Sei sulla pagina 1di 2

Alunno: Nisci Fabio IV M Data:

27/03/2008

Cesare Beccaria: Dei delitti e delle pene

Dei delitti e delle pene è un saggio scritto dall'illuminista milanese Cesare


Beccaria tra il 1763 ed il 1764.
In questo breve trattato Beccaria si pone con spirito illuminista delle domande
circa le pene allora in uso. Nel 1766 il libro viene incluso nell'indice dei libri
proibiti a causa della sua distinzione tra reato e peccato. Il milanese affermava
che il reato è un danno alla società, a differenza del peccato, che non
essendolo, può essere giudicabile e condannabile solo da Dio.
Il risultato dei suoi ragionamenti mostra l'inutilità delle pene che venivano
usate rispetto allo scopo perseguito: una pena di grande intensità può essere
presto dimenticabile e il delinquente può essere in grado di godere dei frutti del
suo misfatto. Al contrario, una pena duratura impedirebbe a chi compie un
crimine di godere dei frutti del suo reato e nonostante non sia intensa viene più
facilmente ricordata. Beccaria propone quindi la detenzione in carcere per i
colpevoli.
Tra le tesi che egli avanza contro la pena capitale vi è il fatto che lo Stato, per
punire un delitto, ne compierebbe uno a sua volta. Ed il diritto di questo Stato,
che altro non è che la somma dei diritti dei cittadini, non può avere tale potere.
Infatti nessuna persona - dice Beccaria - darebbe il permesso ad altri di
ucciderla.
La pena di morte diviene quindi uno spettacolo per alcuni, ed un motivo di
compassione e sdegno per altri, che vedono l'inadeguatezza della pena.
L'opera incontrò un notevole successo ed ebbe vasta eco in tutt'Europa, la
pena di morte fu abolita per la prima volta nel Granducato di Toscana.

Illuminismo italiano

L'Illuminismo italiano fu il ramo italiano della filosofia razionalistica dei Lumi


(Illuminismo) che, nel Settecento europeo, si sviluppò in Europa, a partire dalla
vicina Francia, che a sua volta prese le idee iniziali dall'Empirismo inglese del
Seicento.
In Italia non mancavano anche pensatori locali che è possibile definire pre-
illumistici, come il napoletano Giambattista Vico, che, pur discostandosi poi
molto, su molti campi, dalle future tematiche del XVIII secolo, fu il modello per
molti illuministi, specialmente quelli della sua città.
In Italia, i centri di diffusione della nuova cultura furono molti, ma
principalmente si distinguono per importanza Milano e Napoli. In entrambe le
città gli intellettuali assunsero cariche pubbliche e collaborarono con le
amministrazioni asburgiche e borboniche. A Napoli, sotto il tollerante re Carlo
di Borbone furono attivi Antonio Genovesi, Ferdinando Galiani, Gaetano
Filangeri. Comunque, l'illuminismo napoletano, come la filosofia vichiana,
rimase quasi sempre in campo teorico. Solo più tardi, molti illuministi
animarono la sfortunata esperienza della Repubblica Partenopea. A Milano,
invece, il movimento si sforzò di trovare concrete soluzioni ai problemi. Centro
delle discussioni era la rivista Il Caffè (1762-1764), fondata dai fratelli Pietro e
Alessandro Verri, che diedero vita anche all'Accademia dei Pugni, fondata nel
1761.

Potrebbero piacerti anche