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10.1. GENERALIT
Si chiamano flessibili gli organi meccanici che sono in grado di reagire soltanto a sollecitazioni di trazione. Essi sono largamente impiegati nelle macchine di sollevamento e di trasporto e nelle trasmissioni di potenza; nastri di acciaio rivestiti di materiale ad alto coefficiente d'attrito sono impiegati nei freni a nastro. Rientrano fra gli organi flessibili le funi, le catene, le cinghie, nastri, e altri ancora. Esistono molti tipi di funi, realizzate sia in fibre tessili sintetiche o naturali (canapa), sia in acciaio. Le pi impiegate nelle macchine di sollevamento sono le funi di acciaio a trefoli. Ogni trefolo formato da pi fili elementari di acciaio, avvolti ad elica - in uno o pi strati - attorno ad un'anima centrale in fibra tessile, o anche metallica; una fune a trefoli (v. fig. 10.1 a)), a sua volta, formata da pi trefoli avvolti ad elica - in uno o pi strati - attorno ad un'anima centrale, metallica oppure in fibra tessile. Le funi di acciaio sono largamente impiegate sia negli apparecchi di sollevamento e trasporto, sia come organi statici con funzioni portanti o di trazione. Le catene si distinguono in catene ad anelli (v. fig. 10.1 b)), impiegate prevalentemente negli apparecchi di sollevamento, e catene articolate (v. fig. 10.2), impiegate sia nelle trasmissioni di potenza, sia negli apparecchi di trasporto. Fra le catene articolate, molto comuni sono le catene dei tipi Galle e Fleyer, le catene a rulli, le catene silenziose, le catene scomponibili a maglie; negli apparecchi di trasporto, oltre alle precedenti (spesso realizzate in versioni speciali) si impiegano anche apposite catene trasportatrici. Alcuni tipi di catene trovano pure largo impiego come organi statici di trazione.
Fig. 10.1 - a) Sezione di fune di acciaio a 6 trefoli (42 fili), con anima tessile; b) catena ad anelli.
Fig. 10.2 - Catene di trasmissione: a) tipo Galle, b) tipo Fleyer; c) a rulli; d) silenziosa.
Fig. 103 - Cinghie di trasmissione: a) cinghia piatta; b) cinghia trapezoidale; c) cinghia dentina.
Le cinghie possono essere di vari tipi; tutte sono impiegate quasi esclusivamente come organi per la trasmissione del moto. Le classiche cinghie di cuoio sono praticamente scomparse, sostituite dalle cinghie piatte (v. fig. 10.3 a)) in tessuto di fibre sintetiche ad elevata resistenza (nailon o altro), rivestito di materiale ad alto coefficiente d'attrito (cuoio al cromo o elastomeri). Molto diffuse sono pure le cinghie trapezoidali (v. fig. 10.3 b)), per lo pi costruite in elastomeri, rivestite con tessuti resistenti all'usura e rinforzate da fili in materiale con elevata resistenza a trazione (nailon, acciaio o altro). Le cinghie dentate (v. fig. 10.3 c)), infine, dette anche sincrone, sono costitutivamente simili alle cinghie, ma nella trasmissione del moto si comportano in modo analogo alle catene, dato che si impegnano in ruote dentate, mentre le cinghie vere e proprie si avvolgono su pulegge lisce, piane (cinghie piatte) o a gola (cinghie trapezoidali). Tutte le cinghie vengono oggi costruite, di regola, ad anello chiuso, con un'ampia gamma di lunghezze prestabilite. L'esame dettagliato delle macchine e degli impianti di sollevamento e di trasporto forma l'oggetto della trattazione di corsi specialistici, ed esula dai limiti di questo testo. Ci limiteremo, nei prossimi paragrafi, ad esaminare il
comportamento degli organi flessibili (funi e catene) nelle macchine di sollevamento; fra queste, ci limitiamo qui a citare l'argano (che ha il compito di dare moto all'organo flessibile traente, avvolgendolo per lo pi su un apposito tamburo) e il paranco (che costituito, come vedremo meglio pi avanti, da un bozzello fisso e da un bozzello mobile). L'argano e il paranco entrano spesso come componenti in impianti di sollevamento pi complessi (ascensori e montacarichi, gru, ecc.). Per quanto riguarda le trasmissioni di potenza con organi flessibili, per ulteriori informazioni di carattere generale rimandiamo al successivo cap. 11.
In fig. 10.4 rappresentata una puleggia libera di ruotare attorno ad un asse fisso. Il meccanismo composto da una staffa, che funge da telaio, da una puleggia accoppiata rotoidalmente alla staffa e dall'organo flessibile, che si avvolge sulla puleggia (che deve avere forma adatta all'accoppiamento con l'organo flessibile; ad esempio se questo una fune la puleggia presenta una gola, se una catena la puleggia dentata). Se l'organo flessibile avesse rigidezza nulla, ossia potesse reagire soltanto a forze di trazione, si disporrebbe rispetto alla puleggia come in figura. La forza resistente Q e la forza motrice P avrebbero linee di azione equidistanti dall'asse di rotazione e tangenti alla circonferenza di avvolgimento (sulla quale si dispone l'asse dell'organo flessibile nel tratto in cui a contatto con la puleggia). A causa della rigidezza due rami dell'organo flessibile tendono a porsi ad una distanza dall'asse di rotazione dal raggio R di avvolgimento, come indicato in fig. 10.5 a) e b). Il primo caso si presenta quando il rapporto fra diametro della puleggia e dimensioni radiali (spessore, diametro) dell'organo flessibile relativamente piccolo, e quando la rigidezza dell'organo flessibile prevalentemente elastica. In circostanze diverse si pu presentare il secondo caso.
(10.1)
Il lavoro motore per uno spostamento s della forza P, corrispondente ad una rotazione = s/R della puleggia, vale: Lm=PR Il lavoro resistente poi: Lr=QR Il lavoro perduto per rigidezza vale: LP = Lm -Lr = (P- Q ) R Questa per la (10.1) diviene:
LP = Q Rq (d Q - d P ) R +d P
Risulta in particolare, che se Q = P (cio se i due rami si dispongono simmetricamente rispetto ad un piano passante per l'asse della puleggia), LP=0. A questo caso, puramente teorico, ci si avvicina nella pratica allorch si avvolge un nastro di acciaio su di una puleggia. In questo caso l'energia
d =
LP 2Qq
(10.3)
Fig. 10.6 - Schema della disposizione dell'organo flessibile per effetto della rigidezza anelastica.
Che nella realt rami dell'organo flessibile si dispongano diversamente (con P -Q) non ha, evidentemente, nessuna importanza dal punto di vista del calcolo del lavoro perduto, e quindi del rendimento dei dispositivi che studieremo. E non ha importanza nemmeno dal punto di vista del calcolo della forza motrice, giacch :
LP Rq Nel caso delle catene una valutazione di LP / pu essere effettuata facilmente anche in via teorica. Basta considerare (fig. 10.7) che cosa accade P=Q+
In definitiva il lavoro perduto per attrito fra le maglie di una catena vale:
LP = ( P + Q ) d1 f1q 2
Facendo uso, come altre volte, dell'approssimazione consistente nel sostituire Q a P nel calcolo del lavoro perduto per i meccanismi ad alto rendimento, si ha: LP = Q f1 d1 , e quindi, per la (10.2): Q - P = f1 d1 od anche, per la (10.3):
d =
f1d1 2
(10.4)
Studiamo l'equilibrio della puleggia fissa, tenendo conto anche dell'attrito nella coppia rotoidale. noto il valore della forza Q. Sono noti il raggio R della puleggia ed il diametro d del perno; sono anche noti il coefficiente di attrito della coppia rotoidale e lo scostamento . Si vuol trovare la forza motrice P. Se le forze P e Q sono parallele, come per semplicit supponiamo, la reazione della staffa sulla puleggia, tangente al circolo di attrito, parallela a P e Q. L'equilibrio dei momenti attorno ad un punto della linea di azione di quella reazione si scrive:
P=Q R +d + r R -d - r
ossia, essendo fd / 2:
fd 2d P = Q 1 + + R R
posto:
1+
2d fd + =k R R
(10.5)
si ha: P=kQ La forza Po, forza motrice nel caso ideale, vale poi: P0 = Q. II rendimento della puleggia fissa dunque:
h=
P0 1 = P k
(10.6)
Passiamo ad esaminare la puleggia mobile, cercando anche in questo caso il valore della forza P necessaria per equilibrare la forza resistente Q. Indichiamo con T la forza di trazione che agisce sul ramo dell'organo flessibile fisso ad una estremit. Per l'equilibrio alla traslazione della puleggia si ha: T+P=Q. D'altra parte, per l'equilibrio alla rotazione si pu scrivere: P=kT Dalle due equazioni si ottiene:
P=Q k 1+ k
h=
In condizioni di accurata manutenzione valori medi di k sono compresi fra 1,04 ed 1,1. In ogni caso k maggiore di uno; ci risulta evidente dalla sua stessa definizione.
Per l'equilibrio alla rotazione delle singole pulegge, fisse e mobili, possiamo
(10.7)
(10.8)
(10.9)
Qk n (k - 1) P= k n -1
(10.10)
II rendimento pu trovarsi anche ora come rapporto fra P0 e P. Per la (10.9), in cui si faccia k = 1, : Q P= n Si ha cos:
P0 kn -1 h= = P n(k - 1)k n
(10.11)
facile vedere che all'aumentare di n il rendimento diminuisce rapidamente. Si osservi, a tale scopo, che se k molto prossimo ad uno, pu porsi k = 1+ con <<1. allora k n 1 + n. II rendimento (10.11) diviene quindi:
h=
1 1 + ne
Consideriamo adesso il moto retrogrado. Supponiamo, cio, che al bozzello mobile sia applicata la forza motrice e che la forza resistente sia applicata al capo libero della fune. Abbiamo veduto nel paragrafo 3.4 che, nota l'espressione del rendimento nel moto diretto, si pu trovare quella del rendimento nel moto retrogrado
Si pu concludere affermando che in un paranco il rendimento nel moto retrogrado si ottiene da quello nel moto diretto scambiando numeratore con denominatore e sostituendo a k, 1/k. Dalla (10.11) si ottiene cos, per il moto retrogrado:
h =
n(k - 1) (k n - 1)k
In modo analogo si possono studiare paranchi con disposizioni diverse da quelle considerate (con una estremit fissa al bozzello mobile, con forza motrice di verso opposto a quella resistente).
Nota la geometria della macchina e nota la forza Q si voglia trovare la forza P. Con riferimento alle notazioni di figura, ed ammettendo che T0 e T1 siano parallele, si possono scrivere, al solito, le seguenti relazioni: T1 = k T0 T1 + T0 = Q da cui:
T1 = kQ 1+ k T0 = Q 1+ k
(10.12)
Scriviamo poi l'equilibrio alla rotazione del gruppo delle due pulegge superiori. Supponiamo fra loro uguali tutti gli scostamenti ; indichiamo ancora con il raggio del cerchio di attrito del perno. Calcoliamo momenti delle forze applicate al gruppo delle due pulegge rispetto ad un punto della linea di azione della reazione, che tangente al circolo di attrito del perno. Si ha: T1 (R2 + + ) = T0 (R1 - - ) + P (R2 - - ) Dalle (10.12), (10.13) si ottiene:
P= Q k (R2 + d + r ) R1 - d - r d r 1+ k R R2 - d - r 2
(10.13)
(10.14)
(10.15)
La (10.15) mostra come sia possibile realizzare rapporti P0 /Q comunque piccoli; basta scegliere opportunamente il rapporto (R2 R1 )/R2. AI tendere di R1 ad R2 il rendimento tende per a zero ( ovvio che con R1 = R2 il rendimento nullo, essendo nullo il lavoro resistente); cos per valori molto piccoli di (R2 R1 )/R2 la forza motrice effettiva P risulta molto pi grande di P0. L'espressione del rendimento si ottiene, al solito, dividendo membro a membro la (10.15) e la (10.14). Una espressione semplificata del rendimento pu ottenersi scrivendo, in luogo della (10.14), una espressione approssimata. Dato che R1 ed R2 non sono molto diversi fra loro si pu porre R1 = R2 nei termini che, a secondo membro della (10.14), contengono coefficienti di attrito. Inoltre si pu ammettere che il fattore k del gruppo di pulegge fisse sia uguale a quello della puleggia mobile. In questo modo la (10.14) diviene:
P@ Q 2 R1 k - 1+ k R2
Si ha infine:
h=
P0 R2 - R1 1 + k @ p 2 R2 k 2 - R1 R2
BIBLIOGRAFIA ERNST ., Les appareils de levage, Gauthier-Villars Eyrolles, Paris, 1961. ZIGNOLI V., Trasporti meccanici, Hoepli, Milano, 1970.