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Montesquieu, Elogio della sincerit (1719) E che!

Dovremmo forse viver sempre come schiavi, mascherando tutti i nostri sentimenti? Dovremmo lodare, approvare di continuo, sino a tiranneggiare i nostri pensieri? Chi ha il diritto di pretendere tale sorta d'idolatria? Di sicuro, l'uomo molto, molto debole se rende omaggi simili, e molto ingiusto se li pretende. Pur tuttavia, come se il merito consistesse nell'essere schiavi, si ostenta una meschina condiscendenza. la virt del secolo, l'unica preoccupazione dei giorni nostri. Quelli che hanno in cuore ancora un po' di nobilt fanno quanto possono per perderla. Assumono l'anima del miserabile cortigiano per non passare per originali, diversi dagli altri. La verit resta sepolta sotto le massime di una cortesia fittizia. Si chiama saper vivere l'arte di vivere con meschinit. Non si fa differenza fra conoscere il mondo e ingannarlo, e il cerimoniale, che dovrebbe esclusivamente limitarsi all'esteriorit, finisce con l'insinuarsi persino nei costumi. Si lascia la spontaneit alle menti limitate, come se fosse un segno della loro stupidit. Nell'educazione, la franchezza vista come un difetto. Non si chiede che un cuore abbia tutte le carte in regola: basta che sia come gli altri. come nei ritratti, ove si pretende soltanto che siano somiglianti. Con la dolcezza dell'adulazione si pensa di aver trovato il modo di rendere meravigliosa la vita. Un uomo semplice, che dica solo la verit, visto come un perturbatore del pubblico piacere, lo si fugge, perch non piace; si fugge la verit che annuncia perch amara; si fugge la sincerit che professa, perch reca soltanto frutti selvatici; la si teme, perch umilia, perch fa ribellare l'orgoglio la pi cara delle passioni -, perch un pittore fedele, che ci mostra deformi cos come siamo.

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