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GIORNALE STORICO

LETTERATURA ITALIANA
SUPPLEMENTO
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GIORNALE STORICO
DELLA

LETIERATURA ITALIANA
DIRETTO E REDATTO

FRANCESC(h MOVATI

RODOLFO RENIER

SUPPLEMENTO

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Il

TORINO
Casa

E^

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oe

ERMANNO LOESCHER
1914

\,'

PROPRIET LETTERARIA

Torino

Vikcenzo Bona, Tip. di

S.

M. e de' BR. Priucipi

0\^jnJK^

Giornale storico d.

letter. Un.

La chiesa
(dal codice di

Marco

di

di S.

Tav.

Supplem. N. 16.

Martino del Vescovo nel 1425

Bartolomneo Rustidii nel Seminario

di Firenze, e. 25 a).

CANTARI LEGGENDARI
DEL I^Or^OLO IT^LIA-NO
I

nei secoli

Sommario:

1.

Introduzione.

di leggende.

5.

Vergi.

Madonna

bruno.

13.

8.

XIV

Tre giovani disperati

donna Elena.

2. I cantastorie.

27 bel Gherardino.

10. GibeJlo.

XV.

11.

lAonessa.

16. Cerbitw.

6.

e tre fate.

Gismirante.
14.

La

3. 1 cantari.

4. Il

Pulzella gaia.

12.

Fiore

7. Li<yin-

La donna

9.

del

Bruto di Bretagna.

regina d'Oriente.

Ma-

1-5.

17. Conclusione.

I.

Introduzione.
Io prego voi ohe ciaschedan m'intenda,
per ohe questo '1 fior della leggenda.

{La

Nella piazzetta di
tra le torri e
al
i

S.

due

1, 7).

(1),

di

Trecento

secoli, dal

Cinquecento, ogni sera risonarono sulla viola dei cantastorie


cantari leggendari, ch'io voglio far rivivere in queste

(1) Presso a S.

Martino erano anche

le

case degli Alighieri.

doc. del 1189, nel quale Preitenitto e Alaghiero figli

bligano di far tagliare


S. Martino.

La

le

fronde di certo loro

parrocchia di

S.

fico

riche delle chiese

207

fiorentine

e 8gg.;,A. Cocchi,

Le

mie pa-

noto quel

di Cacciaguida

si

Martino fu soppressa nel 1479


s.

J.,

e allora la

Notizie

storico

isto-

divise ne' suoi quartieri, Firenze, 1754, voi.

chiese di Firenze dal sec.

XV

al

XX,

Suppl. n 16.

I,

voi. I

(quart, di S. Giovanni), Firenze, 1903, p. 118.

Oiomale

ob-

che sporgeva sul muro di

chiesa fu trasformata e riacconciata di nuovo. Cfr. G. Richa

p.

IH,

Martino del Vescovo, a Firenze

palazzi di pietra, per

reg. d'Or.,

LSVI

X.

La plebe

gne.
saliva

ad una panca, sulla quale poi

affollava intorno

si

cantastorie per recitarvi

il

suo canto: artigiani, bor^

il

ghesi e cavalieri, persino gli uomini gravi di scienza e di dottrina ivi convenivano da ogni strada e da ogni sesto della citt.

Era uno spettacolo bizzarro e commovente quello

della piazza

gremita in attesa delle ottave del cantare ; e quando

mare

terino gettava lo sguardo su quel

di teste,

il

can-

suo cuore

il

si

gonfiava d'orgoglio e l'occhio sfavillava d'ebbrezza:


come gode talora un contadino
quando

e'

vede la vigna et

le sue

prode

preparata et disposta a far del vino,

l'animo mio gode,

cos son io, e

quand'io sguardo talora in San Martino,


e

veggo tanta nobilt che m'ode!

Erano rozzi ed

incolti quei poeti plebei

(1).

eppure

la loro parola,

squillando tra le facciate di pietra delle vecchie case, aveva in

quei momenti un tono epico che travolgeva l'anima dell'uditorio.

Persino

umanisti, che dovevano sdegnare quell'arte rozza e

gli

spontanea,

lasciano talvolta sfuggire degli accenti di irrefre-

si

nata ammirazione di fronte a quegli uomini cosi diversi da loro.


Il

Verino

(2) in

una sua

lettera ricorda ancora

tato nel suo cuore dal cantare

Antonio

di

d'uno

il

fremito susci-

di quei poeti

da piazza,

Guido:

Audivi ego quondam Anthoninm

in

vico Martini

nentem tanta eloquentia ut Petrarcham audire

viderer,

bella

ut agi

Orlandi ca-

non

referri

bella putares. Legi post carmina eius, inculta ut alia crederes.

(1)

Sono

versi d'uno di quei

l'Altissimo, nel cantare

LIX

cantampanca, di Cristoforo da Firenze detto

del

LQtro dei Beali]

strambotti dell'Attissimo, Torino, 1886,


(2) Cos

una

Ridolpho

in

super. 29,

e.

cfr.

R. Ekkier, Sonetti e

xni n.

lettera di Michele Verino, Epist. Mi[chaelis]

Michaelis Verini
20

p.

b.

trocento, p. 288.

Epist., h.

I,

n.

Verini] Petra

64 nel cod. Laurenz.

XC

Questo passo indicato e tradotto da V. Rossi, Jl Quat-

il

CANTABI LBGGENDABI ITALIANI

Fontano nel dialogo De fortitudine domestica

pari fervore ci descrive

domeniche

il

il

cieco Niccol da Arezzo:

quam audientiam

Dii boni,

Nicolaus coecus habebat,

etruscis numeris, aut sacras historias aut annales

ge s t u decantabat

eum

cursus ad

cum

fiebant!
,

gli ozi,

accompagnavano

le ottave del cantastorie

rombo

dell'officina. Il Sacchetti (nov.

chiava la CoTnmedia come

mente del

la

sogni e

riposi

lo squillo del martello

GXIV)

fabbro di Porta San Piero che battendo

ug-

e s

Qui doctorum hominum, qui Florentiae tunc erant, con-

popolo durante le fatiche del giorno,

il

diebus,

festis

rerum antiquarum

Le immagini fantasiose del cantare popolavano

con

2)

(1.

cantare in panca che faceva tutte le

ci

racconta d'un

suU' incudine cantic-

canta uno cantare e tramestava

si

versi smozzicando e appiccando

rimproverato dal Poeta, se

volle cantare, cant di Tristano e di Lancellotto e lasci stare

Dante

il

Francesco da Buti commentando l'accenno a Ginevra

e Lancillotto, che nel quinto canto


l'episodio, perch, dice,
tari (1).

sorvola sul-

istoria nota e la dicono

can-

Gustoso l'aneddoto raccontato dal Poggio nelle Fa-

(LXXXI)

cezie

eW Inferno^

un borghese

di quei cantori

di

Milano un

di di festa ud

da piazza, che cantano alla plebe

eroi; cantava costui della

ben settecento anni


a calde lagrime;

e,

morte

di

uno

gesta degli

le

Rolando, che era morto da

in battaglia, e quell'uomo prese a piangere

quando and a

casa, la moglie

che

lo vide

piangente, lo richiese qual novit fosse accaduta. Ahi, moglie

mia

Ed

disse

son morto!

Amico mio

disse la moglie

che avversit t'incolse ? Vieni dunque a consolarti a cena


egli

mente

continuava a piangere, n voleva prender cibo;

final-

cedette alle preghiere della moglie e disse la causa del

suo dolore:

(1)

Non

sai tu

che nuova ho

Francesco da Bbti, C<mm. sopra

voi. I, p. 171.

la

io

oggi udita ^

Div. Commedia

Quale

Pisa, 1858,

LEVI

mai ?

chiese la moglie.

solo che difendesse

cristiani

Egli morto Rolando, ch'era


.

molti uomini dabbene tutto

quell'apparato fantastico dei cantori faceva dar di volta


vello

il

cer-

il

e sognavano colpi sfoggiati, incantesimi, stregherie anche

quando

richiedeva freddezza di calcolo e spirito pratico. D'un

si

gran cantatore di giostra

parla

ci

Sacchetti in

il

un sonetto

(1)

piena la testa di leggende, con un guazzabuglio di parole frandi voler scontrare

cesi e fiorentine, egli gridava

Bacchilone e

Ciarlon imperiere pur correndo per borgo de' Greci e per


Parione. In un altro sonetto

novelliere

il

burla ancora delle

si

vanterie romantiche e romanzesche dei

suoi

concittadini,

dei

quali, dice (2),

ognun

vincerla

Tristano, Lancillotto e
del re

Art

cavalieri

tutta baronia.

chi potrebbe raccontare gli entusiasmi,

rapimenti, gli ar-

dori suscitati dalla leggenda nell'anima femminile ? Tutte le


del Trecento dovevano avere

dame

una biblioteca press'a poco qual'era

quella della vedova boccaccesca del Corbaccio, tutta ripiena dei


fatti

di Lancillotto, Ginevra,

dezze e

loro amori e le giostre e

Ella tutta

si

altro colle loro


alla quale

torniamenti e le semblee (3).

Lancelotto

quando legge

donne nelle camere segretamente e

avegna che

Canzone

ella faccia s

Tristano

soli raunarsi, s

come di

pare vedere ci che fanno e che volentieri

cos farebbe,

la

strittola

Isotta e di lor pro-

Tristano, di

o alcuno

come

colei,

loro imagina,

che di ci corta voglia sostiene. Legge

dello indovinello e quella di Florio

di Biancofiore e simili

cose assai.

(1) Son.

Po' che la giostra

dame

le

straniere

nell'autografo del Sac-

Ashburnham. 574, e. 40 a; pubbl.


di Franco Sacchetti, Roma, 1857, p. 33,

chetti, cod. Laurenz.

(2) Son.

Firenze bella, confortar

raccolta del

Pr. di

F. Sacchetti

cit., p.

Villarosa,

ti

voi.

18.

(3) Il Corbaccio, Parigi, 1569, p. 95.

tra le Poesie inedite

dei nell'autografo,

IV, p. 197

e.

3,

pubbl. nella

nelle Poesie inedite di

CANTARI LBGGBNDABI ITALIANI

II.

I cantastorie.

La

storia della giulleria italiana ancor tutta

cumenti abbondano,

ma

da

fare.

do-

sono un fascio disordinato, dal quale

nessuno ancora tent di compiere una ragionata rassegna, come


quella che fece

il

Farai per la letteratura francese

storia della nostra letteratura

giullari

(1).

Nella

hanno un'importanza

per lo meno uguale a quella dei predicatori, degli umanisti e

mezzo

dei maestri di scuola. In

che appesta

lata d'aria libera e sana; tra

stiche e le

goffaggini

incenso e di chiuso,

al tanfo di

le scuole e le sagrestie,

portano una fo-

giullari

l'uggia delle pedanterie umani-

affermano

fratesche, essi

diritti

fantasia sbrigliata e indisciplinata, dello spirito ingenuo

della

e" fresco

della plebe. Pi io medito sulle vicende della nostra letteratura,

e pi mi convinco che, pur essendo belle e rispettabili cose le


cocolle dei frati,
le raccolte

recchi

btoli degli umanisti, la polvere

classiche anticaglie, solo

di

furono

secoli

la

l'espressione diretta ed
soli

hanno

nella storia

il

diritto di
l'

letteratura

immediata

giullari

durante pa-

Se letteratura

italiana.

dell'

dei libri e

anima del popolo,

chiamarsi del popolo

altra letteratura, quella delle

essi

rappresentanti

preziosit e

delle

raffinatezze accademiche, delle disquisizioni sofistiche, dei dibattiti

di teologia, degli artifici e delle sottigliezze dei cortigiani e

una minoranza

delle cortigiane,

non l'espressione che

di

stretta e chiusa,

che non ebbe mai, o

perdette assai presto,

contatti

(1) E.

con

lo spirito

li

ri-

vivo e profondo del popolo italiano.

Farai, Les jongleurs en France au moyen ge {Bibl. de l'cole

des hautes ttides, voi.

CLXXXYU),

Parigi, 1910. Qui data la bibliografia

dell'argomento anche per gli altri paesi, romanzi e germanici.

LEVI

E.

pi antico documento sui dicitori dei cantari quella ben

Il

nota provvisione degli Anziani del comune di Bologna, che nel

1289 vietava

piazza del

Cum

ad altra gente di fermarsi sulle scale e sulla

comune

(1):

igitur sermoni divino

scilio et

formaggio, ai giuocatori d'azzardo,

ai tagliatori di

ai biscazzieri e

multa reverencia debeatur, quod placeat con-

masse populi quod huiusmodi lussores ayardi

besca^arie

edam cantatores fran9ginorum

sores casei... nec

ad cautandum nec in circonstan9is platee

non

et

et

in platea

inci-

comunis

comunis omnino morari

et pallatii

possint.

Questa consuetudine dei canterini di soffermarsi a cantare


sotto

il

anche

porticato del palazzo del

Comune

assai antica, perch

giurista Odofredo (f 1265) ricorda certi joculatores qui

il

ludunt in publico causa mercedis e vadunt in curia comunis


Bononie et cantant de domino Rolando et Oliverio

(2)

unde domini ioculatores qui ludunt in publico causa mercedis habende

...

et domini orbi, qui vadunt in curia comunis Bon. et cantant de

lando et Oliverio

si

domino

ro-

pr precio faciunt sunt infames ipso iure quia mercedis

causa ludibrium sui corporis faciunt.

(1)
volte,

Bologna

ci

nelI'Arch.
ma una sola

richiama un bellissimo documento di qualche

1. H, e. 275 6 e fu pubblicata molte


da F. Pellegrini, Il serventese dei Lam-

di Stato di Bologna,

con esattezza

hertazzi e dei Geremei, Bologna, 1892, p. 59. Leggo assai spesso nelle storie
letterarie che quei cantores fran^iginorum

uno sproposito tradizionale


<

cantores

erano

fior d'italiani, e

(2) Il passo citato

Bologna, 1894,

absolutissimi

primos

p.
|

di cui

ha gi

erano dei

fatto

il

Gaspary

quei

cantavano di materia francigena.

da N. Tamassia, Odofredo, studio storico-giuridico,

176 n. ed tolto dal

voi.:

Domini Odof

matura, diligentissimeque repetita in

pandectarum

giullari francesi.

giustizia

libros etc,

Lugduni,

MDL,

e.

fredi in iure

terpretatio, in

100

h,

col.

undecim

2*

In-

il

1894,

cfr.

torno

a questa testimonianza, che divenuta assai nota dopo

P. Meyer,

ge,

De

negli

Veocpansion de la langue frangaise en Italie pendant le inoyen


Atti del Congresso internaz. di scienze storiche, Roma, 1904

[Sez. di storia della lett.j, voi. IV, p. 69.

CANTARI LEGQBNDARI ITALIANI

anno pi recente

un

(1).

processo contro un certo Bonacosa

dei Forti, detto Gsola, vinattiere, accusato di aver pronunciato

parole scandalose e indecenti contro la parte Guelfa e di aver

un certo Ugolino da

insultato e ferito nella strada di Mirasele

Budrio

Gsola invoca parecchi testimoni in sua difesa:

un
Agutus tuscanus qui hospitatur ad hospicium Lance de Garexendis e un certo Bonaventura Zamboni, che attesta che nel
(2).

giorno del delitto, Gsola


trivio porte

cantare

era ben

da via Mirasele in

audiendum

(3).

ancor pi interessante

il

racconto di un altro teste Zo-

parinus cantator qd. Benincaxe

(1) Arch. di Stato di Bologna,

di

lungi

Ravenatis ubi cantatur de francesco ad

quad. Inquisitionum [1307] della podesteria

Gerardo Bostichi da Firenze, n" 515,

estratti che ora

seguono

e.

al cav. Giov. Livi,

17-18.

Ne devo

l'indicazione e gli

soprintendente di quell'Archivio.

Hec

testatem Bononie et judicem maleficiorum contra et adversus Cosolam

Cosam de

[1307], die jovis xj inadii post nonas incepta fuit inquisitio infrascripta.
est

quedam

que

fit

et fieri intenditur per

antedictum

d.

Posi ve

Fortis qui fuit de Vetrana et nunc hahitat Bononie in burgo

CapeUa S. Martini de Aposa, sive S. Marie de Mascarela, super


quod ad aures et notitiam predictorum dominorum Potestatis
et judicis malefitiorum, fama publica referente et clamosa insinuacione, pervenerit quod dictus Cosola seu Cossa de anno et mense presenti in civitate
Bononie et Capella
[lacuna dell'origin.]
dixit multa verha inepta,
indecentia et enormia in dampnum, detrimentum et subversionem status
pacifici Comunis et populi civitatis Bononie et partis Jeremiensium et Guel-

S. Petri,

inquisitio

in

eo et ex eo

forum, videlicet oportet ut

Guelfe et Jeremiensium nunc regnantis in civitate Bononie omnino de-

struantur et in nichilum deducantur.

qui fuit etc. precio vel

domini Jacobi de Bonacaptis

vetitis et

et vulneravit etc.

Mirasolis posita Bononie in via publica etc.

(2) Ib.,

(3)

18 a

e.

non

Da un

isti

Anciani et rectores et gubernatores partis

Notificatur vobis etc. quod Bonacosa sive Cosa de Fortis

vetitis

Et

Laurenci, cui

precibus
fuit

Ugolinum

ad insultandum

dicitur Len^us,
et

filius

qd.

vulnerandum cum armis

qd. d. libertini de Butrio et

eum

percussit

predicta fuerunt de predicto mense madii in centrata

fascicolo sciolto di

10

ce.

appartenente al quad. Testium della

podesteria di Gerardo Bostichi da Firenze [1307], non numerato n cartolato,


scritto dal not, Dainesio de' Dainesii

menti sincroni dal cav. Livi.

da Ferrara,

e ritrovato tra altri

fram-

LKYI

dura ipse testis vellet incipere cantare post prandi um, immediate vidit

...

una

dictura Cosolam

tatore de Florentia

ubi cantatur

ad

venientes

et

usque quo finitum

postmodum

secundum cantare

fuit

primum cantare,
ipse

nescit

et

finito

testis

quo

quasi immediate dictus Cosola redivit ad audiendum

quod incepit pari ter post nonas

et ibi stetit

horam vesprarum... justa Turim de Garesendis ubi

quasi ad

Interrogatus de quo cantabat ipse

tabat de Guielmo de Orenga

et

receserunt, et

diete cantare, dicti Cosola et predicti

tabat.

invicem

et

super trivio Porte Ravennatis, et ibi steterunt usque quasi

ad horam none

iverint, et

Andrea canintrare bancham

cura Ayuto de Florentia stratarolo

usque

ipse testis can-

respondit quod ipse can-

testis,

sfilano altri testimoni e ciascuno reca

qualche nuovo par-

ticolare pittoresco e bizzarro ad integrare la scena di quel can-

tare domenicale; Paolo di Bertolameo vidit dictum Cossolam

sedere super quodara bancho

ibi posito

* de francesco sive de paladino


Interr. in

qua parte

trivii fuit

cantandum respondit quod

Un

altro

testimonio

donde probabilmente
videtur, de

che

cantastorie

il

era zoppo,

Zopparino, e che cantava ut sibi

Guielmo de Orenga

(1);

un

altro

ancora assicura

aver visto Cosola sedentem super quodam bancho

di

ad audiendum

cantare

ad

umbram domorum

Ecclesie Sancti Marchi.

riferisce

nome

et stabat dictus cantator

porte Ravenatis ad

umbram

il

dictum cantare

in trivio

llorum de Garexendis, sive

ad audiendum cantare

e interrogato

di

ibi posito

quale leggenda

si

cantasse respondit quod de francisco, sed non recordatur de quo


francisco .

Il

quadro diventa

di

mano

in

mano

pi compiuto,

vivace e pittoresco. Siamo nel centro della vecchia Bologna, in

un

trivio affollato, proprio all'ombra della torre Garisenda,

Dante

XXXI,

(/n/".,

(1)

s'era soflermato a

136). Nella

guardare

nuvole fuggitive pe'

dove
cielo

breve piazza sono collocate delle

Albertus Zanis de Eayneriis:

Interr. quis

le

audiendum cantare de
quidam zopus .

...ad

cantabat, respondit quod

file

francisco.

CANTABl LEGGENDARI ITALIANI

panche; e vi una panca pi alta destinata

di

al cantore. Le
panche sono presto riempite dal multicolore pubblico domeni-

cale; cuffie, cappucci, becchetti,

lande e

meriggio)

il

canterino, che

Benincasa, incomincia

un

sano con ritmo misurato

un secondo, finch cala


le

zoppo e

campane

chiama Zoparino

si

suo canto; frammischiato tra la

il

Andrea da Firenze,

altro canterino,

Marco

guarnacchie, guagnele, oppe-

scoccare dell'ora di nona (alle tre del po-

farsetti. Allo

lo sta

ad ascoltare. Pas-

versi di un cantare; e poi quelli di

la sera e squillano

alla chiesa

San

di

del vespro. Gli spettatori, interrogati dal giu-

qualche giorno dopo, pi non ricordano con

dice de' malefizi

precisione l'argomento del cantare; soltanto dicono che

tava de francisco sive de paladino


della leggenda.

di

folla

Due

di essi,

cio

di

si

can-

un personaggio

frugando nella memoria, ricordano

che quel paladino era Guglielmo d'Oringa.

La leggenda

Guglielmo d'Orange era

di

fuse e fortunate tra noi;

cominciava a

sfiorire.

luogo delle glosse


rino,

dove

si

ai

ma

Documenti d'amore

passano in rivista

di Francesco da Barbe-

tmi leggendai'i pi favoriti

De paladinis

exosum nec multura cara lectura gestuum

et similium,

del Trecento gi in-

Sar utile ch'io richiami quell'importante

Tristanum propterea non obmictes.


dettir

al principio

delle pi dif-

infatti

(1):

autem loqui hodie

vi-

Guillelmi de Auringia

quorum fabule tam aperta fingunt mendacia. Novitat^s tamen

palatij dicti Guillehni

adhuc indicant ipsum magna

fecisse.

Un'altra bella ed antica testimonianza della diflisione dei cantari e dei cantastorie nell' Italia settentrionale

mento dantesco

(1)

si

ha nel com-

del bergamasco Alberico da Rosciate, composto

7 documenti d'amore

di

originali a cura di P. Egidi,

rono composti nel tempo

Francesco da Barberino secondo

Eoma, 1903,

stesso di quella

voi. I,

p.

lOL

manoscritti

Documenti

fu-

recitazione bolognese; pensati tra

1297 e il 1300, furono condotti a termine tra il 1308 e il 1309 e copiati


Nell'inventario del 1407 della
prima del 1318 nell'autogi-afo barberiniano.
biblioteca dei Gonzaga due mss. banno il titolo: Guilielmus de Orenga >.

il

10

K.

tra

1343 e

il

ferno

Unde

al

primo canto dell'/n-

fuit

a rusticis ex sonitu fistu-

socij,

qui pariter recitabant comedias,

prosegue:

que occurebant, unus cantando alter succinendo

et respondendo.

comedi adhuc sunt in usu nostro et apparent maxime in

isti

Com-

V origine e la natura del nome

postea apparuenint comedi idest

Lombardie
gesta,

Nel proemio

(1).

que ab antiquo tracta

idest raagnalia

Et

1349

egli vuol spiegare

media
larum

il

LBVI

cantatores

aliqui

magnorum dominorum

qui

unus proponendo, alius respondendo

partibus

in ritbmis cantant

(2).

Questa consuetudine del cantare alterno spiegherebbe assai

bene

presenza contemporanea di due canterini, Andrea da

la

Firenze e Zoparino, tra

panche

le

di porta

Ravignana a Bologna.

Specialmente nei territori della Lombardia dice Alberico; e


infatti

pi frequenti accenni alla recitazione dei cantastorie

d'un carme latino, composto alla fine del secolo XIII da un


vigiano, ci descrive la folla che circonda in
tore,

il

quale, salito

magno e

delle gesta francesi

Ed a

(3).

nista milanese

tri-

una piazza un can-

su una panca, francorum dedita lingue

Carmina barbarico passim deformat hiatu

arrectis

si

Un frammento

trovano in carte venete, emiliane e lombarde.

Canta

di Carlo-

pendet plebecula circum auribus

proposito del vecchio teatro di Milano

Galvano Fiamma dice che un tempo

il

cro-

vi si rappre-

sentavano scene istrionesche sicut nunc in foro cantatur de

Rolando

et Oliverio (4).

Un'altra piazza in cui

(1) Cos L. Rocca,


(2) Cfr. A,

proemio

si

cant in panca fu quella di

BuUettino d. Societ dantesca

S.,

HI,

Michele

p. 53.

FiAMMAzzo, J7 commento dantesco di Alberico da Rosciate col

e fine di quello del Banibaglioli, notizia del cod. Grumelli raffron-

tato col Laur. PI.

XXVI

sin. 2,

Bergamo, 1895,

attenzione su questa bella testimonianza

il

p. 11.

Medio Evo,

il

(4) Il passo, reso popolare dal

Muratori, Antiq.

Ulivieri, nell'^rc^. stor. lombardo,

Milano

XIV

Richiam

la

mia

prof. Vittorio Rossi.

(3) Cfr. F. NovATi, Attraverso

fu illustrato da P. Rajna, Il teatro di


e

N.

ital.,

S.

Bari, 1905, p. 298.


Ital.

M.

Aevi,

e i canti intortw

(1887), p. 5 e seg.

II,

844,

ad Orlando

OANTAUI LBGGBKDABI ITALIANI

in mercato, a

medievale

Lucca. Era uno

vi soleano

11

dei pi bizzarri angoli dell'Italia

dimorare

ribaldi, locatori, corrieri e

sempre e d'ogni tempo se ne vedea

Durante

la signoria di

Castruccio Interminelli (1315-1328) frate Stoppa, composta la sua


morale sulle mutazioni di fortuna, quella disse cantando
in sulla piazza di Santo Michele in mercato, dove vi fu a udirla

gran parte

Tra

di

Luca

(1).

cantastorie lucchesi divenne celebre alla fine del Tre-

cento un fiorentino, Andrea di Goro

Lucca dopo

il

dall' Ancisa,

tumulto dei Ciompi (1383).

Il

rifugiatosi a

suo mestiere prin-

cipale era di cantare in piazza le prodezze dei paladini di


Francia e quindi la qualit di cantore o cantatore gli viene

attribuita quasi sempre nelle storie e talvolta nei documenti.


Al cantare congiungeva per altre industrie egualmente piaz-

come

zaiuole ed ignobili,

d'intrigarsi in appalti di dazi plebei,

prestare servigi di guardia

o,

come oggi

si

direbbe, di polizia,

star mallevadore in cause criminali, e fino a dare la testimo nianza fiscale delle esecuzioni di morte

Nei tumulti tra

fazioni dei vecchi cittadini e quella dei Guinigi, maestro

fu pei Gruinigi e dei pi violenti,

maneschi e

riottosi;

il

le

due

Andrea

12 maggio

del 1392 capeggi la folla all'assalto del palazzo pubblico, dove


fu trucidato e gettato dalla finestra
de' Forteguerri.
Gruinigi,

Per queste

ebbe in premio una

il

gonfaloniere Forteguerra

belle imprese, dopo

nigi

Mori prima del novembre del 1413

(1)

benemerenze
(2).

aveva da trattare con Firenze, dice

Morelli

(3),

non

ci

Le

il

Cronache

dei

voi.

di quella

Quando Paolo Guicronista 'Giovanni

mandava mai per ambasciadore,

Giovanni Sercambi, Cronache,

(2) S. BoNGi,

trionfo

proA^vigione annua, che fu poi accre-

sciuta a dodici fiorini per altre insigni


fatta.

il

se

non

il

HI, pp. 274-324.

di Criov. Sercambi lucchese, pubbl. sui mss.

I, pp. 452 e segg.


Morelli (Cronaca, Firenze, 1718, p. 223) fu messo
in evidenza da A. D'Ancona, I canterini dell'antico comune di Perugia, nelle

originali, Lucca, 1892, voi.

(3)

passo di Giov.

Variet storiche e

letterarie, 1 Serie, Milano, 1883, p. 71.

12
<c

B.

LETI

maestro Andrea, che cantava de' Paladini e era nostro con-

cittadino e avea bando di qua; e ci facea per dilizione


so in quale rapporto fosse

della fine del Trecento con quell'altro maestro

biamo sorpreso a cantare a porta Ravignana

Da Lucca venne

Non

questo maestro Andrea da Firenze

pi tardi a Perugia

Andrea che ab-

Bologna nel 1307.

di

un celebre cantampanca,

maestro Angelo (1478), del quale erano sopratutto apprezzate


storie d'argomento

romano e

romanorum antiquorum

lenas

Anche a Siena

vel

giulleria lasci

la

le

cantare de improviso canti-

il

letterarie. ormai nota


mune Senese perch si pagassero

memorie

notabiles (1483).

alias

un

solco profondo

nelle

a tutti la provvisione del co-

cento soldi di danari a Gui-

che aveva composto quandam bal-

daloste, giullare pistoiese,

latam de Torniella cio una ballata sulla presa del Castello


1255

di Torniella nel

Questo Guidaloste da Pistoia era un

(1).

povero giullare, che qualche anno pi tardi troviamo

Romena.

del conte [Guido di Adinolfo?] da

conte una volta

Il

invit Guittone d'Arezzo a tenzone con Guidaloste

non

volle raccogliere la sfida

un

retto

assai

loste,

(1)

altro

componimento

se'

preciso, che

La

mi

latori

fecit

voi.

ita!.*,

di A.

Item C

cantionem de captione Tornelle


e.

23

a).

Le

l'aretino

Guida-

sonetto

ha qualche partico-

D'Ancona-0. Bacci
6.

**,

I,

Eccone

34
il

da

testo

cav. F, Donati, direttore della

solidos

denariorum Guidaloste jocu-

(Arch. di Stato di Siena, Bicchema,

deliberazioni del Consiglio di

di Torniella sono state pubblicate

da L. Zdekauer,

nesi nel Dugento, Siena, 1897, p. 112 e segg.

Guittone e al sonetto contro Guidaloste


stoiesi del sec.

XIII e

1907, p. XXXIII e sgg.


giullare con

un

XIV

Non mi

1910, p. 35 e sg.

cfr.

La

Campana

sulla

presa

vita pubblica dei Se-

Intorno

alla

G. Zaccagnini,

lettera

XI

di

rimatori pi-

(Biblioteca di autori pistoiesi, voi.

II), Pistoia,

pare probabile l'identificazione di quel Guida-

ser Guidaloste di

da G. Zaccagnini, Studi
stoia,

ma

de Pistorio pr uno parlo pannorum ex forma Consili Campane, qui

XXIII,

loste

si

il

Livorno, 1906, p.

fu gentilmente trascritto dal

Biblioteca comunale di Siena:

Manuale

poesia popol.

XI]. Contro Guidaloste di-

di Guittone,

lungiamente, nel quale

doc. fu indicato nel

A. D'Ancona,

[lett.

al servizio

Bonaguida notaio (f 1289), proposta

ricerche di antica storia letteraria pistoiese, Pi-

CANTARI LKQGBNDABI ITALIANI

lare

non privo d'interesse intorno

18

ai pubblici vanti

consueti

a quei cantastorie:
9

tu vai predicando 'n ogni canto

a' fanciulli,

a' villani

ed a catono

che giostre molte i vinte e pr'

Ciascun biasmi e reo


13

Un altro

teni, te

se'

manto.

bono:

onde te pregian matti e credon tanto.

vero e proprio cantastorie senese era quel Ruggieri,

che, secondo quanto egli stesso ci narra in

un bizzarro compo-

nimento, la Passione^ nella seconda met del sec. XIII (1262


fu tratto davanti al tribunale dell'inquisizione

un

(1).

Ghq

?)

egli fosse

cantastorie, ci vien proclamato apertamente dal vescovo che

presiede quel giudizio che burlescamente riferito nella Pas-

sione

Tu

62

se' facto

un grande predikatore

novelliero e dicitore...

L'accusa pi grave quella di aver mangiato con dei paterini; al

che Ruggieri ingenuamente risponde:

Omo

di

mia arte non

puoe ischusare

si

ki lo 'nvita, ke non vada a mangiare.

Era proprio dei

giullari,

cettare ogni invito,

ma

annota

il

Torraca

(2),

non

solo ac-

spesso e volentieri invitarsi a

con'V'iti

Questa interpretazione confermata dalle

e a feste, da

s.

parole che

rimatore mette in bocca a uno de' suoi nemici

il

Non

questi Rugieri

k'io audii e vidi l'altrieri

cantare

(1)

La

inansi kavalier... ?

Passione di Rugieri

in

Bime

TKNi e illustrate da V. de Bartholomaeis,


(2) F.
gliesi),

Torraca, Per la

>

antiche senesi, trovate da

Roma, 1902,

sto-ia letteraria del sec.

Napoli, 1905, p. 15 e sgg.

p.

E.Mol-

13-17.

XIII (IX,

Ruggieri Apu-

14

LBVI

B.

questo giullare senese

si

vuole attribuire anche la canzone

Umile sono ed argolglioso che nel codice


il

nome

di Rugieri

43

Apugliese e finisce

Ugieri apulgliesi conti,


cavalieri,

Dio convive a

marchesi e conti

lo

(1)

reca in fronte

fortti ponti

dicono in ogne parti;

che mali e beni a Uni sono giunti.

a lui un codice fiorentino del Quattrocento assegna un altro

componimento

giullaresco, le Arti, che

di spiccato carattere

una redazione toscana del Serventese del maestro di tutte


l'arti, meridionale (2). Se si aggiungano a questi tre componimenti un contrasto tra Ruggieri e un Provenzano

(3),

che

dantesco Provenzan Sai vani,

secondo ogni verosimiglianza

il

e una cantilena morale firmata

(4):

Io fui Ruggieri Apugliese dottore

che mai mi fidai del

ha un bel mazzetto

si

mondo

di rime, dal

ingannatore.

quale

si

potrebbe con qualche

industria far balzare la figura compiuta e vivace di

un

antichis-

simo cantastorie.
Simile alla provvigione del 1255 per la ballata di Torniella

un

altro

mandato

pagamento che

di

senesi del 132i. In esso si ordina di

si

ritrova nei documenti

pagare

il

dono

di

una tunica

a un cantastorie che aveva composto e cantato una canzone in

onore degli scolari trasmigrati a Siena dallo Studio di Bologna.


Al periodo aureo del

cantare in banca appartiene un altro

senese, Pietro di Viviano da Strove, chiamato

(1) E.
(2)

Monaci, Crestom.

ital.

dei primi secoli,

Le Arti di Buggeri Apugliese

II,

comunemente Pier

209.

per cura di S. Morpurgo, Firenze, 1894

(Nozze Gigliotti-Michelagnoli). Sulla questione

cfr.

V. Gian, Pel serventese

Maestro di tutte l'arti, in questo Giornale, 39, 454.


(3) V. De Bartholomaeis, Rime antiche senesi cit., n. IH, pp. 22-29.
(4) Fu pubblicata, da un cod. senese del Quattrocento, da P. Papa, La leggenda di S. Caterina di Alessandria in decima rima, nella Misceli, nuziale
del

Bossi- Teiss, Bergamo, 1897, pp. 478 e segg.

CANTBI LBGGBKDABI ITALIANI

15

Canterino. Egli nacque nei 1343 (1); nel 1398 era agli stipendi

Comune senese

del

nario,

il

e nel 1410 dava l'ultima

mano

un suo

ter-

Papalisto. Lasci, oltre qualche minore componimento,

tre cantari sulle esequie rese a Giangaleazzo Visconti, e otto

cantari leggendari,

da un poemetto francese,

tratti

La

bella

Camilla.

Che anche a Pisa


pu arguire dal

fatto

si

cantasse in banca, su per le piazze,

che non pochi manoscritti

gendaria sono di provenienza pisana


del Vergi,

non

di

materia leg-

Donna

e d'un cantare, la

si

conosce nessun altro testo all'infuori di due

si

Quattrocento. Tutto un libro di dilettevole

codici pisani del

storie e cantari in versi composti

da pi persone valentissimi

mise insieme proprio a Pisa nel 1481 un certo Fruosino da Verazzano sendo castellano del Palazzotto di Pisa, per piacere

Un

(2).

cantastorie pisano del principio del Quattrocento era quel

Fucino d'Antonio,

al

Pisa (1406) e

Risposta che fa l'imperatore. Di qualche

la

quale

deve

si

vivace e forte lamento d

il

decennio pi tardo Michelagnolo di Cristofano da Volterra


1464), che nel 1487, essendo trombetto del capitano di Pisa,

(n.

compose

Storia del conte Ugo d'Alvernia, e poi

la

in ottava

rima delle Mirabili

et inaldite belleze

menti del Camposanto di Pisa


traverso tutto

La data

(1)

il

Quattrocento

della nascita

si

(4),

(3).

desume da quel che

cit.,

at-

ininterrotta di can-

dice Pier Canterino stesso

Le

notizie della vita

docum. senese del 1398 son tratte da F. Notati, Attraverso

il

cantare

adorna-

Anche Perugia ebbe,

una serie

nel Papalisto: egli lo fin nel 1410, in et di 67 anni.

il.

il

Medioevo,

pp. 331-348.

(2) Cod. Riccard.

pino, Il

cfr.

il

Fiore di leggende,

(4) I

lizzati

p.

353.

da I. B. Sucamposanto di Pisa, Firenze, 1896, p. 300 e segg.


docum. perugini furono pubblicati da Adamo Rossi, Memorie di mu-

sica civile in

nella

2733

Edito di su una stampa della

(3)

Perugia, nel Giornale di erudizione

da A. D'Ancona, Musica

Nuova

bibl. parigina dell'Arsenale

Antologia,

ripubblicato col titolo

Variet storiche e

voi.

letter.,

XXIV,

artistica, voi.

in

ed ana-

poesia

nell'antico

comune di Perugia,

1875,

55

Questo articolo fa poi

p.

canterini dell'antico

e segg.

comune di Perugia

1* Serie, Milano, 1883, pp. 39-73.

nel voi.

16

LBTI

1-

tastone. Fino dal 1385 era uso costante del

chiamare

di

grare

al

Comune

perugii.

suo servizio dei canterini, che dovevano ralle-

pranzi dei priori e le pubbliche feste con suoni di chi-

tarre e col canto di poesie: verbis, sonis et cantis. Pi tardi,


nel i431,
finita la
Il

concedette a quel

si

cena dei Priori, e

cantore soleva raccogliere

dagli spettatori;

ma

canterino di uscire in

di cantare all'aperto
all'

nel 1461

piazza,

coram populo

intorno l'offerta di pochi soldi

gli si vieta

di far la

questua.

domanda ed ottiene che le panche siano provvedute


Comune e che dal Comune sia pagato l'inserviente che do-

allora egli

dal

veva porle e levarle e

di

canere diebus

plateola sante Marie de mercato et in

statis .

festivis, in estate in

ieme

in

palatio pote-

L'entusiasmo suscitato da questi cantari in panca fu

che

cosi grande,

le recitazioni

dovettero essere fissate periodi-

camente, mese per mese, come uno degli

pi belli della

atti

vita pubblica della citt e pi necessari al ritmo sano e misu-

rato di essa.

fervore del popolo ormai tale che la Chiesa incomincia ad

Il

impensierirsene e getta degli sguardi obliqui e corrucciati sopra


quella gioconda ebrezza della libera fantasia e del sentimento.
Gli statuti di

Tolentino

precisamente come

le

(1),

ad esempio, vietano

Provvisioni degli Anziani

ai cantastorie,

di Bologna, di

soffermarsi accanto alle chiese a cantare.

Ed

eccoci giunti, dopo questa scorreria attraverso l'Italia gaia

e serena del buon tempo antico, all'estremo della penisola. Siamo

a Napoli, nell'anno 1471. Sulla piazza che s'apre davanti


l'

Acc?idemia irrompe con allegro frastuono una turba di sca-

miciati dietro

un

altro

volgare mascherata

derigo), anzi tutti

mentre

al-

sedili,

(1)

il

poeta,

il

due eruditi

cantastorie. Sdegnosi
(il

Pontano ed Enrico Po-

gli interlocutori del dialogo, si allontanano,

cantore popolare.... costruisce

ottiene

Comuni e.

il

di si

silenzio. Costui

non

del prof. Lodovico Zdekauer.

il

suo palco, prepara

solo

inferiori a lui

Giornale storico

d. letter. itl.

Il

Supplem. N. 16.

Cantampanca

(da due stampe popolari della Marciana).

Tav.

II.

CANTARI LEGGBKDABI ITALIANI

17

nel grado e soci, direm cosi, nell'azienda, vengono un buffone,

un trombetta od

che funge da Prologo, ed


seduto parla prima

il

buffone,

promettendo in compenso

araldo. Al popolo

raccomandando

un bicchier

di vino

attenzione e

l'

quindi espone

l'argomento della storia di quella giornata. Sale allora in panca

poeta e per un' ora racconta imprese guerresche,

il

un

eserciti, battaglie e sfide. Succede


mato dalla voce lepida del buffone

ui*to di

intervallo di riposo, col-

poi

il

primo

ripiglia, finch

la narrazione viene dal tempo, non dal tema, troncata, per es sere ripresa

giorno dopo

il

(1).

Cosi racconta

uno dei suoi dialoghi pi vivaci e pi

belli,

il

Fontano in

VAntonius

Quella scena scomposta, bizzarra e plebea irrita

(1488).

Fontano, che

il

esclama: Et hoc quoque recens Cisalpina e Gallia allatum est!

unum hoc

Deerat
Il

nel

forestiera

nella quale

moribus tam concinnis

civitatis nostrae

cantare in panca era dunque

una no\it

d'

importazione

Mezzogiorno, venuta dalla Gallia cisalpina,

forse

il

Fontano intendeva

di

comprendere anche

Firenze.
Infatti

Firenze

per tutto

terini ; a Firenze nel 1477

gliere

il

di

homines

Quattrocento la cava dei can-

comune

nuovo canterino, poich

multi et ydonei
gentes

il

il

et

ivi

di

Perugia mandava a sce-

sunt, dice

il

documento,

ad dictum exercitium

intelli-

nel 1478 da Perugia partiva addirittura alla volta

Firenze uno speciale corriere pr inveniendo et conducendo

unum canterenum ydoneum


La

et

dei

e degli uomini di corte fioren-

Ciacco, Biondello, Agnolo Doglioso, Gian Sega,

Passera della Gherminella, Dolcibene,

(1)

(2).

bella tradizione fiorentina risale a tempi assai antichi

fasti dei cantastorie, dei giullari


tini.

doctum

il

il

Gonnella,

Capodoca, sono piene

Sono parole di B. Soldati, Improvvisatori, canterini e buffoni in un

dialogo del Fontano, nella Misceli, di studi critici pttbbl. in onore di Chtid

Mazzoni,

1,

pp. 321-342.

(2) A. D'Ancona, Variet storiche

Oiornale storico

Suppl. n 16.

cit., p.

63.

18

LBVI

B.

le novelle antiche, le novelle del Boccaccio e del Sacchetti (1).

Le sparse memorie

di

popolari fiorentini,

cantori

altri

quali

Zaffarino e Niccol Povero, io stesso ho cercato di raccogliere

e di illustrare in una serie di lavori


la luce sulla poesia

Rinascimento

alla vigilia del

Novati
cento

referendario, cio

cene e

le

pure noto per le ricerche del


Comune non manc mai nel Tre-

(2).

che nel palazzo del

(3)

il

a convergere

tutti diretti

spontanea e primitiva del popolo italiano

canterino che doveva rallegrare

il

le veglie dei Priori

a tale ufficio fu eletto nel 1352

Iacopo Salimbeni, nel 1375 Geronimo detto Puccio del popolo

Giovanni

di S. Apollinare, nel 1377

S.

1393 Antonio

di Giorgio, nel

Ghecco

Gherardo del popolo

di

Lorenzo. Oltre a questi canterini regolarmente stipendiati

si

di Pietro di Friano, nel 1394

vedevano spesso, su e gi per


dei

liberi cantastorie,

di

le scale del palazzo

che venivano ad

offi'ire

dei Priori,

loro servigi o

a reclamarne premio e mercede; ed erano Benuccio barbiere,


Ricca, Sergio da Pola ed altri ancora

(4).

volevano essere da meno dei signori di palagio;

un sonetto

dice

il

privati cittadini
i

giovanotti,

del Trecento (5),


prendono soggiorno
con sonator dintorno
e cantatori e dicitori in rima.

CoLAGROSso, Gli ttomtni di corte nella Div. Comm., in Studi di

(1) Cfr. F.

etter. itaJ., Il, p.

24

e sgg.; G. Bonifacio, Giullari e

uomini di corte nel '200,

Napoli, 1907.
(2)

Ezio Levi, Zaffarino

le

madonna Povert, 1908


Le paneruzzle di Niccol

sue nozze con

(Bullett. critico di cose francescane,

1-18);

III,

Povero, 1908 {Studi medievali, 111,81-108). Su Dolcibene


p.

ballata

Poi che zonta

se' al

partido

il

mio Vannozzo,

355 e sgg.; La
in questo Griornale, 58, 272
Can-

109; sulla poesia popolare nel Trecento

il

Vannozzo,

p.

tilene e baruffe chioggiotte nel Trecento, pure nel Giornale, 61, 345.

Le

(3) F. NovATi,

nel voi. Attraverso


(4) Cfr. F.

poesie sulla natura delle fruita e i canterini di Firenze,

il

Medio Evo

NovATi, Op.

cit., p.

(5) Cod. Magliab. VII. 1066,

Luigi cantatore

Tratte, voi. 1137,

827 e segg.
342 e segg.

cit., p.

e.

18

h.

Eicorder ancora che un

maestro

fu posto allo specchio nel 1385 (Arch. di Stato di Firenze,


e.

74, S.

M. Novella, Drago verde).

Ben

presto

CANTABI LB6GEKDABI ITALIANI

19

centro della giulleria fiorentina divenne la piaz-

il

zetta di S. Martino, sicch ad indicare la professione di dicitore

frequente nei documenti la frase


cantatore in San Martino .

un

che canta in San Martino

Non credo che

il

Pucci, che aveva

regolare nel Comune, mai vi cantasse in persona; certo

ufficio

per vi furono recitati dai cantampanca


dari. Sulla

panca

di S.

Martino

si

suoi cantari leggen-

present invece Andrea di Tieri

da Barberino, come egli stesso denunzi nella portata


del 1427

(1).

pi celebre di quegli uomini di San Martino,

Il

colui che ha passato ognuno in quell'arte


il

cronista

(1437

e. -

al catasto

come

lo

Luca Landucci, fu per molto tempo Antonio

1486), cosi da suscitare le ire

e l'invidia di

proclam

Guido

di

un

altro

cantore, Antonio di Gola Bonciani (f 1439). In S. Martino cant

maestro Antonio da Bacchereto, che barbieri fu e ora canta


in panca, avverte un copista. In

ed assensi

il

S.

Martino accese entusiasmi

prodigioso cieco di Arezzo, maestro Niccol, da-

chinava la fronte anche Giovanni Fontano.

vanti al quale

Il

cieco abitava nella casa di Michele del Giogante ; nel dicembre


del 1435 al suo

ospite egli volle rivelare

memoria tenacissima,
ingegnava
il

con

gli artifici

il

quali

segreto della sua


il

suo pensiero

di supplire all'aiuto dei poveri occhi spenti (2).

fremito di

si

Oh,

piet che doveva tremare in quella voce sonora,

quand'essa rievocava le grandi immagini pittoresche dei paladini e degli eroi, le quali

avevano per

ma non

tutti,

per

il

loro

creatore, luce, linea e colori!

(1) F.

Flamini,

La

lirica

toscana del rinascimento anteriore ai tempi del

Magnifico, Pisa, 1891, p. 158.


(2) Cfr. F. Flamini, Op. cit.,

p.

188

0. Bacci,

del Giogante, in questo Giornale, 32, 327, poi


tori,

Palermo, 1907.

Un

nel

trattatello di

volume Frosa

Michele
e

prosa-

20

LEVI

B.

III.

I cantari.

Una

parte del fascino di quella poesia ormai spenta per

sempre

ci

rimane

compagna. Che

ma

la parola,

cantari

si

istrumenti musicali, lo dicono

e perugini che ricordano


dice

quel

ceramelle, chitarre, viole, e lo

canterini in atto di fare

con l'archetto della viola per coprire

delle colonne del

Un

agitata (1).

spalla e l'archetto

(2).

numerosi documenti fiorentini

celebre passo dello Specchio della vera penitenza

folla turbolenta e

nezia

pifferi,

del Passavanti che descrive


colpi pure

perduta la musica che le era

cantassero coll'accompagnamento di

in

pugno

il

cantastorie col

raffigurato

gul

gran

brusio della
violino sulla

capitello

d'una

porticato esterno del Palazzo Ducale a Ve-

Appunto per l'irrequietezza

di quel pubblico

indisci-

plinato

il

cantare non poteva essere troppo lungo; di rado su-

perava

le

cinquanta ottave.

Il

Passavanti avverte che non

bella canzone, quand'ella troppo lunga, che

si

non rincresca;

e l'Altissimo confessa, interrompendo bruscamente

il

canto

XIX

del primo libro dei Reali:


per oggi pi non canto in San Martino,

perch lunghi cantar son sempre brutti.

Per questa ragione nel Fiore di leggende ho spezzato

in pa-

recchi cantari quei poemetti che nei codici e nelle stampe se-

(1)
cfr.

I.

Passavanti,

Lo

specchio della vera penitenza, Firenze, 1863, p. 283;

A. MoNTEVERDi, Gli esempi dello

Specchio di vera penitenza ,in questo

Gioi-nale, 61, 267.


(2)

riprodotto da P. Molmenti, Storia di Venezia nella vita privata

Bergamo, 1905,

p.

413.

*,

CANTARI LBGGENDABI ITALIANI

guivano senza interruzione dal principio


i

Tre giovani disperati e


I

ma

cantari

il

alla fine,

come,

p. es.,

Girello.

destinati alla lettura e alla meditazione

recitavano a memoria con la rapidit di cosa improvvi-

si

sata.

non erano

21

Questo fatto spiega

ture d'ambiente,

gli scorci delle figure, le

ingenue

pit-

trapassi degli ai'gomenti, perch diversa la

prospettiva dei libri destinati agli occhi da quella delle opere


fatte

per

cantari serbano tracce evidenti della reci-

l'udito. I

tazione sulle panche nelle formule con le quali essi


e chiudono, formule convenzionali e tradizionali

oggi tanti altri elementi del teatro. Se la


duale,

ha per fondamento

di arte sociale

lirica,

aprono

si

come sono ancor


che arte indivi-

forma

la verit dell'espressione, ogni

ha invece a fondamento una convenzione, un rap-

porto di luci ad ombre, di linea a linea, di colore a colore.

Ogni cantare ha

al principio e alla fine

un'ottava nella quale

racchiusa l'invocazione a Dio e ai Santi. Naturalmente queste


invocazioni potevano mutare,

mutando

duplice

triplice inizio,

fine (1).

Il

fatto

oppure

circostanze e la per-

le

sona del cantastorie, sicch frequente

il

caso di cantari con

di cantari senza inizio e senza

che l'ottava iniziale era una formula conven-

zionale, senza connessione col resto, ci spiega perch


tari di
II

Bruto e

di

Gismirante abbiano

la

prima ottava

due canidentica.

canterino raramente inventava l'argomento del cantare o

componeva a capriccio sopra

la

delle volte aveva sott' occhio

trama

un

di lontane letture;

libro

latino o

assai

precisare dove finisse la composizione originale e dove

invece incominciasse la traduzione.


altrui

pi

francese e da

quello traeva direttamente la materia della sua poesia.


dificile

il

Il

rispetto per

uno scrupolo moderno; forse perch era pi

schietta della nostra, la fantasia degli antichi

il

pensiero

forte e pi

non tollerava legge

e tendeva al successo mediante ogni pi indisciplinato capriccio.

(1) Il cantare dei

Bruto manca

Tre giovani ha

dell'ottava finale.

nelle

stampe due diverse ottave

iniziali;

22

LEVI

K.

Nel Gismirante

(II,

2)

il

Pucci

dai libri egli venisse traendo

rivela

ci

ingenuamente come

cantari:

per darvi diletto chiaramente


di novit, cercando vo le carte

me,

e qael che piace a

vi manifesto.

Questa maniera di comporre spiega la fecondit dei canterini


e

per ben intendere

ci obbliga,

Il

testo, a ricercarne

il

la fonte.

caso della storia del cavaliere brettone di Andrea Cap-

Ma

pellano, tradotta alla lettera nel Bruto, caratteristico.

ricerca delle fonti assai

perch

difficile,

la

la

leggenda medievale

sconfinata e le indicazioni fornite dai cantastorie sono ben po-

vera cosa.

un

Pucci dice di aver tratta

Il

libro che gli pare degli altri

rante da una storia novella

il

il

la

Regina d'Oriente da

fiore

(I, II, 2);

Gismi-

il

cantastorie del Gihello di-

chiara di trarre le sue informazioni da un libro (LXI,


senz'altro. Dietro

cantari

l'intera letteratura del

spalanca in tutta la

si

8),

sua immensit

Medioevo.

cantari appartengano a regioni e a tempi assai dif-

ferenti, essi

formano una compagine cosi omogenea che im-

Sebbene

possibile
altri. Il

giudicare e studiare l'uno senza conoscere tutti gli

primo cantare del Fiore di leggende,

anteriore al 1354, l'ultimo,

Cinquecento

appaiono

tempo

Bel Gherardino,

Gerbino, dei primi anni del

quattro sono di Antonio Pucci, altri sono di canta-

storie settentrionali o
ci

il

il

tutti

manca

il

almeno non

toscani. Eppure, leggendo, essi

composti dalla medesima mano, nello stesso


carattere del secolo,

manca l'impronta

di ogni

spiccata originalit poetica. Ci significa che l'arte vi assente?

No

come ogni forma

dell'architettura sacra,

d'

arte primitiva, al pari della pittura e

anche

nale cio fa scomparire

la poesia dei cantari

tratti individuali

dentro

imperso-

gli

schemi

imposti dalla tradizione. Illusi da questa apparenza esteriore,


critici di

tari

qualche decennio

ad Antonio Pucci.

fa attribuivano in fascio tutti

can-

CANTARI LEGGENDARI ITALIANI

Sono

simili in tutti

cantari lo svolgimento dell'azione, lo scio-

glimento del nodo dei


avventure.

le

cantari, che

esempio

il

Ed

Il

abbondano

colpi di spada, gli amori,

parentela che lega insieme tutti

la

versi

comuni a parecchi

di essi.

Per

verso:

al

Gibello

mezzogiorno ha cavalcato

(I,

XXVI,

2),

e a Pulzella

Gaia (LXII,

2).

XXXVI,

1),

verso:

simili

fatti;

tale

infine a

appartiene

23

comune

quando venne

a tre cantari: la

Bel Gherardino

(I,

chi

tal quale in
(X,

si

su l'alba del giorno

Regina d'Oriente

Liombruno

X, 7) e

(I,

(III,

XXVI,

1).

Il

verso:

vantava di beUa mogliere

Liombruno

(I,

XLI,

1)

e in

Madonna Elena

1).

Questi tratti comuni del resto erano necessari per aiutare la

memoria durante

il

canto sulla panca.

iV.
"

Il

Fiore di leggende

cantari avevano soggetti disparatissimi: erano religiosi, leg-

gendari, cavallereschi, epici, novellistici.


(1380-1420), che

come

Il

Cantare dei cantari

l'indice del repertorio dei

cantastorie,

raccoglie nelle sue ottave tutta la leggenda del Medioevo. Stu-

diando

cantari del popolo italiano, credo opportuno di inco-

minciare col distinguerli e disciplinarli in alcune grandi classi:


i"

cantari ciclici, cio

sonaggi carolingi

quelli che

si

riferiscono a per-

o a personaggi del ciclo d'Art.

essi, sei in tutto, di schietta

Alcuni di

materia carolingia, furono recen-

24

E.

temente raccolti in volume

(1); la

LETI

maggior parte ancora

di-

spersa nei codici e attende un editore coscienzioso (2);


2"

cantari di argomento classico: Orfeo, la bellissima

storia di Perseo

sone e Medea

quando ammazz Medusa

e morte di Lucrezia romana


3

, la

Volto

il

S.

, ecc.

di Gia-

, la Historia

cantari di argomento religioso,

Giuditta

H istoria

, la

la historia di Piramo e Tisbe

Historia di Susanna

la

come

la

Historia di

Historia del Santo

cantare di madonna Elena imperadrice, la storia di

Giovanni Boccadoro,

Storia della cintola

la

della

leggenda

dormienti

delli sette

gloriosissima

V. M.

, la

la storia di

Martino, di S. Caterina, di S. Verdiana, di quelli santi mo-

S.

che andarono

naci,

cantari

lais brettoni di

al

paradiso deliciarum

leggendari,
Maria

quelli cio

di Francia,

, ecc.

(3);

che corrispondono

ai

racconti di fate, ai poe-

ai

metti e ai poemi di Chrtien de Troyes e ai romanzi d'avventura;

insomma

quelli

che raccolgono

la

leggenda minore francese.

In un libro, nel Fiore di leggende

(4),

ho cercato

Cantari cavaUereschi dei

sec.

XV e XVI {CoUez.

(1) G. Barini,

inedite

rare,

dalla R.

pubblicate

Commissione

pe' testi

ricomporre

di

di opere

lingua),

di

Bo-

logna, 1906.
(2)

A
G.

voi.:

quest'opera attende la sign.* Moreschi. Per ora

Mala VASI, La materia

ci si

deve servire del

poetica del ciclo brettone in Italia, e inpar-

ticolare la leggenda di l'ristano e quella di Lancillotto, Bologna, 1903.


(3)

Due

intomo a S. Cristina e a S. Orda A. Cinquini, Leggende in rima di S. Cristina e S. Orsola,

cantari religiosi composti nel 1449,

sola furono ed.

in Classici e neolatini, IV,

1.

Altri cantari sui santi Alessio, Barbara, Cate-

rina mart., Caterina peccatrice. Giuliano, Lucia, pubblic di recente R.

Man-

ganelli, Cantari narrativi religiosi del popolo italiano, nuovamente raccolti

Roma, 1909, P.

e comparati,

(4) Scrittori

comprende
toli

V-XVI

I.

d'Italia, 1914. Il primo

volume,

l'unico

finora

pubblicato,

12 cantari, che sono appunto quelli dei quali discorro nei capi-

di questo libro.

secondo voi. conterr gli otto cantari della

Bella Camilla, Florio e Biancofiore, V Apollonio, il Falso sctido. H presente


saggio era destinato in origine a chiudere il primo volume del Fiore.
Di

Maria

di Francia

herausg. von

ho sott'occhio questa

Karl Warncke

2,

ediz.:

Die Lais der Marie de Frange,

Halle, 1900.

Per rendere pi

accessibile al

CANTARI LBGGENDAKI ITALIANI

25

fronde di quell'albero secolare e prodigioso. Durante

le sparse

quei lavori, per dare una linea architettonica al volume ebbi

davanti agli occhi costantemente la visione del libro di Maria

Francia e cercai di raccostare

di

dei lais.

infatti

materia italiana a quella

la

tre cantari del Bel

Gherardino, della Pul-

zella gaia e di

Liombruno corrispondono

Gibello al

Fraisne, ecc. Le leggende antiche, che hanno

lai di

al

lai

di

Lanval,

tanta grazia di candida ingenuit nel verso cadenzato e melan-

conico di Maria,
alla plebe, di

improntano, in questi rudi cantari destinati

si

una robustezza pi acre e

virile,

ricevono

il

sug-

gello del carattere scettico e insofferente del nostro popolo, che

forse tra un'ottava e l'altra meditava

leggende medievali perdono


mistero

(1)

loro

il

il

tumulto dei Ciompi. Le

vago profumo

di

sogno e di

ed hanno qui linee nette, color accesi e violenti,

perch l'occhio del popolo

italiano,

inondato di luce e di sole,

rifugge dalle nebbie e dalle incertezze e dovunque, anche nel

romanzo, vuol vedere chiaro, preciso e

monto

pubblico italiano
sione

in

definito.

Siamo

al tra-

della leggenda (2).

prosa,

testo,

il

non sempre

ne ho compiuto una ver-

facile, dei lais

che vedr tra breve la luce in un volume della collezione

Scrittori stranieri

(Bari,

Laterza).

Nella scelta, nell'ordinamento e nell'in-

terpretazione della materia dei volumi del Fiore di leggende tengo presente
quell'aureo

libro, cosi caro

helm Hertz. Mi servo


(1) Si noti che
rito

non

a Gaston Paris, che

lo

Spielmannsbvich di Wil-

della 4* ediz., Stuttgart, 1912.

lais di

Maria di Francia, quasi

romanza

latino, sebbene fosse

fossero composti con spi-

la loro parola,

meridionale quella straordinaria fortuna che

li

non ebbero nell'Europa

salut invece nell'Europa ger-

manizzata. Risale alla prima met del Duecento la versione nordica,

gli

Stren-

Ee Haakon [1217-1263]; risalgono al Trecento


inglesi dei lais di Lanval e di Fraisne.

gleikar, eseguita per ordine di


e al Quattrocento le versioni
(2)

L'attraente studio della sorte che ebbero tra noi

delicate e sottili

come

portanti discussioni.

trine,

Mi

leggende medievali,

basti per ora ricordare la bella conferenza di A.

Il tramonto delle leggende nel voi.

1912, pp. 293-321.

le

potrebbe dar luogo a notevoli indagini e ad im-

La

vita italiana nel Trecento

',

Graf,

Milano,

26

LITI

X.

V.

bel Gherardino.

Il

bellissimo cantare del Bel

Il

nome

fronte la data: al

Ma

Gherardino

del Trecento (i) e

noscritti toscani

si

uno

in

legge in due maquesti reca in

di

diddio ame[n], adi 15 di marSo 1392

questa data deve essere errata, perch

pi antico di qualche decennio e contiene in principio degli


giudiziari del podest di

Dicomano

anno 1342 e

dell'

dei ricordi famigliari dell'anno 1372.

La

manoscritto sembra

il

alla

atti

fine

postilla scritta in fronte

Bel Gherardino della stessa mano che verg quei ricordi

al

e la nota che vi

1372

si

nome

connette: al

sicch ragionevole

il

di Dio adi

XXVI

d'aprile

sospetto che anche la trascrizione

del cantare sia avvenuta proprio in quella primavera del 1372

e che in quella postilla debba leggersi adi 15 di marzo 1372


in luogo di 1392 .

A:

(1)

Gherardino^

del

L'editore

Magliab.

cod.

Regraziato

Vili. 1272,

d'Apolonio.

Questo cantare d'Apolonio

<

minciante dello

sia

Idio

32

e.

6,

sua

ella

finito

Gherardino,

Zambrini

lo

allo

vostro onore e

e questo libro di

e.

cod. II. IV.

aU'ott.

I.

163 della B. N. di Firenze,

ottava rima del sec.

Im

XIV

non mai

si

cfr.

di

secondo al co-

di
il

marzo 1892

. Il

can-

chantare del bel G.

94. Il testo rimane interrotto

e.

fin

qui stampata, Bologna, 1867. Intorno

G. Piccini, Lettera a F. Zambrini, nel gior-

giovent, rivista nazionale italiana di scienze, lettere,


S., voi.

IV,

p.

della Giovent, p.

scerpelloni

arti, Firenze,

321. Al Piccini rispose, difendendosi, F. Zambrini, Sul

Bel Gherardino, novella cavalleresca del

lume

'1

DaTan9no di Giovanni

Cantare del Bel Gherardino, novella cavalleresca in

a questa sciagurata ediz.


1867, N.

il

28.

(2) F. Zambrini,

nale

suppone che

e qui finisce questo legiere


madre vergine Maria. Amen.

33 a: al nome d'Iddio, ame[n]; ad 15


tare finisce a e. 37: Amen, amen, amen; finito
nella

(2),

431

sec.

segg.; replic

del cantare. Frutto

di

XIV,
il

ecc. nel

medesimo vouna serie

Piccini additando

questa polemica la seconda ediz.

del Bel Gherardino, nel 1871 (falsa data: 1867)

nella

Scelta

di curiosit

CANTARI LBGGBNDABI ITALIANI

cantare sia assai antico e sia stato

il

1335

27

composto almeno verso

in quel torno, cio a dire innanzi

componesse la sua Teseide

che

Boccaccio

il

per ver dire mostrasi in questo

nostro cantare che la stanza non fosse ridotta alla sua per-

come

fezione,

ottave

dalle

ritraesi

interruzione di senso e di costrutto, sono

l'una

Il

ragionamento assurdo

imperfette per l'infanzia della poesia,


11

di sei endecasillabi

quelle

ma

senza

14, che,

li, 12,

1,

non sono

ottave

semplicemente perch

codice lacunoso. L'altro manoscritto, che sinora era sfuggito

colma tutte quelle lacune e rida per-

alle ricerche dei critici,

fezione alle ottave.

Un

dato cronologico ben pi saldo e robusto ci viene dal Cor-

baccio boccaccesco, nel quale

malvagia vedova, esce a dire:

lezzi della sua

gi assai volte, millantandosi,

l'arebbe dato

il

poeta discorrendo dei pettego-

il

ha detto che,

un uomo stata

se

cuore d'avanzar di fortezza non che Marco Bello,

Gherardino, che combatt con

primo cantare del Gherm^dino^ furono


il

che gi verso
del

poema

Chi

febbraio del 1355

(1),

met del secolo

la

fosse,
il

Bel

l'orsa.

Queste parole, che evidentemente alludono

del 1354 e

ma

alle ott. 15-17 del

scritte tra

il

dicembre

ed attestano con sicurezza

personaggi e

avvenimenti

gli

erano largamente conosciuti dal pubblico.

l'autore

del

Oherardino Naturalmente

critici

del

vecchio stampo, che tutta la roba senza padrone assegnavano in


fascio al Pucci, son concordi nel riconoscere

del poemetto

il

legname del banditore fiorentino. Vediamo.

Nel poema soltanto due volte

letterarie inedite o rare, disp.


cfr.

G. B. Passano, 1 novell.

BRiNi,
col.

212.

il

LXXIX.

ital.

cantastorie interrompe

Lo Zambrini non conobbe

(1) Cfr.

H. Hauvette,

Una

XIII

altro che

il

XIV

rac-

p.
^,

154; F. Zam-

Bologna, 1884,

cod. A.

confessione del Boccaccio

zione di G. Gigli, Firenze, 1905, p. 19.

il

Intorno a quel pasticcio bibliografico

in verso, Bologna, 1868,

opere volg. a stampa dei secoli

Le

anche nelle ottave

il

Corbaceio, tradu-

28

B.

LIVI

conto delle gesta di Gherardino per parlarci, sia pure di sfuggita,


di s stesso

all'inizio del

Con

[1.2]

primo e

all'inizio del

secondo cantare.

che questo cantare

ci 8ia cosa

mai mettessi

sia dei primi ch'io

in rima,

per vo' far perfetto incominciare


e ritornare al

hnon detto

di prima,

mi stanno a

sicch'a costor, che

ascoltare,

piaccia e diletti dal piede alla cima.

Signori e baona gente, voi sapete

2]

[II.

che in prima l'uom discepol che maestro


e le virtfi, ch'agli

uomini vedete,

procedon dal Signor, Padre


Per, s'io

cilestro.

non mi riprendete,

fallo,

che di tal arte non son ben maestro...

Dunque

poeta era alle sue prime

il

armi e domandava ap-

punto per questo l'indulgenza degli ascoltatori. Del Pucci noi

abbiamo sirventesi del 1333 per


e abbatt la statua di Marte al

il

eh'

Ponte vecchio, del 1335 per

erano in Firenze

del 1337 per

Pucci, poich quei versi sono dei primi che

mai mettesse

in

rima

bisognerebbe collocarne

zione intorno al 1330. Che


lo

diluvio che fu a Firenze

Padova. Se l'autore del Gherardino fosse real-

l'acquisto di

mente

donne

belle

ricordo delle

il

creda chi vuole, non io

si
;

un'opera recente, intorno alla quale fosse

riferirsi a

la curiosit dei fiorentini,

nell'arte di poetare,

e non a un lontano can-

ormai illanguidito

si
il

poeta

possa risalire a tempi cosi remoti

ancor desta

Sebbene l'autore

il

composi-

tanto pi che la citazione del Cor-

baccio pare

tare, di cui gi fosse

la

il

ricordo.

dichiari da s stesso

non ben maestro

Bel Gherardino una delle opere pi

fresche ed alEfascinanti del Trecento.

Il

racconto corre rapido e

serrato, senza perdersi nelle solite lungaggini della poesia po-

polaresca; ed

nella sua densit, vivo e drammatico.

perch difl&dava delle sue forze poetiche,

il

cantastorie

si

Appunto
tenuto

cosi stretto alla sua fonte, che rispetto ad essa le ottave del can-

tare

CANTARI LEOGENDABI ITALIANI

29

sembrano come un guanto ben calzante, entro

mano

le

forme

il

quale pre-

una bella mano, delineandosi con meravigliosa

di

evidenza. Alla sua fonte, che era certo un libro e non una tradizione orale (

come legger

soglio , cant.

I,

ott. 3),

l'autore ac-

cenna pi d'una volta:


[I.

12]

un grande

assal

E,

[n. 24]

orso (ci dicon le

carte)

Marco Bel subitamente.

s'egli vero

quel che

il

cantar

mostra,

pi e pi volte d'amor feciono giostra.

Ma

sono citazioni cosi vaghe, che non

si

pu trarne dedu-

zione alcuna.

La trama

del racconto questa.

Bel Grherardino,
rale che in poco

messer Leone

figlio di

tempo d fondo

di

Roma,

cosi libe-

all'eredit paterna; e

allora,

insieme con uno scudiero. Marco Bello, pensa di andare alla

ventura

Griunti presso

un

castello,

orso e con un serpe; e Gherardino

trovano deserto

stello e lo

(1-20).

pare la Fata Bianca; e subito

namorano

(20-34).

ritornare a

Ma

gli

commiata. Figuriamoci

la

uccide. Entrano nel ca-

Dopo cena, a G-herardino apafflitto dalla

si

in-

nostalgia e vuol

regala un guanto incantato, per

ottenere ogni cosa che desideri, e

egli potr

raccomandandogli di serbare

l'infinito

li

cavaliere e la fanciulla

Gherardino

Roma. La Fata

mezzo del quale

il

devono combattere con un

il

segreto del loro amore, lo ac-

meraviglia dei romani di fronte

al-

splendore della corte di Grherardino! (35-41). Gherar-

dino non risponde alle indiscrete domande intorno

ma non

delle sue ricchezze;

e le rivela

il

nome

sa

opporre un

rifiuto

all'

origine

alla

madre

e l'amore della Fata Bianca (42-44). Subito

ricchezze ed armi scompaiono per incanto. Marco e Gherardino


si

rimettono in via e cadono in un fiume, dal quale sono tratti

da una

fanciulla.

Gherardino

si rituffa

scompare. Marco e la fanciulla, che


l'altro,

non

si

danno

si

altro pensiero di

nell'acqua per lavarsi e

sono innamorati l'un dellui (cant. II, 5-15).

Ghe-

30

LETI

E.

Tardino capita ad Alessandria ed fatto prigioniero

innamora

si

nel quale
partire

il

(II,

di lui.

sultana

la

Sultano annuncia che bandito un torneo,

Il

vincitore otterr la

mano d'una gran

16-25). Quella signora

nendo morto Gherardino, desidera

la

di

signora e vuol

Fata Bianca che,


rimaritarsi.

rite-

Gherardino

chiede commiato e va a partecipare al torneo, dove atterra tutti


i

cavalieri, uccide

Sultana

consola

si

cambio un
Il

perdita di Gherardino, ottenendo in

della

gran legnaggio

altro donzello di

perdita di essa per l'indebita rivelazione

la

segreto e la riconquista attraverso mille avventure, co-

mune ad

altri

cantari italiani, quelli di Pulzella

Liombruno, ed ebbe

nel

Medio evo

(nei sec.

pi perfetta espressione poetica nei lais di


Francia, e di Graelent

nopeics de Blois.

(1)

Come

un giorno esce

Gaia e

XII e XIII)

Lanval

di

di

sua

la

Maria

di

e nella meravigliosa saga di Parthe-

Gherardino, anche Lanval un cavaliere

altrettanto liberale quanto povero


egli

motivo fondamentale del poemetto, l'amore di Gherardino

per la Fata Bianca,


del

Sultano e riconquista la sposa (25-43). La

il

dolente del suo triste destino,

dalla citt e giunge sulle rive d'un ruscello

dove trova due damigelle,

le quali lo

invitano a presentarsi alla

loro signora. Lanval le segue e arriva al padiglione, sotto

il

quale

Die Lais der Marie de Pranck, herausgegeben von K. Warncke ', Halle,
86 e segg. [n. V].
Intorno a Lanval, cfr. Li lais de Lanval, Altfr.
Gedicht der Marie de France, nebst Th. Chestre's Launfal, neu herausgegeben von L. Erling, Kempten, 1883; A. Kolls, Zur Lanvalsage, eine Qiiellenuntersuchung, Berlin, 1886; W. H. Schofield, The Lays of Graelent and
Lanval and the story of Wayland, in Publications of the Modem Language Association of America, 1900, XV, 121-180.
Il lai di Graelent
(1)

1900,

p.

citato anche

da Goffredo di Strasburgo nel Tristano; Tristano canta un

lai

von der vii stolzen friundSn


Ordlandea dea schoenen.
.

in britniacher

Esso edito dal Barbazan, Fabliaux

XII, XIII,

XIV

1808, voi. IV,

et

p. 57.

XV*

sicles,

toae.

et contes

des potes franQois des

nouvelle dit. par Mon,

XI,

Paris, Ware,

CANTASI LEGGENDARI ITALIANI

giace una fata meravigliosa.


liere,

ma, prima

una condizione,

quale non

alla

appena ritornato

La regina

pudiche profferte, egli

amours

alla corte,

esteit

Lanval

si

non

stabilito

la presenti

Lanval tra

compianto di

riveli

nome

il

tutti

re

al

mentre

un

accinge a morire, a

si

ma

crede che una di esse sia l'amica di Lanval,

non sono che due serventi

capo. Esse

la pi

della sua inna-

giorno,

due damigelle meravigliose;

tratto appaiono nella citt

se-

condannato a morte,

corte. L'ultimo

alla

il

respingerne le im-

La regina accusa

di lei.

morata e non

lascia sfuggire

di lui ; nel

egli viene

il

segreto.

il

che ha donna della quale

le dice

meschina servente vale meglio

un termine

suo amore ha

il

seti e.

Art l'imprudente cavaliere ed


se entro

che

pu venir meno:

si

innamorata

s'era

innamora del cava-

si

tuz jours m'avriz perdue,

se ceste

greto.

fanciulla

di concedersi, lo avverte

147

Ma

La

31

la corte

egli scrolla

Ed ecco

della Fata.

il

ap-

pare una terza fanciulla su un palafreno bianco. Lanval non

pu frenare
Ella

si fa

sua commozione;

la

ella

sua innamorata.

la

largo e davanti a re Art proclama

Arturo, ascol-

tami! Io ho amato un tuo vassallo. Eccolo. Egli Lanval!,

e balza in

Lanval l'attende

sella.

sulla soglia del

al

varco su una pietra che

palazzo e quando ella passa al

lancia sull'arcione e l'abbraccia. Stretti in

desimo cavallo,
li

la fata e

il

galoppo, le

un abbraccio,

sul

si

me-

cavaliere galoppano via; e nessuno

vide pi.

L'argomento del lai di Ch^aelent presenta qualche variante;


l'amore della regina e la vendetta di
in

Lanval, sono

liere,

collocati in

Graelent

lei,

al

che sono alla fine


principio.

cava-

sbandito dalla corte, va a vivere nei campi e nei boschi;

dopo molte altre avventure, inseguendo una


arriva a

un

ruscello nel quale

innamora

perfetto

amore

di lui.

poi

il

si

bagnano tre

biscia,
fate.

un giorno

Due fuggono

non

la tocca,

ed

Vivono insieme un anno, amandosi

di

la terza rimane. Graelent,


ella si

Il

che prode e

leale,

cavaliere ritorna alla corte. Quivi, durante

32

S.

le feste di Pentecoste,

su un palco, perch

porre la regina nuda

re, avvinazzato, fa

il

possano ammirarne

tutti

Graelent non partecipa

LBVI

comune entusiasmo; e la
domanda ragione.

al

fesa dalla sua indifferenza, gliene

commette

l'

imprudenza

ma

la

cavaliere

morte se

egli

Le scene che seguono, sono pur sempre

riveli chi ella sia.

quelle di Lanval;

regina, ofIl

ha un' innamorata

di rivelare eh' egli

assai pi bella; subito egli viene condannato

non

Solo

le bellezze.

qui la fata se ne fugge da sola e Graelent

insegue fino a un ruscello. Ella

getta nell'acqua e Graelent,

si

per raggiungerla, nell'impeto e nella foga di quei momenti su-

ma

premi, sta per annegare. Ella lo salva,


rato per

suo errore,

il

si

cavaliere, dispe-

il

getta di nuovo nell' acqua. Allora le

due damigelle intercedono grazia per

e la Fata, rappacifi-

lui

conduce nel suo regno. Nessuno pi vide Graelent;

cata, lo

il

cavallo di lui galoppa lungo le rive del ruscello, nitrendo di-

speratamente quasi per richiamare

rardino

suo signore

il

abbiamo un particolare analogo

di Graelent

scena del fiume.

la

Ma

non gi per

si

nesso

deve ammettere che

non

(II,

si

sa perch Gherardino

seconda volta egli

5) e la

disperazione

la

cada nel fiume


si rituffl

di

la

nelle onde,

del rimorso (come nel

semplicemente per un incredibile bisogno

primo

il

poemetto dovesse essere assai torbida e remota dal

lai primitivo;

prima volta

cantare di Ghe-

nella leggenda italiana

dei fatti cosi strano ed illogico, che


la fonte del

al

Nel lai

(1).

lai)^

ma

lavarsi dopo

il

tuffo!

Per moltissimi
lissimo poemetto

(1) Questi

due

tratti

si

accosta

al

cantare italiano

Parthenopeus de Blois

lais sono a

il

bel-

che un rima-

(2),

fondamento delle leggende

di

B. Gherardino,

Pulzella gaia e di lomb'uno. Sulle relazioni di questi tre cantari coi due
lais cfr.

(2)

K. Khler, nella pref. ai Lais, ed. Warncke,

Parthenopeus de Blois,

Fabliau<c et contes

du XII*

ed. Crapelet, Paris,


et

du XIII'

1834

p. cxv.
;

cfr.

Legrand d'Aussy,

siede, traduits ou extraits d'aprs

du temps, voi. IV, p. 203 e sgg. J. B. B. de Eoqceport, Notice


d'un ms. de la Bibliothque imperiale cot n. 1339, in Notices et extraits

divers mas.

des mss. de la Bibliothque Imperiale,

voi.

IX

(A. 1813), pp. 3-84.

CANTARI LEGGENDARI ITALIANI

33

neggiamento, compiuto con molta arte, del vecchio motivo dei

due
si

lais.

Al pari di Lanval, Parthenopeus inseguendo un cinghiale

perde in una foresta e poi giunge sulle rive del mare, dove

trova ancorato un vascello abbandonato. Appena egli salito a

un

bordo, la nave parte e approda presso

La

castello.

descri-

zione del castello fatato nel Parthenopeus identica di quella

Gherardino

del Bel

19-23):

(I,

mense sono imbandite, ma

le

deserte, deserta la stanza dove arde

Come per incantamento


piatto

li

ne segue un

compagnano
persona

si

vivande sono recate e

le

mai

altro senza che

sostituisca. Finito

come

cole, proprio

si

le

si

a un

arrechi

li

alza e due fiac-

e lo ac-

ai lati

una

egli coricato,

colloca al fianco:
il

tolte

vegga chi

pongono

si

Appena

nella stanza da letto.

subito rimprovera Parthenopeus per


rola

si

pranzo, Parthenopeus

il

nel B. Gher.^ gli

spoglia e gli

un gran fuoco nel camino.

una dama,

la

quale

suo ardimento. Dalla pa-

cavaliere indovina che ella deve essere bella e con umilt

il

chiede scusa e le racconta

1'

avventura. La sconosciuta, an-

cora irritata, lo minaccia di morte; e Parthenopeus, timido e


desolato,
la

non sa trattenere

damigella e la induce

sistenza vinta e
l'altro

ilors

al

pianto. Quel pianto

il

perdono; dopo pochi istanti ogni re-

due giovani sono l'uno tra

dona

commuove

et flors

prst.

La

braccia del-

le

bella

sconosciuta

Mlior, che con arti magiche ha attirato al suo castello Parthe-

nopeus, del quale s'era innamorata.

Ma

egli

non pu sposarla

che tra due anni, quando sar cavaliere, e perci egli deve tenersi celato quanto pu e

gelosamente

serbai*e

il

segreto. Al

pari di Grherardino, Parthenopeus passa le giornate cavalcando

e cacciando;

ma

dopo un anno

nare in Francia e

si

egli

chiede congedo per ritor-

imbarca. Giunge a Blois e vi ha moltis-

sime avventure, che non trovano riscontro nel cantare e perci


ometto

(1).

Blois Parthenopeus

si

(1) Il re di Francia era in guerra con


il

suo re con 5000 cavalieri

mettere

le sorti

della

Giornale storico

accompagna con un

Sornegour di Danimarca; P. aiuta

libera dall'assedio Pontoise.

Si decide

guerra a un duello tra Sornegour e P.;


Suppl. n 16.

valletto^

ma

di ri-

soldati

34

B' l'B^I

Guglielmotto, poi battezzato Ancelet,

il

poema franMarco

quale ha nel

cese la parte che sostiene nel cantare italiano

lo scudiero

Bello. Ancelet e Parthenopeus vanno a vivere nel bosco e

abbandonano

cavalli;

presso la riva, ode


i

padroni perduti,

il

Urraque, sorella

nitrito delle

mette

si

Parthenopeus ridotto

allo stato selvaggio. Intanto Mlior,

perch vi accorra e vinca

Ma

il

numerosi concorrenti, tra

ella

cavalli

quali

mattino del torneo, Parthenopeus, impaziente, fugge dal-

Urraque su una scialuppa e viene sbattuto dal vento

l'isola di

nell'isola di

derle

il

Tenedon. La castellana

quando

libera che

cavalieri,

si

innamora
il

prodigi egli rinnova

il

e. Il, ott.

lizza

secondo e

il

di S.

irrompono a tradimento nell'agone

Blois

cos lontana (questo episodio

da grave

oppresso

I*.

dolore,

ma

appena

la forza

del suo misfatto e fugge

da Mlior. Dopo

madre

il

sei

vescovo

visto di giorno, sia

mesi, vinto

non

si

imbarca sul vascello incantato e ritoma

dalla

P. ritorna in

nostalgia,

patria.

La

danno a intendere che Mlior, che egli non ha mai


un'orribile strega e gli danno una lampada perch la possa
gli

notturni. P., ritornato

lampada ed ammira tutta nuda


il

giorno e

dell'imperatrice, vi scoprono

lo difendesse la sorella di Mlior,

sulla riva del mare,

in moglie la figlia del

beveraggio sparita, subito P. ha orrore

del

da Blois,

desta e sviene; intanto spunta

stanza

resti-

pensando a Mlior, che

durante l'ebbrezza egli sposa la

lo inebria;

vedere durante uno dei convegni


nel letto la

la

evidentemente un rifacimento del lai di Eliduc

mesce una bevanda che

fanciulla,

mantenere

fanno prigioniero P., poi lo

Maria di Francia). La madre sua decide di dargli

re e gli

tutti

medesimi

terzo giorno, sempre pi

misterioso e sconosciuto. Alla fine del torneo per

tuiscono.

28-29).

e vince

senza alzare la visiera;

ritira

e non lo

di lui

possibile di ucci-

B. Gher.,

Parthenopeus entra in

tutti,

poi

(=

torneo

il

si

che far

egli le assicura

marito durante

Sconosciuto a

di

invi-

un marito, bandisce un torneo;

Sultano di Persia, precisamente come nel Bel Oherardino.

il

trova

infelici

Urraque d a Parthenopeus armi e

vincitore.

il

povere bestie, che lamentano

alla ricerca degli

tata dalla corte a scegliersi

sposer

che naviga

di Mlior,

si

imbarca

presso Mlior, reca

la bellissima fanciulla.

dame

cavalieri,

l'infedele P. e vorrebbero

a Blois. Quivi

si

si

ucciderlo, se

Urraques. Accompagnato da

e ritorna

Ella

entrando nella

lei,

fugge

chiude nella sua

stanza, n vuole pi rivedere la madre, la famiglia, la corte.

OANTABI LBGGBNDABI ITALIANI

ma

parola data, ritorna a Tenedo,

la castellana,

tanta lealt, gli rende la parola e lo libera.


battito,

commossa da

Dopo un lungo

di-

proclamano Parthenopeus vincitore e sposo

giudici

85

di Mlior.
Il

cantare segue dunque nei suoi tratti essenziali

francese,

come

la

rato, e

ma

il

poema

omette molte parti che sono caratteristiche e

belle,

scena della lampada, la vita selvaggia del cavaliere dispe-

aggiunge

il

duplice bagno del bel Gherardino desumendolo

dalla leggenda di Graelent. Probabilmente l'autore del cantare

poema

non aveva

sott'occhio l'intero

compendio

in prosa o in verso, forse

di

Parthenopetts,

ma un

uno dei numerosissimi

testi

franco-veneti, che sono andati perduti nel grande naufragio di

quella interessante letteratura. Si noti che

nopeus

fu

uno dei pi popolari e fortunati

ne hanno versioni in olandese

(1),

medio-alto-tedesco, in inglese (3)

nopier und Meliur

Corrado

di

il

di

Parthe-

in tutta l'Europa; se

in islandese, in danese (2), in

ed celebre

di

poema

Wiirzburg

il

romanzo Parto-

(f 1287), anch'esso

und Mlior, Altfr. Gedicht des XIH. Jahrh. in mittelund mittelhochdeutschen Bruchstticken herausg. von H. F. Mass*
mann, Berlin, 1847; Anton Van Berkum, De Nieddennederlandsche bewerking van den Partlwnopetis-Roman en hare verhouding tot het oudfransche
cfr. la recensione di G. Paris nella Romania,
originel, Groningen, 1897
XXVI (1897), p. 575. Il Van Berkum conchiude che il romanzo appartiene
Intorno alle varie propaggini germaniche
al primo quarto del sec. XIH.
(1) Pa-tonopeus

niederlnd.

cfr.

E. KLBiNG, Ueber

die

verschiedenen

Gestaltungen

der Partonopeus-

Sage, in Germanische Studien, Supplement zur Germania hgg. von K. Bartsch,

n, p. 109; E. KoLBiNG, Zu Partonopeus of Blois, in Englische Studien,


XIV, 435 E. Kolbing, Ueber die nordisehen Gestaltungen der Partenopeus;

suge, Breslau, 1873.


(2) Cfr. A.

stiania,

Blois, tude comparative des


Hans A. Benneches Fond, Chri-

Trampe-Bdtker, Partnopus de

versions islandaise

et

danoise, Udgiret for

1904.

fragment of Partonope of Blois from a manuscript at Vale Royal,


The Middle-English Version of Partonope of Blois ed.
from the ms. by Adam Trampe-BOdtker, London, 1912 [Early English TeitSociety, Extra Series, n 109], voi. I F. Weingaertner, Die Mittdenglischen
(8)

London, 1873

Fassungen der Partonopeussage und ihr VerhcUtniss zu dem


naie, Breslau,

1888

(Dissert.).

altfr.

Origi'

86

LEVI

K.

ispirato alla leggenda francese (1). Persino nella penisola iberica

melanconica leggenda trov ammiratori e

la

mangono una versione catalana ed una

rifacitori;

castigliana

(2).

ne

ri-

Sarebbe

davvero desiderabile che qualche cultore della nostra letteratura


medievale compisse uno studio sulla fortuna dell'affascinante ro-

manzo

in Italia. Io ricordo d'aver avuto fra

un grazioso codicetto

mano

Parthenopeus

del

italiana; quel codice

mantovana dei Gonzaga

mano lungo tempo

scritto nel sec. XIII

da

apparteneva nel Trecento alla libreria

(3).

La

storia delle vicende e delle pro-

paggini del Parthenopeics in Italia sarebbe un interessante capitolo della storia delle leggende

romanzesche nel medio evo

italiano.

VI.

Pulzella Gaia.
due cantari della Pulzella Gaia sono

stati scoperti dal

un codice del Quattrocento, che apparteneva

in

alla

Rajna

biblioteca

Saibante di Verona e poi pass in propriet del marchese Gi-

rolamo d'Adda

Milano

di

(4).

Nel codice

il

cantare vestito

KoNRAD voN WCrzburg, Partonopicr und Meliur hgg. von Karl Bartsch,
cfr. H. Look, Der Partonopier Konrads von WUrzburg und

(1)

Wien, 1871

der Partonopeus de Blois, 1881

(Dissert.).

cavaUero Partinobles conde de Bles y despues


fue emperador de Costantinopla, etc., traduc. de la lengua catal. en la nuestra
(2) Historia del esforgado

1842

castellana, Barcellona,

lonia

and Spain,

(3)

il

cod.

di Parigi. Cfr.

1912, p. 3.

30;

n.

cfr.

in

cfr.

Modem

A. Trampe-BOdtker, Partnopeus in Cata-

langtiages Notes, voi.

citato

nell'inventario

della

Biblioteca dei

Italia, Koma,
Gonzaga del 1407,

un imperatore di Boma
CLXXVI), Bologna 1880, p. vi P. Eajna,
;

versione in ottava rima del libro dei sette savi, nella

La

Bibl. Nazion.

Eajna, Storia di Stefano figliuolo di

(Scelta di curiosit letterarie, disp.

23.

(1906), pp. 234-5.

delle

Bomania, IX, 509.

(4) Cfr. P.

Una

XXI

Nouv. Acq., fonds fran9ais, della


V. De Bartholomaeis, Uriche antiche dell'alta
7516

tavola del ms.

tre liberi , e

dei sette savi

(e.

(e.

176 a) reca:

buso questo libro he inquadernato

tre liberi sono: l" Apollonio di

50-174);

S'>

Bomania, VII,

Pulzella gaia

(e.

Tiro

(e.

177-196).

1-48); 2 Il libro

per met

CANTABI LBGGBNBABI ITALIAKI

veneta

alla

, in

37

quel dialetto mal celato da numerose

forme latineggianti, che comune a tante scritture settentrionali di quel

[I]

tempo:
Ora me intendeti, bona zente,

dire ve volio de
ch'ai

Il

tuti quanti

bona ventura:

in chortexia et in
li

chavalieri aranti,

tempo antigo andava a

la ventura.

Rajna dubita che questo gergo non

sia originario, e lo sup-

pone piuttosto un travestimento o una camufFatura dovuti


copista veneto

e perci nella sua edizione ha ricondotto

metto alla forma toscana, che egli crede primitiva


[I]

Intendete

me

al

il

poe-

coi soli

ele-

(1):

ora tutti quanti

in cortesia ed in

buona ventura:

dire vi vo' de' cavalieri erranti


ch'ai

La questione
menti che

tempo antico andava all'avventura.

assai ardua,

offre lo studio interno

si

pu risolvere

del testo. Certo

il

cantare

assai pi antico della trascrizione veneta che sola ci rimasta,

perch esso citato in un' opera della fine del secolo XIV,

Sala di Malagigi, anzi anteriore

come

il

la

al 1388, se essa del Pucci,

Rajna crede:
21.

Eravi Marta e Maria Maddalena,


la

Pulzella Gaia

appresso a

lei la

col viso piacente,

Keina d'Oriente

(2).

Questa citazione della Sala di Malagigi, in cui

la Pulzella

gaia ricordata accanto ai quattro cantari pucciani della Re-

(1)

P. Kajna, Pulzella gaia, cantare cavalleresco, per nozze Cassin-D'An-

cona, Firenze, 1893.


(2) Il cantare della

Sala di Mala^igi fu pubbl. dal Rajna per nozze D'An(sec. XV). In questo ms.

cona-Nissim, Imola, 1871, dal cod. riccardiano 1091

38

LEVI

E.

gina d'Oriente, pu

ritenersi

un buon argomento

in favore del-

l'origine toscana del poemetto.


Il

cantare della Pulzella Gaia

si

ricollega molto strettamente

con quello del Bel Gherardino; anche qui


nell'amore misterioso di

mutarsi

dell'

del segi'eto.

amore

Ma

una

fata

il

nodo dell'azione

per un cavaliere e nel tra-

in indifferenza per causa della

rivelazione

particolari del racconto sono differenti

dono

il

della fata, che nel

Gherardino un guanto

prodigioso, qui in-

vece un anello

la rivelazione dell'

amore

della fata, che nel

Gherardino a^^iene per


l'eroe, qui

le

domande

insistenti della

che sono caratteristici della leggenda pi antica,

Maria

di

madre

avviene durante un vanto alla corte. Questi

di

prima parte,

Francia

(1),

il

lai di

del-

tratti

Lanval

inducono a pensare che, almeno nella

cantare di Pulzella Gaia rispecchi una tradi-

il

zione pi pura e pi limpida del cantare di

direttamente deduca

Gherardino e pi

sue acque dalla letteratura leggendaria

le

francese.

L'argomento del cantare

si

pu scomporre facilmente in due

parti: 1 (ott. 1-51), 2 (ott. 52-99). Della

l'amore del cavaliere Galvano per una

prima a fondamento

fata.

Pulzella Gaia. Alla

corte di Art Galvano e Trojano scommettono

un bosco, durante

bella cacciagione . In

una serpe con

anche

l'ott.

nell'edizione del Rajna,

XXI

finisce cosi

manca

addurr pi

Galvano trova

quale invano lotta per molte ore

la

per conseguenza,

e,

Pulzella gaia, e

clii

la caccia.

alla fine la

la citazione della

Maria, Marta v'era e Maddalena,


Catherina palzella d'Oriente,
Fata Morgana dal viso piacente.

Ma

questa lezione dev'essere guasta;

testo con la scorta di


e.

121

a.

In questo

figlia del re

immagini

un

cantare

il

mago

legittima quella ch'io ho dato nel

Sala di Malagigi,

Malagigi, per

il

riccard. 2816,

compiacere a Lucrezia,

Baldacchino, raffigura sulle pareti d'una sala del suo castello

di personaggi celebri e di

dunque, anche quella della


(1)

la

altro ms. della

<

donne leggendarie. Fra

pulzella gaia col viso piacente

K. WiiRNCKE, Die Lais der Marie de France

^,

p.

le

immagini

96 e segg.

le
,

serpe

CANTARI LEGOENDABI ITALIANI

nome

richiede del

lo

fanciulla. Ella

namorata

una

e poi

si

trasforma in una bellissima

fata, figliuola della fata

Ma

di Gralvano.

89

Morgana

ed in-

cavaliere non pu restare con lei

il

perch ha scommessa la vita nel suo vanto con Troiano. Prima

un

ch'egli parta, la fata gli d

anello, per

potr soddisfare ogni suo desiderio, e

Galvano ritorna
per via

dell' anello

ed un uomo

perch ha fama,

felice

chezze infinite e l'amore della soavissima Fata


gina

si

invaghisce di lui

e,

egli

segreto.

il

con mirabile cacciagione, ottenuta

alla corte
;

mezzo del quale

raccomanda

gli

(1-28).

Ma

siccome egli non acconsente

ric-

la re-

suo

al

capriccio, lo obbliga a vantare nella corte plenaria la gioia

Lo sconsiderato Galvano

pi fina ch'egli possegga.

possedere

l'affetto di

una

fanciulla che

l'anello e chiede

che

la Pulzella

Gaia

il

fiore d'ogni

vanto

bella; e per dimostrare la verit del

si

ogni preghiera vana, perch, infranto

vanta di

si

si

donna

rivolge al-

presenti alla Corte.

Ma

segreto, sparisce

la

il

virt dell'incantesimo (29-36).

Convinto di menzogna, Galvano condannato a morte


fata si

muove

ma

la

a piet di lui e accorre con uno stuolo di don-

zelle vestite di

nero e di cavalieri, in atto di minaccia. Galvano

ottiene licenza di dare l'ultima prova di valore e di fedelt al

suo re combattendo con

mento Pulzella Gaia


a Galvano e

gli assalitori sconosciuti.

si fa

gli rivolge

In questa

innanzi tra le sue schiere,

si

mo-

rivela

amari rimproveri per aver palesato

il

segreto; e poi scompare (37-50).

Tutto questo racconto

svolge con grande fedelt alla saga

si

Lanval-Graelent, ed ha dei tratti che appartengono al

lai

Graelent e dei tratti che sono invece del lai di Lanval.

primo

Il

di

particolare della Pulzella Gaia, la caccia di Galvano nel bosco

e l'inseguimento della biscia, che estraneo al

lai di

Maria di

Francia, uno degli episodi pi caratteristici del lai anonimo


di

Graelent

(1).

Fuggendo da un suo eremitaggio

(1) Il lai di Graelent si legge in

frane. 1104,

e.

72

b, e

2168,

e.

65

silvestre,

un

due codd, della Biblioth. Nat. di Parigi,

fu edito dal Barbazan,

Fabliaux

et eontes,

AO

E.

giorno

orme
Al

LETI

cavaliere Graelent insegue una cerva e giunge sulle

il

un

di essa a

ruscello,

dove

tissimo di questo cantare

il

suo amore

il

Nel

al marito.

al cavaliere

lai di

Nel

lai di

perch

nuda su un
gono

al

mune

Lanval

ed essendo respinta

regina

la

accusa

lo

il

re, ubriaco,

possano vedere coi loro occhi fa porre


palco. Tutti riconoscono che le loro

regina

la

donne non reg-

paragone; solo l'incauto Graelent non partecipa

entusiasmo. Di

qui lo

sdegno della regina,

l'

vantare donna pi bella, la colpevole rivelazione del

dell'amore della fata del bosco.

Da

tutto ci

ogni relazione del cantare italiano col

Ma

nome

Galvano, che nel


di

Lanval e

il

229

lai di

Maria

di

Francia

il

di

il

nome

lai di

dell'eroe,

Francia l'inseparabile amico

suo salvatore:
Geo dist

Ki tant

Maria

sembrerebbe esclusa

lai di

Lanval

subito ci richiamano a

al co-

invito a

e parrebbe d'altra parte evidente la sua dipendenza dal

Qraelent.

vanta

baroni avvinazzati le bellezze della regina e

suoi

tutti

importan-

07'aelent gli avvenimenti non hanno tanta

semplicit: durante le feste di Pentecoste

davanti ai

la fata benefica (1).

l'altro episodio

vanto, che non ti*ova riscontro nelle

altre simili elaborazioni leggendarie.


offre

bagna

si

Graelent richiama anche

lai di

Walwains,
se fst

amer a

li

frans,

luogo dell'azione, la corte di Art


5

li

prnz

taz,

Kardoeil surjarnot li reis


Artur li pruz e li curteis...

IV, 67 e segg. e dal Ro<uefort, Posies de Marie de France, Paris, 1832,


p.

486

[n.

Xni]

da G. Gullbbrg,

Deux

1876; un sunto ne diede [Legrand d'Aussy],

XII' siede, Kalmar,


FabUaux et contea cit., voi. I,

Lais du

pp. 120-132.
(1) Intorno a questo motivo leggendario cfr. K. Pschmadt, Die Sage voti
der verfolgten Hinde, ihre Heimat, Wanderung und Bedeutung in der
Literatur des MittelaJters, Greifswald, 1913.

CANTAKI LEGGENDABI ITALIANI

la pentecuste en est

aveit

41

Asez

li

reis sujurn.

duna

riches duns.

as cuntes e as baruns,

a cels de la Table rounde...

15

femmes

Cosi comincia anche

e terres departi...

cantare italiano:

il

Dire vi vo' de' cavalieri erranti


ch'ai

tempo antico andava all'avventura.

In corte allo re
secondo come

Art

sedean davanti,

parla la scrittura...

Nello scioglimento dell'avventura


al

racconto di

Lanval n

il

cantare non

In Lanval, dopo che la regina ha accusato

recato onta colle sue villane vanterie,

a provare, pena la vita, la verit del

Quando

gi l'ora

si

attiene

a quello di Graelent.

suprema

il

cavaliere d'averle

Lanval condannato

amore

suo

misterioso.

per scoccare appaiono

sta

vigliose fanciulle che

formano

la raggiante bellezza

della fata

la corte della fata


si

mera-

le

e poi alla fine

presenta davanti agli occhi

estasiati dei baroni di Art. Ella s'avanza e, al cospetto del re

e della corte, arditamente proclama: Arturo, ascoltami.


vassallo ho amato. Eccolo
631

Artur

egli

fet eie

Lanval

Un

tuo

entent a mei...

Jeo ai am un tuen vassal.

Veez

le ci!

Geo

est Lanval.

balza in groppa. Lanval, che s'era messo alla posta sopra

un perrun de marbr
quando

la fata gli

bis

davanti alla

passa innanzi al galoppo, d'un balzo le

sulla sella. Stretti l'uno all'altra su


essi

soglia del castello,

quella groppa, in

sono scomparsi. Nessuno ud pi parlare di loro:


663

Nuls n'en

oi puis plus parler,

ne jeo n'en sai avant cunter.

si

getta

un attimo

42

LEVI

S.

Il

lai di

Oraelent segue

racconto di Lanval fino alla ap-

il

parizione e alla scomparsa della Fata; poi procede in maniera


assai diversa, Graelent balza in groppa a

raggiunge

la fata fuggitiva e

sciuta per la

prima

sorregge e

fata si getta nell'acqua

per annegare quando

la segue, si tuffa e sta


lo

ruscello dove egli l'aveva cono-

il

La

volta.

un destriero e insegue

la

Graelent

mano

della fata

perch la fanciulla gli

lo salva. Disperato

nega

il

getta un'altra volta nell' acqua e sta per

perdono, Oraelent

si

scomparire tra

le

onde;

grazia per

La

fata lo salva, lo ravvolge nel suo mantello e

lui.

le

conduce nel suo regno.

lo

cora;

corre lungo le rive del

condo

in Graelent, sarebbe pi

mentre nelle

Brettoni credono che egli viva an-

scomparsa del padrone,

la

fiume annitrendo disperatamente. Se-

pi recenti lo scioglimento dell'avventura, qual'

critici

inconsolabile per

cavallo,

il

damigelle della Fata implorano la

altre

parti

conforme
il

alla

saga brettone primitiva,

anonimo potrebbe

lai

rimaneggiamento della leggenda

un

Lanval. Lo scioglimento del-

di

l'azione, qual' nella versione italiana della

leggenda differisce

due versioni francesi. Quando

sensibilmente da quello delle

Galvano condannato,

ritenersi

appare davanti

la fata

con un

alla citt

Galvano ottiene

esercito di donzelle e di cavalieri;

di

combat-

tere contro gli ignoti assalitori; tra essi riconosce l'amante, ne


ascolta

rimproveri; e poi la perde di vista. Bisogna dunque

escludere ogni relazione diretta tra


tare italiano.

su

gli incerti

mente,

Il

due

lais brettoni

il

can-

cantastorie o ha lavorato liberamente di fantasia

ricordi

si servito di

della lontana leggenda o, pi probabil-

un

testo, in cui

il

motivo originario della

saga brettone era gi profondamente modificato e corrotto.

La seconda parte

del cantare

(ott.

dalla leggenda dei lais brettoni.

Galvano

si

mette

51-99) ci porta assai lontano

Scomparsa

alla ricerca di lei e

la

Pulzella Gaia,

giunge a un castello dove

abitano cento fanciulle che piangono la triste sorte della fata:

per essere stata amata e rivelata da Galvano,

ella stata con-

dannata dalla madre, la fata Morgana, a perpetua prigionia. Gal-

vano capita

in un'altra rocca,

dove una dama vuol

farlo prigio-

ma

niero;

CANTARI LSGGENDABI ITALIANI

egli si difende cosi

perdonargli,

innamora

si

nozze, se ella

non

Galvano apprende dov'

valorosamente che

Ma

di lui.

la

non che

ella,

Galvano non acconsente

dove

rivela

gli

43

sia relegata la

fata.

alle

cosi

sua donna: in fondo a una torre,

nella citt di Pela Orso. Galvano tenta di penetrarvi travestito

da mercante; respinto dalle guardie, ricorre

alla violenza, sot-

tomette la citt e pone assedio alla rocca (77-89). Pulzella Gaia


dal fondo della torre
dogli un'astuzia per

una

invia a Galvano

mezzo

della

lettera consiglian-

quale penetrare nella torre

parta dalla citt e ritorni dopo quindici giorni, vestito di rosso,

con cento cavalieri travestiti con


Quelli sono

Dama

colori della

femminili di color verde.

abiti

del lago, sorella della fata

Mor-

gana, sicch le guardie saranno tratte in inganno e apriranno

le porte.

cosi infatti

innamorata e

al

avviene (89-99); Galvano libera la sua

posto suo, in fondo all'orrida torre, rinserra la

crudele Morgana.
Della complicata avventura, che forma la seconda parte del
cantare,

si

ha un'eco nella Tavola ritonda^ dove Breus sanza

piet rimprovera Tristano e ogni cavaliere innamorato (1)


Deh, per mala veatura,
che per pi

fiate

disse

Breus,

fi^tello di codesto traditore, fatto

grande

gana;

Galvano

tempo che

e tutti

andate per tal

via, e

LXXX e LXXXI

ressante racconto

(1) Cfr. la
Fil.

come

si

pu l'uomo

(2)

Gaia Donzella

non curate

alla

Lancialotto,
e

anche non

Fata Mor-

dell'altrui disonore,

pure che

della

Tavola un

altro lungo e inte-

spiega e illumina assai bene le strane vi-

Tavola ritonda o

l'istoria

di Tristano, pubblicata per cura di

Luigi Polidori, Bologna, 1864 {Collez. di opere inedite o rare, ed. dalla

R. Commissione pe' testi di lingua,


(2) Cfr. la

Tristano al

Tavola ritonda,
castello

della

I,

voi. Vili),

pp. 294-303.

P.

Lo

I, p.

non

v' traccia

487.

stesso racconto dell'arrivo di

Fata Morgana e dell'uccisione di Huneson

anche nei mss. francesi del romanzo in prosa di Tristan


cese

fidare di voi,

somigliante allo re Art

il

tolse la

a compimento venga vostra volont

Nei cap.

avete tolta la reina Isotta allo re Marco?

ma

si

ha

nella redaz. fran-

alcuna dell'avventura di messere Burletta n degli amori

44

LBTI

B.

cende

nostro cantare. Siamo nel castello

riferite alla fine del

Palaus

di

(poi diventato Pelaorso sulla

da ogni lato

marmo

innalzano mirabili muraglie di

si

Tristano

rallo.

bocca del cantastorie)

vi

cavalcando

capita,

attraverso

e di co-

una diserta

landa, e vi apprende che del luogo signora la fata Morgana,

Pulcella del Lago nonch di re Art. Al mattino

sorella della

Tristano ha la ventura di ammirare da vicino anche

erona

e vecco venire

...

e uno

li

una donzella,

vasello ove aveva

acqua

e portava in

zella di dodici anni, tanto bella e tanto

la natura meglio sapesse formare; pi

vari in testa, onesti, e

mano

ella

il

portava una coppa d'oro.

e avvenente.

la

mano uno
seta, e

di

a tanto, ecco

nostra

si

f'

lavare a

venire una don-

d'oro, con

fila

due occhi

era dolce e soave e rado; e in

Tristano molto amorosamente

e fra s stesso diceva ch'ella

Fata Morgana

bacino d*oro

avvenente e tanto leggiadra quanto

bionda che

suo bello parlare

guardava quella bella donzella

sua

una benda

rosata, e

messer Tristano sue hiani e suo visaggio.

sua

la

la quale

ri-

era molto bella

sapeva molte cose ed era saggia

accorgendosi dello mirare di Tristano, gli disse:

Sire cavaliere, questa

vi donerei a

dama!

mia

figlia.

quanto a voi piacesse, certo

io la

Tristano prende commiato e tanto cavalca che fue in cima


della

lega

montagna petrosa,
;

di lungi

appunto Onesun

lo

calvo

della povera Gaia Pulcella.

dallo

castello di Pellaus

una

un cavaliere sconosciuto che

qui affronta ed uccide

drudo della

fata

Morgana e padre

Proseguendo nel suo cammino, Tri-

stano incontra un altro cavaliere, che va alla ricerca di Lancillotto

per vendicare un affronto. Quel cavaliere un innamorato della


Pulzella Gaia.
Venendo un giorno
di

Pellaus

ch'io cavalcava

egli racconta

presso allo castello

(== Pela Orso) e mirando in uno giardino, vidivi l'amore mio...

Pulzella Gaia. Cfr. E. Lseth, Le roman en prose de Tristan, le


roman de Palamede et la compilation de Musticien de Pise, Paris, 1890 {Bibliothque de Vcole des hautes etudes, voi. LXXXII), p. 136 e seg.
della

CANTARI LEOGENDABI ITALIANI

Gaia Pule ella... E

ci quella

allora io

non

45

ma

fui tardo,

tantosto presi

la donzella per lo braccio e pusimela davanti a l'arcione e portaimelane via con

grande allegrezza.

vero

si

che la donzella

continovo veniva piangendo. Essendo dilungato

da
la

tre leghe, e trovando

prendeva

sime...

io

una bella fontana,

confortare e forte

lavare

ancora non sentiva d'amore, e


io dal castello

io scavalcai

suo

Pellaus

molto

mani

bellis-

visaggio e sue

vedendola tanto bella e tanto leggiadra e

lo

bene

la donzella e

suo bello viso adorno,

cominciale a baciare quelle sue labbra sottili vermigli e a toccare suo bianco
petto

colle

le

veggendola

mirava

corpo e le nobili

il

tanto leggiadra, non poteva

sul pi bello accorre Lancillotto e rovescia sconciamente

l'ardito
il

e appresso

e gentili, sicch'io

mia volontade.

raffrenare

Ma

mammelle;

piccioline

membra, morbide

amatore gi per

da quel brutto tratto

le terre; offeso

cavaliere della Gaia Pulzella dopo di allora non

si

d pace

finch

non abbia vinto e abbattuto Lancillotto o chiunque ne

prenda

le difese e la parte.

Per questa ragione quel buffo e

tristo cavaliere affronta Tristano,

sorte gli ancora

amico del suo persecutore;

una volta sfavorevole ed

dersi per vinto e partire per la

egli

Cornovaglia a costituirsi pri-

gione nelle mani di Lancillotto. Melanconicamente prende

cammino,
...

ma

Tristano

giunto in cima a un gi^ande ponte,


lo

guardava,

Burletta tanto duramente,

credendo

ched

e'

fusse

che nel suo pensare

era dello morire subito che andare per venire alle

mico ch'egli avesse in questo mondo;


si

dispera.

la

deve arren-

si

si

pentuto.

il

suo

arresta:

pensando

delibere che meglio gli

mani

del pi mortale ni-

e allora insuperbie nel suo cuore e sie

poi esce dello suo arcione dello auferrante, e gittssi nello cor-

rente fiume; e subitamente egli fue annegato.

L'infelice

amante

insieme comico e
viglio di

della Pulzella Gaia porta

triste,

quasi a simboleggiare

comico e di tragico di che

la vita di tutti: egli

si

fatta la

un nome che
l'intricato

gro-

sua avventura e

chiama messer Burletta della Diserta.

R hvn

46

VII.

Liombruno.
Il

motivo

iniziale

della leggenda di

Oherardino

quello dei cantari del Bel


il

fatto pi cospicuo

Liombruno identico a
e della Pulzella Gaia:

anche qui l'amore segreto

di

un giovane

mortale per una fata immortale, la perdita della fata per

l'in-

cauta rivelazione del segreto e in fine la riconquista di essa

dopo mille svariate e prodigiose avventure.


Liombruno,

figlio

d'un pescatore, abbandonato in un' isola

il

depone

in

Ma

preda del diavolo.

deserta in

porta cosi in alto che


capelli, e lo

un

castello,

gura e appare una bella fanciulla


Aquilina.
si

Liombruno e Aquilina

Ma

sposano.

che punge

il

un'aquila lo ghermisce, lo

calore della sfera del fuoco

in fondo al

dove subito

gli

di dieci anni. Ella

si

amano

brucia

ella si trasfi-

madonna

e dopo qualche anno

cuore di Liombruno vi una spina

desiderio della patria lontana.

Anche

il

bel Ghe-

rardino, nelle stesse condizioni, profondamente tormentato


dalla nostalgia e

non ha pace

sin

che l'amica non

gli

il

con-

Da monna Aquilina Liombruno, al momento del commiato,


ottiene in dono, come Galvano da Pulzella Gaia, un anello progedo.

digioso,

che corrisponde

Oherardino

al

guanto fatato della leggenda del Bel

(1-23).

Notiamo che quell'elemento sentimentale,


l'eroe,

non appare nelle versioni originarie

costante nelle propaggini italiane.


il

Non

la

nostalgia del-

francesi, ed invece

Lanval che desidera

ritorno; la fata stessa che bruscamente lo licenzia (1):


159

Amis
Vus

fet eie

n'i po6z

levez sus!

demurer

plus.

Alez vus en; jeo remeindrai.

(1)

Marie de Frange, Lais de Lanval,

ed. K.

Warncke

cit,, p.

92.

CANTABI LEGGENDARI ITALIANI

47

Invece Gherardino ha bramosa doglia della sua citt lontana, e

Liombruno, tra

neghittoso e corrucciato
stalgia nei

carezze di Aquilina, rimane sempre

le

Questa melanconica velatura

del nostro popolo,

canti

cui

-di

si

di no-

son tante volte

descritti l'indifferenza e lo scetticismo, merita alla fine di essere

Liombruno ritorna

posta in evidenza.

corredo di vesti e di

fio-

cui al vincitore riserbata la

Liombruno accorre, abbatte

Ma

proclamato vincitore.

concedere

sconosciuto la

allo

vanto, durante

sua vita e

la

in

della principessa ereditaria.

cavalieri,

di

ricco

con una valigia fornita di

gioielli e

uno splendido torneo,

mano

un

quand' sul punto di ripartire, apprende che in Granata

rini ;

vi

in patria con

il

il

mano

il

re di Granata, prima

della figlia, provoca

un

quale egli abbia occasione di rivelare un poco

suo animo.

vantarsi e vanta

manco

malincuore Liombruno accetta di

a dirlo

le bellezze di Aquilina.

re gli concede trenta giorni per provare la verit del vanto

Il

Invano Liombruno invoca dall'anello fatato l'arrivo di

(33-43).

Aquilina.

Egli ha infranto

segreto e

il

deve essere condotto

al supplizio,

tua moglie

sultano.

chiede

il

Ei rispondea:

gelle della sua principessa.


il

il

sultano rinnova la

l'altra fanciulla

domanda

sono dami-

infine arriva Aquilina, cosi sfol-

re, umiliato,

bruno (44-46). In questo


aderisce strettamente al
sta

appare una fanciulla.

risponde che l'una e

gorante di bellezza che

potere magico del-

No, dolce messere.

Arriva una seconda donzella, e

ma Liombruno

il

trentunesimo giorno, quando Liombruno

l'anello scomparso. Al

chiede perdono a Liom-

il
Cantare
Lanval (v. 473

tratto

lai di

di

Liombruno

e sgg.).

Lanval

per essere ucciso, alla presenza di tutta la corte di Art,

quando

(1):
.

dous puceles virent venir

sor deus beals palefreiz amblanz.

(1)

Marie de Frange, Lais,

p. 105.

48

i<wi

K-

Malt par

esteient avenanz;

de cendal purpre sunt vestues


tnt senglement a lur chars nues.

a Lanval se una delle due la sua sposa

Re Art domanda
Ne
li a dit

Ed ecco appaiono altre due


meravigliose fanciulle su due mule spagnuole. Nuova domanda
del re e nuovo diniego di Lanval (514-536). La folla s'apre per

la

il

sai ki sunt... .

un bianco palafreno s'avanza una donna

terza volta e su

chiusa in un camice candido che fa meravigliosamente spiccare


la delicatezza

delle carni e

il

fulgore dei biondi capelli. Nes-

suno osa guardarla, cosi splende quella divina appai'izione


Lanval, tra
fessione

ceppi, piange e sospira; e quel sospiro

una con-

Li sans

611

est

li

muntez

el

vis;

de parler fu alkes hastis.

Par

fai

fet

il

ceo est m'amie!

Nel cantare Liombruno l'ingenuo poeta non ha clto


nezza psicologica

di quella situazione;

la

fi-

invece la rimatricc del

secolo XII ha tratto dal motivo tradizionale l'impeto alato d'una

sublime poesia.

Anche

meno

lo

scioglimento dell'azione nei cantari nostrani assai

poetico che nel lai brettone:

strofe della Fata al re Art,

groppa del cavallo che


della

non

non pi

scalpita,

il

non pi

vi pi l'ardita apo-

balzo di Lanval sulla


la

fuga del cavaliere e

Fata strettamente abbracciati sullo stesso destriero, che

via galoppa e scompare.

armi e cavallo e

Madonna Aquilina

lo lascia solo in

ganti stanno disputandosi la preda,


d'usatti e

un mantello. Invitato a

Liombruno indossa

il

toglie a

Liombruno

un bosco. Nel bosco

un pugno

di fiorini,

tre bri-

un paio

sciogliere la contesa, lo scaltro

mantello, calza gli usatti, prende

fiorini

e scompare. Arriva a un'osteria e chiede invano notizia di ma-

donna Aquilina.
i

Gli viene indicato

venti, che tutto

vedono; e

un eremo dove convengono

ivi si reca.

ospitato dal romito

CANTARI LEGGENDARI ITALIANI

49

e assiste all'arrivo di Grarbino, Greco, Tramontana, ecc.

suno conosce Aquilina, tranne


il

Ma nes-

saputo e linguacciuto Scirocco,

il

quale in\ita Liombruno a seguirlo l'indomani. Per virt del

mantello e dei miracolosi usatti, Liombruno pi veloce del

vento e
scorge

il

lo

precede sulla vetta d'una montagna, dalla quale

castello di Aquilina.

canto ad Aquilina,

Non

le toglie dal tagliere

su scivolare l'anello di sposo

(cant.

Aquilina sviene ed portata a

letto.

le

II,

Ma

si

Liombruno siede ac-

visto,
il

boccone,

38-42).

ma

vi fa

quella vista

lo scaltro

Liombruno

appare immediatamente anche qui e immediatamente scom-

pare per virt del mantello. Alla fine Aquilina riesce a gher-

mirne un lembo prima che Liombruno se


ravvolto d'intorno

ne seguono

il

lo sia

compiutamente

riconoscimento degli sposi,

gli

abbracci e la pace.
Il

secondo cantare, che comprende questa prodigiosa ricon-

quista di Aquilina, non ha riscontro nei lais brettoni n, credo,


nella letteratura del

medio evo,

ma

si

svolge invece intorno a no-

tissime leggende del folk-lore tradizionale.

Il

mantello che rende

invisibile, gli usatti

che rendono pi veloce del vento colui che

calza, sono usciti

evidentemente dallo stesso arsenale che ha

li

fornito al popolo l'anello che fa starnutire,


lare,
il

il

fischio

denaro senza fine

(1).

solo negli elementi,

composizione e nella struttura

il

fa bal-

chen dei

fratelli

Il figliuolo

Grimra

si

ha un

und Hausmr-

ivi

Ma

dalla nostalgia, torna in patria col sussidio di


fornitogli dalla sposa. Il

p.

compie molte

poco dopo, vinto

un anello magico

padre rimane sorpreso del suo ritorno,

G. PiTR, Fiabe, novelle e racconti popolari


I,

nella

avvi-

d'un pescatore abbandonato al diavolo e posto in una

prodezze, libera la figlia del re e la sposa.

(1) Cfr.

si

racconto quasi identico (n. XCII).

barchetta approda a una spiaggia sconosciuta;

1875, voi.

ma anche

cantare di Lionrruno

cina a moltissime favole popolari. Nelle Kinder-

siciliani,

Palermo,

238.

Giornale storico

che

la tovaglia che d a mangiare, la borsa dalla quale esce

Suppl. n !.

ho

E.

ma non

LEVI

vuol credere che egli sia

il

marito d'una principessa;

l'incauto figliuolo, per convincerlo, chiede all'anello che la sua

sposa apparisca.

tando con s

il

Ella infatti accorre,

magico

del pescatore

figlio

ma

subito scompare por-

Rimasto solo e abbandonato,

anello.

mette per via e trova tre

si

fratelli

il

che

stanno disputando intorno alla ripartizione della loro eredit,

un mantello, un paio
gliere la contesa

di scarpe e

egli

s'

una spada. Col pretesto

impadronisce

di scio-

di quei tre oggetti fatati

e con essi riesce a riconquistare la sposa.

Reinhold Khler, per

il

quale

gli scrigni della fantasia

popo-

lare non avevano segreti, ebbe ad accostare alla novella dei

Grimm

molte altre versioni d'ogni parte d'Europa

magiare e norvegesi

la perdita dell'anello

In quelle

(1).

avviene in un modo

simile a quello narrato dal nostro Cantare, cio per la rivela-

zione dell'amore della sposa in un vanto compiuto alla corte

Per

del re.

il

particolare dell' incredulit e della curiosit pa-

terna la favola tedesca dei

fratelli

Grimm

si

avvicina, pi che

a Liombruno, al cantare del Bel Gherardino, in cui per la


curiosit attribuita, pi
alla

opportunamente, non

al

padre,

ma

madre.

Nelle consimili novelle danesi, rumene e ungheresi

cambio del denaro, non promette

tore,

in

come

nel cantare di

tutto quello

Liombruno, ma
alla

diavolo

tutto quello che

che sua moglie tiene sotto

che n in casa n indosso

al

la cintola,

il

il

pescafiglio,

ha in casa

ben sapendo

moglie v'era cosa alcuna. Questo

tratto d'arguzia, che evita l'inumanit di quella cessione del figlio


al diavolo,

sembra

al

Khler originario, sicch

la fiaba italiana,

che

ne mancante, dovrebbe giudicarsi pi tarda e pi torbida delle


altre versioni
sciare,

europee.

pensando che

Ma

il

ragionamento

la semplificazione

sia

si

potrebbe rove-

opera di un tardo

(1) G. WiDTER, A. WoLF, K. KOhler, Voksnirchen aus Venedig, in Jahrbuch fur romanische und englische Literatur, hgg. von L. Lemke, Leipzig,

1866,

voi.

Vn,

p.

147.

CANTABI LKGGBNPABI ITALIANI

51

rimaneggiatore della leggenda, e non primitiva.


garsi

diritto

il

umano

di

definire

leggi

le

Chi pu arro-

e le strade dello spirito

Liombruno derivano

Dal cantare di

che

Maria

Francia

di

il

infinite

leggende popolari

Khler enumera nell'introduzione

italiane,

editi

da Carlo Warncke

ai

Lais

Toscana: V. Imbriani, La Novellata fiorentina^

n.

XXXI.

D. CoMPARETTi, Novelline popolaoH italiane, n.

Tuscan Fairy

Tales, London,

T. F. Crane, Italian
p.

s. a.,

Popular

di

e sono queste:

(1),

n.

XLL

X.

Tales, London, 1885,

35L

Abruzzi: A. De Nino, Usi e costumi abruzzesi,


Firenze, 1883, n.

voi. Ili (Fiabe),

LXIX.

Sicilia:

G. PiTR, Fiabe, novelle e racconti popolari sici-

Veneto:

G.

liani, n.

Widter

XXXI.
e A. Wolf, Volksmrchen

Leipzig, 1866, n.

aics Venetien,

[Der arme Fischerknabe].

G. Alton, Proverbi, tradizioni e aneddoti delle valli

ladine orientali, Innsbruck, 1881,

Che

p. 131.

tutte queste versioni popolari derivino dal nostro vecchio

nome dei due eroi, Liombruno


nome originario della fata quello

cantare, lo prova l'alterazione del

e Aquilina.
del

cantare

assume

evidente che

al principio della favola.

briani e del Comparetti,


tai'e

il

esso tratto dall'aspetto d'aquila che la fanciulla

il

Nelle versioni toscane dell'Im-

limpido e chiaro Aquilina del can-

diventa Colina e Chitina, in quella abruzzese addirittura

Culina e Culinda, in quelle trentine Chelina. Nella fiaba


liana pubblicata dal Pitr

donna Aquilina prende

il

sici-

{La 'mperatrici Tresibonna) matitolo e

il

nome

di imperatrice Tre-

bisonda e Liombruno, poveretto, semplicemente quello di Peppi


(

ca a lu picciriddu cci misiru [nome] Peppi

(1)

Ed.

cit.,

p. cxTi e segg.

).

52

LIVI

B.

Liombruno

Del resto la popolarit di


delle

stampe

cfuattro del sec.

XV,

attestata dal

XVI, quattro del XVII,

sei del

una del XVIII, una dozzina del XIX. Nelle Facezie


zarro cremonese Poncino della Torre
Filippo Mastrucci che, datosi

del biz-

ricordato un certo

(1)

alla poesia,

quando Buovo d'Antona, quando

numero

cominci a voltare

dama Rovenga

del Martello,

quando Aiolfo di Barbiconi, quando

la vita del

*guantuaso, e quando

Liombruno, e notte e

la

frottola

di

giorno stentava per ficcarsi in testa


barzellette.

Nel

e.

XVII

di

francese Gar-

versi di quelle gaglioffe

Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno

compare un giovanotto:
Istiralato e avvolto in

che

il

mantel brano

copre e par gli metta al coreo

Dice Marcotte allor:

Questi

vanni.

Liombruno

che fece col mantello vari inganni.

Anche Filippo Pananti nel Poeta di teatro


una volta

mantello di Liombruno

il

mi
il

turo,

mi

mantello vorrei di

Nei nostri giorni

una

rannicchio,

(e.

XXIV)

ricorda

mi nascondo,

Liombruno.

gli usatti di

Liombruno furono

mago

delle sue pi soavi poesie dal

ratura popolare, Severino Ferrari

(2).

rievocati in

prodigioso della lette-

Chi non ricorda l'accorata

Nostalgia (1888)?
Non
di

so se

Modena

dolci amici di Spezia e di Livorno

Bologna

e Firenze e

Milano

m'abbian cader lasciato gi via da l'aureo corno


de

(1)

nese

la

memoria, come un

fior

vizzo di

Le

piacevoli et ridicolose facetie di

di

nuovo

ristampate,

nianza fu rievocata
(2) S.

dall'

ecc.,

mano:

M. Poncino

Venezia, 1626,

e.

67

della Torre

h.

Imbri ani, NoveUaia fiorentina^,

Ferrari, Versi, Modena, 1892,

p. 78.

La
p.

Cremo-

curiosa testimo-

472.

53

CANTABI LEGGENDARI ITALIANI

che spesso a mensa a canto a lor m'assido,

io so

trovan vuoto

bicchiere, ed io

il

Perch'io son

guardo e rido

li

Liombruno;

m'ha dato

il

caro amore e in esso

pur tengo

il

par d'usatti

(1).

donna Aquilina,

e se

mi

consolo,

cammina che cammina,

arrivo insiem co'l vento (2); e in dosso ho

il

'ferrai uolo

con che, non visto, o amici, a voi sono presente;

come

e fo

Il

la spugna, che

beve e non

Liombruno non

cantare di

fu tramandato da

una numerosa

si

anche pi recenti,

XV

Le ver-

e XVI), che ha 97 ot-

derna che comprende 9 1 ottave e incomincia


che puoi, musa divina

ci

Cinquecento (1550-1570),

Onnipotente Dio che nel ciel stai

l'inizio

ma

stampe popolari della

fino ai nostri giorni.

sioni sono due, l'una pi antica (sec.

tave e

sente.

trova nei manoscritti,

serie di

fine del Quattrocento (1485-1495), del

del Seicento ed

si

, l'altra

Dammi

mo-

aiuto,

Rispetto alla versione antica,

moderna

quella

briani (3) ha molte e profonde varianti,

non

edita dall'Im-

solo formali,

ma

anche nell'argomento. Tutto quello che nel poemetto primitivo


era pi ingenuamente fantasioso, fu messo da parte.
al

quale

1-4

e a un'isoletta del

ed

Pare che

il

mare arriv

un gran corsaro ha

ivi

ritrovato.

senso del mirabile e dell'infinito

gliato nel nostro popolo, attraverso


si

secoli.

Liombruno,

(2) Liotibruno,

(3)

La

redazione moderna fu pubblicata

p.

454

l'eremita,

nella

ott. 34.

fiorentina, fiabe e novelle

Livorno, 1877,

sia assotti-

38-39.

e. Il, ott.
e. Il,

si

Quando Liombruno

reca alla cella del romito e batte all'uscio,

(1)

diavolo

pescatore cede Liombruno trasformato in un cor-

il

saro turco

Il

stenografate in

e segg.

la

da Vitt. Imbriani,

La

novellata

Firenze dal dettato popolare

^,

redaz. antica nel Fiore di leggende, HI.

54

B.

LEVI

sua solitudine, tutto timoroso,


allora invoca la Vergine
e quel

si

e la porta

romito forte

chiamar sentendo

Liombruno

rifiuta di aprire.

si

si

apre

(II,

22)

assicura

Vergine pura.

la

Nella redazione moderna l'eremita apre la porta, non gi per

ma

piet verso la Vergine,


tello

scavezzacollo

il

man-

e quel romito forte

si

assicura

vedendo di persona

la figura.

due volte interviene Iddio stesso per

(II,

25-28)

da Dio

ispirato...

e l'una e l'altra volta nelle stampe moderne

razione divina

sostituito l'invito di
e quel

Poco dopo l'eremita

ispi-

e quel romito, ch'

il

suo viso non quello d'uno

romito

Ebbene

s' tolto

il

Nell'antica storia

rare

perch Liombruno

ed egli ha riconosciuto che

Liombruno

all'ispi-

romito da lai invitato...

offre

da cena

semplicissimi, perch egli trae

al

suo ospite

due bocconi

conforto della vita da ben altro

il

che dai piaceri della tavola, dalla sublime presenza

di

Dio e

4egli Angeli:

n-32

quel romito da cena gli dava

di quelle cose che per lui avia;

l'angiol del cielo

lo visitava.

Nelle stampe moderne anche l'intervento dell'angiolo del cielo

viene escluso

invece dell'ispirazione ascetica abbiamo la pi

positiva e prosaica preparazione della cena in cucina, tra barattoli e casseruole

e quel

romito da cena gli dava

di quelle cose che per lui avea


e

mentre che per

ci gli preparava...

CNTARI LEGGENDARI ITALIAN

Nel cantare antico sono costantemente


Iddio,

un angelo

Vergine,

la

in

55

scena

in

moderno

quello

Iddio, la

Vergine e l'angelo sono messi fieramente

sostituiti

con persone vere,

di

diavolo,
diavolo.

il

alla porta e

La degrada-

carne e d'ossa.

zione della leggenda compiuta

il

spegne e

la fantasia si

prosa della vita uccide la bella ingenuit primitiva,

la

la

credula

fede degli avi.

quale tempo appartiene la storia di Liombruno? Le prime

stampe appartengono

ma

decennio 1480-1490,

al

credo di

io

poter affermare con piena sicurezza che la composizione dei due

un secolo prima

cantari risale almeno ad

Le usanze e

non

antichi, e
lina,
il

(1380).

costumi descritti in questo poemetto sono ben

possibile collocarli in pieno Rinascimento. Aqui-

quando Liombruno se ne innamora, ha

che ricorda subito

fiorentine

lamento dantesco che per

il

tempo e

il

dieci anni soltanto,


le

ragazze

dota fuggien quinci e quindi la mi-

la

sura {Farad., XV, 105). Anche nel cantare di Gibello, che del

madonna

Trecento,
il

Argogliosa, quando ospita per la prima volta

suo sposo era di nov'anni, molto bella

bruno parta, Aquilina


e

gli

gli

arma cavaliere

lo

Prima che Liom-

gli

cinge la spada

Dopo questa cerimonia Liombruno

speroni d'oro.

diventa messere (XXIV, 7-8)

e fatto questo...

messere Liombruno era chiamato.

Tutto questo
cavalleria
l'arte

genua.

ci

richiama a tempi assai antichi, nei quali la

non era ancora

rinvilita e negletta. Si

del cantastorie in
I

versi

si

Liombruno

assai

reggono molte volte solo per

aggiunga che

primitiva ed inle licenze della

recitazione accompagnata dalla musica e fors'anche dal tramestio


di

un irrequieto uditorio

non gi per

(1) Spesso si

VII, 3, ecc.

la

ha

(1)

le ripetizioni

sono frequentissime,

povert d'ispirazione del poeta,

la dialefe:

XVI, 4;

XXXIX,

1;

ma

per un espe-

XLVIII, 6;

sec.

cant.,

56

LKVI

K.

diente di memoria del cantore, che in quei tratti simili trovava

un riposo e un richiamo a
due volte o anche
due cantari

seguire.

Molti versi sono ripetuti

tre nel corso delle

non moltissime ottave dei

(1).

Chiunque abbia qualche pratica della letteratura delle


ed abbia un poco

origini

subito scorger nel frasario e nel-

di gusto,

l'atteggiamento del pensiero e della parola di questo testo, dei

non dubbi

caratteri

che alcuni versi

di

di antichit.

Un

Liomb^mno

si

ritrovano

cantari del Pucci e nel Bel Oherardino,

met del Trecento.

Il

verso

dere

ott.

I,

XX,

verso

Il

ritrova altre

2)

rardino

(cant.

ai

prima

Gherardino

non potean ve-

facesse

'1

l'alba dello giorno

due volte nella poesia leggendai-ia del Trecento:

I,

(cant. III, ott.

X,

ott.

V. 7).

ma

del Pucci, sarebbe audace ;

tenga

che certo della

1):

quando apparve

Regina d'Oriente

nella

Di niuna parte lo potean vedere

Che chi

XXVI,

(I,

E
si

v.

si

quali nei

tali

press' a poco quello del

(cant. II, ott. VII, V. 8)


(cant.

importante

fatto assai

il

XXXVI,

Dedurne che

v. i)

e nel Ghe-

Liombruno

sia

dedurne che Liombruno appar-

tempi del Pucci non varca

limiti della pi oculata

prudenza.
Del resto dell'antichit di

Liombruno

argomento,
e dice

il

canterino

(ott. II, v.

si

diffonde in

ha una traccia bel-

si

Prima

di entrare in

un lamento

sulla povert

lissima proprio al principio del poemetto.

e sgg.):

Signori, intendo che per povertade

mondo

molti nel

hanno perduta

mal

son

la povert s forte gli

(1)

Eccone

ha

cacciati.

l'elenco:

XXIV, =
XXVI,
8 = XXXH, 5; 2 cant.
= XXX\Tn, 5; 3 - XLVH, 8 = cant. E, 7 4o
H, XX, = cant. H, XXm, B H,
= cant. H, XIX, 8
= cant. H, XXVIH, 7 XVH, 7 = cant. XLI,

1 cant.

XXXV,
XXX, 8
XXV, 1

arrivati,

la lor libertade,

I,

ott.

v.

I,

I,

v.

S*

ott.

II,

I,

II,

I,

6.

Queir

CANTARI LEGGENDARI ITALIANI

che pare una zeppa insignificante, invecx?

io intendo,

una onesta citazione


da uno dei capitoli

57

infatti

alla

versi che poi seguono sono tratti

Vergine

maestro Antonio da Ferrara:

di

... chi distrugge la sua facultade

per sua diffalta ognuno

'1

fugge e schiva.

35.

che troppo d ragion la povertade


all'uom di viver male e

'1

fa servo

e venditor della sua libertade (1).

capitoli dello sbrigliato canterino ferrarese furono

composti

nel 1340-1357 (2); ne credo ammissibile che la citazione di essi

anni alla data della loro composizione,

sia posteriore di molti

perch ben presto essi dovettero cadere per sempre dalla me-

moria degli uomini.

Vili.

Istoria di tre giovani disperati e di tre fate.

Come

cantare di

il

di usatti e di

Liombruno racconta

un mantello, questa istoria

un corno prodigioso,

di

un tappeto e

di

una regina

che l'uno

di cui si

di essi,

innamora.

cede la scaltra riconquista;


delle quali la

(1)

Rime

prima d

prose del htion

il

Ma

miracoli di un paio

s'aggira su quelli di

una borsa. Tre giovani

disperati ottengono da tre belle fate


getti magici,

il

dono

pi sciocco,

si

voi.

XIX, Ferrara, 1909,

fa

rubare da

dopo la perdita sciocca, suc-

Biagio ritrova due piante di

frutti

secolo

che fanno crescere

dtta lingtia tratte

Memorie

p. 174-182.

della

la

fichi,

coda e

la

da manoscritti [da

Telesforo Bini], Lucca, 1852, p. 33.


(2) Cfr. E. Levi, Antonio e Niccol da Ferrara poeti
del Trecento, negli Atti e

di quegli og-

uomini di corte

Dep. Ferrarese di storia patria,

58

LEVI

B.

seconda

che

frutti

la

fanno scomparire. Con un paniere di quei

fichi

Biagio va alla corte

quei

frutti,

la

regina e le damigelle, per via di

diventano caudate. Biagio

si

finge medico, guarisce

coi fichi della seconda pianta le damigelle, accorcia di

coda della regina e prima

la

e la guarigione
la borsa, dalla

che a sonarlo

compiere interamente

di

mostrare

fa

si

due palmi

il

cura

la

tesoro e riesce a riprendersi

corno

quale escono quanti fiorini

si

vogliono,

comparire un esercito, e

il

tappeto che fa vo-

fa

il

lare per l'aria.

Questo cantare

si

riannoda ad

che hanno probabilmente

loghi,

leggende

orientali.

Ma

infiniti

racconti popolari ana-

comune

la loro

tradizioni noi possiamo additare

un riscontro medievale della

Romanorum (CXX)

istOHa italiana in un capitolo dei Gesta

intitolato

tre

figli:

al

De

amicitiae verae probatione

primogenito lasci in eredit

ricchezze acquistate durante la vita,

le

pretiosa scilicet anulum

Anulus

tiosum.

origine in alcune

fortunatamente in mezzo alla selva delle

aureum

terzo tria jocalia

al

monile

Dario aveva

(1).

regno, al secondo

il

pannum

et

pre-

illam virtutem habuit quod qui ipsum in di-

gito gestabat, gratiam

omnium

habuit intantum quod quidquid

ab eis peteret obtineret. Monile illam virtutem habuit quod


qui

eum

in pectore portabat,

quod possibile esset, obtineret.

quidquid cor

Panrms

suum

desiderabat

illam virtutem habuit

quod quicunque super euro sederet et intra se cogitaret ubi

cunque esse

vellet,

subito ibi esset

Siccome

il

figlio,

Gio-

nata, era ancora giovane ed inesperto, la madre, dei tre oggetti

non

gli

Ma

Gionata

diede che l'anello, consigliandolo di guardarsi dalle donne.


si

innamor d'una fanciulla e per

l'anello infinite ricchezze.

La donna

si

lei

chiese dal-

incuriosi di quella mira-

colosa fonte di danaro, chiese delle spiegazioni e alla fine rub


l'anello.

proveri e nuovi ammonimenti, gli consegn

(1)

Nel

dopo molti rim-

Gionata and dalla madre, la quale,

cod. pi antico, quello di Innsbruck,

il

il

monile. Ritornato

cap.

CXLVII.

CANTARI LEGGBNDABI ITALIANI

59

dalla sua amante, poco dopo lo sciocco innamorato

da

anche

lei

si fa

togliere

monile. Nuo\i rimproveri della madre e solenne

il

consegna dell'ultima parte

dell'eredit,

il

mantello. Mentre lio-

nata dorme tutto trionfante sul suo mantello, la sua amica tira

un lembo

di questo,

lo

sottrae di sotto al dormiente, e scom-

Disperato, Gionata

pare.

si

pone

in

cammino, passa un fiume,

l'acqua del quale cosi bollente che

giovane raccoglie un vaso

piedi gli

si

bruciano.

prosegue

di quell'acqua e

il

arriva a un albero, ne spicca un frutto e lo mangia.

visamente egli diventa lebbroso. Allora


frutto e lo mette da parte.

che rida
;

Al di

l del

fiume

s'

sic per secundum fructum

danti raccontano che

corte e guarisce

ammalata

primum fructum

a lepra est

indicare

il

il

re.

al

infectus erat,

De

infatti si fa

Gio-

subito

condurre

Intanto anche la sua innamorata

alla
si

peccati,

si

tre oggetti rubati e

del secondo albero, le d acqua del fiume ardente e

La leggenda

si

un

ritrova in alcune novelline siciliane, che

tutte questi dati fondamentali


figli

'nfatatu)

un padre

frutto

uno

(1) Gesta

190

hanno

lascia in eredit ai suoi

dei

figli si

innamora della reginetta e


i

tre oggetti

Bomanorutn, herausgegeben Ton Adalbert

e segg.

mances in

(1).

tre oggetti prodigiosi (la verga, lu firriolu e lu cornu

sottrarre da lei successivamente tutti

p.

fa

invece di darle dell'acqua del secondo fiume e dei frutti

dell'albero ar^elenato e lascia la traditrice tra dolori atroci

tre

medico miracoloso.

suo letto, le fa confessare


i

ilio

Per via due rian-

re ammalato di lebbra

Io sono medico

nascondiglio dove sono celati

il

altro

ardente del-

medicatus.

di lebbra e richiede l'aiuto di quel

Gionata accorre

un

spicca

innalza un altro albero de cuius fnictu

fructu etiam attulit et secum portavit

Improv-

nuova acqua miracolosa attinge un vaso pieno.

cepit et comedit et sicut per

nata dice loro

viaggio

Poco dopo trova un secondo fiume

le carni ai suoi piedi abbruciati dall'acqua

di questa

l'altro

poi,

egli

Il

Su questa leggenda [Jonathasl

the depart. ofmss. in the British

cfr. I.

Mttseum,

si

lascia

disperato,

Keller, Stuttgart, 1842,

A. Herbert, Cat.

HI

ofRo-

(1910), p. 207.

60
si

LEVI

B.

mette in via e trova

e un altro

che d

fico,

fico,

il

frutti

questo segreto, vende dei

cornuta; per toglierle

le

cui frutti fanno nascere le corna,

che

fanno scomparire. Forte di

le

reginetta ed ella diventa

alla

fichi

corna egli chiede ed ottiene

tuzione della borsa, del corno e del ferraiuolo

sime varianti

tre giovani e delle tre fate

storia dei

la

conta ancora in Lorena

e in Germania

(2)

la resti-

Con pochis-

(i).

rac-

si

Germania essa

In

(3).

era viva anche anticamente, poich fu raccolta nel 1509 in un

popolare

libretto

per cura

Fortunahcs, edito

intitolato

Heybler, ad Augsburg

di J.

prima volta

la

(4).

All'anno medesimo in cui fu ripubblicato, anche questa volta

ad Augusta, nel 1530,

Fortunatus, pare

di

G. PiTR, Fiabe, novelle e racconti popoHari

(1)
voi.

libro

il

I,

chen,

252 e segg.

p.

[n.

Leipzig, 1870,

ecc.,

XX Vili]; Laura
nn. XXX e XXXI.

La

bouree, le sifflet et le chappeao

XI,

in

un bosco;

l'uno

era

sergente, l'altro

Palermo, 1875,

siciliani,

Gonzenbaoh, Sicilianische

(2) E. CosQuiN, Contes populnires lorrains, in


n.

debba

si

Romania, V, 1876,

Tre

caporale,

vecchia regala all'appuntato una borea che non

p.

361,

erano di guardia

fratelli
il

Mar-

terzo

appuntato.

Una

un
un cappello fatato. L'appuntato giuoca alle carte con
perde un dopo l'altro i tre oggetti, allora la vecchia gli d
si

vuota mai,

al caporale

fischietto, al sergente

una principessa
delle frutta

che fanno spuntare

Egli va dalla

le

ottiene

principessa,

un corno sulla fronte.


(3) Ghimh, in, 202.

Si vedano

nelle note alle novelle

XXX

(4) Cfr. J. C.

corna e dell'acqua che

619.

II,

Il

scomparire.

numerosi riscontri additati da R. Koehler

XXXI

Brunet, Manuel du

Trsor de livres rares,

le fa

la confessione delle truffe e la lascia con

della collezione

Gonzenbach.

libraire'", II, col.

Brunet

il

1351; T. Graesse,

Graesse citano anche una tra-

duzione francese intitolata: Histoire coniique ou

les

aventures de Fortunatus,

Lione, 1615, ed una italiana ed. a Napoli, 1676. Ecco la trama del bizzarro

romanzo

Fortunatus

pello fatati
terra.

lascia ai figli

ma Andalosia

se

Poi trova un albero

con delle frutta che

li

Ampedo

lascia rubare

e Andalosia

da Agrippina,

una borsa

cui frutti fanno spuntare delle corna e

fanno scomparire

le

un cap-

figlia del re d'Inghil-

un albero

coma. Con un paniere delle due

specie di frutti, va a Londra, vende alla principessa le frutta che fanno crescere le corna,

si

propone di guarirla di quella malattia e

cosi

ne ottiene la

Fortunatus
un convento.
gi stato ravvicinato alY Istoria dei tre giovani da T. Graesse, Trsor de
Uvi'es rares, lU, 302. Intorno a questa leggenda, cfr. Bla Lazar, Ueber
borea e

il

cappello e poi la induce a ritirarsi in

das Fo-tunatus-Mrchen, Leipzig, 1897.

CANTARI LSGOENOABI ITALIANI

pure ascrivere

Ma

la

prima edizione deV Istoria dei tre giovani

probabilmente

XIX, 5; XXII,

ott.

2",

medio evo,

caratteristico dei maestri del

Una

orlati di vaio.

velle del Sacchetti


il

al

(2).

cant.

ott.

I,

dei can-

me-

capezzale

quello cosi

2)

scarlatto coi lembi

descrizione press' a poco uguale

Regina d'Oriente,

fre-

poi l'abito del

che Biagio prende a prestito prima di andare

della principessa (cant.

nella

e nelle

lazzi

rivela ispirato all'arte dozzinale

si

tastorie del Trecento e del Quattrocento.


dico,

(1).

cantare pi antico di qualche decennio,

il

perch nella scorretta versificazione, nei


quenti buffonerie

61

si

ritrova

XXIII, vv. 7-8 e nelle no-

In una lettera al Boccaccio {Senili, V, 3)

Petrarca impreca contro l'indegno sfoggio di vestimenta vistose,

che andavan facendo


ziata a

diversi

colori,

medici del suo tempo: la porpora screfulgori d anella,

pitture del Trecento e del Rinascimento

sproni

dorati

medico

il

si

Nelle

riconosce

subito con grande facilit appunto per la foggia dell'abito e

per

il

lusso particolare delle stoffe e delle pelliccie.

Tre giovani

L'antichit della storia dei


dal fatto che molti passi

glianza col cantare di

con certezza

attestata inoltre

presentano una grande somi-

di essa

Liombruno,

del

quale

Purtroppo sono ancora assai incerte

la data (1380).

Romano'f^m

provenienza e la data della raccolta dei Gesta

la

determinata

s'

e perci non possibile trarre da essa alcun aiuto nello studio


diOiV Istoria

dei tre giovani.

(1) Historia di tre


cfr.

Brunet, Manuel,

Il

manoscritto pi antico dei Gesta

giovani disperati e di tre

m,

221

Passano,

Un'altra edizione comparve a Firenze nel 1567


del sec.

XVI

del voi.

miscellaneo

popolari

riprodotte sulle antiche

italiani,

si

s.

n.

t.

n. a. (circa

G. Milchsack,

(cfr.

stampe con

la

biblioteca di Wolfenbiittel

della

(cfr.

fecero nel secolo

G. Milchsack, Op.

XVII

e nel

1530);

XV 111

p.

Due

64.

farse

descrizione ragionata

contenente

con aggiunte di A. D'Ancona, Bologna, 1882,

terza pure a Firenze nel 1570


zioni popolari

fate,

noveU. italiani in verso,

cit., p.

p.

Poemetti
154)

una

284). Altre edi-

l'ultima che io conosco

del 1823.

(2) Cfr. A. Corsini, Il

costume del medico nelle pitture fiorentine del Ri-

nascimento, Firenze, 1912.

62

LSVI

K.

Romanorum,

quello di Innsbruck, reca la data

1342. Gli altri,

e sono assai pi di un centinaio, appartengono al secolo

XIV

XV.

e al

Sebbene

tutte le

stampe siano fiorentine o toscane,

dell'ori-

gine toscana del cantare farebbero dubitare le numerose forme


e rime settentrionali

(1).

Ma

in

questa letteratura popolare,

randagia per carattere e per necessit, pu darsi che quelle


tracce dialettali

debbano, piuttosto che all'autore, a succes-

si

rimaneggiamenti

sivi

di cantastorie

non

toscani.

IX.

La donna

del Vergi.

La Chastelaine de Vergi uno


delicati della poesia del

dei

squisiti e pi

958 ottosillabi a rima baciata, l'anonimo trover ha sa-

di soli

puto esporre la tragica storia d'amore


trarre

poemi pi

medio evo. Rapidamente, nel breve giro

il

e,

quasi in iscorcio,

ri-

profilo sicuro e tagliente dei suoi personaggi. In Bor-

gogna sorgevano l'uno accanto

all'altro

Vergi (oggi Vergy, nel comune

di Ruelle, dip. della Costa d'oro)

il

castello dei duchi di

d'oro.

duca
ed
il

Nel castello
di

Borgogna,

ardito.

Ma

suo cuore e

Borgogna, Argilly, pure nella Costa

quale era innamorata d'un cavaliere prode

ella era maritata e


il

suo

quello di

castelli:

Vergi abitava una fanciulla, nipote del

di
la

due

pensato ad un'astuzia

doveva celare con ogni cura

Per mantenere

affetto.

sottile:

quando

il

segreto, aveva

ella era sola e

il

cavaliere

poteva liberamente entrare nel verziere e nel castello, ella


sciava libero dal guinzaglio
verziere,

donde spiava

cane par

(1) Cfr, tale, tavole,

XX Vili,

audacia, sazia, LXII,

un cagnolino; da un cantuccio del

l'atteso

le vergier aler

5, ecc.

la-

momento,

il

cavaliere vedeva

e accorreva nella camera di

camera, camera,

XXXV,

II,

il

lei.

XIV,

CANTARI LBGGBNDATII ITALIANI

Ma

nel frattempo

incapriccia del bel cavaliere anche la du-

si

chessa e un giorno ella

Ma

63

gli dice

a chiare parole

il

suo amore.

egli risponde:

amor Dieus me gart

... de cele

91

qu'a moi n'a vous tort cele part

mon

ou la honte

seignor gise,

qu'a nul fuer ne a nule guise


n'enprendroie tei meprison

comme
si

98

de fere trahison

vilaine et

mon

vers

si

desloial

droit seignor naturai.

Esasperata da questo diniego, la duchessa giura di vendicarsi


e

duole col duca d'esser stata oltraggiata dal cavaliere. Per

si

discolparsi di fronte al duca,


il

il

cavaliere costretto a rivelare

segreto del suo amore. Dopo una lunga lotta angosciosa, dopo

mille dubbi tormentosi, s'egli dovesse partire in silenzio senza

rivedere mai pi la sua donna, o

accanto a

lei

di

dovesse invece infrangere

segreto, alla fine, piangendo, egli

Piangendo gli

pur

ha detto

si

Ma

il

il

giuramento e

Signore, ebbene io vi dir, io

duca non

il

decide alla gran rivelazione.

vostra nipote di Vergi, ed ella me,


amare (341-3).

potersi trattenere

amo

quanto pi possibile

gli crede,

perch nessuno

fi-

nora s'era accorto di quel misterioso legame, e vuole qualche


particolare del segreto, che egli ritiene un'invenzione del cavaliere.

Questi gli racconta

du

petit chien la

maniere e una

notte

conduce l'incredulo signore nel giardino perch'egli veda


propri occhi e se ne convinca. Appena la bellissima
tra le piante appressarsi
al collo

una

le

ai

cavaliere, subito accorre, gli getta

belle braccia, e cento e cento volte lo bacia senza

sola parola.

con baci

il

coi

dama scorge

Ed

egli risponde

con abbracci

agli abbracci,

baci e dice: Mia signora! Mia amica! Mio cuore!

Mia amorosa! Mia speranza!


400

De

la

chambre vers

lui sailli,

et de ses biaus braz l'acole

64

LBVI

B.

et plas de cent fois le besa

ainz que

fe'ist

Et

rebese et acole

cil la

et

dist:

li

longae parole.

Ma

dame, m'amie,

ma

m'amor, raon cuer,

drurie,

m'esperance et tout quanques j'aim

Eie redist:

Mon douz

ma

mes douz amis,

seignor,

donce amor,

onques puis ne fu jor ne eure

que ne ro'anuiast la demeore;

me

moi

car j'ai o

quant

418

Per tutta

et

me

ore de riens ne

li

la notte

ei

dueil

que je

ce

vueil,

estes sains et haitiez,

dura

il

venuz soiez!

tres bien

colloquio d'amore; alle prime luci

duca, che sempre nascosto nel giardino, vede ap-

dell'alba

il

parire la

dama

di

Vergi

accanto all'amico suo, e dargli

sull'uscio,

baci e baci rendergli e sospirare e piangere

quando

alla fine

cavaliere

il

si

spicca da

amaramente. E
ella lo

lei,

segue an-

cora, nella via, coi suoi begli occhi, lontano lontano:

472

Li chevaliers en tele maniere


s'en part et la

dame

mes tant comme

Il

una

duca ridona
sera,

dot;

veoir le pot,

convoia de ses biaus ieus,

le

476

l'uis

quant'ele ne pot fere mieus.

sua fiducia e

la

durante un pranzo,

lo

il

suo affetto

colma

al cavaliere

di tante gentilezze e ca-

rezze che la duchessa, sdegnata, finge di sentirsi male ed esce


dalla sala del convito per andare a sfogare sulle coltri del letto
la sua

rabbia e

il

dispetto.

Il

duca

mille parole afiettuose senza riuscire

fonda disperazione. Durante tutta

ama veramente
scaltra

donna

la duchessa,

la

raggiunge e

mai a

la notte

le rivolge

trarla dalla sua proil

rinnova invano

povero marito, che


i

suoi tentativi.

La

esaspera lo sposo con la sua glaciale durezza, poi.

?o (L

iinL

letter.

Mipplem. N. Ki

La leggenda della donna del

Tav. in.

X'ergi

Messer Guglielmo tentato dalla Duchessa

di

Borgogna

durante una partita a scacchi.


(.Tfiresco dei scc.

XIV

ne!

Pjieizzo Davanzali di Firenze)-

^'''^^

iU'Uliill''

./.

[[li-^ft.i

.vVv\.\v.

.\^

'^

^^^^^U^\"^V

prime luci

vede ap-

',

suo. e dargli
\jU['

re
-lot

\\^

;<,;*

',

i-H^

tre

sua fiducia e

suo affetto

il

al cavalier

u pi^anz. Io colma
ai,

_.

'.

_,

,,.

la

sua rabbia o

wi^fnata, finge i
|r

Modan" a sfogare sulle

ito.

li

duca

la

mille parole aflfettuowe senza riuscire

fonda dispenuuooe. Durante tutta

ama

\rr^

scattrA

'-'"

Va

<mchea

-isp>fa lo s

la

mai a
notte

la

...

coltri del

raggiunge e

lei

le rivoJ

trarla dalla sua in


il

'^^"""va invano
i

i^...

.^-i..*^i

po\
i

su,.

sua glaciale durezza,

'

CANTARI LE66BNDABI ITALIANI

cerca di commuoverlo col suo pianto dirotto

tratti,

con tutte

le arti

innumerevoli di che ricco

riesce finalmente a strappargli


Il

il

segreto della

il

insomma

cuore femminile

dama

di Vergi.

giorno di Pentecoste nel castello di Argilly v'era grande

adunata

dame

di cavalieri e di

Appena

stellana di Vergi.

un

65

la

e tra l'altre v'era pure la ca-

duchessa la vide,

il

sangue

le

diede

tuffo:

689

Et quant

la duchoise la vit,

tantost toz

sans

li

li

fremist.

Tolte le tavole, la duchessa condusse tutte le signore nelle

sue stanze perch

acconciassero per le danze, che allora

si

sai'ebhero cominciate

e nella conversazione

si

non pot trattenersi

dal lanciare qualche frizzo alla sua nemica e un'allusione vil-

lana al segreto di

Rimane

ha

role che

perch

il

lei.

poi tutte escono per recarsi alle danze.

sola la castellana, col cuore in tumulto per quelle paudito. Ella si lascia cadere sul letto e chiede a Dio

suo amico,

che tutto

il

quale tutto ha dato, anima e corpo, e

al

suo mondo, la sua ricchezza e la sua gioia, perch

egli l'abbia tradita cosi.

Ora l'amore scomparso,

Ed

l'ha ucciso: a che vivere ancora?


la vita,
il

in

che

cuore

mezzo

le

le

vien meno,

guancie

le

cest

li

cuers

fanno pallide

le tolga

queste parole
:

ed

ella giace

bianca come fosse morta:

mot de
li

si

tradimento

prega Dio che

ormai inutile e insopportabile.

al letto, rigida e

835

ella

il

sez braz s'estraint,

fault,

angoisseusement

li

vis li taint;

s'est

pasme

et gist pale et descolore

839

Il

cavaliere e

en

il

mi

le lit,

duca

danzatrici la bellissima
tata coU'intenzione di

si

morte sanz

vie.

meravigliano di non vedere tra le

dama;

il

duca crede

ch'ella si sia appar-

parlare al cavaliere e perci ordina a

questo di andarla a ricercare. Egli la trova stesa sul letto, im-

mobile e pallida: la bacia e sente che le labbra sono fredde.


GHomale

storico

Suppl. n 1.

66

LEVI

E.

Che cosa questo? Oim, morta l'amica mia!

e presa una spada,

si

della sua fanciulla.

Quando

trafigge e

una

e spicca
pi visto

getta accanto al cadavere

si

il
il

due

Non

nel sonno eterno.

all'altro,

sillaba; trae, silenzioso, dalla ferita la

nante e con essa

esclama,

duca sopraggiunge, trova

il

amanti immersi, l'uno accanto


dice

spada sangui-

reca in mezzo alla schiera delle danzatrici

si

capo della duchessa. Da quel giorno nessuno ha mai

duca sorridere

ne ritorn pi

egli si croci,

and oltremare e non

(1):

939

Mes de l'aventure
c'onques puis ne

ot tele ire

l'oi

on

rire;

errant se croisa d'outre mer,

ou

948

si

il

il

ala sanz retorner,

devint ilaeqnes Templiers.

Nonostante l'ingenuit

di certi tratti e di certi

accorgimenti

dell'antico trover, anzi forse per virt di essa, questo poemetto

apparve ed appare un vero capolavoro ed ebbe attraverso


coli

una fama sempre verde e viva

testo antico che

non

citi,

Non

(2).

pu

vi , si

accanto ad Isotta e a Tristano,

il

se-

dire,

nome

del cavaliere e della castellana di Vergi. Negli avori delle cassette nuziali, delle scatolette da profumo, negli affreschi dei palazzi

magnatizi, nelle miniature dei

libri,

dovunque, uomini e

donne bramavano sempre vedere rappresentati

l'effigie della ca-

{1) Mi valgo dell'ediz. curata da 6. Raynaud, La chastelaine de Vergi, in


Romania, voi, XXI (1892), pp. 145-193, e del volume dei classici francesi
del Medioevo, edito dal medesimo Raynaud, La chastelaine de Vergi, pome
du XIII' siede, Paris, 1910.
(2) Una bella analisi psicologica dei personaggi ci ha dato W. SSderhjelm,
La nouvelle frangaise au XV* siede, Paris, 1910, p. 6 e segg. Per quanto

riguarda la fortuna della Castellana di Vergi debbo i-inviare alle poche


dense pagine del Raynaud (nella Bomania, XXI,
infelice libercolo di

p.

155

e segg.) e

ma

a un molto

E, Lorenz, Die KasteUanin von Vergi in der Literatur

Frankreichs, Itaiens, der Neederl., Englands

und DeutscMands

deutschen Ubersetzung der

ecc..

altfr.

VersnoveUe,

Halle

a. S.,

tnii

1909.

einer

CANTARI LBGGBNDABI ITALIANI

67

Ed

stellarla infelice e gli episodi della tragica storia (1).

mente spiacevole che su un argomento, che ha


tanti cuori e

ha sbrigliato tante

vera-

fremere

fatto

moderna, che

fantasie, la critica

cosi curiosa, non abbia saputo ancora darci un buon lavoro

complessivo ed esauriente.

La
rico.

di

tragica avventura d'amore e di morte ha forse

La

un fondo

sto-

castellana di Vergi detta nel poemetto nipote del duca

Borgogna

e infatti durante

secolo XIII vi furono due nipoti

il

dei duchi di Borgogna, che ebbero

nome

il

del castello maritale di

Vergi, Isabella e Laura. Ragioni di cronologia escludono la prima


e rendono evidente l'identificazione della seconda con l'eroina
della nostra leggenda.

essere

Ugo

Laura mori verso

IV, del quale in realt

1282.

il

Il

duca deve

documenti dicono che

un pellegrinaggio, nel

fece crociato e mor, di ritorno da

si

1272.

Egli ebbe due mogli, Jolanda e Beatrice. Costei la duchessa


del poemetto.

Sappiamo che' dopo

dalla Corte e

si ritir

morte

la

duca

di

Ugo

IV, Beatrice

and a vivere nel proprio castello

sur-Montral, sempre perseguendo certe


letto del

di

Borgogna.

E dopo

la

liti

coi figli

morte

di lei,

di
la

di Isle-

primo
sua

fi-

gliuola Isabella, moglie di Rodolfo d'Absburgo, pretese dal fra-

Roberto di Borgogna

tellastro

la restituzione di

un certo cofano

contenente delle lettere intime molto importanti.


era scomparso

(1)

Una

Quel cofano

esso forse conteneva l'unica traccia storica della

Museum

cassetta di avorio, che al British

tagliati alcuni episodi della Chastelaine, fu illustrata

natshefte fiir Kuistwissenschaft, voi. II (1909), P.

I,

di

Londra

e reca in-

da K. Borinski, in

Mo-

pp. 58-63. Altri avori,

Museo del Bargello di Firenze


una scena del poema riprodotto
dal SucHiER, Geschichte der franzsischen Litteratur, p. 207. Secondo K. Borinski, Das Novellenbild in der Casa Buonarroti, in Monatshefte filr Kunst-

anch'essi di provenienza francese, pare, sono nel

nella collezione Carrand.

Un

avorio con

icissensciaft, voi. I, P. II (1908), p.

faello e della

906

e sgg., quel presunto ritratto di Raf-

sua amante, che nella casa Buonarroti e viene attribuito a

Sebastiano del Piombo, sarebbe invece un'opera di pennello veneziano (Giorgione-Tiziano) e rappresenterebbe gli
di Borgogna, rievocata

Cremona

e di

nel

amanti

infelici della

Cinquecento, innanzi

alla

vecchia leggenda

societ cortigiana di

Mantova, da Matteo BandeUo nella nov. IV,

5.

68

LBVI

1.

tragedia che insanguin la corte e la vita di Beatrice di Bor-

gogna. La sanguinosa avventura, se

personaggi del poema sono

proprio quelli che ora ho indicati, dovette compiersi fra


e

il

1272;

il

Raynaud

Il

poema

forse posteriore di

leggenda

lo studio della

1267

una perdita irreparabile per

Per quanto suggestiva e sorridente

(1).

documenti

l'idea di quei

rivelatori, io credo che, se

una fortunata combinazione potessero

essi per

il

(1282-1288).

dice che la sparizione del misterioso cofano richiesto

da Isabella d'Absburgo costituisce

sia

un decennio

recherebbero alcuna luce sul poema, perch

genda mitico e

non gi

fantastico, e

il

storico.

pure

non

ritrovarsi,

nucleo della leg-

La

storia

deve

aver prestato alla poesia qualche nome, qualche particolare (per


esempio,

crociarsi che fa

il

e forse qualche spunto

Ugo

di

null'altro.

Borgogna dietro Luigi IX)

Lo svolgimento dell'avventura

fantastico ed simile in tutto a quello delle leggende che ab-

biamo

lette nei

lais

di

Lanval e

di

Graelent e nei cantari

che ne derivano, Bel Gherardino, Liombruno e Pul-

italiani

zella Gaia.

Le lusinghe

pur sempre

gli

della duchessa verso

il

bel cavaliere sono

allettamenti della Regina rispetto a Galvano nella

Pulzella Gaia,

di fronte a

Lanval nel lai

di

Maria

di Francia,

a Graelent nel lai anonimo; e la sdegnosa ripulsa dell'amante


della castellana

una ripetizione evidente

del contegno nobile

e austero di Galvano, di Lanval e di Graelent. L'amore che vive


nel segreto e viene ucciso dalla rivelazione dei maligni ciarlieri

un motivo

infranto

il

dei pi

segreto

comuni

della poesia leggendaria

per aver

Bel Gherardino perde l'amore della Fata

Parthenopeus, nel

Bianca, Galvano quello della Pulzella Gaia.

romanzo francese omonimo, con una lampada illumina


della sua

Amore

amica Mlior, che dorme; e

perdette in simile

modo Psiche

la

viso

il

perde per sempre.

(2).

Storico

dunque

l'apparato esteriore della leggenda della Castellana di Vergi;

(1)

Bomana, XXI, 154.


AxEL AhlstrOm, SUidier

(2) Cfr.

demisk-abhandling^, Upsala, 1892,

den forne-franska

p. 70.

lais-literaturen

Aka-

CANTARI LBGGENDABI ITALIANI

ma

gli

69

elementi intimi della poesia sono umani ed eterni e nulla

v'hanno a che fare

Francia e

la

la

Borgogna.

sempre

la

fiamma

animatrice del mito biblico di Giuseppe e della moglie di Pu-

mito classico di

tifarre e del

Amore

e di Psiche, che arde e

splende in questi miti medievali della sua luce tranquilla ed


uguale.

Insomma

leggenda della Castellana di Vergi, nono-

la

stante l'apparato storico del sec. XIII,

si

ricollega evidentemente

col tipo dei racconti mitici di origine assai pi antica, che


la

ha

sua pi perfetta espressione nei lais di Lanval e di Grraelent

e nei testi paralleli italiani,

zella
Il

Gaia e

di

cantari di Gherardino, della Pul-

Lionbruno.

poemetto della Chastelaine de Vergi fu composto nel penul-

timo decennio del secolo XIII da un trover che viveva in Borgogna, probabilmente alla corte dei duchi

Ugo

e Roberto. Ora,

noi conosciamo molti trovri borgognoni, ai quali potrebbe attribuirsi

poemetto, ma, tra

il

Perrin d'Angicourt.

telaine,

Enrico

di

tutti,

quello che per le sue rela-

Borgogna ha maggiori

zioni con la Corte di

Egli

dedic

Brabante genero del duca Ugo

pagn nella spedizione nel Regno


di Margherita, nipote di

Ugo

merose carte napoletane

(2).

delizioso poemetto,

si

(1)

Se

di

di

diritti sulla

alcune canzoni a

Borgogna e accom-

Napoli Carlo d'Angi, sposo

e lasci traccia di s in nuegli fu

veramente l'autore del

spiegherebbe assai bene la ^larga

sione che ebbe nel secolo

XIV

Chas-

in Italia la leggenda della

diffu-

dama

del Verziere e la frequenza delle figurazioni plastiche del

ce-

lebre episodio nell'arte antica italiana.

Nel Decaw.erone,
ci

racconta

(1) Cfr.

alla fine della terza giornata

il

Boccaccio

(III, 10):

E. Petit, Histoire des ducs de Bourgogne de la race Captienne,

1894, voi. V, pp. 119-125.


(2) Cfr. G. Steffens,

1905; G. Bertoni,

DieLieder des Troveors Perrin vonAngicourt, Halle,


francese in Italia alla corte di Carlo d'Angi

Di un poeta

{Perrin d'Angicourt), Catania, 1913.

70
Dioneo
della

e la

dama

Fiammetta cominciarono a cantare


Filomena e Pamfilo

del Vergi;

Gaston Paris

(1)

ferenti cantari,
di

LKVI

K.

il

crede che

c'

messer Guiglielmo e

diedono a giucare a scacchi.

si

Boccaccio qui accenni a due

cantare della donna del Vergi e

messer Guglielmo, cio

Ma non

il

di

di

il

dif-

cantare

Guglielmo Guardastagno {Dee, rv, 9).

bisogno di dire che

cantare di Guglielmo Guar-

il

dastagno non mai esistito e che messer Guglielmo

nome che

il

il

cantare italiano prest al leggendario amante della

castellana di Vergi.

curiosa la forma Vergi, assunta nel Decainerone dall'origi-

nario

Vergy borgognone.

Tutti gli italiani del Trecento dicevano

e scrivevano veramente Vergi, covae

il

Boccaccio: chomincia

* la storia de la donna del vergu (2) et di messer Ghuglielmo,


piacievolissiraa choxa dice

titolo

il

tare, nel codice riccardiano (3); e

dama

inchomincia la

toscanamente verze

vet^z, o
(ott.

il

del verz .

messo

in fronte al can-

codice moreniano

Anche

la

(4):

qui

nel corso del cantare

forma costante di Vergy

V, 3; X, 8):
e in istante
al verzue giva e la ccciola avante.

Una

spiegazione, che a prima vista parrebbe plausibile, di

quella forma bizzarra che

Vu

dei nostri testi sia frutto d'una

interpretazione inesatta dell' y dei manoscritti francesi. Se cosi


, lo

svolgimento e la diffusione della leggenda dovrebbero im-

maginarsi avvenuti solo per via di

libri

e di scritture e biso-

gnerebbe escludere ogni influenza della recitazione e dei racconti orali, perch l'udire la vera pronuncia da bocca francese

avrebbe presto

rettificato

(1)

Bomania, Vili, 371.

(2)

Da

l'errore di lettura

commesso

dai co-

leggere: vergiti.
e. 112 a.
213 nella Biblioteca Moreniana (appart.

(3) Riccard. 2733,


(4) Cod. Bigazzi

Firenze),

e.

20

b.

alla provincia d

CANTARI LBCGENDABI ITALIANI

Questa esclusione mi sembra

pisti.

tempo

in cui l'Italia era

difficile

71

ad ammettersi in un

come una gran caserma

di soldati e di

cavalieri guasconi, brettoni, borgognoni e francesi, e

il

pi vasto

regno della penisola era signoreggiato dalla dinastia Angioina.

Per evitare questa

Vu

di

Vergi

un rozzo

sia

difficolt

occorre allora supporre piuttosto che

non una rappresentazione grafica

tentativo di riprodurre in bocca toscana

oscillanti e difficili dell' e e dell' w e dell'intermedio

Alla tragica morte della

dama

Perch la morte, a noi

francese.

un passo

studiosa,

vegnir la fama

di fuora al

mondo, di Tisbe amorosa

e perch afferrasse, tanto


la

ma

suoni cosi

del Verziere accenna

del Filogeo del veneziano Sabelo Michiel' (1370)

fesse

inesatta,
i

dama

di

grama,

Borgogna,

che nel verzier tesseva la sua trama,

non
tener le

de' per paura n

umane

vergogna

voglie

in tutto fuori della sua bisogna...

Se ben

sifeolaneza del conte

s stessa nimica,

levando al mondo la polita fronte,

non che meraviglia chi notrica


perch, ove doglia ascende,

angelico voler non s'affatica.

La dama

del Verziere

compresa tra

le altre

donne leggen-

darie che Malagigi, per arte magica, istoria sulle pareti della sala
della principessa Lucrezia, nel cantare trecentesco (1370-1380)
della

Sala di Malagigi:
(ott.

XXn)

Medea, Lucrezia, quella vaga donna,


la vigorosa

(1) P.
p. 14.

Eajna,

Porse

riccard. 1091,

e.

La

dama

del verzieri (1).

Saia di Malagigi, Imola, 1871 (nozze Nissim-D' Ancona),

in luogo di vighorosa

132 e 2816,

e.

121)

si

(come leggono veramente


dovr porre rigorosa.

due codd.

72

Tra
di

LEVI

Pome

amanti celebri enumerati nel

gli

del Bel Fioretto

Domenico da Prato sono pure messer Guglielmo e

l'eroina

del nostro cantare (1):

(e. Ili, ott.

19)

Ancor

si

vede alla mutata gelsa

Piranio e Tisbe

al lato

ha U

cavalieri

Messer Gaglielmo, la cui fama eicelsa


insieme colla
e

Lo

stesso

dama

del Verzieri,

Pagolo e Francesca...

messer Domenico da Prato

compiace

si

di

citare

un'altra volta ancora nelle sue opere la tragica storia di Bor-

gogna; in una Pistola d'amore, che racchiude una canzone


* morale e una canzonetta

una stanza

da

ballo coi relativi commenti

(2),

della canzonetta dice:


Meleagro et talante
et

Palimone

e Emilia,

Narcisse di s amante

con pi di cento milia

cantando tua

vigilia,

con Isotta et Tristano

Messer Guiglielmo
Ben

felice

commento che segue:

nel

della reina Ginevra et d'altri

et

core

il

la

dea del Versore.


ecc.

D'Isotta e

erranti

cavalieri

* perch a tutta gente manifesto quanto fu


Simo amore. Et simile

zieri la
rono

(1)

di

dama come

messer

di

il

Tristano et

non

ridico,

loro perfettis-

Guiglielmo et del Ver-

per quella malvagia duchessa mori-

Nella stanza da letto del secondo piano del Palazzo

Domenico da Prato, Il

Pome

dei Bel Fioretto, per cura di Pietro Fan-

fani, Firenze, 1863, p. 51.

(2)

La

Pistola del detto Donenico, ecc.

fii

pubblicata dal codice Lauren-

ziano XLI, 40 da A. Wesselofski, in appendice alVIntrod. al Paradiso degli

Alberti di Giov. Ghkrardi da Prato, Bologna, 1886,

voi. I,

P.

II,

pp. 368-372.

CANTARI LEGGENDARI ITALIANI

che ricoprono all'intorno

le pa-

compiuti forse nel 1395 in occasione delle nozze di

Tom-

Davanzati, a Firenze,
reti,

73

gli affreschi

maso Davizzi con Gatelana degli Alberti, rappresentano fedeldel Vergi

Cantare della donna

tutti gli episodi del

mente, passo passo,

Che queste pitture siano

(1).

tratte

proprio dalle

ottave del cantare e non dal poemetto francese, lo prova la scena


del giuoco degli scacchi, di cui

invece cosi descritta

Un

non traccia nel poemetto ed

XVII

nell'ott.

giorno er'ito

el

fuor della terra a

del Cantare:

Duca a suo

un suo

e la duchessa san za

diletto

ricco palazzo,

ignun sospetto

prese messer Guglielmo per lo brazzo


e mensselo in zambra, a lato al letto,

ragionandosi insieme con sollazzo.

per giuocar la donna e

'1

cavaliere

fece venir gli scacchi e lo scacchiere.

Il

pittore

ha seguito

il

rappresentazione ch'egli

poeta del cantare anche nella rozza


ci

ha dato della morte della castellana.

Mentre nel poemetto francese

la

morte avviene improvvisamente,

dopo quel monologo disperato, che fu definito una delle pi appassionate rivelazioni di dolore di tutta la poesia del Medio Evo,
nel cantare quel disperato struggimento e quel semplice atteg-

giamento

di infinita

amarezza sono rozzamente

Basti dire che mentre

insudiciati dalla pi scimunita retorica.


si

lamenta del tradimento,

(1) Cfr.

la

W. Bombe, Un roman

fatta

all'

Istituto

LIX)

(ott.

fran^ais dans

beaux-arts del luglio 1911 e

Gaiette des

municazione

dama

poi,

germanico per

contraffatti e tutti

un

palais florentin, nella

pi ampiamente, nella
la

storia

dell'arte

co-

in Fi-

Die Novelle der Kastellanin von Vergi in einer Freskenfolge des pazu Florenz, Berlin, 1912. Su queste pubblicazioni
di W. Bombe e su gli affreschi del palazzo Davanzati si veda il mio articolo
La castellana di Vergi, nella Rassegna hibliogr. della leti, itah, Pisa, 1913,
voi. XXI, pp. 41-45.

renze,

lazzo Davizzi-Davanzaii

74

LIVI

s.

man

nella

destra ignuda avea la spada

e la cucciola nel sinistro braccio.

Ebbene: anche negli affreschi del Palazzo Davanzali

mano

rente rappresentata con una spada nella

cane nella

Durante

sinistra!

Rinascimento

il

il

la

mo-

destra e col

melanconico can-

tare cadde in dimenticanza; solo in Toscana, e specialmente a


Pisa, se

ne sfogliava ancora qualche manoscritto. Quando a Ca-

salmaggiore,

davanti alle

al principio del '500,

dame

e ai cava-

gonzaghesca uno gentiluomo borgognone chia-

lieri della corte

mato Edimondo Orflec prese a raccontare

la

vecchia storia

tragica, essa parve cosa nuovissima e tutti riempi di stupore

da strappare

di piet , tanto

tra gli ascoltatori, perch

le

lagrime.

e ne annot

la vecchia novella

a Milano, poi trascrisse per disteso


il

Bandello;

ma

dubito che qui

il

Bandello, che era


gli

uscisse

borgognone un'altra volta

le parti, che,

appena giunto

Cosi almeno

(1).

buon

frate

fumo o che almeno non

voglia vendere del

il

memoria

nulla dalla

volle subito farsi raccontare da quel

ci

racconta

lombardo non

gliel'abbia

quell'Edimondo Orflec borgognone, perch tutta

ci

venduto

la novella,

an-

zich rifatta su racconti orali e frammenti ed appunti, non altro

che una riduzione della nov. 70

VHeptamron

Margherita

di

segue passo passo

(1)

la nov. IV,

di

poemetto en

il

della

Navarra,
vieil

settima giornata della

quale alla sua volta

langaige

(2).

La

sola

5 del Novelliere, nell'ediz. di G. Brognoligo, nella coUez.

degli Scrittori d' Italia, Bari, 1912, voi. V, pp. 117-147.


(2) E.

Lorenz, Op.

cit.,

pp. 68-76, sostiene che la novella del Bandello sia

l'originale e quella di

Margherita di Navarra

fu pubblicato nel 1558

la traduzione.

U Heptamron

la nov. del Bandello soltanto nel 1573, nella quarta

Con una robusta e


Die Chastlaine de Vergy bei Marga-

parte del novelliere, ed. a Lione presso Alessandro Marsili.


serrata dissertazione A. L. Stiefel,
rete

von Navarra und bei Matteo Bandello, nella Zeitschrft fiir franzsische
XXXVI (1910), pp. 103-115, ha dimostrato che

Sprache und Litteratur,


l'assunto del Lorenz

Agen

un vero

compiutamente errato

e che la novella del vescovo di

e proprio plagio di quello della regina Margherita.

al racconto tenuto a

Quanto

Casalmaggiore nel 1518 da quel borgognone Edimondo

OANTABI LEGGENDARI ITALIANI

novit del Bandello

il

nome

del cavaliere

non pi messer Guglielmo

lana, che

caccio con la scorta del cantare della

Carlo Valdrio

La lungaggine

uggiosa e irritante

Tra

un'offesa.

il

si

E non

vizzito (1).

amante

della castel-

come afferma

Donna

il

della novella del

ma

Bandello

come

la trivialit di alcuni tratti ci colpisce

Boc-

del Vergi,

grosse mani di quell'uomo del Cinquecento la

le

leggenda antica

75

come un povero fiore


cosa al mondo cosi tragica

sfoglia

v'

delicato e av-

come

e triste

morire d'una grande poesia.

Donna

cantare trecentesco della

Il

del Vergi

si

legge in due

manoscritti pisani della fine del Quattrocento (2) e dall'uno di

da Salvatore Bongi,

essi fu pubblicato nel 1861

ma

un modo

in

cosi arbitrario e ghiribizzoso da rendere irriconoscibile

Le sciagure cominciarono persino

primitivo.

avendo bene decifrato

il

il

Bongi mut

propende a credere

che

sia

la

Donna

anch'esso

Bandello, perch se in realt egli avesse conosciuto

cos

testo

non

titolo;

manoscritto, o non conoscendo

metto francese originario,

Horflec, lo Stiefel

dal

il

il

poe-

del Vergi

un'invenzione

del

anticamente la bel-

lissima novella, l'avrebbe compresa nei primi tre volumi delle Novelle, usciti

non avrebbe atteso

nel 1554, e

il

quarto. In ogni modo, anche

il

Bandello abbia lasciati da parte

essi,

ricordi e gli

ammettendo

bisogna pensare che poi

la verit storica di quei colloqui di Casalmaggiore,

appunti presi durante di

per attenersi senz'altro al libro della regina d Navarra.

Il diritto e

lucido ragionamento dello Stiefel pone fuori di discussione l'ipotesi del Lorenz,

che fu sostenuta anche tra noi, con qualche buon argomento, da P. Toldo,

Contributo allo studio della novella francese del


1895,

p.

63

(1) Salla fortuna della

vella dal Seicento al

Lorenz.

XV e XVI secolo,

Ma

il

leggenda nella letteratura drammatica e nella no-

Romanticismo pu

servire qualfche pagina del libro del

lavoro andrebbe in gran parte rifatto.

(2) 1) Codice Riccard. 2733, scritto

da Fruosino

di

Ludovico di Cece da

Verazzano nei mesi di luglio e di agosto del 1481, a Pisa, mentre


castellano del Palazzotto.

D'Ancona,

il

2) Cod. Moreniano-Bigazzi

213

egli era

descritto dal

quale lo studi nel 1870, quando esso ancora era propriet del

prete Stefano Monini, priore

dei

Bagni

di S. Giuliano, nell'articolo:

sione di Venus, antico poemetto popolare, nel Giornale di filologia

1878, voi.

Roma,

e segg.

I, p.

Ili e segg.

La

vi-

romanza,

76

K.

Donna

nella

il

verso,

il

del Verzie^e; e poi per restituire, com'egli dice,


senso, la rima , delle settanta ottave del cantare,

quindici ne rifece di pianta

(1)

La storia

LETI

della

(1).

donna del Verziere e di


XV, Lucca, per B.

codice riccardiano del sec.

inesser

Guglielmo tratta da un

Canovetti, 1861 (8, pp. 32).

Per dare un'idea

delle sconciature dell'ediz. Bongi, ne riferir qualche ottava,

ponendo a fronte

il

testo com'io l'ho ricostruito dai mss.:

Testo del Bongi:

Fiore di leggende:

NuUa

Donna

s beUa zita era, u pi,


allora n cristiana o saracina
e nome avea la donna del Vergi,

essi del seool

gli lasciare

un

non

si

pu vedere

nome avea la donna del Verziere.


Pi risplendea che stella mattutina:
il padre fu baron di gran potere,
madre figUuola di regina,
quando essi dal seool trapassro

e la

quando

bella

ohe pi splendea ohe stella mattutina.


El padre suo nobil barone fa,
sua madre era figliuola di regina
e

si

fra la gente cristiana o saracina

trapassro

riooo tenitro.

si gli

palazzo dove ella dimorava


avea dintorno un nobile vergiero,
ed una cucoiolina, che '1 guardava,
per me' la porta stava in sul sentiero
quando messer Guglielmo v'arrivava,
ed ella conosceva il cavaliere,
sed esso ave' compagnao, ella lativa
tanto ohe del giardin e' si partiva.
Il

lasoiaro

un

ricco tenitore.

Il loco ove la donna dimorava


avea d'intorno un nobile verziere
ed una cuccioUna che '1 guardava
che bene conosoieva il cavaliere;
quando Messer Onglielmo solo andava,
gli giva innanzi e mostrava il sentiero,
ma latrava s'egli era in compagnia,
tanto che dal giardin non dipartia.

18

Ella ohe ha messo in lui ogni sua speme


e oielato l'amore oltra misura,
si che '1 disio d'amor nel core prieme,
in gelosia ne vive ed in paura,
e lagrime degli occhi il viso gieme.
Presente quella nobil creatura,
diceva: - Amor perch m'hai cosi arso
di costui, che d'amor m' cosi scarso?

Certo ch'egli de' cavalieri il fiore


(dicea fra s) di be' costumi ornato,
e se in loco si deg^o ho posto amere,
per men grave de' aversi il mio peccato,
non sa come mostrar l'interno ardore
e tener pi noi pu chiuso e celato,
dicendo, amor, perch m'hai cosi arso,
di costui che d'amor m' cosi scai-so?

Partissi

il

cavalier doglioso e

gramo

veggendo la duchesa piena d'ira


e quasi di pazzia menava rame,
s dolorosamente ne sospira
e di partirsi quindi gli era bramo.
E la duchessa ta' parole spira
che giammai non l'am per tal follia;
Usc di zambra ed andossene via.
;

il cavalier molto dolente


lasciando la duchessa che piangea
e chiamava lui falso e sconoscente,
che tanto oltraggio a sua belt facea.
E gi tristi pensier nutriva in mente
ch'in ira volto il folle amor avea
e '1 nemico di Dio pot s forte
che trov il modo di mandarlo a morte.

Partissi

critici

Donna
si

della

CANTARI LBGGBKDAKI ITALIANI

leggenda

sono concordi nel ritenere la

(1)

del Vey^gi opera di Antonio Pucci.

debba accrescere anche

gi assai pesante,

del

77

di questo

Ma

per quale ragione

poemetto

il

fardello,

che

banditore fiorentino, io non vedo dav-

Donna

vero. Certo l'autore della

un cantastorie

del Vergi era

rozzo ed incolto, perch la fattura del verso assai sciatta e


la poesia

senza finezza e senz'arte

(2). Alcune forme dialet(come verz, zambra, hrazzo) parrebbero escludere una
penna fiorentina e toscana e farebbero pensare piuttosto a un

tali

uomo

d'oltre

ma

Appennino;

poesia

la

dnoa con si caldo sangue


per ira avea rosso la faccia e gli occhi.
Per temenza la sua famiglia langue
e que' che non languivano eran sciocchi,
e di lui non sarebbe uscito sangue
ohi l'avesse tagliato tutto a rocchi.
E sospirava come ferito orso
Dello dubievol caso, ch'era occorso.
Toroesi el

leggendaria era

ran-

il Duca a si triste ventura


siccome l'angue che '1 viUan percosse
la sua famiglia trema di paura
come se il giorno del giudizio fosse.
Avea la cera spaventata e scura
e per l'ira e '1 dolor le guance rosse
e sospirava come ferito orso
dello dnbievole caso ch'era occorso.

Toroesi

41

41

El cavalier di subito fu mosso


con sei vaUetti gi su pella scala
con un mantel di drappo bruno addosso,
e lagrime degli occhi in viso cala,
la pelle gli parca cucita addosso
e giunse al duca, ch'era suso in sala.
Di questo il duca co 'la sua famiglia,
vedendolo, ciascun si maraviglia.

El cavaliere a cosi triste avviso


co' suoi valletti and dal suo signore;

l'acerba doglia si leggea sul viso,


s'era vestito di bruno colore;
e prima si vorrebbe essere ucciso
ohe in tal modo passar per traditore;
e giunse ov' il signor con la famiglia
che veggendol cosi si meraviglia.

47

47
E, poi ch'ebbe la cucciola sentuta,
si f

la damigella rivestire

poi ch'ebbe la cucciola sentuta

si f'

e poco stante a lui ne fu venuta,

a que' oh'a forza la dovea tradire.


Ma non si pensava ella esser traduta
da quegli in cui avea messo il suo disire
e

non pensando del tradir l'eifetto


drudo ogni diletto.

e prese col suo

la damigella rivestire;

sua venuta
a que' ch'a forza la dovea tradire;
e, lassa, non sapea ch'era veduta
e ohe eUa avea s presto a morire;
e non pens del traditor l'effetto,
ohe col drudo si prese ogni diletto.
e poco stante f' la

(1) Cfr. E. Lorenz, Die Kastelianin von Vergi cit.,


Die Kastelianin von Vergi, p. 4.

(2) Moltissime volte si

nanza;

il

ha nel cantare

medesimo verso

ripetuto in

la dialefe,

due ottave

p.

33

segg.;W. Bombe,

una volta (XVIII, 6)


differenti (X,

5 e

asso-

XV 111,

2).

78

VBn

B.

dagia e forse raccatt quei vezzi lombardi nelle sue peregrinazioni per le piazze.

Tristano riccardiano, che

del

avventura d'amore racchiusa

Vergili, la citazione d'una tragica

nel

Donna

per determinare l'origine della

importante,

ha

si

58:

nell'ott.

ginne nella camera, tremando,

siccome quella che di duol moriva


e di

messer Guglielmo lamentando,

pregandone

la

Vergine Maria,

abbominando

siccom'egli l'er ita

che lo conduca a far la morte

morr, come

Bellicies

Tristano (cap. XII) racconta

Il

ria,

come conduce me, che con mia mano

re Ferramonte di Gaules,

si

(1) per Tristano !

infatti

che Bellicies,

figlia

del

uccise per l'amore, non corrisposto,

di Tristano:

Ma

Belicies

dappoi che

dalo reame di

seppe che Tristano s'era partito

Gaules e andava per dimorare in Cornovaglia, incomincie a

ffare

maggior

il

pianto c'unqua mai fosse fatto per neuna damigiella, diciendo ella intra ssee
istessa
lo

veggio

Dappoi che

come

si

s'e partito colui cu' io

mai

tale maniera che ora

amava pi che mee,


mi

conosco e ssento che amore

io solea fare,

la vita poco puote dorare.

impercie ch'io n'abbo

ma

me

la

mio amore canpai da la morte.

inteso che la morte pi dolorosa cosa c'altri possa soiFerire;

morte tornere in dolzore, dappoi che

lo

e ora no

distringie in

percie io voglio morire con quella ispada, con la quale T[ristano] dovea essere morto.
e la

punta

E
s

allora

prese la damigiella la spada e ppuose lo

si

puose dirittamente per me' lo cuore, e disse

si

amico Tristano, ogniuno sappia ched

(1)

cod. Riccard. ha: Bellitis, e

anche a chiarire
chore per
Il

me

la

LX, 2

l'ott.

punta

Bombe suppone

che

parafrasi del Trist.:

me
e la

il

io

il

dove

il

Moren.

m'uccido per

cod. Riccard. reca

il

si

si

suo cuor poggi per


;

ma

pome

in terra

Dolcie mio

tuo amore

Moreniano: BeUisse.

significhi mettere

punta

lo

E in-

Tristano &\mk
e achonciossi

il

me

la

punta

evidente in questo passo la

puose dirittamente per me'

lo

cuore

CANTABI LBGGBNDABI ITALIANI

contanente

si

lascie cadere i-ssu la

scudiere, dappoi che la vide morta,

morta incontanente.

flFe

lo

cavallo... (1).

un racconto d'amore riferito da un


per s stesso un probabile indizio di an-

ricordo cosi vivace di

Il

Duecento

testo del

tichit (2).

preciso
ci

spada e

monte a

79

si

Ma

di

qualche altro dato cronologico pi chiaro e pi

pu desumere da

altri passi del cantare.

Il

giullare

dice che dagli eventi della corte di Borgogna (1270-80)

era ancora passato gran tempo

non

(II, 1):

E' non ancora gran tempo passato


che di Borgogna avea la signoria

un Duca, che Guemieri

La
che

Dama

storia della

egli ci assicura

del Vergi dovrebbe essere, a quello

(I, 3),

recentissima:
tua addimandare

io vo' la grazia

e dir per

Ma

rima una storia novella.

queste espressioni sono convenzionali; e non possiamo at-

tribuire ad esse molta importanza.

(cap.

La

Ben pi

H Tristano riccard.,

(1) Cfr. E. G. Parodi,


(2)

era chiamato.

utile l'accenno, con-

Bologna, 1891, pp. 27-28.

tragica storia di Bellices raccontata anche nella Tavola ritonda

16 e 17), la quale appartiene alla prima met del secolo XFV. Dopo

bellissimi episodi del

rivelazione

dell'amore

della

scena del suicidio della fanciulla

partenza
:

di

drammatica
una spada del suo

Tristano, segue la

Allo' di presente prese

padre, e

pone

lo

pome

suo, dicendo:

Cuore del corpo mio, Tristano! Amore e diletto mio!

isperanza e piacere dell'altra gente

speranza mia, tu te ne s andato, e io per voi non voglio pi la vita !

dette queste parole,

spada, la quale la passe oltre dalla altra parte...

si

ed. cit., P. I, pp. 54-63.

storia

in terra e la

le

pp. 18-19.

punta

si

pone diritto

Nel Tristano francese in prosa

roman de Palamede

et la

al

cuore

come m'avete abbandonata ?

lascia cadere tutta libera in sulla

ha nome Belide o Beleyde;

Tristan,

primo incontro di Bellices con Tristano, dell'improvvisa

cfr.

E. Loseth,

La

dolce

punta della detta

Tavola ritonda,

l'eroina della tragica

Le roman en prose de

compilation de Btisticien de Pise,

cit.,

80

LEVI

B.

tenuto

LXVIII,

nell'ott.

al

passaggio del duca a Rodi per com-

battervi gli infedeli, perch

si

sa che Rodi cadde

dei cavalieri di S. Giovanni solo nel 1309;

nelle

mani

dunque abbiamo qui

un termine sicuro post quem . Il termine ad qicem pu esserci fornito dalla data del Decamerone. Infatti non possibile
che

dama

cantare di messer Gruglielmo e della

il

opera diversa dalla

citato dal Boccaccio sia un'altra

Vergi, perch non

si

del Vergi

ha traccia

d'altri

cento intorno a questa leggenda

(1)

Donna

del

componimenti del Tre-

e poi perch

il

nome

di

messer Guglielmo appare un'invenzione schietta ed originale


del cantastorie della

Donna

del Vergi. In nessun'altra leggenda

fuorch nel nostro poemetto l'amico della castellana

nome di Guglielmo
Insomma la Donna

del Vergi opera d'uno di quei rozzi cansi

addensavano

le folle e palpi-

vasto fremito del popolo italiano. Egli fu un gi-ossolano

il

ma un

poeta,

il

reso celebre dalla citazione del Boccaccio.

terini randagi, intorno ai quali

tava

porta

accorto conoscitore della vasta materia leggen-

daria cara alla plebe.

si

pu essere

che egli compose e

certi

inton questo cantare prima del quinto decennio del Trecento.

(1)

Una

novella in prosa francese fu composta alla fine del Trecento nella

Essa

valle di Aosta.

si

legge in un ms. che era dei Challand e poi dopo varie

vicende fu acquistato dalla Bibliot. Nazion. di Parigi {Nouvlles acquisitions


frangaises, 6639)

e fu pubblicata,

quando

il

cod.

non aveva ancora varcate

le

Alpi, dal Barone di S. Pierre nell'op. Novlle e poesie francesi inedite o ra-

XIV,

rissime del sec.

Firenze, Stab. Civelli, 1888, in-foglio. Dall'analisi che

XIX, 1890,

P. Meyer ne ha fatto nella Romania,


tra la novella valdostana e

il

cantare rispetta, pur non intendendolo,

(Vergi),

il

novelliere suppone che

dal duca alla nipote, di


la moglie, si fa

francese e

stano:

ha

un

pp.

il

il

cognome

nome de

nome

di

e sgg., risulta che

Vergi

il

della castellana

vergier derivi dal dono, fatto

vero e proprio verziere. Il duca, dopo aver ucciso

monaco. L'amante della castellana, che

il

340

cantare non esiste relazione alcuna. Mentre

anonimo nel poemetto


chiamato Tri-

Guglielmo nel cantare, nella novella

ung nomm Tristan son premier

vaillant et plain de toute biault

chevalier,

Non

quy tant

estoit

noble,

credo che la novella sia mai

stata conosciuta fuori dei confini della valle d'Aosta.

CANTARI LEGGENDARI ITALIANI

81

Gibello.
Il

cantare di Gibello

legge in una miscellanea toscana del

si

Quattrocento, che reca sulla coperta la data:


di

X febraro

Ma

codice posteriore, perch contiene tra

il

Rotta di Ravenna dell'Altissimo

l'altro la

Mccccviiii a

(e.

50-53) datata: 1472,

e altre scritture quattrocentine, come la novella della Figlia del

re di Dacia e
tare
finiti

il

il

libro di

Fioravante

L'argomento del can-

(1).

seguente. Tarsiano, re di Bravisse, un

pregiudizi. Egli crede che ogni

due gemelli,

uomo

donna che mette

sia adultera e senz'altro la

condanna

di in-

alla luce

al rogo.

ecco che una notte la stessa regina partorisce due bimbi.

paura deirne\itabile condanna,


ad una nutrice,
sia gettato in

tosisce

Ma

un drappo dorato e ordina che

giunta sulla spiaggia, la balia

invece di uccidere

mercanti che passano.

uno dei due gemelli

ella afl&da

lo fa a^"\^olgere di

mare.

il

Ma
Per

bambino,

lo

mercanti portano

il

si

impie-

regala ad alcuni

bambino

dono

in

ad Argogliosa, regina della citt di Gienitrisse, ed Argogliosa, che


dal drappo d'oro

onde ammantato comprende ch'egli

gran legnaggio (XI),

lo fa allevare

nome di Gibello.
Una volta, durante un

un

cavaliere; questi, soffocato dal-

rinfaccia al prode giovinetto

(1) Bibl. Laur., cod. Palat.

BiblLaur., Suppl.

m,

il

torneo, Gibello, che aveva allora sedici

anni, abbatte e fa prigioniero


l'ira,

con ogni cura, dandogli

di

CXIX,

331-341.

e.

il

mistero della sua nascita.

157 a;

ricantare

novlla inedita in ottava rima del

buon

{Sclta di curiosit letterarie, disp.

XXXV).

cfr.

A. M. Bandini, Cai. mss.

fu pubbl. da F. Sklmi, G^iteZto,

secolo della lingua, Bologna,

1868

Questa edizione deturpata da

qualche errore di lettura del ms, e di interpretazione: agitare per reggitore

(XXXI,

4); linguaggio per lignaggio (XI, 5); spuntoni tal gente

toni tagliente (LVII, 2) e infine

lasciava passare

(nomale

(XXVI,

storico

un

buffo

non

per spun-

vi passava lasciare per

non

6).

Suppl. n 16.

vi

82

LEVI

B.

Gibello

si

mette

come bandiera

per ricercare

in via

drappo d'oro che aveva coperto

il

(XXIV); sconfigge e rende suoi


il

vassalli

Conte Vermiglio e giunge nella

la bellezza del giovinetto,

moglie se ne innamori,

la

Intanto Tarsiano,

re

Argogliosa

Ne

rifiuta.

ma

Vedendo

carcere (XL).

decide

Bravisse,

per paura che

di

dar moglie

per mezzo di alcuni ambasciatori

figliuolo e fa chiedere
di

di Serpentina,

lo fa gettare in

di

sue fascie

le

Cavaliero Nero e poi

il

citt di Serpentina.

duca

il

recando

sua gesta

la

che non pensa che

ella

al

la

al

mano

suo Gibello lontano,

nasce una guerra e Argogliosa assediata nella sua

Genitrisse (JLIV).

citt,

Gibello apprende le sventure della sua protettrice, perch

il

duca di Serpentina, che vassallo del regno di Bravisse, accorre presso Tarsiano e partecipa all'impresa contro Genitrisse.

La duchessa
prigioniero

e,

di

Serpentina

mentre

il

si

innamora davvero del bellissimo

inutile

al soccorso di Argogliosa,

e con

marito alla guerra,

dire che Gibello subito vola

Nero e

cavaliere

l'aiuto dei suoi amici,

il

sconfigge l'esercito di

Bravisse e uccide

Dopo

che non

Gibello,

la vittoria,

il

lo libera.

il

ritiene

si

conte Vermiglio,

duca

di Serpentina.

sciolto dalla pri-

gionia della duchessa e vuol serbare fede alla parola data, in-

curante del pianto della bella Argogliosa, ritorna a Serpentina


(LXVIII).
Intanto

Ma
di

ella

il

re Tarsiano bandisce una festa e vi invita la duchessa.

vedova e non pu recarsi

condurre con

s,

alla corte

come gentiluomo

Gibello. La regina di Bravisse, appena

per

figlio suo, sia

il

dorato

per

bino, destinato alla

morte

lo

compagnia,

ne ha

la

il

leale

scorge, lo riconosce

lineamenti del viso, sia per

la nutrice e

interroga

di

da sola allora pensa

il

confessione che

il

pallio

bam-

tanti anni prima, era stato risparmiato

(LXXVIII).

La

notizia del riconoscimento

siano, furibondo,

arma

condanna a morte

in difesa di lei e

fratello, si

diffonde per la citt e Tar-

si

tutti

baroni e anche

schierano accanto a lui

Ma

la moglie.
il

Gibello

si

principe, suo

e Tarsiano rimane abban-

donato. Gibello

si

CANTARI LEGGKNDAKI ITALIANI

83

reca dal padre e lo convince

della sua legge e della

condanna

inflitta

dell' ingiustizia

madre (LXXXV).

a sua

Intanto Argogiiosa giunge a Bravisse con uno splendido corteo


di cavalieri e sposa, tra la letizia generale,

suo bello e prode

il

(LXXXVIII).

Cribello

La duchessa

di

Serpentina cade morta a terra, uccisa da

Amore.
Questo grazioso racconto congegnato, non senza

due motivi fondamentali


1

abilit,

su

l'amore di un cavaliere per una principessa potente o

per una

contrastato dal destino attraverso a mille episodi

fata,

avventurosi: la stessa leggenda del Bel Qherardino e della

Pulzella Gaia
2"

danno

il

pregiudizio di

alla luce

un

primo dei due motivi quello del gruppo

Il

mettono capo

nimo

al lai di

di Graelent;

il

Lanval

cavalieri, amicissimi.

due gemelli,

la

le

donne che

di

Maria

di

di

leggende che

Francia e

al lai

secondo costituisce gran parte del

Fraisne, del quale questa

due

che crede adultere

re,

due gemelli.

la

trama. Vivevano in Brettagna

Quando

sposa dell'altro

del battesimo dichiara,

si

ano-

lai di

la

moglie dell'uno d

mette a ridere e

con grande scandalo

al

alla luce

banchetto

che una

di tutti,

donna che partorisce due bimbi deve aver conosciuto due uomini.

Ma

nello stesso

anno

ella

mette

due bimbe. Piena

alla luce

per celare l'obbrobrio, prende una delle bimbe, la

di vergogna,

avvolge in un prezioso drappo, che poc'anzi

il

marito

recato in dono da Costantinopoli, le cinge

il

braccio con un

bracciale d'oro e la afida a

notte in un bosco.

un

frassino,

le

aveva

una nutrice perch l'abbandoni

La nutrice depone

la piccina tra

che sorge accanto a un chiostro

morato alcune preci, scompare tra

e,

le piante.

rami

di
di

dopo aver mor-

La suora

sacre-

stana del monastero al mattino raccoglie la bambina e la porta


nel

chiostro

Fraisne
vata.

le

(frassino),

monache danno

alla

bambina

il

nome

di

per ricordo del luogo dove l'avevano tro-

Dopo moltissime avventure Fraisne diventa l'amante del

84

K.

LBYI

signore di Dol, Gurun, fugge dal convento e va a convivere nel

Passa qualche anno, e

castello di lui.

il

cavaliere brettone vo-

lendo dare marito alla figliuola Coldre, pensa proprio a Gurun.

L'umile Fraisne, soffocando

ed arriva persino ad abbandonare


e

il

come

singhiozzi, prepara la casa,

la celestiale Griselda boccaccesca, dirige

preparativi delle nozze

suo unico tesoro,

il

il

drappo

bracciale, nella stanza nuziale, per festeggiare l'arrivo della

sposa.

Ma

la

suocera di Gurun riconosce da quel drappo e da

quel bracciale che la donna che ella disprezza quale l'amante


del fidanzato della sua figliuola, proprio l'altra sua figlia ab-

bandonata nel bosco

e invece delle nozze tra Coldre e

Gurun

vuole siano stipulate quelle tra Gurun e la bella e angelica


* Fraisne

(1).

Tra l'antichissimo
tela assai stretta.

lai brettone e

Lo svolgimento

il

cantare italiano la paren-

del racconto identico; sol-

tanto vengono rovesciate naturalmente le parti, nella scena delle


nozze, perch mentre la
i

gemelli della regina di

Coldre e Fraisne, aspirano alle nozze col principe Gurun;

relle,
i

dama brettone aveva avuto due figlie,


Bravisse sono due maschi. Le due so-

due

fratelli,

poco tempo

il

Gibello e l'altro non nominato,

si

contendono per

cuore e la mano della bellissima principessa Ar-

gogliosa.

Un

particolare, che

di Qibello,

che

il

la lettura del canto

merita di essere messo in evidenza:

il

drappo d'oro

segno di riconoscimento dell'eroe. Esso vien ricordato

quasi a ogni passo,


si sia

pu sfuggire durante

ma

in tal

modo che sembra che

il

poeta non

reso conto n della sua origine, n del suo ufficio, n del

suo destino in questa leggenda. Gibello viene amantato in un


bel drappo d'oro (V) e le nutrici, elette da Argogliosa, subito

pongon mano a governarlo


dismantarlo (XI).

(1)

Fraisne

ediz. di

il

e di quel

Quando parte

terzo dei

XII Lais

di

drappo ad oro a

alla ricerca della

Maria

K. Warncke, Halle, 1900, pp. 54-74.

di Francia.

sua gesta,

Mi valgo

della

ontbi l^gendabi italiaki

85

Gibel del drappo ad oro fece banda (XXIV,

bandiera^ issandolo come stendardo sulla lancia;

duello col duca

gran colpo Gibel

credo

infatti nel

(LXV):

di Serpentina

un

cio

8),

gli

done

morto l'abbatte sotto sua bandiera,

come

e poi entrando

(LXXVI):

vincitore a Bravisse
sua insegna

sotto

il

nobile Gibello

per la citt ogni d cavalcava.

Di questa insegna, di cui amantato (LXXVII), egli poi

rende ragione
drappo d'oro
canto a

alla

madre; e ne segue

di Gibello

il

nel bosco e nella reggia,

s,

il

riconoscimento.

che

pallio di Fraisne,

Il

ella porta ac-

quasi a simboleggiare la

e,

sua sublime e crudele rinuncia, poi abbandona sul letto nuziale


del suo

amante

lai di

Il

410-460).

(v.

Fraisne uno

dei pi affascinanti per la accorata

mestizia che lo circonfonde e la profonda ed

umana

semplicit

degli affetti. Fin da tempi assai antichi ebbe traduzioni ed imitazioni in tutta l'Europa:

Galerent corate de Bretagne

di

(1),

(2)

(3).

La superstizione che

(1) Pubbl. tra le

burgh, 1810,
cfr.

il

357

Zum Lay

e segg., poi

le

le

romanzo

ebbe un'eco nella

Decamerone,

in

Gri-

gemelli siano frutto d'un adul-

Ancient metrical romances,

voi. I, pp.

ZcpiTZA,

in Francia nel

in Italia

novella tragica ed eroica che chiude

selda

Lay

Inghilterra, nel grazioso

in

Freine del principio del Trecento

ed.

by Henry Weber, Edin-

da H. Varnhagen, in Atiglia, HL, 415

Freine, in Englisehe Studien,

voi.

[1886],

pp. 41-48. Purtroppo questo grazioso poemetto frammentario.


(2)
p. p.

Le roman de Galerent comte de Bretagne par


Anatole Boucherie, Paris, 1888

de Galerent, nella Bomania,


(3) Cfr. L. Savorini,

bernatis,

De

La

XVU,

cfr.

le

trouvre Renaut

A. Mussafia, Appunti sul

Roman

439.

leggenda di G-iselda, Teramo, 1901

A.

De Gu-

Sacountala Griselda, Roma, 1905; F. X. Wamnenmacher, Die

Griseldis-Sage

auf der Iberischen

Halbinsl,

Strassburg

i.

E.,

1894;

cfr.

86

LEVI

E.

quale forma

terio, la

il

dato iniziale del lai di Maria di Francia e

del cantare di Gibello, fu per lungo

popolo

tempo

alcune regioni

e lo ancora, in

mezzo

diffusa in

Essa

(1).

al

ritrova in

si

moltissime leggende medievali e in moltissimi racconti popolari;


e fu con arditezza veramente mirabile e straordinaria portata

da Lope de Vega nella commedia Los porceles de

sulle scene

Murcia

(2).

motivo sempre costante; una dama deride una

Il

mendicante che reca con s due gemelli e dice che

mino

persino sette

figli,

genda raccolta nella cronaca

come

piccini

Una

Poco dopo

indizio di adulterio.

tre, quattro,

granchi,

tam

ella

alla luce due,

come

in

una

Hermann Korner (1300), 364

di

eociguos sicut polypos

legfigli,

(3).

notevole somiglianza col cantare di Oibello ha, tra tutte

innumerevoli versioni, quella della romanza castigliana di

le

Espinelo

(Il

biancospino).

Una

regina di Francia pubblica una

legge che la madre di due gemelli,

come convinta

debba essere senz'altro uccisa. Poco dopo

due bambini e per


ninnolo d'oro
gettata su

(=

una

il

spiaggia, in

Sultano di Siria.

al

segg.; R. Schuster,

di Gibello).

un cespuglio
i

(juali
Il

fa

alla luce

gettare

La

cassetta viene

di biancospino, e viene

ne traggono

il

piccino e lo

bambino cresce prode e valoroso

Stiefel, nel Literaturblatt fur german.

415 e

ella stessa

una cassetta che contiene qualche

drappo d'oro

raccolta da alcuni marinai,

portano

di adulterio,

sottrarsi alla sua legge crudele,

l'uno dei gemelli nel mare, in

p.

mette

o addirittura,

parto ge-

il

und roman.

Philologie,

XXI

(1895),

Grisldis in der franzsischen Literatur, Tu-

bingen, 1908.
(1)

Molte curiosissime testimonianze sono state raccolte da

mannsbtich, Novellen in Versen aus

dem XII und XIII

W.

Hertz, Spiel-

Jahrh.*, Berlin,

1912, p. 401 e segg.

Lope de Vega, Obras publicadas por la E. Academia espanola,


p. 543 e segg. Sono preziose le osservazioni preliminari di M. Menndez y Pelayo, ib., p. gli e segg.
(3) Cfir. E. KOhler, Anmerkungen zu Le Fraisne, nella 2* edizione del
(2) Cfr.

voi.

XI

(Madrid, 1900),

Warncke,

p.

lxxxvii e sgg.

CANTARI LEGGENDARI ITALIANI

e viene adottato quale figlio del sovrano,


della principessa Argogliosa

La coincidenza

87

come

Gibello alla corte

(1).

di alcuni particolari della storia di Gihello e

della storia spagnuola di

Biancospino parrebbe indicare senza

altro la conclusione di questa ricerca: la

romanza spagnuola e

cantare italiano riposano sopra un comune motivo della leg-

il

genda, diffuso per via di tradizioni

orali.

Nel cantare

avrebbe inoltre un'eco vivacissima del lai


ticolare del pallio d'oro, che

il

tare

Fraisne nel par-

segno di riconoscimento tanto

Ma

per Gibello quanto pel Frassino.

di

italiano si

lo stesso

autore del can-

avverte che di una conclusione cosi semplice bisogna

ci

difladare; in pi luoghi egli

ma

accenna non gi ad una tradizione

come a fonte precisa del poemetto. Secondo la storia , dice una volta (XL, 1), e altrove
nel libro m'informo (LIX, 8). Che quel libro fosse francese
mi pare si debba dedurre dai molti francesismi che sono disseorale,

a una leggenda scritta

come barnaggio (LX, 1)


XXX, 5, ed anche dal nome

minati nel cantai'e,

= pigro),

lainier

e lanieri

(a. fr.

della principessa

buona, Argogliosa, che uguale a quello dell'eroina del ro-

manzo

di

Blancandin

et d' Ot^gueilleuse e a quello della

amata dal cavaliere Orgulleus de

Gral

di

Cristiano di

Troyes.

medievali francesi svolgono


la legge

il

in realt moltissimi romanzi

l'Ile-fort,

WoLF

e C.

Hofmann, Primavera y

p.

D. AcGUSTiN DcRAN {Btbl. de


177

CCCXXni];

l'Introd. alle

Le

p. p. le

abbandonato per

e pi

atti,

au Cygne

de romances, voi. II, p. 77


romances casteUanos recog.

espanoles, voi. X), Madrid, 1854,

et

t.

I,

cit.,

voi.

XI, p. clix.

Godefroi de SouiUon, pome historique,

Baron de Keiffenbero {Collection des chroniqms helges


e sgg.

battesimo

fior

Bruxelles, 1846-1859. Sullo sviluppo della leggenda,

XIX, 314

al

correttamente da M. Menndez y Pelayo nel-

Obras de Lope de Vega

chevalier

moglie del re

vedendo una donna che reca

p,

(2)

figlio

(2) Beatrice,

OLII]; Bomancero general Collecion de

[n.

del

che condanna come adultera la madre di due gemelli.

Orlante de

(1) F.

donna

Roche nel romanzo

motivo del

Nel poema Le chevalier au Cygne

[n.

la

cfr.

indites, XI),

G. Paris, in Romania,

88

B.

due

figliuoli,

dice che ella non pu averli concepiti s'elle n'a

hommes

deux

LEVI

carnei habitement

alla luce sette figli,

storia narrata

sei

Ma

poco dopo

et

poema pi

nell'altro

de Godefroi de Bouillon

antico

Chanson du chevalier
(i),

e nella novella la-

cygne e nella romanza

tina de milite de la

maschi e una femmina. La medesima

con alcune varianti

del cosidetto ciclo della crociata , la

au Cygne

ella stessa

inglese,

derivano. Nel romanzo dell'imperatore Ottaviano, la

che ne

madre

di lui

rivolge alla nuora Florimonda, che ha dato alla luce due ge-

si

melli ed esprime

famme peust avoir


Deus
deus hommes n'a son delit (2).

dubbio que une

il

enfans ensemble a un

lit

S'a

Qualcosa di simile s'ha in alcune versioni italiane dell'epopea


francese, nel Libro di

Fioravante e nei Reali di Francia.

Andrea da Barberino racconta

(Reali,

e.

XLII) come una volta

una povera

fosse giunta alla corte di Fioravante re di Francia

amendue in fascia . Drusolina, moglie del re, disse: E' non pu essere che d'uno uomo
solo nasca a uno portato due figltuoli. Fioravante la rimpro donna con due figliuoli in braccio

vera dicendo che a Dio non nulla impossibile


femmina secondo natura pu portare sette
tato,
*

ma non

figliuoli

pens

(1)

morire

per vero

la

uno por-

Nello stesso anno Drusolina partor due

maschi molto

di far

La

p. p. C.

pi

figliuoli a

belli

lei

e la suocera con uno strattagemma

bambini

cfmnson du chevcUier au Cygne

(3).

et

Ma

quello che segue

de Godefroy de BouiUon,

HipPEAu, Paris, 1874-7. Cfr. K. Nyrop, Storia delVepopea francese

Medioevo, trad. da E. Gorra, Torino, 1886, p. 220 e segg. W. Mcller,


Die Sage von Schwanritter, in Pfeiffer's, Germania, voi. I (1856), p. 418;
La naissance du chevalier au cygne ou les enfant changs en cygne, french
poem of the Xn" century pubi, by H. A. Todd, Baltimore, 1889; W. KlkinSCHMIDT, Das VerMltnis des Badouin de Sebourc zu dem Chevalier au cygne,
Marco Polo, Brandan, Barlaam und den Fabliaux, Gsttingen, 1909.
rtel

(2)

Octavian

altfr.

Roman,

[AUfranz. Bibliothek, IH]


luiian, nebst einem

ecc.

cfr.

hgg. von K. VollmOller, Heilbronn, 1883

Romania, XI, 1882,

Anhang uber

p.

609

Oktaviansage

Floovant und

F. Settegast,
1906; P. Rajna, I Reali di Francia, pp. 72 e sgg.
(3) A. DA Barberino, 1 Reali di Francia, testo critico per cura di G. Vandelli, Bologna, 1900, voi. II, p. 176 e segg.
die

v.

CANTBI LBGGBNDABI ITALIANI

non

medesimo racconto

ci interessa. Il

rallelo ai Reali, le Storie di

dica scritto tra

il

1315 e

Fioravante

1340

il

si

(2),

89

ritrova nel libro pa(1),

che

il

Rajna giu-

cio cinquant'anni avanti la

compilazione di Andrea da Barberino:

le varianti tra

due

testi

sono pressoch insignificanti. Le storie di Fioravante sono conservate soltanto in due manoscritti, e dei due l'uno precisa-

mente quello che contiene Gibello


mento dei due testi

anche nelle stesse parole,


Reali invita
qoal due

(3).

Sar casuale

medesima leggenda? E poi

della

il

raccosta-

la somiglianza,

di alcuni tratti di Gibello col testo dei

alla riflessione:

figlinoli partorTa in

uno

e partor questi

colpo.

uno

{Gib., ni, 4).

dae fancialli a

corpo.
{Beali,

Come non
Di

Drusolina, non dire

fu possibile al Signore

cos,

perch

a Dio non nulla impossibile...

fare Adamo...

Cos non gli impossibile di fare

Duo

ni).

{Reli^.

figliuoli in un'ora ingenerare.

{Gib.,

La rassomiglianza
ravante, sicch

io

LXXXH).
minore rispetto

assai

alla

Storia di Fio-

credo che, se occorre ammettere qualche rap-

porto di dipendenza,

il

testo derivato dovrebbe essere quello dei

Reali e quello originario Gibello.

Questa conclusione assai importante rispetto alla data del


cantare, perch
nei quali
tra

il

si

un termine ad quem

ci fornisce

pu presumere siano

1390 e

il

1400

(4).

Il

(1) P.

445

Op.

Reali;

tali

cio

somiglianze col lai di Fraisne

Eajna, Ricerche intorno ai Reali di Francia, Bologna, 1872,

voi. I,

33

1-cod. Mglb. n. 23; 2 -

cit.,

(4)

e segg.

(2) P. Rajna, Op. di., p.


(3)

composti

racconto delle storie di Fioravante

e dei Reali ha nei particolari

p.

stati

negli anni

cod. Laurenz. Palat. 119;

cfr.

p. vili.

Andrea da Barberino nacque

circa

il

1370

mor nel 1431.

P. Rajna,

90

B.

che

LEVI

Rajna immagina che messer Andrea Barberino assai

il

dotto in fatto di letteratura romanzesca, abbia avuto presente

Ma

a tutte le coincidenze d'argomento e

di parola tra la storia di

Fraisne e quella di Drusolina parte-

lai di

il

Maria

cipa anche

(1).

cantare di Gibello,

il

al lai del frassino

un

in

per tutto

lo

il

quale per di pi

si

riattacca

svolgimento della leggenda e non

solo episodio staccato, e d'altra parte in pi luoghi espli-

citamente

si

rivela discendente da

un

testo francese.

fermamente che Andrea da Barberino attingesse

ci escludo

direttamente dal lai e credo che ad esso


attraverso

il

cantare

La famiglia
Maria

lai di

Per tutto

di

di questa

si

riallacci proprio

Gibello.

leggenda ha dunque per capostipite

Tra Fraisne e Gibello

di Francia.

si

debbono

il

col-

locare una

pi generazioni intermedie, dalle quali procedono

da una parte

il

cantare italiano di Gibello e dall'altra la romanza

spagnuola del Biancospino. L'episodio

Drusolina nelle Storie

di

di Fioravante e nei Reali mescola insieme la tradizione che


in Italia rappresentata da Gibello con la vecchia tradizione

medievale di Florimonda e dell'imperatore Ottaviano

Lo

a riconoscere che

Ma

il

cantare di Gibello anteriore al 1390-1400.

l'esame un poco pi approfondito del

ci) P.

(2)

(2).

studio intorno alla leggenda ci ha di per s stesso condotto

Rajna, Op.

Insomma

si

cit.,

poema consente

p. 82.

avrebbe:

Fraisne
I

CrtUerent

/\
/ \

Esptneo

Gibello

Ottaviano

Fxoravante
e 'ELeoAi di

Francia

di fis-

CANTABI LEGGENDARI ITALIANI

91

sare la data della sua composizione anche pi addietro. In mol-

da vicino

tissimi tratti Gbello ricorda assai

Bel Gherardino

il

e la Pulzella Gaia. Gibello gettato in carcere, appena giunto


nella citt di Serpentina, e la duchessa se ne invaghisce e ar-

ditamente
duca.

Da

d'amore,

richiede

lo

approfittando

dell'assenza del

Gibello apprende che Argogliosa stretta d'assedio

lei

nella rocca di Genutrisse e ottiene di accorrere in suo aiuto

promettendo

di uccidere

ritorna a Serpertina e

sempre

il

vecchio duca. Compiuta l'impresa, egli

il

rende

si

di

nuovo prigioniero (XL-LXIX).

motivo .[Bel Gherardino: Gherardino chiuso

in prigione e la Sultana di Alessandria se


il

ne innamora. Intanto

Sultano parte per andare al torneo bandito dalla Fata Bianca

e Gherardino ottiene dalla Sultana di accorrervi lui pure con la

promessa

mezzo

di toglierle di

il

marito, che

non pi buono

a nulla {B. Gfier., XXIX).


Poi

gli diceva:

Amor,

po' che tu vuoi,

a Gienutrisse andar, chieggioti un


[dono,

che

'1

duca mio uccidi

se tu puoi.

-Ma ben che la tua andata mi sia sconcio,


io

ma

pur
tu

ti

mi

d'uccidere

doner arme e cavallo;


giurerai,
il

gina d'Oriente (cant.

vaglia,

la

scena del parto della re-

ott. 26-27).

II,

Nel giro della frase

si

sente la medesima

mano che ha

scritto

cantari che sono con certezza del Trecento; anzi uno

dei versi
(II,

ti

del parto della regina di Bravisse (III-IV) ricorda

molto da vicino, anche nelle parole,

gli altri

Dio

{Gherardino, XXVIII).

{Giheno, XLIX).

La scena

se

soldan nella battaglia.

(I,

26, 2) si ritrova tal

quale nella

Pulzella

Gaia

62, 2).

L'autore di Gibello non era certo un poeta colto; basta dare


un'occhiata al suo latino per persuadercene

Maria, grazia piena, dominiis

Questo

il

l'amenissimo

latino della

verhum caro

donna Bisodia
della

(I,

VI, 8)

Ave
tecon.

del Boccaccio e del-

Regina d'Oriente. Molte

volte

92

versi zoppicano e

non

si

reggono che per

concessa alla poesia popolare

invece della rima

(2)

LBVI
la divisione delle sillabe

Nove

(1).

due volte s'ha

volte

la ripetizione del

verso a pochissima distanza (LI, 2; LXI,


le zeppe,

con

le quali quell'artefice

ha l'assonanza

si

medesimo

Sono innumerevoli

7).

maldestro e malsicuro

s'in-

musa per quel che


da ciascun per vero i' sento (XVII, 4), di ci non vi mento
(XVII, 6), al ver dire (XXXII, 3), in veritade (XXXIX, 3),

gegna

di riempire

senza

difetto (XL, 4),

vuoti della sua flaccida

secondo la storia (XLI,

2),

per quel che

io sento (LIX, 8).

Nonostante questa ingenuit popolaresca,


bello riesce

sempre interessante e

e drammatico

come poche

altre

accenti di profonda poesia.

ha

madre

grido della

il

al

scritture

del Trecento ed ha

Oh, quale fremito di


riconoscere

il

Per te arsa or sar

ma

cantare di Gi-

il

in alcuni tratti vivo, forte

allegra, figliaci mio, io

umana

verit

perduto!

figlio

io,

morraggio

XI.

Gismlrante.
Col cantare di Oismirante s'inizia nel mio Fiore di leg-

gende

la serie dei cantari di

prende

anche

cant. VII, Vili,

cantari di Pulzella

(1)

La

dialefe s'ha

LXV,

8;

LXXIV,

Meno

legittimi

prtiova - un,

2),

Antonio Pucci

(f 1388),

IX e X. Al Pucci sono

Gaia

(II),

del Bel

che com-

stati attribuiti

Gherardino

(I)

generalmente dopo una parola tronca, come citt (VI, 4;


va (LXn, 4), n (LXIV, 3) e qui si pu giustificare.

mi sembrano
LXIV, 5, ecc.

questi casi

andava - isgomberar

LXII, 7

(2) Ott. n, Bravisse: esse; TU, gionse: corpo; ILI, fece: meretrice-, XXI,
garzone: potroe; LV, aspro: mastro; LXVHI, mercede: mene; LXXHI, Tarsiano: entraro; LXXVlJJ, sconfiggeremmo: francheremo; LXXXII, dolore:

parlone.

e della

Donna

CANTARI LE06EKDABI ITALIANI

del Vergi (V), per

componimenti e per
l'architettura
ciani.

che

che

inutile

soggettivi e

caratteri artistici di quei

la somigliEinza nella

dell'azione
io

le identificazioni,

verseggiatura e nel-

con questi che sono realmente puc-

avverta che

non possono

variabili,

93

giudizi sull'arte, essendo

offrire aflfidamenti sicuri e

che se ne desumono, sono tanto pi in-

certe in questa letteratura dei cantari, che per essere popola-

reggiante poverissima di elementi indi\iduali.

D'altra parte

noi conosciamo ancora troppo imperfettamente la lingua popolare e la lingua poetica del secolo

XIV

per poter distinguere ci

che era pretta creazione fantastica individuale e ci che invece


veniva alla luce dell'arte dal fondo oscuro del parlare quotidiano.
I
il

due cantari

di

Gismirante sono certamente del Pucci perch

secondo reca la clausola finale col nome dell'autore

al vostro

onor questo

f'

Antonio Pucci.

Il

(II,

61):

cantare di Bruto

(XII) deve pure ritenersi opera certa del Pucci, perch

com-

preso nel codice Kirkup, che una raccolta del secolo XIV, nella
quale non sono comprese che le composizioni del banditore

fio-

Mad. Lionessa (IX) anch'esso compiuto da un verso col nome dell'autore: Antonio Pucci il fece al vostro onore, come quello di
Gismirante. La medesima formula, che costituiva come la firma
rentino e null'altro all'infuori di esse.

dell'artista, in

riente:

ciascuno dei quattro cantari della Regina d'O-

Antonio Pucci al vostro onor l'ho fatto

vostro onore Antonio

onor

cantare di

Il

finito

ha

il

vostro onore (IV,


della stanza

XLIX

La leggenda

di

f'

terzo

'l

cantare

(III,

50);

(II,

50);

di

avvenimento alcuno e

Antonio Pu^ci

il

fece al

Mad. Lionessa.
si

poteva toccar cibo se non veni-

di fuori

la corte

da due giorni non capitava

non poteva mangiare, quando

Gismirante chiese di partire per cercare ventura.


fata, la

Al

Gismirante delle pi strane ed originali.

Nella corte di re Art non

dond'ella viene.

50);

44). Quest'ultimo verso identico all'ottavo

vano fresche novelle

trova una

(I,

Antonio al vostro

Egli infatti

quale gli fornisce notizie di uno strano regno,

La principessa

del regno bellissima, e la vi-

94

B.

gilia di S.

LBVt

Martino se ne va, tutta nuda, alla chiesa

spinto dalla curiosit, getta su di

lei

se qualcuno,

uno sguardo

indiscreto,

viene subito condannato a morte. La fata porge a Gismirante

una

scatoletta che contiene

principessa.

un

capello, lucente

cavaliere reca ad Art

Il

il

come

oro, della

prezioso capello e poi

parte per guadagnarsi l'amore della principessa lontana; per via

un grifone

libera

d'un drago, d da mangiare a

dalle insidie

un'aquila affamata e scioglie uno sparviero che s'era impigliato


in

una

La

siepe.

vigilia di S.

Martino egli giunge su un destriero,

regalatogli dalla Fata, nella citt della principessa, entra nella

chiesa

per meglio vedere,

e,

si

toglie la barbuta.

La

principessa,

compagnia d'un drago e d'un leone, s'inginocchia

tutta nuda, in

davanti all'altare; a un tratto scorge

ma

dispera della vita,

il

cavaliere.

ella sorridendo gli dice:

Egli ormai

Io

notte a mattutino

Calata la notte, Gismirante

sella la principessa e fugge.

Ma

un

ista-

toglie in

giungono a un j&ume e

con una sua verghetta prodigiosa

pietra e lo varca e poi con

si

me

essi sono presto scoperti e in-

seguiti da pi di mille baroni della corte


la fanciulla

vo' per

ti

amante... Per se mi vorrai al tuo dimino. Verrai per

lo fa seccare

come

altro tocco vi fa riscaturire le

acque. Gismirante vince gli inseguitori e poi, stanco dalla lunga


lotta, si

mette a dormire tenendo

mentre

bella fanciulla. Ma,

che colloca sotto

egli

alla testa del

la testa nel

grembo

della sua

dorme, capita l'uomo selvaggio

dormiente una pietra e rapisce

la

principessa. Disperato, Gismirante ritorna dalla Fata, la quale lo

avverte che non

dove

egli

ha

si

pu vincere l'uomo selvaggio se non

si

sappia

cuore. Gismirante va sotto la torre dove l'uomo

il

selvaggio ha relegato la principessa ed esorta l'amante a strap-

pare

al

mostro

il

suo segreto; ed ella

viene a sapere che


cascino

Se

il

il

infatti

con fine accorgimento

cuore collocato nel corpo del porco tron-

porco venisse ucciso,

il

cuore passerebbe nel

corpo di una lepre, e se venisse uccisa anche questa, nel corpo


di

un

lutto

passerotto. Gismirante va a

perch

e in tributo

Roma, trova

tutta la citt in

dell'imperatore deve essere dato in pasto

il

figlio

al

porco troncascino, ottiene dall'imperatore delle

CANTARI LEGGENDARI ITALIANI

ai*mi favolosamente forti e pesanti,

vaggio e
lotta

si

mette

sanguinosa

alla ricerca

un cavallo indomito e
cinghiale.

Ma

quando dalle

che Grismirante avea

l'aquila,

precipita sulla lepre e la reca negli artigli al ca-

si

valiere; egli la uccide ed ecco dalla bocca se n'esce


rotto.

Lo sparviero

Gismirante,

Roma
cidere

il

allora

si

un passe-

lancia sul passerotto e lo porge a

quale lega la sua preda all'ai'cione e ritorna a

e poi al castello dell'uomo selvaggio.


il

sel-

Dopo una lunga

uccide e sta per squartarlo,

lo

carni di lui esce una lepre.


disfamata,

del

95

Ma

egli

non pu uc-

passerotto e insieme, per naturale conseguenza, l'uomo

prima questi non rivela

selvaggio, se

dell'entrata e dell'uscita dal castello.

alla
Il

sua donna

moribondo d

il

segreto

alla prin-

cipessa l'anello, dove collocato quel segreto, e allora Gismi-

rante tira

collo al passerotto, e

il

sul suo letto.

Aperte

le

l'uomo selvaggio cade morto

porte del castello, Gismirante libera

43 donzelle e con esse e con la principessa fa ritorno alla corte


di re Art.

Questa leggenda molto singolare; per


ticolari fiabeschi essa

rappresenta forse

il

la ricchezza dei par-

pi antico e importante

antecedente delle Piacevoli notti dello Strapai'ola e segna una


data memorabile nella nostra letteratura mitica.

Il

Pucci stesso

era ben convinto dell'importanza di questa sua opera e ne parla

con un entusiasmo e con una compiacenza evidenti:

prego voi, signori e buona gente,

che con affetto mi dobbiate udire;

d'una storia novella,

io vi dir

forse che

mai non

l'udiste s bella.

La novella certamente non stata inventata dal Pucci, prima


di tutto perch queste fiabe non si inventano mai, e poi perch
il poeta stesso ci avverte che egli ne ha tratto l'argomento da
un

libro,

da un certo libro che

egli

andava assiduamente

gliando per trarne piacevoli novit

(1) Cant.

n,

ott. 2,

vv.4-6.

(1).

Del resto la

sfo-

facilit

96

LEVI

B-

stessa con la quale

il

Pucci veniva componendo questi cantari

indizio ch'egli piuttosto che comporli faticosamente da molte


fonti,

li

traeva alla lesta,

e quali, da uno o pi libri che

tali

L'esempio del Bi^to

egli si limitava a tradurre e a verseggiare.


(XII),

che tradotto

alla lettera

da un capitolo di Andrea Cap-

pellano, eloquente.

Ma

quale fosse

il

libro

che

il

Pucci aveva sotto

gli

occhi du-

rante la composizione di Gismirante, non saprei indicare con

La leggenda che

precisione.

fornisce argomento al primo dei

due

cantari

quella della principessa che cavalca nuda attraverso la

citt e

vuole siano condannati a morte

celebri,

curiosi che osano lan-

una delle pi

uno sguardo indiscreto e impudico

ciarle solo

perch fu cantata dal Tennyson

(1)

e fu recentemente

portata sulle scene in un'opera del Mascagni,

un dramma

Monna Vanna.

di Maeterlinck,

neW Isabeau,

Secondo

e in

l'antichis-

sima leggenda sassone raccolta dal Tennyson, Leofric, uno dei


pi cospicui personaggi del tempo di Edoardo

il

confessore

avrebbe una volta imposto alla citt di Coventry

vami e

La

balzelli.

infiniti

bella e pietosa moglie di lui, Godiva, per

indurlo a cancellare quei crudeli decreti, scherzando


offerta di cavalcare

e Leoflfric

nuda attraverso

avrebbe accettato

dei suoi soli capelli,

compi

la citt

l'offerta.

la

di

pure

si

sarebbe

di redimerla,

allora Godiva, vestita

mirabile cavalcata.

contato in moltissimi testi antichi e cantato


popolari del sec.

(2),

gra-

in

Il

fatto rac-

alcune ballate

XVII e XVIII. In queste si fa anche il nome


il quale, come Gismirante, non avrebbe

un ingenuo curioso,

saputo resistere alla tentazione di ammirare quelle regali nudit:

peeping

Tom. Ogni

tre anni,

anche adesso,

si

compie

a Coventry una cavalcata simbolica per commemorare l'eroica


impudicizia di lady Godiva

(1)

Lady

(3).

Godiva, in The Works oi Alfred Tennyson, London, 1894,

HoDGKiN, The Hist. of England front the


conquest, London, 1906, p. 447.

(2) Cfr. T.

Norman

(3) Nella Biblioteca civica di

Coventry vi

poi

p. 103.

earliest times to the

una raccolta di

libri e di

CANTARI LKGOBNDABI ITALIANI

97

Della cavalcata leggendaria ci parlano molte cronache del secolo XIV. Ecco

Matteo

di

racconto dei Flores historim'UTn del monaco

il

Westminster

[=

Haec autem comitissa

(1).

Godiva] religiosa villam Coventrensem a gravi

servitute ac turpi liberare affectans,

saepius

rogavit ut Sanctae Trinitatis, Sanctaeque

praecibus

sibi

dampnosam

Dei Genitricis intuita

Cumque Comes

villam a praedicta absolveret servitute.

rem

comitem virum suum magnis

illani increparet

quod

inaniter postularci, prohibuit constanter ne ipsam super

hoc de caetero conveniret.

Illa e contrario, pertinacia

muliebri ducta, virum

indesinenter de petitione praemissa exasperans, tale responsum extorsit ab eo

Ascende, inquit, equum

usque ad finem, populo congregato

dilecta, die

Et

Ad quam Comes: Dabo

ait:

quadam, ut praedictum

itinere completo, a

bentem, reversa

nemine

est,

hoc facere voluero, licentiam mihi

Tunc Godyva

comitissa,

nuda equum ascendens,

Leofricus, Coventrensem a praefata servitute

La medesima narrazione

nel

sigilli

sui

munimine

Chronicon (ab

a.

roboravit.

588 usque ad

1198) di Giovanni Brompton, che scriveva nel Quattrocento

a.

Deo

crines capitis

praeter crura candissima, inde velavit

suam inde factam

liberans civitatem, cartam

quod postulas impetrabis.

ad virum gaudens hoc pr miraculo ha-

visa,

Comes vero

est.

si

redieris,

inquit.

suum totum,

et tricas dissolvens, corpus


et,

cum

et,

Cui comitissa respondens


dabis?

tuuni nuda et transi per mercatum villae ab initio

monaco Ranulfo Higden

nel Polychronicmi (3) del

nella Compilatio de eventims

Angliae

(2),

(f 1363) e

di Enrico Knigton, ca-

nonico di Leycester (tl395):

scritture riguardanti la cavalcata di

graphy, London, 1908,

voi.

Leoffricus the noble erle

by

J.

W. Hales and

si

Vm,

cfr.

il

Dici ionary of Nat. Bio-

La

legge in Bishop Percv's Folio

ballata scozzese

Manuscript

Loose and Humorous

Songs
cfr.

Grrundriss der Germ. Philo.,

1867-8.

Su questa

e sulle altre x-accolte di

Brandl, Engische Volkspoeste in H: Pcl's


Il, I, pp.

837 e

seg.

Matthaei Westmonacensis, Floi'es historiarum usque ad a. 1307,


Britann. M. Aevi Script., n XCV, London, 1890, voi. I, p. 576.

Rerum

hist. M. Aevi, p. 657.


M. Aevi Scriptores, n XLI,

(2)

PoTTHAST, Bibl.

(3)

Rerum

Brit.

Oiornale storico

ed.

F. J. Furnivall in 3 voi. with a supplementary voi. of

canti popolari inglesi,

(1)

Godiva;

pp, 36-38 [Godiva].

Suppl. n 16.

voi.

VII (1879),

p.

198.
7

nei

98

LBVI

B.

Ad jugem quoque

suam Coventrensem ab

instantiam uxoris suae urbem

omni tolneto praeterquam de equis liberam

fecit

ad quod impetrandum uxor

Godgiva, quodara mane, per medium urbis, nuda sed comis

eius comitissa

tecta equitavit (1).

Che

il

Pucci abbia conosciuto queste cronache inglesi non

punto credibile, e neanche


il

ricordo di Godiva

tale,

perch

si

pu supporre che

daW JItsto7Ha

ecclesiastica di Orderico Vi-

esaltata la piet di Godiova

ivi

pure menzionata

egli abbia tratto

l'epica e mirabile cavalcata di

Molto meno arduo

la

(2).

prodigiosa cavalcata della Principessa,

Gismirante.

nel bizzarro cantare di

Coventry

nep-

elementi leggendari,

lo studio degli altri

che sono connessi con

ma non

dalla principessa lontana e recato

capello d'oro perduto

Il

dalla

Gismirante

fata

ri-

corda subito uno dei pi poetici episodi della leggenda di Tristano.

Re Marco, cedendo alle istanze dei suoi


una sposa. Una rondinella, volando

baroni, decide
in Cornovaglia

di scegliersi

cadere nella reggia un lungo capello di fan-

dall' Irlanda, lascia

ciulla. Allora re

cui

Marco annuncia che sposer

chioma volato

via l'aureo capello. Tristano,

riconosce nell'aureo
della bella lontana

filo

(3).

un capello

donna, dalla

la

appena

lo vede,

di Isolda e parte alla ricerca

L'aiuto prestato a Gismirante dai tre ani-

mali riconoscenti, l'aquila,

il

grifone e lo sparviero, uno dei

Un

luoghi comuni del repertorio della fantasia popolare.

evidente fu gi additato nel

Pentamerone

riscontro

del Basile (III,

4).

Nella

sua compiutezza, l'ordito intero della seconda parte del cantare di

(1)

Rerum

Brit.

M. Aevi

Script,, n.

XCII,

voi. I, pp.

43-44.

Il

racconto di

Kanulfo Higden identico anche nelle parole.


(2) Orderici Vitalis, Ecclesiasticae

mantwrum

e in MiGNE, Patrologia latina,


(3) Cos raccontano

Tristan;

historiae,

IV, in

1.

Historiae Nor-

scriptores antiqui, ed. A. Duchesnius, Parigi, 1619, voi. Il, p. 511

cfr.

J.

Bdier,

(S. A. T. F.), voi. I, p.

CLXXXVni,
Oberg

di

col.

314.

il

poemetto della Folie

Le roman de Tristan par Thomas,

110

in den Dichtungen des


gine 19 e segg.

voi.

Thomas, Eilhard

M.

Paris,

1902

214 W. Golther, Tristan und Isolde


A. und der Neuen Zeit, Leipzig, 1907, pa-

voi. II, p.

Gismirante

CANTARI LEGGENDARI ITALIANI

trova, identico persino

si

nuti nelle novelle greche

99

nei particolari pi mi-

ed albanesi. L'eroe,

il

forte Giovanni

conquista una fanciulla, la quale poi gli viene rapita da un vecchio

mago. La fanciulla dimanda

dove sta rinchiusa

al rapitore

la

sua

forza e quegli le indica un'aia sopra la montagna, dove all'ora

del mezzod

viene un serpente con dieci teste, una molti-

ci

tudine d'altri serpenti lo seguono e lo circondano in cerchio

chi saltasse nell'aia sopra

le teste dei

serpenti senza toccarli,

e abbattesse le dieci teste di quello di mezzo, mi darebbe la


morte

In un'altra versione (di Witza) la forza del Dracos

(1).

invece legata ad un porco, in cui

La versione

il

nome

Syra infine

di

si

mostra

si

trovano due colombe.

la pi

completa

di tutte:

del mostro rapitore qui Tanzisis; egli vorrebbe in-

gannare la fanciulla additandole successivamente una scopa e

una pentola come

poema

gli oggetti in cui sta la

del Pucci egli le indica

versioni la sagace fanciulla gli


dosi innanzi

come

si

la

le

mostra credula, inginocchian-

detti oggetti in atto di adorazione;

convinto del suo

rivela

sua forza, come nel

una colonna. In ambedue

animo puro, deciso a scoprirle

il

gigante,

la verit, e

sua forza risegga in un porco selvatico, in cui

sono rinchiusi 3 uccelli cantanti.


Nel racconto valacco
plicato

in

rinchiuso

il

un lago

il

mistero della vita ancora pi com-

distante vive

un dragone

in

quello sta

porco, nel porco una lepre, e poi successivamente

una colomba ed un passero. Nella versione russa una lepre,


in cui sta rinchiusa un'anitra e in quella un uovo
Della leggenda
lico e nel segreto

voluto persino scoprire

dell'uomo selvaggio, che ha

il

il

(2).

valore simbo-

cuore nel porco

H. Hahn, Griechisehe und Alhanemehe Mdrchen, Leipzig, 1864,

(1) J.

n.

si

XLIV.
(2) A.

VAteneo

Wesselofsky, Le tradizioni popolari nei poemi di Ant. Pucci, nelitaliano, Giornale di scienze, lettere ed arti, Firenze, 1866, voi.

pp. 224-229.

I,

100

LEVI

E.

troncascino e nel passero

vide

si

la

figurazione della foi*za

esuberante e creatrice della natura \

Del particolare della verga che faccia seccare ogni gran


fiume... Po' ritoccando lo fa ritornare

un

stesso ha additato

un passo

(I, ott.

32)

il

Wesselofsky

riscontro, anzi probabilmente la fonte in

Libro d'amore

della versione del

lano, libro che era cosi famigliare

Pucci

al

di
(1).

Andrea CappelIl

re

d'Amore

regala a Gualtieri una verga di cristallo che egli deve gettare


nel primo fiume che trova.
...

sali'

nel

mio cavallo proprio

et in

un momento ad un fiume pervenni,

nel qual pittai la crstallLia verga, e senza

Anche

in

Gismirante

della poesia popolare

(2) la fattura

vi

dado,

XXVIII;

alla

ott.

paese.

del verso quella consueta

frequentissima la dialefe, vi

rima equivoca {veritad'

due volte

impedimento tornai nel mio

boutade,

e.

II,

ott.

si

LIV,

nota una
v. 7-8)

tutti: dotti, ott.

compiacenza con

quale

la

il

XL). Si ponga mente anche

poeta riprende a distanza frasi

e spunti simili, per aiutare la memoria ed incitarla: cant.


ott.

appare l'assonanza in luogo della rima {drago:

II,

XLI, 7:
Disse:

Il

servigio

non

si

perde mai;

tu mi pascesti e or merito n'arai.

Cant.

ott.

II,

XLIV,

v. 1-5:

Dicendo:
...

...

Il servigio e'

non perduto

che a me, cavalier, far mi volesti.

(1) Cfr.

il

cap. XII, pp.

(2) Gismirante
scritto

da P. Rajna,

Lancellotto
nella Scelta

110

e sgg.
e. 45-57 (sec. XV). Il ms. deCarduino giuntovi quello di Tristano e

nel cod. riccard. 2873,

cantari di

quando combattettero
di curiosit

al

Petrone di Merlino, Bologna, 1873,


CXXXV. Il cantare fu edito da

letterarie, disp.

F. Corazzimi, Miscellanea di cose inedite o rare, Firenze, 1852, pp. 275-306.

CANTABI LEGGENDARI ITALIANI

101

XII.

Bruto di Brettagna.

Il

cantare di Bruto inedito.

dove vien subito dopo


che prende
lo

nome

il

la

Regina d'Oriente. Quel celebre


inglese

dal pittore

possedeva circa mezzo secolo

tina,

secondo del codice Kirkup,

il

codice,

Seymour Kirkup, che


sua biblioteca fioren-

fa nella

dopo molte peregrinazioni oltre l'oceano, recentemente

ritornato a Firenze, donato alla B. N. dal collegio di Wellesley.

Autografo
escludono

Pucci questo manoscritto non certamente;

del

confronto

il

lo

con l'autografo della Fiorita di varie

numerose forme non toscane, che sono con-

storie (1362) e le

suete in questo testo. Tuttavia la costituzione stessa di questa


raccolta, tutta dedicata alle opere del Pucci, la precisione delle
didascalie, la conservazione dei versi finali
l'autore, clausole

mutate negli

con

la soscrizione del-

che invece sono soppresse o capricciosamente


questi caratteri conferiscono al

altri codici, tutti

codice Kirkup una grande importanza. La scrittura e

inducono a credere che


terz'ultimo e

il

il

libro sia stato

penultimo decennio del

la filigrana

messo insieme

XIV

sec.

(1).

Il

fra

il

can-

Bruto occupa cinque faccie a due colonne (e. 25-27) in


origine non aveva alcuna intitolazione, ma poi nel Quattrocento
tare di

MoRPCRGO, L'apografo

(1) Cfr. S.

delle

dal Collegio di Wellesley alla Biblioteca

rime di Antonio Pucci, donato

Nazionale Centrale di Firenze, nel

Bollettino delle pubblicazioni italiane ricevute


n.

CXXXni

kupiano

M.

H-.

of Wellesley

Kirknp erano

per

diritto di

Jackson, Antonio Pucci' s poems in the

rilegati

stampa, 1912,

codice Kir-

Romania, XXXIX, 315-333. Nel voi.


insieme due codici: un Filostrato (di ce. 48) che
college,

nella

rimasto al Collegio di Wellesley e l'apog^fo Pucciano. Questo mutilo; co-

mincia a

e.

e la mutilazione

due diverse mani del principio del


tari della reina d'Oriente .

antichissima perch sull'alto della

secolo

XV

notarono

Chomincia

e. 1

chau-

102

LEVI

E.

due diverse mani


tagnia.

scritta

la

quale

gli

suggerisce

bella

1" egli

di

una

ordina di andare nel castello di re Art a

gli

prendervi uno sparviero, due bracchi e

racolose

Bruto di Bre-

barone senza pecca, innamorato

di Brettagna,

la

modo

il

dove a lettere
fata

di impadronirsi di quelle tre cose mi-

dovr vantarsi

donna del mondo

libro

il

Per via incontra una

d'oro sono scritte le regole d'amore.

che

cantare comprende 46 ottave ed ha questo argomento.

Il

Bruto

dama,

sovrapposero

vi

possedere l'amore della pi

di

e provarlo con l'armi in pugno; 2* vin-

cere due giganti, che son posti a guardia del guanto dello sparviero. Oltre a questi preziosi avvertimenti la

un cavallo pi veloce

a Bruto

del vento.

Il

buona Fata regala


barone giunge a

un ponte gettato su un fiume largo e profondo, e difeso da un


gigante. Egli abbatte

gigante e

il

quando un altro gigante, che


mincia a scrollare

il

facia

andare

si

forte

Ma

il

Bruto

accinge a passare

si

ponte

gli

il

ponte,

riva del fiume, inco-

sull'altra

che spesso sotto l'acqua

subito

addosso, lo afferra e

lo getta a capofitto nell'acqua.

Oltrepassato
disabitato;

il

fiume,

barone

il

scende dal cavallo,

si

trova di fronte a un castello

gli toglie

il

freno e lo conduc

accanto a un gran vaso d'argento pieno di biada, perch


stori.

Ed

egli si

ma

palazzo, e

ne esce un gigante con un

ecco che

come

di legno

Bruto.

riosi

egli

spalanca con firagore una porta del

si

consueti,

Dopo una lunga

l'avversario e a spiccare

Mentre

ri-

pone a sedere a una mirabile mensa, imbandita

all'aperto;

non

si

lotta

ma
il

terribile randello in

di metallo, e

cavaliere

mano,

provoca e

sfida

riesce ad abbattere

guanto fatato dal luogo ov'era celato.

il

compie questo

atto, si

odono dei lamenti miste-

giunge

al

(XXXV).

Bruto

si

rimette

in via e

tutto d'argento all'esterno,


ciata, e tutto

d'oro

sono d'avorio.

sciano passare

il

palazzo di Art che

tetto d'argento e d'argento la fac-

all'interno, salvo le

panche e

dodici guardiani, vedendo


il

cavaliere

del trono a prosternarsi

ed egli sale

davanti

al

il

le scale

guanto

le scale e

che

fatato, la-

va nella sala

re Art e a richiedere lo

sparviero,
lo sfida;

CANTABI LBGGENDARI ITALIANI

compiendo

ma

Bruto

il

103

vanto della sua donna. Uno dei baroni

stanga, ne spicca lo sparviero, prende al guinzaglio


toglie

il

libro delle regole

Ritrova la

Poi va alla

lo abbatte e lo uccide (XLIII).

fata, la

d'amore, e

due bracchi,

rimette in via (XLV).

si

ringrazia e riprende

cammino verso

il

sua donna, facendo tacere la voce della riconoscenza che

gli

la

im-

porrebbe di rimanere accanto alla sua bellissima protettrice.

Una compiuta redazione


un capitolo

di questa curiosa

del secondo libro del

[Vili]

leggenda

De Amore

si

di

ha

in

Andrea

Cappellano. Quel capitolo ebbe una certa diflFusione anche

come

opera indipendente dal resto, certo per l'interesse che suscitava


il

romanzesco racconto

(i),

tinga proprio al libro di

che esso contiene. Che

Pucci at-

il

Andrea Cappellano e non

alla diffusa

leggenda popolare, che probabilmente sta a fondamento del testo


latino,

non pu esservi dubbio;

fette tra l'uno e l'altro racconto

le

corrispondenze sono cosi per-

che molte volte \ien fatto di pen-

sare a una vera e propria versione letterale.

ad uno dei

soliti

e immediata.

qua e
fatti

lontani riscontri

La novella

Non siamo

di fronte

abbiamo una fonte precisa

latina molto lunga

e perci

il

Pucci

abbrevia e sunteggia, specialmente dove l'esposizione dei

veniva sostituita dal dialogo tra (juesto e quel personaggio,

tutto risplendente di eleganze e di ricercatezze formali, che


si

non

potevano rendere in volgare senza cadere in violentissime

stonature.

Ponendo

la

prosa latina di Andrea Cappellano di faccia

alle ottave del banditore fiorentino noi

secoli e

due

tipi

di

facilit

Ne sempre

Andrea Cappellano, perch con

(1)

due

sprezzante d'un

popolo del Trecento, la retorica di un clerico e la

bert fantasiosa d'un ciompo.

tino

di fronte

opposti di cultura e di gusto: la raffinatezza

agghindata d'un retore medievale e la

uomo

mettiamo

un brutto

latino, e

Andreae Capkllani,

regis

tutti

invece

il

Francoram,

E. Trojel, Hanniae, 1892, pp. 295-309.

il

li-

confronto giova ad

quei ghirigori

il

suo

la-

cantare di Bruto un bel-

De Amore,

libri tres, recensuit

104

LEVI

B.

Chi non

lissimo zampillo di fresca poesia spontanea.

ci

crede,

lo legga.

Nella novella latina


che, errando

narra di un certo cavaliere di Britannia

si

per una

una

selva, trova

bito gli dice di conoscere lo

fanciulla, la quale

nazioni, cio la conquista dell'amore d'una bella

tagna, e

modo

il

poi

due

testi

una breve introduzione narrativa

procedono

ergo

Bruto

puella:

possee,

nisi

primitus

Artori

in

X.

Ed

quod

ella disse

primamente tu non

quam eorum

d'avere

palatiuin vero

non posses,

intrar

nisi

primo cu-

in nulla guisa acquistar


se

aliquis, qui in curia

Sappi che quel tu brami cotanto

dominae gandes pulchrors amore

demorantur Arturi

3-9);

(ott.

Bretagna.

di

Accipi-

trem, quem quaeris, habere non

palatio proeliando convincas

Bre-

di

di pari passo:

[Brito miles].
Ait

donna

Questo dialogo invece risolto

di conseguirlo.

dal cantastorie in

su-

scopo segreto delle sue peregri-

amor

non potrai
da' vanto

ti

di bella donna, s'hai,

pi ch'alcun altro cavalier che truovi,


e per battaglia poi convien che

'1

pruovi.

Htodibus chirothecam demonstrares

XI.

accipitris.

chirothecam

Sed

non

est

ha-

bere possibile, nisi contra duos mi-

pugnando

lites

fortissimos in du-

pugnae agone obtineas.

plicis

Ma
se

nel palazzo

'1

guanto de

e tu quel
se
i

non potr' entrare


l'uccel

non hai primieri,

guanto non potr' 'cquistare

non combatti con duo


quali son posti

'1

cavalieri,

guanto guardare,

e son gioganti molti arditi e fieri...

XII.

Cui
gnosco,

Brito

me

respondit

in hoc labore

proficere, nisi

mihi vestrae manus

auxilia porrigatis. Ideoque


jjtro

plici

Co-

non posse

me

ve-

dominatui volo subiicere, supa vobis orationis aifatu de-

poscens, ut vestra in hoc facto mihi

iuvamina porrigatis,

et

ut de ve-

Bruto disse:

donna nomar
Se non

ti

Dama,

i'

non potrei

di tanta appariscenza.

fosse grave,

ben vorrei

che tu di te mi dessi licenza.

stro

CANTABI LEG6ENDABI ITALIANI

105

mihi concedatis assensn qna-

tenus vestrae dominationis intuitu


licenter

valeam amorem mihi do-

minae pulchrioris adscribere

tandem

Sic

ei

osculum porrexit

equum

amoris et

super quo

illi,

con fermezza d'amore

un

il

residebat, exhibuit atque subiunxit.

bacie

destriero fornito gli done.

[Xn,

7-8].

questo punto del testo latino la donzella enumera minuzio-

samente

pericoli che

il

cavaliere dovr affrontare e gli accor-

gimenti che dovr porre in atto; nel cantare omessa tutta


questa anticipazione inopportuna del racconto che seguir poi.

infatti

mento

ognuno vede quanto

della

novella, la quale

poi rappresentata nell'azione.


si

fosse uggioso questo

prima viene detta nel dialogo e

Quando finalmente

sostituiscono delle cose, allora ricomincia

lelo delle

Tandem

il

alle chiacchiere

cammino

paral-

due novelle:

per agrestia nimis at-

que ferocia loca decurrens ad

vium quendam
latitudinis

raddoppia-

la riva d'un

gran fiume giunse.

XIV.

devenit, qui mirae

atque altitudinis erat

una profundus,

flu-

et cuius prae nimia

E, non possendo quel fiume passare


perch'era cupo e d'ogni lato monte,
la riva prese a cavalcare

sublimitate riparum cuilibet deue-

lungo

gabatur introitus. luxta ripae ta-

tanto che d'oro ebbe trovato un ponte

men extrema

ch'era

diutius

devenit ad pontem
foi-ma

corapositus.

ambulando

qui tali erat

basso, che per l'ondeggiare

l'acqua sopr'esso ispessa faca fonte.

Pons quidem

erat aureus et in duabus utriusque


ripis capita tenens;

medium

vero

pontis residebat in aqua et sepius

vacillando

capite,

videbatur

procellarum

unda submersum. At

ilio

autem

unde Britonis erat accessus

miles quidam

residebat

in equo,

Dal primo capo un cavalier avea


armato e

fier

quantunque

potea.

106
qui

B.

erat

ferocis

LEVI

XV.

Quem

aspectus.

Brito urbano satis verbo salutai,

Bruto, poscia che l'ebbe veduto,

Britonem con-

il

salut co' molta cortesia

ipse resalutare

sed

e quello [non] rispuose a suo saluto,

terapsit.

ma domandoUo
Il

cavaliere invita

di lui, lo assale

il

poi perch venia.

brettone a deporre le armi

con impeto;

ma

e, al

diniego

abbattuto e vinto; cui

cum

vellet caput Brito penitits amputarle, humillima utens prece


pontanus veniam a Britone meruit impetrare quaesitam.

[XIX]

quel giogante gli chiese mercede

ed egli perdon per

Dall'altra parte del fiume sta

dendo che
...

il

cortesia...

un

altro guardiano,

cavalier brettone s'avanza verso

ponteni [scilicet] aureum tanta

coepit fortitudine agitare

quod

sae-

forte

il

il

quale, ve-

ponte,

il

ponte cominci a corlare

che spesso sotto l'acqua

pissime sub aquis non poterat ap-

faca andare,

il

[XIX,

7-8].

parere submersus.

Brito vero plurimum super equi

boni tate
situ

confisus in pontis tran-

non

procedere

viriliter

Bruto per b o n

pur pass oltre per

<

del suo cavallo

lo

ponte

ratto...

[XX].

de-

sistit

e affoga nell'acqua

il

pontiere (pontis agitatorem, suffocavit in

aqua), poi procede per dieci stadi e perviene in un giardino,


nel quale

Ex

si

nulla

innalza un castello meraviglioso,

tamen

palatii

parte

ma

ma

privo di porte

no' parca ch'avesse abitatore,

potuit conspicere portam vel ha-

per che porta, finestra o sportello

bitatorem quemcumque

no' si

videre.

vedea da lato n da

fuori.

[XXn,

Nel giardino una mensa imbandita;


sedere,

ma

il

cavaliere

si

4-6].

pone a

subito appare un gigante minaccioso con una gran

clava tra le mani.


assiso a

Il

gigante chiede con qual diritto Brito

una mensa non sua; ed

egli risponde:

si sia

CANTAUI LEGGENDARI ITALIANI

107

Cunctis abuadanter regia debet esse exposita mensa, nec cibnm regiumque

potum decet

alicui denegari.

Nam

mihi

et

licet

me

sunt parata, praesumere, quia militaris sola

Questo passo

aiuta ad intendere

ci

intricata del cantare

de stipendiis, quae militibus


cura detentat...

un'ottava assai oscura e

(XXVI):

Se queste mense son per gentil gente

ed

mi tengo ben

io

che

'1

d'esser gentile,

padre mio fu molto soficiente

e suo paese molto signorile.

la corte del re eh' s possente,

perch'io vi

Cio

la reggia

mangi

no'

manca

non vien meno

ed

io

si

possono negare

ai ca-

sono di nobile schiatta.

Cui Brito ait:


chirothecam

suo decoro, se io mi pongo

al

a questo desco, giacch le mense non


valieri

su* stile

quaero

Ego quidem
accipitris

et

son venuto per portarne meco

uno isparviere che

'1

re

Arturo ha

haec fait mei adventus occasio

seco.

[XXV,

7-81.

XXVII.
Ostiarius vero respondit:
stulte!

Quanta

te

Brito! Prius enim mortuus deciem


reviviscere

posses

quam

ea,

quae

Tanta enim sum fortitudine

potens,

quod vix ducenti meliores

Britanniae

milites

mihi resistere

il

giogante:

Oh! t'inganna

possent

irato

il

[pensiero,

che gran sempricit nel cor t'abonda;


che sarebbe impossibile ad avere
al pi

asseris, obtinere.
...

Disse

ducit insania,

prod'uom, che in Tavola rotonda;

ch' per guardia del guanto pi vedere

che quel palazzo intorno non cerconda,

compagni avessi un centinaio,

e,

se

ti

veterebbe

il

passo

il

portinaio.

L'ottava assai difficile. Il codice reca che per guardia del


guanto pu vedere che quel palazzo intorno non cierconda.
Mutando il pu del manoscritto in pi, intendo impossibile
:

ottenere quel guanto poich vi per guardia di esso pi ve dere, cio cosa maggiore a vedersi e pi terribile, che non ne

108

B.

comprenda all'ingiro tutto


latino

testo

manca

il

grandissimo palazzo di Art

Nel

corrispondente a questo paragone

tratto

il

LBVI

cosi aspro per la violenta ellissi.

generoso Brito

Il

me

ait:

Absit

quod unqaatn

eques cura pedite certem,

nam

<litem queraque decet cuni

rispuose allora

Non

pe-

ched

pedite

committere pugnami

generoso Bruto:

il

piaccia a Dio che io


e'

monti in arcione

sarebbe troppo gran partito

combattere a cavai con un pedone!

[XXX,
e ferisce in un braccio
-^lel

gigante e poi lo obbliga a condurlo

il

luogo ubi chirotheca reponitur

una

innalza

l'edificio;

palazzo

condo

bella colonna

da essa pende

d'oro,

Nel palagio

che sostiene

Art

di

guanto tanto ambito. Uscito da quel

il

La lunghezza

castello, ch'era la reggia di Art.

ciata era di 600 cubiti ( secento braccia

larghezza di duecento,

tetto e la faccia

il

si

peso di tutto

il

Brito attraversa altri giardini ed entra in

(1),

1-4].

dice

il

un

se-

della fac-

cantare), la

eran d'argento, d'oro

e di pietre preziose l'interno. Nel palazzo era un'altra colonna


d'oro, sulla quale era lo sparviero,

ed eranvi legati

due bracchi.

Sed antequam ad predictum posset devenire palatium obstabat antemurale


({uoddam munitissimani ad palatii nituram adstructum ad cuius custodiam
milites erant

duodecim fortissimi deputati, qui neminem ulterius pertransire

sinebant, nisi chirotecam demonstraret accipitris, vel

Quos cum

assumere viam.

vellet

ostendit accipitris.

Qui

ei

aperto itinere dicunt

est tuae vitae salubris sed penitus inducta doloris.

Nel cantare

di

Bruto

la descrizione

all'incontro delle dodici guardie ed

dotto con queste semplici parole

molto bassa

(1)

(XXXVI).

Nel cantare non

niti in

uno

si

solo (ottave

parla

nisi

gladio

vidisset Brito, chirothecam

il

di

pugnando
festinanter

Haec quidam

via non

del palazzo posposta

discorso di esse vien tra-

Passa, che la tua vita sar

Segue nella novella

questa colonna e

XXXVI- VH).

eis

latina e nel can-

due palazzi souo

riu-

CANTARI LEGGENDARI ITALIANI

(XXXIX-XLIII)

tare

Art a Brito,

togliere dalla colonna

il

il

della corte d

e allora Brito pu

guinzaglio dei due bracchi, lo sparviero

che ne pendeva, delle regole di amore. Quel libro

libro,

sommariamente nel cantare

indicato assai

la carta

e'

cani

gran ricchezza
...

un cavaliere

l'apostrofe di

duello e la vittoria di Brito

il

109

XLIV.

1)

ma

( e tolse lo sparvier,

nella novella descritto con

di particolari:

vidit chartulam conscriptam quae aurea catenula praedictae inhaerebat

pertcae coUigata, de

responsum

Haec

qua quum diligenter

si

Hanc

te asportare oportet et regulas araan-

pacificum volueris accipitrem reportare.

Presa licenza da Art, Brito ritorna

alla signora della selva,

la

prima

cammino verso

la Bri-

che trova nel luogo preciso dove l'aveva incontrata


volta. Ella gli

audire

qua regulae scribuntur amoris [quas]

rex ore proprio amatoribus edidit.

tibus indicare,

exquireret, tale promeruit

est enira chartula, in

d licenza di riprendere

tannia e dopo ben dieci baci

si

il

accomiata da

non senza un

lui,

sospiro di malinconica delusione.


Il

libro

di

Andrea Cappellano

fu composto

sembra, sullo

spirare del sec. XII o nei primissimi anni del XIII


subito assai popolare in Italia.

citato

(1);

e fu

da Albertano da Brescia

nel Liber de cloctrina loquendi et tacendi (1245) e liberamente


tradotto in francese

terza parte dei suoi

che furono

da un italiano del Nord, Enanchet, nella

Ammaestramenti

trascritti nel solo codice,

di

un padre ad un figlio,

che abbiamo, da un certo

Roflno, guardia della torre que vient dite Mizane nel 1287. Di

Andrea Cappellano abbiamo due traduzioni toscane:


1 Il

fatto

libro dell'amore

il

da Andrea Cappellano,

(cod. Barber.

XLVI-28)

2 la cosidetta

(1) Cfr. P.

quale

si

chiam,a

della seconda

lo

met

Gualtieri

del Trecento

versione fiorentina, anteriore

al 1372,

che

si

Eajna, Tre studi per la storia del libro di Andrea Cappelromanza, voi. V (1890), pp. 193-265.

lano, negli Studi di filologia

110

LEVI

B.

conserva in quattro mss.: Riccard. 2317 (datato: 18 di marzo 1372)


(B

2318; Laurenz. XLI. 36; Palat. E.

5. 6. 23.

due traduzioni complete abbiamo anche una

Oltre a queste

traduzione parziale della sola novella del cavaliere brettone in

un bellissimo manoscritto del pieno Trecento

more

nel

primo

Gualtieri d'a-

(1):

libro del chavaliere brettone corn'elli arriv.

Questa terza versione non risale all'originale

rimaneggiamento della traduzione


del testo riccardiano pi antico

Bruto di Brettagna, era un


more di Andrea Cappellano,

latino,

fatti

Libro d'a-

ch'egli cita a tutto spiano nel suo

il

si

inten-

d'amore e Gualtieri d'amore parlando

e assolvendo... e anchora dicie Gualtieri ecc.

d'amore

un

Antonio Pucci, autore del

(2).

lettore appassionato del

Zibaldone'. Ora diremo di Ghualtieri, che mostra che

desse molto dei

ma

fiorentina, anzi, forse, proprio

(3).

Dal Libro

Pucci trasse anche una scabrosa questione che

raccolse in un sonetto, divenuto poi popolare forse per la sua


sudiceria

Rajna crede che nei suoi molteplici lavori

Laurenz. XLII. 38,

(1)
il

Il

(4).

cod. raagliab. VII. 624.

tra le

21-22. Questo cod. mutilo; una parte costituisce

La

novella di

Gualtieri

Prose antiche di Dante, Petrarclia

bili et virtuosi

titolo:

e.

d'aniore

Boccaccio

et

ingegni nuovamente racclte, Fiorenza,

et

volte ristampata tra le novelle


e.

del Doni. Il

testo

fu pubblicata

di molti altri nopp. 41-44, col

1547,

Gualtieri d'amore nel libro del Cavaliere brettone

Gtioltieri (riccard. 2317,

il

e poi moltissime

riccardiano della

Nov. di

55) fu ed. a Bologna nel 1856 {Novella cavalle-

resca tratta dal Libro d^amore), poi ripubblicata collo stesso titolo a Venezia,

Un

1858, e poi a Bologna, 1876 (

Cappellano d'Innocenzo IV );
col.

225

capitolo d'amore del libro di mess.

F. Zambrini,

cfr.

e 689. Il testo laurenziano delle

la novella del

Cavaliere brettone

(2) Riccard.

(3)

mss.

2817;

Lo Zibaldone,
(cfr.

cfr.

ital.,

Andrea

opere volgari a stampa,

Regole d'amore

le

quali seguono

riprodotto in altri tre mss. affini, ap-

partenenti ad una medesima famiglia


3) Parigino, Bibl. Nat., fonds

Le

1)

Laurenz. XL. 49; 2) Panciat.

XXIV;

557.

P. Rajna, Op.

219.

cit., p.

meglio Fiorita di varie

storie,

legge

si

in parecchi

G. Lazzeri, Sull'autenticit dello Zibaldone attribuito ad A. Pucci,

in questo Giorn.,

54,

questo ms. le citazioni


queste citazioni

cfr.

(4) Incomincia:

104). L'autografo

il

cod. Laurenz.

da Andrea Cappellano sono a

P. Rajna, Op.

Una

cit., p.

e.

Tempiano 2

142-143. Intorno

in

222.

che m'ha d'amore

il

cor ferito ;

ma

intorno all'at-

CANTARI LEGGENDARI ITALIANI

Pucci avesse sott'occhio

la

del codice riccardiano;

ma

111

versione fiorentina, anzi proprio quella


il

mio venerato Maestro, quando com-

poneva quelle luminose pagine su Andrea Cappellano, ignorava


l'esistenza del

Bruto di Brettagna,

quale fornisce degli ar-

il

gomenti sicuri per modificare in parte

tino,

le

sue conclusioni.

In-

cantare di Br^to deve risalire direttamente al testo la-

fatti il

senza l'intermediario della traduzione fiorentina

poich

in molti luoghi si stacca dal testo volgarizzato (come, p.

e.,

nel

racconto della conquista del guanto) e aderisce strettamente e

intimamente coll'originale
l'amica del cavaliere era

Andrea Cappellano dice che

latino.

una quaedam puella senza nomi-

narla; e innominata nel cantare la fata buona,

mentre nella

novella laurenziana ella la reina d'Amore cio Venere

testo latino e nel cantare di B^uto nel giardino incantato

un vaso

v' che

solo d'argento contenente la biada per

concha residebat argenti purissima

renziana

quell'una

si

il

cavallo,

mentre nella novella lau-

in molte conche d'argento,

moltiplica

erano apparecchiate profende da cavalli

nelle quali

Nel

non

Nella

novella in volgare omessa tutta la descrizione del Palazzo di


Art, nella quale invece

E anche

il

nome

si

diffonde per molte ottave

il

cantai*e.

stesso del protagonista d a pensare.

BHto

non un nome proprio, un aggettivo, reso correttamente nella


versione laurenziana un cavaliere brettone e in quella ric-

cardiana un cavalier di Brettagna o senz'altro


lo brettone

tribuzione

al

Bretton

(1).

Pucci non ho la sicui-ezza

sonetto conosco

il

che

il

Eajna dimostra. Di questo

codd. seguenti: Laurenz. SS. Annunz. 122,

Laarenz. Palat. CXIX,

e.

133 [anon.]; Mglb. YH. 1066,

e.

108 [anon.y,

13 [anon.]; Chi-

e.

697 [anon.] Cod. Vicentino del Filostrato, e. 88 [anon.];


e. 168 6 [anon.]; Cod. Ottelio della Bibl. Com. di
Udine, e. 178 6 [anon^; Vatic. Barberin. lat. 3999, e. 86 [anon.]; Eiccard.
1103, e. 108 [Antonio de la foresta da Firenze a Lorenzo Moschi]; Bibl.
giano L. IV. 131,

e.

Laurenz. Gadd. XC. 89,

Naz. di Parigi, fonds


piano 2,
(1)

e.

143

poi

latins, nouv. acq.

1745,

e.

15 [anon.]; cod. Laur.

Tem-

6.

si

nel nominativo,

noti che Brito

ma

non poteva essere scambiato con Bruto che

non nella forma volgare

(=

accusativo)

Brettone.

112

E.

Ma

il

un

Pucci, che era

LEVI

assai debole conoscitore della lingua

ed aveva piena la testa delle

latina,

infinite

leggende medievali,

fu tratto naturalmente a scambiare quell'aggettivo brito col

nome

proprio Bruto dal ricordo di quel Bruto

fondatore del primo regno di Brettagna, che d

de Brut

Wace. Proprio per

di

l'originario aggettivo brito

sdoppiato

esso diede non solo

dicazione della patria

del
il

richiamo
testo

nome

di Brettagna

Morpurgo crede che

Il

il

il

il

al

nome

Roman

al

Wace

B'>^to di

del Liber

Bruto

Enea,

figlio di

ma

mnoiHs
anche

fu

l'in-

cantare sia incompiuto: n

vede

si

la ragione, dice, che fece interrompere a questo punto la copia


per dar luogo
(X Apollonio)

mostra che
termina

il

nella

Ma

faccia
il

successiva, al poemetto seguente

confronto con

la

racconto finisce proprio

fonte del cantare di-

all'ott.

XLVI con

quale

la

testo del codice:

il

46.

Quae [domina] quidem de accepta

poi con baci e con abbracciamenti

gran pezza

tenne senz'atto

il

fallace,

e poi
disse Mo che t'argomenti
di ritornare a tua donna verace?
Ed
disse: Se tu te contenti,
far volentier ci che
piace
li

e' le

ti

i'

si

part e torn a suo

non mediocriter gaudens, Bri-

tonem abire dimisit

mea

centia

et ait

recede,

carissime,

dulcis te Britannia quaerit.

men, ne gravis

tibi

cammino.

ter

Qui,

decies

Britanniam versus, gaudens,


rexit

ta-

poteris

osculo

repetito,
iter

di-

amoenum.

forse un'ottava di chiusa, con l'invocazione a Dio e la

soscrizione del poeta.

Ma, compiuto

poteva venire improvvisata

stito

Rogo

me semper

praesentem.

assurapto, atque

condo

li-

quia

videatur abscessus,

solus accedere loca,

habere

Manca

De

quia quandocunque ad haec volueris

e ringraziolla di coraggio fino,


poi

Victoria

li

la qualit del pubblico,

per

l,

il

racconto, questa ottava

secondo l'occasione e se-

oppure poteva essere presa a pre-

da un altro cantare. Le ottave

iniziali

e finali dei cantari

sono formule tradizionali e convenzionali, che non hanno una

CANTAKI LEGGENDARI ITALIANI

113

connessione molto stretta col testo e vi potevano essere tolte o


appiccicate secondo l'estro del canterino e gli umori di chi ascoltava.

trascrittore del codice dimentic la chiusa o

Il

di registrarla

repertorio

perch essa era uno dei

d'un

cantastorie.

quello

soliti

non

ma

cur

che dico tanto vero,

che anche l'ottava iniziale del Bruto di Brettagna non


del Bruto^

si

luoghi comuni del

affatto

appartiene a un altro cantare, a quello di Qis-

mirante.
Bruto.
I'

Gismirantk.

priego Cristo padre onnipotente

che per

I'

peccator vol morire,

li

che mi concieda grazia ne la mente


eh' i' possa chiara

E' priego

mia volont

voi, signori e

prego Cristo Padre omnipotente,

che per gli peccator volle morire,

che mi concieda grazia nella mente,

dire.

eh'

bona giente,

possa chiara

i'

mia volunt

e prego voi, signori e

dire

che con efetto mi deggiate udire,

che con affetto mi dobiate udire.

ch'io vi dir d'una canzon novella,

I'

che forse mai non l'odiste

forse che

Il

bella.

d'una storia novella,

mai noU'udiste

bella.

cantare di Bt^uto non ha la fine per la stessa ragione che

non ha neppure

il

principio

perch la fine e

formule che venivano lasciate


Il

vi dir

buona gente,

canterino

li

il

principio erano

all'arbitrio e al gusto del canterino.

impro\^isava o, se improvvisare non sapeva,

sceglieva dai suoi centoni o

li

prendeva da

altri cantari.

li

Bruto

di Brettagna importante appunto per questo, perch ci mostra

come

venivano traendo dai

si

libri e

componendo

e, direi

drammatizzando questi romanzi del Trecento. Noi

diamo

il

quasi,

vi sorpren-

poeta a mezzo dell'opera sua di rifacitore e di rimaneg-

giatore nel Liber Atnoris. Quasi per attestare la sua riconoscenza


al libro

che

gli

stava innanzi,

il

Pucci una volta

fiore dei libri : un libro che mi par degli altri

La verseggiatura

di

questo

lo
il

proclama

il

fiore (II. 2).

cantare frettolosa e trascurata;

abbiamo qualche verso imperfetto e tre volte l'assonanza:

tale,

contrade (XVI), cavallo, strale (XX), amaro, gaio (XXXV).

Anche
del

la fretta ci spiega lo strano

Gismirante e l'omissione
Oiornale storico

Sappi,

n 1.

prestito dell'ottava iniziale

dell'ottava finale.
8

114

LBVl

K.

XIII.

Madonna

Llonessa.

Di questo cantare di Antonio Pucci

conserva che
49 che

e.

le

il

codice Kirkup non

ultime quattro ottave, mancando prima della

le reca, altre quindici carte.

Fortunatamente

di

M. Lio-

nessa possediamo un altro testo assai buono del Quattrocento, che


fu

stampato nella Scelta

di curiosit letterarie nel

i866

(1).

Capitano, nobile signore italiano, va a Parigi a soccorrere

re di Francia, che in guerra coi Saracini, e

regina

ma

ella,

imprigionare.

sdegnata dalle sue

Il re,

folli

Madonna

quando sopraggiunge, ordina che,

in punizione

due oncie

di lingua .

Lionessa, moglie del

marito

si

mette

e,

Capitano, apprende

la

condanna

spacciandosi per Salomone, vestita da uomo,

cammino per

in

innamora della

si

proposte d'amore, lo fa

dell'oltraggio, a Capitano siano tagliate

inflitta al

il

un ricco e

Parigi, col seguito di

biz-

zarro corteo: mille preti, cento sapienti e mille cavalieri bene


esperti nella grammatica.

onori e

si

pone

per definire

compaiono
la

Parigi ella ricevuta con grandi

cattedra nella sala mastra della reggia

le pi astruse e

il

delicate questioni.

siano

la

dunque

men,

pi

fie

che

la

traendosi dietro

romperai

il

prigioniero

(1) Cod. Riccard. 2873,

rone

tagliate le

due oncie

Allora

il

sentenza sia cancellata. Dopo ci

nessa, cantare

Dinanzi a

lei

re e Capitano, tutto coperto di catene, e vien letta

sentenza delle due oncie di carne. Sta bene

mone

in

e.

re di
il

ed in ogni

dice Salo-

di lingua;

Francia

finto

ma

se

ordina

Salomone parte

citt

accolto con

103-117 6; ed. da C. Gargiolli, Madonna LioXIV, aggiuntavi una novella del Peco-

inedito del sec.

Bologna, 1866, Scelta di curiosit letterarie, disp.

LXXXIX.

Le

quattro ottave del cod. Kirkup furono edite da M. H. Jackson, Ant. Pucci's

poems

ct.,

in

Romania, XXXIX, 322.

CANTAKI LEGGENDARI ITALIANI

ed onori, specialmente dai

feste

Roma, ove

torbida; giunge a
clero, poi a

preti,

115

che hanno

consiglia al

Papa

coscienza

la

di riformare

Firenze e assiste a un consiglio dei Priori e alla

cicalata d'un calzolaio a ringhiera e infine a Bologna.

rante

lungo viaggio Salomone domanda a Capitano

il

ammogliato e se

che

egli desideri

il

matrimonio

buon Capitano, contrito e compunto,

il

mette che

s'egli sia

sia sciolto

ma.

nessun modo per-

in

disgiunga dalla moglie che egli ama.

lo si

Du-

Una

notte

capita nelle stanze di Salomone e invece di Salomone gli

egli

appare una bellissima dama nuda, che

gli dice:

assomiglio alla tua sposa. Capitano e Lionessa


riconciliano e riprendono

si

il

cammino

il

Guarda se

io

riconoscono,

si

e la vita nell'amore

pi puro e perfetto.

Al cantare

Mad. Lionessa

di

novella del Pecorone (IV,

1),

raccostata pi

si

della quale

il

Gorra

volte

una

diede questo

(1)

sunto schematico:

Un
figli,

mercante fiorentino molto


pregando

terzo di

il

ricchissimo. Giannetto, cos

ricco,

recarsi a
si

chiama

dapprima conduce vita splendida


diretto ad Alessandida.

Ma un

il

due primi

messer Ansaldo,

giovane, ben accolto da Ansaldo e


si

mette in mare

singolai-e,

vuol tentare l'avventura. Sceso

gentilmente accolto dalla vedova di Belmonte, signora del luogo,


il

giorno, lo conduce a sera a dor-

seco.

2.

tal

poscia incitato dagli amici

la quale dopo averlo festeggiato durante

mire

lascia eredi

Venezia presso un

mattino vede da lungi un bellissimo porto>ed

avendo udito esser col un costume


al porto

venendo a morte,

Ma

prima che

si

ponga in

letto

vengono

al

giovane

offerti

da due

damigelle vino e confetti, ch'egli accetta di buon gi*ado, senza sospettare in


essi

un narcotico

condo

il

potente.

Svegliatosi al mattino, gli detto

aver

egli,

se-

costume del paese, perduto ogni suo avere, perch non era riuscito

a far sua la donna. Per questo caso Giannetto non ha pace e tenta altre due
volte la prova, alla fine con

buon

esito, s

che sposa la vedova e riman

si-

gnore del paese.

(1) E.

1892,

p.

Gorra, Il
240

e segg.

Pecorone

nel voi. Sttidi di critica etter.,

Bologna,

116
B.

LEVI

E.

Ma

messer Ansaldo, non avendo avuto pi mezzi per allestire la terza

nave e d'altra parte non avendo voluto scontentar

un giudeo, che
resi entro

il

una libbra
4.

il

giovane, era ricorso ad


li

avesse

d di S. Giovanni dell'anno seguente, egli avrebbe potuto levargli

di carne da quella parte del corpo che gli fosse piaciuto.

Giannetto che vive in delizie colla sposa,


a cui esposto

sato, del pericolo

a Venezia

il

aveva prestati 10000 ducati col patto che se non

gli

il

e trova che l'ebreo vuole

si

suo benefattore;

ad ogni costo

sovviene,

il

giorno

fis-

parte in fretta, giunge

la libbra di carne, perch

termine scaduto, rifiutando qualunque somma. Tutti sono costernati,

quando
5.

entra improvvisamente un giudice sconosciuto che sentenzia che

giudeo ha

diritto di fare

il

quanto chiede,

di

una libbra

Il

creditore allora preferirebbe

di carne, o se sparger
il

denaro,

ma

di tutti. Il giudice chiede a Giannetto per

Ansaldo

Giannetto

se egli taglier pi

meno

di sangue, sar decapitato.

invano, e cosi parte tra le beffe

compenso

l'anello

ha

ch'egli

in

sebbene a fatica per essere quello un ricordo della moglie,

dito, e ottenutolo,

parte.

ma

una goccia

il

si

recano a Belmonte, dove la sposa dapprima rim-

provera al marito la mancanza dell'anello, poscia rdendo confessa di essere


stata essa stessa

il

L'argomento
genio

di

giudice che aveva definito la

di

lite.

questa novella fu nobilitato e consacrato dal

Shakespeare, che ne trasse la tragedia The inosf

novella di

Merchant of Venice (1598). Sia nella


Giannetto come nella tragedia di Shakespeare sono

intrecciati

due diversi motivi leggendari,

excellent History of the

per respingere

gli

l'astuzia

della

donna

innamorati [1-2] e l'obbligazione verso

il

giudeo col conseguente giudizio dell'oncia di carne [3-5]. Nel


cantare di M. Lionessa
traccia alcuna e perci

invece della prima leggenda non

mi pare che

sia

da escludersi subito ogni

parentela colla novella del Pecorone e con la famiglia di essa.


Della novella del Pecor. furono rintracciate moltissime fonti

medievali e tra tutte importanti due novelle comprese nel Bo-

lopathos (nov.

4*)

e nei Gesta

Romanorum,

(nov. 10*),

due po-

polarissime raccolte di temi leggendari. In tutte le versioni che

precedono

la novella del

Pecorone e

la

seguono

fino

alla

gedia di Shakespeare, lo spunto essenziale del giudizio

il

tra-

pre-

denaro e

stito del

cantare

penso

il

di

CANTABI LEGGENDARI ITALIANI


la

conseguente obbligazione

oltraggioso tenuto alla regina.

teri

il

non

tolta a prestito e

vecchio motivo,

n alcuna delle linee

Abbiamo

(1).

Invece nel

inflitto

come com-

resa,

ma come

disfazione di un'antica promessa,

ci ricorda

non

taglio di quell'oncia di carne

una somma

117

pena

n come soddi

un discorso

cio qualche cosa che

ma non ne ha

nessuno dei carat-

essenziali. Si osservi poi

in tutte le altre novelle l'oncia di

che mentre

carne pu essere tratta da

qualunque parte del corpo, nel cantare essa deve essere tratta
dalla lingua per osservare rigidamente

il

contrappasso

la lingua,

che ha peccato, sola debba essere punita.


Nello scioglimento dell'azione
vella e con le fonti di essa
gari, la sposa stessa del

il

cantare coincide con

infatti in tutti

testi, latini

no-

la

e vol-

condannato, travestita da giudice,

si

presenta alla corte e impone che la imbarazzante condanna sia


eseguita alla lettera,
di

sangue o

si

ma

a patto che, se

taglier dalle carni

di quella stabilita nel contratto,

sore.

renza

Non

verser una goccia

una parte maggiore o minore

ne segua

la

morte del trasgres-

che questa parte della leggenda, a

v' dubbio

dell'altra, di

origine occidentale.

traentissima l'ipotesi del Simrock

da scorgersi uno

si

di quegli

diffe-

Mi sembra anzi

at-

(2)

che in questo aneddoto sia

exempla^

coi quali gli antichi glos-

satori solevano spiegare le disposizioni giuridiche latine e ger-

maniche e mettere come

in azione la filosofia della legge

romana

e della legge consuetudinaria. L'antico diritto romano ammette la


vendita e la morte del debitore insolubile, e nel caso che
tori siano parecchi, la sectio corporis

proporzionali ai vari debiti.

E una

credi-

del delinquente in parti

delle leggi delle 12 tavole pre-

scrive in proposito: Si pluribits addictis sii (se sia di pi d'uno

(1) Cfr. G. Chiarini,

N. Antoogia, 3
(2) K.

Le due leggende

Serie, voi.

del

XXXVm (1892),

Mercante di Venezia

Simrock, IHe Quelen des Shakespeare^,

gine 221 e segg.

nella

pp. 399-431.

Bonn, 1872,

voi. I, pa-

118
debitore),
est.

LEVI

E.

paries secanto^

si

plv^ minusve secystnnt se filande

Anche nell'atteggiamento

dizio salomonico del

pefai

sopra

cantare

della frase siamo


:

ma

ben

vicini al giu-

men,

se fe pi o

la

rom-

La leggenda rappresenta la vittoria della Aequitas

il

Jics

strictum, che la sostanza essenziale di tutta

storia della legge romana.


lettera della

legge contro

la

Il

giudice non pu piegare la stretta

il

creditore,

ma

pu sollevare

egli

una opposizione contro la sua opposizione, piegando lui ad un

Jics strictissimum, e cio in favore della Aequitas, la quale

come ogni pi recente

principio legale,

si

afferma nella forma

di una Exceptio, annullando la sostanza della vecchia legge,

senza formalmente distruggerla

strictwm e Vaequtas e
l'

la vittoria

(1).

Questo conflitto tra ijus

eW aequitas

per mezzo del-

exceptio del jiis strictissimum che uccide lo strictum, de-

vono essere

stati

rappresentati con esempi e con aneddoti dalla

cattedra e negli scritti dei giuristi del Medio evo. L'esempio della

carne e del sangue era gi additato nella legge delle XII tavole:

non mancava che l'invenzione del giudizio perch

la novella fosse

gi perfetta.

Nel cantare l'autore dell'arguta sentenza Salomone. Fare del


giudice uno pseudo-Salomone doveva essere un'idea piana e naturale, poich a

Salomone nei racconti

biblici e

attribuiscono molti altri giudizi analoghi;


del

bambino disputato da due donne e quello

vidersi tra

figlio

il

spurio e

il

leggendari

si

per esempio, quello


dell'eredit

figlio legittimo (2).

da

di-

Credo dunque

che gi in tempi assai antichi esistesse una novelletta giuridica,

una specie

di

exem,pluw, ad uso dei commentatori, della quale

era protagonista del giudizio Salomone ed argomento la sen-

(1) Cos K. Elze,

Chiarini, Op.

cit., p.

Essay on Shakespeare, London, 1874,

p.

96, citato dal

417.

40 e 41 {Novette inedite di G. Sercambi tratte dal cod.


193 da R. Renier, Torino, 1889, p. 153 e segg.) G. Cortese-Pagani,

(2) Sercambi, nov.

Trivulz.

Il

Bertoldo

(1911), p. 534.

di G. C. Croce e

suoi fonti, negli Studi medievali, voi. Ili

CANTARI LEGGKNDARl ITALIANI

119

tenza che obbligava a versare un'oncia di sangue in seguito ad

un debito dianzi

contratto.

Nel cantare abbiamo

la

due motivi leggendari:


sangue;

2"

il

contaminazione dei due racconti e dei

l" il

salomonico dell'oncia di

giudizio

giudizio che sottopone alla pena della mutilazione

quella sola parte del corpo che ha fallato, cio la lingua che ha

pronunciate alcune
vata nel cantare
jus strictum
il

debito e

il

parole. Dell'aneddoto giuridico conser-

sentenza, ispirata alla

ferrea logica

del

sono omesse tutte le circostanze accessorie,

patto che ne segue tra debitore e creditore. Ri-

novelle del Dolopathos e dei Gesta RomanorurriY

spetto alle
le quali

folli

la

spiegano con un lungo racconto avventuroso anche le

origini di quel debito,

il

cantare

si

presenta ancor

pii

semplice

e sommario; infatti dell'amore del debitore verso una fanciulla


e delle prodigiose astuzie di questa per sottrarglisi, in M. Lio-

nessa non traccia alcuna.


Resta da risolvere l'ultimo quesito

una novella

tare da

in cui gi

frammischiati e atteggiati

come

il

Pucci ha tratto

il

can-

due motivi leggendari erano

il

cantare

ci

mostra, oppure

quella composizione fantastica di elementi disparati opera sua


originale?
cisa

come

sulla

Ebbe
il

trama

poich

cantare di M. Lzonessa una sua fonte pre-

il

cantare di Bi^uto, oppure

poeta lavor liberamente

vaghe reminiscenze lontane? Ardua questione,

di

testi

il

leggendari che ho indicato sono troppo remoti dal

cantare e la lacuna troppo vasta per essere dominata e percorsa dal nostro pensiero.
l'impressione che

il

La

lettura del cantare

suscita per

Pucci qui sia assai pi indipendente dalle

fonti scritte, che non negli

altri cantari. Infatti la

parte de-

dicata al racconto della leggenda nel cantare assai modesta;


la parte pi considerevole dedicata ai particolari bizzarri della

scandalosa vita del clero di Parigi


di Siena

(XXXIX),

di

XXIX),

di

Roma (XXXVI),

Firenze (XL) e ad una arguta satira dei co-

stumi

politici fiorentini.

renze

(ott.

XLI

(ott.

Siamo nel consiglio del comune

di Fi-

e XLII): un calzolaio sale alla ringhiera e tiene

una conclone per dimostrare che

donativi richiesti dagli eccle-

120

LEVI

B.

siastici si

possono benssimo risparmiare perch Dio, che ricco

a bizzeffe, non ha certo bisogno dell'elemosina dei fiorentini.


Tutti

punto debole,

consiglieri, toccati nel

in piedi e

prorompono: Egli ha ben detto

sorgono

l'avarizia,

Per queste argute

rappresentazioni delle debolezze umane, delle usanze politiche


cittadine, dell'ipocrisia del clero e della vanit della vita,

tare

assume un'aria sottilmente canzonatoria e

lampo d'un rapido sorriso

Anche

mentale del racconto,

il

can-

illumina del

si

Questa comi-

di beffardo scetticismo.

cit originale e caratteristica del Pucci.

il

il

dato fonda-

travestimento d'una donna e le avven-

ture di essa sotto le mentite spoglie

virili,

musa

cari alla piacevole e sorridente

uno dei motivi pi

del Pucci; lo ritroviamo

con qualche variante accessoria nel cantare della Regina d'Orientej dove

una fanciulla

moglie e a far girare

travestita giunge persino a prendere

ad altre donne.

la testa

Per tutto questo penso che


non

sia

il

di fonte scritta di

M. Lionessa

caso di parlare. M. Lionessa una delle pi libere

creazioni della fantasia del Pucci in quel periodo della piena e

calda maturit, al quale pure dobbiamo la

Per

la singolarit

per

la placida

Regina d'OtHente.

dell'argomento, per le vicende dell'azione e

arguzia che vi

si

diffonde,

M. Lionessa deve con-

siderarsi l'immediato antecedente di quel capolavoro della nosti-a

letteratura che

Nel cantare

di

poema

il

M. Lionessa

geografici precisi, per


di conferire alla

condannato

alla

della

mezzo

si

Regina d'Oriente.
citano

dei quali

il

molti

nomi

cantastorie

storici
si

leggenda l'aspetto d'una vera istoria


mutilazione della lingua

si

illudeva
. Il

reo

chiama Capitano;

la

moglie sua, madonna Lionessa di Milano che madre fue d'Az zolino

Romano

Evidentemente

(I, 3).

da Romano, che forni tanti


vella e alla poesia antica

altri

se

si

allude ad

Ezzelino

aneddoti leggendari alla no-

non che

la

madre

di Ezzelino

non

chiamava Lionessa, ma Cecilia da Baone. Ella fu veramente


una tragica donna ed ebbe davvero nella sua vita una storia

si

leggendaria,

ma

assai diversa

orfana, fu affidata a

un

da quella del cantare.

Rimasta

tutore, che la promise in isposa a G-

CANTARI LBGGBNDAKI ITALIANI

rardo da Camposampiero.

Ma

isposa al figliuolo Ezzelino II

cilia si

Ezzelino

121

rapi e la diede in

la

monaco; e un

il

mentre Ce-

di,

recava a Padova, fu appostata dallo schernito Gerardo,

che le fece vergogna per odio contro Ezzelino. Questi la


pudi

ri-

(1).

XIV.

La regina

d'Oriente.

Senza essere una delle pi originali creazioni dell'umana


fantasia

quale fu proclamata

vero uno dei

fiori

Questo

fior della

in

il

un momento

(2), la

leggenda

, la

di legittimo orgoglio

per ben cinque secoli

rimutavano usanze e

il

proclama

{Regina^

dav-

l'artefice stesso

III, 1, 8).

nostro popolo, mentre

gusti,

si

infatti

mutavano e

sfiorivano e tramontavano le infa-

tuazioni accademiche e scolastiche,

mai

Regina d'OiHente

pi freschi e vividi della letteratura italiana.

il

nostro popolo non

si

stanc

cantare le belle ottave sonanti della Regina d'O-

di udire

riente e nei suoi libri and ricercando con curiosit sempre viva
e inesausta le mirabili avventure della regina, della segretaria
Berta, della castellana della Spina e del gran balbano

del re

Macometto, Ronciglione.
Guglielmo Libri asser che trs probablement
<ii

d'Oriente est

le plus

(1) F. Zamboni, Gli Eszlini,

Lo

Z.

Regina

ancien pome chevaleresque qu'on

crit originairement en Italie

pp. 116-149.

la

aggiunge che

Dante

(3).

un

e gli schiavi,

la tragica

Non

errore.

2*

ediz., Firenze,

donna fu celebrata

ait

vi

1897,

nei romanzi

e nelle canzoni popolari .

(2) Cos A. BoNLCCi, Historia della reina d^ Oriente di

Animi Pucci

fio-

rentino, Bologna, 1862 {Scelta di curiosit letter., disp. XLI), p. 9.


(3) Catalogu^

28 Juin 1847,

de la Biblioth. de

ecc.,

M.

Paris, 1847, p. 172.

L.***, doni la venie se fera

le

lundi

Anche F. Zambrini, Le opere

voi-

122

E.

LEVI

dubbio alcuno che questo cantare degli ultimi di Antonio Pucci,

peich

banditore fiorentino in questa pi che nelle

l'arte del

opere precedenti

rivela piena, cosciente e

si

un'esplicita dichiarazione del

poeta stesso

anni dell'estrema vecchiezza

agli

Avendomi

un

libro che

cos

Quando

si

(I, 2, i)

ci

richiama

signor, posto nel cuore

non perder pi tempo a

di

compiuti

io,

matura e perch

mi par

leggendo mi

far cantare,

degli altri

il

fiore,

innamorare.

accingeva a quest'opera, Antonio Pucci aveva dunque

tutti gli altri cantari

mentarsi ancora con

ed aveva gi smessa

l'idea di ci-

cantastorie pi freschi di spirito

gli altri

e di giovanile ispirazione. La Regina d'Oriente deve essere stata

composta verso

1380, ed intorno a quest'anno ci

il

richiamano

alcune importanti testimonianze della sua fortuna. In quella enu-

merazione delle pi celebri donne della leggenda che nel cantare della Sala di Malagigi (1380-1400), in quel
(ott.

XX) dove

medesimo passo

citano la donna del Vergi e la Pulzella gaia,

si

ricordata anche la regina d'Oriente;


Eravi Marta e Maria Maddalena,

pulzella Gaia

la

appresso a

lei

la

col viso piacente,

Regina d'Oriente.

Gregorio Dati, un cronista fiorentino dell'estremo Trecento


(nacque

il

15 aprile 1362 e mori

il

17 settembre del 1435), de-

scrivendo la guerra tra Antonio della Scala, signore di Verona,


e Francesco

il

Vecchio da Carrara, signore

di

Padova

(1383-84),

e la sfolgorante ricchezza de' loro apparecchi, esce a dire:


Ciascuno di loro
intanto che

si

disse

gari a stampa'',
il

pi antico

Italia .

si

col.

mise in punto con uno sforzo e spendevansi danari

allora

per favola che l'apparecchio di quello da Verona

846, ripete la medesima notizia:

poema

di

assai,

cavalleria

Egli probabilmente

che originariamente venisse scritto in

CANTARI LEGGENDARI ITALIANI

era simile per nobilt


aveva misura
che non

Le

quello della Reina d'Oriente. Non

la spesa e l'esercito e le carra e

(1).

carra, di che parla Gregorio Dati, sono precisamente quelle

coverte a scarlatto

, tirate

da ambianti e

forti destrieri, che


primo cantare; l'apparecchio

sfilano nelle ottave 24-27 del

carriaggio e gli armamenti,

il

ricordava simili di gran tempo a drieto

si

trionfale fornimento della regina, che valea pi di sette

il

Rome. La Regina d'Oriente continu a


vore ed uguale fortuna nel

leggersi con pari fer-

Quattrocento e nel Cinquecento.

Della sua diffusione sono buona testimonianza

che corsero tra

mani

le

mini d'arme, come

moltissimi codici,

callose di vinattieri, di artigiani e d'uo-

le chiose e le

note iniziali ci raccontano, e

molte edizioni che

le

manni

alla

stampe
cora

si

l'arte ancor bambina della stampa amsempre crescente curiosit popolare. La serie delle

apre con una fiorentina del 1483; e forse continua an-

ai giorni nostri (2).

Un

(1) L. Pratesi, Z' Istoria di

passo del Malmantile racqxiistato

Firenze

di Gregorio Dati dal 1380 al 1405,

illustrata e pubblicata, Norcia, 1902, p. 25.

un abbaglio quando annotando


patra, regina d'Egitto
(2) I codici e le

Ai manoscritti
1914

nel

prof.

ed

128

(cfr.

si

il

Evidentemente

passo suppone

che qui

il

Pratesi prende

si

alluda a Cleo-

stampe sono enumerati nel mio Fiore di leggende, pp. 364-367.


aggiunga ora un codice cartaceo, ch'era in vendita a Livorno

Catalogo della

Augusto Volpini

di

d'arte e d'antichit appartenuta al pittore

cllez.

Livorno [Livorno, 1914],

p.

CCCLXXXXVII)

110, n.

entrato a far parte delle mie collezioni private. Alle stampe

ora

giungano

le

seguenti

a ciascheduna persona.

La Regina

I.

In Siena,

d' Oriente.

s. a.,

||

Opera

di

185

di [22] carte:

si

ag-

molto esempio
ott.

Ha una

si-

rappresenta una donna con la corona in testa, che tiene


mani accoppiate e col braccio sinistro regge un bastone, forse uno scettro,
portante in cima una minuscola bandiera, nella quale si vede una croce .

lografia (e. 1*) che


le

Una

precisa descrizione bibliografica ne diede L. Matteucci, Descrizione ra-

gionata delle stampe popolari della Governativa di Lucca,

Libro
riente

e la
I

stampa, N.

Dove

Cavalieri

si

tratta

S.,

di

anno V,

p. 72.

molti apparecchi

con bellissime Figure adornata.

scandoli a Pozzorelli (in-16).

Le

varianti

II.
|

Storia

n.

della

Trionfi, e Feste

Lucca,

s.

d.,

XXXHI,

nel

Regina d'Otra valorosi

per Frane. Mare-

di questo testo rispetto al codice

ex-Volpini sono date nel margine di quel manoscritto.

124
(II,

E.

LEVI

45) ci attesta che alla fine del Seicento (1676)

toscani

ne sapevano ancora a memoria,

contadini

tutte quante, lo ottave

dei quattro cantari:


Tre d saonro a festa

le

campane

band

il

lavoro;

ed altrettanti
e

il

si

suocero, che meglio era del pane,

un uom

discreto ed

una coppa

d'oro,

faceva con gli sposi a scaldamane,

Mona Luna

talora a

Guancial d'oro,

e fece a' paggi

recitare a mente

Rosana

Regina d'Oriente.

la

poema

Della rapida, larga e durevole fortuna del suo

un esperto conoscitore dell'anima

ch'era

il

del popolo, ebbe

Pucci,

pre-

il

sentimento preciso e sicuro; e in molti luoghi dei quattro cantari lo appalesa e se

dice

(I,

ne

gloria.

La leggenda

cosi bella, egli

2) ch'io vi prometto ch'a la vostra vita,

non avete udita ; tanto bella

si

era,

che

la

bella istoria

si

sua stanca fan-

credeva ormai spenta per sempre, ebbe un guizzo

tasia, ch'egli

e se ne ravviv con mirabile ardore.

Due

volte

il

Pucci accenna

a questo libro cosi interessante e commovente, che

gli

diede

l'ispirazione e incitamento all'estremo lavoro della sua vita

nel

primo e nel quarto cantare:


se vero ci che conta
se

'1

libro non

erra...

un libro antico
(IV,

si

sia finora

27. 8).

.34. 6).

Qual'era dunque questo libro?


dioso che

(I,

Il

Wesselofsky,

il

occupato di questo argomento

minci la ricerca negando senz'altro che quel libro


stito.

Quegli accenni, egli dice, hanno

(1) A.

lo

stesso

solo stu(1),

sia

inco-

mai

esi-

valore delle

Wesselofsky, Le tradieioni popolari nei poemi d'Antonio Pttcci,

nelVAtetieo italiano, Giornale di


gine 225 e segg.

scienze, lettere ed arti, voi. I (1866), pa-

CANTARI LEGGENDAKl ITALIANI

citazioni di Turpino,

e ghiribizzi.

Ma

che snocciola l'Ariosto

125

sono spiritosaggini

poema

no; leggiamo le prime ottave del

e la

seriet solenne e ispirata dell'artefice in cospetto della sua crea-

zione ci convincer subito che non da pensare a una celia


grossolana.

un

sofio di

entusiasmo commosso quello che sale

da questa confessione:
avendomi

io,

signor, posto nel cuore

non perder pi tempo a

di

un
cos

far cantare,

libro, che mi par degli


leggendo mi

altri il fiore,

innamorare,

f'

che poi rimato l'ho, per vostro onore.

La

beffa fuor di luogo.

libro ,

un

libro classico o

N vedo perch
un

invece che nel

libro romanzesco,

si

debba cer-

care senz'altro la fonte della leggenda nelle tradizioni orali e


nelle novelline del folk-lore. L'argomento dei quattro cantari

pu scomporre
si

in pochi elementi essenziali. L'imperatore di

si

Roma

innamora per fama della regina d'Oriente e per attirarla oella

sua citt la fa citare dinanzi

Papa perch

al

accuse. L'imperatrice, complice dei


la regina

con

lui in

tristi

una stanza; ma

le

si

difenda da varie

disegni del

dame d'onore

figlio,

chiude

della regina,

che sono dei turchi giganteschi travestiti da donna, sgominano


gli sgherri imperiali e la regina stessa con un colpo di spada
uccide l'imperatrice. Dopo qualche tempo la regina d alla luce

una bambina ed

un maschio e

ella

imprudentemente annuncia che

poi lo fa allevare

lendo dare marito ad una sua

come

figlia,

tale.

il

neonato

L'imperatore, vo-

pensa all'erede della co-

rona d'Oriente, e questi, bench per natura si senta incapace


di diventare lo sposo della principessa, per amore di pace accetta la proposta.

La prima notte

pietosire la sposa e ne ottiene

singolare

ma

il

di

matrimonio

ella riesce a

im-

segreto riguardo a quel loro caso

alla fine l'imperatore,

per

la delazione

d'una donna,

donna Berta, apprende la verit e vuol sincerarsene cogli occhi


suoi. Fa bandire una caccia e preparare un bagno, dove il re
verr a spogliarsi dopo le fatiche venatorie. Il re, messo sul-

126

LBVI

E.

un

cortigiano,

getta in

l'avviso

(la

Dio che

gli tolga senz'altro la vita

che reca tra

le

si

un

ma

foltissimo bosco e prega

ecco, gli appare

corna un'immagine angelica.

un cervo

L'angelo

con-

lo

sola e gli annuncia che egli d'ora innanzi maschio ed ha ci

che bisogna
fa cosi bella

mostra

tra le molte, la
e,

quando

il

Quand'egli poi

di s,

donna

il

spoglia per entrare nel bagno,

della Spina. Ella

si

apposta in una rocca

pone

esercito,

l'assedio alla rocca e

marito, traendo prigioniera la donna della Spina.

costei nel fondo del suo carcere riesce a

diano e per mezzo di

pena

e,

re passa per ritornare in Oriente, lo fa prigioniero.

La regina accorre con un


libera

si

che molte dame se ne innamorano

ella libera,

corrompere un guar-

lui ottiene la difesa del

va a

Roma

alla corte

Ma

di

re di Francia. Ap-

Maometto e dopo

molti altri incantesimi e stregonerie, fa che Ronciglione, gran

balbano dei maomettani, accorra nella capitale del regno d'Oriente a porvi lo sgomento e lo scompiglio.

invoca l'aiuto di Dio

e, all'udire le

Ma

la

regina d'Oriente

sacre preci, l'oiTibile Ron-

ciglione scompare.

Questa a larghissimi

tratti la bizzarra

riesce oltremodo attraente


delle trovate fantasiose,
la

quale

e persino

il
i

poeta tratta
lettori.

non

trama del poema, che

solo per la ricchezza inesauribile

ma anche

per l'ironia fine e

sottile

suoi eroi, la divinit, la Vergine,

con

Santi

V' nella Regina d'Oriente pi che una comi-

cit casuale e fuggevole,

come

negli altri cantari, una comicit

profonda ed organica, connessa con

la

Ironica sin la scelta della favola,


dossale, sfacciatamente

creazione stessa del poema.


la

quale assurda, para-

inverosimile e spudoratamente empia:

una fanciulla vestita da uomo, presa per tale, costretta a con trarre un matrimonio ed a rivelare

il

suo sesso alla compagna,

che di sposa diventa sorella; la prova del bagno, che

il

padre

della fanciulla maritata vuol fare al creduto sposo, risoluto a

* condannai'lo a morte se natura di ferritnina vi trova

(1) A.

Wesselofsky, Op.

cit., p.

225.

(1).

CANTARI LEGGENDARI ITALIANI

La comicit

non

piena, squillante, che

si

127

arresta n alla soglia

della reggia, n a quella della chiesa, lo spirito beffardo, irre-

quieto e irriverente conferiscono a questo cantare l'aspetto e

pregio

il

importante antecedente del

pi

del

Wesselofsky, trascinato da questo


micit che

sprigiona

si

dalle

Morgante.

Il

impeto di irrefrenabile co-

ottave

Regina d'Oriente,

della

vorrebbe riconoscere una burla anche nella grave e patetica


citazione del libro antico , fonte di tutta la favola, che al

principio d'ogni cantare. Piuttosto che la riduzione in rima d'un

romanzo

d'Oriente egli ravvisa

svolgimento bizzarro e ghiribizzoso

lo

d'un diffusissimo motivo della poesia popolare


col

nome

di

Ragazza guerriera

Una

(1).

quello conosciuto

fanciulla

da soldato e combatte in luogo del padre suo;


se ne innamora, perch gii

sembra

Ella sfugge agli accorgimenti che

gono

in opera per scoprire

il

il

una donna

traveste
del re

per donna.

suo vero sesso e alla fine della


suo innamorato, sempre

il

Nella

Ragazza guer-

motivo della Regina d'Oriente rovesciato;

il

si

si

figlio

principe e la regina pon-

fedele durante le pi strane avventure.

riera abbiamo

il

di riconoscerla

guerra ritorna a casa traendosi dietro

ivi

Regina

in prosa o d'un testo latino o francese, nella

traveste da

uomo ed

amata per donna, qui

la fanciulla travestita desiderata per quel che pare e non per

quello che

Una

transizione organica tra le due forme della

Wesselofsky, in un canto serbo; di una fan-

favola s'ha, dice

il

ciulla, travestita

da uomo,

sposa.

Il

innamora

la figlia

del

re,

che

la

finto guerriero si

trova in grave imbarazzo, di fronte

ma

finalmente ella muta sesso senza

all'ardente innamorata;

per che

si

il

(1) Se ne

miracolo intervenga a risolvere l'intricata questione

hanno

tre versioni

piemontesi

edite

da Costantino Nigra, una

Proben Portugiesischer und CataaJahrbuch fiir romanische und englische

portoghese ed. da R. Kohler-F. Wolf,


nischer Volks - Bomanzen ,

nello

Litteratur, voi. ITI, n. XII, e infine una albanese ed. da J. G. von Hahn,
Gri'techische

und

albanesische Mrchen, Leipzig, 1864, n.

e n. CI.

128

LEVI

E.

Le

relazioni tra queste novelline e

il

cantare sono cosi vaghe

ed incerte che non so cogliere un nesso qualunque che ve le


rannodi. Del canto serbo, che quello che pi

Regina d'Oriente, ignoro

la storia,

trova gi consegnato nelle pagine d'un libro straordinaiia-

si

mente noto

tra noi, le

Metamorfosi

di Ovidio (IX, v.

Racconta Ovidio: Ligdo, cittadino

morte

di

la sposa, Teletusa, se ella

femmina. Per sfuggire


figlia,

tale.

che ora

alla

le nata,

Tredici anni dopo

un maschio e

la fa allevare

in

Ifi

un maschio. E

che l'imbarazzo

(1)

letteratura ovidiana, che

il

sit delle notizie.

diffuso delle

come

allorch queste

il

miracolo di

miracolo, con soddisfazione di

nasce piuttosto
il

la

viene fidanzato a Janta. Invano, con

compie. La popolarit di Ovidio era cosi

tutti, si

sgg.).

moglie annuncia che

la

stanno per celebrarsi, ella prega Iside che operi


convertire

669 e

aveva minacciata

avesse dato alla luce una

condanna

Ifi,

Ifi

di Pesto,

ogni pretesto, Teletusa cerca di differire le nozze

Evo

E mi

inutile ed assurdo l'interrogare quei lontani pa-

Brina e della Sava, quando un racconto di simile ge-

stori della

nere

ravvicina alla

delle Fornaci e Renajo.

l'abbia potuto arrecare tra via

sembra davvero

si

n vedo quale buon vento

dalla

lai'ga nel

Medio

ricchezza della

Pucci pot conoscere, che dalla scar-

Al tempo del

Pucci

il

volgarizzamento pi

Metamorfosi era ancor quello composto da Arrigo

Simintendi da Prato prima del 1333

(2).

Qualche anno avanti

composizione della Regina d'Oriente un altro volgarizzatore,

la

anzi un vero avventuriero del

tempo

classicismo volgarizzante del

Giovanni dei Bonsignori (1370), aveva rinfrescata

la

materia delle tradizioni ovidiane et raccolte in breve sermone


le historie et fabule del libro magiore del poeta Ovidio ditto

(1) Cfr.

K. Bartsch, Abrecht von Halberstadt und Ovid im Mittelalter,


M. Manitius, Beitrge sur Gesch. des Ovidius und anderenr-

Leipzig, 1861;

mischen SchriftsteUer im Mittelalter, nel Philologus, Suppl. VII, 4; A. Gkaf,


Roma nella memoria e tielh immaginazioni del Medioevo, Torino, 1883, II,
pp.

296

(2) C.

e segg.

Marchesi, Volgarizzamenti ovidiani nel secolo

Boma, XI

(1908), p. 275 e segg.

XIV,

in

Atene

CANTARI LE66ENDABI ITALIANI

metamorphoseos

Senonch

(1).

troppo scheletrica e sommaria

129'

leggenda ovidiana appare

la

di fronte alla ricchissima favola

del cantai-e; e troppo gigantesca sarebbe stata l'opera della fantasia del Pucci, se soltanto da quei pochi e

frammentari elementi

ovidiani egli ne avesse tratto l'intero romanzo, con

e con uno sforzo potente di creazione.


un libro ; n tale potea dirsi
letusa. In quale

il

poi

uno slancio

Pucci

il

ci

parla di

breve episodio di Ligdo e Te-

componimento medievale confluirono dunque

le

acque della tradizione ovidiana o meglio, se cosi

si

della leggenda preovidiana, di cui Ovidio stesso

fece poi bandi-

si

vuole, quelle

tore nell'occidente (2) ? Per quali vie, segrete o palesi, non so

tramutazione dei

la bizzarra novella della


il

Chanson d'Ide
complementi
in

attraversando

sessi,

Medio Evo, giunse nel secolo XIII ad arricchire


ed

tastici della giulleria

La Chanson d'Ide

(1) C.

gorie

secondo

Marchesi,

costituisce

Le

l'uno, d'ignota

Ecco, in due parole, di che qui

(4).

si tratta.

ovidiane di Giov. del Virgilio;

allegorie

VI

di Giovanni de' Bonsignori, negli Sti*di romanzi,

'

le

Galateia

era

moglie

Larapros;

di

morte, qualora ella avesse data alla luce

costui

l'aveva

Dopo

svariati

aUe^

da Nl-

minacciata di

una femmina. Nasce una bimba e

Galateia la fa allevare come se fosse un maschio, sotto


scolino di Leukippos.

'

(1908).

(2) L'episodio ovidiano corrisponde a quello di Galateia, raccontato

candro.

la

uno dei

e messi insieme da due

(3)

met del Duecento, piccardo

troveri della seconda


il

tesori fan-

Chanson de Huon de Bordeaux conservati

alla

un prezioso manoscritto torinese

patria

un poemetto,

troveri ne trassero

et Olive.

ma

mentito nome ma-

il

avvenimenti, la divinit tramuta Leu-

kippos in un maschio. I testi di questa leggenda sono

Enciclopddie der Class. Altertumswissenschaft

^,

VII,

in Pacly's Eeal-

cit.
I,

518.

(3) Ms. L. n. 14; cfr. Esclatnonde, Clarisse et Florent, Yde et Olive,


Drei Fortsetzungen der Cfiansoti von Htton de Bordeaux nach der ein-

zigen turiner Handschrift

zum Erstenmal

verOffentlicht von

Marburg, 1889 [Attsgaben und Ahhandlungen


Philologie, verSfF. von E. Stengel, LXXXIII].
(4)

Secondo

V.

delle

risultati

poeta: Esclarmonde,

7644 ( 59-61);

Clarisse

Florent

Chanson de Croissant

Suppl. n' 16.

dem

Schweigel
la

al secondo l'ultima parte di

che comprende anche la


Giornale storico

ricerche dello
et

atis

Max

Schweigel,

Gebiete der

si

devono

Chanson d'Yde

Yde

et

0?ne

(v.

Rom.

al

primo

fino al

7645-8420),

130

Aragona, muore dando

Clarisse, bellissima regina di

una bambina;

la

bimba ora una meravigliosa

maggio Florens raccoglie

N'est

Yde decide

hom

m'en puist

vivans, qui

de Pavie,

si

si

un cavaliere tedesco, che

la via la

tranne Yde,

mento

di quei ladroni

la

della confusione per

uomo e cavalca per


come scudiero al servizio
cammino per Roma. Lungo

traveste da
colloca
in

e chiede da mangiare.

ma

ella

loro capo in singolare tenzone.


si

traire arrier.

quale poco dopo capita in un accampa-

gliono trattenere prigioniera,

Yde

sua

vecchio da

comitiva viene assalita da settemila briganti e tutti sono

uccisi,

il

figlia la

Leceour pautonnier!

boschi ; giunta a Barsillon,

di

il

appellano alle leggi divine.

si

di fuggire e, approfittando

l'arrivo di Desiier
i

muta repentina-

si

baroni cercano di distogliere

Florens a dit:

giorno

baronia ed annuncia la sua in-

la

cosi infame proposito, invano

6505

Ma un

quando Florens addita nella sua

in orrore,

fidanzata; invano

fanciulla e principi e baroni

tenzione di rimaritarsi. La gioia dei vassalli

mente

luce

Passano quattordic'anni

accorrono da ogni parte per chiederla in isposa.


di

alla

che l'ama teneramente, et nuit

mai'ito Florens,

il

pour sa femme souspire

et jour

LEVI

K.

presenta a Ottone e

gli

il

ladroni la vo-

fugge dopo aver abbattuto

Giunta finalmente a Roma,

narra le sue ultime avventure

e l'imperatore le accorda l'ufficio di scudiero


figliuola Olive. Intanto

della

sua bella

re di Spagna, offeso perch Olive ha

respinto la sua richiesta di nozze, con infinito stuolo di armigeri

si

accampa

sgomina
di offrire
le

il

sotto

nemico.

a Yde

la

Roma; Yde compie

prodigi di valore e

In premio di tanto eroismo Ottone decide

mano

di Olive;

raduna

baroni, annuncia

nozze e tiene corte bandita per un mese. Yde segretamente

piange la sua sfortuna, perch teme di essere condotta a morte,

appena
il

si

sappia l'inganno del suo travestimento. Alla fine giunge

supremo momento:
.

7124

Olive mainnent en la cambre pave

Coucie lont et puis lont encline

CANTARI LEGGENDARI ITALIANI

Es vous Ydain qui


Le cambre a bien
Puis vint au

vient tonte esploure


verouille et fenne

lit

131

estoit sespouse

Si lapella coement a cele

Ma

douce amie et loiaus marie

La bonne
Car jou

7132

Con

la

Jou

nuis vous soit anuit donne

mont

larai

mal dont

ai I

gries

con jou be

si

jai ciere tourble.

Yde

scusa di questa malattia,

riesce a differire di altri

Ma

quindici giorni l'istante della rivelazione.

alla fine

Yde

obbligata a raccontare alla sposa com' ella sia fanciulla e non

uomo, com'ella

chiede ch'ella serbi


celato

brame

sfuggita alle sozze

sia

ha udito tutto

di Florent e le

un garzone

il

segreto. Inutile precauzione

il

discorso e va a riferirlo ad Ottone. Costui,

furibondo del tratto, decide di sorprendere a ogni costo


e medita

bagno

l'artificio del

7204

I baing fait faire en la sale pane

Dedens entra pnis a Yde mande

Et

elle

vint

li

conmande

rois la

Despouills vous sans point de demore

Vens o moi baignier ensi magre

Cele respont qui fu espOente.

[219]

Biax

sires rois dit

Yde au

cors molle

me

Et

sii

Li

rois respont tous les dras osters

vous plaist de chou

Sii est ensi

Je vous

que on

ferai

Yde trambla

ambe

rois

deviset

II embraser

Diu merci

a tout son barnage

Devant aus tous

Seignour dist

Fai

il

crie

mand

ceste cose a conte

Tout em plourant a cascun

Olive a souspir

genouillons a

Li

ma

desporth

que conseil

les ardoir cascuns

li

escri

me

a cri

dom-s

il

vero

182

E.

LEVI

Ensi con Yde a de paour trambl

Devers

del descent une clarts

le

Ce fu uns angles Dix

Au

Oton

roi

Que tu

f^

mande

Jesus te

avaler

le fist

dit tout cois ests


li

de maist

rois

te baignes et si lai

chou ester

Car jou te di en bone verit

Bon

chevalier a u vassal

Dix

li

Yd

envoie et donne par bont

Tout chou cuns hom a de sumanit


Lai

le

garchon dist

angles aler

li

V0U8 avoit dit voir mai cest passe

Hui main

iert

feme or est uns hon carnea

Dix a partout poissance


Otes bons

7239

rois

dedens

et pOest

viii jours venrs

En

lautre siede de cestui partirs

Et

vostre

fil

fille

auoec Ydain laires

aront Croissans iert apells.

Cosi infatti avviene:


7245

...

En

cel

jour fu Croissans engonrs

Li mot del angle sont mout bien retenu.

Perfetta la coincidenza delle parti centrali della Regina

d'Oriente con
cantare

la

III fino

Chanson d'Yde
all'ottava 40

l'altro gli episodi della

per

il

nuovo venuto,

assortiti,

il

il

et

Olive;

racconto riproduce uno dopo

chanson, l'amore

le nozze,

il

dall'ottava 7 del

della principessa

colloquio degli sposi cosi male

bagno, l'intervento dell'angelo, la mutazione di sesso.

V' in pi nella Regina d'Oriente tutta la complicata storia dei


carteggi tra le corti di

garzone viene

Roma

e d'Oriente

la

parte del semplice

affidata, dal cantastorie italiano, a

donna Berta,

e la rivelazione casuale trova nella vendetta di donna Berta la

sua ragionata motivazione psicologica.


nella
le

Chanson d'Yde

et Olive la

Non hanno

prima parte

avventure della regina-madre, e l'ultima

alcun riscontro

(cant.

(e. Ili,

II),

cio

43-50, e IV),

CA5TRI LSGGBNDABI ITALIAKI

133

l'amore morboso della signora della Spina per

re d'Oriente

il

e le guerre da lei suscitate, con l'intervento diabolico dei balbani di Maometto.

Tutto sommato, sebbene


nel

poema

gli episodi essenziali

trovino riscontro

francese, questo appare ancora insufficiente per rap-

presentare la fonte immediata dei quattro cantari.

ma

un varco nella mera\igliosa,

Per aprirci

intricata foresta della lettera-

tura leggendaria, dobbiamo ora affrontare un grave problema:


l'origine degli otto cantari della Bella
la loro

Camilla,

materia strettamente connessi con

La Bella Camilla opera


di Siena, di cui si

di

la

quali sono per

Regina d'Oriente.

quel Pietro di Viviano, canterino

ba qualche notizia

sulla fine del

Trecento e

al principio del

Quattrocento e qualche componimento popola-

resco, per vero

non molto vivido

codici, tutti del

Quattrocento

(2).

di poesia (1). Si

Anche Pier

canterino,

d'antiche storie far nuova ricordia (IV,

si diletta,

al pari del

legge in tre

1,

il

qual

6) dichiara,

Pucci, di volgarizzare, anzi di rinnovare una leg-

genda gi nota
Amideo, re

(I,

2, 4)

ed a quel libro

di Valenza,

si

ha dalla moglie

appella spesso.
Idilia

una

figliuola,

Camilla, che viene allevata con una educazione tutta virile. In-

tanto Idilia aramala e, giunta agli estremi, impone al mai'ito:


Giuratemi per fede

non prendere in vostra vita moglie

di

non

ch'ella

sia

pi bella di mene.

Amideo, dopo aver cercato invano una donna

mare Camilla e

le dice:

Bella figliuola,

(1) Cfr. F.

simile, fa chia-

NovATi,

Le

i'

ti

vo' per mogliera!

poesie suUe frutta,

cit.,

nel voi. Attraverso

il

Me-

dioevo, pp. 330-335; 347-48.


(2) Palatino

Laurenz. PI.

CCCLIX,

XLH,

cantari di Amadio].

V. Fiorini,

Lm

28,

Fu

da un Lorenzo Morelli [cantare di CamiUa]]


49 [Camilla hello]; Laurenz. LXXVm, 23 [Otto

scritto

e.

pubblicato diplomaticamente dal codice Palatino da

bella Camilla,

poemetto di Piero da Siena, Bologna, 1892

[Scelta di curiosit ltter., disp.

CCXLIII].

134

E, LEVI

Per deludere
tire e si

brame

le

Mambriano; con

latte,

Amideo, Camilla finge di assen-

di

chiude nella rocca della Spina con un suo fratello di


lui

fugge sul lido e imbarca sulla galea

d'un certo Ricciardo. Si traveste da cavaliere e prende

Amadio, mentre Mambriano cambia

di

nome

il

nome

il

quello di

in

Fedele.

La galea approda
indigeno Alfano,

si

Sicura;

all'isola

Bambelina,

figlia del

dendolo addormentato sul

il

mare e dopo una nuova

gono a un monastero

namora

anche

dell'irresistibile

ma

e vuole abbracciarlo;

lido,

pagata con uno schiaffo. Dopo una mischia generale,

riprendono

re

accende di furioso amore per Amadio, ve-

come Bambelina,

Amadio; ed anche

Nuova burrasca, e finalmente

ri-

naviganti

serie di avventure giun-

badessa,

la

con quel bel

lei

s'

in-

frutto.

sbarca nel porto di Leanza

si

nel regno di Aquileia, governato da re Felice, padre d'una prin-

cipessa splendida

come una

Signori,

il

stella,

libro

che questa terra

stica storia
di

Cambragia

bocca.

pe

dice

nome

il

re Felice.

alla corte di Ottone, snocciola

ed creato scudiero del

re.

una

fanta-

Viola Bianca, damigella

Cambragia, se ne innamora e alla fine se ne innamora anche


stessa, la quale arditamente,

a caccia e

il

storia mi

regge a signore

si

per uno che avea

Amadio, come Yda

e la

Cambragia:

Il

re Felice intanto ha deciso di dare in isposo alla figlia

duca Carlo d'Ungheria;


'1

un giorno che Amadio

china per raccogliere un falco, lo bacia in sulla

si

capo,

ma

Cambragia, cui ben altro

non ne vuol sapere.

citore otterr la

mano

formano una schiera,

di

Si bandisce

tutti vestiti di

disse gridando:
io

il

vin-

verde; e Amadio reca sul


;

essi riescono vinci-

sicch la scaltra principessa

chd

Cambragia. Fedele, Ricciardo e Amadio

cimiero una manica della bella Cambragia


tori,

un torneo

frulla

Trne

carta, notajo,

questo baron vo' per marito!

Il

marchese

di

CANTARI LEGGENDARI ITALIANI

Brandeburgo, geloso della

135

felicit

di

Amadio

e subodorando qualche segreto imbroglio, colloca sotto


nuziale

un suo nano,

il

il

letto

quale ascolta, venuta la notte, le pro-

teste d'amore dell'ardente Gambragia, le timide difese dello sposo

e la rivelazione dell'avventura. A\^isato dal marchese, re Felice

prepara una prova per porre in chiaro

la verit

e fa bandire:

bagno n'anderemo,

tutti in brigata al
e questa notte si ci

bagneremo.

Sul pi bello, appare una leonessa e mette in iscompiglio lo


spettacolo,

trae dietro

si

per un angelo

Amadio

in

un bosco

e ivi

si

rivela

dopo di che Camilla bella trovossi garzone

(Vili, 17, 8).

inutile riferire

Il

poema

non deriva
riente',

il

che

resto,

Camilla bella

di

si

indovina.

assai

come

Tra

le

premesse e

vato comodo collocare

gli

lo scioglimento,

amori

lunghezza

Regina d'O-

le folle distratte di S.

punto l'occhio vigile


leggendari

di

Chanson d'Yde

Ma

et

Pier Canterino ha tro-

suscitati dal

Bambelina, nella badessa, nella Viola Bianca,


l'episodio finale di Cambragia.

dere

la

nella

la conseguenza della ripetizione artificiosa e mecca-

nica di alcuni dati fondamentali, tratti dalla


Olive.

Ma

lungo.

dalla ricchezza degli episodi

finto

Amadio

in

quali allontanano

se quella variet poteva illu-

Martino del Vescovo, non inganna

chi

tutta quella borra

esperimentato di simili

artifici

non conta nulla nella compagine

del racconto.

essenziale,

cantare combacia esattamente, in tutte le sue parti,

il

tolte quelle ripetizioni

persino nelle minuzie, con la

meccaniche del motivo

Chanson d'Yde

et Olive. Gli otto

cantari della Bella Canilla conservano intatta anche la prima

parte della leggenda, la quale omessa nella Regina d' Oriente \


la

ragione della fuga e del travestimento dell'eroina, per sfug-

gire alle nozze col padre. Tutto


di cui si servi Pier

dunque

Canterino sia

il

fa

credere che

il

libr

poema francese o una ver-

186

LEVI

E.

^ioIle in

prosa di quello

Se non che

(1).

alla

Bella Camilla non pu ritenersi estraneo

gina d'Oriente, che per


storie senese
lari,

da

ricordo della Re-

prima volta aveva raccolta tra noi

la

vecchia leggenda francese.

la

composizione della

il

evidente nel dozzinale canta-

gareggiare col Pucci

la velleit di

molti partico-

ad arte nel racconto, sono desunti dai

lui introdotti

cantari pucciani, molti versi sono presi a prestito da quelli e


copiati alla lettera

(2).

Anche

nomi

stessi dei luoghi e degli

eroi rivelano l'origine pucciana degli

Spina

(1)

Abbiamo

sione in prosa

Huon de Bordeaux

di

compiuta nel 1454

episodi:

rocca della

la

La pazza Bacchibella, che

valle Scura, ecc.

(3), la

e dei relativi

al

supplementi una ver-

la requeste et prire de monseigneur

Charles seigneur de Rochefort et de messire Hues de Longueval seigneur de

Vaulx

de Pierre Ruotte

et

(M. SrHWKioKL, Op.

sua volta in inglese nella prima met del

sec.

p. 2),

tradotta alla

XVT. Lo studio

delle propag-

gini italiane fa apparire verosimile che esistesse


teriore

a quella

(2)

verso

cosi

(I,

Vni,

7-8

una versione prosastica an-

fortunata del 1454.

VI, 2):

com' usanza tra marito e moglie

quello della R, d'Or., Ili, 41, 8:


I vv.

eit.,

<

come

tra

uguale a

moglie e marito Tusanza

preghiamo ancor la taa madre verace


che ci oondaoa con onore in pace.
ricordano quelli della Regina, IV, 44, 6-7:
in vita eterna.

aUa qnal

La prima

oi

Bruto

il

Salvatore.

ottava della Bella CavntOa in fondo la stessa, con qualche leg-

variante, di quelle che

gera

condooa

e di

il

Pucci mise in fronte

ai suoi

due cantari di

Gismirante:
Io prego Cristo

Altissimo Signor,

oonoiede grazia

al

poco ch'io

di-

ohe

mi oonoieda grazia

nella

mente

[scemo
e alla

ohe

Ta

'1

se'

mente mia acerba e dura


mio immaginar venga in effetto
tanto benigno e grazioso
mio dire aver vittoria

ch'io spero del

oh'a voi, Signor, col cor gioioso


vo' rinnovare una antica storia.
si

B.

(3)

B. CamiUa,

II, 5,

ch'io posso chiara

ij.

dire.

prego voi, signori e buona gente,


ohe con affetto mi dobbiate udire
io vi dir una storia noveUa.
;

,.
,
{Qtsmtr.. Bruto).
.

CamiUa).

mia volont

d'Oriente, HI, 50,

1.

CANTARI LEGGENDABI ITALIANI

fianco

Cambragia, ha non pochi

(li

donna Berta, che

Insomma

al fianco della

tratti di

137

rassomiglianza con

regina d'Oriente.

rapporti reciproci delle tre scritture leggendarie

potrebbero schematicamente raffigurarsi cosi:


Ide

et Olive

R. d'Oriente, HI, 7-40.

ia
Restano a spiegarsi

hanno riscontro
regina,

in

>eUa

le parti della

Camilla

Regina d'Oriente che non

ffuon de Bordeaux

il

viaggio a

Roma

della

capriccio dell'imperatore, l'insidia dell'imperatrice e

il

la difesa disperata della

parla di

un

sol libro e

donna

non

(cant.

2).

Siccome

il

di molteplici fonti, bisogna

Pucci

ci

ammet-

tere che la contaminazione dei vari motivi leggendari fosse gi

avvenuta in un romanzo antecedente, oppure che


quale

al

il

Pucci

si

riferisce, fosse

una

il

libro

vasta compilazione cao-

tica di episodi meravigliosi tratti dalle varie opere dei trovri.

Lo

stesso

si

deve dire del singolare episodio della castellana

della Spina, di cui

non so additare nella leggenda alcun riscontro

preciso, sebbene sia facile riconoscere la provenienza dei particolari spicciolati e persino dei

(1)

Op.

Un

cit.,

altro riscontro leggendario,

tratti

ma

incidentali

assai remoto, addit

(1).

il

Quando

Wesselopsky,

p. 227. Quando la regina d'Oriente avviluppata dai nemici, l'an-

gelo le appare (II, 13-14):


e poi

disse:

To' questa bacchetta;

fra tttoi nemici si la

va a

gittare,

138

LEVI

B.

re d'Oriente cade prigioniero nella rocca della Spina, la ca-

il

un beveraggio

stellana gli d a bere

fatato

egli si

addormenta

e poi la scambia per la sua moglie diletta e la bacia sulla bocca


{Reg. d'Or.,

Blois, Parthenopeus,

modo

In

48-49).

Ili,

vino propinatogli dalla madre,


follia la

simile, nel

quando ritornato a

Parthenopeus de

Blois, per

un certo

scorda di Mlior e richiedo di

si

nipote del re di Francia:


.

boit tant

change tot son talent

qu'il en

plus esbaudit et plus favele,

Gite come fnmo al vento >


a cavai fu montata,
fecesi il segno de la santa croce
e contro e' suoi nemici ne fa andata.
Quando fu presso a lor, molto feroce,
la bacchetta tra loro ebbe gittata.
e tutta quella gente si fuggia.

dioendo

<

l'alta reina

Odino, del quale

Quella bacchetta portata dall'angelo lo reyrs prole di

si

racconta la seguente storia

bittrn

si

quando Erico

di Svezia

alla battaglia di Tyriswall, quest'ultimo sacrific

vot a Odino, pregando

Dio di dargli

il

di dieci anni di vita se gli concedesse la sua

uomo

Erico un fusto
parole:

colle

vol nell'aria

al

Odino

vi

ha

tutti.

disopra dell'oste

sua strage.

thor: anche qui

lancia di Odino, che decideva della battaglia

che

feciali

Il

simile

romani dichiaravano

ferratam sanguineam praeustam


le

vecchie credenze popolari

si

la

si

sopra

gittato

fatto questo,

una lancia

canta nella Eryhryygiasaga di Stein-

rando

dardo

primo

gittarlo sopra l'esercito nemico

Appena

il

il

di StyrbiOrn e lo colp di cecit prepa-

cos la

ma

domanda. Allora apparve un


quello don ad

avendo un largo cappello sulla testa

canna, ammaestrando a

di

a Thoro,

vittoria, protestando contentarsi

di alta statura,

contendeva con Styr-

le

teste dei
.

Il

nemici pare essere la

Wesselofsky ricorda anche

guerra gettando in terra nemica

hastam

In ogni modo, romane o germaniche,

sono perpetuate nei cantari del secolo XIV,

che sarebbero tutti da studiarsi sotto questo punto di vista. Fossero

loro imitazioni e rifacimenti o semplicemente traduzioni

le

opere

dal francese, non

traduttori del Medio evo non erano quelli di og-

bisogna dimenticare che

gid e spesso assunsero la parte dell'autore, introducendo nel concetto ori-

ginale molto di loro proprio o proprio della nazione a cui appartenevano

Ecco perch

lo studio della

che ha di fantasioso

e poetico,

e dell'arte della nazione.

leggenda mi pare non solo affascinante per quello

ma

anche necessario per

la storia del pensiero

CANTASI LEGGENDARI ITALIANI

139

fort est la poison et novele;


la damoisele

a esgarde

et Mlior tote ouble.

Sa mre entent
et son

tant

le

la parole

semblant

demaine

qu'il afole;

Mie

la

qu'il la requiert de

folie...

Quello che pi spiccatamente caratteristico nel romanzo del

Pucci l'apparato orientale del racconto

la

magnificenza sfar-

zosa di quella corte asiatica, la variet dei colori, dei

tipi,

vesti, l'intervento di potenze strane e contraffatte, quali

roni di

Forse

Maometto

bonsi (1346).
tato

Libro d'oltremare

Ma

io

semplicemente

di

trasferire

si

il

Pucci abbia ten-

nel dominio della leggenda

del misterioso oriente lontano,

leggono nel Milione di Marco Polo. Mi

Milione l'accusa esplicita che

il

tra canti e balli giocondi, e di

fa

un luogo

mondo avea alcun

diletto

costei l'avea tutto al suo cospetto,

siccome

s'

eran canti di vantaggio

ed istrumenti d'ogni condizione,


con cento damigelle d'un paraggi

cantavan e sonavan per ragione.

EU'eran tanto belle nel visaggio


che agnoli parean, non che persone...
e disse al papa:

una che

fa del

al

di delizie,

non credere ad altro paradiso,

che a questo paradiso terreno.


se nel

pensare

papa e l'imperatore fanno alla

sultana d'Oriente di trasformare la corte in

...

come po-

Niccol da Poggi-

di frate

credo pi probabile che

quelle meravigliose descrizioni

che

ba-

poeta fu eccitata dalla lettura di qualche

relazione dei viaggiatori in Terrasanta e de' palmieri,


il

e le stregonerie e le malizie diaboliche di essi.

la fantasia del

trebbe essere

delle

In cotal parte regna

mondo

paradiso

e for di questa vita ogni altra sdegna...


(i?.

d'O.,

I,

4-8).

140

LITI

X.

questa precisamente la descrizione che Marco Polo ci fa

della corte del Veglio della

montagna e degli

assassini

e del

giardino mirabile ove erano donzelli e donzelle, gli pi belli

mondo

del

e che meglio sapevano cantare e sonare e ballare

e faceva lo Veglio credere a costoro che quello era lo para-

diso

(1).

perci

di belle

il fece,

miele e di vino

perch Malcometto disse che chi andasse in paradiso avrebbe

femmine tante quante

contrada credevano veramente che quello fosse

gli saracini di quella

[Gli giovani]

radiso.

volesse e quivi troverebbe fiumi di latte e di

e perci lo fece simile a quello che avea detto Malcometto.

...

veramente

si

credevano essere in paradiso.

lo pa-

queste

donzelle sempre istavano con loro in canti e in grandi sollazzi.

Intorno alla ricca materia degli influssi del Milione sulla leg-

genda assai ancora mi resterebbe da dire;

impormi

il

ma

qui io voglio

silenzio e pi lo 'ngegno aflreno ch'io

non

soglio .

XV.

Madonna
Questo cantare

si

riconnette con due motivi leggendari assai

ricchi e diffusi, con quello della

tata

Ariodante e Ginevra

e con quello della scommessa

Nel mese

di

una

di

scuno dei baroni vanta

italiani,

XXX),

e seg.

p.

36

consacrazione del-

qW Orlando Furioso,
solito

tenere corte

di

queste feste proposto un vanto e ciale

proprie ricchezze o la bellezza della

M. Polo, llMiliotie secondo

gli altri codici

la

maggio Carlomagno era

bandita. Durante

voi.

donna calunniata e persegui-

che ebbe nella nostra letteratura

l'arte nell'episodio di

(1)

Elena.

ti testo

della

Crusca

reintegrato con

a cura di D. Olivieri, Bari, 1912 (Scritt. d'Italia,

CANTARI LBGGENDAKI ITALIANI

moglie
si

della sorella (1);

Ruggero

Mompellier naturalmente

gloria di possedere la sposa pi bella e pi virtuosa di questo

mondo. E

mente

Ma

non

infatti

conosceva allora dama pi meravigliosa-

si

madonna

bella di

Elena, figlia di Amerigo da Narbona

(2).

Guernieri d'Oltremare, falso e malvagio, non tollera

vanto del buon Ruggero e dice

(1)

di

come

si

lezze di

aver auto tutto

il

il

suo volere

questi vmiti accenna assai di frequente la leggenda medievale; cfr.

C. Nykop, Storia dell'epopea francese

di

di

141

visto,
lei

il

re fa esporre

cit.,

nuda

a gara coi suoi baroni.

la

Un

pp. 119-120. Nel lais di Graelent,

regina su un palco e vanta

vanto simile

si

le bel-

ha

nel primo cantare

ma

anche delle parole

Liombruno:
40

l'altro di si fece ritornare

i baron tutti qaanti,


ed ordin che ciascun si vantasse
e poscia il vanto innanzi lui provasse.

in sa la sala

41

vantava di bella mogliere


ohi si vantava di bella magione
ohi di cavai corrente e buon destriere,

Chi

si

ohi di gentil sparviero o di falcone


chi di palazzi o di gran torri altiere
chi si vantava di tal condizione.
'

Se non che

le

somiglianze precise, non solo di sostanza,

mi fanno dubitare che il cantastorie


direttamente proprio alle ott. IX-X di questo

Liombruno abbia

e delle rime,

di

tinto

cantare:

at-

e a ciascun fu mestier che si vantasse

poi oonvenia ohe

'1

vanto provasse

IO

Chi si vantava di bella moglieri,


qual si vantava di bella sorella,
d'aver bell'armi e correnti destrieri
o ricco di oittade e di castella,
d'astor o bracchi o correnti levrieri,
o per amica aver bella donzella
e chi si

vanta d'oro e d'ariento


prod'uomo in torniamento.

e ohi d'esser

(2)

Amerigo

di

Narbona

pendiate nel romanzo


gaises

2,

Le

uno dei personaggi del ciclo di leggende comGautier, Les popes fran-

storie narhonesi. Cfr. L.

IV, pp. 231 e segg.: Nyrop, Op.

intitolato

appunto

cit., p.

Americo di Narbona

130.

Un

(cod.

Maglb. VII, 761).

cantare del

sec.

XIV

Il
142

LEVI

E.

da quella dama cosi virtuosa e

si

offre di

darne

un mese recando davanti a Carlomagno alcuni


letto di

madonna

le

prove entro

gioielli e

un ve-

Elena. Poi coi suoi cavalieri va ad armeggiare

Gironda e con molte lusinghe

sotto le finestre del castello di

ot-

tiene da una cameriera non solo una compiuta descrizione delle


bellezze di

madonna Elena e

dei suoi figliuoletti Arnaldo e Giron-

ma anche un

dino, e dei portentosi segreti del castello,

uno scheggiale argenteo

della

dama.

Il

anello e

perfido Guarnieri d ad

intendere ai suoi baroni che quella donna, con la quale aveva

avuto quei misteriosi colloqui, fosse proprio madonna Elena e poi,

Carlomagno tutte

trionfante, arreca a

rubate dalla ca-

le gioie

meriera. Convinto da quelle prove del tradimento della sua sposa,

Ruggero disperatamente chiede commiato a Carlomagno, cavalca


a briglia sciolta verso Gironda, entra nella

mini e donne, uccide


letti

le guai-die,

e getta dalla finestra

un fiume e per

la

citt, vi

uccide persino

madonna

Elena.

Ma

uccide uo-

suoi due figliuo-

Elena cade

in

miracolosa protezione di Ges Cristo riesce

a guadagnare, sana e salva, la riva; subito invia un messaggero

padre perch con un esercito muova verso Parigi a trarre

al

vendetta

di

quei misfatti

senza attendere scorta, ella stessa

e,

accorre alla corte di Carlomagno. Quando Elena arriva, Ruggero


sta

per essere condotto a morte, secondo

impavida donna

si

fa

mano che Guarnieri

colle

armi

nieri

oppone scuse e pretesti;

alla

egli

fendersi dagli aspri colpi dell'eroina

e abbattuto. Elena
fessa

il

patti del vanto.

La

innanzi e offre all'imperatore di provare

traditore.

Invano Guar-

alla gola;

tradimento della cameriera e

la

allora egli con-

sua calunnia. All'udire

quella confessione, Ruggero, disperato per l'assassinio dei

fugge come pazzo da Parigi.

Ma

Elena

conduce davanti all'imperatare e

gli

di-

in pochi istanti egli vinto

spada

gli colla

un

deve prendere campo e

figli,

lo fa rintracciare, lo ri-

perdona.

L'argomento del cantare press'a poco quello della novella IX


della seconda giornata del

menti sono
canti.

trasferiti dal

Parigi, in

Decamerone, dove per

mondo

una brigata

di

gli

avveni-

cavalleresco in quello dei mer-

mercanti genovesi, Ambrogiolo

CANTARI LEGGBNDABI ITALIANI

da Piacenza scommette

di

provare entro tre mesi che la moglie

Bernab Lomellino, della quale

di

143

vanta la virt, la sua

si

amante. Nascosto entro una cesta, riesce a penetrare nella stanza

da letto della dama e

poi, ritornato a Parigi descrive

le

cose pi intime e le bellezze del corpo di

si

dichiara vinto. Egli ritorna a

Ma

moglie che ritiene infedele.

fare uccidere la

sfugge alla morte e dopo

ella

molte avventure riesce a provare

sicch Bernab

lei;

Genova per

casa,

la

marito

al

tradimento e la

il

calunnia di Ambrogiolo da Piacenza. Dalla novella boccaccesca

almeno da alcuni episodi

di essa deriva

il

pi celebre degli

svolgimenti artistici del vecchio motivo leggendario, la romanzesca e fantasiosa tragedia di Cymbeline di Shakespeare

Un

altro riscontro della versione poetica italiana della

pu additarsi nel

gi'azioso

ed elegante romanzo della Violetta,

che fu composto nel primo trentennio del

(1) Cfr. E.

(1).

leggenda

XIII

sec.

(2).

Du-

Ohle, Shakespeare's Cymhelyne und seine romanischen Vor-

laufer, Berlin, 1890.

Roman

(2)
sicle,

de la Violette ou de Gerard de Nevers,

en

par Gibert de Montreuil, publi pour la premire

mss. de la Bibl. Royale par Francois Michel, Paris, 1834.

tradazione tedesca pubblicata nella

vers,

du XIII*

fois d'aprs

deui

Se ne fece una

Sammlung Romantischer Dichtungen

des

Dal romanzo di Gicelebre melodramma di Weber, Eurianthe

Mittelalters, hgg. von Friedrich Schlegel, Leipzig, 1804.

berto di Montreuil pure tratto

Intorno

(1824).

il

all'origine del

romanzo

della Violetta, cfr. A. Rochs, TJeher

den Veilchenronmn tind d. Wanderung


Douglas Labarree Boffitm, Le roman de
tJie

gine 472-478. Secondo


tra

Halle,

1882;

a Study ofthe Manu-

Comte de

il

Boffum

la fonte del

Roman

de la Violette

(scritto

1250) sarebbe la prima parte (vv. 1-1229) del romanzo del


Poitiers. Il Comte de Poitiers un racconto crudo, truce, vio-

1225 e

il

lento,

Euriantesage ,

and the originai Dialect, Baltimore, Furst, 1904; Idem, The source
roman de la Violette, nella Romanie Review, voi. IV (1913), pa-

scripts

of

d.

la Violette,

il

composto evidentemente per una societ primitiva. Le pi notevoli vail romanzo della Violetta presenta rispetto al Comte de Poitiers,

riet che

sono

il

appunto

segno di riconoscimento dell'eroina

da quel

fiore,

e la

(il

fiore), il titolo,

frequente citazione

che trae origine

di canzonette a ballo; per

si riallaccia al Roman de la Rose ou de Guillaume de Dole (p. d'aprs le ms. du Vatican p. G. Servois, Socit des A. T. F.,
1893). Il romanzo della Rose fu composto verso il 1200. Insomma il BoflFum

questi caratteri la Violette

1
144

K.

rante una festa,

lo

il

conte di Nevers vanta le bellezze e le virt

amie Euriante

della sua biele

LEVI

contraddice e allora

si

di Savoia. Liziart, conte di Forez,

propone che se

egli entro otto giorni

riuscir a sedurre Euriante, otterr la contea di Nevers, se in-

vece

fallir nei suoi tentativi,

dovr cedere

al

competitore la

contea di Foresi Goll'aiuto di una vecchia, Liziart riesce a vedere, attraverso


ella

un

forellino,

Euriante nel bagno, e nota che

ha un neo, una violetta desor sa destre raamelete

di questa

ma

uccidere Euriante,

come Ruggieri

alla fine,

dopo

di lei si rivela in tutta la

Nel Quattrocento

la novella della

in prosa da Feliciano Antiquai'io in

Justa Victoria

(1).

cantare di M. Elena;

infinite a^'venture, l'in-

il

suo

vi

perfido

delitto.

un lungo racconto

L'argomento essenziale

ma

il

scommessa fu narrata
intito-

lo stesso del

sono delle profonde varianti nei

donna calunniata

particolari: la pi notevole si che qui la


sorella,

nel cantare, vuole

sua fulgidezza e

calunniatore deve confessare, morendo,

lato

Forte

scoperta, Liziart ritoma alla corte ed dichiarato

vincitore del vanto; Gerardo

nocenza

non moglie del protagonista. Naturalmente questo dram-

matico motivo leggendario non pu mancare nella tradizione


popolare

ma non

e infatti ne abbiamo parecchie versioni,

antiche, nelle fiabe e nelle novellette toscane e siciliane

molto
(2).

motivo della donna perseguitata e della scommessa

Il

cos ricco, che

riscontri potrebbero moltiplicarsi infinitamente.

penetrante giudizio del Paris, secondo

ribadisce

il

breve,

C. de Poitters,

il

est

une ceuvre

il

quale

poemetto pi

il

charme

singulire, pleine de

et de

bizarrerie, barbare et rude e invece la redazione pi diffusa, la Violette,

est

ce

une ceuvre
que

(1)

La

le

raffine, un roman mondain, un roman


mot comporte de qualits et de dfauts .

novella di Justa Victoria fu pubblicata

di

Riccard. 1459 da G. Papanti, Catalogo dei novellieri

1871, voi. n, p.
(2)

La

sul
ital.

la

mode, avec tout

codice

autografo

in prosa, Livorno,

1.

novella toscana del Signor Giovanni e quelle siciliane

Jju re di Spagna,

La

TozzETTi, Cantare di

Ervbianca,

stivala furono indicate e analizzate da 0. Targioni-

Madonna Elena

Scria- Vitali), pp. 22-28.

imperatiice,

Livorno, 1880

(nozze

Ma

CANTAKI LBGGBNDABI' ITALIANI

145

inutile ogni altro apparato d'erudizione poich la leggenda

gi stata minuziosamente studiata, nei suoi atteggiamenti e

nel suo svolgimento attraverso

secoli,

da Gaston Paris

(1).

La forma primitiva del mito deve essere quel racconto brutale, violento

timenti e le

e sanguinoso, che pi degli altri rispecchia

idee d'un'umanit inferiore e selvaggia

sen-

due uomini

fanno una scommessa intorno alla virt d'una donna, che la


sorella di

uno

di essi

l'uno crede di averla sedotta e in segno

della sua vittoria annuncia di averla mutilata

mano

il

aveva detto

aver mutilati,

di

dito o la

lo

braccio,

il

ma

confonde e

lo

che

seduttore

il

poema

testi

bizan-

una novella gallese del secolo XIII, un poemetto tedesco

del XIII secolo, tradotto da


di

donna

convince.

pi cospicui di questa selvaggia leggenda sono un


tino,

la

da una ancella e mo-

era fatta sostituire nel letto profanato


strando intatto

un

originale francese da Ruprecht

Wurzburg, / due mercanti di Verdun, e una commedia

composta a Norimberga da Jakob Ayrer,


lichen Rdthen.

Il

Paris crede

Von zweyen fursi-

che questo mito

sia

venuto

al-

l'Europa dal pi lontano Oriente, perch esso presuppone una

umana sprezzante dei legami famigliari e della santit


La donna intorno alla quale si accende
disputa, la sorella d'uno dei contendenti, non la sposa, come

societ

delle leggi del sangue.


la

raccontano

forme poetiche a noi pi vicine.

le

sottrae alla seduzione sostituendo a s stessa


sostituzione,

che

nega ogni valore

di

una

umanit

la

donna

si

serva. Questa
all'

ancella,

la

quale viene a cuor leggero abbrutita e disonorata nel letto non


suo,

(1)

non pu essere

G. Paris,

Le

stata

cycle de la

immaginata che nei tempi, in cui

Gageure

nella

la

Boinania, XXXII, pa-

gine 481 e segg. Sono lezioni tenute al Collge de Prance, trascritte e riordinate da J. Bdier.
voro

col

di studi

titolo:
critici,

Le

Il

Paris aveva prima

pubblicato una parte di quel la-

dans Boccace, nella Miscellanea


Arturo Graf, Bergamo, 1903, pp. 107-116.

conte de la Gageure

ed. in onore

di

In qualche parte del mirabile lavoro

si

avverte qualche incertezza, che forse

ulteriori meditazioni avrebbero dissipata.

GHornale storico

Sappi,

n l.

10

140

K.

LEVI

servit limitava ad alcune classi privilegiate

femminile. Nel medio evo


cosi vivi

culto e

il

ed era cosi vivo

il

persino l'onore

donna erano

rispetto della

il

concetto

dell'

uguaglianza fonda-

mentale degli uomini, che un tale racconto sarebbe sembrato


assurdo. Per questa ragione

tratti pi brutali

e crudeli di quel

mito barbarico vennero raddolciti e mutati. Alla sorella


stitu la

moglie d'uno dei contendenti e

queir infelice

come prova

sostitu,

si

so-

si

mutilazione di

alla

della seduzione,

l'

indica-

zione da parte del seduttore di qualche segno materiale di

ri-

E con

ci

conoscimento, un neo, una macchia, qualche gioiello.


si

venne a risparmiare quel barbaro e raccapricciante spargi-

mento

di sangue.

Cosi potato e rassettato,

l'albero prodigioso

ebbe una vita cos intensa e robusta che

della leggenda

divennero una selva

impenetrabile, intricata;

folta,

riesce al nostro pensiero di rimettervi l'ordine.

Il

rami

n sempre

Paris distingue

tre grandi classi. L'una (^4) quella selvaggia e barbarica che

ha a fondamento
essa.

la sostituzione dell'ancella

La seconda

(B),

per dato comune

la

che

la

la

mutilazione di

pi ricca di varianti, ha sempre

mala fede del presunto seduttore,

vanta di aver posseduto l'eroina, pur sapendo

quale

il

di asserire

cosa

non vera. Nella terza (C) l'eroina non ha parte alcuna nel
riconoscimento della sua

innocenza.

serie di avvenimenti imprevisti

menzogna e

sulla

di

si

strappare

il

caso,

che con una

incarica di vendicare la verit


al

reo la confessione dei suoi

delitti.

Al gruppo

probabilmente
dianzi iniziava

si

riattaccano infinite sottoclassi

non

di origine francese,
il

racconto

ne sono

ha pi

si

testi

Nell'una,

la sfida,

memorabili

il

de la Rose ou de Guillaume de Dole (1199-1201) e

media Eufemia

Un

di

Roman
la

com-

Lope de Rueda.

altro tipo di novelle quello delle tradizioni popolari ita-

liane,

delle fiabe siciliane dei I>ue figli del principe di

teleone, della Stivala, di

si

ha sempre

Mon-

Ervabianca, della nov. Justa Victoria

di Feliciano Antiquario e della

Qui

che

Pianella

di

ma

la

la sfida iniziale

Domenico Batacchi.
donna, che

la so-

rella d'uno dei

CANTARI LBGGBNDABI ITALIANI

due contendenti, per dimostrare

un oggetto che
suo nemico, un guanto, una

147
la

menzogna

del

paio con

un

millantatore presenta al re

fa

altro recato dal

pantofola,

nella, e

accusa di furto

il

il

una

getto depareill inutile e deve essere stata fatta

una

sol

sicch riesce relativamente facile ricostruire la storia e

volta,
la

pia-

mentitore. Questa invenzione dell'og-

vicenda di questo mito fantastico. Esso appare di fattura schiet-

tamente

italiana.

La novella

del Boccaccio (Becam.,

II,

9)

non

riconnette ne

si

con quelle novelle popolari italiane, n col cantare di M. Siena,

ma forma un gruppo

a parte con un'altra novella italiana ano-

nima del Trecento e con una novella pur


cui

italiana perduta, di

ha una versione tedesca stampata a Norimberga nel 1489,

si

e con una parte dell'intreccio dello shakespeariano Cymbeline.


L'originale deve essere

una novella

italiana del secolo XIII, po-

steriore al 1252.

Un

posto a parte, nella storia del gruppo B,

tare di

M. Elena, che ha

vide con alcun altro racconto alfine


sola, rivendica

suo buon

il

occupa

dei tratti caratteristici,

diritto, si

che era stato testimone della

sfida,

candi-

donna calunniata, da

la

il

che non

presenta alla corte del

e atterra nel torneo

il

re,

suo

vile calunniatore.

Hanno qualche somiglianza con M. Elena, per la virile energia


un gruppo di novelle

dell'eroina e per qualche altro carattere,

russe ed ebraico-tedesche
tiene

il

verso

il

1380, e

Le roi Flore
I

un

altro gruppo,

il

romanzo piccardo-vallone

quale appar-

in prosa, del sec. XIII,

et la belle Jehanne.

costi-

l'ultima delle famiglie (C) delia leggenda.

In

differenza di quel che avviene negli altri racconti,

la

soli

donna non partecipa per nulla all'azione.


prova l'innocenza,
il

al

due romanzi del Cornte de Poiliers e della Violetta

tuiscono da
essi,

miracolo di Othon roi d' Espagne composto a Parigi

il

marito che sfida

il

la fortuna

che ne

traditore e ne affretta

castigo.

Insomma, attraverso

la selva dei miti

e delle creazioni fan-

148

LEVI

E.

noi assistiamo

tastiche dell'Europa,

lenta purificazione di

alla

quel motivo barbaro e selvaggio della donna mutilata e violata.

La

novella, che trae

giunge

l'

ispirazione dal dispregio della femmina,

donna casta e virtuosa, che con

alla glorificazione della

eroica fermezza supera le vicende della vita e vince le crudeli

prove del destino. Ed una lezione di umanit, che

ci

viene su

dal profondo dei secoli.

cantare conservato da due codici del Quattrocento

Il

ma

appartiene senza dubbio

positiva della sua antichit

mente

come

si

visto

al

ha nelle

si

pi puro Trecento.
ott. 9-10,

(1),

Una prova

che sono certa-

la fonte delle ott. 40-41 di

Liom-

bruno.

nomi francesi o provenzali degli

nieri,
al

Amerigo

Paris che

di

cantare abbia a fondamento un originale fran-

il

provenzale,

cese

che oggi noi non conosciamo

trebbe anche darsi che

conoscere

il

mondo borghese

un colore

Si noti

che avevano tanta fortuna in mezzo

che nei codici

imperahHce, mentre

il

cantare ha

il

di imperatrici

titolo di

nelle ottave che seguono. Quel titolo fu

di

mondo

locale pi

ressante e pi vivace alla sua creazione e per imitare


di cavalleria,

po-

volutamente trasferita

o dall'ambiente orientale nel

per dare

cavalleresco provenzale,

Ma

pi.

cantastorie nostrano, che doveva ben

ciclo epico narbonese, abbia

il

l'azione dal

eroi dell'av'^'entura, Guar-

Narbona, Arnaldo, Girondino, fanno credere

inte-

romanzi

al pubblico.

Madonna Elena

imperi non parola

messo

in fronte al can-

tare semplicemente perch una delle leggende pi diffuse era

appunto quella
notare

il

di

Paris,

Sant' Elena imperatrice.

est appele

Elena,

mcaniquement imperatrice

cause de Sainte Hlne, toujours ainsi qualifie

(1)

Cod.

CCXm,

e.

CLX

(2) G. Paris,

di Perugia; cod. Moreniano-Bigazzi,

Le

pi

cycle de la
diffusi

Crogeure

cit., p.

526

n.

Uno

dei libri po-

(ne conosco una ventina di edizioni) la

Leg-

Elena imperatrice, madre di Costantino imperatore, nella quale


dichiara come Ella ritrov la Croce di N. S. Ges Cristo , ecc.

genda

si

Comun.

(2).

136.

polari italiani

della Bibliot.

gi ebbe a

di S.

CANTARI LEGGENDARI ITALIANI

149

XVI.

Gerbino.
L'argomento del cantare
della quarta giornata del

glielmo

II

re di Sicilia,

re di Tunisi, e le

danzata

si

di

Cerbino quello stesso nella nov. 4

Decamerone. Gerbino, nipote di Guinnamora per fama di Elena, figlia del

manda doni

e messaggi;

ma

ella

viene

fi-

Granata e imbarcata su una nave per essere

al re di

condotta nel nuovo regno e nella nuova casa. Ben conoscendo

l'amore di Gerbino per Elena e temendo qualche violenza da


parte di

lui, il

re di Tunisi ottiene da Gugliemo

inermi navi nuziali. Gerbino, disperato per

le

tura, si apposta

la

con alcune galee corsare presso

liberare la sua innamorata.

Ma

la

II

sicurt per

sua disavven-

Sardegna per

l'equipaggio della nave saracena,

vistosi sopraffatto dall'impeto dei marinai messinesi di Cerbino,

nemico

piuttosto che cedere al

si

bella e preziosa preda, uccide

sventurata Elena in presenza di Cerbino. Inutile dire

la

del principe innamorato


alla

sua spada.

Ma

il

Neppure uno

re di Tunisi

il

furore

dei crudeli nemici sfuggi

mand

subito un'ambasceria al

re Guglielmo di Sicilia per lamentare l'aflronto e chiedere la con-

danna del colpevole.

Il

nere la parola data e

dannare a morte

La
fatto

sicurt promessa, fu costretto a con-

nipote Gerbino.

tragica storia d'amore

uno svolgimento leggendario d'un

realmente avvenuto o almeno raccontato come tale da Ro-

berto, abate del


(n.

il

vecchio Sovrano di Palermo, per mante-

la

monastero del Monte

S.

Michele in Normandia

Ilio circa; m. 1186), nella continuazione alla Cronaca di Si-

geberto di Gemblours

(1)

(1):

Roberti de Monte, Cranaca,

Hist., Serptores, voi. VI, p. 528.

Bethmann in Montini. Genn.


M. Amari, Storia dei Mustdmant di

ed. L. C.

150

LEVI

E.

[Anno 1174]

Rex Marroc, in cuius potestate

cenorum duceret eam

in uxorem.

Quam

nerunt et adduxerunt ad dominum

cum

patre eius, illa reddita;

est tota Affrica et etiam

suam ut quidam Rex Sarra-

Sarraceni, qui sunt in Hispania, mittebat filiara

stolus et galee regis Siciliae interve-

saum; unde

rex, letas, pacificatus

et pater eius reddidit regi Siciliae

quam

tates, scilicet Affricam et Sibiliam,

duas

est

civi-

Sarraceni abstulerant Willermo, regi

Siciliae, patri istius regis.

L'antichit della cronaca attesta che se la tragica storia

non

vera, almeno era largamente diffusa e accolta per vera nel secolo XII. Al racconto del

monaco non manca

altro

che l'amore

Gerbino e di Elena perch sia ormai gi compiuta, in ogni suo

di

elemento essenziale,

la

leggenda novellistica, che

volle incastonare nella collana del Decame7^one.

caccio e secondo

manni

Cantare di Gerbino

il

la

il

Boccaccio

Secondo

il

Boc-

genealogia dei Nor-

di Sicilia e del protagonista della novella sconvolta o

trasfigurata

Gerbino

Guglielmo

al padre,

detto figlio di un Ruggero, premorto

ivi

il

malo, e alla sorella Gostanza.

non sorella

fu in realt zia e

Ma Costanza

Ruggero. L'errore del cuitarr

di

e del Decame^one riprodotto anche nel profilo di Costanza,

che nel De claris mulieribus

Non

so se nel secolo XIII

il

ciato al ricordo della leggenda


diffuso

anche

in

Toscana

(1).

nome

Monte

S. Michele:

glielmo,

l'ai-niata siciliana

re saraceno.

Ma

tando che

Almohade

di

Gerbino gi fosse asso-

primi albori del Trecento

ai

Sicilia, voi. Ili, P. II, Firenze, 1872, p. 516,

del

di

normanna. Certo quel nome

nega fede

(2),

al racconto del

e in

monaco

Se meritasse piena fede Roberto, abbate del Monte

S. Michele, si direbbe che

Abn Jakb

fu vinto dalla cortesia del re

Gu-

quale gli aveva rimandata libera una sua figliuola, presa dal-

il

l'

sopra un legno

il

fine del

Affrica e Zawila;

il

(1) Cfr. per tutto ci

almohade, che

la

conduceva sposa a un

racconto scema autorit al cominciamento, por-

alla sua volta restituisse al re di Sicilia le

che non fu, n poteva essere

due citt

M. Landau, Die Quelen des Decameron, Stuttgart,

1884, pp. 327-330.


(2)

il

Un

Cerbinus

filius

Tencini

fratello Francesco, citato in

pel quale

documenti

si

resero

mallevadori Dante

fiorentini del 31

marzo

1-300 e

CANTARI LEGGENDARI ITALIANI

Lombardia gi entra a

far parte del repertorio poetico d'un cu-

Tra

rioso giullare e cantastorie, Zaffarino (1).

gnoni che

si

151

radunano intorno

nel curioso bischi^o

gli allegi

al focolare di Zaffarino citato,

della ci, anche

e quello stesso ver Zerbino

compa-

il

compare

, tristo

bon Gierbino ;
di

madonna Ma-

lanconia, ricordato nel Testamento o Stentamento di Zaffarino

ncuora

119

lassa a

dona Malanconia

sua comare, e a suo culpare,


il

Nel

ver

Zerbino,

lo molino...

787 Mario Pagano trasse dalla leggendaria avventura di

Gerbino una sua truce e raccapricciante tragedia,


Griovanni Lami, che attribuiva

il

cantare

Il

Gerbino

al secolo

(2).

XIV, du-

bitava che esso potesse essere una delle fonti della novella del

Decamerone. Questa novella

si

trova in ottava rima, opera

(per quanto pare) d'un poeta toscano ignoto,


sere del secolo XIV, e non solamente

si

il

quale pu es-

trova in rima

ancora data alla luce colle stampe nel seguente secolo


quanto per

del 2

marzo 1301

S.

cfr.

di Francesco Alighieri,
voi.

XIV,

(1) Cfr.

p.

(2)

ma
e

Monna

sue nozze con

ma

ma

del

poi, per

di

re

svolto assai liberamente

chiamata Erbele, non viene

tratta su una nave coi-sara a Granata

cade prigioniero

Povert, nel Bui-

voi. Ili, pp. 3-14.

mutato. Elena, che qui

anche Gerbino sfugge alla

Granata, Osmida. Osmida condanna a

un impulso di tardiva generosit,

fa

fermare la

del carnefice e stabilisce di non opporsi pi alle nozze dei due amanti,

Gerbino ed Erbele;

ormai ha gi bevuto

mennone,

ma
il

Erbele, disperata per

il

supplizio del suo fidanzato^

veleno e muore. Cfr. Il Gerbino, ti-agedia e V Aga-

monodramma-lirico dell'avvocato Francesco Mario Pagano,

ecc.,

fratelli Raimondi; D. Cassino, Il teatro


MDCCLXXXVII, presso
M. Pagano e la critica di P. Napoli-Signoreli, Napoli, 1907.

Napoli,

di F.

le

di cose francescane, 1909,

morte Gerbino,

mano

Un nuovo documento di Dante e


dUa Societ Dantesca italiana, N. S.,

L'argomento pare tratto dal Boccaccio,

morte

vi

127.

ed profondamente
uccisa,

per

Debenedetti,

in BuJlett.

E. Levi, Zaffarino e

lettino critico

pu giudicare dall'impressione, poich non

si

ma

152

LEVI

K.

nome

data di anno, n

osserva che nel cantare

invece certamente

luogo o stampatore

di

Lami

Il

(1).

Boccaccio non mai nominato, come

il

sarebbe fatto se esso fosse posteriore

si

JDecamerone, e che

lo

al

svolgimento dell'azione cosi ampio e

avviluppato che non pu credersi un rimaneggiamento della

Ma

novella boccaccesca.

dopo

le

acute osservazioni di Luciano

Scarabelli (2) nessuno pu attenersi all'opinione, cosi incerta-

mente e debolmente suffragata


Lo

fiorentino.

stile

dai

del

fatti,

vecchio erudito

verso del cantare sono lontanissimi

il

ingenua freschezza dei tempi del Boccaccio e

dalla

non s'accorda con quella,

di

semplice e schietta, d'un

solito

inventore. Ci che poi condanna l'altrui giudizio la

nella quale sono

versi

navano Che fanno

Arme,

st.

LUI,

scoppietti e priete rinto-

legni in su l'acqua tremare.

e'

lusso

il

un rimaneggiatore,

degli ornamenti retorici tradisce l'arte di

Scop-

* pietti al tempo del Boccaccio non erano, se v'erano schioppi


e quegli schioppi erano

grossi che stavano a posta.

si

Uno,

al tempo della peste, descritto dal Boccaccio, era a difendere


la testa del ponte sul Po a Torino; uno

al castello di Frassi-

arma

fosse ridotta

gevole, pass di gran tempo e fu per le

campagne e

neto, pure sul Po. Prima che tale

altro tempo pass avanti che

si

di quelle condotte da Gerbino.

'

balestra

tremare

(1)
col.

perch

',

il

N mi

e.

legni sull'acqua

'

venga a dire che per


LVIII del Morgante
rintonamento

La balestra non

Novelle letterarie, pubblicate in Firenze l'anno

'

che

fa fracasso e

MDCCLV,

fa
il

tomo XVI,

161 e segg.; l'articolo poi ristampato in [G. Lami], Appendice alVI-

histrazione istorica del Boccaccio scritta


pp. 32-36.
p.

si

verso parla di
'.

maneggiasse sulle navi, e navi

scoppietto pu intendersi come nel


la

manegle citt

380

Intorno

e seg.

Non

se

alle

stampe

ne conoscono

Quattrocento, un' altra

forse

Firenze, 1858, p. 184). Se ne

La

da D. M. Manni, Milano, 1820,

Cerbino

cfr.

manoscritti;

il

Fiore di leggende

cit.,

un'edizione della fine del

del 1502 (Molini, Operette bibliografiche,


ha una ristampa, anonima, ma curata da Teod,

Landoni, nella Scelta di curiosit


(2) L. Scarabelli,

di

letter.,

disp.

XXV.

tiovella di Cerbino, nel

Borghini,

a.

II, p.

236.

CANTARI LEGGENDARI ITALIANI

ma

volar dello strale fischia nell'aria,


tutta gran cosa di rintuono

arme,

zich della prima met del Trecento,

153

lieve.

li

nel verso

scoppietti e priete
il

opera dell'estremo Quattrocento

lo stile, l'ottava si rivela

molti hanno voluto riconoscervi

il

An-

cantare per la lingua,


;

anzi,

fare del dicitore fiorentino

Primo libro dei Reali


rima e celebre improvvisatore in sulla piazza di
S. Martino (i). Ne l'attribuzione avventata. Basta scorrere il
cantare per trovarvi a colpo d'occhio le mode e i vezzi cari alla
Cristoforo, detto l'Altissimo, autore del

in ottava

poesia raffinata di quei precoci secentisti del Quattrocento (2);


i

paradossali contrapposti petrarcheschi,

derare del cuore (LXX,


rola, fatti sul

modello

8), le tirate

di quelli

di

come Vardere

retoriche,

e assi-

giuochi di pa-

Serafino Aquilano,

come

il

seguente (XGV, 1):

Amore amaro, oh
L'invocazione alle

Muse

lasso!,

(I,

1),

i'

moro,

le fitte citazioni di favole

nesimo, mentre la spezzatura del verso,

simo.

m'ero...

mi-

una penna posteriore non antecedente all'uma-

tologiche rivelano

daano

i'

il

goffo giro della frase

mano dell'Altis(XXXIV-XXXV), che

cantare l'impronta ben chiara della

al

Le enumerazioni

di

amanti celebri

pullulano nel Gerbino, sono frequenti nei Reali, frequentissime


negli Strambotti

come, per

le uggiosissime infilate di parole coordinate,

es., nell'ott.

...

LXXVIII:

grotte, selve, boschi, monti, piani,

e fiumi ed acqua e terra e rena e sassi,

poggi, piagge, padul, bui-ron, pantani,

(1) Visse negli ultimi

quecento;

cfr.

due decenni del Quattrocento

e nei primi

del Cin-

G. M. Mazzcchelli, Gli scrittori d'Italia, Brescia, 1743,

voi. I,

pag. 539.
(2)

Un

secentista precoce

botti e sonetti dell'Altissimo

Torino, 1886, p. xliv.

definito l'Altissimo

da R. Renier, Stram-

{Rarit bibliografiche e

scritti inediti, voi. II),

154

E.

LBVI

balze, campi, caverne, scogli e niassi,

luoghi deserti, ombrosi, alpestri, strani,


sugher, castagni, querce,

aceri...

ricordano quelle consimili degli Strambotti. Eccone, per

es.,

una

identica (stramb. XI):

perdo

servir, l'amor, la voce

e' passi, el

animo, stato, onor, carne,


et sol

mi

ossa,

nervi

resta per amarti al fine

pianti, sospiri, ardor, morte, ruine (1).

Anche

la

rima

Eco:

falsa

strambotto dell'Altissimo

Non

che deriva da un partico-

stecco,

lare difetto di pronuncia (ott.

LXXX),

quale in uno

tal

(2).

pu dunque essere dubbio

vi

si ti-ova

sulla paternit e sulla data

del Gerbino. Io ho creduto bene di includerlo nel Fiore di leg-

gende
S.

[XII] per dare un'idea delle opere, che

cantavano in

si

Martino a distanza di tanti decenni dal primo

fiore

della

nostra leggenda, e una prova della robusta vitalit della poesia


tradizionale anche in pieno Rinascimento. Nell'opera dell'Altis-

simo, dove abbiamo sorpreso tanti accenti classicheggianti, tanti


echi

petrarcheschi e della lirica cortigiana del Quattrocento,

sono ancora ben

forti

poesia leggendaria.

e vive le tracce delle forme antiche della

Le eleganze erudite danno

di

gomito

alle

rozze ingenuit della lirica paesana.

Leggendo, per esempio,

nell'ott.

Amor
...

...

LXXXV,

vv.

m'accenna

ch'io debba la storia seguitare

per dare esempio a chi seguita Amore.

tornano subito alla memoria quelli della

(1) St.

XI

(2) Str.

dell'ediz. cit. Renier.

Vn (ediz. Renier,

p. vi).

Donna

del Vergi

(I)

GANTABI LBGGBNDABI ITALL^N

gloriosa,

155

vergine pulzella,

vo' la grazia tua addiraandare

i'

e dire 'n

rima una storia novella

per dare essemplo a chi intende d'amare.

E la sorpresa s accresce, quando riudiamo ai tempi del Bojardo e dell'Ariosto, squillare ancora, come sul bronzo d'una
campana

secolare,

il

rude verso della

Donna

del Vergi (LXVI):

e partine la testa dallo 'mbusto


il

nell'ott.

XGVI

magnanimo

duca, dritto e giusto!

del cantare di
el giustiziere

CerMno:

un colpo con tempesta

men...
e dallo

'mbusto gli lev la testa!

La vecchia leggenda ha

la

vita tenace e

non vuole ancora

morire.

XVII.

Conclusione.
Lasst aUe Vlker unter gleiohem Himmel
Sich gleioher Gabe wohlgemuth erfreaen.

GOKTHE.

Le numerose
luce tra

il

edizioni spicciolate dei cantari, che vennero in

1860 e

il

1880,

nire dei testi di lingua


role antiche.

Lo studio

non avevano

cio dei repertori di frasi e di pa-

dell'antica

esteriore e formale, animato da

Si ricordi chi legge

altra pretesa che di for-

uno

letteratura era

puramente

spirito critico fatuo e cieco.

scriveva uno di quei filologi

che in

autore di questa fatta sono da valutarsi le parole assai meglio


che le cose

Mossi dal preconcetto che


di

esempio

agli scrittori

testi antichi

moderni e che

dovessero servire

la lingua del

Trecento

156

LEVI

B.

fosse aurea (quasi che

tempo

in cui fu

quegli nomini

si

il

valore

d'

un

libro

dipendesse dal

composto e non dall'ingegno dello

scrittore),

rallegravano delle parole oscure e rare, delle

frasi sfuggite alla Crusca, dei costrutti contorti e sbilenchi

incontravano.
tutto quello

Insomma

amavano

essi

che essa contiene

di

nella

morto e

prestavano attenzione a quello che

e non

di sorpassato

libri antichi

ramente e profondamente importante, cio

che

letteratura antica

recano

di ve-

la traccia delle leg-

gende, dei sogni e dei miti che popolarono per tanti secoli la
fantasia degli

uomini.

che andavano in

filologi

visibilio

da-

vanti ai pi deliziosi spropositi della parlata volgare, che

si

nerivano di fronte alle parole, ignorando

medie-

vale che sta dietro ai cantari,

la letteratura

dovevano adattare

si

inte-

alla necessit

umiliante di non comprendere quei testi che ammiravano con


tanta ingenuit.

L'importanza dei cantari consiste, pi che nell'arte con cui


furono composti, nella loro materia:

tumando quella letteratura


studiosi

tichi

mente

il

come ho
la luce

in

molte edizioni spicciolate,

gli

an-

ne distrussero o almeno ne scemarono grande-

valore,

mentre ricomponendo

cantari nella loro serie,

tentato di fare nel Fiore di leggende^

si

rende loro

necessaria e l'importanza originale. Quando ai cantari

leggendari saranno aggiunti

leggenda. Perci, fran-

la

cantari

religiosi, noi

cantari ciclici,

potremo dire d'avere

un corpus gigantesco ed armonico,

tutto

il

cantari classici
sott' occhio, in

tesoro fantastico del

popolo italiano; ricordi, miti, leggende, visioni, tradizioni, odi

ed

affetti secolari.

La pubblicazione
che

il

del Fiore di leggende servir a dimostrare

popolo italiano non stato per nulla estraneo all'elabo-

razione della leggenda medievale,

La leggenda, come ogni

altra

come

si

asserisce tanto spesso.

forma del pensiero medievale,

cosmopolita e non conosce limiti di razza e di nazione.

Del

resto assurdo parlai*e di letterature nazionali e dei caratteri


etnici delle varie letterature durante
in cui lo spirito di nazionalit

il

medio evo, cio

in

tempo

non era ancor sorto ed era an-

;5fc.-

CANTABI LEGGENDARI ITALIANI

157

Cora cosi incerto e fluttuante lo spirito di razza. Gi


e in versi assai

belli,

Augusto Guglielmo Schlegel

(1)

lo disse,
:

Eins war Europa in den grossen Zeiten

Ein Vaterland, dess Boden hehr entsprossen,

Was Edle kann

Tod und Leben

in

leiten,

Ein Kitterthum schuf Kmpfer zu Genossen

Fur Einen Glauben woUten

alle streiten,

Die Herzen waren Ener Lieb erschlossen;

Da war auch Eine


In

Una

in verschiednen Zungen.

Contribuiscono alla for-

di quella poesia la fantasia orientale,

classico e

il

il

il

romanzo bizan-

vasto sbriciolarsi del

ricomporsi di quei frammenti in mille im-

previste e bizzarre maniere.

una

Poesie erklungen,

nun

ricordo delle epopee nazionali,

il

mondo

Sinn,

poesia sola in diverse favelle

mazione
tino,

Einem

La poesia

di quelle bizzarre cattedrali

sulle rovine dei templi pagani,

del medio evo

come

romaniche, che furono costruite

con

le spoglie delle divinit spo-

destate, coi capitelli e colle colonne abbattute, con fregi e bas-

da mille

sorilievi provenienti

sciamo benissimo
classici

ma

forma e

la

altri edifici diversi.

ciascuno di quei frammenti

l'arte di

la linea dell' edificio,

Noi ricono-

che ne

risulta,

nuova,

strana, fantasticamente bizzarra.

La leggenda

del

zione. Crollano e

medio evo un mondo fantastico

si

sbriciolano

in forma-

miti pagani, le parabole giu-

daiche, le vecchie epopee nazionali e nel vasto polverio di quella

rovina

si

ricercano,

si

adattano e

si

compongono insieme

di-

versi elementi della poesia europea.

Soltanto

quando

le

W.

tardi,

giovani nazioni

chiati nell'arte

(1) A.

pi

assai

caratteri

solamente nel periodo romantico,


si

compiacquero

di

vedere rispec-

del loro genio tradizionale e afier-

Schlegel, Prefaz. ai Blumenstraiisse Italianischer, Spanischer

und Portugiesischer

Poesie, Berlin, 1804, pp. 226-7.

}58

LEVI

B.

mati, persino nei tempi pi lontani,

segni della loro indivi-

grande fondo comune della poesia

dualit, allora soltanto dal

medievale, immenso e caotico tesoro,

cerc a gara di discer-

si

nere quanto fosse esclusivo degli uni o degli

altri,

dei franchi

Da

dei sassoni, degli iberi, dei celti o dei germani.

brama

di scoprire

avidit del retaggio


sulle letterature

manze
Anche

(i).

l'arte

origini

le

nazionali

quella

impadronirsi con

di

furono spinti innanzi

avi

degli

studi

gli

germaniche medievali e sulle letterature ro-

quell'ardore anim soltanto filologi ed eruditi.

ne ebbe fremiti ed entusiasmi nuovi. Herder rac-

Walter Scott ridiede

colse le ballate scozzesi,

medio evo

vita al

sassone e normanno, Tennyson ricant le leggende tradizionali


inglesi,

Uhland e Fouqu quelle germaniche, mentre Victor

Hugo porgeva
gli

l'orecchio all'eco della storia e della leggenda che

veniva dal fondo dei

Mentre Oltralpe

cosi

secoli.

dividevano

si

spoglie e

rimaneva indifferente e

dell'eredit medievale, l'Italia


1

le

territori

inattiva.

nostri romantici, imitatori per pigrizia e forse per ignoranza,

in luogo di risalire subito alle origini della nostra

e di rivendicare la parte nostra in quel

(1) Cfr.

Gertrud Richert, Die Anfange der romantschen

die deutsche Romantik, Halle, 1914.

sono in Italia, durante


veri e superficiali.

le

scalmane e

Quel poco che

si

ricordare che nel 1819

il

mezzo

si

mirando pi
della

ai

dell'Ariosto.

Ma

il

suo s&g^o Sui i)oemi narrativi

siero,

limpido

Terrario pubblic la
e infine, che nel 18.30

Essay on the romantic narrative

che va innanzi all'edizione londinese del Boiardo e

quale significato, quale importanza ebbero questi lavori

nella vita della nazione ?


solitari,

alle oscure

all'universale squallore, bisogna per

Foscolo compose

scrisse quel suo

mai po-

capolavori meditati

Rinascita, che

romanzeschi italiani {Opere, X, 135), nel 1828 il


Storia ed analisi degli antichi romanzi di cavalleria,
Poetry of the Italians

und

fece per chiaiire l'epopea ca-

Antonio Panizzi

PJiilologie

baruffe romantiche, quanto

le

fece, lo

omiai matura e cosciente

origini della poesia popolare. In

della

Gli studi sulla leggenda medievale

valleresca del Boiardo e dell'Ariosto, cio


e sicuri dell'arte

letteratura,

comune retaggio

sono paragonabili questi studi di pochi

queste troppo rapide intuizioni

che rischiarer pi tardi

del Tieck, degli Schlegel, dei

il

quasi

nostro orizzonte

Grimm

uomini

lampeggiamenti d'un pen-

con l'opera gigantesca

e dei romantici d'oltralpe?

CANTARI LEGGENDARI ITALIANI

poesia medievale,

fecero senz'altro seguaci degli stranieri ed

si

applaudirono a quell'usurpazione
la

159

(1).

poi invece di ritemprare

nostra poesia nell'onda fresca della letteratura delle origini,

popolarono

la

nostra fantasia di cose e personaggi a noi stra-

nieri, bardi, selve,

upupe e

gufi.

da un equivoco,

Dettata

la

nostra poesia romantica fu poesia di maniera, nutrita di insincerit.

Lo

quando

l'era poetica e creatrice del

studio del jiOstro medio evo

comincia assai tardi,

romanticismo

ed

finita,

incomincia la seconda era, quella della filologia e dello storicismo.

Ora forse troppo


di eruditi,

tardi. I^a nostra avita

amore appassionato

leggenda sar studio

di pochi sognatori solitari,

ma non

rientrer forse mai pi nella vita fantastica della poesia italiana.

Noi non avremo un Uhland, noi non avremo un Wagner.

Per questo

io vorrei

che

la

mento pi sonora e pi vasta


fosse la voce bronzea d'

mia parola

fosse in questo

mo-

delle nostre consuete parole.

una campana

secolare, ora eh' io dalla

chiostra di queste pagine dischiudo l'eroica cavalcata delle Fate,


il

corteo prodigioso

delle

lontane leggende del popolo

d'Italia.

Ezio Levi.

(1)

Avrebbero mai immaginato

zione straniera che la leggenda di

ammiratori d'ogni importa-

nostri facili

Lady Godiva

cantata da Tennyson pur

quella del cantare fiorentino di Gismirante e che anche in

genda, nel Gibllo,

si

trova uno dei tratti pi

del cavaliere del cigno, cio di Lolieigrin ?

una nostra

caratteristici

della

leg-

leggenda

160

S.

LBTI

APPENDICE

AL CAP.

Un

II

(I cantastorie).

giullare del Trecento:

comune

Antonio da Verona.

Firenze riguardanti caned ora rievocate nel


secondo capitolo di questo volume, credo opportuno aggiungere
questa curiosissima lettera, che si conserva nel cod. 3221 della
Biblioteca Palatina di Vienna, e. 181 b. Il codice di provenienza bolognese ed appartiene ai primi anni del secolo XV o
Alle pro\^igioni del

di

terini e istrioni, fatte conoscere dal Novati

agli ultimi del

XIV.

Litera familiaritatis facta per dominos Priores Horentie cuidam histrioni.


Priores artium et Vexillifer lustitie populi et comunis Florentie Universis

ad quos hec nostra rescripta pervenire contigerit, debitam maio-

et singalis,

ribus reverentiam, reliquis vero salutem et

vota successus.

Cum

infnitas artes

partem utilitatem

fore necessarias,

lectationem gignere videamus,

omnibus prosperitateni ac

comunem modura

tuitu non plus

quam

dispositio

coUocavit in statu, quod

deceat offerantur,

diores

evexit,

cum

aliis

crescentibus

nisi

in-

provident, circumvolitan-

multotiens alicuus nove

mentium nubibus, non solum

ad incumbentium expeditiones, sed etiam plerumque minus

tar-

utiles red-

regum et principum more receptum est, ut ra u s i e u m


stuli s tum resultantibus fidibus regiis conviviis
Hinc histrionum non recusata comitas et admissa iam omnium

dentur. Hinc antiquorum

melos tum
audiretur.

precipue

quod ipsorum

quosque merita supernique muneris

tium occupationum strepitu comprimuntur, nani


voluptatis relaxentur alludis

decet esse cul-

decet esse cultores]

tores [neU'interl.: amatores], sed illos [scilicet:

tali

ad

afferre et aliqaas honeste recreationis de-

harum ultimarum non omnes

quos adeo virtutis habitus centra

felices

mortalium genus invenerit, quarum partem

ore,

tum

fi

CANTARI LKGGENDAKI ITALIANI

161

luoribus et gesticulationum mulcebris varietas, et exhilarati principuni animi


vegetiores ad agibilia
si

virum

manuum magicarum

oculorum aciem stupenda


in visibili terque

rimum

rei

Et ob

Anthonium de Verona,

celeritate,

et

aliorum plurium ludorum celeber-

New

nostri palatii fecimus

ipsum cuntis tenore presentium literarum quas eidem


testimonium tradi fecimus comendamus.
id

(Il bel

bibliografia completa delle

guide

lo

in

Gherardino).

stampe e dei manoscritti delle

versioni inglesi del lui di Lanval data da


LiNGs,

virum equidem

mirum imitatorem et aspicientium


dum ea cum quibus ludit effert, permutat

recondit, frustrantem

AL CAP.

La

indignum

illusionura

artificem et magistrum, inter alios familiares

annotari.

Jmius

neraini videri debet

nostrorum duximus aggreganduni.

familiariuni

cetui

Noveritis itaque quod Magistruiii


a agilitate

Ex quo

convertantur.

artis ludicre

Anna Hunt

Ihe middle English Metrical

Bil-

Romances,

York, 1901 [Yale Studies in English, voi. IXJ, pp. 144-153.

Quanto a Parthenopeus de Blois, il Dunlop {History of Prose


Fiction, new ed. by H. Wilson, London, 1906, voi. I, pp. 406
e sgg.) afferma che la versione iberica originale la catalana
(1* ediz.
Tarragona. 1488) e la castigliana quella che ne de:

il contrario riferisce M. MeNNDEZ Y Pelavo, Origenes de la Novela, Madrid, 1905, voi. I,


p. cxLviii. Secondo il Menndez y Pelayo l'edizione originale

rivata (1* ediz.: Alcal, 1513). Tutto

sarebbe appunto quella castigliana

di Alcal

de Henares, 1518.

da essa proverrebbe quella catalana di Tarragona, 1588 (e


non 1488) Ay comenga la general historia del esforgat cavaller Partinobles compie de Bles, novament traduyda de llengua
<?astellana en la nostra catalana .
Intorno alla saga di Partnopeus, e al poema francese, si ebbe
nel 1901 un libro complessivo, che la critica non giudic soddisfacente: M. Kawczynki, Partnopeus de Blois, poemat fran:

cusc z wiehii XII; streszczenic, rozMr i ohjasnienie, Cracovia, 1901 [Bollettino dell' Accad. delle Scienze di Cracovia,
n. XVIII]. Secondo queste ricerche il poemetto francese sarebbe
stato composto a Blois nel 1153; ma W. Foerster ha dimostrate infondate quelle asserzioni; cfr. Litteraturblatt fir
und ronum. Philologie, voi. XXIII (1902), pp. 28-33.

Giornale storico

- Suppl.

n" 16.

germ,

"

162

LEVI

E.

AL CAP. VII (Liombruno).

Alla

leggenda

l'Ariosto
(ott. 20),

nei

Liombruno accenna probabilmente ancbe

di

Cinqite

poi l'A q

anche l'amica

u i 1 i n a e poi

Montana

poi la
la

Enumerando

Canti.

l'Ariosto ricorda

di

le Fate nel I canto


Liombruno, Aquilina:

la Silvanella,

e poi quella dal Corso,

Fata Bianca

e la

Bruna

sorella...

Ariosto, Opere 'minori in verso e in prosa ordinate e


annotate per cura di F. L. Polidori, Firenze, 1857, voi. I, p. 9.

Ofr. L.

Il

nome

di

Liombruno

entr nel Quattrocento a far parte

dell'onomastica italiana; ricorder quel bizzarro pittore manto-

vano Lorenzo Liombruno

Leombini, che apparteneva

de'

alla

corte dei (jonzaga (1489-1.537).

Al. CAI. Vili

Ludwig Tieck,

(Tre giovani disperati).

entusiasta d'ogni forma spontanea ed ingenua

temi leggendari che rinnov e rinfresc^


anche la leggenda di Fortunato. Nel 1815-16 ne fece un
dramma in cinque atti Fortunata, Erster Theil, Ein Maerchen
in fiinf Aufziigen. La bibliografia del libretto popolare tedesco
del Cinquecento, Fortunatus, data da K. Goedeke, Grundriss
zur Gesch. der deutschen Dichtung *, voi. I, p. 354.
Per il racconto dei Gesta Ronanorum,, cfr. Die Gesta
liomnnorum naca der Innsbrucher Handschrift vom
Jahre 1342 und vier Mnchener IIss. hgg. von W. Dick, Erd'arte, tra gli infiniti

(elesse

langen, 1890 [Erlanger Beitrge zur Englische Philol., n" VII],


pp. 94 e sgg. (cap.

AL CAP.

GXLVII).

XIV (La regina

Appena giunge a Roma,

la

nel castello della milizia

d'Oriente).

regina d'Oriente viene ospitata

(I,

ott.

30). L'

imperatore, che va-

CANTARI LEGGENDARI ITALIANI

163

gheggia tristi disegni, rimprovera il maestro de' cavalieri che


ha collocato la corte d'Oriente in luogo cosi munito e terribile:

disseli:

Tu

hai molto

fallito,

che la reina ha' messa in tal fortezza.

Infatti

il

palazzo o castello delle milizie era uno dei

pi formidabili edifici della

Roma

medievale

sull'intera citt, offrendo al popolo fecondo

esso giganteggiava

argomento

di favo-

Le famiglie magnatizie se ne disputarono il possesso, poich dall'alto di quelle mura ciclopiche si dominava
l'immensa distesa di Roma. La torre, che ancor oggi ci appare
una mole gigantesca, era nel medio evo assai pi colossale;
essa fu mozzata da un terremoto nel 1348. Anche nel cantare
lose istorie .

di

Florio e Biancifiore

nobili genitori di Biancofiore abitano

nel palazzo della milizia


sciNi, Il
p.

cantare di Florio

107 e sgg.

voi. II, pp.

Oiornale storico

(st. 3*).

Cfr.

per tutto ci Y. Cre-

e Biancifiore, Bologna, 1889, voi.

66 e 245.

Sappi, n 1.

11*

I,

iisriDioi

IlfDICE DEI CAPOVERSI DEI CANTARI.

1.

Bench pe' tempi

i'

t'abbia, Signor mio, Reg. d'Oriente, cant. 4.

Cavalieri e donzelli e mercatanti, Mad. Elena.


Celestiale etertia maiestade, Reg. d'Oriente, cant. 2.

Colui che da Giovanni ebbe il battesmo, Tre giovani disperati.


Divina maest, superna altezza, Gismirante, cant. 2.
Imperador de' regni sempiterni, Liorabruno, cant. 2".

me ora

Intendete

/' priego Cristo

tagna

r pnego

tutti quanti.

Pulzella gaia, cant.

padre onnipotente, Gismirante,

!>.

cant. 1 e

Iddio che 'nfino a qui m'ha dato, Reg. d'Oriente, cant. 8".

Io truovo d''una donna di Milano, Mad. Lionessa.

Lo

re

Art

Ges

O
O

al cavalier parle, Pulzella gaia, cant. 2o.

Cristo, figliuol di

Maria, Bel Gherardino,

gloriosa, o vergine pulzella,

Donna

cant.

l**.

del Vergili.

gloriosa vergine pulcella, Gibello.

Onnipotente Dio che nel del

padre, o

figlio,

stai,

Liombruno, cant.

1>.

o spirito santo. Bel Gherardino, cant.

2<*.

sacre, o sante, o gloriose muse, Gerbino.

Superna maest, da cui procede, Reg,

(1)

Bruto di Bret-

(1).

Cfr. qui addietro pp. 113.

d'Oriente, cant. 1".

16()

B.

LEVI

Indice analitico

2.

^^\

Albertano da Brescia, 109.


Altissimo (Cristoforo di Giovanni da Firenze), 2, 20, 81, 153; l'autore del

Cerhino, 153 sgg.


Ancelet, scudiero di Parthenopeus de Blois, 34.

Andrea Cappellano.
Liber che

del Liber

Versioni italiane

fonte del Gtsmt'rante,

amori, 109; tratto del

100; capitolo, che fonte del cant.

di Bruto, 103.

Andrea da Firenze, cantastorie, 8.


Andrea di Goro dall' Ancisa, cantastorie lucchese, 11.
Angicourt (d') Penin, presunto autore della Chastelaine de Vergy, 69.
Cfr. Leggenda degli animali.
Animali riconoscenti.

Ansideo re di Valenza, personaggio della Bella Camilla, 133.

Antonio da Bacchereto, 19.

di Guido, cantastorie fiorentino, 2,

19.

di Pietro di Friano, referendario fiorentino, 18.


(di)

Fucino da Pisa, 15.

Apugliese;

cfr.

Ruggieri.

Aquilina, amante di Liombruno, 46;


Argogliosa, amante di Gibello, 55, 81,

cit.

82

dall'Ariosto nei

Cinque Canti, 162.

e segg.

Bambelina, amante di Amadio nel cant. della Bella Camilla, 134.


Bandello Matteo

Nov. IV.

5, p. 74.

Barberino (da) Andrea, 19, 18.

(da) Francesco, 9.

Bel Gherardino, 26 e

sgg.; data,

27

autore, 28

argom., 29.

Bella Camilla, origine, 133; fonte, 137; imitazione dei cantari del Pucci, 136.
Bellicies,

innamorata

di Tristano e suicida per amore, 78.

Benuccio barbiere, canterino di Firenze, 18.

Boccaccio:

Corfeamo

nel

cantari, 4.

Decamer.,

cita

il

II. 9;

cantare di Gherardino, 27; enumera altri


p.

142; HI. 10,

p.

69; IV. 4,

p.

149; IV.

9, p. 70.

Bologna:

vi

si

cantano istorie nel trivio di Porta

Piazza del Podest,

5.

Bonciani, Antonio di Cola, 19.

(1) Il

nnm. ndica

la pagina.

Ravignana, 6; e nella

CANTARI LEGGBNDABI ITALIANI

167

Bravisse, citt capitale di Tarsiano, scena della leggenda di Gibello, 81.

Brorapton Giovanni, 97.

Bruto di Bretagna, 101


Buonarroti

Casa:

(de')

il

103

e sgg.; fonte,

113; ottava

di Gfismirante,

ottava iniziale uguale a quella

112.

finale,

litratto di Raffaello

una rappresentazione

(n.XVI)

della leggenda della

si suppone sia invece


donna del Vergi , 67.

Burletta della Diserta, amante della Gaia pulzella, 45.

Cambragia, innamorata di Amideo nella Bella Camilla, 134.


Cantare dei cantari, 23.
Cavaliere del Cigno;

cfr.

Leggenda.

Gerbino, 149; nell'onomastica italiana dei secoli XIII-XIV, 151.


Chastelaitie de

Vergy, 62.

Checco di Gherardo, referendario fiorentino, 18.

Dati Gregorio cita nella Cron. la Regina d'Oriente, 123.

Davanzino

di Giovanni, proprietario di

Drusolina

storia di

un codice

del Gherardino, 26.

D. nel Libro di Fioravante e nei Beali di Francia, 89.

Elena (Madonna), 140 e sgg.


Flena imperadrice, 148.
Espinelo, romanza spagnuola alfine per l'argomento

al Gibello, 86.

Fata bianca, 29.


Feliciano Antiquario, autore della novella Jiista Victoria, 144.

Ferrara (da) M." Antonio; due sue terzine


Ferrari Severino cita

Fioravante: Libro

Firenze:

Liombruno

in

una

cit.

in

Liambruno, 57.

poesia, 52.

81, 88, 89.

di,

piazza di S. Martino del Vescovo,

casa Buonarroti, 67;

Fortwmtus, 60; dramma

1, 2,

19; palazzo Davanzati, 73;

canterini di F., 17.

di L. Tieck, 162.

Galerent comte de Bretagne (roman

de), 85.

(Galvano, innamorato della Pulzella gaia, 43.


Genitrisse, citt della regina Argogliosa, 82.

Geronimo detto Puccio, canterino,


Gesta

Romanonim,

58, 61

18.

data, 61

il

ms. pi antico, 62, 162.

Gibello, 81; data, 90.

Giovanni

di Giorgio,

18.

Gismirante, argomento, 93; fonti, 99; versificazione, 100.


Giullari, 6 e segg.

Godiva (Lady), 96

e sgg.

168

LBVI

B.

Grimra
Griselda

Kinder und Hausmrchen, 49,


Leggenda di.

(Fratelli),
cfr.

60.

Guernieri, duca di Borgogna, 79.

Guglielmo d'Oringa,

8.

Guidaloste da Pistoia, giullare, 12.

Higdon Ranulfo, 97.


Histoire de Fortunatus, 60.

Huon

Me

de Bordeaux, 129.

et

Olive (chanson

milla,

d'),

fonte

della

Regina d'Oriente

della Bella

Ca-

129.

Istoria di tre giovani disperati, 57.

Kirkup, codice, 101.

Knigton Enrico, 97.

Lais: Fraisne, 83; sue propaggini

italiane, 84.

Graelent, fonte del Bel Gherard., 30; e della Pulzella gaia, 39.

Lanval, 83; episodio


di Pulzella gain,

finale,

39;

41

versioni inglesi, 161

Leggenda degli animali

riconoscenti nella letter.

Cigno, 87; di Fortunatus, 60;


Griselda, 86; di Ottaviano, 88;

liere del
e sgg.; di
riera,

127

iberiche, 161

font*

Lionibruno, 47; del Bel Gherard., 30 e sgg.

di

98; del

ital.,

di

Cava-

Lady Godiva, 96

ragazza

della

guer-

della verga di Odino, 138.

Liombnino, argom.

del cantare, 46;

citato nella letterat. ital. dei sec.

sono imitate dal cant. di

M.

nelle

tradizioni

XVI-XIX, 52

popolari

e 162

le

italiane. i>l;

ottave 40-41

Elena, 141.

Lionessa, 114.

Lippi Lorenzo, cita la Reg. d'Oriente nel Malmantile, 124.

Lope de Vega,

Lucca:

da Lucca,

Malagigi:

cfr.

Mambriano,

Marco

Felix, corani. IjOS porceles

de Murcia, 86.

piazza di S. Michele, 11; canterini lucchesi, 10 e sgg.; M." Angelo


12.

Sala

di.

fratello della bella Camilla, 134.

bello, scudiero di

Gherardino, 29; corrisponde ad Ancelet nel Parth.

de Blois, 29.
Margherita di Navarra, nov.

Maria

di Francia,

24

LXX

e sgg.; cfr.

lVHeptame'ron, 74.

Lais.

Mastrucci Filippo, autore di una frottola di Liombruno, 52.


Melior,

amante

di

Parthenopeus de Blois, 34.

Milione di Marco Polo, fonte della Reg. d'Oriente, 139.

Napoli:

CANTARI LEGGENDARI ITALIANI

cantastorie napolet. citati in

Narbona: allusione

169

un dialogo del Fontano, 17.

alle storie narbonesi nel cant. di

M.

Elena, 141.

Niccol Cieco da Arezzo, 19.

Ottaviano

v.

Leggenda.

Ovidio: episodio delle Metani, che ha riscontro nelle leggende italiane, 128.

Pagano P, M., Il Gerbino

tragedia, 151.

Palaus, castello della Fata Morgana, 44 e sgg.

Palazzo Davanzati affreschi del sec. XIV, 73.


Parthnopeus de Blois, 32 e sgg.; diffusione in Europa, 35-161; codice dei
Gonzaga, 36; fonte del Bel Gherardino, 32; e della Reg. d^ Oriente, 138.
Pecorone, Nov. TV. 1, 115.
:

Perugia:

canterini perug., 16.

Pier Canterino (Pietro di Viviano da Strove), 14; aut. della J5eZ7a Camilla, 133.

Pisa: giuUeria a

P., 15;

Pucino da

P.,

15.

Poggibonsi (da) Niccol, 139.


Poitiers,

Comte de (roman

du), 143.

Pola (da) Sergio, canterino di Firenze, 18.

Pome

del Bel Fioretto, vi cit. la

Fontano,

3,

donna del Vergi,

72.

17.

Pucci Antonio: cantari a lui debitamente e indebitamente attribuiti, 77, 92;


Fiorita di varie stoiie (zibaldone), 101, 110.
Pulcella del Lago, sorella della Fata Morgana, 44.

Pulzella gaia, 36 e sgg.; origine, 37; ai-gom., 38; fonti, 39;

cit.

nella <Sa7a

di Malagigi, 37.

Beali di Francia, episodio di Drusolina, 88.

Regina d'Oriente, 121;

data, 122; stampe e mss., 123; fonti, 125.

Ricca, giullare, 18.

Roberto dal Monte S. Michele, Cron., 149.

Romano

(da) Cecilia, 120.

Ezzelino, figlio di Mad. Lionessa, 120.

Rosciate (da) Alberico, 9.

Bose (roman de

la)

ou de Guillaume de Dole, 146.

Ruggieri Apugliese, 13 e sgg.

Sabelo Michiel, cita nel Filogeo la donna del Verziere, 71.

Sala di Malagigi, data, 37


la

cita la

donna

Regina d'Oriente, 37, 122.

Salomone nella leggenda medievale, 118.


Schlegel A. W., 157.

del Verziere, 71

Pulzella gaia e

170

LEVI

E.

Shakespeare: Cym6e?ew e

le

leggende italiane corrispondenti, 143; The

Mer-

cant of Venke, 116.

Siena: giuUeria

sanese, 12 e sgg,; cfr. Pier Canterino.

Tarsiano, re di Bra visse, personaggio del Gibello, 81 e sgg.

Tavola Ritonda:
Trebtsonna

(la

Tristano ricerca

sm irante,

dramma

la

43.

leggenda dei tre giovani disperati, 162.

'mperatrice) nov. siciliana della leggenda di Liombruno, 51.


il

capello d'oro di Isotta;

uguale tratto nel cant. di Gi-

98.

riccard. riferisce la

(il)

Gaia Pul cella,

vi ricordata la

Tieck Ludovico, riduce a

leggenda di Bellicies, 78.

Urraques, sorella di Mlior nel Parth. de Blois, 34.

Vanto

(il)

nella letteratura leggendaria italiana, 141

vanto di Liombruno, 47.

Verazzano (da) Fruosino, trascrittore di cantari, 15.

Vergi.

La donna

cantare 62 e sgg.; data di esso, 80; codici, 75;

(del),

edizione, 75; passi corrispondenti nel

valdostana del

Verino Michele,

sec.

XIV,

cantare di Cerhino,

Cfr. la Chasteaine de

155; novella

Vergy.

giullare, 160.

Viola Bianca, innamorata di


Violette (roman de
(di)

2.

Verona (da) Antonio,

Viviano

80.

la),

Pietro;

cfr.

Amadio

nella Bella

Camilla, 134.

143.

Pier Canterino.

Volterra (da) Michelangelo di Cristoforo, canterino, 15

Westminster

Wurzburg

(di)

Matteo, 97.

(da) Corrado, autore

del

romanzo Partonopier und Meliur, 35.

(da) Ruprecht, 145,

Zopparino di Benincasa, cantastorie bolognese del Trecento,

8.

I.

S.

8.

Indice delle tavole fuori testo.

Martino del Vescovo (da un disegno a penna di Marco di Bartolommeo


Rustichi nel Seminario di Firenze, 1425).

IL

cantastorie (da due stampe del sec.

in. La leggenda della

donna

del Vergi

XVI

della Bibl. Marciana).

(Messer

Guglielmo tentato dalla

duchessa di Borgogna durante una partita a scacchi; affresco del


colo

XIV

nel palazzo Davanzati di Firenze).

se-

4.

1.

Introduzione

CANTARI LEGGENDARI ITALIANI

Indice dei capitoli.

171

PQ
4001
G53

Giornale storico della


letteratura italiana
Supplemento

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