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Nahtjak89

Francisco de Quevedo

SOGNI E DISCORSI

L'aspetto pi originale dei "Sogni e discorsi" non evidentemente il loro contenuto, n tanto meno la loro struttura narrativa, bens la loro forma. La satira di Quevedo utilizza come strumento prediletto la retorica, si fonda su giochi di parole, paronomasie, calembours, antitesi e paradossi. Sono questi aspetti stilistici che hanno fatto di Quevedo il capostipite del concettismo spagnolo. Dopo di lui la prosa satirica e didattica non fu pi la stessa.

SOGNI E DISCORSI

APPROVAZIONE

Questi trattatelli su diversi argomenti, che sono stati apprezzati da uomini dotti e letti con grande piacere dai curiosi e dagli amici delle buone lettere, vogliono apparire sotto il titolo di Sogni di verit rivelatrici di abusi, inganni e vizi in ogni condizione sociale e mestiere umano, e sono opera di don Francisco de Quevedo Villegas, & c. A tal fine, per ordine e mandato dell'eccellentissimo signor Vescovo di Barcellona, li ho studiati ed esaminati e affermo che, riguardo all'originale che ho censurato, possono venire pubblicati senza pericolo, giacch in essi non vi nulla che sia contrario alla fede cattolica e ai buoni costumi. Anzi, sono certo che chiunque li legger ne apprezzer molto la sottigliezza d'ingegno, la vasta e varia erudizione e lo stile asciutto e ben curato, e anche chi gi molto colto imparer cose assai utili. Questo il mio giudizio e lo sottoscrivo firmando di mio pugno questo decreto nella chiesa di Santa Caterina Martire di Barcellona, il 18 gennaio del 1627.

Frate Toms Roca Die 25. mensis Ianuaria 1627. Imprimatur. Io, Episcopus Barcinonis Don Michael, Regens.

AUTORIZZAZIONE

Il Vescovo di Solsona, Luogotenente e Capitano Generale. Joan Sopera, tipografo della nostra citt, ci ha riferito che desidera stampare un libro dal titolo Sogni di verit rivelatrici di abusi, inganni e vizi in ogni condizione sociale e mestiere umano, scritto da don Francisco de Quevedo Villegas e ci prega gli venga concessa la licenza, essendo gi stata accordata la licenza dal Vescovo Ordinario. Perci, in virt del nostro sicuro sapere e della nostra reale autorit, concediamo la licenza al suddetto Joan Sopera, affinch nessun altro, senza un mandato o un permesso, possa stampare il libro, pena la requisizione dei caratteri da stampa e delle macchine, il versamento di cinquecento fiorini d'Aragona alle casse reali, la requisizione forzata dei beni dei contravventori, conformemente a quanto pi estesamente spiegato nel privilegio reale; tale privilegio durer il tempo di due anni, passati i quali scadr. Barcellona, add 21 di marzo, M.DC.XXVII.

Il Vescovo di Solsona Ut, Don Michael Sola, Regens Ut, Don Jacobus de Lupia & Dominus Regens Thesauri, Michael Prez In diverso loco, XIII. Fol. CCLXXXV.

A DON FRANCISCO JIMNEZ DE URREA, CAPPELLANO DI SUA MAEST. DON LORENZO VAN DER HAMMEN Y LEN, VICARIO DI JBILES.

L'edizione di Barcellona del 1628 comprende la seguente lettera, che era gi comparsa nell'edizione denominata Desvelos sonolientos (Veglie sonnolenti) stampata a Saragozza nel 1627. Restituisco a vostra Signoria i Sogni del nostro amico e vi assicuro che ora si possono leggere senza scrupoli, perch li ho corretti confrontandoli con gli originali che si trovano nella mia libreria; io stesso ho dovuto riscriverne una gran parte, come vedrete dalla calligrafia. Converrete che avevo ragione e che il testo, prima della correzione, era lacunoso, zeppo di errori e di difetti. La colpa del nostro cavaliere (io l'avevo sempre messo in guardia), che ha permesso a tutti di eseguire copie del suo lavoro; in tal modo chiunque ha potuto far tagli e aggiunte secondo il proprio gusto e il proprio giudizio; e ancor meno rispettosi del testo sono stati coloro che con questo genere di lavoro si guadagnano il pane. Da questa constatazione nata l'idea di far stampare alcune sue opere, le quali, bench incomplete, sono molto celebrate e lodate; l'autore lo merita, perch un individuo straordinario, uno scrittore universale in tutti i generi letterari e in tutte le lingue, come ammettono coloro che lo conoscono; lo dimostrano la sua Politica, i commenti e le parafrasi alle lamentazioni di Geremia e di Anacreonte, la storia di don Sebastiano, re del Portogallo, e tanti libri ancora, che non cito per non stancare la signoria vostra. Tra tutti forse meritano il primo posto questi discorsi, per la loro originalit e la loro struttura, e per l'abilit con cui le verit e la riprovazione dei cattivi costumi si mescolano a episodi assai divertenti, senza che lo spirito disturbi il fine principale, che il bene universale e il miglioramento degli Stati. Questi discorsi hanno gi meritato le lodi di quasi tutte le nazioni

d'Europa e delle pi importanti e dotte personalit di Spagna, giacch mai cosa venne pi celebrata. Luce sono per tutti gli occhi e cibo che nessuno stomaco, per delicato che sia, rifiuter, perch l'asprezza della verit stata ammorbidita da passi estremamente divertenti. La nostra natura tale che anche ci che salutare dev'essere indorato e addolcito perch piaccia. I vanitosi e coloro che vanno in rovina per vedere i loro nomi sui libri, avrebbero gi dato alle stampe questi sogni, ma la modestia del nostro autore non lo ha permesso, a danno della di lui reputazione. Errore grande, in un secolo in cui si d gran spazio alla lusinga, all'ignoranza e al vizio, e in cui solo gli intriganti e gli imbroglioni hanno successo; vostra signoria ne esclusa, perch tanto onora, stima e premia le lettere, le virt e i meriti. Ma le dovute qualit e la luminosa intelligenza che il cielo ha accordato alla signoria Vostra, affinch sia d'esempio ai prncipi e d'insegnamento ai signori, non si trovano in tutti.

DEL DOTTOR DON MIGUEL RAMREZ, APPROVAZIONE

Per commissione generale di buon consiglio sfogliai questo libro: non scritto male, grazia e sale possiede, e certamente cura le piaghe il suo sale; contro la fede non va, e d consigli a tempo, ammonisce chi lo merita, se vi pare, apparir, e si potr stampare.

DEL BACCELLIERE APPROVAZIONE

PEDRO

DE

MELNDEZ,

Per commissione generale del Consiglio, di mia volont questo libro esaminai con attenzione, e mi piace; in verit chi potrebbe dirne male? Senza mentire, con discrezione critica, perch li vuole abolire, certi cattivi costumi, consura il pi piccolo vizio pertanto si pu stampare.

DI DONNA RAIMONDA MATILDE, DECIMA Criticando, dire bene; dicendo bene, criticare; tutti satireggiare

e parlare di tutti bene: soltanto lo pu fare chi all'inferno disceso. Quantunque voglia il bene e il male procuri allontanare, tale gi la sua sventura che il male Che-viet rimase.

DEL CAPITANO DON JOS DI BRACAMONTE, SONETTO DIALOGICO TRA TOMUMBEYO TRAQUITANTOS, GUARDIA DELLA REGINA PANTASILEA, E DRAGALVINO, SBIRRO. Guardia Giuro sull'alczar di Toledo e sul sacro palladio troiano, che devo vendicarmi di mia mano e azzoppar l'altro piede di Quevedo. Sbirro Io, se posso, alla Santa Inquisizione lo accuser, dicendo che un cattivo cristiano, che credette a un sogno vano e che parl coi diavoli tranquillo. Guardia O Dragalvino, questo poco importa; le verit che dice mi fan male, nell'ascoltarle n'ebbi conturbati l'anima e il cuore. Sbirro Ha la lingua tagliente, e non le pu pubblicar senza lingua, ch quel che fa la lingua criticare. Ma se lo denunciamo ho gran timore che tagliata una lingua, a quel che dice, gliene spuntano subito altre sette.

DI DONNA VIOLANTE MESEVEA, SONETTO A TUTTI I LETTORI DI QUESTI SOGNI, IN DIFESA E LODE DELL'AUTORE Salve lettore! chiunque tu sia, se questi Sogni per caso leggessi e ti facessero infine adirare, non li dovrai rileggere mai pi. Se ti toccano e ti tocca disprezzarli non dire che i sogni sono soltanto sogni, perch se i tuoi sogni assomigliassero a questi ad essi crederesti, e non sarebbe peccato. Se invece non ti toccano, corri in fretta ad annunciare a chi li apprezza che il premio un fiore che nasconde un basilisco. ... Ma basta criticare don Francisco, somari, non lo si eguaglia: sa pi cose lui quando dorme che gli altri quando vegliano.

L'AUTORE AL VOLGO Se parli male del mio sogno, volgo, lo fai per dirne male; ma ho capito che dicendone male; tu dici bene del sogno e del suo autore. Sparlate pure, sia tu che lui, tu di lui e lui di chi vuole; qualunque cosa diciate, fa molto piacere a chi la capisce. Dunque, se imitando un po' Marziale vuoi dire che malizioso,

tu gli dai dell'ingegnoso dicendo che dice male. Ma, volgo, giacch bene ti conosco alla lunga o alla corta, io dico quel che m'importa e tu d quello che vuoi.

PROLOGO

All'illustre e bramoso lettore

Si racconta, non so se in guisa di amena e fantasiosa storiella, che trovandosi una volta infermo un soldato, il quale assai cortese era stimato, e sagace, dopo aver elevato gran numero di orazioni e preghiere e proteste, tutte le concludesse dicendo: E Dio mi liberi dalle mani del Signor Diavolo. E ogni volta ch'egli lo nominava, sempre gli rendeva tal cortesia. Not la cosa uno dei circostanti e subito gli chiese perch chiamasse signore il diavolo, che era la pi vile creatura del mondo. Al che il malato prontamente rispose: Che cos'ha da perdere, l'uomo, nell'usare buone maniere? So forse, io, con chi avr a che fare, e in quali mani capiter? Racconto questo, signor lettore, perch possedendo la nostra volgar lingua, a differenza di quella latina, un titolo come 'vostra signoria', e assieme a questo diversi altri, tanto pi usati quanto meno si conosce la qualit e lo stato delle persone alle quali si parla (ci per non essere scortesi con nessuno ed evitare dunque di essere malvisti ed aborriti da tutti), mi sembrato opportuno rivolgermi a vostra signoria con questo linguaggio e in questi termini, ben diversi da quelli che si notano nei prologhi dedicati al lettore; mi riferisco ai libri scritti in lingua romanza, dove ci si rivolge alla signoria vostra con un tu rotondo, il quale se non presume molta amicizia e familiarit, indica tuttavia che chi parla superiore e padrone, e colui al quale si parla inferiore e servo. A ci mi hanno mosso le stesse ragioni del soldato infermo, essendo convinto, e tenendo io conto, che la cortesia la chiave maestra della volont e dell'affetto; che essa costa poco e molto vale, e che in fin dei conti non ci rimetto niente se sono cortese, mentre potrei perdere molto se non lo fossi;

pur sciocco chi, avendo bisogno di qualcosa, risparmia le cortesie, e tanto pi lo sarei io, che ho bisogno che questo libro, il quale vede la luce a mie spese, venga comprato, e che tutti, dopo averlo comprato e letto, lo lodino, e su questa scia gli uni spingano gli altri a fare lo stesso, e in grazia di tutto questo, il libro abbia ci che il suo valore merita, cio maggiore vendita e diffusione, ed io maggior guadagno, cosicch tutti traggano profitto: io nel vendere, e gli altri nel comprare e nel leggere. Vero che, nel lodare quest'opera come ingegnosa e acuta, conto dar poco lavoro e nessun imbarazzo a coloro che ad essa e al loro autore sono affezionati; essa infatti reca gi in s le raccomandazioni, e le lodi, e il Quevedo me fecit, ed tale che soltanto un autore come lui poteva scriverne una di tanta erudizione ed acume, e dal momento che essa molto contiene dell'una e dell'altro, essa soltanto potrebbe essere figlia di un tale e tanto raro ingegno. Se l'autore e dev'essere conosciuto e celebrato per quest'opera, pi che per tutte le altre che ha scritto e che sono state fino ad oggi stampate col suo nome; anche queste ultime sono tuttavia da stimarsi e considerarsi per quel che sono, per il solo fatto che sappiamo (come sanno tutti ormai) che sono state fino ad oggi stampate da Don Francisco Quevedo. Per lui e per esse mi do la stessa pena che potevo darmi prima, quando invocavo le ragioni che mi hanno mosso a trattare vostra signoria con particolare cortesia, considerato che non so in quali mani e in mezzo a quali lingue capiter questo libro, che si affaccia sul teatro del mondo (dove non mancano mai censori e scontenti, che molto giustamente si chiamano Zoili e critici); giorni pericolosi, i nostri, per la salute dei buoni intelletti, ai quali si addice ci che ha scritto il dottissimo giureconsulto Don Mateo Lpez Bravo: Ridendi vero, Romanuli & Graeculi nostri, qui Grammaticorum infantia superbi, & omnium rerum quantum garruli, ignari, triplice lingua, stultit, a doctis noscuntur; ma se vostra grazia lo legger non in fretta e a brani, ma tranquillamente e con attenzione, visto che non molto voluminoso (e se non vuole che le sfuggano di mano e tra le righe alcune delle sue molte arguzie e sottigliezze), sono pi che sicuro che non dovr lamentarsi del fatto che l'autore sia parziale e adulatore, ch anzi questi parla a tutti, a tutti dice verit nude e crude, e ci che sente senza traccia di lusinghe; e se forse brucia e pizzica, si consideri che quanto vien detto verit e ammonimento, cosa che

tutti auspicano ma nessuno desidera in casa propria, tanto che non si fa che ripetere: Pazienza, zitto tu e zitti noi, ognuno pensi agli affari suoi. Sarebbe molto meglio, allora, lamentarsi delle grandi insufficienze del mondo, quelle che hanno spinto l'autore ad esprimersi cos chiaramente contro di esse e a dire la verit. In questo senso, parl bene un certo podest, quando, nel constatare che uno studente era stato arrestato per avere scritto una satira contro le insufficienze del suo paese, disse che sarebbe stato molto meglio arrestare coloro che di tali insufficienze erano colpevoli. E qualora ci non bastasse a scongiurare le lamentazioni e i brontolii che contro una tale opera e il suo autore venissero mossi, voglio rammentare a vostra signoria, signor lettore, chiunque voi siate, la storiella di un vecchio chierico che aveva un fico dai frutti perfettamente maturi. Essendosi arrampicati su di esso alcuni studenti, forti del loro diritto bucolico, e pensando il chierico, per essere corto di vista, che essi fossero uccelli o altre crudeli bestiacce, mise degli spaventapasseri per tenerli alla larga; ma vedendo che tutto ci non serviva a nulla, consider che le parole potevano essere pi efficaci se mescolate alle pietre (le prime armi dell'umanit) e risolse di tirare queste ultime contro quei tordi dotati di ragione, dicendo che il Signore Iddio, come aveva conferito virt alle piante e alle erbe, aveva fatto l'istessa cosa con le pietre. E con tale brio si mise all'opra che li fece cadere dai rami, e malconci non poco. A vostra signoria questa storiella sembrer raccontata a sproposito, o perch io non so spiegarmi o perch vossignoria non mi vuol capire (non c' peggior sordo di chi non vuol sentire); ma io sono certo che se appena vorr approfondire i significati che in essa si possono trovare (cosa che vale per tutto il libro) ella comprender. E se volesse ulteriori chiarimenti, essendo che Frustra exprimitur, quod tacite subintelligitur, 1. Iam dubitari, io invito vossignoria, se non si sente obbligata dalla cortesia e dall'umilt con cui le parlo, di fare almeno attenzione a quello che dice, a come e a qual proposito mormora e dice male, se dell'autore o della sua opera. E a proteggersi da una certa pioggia di pietre, fatta delle molte verit dure e crude che questo libro contiene e che il suo autore pu scagliarle contro, le quali possono ferire e farla precipitare; mi riferisco alla sua condizione, e alla considerazione di saggio che ella ha di s stesso: non le accada di venir considerato ignorante,

critico, superbo, maldicente, del numero di quegli stupidi che vogliono sembrare saggi perch non trovano mai libro che li soddisfi n cosa di cui non si burlino e che non amino disprezzare. Stiano attenti, costoro, non succeda ad essi come all'asino di Sileno, che Giove volle porre tra le stelle e che, essendo queste tanto risplendenti e luminose, e lui dotato, come disse Luciano, auribus magnis, scopr in tutta evidenza la sua difforme bruttezza e ne ebbe grande infamia. E si sappia che l'autore ha l'epiteto di satirico. Credete a me e non sbaglierete: assai temerario chi tira pietre contro il tetto del vicino, avendo il suo di vetro. Nessuno si meravigli se chiamo vostra signoria col titolo di illustre e bramoso lettore. Anche se non lo meritasse, secondo la dottrina comune e risaputa del filosofo, l'avere cio per natura ogni uomo brama di sapere (che si ottiene con lo studio, la dedizione e l'attento meditare sui buoni libri, dotti, ingegnosi, acuti e chiari), gli spetterebbe in maniera del tutto particolare, solamente in grazia di questo libro, che stato molto desiderato, sia da quanti hanno gi letto qualcosa di questi Sogni e Discorsi, sia da quelli che hanno sentito riferire e celebrare alcune o anche solo una delle innumerevoli arguzie che essi contengono e si sono lamentati di leggerle in manoscritti tanto adulterati e falsificati, e molti ridotti addirittura a brandelli e diventati un'assurdit senza capo n coda, e sfigurati come lo sventurato soldato che dopo essere partito dalla sua terra per andare alla guerra pieno di gagliardia, ben pasciuto, coperto di gale e piume, vi ritorna dopo molti anni non pi in veste di soldato, ma sbrindellato e rotto, con un occhio in meno, povero monocolo, un braccio ridotto a met, una gamba di legno, una sorta di simulacro di cera, da offrire come ex voto, con la divisa d'ordinanza senza un colore definito, un miserabile coperto di stracci che nessuno riconosce e che chiede l'elemosina, o come la cortigiana che ha percorso l'Italia, le Indie e la casa della Mecca e del Gran Solimano. Per queste ragioni, quanti hanno saputo che io conservavo questi Sogni nella loro integrit, e che uomini esperti e dotti li avevano letti con particolare curiosit e attenzione, mi hanno sollecitato con grande insistenza a renderli patrimonio di tutti, dandoli alle stampe e assicurando cos a me un grande piacere e, ci che pi importante, a tutti un grande guadagno spirituale, poich in essi si troveranno moniti ed avvertimenti intorno a quel che succede a questo mondo e a quel che succeder a tutti nell'altro, cos che nulla ci colga impreparati, essendo che

mala praevisa, minus nocent. Ho dunque risolto di accondiscendere al gusto e al desiderio di tanti, confidando, signor lettore, che vostra signoria mi ringrazier per questo lavoro e questa spesa e vorr comprare il libro; solo cos mi considerer soddisfatto e addirittura ricompensato. Considerando che questo libro pieno di sottigliezze di espressione, e perch ella non cada in equivoco alcuno, prego la signoria vostra che prima di leggere voglia correggere alcune errata che sono state segnalate all'inizio del libro. Del resto, sarebbe eccessiva presunzione e grande vanit pretendere che questo libro uscisse senza errori di stampa, che sono inevitabili e incorreggibili come i loro stessi compositori, ed meglio lasciarli, esattamente come si fa con costoro, prigionieri di s stessi e della falsit dei loro corpi e caratteri. E affinch vostra signoria, signor lettore, comprenda che le auguro ogni onore e fortuna, e che la desidero lontana dai pericoli, prego Iddio nostro Signore che faccia come il re delle api, che contiene in s e distribuisce con la sua bocca la dolcezza del miele, e non ha pungiglione perch non vuole, pungendo, morire, come accade, invece a tutte le api, che il pungiglione ce l'hanno, bench non in bocca, ma nella coda; e che Dio la protegga dai fustigatori della vita e dalle opere altrui e dagli esaltatori delle proprie, le quali non si vendono perch in esse costoro vendono tutti quelli che incontrano e coi quali hanno a che fare.

IL SOGNO DEL GIUDIZIO UNIVERSALE

Al conte di Lemos, presidente delle Indie

Nelle mani di vostra eccellenza consegno queste verit nude, le quali chiedono non chi le vesta, ma chi le accetti, ch i tempi sono tali che ogni bene sommo ha da essere ottenuto con le suppliche. Solamente nelle vostre mani esse trovano salvaguardia. Viva vostra eccellenza, affinch rechi onore al tempo nostro. Francisco Quevedo Villegas

Dice Omero che i sogni sono di Giove e che lui a mandarceli; e altrove sostiene che ai sogni bisogna credere. cos senz'altro, quand'essi riguardano cose importanti o argomenti religiosi, o vengono ai re e ai grandi signori, come si desume dal dottissimo e ammirevole Properzio nei seguenti versi:

Nec tu sperne piis venientia somnia portis Cum pia venerunt somnia pondus habent.

Parlo a proposito, poich ritengo caduto dal cielo il sogno che feci in una delle passati notti, dopo aver chiuso gli occhi in compagnia del libro del Beato Ippolito, quello che tratta della fine del mondo e della seconda venuta di Cristo, e al quale si deve se sognai di assistere al Giudizio Universale. E bench in casa di un poeta sia difficile credere si trovi del giudizio, sia pure nei sogni, in me un poco ve ne fu tuttavia, per la ragione che fornisce Claudiano nella prefazione al libro secondo del Ratto quando spiega che ci che gli animali sognano di notte come l'ombra di ci che essi hanno fatto di

giorno. E Petronio Arbitro dice: Et canis in somnis leporis vestigia latrat. E parlando dei giudici: Et pavido cernit inclusum corde tribunal.

Mi sembr dunque di vedere un giovinetto che fluttuando nell'aria desse, col fiato, voce a una tromba, diminuendo cos in parte con la forza la propria bellezza. Il suono trov obbedienza nei marmi e ascolto nei morti, e immediatamente cominci a muoversi la terra e a dar licenza alle ossa, che gi andavano le une cercando l'altre. E passando il tempo, breve tuttavia, vidi coloro che furono soldati e capitani levarsi con ira dai sepolcri, intendendo il suono della tromba come avviso di guerra; gli avari uscire dai sepolcri con ansia e spavento, temendo un'aggressione; e i frivoli e i golosi, essendo il suono aspro, pensare che fosse un segnale di festa o di caccia. Questo io leggevo nel viso di ognuno, ma non mi sembr che i suoni della tromba arrivassero a orecchie davvero persuase che quello fosse il segnale del giudizio. Poi notai il modo tenuto dalle anime nel fuggire dai loro antichi corpi; alcune avevano ribrezzo, altre paura. A chi mancava un braccio, e a chi un occhio; e mi fece ridere la variet delle figure, e mi meravigli la Provvidenza di Dio, in grazia della quale, pur trovandosi mescolati gli uni agli altri, nessuno per errore si metteva le gambe o le membra del vicino. Solo in un cimitero mi parve avvenisse uno scambio di teste e vidi un notaio, cui non garbava la propria anima, che per liberarsene andava dicendo che non era sua. Quando poi giunse a tutti la notizia che si trattava del giorno del giudizio, bisognava vedere come i lussuriosi temessero di essere rintracciati dai loro occhi, per non fornire al tribunale testimoni a sfavore, e i maldicenti dalle loro lingue, e come i ladri e gli assassini si consumassero i piedi nel fuggire dalle loro proprie mani. E girandomi da una parte vidi un avaro che stava chiedendo a un tale (che non parlava perch era stato imbalsamato, ovvero separato dalle proprie interiora, che non gli erano ancora arrivate) se quel giorno dovessero resuscitare tutti coloro che erano stati sepolti, e se sarebbero resuscitate anche

certe sue bisacce. Mi sarei messo a ridere, se non mi avesse fatto male al cuore vedere da un'altra parte con quale affanno una moltitudine di notai andasse fuggendo dalle proprieo recchie, desiderosi di non portarsele dietro per non sentire ci che era prevedibile attendersi; ma i soli a rimanere senza orecchie furono coloro che, per essere ladri, le avevano gi perdute in questo mondo, quantunque, a causa della disattenzione, non ci fossero proprio tutti. Ma ci che pi mi spavent fu vedere i corpi di due o tre mercanti che avevano indossato l'anima a rovescio, e che avevano tutti i cinque sensi nelle unghie della mano destra. Osservavo tutto questo da un dirupo assai elevato quando d'improvviso sento ai miei piedi qualcuno che mi grida di spostarmi; non avevo ancora finito di eseguire l'ordine, che incominciarono a far capolino diverse donne di bell'aspetto, che mi dissero scortese e villano perch non avevo portato loro il rispetto che si conviene (nemmeno all'inferno costoro perdono la loro follia). Uscirono allo scoperto, molto contente di vedersi belle e nude, e che tanta gente le ammirasse; bench poi, saputo che era il giorno dell'ira e che la loro bellezza segretamente le accusava, cominciassero a scendere a valle a passi pi lenti. Una di esse, che era stata sposata sette volte, andava escogitando come discolparsi di fronte ai mariti. Un'altra, che era stata pubblica meretrice, non volendo giungere a valle, continuava a ripetere che si era dimenticata i denti, o un sopracciglio, e tornava indietro, e si fermava; ma alla fine arriv in fondo e tutti la videro, ed erano cos numerosi coloro che aveva aiutato a perdersi, e che ora additandola le urlavano contro, che essa volle nascondersi in mezzo a una masnada di sbirri, convinta che gente di quella risma dovesse contar poco anche in un giorno come quello. Mi distrasse il frastuono proveniente da una folla che lungo la riva di un fiume stava rincorrendo un medico (che fosse tale, lo seppi poi dalla sentenza). Erano persone che lui aveva fatto fuori senza motivo e prima del tempo; per questo si erano dannate, e ora lo rincorrevano per costringerlo a presentarsi; e alla fine, con la forza, lo portarono davanti al trono.

Alla mia sinistra sentii come il rumore di qualcuno che nuotava, e vidi un giudice, almeno tale era stato, che in mezzo a un ruscello si lavava le mani, ripetendo l'atto diverse volte. Mi avvicinai per chiedergli perch se le lavasse cos a lungo e lui mi disse che in vita, falcendo certi affari, non aveva potuto mantenerle pulite e che ora si dava da fare per non apparire con le mani tanto sporche al divino cospetto. Bisognava vedere come una legione di demoni armati di sferza, bastoni e altri strumenti, trascinasse in giudizio una folla di tavernieri, sarti, librai e calzolai, che per paura facevano i sordi, e bench resuscitati non volevano uscire dai sepolcri. Lungo la via per la quale andavano, sporse la testa, per il frastuono, un avvocato, che chiese loro dov'erano diretti; gli risposero che andavano al giusto giudizio di Dio, che era giunta l'ora. Al che, cacciandosi ancor pi sottoterra, egli disse: Avr meno strada da fare dopo, se mi toccher di scendere pi in basso. Se ne andava un taverniere e per l'angoscia tanto sudava, che, stanco, si lasciava cadere ad ogni passo; mi sembr che un demone gli dicesse: Sta bene che tu sudi acqua e non ce la vendi per vino. Uno della schiera dei sarti, piccolo di corpo e rotondo di faccia, brutta barba e modi ancor pi brutti, non faceva che dire: Che cosa ho mai potuto rubare io, che ero sempre morto di fame? E vedendo che negava di essere stato ladro, gli altri gli rimproveravano di disprezzare, cos facendo, il suo lavoro. Si imbatterono poi in alcuni briganti e ladri rinomati che andavano fuggendosi l'un l'altro; in breve i diavoli furon loro addosso, e dissero che i briganti potevano far parte di un medesimo gruppo perch erano, a modo loro, tanto sarti di selva e di montagna quanto gatti selvatici. Continuarono per un po' a discutere se fosse offensivo o meno che gli uni stessero con gli altri, ma alla fine scesero tutti insieme a valle. Dietro li seguiva in truppa la pazzia medesima, nei suoi quattro aspetti: i poeti, i musici, gli innamorati e i vanagloriosi, tutta gente che non c'entrava niente con quella giornata. Si disposero in una zona dove c'erano i carnefici, gli ebrei e i filosofi, e vedendo i sommi pontefici assisi sui troni della gloria dissero tutti: I Papi si sono serviti del naso molto meglio di

noi, che pur avendo un naso lungo dieci varas non ci siamo resi conto di quel che avevamo tra le mani.

Due o tre procuratori andavano contando le facce che avevano, e si stupivano, avendo vissuto sfacciatamente, di averne tante in sovrappi. Ma alla fine mi accorsi che tutti se ne stavano in silenzio. Al trono avevano provveduto l'onnipotenza e il miracolo. Dio era vestito di se stesso, bello per i santi e terribile per i dannati, il sole e le stelle appesi alla sua bocca, il vento calmo e muto, l'acqua tranquilla nelle sue sponde, sospesa la terra, timorosa per i suoi figli; fra questi alcuni minacciavano chi, col cattivo esempio, aveva loro insegnato peggiori costumi; tutti, in generale, pensierosi: i giusti sul modo di ringraziare Iddio e pregare per s stessi, e i peccatori sul modo di discolparsi. Gli angeli custodi andavano mostrando negli atteggiamenti e nei colori quale rendiconto dovevano presentare sulle anime da loro protette, e i demoni controllavano colpe e processi; alla fine tutti i difensori vennero a trovarsi nella zona interna e gli accusatori in quella esterna. I dieci comandamenti stavano a guardia di unaporta tanto stretta che perfino chi era magro per i ferrei digiuni doveva lasciare qualcosa di s nella strettoia. Da un lato si trovavano riunite le disgrazie, la peste e le sofferenze, che davano sulla voce ai medici. Diceva la peste che lei aveva s colpito, ma che erano stati loro a completare l'opera; le sofferenze, che esse non avevano ucciso nessuno senza l'aiuto dei dottori; e le disgrazie, che tutti quelli che stavano sotto terra ci erano andati per colpa di tutti e due. Ai medici tocc dunque l'incombenza di giustificarsi per quei defunti. E bench sostenessero gli stolti di averne ucciso di pi, si misero i medici con carta e penna sopra un'altura, col loro bravo registro, e man mano che la gente veniva chiamata, uno di loro si faceva avanti e diceva ad alta voce: Questo l'ho avuto fra le mani nei tali giorni del tal mese, ecc. L'esame dei rendiconti cominci con Adamo, e tanto perch si comprenda quanto fosse minuzioso, bast la sola mela a renderlo

rigorosissimo, tanto che sentii dire a Giuda: Che sar di me, che ho venduto l'agnello del Signore? Fu la volta dei primi Padri, arriv il Nuovo Testamento; e gli Apostoli tutti, con il santo pescatore, si sedettero sugli scranni, a lato di Dio. Poi arriv un diavolo e disse: Qui vedete colui che segnal con tutta la mano, l'uomo che San Giovanni aveva indicato con un dito; e fu lui che schiaffeggi il Cristo. Giudic lui stesso la propria causa e fu gettato nei sotterranei del mondo. Bisognava vedere come alcuni poveracci si introfulassero in mezzo a cinque o sei re con la corona, che inciampavano nel vedere come quelle dei sacerdoti procedessero invece con tanta sicurezza. Erode e Pilato alzarono la testa,e vedendo nel viso del giudice, quantunque glorioso, dipinta l'ira, disse Pilato: Questo si merita chi volle essere governatore di ebreucci. Ed Erode: Io non posso salire al cielo; poich nel limbo non si vorranno pi fidare di me gli innocenti, sapendo che ne ho uccisi tanti; finir all'inferno, che in definitiva un albergo conosciuto. In quel mentre arriv un uomo di smisurato e minaccioso aspetto, che allungando la mano disse: Questo il mio certificato d'esame. Si stupirono tutti e i portieri gli domandarono chi fosse; e lui a gran voce rispose: Maestro di scherma diplomato e dei pi valenti del mondo; e tirando fuori altri documenti che teneva da parte, disse che erano le testimonianze delle sue imprese; per disattenzione le testimonianze gli caddero a terra, ed ecco precipitarsi a raccattarle due diavoli e uno sbirro, e questi le afferr prima dei diavoli. Arriv un angelo e allung un braccio per acciuffarlo e cacciarlo dentro; e lui indietreggiando allung il suo e spiccando un salto disse: Questa botta di seconda irreparabile e se mi mettete alla prova ve ne dar una dimostrazione. Risero tutti e un inquisitore che aveva del moro volle sapere che notizie egli avesse della sua anima. Gli chiesero conto di non so quali cose, ed egli rispose che non conosceva mosse contro i nemici dell'anima. Gli ordinarono di andare all'inferno in linea retta; lui replic domandando come mai lo considerassero esperto in scienze matematiche, quando non sapeva cosa fosse una linea retta; glielo insegnarono subito e mentre dicevano avanti un altro,

egli si butt. Si presentarono alcuni dispensieri che facevano i loro conti, ma non a voce alta, e al mormorio che faceva il gruppo disse un ministro: Sono dispensieri. E altri dissero: Non sono. Ma altri: S, son. E li impression tanto la parola sison che rimasero molto turbati. Comunque, chiesero che si cercasse il loro avvocato e disse un diavolo: L c' Giuda, apostolo dispensiere messo al bando. Udito questo, si rivolsero a un altro diavolo, che non si concedeva tregua nel contrassegnare fogli che doveva leggere; dissero: Non sottilizziamo, piantiamo qui la partita e prendiamoci infiniti secoli di purgatorio. Il diavolo, da buon giocatore, disse: Volete arrendervi? Non avete buone carte. Cominci dunque a scoprirle, ed essi, vedendo che le guardava, decisero di mettersi nel mazzo con gli altri e di farsi giudicare. Ma urla come quelle che si levarono dietro a un disgraziato cuoco non s'erano mai udite, ed erano di uomini squartati che chiedevano che cosa egli avesse fatto delle loro carni. Di averle messe nei pasticci, lui confess, ed essi gli ordinarono di restituire a ciascuno le proprie membra, in qualunque stomaco si trovassero. Gli chiesero se voleva essere giudicato e lui rispose di s, affidandosi a Dio e alla fortuna. La prima accusa parlava di non so quale gatto usato come lepre e di certe ossa, non per appartenenti alla stessa bestia, ma ad altre, quali pecore o capre, cavalli o cani. Quando vide che ormai era chiaro che nei suoi pasticci si trovavano pi animali che nell'arca di No, perch in quella non erano presenti n topi, n mosche, mentre nei pasticci s, volt loro la schiena e li lasci con le parole sulle labbra. Furono giudicati i filosofi, e bisognava vedere come si stillavano il cervello nel fare sillogismi, a dispetto della loro salvezza. Ma veramente straordinario fu l'episodio dei poeti, i quali da autentici pazzi volevano dare ad intendere a Dio che Egli fosse Giove e che ogni cosa la scrivevano per lui. E Virgilio andava in giro con il suo Sicelides musae, dicendo che parlava della nascita di Cristo; ma salt su un diavolo e disse non so che cosa a proposito di Mecenate e Ottavia, e che aveva mille volte adorato certi loro

cornetti, che ora portava in giro perch era giorno di gran festa. Raccont poi nonso quali altre storie e alla fine quando Orfeo, essendo il poeta pi antico, si mise a parlare a nome di tutti, gli ordinarono che facesse di nuovo l'esperimento di scendere all'inferno per poi uscirne, e che gli altri lo accompagnassero per fargli da scorta. Dietro di essi giunse alla porta un avaro, e gli fu chiesto che cosa volesse, e gli fu rammentato che i dieci comandamenti custodivano ora quella porta contro coloro che non li avevano custoditi a suo tempo; ed egli disse che in fatto di custodire era impossibile che avesse peccato. Lesse il primo comandamento: Amare Dio pi di qualsiasi cosa e disse che doveva aspettare di possederle tutte prima di amare Dio pi di esse. Non giurare sul suo nome invano: disse che anche quando aveva giurato il falso, lo aveva fatto per un grande interesse, e perci tutt'altro che invano. Osservare le feste: non solo queste, ma anche certi giorni di lavoro osservava e nascondeva. Onora il padre e la madre: sempre aveva levato il cappello davanti ad essi. Non uccidere: per osservarlo non mangiava, perch mangiare ammazzare la fame. Non fornicare: sulle cose che costano denaro, gi s'era spiegato. Non dire falsa testimonianza. Qui disse un diavolo sta la faccenda, taccagno, perch se confessi di averla detta, ti condanni; e se no, davanti al giudice la dirai contro te medesimo. Si arrabbi l'avaro e disse: Se non posso entrare, non sprechiamo tempo. Perfino quello, rifiutava di sprecare. Si rese conto della sua vita e fu mandato dove meritava. In quel mentre entrarono molti ladri e alcuni di essi, che erano stati impiccati, si salvarono. Visto che i ladri si salvavano, i cancellieri, che stavano davanti a Maometto, Lutero e Giuda, furono presi da tanto coraggio che si precipitarono al giudizio. Nel vedere questo, i diavoli scoppiarono in

una grande risata. Gli angeli custodi cominciarono a farsi animo e chiamarono gli evangelisti a far da avvocati. I demoni diedero inizio alle accuse, le quali non riguardavano i processi da fare alle loro colpe, ma quelli che loro stessi avevano celebrato da vivi. Per prima cosa dissero: La loro maggior colpa, Signore, l'essere stati cancellieri. Questi risposero a gran voce, illudendosi di poter dissimulare un tantino, che non erano stati che segretari. Gli angeli avvocati cominciarono la difesa. Costui battezzato e membro della Chiesa disse uno. E molti di loro non trovarono altri argomenti da aggiungere. Alla fine se ne salvarono due o tre; e agli altri dissero i demoni: Capito adesso? Fecero loro l'occhiolino, dicendo che potevano essere utili nel deporre contro certa gente. Quelli, vedendo che, per essere cristiani, ricevevano una pena pi dura dei pagani, cominciarono a dire che non era colpa loro, ma semmai, essendo stati battezzati da piccoli, dei loro padrini. Ho visto, la verit, Giuda che era l l per presentarsi in giudizio, e cos Maometto e Lutero, rianimati dall'avervisto salvarsi un cancelliere; e quasi mi stupii non lo facessero davvero. Li trattenne solo quel medico di cui ho gi detto, che venne costretto dai suoi accompagnatori a comparire in giudizio assieme a un farmacista e a un cerusico. Un diavolo che aveva gli elenchi disse: Davanti a questo dottore, e con l'aiuto di questo farmacista e di questo cerusico, passato il maggior numero dei nostri defunti; gran parte del lavoro di oggi si deve a questi tre. A favore del farmacista, disse un angelo che costui distribuiva gratuitamente le medicine ai poveri, ma un diavolo replic che, per quel che ne sapeva, avevano causato pi danni due colpi di spatola del di lui negozio che dieci colpi di picca in una guerra: quello speziale, disse, aveva adulterato tutte le medicine, alleandosi dunque con le pestilenze e decimando due paesi. Anche il medico dava tutta la colpa a lui, e alla fine il farmacista fu condannato; il medico e il cerusico, invece, con l'intercessione dei Santi Cosma e Damiano, si salvarono. Fu condannato un avvocato perch il suo diritto non era diritto; si scopr

che un uomo si era messo carponi dietro di lui, perch non lo vedessero, e avendogli chiesto chi era, disse che era un comico; ma un diavolo molto arrabbiato replic: Saltimbanco! Potevi fare a meno di venire, sapendo come stavano le cose qui. Egli giur di andarsene e si diresse all'inferno sulla parola. In quel mentre furono introdotti molti tavernieri e accusati di aver ucciso numerose volte la sete a tradimento, vendendo acqua per vino. Essi arrivavano pieni di fiducia, avendo sempre fornito all'ospedale vino puro per le messe; ma ci non serv; n serv ai santi dire che avevano vestito dei Bambini Ges. E cos furono tutti liquidati, come da sempre ci si aspettava. Arrivarono tre o quattro ricchi genovesi, chiedendo di sedersi dietro a un banco, ma un diavolo disse: Pensano di guadagnarci, ma questo che li rovina. Questa volta hanno fatto male i loro conti e non avranno dove sedersi perch il loro banco rotto per mancanza di credito. E rivolgendosi a Dio disse un diavolo: Tutti gli altri uomini, Signore, rendono conto di ci che di loro spettanza, ma questi anche dell'altrui e di tutto quanto. Si pronunci la sentenza: io non la udii chiaramente, ma loro scomparvero. Arriv un gentiluomo, tanto rigido che, all'apparenza, voleva competere con la stessa giustizia che lo attendeva. Fece molte riverenze a tutti e con la mano un gesto cerimonioso, come di colui che beve in uno stagno. Aveva una gorgiera tanto grande che non si riusciva a vedere s'egli avesse la testa. Un guardiano gli chiese, da parte di Dio, se era un uomo; e lui rispose con grandi smancerie di s e che nella fattispecie, in fede sua di gentiluomo, si chiamava Don Tizio. Un diavolo disse: Questo giovanotto una tentazione per l'inferno. Gli chiesero cosa desiderasse e lui rispose: Essere salvato! Fu affidato ai diavoli perch lo stritolassero. Lui si preoccup soltanto che non gli sgualcissero la gorgiera. Entr quindi un uomo che disse gridando: Anche se grido, la mia

causa non complicata: io, a tutti i santi che sono in cielo o alla maggior parte, ho scosso la polvere di dosso. Tutti si aspettavano che fosse un Diocleziano o un Nerone, per questo fatto di scuotere la polvere; ma salt fuori che era un sacrestano che ripuliva gli altari. Sembrava dunque gi salvo, senonch un diavolo disse che si beveva l'olio delle lampade, e ne dava la colpa a una civetta, che era stata cos uccisa senza alcuna colpa e diffamata; che per vestirsi attingeva dai paramenti; che aveva, in vita ereditato le ampolline e che faceva pi corte le funzioni. Non so in che modo cerc di giustificarsi, ma gli indicarono la strada sinistra. Si presentarono alcune donne imbellettate che cominciarono a fare moine a quei brutti ceffi dei demoni. Disse un angelo a Nostra Signora che esse erano state devote al nome di lei, e che perci le proteggesse. Ma un diavolo replic che erano state nemiche della di lei castit. S, certamente, rispose una che era stata adultera. Il demonio l'accus di aver avuto un marito in otto corpi diversi e di averne sposato, all'ingrosso, uno su mille. Si condann quindi da sola, e andava dicendo: Se avessi saputo che mi avrebbero condannato lo stesso, non sarei andata a messa nei giorni festivi. A questo punto, quando tutto sembrava risolto, rimasero allo scoperto Giuda, Maometto e Martin Lutero; e avendo un diavolo chiesto chi dei tre fosse Giuda, Maometto e Lutero risposero: Sono io. Allora Giuda si arrabbi fieramente e grid a gran voce: Signore, sono io Giuda, e sapete bene che sono migliore di loro: perch vendendomi ho liberato il mondo, mentre costoro, vendendo se stessi e voi, lo hanno condotto alla rovina. Fu loro ordinato di togliersi di torno. E un angelo che aveva gli elenchi, vide che rimanevano ancora da giudicare sbirri e giudici. Li chiamarono, e bisognava vedere com'erano tristi quando si presentarono in Giudizio. Dissero: Gi ci consideriamo condannati, non c' bisogno d'altro. Non avevano ancora finito di parlare, quando carico di astrolabi e di sfere entr un astrologo, gridando che si erano ingannati, che quello non poteva essere il giorno del giudizio perch Saturno non aveva terminato i suoi movimenti, e nemmeno quello di trepidazione si era ancora concluso. Si volt indietro un diavolo e vedendolo tanto carico di legni e di carte gli disse:

Gi portate il legname con voi! Come se sapeste che, dopo tutti i cieli che avete osservato in vita, ora, in morte, per la mancanza di uno solo di essi, dovete andare all'inferno. Io non ci andr, disse lui. E allora vi ci condurranno. E cos fu. Con ci termin la seduta del tribunale. Alle loro residenze fuggirono le ombre; l'aria ebbe nuovo respiro, fior la terra, rise il cielo. E Cristo port con s a riposare i beati per la sua passione. Io rimasi nella valle, e andando in giro udii sulla terra grandi rumori e lamenti. Mi accostai per vedere che cosa succedeva, e vidi in una grotta rotonda - la gola dell'inferno - molte anime soffrire grandi pene e tra gli altri un avvocato che rimestava, pi che leggi, zizzanie; e un cancelliere che si mangiava le lettere che non aveva voluto [...] leggere in vita. Tutto il guardaroba dell'inferno, i vestiti e le acconciature dei condannati, erano appesi, anzich con chiodi e spilli, per mezzo di sbirri; un avaro contava pi dolori che denari, un medico scontava la sua pena sopra un orinale e un farmacista in una medicina. Questo mi fece ridere a tal punto che le mie risate mi svegliarono. Ed incredibile che dopo un sogno cos triste rimanessi pi allegro che spaventato. Sogni son questi, che se vostra eccellenza vorr dormire in loro compagnia, vedr le cose come le ho viste io, e se le aspetter come le ho descritte.

LO SBIRRO INDEMONIATO

Al conte di Lemos, presidente delle Indie

So bene che agli occhi di vostra eccellenza pi indemoniato l'autore che l'argomento. Se lo sar anche il discorso, avr ottenuto ci che ci si aspettava dalla mia povera letteratura, la quale, protetta dall'eccellenza vostra e dalla vostra grandezza, come lo potrebbe essere da un padrone, avr in disprezzo qualsiasi timore. Vi offro questo discorso: sullo sbirro indemoniato, anche se sarebbe meglio e pi adatto offrirlo agli stessi diavoli; lo riceva vostra eccellenza con l'umanit di cui mi fa grazia; possa io vedere nella sua famiglia quei successori che tanta nobilt e tanti meriti richiedono. Vostra eccellenza deve sapere che i sei generi di demoni stabiliti dai superstiziosi e dai maghi (in tal modo Psello divide i demoni nel capitolo XI del suo libro sui diavoli) corrispondono alle categorie in cui vengono divisi gli sbirri disonesti; i primi vengono chiamati leliuri, che vuol dire ignei, i secondi aerei, i terzi terreni, i quarti acquatici, i quinti sotterranei e i sesti lucifughi, che fuggono la luce. A loro volta, sono ignei gli sbirri criminali che a sangue e a fuoco perseguitano gli uomini; aerei sono gli sbirri sussurroni che fanno vento; acquatici sono gli uscieri che fermano chiunque abbia o meno vuotato il pitale nel momento sbagliato, senza dire attenzione, piove, e sono chiamati acquatici bench siano quasi tutti ubriaconi e avvinazzati; terreni sono i civili, che a forza di tangenti ed esecuzioni distruggono le propriet; lucifughi sono quelli che fan la ronda e fuggono la luce, mentre dovrebbe essere la luce a fuggire loro; sotterranei, coloro che stanno sottoterra, gli inquisitori delle altrui vite, i fiscali dell'onore, che dicono falsa testimonianza, scelgono sottoterra chi accusare e vanno sempre dissotterrando i morti e seppellendo i vivi.

Al pio lettore E se tu fossi invece crudele, e non pio, perdonami; giacch questo epiteto, con cui ci si rivolge ai polli, l'hai ereditato da Enea; e poich ti faccio la cortesia di non chiamarti benigno lettore, considera che vi sono tre tipi di uomini nel mondo: coloro che essendo ignoranti non scrivono, e questi meritano di essere perdonati per il loro silenzio e lodati perch conoscono se stessi; poi coloro che non comunicano quello che sanno, e di questi bisogna avere piet, a causa della loro indolenza, e invidia, a causa del loro ingegno, chiedendo a Dio che li perdoni per il passato e li corregga per il futuro; infine ci sono coloro che non scrivono per paura delle male lingue: quest'ultima categoria merita riprensione, perch un'opera o va nelle mani di uomini saggi, che non sanno dir male di nessuno, o va in quelle degli ignoranti, che non possono dir male di nulla, poich se lo dicono di una cosa cattiva lo dicono di se stessi, e se lo dicono di una cosa buona, non cambia nulla, giacch tutti sanno che non sono in grado di capire. Questa ragione mi indusse a scrivere il Sogno del Giudizio e mi d ora l'audacia di pubblicare questo discorso. Se lo vuoi leggere, leggilo, e se no lascia stare: non vi alcuna pena per chi non lo voglia leggere. Se poi, iniziata la lettura, ti arrabbiassi, hai in mano la possibilit di interromperlo l dove ti dia fastidio. Ho soltanto voluto avvertirti, nella prima pagina, che la mia una semplice reprimenda nei confronti dei cattivi ministri della giustizia, salvo il rispetto che si deve a quei numerosi che sono da lodare per virt e nobilt. Affido il contenuto di quest'opera alla correzione della Chiesa Romana e ai ministri che vigilano sui buoni costumi. Mi capit un giorno di entrare in San Pietro alla ricerca del dottor Calabrs, chierico dell'alta cappellina a tre punte, fatta a guisa di mezzo celemin, una frangia annodata non troppo strettamente in vita, ai polsi bottoni di Corinto, un affacciarsi di camicia per colletto, rosario in mano, discipline alla cintura, scarpe grandi e massicce (...) orecchie sorde, un parlare tra il penitente e il flagellante, il collo arrovesciato sul braccio, come fa il buon tiratore che mira alla preda, specialmente se una preda del Messico o di

Segovia, gli occhi bassi e inchiodati al suolo, come l'avido alla ricerca di monete, e i pensieri contratti, il colorito a chiazze, qua vivo e l stinto, tardone a messa e zelantone a mensa, grande esorcista di diavoli (viveva di puro spirito). Sapeva curare con formule magiche e nel benedire tracciava segni di croce pi grandi di quelli dei male ammogliati. Sul mantello sano portava falsi rammendi, faceva della trasandatezza una prova di santit, raccontava di rivelazioni e se non si aveva l'avvertenza di credergli, faceva anche miracoli. Devo continuare? Insomma, signore, era di quelli che Cristo chiam sepolcri imbiancati: all'esterno immacolato e ricco d'intarsi, di dentro putrefazione e vermi. Fingendo al di fuori onest e in fondo all'anima essendo un dissoluto, di traboccante e sfilacciata coscienza, egli era, in buon volgare, un ipocrita, un inganno in carne ed ossa, una menzogna con l'anima, un'impostura con la voce. Lo trovai in sacrestia, alle prese con un uomo che, le mani legate da un cordone e la stola scomposta, gridava e si agitava freneticamente. E questo chi ?, gli chiesi spaventato. Mi rispose: un uomo indemoniato. In quel mentre, lo spirito che era nell'uomo e che per possederlo aveva ingaggiato una lotta con Dio, rispose: Questo non un uomo, uno sbirro. Attenti a come parlate, voi due, perch nella domanda dell'uno e nella risposta dell'altro si vede che non siete bene informati. Dovete sapere che noi diavoli, dentro agli sbirri, ci stiamo per forza e di malavoglia; perci, se volete dirla giusta, dovete chiamare me demonio insbirrato e non constui sbirro indemoniato. Gli uomini si trovano meglio con noi che con gli sbirri, e molto pi che non si dica, perch noi fuggiamo la croce e gli sbirri la usano per far del male. Chi vorr negare che demoni e sbirri facciano lo stesso lavoro? A ben guardare, noi ci preoccupiamo di condannare e gli sbirri pure. Noi auspichiamo che vi siano sulla terra vizi e peccati, e gli sbirri desiderano e ricercano la stessa cosa e con un impegno anche maggiore, perch loro ne hanno bisogno per campare

e noi soltanto per divertirci un po'. Una tale occupazione molto pi da biasimare negli sbirri che in noi, giacch essi fanno del male a uomini come loro, della loro stessa specie, invece noi no, perch siamo angeli, sebbene privi della grazia. E poi, noi siamo demoni per aver voluto esser pi di Dio e gli sbirri sono sbirri per voler essere meno degli altri. Cosicch, padre, ti affanni inutilmente ad agitar reliquie sopra costui; nemmeno un santo, qualora finisse fra le sue mani, riuscirebbe a resistere. Convinciti che noi e lo sbirro siamo della stessa risma, senonch gli sbirri sono diavoli secolari e noi, che facciamo una dura vita all'inferno, sbirri di clausura. Mi impression il parlar sottile del diavolo. Calabrs si adir, e volendo metterlo a tacere riprese i suoi scongiuri; gli gett addosso acqua benedetta e quello prese a fuggire, gridando: Chierico, guarda che lo sbirro non fa tutte queste scene perch benedetta, ma perch acqua. Non c' cosa che gli sbirri detestino pi dell'acqua, visto che persino nel loro nome, 'alguacil', stata inserita una 'l'. E perch sappiate fino in fondo chi siano e quanto poco abbiano di cristiano, considerate che tra i pochi termini rimasti in Ispagna dai tempi dei Mori, gli sbirri hanno assunto quello di alguacil, che parola moresca, abbandonando il vecchio termine di merinos; e han fatto bene, perch quel nome si addice alla loro vita e la loro vita alle loro azioni. Quella che abbiamo sentito una grossa insolenza, disse furioso il mio dottore. E se diamo via libera a questo imbroglione, dir altre mille cattiverie, e parler molto male della giustizia, che corregge il mondo e che gli sottrae, con il timore che incute e la sollecitudine con cui viene esercitata, le anime che ha in potere. Non lo faccio per questo, replic il diavolo, ma perch nostro nemico colui che fa il nostro stesso mestiere. Abbi piet di me e toglimi dal corpo di questo sbirro; sono un demonio per bene e di buona qualit, e perder molto credito all'inferno per essere stato qui in cattiva compagnia. Ti scaccer oggi stesso, disse Calabrs, perch ho piet di quest'uomo che tu tartassi e tormenti; le tue colpe non meritano piet e la tua ostinazione ti fa incapace di sentirla.

Mi puoi chiedere un regalo, disse il diavolo, se mi scacci oggi. Sappi che le botte che gli d, e i maltrattamenti, dipendono solo dal fatto che io e la sua anima litighiamo su chi dovr avere il posto migliore; e a quanto pare, il pi diavolo lui. E dopo queste parole sbott in una grande risata; si alter il mio buon esorcista e decise di farlo tacere. Io, che avevo cominciato ad apprezzare le arguzie del diavolo, dal momento che eravamo soli e l'esorcista, come mio confessore conosceva i miei segreti, e del resto io come amico i suoi, gli chiesi che lo lasciasse parlare e che lo obbligasse soltanto a non maltrattare il corpo dello sbirro. Cos fu fatto, e subito il diavolo disse: Per noi diavoli, trattare coi poeti come avere parenti a corte; dovreste esserci grati, se pensate a tutta la pazienza che dobbiamo avere con voi all'inferno. Avete trovato per dannarvi un modo cos facile che tutto l'inferno ribolle di poeti. Abbiamo dovuto allargare i locali; e siete cos numerosi che nelle votazioni e nelle elezioni fate concorrenza ai cancellieri. Non c' cosa tanto graziosa come il primo anno di noviziato di un poeta dannato: c' chi si porta dalla terra lettere di raccomandazione per i ministri infernali e crede di dover incontrare Radamanto, domanda di Cerbero e di Acheronte ed convinto che gli si tengano nascosti. Quali pene vengono inflitte ai poeti?, chiesi. Molte, rispose, e appropriate. Per alcuni il tormento consiste nel sentir lodare le opere altrui; ma per i pi la pena nel venire lavati. C' un poeta che ha mille anni d'inferno alle spalle e non ha ancora smesso di leggere alcune quartine sulla gelosia. Per altro verso, ne puoi vedere alcuni che si picchiano e si tirano addosso tizzoni ardenti, discutendo se sia meglio dire viso o volto. C' chi, per trovare una rima, ha gi perlustrato, mordendosi le unghie, tutti i gironi dell'inferno. Ma quelli che stanno peggio e occupano il posto pi brutto sono i poeti di teatro, a causa delle molte regine che essi hanno creato [...] delle principesse di Bretagna che hanno disonorato, dei

matrimoni tra ineguali che hanno piazzato nei finali delle commedie, e delle bastonate che hanno rifilato a molti uomini onorati per far finire gli entremeses. Ma bisogna considerare che i poeti di teatro non stanno insieme agli altri, giacch essendo abituati a tessere trame ed inganni, si intrufolano fra procuratori e postulanti, gente che si occupa soltanto di cose di quel genere. All'inferno, tutti i dannati vengono sistemati in ordine logico. Un artigliere, arrivato l'altro ieri, voleva essere messo ttra gli uomini d'arme; ma essendogli stato chiesto che lavoro avesse fatto e avendo risposto che nel mondo il suo compito era stato di far dei tiri, fu mandato nel settore dei cancellieri, che sono quelli che sulla terra giocano i tiri pi brutti. Un sarto disse che aveva vissuto tagliando i panni addosso alla gente, e fu messo tra i maldicenti. Un cieco, che volle infilarsi tra i poeti, fu portato dagli innamorati, che ciechi son tutti. Un altro, che aveva detto: 'Io seppellivo i morti', fu messo tra i cuochi. Quelli che arrivano con la qualifica di pazzo li mettiamo con gli astrologi, e i mentecatti in mezzo agli alchimisti. Un tale che era arrivato da noi perch aveva ucciso qualcuno, ora sta coi medici. I mercanti che si sono dannati facendo mercato stanno con GIuda. I cattivi giudici, corrotti dal denaro, alloggiano coi carnefici. E un acquaiolo, che dichiar di aver venduto acqua fresca, fu mandato dagli osti. Tre giorni fa arriv un truffatore e si accus di aver venduto gatto per lepre: lo abbiamo messo di filato insieme ai locandieri, che fanno lo stesso. Insomma, tutto l'inferno diviso in settori secondo criteri precisi. Ti ho sentito parlare poco fa degli innamorati; un argomento che mi tocca da vicino e mi piacerebbe sapere se ve ne sono molti. Quella degli innamorati, rispose, una macchia che si estende su ogni cosa. Infatti tutti lo sono di se stessi; alcuni del proprio denaro, altri delle proprie parole, altri ancora delle proprie opere, e qualcuno delle donne. Di questi ultimi, ce n' meno di tutti all'inferno; perch le donne, a furia di cattiverie, maltrattamenti e cose ancor peggiori, offrono ogni giorno agli uomini occasione di pentirsi. Come dico, ve ne sono pochi, ma buoni e divertenti, ammesso che laggi vi sia spazio per il divertimento. Certuni, gi resi cadaveri dalla gelosia, dalla speranza e dal desiderio, giungono veloci

all'inferno, senza sapere n come n quando: n in che modo. Ci sono amanti infiocchettati, che ardono ricoperti delle loro gale; altri, chiomati come stelle comete, sono adorni di ciocche di capelli; altri ancora, grazie ai biglietti che essi han conservato delle loro dame, fanno risparmiare vent'anni di legna all'amministrazione della casa e arrostiscono avvolti nelle loro missive. Son tutti da vedere gli amanti delle monache, con le bocche aperte e le mani protese, dannati dai veli senza aver nulla svelato, divenuti lo zimbello di tutti, che infilano e tolgono le dita dalle grate, alla vigilia di essere appagati, senza che mai arrivi quel giorno, con [...] il titolo di pretendenti all'Anticristo. Al loro fianco stanno coloro che hanno amato le vergini e si sono dannati per un bacio, come Giuda, girando sempre intorno al piacere senza poterlo trovare. Dietro a questi, in una prigione sotterranea, vi sono gli adulteri; e sono quelli che meglio vivono e meno pagano, perch altri mantengono la loro cavalcatura ed essi se ne servono. Ma allora per costoro, dissi io, le pene e i piaceri sono della stessa natura. Pi gi, in un angolo molto sporco, pieno di scarti del macello, voglio dire di corna, vi sono coloro che quaggi chiamiamo cornuti, gente che neanche all'inferno perde la pazienza, poich, messi alla prova dalla cattiva moglie che hanno avuto, nessuna cosa ormai li turba. Dietro ad essi si trovano quelli che si innamorano di donne vecchie, e sono incatenati perch noi diavoli non ci fidiamo di uomini che hanno cos cattivo gusto; e se non fossero ben legati, neanche Barabba sentirebbe sicuro il suo didietro. Cos come siamo, ad essi noi sembriamo bianchi e biondi. La prima cosa che facciamo di condannare la loro lussuria, coi relativi arnesi, al carcere perpetuo. Ma lasciando da parte tutto questo, vi voglio dire che siamo molto risentiti del minestrone che fate di noi: ci dipingete con gli artigli, come se fossimo uccelli rapaci, e provvisti di coda, nonostante vi siano diavoli scodati; con le corna, anche se non siamo sposati, e sempre con quattro peluzzi di barba, bench tra noi ci siano diavoli che potrebbero sembrare

eremiti e governatori. Vedete di rimediare, perch poco tempo fa ci venuto a visitare Jernimo Bosco, e avendogli noi domandato perch ci avesse tanto vituperato nei suoi sogni, egli ci disse: 'Perch non avevo mai creduto che esistessero davvero i diavoli'. Ma quel che pi ci dispiace e che, parlando comunemente, solete dire: 'Guardate quel diavolo di un sarto!' oppure: ' un diavolo quel sartucolo!'. A sarti ci paragonate? Ma noi li usiamo come legna per l'inferno e ci facciamo persino pregare per riceverli, poich se la partita non almeno di cinquecento capi, non rilasciamo nemmeno la ricevuta, per non abituarci male e perch loro non alleghino il diritto di usucapione: Quoniam consuetudo est altera lex. E poich per usucapione hanno il diritto di rubare e di fare i guastafeste, si considerano insultati se non apriamo loro le porte principali come se fossero di casa. Un'altra lamentela dobbiamo fare: non c' cosa cattiva che non mandiate al diavolo; e quando vi arrabbiate per qualche motivo, dite subito: 'Che il diavolo ti porti!'. Sappiate invece che coloro che se ne vengono qui per conto proprio sono molto pi numerosi di quelli che ci portiamo noi, perch non stiamo a badare a tutti. Se mandate al diavolo della gentucola, il diavolo non la prende, anche perch c' della gentucola che il diavolo non riesce a prendere: Mandate al diavolo un italiano e il diavolo non lo prende perch sar l'italiano a prendere il diavolo. E state attenti che il pi delle volte mandate al diavolo ci che il diavolo ha gi in possesso, voglio dire, ci che noi abbiamo in possesso. Ci sono dei re all'inferno?, gli chiesi. Lui soddisf la mia curiosit dicendo: Tutto l'inferno pieno di fanti, di donne e di re. Vi sono molti re, perch il potere, la libert, il comando li inducono a toglier di mezzo le virt; fra di loro i vizi raggiungono il massimo. Vedendo che i vassalli li riveriscono in sommo grado, e sentendosi per grandezza posti sullo stesso piano degli dei, vogliono valere quanto loro o quasi, e farlo vedere. E hanno molte vie per dannarsi e molta gente che li

aiuta. C' chi si danna per la sua crudelt: nell'uccidere i suoi sudditi e nell'esiliarli, un veleno coronato [...] ed una peste regale per il suo regno; ve ne sono altri che si dannano per la cupidigia, facendo amazzoni le loro citt e i loro paesi, in grazia di mammelle che invece di nutrire tolgono sostanze; altri poi se ne vanno all'inferno in virt di terze persone, e si dannano per procura, avendo dato fiducia a infami ministri. Ed un piacere vederli penare, poich come a pivellini alle prime armi, qualunque cosa raddoppia il loro dolore. I re hanno questo di buono; che essendo uomini d'onore, non arrivano mai soli, ma insieme a una coppia o a un tris di consiglieri, e a volte l'incastro riesce, e allora si portan dietro l'intero regno perch tutti prendono esempio da loro. Fortunati voi, spagnoli, che senza meritarlo siete vassalli e sudditi di un re tanto prudente e cattolico, imitando il quale andate diritti in cielo; questo, se fate opere buone (e non pensate che opere buone siano i palazzi sontuosi; questi fanno sdegnare Iddio, poich lo sappiamo, egli nato a Betlemme, sotto un portico in rovina); egli ben diverso da certi cattivi re, che vanno all'inferno per la strada maestra e dai mercanti, che ci vanno per la via del denaro. Perch adesso te la prendi coi mercanti?, chiese Calabrs. un cibo, questo, che a noi diavoli ormai venuto a noia; ne abbiamo fatto indigestione e addirittura lo vomitiamo. Arrivano a migliaia, dannandosi con le parole e coi fatti. E dovete sapere che in Spagna i conti presentati dai mercanti genovesi sono misteri dolorosi per i milioni di monete che provengono dalle Indie e le loro penne sono una batteria di cannoni contro le borse, e non vi rendita che, catturata dal Tago delle loro penne e dal Jarama del loro inchiostro, non ne venga affogata. Infine, hanno resa sospetta la parola banco, che per noi era soltanto qualcosa su cui posare il sedere, mentre adesso non sappiamo quando parlano da affaristi e quando parlano da sporcaccioni. Uno di costoro, che era giunto all'inferno, vedendo che c'era molto consumo di legna e di fuoco, pretendeva l'appalto del riscaldamento; un altro voleva affittarci gli strumenti di tortura, sembrandogli un affare vantaggioso. Gente di questa risma abbiamo laggi, assieme ai giudici che sulla terra li hanno lasciati fare. Vi son dunque dei giudici da voi?.

Come no!, disse lo spirito. I giudici sono i nostri fagiani, i nostri piatti prelibati, il seme che ai diavoli d maggior profitto e maggiori frutti; perch per ogni giudice che seminiamo, raccogliamo sei procuratori, due giudici istruttori, quattro cancellieri, cinque avvocati e cinquemila commercianti, e questo tutti i giorni. Da ogni cancelliere ricaviamo venti ufficiali giudiziari, da ogni ufficiale trenta sbirri, da ogni sbirro dieci guardiani. E se l'annata fertile di imbrogli, non vi sono magazzini all'inferno capaci di contenere tutto il raccolto di un cattivo governatore. Vorresti forse dire, ribelle a Dio, che non vi giustizia sulla terra, e che essa non rispettata dai suoi ministri?. Certo che no, perbacco! Non conosci la storia di Astrea, ossia della giustizia, che fuggita dalla terra salita in cielo? Se non la sai, te la racconto. Erano scese sulla terra la verit e la giustizia; la prima non si trov a suo agio perch era nuda, l'altra perch era severa. Stettero molto tempo cos, finch la verit, per pura necessit, si un a un muto. La giustizia, in difficolt, cominci a vagare per la terra, offrendosi a tutti; ma vedendo che nessuno le badava e che le usurpavano il nome per dare lustro alle tirannie, decise di fuggire e di tornarsene in cielo. Lasci le grandi citt e le corti, e fece una capatina nei villaggi dei contadini, dove per alcuni giorni, nacsosta dalla sua povert, fu ospitata dalla semplicit, finch contro di lei non invi requisitorie la malizia. Allora fugg davvero e and di casa in casa, chiedendo di essere accolta. Tutti le chiedevano chi fosse, e lei, che non sa mentire, diceva di essere la giustizia; e la risposta era una sola: 'Giustizia in casa mia? Vada da un'altra parte!. E cos non entr da nessuno. Sal in cielo, lasciando sulla terra soltanto le sue impronte. Gli uomini allora battezzarono col suo nome alcuni bastoni, e son questi che all'inferno, dopo le croci, bruciano meglio; quaggi, il nome di

giustizia vien data soltanto a questi bastoni, e a coloro che li tengono in mano. Infatti c' gente che con questi bastoni ruba pi di quanto non possa fare il ladro coi suoi grimaldelli, le sue chiavi false e le sue scale. E dovete sapere che la cupidigia degli uomini ha fatto di tutte le loro membra, e di tutti i loro sensi e facolt, uno strumento di furto, laddove Iddio ha dato i primi per vivere e le altre per vivere bene. L'innamorato non ruba forse con la volont l'onore delle fanciulle? L'avvocato, che d un'interpretazione perversa e a rovescio della legge, non ruba col cervello? Non ruba con la memoria l'attore che ci sottrae il tempo? Non ruba l'amore con gli occhi, il consigliere con la bocca, il potente con le bracica (giacch non ha futuro chi fra le sue braccia non si pone)? L'abile con le mani, il musico con le dita, il gitano e il taccagno con le unghie, il medico con la morte, il farmacista con la salute, l'astrologo con il cielo? Insomma, ognuno ruba con una parte o con l'altra. Soltanto lo sbirro ruba con tutto il corpo, poich spia con gli occhi, insegue con i piedi, lega con le mani e testimonia con la bocca; insomma, sono tali gli sbirri che la Santa Romana Chiesa deve difendere l'umanit da loro come la deve difendere da noi. Mi spaventa, dissi, vedere che tra i ladri non hai messo le donne, che sono di casa anche nel furto. Non me le nominare, rispose. Ci hanno stancato, e fatti uscire dai gangheri; non ce ne fossero tante, l'inferno non sarebbe poi una dimora cos brutta [...] Non sai cosa daremmo, all'inferno, per diventare vedovi. Per di pi si ordiscono trame, ed esse, da quando morta Medusa la maga, non parlano d'altro, e ho una gran paura che un giorno una pi impertinente delle altre vorr provare la sua abilit con noi, per vedere se ne sa due pi del diavolo. Per la verit, le dannate una cosa buona ce l'hanno, ed per questo che ancora possibile avere a che fare con loro: ormai sono senza speranza e quindi non chiedono pi nulla. Quali si dannano di pi, le belle o le brutte?

Le brutte, rispose pronto, sei volte di pi: perch per conoscere e detestare il peccato non c' altro mezzo che commetterlo, e le belle [...] trovano tanti uomini disposti a soddisfare i loro appetiti carnali, quindi si saziano e si pentono; le brutte invece, che non trovano nessuno, se ne vanno all'inferno a digiuno e chiedono uomini con la fame di sempre; e dopo avere utilizzato quelle con occhi neri e quelle con viso aquilino, l'inferno brucia le bianche, le bionde, e soprattutto le vecchie, che invidiose dei giovani, ostinate, spirano grugnendo. L'altro giorno ne ho trascinata una di settant'anni che mangiava argilla, faceva esercizi contro la stitichezza e si lamentava del mal di denti per farci credere che li avesse; e poich aveva gi le tempie avvolte, come cadaveri, nel lenzuolo bianco dei capelli, e la fronte come un campo arato, fuggiva davanti a un topo e si adornava di nastri, pensando di piacerci. L'abbiamo, come pena, collocata accanto a un damerino, di quelli vezzosi, che sapendo che all'inferno il suolo asciutto e senza fango, vi arrivano con scarpe bianche e in punta di piedi. Tutto questo mi va bene, dissi, vorrei solo sapere se all'inferno ci sono molti poveri. Che cos' un povero?, replic. L'uomo, dissi io, che non possiede niente di quello che esiste al mondo. Finalmente ti sei fatto capire!, disse il diavolo. Se ci che condanna gli uomini ci che essi possiedono del mondo, e questi non hanno nulla, come fanno a dannarsi? A questo riguardo, i nostri libri hanno ancora le pagine bianche. E non stupitevi, perch i poveri mancano persino di diavoli. A volte voi siete, gli uni con gli altri, pi diavoli di noi. C' diavolo pi grande di un adulatore, di un invidioso, di un falso amico, o di una cattiva compagnia? Ebbene, un povero non li conosce, perch nessuno lo adula, nessuno lo invidia, non ha amici n buoni n cattivi, nessuno gli fa compagnia. Soltanto i poveri vivono veramente bene e muoiono meglio. Chi di voi sa, come tutti loro, valutare il tempo e dare un prezzo al giorno, sapendo che la morte ha in suo potere tutto ci che passato, che governa il presente ed in agguato su ci che avverr?.

Quando il diavolo predica, il mondo sta per finire, disse Calabrs. E aggiunse: Ma come mai, tu che sei il padre della menzogna, dici cose che riuscirebbero a convertire una pietra?. Come mai?, disse. Ma per farvi del male, e perch non possiate dire che nessuno ve l'aveva detto. E sappiate che nei vostri occhi vedo molte lacrime di tristezza e poche di pentimento; e della maggior parte di queste, si deve ringraziare il peccato, che vi stanca o vi opprime, e non la volont che lo aborrisce in quanto male. Menti, disse Calabrs. Oggi ci sono molti santi e molte sante. Mi accorgo che finora non hai fatto che mentire. Per punizione, oggi uscirai da quest'uomo. Fece i suoi esorcismi e, senza che io potessi intervenire, riusc a farlo tacere. E se un diavolo gi cattivo di per s, muto ancora peggio di un diavolo. Vostra eccellenza consideri tutte queste cose con attenzione curiosa e non badi a chi le ha dette; anche Erode fece delle profezie, e dalla bocca di una serpe di pietra pu uscire uno zampillo d'acqua, tra le fauci di un leone vi pu essere miele, e il salmo dice che a volte veniamo salvati dai nostri nemici, e per mano di coloro che ci disprezzano.

SOGNO DELL'INFERNO

Lettera a un amico

Invio a vostra signoria questo discorso, il terzo dopo il Sogno e lo Sbirro, nel quale posso dire di aver consumato tutte le poche forze del mio ingegno, non so davvero se con qualche risultato. Voglia Iddio che le mie buone intenzioni, nel caso in cui non meriti lode il mio lavoro, trovino un po' di gratitudine; avr in tal modo uno di quei premi che il volgo concede con mano parca; non sono tanto superbo da ritenere che qualcuno mi possa invidiare, poich l'esistenza degli invidiosi avrebbe come gloriosa ricompensa il meritare che esistano. Vostra Signoria faccia conoscere questo scritto a Saragozza, concedendogli quell'accoglienza che solito riservare a tutte le cose mie, mentre io qui affronto con pazienza le maliziose calunnie che ancor prima del parto (o aborto) delle mie opere, sogliono venir diffuse dai miei nemici. Conceda Dio pace e salute a Vostra Signoria. Fresno, il 3 maggio 1608.

Prologo all'ingrato e sconosciuto lettore Cos perverso tu sei che nemmeno chiamandoti pio, o benevolo e benigno negli altri discorsi, sono riuscito ad evitare le tue persecuzioni. Ormai deluso, voglio parlare con te chiaramente. Questo il discorso dell'Inferno; nonconcludere che sono maldicente perch dico male di chi si trova laggi, poich non possibile che in esso vi sia qualcuno che possa dirsi buono. Se ti sembra tirato in lungo, sai cosa fare: prenditi l'inferno che ti basta e taci. E se qualcosa non ti garba, sii tanto caritatevole da tacerla o tanto dotto da correggerla; poich l'errare degli uomini e il ferrare riguarda le bestie o gli schiavi. Se ti sembrasse oscuro, mai l'inferno stato chiaro, se triste e malinconico, io non ho promesso niente. Soltanto ti chiedo, lettore, anzi ti scongiuro in nome di tutti i prologhi, di non travisare le mie ragioni e di non offendere con malizia le mie buone intenzioni. Poich innanzitutto io

porto rispetto alle persone e soltanto biasimo i vizi, critico le negligente e gli eccessi di certi impiegati senza toccare la dignit degli impieghi; infine, se il discorso ti piacer, ti divertirai, altrimenti poco mi importa, perch a me non viene niente n da te n da lui. Vale. Discorso

Io, che nel Sogno del giudizio avevo visto tante cose, e nello Sbirro indemoniato avevo potuto sentirne altre che ancora non conoscevo, bench sappia che i sogni son quasi sempre burla della fantasia e ozio dell'anima e che il diavolo non ha mai detto la verit, giacch non ha sicura conoscenza di ci che Iddio ci tiene nascosto, ho visto ora, guidato dal mio angelo custode, quel che sto per raccontare, grazie alla particolare provvidenza divina che scesa su di me per recarmi, col timore, la vera pace. Mi trovavo in un luogo favorito dalla natura per l'amabile quiete, dove senza malizia la bellezza intratteneva la vista - muto spettacolo e senza umana risposta - e discorrevano le fonti fra i ciottoli e gli alberi con le fronde, e a tratti cantavano gli uccellini, non so bene se a gara con quelli o perch grati di tanta armonia. Ma pensate un po' quanto sono strani i nostri desideri: in un luogo come quello non riuscivo a trovar pace. Aguzzai la vista alla ricerca di un cammino dove trovare compagnia; e vedo - cosa degna di stupore - due sentieri che nascendo nello stesso punto si allontanavano l'uno dall'altro come se rifiutassero di proseguire insieme. Quello di destra era tanto stretto che di pi non era possibile; pieno di sterpi, di insidie e di passaggi difficili, vi era transitata pochissima gente. Ciononostante, vidi molte persone che si sforzavano di percorrerlo, ma andavano scalzi e nudi, e lasciavano lungo il cammino, chi la pelle, chi le braccia, chi la testa e chi i piedi; ed eran tutti di color giallognolo. Mi colp che nessuno di coloro che camminavano per quel sentiero si voltasse indietro, ma che tutti quanti guardassero avanti. Dire che qualcuno vi potesse entrare a cavallo ridicolo. Uno di quelli che stavano l, avendogli io chiesto se mi sarebbe stato possibile passare a cavallo per quel deserto, mi rispose: San

Paolo lasci il cavallo per muovere il primo passo in questo sentiero. Ma osservando con attenzione, non vidi nessuna impronta d'animale. Ed era incredibile che non ci fossero segni di ruote di carrozza, n un minimo indizio che per quel sentiero avesse camminato qualcuno. Spaventato, chiesi a un mendico che stava riposando e prendendo fiato, se vi erano per caso locande per quella strada o alberghi nei punti di sosta. Mi rispose: Locande o alberghi qui, signore? Come volete che ci siano, se questa la strada della virt? Nel cammino della vita, partire nascere, vivere camminare, locanda il mondo, e una volta usciti si a una sola e breve giornata dalla pena o dalla gloria. Cos dicendo si alz; e prosegu: Restate con Dio, ch nel cammino della virt perde tempo chi si ferma ed pericoloso rispondere a colui che ti fa domande per curiosit e non per trarne beneficio. Incominci a camminare, e sospirando, inciampava e zoppicava; sembrava che gli occhi, con le lacrime, tentassero di render meno aguzze le pietre ai piedi e pi docili i rovi. Maledizione!, dissi dentro di me, il cammino tanto faticoso e la gente che lo affronta scorbutica e poco piacevole. Per il mio umore, davvero quello che ci vuole!. Feci un passo indietro e abbandonai il cammino del bene, io che mai ho avuto l'intenzione di allontanarmi tanto dalla virt da dover rifare molta strada e dovermi riposare. Presi a manca e vidi un corteo molto imponente, tante carrozze, cariche di tali umane bellezze da sfidare il sole, gran quantit di vestiti di gala e di livree, splendidi cavalli, gente dai neri mantelli e molti gentiluomini. Io, che ho sempre sentito dire dimmi con chi vai e ti dir chi sei, volendo stare in buona compagnia, misi un piede sul margine della strada e senza accorgermene mi ritrovai catapultato nel mezzo, come chi scivola sul ghiaccio. E fui circondato da tutto ci che mi occorreva. Infatti, l era tutto un ballo e una fsta, e giochi e ricevimenti; non era come nell'altra strada dove, per mancanza di sarti, tutti erano nudi e feriti; qui c'era abbondanza di mercanti, gioiellieri e gente di ogni mestiere; e poi locande ad

ogni passo e taverne innumerevoli. Non ho parole per dire quanto fossi contento di trovarmi in compagnia di gente tanto onorata, anche se la strada presentava qualche ostacolo, non tanto provocato dalle mule dei medici, quanto piuttosto dalle barbe degli avvocati, essendo enorme la schiera di costoro, che avanzavano seguiti da alcuni giudici. Non dico questo perch fosse pi esiguo il battaglione dei dottori, che la nuova eloquenza chiama veleni laureati, ben sapendo che nelle universit si studia per diventare un giorno tossici. Mi stimol a proseguire il cammino non soltanto il vedere che lo facevano in molti, ma anche l'allegria che li possedeva e il fatto che dall'altro sentiero alcuni passassero nel nostro, e dal nostro nell'altro, per vie segrete. Altri cadevano perch non potevano stare in piedi, e mi colp la tremenda scivolata che un branco di tavernieri fece sulle lacrime che alcuni avevano sparso lungo il cammino; infatti, i loro piedi erano scivolati sull'acqua ed essi eran finiti sul sentiero uno sopra l'altro. Prendevamo in giro quelli che nel cammino della virt sembravano i pi affaticati. Ci burlavamo di loro, li chiamavamo feccia del mondo e scarti della terra. Di essi, alcuni si turavano le orecchie e passavano oltre; altri, che si fermavano ad ascoltarci, o storditi dalle molte grida o persuasi dalle nostre ragioni e umiliati dalle burle, cedevano e passavano dalla nostra parte. Vidi un sentiero, percorso da molti uomini che avevano l'aspetto dei buoni e da lontano sembrava che camminassero con loro; ma quando mi avvicinai, vidi che stavano con noi. Mi dissero che erano gli ipocriti, gente per la quale la penitenza, il digiuno, la mortificazione, che in altri sono la mercanzia per il cielo, in loro sono il noviziato per l'inferno. V'eran fra di essi molte donne, che baciavan loro le vesti, essendo alcune nel baciare peggio di Giuda, perch lui baci, anche se con animo traditore, il viso del Giusto, figlio di Dio e vero Dio, e loro baciano l'abito di chi malvagio come Giuda. In alcune o attribuii, pi che alla devozione, al piacere che esse provano nel baciare. Altre strappavano loro frammenti di mantello come reliquia; e tanto strappano alcune da far sospettare che lo facciano pi per vederli nudi o per spogliarli che per la fede che hanno nelle loro opere. Altre si raccomandano ad essi nelle loro orazioni, che come raccomandarsi al diavolo per interposta persona. Ne vidi ancora che chiedevano loro di avere un figlio, e dubito che un marito, se consente che la moglie chieda figli a un altro uomo,

sia poi disposto a ringraziarlo se questi glieli concede. Lo dico perch ho notato che le donne, che potrebbero affidare i loro desideri a San Pietro, a San Paolo, a San Giovanni, a Sant'Agostino, a San Francesco e a tanti altri santi, che sappiamo aver voce in capitolo presso Dio, si affidano invece a gente come quella, che fa atto di umilt e pretende di salire al cielo passando di salotto in salotto e di mensa in mensa. Alla fine compresi che costoro si occultano soltanto al nostro sguardo, ma appaiono senza maschera agli occhi eterni, che aperti su tutti gli uomini, scorgono i segreti pi oscuri che giacciono nelle pieghe dell'anima. certo che vi sono anime eccelse, cui dobbiamo chiedere intercessione presso Iddio e i santi; ma sono differenti da costoro, che mostrano la disciplina prima della faccia e nutrono la loro ambiziosa felicit con l'applauso mondano e col dire che sono indegni e grandissimi peccatori e i pi malvagi della terra, s che proclamandosi bestie ingannano dicendo la verit, giacch essendo ipocriti, alla fine son davvero quel che han detto di essere. Essi procedevano isolati ed erano considerati pi stolti dei mori, pi ignoranti dei barbari e senza legge, poich infatti costoro non hanno conosciuto la vita eterna e non la godranno, avendo conosciuto la presente e goduta, mentre gli ipocriti non conoscono n questa vita n l'altra, perch nell'una si tormentano da soli e nell'altra vengono tormentati. In conclusione, si dice giustamente che essi guadagnano l'inferno con le azioni. Andavamo tutti dicendo male l'uno dell'altro; i ricchi inseguivano la ricchezza, i poveri chiedevano ai ricchi ci che Dio gli aveva tolto. I saggi van per la loro strada per non farsi governare da altri; e gli stolti, non sapendo chi li guida, corrono a pi non posso. I ministri di giustizia si trascinano dietro i mercanti, la passione la giustizia tradita, e i re, vanesi ed ambiziosi, tutte le repubbliche. Non mancarono durante il cammino diversi ecclesiastici; vidi molti teologi, e qualche soldato, ma pochi, giacch la maggior parte, a forza di assoluzioni e di grazie ricevute, marciavano nell'altra strada in file ordinate, trionfando onoratamente della loro stirpe; ma quelli che stavano con noi, se avessero diffuso il nome di Dio combattendo come lo avevano diffuso bestemmiando, sarebbero diventati famosi. Ed erano seminudi, poich i soldati che si comportano come loro hanno le uniformi rovinate dai colpi ma il corpo intatto. Essi andavano ricordando le occasioni in cui si erano

incontrati, i brutti momenti trascorsi (non sia mai che abbiano passato bei momenti) e noi non credevamo a niente perch li tenevamo in conto di bugiardi; solo quando, per esaltare i propri meriti, uno disse: Compagni, che momenti abbiam passato e che bevute ci siam fatte! allora alle bevute credemmo, perch ne facevano fede sciami di moscerini che ronzavano attorno alle loro bocche, golosi dell'alito che indiscretamente diceva il mosto che si erano scolati di soverchio. I capitani, gli ufficiali di campo e generali d'esercito, che marciavano numerosi per la strada di destra, guardavano rattristati quei vanagloriosi. E sentii dire da uno di essi, che non li poteva sopportare, vedendo gli astucci di metallo pieni di inutili carte che aveva con s quella gente accecata: Da questa parte, soldati! forse da valorosi lasciare la retta via per paura delle sue difficolt? Venite, qui sappiamo che soltanto chi ha legittimamente combattuto riceve la corona. Quale vana speranza vi agita? Le anticipate promesse del re? Non si vende la propria anima soltanto perch risuona paurosamente all'orecchio il grido 'ammazza o muori'. Resistete all'avidit del premio; proprio del'uomo probo seguire la virt, mentre degli avidi pensare unicamente alla ricompensa: e chi non si appaga della virt e la segue per l'interesse e i vantaggi che ne possono derivare, pi mercante che virtuoso, perch lo fa inseguendo beni caduchi. La virt per se stessa una ricompensa, quindi siatene paghi. Qui alz la voce e disse: Ricordate che la vita una guerra che l'uomo combatte con se stesso, che i nemici dell'anima ci obbligano a rimanere armati per tutta la vita e sono per noi minaccia di pi perniciosa sconfitta. Ricordate che gi i prncipi considerano il nostro sangue e la nostra vita come del tutto doverosi, e quando per essi li perdiamo non dicono quasi mai che abbiamo reso loro un servigio ma che abbiamo pagato il nostro debito. Tornate, tornate!. Essi lo ascoltarono molto attentamente, e confusi per ci che era stato loro detto, entrarono in una taverna.

Le donne andavano all'inferno seguendo il denaro degli uomini e gli uomini correvano dietro ad esse e al loro denaro, inciampando gli uni negli

altri. Notai che in fondo alla strada dei virtuosi alcuni si sbagliavano e passavano dalla parte nostra; lo stesso facevano quelli di noi che riconoscevano l'errore alla fine del nostro cammino. Notai che persino una donna procedeva a piedi; sconvolto che una donna se ne stesse all'inferno senza sedia o carrozza, cercai un cancelliere che ne desse fede per iscritto, ma in tutto l'inferno non mi fu possibile trovare n un cancelliere n uno sbirro; e non avendone visti, ne dedussi che il nostro era il cammino del cielo e quell'altro il cammino opposto. Questo mi consolava un tantino, ma mi rimaneva un dubbio: avevo tanto sentito parlare di dolori e penitenze e ora vedevo che invece tutti si stavano divertendo... mi tolse ogni dubbio una frotta di mariti che venivano avanti tenendo le mogli per mano; ogni moglie rappresentava il digiuno del proprio marito, che non mangiava per dare a lei la pernice e il cappone; e ne rappresentava la nudit perch, per poterle offrire vestiti sfarzosi e inutili gioielli, lui restava senza camicia. Infine capii che un male ammogliato ha in sua moglie tutti gli ingredienti necessari per diventare un martire, e talvolta, gli uni come le altre, un inferno ambulante. Il vedere questa terribile penitenza mi conferm che stavo percorrendo la strada giusta. Ma la convinzione dur poco, poich sentii dire alle mie spalle: Lasciate passare i farmacisti. Dei farmacisti qui?, dissi fra di me. Allora siamo all'inferno. Ed era vero, perch in quel momento ci trovammo a varcare una porticina simile a quella di una trappola per topi, dalla quale era facile entrare ma impossibile uscire. E si noti che per tutta la strada nessuno disse andiamo all'inferno ma, essendoci gi, dissero tutti molto spaventati siamo all'inferno. All'inferno?, dissi io molto afflitto. Non pu essere. E volli fare le mie rimostranze. Cominciai a lamentarmi per le cose che dovevo lasciare sulla terra: i parenti, gli amici, i conoscenti, le dame. E piangendo alzai lo sguardo verso il mondo e vidi venire per la stessa strada, correndo a precipizio, tutti coloro o quasi che avevo conosciuto laggi. Questo mi consol un poco, cos come l'apprendere che, a giudicare dalla fretta con cui correvano all'inferno, sarebbero stati presto con me. Cominciai

a sentire fastidioso il soggiorno e sgradevole l'ingresso. Avanzai lentamente, insieme ad alcuni sarti che mi avevano raggiunto e che erano terrorizzati dai diavoli. Al primo varco trovammo sette demoni che scrivevano i nomi di chi entrava; mi chiesero il nome, glielo diedi e passai. Si rivolsero ai miei compagni e questi dissero che erano sarti; allora uno dei diavoli esclam: I sarti han capito in terra che l'inferno stato fatto per loro, sicch se ne vengono tutti qua. Un altro diavolo chiese quanti fossero: risposero che eranoc ento; ribatt allora un altro demonio dalla barba grigia e incolta: Cento sarti? Non possono essere cos pochi. La partita pi piccola che abbiamo mai ricevuto stata di milleottocento. Veramente non viene neanche la voglia di riceverli. I sarti ci rimasero male ma alla fine entrarono. Pensate un po' come sono i sarti: diventa per essi una minaccia il non lasciarli entrare all'inferno. Entr per primo un sarto livido, piccolino, rosso malpelo. Fece un salto nel vedersi l e disse: Ora siamo qua tutti. Un diavolo pi grande degli altri, gobbo e zoppo, usc da dove si trovava e gettandoli in una grande fessura grid: Arriva legna! Per curiosit mi avvicinai e gli chiesi come mai fosse gobbo e zoppo; lui, che era un diavolo di poche parole, mi rispose: Io ramazzavo sarti, andavo a raccoglierli sulla terra, e a furia di portarmeli sulle spalle sono diventato gobbo e zoppo. Ho fatto i miei conti e ho trovato che loro arrivano qui molto pi in fretta di quanto possa fare io trascinandoli. In quel mentre il mondo vomit un'altra partita di sarti e io dovetti proseguire, perch l ormai non c'era pi posto dove stare; e il mostro infernale cominci a spalarli via. A quanto dicono, i sarti costituiscono la legna migliore che si brucia all'inferno. Proseguii per un corridoio alquanto buio, quando mi chiamarono per nome. Volsi gli occhi in direzione della voce, non meno impaurita di essi, e un uomo, del quale nell'oscurit vidi soltanto ci che la fiamma che lo

tormentava mi pot consentire, prese a parlare. Non mi conoscete?, chiese. Ah! Stavo per dire il suo nome, quando lui mi prevenne: ... il libraio. Proprio io. Chi l'avrebbe mai detto! Com' vero Dio, lo avevo sospettato, perch la sua bottega era il bordello dei libri, e non ce n'era uno che non parlasse di gente di malaffare, di cattivi soggetti e di buffoni. Un cartello che diceva: Si vende inchiostro fine, carta speciale e dorata avrebbe potuto condannare da solo anche chi avesse avuto meno colpe. Cosa volete, disse, vedendo che mi ero distratto nel rimuginare questi pensieri, sono davvero disgraziato: di solito ci si danna per le cattive opere che compiamo noi stessi; io e tutti gli altri librai, invece, ci danniamo per le cattive opere che compiono gli altri, e perch abbiamo trafficato con libri scritti in volgare e tradotti dal latino, ben sapendo che gli ignoranti avrebbero conosciuto ci che in altri tempi soltanto i dotti potevano lodare; adesso persino il lacch latinizza e un giorno troveremo un Orazio in castigliano nella scuderia. ebbe continuato, se un demonio non avesse cominciato a tormentarlo bruciacchiandolo coi fogli dei suoi libri, mentre un altro gliene leggeva alcuni passi. Vedendo che non parlava pi, proseguii, dicendo fra me e me: Se c' qualcuno che si danna per le opere altrui, che succeder di quelli che si dannano per le proprie? A questo pensavo, quando vidi agitarsi in un porcile un gran numero di anime che gemevano, e molti diavoli che le colpivano con fruste e scudisci. Chiesi chi fossero e mi fu risposto che erano cocchieri. E un diavolo camuso e calvo, tutto infangato, disse che gli sarebbe piaciuto di pi, per modo di dire, avere a che fare con i lacch; l infatti c'erano dei cocchieri che per subire il loro tormento chiedevano la mancia, e il timore dei diavoli era che volessero mettere sotto accusa il loro mestiere, con la scusa che non sapevano far schioccare la frusta bene come loro.

Per quale motivo stan l dentro a penare? chiesi. Si alz lestamente un cocchiere, barba scura e brutto ceffo, e disse: Signore, perch essendo furfanti arriviamo all'inferno a cavallo e dando ordini. Allora gli replic un diavolo: E perch tacete le male azioni che avete occultato da vivi, i peccati che avete facilitato e le menzogne che avete detto nella vostra vile occupazione? Rispose uno di essi, che era stato cocchiere di un consigliere di Stato e che sperava ancora che questi lo potesse togliere di l: Non c' stato da dieci anni a questa parte ufficio tanto onorato; ci han fatto indossare tuniche e casacche, abiti lunghi e collarini, cosicch sembravamo confessori; e nel conoscere i peccati abbiamo appreso cose che loro non hanno mai saputo. Come potevano dannarsi, nella loro modestia, le mogli dei sarti, se non per l'emozione di trovarsi in una carrozza? Ve ne sono di quelle, dall'onore posticcio, che hanno inseguito un don come la santa catecumena si dirige volontariamente al fonte battesimale, e per avere abbassato una cortina ed essersi accomodate in fondo alla carrozza sommergeranno di anime i diavoli. Credo che le donne abbiano scambiato la verginit con i doni, e cos ora tutte hanno un don e nessuna la verginit. In tal modo, disse il diavolo, il cocchierino si scucito la bocca e non la chiuder pi per altri dieci anni. Perch dovrei chiuderla, rispose il cocchiere, se ci trattate in questo modo, invece di darci una ricompensa? Noi non vi portiamo all'inferno merce sciupata, lacera, arrivata a piedi, tutta sbrindellata, simile agli scudieri che son sempre laceri, con le ginocchia basse e i piedi sanguinanti, ma riposata, linda, profumata e in carrozza. L'abbiamo gi fatto per tanti, che ci hanno saputo ringraziare. Meriterei dunque una pena come questa, solo perch ho trasportato paralitici a messa, infermi a far la comunione, e monache ai loro conventi? Nessuno riuscir mai a provare che nella mia carrozza sia entrato qualcuno con buoni pensieri. S'era arrivati al punto che per sapere se la ragazza che doveva sposarsi era

ancora donzella ci si informava se fosse mai salita sopra una carrozza, essendo questo un segnale di corruzione. cos che mi ripagate? Piantala!, grid un demonio mulatto e mancino. Raddoppi le busse e tutti fecero silenzio. Il cattivo odore dei cocchieri mi costrinse a proseguire. Arrivai a una cripta dove si gelava, e cominciai a tremare di freddo e a battere i denti. Stupito per la novit di trovare freddo all'inferno, chiesi dove fossi; un diavolo storpio, con abrasioni e ulcere, pieno di geloni, rispose: Signore, fa tanto freddo perch in questa zona sono riuniti i buffoni, i ciarlatani e i giullari di basso conio, gente inutile, che era in soprannumero nel mondo e che noi qui teniamo separata perch, se andasse libera per l'inferno, farebbe diminuire il supplizio del fuoco, tanto il gelo che han dentro. Volevo andare a vederli e chiesi licenza. La ottenni, giunsi l rabbrividendo, e vidi il pi infame degli assembramenti, qualcosa di incredibile: i dannati si tormentavano l'un l'altro con le stesse battute che avevano pronunciato in vita. E tra i buffoni ne vidi che io consideravo onorati. Chiesi perch si trovassero l e un diavolo mi rispose che erano adulatori e che per ci erano buffoni di serpentina invadenza. Chiesi quale colpa in particolare avessero, e mi fu risposto che, come gli altri erano colpevoli di non avere spirito, questi erano colpevoli di averlo o di volerlo avere. gente che viene qui senza avvisare e trova la tavola apparecchiata e il letto pronto come a casa sua. In parte gli siamo affezionati, perch essendo gi diavoli verso se stessi e verso gli altri, ci risparmiano lavoro e si condannano da s; la maggior parte di essi, in vita, gi si portava dietro il marchio dell'inferno, perch se non accettavano sempre di farsi estirpare i denti per denaro, si lasciavano spegnere candele sulle natiche o strappare le sopracciglia. ora, quando li tormentiamo, il rimpianto di molti soltanto di non ricevere, dopo la pena, un compenso. Vedi quello? stato un cattivo

giudice, e ora sta tra i buffoni, perch per fare un favore non ha fatto giustizia, e quel diritto che non ha reso storto, ha reso strabico. Quell'altro fu un marito disattento e sta anche lui tra i buffoni perch per dispensare piacere a tutti ha venduto quel piacere che aveva con sua moglie, comprandolo poi da lei a rate e sopportando. Quella donna, bench illustre, stata un giullare, e sta in mezzo a loro perch per dispensar piacere fece di s un piatto per tutti gli appetiti. Insomma, fra i buffoni c' gente d'ogni condizione; per questo ce ne sono tanti, e a ben guardare sulla terra siete tutti buffoni, perch ridete gli uni degli altri: tutti lo siete per natura e soltanto alcuni lo sono per mestiere. A parte questo, ci sono buffoni sgranati e buffoni a grappolo. Gli sgranati sono quelli che ad uno ad uno o a due a due vanno per le case dei signori. Quelli a grappolo sono i miserabili comici vaganti, e vi assicuro che se non fossero loro a venire qua, noi non andremmo sicuramente a cercarli. Scoppi un litigio e il diavolo and a vedere che cosa stava succedendo. Trovandomi libero, entrai in un cortile che puzzava di cimici in maniera insopportabile. Puzza di cimici, dissi io. Scommetto che da queste parti alloggiano i calzolai. Ed era cos, udii ben presto il rumore dei bisegoli e vidi i trincetti. Mi tappai il naso e mi affacciai sullo stabbio in cui si ammassavano. Ce n'era un'infinit. Mi disse il guardiano: Questi sono arrivati con se stessi, voglio dire vestiti soltanto delle loro cuoia; e mentre altri dannati arrivano all'inferno coi loro piedi, questi ci vengono con i propri e con gli altrui; per questo ci arrivano tanto rapidamente. Posso assicurare che in tutto l'inferno non c' un solo albero, n grande n piccolo, e che Virgilio ment quando disse che c'erano mirti nel settore degli amanti; io non vidi alcuna selva ma soltanto, come ho detto, l'alloggio dei calzolai, tutto pieno di legno di bosso, poich non si consuma altro legno in queste dimore.

Quasi tutti i calzolai stavano vomitando per lo schifo, a causa di alcuni

cuochi che si erano asseragliati alle porte perch nel sotterraneo ce n'erano gi troppi ed essi non riuscivano a entrare; mille diavoli armati di mazzapicchio andavano stipando le anime dei cuochi, e ancora non bastavano. Poveretti noi!, disse uno. Ci condannano per il peccato della carne, e noi non abbiamo mai toccato una donna, e semmai abbiamo avuto a che fare con le ossa!. Si lamentavano selvaggiamente e allora un diavolo disse: Ladroni, chi merita l'inferno pi di voi, che avete fatto mangiare agli uomini la forfora? e che avete considerato i vostri pasticci da un reale alla guisa di fazzoletti, soffiandovi dentro il naso, e infinite volte avete usato il midollo moccioso delle narici come se fosse midollo d'ossa? Quanti stomaci si metterebbero a latrare, se i cani che avete propinato come cibo resuscitassero? Quante volte avete fatto passare per uva sultanina la mosca golosa, che spesso era il boccone pi grande di carne che toccava a chi si mangiava il vostro pasticcio? Quanti denti avete fatto cavalieri e quanti stomaci avete messo in sella dando loro da mangiare ronzini interi? E vi lamentate, voi che facendo in tal guisa il vostro mestiere, vi siete dannati ancor prima di nascere? Che dovrei dire io delle vostre zuppe? Ma non ho intenzione di darvela io, una zuppa. Soffrite e tacete, maledizione! Ci affatichiamo pi noi a tormentarvi che voi a patire. E voi andate avanti!, mi ingiunse, perch con questi qui ho da fare. Mi allontanai di l e mi inerpicai sopra un pendio, in cima al quale e tutt'intorno alcuni uomini bruciavano nel fuoco immortale, che i diavoli ravvivavano, anzich coi mantici, con gli sbirri, che sanno spifferare molto meglio. Perfino laggi essi fanno questo mestiere. I maledetti sbirri nel soffiare gridavano terribilmente. Uno dei dannati diceva: Io ho venduto il giusto: perch mi perseguitano? Dissi tra di me: Ha venduto il Giusto? Ma allora Giuda.

Mi avvicinai, curioso di vedere se aveva la barba nera o rossa, quando mi accorsi che lo conoscevo: era un mercante morto da poco. Ah, siete finito qui!, dissi. Che ne dite? Non sarebbe stato meglio essere meno ricco e adesso non stare qui?. Uno dei torturatori disse: Questi farabutti pensano che non avrebbero potuto farne a meno e vollero fare con la verga per misurare quello che fece Mos con la verga di Dio, e cavare l'acqua dalle pietre. Questi, continu sono coloro che da bravi gentiluomini si sono guadagnati l'inferno da s, con le loro braccia, giacch a forza di braccia arrivano qui. Ma nessuno ha mai dubitato che l'oscurit delle loro botteghe non fosse una promessa di future tenebre. Questa gente, continu adiratissimo, che volle essere come Dio, perch pretese di non avere misura; ma Lui, che tutto vede, li condusse dai loro rasi cangianti a questi cieli tempestosi, perch il guizzar dei fulmini sia loro di tormento. E se vuoi sapere fino in fondo chi sono costoro che nel mondo, assieme ai venditori di gioielli e di monili, servono la follia degli uomini, devi considerare che se per volont di Dio il mondo un giorno si risvegliasse saggio, costoro diventerebbero poveri, perch allora si vedrebbe che nel diamante, nelle perle, nell'oro, nelle sete d'ogni tipo, si paga pi l'inutile, il superfluo, la rarit, che il necessario e il giusto. E ricordate che al mondo la cosa che pi costa quella che vale meno, e tutto ci che voi possedete non che vanit. E questi mercanti alimentano tutti i vostri disordini e i vostri appetiti. Avevo l'impressione che l'elenco delle loro imprese non fosse ancora terminato, ma proseguii, stupito per certe sonore risate che si udivano. Mi diressi alla loro volta, poich udire risa all'inferno cosa inconsueta. Che sar mai?, mi chiesi. In quel mentre, scorgo due uomini che gridavano sopra un'altura, molto ben vestiti e con brache allacciate alla cintura. Uno aveva mantello e berretto, polsini come gorgere e gorgere come brache. L'altro portava brache alla vallona e aveva una pergamena in mano. Ad ogni parola che dicevano, sette

od otto diavoli si sbellicavano dalle risa, ed essi si infuriavano ancora di pi. Mi avvicinai ulteriormente per poterli ascoltare e sentii che quello della pergamena, che all'apparenza sembrava un hidalgo, diceva: Dunque, se mio padre si chiamava Tale dei Tali ed io sono nipote di questi Tali e Talaltri e nel mio lignaggio ci sono tredici capitani valorosissimi, e da parte di mia madre, donna Rodriga, discendo da cinque cattedratici, i pi dotti del mondo, come mi posso essere dannato? Ho il mio blasone con me, non devo niente a nessuno e non devo pagar tasse. E allora paga busse, disse un diavolo. E gli dette quattro bastonate, che lo fecero precipitare dall'altura. Poi gli disse: Finitela di illudervi, giacch chi discende dal Cid, da Bernardo e da Goffredo e non come loro ma vizioso come voi, costui pi che ereditare distrugge la propria stirpe. Il sangue sempre rosso, nobiluccio. [...] Rispecchiate nei costumi la vostra origine e allora creder che discendiate da persone dotte, ma siatelo voi stessi o cercate di esserlo, altrimenti la vostra nobilt sar breve inganno e durer lo spazio di una vita: nella cancelleria dell'inferno la pergamena si accartoccia e sbiadiscono le lettere, e chi al mondo stato virtuoso questi nobile, e la virt l'unico blasone che riteniamo valido, perch chi con divini costumi si rende degno di imitazione, anche se discende da uomini vili e di basso rango, diventa per ci stesso nobile e capostipite di una stirpe. Ridiamo molto, qui, nel vedere come oltraggiate villani, mori e giudei, quasi che in essi non possano essere presenti quelle virt che voi tanto disprezzate. Tre sono le cose che rendono ridicoli gli uomini: la prima la nobilt, la seconda l'onore, la terza il valore. A voi bastano, certo, la virt e la nobilt dei vostri padri, per dire che sono anche vostre, nonostante siate inutile parto del mondo. Sapiente pu diventare il figlio del contadino, diventa arcivescovo il villano che si applica in onesti studi; ma il gentiluomo che, pur discendendo da Cesare, non impiega come lui il tempo e la vita in guerre e vittorie, ma nel gioco e con le donne, costui afferma che male assegnare la mitra a chi non discende da buoni padri, come se le cariche che oggi vengono aggiudicate dipendessero da questi; i viziosi, pensate quale cecit! esigono che venga loro riconosciuta la virt altrui, vecchia di

trecentomila anni e ormai quasi dimenticata, e non vogliono che il povero si faccia onore con la propria. L'hidalgo si rodeva nel sentire queste cose, e si affliggeva il cavaliere che era al suo fianco, riordinandosi le piegoline del colletto e risistemando gli occhielli delle brache. E che dire poi dell'onore mondano, che la causa maggiore di danni e tirannie sulla terra, e impedisce di vivere a proprio piacimento? Un gentiluomo povero muore di fame, non ha di che vestirsi, va in giro sbrindellato e con le toppe, potrebbe fare il ladro ma non vuole, perch dice di essere onorato, e neppure vuol mettersi a servizio, perch sostiene che un disonore. Se tanto ci si arrabatta e ci si affanna, dicono gli uomini, per difendere l'onore. Oh, di quanti guasti causa l'onore! Eppure, a ben vedere, l'onore del mondo non nulla. Per onore, uno non mangia nel posto in cui vorrebbe; per onore, la vedova muore fra due pareti; per onore, senza conoscere l'uomo e il piacere, la fanciulla passa trent'anni sposata con se stessa; per onore, la maritata si nega ci che il desiderio le chiede; per onore, gli uomini affrontano il mare; per onore, un uomo uccide un altro uomo; per onore, ognuno spende pi di quanto possiede. Pertanto, l'onore del mondo stolta cosa per il corpo e per l'anima, perch all'uno toglie i piaceri e all'altra la gloria. E per comprendere quanto siano disgraziati gli uomini, e quali pericoli corrano le cose che avete in maggiore stima, basta pensare che ci che ha pi valore per voi sono l'onore, la vita e le ricchezze. L'onore legato al culo delle donne; la vita nelle mani dei dottori, e le ricchezze dipendono dalle penne dei cancellieri: disilludetevi, dunque, o mortali!. Pensai fra me e me: come si vede che questo luogo l'inferno; per tormentare amaramente gli uomini basta dir loro tutta la verit! Il diavolo riprese a parlare: Il valore! C' cosa pi degna di burla? Non ci fosse al mondo che la carit, con la quale si vince la ferocia, quella che alberga in noi stessi, e la carit dei martiri, il mondo sarebbe pieno di valorosi: quel che gli uomini fanno, e quel che fanno tanti valorosi capitani nel corso delle guerre, vien fatto non tanto per valore ma per paura. Infatti,

chi combatte per difendere la terra, lo fa per paura di mali peggiori, come la prigionia e la morte; e chi aggredisce coloro che se ne stanno a casa propria, spesso lo fa per paura di venire a sua volta aggredito, e se non riesce in questo intento egli va, vittima della cupidigia, pensate che valoroso! a rubare oro e a inquietare popoli lontani, ai quali Dio ha donato, perch si difendano dalla nostra ambizione, mari che ci separano ed aspre montagne. Un uomo uccide innanzitutto quando vinto dall'ira, dalla cieca passione, e in altri casi per paura di essere ucciso. E cos voi uomini, che capite ogni cosa al contrario, chiamate sciocco chi non rissoso, provocatore e maldicente; e chiamate saggio chi ha cattiva indole, chi perturbatore e sedizioso; valente chiamate chi turba la pace, e codardo chi seguendo un moderato costume evita le occasioni e non permette che certuni [...] presso i quali nessun vizio ha licenza, possa mancar loro di rispetto. Accidenti!, dissi. L'aver ascoltato questo diavolo per me una ricchezza pi grande di quella che possiedo. In quel momento il tizio dalle calze allacciate, tutto mogio, disse: Queste cose si possono dire al mio scudiero, non a me, in fede di gentiluomo e per dire gentiluomo impieg tre quarti d'ora. Le vostre maniere sono rozze e scortesi. Forse pensate che siamo tutti uguali! Queste parole fecero molto ridere i diavoli. Quindi uno di questi gli si avvicin e gli disse di stare tranquillo, di prendere in considerazione la cosa che pi gli dava pena e di cui avesse maggiormente bisogno, perch lo volevano trattare per quello che era. Lui subito rispose: Bacio le mani! Vorrei un ferro per rimettere in forma la gorgiera. Ricominciarono a ridere, e lui di nuovo a tormentarsi. Io, che volevo vedere tutto e pensavo di essermi trattenuto a lungo, me ne partii. Camminavo da poco quando m'imbattei in una laguna grande come il mare, ma pi sporca, e il rumore era cos forte che mi sentivo la testa scoppiare. Chiesi di che si trattava e mi fu risposto che l penavano le donne che

nel mondo avevano fatto la governante. Seppi cos che le donne che quaggi sono state governanti, all'inferno sono rane, e come le rane parlano a vanvera e in eterno, umidicce e immerse nel fango, e sono in tutto e per tutto rane infernali, poich le governanti proprio come queste non sono n carne n pesce. Mi fece molto ridere vederle trasformate in bestioline dalle gambe divaricate, che hanno semnpre la faccia rugosa e corrucciata. Lasciando lo stagno alla mia sinistra, me ne andai verso un pascolo, dove diversi uomini imprecavano e si graffiavano; ce n'era un'infinit e li controllavano sei guardiani. Chiesi a uno di questi che razza di gente fosse, che appariva tanto vecchia e numerosa. Questo, disse, il reparto dei genitori che si dannano per aver lasciato ai figli le proprie ricchezze. Con altro nome, si chiama reparto degli stupidi. 'Ahim' uno disse in quel mentre, 'non ho mai avuto un giorno di quiete in tutta la mia vita; mi sono privato di cibo e vestiti per accumulare un'eredit, e per aumentarla. Cos facendo, sono morto senza medico, per non spendere i soldi messi da parte. Appena spirato, mio figlio si asciug le lacrime col mio denaro, e sicuro che sarei andato all'inferno a causa di ci che avevo risparmiato, non mi fece dire le messe, ritenendole inutili, e non rispett le mie volont. Per aumentare la pena Dio permette che io veda dissipare ci che ho affannosamente raccolto e che mi senta dire: 'dal momento che mio padre gi dannato, perch non infierire sull'anima sua e non farlo condannare per colpe maggiori?' Questa, disse un demonio, una verit tanto grande che nel mondo esiste un proverbio per questi miserabili: fortunato il figlio che ha il padre all'inferno. Nell'ascoltare queste parole, tutti si misero a ululare e a prendersi a schiaffi. Mi fecero pena, non potevo sopportare quella vista e andai avanti.

Giunsi al cospetto di un'oscurissima prigione, sentii un gran frastuono di catene e di ceppi, fuoco, frustate e grida. Chiesi ad un tale che stava l che che settore fosse quello e mi fu risposto che era il reparto degli avrei dovuto.

Non capisco, dissi. Chi sono quelli dell'avrei dovuto? Subito mi rispose: gente stolta che nel mondo viveva male e si dannata senza rendersene conto, e adesso non fa altro che dire: oh, avrei dovuto andare a messa! Oh, avrei dovuto tacere! Oh, avrei dovuto aiutare i poveri! Oh, avrei dovuto confessarmi! Fuggii impaurito da queste persone cos cattive e ottenebrate, ma in altri recinti ne incontrai di peggiori. Quel che mi stup maggiormente fu il motivo per il quale si trovavano l. Avendo infatti chiesto a un diavolo, questi mi rispsoe: Sono quelli di 'Dio pietoso', che si sono dannati a causa della misericordia di Dio. Dio m'aiuti!, esclamai. Ma come pu essere che la misericordia possa dannare qualcuno, dal momento che esiste la giustizia divina? Voi parlate da diavolo. E voi, disse il diavolo, da ignorante, poich non sapete che la met dei presenti si dannano per la misericordia di Dio. Pensate a quanti ce n' che quando compiono una cattiva azione e vengono ammoniti, ci passan sopra e dicono: Dio pietoso e non bada a queste bagatelle, immensa la sua misericordia. E cos, mentre comportandosi male essi aspettano l'aiuto di Dio, noi stiamo qua ad aspettare loro. Ma allora, non bisogna sperare in Dio e nella sua misericordia?, chiesi. Non capisci?, mi risposero. Bisogna fidare nella piet del Signore, perch aiuta le buone intenzioni e premia le opere buone: ma non sempre tollera l'ostinazione. E si ingannano le anime che considerano la misericordia di Dio come una copertura per le loro malefatte e la prendono per come fa comodo e non per come essa in realt, purissima e infinita per i santi e per chi tale da meritarla. Coloro tuttavia che in essa pi confidano sono proprio quelli che meno le consentono di porgere aiuto. Non merita la piet di Dio chi, sapendo che grande la converte in licenza e non in profitto spirituale. E la misericordia che essi non meritano, Dio la concede a molti. Cos avviene per lo pi, ch l'uomo non pu fare da s ma deve guadagnarsi la misericordia divina coi propri meriti. Tutto questo affinch non montiate in superbia, e non aspettiate sempre

l'ultimo giorno per fare ci che vorreste aver fatto il primo, e sappiate che quasi sempre ci che temete debba accadere accadr per colpa vostra. Questo s'ha da vedere e da sentire all'inferno? Ah, quanto sarebbe di profitto sulla terra l'esperienza di uno di questi dannati! Cos dicendo giunsi in una stalla, dove stavano dei tintori, ma nessun osservatore avrebbe potuto dire quali fossero, perch i diavoli sembravano tintori e i tintori diavoli. Chiesi a un mulatto, con tante di quelle corna che la sua fronte sembrava una rastrelliera, dov'erano i sodomiti, le vecchie e i cornuti. Rispose: Cornuti all'inferno ce ne sono dappertutto; in vita furono diavoli di prima tonsura, in quanto si erano impegnati a portare una corona d'osso. Dei sodomiti e delle vecchie non sappiamo niente ma non vorremmo nemmeno sapere che loro sanno di noi. I primi sono un pericolo per le nostre natiche, ed per questo che noi diavoli abbiamo la coda, per usarla, data la loro presenza, come scacciamosche. Quanto alle vecchie, che ci tormentano e ci fanno inquietare, ve ne sono di quelle che, non ancora sazie di vita, si innamorano di noi: ne sono arrivate molte, piene di rughe e di capelli bianchi, senza nemmeno un dente, ma nessuna che fosse stanca di vivere. E un'altra cosa divertente che, se prendete informazioni, non risulta ci siano vecchie all'inferno. Perch quella che calva e senza denti, cisposa e piena di rughe, carica d'anni e vecchiarda senza remissione, dice che ha perso i capelli per una malattia, che i denti le sono caduti perch ha mangiato troppi dolci, e che gobba perch ha preso una legnata. E non confesser che la oclpa degli anni nemmeno se confessandolo, dovesse tornar giovane.. Accanto a costoro un gruppetto di persone si lamentava a gran voce della propria sventura. Chi sono quelli?, chiesi. Uno mi rispose: Siamo gli sventurati che son morti all'improvviso. Mentite, disse un diavolo. Nessun uomo muore all'improvviso, ma soltanto distrattamente e soprappensiero. Come pu morire improvvisamente chi fin dalla nascita vede se stesso correre lungo le strade della vita, gi portandosi dentro la morte? Cos'altro vedete nel mondo se non funerali, morti e sepolture? Cos'altro ascoltate dai pulpiti e leggete sui libri? Su quale oggetto volgete gli occhi, che non vi ricordi la morte? Il vostro abito che si consuma, la casa che cade, il muro che invecchia e perfino il sonno ogni

giorno vi ricorda la morte, imitandola in s. Insomma, come pu un uomo morire d'un tratto, se tante cose lo mettono continuamente sull'avviso? No, non dovete definirvi morti all'improvviso ma morti che non credevano di poter morire in quel modo; dovevate pur sapere con quale segreto piede s'insinua la morte nella pi verde giovinezza, e facendo contemporaneamente bene e male, suole essere madre e matrigna. Volsi lo sguardo e vidi molte anime stipate in un anfratto; m'invest un cattivo odore. E questo cos'? chiesi. Mi rispose un giudice giallastro, che impartiva i castighi: Questi sono gli speziali, che riempiono di s l'inferno cos come colmano fino all'orlo i loro barattoli. gente che invece di cercare i rimedi per salvarsi, come fanno gli altri, li confeziona per dannarsi. Sono questi i veri alchimisti, non Democrito di Abdera con la sua Arte sacra, Avicenna, Gber e Raimondo Lullo. Costoro, infatti, scrissero che dai metalli si poteva ricavar l'oro, ma non lo ricavarono o, se lo ricavarono, nessuno in seguito lo ha pi saputo ricavare; codesti speziali, invece ricavano l'oro dall'acqua torbida, nemmeno quella pulita, e dal legno; oro fanno con le mosche, con lo sterco, oro fanno con i ragni, gli scorpioni e i rospi; e oro fanno con la carta, perch vendono persino la carta in cui avvolgono gli unguenti. Si direbbe che soltanto per essi Dio abbia infuso virt nelle erbe, nelle pietre e nelle parole, perch non c' erba, per dannosa e cattiva che sia, persino l'ortica e la cicuta, che non fornisca denaro; n vi pietra che non consenta loro di guadagnare, e persino il ciottolo grezzo che serve loro da mola. Infine le parole, poich, se c' denaro di mezzo, non si trovano mai sprovvisti di ci che viene loro chiesto, e spacciano per olio di mattiolo il grasso di balena, e chi compra compra soltanto parole. Non dovrebbero chiamarsi speziali ma armaioli, e le loro botteghe non si dovrebbero chiamare farmacie ma armerie dei dottori, in cui il medico trova la daga degli elettuari, lo spadone degli sciroppi e il moschetto della purga maledetta, smisurata, prescritta in fretta e nel momento sbagliato. L si ammirano la colubrina degli unguenti, la schifosa archibugeria delle medicine con munizioni di supposte. Molti speziali si salvano; ma costoro, quando muoiono, non c' da pensare che abbiano di che

farsi seppellire. E se volete ridere, guardate come dietro ad essi soffrono lor pene i barbierucoli; salendo quei due scalini, li vedete sopra quell'altura. [...] L me ne andai e vidi - cosa stupefacente e giusta pena! - che i barbieri erano legati ma con le mani libere e avevano in testa una chitarra e tra le gambe una scacchiera, con le pedine della dama. E quando si apprestavano, per quella loro naturale ansia di passacaglie, a suonare la chitarra, questa se ne fuggiva. Se poi si chinavano per mangiare una pedina, la scacchiera sprofondava. Questa era la loro pena. Per il gran ridere non riuscivo a proseguire. Dietro una porta c'erano uomini in folta schiera che si lamentavano perch nessuno gli badava, nemmeno per tormentarli. Un diavolo stava dicendo che, visto che erano diavoli anche loro, dovevano essere loro a tormentare gli altri. Chi sono?, chiesi. Il diavolo rispose: Sono, con licenza parlando, i mancini, gente che non sa fare le cose in modo destro, che si lamenta di non stare con gli altri dannati, e noi dubitiamo se siano uomini o qualcos'altro. Nel mondo non fanno che portare fastidi e malocchio. Se uno affaccendato e si imbatte in mancini, come se incrociasse un corvo o sentisse una civetta. E dovete sapere che quando Scevola si bruci il braccio destro perch manc Porsenna, non lo fece per bruciarlo e dunque restar monco, ma per darsi un gran castigo; disse infatti: 'ho mancato il colpo? allora la mia pena sar di diventare mancino'. E quando la giustizia ordina di tagliare a qualcuno la mano destra per il reato di ribellione, la pena nel renderlo mancino, non nel taglio in s. Vi basti sapere che una volta un tizio, volendo lanciare una maledizione enorme, tremenda, offensiva, disse: Colpo di moro mancino ti possa il cuor trapassare. E nel giorno del giudizio tutti i dannati, per far vedere che lo sono, si metteranno a sinistra. Insomma, questa gente fatta al contrario e c' da

dubitare che sia gente. In quel mentre un diavolo mi fece dei segnali, avvertendomi con la mano di non fare rumore. Mi avvicinai a lui e mi affacciai a una finestra; egli mi disse: Guarda cosa fanno le donne brutte. Vedo una moltitudine di donne; alcune si rammendavano la faccia, altre si ricostruivano di sana pianta, poich n la loro statura grazie ai tacchi, n le ciglia grazie al bistro, n i capelli grazie alla tintura, n il corpo grazie ai vestiti, n le mani grazie alle creme, n il viso grazie ai cosmetici, n le labbra grazie al rossetto, erano gli stessi che erano nati con esse. E ne vidi alcune che popolavano la loro calvizie con capelli che erano loro soltanto perch li avevano comprti. Ne vidi una che teneva in mano, nei flaconi di unguento e nei belletti, met della sua faccia. E all'inventiva delle donne, disse un diavolo, non potete chiedere di pi, perch riescono a sembrare luminose senza essere n soli n stelle. La maggior parte dorme con una faccia e si presenta in salotto con un'altra, dorme con certi capelli e si sveglia con altri. Spesso voi pensate di godere la donna di un altro, ma il vostro adulterio non va oltre l'intonaco. Guardate come allo specchio si scrutano in viso. Queste sono le brutte che si dannano soltanto per farsi belle. | [continua]|

| [SOGNO DELL'INFERNO, 2]|

Mi impression la novit della motivazione con la quale quelle donne erano state condannate e, tornando indietro, vidi un uomo seduto su una sedia, solo, senza fuoco n gelo n demonio n pena alcuna, che lanciava le pi disperate grida che io abbia mai udito all'inferno, compiangendo il suo povero cuore, squassato da strette e sussulti. Dio mi aiuti!, dissi in cuor mio. Di che si lamenta costui che nessuno tormenta?

Ad ogni momento l'uomo rinnovava i lamenti e le grida. Chi sei?, chiesi. E dimmi, di che ti lamenti, se nessuno ti molesta, se il fuoco non ti brucia e il gelo non ti circonda?. Ah!, disse gridando, la mia la pena maggiore che esista all'inferno. Ti pare che qui non ci siano torturatori? Misero me, sono i pi crudeli e si stanno accanendo contro l'anima mia! Non li vedi?. E cominci a mordere la sedia, a girarvi intorno e a gemere. Guardali, come senza alcuna piet van commisurando a colpe eccezionali eterne pene. Ah, terribile demonio tu sei, memoria del bene che avrei potuto fare, dei consigli che ho disprezzato e del male che ho commesso! Interminabile rappresentazione! Un castigo che viene dalle stesse mani divine! Lasciami: l'intelligenza mi fa balenare l'immagine della gloria che avrei potuto godere e che altri ora godono, e che ad essi costata meno fatica di quanta ne ho sofferta io per procurarmi questi tormenti! Oh! come fai apparire bello il cielo, o intelligenza, per darmi il colpo di grazia! Lasciami un attimo, almeno. E mai possibile che la mia volont non possa trovar pace con me un istante? Ah, pellegrino, non sai quanto le tre fiamme invisibili e i miei carnefici incorporei mi tormentano nelle tre potenze dell'anima! E quando si stancano, subentra il tarlo della coscienza, la cui fame d'anima mai si sazia: guardami qui, miserabile e perpetuo alimento per i loro denti!

Cos dicendo, alz la voce: C' in questo disperato palazzo chi voglia scambiare la sua anima e i suoi torturatori con le mie pene? Cos, o mortale, scontano le loro colpe coloro che nel mondo ebbero scienza, cultura e ragione, e furono assennati: ora sono inferno e martirio di s stessi. Torn tramortito alle sue occupazioni, mostrando un dolore persino maggiore. Impaurito mi allontanai da lui, dicendo: Vedi dove conduce ricchezza di ragione e dottrina e buon discernimento mal riposto! Sembrava, a vederlo, che piangesse da solo, e dentro all'anima aveva l'inferno!. Facendo questa considerazione, giunsi in un luogo dove c'era un assembramento di gente che scontava la pena a gruppi; vidi dei carri, che

preceduti da banditori, trasportavano non poche anime torturate da tenaglie. Mi avvicinai per ascoltare l'editto, che diceva: Costoro Iddio ordina di castigare perch sono i seminatori di scandali e diedero cattivo esempio. E vidi che nei vari gruppi di penitenti, ognuno trasferiva la propria pena sui dannati del carro e cos costoro sopportavano anche le pene di tutti gli altri, poich erano stati la causa dell'altrui perdizione. Sono quelli che nel mondo insegnano i cattivi costumi; di essi disse Iddio che sarebbe stato meglio non fossero mai nati. Ma mi divert molto vedere alcuni tavernieri che se ne andavano a piede libero per tutto l'inferno e scontavano la pena sulla parola, senza alcuna costrizione, mentre tutti gli altri stavano imprigionati. Chiesi perch soltanto loro venissero lasciati liberi, e un diavolo mi rispose: Gli apriamo anche le porte. Non c' da temere che scappi dall'inferno gente che al mondo si impegna tanto per venirci. Senza contare che i tavernieri che si trasferiscono qui, in tre mesi diventano diavoli quanto noi. Stiamo soltanto attenti che non si avvicinino al fuoco degli altri dannati, altrimenti lo annacquerebbero. Ma se volete sapere cose interessanti, andate in quel recinto. Vedrete nella parte pi profonda dell'inferno Giuda con la sua scomunicata schiera di maledetti dispensieri. Cos feci e vidi Giuda, che attorniato dai suoi successori mi fece molte cerimonie. Della sua faccia, dir soltanto che rese vano ogni dubbio intorno al colore della barba, se fosse rossa come la dipingono gli spagnoli per renderlo straniero, o nera come la dipingono gli stranieri per renderlo spagnolo; a me sembr semplicemente un castrato. Del resto, non sarebbe possibile trovare un'inclinazione cos malvagia e un'anima tanto ambigua in chi non sia, essendo castrato, n un uomo n una donna. Chi, se non un castrato, pu essere cos spudorato da baciare Cristo per venderlo? E chi altri se non un castrato potrebbe dannarsi per voler portare le borse? E chi se non un castrato pu avere un animo cos meschino da impiccarsi, dimenticandosi della grande misericordia di Dio? Considero vero ci che afferma la Chiesa Romana, ma all'inferno Giuda mi sembr un castrato. E la stessa cosa dico

dei diavoli, che sono tutti castrati, rugosi e senza un filo di barba, bench mi venga il sospetto, visto che son tutti abbrustoliti, che la loro rugosit dipenda dal calore e il loro essere glabri dal fatto che il fuoco ne ha bruciacchiato i peli. Cos dev'essere, perch io non vidi n un ciglio n un sopracciglio, e tutti erano calvi. Era dunque, Giuda, felicissimo di vedere con quanta sollecitudine i dispensieri lo venissero a corteggiare e a intrattenere; del resto, mi dissero, erano davvero pochi quelli che evitavano di imitarlo. Guardai pi attentamente e giunsi dove stava Giuda, e vidi che la pena dei dispensieri era simile a quella di Tizio, al quale un avvoltoio divora le viscer; ma ad essi le viscere venivano divorate da due uccelli che si chiamano sisones. E un diavolo gridava di tanto in tanto: I sisones sono dispensieri e i dispensieri sono sisones. Nel sentire questa affermazione tutti tremavano, e Giuda si tormentava coi suoi trenta denari. Non ebbi la forza di stare zitto; cos gli andai vicino e gli dissi: Traditore, fra tutti gli uomini il pi infame, come hai potuto vendere il tuo maestro, il tuo Signore e Dio, per cos poco denaro?. Rispose: Ma perch vi lamentate? Vi andata ancora bene. Io sono stato il mezzo e l'espediente della vostra salvezza. Sono io che mi devo lamentare, a me che andata male. Vi sono eretici che mi hanno considerato con venerazione perch ho iniziato a distribuire la medicina contro il vostro male. E non dovete pensare che io sia l'unico Giuda; da quando Cristo mor, ce ne sono stati, e ce ne sono, di peggiori e dipi ingrati, perch non soltanto lo vendono ma lo vendono e lo comprano, lo flagellano e lo crocifiggono, ae ci che peggio, senza rispettare la vita, la passione, la morte e la resurrezione di lui, lo maltrattano e lo perseguitano, dichiarandosi figli suoi, mentre io l'ho fatto prima che morisse, col nome di apostolo e dispensiere. Questo vaso lo dimostra, che della Maddalena, e che io famelico volevo che si vendesse e si desse ai poveri; e adesso proprio questo il mio grande rammarico: il sapere [...] che ho venduto (perch tutto io cercavo di vendere) ci che desideravo si desse ai poveri per guarirli. Infatti, per riuscire nel mio intento e vendere l'unguento, ho venduto il Signore che lo possedeva e cos ho guarito pi poveri di quanto volessi.

Ladro!, gridai non potendomi frenare. Se vedendo la Maddalena ai piedi di Cristo ti colse brama di ricchezza, perch non hai raccolto le perle delle molte lacrime che piangeva, e non ti sei saziato con l'oro delle ciocche di capelli che si strappava dal capo? Non avresti allora bramato il suo unguento con anima da farmacista. Ma una cosa vorrei sapere da te. Perch ti descrivono con gli stivali, ed esiste l'espressione 'gli stivali di GIuda'?. Non perch io li portassi, rispose. Gli stivali vogliono solo indicare che ho sempre percorso la strada che conduce all'inferno, e che ero un dispensiere. In questo modo si devono rappresentare coloro che lo sono. Questa la vera ragione, e non che fossi portoghese, come si dedotto nel vedermi con gli stivali; questa una menzogna, perch io sono originario.... E non mi ricordo bene da quale paese disse che proveniva, se dalla Calabria o da qualche altra parte. E devi sapere che io sono l'unico dispensiere che si dannato per avere venduto; tutti gli altri, a parte qualcuno, si dannano per aver comprato. E quando dici che sono traditore e maledetto per aver ceduto Cristo a cos poco prezzo, hai ragione, ma non potevo far altro, trattando con i giudei, che son tanto meschini che se avessi chiesto un soldo inpi, non me l'avrebbero comprato. E poich ti vedo indignato, e sei convinto che io sia il peggior uomo mai esistito, guarda laggi e ne vedrai tanti peggiori di me. Adesso vattene, concluse, la conversazione con Giuda finita. Dici il vero, risposi. Andai dove lui mi aveva indicato e lungo il cammino incontrai molti demoni, con bastoni e lance, che scacciavano dall'inferno diverse belle donne, molti cattivi confessori e non pochi avvocati. Chiesi perch volessero scacciare dall'inferno proprio quelli e un diavolo mi rispose che sarebbero stati di grande utilit sulla terra per aumentare la popolazione dell'inferno: le dame coi loro visini, la loro menzognera bellezza e le loro grazie; i confessori con le assoluzioni vendute e gli avvocati con le loro buone maniere e i cattivi consigli. Li scacciavano dunque affinch procurassero altra gente.

Ma la questione pi intricata e il caso pi difficile che mi capit di vedere all'inferno fu quello di una donna, dannata con molte altre in qualit di puttana; questa, davanti ad alcuni ladri, mi disse: Diteci, Signore, come funziona questa faccenda del dare e del ricevere: come mai il ladro si danna perch prende l'altrui e la donna perch d il suo? Mi illumini il cielo [...] fare la puttana significa esercitare la giustizia, se giustizia dare ad ognuno il suo. Dunque, se ci comportiamo in questo modo, qual la colpa che ci viene attribuita? Smisi di ascoltarla e chiesi, avendo sentito parlare di ladri: Dove sono i cancellieri? possibile che all'inferno non se ne trovino, e lungo la strada non ne abbia incontrato neanche uno? Mi rispose un demonio: Credo bene che non se ne incontrino. Ma che fanno, si salvano tutti? No, disse, ma smettono di camminare e si mettono a volare con le loro penne. E se non si trovano cancellieri lungo la strada della perdizione non perch, numerosi come sono in mezzo a loro i malvagi, non vengano qui, ma perch tanta la fretta con la quale giungono che per essi, con le penne che possiedono, volare, arrivare ed entrare tutt'uno; per questo lungo la strada non se ne vedono. E come mai, chiesi, qua non ce n'?. S che ce ne sono, mi rispose, ma non usiamo per essi il nome di cancellieri; noi li conosciamo come gatti. E per rendervi conto di quanti ce ne sono, vi basta notare che, bench l'inferno sia una dimora tanto grande, antica, trasandata, sporca, non vi un solo topo, perch loro gli danno la caccia. E gli sbirri cattivi non sono all'inferno?. Nessuno all'inferno, disse il demonio.

Come pu essere? In mezzo a tanti buoni, ce ne sar pure uno cattivo che si danna. Dico che non si trovano all'inferno perch in ogni sbirro cattivo, gi in vita, c' l'inferno intero. Mi feci il segno della croce e dissi: Con quanto astio voi diavoli detestate gli sbirri!. Non dovremmo forse detestarli? I cattivi sbirri sono indemoniati, e temiamo che nel condurre le anime a dannazione finiscano col metterci in minoranza e ci rubino il mestiere; non vorremmo che Lucifero, per fare economia di diavoli, mandasse via noi per assumere loro. Non volli ascoltare altro, e proseguii; attraverso un reticolato vidi un ameno recinto, pieno di anime che si lamentavano, alcune in silenzio, altre piangendo. Mi dissero che era il reparto degli innamorati. Mi prese una grande tristezza nel vedere che nemmeno da morti cessavano di sospirare. Alcuni dialogavano col proprio amore e soffrivano nei dubbi e nei sospetti. E quanti davano la colpa della loro perdizione al proprio desiderio, la cui forza o il cui pennello aveva suscitato in essi miraggi di bellezza! I pi si struggevano nei pensavoch, secondo quel che mi disse un diavolo. Che cos' un pensavoch?, chiesi. Che genere di delitto ?. Lui rise e replic: semplicemente il rovinarsi da s, credendo in favolose sembianze, e poi dire: pensavo che non mi vrebbe conquistato, pensavo che non mi avrebbe fatto soffrire, pensavo che mi facesse dono di s e non mi abbandonasse, pensavo che non avrei avuto un rivale con cui battermi, pensavo che si sarebbe accontentata di me, pensavo che mi adorasse; e cos tutti gli amanti stanno all'inferno a furia di pensavoch. Sono queste le anime pi tormentate dal pentimento e che meno conoscono se stesse. In mezzo stava l'amore, coperto di scabbia, con un'insegna, che diceva:

Uomo non v' che amor non sottometta ingiustamente ovvero con ragione: non amore ma scabbia maledetta la passione che attacca e che divora. Versi?, dissi io. I poeti non dovrebbero essere tanto lontani. E infatti, girandomi, vedo uno stormo di poeti - potevano essere centomila - in una gabbia, che venivan chiamati i mattoidi. Li guardai e uno mi disse, indicandomi un gruppo di donne: Queste belle signore fan le cameriere a mezzo servizio poich spogliano gli uomini ma non li rivestono. Sprecate sentenze anche qui? Avete una bella zucca, dissi. In quel mentre un poeta incatenato, che penava pi di tutti, disse: Che Dio ti benedica, fratello, in me puoi vedere chi ha inventato la rima. Infatti in un sonetto Quella signora di virt sovrana pi di Lucrezia intemerata e onesta per ragioni di verso fu puttana. Per la rima ho chiamato senza testa donna di gran talento ed istruita. Che implacabile legge mai codesta! Essendo la terzina non finita, ho insultato un hidalgo, solamente per averla conclusa con 'semita'. Ho scritto poi che Erode era innocente e il dolce amaro ho definito spesso, e il timido ho chiamato impertinente. Per la dannata rima ho gi commesso tanti delitti noti e sconosciuti

che m'hanno sottoposto ad un processo. Dando all'ottava nuovi contenuti, sette mariti di dame innocenti ho reso senza scrupolo cornuti. Ci han relegati qui fra doglie e stenti e per colpa di rime condannati. Oh, miseri poeti sventurati, preda di versi vuoti e inconsistenti! La vostra follia cos divertente, dissi, che nemmeno qui vi basta l'animo di abbandonarla, e di trovare riposo! Oh, quanti ne vidi! E un diavolo diceva: Questa gente che canta i suoi peccati come altri li piangono, giacch quando hanno un'amante, facendola diventare una pastorella o una piccola araba rendono pubblico il misfatto con una romanza che fa il giro del mondo. Se amano le loro dame, il massimo che donano unsonetto o qualche ottava; e se le disprezzano o le lasciano, il minimo che rifilano loro una satira. E poi son sempre pieni di praticelli di smeraldo, di capelli d'oro, di perle del mattino, di fonti di cristallo, senza che poi gli si possano trovare addosso, oltre a queste parole e al loro ingegno, quattro soldi per una camicia. Ed gente che non si sa bene di che religione sia, perch il nome loro da cristiani, l'anima da eretici, i pensieri da mussulmani e le parole da pagani. Se rimango ancora molto, dissi fra me e me sentir qualcosa che mi affligger. Li abbandonai e proseguii, col desiderio di arrivare da coloro che non seppero pregare Iddio. Oh, quanto dolore dimostravano! Quanti pietosi singhiozzi! Avevano tutti le lingue condannate alla perpetua carcere e, preda del silenzio, le aspre grida di un demonio infliggevano alle loro orecchie questo martirio: Oh, anime ingobbite, piegate verso terra, che con orazioni interessate e mercanteggianti suppliche da barattiere avete sfidato Dio! Gli chiedevate grazie soltanto davanti all'altare, per la vergogna che qualcuno vi ascoltasse! Perch avete avuto pi rispetto dei mortali che del Signore di tutti? Chi non vi ha visto in un angolo, timorosi di essere uditi, trattenendo le

parole nella vostra bocca traboccante di proposte, chiedere in un bisbiglio: 'Signore! muoia mio padre e a me tocchino le sue fortune: chiama nel tuo regno mio fratello maggiore e assicura a me la primogenitura; possa trovare qui sotto una miniera; voglia il Re favorirmi e mi veda colmato dei suoi favori'. Considerate a quali estremi giunse la vostra insolenza quando osaste dire: 'Fatemi questo e vi prometto di sposare due orfane, vestire sei poveri e adorare i vostri altari'. Uomini ciechi: promettere ricompense a colui che supplicate, che la somma ricchezza! Avete chiesto a Dio come grazia ci che lui suole dare per castigo; e se vi viene accordato, vi pesa di averlo avuto quando morite; e se non vi viene accordato, quando vivete. Cos da veri stolti, avete sempre di che lamentarvi. E se a forza di promesse, diventate ricchi, ditemi: quali di esse potete poi mantenere? Quale tempesta di mare non rovescia sui santi valanghe di voti? E quale successiva bonaccia non torna a spogliarli, s che tutto cade in oblio? Quanti lumi ha offerto agli altari il terrorizzante aspetto del golfo? E quanti il porto sicuro ne ha spenti e portato via dalle chiese? Le vostre offerte nascono dalla necessit, non dalla devozione. Avete qualche volta chiesto a Dio la pace dell'anima, l'accrescimento della grazia, o il suo aiuto e la sua illuminazione? Mai, sicuro. Non sapete nemmeno che cosa sia tutto ci, e a che serva. Ignorate che l'olocausto, il sacrificio e l'offerta che Dio accetta da voi vengono dalla coscienza pura, dallo spirito umile, dall'ardente carit. questa la moneta, accompagnata da lacrime, che anche Dio, se pu, brama da voi. O uomini, Dio ha piacere che per il bene vostro vi ricordiate di lui; ma poich ve ne ricordate soltanto negli affanni, egli vi manda gli affanni affinch abbiate memoria di lui. Considerate, stolti questuanti, come rapidamente sono svanite le cose che, importuni, avete chiesto a Dio. Come presto vi hanno accompagnato nell'ultimo viaggio! Vedete come i vostri figli non spendano delle vostre ricchezze nemmeno un reale in opere buone; impossibile, essi dicono, che queste vi siano gradite, giacch se gradite vi fossero state, le avreste compiute voi stessi durante la vita. E a Dio chiedete cose tali che molte volte, per castigare l'insolenza con cui le chiedete, ve le concede. Essendo somma sapienza, conosce il pericolo che si corre nel chiedere, giacch la prima cosa che vi ha insegnato nel Padre

nostro come si deve chiedere: ma pochi di voi capiscono le parole con le quali Dio ha insegnato il linguaggio con cui dovete rivolgervi a lui. Volevano rispondermi ma non glielo consentirono le museruole. Visto che non potevano parlare, andai avanti, l dove erano riuniti i fattucchieri, condannati ad ardere vivi, e anche i ciarlatani, condannati come imbroglioni. Disse un diavolo: Guardateli qui, questi commercianti di esorcismi, mercanti di croci, che abbindolarono il mondo dando a intendere che un fanfarone potesse avere una qualche virt. Di questi fattucchieri, nessuno si mai lamentato; infatti, se guariscono qualcuno, ottengono ringrazaiamenti; e se lo uccidono, il morto non pu pi lamnetarsi. E si sempre soddisfatti di quel che fanno, e gli si grati. Perch se guariscono una persona, questa li ricompensa; e se la uccidono, l'erede li ringrazia per l'opera svolta. Se curano con acqua e stracci la ferita, e questa guarisce per virt naturali, dicono che la ragione sta in certe parole miracolose che un giudeo ha loro insegnato. Pensate che bella origine hanno le loro parole miracolose! Se invece il male paeggiora, infistolisce, e il malato muore, dicono che arrivata la sua ora, annunciata da un tocco e da un rintocco. E quante volte abbiamo sentito le fandonie che raccontano: quella del tale che in un certo luogo si teneva le budella in mano, e di quell'altro che era stato trapassasto da parte a parte! E la cosa pi straordinaria che se vai a vedere dove stanno i luoghi in cui essi operavano, scopri che sono lontani quaranta o cinquanta leghe da qui, e che il sovrano che vi regnava morto da trecento anni, cosicch la menzogna non si scopre mai troppo presto. Questi signori che curano con l'acqua si ammalano poi in maggioranza a causa del vino. Insomma, ad essi si potrebbe applicare l'espressione; 'rubano che una benedizione' perch con le benedizioni truffano, trattandosi di gente ignorante. E ho notato che quasi tutte le loro formule magiche sono piene di solecismi. Io non so quale virt abbia il solecismo nell'ottenere un effetto curativo. Alla fine, vada come vada, finiscono qua. Qualcuno anche un brav'uomo, e per essere amico di Dio, ottiene la salvezza per coloro che ha in cura: ch persino l'ombra di chi gli amico pu dare la vita. Ma se volete vedere della brava gente, guardate i ciarlatani, che pure sostengono di possedere delle virt.

Questi si offesero e dissero che le possedevano veramente. Rispose un diavolo: Come mai allora non c' verso di trovare virt in gente che non fa che soffiare?. Basta!, disse un demonio. Mi sono arrabbiato. Andate nel reparto degli sbirri delatori, che vivono di soffiate. Ci andarono, anche se di malavoglia. Scesi altri scalini per vedere coloro che secondo Giuda erano peggio di lui e mi imbattei in uno stanzone pieno di dissennati, che i diavoli confessavano senza riuscire a capirli e a conversare con essi. Erano astrologhi e alchimisti, carichi di forni, crogiuoli, fanghiglie, minerali, scorie, corni, sterco, sangue umano, polveri e alambicchi. Da una parte calcinavano le loro materie, da un'altra le lavavano, da un'altra ancora le scomponevano, e pi oltre le purificavano. Un tizio stava fissando il mercurio sul martello, e avendo ridotto la parte vischiosa e fatto evaporare la parte aerea, che era il corruttivo del fuoco, nel momento in cui arrivava alla coppella il composto se ne andava in fumo. Altri discutevano se si dovesse fare il fuoco con lo stoppino o se per fuoco o non fuoco di Raimondo doveva intendersi quello della calce oppure quello della luce effettiva del calore, e non del calore effettivo del fuoco. Altri ancora, col segreto di Ermete davano principio all'opera magna, e da un'altra parte vedevano gi il nero bianco e aspettavano che diventasse rosso. E aggiungendovi il principio di natura con la natura si accontenta la natura e con essa stessa la si aiuta gli altri loro oracoli ciechi aspettavano la riduzione della prima materia, e in conclusione, riducevano il loro sangue all'estrema putrefazione; e invece di tramutare lo sterco, i capelli, il sangue umano, i corni e le scorie in oro, tramutavano l'oro in sterco, sprecandolo stoltamente. Oh, quante grida ascoltai sul padre morto e quante volte l'han resuscitato e sono tornati a ucciderlo! E come furibondi urlavano nell'intendere le parole tante volte citate dagli scrittori d'alchimia! Oh, rendiamo grazie a Dio, che da ci che pi vile al mondo ci permette di ricavare una cosa tanto preziosa. Nel decidere quale fosse la cosa pi vile si accaloravano. Uno sosteneva

di averla gi trovata, e se la pietra filosofale la si doveva fare con la cosa pi vile, era inevitabile usare gli sbirri. Li avrebbero cotti e distillati l per l, se un altro non avesse obiettato che erano composti di troppa aria perch se ne potesse fare una pietra, la quale non poteva essere composta di una materia tanto vaporosa. E cos decisero che la cosa pi vile del mondo erano i sarti, perch si dannavano ad ogni punto e avevano una costituzione pi compatta. Si sarebbero buttati su di essi se un diavolo non avesse detto: Volete sapere qual la cosa pi vile? Gli alchimisti. Per fare la pietra necessario bruciarvi tutti. Dettero loro fuoco; ed essi si lasciavano bruciare quasi volentieri, se non altro per vedere la pietra filosofale. Sul lato opposto, non era minore la folla degli astrologi e dei superstiziosi. Un chiromante prendeva la mano agli altri dannati e diceva: Come si vede chiaramente dal monte di Saturno che costui doveva essere condannato!. Un altro, che stava a quattro zampe, e con un compasso misurava le distanze e rilevava le stelle, circondato da effemeridi e tavole, si alz e grid: Dio mio! Se mia madre mi avesse partorito mezzo minuto prima, mi sarei salvato, perch Saturno, in quel punto, cambiava aspetto e Marte passava nella casa della vita, lo Scorpione aveva perso il suo influsso negativo, ed io invece di fare il procuratore sarei diventato un povero mendicante. Un altro, dietro di lui, pregava i diavoli che lo tormentavano di verificare se era davvero morto; secondo lui, non poteva essere, giacch aveva Giove per ascendente e Venere nella casa della vita, senza alcun aspetto negativo, e pertanto doveva vivere per forza fino a novant'anni. Attenzione!, diceva. Vi invito ufficialmente a controllare bene se sono defunto, perch per conto mio impossibile. E ritornava sempre su questo punto, senza che nessuno riuscisse a smuoverlo. Per emendare la follia di questi, intervenne un altro geomantico, e nel rigoroso rispetto della scienza fece le sue dodici case governate dall'impulso della mano e le linee a imitazione delle dita, dicendo orazioni e parole superstiziose. Quindi, dopo

aver sommato i suoi pari e dispari, e aver chiamato in causa giudici e testimoni, si apprest a dimostrare che l'astrologo pi infallibile era lui. E se avesse detto puntiglioso avrebbe detto bene, perch la sua una scienza di punti, come la calza, senza nessun fondamento; anche se ci dispiace a Pietro Abano, che era uno dei presenti e che accompagnava Cornelio Agrippa, famoso mago, il quale con un'anima sola ardeva in quattro corpi delle sue opere maledette e scomunicate. Dietro di lui vidi, con la sua Poligrafia e la sua Steganografia, l'abate Tritemio, sazio di demoni, di cui sembra che in vita fosse molto ghiotto; era molto arrabbiato con Cardano, che gli stava di fronte, per il fatto che questi aveva parlato male di lui e negli scritti De subtilitate aveva saputo essere, per tutti gli incantesimi da vecchia megera che vi aveva inserito, pi menzognero di lui. Altrove, Giulio Cesare Scaligero si stava tormentando sulle sue Esercitazioni, ed era punito per le vergognose menzogne che aveva scritto su Omero e per le testimonianze che us contro di lui per innalzare, diventato idolatra di Marone, altari a Virgilio. Stava ridendo di se stesso Artefio con la sua arte magica, mentre preparava tavolette per decifrare il linguaggio degli uccelli; e Mizaldo era molto triste e si strappava la barba, perch dopo tanti esperimenti bizzarri non riusciva a trovare nuove sciocchezze da scrivere. Teofrasto Paracelso si lamentava del tempo sprecato con l'alchimia; ma era contento di avere scritto di medicina e di magia, senza che nessuno capisse, e di avere riempito le tipografie di detti maliziosi, oltre che di acute osservazioni. E dietro a tutti c'era Hubequer l'accattone, vestito dei cenci di quanti scrissero menzogne e volgarit, magie e superstizioni, con il suo libro ridotto a un'accozzaglia di mori, pagani e cristiani. Era presente anche l'autore segreto della Clavicula Salomonis, ovvero colui che gli attribu i sogni. Oh, come ardeva, burlandosi delle vane e sciocche preghiere, l'eretico che scrisse il libro Adversus omnia pericula mundi!

Come bruciavano bene Catan e le opere di Races! C'era Taisnerio col suo libro sulle fisionomie e sulle mani, che scontava la pena per aver fatto impazzire molte persone conle sue assurdit e le sue linee, pur sapendo, il briccone, che non si possono trarre conclusioni dal viso di coloro che per timore o per impossibilit non mostrano le loro inclinazioni e le reprimono, ma soltanto dai visi e dalle espressioni di prncipi e signori, che non dovendo sottostare a nessuno possono mostrare le proprie inclinazioni senza alcun timore. C'era poi Eilardo Lubino, coi suoi visi umani e i suoi bruti, che ricercava corrispondenze tra visi e abitudini. Quanto a Scoto, l'italiano, non lo trovai l in qualit di stregone e mago, ma di bugiardo e imbroglione. Ce n'eranoancora tanti, e se ne aspettavano certamente molti altri, perch diversi campi erano ancora vuoti. E di tutti questi autori, detenuti come stregoni, nessuno meritava di essere l quanto alcune splendide donne, i cui volti soltanto furono nel mondo [...] veri incantesimi. Soltanto le donne infatti sono il veleno della vita, poich alterando le potenze dell'anima e offendendone gli organi, sono la causa per la quale la volont vuol ritenere buono ci che l'immagine rappresenta come scandaloso. Vedendo questo, mi dissi: Ormai stiamo arrivando, credo, nel quartiere di chi peggio di Giuda. Accelerai il passo e alla fine arrivai in un luogo che, senza il favore del cielo, non avrei potuto dire com'era fatto. Alla porta stava la giustizia di Dio, spaventosa, e alla seconda entrata il vizio vergognoso e superbo, la malizia ingrata e ignorante, l'incredulit audace e cieca, la disubbidienza bestiale e sfrenata. Anche la bestemmia stava l, insolente e tiranna, piena di sangue, latrando con cento bocche e vomitando veleno, gli occhi armati di fiamme ardenti. Grande orrore mi fece la soglia. Entrai e vidi sulla porta la moltitudine degli eretici prima della nascita di Cristo.

C'erano gli ofidici, cos chiamati ingreco per il serpente che ingann Eva, e che essi venerarono poich ci fece conoscere il bene e il male. C'erano i Cainiani, che esaltavano Caino poich, dicevano, essendo figlio del male, prevalse con la sua forza contro Abele. C'erano i Sethiani, seguaci di Seth. C'era Dositeo, che ardeva in un forno; aveva sostenuto che si dovesse vivere seguendo la carne, non aveva creduto nella resurrezione e si era quindi privato (di tutte le bestie il pi ignorante) di un bene immenso. Quand'anche avesse ragione, se davvero fossimo soltanto animali, per trovare consolazione nella morte dovremmo comunque illuderci di essere eterni. Cos Lucano, per bocca d'altri, definisce coloro che [...] credono nell'immortalit dell'anima: 'Felices errore sua', felici nel loro errore. Se cos fosse, se coi loro corpi maledetti morissero anche le anime, pensai, l'uomo sarebbe l'animale a cuiu Dio ha dato meno intelligenza, poich capisce al contrario la cosa pi importante e si aspetta l'immortalit. Ne deriverebbe che la natura ha dato la vita per mantenerla nella pi grande miseria; ma Dio non pu volere tutto questo e chi segue questa opinione non crede in lui. C'era poi, crocifisso, il capo dei Sadducei. I Farisei stavano aspettando Cristo, non in quanto Dio ma in quanto uomo. C'erano gli eliognostici, devictiaci, adoratori del sole; ma i pi simpatici sono quelli che venerano le rane, che furono il flagello del faraone, il castigo mandato da Dio. C'erano i musoriti, che a furia di topi d'oro riducevano a topaia l'arca santa. C'erano quelli che adoravano la mosca accaronita: Ozia, colui che volle chiedere salvezza a una mosca prima che a Dio, per la qual cosa Elia lo castig. C'erano i trogloditi, quelli della fortuna del cielo, quelli di Baal, di Astarte, dell'idolo Moloch e Renfan, dell'ara di Tofet; i puteoriti, eretici estivi dei pozzi, quelli del serpente di metallo. Sopra tutti risuonavano il frastuono e i pianti delle giudee che, sotto terra, nelle grotte, piangevano sul simulacro di Thamuz. Seguivano i bahaliti, poi la Pitonessa conle braccia volte al cielo, e dietro quelli di Astarte e di Astaroth; e infine quelli che aspettavano Erode e che perci si chiamano Erodiani. Li considerai tutti pazzi e mentecatti.

Poi giunsi dagli eretici dopo Cristo. Vidi (spettacolo straordinario)

Tertulliano che fece concorrenza agli Apostoli per quattordici anni, prima di Origine, apostata dottissimo, tormentato dai suoi errori e convinto di se stesso. Mi avvicinai e vidi che davanti a lui c'erano molte persone, come Menandro e Simon Mago, suo maestro. C'era Saturnino, che inventava spropositi; c'era il maledetto eresiarca Basilide, c'era Nicola d'Antiochia, Carpocrate e Cerinto e l'infame Ebione. Poi sopraggiunse Valentino, che mise a principio di tutto il mare e il silenzio. Menandro, il fanciullo di Samaria, diceva di essere il Salvatore e di essere caduto dal cielo; per imitarlo, Montano frigio diceva di essere il Paracleto. Dopo di questi venivano le sventurate eresiarche Priscilla e Massimilla. I loro seguaci si chiamarono catafrigi, e furono cos pazzi da affermare che su di essi e non sugli apostoli era disceso lo spirito santo. C'era il vescovo Nepos, per il quale la mitra fu ignominia, che affermava che i santi dovevano regnare mille anni sulla terra, assieme a Cristo, nella lascivia e nel lusso. Seguiva Sabino, prelato eretico ariano, che nel concilio di Nicea chiam idioti coloro che non seguivano Ario. Poi, in un luogo miserabile, ardevano per sentenza di Clemente, il massimo pontefice che succedette a Benedetto, i templari, che in principio a Gerusalemme furon santi e poi, corrotti dalle ricchezze, diventarono idolatri e dissoluti. E che cosa fu vedere Guglielmo, l'ipocrita di Anversa, che fattosi patrono di sgualdrine prefer le prostitute alle donne oneste e la fornicazione alla castit! Ai suoi piedi giaceva Barbara, moglie dell'imperatore Sigismondo, che giudicava sciocche le vergini, poich ce n'eran troppe. E barbara come il suo nome, facendo da imperatrice ai diavoli, mai sazia di delitti n stanca - e in questo volle superare Messalina - sosteneva che l'anima moriva col corpo, e altre cose degne del suo nome. Lasciai questa gente e mi diressi in un'altra zona, dove in un angolo giaceva una persona sola, molto sporca, senza un calcagno in meno e con una cicatrice sulla faccia, carico di sonagli, che ardeva e bestemmiava. Chi sei tu, gli chiesi, che appari di tanti malvagi ilpeggiore?

Sono Maometto, disse. Lo dimostravano il suo aspetto, la ferita e i sonagli da mulattiere. Tu sei, dissi, l'uomo pi malvagio che il mondo abbia mai avuto, e colui che pi anime ha portato qui. Sto pagando tutto, disse. E intanto quegli sventurati degli africani stanno adorando il mio calcagno, l'osso che qui mi manca. Furfante, perch hai vietato il vino alla tua gente?. Rispose: Perch, se dopo le ubriacature che procuravo col mio Corano avessi permesso quelle del vino, sarebbe stata tutta una sbronza. E la carne di maiale, perch l'hai vietata, cane schiavo, discendente di Agar? L'ho fatto per non fare uno sgarbo al maiale, perch sarebbe stato fargli uno sgarbo mangiare i lardelli bevendo acqua, anche se personalmente mi sono sempre concesso tanto il vino che la pancetta. E tanto detestavo chi credeva in me che gli ho tolto la gloria dell'aldil, e il prosciutto e la botte in vita. Negli ultimi tempi ho ordinato che la mia legge non venisse difesa mediante la ragione, perch non vi nessuna ragione n per obbedirla n per sostenerla; l'ho affidata alle armi, procurando al mio popolo sedizioni per l'intera esistenza. E il fatto che mi segua tanta gente non in virt di miracoli, ma solo perch accordo le leggi agli appetiti, consentendo di cambiar di donna, e in via eccezionale, licenziosit di altro genere; in questo modo tutti mi seguono. Il male, tuttavia, non finisce con me; volgi lo sguardo da quella parte e vedrai quanta gente onorata! Guardai e vidi tutti gli eretici del nostro tempo, compreso Manicheo. Oh, quanti calvinisti vidi che graffiavano Calvino! E tra questi il principale era Giuseppe Scaligero, per quella punta di ateismo che aveva e per essere stato blasfemo, sbloccato, fatuo e senza giudizio. In testa c'era il maledetto

Lutero, col suo cappuccio e le sue donne, gonfio come un rospo e bestemmiante, e Melantone che si mangiava lemani per le sue eresie. C'era il rinnegato Beza, maestro di Ginevra, che leggeva seduto sopra una cattedra di pestilenza; mi venne da piangere nel vedere il dottissimo Enrico Stefano. Gli chiesi non so cosa a proposito della lingua greca; ma la sua, di una lingua, era in tale stato che pot rispondermi soltanto con bramiti. Mio Dio!, dissi avvicinandomi a Lutero. [...] uomo cattivo, per non dire [...] cattivo frate, come hai osato dire che non si dovevano adorare le immagini, se in esse non adoriamo altro che quella grandezza spirituale che ai nostri occhi esse rappresentano? Se dici che per ricordarti di Dio non ti servono immagini, hai ragione; esse non hanno questo scopo ma vogliono soltanto commuoverti attraverso la rappresentazione dell'essere divino che adoriamo e del Signore che amiamo sopra ogni cosa. Cos fanno gli innamorati, che non portano con s il ritratto della loro donna per ricordarsi di lei, poich gi il ricordarsi di avere un ritratto da guardare presuppone che di lei ci si ricordi, ma per godere di quella parte del bene assente che loro concessa. Dici anche che Cristo pag per tutti, e che non dobbiamo far altro che vivere come vogliamo, perch colui che ha fatto noi senza di voi salver noi senza di noi. D'accordo che ha fatto noi senza di noi, ma una volta che ci ha fatto, lo addolora che noi distruggiamo la sua opera, macchiamo la sua pittura e cancelliamo la sua immagine. E se, come rico nosci, egli scorse nel primo uomo un peccato tanto grande che, spinto dall'amore, mor per cancellarlo, come puoi dire che colui che tanto soffr per i nostri peccati sia morto per darci la libert di peccare? E se Cristo mor e soffr per mostrarci quanto un peccato ci costi e quanto lo si debba fuggire, da che cosa deduci che mor per darci licenza di compiere delitti? vero che si sacrific per tutti; ma non dobbiamo forse perseverare? Sei in errore, poich ci dobbiamo impegnare per non cadere in altri peccati e per pagare i delitti commessi. Dio, che tanto si offese per un solo peccato, quando non gli dovevamo che la creazione, potr non risentirsi per le nostre colpe, ora che gli dobbiamo una redenzione che tanta sofferenza gli cost? Mi meraviglio, Lutero, che tu non sappia nulla. A che cosa ti sono servite le tue letture e la tua intelligenza?

Altro gli avrei detto, se non mi avesse intenerito la sventurata situazione in cui si trovava [...] impiccto, soffrendo la sua pena, Elio Eobano Hesso, celebre poeta, avversario del maledetto Melantone. Oh, come piansi el vedere il suo viso torpido, ferito e tumefatto, e gli occhi vituperati dalle fiamme Non potei far altro che sospirare. Mi affrettai ad uscire da quel recinto e giunsi davanti a una galleria dove stava Lucifero, circondato da diavolesse, poich anche fra i diavoli ci sono maschi e femmine. Non vi entrai perch non ebbi il coraggio di sopportare il suo aspetto mostruoso; dir soltanto che una galleria come quella, tanto ordinata, non si mai vista sulla terra, perch era tutta tappezzata da imperatori e re, tanto vivi laggi quanto morti da noi. Vidi tutto il casato ottomano, i re di Roma nel loro ordine. Cercai gli spagnoli, ma non vidi nessuna corona spagnola; non so dire quale fu la mia contentezza. Vidi graziosissime scene: Sardanapalo che filava la lana, Eliogabalo che mangiava leccornie, Sapore che si imparentava col sole e le stelle. Viriato inseguiva i Romani col bastone; Attila metteva a soqquadro il mondo; Belisario, cieco, accusava gli Asteniesi e Giulio Cesare chiamava traditori Bruto e Cassio. Il malvagio vescovo Don Oppas e il conte Don Giuliano, oh come calpestavano la loro patria e si macchiavano di sangue cristiano! Incontrai molti altri dannati, di tutte le nazioni, quando arriv il custode e mi disse: Lucifero ti ordina, pech tu abbia cose da raccontare nell'altro mondo, di andare a trovarlo nel suo studiolo. Entrai. Stava in un locale bizzarro e pieno di bei gioielli. C'erano sei o settemila cornuti e altrettanti sbirri in decomposizione. Siete qui?, esclamai. Per tutti i diavoli, come potevo trovarvi nel resto dell'inferno se eravate tutti qui? C'erano barili di medici, e moltissimi cronisti di corte, pezzi pregiati costoro e tutti adulatori dello stesso stampo, e muniti di licenza. Ai quattro angoli bruciavano a guisa di torce quattro perfidi inquisitori. E tutte le mensole

[a...] erano piene di vertigini, appese a testa in gi, come tante tazze. Disse il demonio: Sono donzelle arrivate all'inferno con la verginit stantia, e le conserviamo come delle rarit. Seguivano i questuanti, che portavano tonache diverse secondo la loro attivit, e ce n'erano molti di quelli che chiedono soldi per far dir messe in suffragio delle anime, e quel che ricevono lo spendono in vino, ma senza essere sacerdoti. C'erano madri finte, e zie che facevano commercio delle nipoti, e perfino suocere mezzane delle loro nuore, distribuite tutt'attorno come mascheroni. Sopra un piedestallo c'era Sebastiano Gertel, che in Germania fu generale e combatt contro l'imperatore, dopo essere stato suo alabardiere, mentre fu taverniere a Roma e ubriacone dappertutto. Non finirei pi se dovessi raccontare quel che vidi nella stanzetta. Uscii fuori e rimasi tutti sconvolto ripetendo fra me e me i fatti che ho raccontato. Chiedo soltanto a chi li legger di farlo in modo che il credito che ad essi conceder gli sia di profitto per non vedere n sperimentare questi luoghi. Assicuro che non ho voluto con questo mio scritto destare scandalo o condannare nessuno, se non i vizi, per i quali gli uomini si dannano e vengono dannati; voglio dire che il parlare di coloro che stanno all'inferno, non scalfisce minimamente i buoni. Terminai questo discorso al Fresno, sul finire dell'aprile del 1608, all'et di ventotto anni. Sub correctione Sanctae Matris Ecclesiae.

IL MONDO DAL DI DENTRO

A Don Pedro Girn, duca di Osuna

Questa la mia opera. Vostra Eccellenza sar d'opinione, chiaro, che cos com', essa non fatta per innalzarmi al cielo. Ma poich non pretendo che di avere un nome in questo mondo e, quel che pi importa, di servire vostra eccellenza, ve la invio perch [...] da grande principe le facciate onore. Essa ricever in tal modo le debite correzioni. Conceda Iddio a vostra eccellenza la sua grazia, e la salute, poich gi avete meritato il resto con la vostra virt e la vostra grandezza. Dal paese, il 26 aprile 1612 Don Francisco Quevedo Villegas

Al lettore, come Iddio me lo fornisce, candido o purpureo, pio o crudele, benigno o senza rogna

cosa risaputa, cos la pensano Metrodoro Chio e molti altri, che nulla si sa e che tutti sono ignoranti. E nemmeno questo si sa per certo: perch se si sapesse, gi si saprebbe qualcosa; in realt, lo si sospetta. Cos sostiene il dottissimo Francisco Snchez, medico e filosofo, nel suo libro dal titolo Nihil scitur: non si sa nulla. Al mondo vi sono alcuni che non sanno niente e studiano per sapere, e costoro hanno buone intenzioni ma si applicano vanamente, poich alla fin fine tutto il loro studio li conduce a concludere che ignorano la verit. Altri invece non sanno niente e non studiano, perch pensano di sapere tutto. Fra questi, ve ne sono di incorreggibili: bisogna invidiarne l'ozio e compiangerne

l'intelletto. Altri ancora non sanno niente e dicono di non sapere niente perch in realt pensano di sapere qualcosa; ma la verit che non sanno niente e dovremmo allora credere alla loro confessione per castigarne l'ipocrisia. Ma i peggiori sono quelli, e nel numero mi ci metto anch'io, che non sanno niente e non vogliono sapere niente, n credono che si possa sapere qualcosa; essi dicono che gli altri non sanno niente e gli altri dicono di loro la stessa cosa, e nessuno mente. E non avendo in fatto di scienza e di lettere niente da perdere, essi osano trarre alla luce e stampare tutto ci che gli viene in mente. Costoro dan lavoro alle tipografie, mantengono i librai, costringono i curiosi a spendere quattrini e alla fine sono utili ai droghieri. Essendo io uno di loro, e non dei pi ignoranti, non contento di aver sognato il Giudizio Universale, di aver fatto indemoniare uno sbirro e, ultimamente, di aver descritto l'inferno, ora salto fuori senza un buon motivo (ma non importa, questa non una canzone) con Il Mondo dal di dentro. Se lo gradirai e ti sembrer buono, ringrazialo per quel poco che ti riesce, giacch ti accontenti di una misera cosa. E se ti sembrer brutto, dai la colpa alla mia ignoranza nello scriverlo e alla tua nell'aspettarti altra cosa da me. Dio ti liberi, o lettore, dai prologhi lunghi e dagli orrendi epiteti che ti affibbiano gli scrittori nelle loro dediche.

Il nostro desiderio va sempre pellegrino fra le cose di questa vita, e con vana sollecitudine corre dall'una all'altra senza trovar n patria n riposo. Si alimenta e si distrae con la loro variet, sua occupazione l'appetito, e ci per ignoranza. Perch se conoscesse le cose fin dal momento in cui, ansioso e affamato, le ricerca, le avrebbe in orrore, come quando pentito le disprezza. E bisogna considerare la grande forza che esso ha, perch promette e fa credere che i piaceri e i diletti siano meravigliosi, che invece lo sono soltanto finch li ricerchiamo: e quando si arriva a possederli, nessuno ne contento. Il mondo, che sa come fatto il nostro desiderio, per lusingarlo gli si pone davanti mutevole e vario, poich la novit e la diversit sono l'ornamento chepi ci attrae. Cos facendo, solletica i nostri desideri, li trscina con s ed essi trascinano noi. Valga per tutte l'esperienza che ho fatto: proprio quando la loro

conoscenza avrebbe dovuto farmi pi avvertito, mi son trovato in bala della confusione, posseduto dalla vanit inmaniera tale che, sperduto nella gran folla del mondo, ricercavo di volta in volta la bellezza dove gli occhi mi cnducevano o la conversazione dove trovavo amici: da una strada all'altra, diventato la favola di tutti. E invece di desiderare l'uscita dal labirinto, facevo in modo che aumentasse l'inganno. Gi correvo lungo la china dell'ira, senza controllo, calpestando sangue e ferite; gi, lungo quella della gola vedevo gli altri rispondere turbati ai miei brindisi. Me ne stavo dunque andando da una strada all'altra, ed erano infinite, talmente confuso, che lo stupore ancora non lasciava posto alla stanchezza, allorch chiamato da grida scomposte e sentendomi tirare ostinatamente il mantello, mi volsi. Vidi un vecchio, venerabile per i suoi capelli bianchi, con un vestito consunto, rotto in mille punti e gualcito. Non per questo era ridicolo: anzi aveva un aspetto severo e degno di rispetto. Chi sei gli chiesi, tu che sembri tanto invidioso dei miei piaceri? Lasciami. Voi anziani disprezzate sempre dei giovani le gioie e i diletti, che non per volont avete abbandonato ma che con la forza il tempo vi sottrae. Tu parti, io arrivo. Lasciami godere e vedere il mondo. Smentendo un tale atteggiamento, egli disse ridendo: Non ostacolo n invidio ci che desideri: mi fai pena. Sai tu per avventura quanto vale un giorno? Ti rendi conto del prezzo che ha un'ora? Hai esaminato il valore del tempo? Certamente no, dal momento che tanto spensieratamente lo lasci pasare, derubato dall'ora che, fuggitiva e silenziosa, te lo porta via, preziosissima preda. Chi ti dice che ci che stato torner, quando ne avrai bisogno e lo chiamerai? Dimmi: Hai mai visto impronte lasciate dai giardini? No, certamente, poich i giorni si voltano indietro soltanto per ridere e burlarsi di coloro che li lasciarono passare cos. Sappi che la morte e i giorni sono due anelli della stessa catena e che quanto pi trascorrono i giorni che hai davanti tanto pi ti avvicinano alla morte e la traggono verso di te; spesso si crede di aspettarla e lei gi arrivata, e a giudicare dalla vita che fai, essa verr prima che tu te ne

accorga. Considero stolto chi per tutta la vita muore di paura pensando che dovr morire e spregevole chi vive senza alcuna paura di morire, come se la morte non ci fosse. Costui incomincia a temerla quando gi la sente, e vinto dal timore non trova n un rimedio alla vita trascorsa n una consolazione nel fatto che sta per finire. Saggio soltanto chi vive ogni giorno come se in ogni giorno e in ogni ora dovesse morire. Le tue parole sono efficaci, buon vecchio. Mi hai restituito l'anima che vani desideri mi avevano rapito. Chi sei, da dove vieni e che fai da queste parti? Il mio aspetto e il mio vestire dimostrano che sono un uomo dabbene e un amico della verit, non altro vuol dire il mio aspetto cencioso e cagionevole: la cosa peggiore che ti sia capitata nella vita di non aver mai visto fino ad oggi il mio viso. Io sono il Disinganno. Questi squarci nel vestito sono l'effetto degli strattoni che mi danno coloro che nel mondo sostengono di volermi bene, e questi lividi sul viso sono i segni dei colpi e dei calci che al mio arrivo mi vengono inferti, o perch sono giunto o perch me ne vada. Nel mondo dite tutti di volere il disinganno, e quando ce l'avete, o vi disperate, o maledite chi ve l'ha dato; e i pi cortesi di voi non ne hanno coscienza. Figlio mio, se vuoi vedere il mondo, vieni con me; ti condurr sulla strada maestra, dove passano tutti i personaggi; l, senza stancarti, troverai riuniti coloro che qui vanno divisi. Ti mostrer il mondo com': perch ora non riesci a vederne che l'apparenza. E come si chiama chiesi la strada maestra che dobbiamo percorrere? Si chiama Ipocrisia rispose. una strada che nata col mondo e col mondo terminer, e non c' nessuno che in essa non abbia, se non una casa, almeno un appartamento o una stanzetta. Alcuni vi abitano, altri sono di passaggio, perch ci sono molte specie di ipocriti; ma tutti quelli che incontri l lo sono. E vedi quel tale che si guadagna il pane facendo il sarto e si veste come un hidalgo? un ipocrita, e nei giorni di festa si camuffa con il raso, il velluto, il cintillo e la catena d'oro, per non farsi riconoscere da forbici, aghi e gessetto, e pare cos poco sarto che sembra quasi dire la verit.

Vedi quell'hidalgo, in compagnia di quel tipo che sembra un cavaliere? Ebbene, se vivesse secondo le sue possibilit, non dovrebbe farsi accompagnare; ma siccome un ipocrita e vuol sembrare quello che non , si atteggia a gentiluomo, e per mantenere un lacch non mantiene fede n a quello che dice n a quello che fa, visto che non mantiene la parola e non paga il lacch. E la nobilt e il titolo gli servono soltanto da pontefice quando deve sciogliere i matrimoni che egli contrae con i suoi debiti: giacch pi sposato con questi che con sua moglie. Tal gentiluomo, per diventare 'signoria', non si sottratto a nessuna pratica, ha cercato di essere Venezia, senonch avrebbe dovuto fondarsi sull'acqua e non sull'aria. Per sembrare un signore, pratica la caccia col falcone, che con tutte le spese che comporta, prima uccide per fame il suo padrone, poi il ronzino sul quale lo trasportano, e alla fine, se va bene, una cornacchia o un nibbio. E nessuno quello che sembra: il signore si impegna in azioni da grande nobile, il grande nobile scimmiotta [...] le azioni del Re. E che dire poi dei saggi? Vedi quella faccia da funerale? Ebbene, un mentecatto; ma volendo sembrar saggio ed essere considerato tale, ostenta di avere poca memoria, si lamenta per certe sue malinconie, vive scontento e sostiene d'essere malandato; ed un ipocrita, perch sembra ragionevole ma un mentecatto. Non t'accorgi che i vecchi, con le loro ipocrite barbe, coi capelli bianchi nascosti sotto la tintura, vogliono in tutto sembrare dei giovanotti? Non vedi che i bambini si permettono di dar consigli e si considerano saggi? Vedi dunque che tutto ipocrisia. Nei nomi delle cose non vi forse la maggiore ipocrisia di questo mondo? Il ciabattino si chiama artigiano della scarpa. Il bottaio, sarto del vino, perch gli confeziona l'abito. Il mulattiere, gentiluomo della strada. L'osteria, ritrovo. L'oste, coppiere. Il boia si chiama giustiziere e lo sbirro servo della giustizia. Il truffatore, uomo abile; il locandiere, padrone di casa; la bettola, cantina; il bordello, casa; le prostitute, signorine, e le tenutarie, direttrici; i cornuti, uomini onorati. Il concubinato si chiama amicizia, l'usura favore, la truffa gioco, la menzogna scherzo, la malizia garbo, la malvagit disattenzione, l'insolente valoroso, il fannullone uomo di corte, e i negri si

chiamano bruni; mastro vien chiamato il sellaio e dottore il parolaio. Essi non sono quel che sembrano n quel che son chiamati: ipocriti di nome e di fatto. E poi quanta facile generalizzazione! Qualsiasi furbastra una bella signora, qualsiasi abito lungo un laureato, qualsiasi gaglioffo un soldato, chiunque sia ben vestito un nobile, qualsiasi frate converso o gi di l sua reverenza o padre eccellentissimo, qualsiasi scrivano un segretario. L'uomo dunque tutto menzogna, da qualunque parte lo si guardi, a meno che, ignorante come sei, tu creda alle apparenze. Vedi i peccati? Anche loro sono ipocrisia; con questa iniziano e finiscono, e da questa nascono e si alimentano l'ira, la gola, la superbia, l'avarizia, la lussuria, l'accidia, l'omicidio ed altri mille vizi. Come puoi dirlo, o dimostrarlo, dal momento che i vizi sono tanti e tutti diversi?. Non mi stupisco che ignori questa verit, perch pochi la conoscono. Ascolta bene e capirai facilmente; ti sembra un'affermazione contraddittoria, ma vedrai che ben si conviene. Tutti i peccati sono cattivi, questo lo ammetti facilmente. E ammetti anche, con i filosofi e i teologi, che la volont insegue il male sotto le sembianze del bene, e che per peccare non bastano la rappresentazione dell'ira e la conoscenza della lussuria, ma occorre il consenso della volont; il peccato, per essere tale, non ha bisogno di essere attuato (ci lo rende soltanto pi grave), anche se a questo riguardo vi sono molte differenze. Visto e capito questo, chiaro che ogni volta che si commette un peccato, la volont lo accetta e lo desidera; e non pu, data la sua natura, che esserne stata attratta in ragione di qualche vantaggio. Ma quale ipocrisia pi chiara e indiscutibile di quella che si ammanta di un bene apparente per uccidere con l'inganno? Qual la speranza dell'ipocrita? si chiede Giobbe. Nessuna, perch non pu averla n per quello che , essendo malvagio, n per quello che sembra, in quanto lo sembra ma non lo . Nessun peccatore pi sfrontato dell'ipocrita, perch il primo pecca contro Dio, ma non con Dio e in Dio, mentre l'ipocrita pecca contro Dio e con Dio, perch usa Dio come strumento per peccare. E perci Cristo, che sapeva chi

erano gli ipocriti e li disprezzava sopra tutti, dopo tanti insegnamenti positivi ne diede ai suoi discepoli uno in negativo, dicendo loro: 'non siate come i tristi ipocriti' ( Matteo, VI). Con insegnamenti e similitudini insegn loro come dovevano essere: ora come la luce, ora come il sale, ora come l'invitato, ora come l'uomo dei talenti; e quello che invece non dovevano essere, tutto lo racchiuse nell'ammonimento 'non siate come i tristi ipocriti', volendo dunque dire che se non si ipocriti non si malvagi in nessun modo, perch l'ipocrita malvagio in tutti i modi. Con queste parole arrivammo alla strada maestra. Vidi passare tutti coloro che il vecchio mi aveva annunciato. Ci mettemmo in un punto adatto ad osservare quel che accadeva. Pass un funerale fatto in questo modo. Venivano prima di tutti alcuni mascalzoncelli, avvolti in tuniche di vari colori, vivace mosaico di messi di confraternita. Tutto il branco pass, agitando i campanelli come per incensare. Dietro venivano i fanciulli della dottrina, paggi della morte e lacch della bara, urlando le loro litanie; poi gli Ordini religiosi, seguiti a passo lento dai chierici che galoppando sui responsori facevan pi brevi i canti per non consumare tutte le candele e avere il tempo di seppellirne un altro. Venivano poi dodici gaglioffi, ipocriti della povert, con dodici ceri, che accompagnavano il corpo e proteggevano quelli della sporta, i quali nel portare a spalla la defunta attestavano quanto fosse pesante. Li seguiva una lunga processione di persone, gli amici che nella tristezza e nel lutto accompagnavano il vedovo, che annegato in un cappuccio di baietta e avviluppato in un mantello da lutto, il viso perso nella falda del cappello in guisa che non gli si potessero vedere gli occhi, andava lento e fiacco, a passi curvi, resi difficili dallo strascico, pesante dieci arrobe, che trscinava. Impietosito da tale spettacolo, esclamai: Donna fortunata, se mai donna lo pu essere nella morte, giacch tuo marito t'accompagna con una fede e un amore che si prolungano oltre la vita e la tomba! E fortunato il vedovo, che ha amici che condividono il suo dolore e sembrano anzi soffrire pi di lui! Guardali come sono tristi e attoniti!. Il vecchio, scuotendo la testa, con un sorriso disse: Sventurato! Questo

quanto vedi dal di fuori, questo ci che appare; ma ora lo vedrai dal di dentro e ti accorgerai quanto veramente l'essere smentisca le apparenze. Vedi quei lumi, quei campanelli, quei messi di confraternita e tutto quel corteo? Chi non penserebbe che gli uni stiano illuminando qualcosa, che gli altri stiano accompagnando qualcosa e che a qualcosa servano una tale sfilata e tanta pompa? Devi invece sapere che ci che sta l dentro nulla, perch gi in vita era nulla, e in morte ha smesso di essere anche quello, e adesso non gli serve nulla di nulla; ma anche i morti hanno la loro vanit, i defunti e le defunte la loro superbia. L dentro c' terra di poco frutto, pi spaventosa di quella che calpesti, che di per s non merita alcun onore, nemmeno di essere coltivata con l'aratro e la zappa. Vedi quei vecchi che portano i ceri? Ebbene, non ci soffiano sopra perch possano illuminare meglio ma perch, attizzati continuamente, si sciolgano in fretta ed essi possano raccogliere pi cera da vendere. Son questi i servi che assaggiano il defunto o la defunta per conto del sepolcro; prima che questo li intacchi e mangi del tutto, essi gli hanno gi dato un morso, traendone uno o due reali. E la tristezza degli amici la vedi? Dipende dal fatto che devono partecipare al funerale: sono come invitati furiosi contro chi li ha invitati, e avrebbero preferito andare a spasso od occuparsi dei loro affari. Quello che parla gesticolando sta dicendo al suo vicino che invitare un amico a un funerale, per di pi con una messa cantata, non cosa da farsi, e che in un funerale soltanto la terra veramente invitata, perch soltanto ad essa si d da mangiare. Il vedovo non triste per l'accaduto e la vedovanza, ma perch pensa che avrebbe potuto seppellire la moglie in un letamaio, senza spese e cerimonie, e invece lo han cacciato in quella baraonda, con spese di confraternita e cera: sta dicendo fra s e s che non le deve molto e che visto che doveva morire avrebbe potuto farlo subito, senza fargli spendere soldi in medici, cerusici e medicine, e non lasciarlo indebitato a causa degli sciroppi e delle pozioni. Due ne ha gi seppellite ed tanto il piacere che trae dal diventar vedovo che sta gi progettando il matrimonio con una vecchia conoscenza, e confidando nelle cattive condizioni e nella vita indemoniata di lei, conta di tener ripiegato il cappuccio da lutto ancora per poco tempo. Rimasi sconvolto nell'apprendere questa verit, e dissi: Come son diverse le cose del mondo da come le vediamo! Da oggi non dar pi credito ai miei occhi e a niente creder meno che alle cose che vedr.

Il funerale ci pass davanti, e ci sembr che passasse in fretta e che al defunta ci stesse indicando il cammino, e silenziosamente dicesse a tutti: Vado avanti ad aspettare voi che siete rimasti, e a far compagnia a quegli altri che un d anch'io vidi passare con la stessa vostra indifferenza. Ci distolse da questa considerazione il rumore che proveniva da una casa alle nostre spalle. Entrammo per vedere di che cosa si trattava, e nel momento in cui si avvert la nostra presenza incominci un lamento, a sei voci, di donne che facevano compagnia a una vedova. Il pianto era di buona qualit, ma scarsamente utile al defunto. Si udiva di tanto in tanto un batter di mani, che sembrava quello degli schiaffi dei disciplinanti. Si sentivano singhiozzi stiracchiati, pieni di sospiri, sforzati per mancanza di voglia. La casa era vuota, le pareti nude. La poveretta stava in una stanza oscura, senza luce alcuna, adorna di drappi neri, dove si piangeva a tentoni. Alcune donne dicevano: Amica, piangere non serve a nulla. Le altre: andato di sicuro in cielo. Una esortava la vedova ad accettare la volont del Signore. Lei tirava fuori il fazzoletto e piangendo come una fontana diceva: Come posso vivere senza Tizio? Me sventurata, che non ho pi nessuno su cui posare gli occhi! Chi protegger una povera donna sola?. Allora le altre si mettevano a singhiozzare ed era tutto un risonar di nasi da far crollare la stanza. In quel momento capii che le donne con queste doglianze si purgano, perch dagli occhi e dal naso espellono tutto il male che hanno dentro. Mi intenerii e dissi: una piet giustificata quella che abbiamo per le vedove! Perch se una donna gi sola di per s, una vedova lo molto di pi. Per questo le Sacre Scritture le chiamano mute, prive di lingua. Non altro significa infatti il termine vedova in ebraico. La vedova non ha chi parli per lei, n osa farlo da sola; e quando fosse sola a parlare, sarebbe come se fosse morta o peggio, dal momento che nessuna la sentirebbe. Iddio nell'Antico Testamento us molti riguardi nei loro confronti, e nel Nuovo, attraverso San Paolo, raccomand agli uomini che facessero 'come il Signore,

che dall'alto dei cieli protegge le persone abbandonate e difende gli umili'. 'Non voglio i vostri sabati e le vostre festivit' disse con le parole di Isaia 'e distolgo il viso dai vostri incensi; i vostri olocausti mi hanno stancato, detesto le vostre calende e le vostre solennit. Purificatevi e rimanete puri, allontanate il male dai vostri desideri, perch io lo vedo. Smettete di agire male, imparate ad agire bene, ricercate la giustizia, soccorrete l'oppresso, considerate nella sua innocenza l'orfano, difendete la vedova'. Il sermone and crescendo da un'opera buona a un'altra altrettanto buona e pi gradita al Signore, e stabil come atto di massima carit la difesa delle vedove. Ed scritto, per la Provvidenza dello Spirito Santo, 'difendete la vedova', perch essendo tale non pu difendersi, come s' detto, e tutti la perseguitano. Ed opera, questa, tanto gradita a Dio che subito dopo il profeta aggiunge: 'E se lo farete, venite e parlate con me'. E si deve al permesso di parlare con lui, concesso da Dio a chi ha agito bene e si allontanato dal male, ha soccorso l'oppresso, pensato all'orfano e dato soccorso alla vedova, se Giobbe pot parlare con Dio, libero dalle calunnie che, proprio per aver parlato con lui, avevano diffuso i suoi nemici, chiamandolo temerario ed empio; e che lo abbia fatto, risulta dal capitolo 31, dove dice: 'Ho mai negato ai poveri ci che mi chiedevano? Ho forse costretto gli occhi della vedova ad aspettare? che equivale a dire: lei non pu manifestare la sua necessit perch muta di parole, non d'occhi tuttavia. Tradotto letteralmente il testo ebraico dice: 'ho forse consumato gli occhi della vedova?' poich non altro fa colui che non ha piet di chi chiede aiuto con lo sguardo, non potendo chiederlo con la voce. Dissi al vecchio: Lasciatemi piangere questa sventura, e unire le mie alle lacrime di queste donne. Il vecchio, alquanto seccato, disse: Hai fatto vanitosa ostentazione dei tuoi studi, mostrandoti dotto e teologo quando era necessario mostrarsi prudenti, e adesso ti metti a piangere? Non potevi aspettare che te le spiegassi io queste cose, e vedere come meritavano che se ne parlasse? Ma c' mai qualcuno che sappia trattenere sulla bocca la sentenza gi formulata? Sai poco, e per di pi non sai nient'altro; e se non ci fosse stata la vedova, saresti rimasto con tutta la tua scienza sullo stomaco. Non filosofo chi sa dov' il tesoro ma chi scava e lo porta alla luce. E nemmeno costui lo del tutto, ch filosofo soltanto chi, un volta posseduto il tesoro, sa usarlo bene. Che

importa che tu sappia due aneddoti o due citazioni se non hai l'avvedutezza di servirtene al momento giusto? Ascolta: questa vedova, che di fuori ha un corpo di litanie, di dentro ha un'anima di allelulia, drappi neri e pensieri verdi. Hai notato che la stanza buia e i visi sono coperti da manti? Ebbene, la ragione che, non potendo essere viste, le donne, parlando un po' nel naso, con qualche sputo e qualche singhiozzo rimediato, ti mettono insieme un pianto casalingo e finto, gli occhi asciutti come stoppa. Vuoi che si consolino? Allora, lasciale sole e balleranno, non avendo nessuno da ricevere, e poi le amiche faranno il loro mestiere: 'Se resti sola, ti butti via. Ci sar pure un uomo disposto ad amarti. Conosci bene il Tale, che quando sapr della dipartita, eccetera'. E un'altra: 'Devi molto a don Pedro, che si dato da fare in questo frangente. Qualcosa mi dice che. E sinceramente, se ci fosse qualcosa... sei ancora tanto giovane che sar inevitabile...' E allora la vedova, discreta d'occhi e avara di bocca, dice: 'Non il momento per queste cose. Tutto nelle mani di Dio: ci penser lui, se lo riterr opportuno'. E ti faccio osservare che nel giorno del funerale le vedove mangiano pi del solito, perch per rianimarle non c' donna che non le avvicini e non offra loro un sorso, e poi un boccone, che esse mandanogi dicendo: 'Tutto diventa veleno'. E nel masticare aggiungono: 'Che sollievo vuoi che dia tutto questo a una povera vedova, che era abituata a mangiare in compagnia, che divideva ogni cosa, e ora cos sventurata che dovr mangiare tutto da s senza dividere con nessuno?' Stando cos le cose, pensa un po' come vengono a proposito le tue esclamazioni! Il vecchio aveva appena finito di parlare, quando fummo attirati da grida che sembravano affogate nel vino, e che provenivano da una gran folla. Andammo a vedere che cosa stava accadendo. C'era uno sbirro dal naso avvizzito, privo di copricapo e di mantello, che con un pezzo di bastone in

mano, il colletto spiegazzato, invocando il soccorso del re e della giustizia inseguiva un ladro, e questi andando alla ricerca di una chiesa (ma non perch fosse buon cristiano) correva leggero come gli chiedeva la necessit e gli ordinava la paura. Indietro, circondato dalla gente, c'era lo scrivano, sporco di fango, con la sua cassetta sotto il braccio sinistro, che scriveva sulle ginocchia. Potei cos osservare che nulla cresce tanto e tanto in fretta come una denuncia nelle mani di uno scrivano, poich per finire una risma di carta impieg un istante. Chiesi quale fosse la ragione dello scompiglio. Mi dissero che l'uomo che correva era un amico dello sbirro, a cui aveva confidato non si sa quale segreto a proposito di un delitto; e lo sbirro, per evitare che lo facesse un altro, voleva arrestarlo lui. Gli aveva dato una carica di botte ma l'amico gli era sfuggito, e vedendo che arrivava gente, si era affidato ai piedi ed era andato a render conto delle proprie azioni davanti a un altare. Lo scrivano stendeva la denuncia mentre lo sbirro con le sue guardie, che sono come i segugi del boia che latrano in continuazione, gli correvano dietro e non riuscivano a raggiungerlo. E il ladro doveva essere molto leggero, se non lo raggiungevano i sussurroni, che ovviamente correvano come il vento. Come potr premiare un governo lo zelo di questo sbirro che, per assicurare a me e agli altri la vita, l'onore e i beni, rischia la vita? Costui merita molto da Dio e dal mondo. Guarda come corre, malconcio e ferito com', col viso sporco di [...] sangue, per acchiappare quel delinquente e toglier di mezzo chi minaccia la pace del paese! Basta disse il vecchio. Se non ti si mette un bavaglio, parlerai per tutto il giorno. Sappi che se quello sbirro insegue il ladro, e vuole arrestarlo, non perch vuole il vantaggio particolare e universale di qualcuno, ma perch lo stanno guardando tutti, ed egli si vergogna che in materia di furti ci sia qualcuno che gli bagna il naso; per questo fa di tutto per acchiapparlo. E lo sbirro non colpevole se arresta un amico che un delinquente, poich chi si guadagna il pane col proprio lavoro non agisce male, anzi si comporta bene

e secondo giustizia. Un malvagio e un delinquente, chiunque siano, fan la ricchezza dello sbirro, ed lecito che egli viva di questo. Gli sbirri fondano il loro patrimonio sulla frusta e sulla galera, e la loro rendita sulla forca. E credi a me, il terreno della virt per essi infecondo come per l'inferno. Mi chiedo perch la gente, che li odia tanto, non si metta, per vendicarsi, a comportarsi bene di proposito per un anno o due, cos morirebbero tutti di fame e di stenti. Bisogna dunque rifiutare le occupazioni che traggono il loro sostentamento l dove Belzeb trae il proprio. Anche in questo tu trovi l'inganno; ma come lo puoi trovare nello scrivano, che sta compilando la denuncia con tanto di testimoni?. Non farmi ridere disse. Hai mai visto uno sbirro senza scrivano? Certamente no. Quando costoro escono a cercarsi da mangiare, per non mandare qualcuno in galera senza una giusta causa (potrebbe trattarsi di un innocente) si portan dietro lo scrivano perch la causa gliela intenti. Anche se loro una causa per l'arresto non riescono a trovarla, gliene fornisce una lo scrivano, e cos tutti vengono arrestati con una causa. E quando ai testimoni, non c' da preoccuparsi: se ne trovano tanti quante sono le gocce di inchiostro nel calamaio. In genere, se l'ufficiale di giustizia corrotto, la penna che li presenta e la cupidigia che li giudica. E se qualcuno dice la verit, lo scrivano scrive quel che gli pare, e finge di ripetere quel che il testimone ha detto. Perch il mondo vada come dovrebbe, sarebbe meglio e pi importante che il giuramento su Dio e sulla croce, che viene chiesto al testimone perch dica la verit intorno alle domande che gli vengono rivolte, lo richiedesse il testimone allo scrivano, perch scrivesse la verit intorno alle risposte che ottiene. Ci sono scrivani molto buoni e molti buoni sbirri, per tale il loro mestiere che fa coi buoni come il mare con i morti, che non li tollera e dopo tre giorni li getta sulla spiaggia. Mi piace vedere uno scrivano e uno sbirro con cappa e berretto che onorando la frusta inseguono una sfilza di ladri che poi prendono a frustate come se si trattasse di battezzarli, ma quando il banditore annuncia: 'A questi, in quanto ladri, tante frustate' mi addolora sentirne l'eco nel bastone dello sbirro e nella penna dello scrivano. Avrebbe parlato ancora, se non l'avesse distratto la magnificenza con la quale un uomo ricco passava in carrozza, cos tronfio che sembrava volerla

scardinare, e tanto pretendeva di apparire autorevole che persino le quattro bestie ne erano convinte, a giudicare dalla lentezza con la quale trascinavano la carrozza. Procedeva impettito, dandosi importanza, scarso d'occhi e avaro di sguardi, risparmiava cortesie con tutti, il viso sommerso in un collare aperto verso l'alto, sembrava una candela nel suo involucro di carta, cos assorto nei suoi pensieri che non sapeva voltarsi per fare una riverenza, n alzare il braccio per togliersi il cappello, il quale sembrava una parte di lui, tanto era fisso e immobile. La carrozza era circondata da una folla di servi portati l con l'astuzia, solleticati con le promesse e mantenuti con le speranze. L'altra parte del seguito era formata dai creditori, il cui credito teneva in piedi tutta quella messinscena. Assieme all'uomo, viaggiava nella carrozza un buffone che lo faceva divertire. Il mondo dissi non appena lo vidi stato fatto per te, che vivi senza preoccupazioni, nella magnificenza e nela quiete. Quanta ricchezza bene impiegata! E quanto imponente! E come ben ci mostra che questi un gentiluomo!. Tutto quello che pensi e dici disse il vecchio pura assurdit. Hai ragione soltanto quando dici che il mondo stato fatto per quell'uomo. vero, perch il mondo affanno e vanit, e costui soltanto vanit e follia. Vedi quei cavalli? Mangiano, oltre alla biada e alla paglia, colui che gliela fornisce a credito e che soltanto per la cortesia degli ufficiali giudiziari ha ancora la tunica. A quel riccone costa pi fatica architettare truffe per mangiare che se zappasse per guadagnarsi il pane. Vedi quel buffone? Devi sapere che ha un buffone anche lui, ed proprio la persona che lo mantiene e che gli d quello che ha. Quali prove di miseria vuoi ancora da questi ricchi, che per tutto l'anno comprano menzogne e adulazioni e spendono i loro averi in false testimonianze? Ora tanto contento perch il buffone gli ha detto che non c' principe grande come lui e che tutti gli altri gli fanno da scudiero, come se questa fosse la verit. E c' poca differenza fra i due, perch l'uno giullare dell'altro. In questo modo, il ricco ride col buffone e il buffone ride del ricco, perch

questi presa orecchie alle sue lusinghe. Veniva avanti una bella dama e al passaggio si portava via gli occhi che la guardavano, lasciando i cuori pieni di desiderio. Con artificiosa noncuranza, nascondeva il viso a quelli che gi l'avevan visto e lo scopriva a quelli che si erano distratti. A volte si mostrava col velo, altre volte a fronte scoperta. Ora, con l'oscillar della mantiglia concedeva un bagliore di viso, ora magnetizzava gli sguardi mostrando un solo occhio, ora nascosta a met scopriva uno spicchio di guancia. I capelli, martirizzati, le inanellavano le tempie. Il viso era tutto neve, cocciniglia e rose, che sparse su labbra, collo e guance, fra di loro amichevolmente conversavano. I denti diafani e le mani, che di tanto in tanto innevavano la mantiglia, infiammavano i cuori. La figura e il passo producevano pensieri lascivi. Tanto era bella e leggiadra quanto carica di gioielli ricevuti e non comprati. La vidi, e trascinato dalla natura, volli seguirla insieme agli altri; e l'avrei fatto, se non fossi inciampato nei bianchi capelli del vecchio. Mi girai [...] e dissi: Chi non ama con tutti i cinque sensi una bella donna, non sa stimare la pi grande e perfetta opera della natura. Fortunato chi ha questa occasione e saggio chi ne gode. Quale dei nostri sensi non si abbandona alla bellezza di una donna, che nata per essere amata dall'uomo? Il suo amore corrisposto distoglie e allontana da tutte le cose del mondo, che pi non trovano apprezzamento e sono trattate con disprezzo. Che occhi splendidi e onesti! Che sguardo discreto e prudente nella disinvoltura di un'anima libera! Quanto nere le sopracciglia che donano reciproco risalto al candore della fronte! Meravigliose gote, dove sangue e latte si uniscono a generare il rosato che ammiri! Che labbra rosse, custodi di perle, che il riso mostra con riserbo! Che collo! Che mani! Che figura! Tutto causa di perdizione e insieme di giustificazione per chi si perde per lei. Cos'altro pu dire uno della tua et e quali altri desideri pu avere? Avrai molto da fare, se davanti a ogni cosa che vedi reagisci in questo modo. Triste stata la tua vita: sei nato soltanto per meravigliarti. Ti consideravo cieco, ma ora vedo che sei anche pazzo e mi rendo conto che non hai mai saputo perch Dio ti ha dato gli occhi, n quale sia il loro compito: gli occhi

devono vedere e la ragione deve giudicare e scegliere; tu fai il contrario, o non fai nulla, che peggio. Se continui a credere agli occhi soffrirai mille confusioni, scambierai le montagne col cielo, il grande col piccolo, poich lontananza e vicinanza ingannano la vista. Non c' gran fiume che non si burli di te, visto che per sapere da che parte va, necessasrio che una pagliuzza, o un ramo, te lo mostri. E che dire di questa visione, in cui la donna, che nel coricarsi era tanto brutta, si fatta bella stamane e fa la vezzosa? Ebbene, sappi che la prima cosa che indossano le donne al risveglio una faccia, un collo e due mani, e soltanto alla fine le vesti. Tutto ci che vedi in quella donna di bottega, non naturale. Vedi i capelli? Sono comprati, non una cosa sua. Le ciglia sono pi affumicate che nere, e se il naso si facesse come le ciglia, lei non ce l'avrebbe. I denti che le vedi in bocca erano pi neri di un calamaio, e a forza di polverine sono diventati una sabbiera. Il cerume delle orecchie passato sulle labbra, che sembrano due candeline. Le mani? Sembrano bianche ma sono unte. Che spettacolo osservare una donna, che deve uscire il giorno seguente per farsi vedere, mettersi in salamoia la notte prima, andare a letto con le guance che sembrano un canestrino d'uva passa e scoprire al mattino che si mette a dipingerle sul vivo, come pi le aggrada. E che dire di donna brutta o vecchia che, come il famoso negromante, vuole uscire rinnovata dal matraccio? Lo vedi? Ebbene, non roba loro; se si lavassero la faccia, non le riconosceresti. E credimi, al mondo non c' pelle tanto conciata come quella di una donna, sulla quale si asciugano, si seccano e si sciolgono pi colori che sulle loro gonne. Diffidando del loro corpo, quando vogliono solleticare qualche narice, si affidano alle essenze, ai bruciaprofumi e alle acque odorose, e a volte camuffano il sudore dei piedi con pantofole d'ambra. Ti assicuro che i nostri sensi sono digiuni di ci che una donna , e sazi di ci che una donna sembra. Se la baci, ti impiastricci le labbra; se l'abbracci, stringi delle stecche e ammacchi del cartone; se ci vai a dormire, met di lei rimane sotto il letto coi tacchi; se le fai la corte, ti metti nei pasticci; se la mantieni, vai in rovina; se la lasci, ti perseguita; se l'ami, ti lascia. Insomma, fammi capire in che modo buona. Confronta ora la nostra debolezza con questo animale immodesto, reso potente dalle nostre esigenze, che del resto sarebbero pi giovevoli se invece di essere soddisfatte fossero frustrate e mortificate, e riconoscerai chiaramente i tuoi abbagli. Pensa a quando ha le sue ricorrenze mensili e ti

far schifo; e quando non ce le ha, ricordati che le ha avute e che le avr, e ci che ora ti affascina ti far orrore; e vergognati di perderti per cose che in qualsiasi statua di legno hanno meno disgustoso fondamento.

(A questo punto termina il testo di Il mondo dal di dentro nell'edizione principe; quel che segue il frammento finale che compare in Juguetes [Giocattoli]). Stavo osservando quel bailamme di persone, quando due omoni tra il fantasma e il colosso, con facce abominevoli e fattezze sciupate, tirarono una corda. Mi sembr sottile e di mille colori diversi; costoro, spalancando quei due crepacci che avevano per bocca, dissero: Forza con la corda, adesso! Basta cos!. Non avevano ancora finito di parlare che dalla folla che stava dalla parte opposta molti vennero a mettersi all'ombra della corda; quando vi giunsero, erano tanto cambiati che si poteva pensare a una metamorfosi o a una magia. Non uno di questi fui in grado di riconoscere. Iddio mi protegga! esclamai. Che corda sar questa, che fa tali incantesimi? Il vecchio si toglieva la cispa dagli occhi e nel vedere la mia confusione dava in risate sdentate, con un tale stirar di guance che sembrava stesse per scoppiare in singhiozzi. Quella donna che sta laggi, poco fa era pi composta di una strofa, pi serena della serena del mare, onesta fino alle ossa e nuvolosa nel manto; una volta entrato l sotto, ha sciolto le giunture, sostiene lo sguardo di tutti, trafigge con gli occhi le viscere di quei giovanotti, li adesca col pissi pissi, fa l'occhiolino e si sistema con gesti affettati la crocchia. Che cosa accaduto, donna? Non sei tu la stessa che ho visto poco

fa? Certo disse il vecchietto, con voce rotta dalla tosse e da gorgoglii di catarro. lei; ma sotto la corda d questi saggi di bravura. E quell'altro dissi io che se ne stava l tutto stretto nel suo ferraiolo, tanto ordinato nell'abito, tanto compunto in viso, tanto afflitto nello sguardo, tanto mortificato nelle parole da incutere rispetto e venerazione, e che non appena passato l sotto ha spezzato il sigillo delle sue frodi e usure? Cacciatore delle umane necessit, orditore di trappole, perpetuo assertore del tanto pi tanto fa tanto, sta in agguato d'ogni possibile affare. Sotto la corda succede questo, gi te l'ho detto. Diavolo di una corda, quante ne combina! Quel tale che ora sta scrivendo bigliettini galanti e rubando verginit, che provoca disonore e favorisce cattive azioni, io l'ho conosciuto al di l della corda, ed era d'una dignit impeccabile. Ebbene, sotto la corda sono queste le sue occupazioni rispose il mio aio. Quell'altro che provoca zuffe, aizza litigi, agita acque, sparge zizzania, stimola caparbiet, esaspera piccole incomprensioni, io l'ho visto al di l della corda mentre consultava trattati, interpretava leggi, analizzava procedure, ordinava petizioni, dava pareri legali: come si possono spiegare queste cose? Te l'ho gi detto disse il buon vegliardo. Costui sotto la corda fa proprio quel che vedi: il contrario di ci che professa. E guarda quell'altro che fuori dalla corda, in sella a una mula dalla balbuziente andatura, armato di tunica, ferraiolo, guanti e ricetta, avevi visto distribuire sciroppi! Ora, a cavallo di un basilisco, con corazza, spallacci e manopole, distribuisce pugnalate come un invsato, e distrugge quelle vite che prima sembrava curare. L, sotto la corda, si messo a stiracchiare le malattie perch durino di pi e siano pi redditizie, mentre l sembrava che rifiutasse di farsi pagare

le visite. Guarda, guarda quel maledetto cortigiano, perpetuo accompagnatore dei privilegiati, come l fuori, alla vista di quel ministro, studia i salamelecchi per superare ogni concorrente; e per primeggiare nelle cerimonie, si inchinava fino a scomparire, facendo inchini tanto profondi che toccava il suolo con la bocca. Non lo hai sempre visto con la testa inclinata come se ricevesse benedizioni? e non trattava i suoi affari con eccessiva umilt, sotterraneo come la Guadiana? Non ti ricordi il suo amen sonoro, col quale in anticipo su tutti gli altri briganti, si premurava di approvare quanto il suo padrone affermava o contraddiceva? Guardalo adesso sotto la corda, gli taglia i panni addosso, al punto che gi si vede cosa c' sotto, ora si infiamma nel calunniarlo, e lo maledice, e lo tradisce, e quel che erano la schiavit della lusinga e l'aria di circostanza, e le piccole adulazioni della barba che scodinzola e del muso che s'atteggia a divertito, ora trasforma in smorfie e sberleffi. Hai visto l fuori quel maritino che prima lanciava grida da far crollare il quartiere: 'Chiudete quella porta, cosa sono queste finestre, non voglio carrozza, a casa mia mangia e taci o fila via, perch io sono fatto cos', e tutte le tiritere sul solito dannatissimo onore? Ebbene, vedilo adesso sotto la corda come aggrava col suo tedio la schiavit della moglie. Vedilo come una promessa lo intontisce, o un affare, quella volta che gli viene proposto; e come agita, quando torna a casa, il campanaccio della sua tosse cos sonora che si sente a sei strade di distanza. E come trova squisiti e come pensa che gli facciano onore i cibi che mangia e quelli che avanza; e come attento a quel che richiede e che gli manca, com' sospettoso nei riguardi dei poveri e che buon concetto ha dei generosi e dei ricchi; e com' corrucciato con chi non pu pi dare nulla e come gli fan comodo le proposte di lavoro che gli fanno i prodighi dalle mani bucate! Te lo ricordi quel mascalzone che si spacciava per amico di quell'uomo sposato, che si dichiarava suo fratello, che lo soccorreva nelle malattie e nelle controversie, che gli faceva prestiti e lo seguiva ovunque? Guardalo adesso sotto la corda, mentre gli fornisce altri figli, fastidi in capo e protuberanze fra i capelli. Ora un suo vicino lo sta rimproverando perch gli sembra cattiva cosa che egli entri a far quel che sappiamo nella casa del suo amico, dove lo accolgono bene, han fiducia in lui e gli aprono la porta a qualsiasi ora. Ascolta un po' che cosa risponde: 'Ma che volete? Che vada dove mi ricevono con uno schioppo, non si fidano di me e non mi fanno entrare? Se quello da mascalzoni, qeusto sarebbe da stupidi!.

Rimasi stupito nell'ascoltare il buon vecchio, e nel vedere quel che accadeva nel mondo quando si stava sotto la corda, e dissi fra di me: Se sotto un'ombra tanto sottile, fidando nella protezione che pu offrire il volume di una corda, gli uomini sono cos, come saranno sotto tenebre ben pi grandi ed estese? Strana cosa era vedere come quasi tutti venissero dall'altra parte del mondo a rivelare i loro costumi, mettendosi sotto la corda. E per ultimo, vidi un'altra meraviglia: la corda era una linea indivisibile, e sotto di essa vi poteva stare un numero infinito di persone; esiste dunque una corda per tutti i sensi e facolt umane, in ogni luogo e per qualsiasi occupazione. Lo sto sperimentando io stesso, che mentre scrivo questo discorso e affermo che il mio scopo divertire, sotto la corda d poi una buona lavata di capo a coloro ai quali ho promesso appetitosi allettamenti. A questo punto il vecchio mi disse: Ora devi riposare. L'urto con tante meraviglie e disinganni affatica la ragione e temo che la tua immaginazione venga turbata. Riposa un po', affinch ci che t' rimasto ti sia di insegnamento e non di tormento. Cos com'ero, ubbidiente e sfinito, caddi a terra e mi abbandonai al sonno.

SOGNO DELLA MORTE

A Donna Mirena Riqueza

Dopo aver visto vostra signoria, gi molto che mi sia rimasta una qualche capacit di discorso, e credo che questo discorso mi sia riuscito perch riguarda la morte. Non ve lo dedico perch voi lo proteggiate, ve lo affido perch il mio proposito, del tutto disinteressato, che esso venga emendato di ci che io possa avere scritto con qualche trascuratezza o immaginato con scarsi risultati. Non oso lodarne l'invenzione perch non voglio passare per inventore. Ho cercato di ripulire lo stile e di insaporire la penna con cose curiose; ma nel ridere, non mi sono dimenticato della dottrina. Se a qualcosa mi son valsi lo studio e l'intelligenza, oso rimettermi alla censura che la signoria vostra vorr esercitare, quando il mio discorso lo meritasse; potr dire allora che i sogni hanno portato fortuna.rotegga Iddio la signoria vostra, come io stesso farei se ci fosse in mio potere. Dalla prigione della Torre, il 6 aprile 1622.

A chi mai dovesse leggere Ho voluto che la morte, come fa con le altre cose, ponesse fine anche ai miei discorsi. Voglia Iddio che io abbia fortuna. questo il quinto brano, che fa seguito al Sogno del giudizio, allo Sbirro indemoniato, all' Inferno e al Mondo dal di dentro. Non mi rimane pi niente da sognare; e se dopo la visita della morte non mi sveglier, sar inutile attendermi. Se ti sembra che ho gi dormito molto, vedi di perdonarmi per la sonnolenza di cui sono vittima; e se no, proteggi il mio sonno, poich sar il ghiro dell'ora estrema. Vale.

I cattivi pensieri, la codarda disperazione e la tristezza son sempre attenti e in agguato, nella speranza di sorprendere un disgraziato e di far la voce grossa con lui; da bravi codardi, dimostrano nello stesso tempo malizia e vilt. Per quanto lo avessi gi notato in altri, ho potuto verificarlo nella mia prigione. Avendo letto infatti, per lenire le mie sofferenze o per lusingare la mia malinconia, quei versi che Lucrezio scrisse con tanto vibranti parole, mi lasciai vincere dall'immaginazione e sotto il peso di parole e pensieri tanto profondi, caddi a terra, prostrato dal dolore del disinganno ricevuto, tanto che non so se persi i sensi per l'ammonimento o per la sorpresa. Affinch mi sia perdonata la confessione della mia debolezza metter a introduzione del mio discorso la voce del divino poeta, che nel suo rigore e nelle sue eleganti minacce, suona cos:

Denique si vocem rerum natura repente Mittat et hoc alicui nostrum sic increpet ipsa: Quid tibi tantopere est, mortalis, quod nimis aegris Luctibus indulges? Quid mortem congemis ac fles? Nam si grata fuit tibi vita anteacta, priorque, Et non omnia pertusum congesta quasi in vas Commoda perfluxere atque ingrata interiere: Cur non, ut plenus vitae, conviva, recedis? Aequo animoque capis securam, stulte, quietem? D'improvviso mi ricordai di Giobbe, che gridando diceva: Homo natus de muliere, ecc. (Cap. 14) Infine sei uomo, nato da debole donna, di miserie pieno, come fiore a breve vita destinato, da ogni bene e da riposo alieno, che qual ombra vana fugge alla sera e rinasce il mattino. A questa grande verit faceva poi seguire quell'altra, della vita che conduciamo, dicendo: Militia est vita hominis super terram, ecc. ( Giobbe, 7)

Guerra la vita dell'uomo mentre vive su questa terra, sono i suoi giorni e le sue ore come il tempo del bracciante. Trascinato da questa considerazione, vittima del disinganno, abbandonato, con un senso di compassione e di risentita pena, ripresi dalla bocca di Giobbe le parole con le quali il suo dolore comincia a rivelarsi: Pereat dies in qua natus sum, ecc. (Cap. 3)

Perisca il primo giorno in cui nacqui sulla terra, e la notte in cui l'uomo fu concepito, perisca. Ricada il triste giorno nelle tenebre miserabili; non lo illumini pi la luce n pi lo stimi Iddio. Tenebroso gorgo quella notte inghiottisca; non pi appartenga ai giorni n ai mesi dell'anno. Indegna sia di lode e solitaria sempre, la maledicano coloro che il giorno con voce superba maledicono, e coloro che si preparano a vincere il Leviatano, ed essa con le sue tenebre oscuri le stelle. La luce meravigliosa attenda e mai chiara luce veda, n la nascita rosata dell'aurora cinta di perle. Poich non chiuse le porte

del ventre che mi gener e non fece mia tomba della mia culla prima. Fra queste domande e risposte, stanco e combattuto (per la cortesia del sonno pietoso, io sospetto, pi che per evento naturale) caddi addormentato. Dopo che l'anima sgravata si vide in ozio, senza l'impedimento dei sensi esteriori, mi si par innanzi una sorta di commedia, e in questo modo la recitarono al buio le mie facolt, mentre io ero per le mie fantasie uditorio e teatro. Cominciarono a entrare dei medici, a cavallo di certe mule che con le loro gualdrappe nere sembravano tombe con orecchie. L'andatura delle bestie era lenta e diseguale, a zig zag, cos che i loro padroni sembravano muoversi in alto mare, ondeggiando come se stessero segando legna; il loro sguardo, abituato a posarsi su orinali e latrine, era disgustoso; le bocche inselvate nelle barbe, che solo un bracco avrebbe potuto stanare, tuniche un po' da bovaro, guanti in infusione, piegati come in attesa di trattamento; anellone al pollice, con una pietra cos grande che loro quando sentono il polso al malato gli pronosticano la pietra tombale. Erano in gran numero, circondati dai loro praticanti, che studiando da lacch e trattando pi con le mule che con i dottori, diventano medici. Nel vederli, dissi: Se da quelli si fanno questi altri, il minimo che questi altri possono fare disfarci. Intorno ad essi stava una gran ciurma, una caterva di farmacisti con le spatole sguainate e i clisteri in resta, muniti di suppostone grondanti unguento, come cavalieri armati di tutto punto. I loro medicamenti possono guastarsi nelle ampolle, tanto son vecchi, gli empiastri avere le ragnatele sopra, essi li spacciano ugualmente, tanto i loro rimedi rimangono comunque ampollosi. Il lamento funebre inizia col mortaio del farmacista, continua nella passacaglia del barbiere, passeggia con lo schioccar di guanti del dottore e termina con le campane della chiesa. Non c' gente pi feroce di questi farmacisti. Son gli armieri dei dottori: forniscono a questi le armi. Non c' cosa loro che non ricordi la guerra e che non alluda ad armi d'offesa. La sillaba iniziale di sciroppo la medesima di scimitarra; il loro strumento quotidiano qual ? il mortaio; nella loro lingua le spatole sono spade, le

pillole proiettili, i clisteri e i purganti cannoni, e per questo si soglion chiamare rimedi esplosivi. E a ben pensarci, per rimanere in tema di purghe, i loro negozi sono purgatori, loro stessi sono inferni, i malati sono dannati e i medici diavoli. E che i medici siano diavoli sicuro, perch gli uni e gli altri van dietro ai mali e fuggono i buoni, e tutto il loro scopo che i buoni siano mali e che i mali non diventino mai buoni. Erano tutti vestiti di ricette e coronati di reali erre sbarrate, con le quali iniziano le ricette. E considerai che i dottori si rivolgono ai farmacisti dicendo recipe, che vuol dire prendi. Nello stesso modo si rivolge la cattiva madre alal figlia e la cupidigia al cattivo ministro. Del resto, sulla ricetta non ci sono che queste erre, messe alla sbarra come delinquenti, e poi degli ana, che son tanti Anna per condannare un giusto! Vengono poi once su once: com' facile spellare un agnello infermo! E poi snocciolano nomi d'erbe medicinali che sembrano invocazioni al demonio: buphtalmus, opopanax, leontopetalon, tragoriganum, potamogeton, senos pugillos, diacathalicon, petroselinum, scilla, rapa. E se si va a vedere che cosa voglion dire le parole di questa spaventosa baraonda, infarcita di lettere bizzarre, si scopre che sono la carota, la rapa, il prezzemolo e altra robaccia. E avendo sentito dire che chi non ti conosce ti compra, camuffano le verdure affinch non vengano riconosciute e i malati le comprino. Elingatis chiamano le pastiglie da succhiare, catapotia le pillole, clyster il purgante, glans o balanus la supposta, errinhae il naso che cola. E son tali i nomi sulle ricette, e tali le medicine, che il pi delle volte, schifate dalle porcherie e dai fetori che perseguitano i malati, le malattie fuggono. Pu esistere un dolore di tanto cattivo gusto che non voglia fuggire dal profondo al pensiero di dover sopportare l'empiastro di Guilln Serven, e di vedersi trasformare in baule la gamba o la coscia dov' annidato? Quando vidi tutti costoro, e i dottori, capii quanto poco adatto, per indicare una grande differenza, lo schifoso detto: Molto ci corre dal c... al polso; in realt non ci corre niente, corrono soltanto i medici, che dal polso passano immediatamente al gabinetto e all'orinale, a chiedere alle pisciatine quello che essi non sanno, per ubbidire a Galeno che raccomanda di rimettersi agli escrementi e all'urina. E come se l'orinale parlasse loro sottovoce, essi lo avvicinano all'orecchio, e le loro grandi barbe rimangono permeate dei suoi

vapori. Che dire poi quando comunicano a gesti con gli escrementi, chiedendo un parere all'orinale e un verdetto al puzzo? Non se li prenderebbe un diavolo. Maledetti ricercatori che si accaniscono contro la vita, poich impiccano con la difterite, sgozzano con i salassi, frustano con le ventose, mandano in esilio le anime, strappandole dalla terra dei corpi esanimi e privati della coscienza! Poi venivano i chirurghi, carichi di pinze, sonde, cauteri, forbici, bisturi, seghe, lime, tenagli e lancette. In mezzo ad essi si sentiva una voce, dolorosa alle mie orecchie, che diceva: Taglia, strappa, squarta, sega, spezza, fora, pungi, sminuzza, affetta, scarnifica e brucia. Mi venne paura, tanto pi nel vedere la danza che facevano con i cauteri e le sonde. Mi sembrava, per la paura, che certe ossa volessero penetrare dentro altre ossa. Mi rannicchiai. Arrivarono quindi dei demoni con certe catene di incisivi e molari, che essi portavano come cinture, e compresi da ci che erano cavadenti, il mestiere pi maledetto del mondo, perch non serve ad altro che a spopolare bocche e ad anticipare la vecchiaia. Costoro, a causa dei dentri altrui (e non accade mai che vedendo un dente non preferiscano averlo nella loro collana che lasciarlo nella mascella) tolgono alla gente la fiducia in Santa Apollonia, dicono il falso sulle gengive e disselciano le bocche. Il momento peggiore fu quando vidi le loro tenaglie che passeggiavano come se fossero topi, tra i denti altrui, e loro che chiedevano denaro per strapparli come se dovessero invece metterli. Chi potr mai uguagliare queste maledette canaglie? mi chiesi. Stavo pensando che persino il diavolo fosse poca cosa per gente tanto maledetta, quando sentii un grande strepito di chitarre. Mi rallegrai un po'. Suonavano tutte passacaglie e motivetti. Possa morire se non sono barbieri! e in quel momento essi fecero la loro apparizione. Non ci volle molta abilit per capirlo, perch costoro hanno le passacaglie infuse e la chitarra gratis data.

Bisognava vedere come gli uni suonavan la melodia e gli altri l'accompagnamento. Io dicevo fra me: Povera barba, tagliata a ritmo di saltarello, e povero braccio, salassato fra ciaccone e follie. Pensai allora che tutti gli altri ministri del martirio e induttori di morte valessero pochi soldi, fossero lavoratori di bassa lega, e che soltanto i barbieri fossero monete d'argento. E mi divertii nel vederli manipolare una faccia, manometterne un'altra e godere quando potevano ficcare una testa nel catino. Cominciarono poi ad entrare molte altre persone. Le prime erano chiacchieroni. Sembravano la chiusa di un fossato in conversazione, e la loro musica era peggiore di quella degli organi pi stonati. Alcuni parlavano a scrosci, altri a gorgoglii, altri a fiotti, altri, i chiacchieronissimi, a catinelle. Sembravano irresistibilmente spinti a dire sciocchezze, come se avessero preso una purga fatta con i fogli di un Calepino di otto lingue. Mi dissero che costoro erano i parlatori diluvi, che non dan tregua n di giorno n di notte; gente che parla nel sonno e che fa giorno parlando. C'erano parlatori secchi e parlatori che vengon chiamati del fiume o della rugiada o della schiuma; gente che fa grandinare saliva come pallini da caccia. Altri che chiamano cicaloni, gente che va di parole come si va di corpo, che parla in tutta furia. C'erano i parlatori nuotatori, che parlano ruotando le braccia in tutte le direzioni e dando manate e calci. Altri, vere scimmie, facevano smorfie e boccacce. E tutti si consumavano l'un l'altro. Seguivano i pettegoli, solerti d'orecchio, attentissimi d'occhi, accaniti nella malizia. E diventati unghie delle vite altrui, facevano le pulci a tutti. Dietro ad essi venivano i bugiardi, allegri, grassocci, sorridenti, ben vestiti e ben pasciuti, che non avendo altra occupazione, sono il prodigio del mondo e godono di un immenso uditorio di mentecatti e di sciocchi. Poi venivano gli intriganti, dai modi superbi, soddisfatti e presuntuosi, che son le tre lebbre che minacciano l'onore del mondo. Si intrufolavano fra questi e quelli, in tutto ficcavano il naso, intrecciati e aggrovigliati in qualsiasi faccenda. Sono patelle dell'ambizione e polipi della prosperit. Erano gli ultimi, a quel che sembrava, perch per un bel pezzo non arriv pi nessuno. Mi domandavo come mai procedessero cos appartati e alcuni parlatori, senza che io glielo chiedessi, mi dissero: Questi intriganti son la quintessenza dei seccatori, nn

c' nessuno che sia peggiore. Mi misi a considerare quanto fosse varia la composizione di quel corteo e non riuscivo a immaginare chi potesse ancora arrivare. In quel mentre si fece avanti qualcosa che sembrava una donna, molto elegante e piena di corone, scettri, falci, sandali, zoccoli, tiare, cappucci, mitrie, berretti, pelli, seta, oro, canestri, diamanti, ceste, perle e ciottoli. Un occhio aperto e uno chiuso, vestita e nuda di tutti i colori. Da un lato era giovane e dall'altro era vecchia. A volte camminva piano, a volte velocemente. Sembrava esser lontana ed esser vicina. E quando pensai che stesse per entrare, mi stava gi di fronte. Nel vedere un s strano apparato e una figura tanto scompaginata, rimasi come un uomo a cui si propone un indovinello. Non mi spaventai: rimasi a bocca aperta; e c'era anche da ridere, perch a ben guardare era una figura spiritosa. Le chiesi chi fosse e le mi rispose: la morte. La morte? Mi sentii gelare, e appena mi rimase in petto un po' di fiato per respirare; parlando a fatica, in una grande confusione di pensieri, le chiesi: Che cosa vieni a fare qui? Sono venuta per te rispose. Ges mio. Allora sto per morire. Non stai morendo disse lei. Devi venire con me, vivo, a fare una visita ai defunti. Se tanti morti sono tornati tra i vivi, giusto che un vivo vada dai morti e che i morti siano ascoltati. Hai mai sentito dire che io m'impadronisca di qualcuno senza regolare permesso? Forza, vieni con me. Morto di paura, le chiesi: Non mi lasceresti vestire? Non necessario rispose. Nessuno viene con me vestito, e io non mi sento per questo a disagio. Li porto io i vostri stracci, affinch procediate pi leggeri.

La seguii dove mi guidava. Lungo la strada, le chiesi: Non vedo in te i connotati della morte, che a noi viene descritta come uno scheletro con una falce. Si ferm e rispose: Quella non l'immagine della morte ma dei morti, o di ci che resta dei vivi. Queste ossa sono la traccia su cui si modella e si forma il corpo dell'uomo. Voi la morte non la conoscete: siete voi stessi la vostra morte. Essa ha il viso di ognuno di voi e tutti siete la morte di voi stessi. Il teschio il morto e in viso la morte. E quello che chiamate morire finire di morire, e quello che chiamate nascere cominciare a morire, e quello che chiamate vivere morire vivendo. E le ossa sono ci che di voi lascia la morte e ci che il sepolcro risparmia. Se questo vi fosse chiaro, ognuno di voi ogni giorno contemplerebbe in se stesso la propria morte e negli altri la morte altrui; vi accorgereste che tutte le vostre case sono piene di lei e che l dove vivete ci sono tante morti quante persone, e non rimarreste ad aspettarla ma vi disporreste ad accompagnarla e a prepararla. Voi pensate che la morte sia fatta di ossa e che finch non vedete il teschio e la falce non vi sia morte per voi, mentre siete teschio e ossa prima di credere di poterlo essere. Mi vuoi dire chiesi, che significato hanno coloro che ti accompagnano e come mai, essendo tu la morte, ti stanno pi vicini i seccatori e i chiacchieroni che i medici? Mi rispose: Si ammala pi gente a causa dei seccatori che per il tifo e la febbre quartana; uccidono pi persone i chiacchieroni e gli intriganti che i medici. E devi sapere che tutti si ammalano per l'eccesso o gli sbalzi degli umori, ma per quel che riguarda il morire, tutti muoiono a causa dei medici che li curano. Cos, quando vi chiedono: 'Di che cosa morto Tizio?' non dovete rispondere; 'Di febbre quartana, di mal di petto, di tifo, di peste, di ferite' ma che morto del Dottor Tal dei Tali, del dottor Sempronio. E occorre notare che in tutte le professioni, le arti e le condizioni sociali stato introdotto il don: per hidalghi, contadini e frati, come si pu vedere nei conventi. Ho visto col don sarti e muratori, e persino, con il loro don, ladri e galeotti in galera. E poi, se guardiamo tra le scienze: chierici, a migliaia;

teologi, molti; avvocati, tutti. Soltanto fra i medici non c' mai stato nessuno col don, anche se molti lo potrebbero avere; e tutti hanno il don di uccidere, e vogliono pi din din nell'accomiatarsi che don quando vengon chiamati. Si arriv quindi ad un burrone profondissimo, la morte sempre predicando ed io disingannato. Essa vi si butt senza annunciarsi, come fosse di casa, ed io le andai dietro, animato dallo slancio che mi dava una tanto altolocata conoscenza. All'entrata, da un lato, c'erano tre esseri armati, e di fronte ad essi un mostro terribile; ed era un combattersi continuo, i tre con l'uno e l'uno con i tre. La Morte s'arrest e mi chiese: Conosci questa gente? Dio me ne scampi dissi io. Ebbene, ti fanno compagnia fin dalla nascita. Pensa un po' a come vivi continu. Questi sono i tre nemici dell'anima: il Mondo, il Diavolo, e la Carne.

Notai che si somigliavano molto e che non si riusciva a distinguerli l'uno dall'altro. Mi disse la Morte: Son tanto simili che sulla terra li confondete e chi ha il primo ha pure gli altri tre. Un uomo superbo pensa di avere per s tutto il mondo e invece non possiede che il diavolo. Pensa un lussurioso di avere la carne e ha il demonio. Cos vanno le cose. Chi quello che se ne sta in disparte, e si dilania con gli altri tre, che hanno tante facce e tanti aspetti? Rispose la Morte: il Denaro, che ha fatto causa ai tre nemici dell'anima; sostiene che si pu fare a meno dei suoi emuli e che dove sta lui essi non sono necessari, poich lui da solo vale tutti e tre i nemici. E per dire che il denaro in se stesso il diavolo, si fonda su ci che voi medesimi solete dire: 'Il denaro il Demonio', 'quello che non fa il denaro non lo fa il diavolo', 'indiavolata cosa il denaro'. E per sostenere d'essere il mondo intero, riferisce quel che asserite voi: 'Il Mondo non che denaro', 'chi non ha

denaro non di questo mondo'. Di colui che viene derubato voi dite: 'lo scacciano dal mondo'; e ancora: 'tutto possibile e tutto si ottiene col denaro'. Per dire che il denaro la carne, dice il Denaro: 'chiedilo un po' alla Carne' e si rimette alle puttane e alle donnacce, ovvero a coloro che agiscono solo per interesse. Sa difendersi bene il Denaro dissi, a giudicare da quel che si dice laggi. Scendemmo pi in basso, e prima di attraversare una porticina stretta e buia, la Morte mi disse: I due che vedremo sono i Novissimi. Si apr la porta: da un lato c'era l'Inferno, dall'altro il Giudizio, cos mi disse la Morte che si chiamavano. Rimasi a guardare l'Inferno con attenzione e mi sembr interessante. Mi chiese la Morte: Che cosa guardi? Guardo risposi l'Inferno, e mi sembra di averlo visto mille volte. Dove? chiese. Dove? Nell'avidit dei giudici, nell'odio dei potenti, sulla lingua dei maldicenti, nelle cattive intenzioni, nelle vendette, nelle voglie dei lussuriosi, nella vanit dei prncipi. E l dove l'inferno entra interamente, senza che se ne perda una sola goccia, dico nell'ipocrisia dei falsi virtuosi, che traggono profitto dai digiuni e dall'andare a messa. E ci che pi apprezzo di aver visto il Giudizio, perch fino ad ora sono vissuto nell'inganno, ma adesso che vedo com' il Giudizio in verit, capisco che ci che v' al mondo non giudizio, n vi sono uomini di giudizio, e che al mondo c' ben poco giudizio. Maledizione! pensavo. Se laggi vi fosse non dico una parte di questo giudizio ma anche soltanto un ricordo, un'ombra o un indizio, ben altra sarebbe la situazione. Se coloro che son chiamati a giudicare avessero questa specie di giudizio, le cose al mondo andrebbero meglio. Mi fa paura tornare laggi, vedendo che qui il giudizio pressoch integro, mentre soltanto una piccola parte divisa fra i vivi. Preferisco una morte con giudizio che una vita senza.

Cos dicendo,s cendemmo in una vasta pianura, che sembrava il magazzino in cui si custodisce il buio delle notti. Mi disse la Morte; Qui dobbiamo fermarci; siamo arrivati al mio tribunale, dove tengo udienza. Le pareti erano ricoperte di condoglianze. Da un lato c'erano le cattie notizie, sicure o presunte, ma inaspettate; e il pianto, nelle donne insincero, illuso negli amanti, buttato via negli stolti, privo di credito nei poveri. Il dolore se ne stava sconsolato, e sempre pi grande; soltanto gli affanni erano solleciti e vigili, poich traendo nutrimento dai superbi e dagli ambiziosi, eran diventati tarlo di re e di prncipi. C'era l'invidia vestita da vedova, e tanto simile a una governante che ero tentato di chiamarla lvarez o Gonzlez. Non vivendo che di se stessa, era digiuna di tutto, magra e rinsecchita. I suoi denti, a furia di mordere sempre le cose migliori e pi buone, erano giallastri e consumati. E la ragione questa: che essa avvicina ai denti ci che buono e santo, ma niente di buono riesce a mandar gi. Sotto di lei stava la discordia, come se nascesse dal suo ventre; ed , credo, sua figlia legittima. Costei, fuggita dagli sposi che sbraitano sempre, si era rifugiata presso le comunit e i collegi, e vedendo che dovunque era di troppo, aveva preso la direzione dei palazzi e delle corti, dove fa il luogotenente del diavolo. L'ingratitudine stava in un grosso forno, e con un impasto di odio e di superbi confezionava in continuazione nuovi demoni. Mi fece piacere vederla, perch avevo sempre sospettato che gli ingrati fossero diavoli, e capii allora che gli angeli, per diventare diavoli, dovettero per prima cosa essere ingrati. Era tutto un ardere di maledizioni. Chi diavolo dissi sta facendo piovere maledizioni! Mi rispose un morto che stava al mio fianco: Volete che manchino maledizioni dove vi sono sensali e sarti, che sono la gente pi maledetta del mondo? Non dite forse: 'Maledetto chi mi ha fatto sposare', 'maledetto che mi ha messo con te' e i pi: 'Maledetto chi mi ha vestito'? Cosa c'entrano chiesi sensali e sarti con l'udienza della morte? Maledizione! esclam il morto, che era impaziente. Siete matto? Se

non ci fossero sensali, ci sarebbe forse quaggi la met dei morti e dei disperati? A me lo venite a dire, che sono il marito numero cinque, e mia moglie che rimasta laggi pensa di farne cadere altri dieci come se giocasse ai birilli? E i sarti? Chi non sono riusciti a uccidere con le loro menzogne, i loro ritardi e i loro furti? E tante ne fanno che le loro botteghe pi che sartorie si dovrebbero chiamare consorterie (e il sarto il principale membro del tribunale che qui vedete. Alzai gli occhi e vidi la Morte sul trono, e al suo fianco molte morti. C'era la morte per amore, la morte per freddo, la morte per fame, la morte per paura e la morte per risate, tutte con differenti insegne. La morte per amore aveva assai poco cervello. C'erano a farle compagnia, perch non si rovinassero con l'et, Piramo e Tisbe imbalsamati, Leandro ed Ero con Macas conservati sotto sale e alcuni portoghesi liquefatti per amore. Vidi molta gente che era sul punto di finire sotto la falce e per un autemtico miracolo dell'interesse resuscitava.

Presso la morte per freddo vidi tutti i vescovi, i prelati e gli altri ecclesiastici, che quando si ammalano, non avendo moglie n figli n nipoti che li amino ma soltanto le loro ricchezze, circondati da gente che arraffa quello che pu, muoiono di freddo. Presso la morte per fame vidi tutti i ricchi; o perch, ben pasciuti come sono, quando si ammalano, nel timore di cibi indigesti, non seguono che dieta e regole ferree, e cos muoiono di fame; o perch, privati della gozzoviglia, dicono ora tutto languore e non c' persona che vada a trovarli senza offrire loro del cibo, per cui mangiano fino a scoppiare. La morte per paura era la pi ricca e pomposa, e aveva il seguito pi magnifico; era circondata da una schiera di tiranni e di potenti, dei quali si disse: Fugit impius, nemine persequente. Costoro muoiono di propria mano; torturati dalla loro coscienza, sono il boia di se stessi; una sola buona azione commettono al mondo, giacch uccidendosi per paura, sospetti e sfiducia, vendicano da s gli innocenti. Stavano con loro gli avari, che chiudevano scrigni, forzieri e finestre, stipavano ogni fessura, tomba dei loro

denari, attenti ad ogni soffiar di vento, gli occhi affamati di sonno, le bocche ingannate dalle mani, le anime trasformate in oro e argento. La morte per risate veniva per ultima, e aveva attorno una cerchia immensa di ottimisti e di pentiti in ritardo. Gente che vive come se non vi fosse giustizia e muore come se non ci fosse misericordia. Sono coloro che quando si senton dire: Restituite il mal tolto rispondono: Mi fate ridere. Badate: siete vecchio e il peccato non sa pi che cosa rodere di voi. Lasciate la ragazzina che infastidite inutilmente e che, malato, opprimete di fatica! Badate: lo stesso diavolo ormai vi disprezza come cosa inutile e d'impiccio, e la stessa colpa ha schifo di voi. Rispondono: Non fatemi ridere e aggiungono che non si sono mai sentiti meglio. Ve ne sono altri che esortati a far testamento e a confessarsi, essendo malati, rispondono che si credono buoni e che in quella situazione si sono trovati mille volte. gente che sta gi all'altro mondo e ancora non si persuade di essere morta. Mi meravigli questa immagine, e ferito dal dolore e dalla conoscenza, dissi: Ci conceda Iddio una sola vita e tante morti! Si nasce in un solo modo ma si muore in tanti! Se torner nel mondo vorr incominciare a vivere. A questo pensavo quando si sent una voce che disse tre volte: Morti, morti, morti. A queste parole trem [...] il suolo, e cos pure le pareti, e vennero fuori teste, braccia e corpi straordinari, che si misero silenziosamente in ordine. Parlate con ordine disse la Morte. Allora salt su un tale, venne verso di me in fretta e pieno di collera e compresi che mi voleva maltrattare. Disse: Sono morto e distrutto, che cosa volete da me, voi vivi di Satana, che non mi lasciate in pace? Che cosa vi ho fatto perch senza ragione mi diffamiate in ogni occasione e gettiate sopra di me la colpa di fatti che ignoro? Chi sei? chiesi con timorosa cortesia Non ti capisco.

Rispose: Sono lo sventurato Juan de la Encina, colui che sta qui da molti anni e ciononostante voi nominate ad ogni pi sospinto, ogni volta che sentite dire una sciocchezza: 'non avrebbe fatto meglio Juan de la Encina', 'eccoci con le stramberie di Juan de la Encina'. Sappiate che per dire e fare stramberie, tutti gli uomini sono dei Juan de la Encina, e che questo cognome Encina la copertura di molte stramberie. Mi domando e dico: li ho scritti io certi testamenti in cui lasciate che altri facciano della vostra anima quello che mai avreste voluto fare voi? Ho mai sfidato i potenti io? Mi sono mai tinto la barba per non sembrare vecchio, diventando in tal modo, oltre che vecchio, sporco e bugiardo? Mi soon per caso innamorato a scapito del mio denaro? Ho mai considerato un favore che mi si chiedesse quello che possedevo e mi si togliesse anche quello che non avevo? Mi sono mai illuso che si comportasse bene chi per mia intercessione si era mostrato sleale verso un altro che si era fidato di lui? Ho forse sprecato la vita nell'inseguire onori con cui vivere, rimanendo, una volta ottenuto quello che volevo, senza vita da vivere? Ho mai creduto sincera la sottomissione di chi era nelle mie mani? Mi sono sposato forse per vendicarmi della mia amichetta? Sono stato tanto avido da sprecare un reale segoviano nella speranza di gudagnare un misero quarto di reale? Mi ha mai logorato il fatto che qualcun altro fosse ricco o stesse acquistando importanza? Ho creduto forse alle apparenze della fortuna? Ho mai considerato fortunati coloro che, all'ombra dei prncipi, sacrificano tutta una vita per ottenere un'ora di favori? Mi sono vantato di essere eretico, sregolato e sconcento di tutto perch mi si tenesse in grande considerazione? Mi sono mai lasciato andare a scostumatezze per sembrare intrepido? Ebbene, se Juan de la Encina non ha fatto niente di tutto questo, che sciocchezze avr mai fatto questo povero Juan de la Encina? Cavatemi pure un occhio, se pensate che ne ho fatta una sola! Ladri siete, che chiamate spropositi i miei e buone sentenze le vostre! Ditemi allora: stato forse Juan de la Encina ad affermare: 'Fai del bene e non badare a chi?', mentre lo Spirito Santo dice al contrario: 'Si benefeceris scito cui feceris, & erit gratia in bonis tui multa' ( Ecclesiastico, 12, I), ovvero: 'Se farai del bene, attento a chi lo fai? Forse che Juan de la Encina, per dire che un tale malvagio, ha mai detto: ' un uomo che teme tutto e non deve niente, mentre doveva dire che non ha paura di nessuno e non paga i suoi debiti? Io credo che non temere e non dover niente a nessuno sia sicuro indizio di bont, mentre non

temere e non pagare proprio di chi malvagio. Juan de la Encina ha forse affermato: 'tra i pesci, il palombo; tra le carni, il montone; tra i volatili, la pernice; tra le dame, Beatrice? Certamente no. Lui avrebbe detto: 'tra le carni, la donna; tra i pesci, il montone; tra i volatili, ovvero le avi, prima l'Ave Maria e poi quella che ti regalano; e fra le donne, quella che costa meno'. Ditemi se uno sconsiderato, Juan de la Encina; non ha fatto altro che portare pazienza e dare dei dispiaceri: non si lasciava convincere n dagli uomini che chiedevano denaro, n dalle donne che chiedevano il matrimonio. Quali sciocchezze pu aver commesso Juan de la Encina, che andava nudo per non aver a che fare coi sarti, che si lasci depredare del patrimonio per non dover trattare con gli avvocati, che prefer morire di malattia, piuttosto che di cure, per non dover pagare il medico? Solo una sciocchezza commise: essendo calvo non levava il cappello davanti a nessuno, perch considerava meno brutta la scortesia della calvizie, e avrebbe preferito venire ucciso a bastonate perch non si levava il cappello, piuttosto che a forza di nomignoli perch era una specie di calvario. Solo una sciocchezza disse: pronunci il s, sposandosi con una donna ottusa, bruna e dagli occhi azzurri. E se, per aver fatto solo uno sproposito e averne detto un altro, Juan de la Encina diventa un esempio di sciocchezze, che dire di tutti i pulpiti, le cattedre, i conventi, i governi, gli stati maggiori e minori? Sono tutti destinati a 'encinarsi'. Brutto momento per loro, giacch il mondo un monte e tutti sono Encinas?. In quel momento mi si avvicin un altro morto, pieno di boria, che con aria molto corrucciata mi disse: Volgete a me lo sguardo, io non sono Juan de la Encina. Chi vostra signoria, chiesi, che con tanta alterigia parla e che qui, dove tutti sono uguali, pretende di essere un uomo superiore? Io sono rispose, il Re che s'arrabbi. Anche se non mi conoscete personalmente, non potete non ricordarvi di me, perch voi vivi siete tanto indiavolati che attribuite a qualsiasi cosa la possibilit di ricordarsi del Re che s'arrabbi; e quando vedete una vecchia muraglia, un muro diroccato, un berretto spelacchiato, un mantello consunto, uno straccio antiquato, un rudere in rovina, una donna infrollita dagli anni e piena di secoli, allora dite che si

ricordano del Re che s'arrabbi. Non c' mai stato al mondo re pi sfortunato, perch non si ricordano di lui che vecchiume e cenci, antichit e fantastiche visioni. E non c' mai stato un re il cui ricordo fosse tanto cattivo, schifoso, putrido, caduco, pieno di tarli e di tarme. Han cominciato a dire che mi sono arrabbiato e giuro su Dio che mentono; ma tutti ripetono che mi sono arrabbiato e ormai non c' pi rimedio. Io non sono affatto il primo re che si sia arrabbiato, e non sono l'unico; non esiste e non mai esistito un solo re che qualcuno non abbia fatto arrabbiare. Non vedo proprio come potrebbero smettere di arrabbiarsi, i re. Vi sono sempre invidiosi e adulatori inviperiti che mordon loro le orecchie. Un tipo che stava accanto al Re che s'arrabbi disse: Vostra Signoria si consoli, io sono il re Perico e non mi lasciano in pace n di giorno n di notte. Non c' cosa sporca, sgualcita, povera, vecchia, sciupata, che non si dica essere dei tempi di Re Perico. I miei tempi furono molto migliori di quel che si pensa. E per sapere chi sono stato e che cosa furono i miei tempi, e chi sono invece costoro e quale il loro tempo, basta stare ad ascoltarli. Quando una madre dice a una ragazza: 'figlia, le donne devono abbassare gli occhi, guardare la terra e non gli uomini', esse rispondono. 'questo succedeva ai tempi di re Perico; sono gli uomini che devono guardare la terra, poich di questa sono stati fatti, mentre le donne devono guardare gli uomini, perch sono una parte di essi'. Se un padre dice a un figlio: 'non bestemmiare, astieniti dal gioco, d le orazioni tutte le mattine, fatti il segno della croce quando ti alzi, benedici la mensa', il figlio risponde che questo si usava ai tempi di Re Perico e che lo considererebbero una donnicciola se si facesse il segno della croce e riderebbero di lui se non bestemmiasse e imprecasse. Di questi tempi si considera pi uomo uno che bestemmia che uno che la barba. Aveva appena finito di parlare quando si avvicin un morticino sottile sottile, che senza tante storie disse: Quel che avete detto pu bastare; quaggi siamo in tanti e quest'uomo vivo tutto sbalordito e fuori di s. Vedendolo cos irrequieto dissi: Non direbbe altro Mateo Pico. Avevo appena finito di parlare, quando il morticino disse: Hai scelto il momento migliore per venir fuori con questo ritornello! Io sono davvero

Mateo Pico e son qui per questo. Dunque, manigoldo di un vivo, mi vuoi spiegare cos'ha mai detto Mateo Pico, perch lo dobbiate sempre scomodare con quel 'direbbe altro' e 'non direbbe altro'? Come sapete che Mateo Pico non direbbe altro? Lasciatemi tornare a vivere senza tornare a nascere (io non mi trovo bene nel ventre delle donne perch mi sono costate troppo) e vedrete se non dir altro, furfanti. Direi altro e altro ancora e direi tanto da farvi correggere il ritornello in: 'Direbbe ben altro Mateo Pico'. Sono qui e dico ben altro, e tu fallo sapere ai chiacchieroni che stanno sulla terra; ho deciso di ricorrere in appello contro questo ritornello versando le millecinquecento. Ero rimasto un po' turbato per la mia disattenzione e per aver conosciuto Mateo Pico di persona. Era un omettino minuto, tutto strilli, che sembrava trasudare parole da tutte le giunture, storpio d'occhi e strabico di gambe, e mi sembrava di averlo visto mille volte in tante parti diverse. Quando si lev di torno, apparve ai miei occhi una grandissima ampolla di vetro. Mi dissero di avvicinarmi e vidi che dentro, rosolandosi in un terribile calore, c'era uno spezzatino, che danzava su e gi per il recipiente. A poco a poco alcuni pezzi di carne cominciarono ad unirsi e da alcune fette nacquero un braccio, una coscia e una gamba; alla fine si rappezz e si drizz in piedi un uomo intero. Mi si cancell il ricordo di tutto quello che avevo visto e vissuto, ed ero cos sconvolto da quella visione che non sembravo diverso da un morto. Mille volte Ges! esclamai. Che uomo mai questo, nato in un intingolo, figlio di un'ampolla? In quel mentre sentii una voce che usciva dal recipiente: In che anno siamo? Nel milleseicentoventuno risposi. l'anno che aspettavo.

Chi sei tu, che partorito da un matraccio parli e vivi? chiesi. Non mi conosci? rispose. Il matraccio e le carni tagliate non ti rivelano che sono il marchese di Villena? Non hai sentito dire che mi feci spezzatino dentro un matraccio per diventare immortale? Da sempre lo sento dire gli risposi, ma ho sempre pensato che fosse una favola per bambini, una storia che sta tra ninnoli e bavaglioli. Chi sei? Il massimo che sono arrivato a pensare, lo confesso, che tu sia un alchimista, che in questo matraccio sconta la sua pena, oppure uno speziale. Ma l'averti visto mi ripaga di tutti i miei timori. Devi sapere disse allora, che io non sono mai stato Marchese di Villena; questo il titolo che mi hanno dato gli ignoranti. Io mi chiamavo Don Enrique de Villena ed ero infante di Castiglia; studiai e scrissi molti libri, ma me li bruciarono, non senza dispiacere dei dotti. S, ricordo dissi. Ho sentito dire che eri sepolto in San Francesco, a Madrid; ma ora vedo che non cos.

Visto che sei venuto qui disse, apri questo matraccio. Cominciai a far forza e grattar via la creta con la quale era sigillato il vetro. Lui mi ferm dicendo: Aspetta. Prima dimmi: c' pace nel mondo? Una pace universale, se cos si pu dire risposi, dal momento che non ci sono guerre. Questo succede? Allora richiudi il matraccio. In tempo di pace comandano i poltroni, crescono i viziosi, hanno peso gli ignoranti, governano i tiranni, tiranneggiano gli avvocati, detta legge l'interesse, la pace amica dei furbastri. Non voglio niente di quel che c' l fuori: sto bene nel mio matraccio, ritorno spezzatino.

Ero dispiaciuto perch gi cominciava a sbriciolarsi. Dissi: Aspetta. Ogni pace che non venga fatta con una buona guerra sospetta. Una pace, supplicata, comprata e voluta ad ogni costo, salsa che stuzzica l'appetito per future guerre; e la pace non si sa pi per chi sia; perch se gli angeli han detto: 'Pace agli uomini di buona volont', la frase si addice a ben poca gente che oggi vive sulla terra. Il mondo sta per esplodere, ogni cosa si va sovvertendo. A queste parole si tranquillizz, e alzatosi in piedi disse: Se c' una qualche speranza di guerra, uscir di qui, perch la necessit obbliga i prncipi a conoscere e a trovare la differenza tra ci che buono e ci che lo sembra. Con la guerra terminano le frodi della penna e l'ipocrisia dei dottori, e il flusso dei laureati si arresta. Apri, ma prima dimmi: c' molto denaro in Spagna? Che opinione si ha di esso? Fin dove arriva il suo potere? Ha credito? Ha valore? Risposi: La flotta delle Indie non ancora decaduta, anche se Genova ha spedito alcune sanguisughe dalla Spagna alla cima del Potos, che stan dissanguando le vene e che a furia di succhiare han cominciato a impoverire le miniere. I genovesi fanno razzia di denaro? disse lui. Ritorno spezzatino. Figlio mio, i genovesi sono la scrofola del denaro, malattia che viene dalla dimestichezza coi gatti. E si vede che scrofola, perch solo il denaro che va in Francia guarisce; infatti il Re cristianissimo non ammette genovesi nei suoi commerci. Dovrei uscire di qui, quando c' in giro per le strade codesta rogna delle borse? Non dico spezzatino in un matraccio, ma sabbia assorbente nella sua scatoletta vorrei piuttosto diventare, prima di vedere che quella gente diventata padrona di tutto. Signor negromante replicai, anche se le cose stanno cos, codesta gente, essendo ricca, ammalata di nobilt, si dipinge da gran signore e ha il debole di farla da principe. E in questo modo, con le spese e i prestiti, la mercanzia si guasta e tutto finisce in debiti e follie. E il demonio ordina che le prostitue facciano vendetta delle rendite reali di costoro, perch li

ingannano, li fanno ammalare, li fanno innamorare, li derubano, ed eredita tutto il consiglio delle Finanze. La verit si consuma ma non fallisce; da ci si capisce che i genovesi non sono la verit, perch si consumano e falliscono. Con questa notizia disse, mi hai rianimato. Mi disporr ad uscire da questo recipiente se mi dirai in che stato l'onore del mondo. C' molto da dire a questo proposito, risposi. Hai toccato un tasto doloroso. Tutti hanno onore, tutti sono onorati, e tutti sono attenti all'onore. C' onore in tutti i ceti; l'onore sta ormai decadendo dal suo primitivo stadio e sembra gi qualche stadio sotto terra. Quando si ruba, si dice che lo si fa per conservare il maledetto onore, e che preferibile rubare che chiedere. Se si chiede, si dice che lo si fa per conservare il maledetto onore, e che preferibile chiedere che rubare. Se si giura il falso, se si uccide qualcuno, si dice la stessa cosa: che un uomo d'onore non deve perdonare nulla, non deve sopportare nessun affronto; che un uomo d'onore deve piuttosto lasciarsi morire fra quattro pareti che assoggettarsi a qualcuno; ma poi si fa tutto il contrario. E alla fine, nel mondo, tutti han capito l'antifona, e chiamano onore il proprio comodo, e reputandosi onorati senza esserlo, si burlano del mondo. Fra questa bella gente ci pu andare a vivere il diavolo disse il marchese. Gli uomini che hanno qualche onore, io me li vedo come burattini, che gridano, si agitano e saltano e sembrano carichi di onore e a ben guardare sono fatti solo di stracci e di stecchi. Non dire la verit dunque un merito; l'impostura e la truffa, cavalleria; l'insolenza, garbo. Uomini d'onore erano gli spagnoli quando potevano dare dell'invertito e dell'ubriacone agli stranieri; ma alcune malelingue van dicendo che ormai in Spagna il vino non si lamenta pi d'esser bevuto poco, e gli uomini hanno smesso di morire di sete. Ai miei tempi il vino non conosceva la strada per andare alla testa e ora sembra che non sappia far altro che salire verso l'alto. Non c'era allora altra sodomia che nell'espressione 'vai a farti' (usata da sempre), giacch tutti erano donnaioli e chi si tirava indietro si prendeva dell'invertito; ora mi dicono che i culi si sono sostituiti ai grembi; e immagino quindi che i mariti, visto che parliamo di onore, saranno gli imbonitori delle loro donne, ognuno

lodando la propria merce. Lo so ben io dissi. Ci sono mariti di vario tipo: alcuni sono calzascarpe, che le donne usano per calzare con maggior facilit e abbandonarli subito dopo. Ci sono mariti lanterna, molto composti, molto brillanti, molto animosi, che visti di notte e al buio sembrano stelle e visti da vicino sono lucignoli, tutti corno e ferro, in giusta proporzione. Altri mariti vi sono, e assomigliano ai pistoni delle siringhe, che richiamano quando si allontanano e allontanano quando si avvicinano. Ma ci che pi degno di riso l'onore delle donne, quando chiedono l'onore in restituzione, che come dire volere indietro quel che hai regalato. E se dobbiamo credere alla gente e al detto 'ci che striscia ti onora' l'onore del mondo sono le serpi e le gonne. Pertanto disse il marchese, sono assai prossimo a diventare spezzatino per sempre; non so perch indugio. Dimmi, ci sono avvocati? Un flagello di avvocati. Non ci sono che avvocati. Alcuni lo sono per mestiere, altri per presunzione, altri per amore allo studio, e questi son pochi; altri ancora lo sono perch trattano con persone pi ignoranti di loro (ma a questo proposito sono forse ingannato dalla passione) e tutti diventano dottori e baccellieri, laureati e maestri, pi per i mentecatti con cui hanno a che fare che per le universit che hanno frequentato. Converrebbe di pi alla Spagna un'invasione perpetua di cavallette che questi laureati riscattabili. Per nessuna ragione uscir di qui disse il marchese. Questo succede? Gi lo paventavo; ho letto nelle stelle questa sventura e ho preso domicilio in questa ampolla proprio per non vedere quei tempi passati, pieni zeppi di avvocati; ora per non tornare a rivederli rimarr pasticcio di carne in scatola. Replicai: In passato, quando la giustizia era pi sana, c'erano meno dottori. Poi successo come per i malati, che pi chiedono consigli ai medici e pi pericoli corrono, la salute peggiora ed essi guariscono di meno e spendono di pi. La giustizia, per quel tanto che ha di verit, andava nuda;

ora va in giro in un cartoccio come le spezie. Un corpo di leggi con i suoi quantunque, cuemo, cornusco, faciamus, era tutta la biblioteca. E bench si tratta di voci antiche, suonano con maggiore propriet, perch chiamano boia lo sbirro e le altre cose che gli assomigliano. Ora intervenuta una folla di Menocchi, Surdi, Fabri, Farinacci e Cujacios con tutta una serie di consigli, decisioni, responsi, lezioni, meditazioni che hanno creato una gran confusione. Se almeno ci si fermasse qui, sarebbe il minore dei mali, ma ogni giorno compaiono autori, ognuno con una caterva di volumi: Doctoris Putei, in legem sextam, volume 1, 2, 3, 4, 5, 6, fino al 15: Licentiai Abtitis, De usuris; Petri Cusqui, In Codigum, Rupis, Bruticarpi, Castani, Montocanense, De adulterio & parricidio, Cornarano, Rocabruno, ecc. Tutti gli avvocati hanno un cimitero per libreria e dicono per vantarsi: 'Ho tanticorpi;. Ed ottima cosa che le librerie degli avvocati siano fatte di corpi sen'anima, perch in tal modo assomigliano ai loro padroni. Ci consentono di avere ragione su qualsiasi questione; l'unica cosa che non ci consentono di avere il denaro, che vogliono tutto per s. E le cause non si fanno per stabilire se un tale debba o no del denaro a qualcuno, poich questo non ha bisogno di domande e risposte; le cause servono a decidere che gli avvocati e il procuratore avranno denaro senza giustizia e che le parti avranno giustizia senza denaro. Volete sapere quanto sono cattivi gli avvocati? Ebbene, se non ci fossero avvocati non ci sarebbero liti; e se non ci fossero liti non ci sarebbero cause; e se non ci fossero cause non ci sarebbero procuratori; e se non ci fossero procuratori non ci sarebbero imbrogli e se non ci fossero imbrogli non ci sarebbero delitti; e se non ci fossero delitti, non ci sarebbero sbirri; e se non ci fossero sbirri non ci sarebbero carceri; e se non ci fossero carceri non ci sarebbero giudici; e se non ci fossero giudici non ci sarebbe inquietudine; e se non ci fosse inquietudine non ci sarebbe corruzione. Pensate alla sfilza di infernali fastidi che procura un avvocatuzzo, quel che nasconde una barbaccia e quel che autorizza un tocco. Andate a chiedere un parere e vi dicono: ' una faccenda da studiare. Vostra signoria faccia conto che sia risolta. La legge parla chiaro'. Prendono un quintale di libri, dan loro due scapaccioni verso l'alto e verso il basso, e leggono in fretta imitando un calabrone; poi gettano con un gran colpo il libro sul tavolo, a gambe all'aria, coi capitoli ben ostentati, e dicono: 'In questo caso la parola spetta al giureconsulto. Vostra signoria mi

lasci i documenti, vogli ooccuparmi a fondo del caso; torni domani sera. Mi sto occupando della tenuta di Transbarras, ma per servire vostra signoria lascer da parte questo lavoro'. E quando nel salutare li volete pagare - ed dal vostro gesto che essi traggono l'autentica illuminazione e comprensione del caso che devono risolvere - fanno gran vezzi e cerimonie, e dicono: 'Per amor di Dio, Signore!' E tra un amor di Dio e un Signore allungano la mano e si pappano un doblone per le spese iniziali. Non uscir di qui disse il marchese finch le cause non si discuteranno a bastonate. Al tempo in cui, per mancanza di avvocati, le liti si decidevano col coltello, si diceva che il vero giudice era il bastone e da l deriv la frase: 'lo giudichi il giudice di legno'. Se mai uscir, sar soltanto per suggerire un espediente ai re della terra. Chi vuole vivere in pace ed essere ricco paghi gli avvocati del suo nemico perch lo truffino, lo derubino, lo distruggano. Dimmi, esiste ancora Venezia? S, risposi. Non c' altro che Venezia e veneziani. Oh! La manderei al diavolo disse il marchese per vendicarmi dello stesso diavolo; non la potrei mandare a nessun altro se non per fargli del male. una repubblica, questa, che pu durare soltanto se rimane senza coscienza. Dovesse restituire ci che non suo, rimarrebbe senza niente. Che brava gente! La citt fondata sull'acqua, il tesoro e la libert sull'aria, la disonest sul fuoco. Insomma, gente a cui la terra sfuggita sotto i piedi, una sorta di frutto di mare per le nazioni e un immondezzaio per le monarchie, attraverso le quali purgano le immondezze della pace e della guerra. E il turco li tollera per poter far del male ai cristiani; i cristiani per poter far del male ai turchi; ed essi per poter far del male agli uni e agli altri, poich non sono n mori n cristiani. Uno di essi, in occasione di una guerra, per dare la carica ai suoi contro certi nemici cristiani, disse: 'Coraggio, ch prima di esser cristiani siete veneziani'. Lasciamo perdere, e dimmi: sono numerosi coloro che desiderano i favori dei potenti della terra?

un'epidemia risposi per la quale tutti i regni sono degli ospedali. Lui replic: O meglio dei manicomi. Pensavo di uscire di qui, ma dopo la relazione che mi hai fatto, non mi muover pi. Ma voglio che tu dica a questi animali che in sella hanno la vanit e l'ambizione, che i re e i prncipi sono in tutto e per tutto fatti di mercurio. Innanzitutto, il mercurio se lo afferri ti scivola via; e cos accade a quelli che vogliono prendersi coi re maggiore [...] dimestichezza di quel che ragionevole. Il mercurio non sta mai fermo: e cos sono i loro animi, per la continua agitazione causata dalle cure dello stato. Chi tratta e lavora il mercurio si muove tremando; cos deve fare chi tratta coi re: tremare davanti ad essi di rispetto e timore, altrimenti tremer poi fino a crollare, inevitabile. Chi regna dunque in Ispagna, che lo stato in cui mi trovo meglio? l'ultima curiosit che mi voglio togliere prima di ritornare spezzatino. Filippo III morto risposi io. Fu un re santo e di incomparabile virt disse il marchese. Ecco ci che mi hanno permesso di vedere, e di pronosticare, le stelle. Da qualche giorno regna Filippo IV dissi.

Questo accaduto? disse. Incomincia dunque, nell'ora che attendevo, il terzo quarto. Detto e fatto, si arrampic su per l'ampolla, la agit e usc fuori. Si mise a correre, dicendo: Pi giustizia far adesso questo quarto che in altri tempi dodici milioni. Volevo seguirlo, quando un morto mi afferr per un braccio e mi disse: Lascialo andare, era causa di preoccupazione per tutti. E quando tornerai sulla terra, riferisci che hai visto Agrages, il quale si lamenta perch lo chiamate sempre in causa col suo: 'Adesso la vedrete'. Sono io Agrages. Sappi che non ho mai detto una cosa del genere, perch a me non importa

niente che la vediate o no. Eppure continuate a ripetere: 'Adesso la vedrete, disse Agrages'. Soltanto in questo momento, ora che ho sentito dire da te e da quello del matraccio che regna Filippo IV, dico anch'io che adesso la vedrete. E siccome sono Agrages: 'Adesso la vedrete, disse Agrages'. Se ne and, e mi sipar davanti un omettino che sembrava il manico di un cucchiaio, i capelli ritti come un rastrello, riccioluto, rossiccio e lentigginoso. Devi essere un sarto dissi. Lui rispose immediatamente: Acqua, acqua. Sono soltanto un postulante. E non affibbiate soprannomi a nessuno. Mi chiamo Arbalias; ve l'ho voluto dire subito perch non andiate poi in giro a dire di questo e di quello: ' un Arbalias', senza badare a chi lo dite. | [continua]|

| [SOGNO DELLA MORTE, 2]|

Mi avvicin un vecchio, molto corrucciato, con una gran testa, di quelli che hanno i capelli bianchi per vanit; una gran barba fluente, occhi in ombra molto infossati, fronte enorme piena di solchi, aria scontenta e vestito che unendo alla sciatteria l'eccentricit dava un tono misterioso alla sua povert. Devo parlare con te mi disse ma con pi agio che Arbalias. Siediti. Si sedette e mi sedetti. E come se fosse stato sparato da un archibugio, a guisa di folletto, apparve fra noi due un omettino che sembrava un frammento di Arbalias e non faceva che squittire ed agitarsi. Con voce molto solenne il vecchio gli disse: Andate ad arrabbiarvi da un'altra parte, poi tornate. Anch'io devo parlare diceva lui, e non la smetteva. Chi questo? chiesi.

Rispose il vecchio: Non immagini chi possa essere? Chisgaravs. Ce ne sono duecentomila a Madrid dissi. Sono tutti Chisgaravs. Replic il vecchio: Questo venuto qui ad annoiare i morti e i diavoli; ma lascia perdere e veniamo alle cose importanti. Io sono Pedro e non Pero Grullo, e nel togliermi una 'd' dal nome mi avete reso santo e frutta. Come vero Dio, quando sentii nominare Pero Grullo, mi sembr di vederlo con le ali. Onorato di conoscerti dichiarai. Tu sei il Pero Grullo delle profezie? Vengo per questo disse il profeta fantasma. Di questo dobbiamo parlare. Voi dite che le mie profezie sono assurde e vi burlate di esse senza risparmio. Vogliamo esaminarle un po'? Le profezie di Pero Grullo, che poi sono io, dicono cos: Molte cose ci promisero le antiche profezie: dissero che ai nostri giorni sar quel che Dio vorr. Ebbene, bricconi resi stupidi dalla malvagit, infami, c' forse cosa pi desiderabile del compiersi di questa profezia? Se ci fosse tutto ci che Dio vuole, non ci sarebbero che cose buone, giuste, sante; e non ci sarebbe ci che vuole il diavolo, ossia il denaro e la cupidigia. Oggi quel che Dio vuole il meno, e il pi invece quello che vogliamo noi andando contro la sua legge. Ora il denaro rappresenta tutti i desideri: viene desiderato e a sua volta desidera; e si fa soltanto ci che lui desidera, e il denaro come Narciso che desidera se stesso e non ha altro amore che per se stesso. Andiamo avanti: Ci sar fango se piover,

e dovremo constatare che nessuno correr senza i gomiti all'indietro. Fatemi il favore di correre coi gomiti in avanti, e provatevi a sostenere che la mia affermazione non verit. Direte che la pura verit menzogna: sar un po' dura, fratelli che siete in vita! La verit, cos com', dite che amara; se poca, dite che menzogna; se molta, che assurda. In che modo dev'essere questa verit perch vi vada a genio? E siete tanto stolti da non accorgervi che non si trattato di una profezia da Pero Grullo, perch c' chi corre coi gomiti in avanti, e sono i medici che al momento di congedarsi tendono la mano all'indietro per ricevere il denaro della visita, poich prendono il denaro di corsa e corrono come scimmie verso colui che glielo d per essere ucciso.

Chi avr avr, sar sposo il marito, e il perduto pi perduto, chi meno tiene e pi d.

Gi ti starai dicendo: che perogrullata questa? chi avr avr. Ebbene riprese, proprio cos. Chi ha veramente non colui che guadagna molto, n chi eredita molto, n chi riceve molto, ma chi ha e non spende. E chi ha poco, ha; se ha due pochi, ha qualcosa; e se ha due qualcosa, ha di pi; e se ha due di pi ha molto; e se ha due molto ricco. Perch il denaro (e fate tesoro di qeusto insegnamento di Pero Grullo) come le donne, contento di muoversi, di venire palpato e ubbidito, e scontento di venir custodito, di essere ricercato da chi non lo merita, ma alla fine lascia tutti col cuore spezzato, amico com' dell'andare di casa in casa. E per capire quanto spregevole il denaro, che sembra non essere stato altro che un pappagallo chiacchierone, osservate a quale spregevole gente, escludendo i Profeti, lo assegna il Signore; allo stesso modo, si vede che cosa sono i beni di questo mondo attraverso chi li possiede. Date uno sguardo a questi

mercanti, se avete ancora occhi (vi rubano anche quelli). Guardate questi gioiellieri che in grazia della suadente follia vendono splendenti imitazioni e paccottiglia colorata, in cui naufragano le virt dei giovani sposi. Che dire ancora, se entrate in una gioielleria? Non tornerete interi. L l'onore costa. E c' chi convince uno sventurato a stringersi al dito l'intero patrimonio, e costui, non sentendo pi il dito a causa del peso, si trascina poi urlando per la casa. Non parler dei cuochi e dei sarti, n dei mercanti d'abiti che sono sarti per grazia di Dio e della fortuna e ladri per intercessione dei diavoli e della disgrazia. Dietro ad essi corre il denaro. Ed per questo che una persona di buoni costumi e di coscienza pulita, se deve comunicare al denaro i propri desideri, prova ribrezzo. Ma lasciamo perdere e passiamo alla seconda profezia, che dice: sar sposo il marito. E poich avevo fatto non so quale gesto nel sentire la grullata, evviva il bladacchino dell'alcova grid incollerito, perch se non mi ascoltate con seriet e mi ridete in faccia, vi strapper i peli della barba. Ascoltate dunque, vi venisse un accidente! perch ad ascoltare e ad imparare siete venuto. Pensate davvero che tutti gli uomini sposati siano mariti? Vi sbagliate di grosso: ci sono molti sposati che sono celibi e molti celibi che sono mariti. E ci sono uomini che si sposano per morire illibati e donzelle che si sposano per morire vergini del proprio marito. Mi avete ingannato, e siate maledetto: qui sono venuti migliaia di morti e mi hanno detto che li avete uccisi con le vostre birbonate. Vi assicuro che se non tenessi conto... vi strapperei il naso e gli occhi, furfante, nemico di tutte le cose. Ridete anche di questa profezia: Le donne partoriranno, se son gravide, e partoriscono; e i figli che nasceranno saranno di chi saranno. Come vedete, pare una scemenza di Pero Grullo. Ma vi assicuro che se si accertassero tutte le paternit, si farebbero grosse confusioni con un 'dammi il mio maggiorascato' o un 'prenditi la tua eredit'. A proposito di pance ci sarebbero molte cose da dire, ma dal momento che i figli si fanno al buio e senza luce, e non si pu scoprire chi stato concepito per una parte e

chi per l'altra met, dobbiamo per forza rimetterci al parto: tutti ereditiamo per il fatto di nascere, e non il caso di sottilizzare. Questo si riferisce alle donne che hanno rapporti con ufficiali. La mia profezia non riguarda gente onorata, a meno che un maledetto come voi non voglia fraintendere. Quanti nel giorno del giudizio riconosceranno il padre nel paggio, nello scudiero, nel servitore e nel vicino di casa? Quanti padri si ritroveranno senza discendenti? Vedrete, vedrete! Queste profezie e le altre dissi noi non le consideriamo in codesta maniera. Sono certamente pi vere di quel che sembrano, e nella tua bocca sono tutt'altra cosa. Ti facciamo torto, lo riconosco. Allora disse ascoltane un'altra: Volerete con le penne, camminerete coi piedi, due volte tre far sei. Volerete con le penne. Voi pensate che mi riferisca agli uccelli, e sbagliate: certo, questa sarebbe una sciocchezza. Mi riferisco invece ai cancellieri e ai genovesi, che ci involano con le penne il denaro da sotto il naso. E perch sulla terra si capisca che le mie profezie riguardano i tempi odierni e che Pero Grullo parla a chi vivo adesso, porta con te questo mazzolino di profezie, che ti daranno un bel da fare per essere comprese. Se ne and, lasciandomi un foglio su cui erano scritte queste righe, nel seguente ordine: Nacque nel venerd della Passione perch indovino fosse e in quel giorno morissero il buono e il cattivo ladrone. Ci saranno mille rivoluzioni fra stirpi onorate;

render le cose rubate, castigher i ladroni. E se volesse per prima cosa le perdite rimediare, lo far col piantare baracca e burattini. Vedrete che successi di questi tempi (strana meraviglia) incontrer Castiglia in virt d'un solo Quarto. Le profezie maggiori la legge vedr compiute quando sar Quarto il re e in quarti i malfattori. Lessi con ammirazione le cinque profezie di Pero Grullo e stavo meditandoci sopra, quando da dietro mi chiamarono. Mi voltai e c'era un morto, assai malandato e afflitto, tutto bianco e vestito di bianco, che disse: Abbi piet di me, se sei buon cristiano; liberami dall'ossessione delle chiacchiere dei parolai e degli ignoranti, che non mi lasciano in pace, e mettimi dove ti pare. Si inginocchi e prendendosi a schiaffi si mise a piangere come un bambino. Chi sei chiesi, tu che a tanta sventura sei condannato. Io sono rispose un uomo molto vecchio, al quale si rivolgono molte accuse e del quale si dicono mille menzogne. Io sono l'Altro. Mi conoscerai senz'altro, perch non c' cosa che l'Altro non dica. Quando non sapete come scaricarvi di una responsabilit, dite immediatamente: 'Come ha detto l'Altro'. E io non ho detto niente, non ho nemmeno aperto bocca. I latini mi chiamano quidam, e nei loro libri mi trovi spesso a riempire le righe e a colmare

periodi. Vorrei, per l'amor di Dio, che tu tornassi sulla terra e dicessi che hai visto l'Altro del tutto bianco, che non ho niente in me di scritto, che non dico e non dir e non ho mai detto niente, e che smentisco da questo momento chiunque mi citi e mi accusi di fatti che ignora, visto che sono ormai l'autore degli idioti e il testo fondamentale degli ignoranti. E nota che nei pettegolezzi mi chiamano 'una certa persona', nelle frottole 'non so chi', nelle cattedre 'un certo autore', ma sono sempre io, il disgraziato Altro. Ti supplico, toglimi da tanta sventura e miseria. Ancora qui siete, non volete lasciar parlare nessuno? inve un morto, armato di tutto punto e molto in collera. Mi afferr per un braccio e disse: Ascoltatemi, visto che siete venuto a far da staffetta dei morti per i vivi. Quando tornerete lass, dite loro che sono molto seccato con tutti. Chi sei? chiesi. Rispose: Sono Calanos. Sei Calanos? dissi. Non so come tu non sia deperito; da sempre si dice: 'Cavalcava Calanos'. Lasciamo perdere replic, e veniamo a quel che importa. Che ragione c', mi domando, che quando si dice una frottola, una spiritosaggine, una bugia, una menzogna, si debba dire: 'Queste sono storie di Calanos'? Chi che le conosce le mie storie? Le mie storie furono belle e verissime. Non il caso di fare tante storie conme. Il signor Calanos ha perfettamente ragione disse un tale che si era unito a noi. Io e lui siamo molto risentiti. Io sono Cantimpalos. La gente non fa che dire: 'L'oca di Cantimpalos che and a trovare il lupo'. Sar bene che riferiate laggi che essi hanno trasformato in oca un asino; era un asino infatti e non un'oca quello che avevo, e le oche non hanno niente a che vedere con i lupi; mi restituiscano dunque il mio asino nel ritornello e si riprendano la loro oca: vie legali, risarcimento danni, eccetera.

Col suo bastone, veniva avanti una vecchia, o forse uno spaventapasseri, che diceva: Chi sta presso le tombe? Aveva una faccia di prugna secca, gli occhi dentro due cestini da vendemmia, la fronte con tanti solchi e di un tal colore e fattezza che sembrava la pianta di un piede; naso e mento in conversazione, pressoch uniti formavano un artiglio e tutta la faccia pareva un grifone; la bocca, all'ombra del naso, dall'aspetto di lampreda, senza un dente, con borse e pieghe scimmiesche e l'osso del cranio che gi s'intravedeva sotto i baffi spinosi; la testa col tremore dei sonagli e la parola danzante; un ampio velo sopra l'abito da lutto, funereo ornamento della tomba; in mano un lunghissimo rosario che penzolava e lei tutta curva, con gli ossicini ballonzolanti, che sembrava andar pescando piccoli teschi. Vedendo questa sintesi del mondo ultraterreno, dissi a voce alta, pensando che fosse sorda: Ah, signora! Ah, madre! Ah, zia! Chi siete? Volete qualcosa?. Lei allora, alzando l'ab initio et ante saecula della faccia fermandosi disse: Non sono sorda, n madre, n zia; ho un nome e un lavoro e le vostre angherie m'hanno stufato. Chi avrebbe mai pensato che anche all'altro mondo ci fosse presunzione di giovinezza, in una carne per di pi cos rinsecchita come quella? Mi si avvicin: aveva gli occhi che facevano acqua e dalla punta del naso oscillava una candelina di moccio che esalava un tanfo di cimitero. Le domandai perdono e le chiesi il nome. Mi disse. Io sono Quintaona la governante. Ci sono delle governanti tra i morti? chiesi meravigliato. giusto quindi chiedere ogni giorno a Dio misericordioso che i morti 'requiescant in pace', che riposino in pace; perch se ci sono delle governanti, disturberanno tutti con il loro chiasso. Credevo che le donne morissero quando diventavano governanti e che le governanti non dovessero morire, perch il mondo era condannato a un'eterna governante, che non ha mai fine; ma ora ti vedo qui, mi disinganno e mi rallegro di vederti. Perch noi, laggi, a volte diciamo: Guardate Quintaona la governante, ecco Quintaona la governante'. Dio vi rimeriti e il diavolo vi porti disse lei, se avete tanta memoria di me senza che io ne senta la necessit.

Ditemi, su da voi non ci sono altre governanti? Io sono Quintaona; non ce ne sono da voi di diciott'anni e di settanta? Perch non andate dietro a quelle e lasciate stare me, che sto all'inferno da ottocento anni con lo scopo di trovare alle governanti una collozione e i diavoli ancora non hanno osato riceverle, perch noi, dicono, risparmiamo le pene ai dannati, conserviamo l'estremit dei tizzoni come se fossero candele e non ci sar pi alcuna cosa sicura all'inferno? Sto pregando con tutta me stessa il purgatorio; e tutte le anime quando mi vedono dicono: 'Una governante? Non a casa mia'. Dal cielo non desidero niente, perch per noi governanti la morte se non troviamo qualcuno da tormentare e un po' di pettegolezzo da fare. Anche i morti si lamentano perch non li lascio essere morti come dovrebbero e tutti mi hanno lasciato libera di tornare a fare la governante sulla terra. Preferisco starmene qui a servire da fantasma che nel mio salotto tutta la vita, seduta ai bordi di una panca a controllare le donzelle, che poi pi una semplice occupazione che un controllo. Quando arriva una visita si grida 'chiamate la governante' e devo andar gi con tutti gli orpelli delle frasi di rito; se lasciano un messaggio, subito: 'chiamate la governante' e non ho requie, anzi alla povera governante si lasciano messaggi per quanto lunga la giornata. Se non si ha un mozzicone di candela, 'chiamate lvarez, la governante, lei ce l'ha'. Se manca una cosuccia, ' stata la governante, stava l'. Ci prendono per cicogne, tartarughe, ricci di casa, che si mangiano gli animali dannosi. Se si fa qualche pettegolezzo, 'ora basta, governante'. una cosa penosa per la mia condizione e lo ancora di pi vedere che siamo le persone peggio sistemate del mondo, perch d'inverno ci mettono in cantina e d'estate in soffitta. Ma il pi bello che nessuno ci pu soffrire: Le serve perch dicono che le controlliamo, i signori perch li costringiamo a spendere, i domestici perch badiamo a noi stesse, gli estranei per il 'coram vobis' di tutti i discorsi, e hanno ragione perch tutte noi, appollaiate su alti tacchi, alte e diritte, sembriamo un sepolcro vivente. E poi, quando la padrona ha visite, che cosa non sono le nostre riunioni! L si generano angosce e singhiozzi, da l procedono calamit e piaghe, imbrogli e bugie, trame e maldicenze, perch le governanti consigliano bietole e lenticchie e pronosticano lucerne, candele e forbici per smoccolare. E che spettacolo vedere otto governanti, come otto capodanni o otto anni senza capo, che si alzano avvolte nei loro drappi e si accomiatano, con le loro bocche a balconcino, con la loro parlata disossata e il batter delle gengie, piazzandosi

ciascuna alle spalle della propria padrona e facendola infelice, le natiche basse, inciampando e battendo la fronte, per finire su una portantina, un po' barella e un po' feretro, e farsi trascinare da due bricconcelli. Preferisco restare fra i morti e fra i vivi moribondi piuttosto che tornare a far la governante. Una volta, un viandante che andava a Valladolid, avendo chiesto dove poteva fermarsi a dormire - era una notte d'inverno - ed essendogli stata consigliata una localit chiamata Dueas, chiese se poteva trovare alloggio o prima o dopo. Gli risposero di no ed egli allora proclam: 'Preferisco fermarmi sulla forca che a Dueas'. E rimase all'addiaccio, sugli scalini della colonna infame. Vi chiedo soltanto una cosa, e poi Dio vi liberi dalle governanti (non piccola grazia: per dire che qualcuno sar distrutto si dice che lo si concer da far parlare le governanti, pensate un po' che cosa vuol dire governante [...] Fate in modo di mettere un'altra governante nel proverbio e lasciatemi in pace; son troppo vecchia per entrare nei proverbi e camminerei piuttosto sui trampoli, perch andare di bocca in bocca stanca molto una persona. Striminzito, pelle e ossa, incarnato da selvaggina, uno zendale addosso, due maniche a far da brache, una pellegrina per cappa e una pensilina per cappello, mi si avvicin un uomo imbaccuccato e mi si rivolse come farebbe un cappellaio: Ehi, ehi mi disse. Gli risposi subito. Mi avvicinai e capii che doveva essere un morto che si vergognava. Gli chiesi chi fosse. Sono don Diego della Notte, mal vestito e ancor peggio nutrito. Stimo l'averti visto dissi quanto i beni che possiedo. O stomaco avventuriero! o fauci da rapina! o pancia al trotto! o terrore dei banchetti! o mosca d'ogni piatto! o cavabocconi dei signori! O divoratore dei conviti e cancro delle pentole! O gelone delle cene! O rogna dei pranzi! O orticaria del mezzogiorno! Al mondo non ci sono che compagni e discepoli e figli tuoi. Tutto per l'amor di Dio esclam don Diego della Notte, non mi mancava che questo di sentirmi dire. Ma per ripagarmi della mia pazienza, vi prego di compiangermi. In vita, andavo scegliendo le carni d'inverno per le strippate d'estate, senza poter coprire queste natiche con le brache; il corpetto

di pelo sopra le carni, la maggior parte del tempo digiuno di camicie, sempre dandomi dell'intenditore delle mense altrui; rinvigorendo con impasti di pece e chiodi lo sfinimento delle scarpe; rianimando le calze col solo nutrimento di ago e filo. E mi ridussi in uno stato in cui, vedendomi calzato di geomanzia perch tutte le calze erano punti, stanco di rattoppare le finestrelle, mi dipinsi le gambe con l'inchiostro e lasciai perdere. Giammai fazzolettino venne in soccorso al mio catarro, perch affilandomi il braccio sotto il naso mi verniciavo di raffreddore. E se per caso rimediavo un fazzoletto, affinch non si vedesse che mi soffiavo il naso, mi nascondevo sotto il tabarro e facendo il fantasma con la cappa e coprendomi il viso, soffiavo il naso di nascosto. Nel vestire sembravo un albero, perch d'estate mi coprivo e rivestivo e in inverno andavo nudo. Non mi stato mai prestato nulla che io abbia poi restituito: perfino le spade, di cui si dice non ce ne sia una sola che non ritorni, me ne prestassero una tutti, nessuna restituirei. Non avendo mai detto la verit in tutta la vita, e aborrendola, si diceva che la mia persona rappresentava proprio la verit: nuda e amara. Quando aprivo la bocca, il meglio che ci si potesse attendere dagli altri era uno sbadiglio o un attacco di nervi, perch tutti si aspettavano il 'datemi qualcosa', 'fatemi un prestito', 'fatemi la carit'; e tutti, essendosi armati di risposte canagliesche, rispondevano a fior di labbra, sbrigativamente: 'non posso dar niente', 'Dio provveda', 'davvero non ho niente', 'sarei ben felice', 'non ho un quattrino'. Fui tanto sfortunato che per tre cose sono sempre arrivato in ritardo: [...] a chiedere un prestito arrivavo sempre due ore dopo, e mi ripagavano in questo modo: 'Se vostra signoria fosse arrivato due ore fa, le avrei prestato il denaro'. Anche nel visitare i luoghi arrivavo sempre due anni dopo e quando facevo l'elogio di un qualsiasi paese mi si diceva: 'Adesso non vale niente; se vostra signoria lo avesse visto due anni fa! A conoscere le belle donne e a dirne le lodi arrivavo sempre anni dopo, e mi sentivo dire: 'Vostra signoria avrebbe dovuto vedermi tre anni fa, sprizzavo sangue dalle gote'. A questo punto sarebbe stato molto meglio che m'avessero chiamato don Diego Dopo che don Diego della Notte. Posso forse dire che dopo la morte ho trovato riposo? Sono qui e non mi sazio di morte; i vermi muoiono

di fame con me e io per la fame mi mangio i vermi; e i morti fuggono sempre da me perch non attacchi loro il don, non rosicchi loro le ossa o non chieda prestiti; e i diavoli mi stanno lontano perch non mi riscaldi a sbafo ed io me ne vo per questi angoli nascosto in una ragnatela. Ne avete fin troppi, lass, di don Dieghi a cui fare ricorso. Lasciatemi alle mie faccende: non c' morto che arrivi da noi e non chieda di don Diego della Notte. E riferisci a tutti i don instabili, ai gentiluomini insipidi, parahidalghi e quasi don, che si comportino bene al posto mio. Io son qui a patire in un piegabaffi di fuoco, perch essendo un mendicante gentiluomo me ne andavo con forma e spiegabaffi da una parte e ferro per la gorgiera e bolla papale dall'altra. Questo, e lo spostare la mia ombra, io lo chiamavo cambiar casa. Spar quel gentiluomo-visione, e ai morti venne fame. Quindi, con la maggior fretta che si sia mai vista, mi si avvicin un uomo alto e magro, minuto di fattezze, a forma di cerbottana, e senza darmi respiro mi disse: Fratello, lasciate perdere tutto il resto, e subito; vi aspettano le donne morte, che non possono venire qui, dovete andare immediatamente ad ascoltarle e a fare quello che vi ordineranno senza replicare e senza dilazione. Mi irrit la fretta di quel diavolo di morto; non avevo mai visto uomo pi impulsivo. Dissi: Non sono cose da fare in un battibaleno. S che lo sono disse molto turbato perch sono io Battibaleno, e questi che sta al mio fianco (anche se non l'ho mai visto prima) Allacarlona, e ci assomigliamo come il piovere e il friggere. Vedendomi fra Battibaleno e Allacarlona, andai come un fulmine dove mi chiamavano. Da una parte erano sedute alcune morte; disse Battibaleno: Ecco donna Ffula, Mari-Zpalos e Mari-Rabadilla. Disse Allacarlona: Sbrigatevi, signore, c' molta gente che aspetta. Donna Ffula disse: Io sono una donna molto illustre. Noi siamo dissero le altre le povere disgraziate che voi vivi tirate in

ballo nelle conversazioni diffamanti. A me non importa niente disse donna Ffula ma voglio che sappiate che sono la moglie di un poeta di teatro, che ne ha scritte di molte, e una volta la carta su cui scriveva mi disse: 'Signora, non le so dire quanto meglio mi troverei stracciata in un pozzo nero che usata nelle strofe delle sue commedie'. Fui donna di grande intelligenza e mille volte mi afflissi col poeta mio marito per le sue commedie, autos ed entremeses. Gli chiedevo come mai, quando nelle commedie un vassallo inginocchiato dice al re: 'Mi prostro ai vostri piedi', questi risponde sempre: 'Vieni piuttosto fra le mie braccia'. Sarebbe pi ragionevole far dire: 'Mi prostro ai vostri piedi' e che si rispondesse: 'Ed io poi come camminer?'. Intorno alla fame e alla paura dei lacch ebbi una grande discussione con lui. E con le mie buone maniere [...] lo convinsi a meditare sul finale delle commedie, e a difendere l'onore delle fanciulle: prima le faceva involare alla svelta, ed era un peccato. Non mi saranno mai grati abbastanza, in tutta la loro vita, i genitori di quelle poverine. Misi anche un freno alla sua inclinazione per i matrimoni, che lui improvvisava per uscire dal ginepraio del terzo atto, dove non c'erano rendite al mondo che bastassero. In una commedia, per evitare che si sposassero tutti, gli chiesi che il servitore, visto che il suo padrone gli voleva far sposare la cameriera, non desiderasse sposarsi e non ci fosse per lui alcuna possibilit di matrimonio, affinch almeno una commedia terminasse con un servitore scapolo. Gli scontri pi vivaci, tanto che volevo quasi separarmi, avvennero per gli autos del Corpus Domini. Io gli dicevo: 'Diavolo d'un uomo, mai possibile che negli autos del Corpus il diavolo debba sempre entrare conm impeto e urla e calci, e con un impeto per cui sembra che tutto il teatro sia suo, e troppo piccolo per il suo ruolo, come chi dicesse: 'questa la casa del diavolo'? e Cristo invece sia sempre tanto dimesso che appena riesce a parlare? Per il vostro bene, scrivete un autos in cui il diavolo non dica la bocca soltanto mia, e che non parli, visto che deve tacere, e che parli Cristo, perch lo pu fare e ha ragione di farlo, e che sia Cristo ad arrabbiarsi. Quantunque egli sia la pazienza in persona, pure si indign talvolta, e prese la frusta, e rovesci tavoli, botteghe e cattedre, e fece scalpore. Ottenni che, potendo dire Padreterno, non dicesse Padre Sempiterno, e

che dicesse Satanasso invece di Satana, perch queste son le parole che vanno bene quando il diavolo entra facendo bu bu bu ed esce come una saetta. Difesi gli entremeses, che distribuivano bastonate a tutti e con le loro bastonate rispondevano a chi se ne lamentava: 'Lamentatevi [...] invece delle commedie, che finiscono tutte con un matrimonio, e sono peggio perch son fatte tutte di mogli e di bastonate. Le commedie, che udirono queste parole, per vendicarsi cedettero i matrimoni agli entremeses e alcuni di questi, per farla franca e rimanere scapoli, decidono ora di terminare con barbieri, chitarre e canzoni. Donna Ffula chiese Mari-Zpalos, son dunque tanto cattive le donne? Irritata e con molto sussiego, rispose donna Ffula: Guardate un po' con che cosa salta fuori, adesso Mari-Zpalos!

Come fu come non fu, cominciarono a battibeccare e in breve si azzuffarono, e Mari-Rabadilla, che era presente, non riusciva a rappacificarle, perch i suoi stessi figli, per mangiare ognuno nella propria ciotola, si stavano prendendo a cazzotti. Badate diceva donna Ffula di dire al mondo chi sono. Ribatteva Mari-Zpalos: Badate piuttosto di riferire come l'ho ridotta. Mari-Rabadilla disse: Dite ai vivi che se i miei figli mangiano ognuno nella loro ciotola, non fanno male a nessuno. Sono peggiori coloro che mangiano nella ciotola degli altri, come don Diego della Notte e altri compari della sua risma! Mi allontanai di l con la testa che mi scoppiava, e mi sentii investire da strani rumori, pigolii e cigolii; vidi una donna che correva come una pazza gridando: Pio, pio. Pensai che si trattasse della regina Didone, che rincorreva il pio Enea a causa del brutto tiro che le aveva giocato, quando sentii dire: Quella Marta

che insegue i polli. Il diavolo ti porti, qui ti trovi? Per chi allevi i tuoi polli? chiesi. Lo so io rispose. Li allevo per mangiarmeli, dal momento che ripetete sempre: 'Muoia Marta e muoia sazia'. Chiedete un po' a quelli che sono al mondo se canta bene chi ha fame. La smettano di dire sciocchezze, si sa benissimo che non c' miglior canzone di quella della persona satolla. Dite loro che mi lascino qui coi miei polli e che distribuiscano i loro proverbi fra le altre Marte che cantano dopo essersi rimpinzate; ho gi abbastanza impicci qui coi miei polli senza andare ad abitare nelle vostre filastrocche. Che urla e che grida si sentivano in quella voragine! Chi correva da una parte, chi da un'altra. In un istante fu grande turbolenza. Non sapevo dove nascondermi. Si sentivano fortissime grida, che dicevano: Io non ti voglio, nessuno ti vuole. E lo dicevano tutti. Sentendo quelle grida, pensai: Se non lo vuole nessuno, deve trattarsi di un povero, che si tratti di un povero, tutto lo lascia pensare. Tutti dicevano: Verso di te, viene verso di te. Io non sapevo che fare, mi muovevo come un folle cercando il modo di fuggire, quando una cosa che appena riuscivo a distinguere, un'ombra, mi afferr. Per lo spavento, mi si rizzarono i capelli in testa, mi sentii tremare nelle ossa. Chi sei, o che cosa sei, o che cosa vuoi chiesi, che non ti vedo e non ti sento? Io sono disse l'anima di Garibay e vado cercando chi mi vuole; tutti mi fuggono e la colpa vostra, di voi vivi, che avete incominciato a dire che l'anima di Garibay non l'ha voluta n Dio n il diavolo. E con questo dite una menzogna e un'eresia. L'eresia sta nel dire che Dio non l'ha voluta; Dio ama

tutte le anime e per tutte le anime mor. Sono loro che non amano Dio. Dio ha amato l'anima di Garibay come tutte le altre. La menzogna consiste nel dire che non l'ha voluta il diavolo. C' forse un'anima che il diavolo non desideri? No di certo. Dal momento che non ha schifo dell'anima dei cuochi, dei mercanti di panni, dei sarti e dei cappellai, non ce l'avr nemmeno della mia. Quando ero vivo nel mondo, mi amava una donna calva e bassa, grassa e brutta, smorfiosa e sporca, e dotata di un'altra dozzina di difetti. Se questo non essere amati dal diavolo, non so cos' il diavolo; capisco da ci che il diavolo mi amava per procura e che per procura essa m'indiavol, e ora mi aggiro in pena per questi sotterranei e sepolcri. E ho deciso di tornare nel mondo e di andare fra gli sbirri senz'anima e fra gli imbroglioni, che per avere un'anima mi ricevono tutti; si pu dire che costoro, e tutti quelli che svolgono analoghe attivit, hanno l'anima di Garibay. E andate a dire a quei tanti che dicono che l'anima di Garibay non l'ha voluta n Dio n il diavolo, che sono loro a volerla, e che gi ce l'hanno, e che mi lascino perdere e pensino a se stessi. Cos detto, spar col medesimo rumore. Lo seguiva una gran ciurma di cenciaioli, osti, locandieri, pittori, venditori di balocchi e gioiellieri, dicendo: Aspetta, anima mia. Mai vidi cosa tanto desiderata. E mi stupii che nessuno la volesse al suo arrivo, mentre tutti la volevano alla sua partenza. Rimasi confuso quando mi avvicinarono Percio de los Palotes y Pateta, Juan de las calzas blancas, Pedro por Dems, el Bobo de Coria, Pedro de Urdemalas (cos almeno mi dissero che si chiamava) e dissero: Non vogliamo parlare dell'affronto che si fa a noi nei racconti e nelle conversazioni, perch non basterebbe un intero giorno. Risposi che era una buona idea, perch con tutto quello che avevo visto avrei finito per non ricordarmi niente. Vogliamo soltanto disse Pateta che tu veda la galleria dei morti dei proverbi. Alzai gli occhi e vidi da un lato San Macarro che imitava il ronzio del

calabrone e al suo fianco San Leprisco. In mezzo c'era san Ciruelo, con molte offerte e promesse di signori e prncipi nell'attesa del loro giorno, quello di San Ciruelo, in cui finalmente ne farebbero di generose. Sopra di lui c'erano il santo di Pajares e frate Jarro, il sacrestano, gonfio come un otre, vicino a San Porro che si lamentava dei carrettieri. Odoroso di tino, con una vendemmia ad occhi occhio e sputando grappoli, le mani come sgabelli per otre e il naso come cannella da botte, Frate Jarro disse in tono avvinazzato ma chiaretto: Questi sono santi che la malizia ha canonizzato con poco timor di Dio. Me ne volevo andare, quando sentii quel santo di Pajares che diceva: Ah, compagno, informate il mondo che molti furfanti, che da voi sono considerati santi, hanno gi qui il loro pagliaio; il resto che abbiamo da dire lo diremo un altro giorno. Volsi loro le spalle e mi ritrovai accanto, appiccicato, don Diego della Notte, che si stava grattando in un angolo; lo riconobbi e gli dissi: possibile che in vostra signoria ci sia ancora qualcosa da mangiare, signor don Diego?

Mi rispose: A causa dei miei peccati, sono refettorio e albergo di pidocchi. Vi supplico, mandatemi degli stuzzicadenti, visto che ve ne andate; da voi ce ne sono molti mentre qua non se ne trovano; vorrei fare la mia figura e senza di essi mi sento impacciato. Appena me ne metto uno in bocca, mi sento un re, le mie mascelle si danno ai giochi di prestigio e insomma mastico, succhio e tengo fra i denti qualcosa, che a poco a poco finisco per rosicchiare. E se sono di lentisco, fan bene contro l'idropisia. Mi fece molto ridere, e m'allontanai fuggendo, per non vederlo abbattere un muro a forza di grattarsi le costole contro di esso. Cos scomparve quel cavaliere-illusione. Gridando e ululando veniva avanti un morto dicendo: Tocca a me. Io lo sapr. Lo dir. Ci capiremo. Cos' questo? e altre cose del genere.

Un po' confuso dalla baraonda dei ragionamenti, chiesi chi fosse quella persona cos bene informata. Un altro defunto che stava al mio fianco rispose: Vargas, che si sta occupando di ogni cosa, secondo il detto: 'Se ne occupi Vargas'. Camminando, incontr Villadiego. Il poveretto era molto afflitto, parlava da solo, si rivolse a Vargas e gli disse: Signor Vargas, dal momento che lei si occupa di tutto, mi faccia la grazia di accertare chi sono 'quelle di Villadiego' di cui tutti parlano; io sono Villadiego e in tanti anni che sono vissuto e che mi trovo qui non l'ho mai potuto sapere; non sento la loro mancanza ma vorrei uscire da questo incantesimo. Vargas gli rispose: C' tempo per questo, rimaniamo a casa nostra; ora lasciatemi, per la vita vostra, perch sto indagando su chi nato prima, se le bugie o i sarti. Perch se le bugie son nate prima, chi le poteva dire, se non c'erano i sarti? E se son nati prima i sarti, come potevano esistere senza bugie? Appena l'ho scoperto, ritorno. E con questo spar. Dietro di lui veniva Miguel de Bergas, dicendo: Io sono il Miguel delle negazioni che non hanno un perch, e vado sempre in giro con uno attaccato ai fianchi (questo no, Miguel de Bergas), e nessuno mi concede nulla, senza ch'io sappia bene perch e che cosa ho fatto. Avrebbe parlato ancora, tanto si era appassionato, se non fosse arrivata, carica di panini votivi, piena di acciacchi e singhiozzante, una povera donna. Donna sventurata, chi sei? chiesi. Rispose: La serva dell'abate, quella che nelle favole divide il male con chi lo va a cercare. Cos l'esordio della morale dice: 'E il male ricada su chi lo va a cercare e sulla serva dell'abate'. Io non divido proprio nessuno, anzi faccio in modo che si sposino tutti: mi accontento dell'elemosina che mi pu fare una pianeta e del sostentamento delle ampolline di vino da messa: osservo i responsi della Chiesa come un'anima del purgatorio; che cosa pretendete dunque da me, se non c' malanno che non mi tocchi? Detto questo, se ne and; al suo posto rimase un uomo triste, con una faccia un po' da spettro e un po' da messaggero di sventure. Con quella faccia da funerale dissi, sei di troppo persino al marted. Chi sei?

Sono Uccidiletacendo rispose, e nessuno sa perch mi abbiano affibbiato qusto nome; un'assurdit, perch si uccide proprio quando si parla troppo e il nome giusto dovrebbe essere Uccidileparlando. Infatti le donne desiderano soltanto che un uomo dica di s, dal momento che chiedono in continuazione; e se chi tace acconsente, io mi dovrei chiamare Resuscitaletacendo; invece ci sono in giro molti ragazzetti dalla lingua lesta, che uccidono quanti li stanno ad ascoltare e per questo si vedono tante orecchie ferite. vero disse Lancillotto. Hanno consumato anche me a furia di lancillottarmi nel discutere se son venuto o no dalla Bretagna; e sono tali chiacchieroni, che sapendo che il mio romance dice: le donzelle si curavan di lui e le governanti del suo ronzino han dedotto che ai miei tempi le governanti fossero garzoni di scuderia perch si prendevano cura del ronzino. Starebbe fresco il ronzino in mano alle governanti! Soltanto il diavolo glielo potrebbe affidare! vero (non lo posso negare) che le governanti, essendo giovani, anche se si trattava solo di cavalli, si intromisero (come fanno per tante altre cose), ma io feci ci che mi conveniva. Credete pure al signor Lancillotto disse un povero garzone, semplice, umile e dalla faccia ebete. Garantisco io. Chi sei tu chiesi, che pretendi di trovar credito in questa gente imputridita? Rispose: Sono il povero Giovanni Anima Buona, a cui non servito avere una buona anima o altro perch lo lascino stare da morto. Strana cosa che nel mondo io serva da soprannome per tutto ci che vi di peggio! ' un Giovanni anima buona' dicono del marito che soffre, dell'innamorato tradito, dell'uomo imbrogliato, del padrone derubato, e della donna raggirata. Io invece me ne sto qui senza avere a che fare con nessuno.

Questo niente disse Juan Ramos, giuraddio, furono i diavoli che mi fecero prendere una gatta. Mi conveniva piuttosto farmi mangiare dai topi, visto che non mi si lascia mai in pace col ritornello: 'Ecco la gatta di Juan Ramos', 'Prenditi la gatta di Juan Ramos'. E il peggio che adesso non c' ragazzina, n ragionierino (che fino a ieri non aveva da contare che dolori e fallimenti), n segretario, n ministro, n ipocrita, n postulante, n giudice, n querelante, n vedova, che non si comporti come la gatta di Juan Ramos; ora mi sento tutto una gatta, mi par d'essere sempre in febbraio e preferirei essere il sarto del Campillo, piuttosto che Juan Ramos. Come un lampo salt su il sarto del Campillo e chiese che cosa c'entrasse Juan Ramos col sarto. Cominciarono a litigare sull'intromettersi o non intromettersi, se si doveva dire per l'innanzi gatto invece di gatta, e se il sesso costituisse o meno un miglioramento. Il sarto non si affid alle forbici, ma us le unghie, e giustamente, cosicch cominci una briga del diavolo. Di fronte a tale rissa, decisi di lasciarli.

Stavo camminando pian pianino e cercando chi mi guidasse, quando mi sipar dinnanzi, senza dir parola e neanche farfugliando come i bambini, un morto di bella presenza, vestito bene e di bella cera. Temendo che fosse pazzo, lo affrontai. Cercarono di rappacificarci. Diceva il morto: Lasciatemi sistemare questo mascalzone, disonorati. Giuro sulle mie ciabatte che far in modo che rimanga qua. Io ero in collera e gli dissi: Vieni un po' qui che torno ad ucciderti, infame. Non puoi essere un uomo dabbene: vieni un po' qua cornuto. Non l'avessi mai detto! Non avevo ancora finito di pronunciare la brutta parola, che di nuovo l'uomo mi si avvent contro e io feci lo stesso. Arrivarono altri morti e dissero: Cosa avete fatto? Sapete con chi state parlando? Diego Moreno chiamate cornuto? Non potevate prendervela con una testa meno adornata? Sarebbe lui Diego Moreno? esclamai. Ero infuriato e gridai: Infame,

hai il coraggio di parlare? Chiami gli altri disonorati? Ma allora la morte che non ha onore, se consente a costui di rimanere qui. Che cosa ti ho fatto io? Avete scritto un entrems disse subitamente Diego Moreno. Sarei dunque un cornuto, e tutte quelle altre porcherie che avete detto di me? Non avevate altri Moreni sotto mano? Non sapevi che tutti i Moreni, anche se si chiamano Giovanni, sposandosi diventano Dieghi e che moreno il colore della maggioranza dei mariti? Che cosa ho fatto io, che non abbiano fatto tanti altri? Le corna sono forse terminate con me? Sono forse montato in superbia in virt di esse? Son diventati pi preziosi, dopo la mia morte, i calamai e i manici dei coltelli? Che cosa ti ha spinto a mettermi sul palcoscenico? Io sono stato un marito in tutto e per tutto, perch tutto prendevo e dappertutto ingrassavo: facevo la bella addormentata coi ricchi ed ero vigile come una volpe coi poveri. Poco malizioso, quello che potevo cacciare nella borsa, non lo cacciavo in brutte faccende. Mia moglie era una furbacchiona e mi diffamava, perch aveva preso l'abitudine di dire: 'Dio protegga il mio Diego Moreno, che non mi ha mai detto n bene n male'. Mentiva la birbona, ho detto bene e male di lei duecento volte. E se pu essere utile, raccomandate ai cornutacci che vivono adesso sulla terra, di cominciare a dire alle loro donne bene e male, e vedremo se le teste gli si sfronderanno e se potranno fermare la crescita dell'osso frontale. Ma c' dell'altro: si sussurra che non ho mai detto n male n bene, ed vero tutto il contrario, perch quando vedevo entrare in casa mia dei poeti dicevo male!; quando ne vedevo uscire dei genovesi dicevo bene!; quando vedevo mia moglie coi damerini dicevo male!; quando la vedevo coi mercanti dicevo bene! Se incontravo sulle scale un pezzo d'uomo dicevo male male!; se incontravo un fornitore o un commerciante dicevo bene bene! Di quali altri cose potevo dire bene e male? Ai miei tempi un marito posticcio faceva scalpore, si faceva moneta falsa per averne uno, e trovarlo non era facile. Adesso si sposano in tanti e si mettono a fare i mariti come farebbero i sarti o gli scrivani. E ci sono mariti che studiano da cornuti, sono gli apprendisti della vita coniugale. E la faccenda procede in maniera che se tornassi a vivere, pur essendo Diego Moreno in persona e un cornuto esemplare, potrei fare lo studente e l'apprendista di fronte a certi mariti che

non riescono a pettinarsi per colpa delle escrescenze e si pettinano soltanto le loro barbe da capricorno. Perch tanta umilt? gli dissi. Sei stato il primo uomo che con la testa abbia reso corneo il matrimonio, il primo che abbia fatto crescere, sotto il cappello, vetri di lanterna, il primo che abbia dato l'avvio ai matrimoni senza adeguata copertura. Una volta sulla terra non far che scrivere giorno e notte entremeses sulla tua vita. Questa volta non ci andrai disse. E tornammo a sbranarci; le grida e il chiasso che facevamo mi svegliarono. Diedi un sobbalzo nel letto e gridai: Il diavolo tiporti; adesso ti arrabbi? proprio dei cornuti arrabbiarsi dopo la morte? E mi ritrovai nella mia stanza stanco e incollerito, come se la lite fosse stata vera e il mio viaggio non fosse stato un sogno. Ciononostante mi sembr giusto non disprezzare del tutto questa visione e darle un certo credito, perch son del parere che raramente i morti si burlano di noi che, essendo privi di pretese e di illusioni, cercano pi di insegnare che di divertire.

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