’orbita ennesima dovremmo dare un’ energia
molto più grande per cui lo strapperemmo dalla sua orbita e dunque non sono
osservabili.
Definiamo un operatore
( )
iλ
x+ p
ℏ
∫ ( ) 2
∞
x + λ d ψ dx ≥ 0
dx
−∞
Visto che l’integrando è una quantità positiva o nulla. Possiamo dunque esplicitare
tramite prodotto scalare e dire
∫ ( ) ( )
∂ ∂
dx x + λ ψ∗ x + λ ψ
∂x ∂x
∫ ∫
∂ ∂ 2
= ⟨x ⟩ + λ
2
dx x |ψ|2 + λ2 dx ψ
∂x ∂x
Da cui
∫
∂
λ dx x |ψ|2 = −λ
∂x
∫ ∫
∂ 2 p2 λ2
λ2
dx ψ = λ2 dp 2 |ψ|2 = 2 ⟨p2 ⟩
∂x ℏ ℏ
∂
Avendo sostituito ∂x = ℏi p . Torniamo alla somma iniziale sostituendo i risultati
ottenuti
λ2 2 ⟨p2 ⟩ 2
⟨x2 ⟩ − λ + ⟨p ⟩ = λ − λ + ⟨x2 ⟩ ≥ 0
ℏ2 ℏ2
Abbiamo messo così in evidenza una disequazione di secondo grado in λ . Il
discriminante deve essere negativo in modo da dare solo soluzioni complesse.
Soluzioni reali darebbero la possibilità al polinomio di diventare negativo.
4 2 2
∆=1− ⟨p ⟩⟨x ⟩ ≤ 0
ℏ2
ℏ2
⟨p2 ⟩⟨x2 ⟩ ≥
4
Possiamo scegliere l’origine delle variabili d’integrazione in modo che risulti x̄ =
p̄ = 0 . Di conseguenza ⟨x⟩ = ⟨p⟩ = 0 . Dunque, ricordando che per definizione
Capitolo 4. Principio di indeterminazione di Heisenberg 27 / 223
√ √
∆p = ⟨p2 ⟩ − ⟨p⟩2 ∆x = ⟨x2 ⟩ − ⟨x⟩2
ℏ
∆p∆x ≥
2
L’uguaglianza stretta vale solo per i pacchetti d’onda gaussiani. Ricordiamo che
questo vale per misurazioni contemporanee, cioè ad uno stesso istante di tempo
t e non va confuso con la relazione
ℏ
∆E∆t ≥
2
La dimostrazione infatti non può essere analoga al caso del momento e della
posizione, in quanto il tempo non è un operatore ma un parametro del sistema
considerato.
ϕ = Gψ
ϕ∗ = Gψ ∗
∫ ∫
+∞
∗ †
+∞ [ ][ ]
ψ G Gψ dx = dx ψ ∗ (A − Ā) − iλ(B − B̄) (A − Ā) + iλ(B − B̄) ψ
−∞ −∞
∫+∞ [ ]
= dx ψ ∗ (A − Ā)2 + λ2 (B − B̄)2 + iλ(A − Ā)(B − B̄) − iλ(B − B̄)(A − Ā) ψ
−∞
∫+∞ { }
= dx ψ ∗ (A − Ā)2 + λ2 (B − B̄)2 + iλ [A, B] ψ
−∞
[∫ +∞ ] [∫ +∞ ] ∫
( )2 +∞
= dx ψ ∗ B − B̄ ψ λ2 + dx ψ ∗ [A, B] ψ iλ + dx ψ ∗ (A − Ā)2 ψ
−∞ −∞ −∞
Notare che gli ultimi due termini costituiscono l’operatore iλ[A, B] , che in gene-
rale non è hermitiano. Se c’è la i davanti però è hermitiano, quindi il suo valore
medio è reale.
Analizziamo i termini:
∫ +∞
ψ ∗ (A − Ā)2 ψ dx = ∆A2
−∞
∫ +∞
ψ ∗ (B − B̄)2 ψ dx = ∆B 2
−∞
aλ2 + bλ + c ≥ 0
dove:
a = ∆B 2
∫ +∞
b= dx i ψ ∗ [A, B]ψ
−∞
c = ∆A2
Come nel caso particolare, abbiamo bisogno che il discriminante di tale polinomio
sia negativo in modo che il polinomio stesso risulti positivo o nullo:
∆≤0
4ac ≥ b2
√
2 ac ≥ |b|
Capitolo 5
Operatori posizione e
momento
O† = O
∂x
=0
∂t
d<x>
< p >=< mv >= m < v >= m
dt
Calcoliamolo esplicitamente:
∫ ∫ [ ]
d +∞
∂ ψ∗ ∂x ∂ψ
< p >= m ψ ∗ xψdx = m dx xψ + ψ ∗ ψ + ψ ∗ x
dt −∞ ∂t ∂t ∂t
∂ ℏ2 ∂ 2
iℏ ψ(x, t) = − Ψ(x, t)
∂t 2m ∂x2
∂ ℏ ∂2
m ψ(x, t) = − ψ(x, t)
∂t 2i ∂x2
O equivalentemente per ψ ∗ (x, t)
∂ ∗ ℏ ∂2 ∗
m ψ (x, t) = ψ (x, t)
∂t 2i ∂x2
Confrontando con i due termini rimanenti nell’integrale si ottiene
∫ ∞ [ ] ∫ [ 2 ]
∂ ∗ ∗ ∂ ℏ ∂ ∗ ∗ ∂
2
m ψ xψ + ψ x ψ dx = dx ψ xψ − ψ x 2 ψ
−∞ ∂t ∂t 2i ∂x2 ∂x
Concentriamoci sulle quantità tra parentesi quadre: il primo termine può essere
scritto come
[ ]
∂2 ∗ ∂ ∂ ∗ ∂ψ ∗ ∂ψ ∗ ∂ψ
ψ xψ = ψ xψ − ψ− x
∂x2 ∂x ∂x ∂x ∂x ∂x
[ ] [ ]
∂ ∂ ∗ ∂ ∗ ∗ ∂ψ ∂ ∗ ∂ψ ∂ψ ∂ 2ψ∗
= ψ xψ − [ψ ψ] + ψ − ψ x + ψ∗ + ψ∗x
∂x ∂x ∂x ∂x ∂x ∂x ∂x ∂x2
2 ∗
[ ]
∂2 ∗ ∗ ∂ ψ ∂ ∂ ∗ ∗ ∗ ∂ψ ∂ψ
2
ψ xψ − ψ x 2
= ψ xψ − ψ ψ − ψ x + 2ψ ∗
∂x ∂x ∂x ∂x ∂x ∂x
Capitolo 5. Operatori posizione e momento 32 / 223
La quantità tra parentesi quadre è la derivata di alcune funzioni d’onda che, inte-
grate su tutto lo spazio, sono normalizzate ad una costante, per cui non influisce
nell’integrale. Dunque l’integrale che avevamo all’inizio adesso ha la forma
∫ ∞
ℏ ∂ψ
⟨p⟩ = ψ∗ dx
−∞ i ∂x
ℏ
Una prima considerazione va fatta sul rapporto i : vale la seguente catena di
uguaglianze
ℏ iℏ ℏ ℏ
= =i 2 =i = −iℏ
i ii i −1
Questo suggerisce che l’operatore momento abbia forma
h ∂ ∂
p= = −iℏ
i ∂x ∂x
∫ ∞ ( )2 ∫ ∞
∗ ℏ ∂ ∂2
⟨p ⟩ =
2
ψ ψ dx = −ℏ 2
ψ∗ ψ dx
−∞ i ∂x −∞ ∂x2
Ora vogliamo dimostrare che il valore d’aspettazione del momento è sempre reale,
scriviamo
( ) ∫ ∞ ( )
∗ ℏ ∂ψ ∗ ℏ ∂ψ ∗
⟨p⟩ − ⟨p⟩ = ψ −ψ − dx
−∞ i ∂x i ∂x
∫
ℏ ∞ ∗ ∂ψ ∂ψ ∗
= ψ +ψ dx
i −∞ ∂x ∂x
∫
ℏ ∞ ∂
= (ψ ∗ ψ) dx
i −∞ ∂x
=0
Sempre perchè stiamo integrando funzioni d’onda su tutto lo spazio. Un altro mo-
do semplice per evidenziare come il valore d’aspettazione dell’operatore momento
debba essere reale è il seguente: innanzitutto riscriviamo tale valore
∫ ∞
ℏ ∂Ψ
⟨p⟩ = Ψ∗
−∞ i ∂x
∫ ∞
ℏ ∂Ψ∗
⟨p⟩ = Ψ ∗
Ψ|∞
−∞ − Ψ
−∞ i ∂x
∗
= 0 + ⟨p⟩
⟨p⟩ − ⟨p⟩∗ = 0
∂
Hψ = iℏ ψ
∂t
Tratteremo più avanti il fatto che l’operatore
p2
H= + V (x)
2m
e che l’energia E è un autovalore di H .
∫ ∞
|Φ(p)|2 dx =
−∞
∫ ∞
= Φ∗ (p)Φ(p) dp
∫−∞
∞ ∫ ∞
∗ 1 ipx
= Φ (p) √ Ψ(x, 0)e− ℏ dx dp
−∞ 2πℏ −∞
∫ ∞ ∫ ∞
1 ipx
=√ Ψ(x, 0) ϕ∗ (p)e− ℏ dp dx
2πℏ −∞ −∞
∫ ∞
= Ψ∗ Ψ dx
−∞
=1
e sostituiamo nell’integrale
∫ ∞ [ ∫ ∞ ( ) ]
∗ 1 ∂ ℏ ipx
ψ √ Φ(p) e ℏ dp dx
−∞ 2πℏ −∞ ∂p i
Spostiamo tutte le quantità che sono costanti o dipendono dalla posizione all’in-
terno della derivata rispetto al momento (che non andranno ad influenzare)
∫ ∞ [ ∫ ∞ ]
∂ ℏ 1 ∗ ipx
Φ(p) √ ψ e ℏ dx dp
−∞ ∂p i 2πℏ −∞
M omento −iℏ ∂x
∂
p
∂
xpψ(x) = x(−iℏ) ψ(x)
∂x
Adesso proviamo ad applicare nell’ordine opposto
[ ]
∂ ∂ψ
pxψ(x) = −iℏ [xψ(x)] = −iℏ ψ(x) + x
∂x ∂x
Questa quantità è detta commutatore dei due operatori e si scrive con simbologia
[p, x] = −iℏ
Capitolo 5. Operatori posizione e momento 36 / 223
• Possiamo passare dallo spazio delle coordinate allo spazio dei momenti
ψ(x, t) ↔ ϕ(p)
∫
O < O >= dx ψ ∗ Oψ
• L’equazione di Schroedinger è
[ ]
∂ψ ℏ2 ∂ 2
iℏ = − + V (x) ψ := Hψ
∂t 2m ∂x2
• L’equazione di continuità è:
∂ρ ℏ
=− =∇
⃗ · J⃗
∂t 2mi
Capitolo 5. Operatori posizione e momento 37 / 223
quindi già vediamo che il potenziale non deve dipendere dal tempo, per rendere
la cosa facile da risolvere.
Sotto quest’ipotesi, la funzione d’onda può essere scritta nella forma
ψ(x, t) = T (t)u(x)
1 ∂T
iℏ = cost = E
T ∂t
Che si risolve in
T (t) = ce−
iEt
ℏ
Notiamo che il termine esponenziale è una fase, c è una costante, quindi T (t) deve
avere le proprietà di decrescenza rapida per fare in modo che |ψ(x, t)|2 sia una
p.d.f. . Il lato destro dell’equazione invece ci porta a scrivere
[ ]
ℏ2 ∂ 2
− + V (x) u(x) = Eu(x)
2m ∂x2
√
∆E = < E 2 > − < E >2
∫ ∫
< E > = ψ Hψdx = E ψ ∗ ψdx = E
∗
∫
< E > = ψ ∗ HHψdx = E 2
2
√
∆E = E 2 − E 2 = 0
i(E+V (0))t
T (t) = ce− ℏ
e
[ ]
ℏ2 ∂ 2
− + (V (x) + V (0)) u(x) = (E + V (0)) u(x)
2m ∂x2
Capitolo 6
6.1 Introduzione
∂ 2 u(x) 2mE
+ 2 u(x) = 0
∂x2 ℏ
Vediamo che è l’equazione di un oscillatore armonico, che è un’equazione diffe-
renziale del secondo ordine omogenea. Per risolverla distinguiamo due casi: quello
in cui E > 0 e quello in cui E < 0 .
Se E < 0 l’equazione avrà forma
∂ 2 u(x) 2m|E|
− k 2 u(x) = 0 k2 =
∂x2 ℏ2
La soluzione più generica possibile avrà forma
kx −kx
u(x) = C1 e + C2 e
u(0) = 0
u(a) = 0
Capitolo 6. Particella nella scatola 40 / 223
Il sistema non si può risolvere perché una soluzione di questo tipo non si può
raccordare con lo 0 ai bordi.
Se E > 0 l’equazione avrà forma
∂ 2 u(x)
+ k 2 u(x) = 0
∂x2
La soluzione più generale è del tipo
Ai bordi avremo
ℏ2 π 2 n2
En =
2ma2
Essendo n un valore discreto, vediamo che l’energia ha un valore minimo. L’ener-
gia è quantizzata, non assume valori continui, esiste un’energia minima di punto
zero che discende dal fatto che la particella è confinata in una buca di potenziale.
Per calcolare il valore di A è necessario sfruttare la condizione di normalizzazione
dell’autofunzione:
∫ +∞
u∗ (x)u(x)dx = 1
−∞
√
2 nπx
un (x) = sin
a a
Le un sono dunque le autofunzioni dell’hamiltoniana del sistema con autovalori
En
Nota bene:
∆p = F ∆t
Da cui
∆p
=F
∆t
E dunque
F →∞
6.2 Osservazioni
Che ha soluzioni
{
0 n ̸= m
1 n=m
Capitolo 6. Particella nella scatola 42 / 223
Quindi si ha che:
∫ a
dx u∗n (x) um (x) = δnm
0
ℏ2 π 2 n2
< p2 >= 2mEn =
a2
Questo ci mostra che non siamo in uno stato stazionario. Il potenziale nullo
all’interno della scatola ci permette di calcolare le autofunzioni della funzione
d’onda solo in quella zona. All’esterno il potenziale è infinito e la particella lo
sente. Essendo ⟨p2 ⟩ un’indicazione di quanto varii nel tempo ⟨p⟩ esso non può
essere nullo.
Possiamo quindi calcolare l’indeterminazione sul momento
√
√ ℏ2 π 2 n2 ℏπn
∆p = ⟨p2 ⟩ − ⟨p⟩2 = 2
=
a a
Mentre l’indeterminazione sulla posizione è la larghezza stessa della scatola cioè
∆x = a . Quindi il principio di Heisenberg in questo caso si scrive
πℏ h
∆x∆p = a =
a 2
Quindi l’energia di punto zero deriva dal principio di indeterminazione di Hei-
senberg. La posizione della particella è confinata tra 0 e a. Di conseguenza il
momento non può mai essere esattamente determinato, ma deve avere un ∆p .
Quindi la particella non può mai essere esattamente ferma ( p = 0 e ∆p = 0 ).
Capitolo 6. Particella nella scatola 43 / 223
Esempio
πℏ2
E1 = con m = 10g a = 10cm
2ma2
6.6 · 10−34 π 2
= ∼ 5.5 · 10−52 J
8π 2 · 10−2
ap
2aπ 1 + cos ℏ
|u(p)|2 = ( )
ℏ 2 2 2
ℏ2 − pℏa2
Notiamo che tutte le soluzioni sono oscillatorie, con una simmetria attorno ad
a/2 . La funzione è pari rispetto all’origine. Operando una traslazione:
a
x → x−
2
Capitolo 6. Particella nella scatola 44 / 223
{
sin nπ
a x n pari
un (x) = nπ
cos a x n dispari
La parità è sempre stata considerata una simmetria. Nel 1963 fu discusso della
violazione della parità. Teniamocela da parte; poi lo riprenderemo. Abbiamo solo
definito l’operatore parità come l’operatore che manda
x ↣ −x
u(x) = e±ikx
ψ(x) = ψ(x + a′ )
eikx = eik(x+a)
1 = eika
2πn
k=
a
2nπℏ
p=
a
Capitolo 6. Particella nella scatola 45 / 223
1 1
√ e−ikx √ eikx
a a
Possiamo considerare un’onda piana come un caso speciale di un’onda della forma
∫ +∞ √
eipx/ℏ
ψ(x, t) = dp ϕ(p) √ con ϕ(p) = 2πℏδ(p − ℏk)
−∞ 2πℏ
ℏ ℏ
∆p ∼ ∼ ∫ +∞
larghezza del pacchetto iqx/ℏ g(q)
−∞ dq e
Sappiamo che il problema alla base è che un’onda piana non è confinata in nessuna
regione finita dello spazio. Ciò significa che la probabilità di trovarla in un punto
è nulla. Un modo per aggirare il problema è scrivere la densità di corrente di
probabilità, o il flusso dell’onda piana:
Capitolo 6. Particella nella scatola 46 / 223
ψ(x, t) = Ceipx/ℏ
[ ( ) ( ) ]
iℏ 2 −ipx/ℏ ip ip −ipx/ℏ
j(x) = − |C| e eipx/ℏ
− |C| e
2 ipx/ℏ
− e
2m ℏ ℏ
[ ]
ℏ|C|2 2ip
=−
2m ℏ
p
= |C|2
m
Se notiamo, p/m è una velocità, mentre |C|2 rappresenta invece il numero di
particelle per metro che si muovono lungo la direzione x (perchè?). Quindi, im-
maginando che le particelle si muovano lungo una sola dimensione di lunghezza
Lx
p Nparticelle Lx Nparticelle
|C|2 = =
m Lx t tempo
Capitolo 7
Autovalori e autofunzioni
della funzione d’onda
ψ(0) = 0 ψ(a) = 0
∞
∑ ( nπ )
ψ(x, t) = cn sin x
a
n=1
Più generalmente:
∑
ψ(x, t) = An un (x) con un autofunzioni
Sappiamo che
∂
p̂ = −iℏ
∂x
Risolvendo quindi l’equazione otteniamo:
up (x) = ceipx/ℏ
Possiamo notare che si tratta della stessa espansione operata per l’energia nella
pagina precedente. In questo caso un (x) = eipx/ℏ e An = ϕ(p) . Il coefficiente di
ogni autofunzione non è più un valore definito An ma una funzione di p perchè
lo spettro in questo caso è continuo.
Anche in questo caso si può trovare il coefficiente ϕ(p) , che avrà indici continui:
∫ +∞
e−ipx/ℏ
Φ(p) = dx √ ψ(x)
−∞ 2πℏ
Utilizzando la stessa interpretazione che abbiamo dato nel caso dell’espansione
sulle autofunzioni dell’hamiltoniana, vediamo che Φ(p) è la probabilità di misurare
il momento p in una pacchetto ψ(x, t) . Quindi la nostra interpretazione di Φ(p)
come della funzione d’onda nel dominio dei momenti ha senso.
La probabilità di ottenere un impulso compreso tra p e p + dp è dunque
P (p) = |Φ(p)|2
Aϕ = aϕ a∈C
Aχ = aχ
Allora l’autovalore a è detto degenere. Se vi sono n per cui vale quello appena
scritto, si dice che a è n -degenere. Nel caso n = 2 , si può osservare che la
combinazione lineare delle due autofunzioni è a sua volte un’autofunzione, cosa
non vera in generale:
x ↣ −x
L’operatore di parità, per definizione, agisce solo sulla posizione e non sul tempo.
Il fattore di fase di una funzione d’onda e−iEn t/ℏ non influenza quindi la parità
della funzione stessa. Notiamo inoltre che se ψ(x, t) è pari:
P ψ = 1ψ λ=1
Se invece è dispari
P ψ = −1ψ λ = −1
1 1
ψ(x) = [ψ(x) + ψ(−x)] + [ψ(x) − ψ(−x)]
2
[ 2 ]
1 1
= (P + 1) + (P − 1) ψ
2 2
= ψ (+) + ψ (−)
∂
iℏ ψ(x, t) = Hψ(x, t)
∂t
Applichiamo l’operatore di parità P :
∂ ψ(x, t)
iℏP = P Hψ(x, t)
∂t
Se il potenziale V (x) è pari, allora l’operatore hamiltoniano è pari e quindi posso
invertire l’ordine:
Capitolo 7. Autovalori e autofunzioni della funzione d’onda 51 / 223
∂ P ψ(x, t)
iℏ = HP ψ(x, t)
∂t
Abbiamo in sostanza ricavato che la parità non dipende dal tempo e la relazione
tra i due operatori
HP ψ(x, t) = P Hψ(x, t)
HP ψ(x, t) − P Hψ(x, t) = 0
[H, P ] = 0
1
ψ(x, 0) = √ (u1 (x) + u2 (x))
2
Con u1 e u2 autofunzioni relativa ai valori E1 ed E2 dell’energia.
• E’ normalizzata?
∫ +∞ ∫
∗ 1
|ψ| =
2
ψ ψdx = |u1 |2 + |u2 |2 + u∗1 u2 + u∗2 u1 dx
−∞ 2
1
= 2=1
2
Quindi è normalizzata.
• è autostato dell’hamiltoniana?
1 [ ]
ψ(x, t) = √ e−iE1 t/ℏ u1 (x) + e−iE2 t/ℏ u2 (x)
2
Questa rappresenta in generale la funzione d’onda nel tempo con la dipendenza
temporale.
∫ +∞ ∫ +∞
∗ 1
<E>= ψ Hψ = (u∗1 + u∗2 )H(u1 + u2 ) dx
−∞ 2 −∞
∫
1 +∞ ∗
= (u + u∗2 )(E1 u1 + E2 u2 ) dx
2 −∞ 1
1
= [E1 + E2 ]
2
E1 + E2
=
2
2. Usare il postulato di espansione:
In questo caso
∫ +∞ ∫ +∞
1 1
|A1 | =
2
u∗1 ψ dx = |A2 | =2
u∗2 ψ dx =
−∞ 2 −∞ 2
Ricordando che
∑ ∑
<E>= pn En = |An |2 En
E1 + E2
=
2
∫
1 +∞ ∗
< x >|t=0 = ψ xψdx =
2 −∞
[∫ +∞ ∫ +∞ ∫ +∞ ∫ +∞ ]
1 ∗ ∗ ∗ ∗
= u xu1 + u2 xu2 + u1 xu2 + u2 xu1
2 −∞ 1 −∞ −∞ −∞
∫ ( πx ) ( ) ∫ ( πx ) ( )
a a 1 2 +∞ 2πx 1 2 +∞ 2πx
= + + x sin sin dx + x sin sin
2 2 2 a −∞ a a 2 a −∞ a a
a 16a
= − 2
2 9π
Capitolo 7. Autovalori e autofunzioni della funzione d’onda 53 / 223
[ )]
1 a a 16a ( i(E1 −E2 )t/ℏ −i(E1 −E2 )t/ℏ
< x > (t) = + − e −e
2 2 2 9π 2
( )
a 16a 1 1
< x > (t) = [cos(. . . ) + i sin(. . . )] + [cos(. . . ) − i sin(. . . )]
2 9π 2 2 2
( )
a 16a (E1 − E2 )t
= − 2 cos
2 9π ℏ
Capitolo 8
8.1 Introduzione
Sempre nell’ipotesi che il potenziale non dipenda dal tempo possiamo scrivere
l’equazione agli autovalori, ma in questo caso avremo:
∂ 2 u(x) 2m
+ 2 (E − V (x)) = 0
∂x2 ℏ
Prima di considerare alcuni esempi enunciamo e dimostriamo un teorema, noto
come il teorema di degenerazione.
afferma che gli autovalori dell’energia nei problemi unidimensionali non sono mai
degeneri. Ricordiamo che un autovalore è degenere se ad esso sono associate due
autofunzioni linearmente indipendenti. Dimostriamolo per assurdo in un caso
semplice.
Prendiamo ψ(x, t)1 e ψ(x, t)2 con lo stesso autovalore. Scrivendo l’equazione di
Schrodinger otteniamo:
ψ2′′ 2m
= − 2 (E − V (x))
ψ2 ℏ
ψ1′′ 2m
= − 2 (E − V (x))
ψ1 ℏ
Di conseguenza
ψ2′′ ψ1 = ψ1′′ ψ2
ψ2′′ ψ1 − ψ2′′ ψ1 = 0
∫ [ ∫ ]
ψ2′′ ψ1 − ψ2′′ ψ1 = ψ2′ ψ1 − dx ψ1′ ψ2′ − ψ2′ ψ1 − ψ1′ ψ2′ +C
Riscrivo e integro:
ψ2′ ψ′
= 1
ψ2 ψ1
log(ψ2 ) = log(ψ1 ) + Cψ2 = Cψ1
2mE 2m(E − V0 )
k2 = q2 =
ℏ2 ℏ2
L’equazione di Schrodinger indipendente dal tempo si scrive
∂ 2 u(x)
+ k2 = 0 x<0
∂x2
∂ 2 u(x)
+ q2 = 0 x>0
∂x2
Le soluzioni all’equazione differenziale si calcolano facilmente e sono:
{
Aeikx + Be−ikx = eikx + Re−ikx x<0
u(x) =
C1 eiqx + C2 e−iqx x>0
Capitolo 8. Potenziali in una dimensione 56 / 223
u(x) = C1 eiqx
ℏq 2
j(x) = |T |
m
In questo caso il significato T rappresenta il coefficiente di trasmissione dell’onda.
Ovviamente il flusso dev’essere uguale nel punto x = 0 per entrambe le soluzioni
trovate, quindi:
ℏk ℏq 2
(1 − |R|2 ) = |T |
m m
Imponiamo anche la condizione di continuità delle soluzioni nel punto x = 0 :
ik(1 − R) = iqT
Capitolo 8. Potenziali in una dimensione 57 / 223
k−q
R=
k+q
2k
T =
k+q
( )2
ℏk 2 ℏk k−q
|R| =
m m k+q
ℏq 2 ℏk 4kq
|T | =
m m (k + q)2
Alcune considerazioni
Invece un potenziale non limitato come una δ(x) di Dirac causa un salto nella
derivata della funzione d’onda:
( ) ( ) ∫
du +ϵ
− du = dx
d du
dx dx dx dx
ϵ −ϵ −ϵ
∫+ϵ
= dx δ(x) u(x) dx = u(0) = A
−ϵ
Un altro aspetto di particolare interesse è lo studio del sistema nel caso in cui
E < V0 . In questo caso, se ci poniamo in x > 0 notiamo che q diventa immaginario
puro e quindi la soluzione sarà scrivibile come:
u(x) = T e−|q|x
Capitolo 8. Potenziali in una dimensione 58 / 223
Quindi è presente solo il flusso dovuto alle onde riflesse. Ciononostante il coeffi-
ciente T non è nullo. L’interpretazione quantistica è che una parte delle onde che
colpisce il gradino di potenziale penetra nella regione x > 0 e la probabilità di
trovarle in tale regione decade esponenzialmente. Il caso è analogo alla situazione
in cui un raggio di luce incide tra due mezzi con un angolo maggiore rispetto
all’angolo critico: è sempre presente una parte di raggio che penetra nel secondo
mezzo e decade di intensità in modo esponenziale.
Per energie E >> V0 il coefficiente |R|2 è infinitesimo. Tutte le onde vengo-
no quindi trasmesse e il gradino funge solamente da ostacolo che perturba la
propagazione dell’onda.
Un’altra osservazione molto importante è la seguente: nel trovare R, T abbiamo
solo una dipendenza da k, q che a loro volta dipendono da E e E − V0 . Non
è presente l’azione di ℏ e quindi potremmo pensare di porci nel limite classico
imponendo ℏ = 0 (tanto ℏ non ha nessun effetto su R e T). Se siamo nel limite
classico significa quindi che possiamo osservare la parziale riflessione e trasmis-
sione di una particella? La risposta è no. Il limite classico è dato dalla condizione
di DeBroglie per cui la lunghezza d’onda dev’essere molto minore delle dimen-
sioni del sistema preso in considerazione. In questo caso le dimensioni in gioco
sono la larghezza del tratto in cui il potenziale passa da 0 a V0 , che nel nostro
esempio ideale è un valore infinitesimo. Di conseguenza, avendo che la lunghezza
d’onda non può essere minore della lunghezza del picco del gradino, siamo nel
limite quantistico. Se avessimo un gradino più “arrotondato” e delle energie più
alte, potremmo invece arrivare al limite classico, ma ad energie più alte non è
presente riflessione.
ikx −ikx
e + Re x<a
u(x) = Aeiqx + Be−iqx −a<x<a
ikx
Te x>a
ℏh ℏq ℏk 2
(1 − |R|2 ) = (|A|2 − |B|2 ) = |T |
k m m
A questo punto non resta che scrivere le equazioni di continuità di u(x) e u′ (x)
in x = a e in x = −a . Le due condizioni possono essere combinate in un’unica
equazione di continuità che richiede:
1 du(x)
u(x) dx x=±a
(q 2 − k 2 ) sin(2qa)
R = ie−2ika
2kq cos(2qa) − i(q 2 + k 2 ) sin(2qa)
2qk
T = ie−2ika
2kq cos(2qa) − i(q 2 + k 2 ) sin(2qa)
2mE
= −k 2 k>0
ℏ2
Le soluzioni più generali diventano:
Capitolo 8. Potenziali in una dimensione 60 / 223
−kx + C ekx x < −a
C1 e 2
u(x) = C3 e + C4 e−iqx
iqx −a < x < a
C5 e−kx + C6 ekx x>a
A sin(qx) + B cos(qx)
Osserviamo infine che per x > a il coefficiente C6 è nullo per gli stessi motivi
scritti sopra nel caso di x < −a . Cambiamo la numerazione delle costanti e
riscriviamo:
C1 e
kx x < −a
u(x) = A cos(qx) + B sin(qx) −a < x < a
C2 e−kx x>a
Definiamo:
Capitolo 8. Potenziali in una dimensione 61 / 223
2mV0 a2
λ=
ℏ2
y = qa
k
= tan(qa)
q
√
−2mE
ℏ2
= tan(y)
q
| {z }
(1)
√
2m|E|
ℏ2
(1) =
q
√
2m
V
ℏ2 0
− 2m
ℏ2
(V0 − |E|)
=
q
√
a 2m V − q2
ℏ2 0
=
qa
√
2m 2
ℏ2
a V0 − q 2 a2
=
qa
√
λ − y2
=
y
√
λ − y2
= tan(y)
y
Le curve della tangente sono uguali a quelle delle soluzioni pari ma traslate di π/2
. Di conseguenza non è detto che a priori esista uno stato legato. La condizione
di intersezione è:
√
λ − y 2
>0
y y=π/2
√
λ − π 2 /4 > 0
2mV0 a2 π2
>
ℏ2 4
Il caso più ricco di considerazione e che vogliamo studiare è quello in cui E < V0
. In tale situazione denotiamo
2m(E − V0 )
s2 = − ⇒ s2 > 0
ℏ2
Procedendo come nel Le soluzioni dell’equazione sono:
ikx −ikx
e + Re
u(x) = Ae−sx + Besx
ikx
Te
q → is
Ottenendo così:
(k 2 − s2 ) sinh(2sa)
R = −e−2ika
2ks cosh(2sa) − i(k 2 − s2 ) sinh(2sa)
2ks
T = e−2ika
2ks cosh(2sa) − i(k 2 − s2 ) sinh(2sa)
(2sk)2
|T |2 =
(k 2 + s2 )2 sinh2 (2sa) + (2sk)2
( )2
4sk
|T | →
2
e−4sa
s + k2
2
ℏ2 λ
V (x) = − δ(x)
2ma
Studiamo la soluzione per E < 0 .
d2 u(x) λ
2
− k 2 u(x) = − δ(x)u(x)
dx a
dove k 2 = 2m|E|/ℏ2 . Cerchiamo la soluzione per x ̸= 0 :
{
Ae−kx x>0
x ̸= 0 → u(x) =
Bekx x<0
( ) ( )
du
− du λ
= − u(0)
dx dx a
ϵ −ϵ
λ
−k − k = − u(0) = 1
a
Abbiamo ottenuto un’equazione per gli autovalori dalla condizione di gradino
sulla derivata prima.
λ k 2 ℏ2 λ2 ℏ2
k= → E= =
2a 2m 8ma2
Il potenziale δ(x) porta quindi ad un’unico autovalore per l’energia e ad un’unica
soluzione legata. Possiamo notare che la soluzione è pari, come il potenziale.
L’energia dipende inoltre da quella che abbiamo chiamato costante di accoppia-
mento λ/a .
λℏ2
V (x) = − [δ(x − a) + δ(x + a)]
2ma
Abbiamo utilizzato gli stessi coefficienti d’accoppiamento del caso precedente per
poter confrontare i due risultati.
La simmetria dell’hamiltoniana per il cambio di variabile x → −x mostra che ci
aspettiamo che le soluzioni abbiano una parità definita.
Sostituendo A otteniamo:
Capitolo 8. Potenziali in una dimensione 65 / 223
e−ka λ
−ke−ka − k sinh ka = − e−ka
cosh ka a
λ
−k tanh ka = − + k
a
λ
tanh ka = −1
ka
Risolviamo per via grafica questa equazione trascendentale:
Dato y = ka ci sono due condizioni per cui ci sia una soluzione:
{
y<λ → λ
y −1>0
tanh y < 1 → λ
y <2
Quindi si ha:
λ λ λ
<k< → k>
2a a 2a
La soluzione porta sempre ad un unico valore possibile di energia per la soluzione
pari. Inoltre, ricordando che E < 0 e k 2 = 2m|E|/ℏ2 , l’energia per il potenziale
a doppia delta è maggiore in valore assoluto di quella per la singola delta. Si
ha uno stato maggiormente legato. Questo è dovuto alla maggiore facilità di
accordamento della funzione d’onda in una situazione geometrica di questo genere,
rispetto alla singola cuspide.
( )−1
λ λ
coth(ka) = −1 → tanh(ka) = −1
ka ka
1
<1→y>1
λ
.
Inoltre sicuramente tanh y < 1 , quindi:
Capitolo 8. Potenziali in una dimensione 66 / 223
1 λ
<1 → k<
λ/ka 2a
Quindi la soluzione dispari è sempre uno stato legato ma eccitato: l’energia dello
stato dispari è inferiore (in modulo) a quella dello stato pari poichè esso ha
k > λ/2a . Lo stato dispari ha energia negativa ma meno bassa dello stato pari,
più legato.
Capitolo 9. Oscillatore armonico quantistico 67 / 223
Capitolo 9
Oscillatore armonico
quantistico
9.1 Introduzione
1
V (x) = kx2
2
L’hamiltoniana del sistema è quindi:
p2 1
H= + kx2
2m 2
ℏ2 ∂ 2 1
H=− + mω 2 x2
2m ∂x2 2
√
k
dove ω = m è la “pulsazione” del moto, dalla meccanica classica.
L’oscillatore è un sistema meccanico di fondamentale importanza in fisica perchè
qualsiasi potenziale può essere espresso localmente in prima approsimazione con
un termine quadratico nei suoi massimi e minimi locali:
1
V (x) = V (x0 ) + V ′ (x0 )(x − x0 ) + V ′′ (x0 )(x − x0 )2
2
1 ′′
= V (x0 )(x − x0 ) 2
2
Dove l’ultima uguaglianza è valida poichè nei punti critici del potenziale vale
V ′ (x0 ) = 0 e possiamo scalare il sistema in modo che anche V (x0 ) = 0 . Il moto
armonico sarà sempre un moto confinato, data la forma del potenziale stesso: ci
aspettiamo quindi che l’equazione agli autovalori per l’hamiltoniana restituisca
uno spettro discreto per l’energia.
Capitolo 9. Oscillatore armonico quantistico 68 / 223
p2 1 1 1
H= + mω 2 x2
2m ℏω 2 ℏω
p2 mω 2
= + x
2mℏω 2ℏ
1( 2 )
= P + X2
2
L’hamiltoniana riscritta in questo modo presenta una simmetria tra momento e
posizione che ne rende più semplice la risoluzione.
Inoltre possiamo notare che la soluzione per la funzione d’onda nello spazio delle
posizioni e dei momenti dovrà essere necessariamente invariante per trasforma-
zione di Fourier. Infatti l’hamiltoniana nello spazio delle posizioni sarà:
1 ∂2
Hψ = (−ℏ2 2 + X 2 )ψ
2 ∂x
mentre nello spazio dei momenti:
1 ∂2
Hψ = (P 2 − ℏ2 2 )ψ
2 ∂p
E’ quindi evidente che la forma funzionale della soluzione sarà identica nei due
spazi, a causa della simmetria dell’hamiltoniana, quindi sarà fourier invariante.
[ ]
ℏ2 mω ∂ 2 1 2 ℏ ℏω
− + mω 2
y u(y) = εu(y)
2m ℏ ∂y 2 2 mω 2
d2 u
+ (ε − y 2 )u = 0 (1)
dy 2
d2 u0 (y)
− y 2 u0 (y) = 0
dy 2
d 2 d ( 2 2 )
−y 2 u0 (y) = − y u0 (y) + 2yu20 (y)
dy dy
du0
= ±yu0
dy
y2
u0 (y) = e± 2
y2 d 2 −y2
2yu0 = 2ye− (y e ) ≈ 2y 3 e−y
2
2 <<
dy
d2 h(y) dh(y)
− 2y + (ε − 1)h(y) = 0 (2)
dy 2 dy
y2
Tutta l’equazione è moltiplicata per il fattore di fase e− 2 , che non influirà
dunque sul risultato. Abbiamo già considerato l’equazione nel limite y → ∞ , ora
lavoriamo nel limite y → 0 . Esprimiamo h(y) con un’espansione in serie
∑
h(y) = am y m
2
∃N : ∀ m > N am+2 ≈ am
m
Dunque com’è fatta h(y) ?
[ ]
2 22
h(y) = [P (y)] + aN N
y + y N +2 + y N +4 + . . .
N N (N + 2)
[ ]
(y 2 )k−1 (y 2 )k (y 2 )k+1
y 2 (k − 1)! + + + ...
(k − 1)! k! (k + 1)!
funzione d’onda che abbiamo ottenuto diverge a più infinito, ma non può essere:
il potenziale dell’oscillatore armonico tende sempre a infinito a destra e a sinistra.
la particella non può diventare mai libera , nè tantomeno può divergere la sua
funzione d’onda.
L’equazione che ci ha portato difficoltà era quella di ricorsività sui coefficienti
della serie. Una possibile via d’uscita ci verrebbe offerta se quella serie ad un
certo punto si bloccasse. Questo avviene quando esiste esista un valore di m per
cui 2m − ε + 1 si annulli.
2E 1
ε = 2n + 1, = 2n + 1 En = ℏω(n + )
ℏω 2
Abbiamo così quantizzato anche l’energia dell’oscillatore armonico. Riconosciamo
subito la definizione di energia alla Planck. D’altra parte ognuno dei modi normali
nella cavità del corpo nero era un oscillatore armonico.
A questo punto l’eq. originaria diventa l’equazione ricorsiva di polinomi di Her-
mite.
( )1/2
−iEn ℏt 1 y2
u(y, t) = un (y)e = √ Hn (y)e− 2
2n n! π
• • H0 è una gaussiana.
Capitolo 9. Oscillatore armonico quantistico 72 / 223
1
λ = (P¯2 + X¯2 )
2
Lo scarto quadratico medio è definito ∆G = Ḡ2 − Ḡ2 . Nel caso specifico degli
autovalori
1
∆λ = (∆P 2 + ∆X 2 )
2
Ora mi devo ricordare della definizione dei due operatori che sta alla pagina della
volta scorsa.
Il principio di indeterminazione di Heisenberg in questo caso si scrive
1
∆P 2 · ∆X 2 ≥
4
Questi sono invarianti per trasformate di fourier, quindi gli scarti quadratici medi
sono uguali
1
∆X 2 = ∆P 2 ≥
2
P − iX P + iX
a= √ a† = √
2 2
Calcoliamo ora alcuni commutatori che saranno necessari in seguito:
Capitolo 9. Oscillatore armonico quantistico 73 / 223
1 iℏ
[X, P ] = [x, p] = =i
ℏ ℏ
P − iX P + iX P + iX P − iX
[a, a† ] = √ √ − √ √ =
2 2 2 2
1
= (−iXP + iP X − iXP + iP X)
2
= i[P, X] = 1
[a, a† ] = 1
P − iX P + iX 1
a† a = √ √ = (P 2 + X 2 + i(XP − P X))
2 2 2
1 1
= (P 2 + X 2 + i[X, P ]) = (P 2 + X 2 − 1)
2 2
1
=H−
2
Quindi possiamo riscrivere l’hamiltoniana come:
1
H = a† a +
2
1
= [a† a + , a] = [a† a, a]
2
= a a · a − a · a† a = [a† , a] · a
†
[H, a] = −a
1
= [a† a + , a† ] = [a† a, a† ]
2
= a† a · a† − a† · a† a = a† · [a, a† ]
[H, a† ] = a†
Gli operatori che commutano in questo modo vengono detti operatori di abbas-
samento e innalzamento. A breve sarà chiaro il motivo di questo nome.
Consideriamo ora un autostato ψ(x) di H .
Hψ = λψ
H a† ψ = {[H, a† ] + a† H}ψ
= {a† + a† H}ψ = a† ψ + a† Hψ
= a† ψ + a† (λψ)
H (a† ψ) = (λ + 1) (a† ψ)
H a ψ = {[H, a] + aH}ψ
= {−a + aH}ψ = −aψ + aHψ
= −aψ + a(λψ)
H (a ψ) = (λ − 1) (a ψ)
a ψ0 = 0
1 1
H ψ0 = a† a ψ0 + ψ0 = ψ0
|{z} 2 2
=0
a ψ0 = 0
P − iX
√ ψ0 = 0
2
[ ]
1 d
− + X ψ0 = 0
2 dX
1
ψ0 = 1/4 e−x /2
2
π
Riotteniamo quindi una gaussiana per lo stato fondamentale.
ψ = (a† )n ψ0
1
H = a† a +
2
con l’espressione Autostato fondamentale notiamo che possiamo considerare:
a† a = n
Quindi:
∫ +∞ ∫ +∞ ∫ +∞
|a† ψn |2 dX = . . . = ψn† n ψn dX + ψn† ψn dX = n + 1
−∞ −∞ −∞
(a† )n
ψn = √ ψ0
n!
Capitolo 9. Oscillatore armonico quantistico 76 / 223
che corrisponde alla definizione dei polinomi di Hermite (vedi Metodo analitico
).
Capitolo 10. Metodo Operatoriale 77 / 223
Capitolo 10
Metodo Operatoriale
10.1 Introduzione
In questa sezione introduciamo quella che è nota come notazione di Dirac che for-
nisce un semplice ed elegante sistema di manipolazione degli stati e degli operatori
nella meccanica quantistica.
Iniziamo con la nozione di stato: dai capitoli predenti abbiamo compreso che il
termine può individuare l’n-esimo autostato di una particella in una scatola o una
particella che si muove verso una barriera, etc. Gli stati sono descritti come vettori
in uno spazio lineare e questi vettori vengono indicati con un ket: | un ⟩ o | p ⟩
oppure, se ci sono più stati di operatori che commutano tra di loro si può scrivere
| a, b ⟩ . Ad ogni ket è associato un bra, che è il relativo vettore coniugato. Ad
esempio, se abbiamo | ψ ⟩ = ψ(x, t) avremmo anche ⟨ ψ | = ψ(x, t)∗ . Definiamo il
prodotto scalare tra un bra e un ket di due stati come:
∫ +∞
⟨ϕ|ψ⟩ = ϕ(x, t)∗ ψ(x, t) dx
−∞
⟨ϕ|ψ⟩∗ = ⟨ψ|ϕ⟩
⟨ϕ|αψ1 + βψ2 ⟩ = α ⟨ϕ|ψ2 ⟩ + β ⟨ϕ|ψ2 ⟩
A | ψ ⟩ = | Aψ ⟩
Dove il membro a sinistra indica un operatore che agisce sullo stato iniziale,
mentre la quantità a destra rappresenta il nuovo stato. Questo ci permette di
scrivere che:
∫ +∞
⟨ϕ|Aψ⟩ = ⟨ ϕ | A | ψ ⟩ = ϕ∗ (x, t)Aψ(x, t) dx
−∞
∫ +∞ ∫ +∞
(Aϕ(x, t))∗ ψ(x, t) dx = ϕ∗ (x, t)A† ψ(x, t) dx
−∞ −∞
⟨Aϕ|ψ⟩ = ⟨ ϕ | A† | ψ ⟩
⟨ ϕ | A† | ψ ⟩∗ = ⟨Aϕ|ψ⟩∗ = ⟨ψ|Aϕ⟩ = ⟨ ψ | A | ϕ ⟩
Per capire che quantità rappresentano i Cn osserviamo che vale dalla condizione
di ortonormalità:
Segue che:
⟨ ∑ ⟩ ∑
⟨um |ψ⟩ = um | Cn un = Cn ⟨um |un ⟩ = Cn δm,n = Cm
Dove 1 è l’operatore unitario, cioè quell’operatore che agendo su uno stato non
lo altera in alcun modo. Questa relazione è nota come Relazione di completezza.
Il discorso che abbiamo fatto finora è relativo ad un set numerabile di autostati
un . In meccanica quantistica, però, sappiamo che la posizione, essendo un’os-
servabile, è rappresentata dall’operatore hermitiano X che non avrà però un set
numerabile di autostati, in quanto la posizione è una variabile continua. Questo ci
dice che X avrà un set continuo di autostati | x ⟩ i cui autovalori saranno indicati
con x :
X |x⟩ = x|x⟩
Osserviamo che al posto di una somma abbia un integrale, visto che x varia in
modo continuo. La condizione di ortonormalità è:
⟨ ⟩
x|x′ = δ(x − x′ )
ϕ(p) = ⟨p|ψ⟩
Abbiamo scritto ϕ(p) solo per motivi di consistenza con la notazione usata nei
primi capitoli.
Capitolo 10. Metodo Operatoriale 80 / 223
Torniamo un attimo al caso numerabile, come quello della particella nella scatola.
Finora abbiamo scoperto che
∑
|ψ⟩ = | un ⟩ ⟨un |ψ⟩
n
Pn = | un ⟩ ⟨ un |
Pm Pn = | um ⟩ ⟨um |un ⟩ ⟨ un | = 0
• Idempotenza:
• Completezza:
∑ ∑
Pn | ψ ⟩ = | un ⟩ ⟨un |ψ⟩ = 1 | ψ ⟩
n n
∑
Pn = 1
n
A u1 (x) = a u1 (x)
B u1 (x) = b u1 (x)
Capitolo 10. Metodo Operatoriale 81 / 223
Quindi Bu1 (x) è autofunzione di A con autovalore a . Ora abbiamo due casi: la
dimensione dell’autospazio associato ad a ha dimensione 1 o maggiore di 1.
Se c’è ad a è associato un unico autostato allora necessariamente:
Come prima possiamo sempre concludere che Bu1 (x) e Bu2 (x) in generale ap-
partengono all’austospazio relativo ad a infatti vale ancora:
Però l’autospazio ora ha dimensione 2, quindi in generale Bu1 (x) e Bu2 (x)
saranno combinazioni lineari di u1 (x) e u2 (x) .
Capitolo 10. Metodo Operatoriale 82 / 223
Inotre v1 (x) e v2 (x) sono ancora autostati di A con autovalore a poichè sono
combinazione lineare di autostati appartenti allo stesso autospazio.
Abbiamo quindi trovato due autofunzioni v1 (x) e v2 (x) in comune per i due
operatori che commutano. Entrambe le autofunzioni hanno autovalore a per l’o-
peratore A e hanno due diversi autovalori per l’operatore B : abbiamo risolto la
degenerazione distinguendo i due autovalori.
In generale potrebbe accadere di avere tre autofunzioni degeneri per A e che
l’operatore B abbia anch’esso degenerazione. In tal caso è necessario un terzo
operatore C che commuti con A e B che risolva la degenerazione.
Questo processo è del tutto generale. L’insieme degli operatori mutually com-
muting è chiamato insieme completo di osservabili commutanti. L’insieme degli
autovalori di questi operatori è la quantità maggiore di informazione che possiamo
avere del sistema in contemporanea e con precisione arbitraria.
Infatti appena due operatori non commutano, sappiamo dal principio di indeter-
minazione di Heisenberg in forma generale (vedi eq. Dimostrazione generale ) che
le due osservabili non possono essere misurate contemporaneamente con precisio-
ne arbitraria: la misura di una influenza l’altra. Questo non accade quando i due
operatori commutano: in tal caso possono essere misurati indipendentemente con
la precisione desiderata.
Capitolo 11. Evoluzione temporale del sistema 83 / 223
Capitolo 11
d
⟨A⟩ = 0
dt
Cioè A è una costante del moto. Studiamo in particolare l’evoluzione temporale
dei valori d’aspettazione degli operatori x e p . In particolare, x e p non dipendono
esplicitamente dal tempo. Utilizziamo il teorema appena trovato per i calcoli:
Capitolo 11. Evoluzione temporale del sistema 84 / 223
⟨[ ]⟩
d i i p2
⟨x⟩ = ⟨[H, x]⟩ = + V (x), x
dt ℏ ℏ 2m
[V (x), x] = 0
ℏ ℏ 2ℏ
= [pp, x] = p[p, x] + [p, x]p = p+ p= p
i i i
Quindi in totale otteniamo
⟨( ) ⟩ ⟨ ⟩
d i 2ℏ p
⟨x⟩ = p =
dt ℏ 2mi m
Possiamo combinare la
⟨ ⟩
d d d d2 ∂ V (x)
⟨p⟩ = m ⟨x⟩ = m 2 ⟨x⟩ = −
dt dt dt dt ∂x
11.1.1 Considerazioni
Come abbiamo potuto osservare, sembrerebbe di aver trovato le equazioni del mo-
to della meccanica classica di un punto in una regione in cui è presente un poten-
ziale V (x) . Tuttavia, è necessario porre attenzione a tale questione. L’equazione
classica è
d2 xcl dV (xcl )
m 2
=−
dt dxcl
Capitolo 11. Evoluzione temporale del sistema 85 / 223
xcl = ⟨x⟩
Ma a priori
⟨ ⟩
dV (x) dV (⟨x⟩)
̸=
dx d ⟨x⟩
Questo ci dice che il caso classico lo otteniamo solo quando vale l’uguaglianza
nella formula sopra scritta. Qual è la condizione per ottenere il limite classico?
Come notò Ehrenfest, la condizione è che il potenziale dev’essere una funzione
che varia in modo “piccolo” rispetto all’incertezza della misura ∆x . Se scriviamo:
dV (x)
F (x) = −
dx
ed espandiamo in serie di Taylor:
∆x2
z }| {
′ (x − ⟨x⟩)2 ′′
F (x) = F (⟨x⟩) + (x − ⟨x⟩)F (⟨x⟩) + F (⟨x⟩) + . . .
2!
Se quindi ∆x2 è piccola, può essere trascurata rispetto ai primi due termini e
quindi il valor medio di F (x) diventa:
⟨ ⟩
⟨F (x)⟩ = F (⟨x⟩) + (x − ⟨x⟩)F ′ (⟨x⟩) = F (⟨x⟩) + ⟨x − ⟨x⟩⟩ F ′ (⟨x⟩)
= F (⟨x⟩) + (⟨x⟩ − ⟨x⟩)F ′ (⟨x⟩)
= F (⟨x⟩)
∂| ψ ⟩
iℏ = H |ψ⟩
∂t
So scrivere la soluzione:
Capitolo 11. Evoluzione temporale del sistema 86 / 223
| ψ ⟩ = e|−iHt/ℏ
{z } | ψ0 ⟩
=U
Esiste questo vettore U che fa variare la funzione nel tempo. Calcoliamo il valor
d’aspettazione di un operatore B nel tempo con Dirac
⟨ ⟩
< B >t = ⟨ ψ | B | ψ ⟩ = e−iHt/ℏ ψ0 B e−iHt/ℏ ψ0
U = e−iHt/ℏ
UU† = 1
Finora siamo stati nella rappresentazione di Schrodinger, dove si lavora con gli
stati e gli operatori non dipendono dal tempo. Riscriviamo il valore d’aspettazione
dell’operatore B come
⟨ ψ0 | eiHt/ℏ Be−iHt/ℏ | ψ0 ⟩
BH := eiHt/ℏ Be−iHt/ℏ
U † OS U = OH
In questa nuova rappresentazione gli stati non dipendono dal tempo (vengono
considerati gli stati iniziali ψ0 ). Cosa succede al valore d’aspettazione passando
da una rappresentazione all’altra? Ci aspettiamo che non cambi:
⟨ ψH | OH | ψH ⟩ = ⟨ ψH | U † OS U | ψH ⟩ = ⟨ ψS | U U † OS U U † | ψS ⟩ = ⟨ ψS | OS | ψS ⟩
Scriviamo le equazioni che gli operatori soddisfano (non scriviamo più il pedice
H per comodità):
dB(t)
B(t) = eiHt/ℏ BS e−iHt/ℏ
dt
Stiamo calcolando l’evoluzione temporale della dipendenza dell’operatore dal
tempo
Capitolo 11. Evoluzione temporale del sistema 87 / 223
dB(t) i i
= HeiHt/ℏ BS e−iHt/ℏ − eiHt/ℏ BS He−iHt/ℏ =
dt ℏ ℏ
i
= [H, B(t)]
ℏ
La rappresentazione temporale è data quindi dal commutatore dell’operatore con
l’Hamiltoniana. Ricordano un po’ il teorema di Ehrenfest ma hanno un significato
profondamente diverso. Si scrive in modo più compatto:
dB(t) i
= [H, B]
dt ℏ
Note come Equazioni di heisenberg
1
H = ℏω(a∗ a + )
2
{
dt a(t) = ℏ [H, a] = −iωa(t)
d i
Data:
∑
T rA = ⟨n|A|n⟩
Dimostrare:
T rAB = T rBA
Dimostrazione:
∑ ∑ ∑
T rAB = ⟨ n | AB | n ⟩ = ⟨n|A|k⟩⟨k|B |n⟩ = ⟨ k | B | n ⟩ ⟨ n | A | k ⟩ = T rBA
n,k
Fine.
Capitolo 11. Evoluzione temporale del sistema 88 / 223
11.2.3 Problema 14
VE = −eγx
p(t)2 1
H= + mω 2 x2 (t) − eγx(t)
2m 2
Prendo l’equazione di Heisenberg e scrivo la derivata temporale di x e t .
[ ] ( )
dx i i p2 −2iℏp i p
= [H, x] = ,x = =
dt ℏ ℏ 2m 2m ℏ m
[ ]
dp i i 1
= [H, p] = mω x − eγx, p
2 2
dt ℏ ℏ 2
[ ]
i 1
= mω (2iℏx) − eγiℏ = −mω 2 x + eγ
2
ℏ 2
d2 x eγ
= −ω 2 x +
dt2 m
eγ p(0)
x(t) − = x(0) cos(ωt) + sin(ωt)
m mω
p(t) = p(0) cos(ωt) − mωx(0) sin(ωt)
Capitolo 12
Equazione di Schrodinger
indipendente dal tempo in 3
dimensioni
12.1 Introduzione
ℏ2 2
− ∇ ψ(x, y, z) + V (x, y, z)ψ(x, y, z) = E ψ(x, y, z)
2m
Supponiamo di avere una sistema in cui il potenziale sia nullo. La funzione d’onda
di una particella in tale sistema è a variabili separabili se può essere scritta come:
( )
ℏ2 ∂2 ∂2 ∂2
− + + ψ = Eψ
2m ∂x2 ∂y 2 ∂z 2
( )
′′ ′′ ′′ −2mE
X Y Z + XY Z + XY Z = XY Z
ℏ2
X ′′ Y Z + XY ′′ Z + XY Z ′′
= −k 2
XY Z
X ′′ Y ′′ Z ′′
+ + = −(kx2 + ky2 + kz2 )
X Y Z
dove
2mE
k2 =
ℏ2
k 2 = kx2 + ky2 + kz2
X ′′ Y ′′ Z ′′
= −kx2 = −ky2 = −kz2
X Y Z
La soluzione generale sarà questo sistema:
ikx x + B e−ikx x
X(x) = A1 e 1
Y (y) = A2 e ik y y + B2 e−iky y
Z(z) = A3 eikz z + B3 e−ikz z
2 2 2 ⃗
ψ(x, y, z) = A1 A2 A3 ei(kx +ky +kz ) = A1 A2 A3 eik·⃗r
A energia fissata, avremo un modulo del momento fissato dato da p⃗ = ℏ⃗k ed una
degenerazione di ordine ∞2 di tutte le possibili direzioni. Nel caso dell’onda piana
avevamo solo una degenerazione ±p . Una degenerazione di tale magnitudine è
dovuta a tutti i possibili angoli φ, θ che lasciano il modulo invariato.
La normalizzazione avviene anche qua, passando δ → δ 3 (⃗r) = δ(x)δ(y)δ(z) . la
condizione di normalizzazione si scrive
∫
ψk∗ (⃗r)ψk (⃗r′ ) = δ 3 (⃗r − ⃗r′ )
Data la simmetria della scatola l’equazione agli autovalori per la funzione d’onda
è separabile (vedi eq. Variabili separabili ), quindi possiamo risolverla per ogni
asse in modo indipendente. La soluzione per la buca di potenziale unidimensionale
è nota, vedi sezione Particella nella scatola , non ci resta quindi che moltiplicare
le soluzioni:
con
nx π ny π nz π
kx = ky = kz =
lx ly lz
Abbiamo quindi tre numeri quantici associati ai tre assi del sistema. L’energia
associata ad ogni asse è indipendente dagli altri, e pari a quella del caso monodi-
mensionale. Quindi l’energia complessiva del sistema nel caso in cui lx = ly = lz
è:
ℏ2 π 2 2
E= (n + n2y + n2z )
2ml2 x
3
E = ℏω(nx + ny + nz + )
2
1 ( 2 ) m ( )
H= px + p2y + p2z + ωx2 x2 + ωy2 y 2 + ωz2 z 2
2m 2
Lo risolviamo come tre sistemi separati in cui il legame sta in |k| = Energia .
X ′′ Y ′′ Z ′′
+ + = αx2 x2 + αy2 y 2 + αz2 z 2 − k 2
X Y Z
con
{
mωi
αi = ℏ
2mE
k2 = ℏ2
= kx2 + ky2 + kz2
nx + ny + nz = n
∑
n
(n − nx + 1)
0
∑
n−1
n
(a + kr) = (2a + (n − 1)r)
2
0
basta ricordarsi di aggiungere uno visto che gli estremi sono shiftati. Con a = n+1
e r = −1 quindi otteniamo
n
= (2(n + 1) − (n − 1)) + 1
2
La degenerazione vale dunque
n
(2n + 2 − n + 1) + 1
=
2
n (n + 1)(n + 2)
− (n + 3) + 1 =
2 2
Capitolo 13. Momento Angolare Orbitale 93 / 223
Capitolo 13
13.1 Introduzione
⃗ = ⃗r × p⃗
L
⃗
dL
= 0 ⇒ [H, L] = 0
dt
Calcoliamo i commutatori delle componente del momento angolare: