RELATORE: Chiar.mo Prof. Graziano BENELLI CORRELATRICE: Chiar.ma Prof.ssa Manuela RACCANELLO
INDICE
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III. COMMENTO LINGUISTICO E TRADUTTIVO 1. Tipologia e funzioni testuali 2. Approccio traduttivo 3. Aspetti morfosintattici 3.1. Struttura del periodo 3.2. Sistema verbale 3.3. Stile nominale 3.4. Particelle pronominali en e y 4. Aspetti lessicali 4.1. Toponimi e antroponimi 4.2. Forestierismi 4.3. Tecnicismi 4.4. Espressioni idiomatiche 4.5. Citazioni e intertestualit 5. Aspetti stilistici 5.1. Il registro 5.2. La mise en relief 5.2.1. La dislocazione a sinistra 5.2.2. I presentativi 5.3. Altre peculiarit stilistiche
p. 261 p. 263 p. 264 p. 265 p. 265 p. 269 p. 272 p. 273 p. 275 p. 275 p. 276 p. 277 p. 278 p. 279 p. 279 p. 279 p. 280 p. 281 p. 281 p. 282
6. Punteggiatura 6.1. Punto fermo 6.2. Virgola 6.3. Punto e virgola 6.4. Due punti 6.5. Punto interrogativo 6.6. Punto esclamativo 6.7. Puntini di sospensione 6.8. Virgolette 6.9. Parentesi e lineette 7. Procedimenti traduttivi 7.1. Trasposizione 7.1.1. Trasposizione delle categorie grammaticali primarie 7.1.2. Trasposizione delle categorie grammaticali secondarie 7.1.3. Trasposizione e organizzazione sintattica 7.2 Modulazione 7.3. Trascrizione 7.3.1. Trascrizione e onomastica 7.3.2. Trascrizione e titoli 7.4. Strategie di espansione e di riduzione
p. 284 p. 284 p. 284 p. 286 p. 286 p. 287 p. 287 p. 288 p. 288 p. 289 p. 289 p. 289 p. 290 p. 293 p. 294 p. 296 p. 297 p. 297 p. 297 p. 298
BIBLIOGRAFIA
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I. INTRODUZIONE
1. CENNI SULLAUTORE
Gi professore allUniversit di Tours e di Poitiers, attualmente professore emerito di lingua e letteratura latina allUniversit di Paris X-Nanterre, Yves-Marie Duval uno dei massimi esperti viventi in materia di letteratura cristiana antica e di patrologia. Attivo da quasi cinquantanni (il suo primo articolo risale al 1958), Duval autore di numerosi saggi sui pi grandi Padri della Chiesa del quarto e del quinto secolo: da SantAgostino, uno dei padri fondatori del Cristianesimo, a SantAmbrogio, vescovo di Milano e consigliere dell'imperatore Teodosio, da Ilario di Poitiers, grande avversario dell'arianesimo, a San Girolamo, redattore della versione latina della Bibbia adottata ufficialmente nel Medioevo. Duval ha altres dedicato unattenzione particolare ad Aquileia, importante centro culturale della cristianit tra gli ultimi decenni del secolo quarto e gli inizi del successivo, e ad alcune considerevoli figure dellItalia nordorientale, quali Rufino di Aquileia (345-410/411), monaco che tradusse in latino, con ampi rifacimenti, le opere di vari scrittori ecclesiastici greci, Cromazio di Aquileia, amico di San Girolamo e vescovo della cittadina dal 388 al 408, e Sulpicio Severo, illustre biografo di San Martino di Tours. Perennemente in viaggio tra Italia, Svizzera e Inghilterra, Yves-Marie Duval al momento impegnato nella stesura di un nuovo saggio, avente per oggetto Rufino e le Recognitiones di Clemente Romano.
La traduzione effettuata in occasione del presente elaborato riguarda sette saggi del patrologo francese, composti tra il 1976 e il 2001. Gli articoli tradotti vertono, in particolare, su Aquileia e sulle invasioni barbariche, sui rapporti tra la cittadina friulana e la Palestina, su Rufino di Aquileia e sulla controversia con lamico Girolamo (entrambi, ricordiamolo, figure fondamentali nel campo della traduzione cristiana) intorno allortodossia della dottrina di Origene, grande filosofo e teologo di lingua greca.
3. RUFINO DI AQUILEIA
Tirannio Rufino nasce a Iulia Concordia, a 30 miglia da Aquileia, intorno al 345, da famiglia agiata, se ebbe la possibilit di completare gli studi a Roma, dove conobbe Girolamo di Stridone (347-420), cui fu legato da profonda amicizia fino allinsanabile dissidio provocato dalla questione origeniana. Dalla capitale rientr in patria intorno al 366; fino alla partenza per lOriente nel 373, Rufino fu membro del gruppo ascetico di Aquileia. Conversione, istruzione catecumenale e battesimo avvennero dunque ad Aquileia, sua patria dadozione, giacch Concordia non aveva ancora, a quel tempo, una Chiesa gerarchicamente costituita. Nel 373 Rufino si metteva in viaggio per lEgitto, la terra dellanacoresi, dimostrando una profonda attenzione verso le sorgenti della pi genuina vita ascetica, quale quella che nella tradizione orientale veniva praticata da monaci e anacoreti. Lalta ascesi non eludeva la cultura religiosa, necessaria per ribattere gli eretici con argomenti calzanti, ma il panorama teologico di Aquileia era troppo angusto di fronte alle nuove urgenze: era dallOriente che provenivano le maggiori eresie e, oltre allAntico e al Nuovo Testamento, occorreva conoscere i metodi esegetici maturati nelle grandi scuole di Antiochia e di Alessandria, come pure le novit introdotte da Origene, lastro del tempo, che aveva scritto in greco. Durante i cinque lustri del suo lungo soggiorno orientale, Rufino ebbe sempre presenti due poli dinteresse: lascetismo monastico o anacoretico e la teologia di Origene. Salvo la breve interruzione di un viaggio in Siria nel 378, Rufino trascorse
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in Egitto otto anni, fondamentali per la sua formazione dottrinale, presso la scuola di Didimo il Cieco, venerato maestro e capo della celebre scuola catechetica di Alessandria, che lo introdusse al pensiero e alle opere di Origene (185-253), il pi grande erudito dellantichit cristiana, sotto molti aspetti il pi importante tra i teologi della Chiesa greca. Partito per Gerusalemme non prima del 381, Rufino vi fond un monastero sul Monte degli Ulivi, la cui comunit si dedicava anche alla trascrizione di manoscritti di classici e di Padri della Chiesa, che Girolamo stesso commissionava dal proprio monastero di Betlemme per i propri studenti dopo essersi trasferito definitivamente in Palestina. Lo scontro con il grande Stridoniate si verific nel 393, allinsorgere della polemica tra Epifanio, vescovo di Salamina, e Giovanni, vescovo di Gerusalemme, intorno a Origene. La controversia origeniana, scoppiata appunto in seguito allattacco condotto dal vescovo Epifanio contro alcune tesi del maestro alessandrino (come un certo subordinazionismo da lui introdotto fra le persone della Trinit, lallegorismo spinto nellinterpretazione delle Scritture, la dottrina sullorigine delle anime e lescatologia), ebbe scarsa risonanza in Occidente, se si eccettua il contrasto tra Girolamo e Rufino. Epifanio, oltre a combattere Origene nei suoi scritti, si adoper anche per ottenere che fosse condannato, riuscendo, in Palestina, a tirare dalla sua parte Girolamo, fino ad allora fervente origeniano, ma incontrando una decisa ostilit da parte del vescovo Giovanni di Gerusalemme e dello stesso Rufino. Il voltafaccia di Girolamo provoc la rottura con Rufino, complice anche una certa gelosia insorta tra i due monasteri da loro stessi fondati rispettivamente a Betlemme e a Gerusalemme. Il doloroso contrasto tra gli amici di un tempo fu innescato dalla prefazione di Rufino (398) alla sua traduzione dellopera teologica pi importante di Origene, il Peri Archn o De principiis, in cui Rufino dichiarava di aver voluto eliminare i passi di carattere eterodosso che supponevano mere interpolazioni di eretici o comunque inaccettabili alla fine del quarto secolo, e in cui indirettamente presentava Girolamo come ammiratore e propagandista di Origene; in effetti lo Stridoniate era stato spinto a tradurre in latino pi di settanta opere minori di Origene, cos da renderlo
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comprensibile ai Romani colti. Non era difficile concludere che Rufino avesse inteso avvalersi dellautorit di Girolamo per diffondere pi facilmente la sua traduzione, con il rischio di far passare questultimo per un fautore del teologo alessandrino. La reazione di Girolamo non si fece attendere; sollecitato anche da alcuni amici degli ambienti antiorigeniani di Roma, lo Stridoniate tradusse integralmente il De Principiis, onde mostrare i numerosi punti emendati da Rufino; mand poi una lettera a questultimo per lamentarsi del torto subito, difendendosi, in unaltra epistola indirizzata agli amici Pammachio e Oceano, della presunta taccia di origenista e attaccando i sostenitori di Origene. Rufino si difese con una breve Apologia indirizzata a papa Anastasio, volta a riaffermare la sua retta fede, e con la pi ampia Apologia contro Girolamo in due libri (400-401). Girolamo, temendo che un suo possibile coinvolgimento nella condanna dellorigenismo avrebbe potuto insidiare la larga fama da lui ormai acquisita, reag pesantemente con i tre libri dellApologia contro Rufino; questultimo, consigliato in tal senso anche da Cromazio, prefer non replicare pi, ponendo fine alla polemica e dedicandosi a unintensa attivit letteraria di traduzione di fonti greche. Al di fuori degli scritti sollecitati dalla controversia con Girolamo sulla questione di Origene, vale la pena ricordare la traduzione della Storia Ecclesiastica di Eusebio di Cesarea, che Rufino intraprese su richiesta del vescovo Cromazio di Aquileia, nonch lExpositio Symboli, opera originale di Rufino che offre per la prima volta il testo latino del Simbolo detto Apostolico e propone una completa catechesi dottrinale, compendiata con chiarezza e aggiornata con gli esiti della pi recente riflessione teologica. Di fronte alle invasioni dei Goti di Alarico, Rufino abbandon Aquileia: fra il 407 e il 408, nel monastero del Pineto presso Terracina, dett i due libri sulle Benedizioni dei patriarchi, una spiegazione allegorica delle benedizioni di Giacobbe. Mor in Sicilia tra il 410 e il 411, dopo aver tradotto parte del Commento al Cantico dei Cantici e una raccolta di omelie sui Numeri di Origene. Rufino ebbe un peso profondo nella vita culturale dellOccidente cristiano: fu stimato da una schiera di dotti del suo tempo, da Cromazio a Palladio, da Gaudenzio di Brescia a Paolino di Nola e allo stesso Agostino. Con Rufino avvenuta la prima
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feconda trasfusione della cultura religiosa orientale nel mondo latino, ad opera di chierici della Chiesa di Aquileia, arricchiti di esperienza universale dai lunghi soggiorni in privilegiati centri della cristianit, come Roma, Alessandria, Gerusalemme.
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Yves-Marie Duval
Se dovessi trattare largomento annunciato dal titolo nella sua interezza, sarei costretto a scrivere tutta la storia militare e politica di Aquileia a partire dalla fondazione della citt: infatti per opporsi ai Galli, che avevano varcato le Alpi e cominciato a insediarsi ai piedi delle Alpi Giulie, che la colonia fu dedotta nel 181 a.C. (di fatto, gi nei primi anni, Aquileia dovette far fronte alle incursioni dei Galli). In realt non si tratta nemmeno di seguire quello che chiamer il movimento di riflusso dellImpero romano, che ha avuto inizio, potremmo dire, ad Aquileia, sotto Marco Aurelio, quando i Marcomanni e i Quadi si aprirono un varco nel fronte del Danubio, giunsero fino alle mura di Aquileia e, non riuscendo a conquistare la citt, andarono a distruggere Opitergium. Da questo segnale dallarme si deve trarre una lezione: le vie romane, che sono state vie strategiche perfette e hanno contribuito in modo determinante alla conquista, sono state anche meravigliose vie di penetrazione per i barbari, gi nella seconda met del II secolo, ma soprattutto a partire dalla met del IV, che segna linizio del presente studio1. Nel corso del secolo da me scelto (350-452) per illustrare il ruolo di porta dItalia rivestito da Aquileia, non mi limiter alle invasioni barbariche. Tenter di seguire tutti gli eserciti romani e barbari che si sono presentati sotto le mura di Aquileia, o che sono stati anche solo avvistati
Un esempio dato dallincursione dei Leti su Lione, come descritta da Ammiano (XVI,
11). Giuliano, per ostacolarli sulla strada del ritorno, tria obseruauit itinera, sciens per ea erupturos procul dubio grassatores. Nec conutas ei insidianti inritus fuit! (XVI, 11, 5).
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dallalto dei colli delle Alpi Giulie. Vedremo che questi eserciti si somigliano, e che le guerre civili e le incursioni barbariche sono spesso collegate, come i contemporanei hanno avuto pi volte modo di notare. Riprender quindi con voi, ad Aquileia, alcuni testi, scritti ad Atene, a Milano, a Roma, a Betlemme e in Gallia, a una distanza che va da qualche mese a una decina danni dagli avvenimenti cui si riferiscono, se non addirittura secoli, testi che non sempre hanno parlato di Aquileia 2. A mio avviso, e non per spirito campanilista 3, tale rilettura consente di esaminare molti eventi da un punto di vista inedito 4. Daltra parte i
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Indicher, in conclusione, gli altri limiti di questi documenti scritti. Mi terr pi vicino possibile ad Aquileia e allarco orientale delle Alpi, il che non
privo dinconvenienti, perch Aquileia legata non soltanto allItalia settentrionale, ma anche alle province doltralpe, come figura pure nella nostra documentazione, per quanto frammentata. Non parler della Pannonia e degli studi successivi di A. ALFLDI, Der Untergang der Rmerschaft in Pannonien I-II, Berlin 1924-1926 e di L. VARADY, Das letzte Jahrhyndert Pannoniens (376-476), Amsterdam 1969, questultimo molto discusso (J. HARMATTA, The Last Century of Pannonia, in Ac. Ant. Hung., 18, 1970, pp. 361-369; T. NAGY, The Last Century of Pannonia in the Light of a new Monograph, Ibid., 19, 1971, pp. 299-345; A. MCSY, recensito in A. Arch. Hung., 23, 1971, pp. 347-360 con risposta di L. VARADY, Pannonica, Ibid., 24, pp. 271-276), bench presenti una frammentazione che rende molto bene lidea di quanto sia spezzettata la nostra documentazione.
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(Geschichte des Untergangs der antiken Welt, t. IV-VI, Stuttgart, s.d.); E. Stein - J.R. Palanque (Histoire du Bas-Empire, trad. fr., t. I, Paris 1958); in seguito verranno citati altri studi pi o meno particolari che ho utilizzato. Ma oltre a qualche testo nuovo da allegare al dossier o la cui datazione va corretta, Aquileia risulta essere un buon osservatorio per esaminare le ripercussioni di quanto avviene nelle due partes imperii, il che, a mia conoscenza, stato fatto solo di rado, anche per quanto riguarda A.
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testi5 che rievocano Aquileia devono poter essere controllati dallarcheologia; vanno interpellati sia gli scavatori di Aquileia6 e della regione, sia quelli che operano al di l delle Alpi. Indubbiamente, nonostante questa duplice via, ci avvicineremo solo in parte alla gente di Aquileia, che nel corso di questo secolo ha visto passare gli eserciti, uno dopo laltro, gli imperatori, vincitori e vinti, e i capi barbari, trionfanti e sconfitti. Riguardo a tale periodo non abbiamo nessuna Cronaca della citt di Aquileia. Che io sappia, soltanto due abitanti di Aquileia hanno rievocato, per la loro cittadina, la vicinanza dei barbari: Cromazio, in un sermone pasquale, e Rufino, nel testo celebre, ma forse mal compreso, della Prefazione alla Storia della Chiesa. Tuttavia a questa folla, ora allippodromo e ora sui bastioni, ora coinvolta suo malgrado nei rovesci e nei successi, ora nellangoscia dellinvasione, dellassedio o della prigionia, che bisogna guardare. Probabilmente, durante i primi venticinque anni del secolo, il pericolo non da considerarsi incombente; ma a partire dal 378 Aquileia si sentir sempre meno
Calderini (Aquileia romana, Milano, s.d. (1930), pp. 71-90). Sulle questioni topografiche, che sono state rivedute dai recenti scavi jugoslavi, cfr. O. CUNTZ, Die rmische Strasze Aquileia-Emona, ihre Stationem und Befestigungen, in Jahresh, d. st. Arch. Inst., 5, Beiblatt, 1902, pp. 139-159; K. PICK - W. SCHMID, Die Grenzbefestigung der Julischen Alpen, Ibid., 21-22, 1922, pp. 295 sgg.; S. STUCCHI, Le difese romane alla porta orientale dItalia e il vallo delle Alpi Giulie, in Aevum, 19, 1945, pp. 342-356; A. DEGRASSI, Il confine Nord-orientale dellItalia romana, Berna 1954.
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Per le rappresentazioni figurate cfr. la vignetta del Comes Italiae nella Notitia
dignitatum (Ed. O. Seeck, II ediz. (1962), p. 173) e la rappresentazione di Aquileia sulla Tabula Peutingeriana. Cfr. fig. 1 e 2.
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loro cronologia, in Corolla memoriae Erich Swoboda dedicata, 1966, pp. 84-94; B. FORLATI-TAMARO, Le cinte murarie di Aquileia e il suo porto fluviale, in Atti della deputazione di Storia patria delle Venezie, 1974, estr.
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al sicuro dietro il baluardo delle Alpi, e a poco a poco il pericolo si avviciner, con una serie dondate che solo di rado raggiungeranno il punto di partenza. Tali ondate hanno un che di monotono, se cos si pu dire. Cercheremo di vedere assieme da dove proviene questa monotonia. Non sono lontano dal credere che le ondate siano state sempre meno violente. Probabilmente per questo che Aquileia ha impiegato cos tanto tempo a morire, se morta a causa delle invasioni, se mai morta! I. AQUILEIA E LE ALPI GIULIE DURANTE LUSURPAZIONE DI MAGNENZIO Aquileia e le usurpazioni Il secolo che analizzer si apre con unusurpazione. Un altro conflitto interno ci ha portati ad Aquileia dodici anni prima, quando Costantino II viene ucciso ad Aquileia o nei dintorni. Vedremo spesse volte il destino dellImpero decidersi in questo anello di congiunzione tra Oriente e Occidente; ma a dire il vero, nel conflitto tra Costantino II e Costante, difficile dire se la citt e i colli alpini abbiano avuto un ruolo considerevole, anche se le nostre fonti contengono strane e sfortunate lacune. La loro importanza invece innegabile nella guerra tra Costanzo II e lusurpatore Magnenzio. Aquileia e i passi delle Alpi Giulie avranno la triste particolarit di veder terminare nelle vicinanze un certo numero di usurpazioni, che si tratti di quella di Massimo nel 388, di Eugenio nel 394 o di Giovanni nel 425, fino al tempo di Odoacre e di Teodorico, quando il possesso dei colli segner, come allepoca di Magnenzio e di Costantino, una svolta nel conflitto. I cavalieri illirici Per quanto riguarda lusurpazione di Magnenzio 7 bisogna cominciare
S u q u es t u s u r p a z i on e e s u l l e r i p e r c u s s i o n i n e l l It a l i a n o r d o r i e n t a l e e
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Fig. 1 Notitia dignitatum, Occid., XXIV: Vignetta del Comes Italiae, con la rappresentazione del Tractus Italiae circa Alpes e delle fortificazioni poste a difesa delle montagne (Bodleian Library, Ms. Canon. misc. 378, XV s., f. 155).
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Fig. 2 Tabula Peutingeriana. LAlto Adriatico, con la citt di Aquileia e la via che, attraverso Ponte Sonti, Fluvius Frigidus, In Alpe Iulia (= Ad Pirum), Longaticum e Nauportus, porta a Emona oltrepassando le Alpi Giulie.
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col recarsi in Gallia, ad Autun, dove il 18 gennaio 350 questufficiale mezzo barbaro proclamato Augusto8. Zosimo assicura che, in questo pronunciamento, le truppe illiriche hanno rivestito un ruolo indiscutibile9. LIllirico a quel tempo appartiene, certo, a Costante, e non stupisce che le truppe dlite costituite dai Pannonici siano state condotte verso il Reno. Allo stesso modo non va dimenticato che una ribellione di truppe trasferite porter allusurpazione di Giuliano, sempre in Gallia, dieci anni dopo, e soprattutto che i contingenti illirici spostati dalla Pannonia da Giuliano si fermeranno ad Aquileia, invece che recarsi in Gallia. Le informazioni di cui disponiamo sono insufficienti per poter costruire solide ipotesi, ma lecito pensare che la presenza di queste truppe illiriche spieghi, anche solo in parte, la rapidit con cui Magnenzio diventa, in un mese, padrone di tutta lItalia. Il 28 febbraio 350 entra in
di O. Seeck e di E. Stein - J.R. Palanque, P. BASTIEN, Le monnayage de Magnence, Paris 1964; A. JELONIK, Les multiples dor de Magnence dcouverts Emona, in R. Num, 1967, pp. 209-235; Quelques remarques sur les missions de maiorinae frappes par Magnence Aquile, Ibid., pp. 246-251; V. NERI, Il miliario di S. Maria in Acquedotto alla luce dei pi recenti studi magnenziani, in Studi Romagnoli, 20, 1969, pp. 369374; J. SAEL, The Struggle between Magnentius and Constantius II for Italy and Illyricum, in iva Antika, 21, 1971, pp. 205-216.
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tempo, in Atti e Memorie dellIstituto Italiano di Numismatica, 1930, t. 6, pp. 170171) proponeva di vedere nella data del 18 gennaio 350, fornita in modo indifferenziato dai Consul. Constantinopolitana (Chronica Minora, I; Ed. Th. Mommsen, MGH, AA IX, p. 237), la data della morte di Costante a Elna e non quella dellusurpazione di Autun. P. Bastien (Le monnayage de Magnence, Paris 1964, pp. 9-10) invalida tale ipotesi.
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ZOSIMO, Historia nova, 2, 42, 4 (Ed. Fr. Paschoud, pp. 114-115). Lintervento dei
cavalieri illirici un aspetto trascurato dagli storici moderni, che sono soliti opporre, nello svolgimento dellusurpazione, truppe galliche e truppe illiriche. Magnenzio non poteva che vedere di buon occhio questa riunione, approfittandone.
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carica, a Roma, il Prefetto della citt nominato da Magnenzio, Fabio Tiziano10, che rivestir un ruolo fondamentale durante lusurpazione di Magnenzio11. Nelle settimane che precedono Aquileia caduta nelle mani di Magnenzio, giacch lofficina monetaria mostra che la citt di Aquileia accoglie Magnenzio acclamandolo con il titolo di Liberator Reipublicae12, dopo avergli conferito il titolo di Restitutor libertatis13. I claustra Alpium Iuliarum Aquileia era una semplice tappa secondo i piani di Magnenzio; in gioco cera il vecchio appannaggio di Costante, che andava fino alla Tracia, al cui riguardo ci si domandava se spettasse a Magnenzio, successore di Costante, o se sarebbe stato accaparrato da Costanzo II, i cui possedimenti erano rimasti gli stessi dopo la divisione del 337. Magnenzio poteva e doveva trarre vantaggio dalleffetto sorpresa e dallallontanamento di Costanzo, fermato sulle rive dellEufrate14. Molti aspetti della vicenda sono noti; inoltre c una data che consente di collocare nel tempo linsuccesso di Magnenzio: il primo marzo del 350, a Mursa, proclamato Augusto il magister peditum Vetranione15, che funge in
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Cronografo del 354 (Ed. Th. Mommsen, MGH, AA XI; Chron. Min., I, p. 69) A. Sar lui a insultare Costanzo dopo i primi rovesci del 351: ZOSIMO, Hist. nov., 2, 49, 1. Multipli doro emessi ad Aquileia: Liberator reipublicae (BASTIEN, op. cit., p. 11;
Catal., n. 302), con la citt di Aquileia che si inchina allimperatore che avanza a cavallo, non diademato (A. JELONIK, Les multiples dor de Magnence dcouverts Emona, in R. Num, 6e s., IX, 1967, p. 216 e pl. XXXV, 2, 3, 4).
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P. BASTIEN, op. cit., pp. 48-49 e Catal., n. 301. Dal 340 Costanzo intento a difendere la frontiera orientale dalle ripetute offensive di
Shapur. Nel 350 Nisibis per poco non caduta. Al tempo dellusurpazione si trova a Edessa, secondo Filostorgio (Hist. eccles., 3, 22 Ed. J. Bidez, GCS 21, p. 49, l. 5).
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(Chron. ad. a. 351; Ed. Helm, GCS 47, p. 238) colloca la scena a Mursa.
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realt da prestanome per gli intrighi familiari e dinastici di Costantina, sorella maggiore di Costanzo II16, e del Prefetto del pretorio dellIllirico, Vulcacio Rufino, fratello di Galla, moglie di Giulio Costanzo e madre del futuro Cesare, Gallo17. Il primo marzo Magnenzio ha dunque fallito. Ci si pu chiedere se i ritardi subiti nel passare le Alpi Giulie abbiano influito su questo fiasco. A tale proposito esiste un testo di Ammiano Marcellino alquanto enigmatico. Gli storici18 sono soliti far risalire il suo contenuto al 352; ma la sua struttura invita a collocarlo nel 350, anno dellarrivo delle truppe di Magnenzio nei pressi di Aquileia19. Nel racconto relativo agli avvenimenti dellestate del 378 Ammiano narra il destino di una piccola truppa, condotta dal magister peditum Sebastiano, che si vede negare laccesso alla citt di Adrianopoli; gli abitanti temono di ritrovarsi davanti gli uomini fatti prigionieri dai Goti20, i quali, una volta accolti nella citt, la consegneranno ai Goti. Ammiano aggiunge che i difensori di Adrianopoli temono che succeda loro ci che accadde per colpa del Conte Atto, il quale, fatto prigioniero dai soldati di Magnenzio, aveva aperto con linganno i claustra d e l l e A l p i
16 17
FILOSTORGIO, Hist. eccles., 3, 22 (Ed. J. Bidez, GCS 21, p. 49, ll. 7 sgg.). lui che sar mandato da Costanzo II per conto di Vetranione, insieme con altri
inviati di Magnenzio, e sar il solo a non essere imprigionato: PIETRO PATRIZIO, fr. 16 (Ed. K. Mller, FHG 4, p. 190). Questambasciata si colloca dopo linsuccesso di Magnenzio sullIllirico e dopo la presa dei Claustra.
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Cos O. SEECK, op. cit., IV, p. 115 e numerosi storici dopo di lui. Che io sappia, il primo ad aver proposto la data del 350 per tale avvenimento J.
SAEL, The Struggle between Magnentius and Constantius II for Italy and Illyricum, in iva Antika, 21, 1971, p. 207, n. 11), senza per fornire nessuna giustificazione, salvo quella strategica.
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Per poco non saranno sorpresi da un trucco del genere subito dopo il disastro del 9
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Giulie21. Bench non motivino la loro interpretazione22, gli storici moderni pensano forse a quanto successe a Ravenna nel 425, allorch Ardabur, fatto prigioniero da Giovanni, riusc a entrare in contatto con le truppe del figlio allesterno, a prezzolare la guarnigione ravennate e a consegnare cos la citt. In realt il confronto tra le situazioni del 378 e del 350 impone, se corretto23, di vedere nei difensori dei claustra non la schiera di Magnenzio, bens quella di Costante24 o di Vetranione25. La proclamazione di Vetranione a Mursa fu il punto di partenza di una serie di trattative diplomatiche, s u l l e q u a l i n o n
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AMMIANO, Res Gestae, 31, 11, 3: Qui (Sebastianus) itineribus celeratis conspectus
prope Hadrianopolim obseratis ui portis iuxta adire prohibebatur, ueritis defensoribus ne captus ab hoste ueniret et subornatus atque contingeret aliquid in ciuitatem perniciem quale per Actum acciderat comitem quo per fraudem Magnentiacis militibus capto claustra patefacta sunt Alpium Iuliarum.
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Seeck (op. cit., IV, p. 115) sembra far dipendere per fraudem da capto e non Gli abitanti di Adrianopoli temono che / Sebastiano (a) / preso dai Goti (b) / consegni
(c) / Adrianopoli (d) // come Atto (a) / preso dai soldati di Magnenzio (b) / ha consegnato (c) / i claustra (d). In entrambi i casi necessario che il traditore (a-a) sia stato comprato dal nemico (b-b: i Goti o i soldati di Magnenzio) e che appartenga alla schiera delle future vittime del tradimento: i Romani di Adrianopoli o i difensori (non di Magnenzio) dei Claustra.
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di un comes di Costanzo (Seeck) invece che di Costante. Daltra parte Magnenzio non ha dovuto attendere la morte effettiva di Costante per cercare di prendere il sopravvento in Italia. Atto forse stato sorpreso ad Aquileia e usato per impadronirsi dei Claustra, verso cui sarebbe venuto come se restasse fedele a Costante? Va comunque ricordato che nel 361-362 Aquileia resister oltre la morte di Costanzo II.
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mi soffermer26. Mi limiter a dire che i possedimenti iniziali di Costante nellIllirico passano in via definitiva a Costanzo II quando, il 25 dicembre del 350, Vetranione depone la porpora a Naisso27. Filostorgio, che attribuisce a Vetranione ambizioni personali nascoste, dichiara che la posizione ambigua dellusurpatore fu risolta quando egli prese la decisione di occupare il passo di Succi, che impediva a Costanzo laccesso dalla Tracia. A tale proposito rievoca le gole delle Alpi Giulie, senza dire che a quel tempo erano sotto il suo controllo e tacendo la localit esatta di queste gole28. Atrans come porta dingresso dItalia Forse si tratta del passo di Atrans29, che Costanzo cercher di varcare nella primavera del 351. Fu un insuccesso, tanto che le truppe di Costanzo dovettero ritirarsi 30 inseguite da Magnenzio, p r e s e n t e o r a s u l t e a t r o
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Cfr. in particolare ZONARA, XIII, 7, 17-21; ZOSIMO, II, 44, 1-2; FILOSTORGIO, 3, 22; Data presente nei Consul. Constant. (Ed. Mommsen, I, p. 238); la scena in Giuliano, FILOSTORGIO, Hist. eccles., 3, 24 (Ed. J. Bidez, GCS 21, p. 50, ll. 13-19). Potrebbe trattarsi del Colle del Pero, ma non bisogna mai dimenticare che la Venetia
PIETRO PATRIZIO, fr. 16; quadro dinsieme in J. SAEL, art. laud., p. 209.
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et Histria si estende, a nord delle Alpi Giulie, fino ad Atrans, a 45 km a est di Emona, sulla via Emona-Celeia-Poetovio, luogo in cui si entra a tutti gli effetti, per il rilievo e per il clima, nel bacino della Drava. LItinerarium Burdigalense (Ed. P. Geyer O. Cuntz, CC 175, p. 5) riporta: Mansio Hadrante milia XIII Fines Italiae et Norci; la Tabula Peutingeriana colloca prima di Atrans una stazione Ad Publicanos, altamente significativa. Cfr. A. CALDERINI, op. cit., pp. 243-244.
30
palesemente errato. Giuliano parla nei suoi due discorsi (I, 28-29 e III, 36) dellinsuccesso dellavanguardia di Costanzo, presentato altrove come una trappola tesa a Magnenzio (III, 7).
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delle operazioni. Il vantaggio resta, grosso modo31, a favore di Magnenzio fino alla fine di settembre e fino alla sanguinosa battaglia di Mursa, che graver pesantemente sulla debolezza dellesercito romano, nel mezzo secolo a venire32. La battaglia era stata troppo incerta e ottenuta a un prezzo troppo elevato perch Cromazio, definito da Ammiano amministratore del sangue delle truppe33, abbia cercato di far pendere definitivamente la bilancia dalla propria parte. Daltronde lanno era gi inoltrato34 e Costanzo prefer lanciare unoffensiva generalizzata contro tutto il Mediterraneo.
31
lestate del 351 cfr. P. BASTIEN, op. cit., pp. 18-19 e A. JELONIK, art. cit., p. 228; per il piano della campagna J. SAEL, The Struggle cit., pp. 211-213. Mi sembra che gli eserciti di Costanzo siano prima avanzati e si siano poi ritirati lungo le due valli della Drava e della Sava; da qui il passaggio dalla Drava alla Sava (Siscia) lungo lasse PoetovioAndautonia (a N-O di Siscia). Probabilmente Costanzo aveva provato a prendere Emona da entrambi gli accessi. Confronta la campagna di Teodosio contro Massimo nel 388.
32
Sul disastro romano di Mursa: AURELIO VITTORE, De Caesaribus, 42: in quo bello
paene nusquam amplius Romanae consumptae sunt uires totiusque imperii fortuna pessumdata; GIROLAMO, Chron. ad a. 351 (Helm, p. 238): Magnentius Mursae uictus; in quo proelio Romanae uires conciderunt. Zonara fornisce numeri impressionanti (54.000 morti su circa 120.000 uomini) e dichiara che Costanzo pianger sul campo di battaglia cosparso di corpi (XIII, 8, 16-17). Il giudizio pi dettagliato, interessante in quanto illustra le conseguenze di questecatombe sulla difesa delle frontiere, dato da Eutropio (Breu. X, 6): Ingentes romani imperii uires ea dimicatione consumptae sunt ad quaelibet bella externa idoneae quae multum triumphorum possent securitatisque conferre.
33 34
AMMIANO, Res Gestae, 21, 16, 3: in conseruando milite nimium cautus.... La battaglia di Mursa si tiene il 28 settembre. Giuliano insiste su questo motivo (Or. I,
3, 38 b). Ci solitamente basta perch lo si consideri insufficiente. Aurelio Vittore (Caesar. 42, 5) rievoca lhiems aspera clausaeque Alpes. Lautunno fu forse brutto in quellanno?
27
Magnenzio ad Aquileia Mentre Costanzo festeggiava la vittoria facendo erigere un arco di trionfo nella Pannonia35, restaurava le vie daccesso verso lItalia che doveva conquistare36 e tentava di vincere le popolazioni dellIlliria e dItalia con varie misure37, Magnenzio si trovava ridotto alla difensiva: da Aquileia sorvegliava sia le vie delle Alpi Giulie, sia le coste del golfo dellAdriatico, dove avrebbe potuto aver luogo uno sbarco che lo avrebbe attaccato da dietro. Un certo numero di misure e di avvenimenti relativi alla campagna del 352 ci noto grazie a due panegirici di Giuliano, da cui tuttavia non si pu pretendere unobiettivit assoluta38, specie nel descrivere lattivit di Magnenzio ad Aquileia. Riguardo ad Aquileia, Giuliano dichiara che si tratta di una citt voluttuosa e opulenta 39, un mercato assai florido e traboccante di ricchezze 40. Ma al quadro oggettivo si mescola la
35
AMMIANO, Res Gestae, 21, 16, 15; GIULIANO, Or., I, 30 (37 b). Su questo trionfo in
una guerra civile cfr. le mie Remarques sur la venue Rome de lempereur Constance II en 357 daprs Ammien Marcellin, in Caesarodunum, 5, 1970, pp. 299 sgg.
36
Lavoro attestato nel miliare del CIL III, 3705 (ILS 732), datato 353, che rievoca
lusurpazione: ... viis munitis, pontibus refecti[s], recuperata re publica, quinarios lapides per Illyricum fecit ab Atrante ad flumen Savum milia passus CCCXLVI. Si tratta dellingresso in Italia; Costanzo si vede elogiato in un territorio che possiede per la prima volta.
37
GIULIANO, Or., I, 31 (38 b-c). Poich la storia religiosa relativamente ben nota, si
amplifica linteresse di Costanzo per la teologia, mentre egli si comporta da imperatore romano, attento in egual misura agli aspetti religiosi e politici del suo incarico.
38
Il primo panegirico risale alla fine del 356 inizio del 357 (Or. I: Elogio di Costanzo).
Su alcune questioni pi preciso rispetto al Costanzo o sulla regalit (Or. III), datato 358-359. Ma in entrambi i casi bisogna tener conto sia del genere letterario, sia dei rapporti molto particolari tra Giuliano e Costanzo.
39 40
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volont di dipingere il tiranno immerso nel lusso e nella dissolutezza. Da buon filosofo, Giuliano descrive Magnenzio in mezzo alle feste e ai piaceri41; sembra che questi sia occupato a guardare le corse allippodromo42, quando gli arriva la notizia che Costanzo si impadronito delle fortificazioni del colle43. La fortezza del Colle del Pero la prima volta nel IV secolo che appare la menzione di questi castra. Giuliano dice esplicitamente che si trattava di unantica fortezza che il tiranno scelse per la fuga, e che mise a nuovo con laiuto di nuove fortificazioni44. Stando a quanto afferma Giuliano, non si poteva n piantare un accampamento, n uno steccato a portata della fortezza, n far avanzare le macchine da guerra e le elepoli45. Ma i due racconti di Giuliano differiscono quanto alla maniera in cui fu presa questa temibile fortezza. Nel secondo racconto Costanzo non perse nemmeno un uomo durante lattacco46. Nel primo lattacco avviene in due tempi: un assalto ebbe luogo alle prime luci dellalba, a partire da un sentiero sconosciuto da tutti47. Solo quando il nemico alle prese con questo commando, Costanzo fa avanzare il grosso dellesercito48. Manovra di accerchiamento, possibile se consideriamo
41 42
GIULIANO, Or., I, 31 (39 d). Ibidem (39 c-d). Nel secondo discorso Giuliano riconosce che Magnenzio si Secondo A. Degrassi (Il confine nord-orientale dellItalia romana, Berne 1954, p.
140) si tratterebbe della fortezza di Ajdovina, alle falde occidentali del Colle del Pero, dove si terr la battaglia del fiume Frigido. Ci per contrasta con la descrizione di Giuliano di una fortezza inaccessibile, senza neanche un filo dacqua nelle vicinanze (Or. III, 18-72 d). Cos A. JELONIK, art. cit., p. 229 e n. 6.
44 45 46 47 48
GIULIANO, Or., III, 17 (71 c). Ibidem, III, 18 (72 d). Ibidem (73 a-b). GIULIANO, Or., I, 32 (39 b). Ibidem (39 b-c).
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che Arbogaste nel 394 ne tenter una dello stesso genere? contro Teodosio, ma che cozza con la presentazione di una fortezza inaccessibile, specie per gran parte dellesercito49. qui che andrebbe collocata, secondo Seeck, lallusione di Ammiano Marcellino, che abbiamo visto collocata nel 350. Magnenzio e i suoi ufficiali si sarebbero lasciati prendere da uno stratagemma gi tentato contro Costanzo, secondo il racconto di Zonara50: lavvenimento si colloca dopo la sconfitta di Mursa, senza ulteriori precisazioni. Non sappiamo chi fossero i vescovi che Magnenzio mand, senza successo, da Costanzo51. Fortunaziano di Aquileia faceva forse parte della delegazione? impossibile dirlo, come impossibile sapere in quale momento ottenne la fiducia di Costanzo. Zonara dice che molti soldati di Magnenzio, di fronte allavanzata dellesercito di Costanzo, lo abbandonarono e consegnarono le piazzeforti () in cui si trovavano52, ma la reazione attribuita a Magnenzio lo mostra in Gallia, sicch impossibile sapere in quale posto e in quale preciso momento si collochino tali defezioni e se queste riguardino la frontiera delle Alpi Orientali e la citt di Aquileia, che Magnenzio non lasci prima della fine dellestate del 35253.
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Aquileia e che, non potendo pi essere soccorsi, i difensori abbiano preferito capitolare. Anche il denaro e le promesse hanno fatto il loro dovere.
50 51 52 53
ZONARA, XIII, 8, 20. Ibidem, XIII, 8, 21-22. Ibidem, XIII, 8, 23. Il 27 maggio 352 Costanzo ancora a Sirmio secondo C. Theod. VII, 1, 2, risalente
allo stesso anno. La prima misura che presuppone la sua presenza in Italia ha come data il 26-9-352 (Cronogr. del 354; Ed. Mommsen, Chron. Min. I, p. 69); P. Bastien (op. cit., pp. 68-69) e A. Jelonik (art. cit., p. 230 e n. 2) collocano quindi la presa di Aquileia a inizio settembre, il che mi sembra plausibile, ma come data limite, perch Magnenzio nomina Settimio Mnasea alla Prefettura della citt il 9 settembre, secondo il Cronografo del 354 (MOMMSEN, Chron.
30
La spedizione marittima Se Magnenzio fu colto di sorpresa e non si trovava n a Emona54 n al Castellum alpino, bens ad Aquileia, non era solo per stare, da bravo imperatore, in mezzo al suo popolo allippodromo55. Il soggiorno ad Aquileia dovuto alla volont di opporsi a unoperazione marittima di Costanzo56. A tale proposito vorrei fare unosservazione, che andrebbe ripetuta ogni qual volta Aquileia vedr affrontarsi nei suoi paraggi truppe romane (intendendo cio le truppe di due contendenti romani allImpero), riguardante il coordinamento di una spedizione terrestre e di una manovra marittima. forse quello che differenzia maggiormente le guerre civili dalle incursioni barbariche: i barbari non possiedono nessuna flotta fino alla met del V secolo circa57. Partita la campagna contro Magnenzio, Costanzo lancia la sua flotta contro lItalia, lAfrica,
Min., I, p. 69 A. CHASTAGNOL, op. cit., p. 422). Le ultime emissioni monetarie di Aquileia sarebbero cominciate nel luglio del 352 (A. JELONIK, Quelques remarques sur les missions de Maiorinae frappes par Magnence Aquile, in R. Num., 1967, p. 251). Come si spiega, per, che Magnenzio non abbia cercato di resistere ad Aquileia, che viene descritta come una citt inespugnabile? Oltre al timore di essere accerchiato dalla spedizione marittima di cui si parler qui di seguito, mi domando se non si debbano chiamare in causa gli avvenimenti occorsi in Gallia, dove, dopo le vittorie rievocate dallemissione in argento Triumfator gentium barbarorum (BASTIEN, p. 63 Catal. n. 346), avviene la cruenta invasione del 352 (J. SCHWARTZ, Trouvailles montaires et invasions germaniques sous Magnence et Dcence, in Cahiers alsaciens darchologie, dart et dhistoire, 33, 1957, pp. 33-49).
54 55
La citt troppo poco fortificata per resistere a un lungo assedio. Non infatti per gusto personale, ma per dovere nei confronti della sua carica, che
Magnenzio si trova allippodromo; ci si pu chiedere se lora indicata mezzogiorno non sia scelta da Giuliano per screditare Magnenzio.
56
Giuliano cita le spedizioni contro la Sicilia, contro lAfrica e contro le foci del Po (Or. Prima menzione nel Cod. Theod., 9, 40, 24, con data 24-9-419, di punizioni nei
confronti di coloro qui conficiendi naues incognitam ante peritiam barbaris tradiderunt, sul Ponto Eusino.
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la Spagna, ma innanzitutto contro lAlto Adriatico, descritto due volte da Giuliano58. Nel 387 la flotta che permette a Valentiniano II di sfuggire a Massimo; vedremo in seguito limportanza della spedizione marittima del 388 contro Massimo. Si comprende allora che Stilicone, nel 408, ha chiuso i porti dItalia59, cominciando probabilmente da quello di Aquileia, per impedire laccesso alla flotta orientale; capiamo inoltre perch Attalo, nel 409-410, fece di tutto per non consegnare ad Alarico la flotta che gli avrebbe consentito di passare in Africa60. Il pericolo barbaro, fino al 440 per lItalia occidentale e fino a molto pi tardi per lAdriatico, giunger solo via terra; si profila cos il destino di Aquileia, che la condurr su di unisoletta difficile da raggiungere dallinterno, pur permettendole di rimanere in qualche modo quel mercato di mesici, di pannonici e di italiani dellinterno che Giuliano ritrae in piena attivit nel secondo Panegirico di Costanzo61. Ci che ha fatto lopulenza di Aquileia e lha trasformata in granaio per gli eserciti, in centro di scambio per i vari commerci e in quartier generale per unire le operazioni terrestri e marittime fa anche la sua disgrazia, attirando verso di essa le incursioni barbariche, che iniziano a moltiplicarsi in questa met di secolo. Guerre civili e invasioni barbariche Giuliano paragona lirruzione delle truppe di Magnenzio in Italia e verso Aquileia a una vera e propria invasione barbarica. Alle fila dellesercito dellusurpatore, infatti, si sono uniti non soltanto i Celti e i Galli, ma anche i Franchi e i Sassoni 62. Questo esercito fa tremare gli Illirici, i P a n n o n i c i , i T r a c i , g l i S c i t i e l A s i a s t e s s a 63, f a c e n d o t e m e r e
58 59 60 61 62 63
GIULIANO, Or., I, 31 (38 d); III, 17 (72 d). Cod. Theod., VII, 16, 1. ZOSIMO, Hist. nov. 6, 12. GIULIANO, Or., III, 17 (71 d). GIULIANO, Or., I, 28 (34 d). Ibidem (35 b-c).
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una nuova invasione gallica64. Ma oltre al riferimento storico al tumultus gallicus e al desiderio di trasformare Magnenzio nel capo di un esercito barbaro, c dellaltro. Giuliano rimprovera a Magnenzio di aver utilizzato contro lImpero i preparativi che aveva messo in atto contro i barbari65 e soprattutto di aver evacuato dalle loro guarnigioni tutte le citt e le fortezze vicine al Reno e di averle consegnate, senza difese, ai barbari66. Non sar lultima volta in cui constateremo la coincidenza tra guerra civile in Italia e attacco barbarico sul Reno, nonch sul Danubio. Ma su Costanzo grava unaccusa che sar ribadita dallo stesso Giuliano, seppure dopo lusurpazione del 360: quella di aver provocato lattacco degli Alamanni contro Magnenzio, in Alsazia e nel Palatinato. Se laccusa fondata, gli avvenimenti che riguarda e che in ogni caso hanno avuto luogo, a prescindere dallorigine mettono in luce un fenomeno che comparir pi volte nel secolo successivo: il collegamento tra il Danubio e il Reno attraverso la Baviera e la Svevia e le ripercussioni in una delle due regioni di tutto quel che riguarda laltra, con conseguenze immediate sullItalia settentrionale, se non addirittura sulla regione di Aquileia.
II. AQUILEIA DAL 352 AL 375 Spostamento degli assi strategici Paradossalmente, infatti, Aquileia si ritrover al sicuro dalle minacce barbariche per un quarto di secolo. Cionondimeno, da circa due secoli, il pericolo barbaro non mai troppo lontano e dopo la tetrarchia non pi stato possibile sguarnire n le
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rive del Danubio, n le alte valli alpine. Al contrario, una pressione sulla Raetia si rivela in diverse occasioni un modo per alleggerire lattacco dei barbari sul Reno. Vediamo cos che Costanzo attacca, nei pressi del Lago di Costanza67, gli Alamanni Lentiensi nel 355, pi a nord nel 35668 e pi a est gli Iutungi nel 35769. Nello stesso anno Costanzo deve lasciare Roma a fine maggio, per rispondere a un attacco degli Svevi nella Raetia, dei Quadi nella Valeria e dei Sarmati nella Mesia Superiore e nella Pannonia II70. Passa per Trento, racconta Ammiano, fortifica le vie daccesso alla Raetia71, prima di raggiungere Sirmio attraverso la Pannonia72. Vale la pena fermarsi un istante per segnalare un fatto frequente nel corso del secolo: Aquileia non pi un punto di passaggio obbligato tra est e ovest, e viceversa73. del tutto normale che lImperatore, da Ravenna, abbia raggiunto la Raetia attraverso la valle dellAdige. Ma lo vediamo poi seguire il Danubio per raggiungere, attraverso la Pannonia I e la Valeria, la citt di Sirmio, dove trascorre linverno74. Lo stesso vale per Giuliano, quando lascia la Gallia nel 360, segue il Danubio e coglie di sorpresa Sirmio. Non credo abbia considerato in quel momento Aquileia e i claustra dellIllirico un ostacolo75. La lunga resistenza di Aquileia fu quasi inaspettata. La spedizione di Giuliano mostra che la via di Costantinopoli verso la Gallia settentrionale passa
67 68 69 70 71 72 73
AMMIANO, Res gestae, 15, 4. Ibid., 16, 12, 15-16. Ibid., 17, 6. Ibid., 16, 10, 20. Ibid., 17, 13, 28. Ibidem. Questo corridoio di penetrazione verso il Reno sar usato dai Vandali nel 405-406 e da AMMIANO, Res gestae, 17, 17, 1. Memore degli errori di Magnenzio, Giuliano voleva evitare quanto accaduto a Mursa
nel 350. Da qui la fretta di impadronirsi di tutta quella parte dellImpero che non era di sua competenza.
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ora pi a nord, il che attestato pi volte. Ma tale situazione non durer a lungo, perch il pericolo barbaro riporter viaggiatori e soldati sulla via pi meridionale. Giuliano e Aquileia Limportanza strategica di Aquileia indicata chiaramente da Ammiano e riconosciuta da Giuliano. Quando questi viene a sapere, a Naisso, che le truppe trasferite dallIllirico in Gallia si sono fermate ad Aquileia, invia immediatamente il comandante di cavalleria Giovino, perch, come informa Ammiano, sapeva, grazie alle letture e a quanto gli era stato detto, che la citt era stata pi volte invasa, ma non era mai stata presa, n si era mai arresa76. La situazione avrebbe potuto prendere una brutta piega per Giuliano, se si fosse seguito lesempio di Aquileia77 e se il nuovo Augusto fosse stato bloccato nella Pannonia o nella Mesia, mentre gli eserciti di Costanzo marciano a est, verso il Passo di Succi, e a ovest, attraverso il Colle del Pero78. In ogni caso, ancora una volta Aquileia non sment la sua fama e non fu presa, nonostante i vari assalti e i tentativi che si susseguirono contro di essa79. Bisogna pensare a questa fama per comprendere lemozione con cui un giorno si acclamer la presa e la distruzione. Ma ci vorranno quasi due secoli, durante i quali, fortunatamente, le ondate barbariche non oltrepasseranno, per lo meno non tutte, i colli delle Alpi Giulie. Minacce sul Danubio Il primo grave allarme si registr nel 373. Nel narrare la rivolta dei Quadi e dei Sarmati, Ammiano sottolinea come questi popoli avessero fortunatamente perso parte del loro
76 77 78 79
AMMIANO, Res gestae, 21, 12, 1. Ibid., 21, 11, 3. Ibid., 21, 12, 21-22. Il lungo racconto offerto solo da Ammiano (21, 12, 4-20). Non mi soffermer su
questo punto.
35
potere e rievoca lassedio di Aquileia e il sacco di Opitergium, sotto Marco Aurelio, il che permette di intuire uno dei precedenti storici scoperti da Giuliano nelle sue letture80. Ad ogni modo la minaccia doveva essere seria, giacch si arriv quasi a evacuare Sirmio81 di fronte allavanzata del nemico, che alla fine cambi rotta verso la Valeria82. Ignoriamo completamente quello che accadde lanno successivo e non abbiamo nessuna informazione riguardo a ci che successe nellIllirico occidentale nel 375-377. La gente di Aquileia ha forse visto passare le truppe di Tribigildo, che venivano in soccorso della Tracia83? Deve aver visto arrivare i Taifali prigionieri, sistemati nella regione di Modena, di Reggio (Emilia) e di Parma84. Poco dopo arrivarono i profughi, che fuggivano lavanzata dei Goti, degli Unni e di tutte le trib messe in moto per la traversata in massa del Danubio inferiore85.
III. LA PROTEZIONE DELLITALIA ORIENTALE SOTTO GRAZIANO E VALENTINIANO II Il dopo-Adrianopoli Conosciamo i famosi testi di Ambrogio del 378 e del 379 e quelli di poco successivi di Girolamo 86: Gli Unni si sono scagliati contro
80 81 82 83 84 85
AMMIANO, Res gestae, 29, 6, 1. Ibid., 29, 6, 9. Ibid., 29, 6, 12. Ibid., 31, 7, 3. Ibid., 31, 9, 4. Vediamo insediarsi i profughi illirici nella regione di Imola, secondo lEp. 2, 28 di GIROLAMO, In Sophoniam, 1, 2-3, nel 391-392, sulla Tracia, sullIllirico e sulla
regione natale; De uiris, 135, nel 392, su Stridone; Ep. 60, 16, nel 396, sui vari disastri, dalla Tracia alle Alpi Giulie. Nuovo grido di dolore nel 406, sulla decadenza diffusa dalla Propontide e dal Bosforo fino alle Alpi Giulie (In Osee, I, 4, 3).
36
gli Alani, gli Alani contro i Goti, i Goti contro i Taifali e contro i Sarmati; noi, in Illiria, siamo stati esiliati dalla nostra patria dai Goti esiliati. E non ancora finita. Carestia ovunque, peste bovina e umana; tanto che, senza aver subito la guerra, la peste ci ha resi simili a un paese conquistato!87. Allinizio del 379, di fatto, Ambrogio conosce a Milano le vie dellinvasione: dalla Tracia un diluvio, come dir poco dopo Pacato88, si diffuso su tutto lIllirico, seguendo il Danubio attraverso la Dacia Ripensis, la Mesia, la Valeria, fino alla Pannonia89, per raggiungere, informa Ammiano, i piedi delle Alpi Giulie, che gli Antichi chiamano Venete90. Allinizio del 379 Ambrogio nutre fiducia nellazione di Graziano, che ha protetto lItalia91; ma qualche mese prima non era cos, quando Ambrogio pronunciava lorazione funebre del fratello Satiro 92. Questi era rientrato dallAfrica a Roma non appena
87 88 89
AMBROGIO, In Lucam, X, 10. PACATO, Pan. lat., XII (II), 3, 3. AMBROGIO, De fide, II, 140 Su questa data cfr. P. NAUTIN, Les premires relations
dAmbroise avec lempereur Gratien: Le De fide, livres I et II, in Ambroise de Milan, XVIe centenaire de son lection piscopale, Dieci studi riuniti da Y.M. Duval, Paris 1974, pp. 231 sgg.
90
AMMIANO, Res gestae, 31, 16, 7. Il che non significa che tutte le citt furono prese.
Mursa capitola (Ep. Nisi Clementiae di Massimo a Valentiniano II nel 386 Coll. Avellana I; Ed. O. Gnther, CSEL 35, p. 89, ll. 21-26), ma non Sirmio (AUSONIO, Gratiarum actio, 42) n, a quanto pare, Poetovio (R. EGGER, Die Zerstrung Pettaus durch die Goten, in Jahresh. d. sterr. Inst. In Wien, 18, Beiblatt, 1915, pp. 253-266). Sulla decadenza della Pannonia a partire da questo periodo cfr. A. MCSY, art. cit., p. 350.
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AMBROGIO, De fide, II, 1942 (Ed. O. Faller, CSEL 78, p. 107): (Italia) quam dudum
ab hoste barbaro defendisti, nunc etiam uindicasti. Contrariamente a quanto dice Faller (ad. loc.) non si tratta della campagna di Graziano contro gli Alamanni Lentiensi, bens della difesa delle Alpi Giulie e successivamente delloffensiva ripresa contro i Goti.
92
nel 378 e non nel 374 che va collocata la morte di Satiro e la sua Orazione funebre.
37
riaperti i porti e, nonostante i consigli di Simmaco, che era gi a conoscenza delle minacce incombenti sullItalia settentrionale93, era arrivato a Milano, dove sarebbe morto di l a poco. Durante la sua ultima malattia Ambrogio gli fa esprimere il suo timore di fronte allavanzata del nemico, con tutto il seguito di saccheggi e di atrocit, nonch linadeguatezza della fortificazione dei passi alpini, unico rimedio contro lavanzata dei barbari94. Ci troviamo, pare, ad Aquileia e nelle Alpi Giulie, e non nei colli della Raetia, dato che lasse dattacco degli Alamanni Lentiensi era rivolto a ovest e a nordovest, e non verso sud95. Possiamo cos intuire che fu attuata la difesa delle Alpi Giulie e che la cittadina di Aquileia dovette stare allerta dopo il 377, a fortiori dopo il crollo di Adrianopoli. Nonostante le vittorie riportate nel 37996 e nel 38097, linsicurezza regner ormai sovrana oltre le montagne. Le testimonianze che ci sono giunte fanno il conto dei danni, in termini di uomini da riscattare, di citt distrutte, di campagne devastate e mezze rovinate, di regioni abbandonate dai funzionari nelle quali imprudente spingersi. Il foedus di Graziano in Pannonia Ciononostante la vita ha ripreso, in tutti i territori, negli anni 380 e seguenti, grazie non soltanto al trasferimento
93 94
AMBROGIO, De excessu fratris, I, 32 ad f. AMBROGIO, De excessu fratris, I, 31 (Ed. O. Faller, CSEL 73, pp. 226-227): Nam qui
eras sanctae mentis misericordia in tuos, si nunc urgeri Italiam tam propinquo hoste cognosceres, quantum ingemisceres, quam doleres in Alpium uallo summam nostrae salutis consistere lignorumque concaedibus construi murum pudoris!.
95
Rhenum gelo peruium pruinis.... Il Reno alpestre non ha bisogno di essere ghiacciato per essere attraversabile.
96
SIMMACO, Ep. I, 95, 2: Consul. Constant., ad a. 379 (Ed. Mommsen, Chron. Min., I, p. Consul. Constant., ad a 380 (Ed. Mommsen, Ibid., p. 243 c).
243).
97
38
di Teodosio in Oriente e alla riconquista quanto meno della Tracia, se non addirittura di tutti i Balcani, al di qua dei quali sinsediano i Goti, dopo il foedus del 382. Questo, com noto, stato preceduto da un altro patto, firmato da Graziano, che consente linsediamento degli Ostrogoti e degli Unni nella Pannonia, vale a dire molto pi vicino alle nostre Alpi Giulie e sempre al di qua del Danubio98. Bisogna forse pensare che questi popoli raggiungano in quegli anni la citt di Iovia, che Egger collega al vescovo Amanzio, la cui pietra tombale stata trovata proprio qui, e di cui viene detto che fu degno di essere voluto da un popolo straniero, che fece conoscere la fede cristiana a due capi, guidandoli con i suoi consigli e si trov alla testa di un doppio popolo (binis populis), per due volte dieci anni (bis denis)99? Non credo si possa
98
Spesso viene taciuto questo foedus di Graziano, attestato in Zosimo (Hist. nov., 4, 34,
1-2) e in Giordane (Getica, 140-141), i quali mettono entrambi in relazione il trattato con la malattia di Teodosio, che ha posto fine ai successi del 379-380. Cfr. L. VARADY, op. cit., p. 36.
99
Archolog. Institutes in Wien, 21-22, Beiblatt, 1922-24, pp. 327-341, seguito da L. VARADY, Das letze Jahrhundert Pannoniens (376-476), Amsterdam 1969, pp. 168 sgg. Si pongono numerosi problemi. Il primo riguarda la sede di Amanzio, presente ad Aquileia nel 381. Come si pu immaginare per un nome proprio e per una tradizione manoscritta molteplice, laccordo lungi dallessere unanime. Egger si basato sul Paris. 8907 e sui relativi manoscritti per difendere la grafia Ioviensium e proporre la borgata di Iovia; ma la tradizione pi comune riporta Nicensis o Niciensis, il che rimanda a Nizza. F. Quai, riprendendo unipotesi degli scopritori dellepitaffio di Amanzio, confida in una deformazione paleografica del nome della citt e suggerisce di leggere Iuliensium, ovvero Iulium Carnicum, lattuale Zuglio. Per difendere Nizza anche J.R. Palanque (Saint Ambroise et lEmpire romain, Paris 1933, p. 82, n. 16) si basa sulla localit di Amanzio, dopo i nomi dei vescovi di Orange, di Octodurum e di Grenoble (PL 16, c. 939 B-C). pur vero che lordine dintervento durante la seduta del 3 settembre analogo ( 62-64 c. 935 C 936 A), ma difficile vedere una ripartizione strettamente geografica in questi elenchi, in cui sono in gioco gli ordini di varie prerogative. Lelenco dei partecipanti ( 1 c. 916 A-B)
39
identificare questo Amanzio con colui che tiene la cattedra episcopale di Aquileia nel 381 100; pertanto lidentificazione proposta da Egger dei due capi con Alateo e Safrace, capi degli Ostrogoti nella battaglia
non presenta lo stesso ordine di quello delle firme; a sua volta questo diverso dalla fine della Sinodale Benedictus Deus (AMBROGIO, Ep. X), per la quale il Par. 8907, fol. 339332 (KAUFFMANN, pp. 37-38) fornisce un elenco di firme non pubblicato (lelenco comprende qualche nome sconosciuto). Daltra parte Iovia (lattuale Felshetnypuszta, secondo J. Harmatta, art. cit., p. 368, n. 10), piccolo borgo a est di Poetovio, sulla via di Mursa, non avrebbe altre testimonianze, oltre a questa, della presenza di un vescovo. Nessun vescovo attestato nemmeno a Iulium Carnicum, prima della fine del V secolo. Per quanto riguarda Nizza, se la sede attestata solo dopo il celebre Concilio di Orlans del 549, in cui un prete rappresenta il vescovo di Cimiez e di Nizza (Ed. Ch. de Clercq, CC 148 A, p. 160), il porto di Nizza rappresentato al Concilio di Arles del 314 da un diacono e da un esorcista (Ed. Ch. de Clercq, CC 148, p. 14, 16 ecc), alla stregua di altre sedi episcopali. Tuttavia conosciamo le metamorfosi delle due sedi nel V secolo, sotto Leone e sotto Ilario (L. DUCHESNE, Fastes piscopaux de lAncienne Gaule, t. I, Paris 1907, pp. 296-297). L. Duchesne, che non esita a riconoscere nellAmanzio del 381 un vescovo di Nizza (Ibid., p. 296), fa tuttavia notare come, vista la dipendenza di Nizza nei confronti di Marsiglia, la presenza o lassenza di un rappresentante di Nizza a un Concilio sia legata a quella del vescovo di Marsiglia, sempre assente, in realt, nei Sinodi in cui interviene il vescovo di Ales. Le lacune riguardanti i titolari di Nizza sarebbero quindi giustificate, mentre per Iovia potrebbe essere invocata solo la fine dellimpresa romana. Stupisce dunque che Varady abbia riposto tutta questa fiducia in Amanzio e in Iovia. Nessuno dei suoi recensori, che riprendono tutti questo problema (HARMATTA, p. 365; NAGY, p. 331; MCSY, p. 355), sembra riconoscere la fragilit dellipotesi. Molto incerta, asseriva L. Schmidt (Die Ostgermanen, II ediz., Mnchen 1934, p. 261).
100
Linterpretazione di F. Quai (La sede episcopale del Forum Iulium Carnicum, Udine
1973, pp. 35-85), se pu essere sostenuta sul piano paleografico, non regge quando propone di riconoscere in Amanzio colui che avrebbe portato le Sinodali ai due imperatori (in realt a quel tempo sono tre, fino al 383), presentando le conclusioni con buon senso (p. 59), e colui che sarebbe stato vescovo, prima di Iulium Carnicum, poi di Como, per ventanni da ambo le parti (pp. 61-62). Si fa fatica a immaginare il trasferimento di un vescovo viste le condizioni canoniche dellepoca, senza contare le altre difficolt.
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di Adrianopoli, di cui sappiamo che hanno raggiunto lIllirico occidentale, diventa problematica101. Ma la menzione dei due popoli corrispondenti ai due capi lascia chiaramente intendere che ci troviamo di fronte a due popolazioni barbare, e non semplicemente a una comunit composta sia da Romani sia da barbari102. In particolare, a fortiori, se Amanzio era davvero originario di Aquileia103, abbiamo in questepitaffio una prova, forse, del ruolo svolto da Aquileia nellevangelizzazione dei nuovi arrivati, e sicuramente dei legami intercorsi con i vicini pi o meno lontani, per i quali, al tempo in cui ci troviamo, cristianizzazione e romanizzazione andavano di pari passo. Il caso mi sembra analogo a quello della regina dei Marcomanni, negli anni 395-397: il marito di Fritigilde ha organizzato la difesa sulle sponde del Danubio alpino, difesa che, dietro cessione territoriale, stata affidata da Graziano ai contingenti che, nel 378-379, come viene detto, avevano raggiunto i piedi delle Alpi Giulie. Graziano e la frontiera nordorientale dellItalia Non bisogna dimenticare che linsediamento degli Ostrogoti e degli Unni nellIllirico collegato alla minaccia sul Reno, che si era fatta sentire gi nel 378 e che si ripresenter, in vari punti del Reno e dellAlto Danubio, nel decennio successivo. Si spiega cos landirivieni
101 102
AMMIANO, Res gestae, 31, 12, 17; ZOSIMO, Hist. nov., 4, 34. Come suggerisce E.A. Thompson (Christianity and the Northern Barbarians, in The
Conflict between Paganism and Christianity in the Fourth Century, by A. Momigliano, Oxford s.d. (1963), p. 66, n. 3).
103
Come sembra suggerire la menzione della plebs aliena. Solo la data in dubbio; si
indecisi tra il 398 (Egger) e il 413, date che appartengono entrambe a unindizione XI. Egger stabiliva un nesso tra questepitaffio e il ripiegamento delle comunit dinanzi allinvasione di Alarico. Lipotesi verosimile, a prescindere dal luogo, purch sia situato o a nord, o a est di Aquileia.
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di Graziano, dal 380 al 383, tra Treviri, Milano, Aquileia e Sirmio. Questo viavai ha come scopo sia quello di sorvegliare linsediamento il che presuppone espropriazioni104, approvvigionamenti ecc. sia quello di far fronte a nuove minacce e contenere lattacco di questi federati, che potrebbero voler avanzare ancora. Diverse nuove incursioni hanno luogo nella Raetia, cosicch Aquileia si ritrova nelle immediate vicinanze di due pericoli, andando forse a costituire lobiettivo delle due vie dinvasione. Se ritroviamo Graziano ad Aquileia nel maggio105 e nel dicembre 381106, egli non ha trascorso l lestate, e non mi pare verosimile che si sia trovato ad Aquileia a inizio settembre, mentre si teneva il Concilio di Aquileia: allora doveva essere in spedizione nella Raetia o nellIllirico107. In ogni caso lo vediamo prendere la via dellIllirico nella primavera del 382, quando lascia Milano108 per trovarsi poi a Viminiacum ai primi di luglio109, il che fa supporre che la campagna sia stata concertata con Teodosio110 e che sinserisca nel contesto del foedus del 382. Lanno successivo troviamo Graziano a Verona, a met giugno111. Questa presenza si ricollega alle affermazioni di Ambrogio riguardo a unincursione di barbari affamati nella Raetia II112,
104 105 106
Da qui lallusione di Ambrogio ai Romani esiliati dai Goti esiliati. Cod. Theod., XV, 7, 7 e 8, dell8 maggio. Ibid., XI, 1, 18, del 26 dicembre. Varie costituzioni invece non riportano nessuna Palladio avrebbe richiesto che lImperatore venisse informato se questi era stato Cod. Theod., XII, 12, 9: Graziano a Brescia il 10 maggio. Cod. Theod., I, 10, 1 e XII, 1, 89, del 5 luglio. Il 22 novembre nuovamente a Milano Cod. Theod., XI, 16, 15, del 9 settembre 382, rievoca, con tutta una serie di misure e Cod. Theod., I, 3, 1, dopo essere avanzato fino a Padova, gli ultimi dieci giorni di AMBROGIO, Ep. 18, 21: secunda Rhetia fertilitatis suae nouit inuidiam. Nam quae
indicazione di luogo.
107
maggio.
112
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mentre la Pannonia conosce raccolte abbondanti e, dichiara Ambrogio, vendeva il grano che non aveva seminato113, probabilmente perch i barbari che vi abitavano erano stati temporaneamente scacciati. Valentiniano II e la frontiera nordorientale A prescindere dal senso di questultima frase, mi sembra che sia il proseguimento della politica di Graziano che bisogna vedere negli spostamenti di Valentiniano II verso est114, in particolare verso Aquileia, durante le estati che vanno dal 384 al 387. Di fatto sappiamo che gli Iutungi
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Ibid. Sullinterpretazione di L. VARADY, op. cit., pp. 39-41, cfr. J. HARMATTA, art.
cit., p. 367; A. MCSY, art. cit., pp. 43-44 e la ripresa pi prudente di VARADY, Pannonica, p. 265. LAmbrosiaster, che scrive sotto Damaso e, stando a quel che conosce Girolamo della sua opera, verso la fine, sembra, del pontificato, non prende forse di mira la carestia del 383, quando attacca la concezione del fatum dei pagani: Ecce scimus fame laborasse Italiam et Africam, Siciliam et Sardiniam. Dicant mathematici si omnes hi unum fatum habuerunt (...)? Erubescant et taceant, et Deo subplices manus tendant in cuius potestate sunt omnia! Sed hoc forte subreptum est fatis? Qui dicemus de Pannonia quae sic erasa est ut remedium habere non possit? (Quaestio 115, 49 Ed. A. Souter, CSEL 50, p. 334, ll. 11-17)?
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la mort de Stilicon 408 , in REByz. IX (1951), p. 16, n. 5), che Teodosio sia giunto fino a Verona nellestate del 384: materialmente impossibile che Teodosio, che si trova a Eraclea il 25 luglio (C. Theod., XV, 9, 1), sia a Verona il 31 agosto (C. Theod., XII, 1, 107) e soprattutto che sia nuovamente a Costantinopoli il 16 settembre (C. Theod., VII, 8, 3). Bisogna quindi pensare a una corruzione del luogo di origine; il pensiero va, con Godefroy (Comm. ad., XII, 1, 107; t. IV, Leipzig, 1740, p. 478, n. i, che rinvia alla Tabula Peutingeriana dove, di fatto, Verona indicata come Beroea), a Berea di Tracia, dove Teodosio sorveglia la via dellimportantissimo colle di ipka, porta del Grande Balcano. Il che non implica che non vi fosse con Massimo un accordo, esplicitamente menzionato da Pacato (Pan., 30, 1) e da Zosimo (Hist. nov., IV, 37, 5). Sulla data cfr. A. CHASTAGNOL
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devastarono i Rezi115 e che furono mobilitati contro di loro, alle loro spalle, gli Unni e gli Alani116. Si and oltre leffetto sperato, poich i tumulti causati dallavanzamento degli Unni e degli Alani furono tali che le ripercussioni si fecero sentire sul Reno e si dovette dirottare gli invasori verso nord117. Daltronde noto che nel 384 Bautone riporter pi a est una vittoria sui Sarmati, che gli valse il consolato nel 385118. Lestate di quellanno (385) la passa nuovamente lontano da Milano119; ritroveremo il giovane imperatore ad Aquileia nellestate del 386120. Ritornato a Milano, adotta alcune misure contro i procuratori delle miniere della Macedonia, della Dacia Inferiore, della Mesia e della Dardania, che, con la scusa del pericolo barbaro, non si trovano al proprio posto 121. Il pericolo esisteva, bench non fosse particolarmente grave e minaccioso. Se negli anni 385 e 386 Valentiniano II si era gi allontanato da Milano per paura di Massimo, come sostiene Seeck 122, mentre Ambrogio mette in guardia il giovane imperatore dalle intenzioni dellusurpatore, che di pacifico hanno solo
(in Les empereurs romains dEspagne, Paris 1965, p. 264), che fornisce unargomentazione a silentio molto importante contro un accordo nellagosto del 384. Bisognerebbe scendere di 6-8 mesi.
115 116 117 118 119 120
AMBROGIO, Ep. 24, 8. Gli Iutungi approfittano della controversia interna. Ibidem. Ibid., 24, 8. SIMMACO, Relat. 47. Il 4 agosto Valentiniano II a Verona e passa la fine dellanno ad Aquileia. Il 20 aprile (Cod. Theod., XIII, 5, 17) ad Aquileia; ma ritornato a Milano il 6 Cod. Theod., I, 32, 5, del 29-7-386. O. SEECK, op. laud., V, p. 202, secondo cui il viaggio del 385 motivato dalla paura
nei confronti di Massimo e Valentiniano ritorna a Milano nel cuore dellinverno, quando le vie delle Alpi sono chiuse. Secondo Palanque lallontanamento da Milano dovuto alla questione ariana (op. cit., p. 145 e n. 35).
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lapparenza123, come mai il giovane imperatore e la sua cerchia avrebbero commesso lerrore di chiamare in loro aiuto limperatore di Treviri, agli inizi del 387? da Aquileia che Zosimo fa partire lambasciata di Donnino verso Massimo124 ed quanto meno certo che
123
AMBROGIO, Ep. 24, 13: Esto tutior aduersus hominem pacis inuolucro bellum
tegentem, se lepistola risale alla fine del 386. Tale presentazione infatti dipende dalla presupposizione, comunemente ammessa da Palanque in poi (op. cit., pp. 172 sgg.; pp. 516-518 mantenuta nel suo art. Lempereur Maxime, in Les empereurs romains dEspagne, Colloque du C.N.R.S., Paris 1965, pp. 259 sgg.), che la seconda ambasciata di Ambrogio a Treviri risalga allestate del 386. Questo avvertimento alla fine dellepistola 24, composta prima ancora del ritorno a Milano, precederebbe di qualche mese linvasione dellItalia da parte di Massimo. Ma la mia presentazione di un Valentiniano attento al pericolo barbaro verso larco orientale, nonch al di l delle Alpi Giulie, mi sembra ancora pi solida, se lambasciata e la lettera sono precedenti (fine del 384) e se Valentiniano si sottratto alla minaccia proveniente da Massimo grazie al foedus, che Ambrogio non riuscito a redigere alla fine del 384, ma che deve essere stato concluso nel corso del 385. Certo, la datazione di ottobre 384 di La seconde mission dAmbroise auprs de Maxime non fissata da V. Grumel (REByz. IX (1951), pp. 154-160) sulla base di argomentazioni altrettanto solide, ma la critica da parte di Palanque (Lempereur Maxime, pp. 259-260) non le smonta tutte. Vale la pena prendere in considerazione la nota della Chronica gallica an. CCCCLI (Ed. Th. Mommsen, MGH, AA, IX, p. 646: Maximus timens orientalis imperii principem Theodosium cum Valentiniano foedus iniit). Ed. Ch. Babut (Priscillien et le Priscillianisme, Paris 1909, p. 243, n. 2) ha osservato che il corpo di Graziano, che costituiva la prova della pace anche a detta di Ambrogio (Ep. 24, 10: Habeat Valentinianus imperator uel fratris exuuias pacis tuae obsides), probabilmente stato portato a Milano, dove si trova nel 392 (De obitu Valentiniani, 79), in questa occasione; in ogni caso il foedus ha avuto come conseguenza la nomina di Evodio, prefetto del pretorio di Massimo, a console occidentale per il 386. Non si pu quindi scendere troppo in l nel 385 e bisogna supporre tutta una serie di negoziati bi e trilaterali, sebbene Zosimo e Pacato parlino solo dei rapporti tra Massimo e Teodosio. Nulla di sorprendente, vista la natura dei documenti e degli avvenimenti. Sulla rottura del foedus nel 387, cfr. nella nota seguente i testi di Rufino di Aquileia e della Chronica Gallica.
124
Rufino di Aquileia ( H i s t . e c c l e s . , X I ( o I I ) , 1 8 P L 2 1 , c . 5 2 4 C )
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non abbiamo pi alcuna traccia della presenza di Valentiniano a Milano dopo la fine di maggio del 387125. Che ne fu della spedizione lanciata nella Raetia, nel Norico e nella Pannonia126? Non ne sappiamo nulla, come neppure sapremmo dire se la fuga per mare fu decisa a causa del pericolo barbarico nellIllirico127. Parimenti ignoriamo la data in cui Massimo arriv ad Aquileia e si apr un varco tra le Alpi Giulie128, e se tale presenza fosse legata sia al controllo delle frontiere contro i barbari sul Danubio, sia al controllo delle due parti dellImpero nuovamente ricostituite.
IV. LE GUERRE CIVILI E LA SCOPERTA DELLITALIA SETTENTRIONALE DA PARTE DEI BARBARI Massimo ad Aquileia Tutto ci che conosciamo del 388 riguarda la guerra civile. Non mi addentrer nei particolari della campagna di Teodosio, della sua risalita della Sava e poi della Drava, n della spedizione navale che forse, inizialmente, mirava ad Aquileia, il che
e la Chronica gallica del 451 (Ed. Mommsen, Chron. Min., I, 648: Maximus, indignum dicens contra ecclesiam statum agi, locum inrumpendi quod cum Valentiniano iunxerat foederis inuenit...) mettono in primo piano motivi religiosi e non militari. Gli uni (ribaditi da Massimo sin dalla met del 386) non escludono gli altri, e non stupisce che Zosimo non abbia parlato dei primi.
125 126
Cod. Theod., XI, 30, 48, del 19 maggio. Secondo Sulpicio Alessandro, i generali di Massimo si trovano sul Reno: GREGORIO Questa fuga in nave un evento unico, spiegabile o con il timore di essere raggiunti
dagli emissari di Massimo prima di Costantinopoli, o con linsicurezza delle vie causata dai barbari. Zosimo parla di intrighi da parte di Massimo nei confronti dei barbari, al momento della spedizione di Teodosio nel 388 (Hist. nov., IV, 45, 4).
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spiegherebbe in parte perch Massimo sia rimasto a Emona, alla confluenza della via delle due valli, senza avanzare oltre. Vorrei invece soffermarmi su due punti, che ci interessano direttamente. Sia Ambrogio129 sia Pacato130 insistono sullirresolutezza di Massimo, dopo le sue due sconfitte: egli va e viene, senza sapere dove; alla fine si chiude ad Aquileia con i suoi Mauri131, ma esce per arrendersi a Teodosio. Probabilmente Massimo, che sapeva, per varie ragioni, di non dover disperare della clemenza di Teodosio, ha risentito, da un lato, della defezione di una parte dellesercito, dopo la battaglia di Poetovio132, nonch dellallontanamento della flotta, che era andata incontro a Valentiniano II133 e laveva probabilmente inseguito fino in Sicilia134. A quel punto era meglio non continuare la guerra, che poteva essere prolungata, ma non pi vinta135. Non pare ci sia stata resistenza nei colli delle Alpi Giulie136, il che permette a Pacato di dire che lesercito copr il tragitto Emona-Aquileia in un giorno pi di 100 km! , spinto dalle ali della Vittoria137. In realt siamo lontani dal conoscere lultimo capitolo d e l l a
AMBROGIO, Ep. 40, 22: Ego perturbaui hostis tui consilia.... PACATO, Pan., 38, 1 sgg. ZOSIMO, Hist. nov., 4, 46, 4; PACATO, Pan., 45, 5. PACATO, Pan., 35. ZOSIMO, Hist. nov., 4, 46, 1-2. AMBROGIO, Ep. 40, 23. Massimo forse venuto a conoscenza degli insuccessi dei suoi generali sul Reno? Zosimo, che non parla degli scontri in Pannonia, dice che Teodosio sorprese i posti di
guardia degli Appennini (=le Alpi Giulie) e scese inaspettatamente sulle truppe di Massimo (Hist. nov., 4, 46, 3). Stessa presentazione in Orosio (Histor., VII, 35, 3-4), che insiste sul fatto che le Alpi e le vie di accesso ai fiumi (il Po? Il porto di Aquileia?) erano state bloccate (Qui cum [...] omnes incredibiliter Alpium et fluminum aditus communisset [...], sponte eadem quae obstruxerat claustra deseruit), ma non fa nessun cenno alla campagna nella Pannonia.
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vicenda; forse va chiamata in causa anche lostilit della popolazione di Aquileia138 e dItalia139. Tuttavia ecco la seconda osservazione che vorrei fare, importantissima al nostro scopo anche perch Ambrogio concorda con il racconto di Pacato, un contemporaneo, ma non con quello di Orosio e di Zosimo solo una piccola parte dellesercito di Teodosio ha raggiunto Aquileia. Ambrogio fa dire a Teodosio attraverso Dio: ... Sono Io che, quando era molto pericoloso che gli spiriti poco sicuri dei barbari penetrassero i segreti delle Alpi, ti ho dato la vittoria anche al di qua del baluardo delle Alpi!140. Da qui vediamo come la popolazione fosse cosciente, a un tempo, dellimportanza dei colli e della loro difesa, del pericolo che li minacciava nonch, in quel momento, della loro fragilit. La difesa delle Alpi Giulie nel 391-392 LItalia vive per due anni al sicuro 141: data la presenza di Teodosio e del suo esercito, i barbari non o s a n o f a r e
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La citt cede senza alcuna resistenza: ZOSIMO, Hist. nov., 4, 46, 4. Se Andragazio ha
fatto ritorno verso Aquileia, come lascia intuire Ambrogio (Quos ante disperseram [...] ad supplementum tibi uictoriae congregaui, Ep., 40, 23), forse si gettato nel vicino fiume di Aquileia, come afferma Socrate (Hist. eccles., 5, 14). Ma la geografia dellItalia di Socrate alquanto incerta, visto che colloca Aquileia in Gallia, parlando del Fiume Frigido (Ibid., 5, 25).
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mare: ZOSIMO, Hist. nov., 4, 45, 6. Lo storico aggiunge che i Romani erano ostili a Massimo. Ambrogio (Ep. 40, 23) rievocher nel 389 lanimosit dei cristiani di Roma, in seguito allordine dato da Massimo di ricostruire una sinagoga. Ne avrebbero tratto un cattivo presagio. Indubbiamente il fatto si colloca tra la met del 387 e la met del 388.
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AMBROGIO, Ep. 40, 22 (PL 16, c. 1109 B-C): Ego, cum periculum summum esset ne
Alpes infida barbarorum penetrarent consilia, intra ipsum Alpium uallum uictoriam tibi contuli ut sine damno uinceres.
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Risalgono forse a questo periodo, come invitano a pensare gli editori successivi, i
frammenti delliscrizione trovata nel 1877 nella Basilica di Aquileia, riguardanti le mura (unica parola completa) della citt: H. PIS, CIL. Supp. Ital., I, Rome, 1884, n. 178: T]heo-
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incursione da questo lato, e le truppe affidate ad Arbogaste tappano i buchi lasciati aperti dai Franchi nella Gallia nordorientale durante lassenza di Massimo142, che forse hanno influito sulla sua disfatta ad Aquileia143. La situazione cambier alla fine del 391. Teodosio ritornato a Costantinopoli in luglio, dopo aver soggiornato per almeno una decina di giorni ad Aquileia, sulla strada del ritorno. Zosimo racconta che, in occasione del passaggio a Tessalonica, Teodosio deve far fronte alle incursioni barbariche allinterno della Macedonia e della Tessaglia144. Egli potr fare la sua entrata ufficiale a Costantinopoli appena il 10 novembre145. Le operazioni continuano nella Tracia lanno successivo 146; ma le incursioni barbariche si sono
d[osii.] ./.arian[us] [v.c. prae] fectus pr[aetorio] muros ac [turres] tii [ . G. Brusin
propone una diversa ricostruzione in Le difese della romana Aquileia e la loro cronologia, Corolla memoriae E. Swoboda dedicata, 1966, p. 92, n. 43. Secondo la fotografia consultata al Museo Nazionale di Aquileia, il nome proprio della seconda riga potrebbe essere HI]LARIANUS, dato che la base della L plausibile. In compenso il TII dellultima riga va sostituito, secondo la fotografia, con TIA o TIM (secondo la lettura di G. Brusin). Il T(urres) della quarta riga non impossibile. Non noto nessun prefetto del pretorio con un nome simile a quello della nostra iscrizione, per il periodo 379-395. Vista la grafia delliscrizione, forse bisogna scendere fino a Teodosio II, se non addirittura fino a Teodorico. Per una datazione compresa tra il 391 e il 394 cfr. S. STUCCHI, art. cit., p. 355.
142
AMBROGIO (Ep. 40, 23) parla degli attacchi dei Franchi e dei Sassoni. Cfr. il testo di La data discussa. O. Perler (in Les voyages de saint Augustin, Paris 1969, Exc. II.:
La date de la mort de lusurpateur Maxime, pp. 197-203) trova in santAgostino buone ragioni per scegliere la data del 28 luglio, al posto di quella del 28 agosto. Aggiunger che le difficolt di approvvigionamento di Teodosio si spiegano meglio con la prima piuttosto che con la seconda. La raccolta del 388 sarebbe stata disponibile. La marcia fu cos veloce che lintendenza fece fatica ad adeguarsi.
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ZOSIMO, Hist. nov., 4, 48. qui che appare Alarico, secondo Claudiano (VI. Cons. SOCRATE, Hist. eccles., 5, 18 f. ZOSIMO, Hist. nov., 4, 50, 2 sgg.
Honorii, 105).
145 146
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estese almeno fino al Medio Danubio, dato che lItalia si sentita minacciata. Tale ricostruzione il risultato delle informazioni, alquanto incomplete, fornite da Ambrogio nellOrazione funebre di Valentiniano II: il giovane principe residente in Gallia avrebbe voluto raggiungere lItalia, perch i barbari minacciavano le Alpi147. Quali? Le Cozie, le Centrali, le Giulie? Sembrerebbe trattarsi delle Alpi Giulie, dato che Ambrogio informa che i barbari rilasciarono i prigionieri, quando seppero che appartenevano al territorio di Valentiniano; dicevano di ignorare che fossero italiani148. Ci implica che ci troviamo alla cerniera tra due partes Imperii e lascia intendere che i barbari avevano forse approfittato dei problemi di Teodosio nella Tracia, o comunque del suo allontanamento. LItalia settentrionale incit Ambrogio a intervenire presso Valentiniano149, che aveva di fronte a s unottima occasione per allontanarsi da Arbogaste e sfuggire alla sua tutela150, imitando lesempio del fratello, che era corso, lo abbiamo visto, da una frontiera allaltra. Vorrei segnalare come latteggiamento di Arbogaste, che rifiuta di lasciare allo scoperto il nord della Gallia151 a favore dellItalia settentrionale, sia opposto a quello adottato da Stilicone nel 401152, quando, prima contro i barbari che attaccano la Raetia,
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AMBROGIO, De obitu Valentiniani, 2 e 22. Ibid., 4: sed cognito quod de Valentiniani essent partibus (captiui) liberi
reuerterunt... Laxauit (barbarus) sponte quos ceperat, excusans quod ignorasset Italos. Ambrogio rievoca poi lAlpium uallum, il che conferma la localizzazione. Cfr. S. STUCCHI, art. cit., pp. 355-356; VARADY, op. cit., pp. 75 sgg.
149 150
Ibid., 24. Tale punto taciuto da Ambrogio, ma appare in tutti i racconti della fine di
Valentiniano II. Se, come ho suggerito sopra, gli spostamenti di Valentiniano tra il 384 e il 387 sono legati alla protezione dellItalia settentrionale contro i barbari, questo precedente poteva essere rilevante nel 392.
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Sullattivit di Arbogaste tra il 388 e il 392 cfr. le pagine di Sulpicio Alessandro in CLAUDIANO, Bel. Get., 419-429.
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poi contro Alarico che scende le Alpi Giulie, sguarnisce lAlsazia e la frontiera del Reno. Il pericolo sul Reno non era inesistente, visto che Arbogaste lancer nuovamente una spedizione contro i Franchi nel 392-393. Gli imperatori passano il tempo correndo da un capo allaltro dellImpero; sarebbe stata nuovamente necessaria una tetrarchia, non pi due o tre imperatori, a un secolo di distanza dalla prima. Comunque sia non sappiamo nulla riguardo alla situazione sullAlto e sul Medio Danubio negli anni 393 e 394. I barbari che arriveranno nei pressi dellItalia orientale sono quelli che Teodosio si porta dietro contro Eugenio e Arbogaste. Almeno conosciamo questi, dato che la documentazione dellepoca incentrata su questo scontro di due eserciti al tempo stesso romani e barbari, nonch di due religioni, poich pagani e cristiani si aspettavano che il fiume Frigido stabilisse la vera religione dellImpero. Furono i barbari e la bora a fornire la risposta, questa volta al di l delle Alpi Giulie153. Il fiume Frigido Devo forse raccontare di nuovo questi due giorni di battaglia, seguiti con unattenzione tale ad Aquileia che non stupisce che uno dei migliori informatori risulti essere Rufino, bench non si trovasse ad Aquileia a quel tempo154? Non credo sia necessario dilungarsi sugli aspetti topografici della battaglia, dopo quanto
153
Sul cambio di strategia si veda il confronto operato nel 398 da Claudiano tra Massimo
ed Eugenio, nel De IV Cons. Honorii, 73 sgg. e in particolare 79-80. Il poeta non illustra i vantaggi di questa strategia (cfr. O. SEECK, op. laud., V, pp. 251-252), limitandosi a sottolineare come le montagne e i claustra siano per Teodosio come la pianura (v. 102103). Esagerazione notevole, in quanto la strategia stava quasi per riuscire.
154
RUFINO, Hist. eccles., XI, 33 (PL 21, c. 539 A 540 B). Non da escludere che
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detto da Petru circa i nuovi scavi di Aidussina/Haidenschaft155. Dir soltanto che non sono assolutamente convinto che si debba cercare di identificare il promontorio su cui, secondo Rufino, Teodosio avrebbe chiamato Dio a testimone della sua buona fede e da dove sarebbe stato visibile ai due eserciti in lotta156. Probabilmente normale che il posto di comando si trovasse in un punto da cui Teodosio potesse dominare il campo di battaglia; ma, oltre al fatto che accorpa in una le due giornate di combattimento e non concorda, sul momento della preghiera di Teodosio, con il racconto di santAmbrogio157, la presentazione di Rufino presenta linconveniente, per chi volesse ritrovare lavvenimento storico, di somigliare un po troppo, come ho osservato in altra sede, a una battaglia dellAntico Testamento158. Alarico Non mi dilungher nemmeno sugli aspetti propriamente religiosi159. Al contrario vorrei spendere qualche parola, giacch anche i contemporanei ne hanno colto le conseguenze,
Panegirico di Teodosio scritto da Paolino di Nola, suo (futuro) amico. Cfr. il mio art. Lloge de Thodose dans la Cit de Dieu (V, 26, 1), sa place, son sens, ses sources, in Rech. Augustiniennes, 4, 1966, p. 169; P. COURCELLE, Jugements de Rufin et de saint Augustin sur les empereurs du IVe sicle et la dfaite suprme du Paganisme, in REAnc., 71, 1969, pp. 111, n. 5.
155
Cfr. le conclusioni di P. Petru, Claustra Alpium Iuliarum, in AAAd. VII, Aquileia e RUFINO, loc. cit., (c. 539 C-D): Stans in edita rupe unde et conspicere et conspici ab AMBROGIO, De obitu Theodosii, 7 (Ed. O. Faller, CSEL 73, p. 375): Cum locorum
angustiis et inpedimentis calonum agmen exercitus paulo serius in aciem descenderet et inequitare hostis mora belli uideretur, desiluit equo princeps et ante aciem solus progrediens....
158
loge, p. 155 e n. 81. P. Courcelle preferisce vedere un ricordo di Tito Livio che Conto di ritornare sulla questione in un articolo intitolato Saint Augustin et la bataille
52
sulla composizione degli eserciti in lotta, in particolare quello di Teodosio. Sappiamo che erano scesi dalla Gallia molti Franchi, richiamati probabilmente dal compatriota Arbogaste. Ma soprattutto lesercito di Teodosio che deve attirare la nostra attenzione: a fianco degli Iberi di Bacurio, che hanno rivestito un ruolo decisivo nel combattimento, come descritto da Rufino160, figurano gli Unni, di cui non sappiamo molto161, gli Alani, comandati forse da Saulo162, che ritroveremo nellesercito occidentale schierato contro Alarico nel 402, nella battaglia di Pollenzo163, e infine soprattutto i Goti, comandati, a quanto pare, da Gaina164. Questi, di fatto, possedeva una personalit gi consolidata, che gli avvenimenti successivi hanno sicuramente messo in luce e fatto conoscere meglio. Ma non bisogna dimenticare che tra le fila dei Goti prendono posto alcuni personaggi di cui la storia parler presto, uno su tutti il giovane Alarico. La scoperta dellOccidente fu determinante sul suo carattere, in quanto fu accompagnata da una delusione. Zosimo racconta che Stilicone tenne con s in Occidente le forze pi valide e rimand le altre in Oriente165. Sappiamo, grazie a Claudiano, che Alarico
160
RUFINO, loc. cit. (c. 540 A-B). La loro presenza confermata dal computo
dellesercito di Stilicone in Claudiano (In Rufinum, II, 104-114). Cfr. ZOSIMO, Hist. nov., 4, 57, 4. Essi fanno gi parte dellesercito di Teodosio al tempo dellusurpazione di Massimo (TEMISTIO, Or., 18-219 b).
161 162 163 164 165
GIOVANNI dAntiochia, Frag. 187 (Ed. K. Mller, FHG IV, p. 609 B-C). Ibidem; ZOSIMO, Hist. nov., 4, 57, 3. OROSIO, Histor., VII, 37, 2. GIOVANNI dAntiochia, Frag. 187; ZOSIMO, Hist. nov., 4, 57, 3. Senza contare il fatto che i Goti sono stati le principali vittime di questo sanguinoso
combattimento, come sottolinea Rufino e come nota con piacere Orosio (Hist., VII, 35, 19). Cfr. il mio loge, p. 154 e n. 77. I Goti si sono sicuramente accorti di essere i pi esposti. Sul loro numero cfr. GIORDANE, Getica 145 (Ed. Mommsen, p. 96): plus quam uiginti milia armatorum.
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non tarda a minacciare le mura di Costantinopoli dopo il ritorno in Oriente166. forse per sfuggire alle orde di Alarico che il giovane Onorio ha raggiunto Milano, passando per la via Egnatia prima, e costeggiando poi lAdriatico167? Non si sa esattamente: come ho gi segnalato, quando si tratta di guerre civili, la nostra documentazione perde spesso di vista quel che succede alle frontiere. Nuove minacce verso est Durante linverno del 394-395 gli Unni si riversano nella pianura del Basso Danubio168 e, nel decennio che segue, le incursioni sul Basso e Medio Danubio si confonderanno con gli spostamenti pi o meno ostili dei Visigoti, per non parlare degli Ostrogoti e degli Alani, che ricominciano ad agitarsi nella Pannonia, fino alle frontiere della verdeggiante Dalmazia169. Tali evoluzioni non ci appaiono molto chiare ed sicuramente un rischio per lesattezza dei fatti che Claudiano sia la nostra principale fonte dinformazione. Stando a quanto dice, quando Stilicone, marciando verso lOriente, varca le Alpi nel 395, tutti i barbari se ne stanno quieti170. Anzi, Stilicone sar presto acclamato come il liberatore e il restauratore dei Pannonici, nonch dei rivieraschi della Sava e del Danubio171. Forse perch Stilicone ha impedito
166
ZOSIMO, Hist. nov., 5, 4, 4; CLAUDIANO, In Ruf., II, 54. Riguardo agli avvenimenti dal
395 al 410, lopera moderna pi ricca sicuramente quella di . DEMOUGEOT, De lunit la division de lEmpire romain, Paris 1951.
167 168 169 170 171
CLAUDIANO, In Rufinum, II, 36; III Consul. Honorii, 111 sgg. FILOSTORGIO, Hist. eccles., XI, 8; CLAUDIANO, In Rufinum, II, 25 sgg. CLAUDIANO, In Rufinum, II, 37-38. Ibidem,II, 124. CLAUDIANO, loge de Stilicon, II, 191-207; III, 13.
54
il ritorno di Alarico verso la Pannonia172, o perch la sua presenza ha contenuto gli invasori del nord173? Difficile a dirsi. Vari negoziati sono stati svolti, sia al di qua sia al di l delle Alpi. Paolino di Milano ci aiuta a datare linsediamento dei Marcomanni nel Norico174 nel 396-397, e una legge del 399, rivolta al Prefetto del Pretorio dItalia, reprime gli abusi verificatisi in seguito allinsediamento di barbari a danno di numerosi popoli175, verosimilmente nelle province frontaliere. Tuttavia il gioco che, nello stesso periodo176, conducono Stilicone e Arcadio con Alarico nellIllirico si riveler presto pericoloso per lItalia e per la sua porta dingresso, Aquileia (e la sua regione). I responsabili occidentali sembrano aver dimenticato che Alarico conosceva ormai la strada, in particolare il Colle del Pero. Claudiano spiegher, a cose fatte, che limpresa di Alarico non aveva niente di sorprendente e che non era degna di suscitare il panico che si diffuse allora177; in realt la grande paura che fece tremare lItalia intera e fece temere, quando la barriera delle Alpi cedette, che non sarebbe rimasta nemmeno lombra del Lazio178, fu accresciuta dalla data di questinvasione.
172
Con la sua avanzata verso la Tracia e poi verso la Macedonia, nellestate del 395: . . DEMOUGEOT (op. laud., p. 152, n. 175) non esclude, seguendo Schmidt,
PAOLINO di Milano, Vita Ambrosii, 36. Cod. Theod., XIII, 11, 10. Non posso seguire le numerose trattative, opposizioni e riconciliazioni tra Occidente e
Oriente negli anni 397-401, con le ripercussioni sulle marce e sulle contromarce di Alarico, sul suo ruolo allinterno dellImpero ecc. Cfr. . DEMOUGEOT, op. laud.
177 178
55
V. LINVASIONE DI ALARICO NEL 401-402 La sorpresa tipico dei barbari non rispettare le leggi di guerra e attaccare fuori dal tempo prestabilito per le azioni di guerra. La sorpresa fu cos grande che conosciamo la data di questa mossa audace grazie ai Fasti di Vienna: 18 novembre 401179. Claudiano dir che, in tal modo, Alarico ha approfittato dellinverno180, stagione propizia per quei popoli abituati a un cielo poco clemente. Ci probabile. Ma forse il Goto ha pensato anche che comparendo cos allimprovviso sulle pianure dellItalia settentrionale, avrebbe fatto man bassa delle raccolte accumulate. Era inoltre a conoscenza del fatto che le truppe di Stilicone erano state occupate contro i Vandali nelle strette valli della Raetia, del Norico e della Vindelicia e che dovevano continuare a sorvegliare a vista il posto181. Non sembra che gli attacchi degli Ostrogoti e dei Vandali negli anni 400-401 riguardassero Aquileia182 e non si capisce come mai si sia protetta la citt dalle incursioni da nord. Fu questa la disgrazia, perch il pericolo sarebbe venuto da est. La sorte di Aquileia Stando al Bellum Geticum, che parla di ferita inflitta al Timavo, uno scontro ebbe luogo sulle sponde o nella regione del Timavo183. Se si tratta di geografia reale e non poetica, ci lascerebbe intendere che
179
Fasti Vindobonenses priores, ad a. 401 (Ed. Th. Mommsen, Chron. Min., I, p. 299): CLAUDIANO, VI Consul. Honorii, 444-445. Tale indicazione esclude la data del 23 CLAUDIANO, Bellum Geticum, 279-280. Ibidem, 363-365. Ibidem, 563-564. Cfr. . DEMOUGEOT, op. laud., p. 269, n. 196.
agosto fornita dagli Additamenta Prosperi Hauniensis (Ed. Th. Mommsen, Ibid., p. 299).
181 182 183
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Alarico arrivava dalla Dalmazia, come far un giorno lesercito che riporter Valentiniano III ad Aquileia. Ci non impossibile184, ma in contraddizione con il passo di Claudiano sopra citato, secondo cui il Goto conosceva bene la strada, avendola percorsa nel 394. Daltra parte il Bellum Geticum parla pi volte185, anche nel rievocare il Timavo186, del passaggio delle Alpi. C forse stata una battaglia ai piedi delle Alpi? A prescindere da uneventuale battaglia e dalla sua precisa localizzazione, una questione pi importante per il nostro proposito riguarda la sorte di Aquileia. La citt fu forse conquistata, alla fine del 401 o agli inizi del 402? Per un buon numero di storici187 non ci sarebbe alcun dubbio; pare addirittura di capire che la citt non oppose molta resistenza, se Alarico, dopo linutile assedio di Milano, si trova gi, con truppe e bagagli, nei pressi di Pollenzo il 6 aprile 402. A dire il vero non conosco nessun testo che affermi esplicitamente che Aquileia sia stata presa188;
Per il viaggio di Onorio nel 394: III Consul. Honorii, 113 sgg. CLAUDIANO, Bellum Geticum, 285 sgg.; 548; VI Consul. Honorii, 442. Ibidem, 564. Giordane (Getica, 147) parla del passaggio di Alarico a Sirmio, il che O. SEECK, op. cit., V, p. 329, l. 8 e p. 572; A. CALDERINI, op. cit., p. 83; L. SCHMIDT,
op. cit., pp. 437-438; . DEMOUGEOT, op. cit., pp. 269-270. Formulazioni pi caute in G. BRUSIN, art. cit., p. 93; J. LEMARI, Chromace dAquile, Sermons, I, SC. 154, Paris 1969, p. 50: ignoriamo se la citt resistette.
188
572 su p. 329, l. 8), da P. Courcelle (Hist. littraire des grandes invasions germaniques, 3e d., Paris 1964, p. 32, n. 3) e da . Demougeot (op. cit., p. 270, n. 198) non riguarda le citt dellItalia settentrionale e, ad ogni modo, si tratta di una domanda retorica. Sarebbe meglio utilizzare il testo del VI Consul. Honorii, 270, che molto generico e riguarda tutta la marcia di Alarico a partire dalla Grecia. Cfr. ibid., v. 440 sgg.
57
a meno che larcheologia non dimostri a mia insaputa il contrario189, crederei invece che Alarico si sia allontanato dalla citt senza riuscire a conquistarla190, cos come non ha conquistato Verona e Brescia191. Rufino ha lasciato Roma alla fine del 398 o agli inizi del 399192. Risponde a unintimazione di Simpliciano da Milano, dove si trova prima della met di agosto del 400, e invia da Aquileia la sua Apologia ad Anastasio alla fine del 400 o agli inizi del 401. LApologia contro Girolamo circola abbastanza velocemente, visto che Paoliniano, che rientra a Betlemme nella primavera del 401 di ritorno da Stridone, dove andato a vendere quel che restava del patrimonio familiare dopo il passaggio dei barbari nel 378-379193 , conosce almeno una parte del contenuto194. Nella risposta che si affretta a comporre, Girolamo cita il soggiorno di Rufino ad Aquileia, dove risiede da due anni195, ma non teme in nessun modo uninvasione dellItalia
189
entrambi assicurato di non conoscere nessun indizio dellassedio n della conquista della citt nel 402 o nel 408.
190
Symmachum, II, 700-702) parla per la Venetia di devastazioni delle campagne, tuttal pi del territorio:
Iamque ruens Venetos turmis protriuerat agros Et Ligurum uastarat opes et amoena profundi Rura Padi Tuscumque solum uicto amne premebat
In ogni caso Rufino di Aquileia sembra restringere il senso del termine agros a campagne.
191
presenza dei barbari ha impedito a diversi vescovi di venire ad assistere alla dedicazione della Basilica dei santi (Ed. A. Glck, CSEL 68, p. 141, ll. 15-17; P. COURCELLE, Histoire littraire, p. 36, n. 2).
192 193 194 195
RUFINO, Apologia contra Hieronymum, 1, 17 e 20; GIROLAMO, Ep. 83. GIROLAMO, Ep. 81, 2. GIROLAMO, Apol. adu. Rufinum, I, 21, 23, 28. GIROLAMO, Apol. adu. Rufinum, II, 2 (PL 23, c. 426 B): ...biennio Aquileiae
58
settentrionale, che Paoliniano, nonostante il viaggio nellIllirico, non sembra aver previsto e che non era ancora imminente al tempo in cui il commerciante orientale entr in contatto con Aquileia per due giorni, consegn a Rufino la risposta di Girolamo e port via con s due lettere di Rufino e di Cromazio196. Al contrario, quando scrive la seconda parte dellApologia (III), nel 402, Girolamo cita lassedio di Aquileia, ma non fa il minimo cenno alla conquista della citt197. Ora, i probabili informatori di Girolamo sono partiti da Roma non prima della met di marzo e non potevano ignorare che Alarico non fosse pi sotto le mura di Aquileia. Tanto meno avrebbero ignorato la conquista della citt. Che cosa dice Rufino? Egli dichiara che i claustra Italiae sono stati abbattuti, ma mostra lesercito di Alarico diffuso solo nelle campagne198. Poich il male pu raggiungere anche le citt, Cromazio ha domandato a Rufino di tenere alto il morale dei cristiani, mostrando loro che Dio protegge la Chiesa e lImpero. La popolazione di Aquileia e la gente radunata sulle mura non sembrano dunque aver subito linvasione, quanto meno di persona; ma ci non vale al di fuori della citt, dove si pu sempre temere che il pericolo si avvicini. Risulta impossibile datare in maniera precisa questa Prefazione. Certo, nulla impedisce che sia stata scritta tra il momento in cui Alarico si allontanato da Aquileia non riuscendo a conquistarla verso Milano e la sua ritirata dopo la sconfitta di Pollenzo e la battaglia di Verona. Ma la Prefazione potrebbe anche essere successiva alla partenza di Alarico, se v i st ato un vero o rdin e
196 197
Ibidem, 3, 10 (c. 464 D). Ibidem, 3, 21 (c. 472 C-D): Romanae urbis iudicium fugis ut magis obsidionem
barbaricam quam pacatae urbis uelis sententiam sustinere. Secondo Girolamo Rufino, colpevole, va incontro a una punizione. Che direbbe se la citt fosse stata davvero conquistata?
198
RUFINO, Hist. eccles., Praefatio (PL 21, c. 462-463 = CC 20, p. 267, ll. 5-7):
tempore quo diruptis Italiae claustris Alarico duce Gothorum, se pestifer morbus infudit et agros, armenta, uiros, longe lateque uastauit....
59
da parte di Cromazio199. Questi menziona la vicinanza dei barbari anche in un sermone pasquale che, sfortunatamente, ancora pi difficile datare200. interessante notare come la fiducia che Cromazio dimostra nella protezione accordata da Dio al suo popolo sia la stessa che sottende allopera di Rufino nella Storia della Chiesa. Tuttavia, a prescindere dalla data del sermone pasquale201, dopo il 402 il pericolo sussiste e non sar mai troppo lontano202, anche quando il Goto avr riattraversato le Alpi, per qualche breve o lungo anno. Nel frattempo ad Aquileia la vita riprende: vediamo Cromazio in contatto con Giovanni Crisostomo, in esilio203. Forse egli lascia la citt per recarsi a Roma 204. Negli anni successivi Girolamo, da Betlemme, in contatto
199
Ibidem (c. 433-434, l. 3 = p. 267, l. 10): iniungis mihi (c. 463-464, ll. 16-17 = p.
267, l. 33): agressus sum exequi ut potius quod praeceperas. Se tali ordini vanno intesi in senso stretto, Rufino ha avuto bisogno di un certo periodo di tempo non soltanto per tradurre la Storia Ecclesiastica di Eusebio, ma anche per aggiungere i suoi due libri.
200
CROMAZIO, S., 16, 4 (Ed. J. Lemari, p. 266): testo analizzato nel mio art. Passage du
Danube et passage de la Mer Rouge lpoque des grandes invasions. Il tono molto pi angoscioso rispetto al S. 12, 2 f. (p. 224), in cui il riscatto dei prigionieri diventa oggetto di un paragone. Su questo riscatto abbiamo, a quel tempo, numerosi testi di AMBROGIO, De Officiis, 2, 70-71; 136-143; ZENONE di Verona, Tractatus, I. 10, 5.
201
Basti notare che la primavera segna, come la festa di Pasqua, linizio della campagna Onorio si lamenta con il fratello Arcadio dellexcidium pereuntis Illyrici (Ep.
militare.
202
Quamuis super imagine muliebri, Coll. Avellana, Ep. 38, 1; Ed. O. Gnther, CSEL 35, 1, p. 85, l. 10).
203
GIOVANNI CRISOSTOMO, Ep. 155 (PG 52, c. 702-703) PALLADIO, Dial. de uita S. PALLADIO, Dial. de uita S. Iohannis Chrysostomi, 3 (Ibid., c. 15) rievoca il concilio
tenuto allinizio del 405, in cui Innocenzo riunisce i vescovi italiani. Si pu pensare che chi aveva gi preso le parti di Giovanni volle a tutti i costi essere presente. Gaudenzio di Brescia sar uno degli inviati a Costantinopoli. Si noti che il viaggio fu fatto via mare.
60
con un dalmata, che ha sofferto a causa dei barbari205. Probabilmente rimasto in contatto anche con Aquileia, dove Rufino si trovava ancora. Questi forse ha lasciato la citt solo quando si preparava la seconda invasione di Alarico, quella del 407-408; a meno che non abbia abbandonato lItalia settentrionale subito dopo lavvicinarsi di Radagaiso, anche se questi sembra essere arrivato attraverso il Brennero, piuttosto che attraverso i colli settentrionali delle Alpi orientali206. Ad ogni modo nel 407-408 Aquileia vede passare i profughi illirici, stando a una legge del 10 dicembre 408207, mentre le leggi datate aprile 407 mostrano che lOriente sta sul chi va l208. Alarico, infatti, si nuovamente messo in cammino allinterno dellIllirico. Avanzer verso est o verso ovest? VI. LINVASIONE DEL 408 Lentrata in Italia Per quanto riguarda le ultime tappe della marcia di Alarico verso Occidente, Zosimo la nostra pressoch unica fonte di informazioni. Le sue indicazioni sono succinte e non sempre m o l t o c h i a r e ,
205
GIROLAMO, Ep. 118, 2. Sono forse questi rapporti che spingono allosservazione
contenuta nellIn Osee (I, 4, 3) nel 406, in merito alla desolazione di Israele: Hoc qui non credit accidisse populo Israel cernat Illyricum, cernat Thracias, Macedoniam atque Pannonias omnemque terram quae a Propontide et Bosphoro usque ad Alpes Iulias tenditur et probabit cum hominibus et animantia deficere... (PL 25, c. 847 A-B)?
206
265), secondo cui Radagaiso passato per il Colle del Pero e per Aquileia. . DEMOUGEOT, op. cit., p. 356 e n. 20.
207
Cod. Theod., X, 10, 25. Secondo . DEMOUGEOT (op. cit., p. 368, n. 92 e p. 403, n.
257) ci sarebbero state due ondate di profughi illirici, una nel 405-406, laltra nel 408. Ma la legge del 10 dicembre 408 non presuppone che linvasione abbia avuto luogo: Cum per Illyrici partes barbaricus speraretur incursus, numerosa incolarum manus sedes quaesiuit externas... ut Illyricianos omnes quos patria complectitur uel alia quaelibet terra susceperit....
208
61
forse perch egli riassume la testimonianza di Olimpiodoro. Zosimo afferma che Alarico varc i passi che separano la Pannonia dalla Venetia e si accamp a Emona, citt situata tra la Pannonia Superiore e il Norico209. Poich Alarico raggiunge Emona dopo aver varcato i passi, bisogna riconoscere in questi il passo di Atrans e ricordare la geografia amministrativa, secondo cui la Venetia et Histria si estende oltre i colli delle Alpi Giulie. La seconda indicazione geografica fornita da Zosimo davvero interessante, nella misura in cui suggerisce una seconda direzione, non pi est-ovest, ma sudnord-ovest, verso il Norico ma anche verso lItalia, attraverso il colle di Tarvisio. La scelta di Emona motivata dallinteresse strategico di centro nevralgico: Alarico poteva sia aspettarvi Stilicone, sia scegliere la via di accesso verso lItalia, verso ovest o verso nord-ovest210. Egli muove immediatamente verso il Norico, informa Zosimo211, e dal Norico manda unambasciata a Stilicone212, nelle ultime settimane del 407 o nelle prime
209 210
ZOSIMO, Hist. nov., 5, 29, 1. Zosimo fornisce due indicazioni, di cui la prima difficilmente localizzabile. Parla
(Ibid., 5) del fiume Akulis, che, se lordine corretto, si trova a est delle Alpi Giulie e dei Monti Appennini che attraversa. Questi vanno identificati, secondo Zosimo (Hist. nov., 4, 45, 6 e 46, 3), con le Alpi Giulie, nella loro parte settentrionale, dove formano, come afferma lo storico (5, 29, 6), il confine tra la Pannonia Superiore e il Norico. Se si segue la via di Alarico da Emona verso il Norico, bisogna riconoscere la Drava nellAkulis, ma nulla induce a pensare che Alarico sia passato per il Colle del Pero. Sulle diverse opinioni e soluzioni cfr. . DEMOUGEOT, op. cit., p. 404 e n. 260-262.
211
ZOSIMO, Hist. nov., 5, 29, 5. Questa strada doveva essere mal difesa, in quanto
Zosimo, che ne descrive le difficolt, dichiara che bastano poche guardie, anche qualora una moltitudine cerchi di passare in massa (5, 29, 6). La stessa osservazione varr per il Colle del Pero al tempo di Attila.
212
Ibidem, 5, 29, 7.
62
del 408. Lambasciata, che forse pass per Aquileia, trov Stilicone solo a Ravenna213. Il ministro raggiunse Onorio a Roma, dove ottenne a fatica dai senatori le 400 libbre doro richieste da Alarico, come compenso per il tempo passato nellEpiro ad aspettare gli ordini di Onorio e come controparte (sic) per la spedizione in Italia e nel Norico214. Quando esprime la volont di fermarsi a Ravenna invece che a Roma, Onorio, secondo Zosimo215, fa notare che intende incitare le truppe contro un nemico che entrato in Italia. Tale dichiarazione riguarda forse la presa iniziale e il controllo attuale di Emona e dintorni? Oppure Onorio ci informa in merito al dominio esercitato da Alarico su una parte dellItalia settentrionale raggiunta attraverso Tarvisio? difficile pronunciarsi con certezza sulla questione216. Quel che certo che, quando gli inviati di Alarico ritornarono da lui, la situazione era gi notevolmente cambiata nel campo romano; la notizia della morte di Arcadio (1 maggio 408), la cui voce si era sparsa a Roma prima ancora della partenza di Onorio per Ravenna, fu confermata poco dopo e dovette giungere allimperatore durante il viaggio verso Ravenna217. Stilicone, ostinato a voler recuperare lIllirico orientale ed estendere la sua influenza su tutto lImpero, architett un piano che gli avrebbe permesso anche di sbarazzarsi dellusurpatore, il quale, lanno precedente, aveva a poco a poco esteso il proprio potere in Gallia e si era fatto minaccioso nelle Alpi Occidentali: non bisognava permettere che si concretizzasse una minaccia dallaltra parte dellItalia settentrionale. Stilicone ottenne per Alarico una lettera, che faceva di lui un alleato
Ibidem, 5, 29, 8. Ibidem, 5, 29, 7. Ibidem, 5, 30, 2. Tuttavia vorrei ricordare che Emona dipende dallItalia Annonaria. ZOSIMO, Hist. nov., 5, 31, 1.
63
e che gli avrebbe consentito di attraversare la Venetia in amicizia218. Alarico avrebbe ripreso la via delle Alpi Cozie e, lungi dal vedersi sbarrare la strada come nel 402, sarebbe stato accompagnato e si sarebbe stabilito nella Gallia, che avrebbe liberato, da un lato, da Costantino III e, dallaltro, dai Vandali e dagli Alani, che erano penetrati attraverso il Reno lanno prima. Il concentramento delle truppe romane e di quelle di Alarico ebbe luogo a Ticino, ai piedi delle Alpi che si sarebbero potute scavalcare al pi tardi la primavera successiva, dopo averle protette nellestate del 408 con la sola presenza delle truppe ricongiunte da Onorio. Forse Stilicone che sarebbe andato in Oriente219 e avrebbe trovato Alarico sulla sua strada aspettava che il Visigoto muovesse verso la Venetia e dimostrasse la sua buona fede? Sappiamo quel che successe. Il partito antigermanico ebbe la meglio a Ticino e il 23 agosto Stilicone cadeva a Ravenna220, scatenando con la sua morte una violenta reazione antibarbarica tra tutte le componenti dellesercito contro gli ausiliari goti e le loro famiglie221. I sopravvissuti si rifugiarono in gran numero presso Alarico222, che non si dimostr vendicativo, n sembr interessarsi troppo alla spedizione in Gallia. Era forse la presenza di Saro che lo infastidiva? Egli propose un nuovo accordo a Onorio e si dichiar pronto a ripassare dal Norico alla Pannonia qualora gli si pagasse il ritorno e a procedere con lui a uno scambio di ostaggi223. Questo senso della misura parve come una ritirata, giustificabile con lesplosione del nazionalismo romano e con lesagitazione che fece seguito alla scomparsa di Stilicone. Ci si sarebbe forse sbarazzati di Alarico, complice
Ibidem, 5, 31, 6. Ibidem Da qui deriva forse la chiusura dei porti dItalia. Ibidem, 5, 34, 12. Ibidem, 5, 35, 8. Ibidem, 5, 35, 9. Ibidem, 5, 36, 2.
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di Stilicone, capace soltanto di arricchire e incitare i barbari224, con la stessa facilit con cui ci si era liberati dei Goti dellesercito imperiale? I giorni successivi alla morte di Stilicone sono caratterizzati da una serie di leggi, molte delle quali mostrano unenorme fiducia di fronte allavversario, quando non svelano la cupa situazione in cui versa lItalia e in particolare la regione oggetto del nostro studio. Davanti alla marcia di Alarico i profughi sono scappati dallIllirico in Italia, senza trovare molta cordialit. Una legge del 10 dicembre 408 interviene contro gli abusi commessi nei loro confronti225; unaltra parte della stessa legge sembra affidare i prigionieri liberati o quelli sfuggiti ai barbari e ai cristiani, in assenza di decurioni226. Non difficile immaginare le atrocit inflitte a chi era fuggito dinanzi ai barbari o a chi conosceva la prigionia da anni ormai. Per mantenere queste persone e per cercare di risollevare la vita economica, ci si affretta a riaprire i porti227. Tuttavia impossibile sapere come furono applicate queste misure adottate a Ravenna, e se sortirono effetti positivi nella Venetia, in un momento in cui la minaccia di Alarico si fa pi grave sulla regione. Linvasione dellautunno 408 La reazione di Alarico di fronte allatteggiamento di Onorio e della sua nuova cerchia non si fece attendere: Alarico pass infatti allattacco, ma non senza adottare qualche precauzione sulle retrovie. Zosimo ricollega ai grandi progetti che meditava lappello di Alarico al cognato Ataulfo, che a quel tempo risiedeva nella Pannonia Superiore ed era a c a p o d e i G o t i e d e g l i U n n i 228. M i d o m a n d o s e n o n f o s s e
Cod. Theod., IX, 42, 22. Cod. Theod., X, 10, 25. Cod. Theod., V, 7, 2 = Const. Sirmond., 16. Cod. Theod., VII, 16, 1: ne rarior sit diuersarum mercium commeatus. ZOSIMO, Hist. nov., 5, 37, 1-2.
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invece per coprire le retrovie nella corsa in cui stava per lanciarsi, e per stanziare nelle citt le guarnigioni che si sarebbero ricongiunte dopo il suo passaggio. Se cos, non mi pare affatto certo che le citt che Alarico trova sul suo cammino siano state prese. Zosimo dice che Aquileia e le citt situate al di qua dellEridano, Concordia, Altino e, molto pi in l, Cremona. Lo storico sottolinea la mancata resistenza e la specie di festa () che rappresenta per Alarico questo raid-inseguimento229. Pi che catturare limperatore, egli vuole spaventarlo e costringerlo a negoziare. Abbandona cos i luoghi in cui trova o teme una resistenza. Ci spiegherebbe come mai Alarico si sia trovato sotto le mura di Roma durante il mese di dicembre, dopo una cavalcata di almeno 900 km in due mesi, con armi e bagagli, nonch con colonne di prigionieri. I Romani stessi si chiedevano se non fossero stati assediati da un complice di Stilicone, tanto larrivo di Alarico sembrava loro impossibile230. Se significa nel nostro caso conquista rapidamente231, ci implica che le mura (e forse le persone) non soffrirono pi di tanto e che i superstiti poterono ritornare a chiudersi nella citt dopo il suo passaggio. Vediamo cos che Rimini che Alarico secondo Zosimo, come Aquileia232 ha ancora i suoi bastioni e le sue porte qualche mese dopo, secondo Sozomeno233, quando il Visigoto viene mandato sul posto da Onorio e da Giovio 234. Comunque
229 230 231 232
Ibidem, 5, 37, 3. Ibidem, 5, 40, 3-4. Senso meno frequente rispetto allaltro. ZOSIMO, Hist. nov., 5, 37, 5. Ma Zosimo dichiara poi che nella marcia verso Roma SOZOMENO, Hist. eccles., 9, 7. A mio avviso ci non intende sminuire limportanza dei danni provocati dallinvasione,
saccheggia tutte le citt e le piazzeforti sulla sua strada (5, 37, 6).
233 234
ma precisare che, in questa corsa, Alarico non si concesse il tempo di fermarsi per conquistare le citt pi importanti, dato che queste erano protette da muraglie e gli resistevano. Il che si ridimostra vero dopo Rimini, anche se Zosimo dichiara
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sia, Aquileia vide passare altre truppe, amiche e nemiche, tra il 408 e il 409. Sappiamo che cinque unit dalmate, composte da 6000 uomini, arrivarono a Ravenna, scacciate dalla loro regione dorigine, afferma Zosimo235. Era una truppa notevole, se si considera che i 300 uomini (al massimo) di Saro rappresentavano un gruppo pericoloso236. A questo punto si abbandonava forse lItalia settentrionale? Tutto questo mentre un nuovo arrivato varcava le Alpi che dalla Pannonia si affacciano sulla Venetia: Ataulfo237. Non sappiamo molto circa il tragitto di questultimo, tranne che non fu fermato dai 300 Unni e dallinsieme di soldati, fanti e cavalieri che si trovavano in ogni citt238. Questi uomini erano forse capaci di proteggere le mura, ma non di opporsi in aperta campagna allavanzata di Ataulfo, che raggiunse Alarico. Dopo il suo passaggio le truppe furono adunate da Generido, messo da Onorio a capo di tutti i soldati della Dalmazia, nonch di tutti quelli che sorvegliavano la Pannonia Superiore, il Norico e la Raetia e tutto ci che si
che Alarico prese tutte le citt e le piazzeforti che trovava, perch sappiamo grazie a Sozomeno (Hist. eccles., 9, 6) che Narnia, sulla stessa strada della Flaminia, non fu presa. Durante lassedio di Roma Zosimo segnala che i Visigoti si ritirarono in Toscana (Hist. nov., V, 42, 4), il che non impedisce a queste orde di errare (Ibid., V, 42, 6). La via per Ravenna era cos poco sicura che Alarico offr una scorta a Innocenzo e alla sua ambasciata (Ibidem, V, 45, 10). durante questo periodo e non nel corso della marcia forzata iniziale che va collocata la presa di Urbs Salvia nel Piceno , di cui parla Procopio (Bel. Got., II, 16). Le stazioni di posta localizzate lungo le strade ebbero vita dura, da qui la disorganizzazione del Cursus publicus negli anni successivi al 410.
235 236 237
ZOSIMO, Hist. nov., 5, 45, 1. Ibidem, 5, 45, 11. OLIMPIODORO, Fr. 3 (FHG IV, p. 58): 200 o 300. Lo stesso vale per i 300 Unni ZOSIMO, Hist. nov., 5, 45, 12.
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trova fino alle Alpi239. Zosimo elogia le sue doti militari e dichiara che suscitava timore nei barbari e sicurezza in chi doveva proteggere. Da questuomo e dalle sue truppe dipese la sorte della Venetia, per un periodo di tempo non precisato. La Venetia nelle trattative di Alarico Tuttavia Alarico bramava questa regione agricola, distretto di frontiera dellItalia. Durante lincontro di Rimini dellestate del 409 chiede di trasferirsi nella Venetia, nel Norico e in Dalmazia, oltre a domandare tributi e approvvigionamenti annuali240. La richiesta non sembr esorbitante al successore di Olimpio, Giovio. Laffare si aren solamente per questioni di prestigio. Il paese non era certo rovinato, visto che, poco dopo, Onorio fa arrivare dalla Dalmazia via mare? approvvigionamenti di grano e di bestiame per gli Unni che aveva arruolato e che, ancora una volta, passarono per Aquileia241. Di fronte a questa minaccia, ma anche perch il re dei Visigoti tentennava allidea di portare al massacro la citt che dominava il mondo intero da pi di mille anni242, le pretese diminuirono, e Alarico chiese solo il Norico, facendo notare che la regione, confinante col Danubio, era sottomessa di continuo alle incursioni barbariche e che rendeva al fisco solo un magro tributo. Alarico si offriva di difendere la regione e domandava soltanto i viveri243, niente pi denaro. Le trattative non ebbero pi successo delle precedenti. Tuttavia, quando Alarico conquist Roma, prefer allontanarsi verso i granai della Campania e soprattutto dellAfrica, invece che risalire verso il Norico o verso la Venetia. Quando torner sui propri passi, Ataulfo condurr i suoi non gi verso
Ibidem, 5, 46, 5. Ibidem, 5, 48, 4-5. Ibidem, 5, 50, 1 sgg. Ibidem, 5, 50, 4. Ibidem, 5, 50, 5-6.
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est, bens verso la Gallia e verso la Spagna. Forse un segno del cattivo stato in cui versavano le regioni lasciate qualche anno prima, a meno che non avesse preferito fuggire lontano nellImpero, per non dovere far fronte, nel Norico o nella Pannonia, ai barbari rievocati da Alarico nel 409, che, di fatto, non tarderanno a farsi vivi.
VII. AQUILEIA TRA IL 410 E IL 435 Nel decennio successivo risulta difficile seguire gli avvenimenti politici nei pressi di Aquileia. La citt non particolarmente esposta, visto che i Pelagiani vi trovano protezione e accoglienza. I rapporti sono intensi tra lAfrica e Ravenna, nonch con la costa dalmata. Ma non bisogna farsi illusioni. Il pericolo non lontano dallIlliria n dalla Venetia, bench lo si scongiuri in vari modi. Quando nel luglio 418 ci fu uneclissi di sole accompagnata da una lunga siccit, gli animi furono pronti a scoprire lultimo annuncio della fine del mondo. Il vescovo di Salona consulta quindi santAgostino. Nello scambio epistolare intrattenuto negli anni 419-420, i barbari dEuropa vengono citati solo una volta da parte di santAgostino, che ricorda che al tempo dellimperatore Galliano anche i cristiani avrebbero potuto pensare che la fine del mondo fosse vicina, di fronte al dilagare dei barbari244. Indirettamente i barbari sono presenti negli animi, dato che il messaggero di Esichio di Salona ha parlato della loro presenza fisica e della loro continua minaccia, anche se questa, per quanto riguarda lOccidente, temperata dalle misure finanziarie e dalle cessioni di terre. Non stupisce quindi che il nuovo pericolo che affronter Aquileia nel 425 sia accompagnato da uninvasione barbarica
244
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che, fortunatamente per la citt, cambi bruscamente direzione: mi riferisco agli avvenimenti del 424-425, successivi allusurpazione del capo dei notai Giovanni Primicerio, perpetrata alla morte di Onorio, e contemporanei allesilio di Galla Placidia e del figlio di Costanzo (e della stessa Placidia), il futuro Valentiniano III. Lesercito comandato dallalano Aspar, che riporta in Occidente il giovanissimo Cesare e la madre costeggiando le coste dalmate, simpadronisce senza fatica di Aquileia, secondo quanto riporta Filostorgio245. Lo storico aggiunge che la citt era grande246. Questa grande citt protegger la corte fino alla sconfitta di Giovanni, e per qualche giorno ancora. Se Aspar non continua subito il viaggio verso Ravenna, dove doveva sbarcare la flotta proveniente da Salona e condotta da suo padre, non solo perch sa che la flotta ha fatto naufragio e che il padre caduto nelle mani di Giovanni247; perch sa anche che Giovanni ha inviato Ezio ad assoldare un esercito di Unni, incaricato di prendere alle spalle lesercito orientale248, non essendo riuscito a ostacolare la sua marcia in Pannonia. Aquileia rimasta al sicuro, mentre Aspar rispondeva agli appelli del padre e simpadroniva di Ravenna e di Giovanni. Ezio prender il comando degli Unni solo tre giorni dopo la barbara esecuzione dellusurpatore tradito249. Non detto che nel 424 gli Unni abbiano varcato le Alpi da nemici250. La loro influenza sulla Pannonia anzi diminuita negli anni successivi, dato che la nota molto discussa della Cronaca del Conte Marcellino dichiara, per il 427, che la Pannonia, dopo cinquantanni di occupazione, fu
FILOSTORGIO, Hist. eccles., 12, 13 (Ed. J. Bidez, GCS 21, p. 149, l. 13). Ibidem (l. 11). Ibidem (ll. 13 sgg.); SOCRATE, Hist. eccles., 7, 23. RENATUS FRIGERIDUS: GREGORIO di Tours, Hist. Franc., II, 8. FILOSTORGIO, Hist. eccles., 12, 14 (p. 150). PROSPERO, Chron. ad. a. 425 (Chron. Min. I, p. 471): ...data uenia Aetio eo quod
Chuni quos per ipsum Iohannes acciuerat eiusdem studio ad propria reuersi sunt....
70
sottratta agli Unni251. La regione ebbe quanto meno limpressione di un netto miglioramento della situazione. Ma nel 433 Ezio, che due o tre anni prima era apparso come il salvatore della Raetia e del Norico252, ritorna in Italia a capo degli Unni, che andato a cercare presso il re Rua, zio di Attila, e che lo riportano alla dignit di patrizio253. Le informazioni sono troppo limitate perch possiamo sapere cosa successe ad Aquileia e nella regione. Non sembra che i danni siano stati irreparabili, a giudicare dallultimo episodio, che far entrare in scena Attila. Probabilmente Valentiniano III aveva molto da fare in Gallia, in Spagna, in Africa e, poco dopo, in Sicilia; tuttavia, cedendo parti della provincia sul fianco nordorientale e lasciando alquanto egoisticamente lOriente alle prese con gli Unni254, egli non faceva altro che far crescere il pericolo che, ineluttabilmente, si sarebbe poi avvicinato allOccidente.
251
MARCELLINUS COMES, Chron. ad a. 427 (Ed. Th. Mommsen, MGH, AA XI, Chron.
Min., II, 76): Pannoniae quae per quinquaginta annos ab Hunnis retinebantur a Romanis receptae sunt. Cfr. A. Alfldi (Der Untergang der Rmerschaft in Pannonien, Berlin 1926, pp. 66-67; 94-95), secondo cui la riconquista dovuta a Costantinopoli; E. Stein J.R. Palanque (op. cit., p. 318), secondo cui la riconquista dovuta a Felice, il magister di Placidia, rivale di Ezio. La prima opinione sembra la pi verosimile. Cfr. A. MCSY, art. cit., p. 358.
252
IDAZIO, Chron., 93 e 95 (Chron. Min., II, p. 22); SIDONIO APOLLINARE, C. 7, 233PROSPERO, Chron. ad. a. 432 (Chron. Min. I, pp. 473-474); Chron. Gallica, 112
(Chron. Min., II, p. 658). Sulle circostanze di questa nuova competizione per il potere cfr. E. STEIN J.R. PALANQUE, op. cit., pp. 322-323. Risale a questo momento la cessione della regione della Sava, ovvero delle porte dellItalia Annonaria? Lallusione di Prisco (Frag. 7, inizio - Ed. Mller, FHG 4, p. 76) interpretata in vario modo: ALFLDI, op. cit., p. 90.
254
Per il 442 Prospero nota che lesercito orientale della Sicilia richiamato a
difendere la Tracia e lIllirico, che sono devastati dagli Unni (Chron. Min. I, p. 479), senza segnalare nessunazione coordinata tra Oriente e Occidente, liberatosi ormai
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VIII. LA PRESA DI AQUILEIA DA PARTE DI ATTILA Attila e lOccidente Fino al 450 vediamo che Attila e gli Unni preoccupano pi lOriente che lOccidente (per lo meno a ovest delle Alpi Giulie). Valentiniano III ha concesso al barbaro il titolo di Magister militum255, lasciandogli una parte della Pannonia II; Ezio e Valentiniano III hanno per lungo tempo assoldato gli Unni, senza suscitare le proteste che Costantinopoli si era vista rivolgere dopo il trattato di Margo del 435. Ecco per, forse perch lOriente, devastato da decenni ormai, d segni di sfinimento, che Attila coglie loccasione per intervenire in Occidente, fornita da un lato dagli appelli a partire dal 434? di Onoria, sorella di Valentiniano III256, e dallaltro dallinvito di Genserico, che a Cartagine temeva le rappresaglie di Teodorico di Tolosa, dopo la fine che aveva fatto fare a sua figlia257. verso la Gallia che mosse Attila, sulla scia delle orde del 405: forse temeva una strenua resistenza da parte dellItalia, e probabilmente sapeva che per penetrare in Italia non poteva puntare sulla forza e sulle evoluzioni della cavalleria, che sarebbe stata messa in difficolt dalla stretta dei colli. noto lesito della
dalla minaccia di Genserico (su queste operazioni relative al 441-442 cfr. MARCELLINO, Chron. ad a. 441 e 442 Chron. Min. II, pp. 80-81). Allo stesso modo la Chronica Gallica nota per il 447 che un nuovo disastro si abbatte sullOriente, dove vengono devastate 70 citt senza che lOccidente porti loro soccorso ( 132, Chron. Min. II, p. 662 Cfr. MARCELLINO, Chron. ad a. 447 Chron. Min. II, p. 82).
255
PRISCO, Frag. 8 (Ed. Mller, FHG 4, p. 90). Su Attila cfr. F. ALTHEIM, Attila et les Questa data, fornita dal Conte Marcellino (Chron. ad a. 434 - Chron. Min. II, p. 79),
appare troppo lontana: a quel tempo Attila non pu fare nulla senza il fratello Bleda. Cfr. al riguardo PRISCO, Frag. 16 (Ed. Mller, FHG 4, p. 99).
257
GIORDANE, Getica, 184 sgg. (Ed. Mommsen, MGH, AA 5, 1, pp. 106 sgg.).
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spedizione, che si spinse fino a Orlans prima di dover fare definitivamente marcia indietro, dopo la battaglia dei Campi Catalaunici. Le cicogne di Aquileia Tuttavia Attila, ancora nel pieno delle forze, era lungi dallessere sconfitto; bisognava ancora temere un attacco concertato con Genserico sulla Gallia, dove il giovane Torrismondo non aveva ancora consolidato il proprio potere sul popolo. Ci fa s che Prospero possa affermare, non senza criticare Ezio, che Attila ha potuto fare irruzione in Italia attraverso la Pannonia, senza nemmeno servirsi dei clusuriae Alpium che avrebbero potuto sbarrargli la strada258. Da questa parte la sorpresa fu totale259. Ci non toglie che Aquileia oppose una strenua e lunga resistenza, grazie al coraggio della sua guarnigione. Prisco racconta, ripreso da Giordane, che furono le cicogne a rovinare Aquileia. Non era ancora autunno; ciononostante Attila si accorse che le cicogne lasciavano la citt, portando con loro i piccoli in campagna. Il condottiero trasse il presagio che le cicogne abbandonavano la citt prima della conquista e della distruzione dei loro nidi260. Semplice stratagemma per tirare su il morale delle truppe? A quanto pare non solo, se accettiamo il ritratto di Attila abbozzato da Altheim261, che lo mostra, attraverso
258
PROSPERO, Chron. ad. a. 452 (Chron. Min. I, p. 482): Attila redintegratis uiribus
quas in Gallia amiserat, Italiam ingredi per Pannonias intendit, nihil duce nostro Aetio secundum prioris belli opera prospiciente ita ut ne clusuris quidem Alpium quibus hostes prohiberi poterant! uteretur, hoc solum spebus suis superesse existimans si ab omni Italia cum imperatore discederet.
259
La Chronica Gallica dichiara che Attila avanz senza resistenza in Italia quam
incolae, metu solo territi, praesidio nudauere (Chron. Min., II, p. 662, 141); il che appare come uno scarico di responsabilit. Fa ancora pi piacere ammirare la resistenza di Aquileia, che gest da sola la propria difesa.
260 261
GIORDANE, Getica, 220 (p. 114). ALTHEIM, op. cit., pp. 188-189.
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il racconto di Prisco e gli avvenimenti degli anni 445-450, particolarmente sensibile a tutte le manifestazioni del divino262 e, al tempo stesso, ai segni donore lusinghieri263. Aggiungerei al quadro una considerazione: mi permetto di chiedermi, bench la storia non si possa cambiare, che cosa sarebbe avvenuto se il vescovo di Aquileia avesse tentato dinterporsi e di salvare almeno la popolazione. Quando papa Leone, infatti, scelto come ambasciatore insieme con il console Avienno e con il prefetto Trigezio, raggiunse il re sul Mincio, egli non solo ricevette con tutti gli onori questambasciata composta da persone cos importanti, ma fu molto contento racconta Prospero della presenza del sommo pontefice (summus sacerdos)264. Il barbaro era sensibilissimo al denaro, certo, ma anche ai segni donore. Vedere davanti a s, pur senza scorgere Pietro e Paolo, la pi alta personalit religiosa dellImpero cristiano, non poteva che lusingarlo oltremodo. Che cosa sarebbe successo se fosse intervenuto il vescovo di Aquileia?
262 263 264
Ibid., pp. 169-170, 177. Ibid., p. 167. PROSPERO, loc. cit.: ...nihilque inter omnia consilia principio ac senatus populique
Romani salubrius uisum est quam ut per legatos pax truculentissimi regis expeteretur. Suscepit hoc negotium cum uiro consulari Auieno et uiro praefectorio Trygetio beatissimus papa Leo, auxilio Dei fretus quem sciret numquam piorum laboribus defuisse. Nec aliud secutum est quam prasumpserat fides. Nam, tota legatione dignanter accepta, ita summi sacerdotis praesentia rex gauisus est ut, et bello abstinere praeciperet, et ultra Danuuium promissa pace discederet. Altheim rievoca la scena (p. 190), nella quale vede solo lincontro delle due religioni: istante memorabile, scena davvero simbolica e celebrata dai pittori. Altre considerazioni dovettero entrare in gioco; in particolare, stando alla Cronaca di Idazio ( 154 Chron. Min., II, pp. 26-27), un attacco alle spalle dellimperatore dOriente, Marciano. preoccupante che Giordane, che si rif esplicitamente a Prisco, non rievochi in nessun modo questa minaccia orientale, mentre Attila esita a scendere su Roma (Getica, 222-223 pp. 114-115). Giordane comunque non nega questi avvenimenti dOriente (Getica, 225). ALTHEIM, op. cit., pp. 190-191. Sulla sensibilit di Attila ai segni donore cfr. A. LOYEN, art. cit., pp. 71-72.
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La situazione si era forse spinta troppo oltre? Lastio delle truppe di Attila, rinvigorite dal presagio delle cicogne, si fece maggiore, tanto pi che erano state sul punto di far marcia indietro, dopo una disfatta analoga a quella dellanno precedente265. Le truppe ripresero lassedio e si trasformarono, da cavalieri, in genieri e in artiglieri266. Che io sappia lunica volta in cui si vedono gli Unni servirsi di materiale da assedio267. La citt fu presto presa. Giordane riassume cos, in maniera alquanto stringata: Entrano in massa nella citt, saccheggiano, si dividono il bottino, devastano tutto brutalmente, al punto che lasciarono quasi solo le fondamenta, come appare268. Le note lapidarie delle Cronache sono altrettanto poco eloquenti: Aquileia ciuitas ab Attila Hunnorum rege excisa est269. La sorte della citt Per rievocare questo saccheggio si pu citare anche il racconto di Prisco relativo al suo passaggio a Naisso, durante
265
Diacono (Hist. romana, 14, 9 Ed. H. Droisen, MGH, AA, 2, p. 203, l. 18) lassedio sarebbe durato tre anni. Forse bisogna intendere tre mesi? Inoltre Paolo il solo a parlare del suicidio di una donna chiamata Digna. Lindicazione valida soprattutto per le informazioni archeologiche che contiene sui baluardi e sulle abitazioni (Ibid., 10 p. 204, ll. 4-11).
266 267
Ibid., 221. Sullassedio e sulla presa di Orlans nel 451, dove le porte della citt furono aperte
dopo una breve resistenza, cfr. A. LOYEN, Le rle de saint Aignan dans la dfense dOrlans, in CRAI, 1969, pp. 64-74.
268
Ibid.: Nec mora et inuadant ciuitatem, spoliant, diuidunt uastantque crudeliter ita ut
uix eius uestigia ut appareat reliquerunt. Che significa lut appareat alla fine? Tracce del racconto di Cassiodoro?
269
Hauniensis, ad a. 452 (Chron. Min., I, p. 302): Aquileia et Mediolanum et nonnullae aliae urbes ad Attilane subuersae; AGNELLO, Liber pontificalis ecclesiae Ravennatis (Ibid.): et capta et fracta est Aquileia ab Hunis.
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lambasciata presso Attila: Arrivammo a Naisso: la citt era deserta, perch devastata dai nemici. Nelle locande pubbliche si trovavano i malati. Le sponde del fiume erano cosparse di ossa dei caduti in battaglia, perci fummo costretti a risalire il fiume per trovare un posto libero dove accamparci270. Anche ad Aquileia lasciarono quasi solo le fondamenta. Una parte della popolazione era forse riuscita a fuggire sulle isole o verso linterno, senza essere raggiunta dalle orde che conquistarono Milano e Pavia, demolendo tutta la serie di citt situate lungo la Via Postumia? Quel che sicuro che la vita riprese, facilitata, pi che dalle promesse, dalla morte di Attila, avvenuta nel 453, e dalle divisioni che colpirono il suo impero. a questi disordini e alle campagne di Marciano (e forse anche di Avito)271 che dobbiamo attribuire il ritorno dei prigionieri, che valse a Niceta di Aquileia e a Neone di Ravenna di ricevere le epistole di Leone nel 458. Non si confidava pi nel ritorno dei prigionieri, indi per cui molte donne si sono risposate272. Alcuni adulti sono stati portati via cos giovani che non sanno se sono stati battezzati273. Daltronde la dispersione dei prigionieri ha fatto s che risiedessero chi tra gli Unni pagani, presso cui hanno dovuto mangiare carni sacrificate agli idoli274, chi tra gli Ostrogoti ariani, che li hanno battezzati o ribattezzati275. Ma della vita economica non vi nessuna traccia; con tutta probabilit, visto che i mercati erano praticamente chiusi verso il Norico e verso la Pannonia, ci si preoccupa soprattutto di sopravvivere sul piano agricolo, pensando forse a rifornire
PRISCO, Frag. 8 (Mller, p. 78). SIDONIO APOLLINARE, C. 7, 589-590. LEONE il Grande, Ep. 159, 1. LEONE il Grande, Ep. 166, 1. Si potrebbe al limite pensare che questi bambini sono
stati portati via nel 402 o nel 408. Non bisogna dimenticare che queste lettere sono inviate a Neone e a Niceta in quanto metropoliti.
274 275
LEONE il Grande, Ep. 159, 5. LEONE il Grande, Ep. 159, 6-7; Ep. 166, 1-2.
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Roma, tagliata fuori dai granai africani, e Ravenna, che non meno dipendente dalle regioni agricole che la circondano, come mostrer in conclusione.
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Chiudo qui questa breve analisi. Sarebbe errato credere che la presa di Aquileia da parte di Attila segni la totale scomparsa della citt e del suo ruolo di avamposto dItalia, o addirittura la fine della vita della regione, che conoscer ancora molte invasioni. Non occorre attendere la fine del secolo perch la sorte dellItalia non si pu pi dire dellImpero dOccidente si decida di nuovo sullIsonzo, dove Odoacre viene sconfitto da Teodorico nellestate del 489. Ci troviamo di fronte a una nuova invasione barbarica? Ufficialmente no, perch lAmalo ha ricevuto da Zenone il compito di riconquistare lItalia. Lo stesso vale per Narsete, che porter a termine la riconquista dellItalia a capo di contingenti lombardi. Poco dopo si ripeter quanto visto nel 402 e nel 408 con Alarico: i Lombardi, dopo aver scoperto lItalia, preferiranno prenderla con la forza, piuttosto che dover venire alle mani con gli Avari, che li attaccano, aspettando larrivo degli Ungari. Per quanto riguarda il nord, la situazione differisce appena. Se Odoacre che la conquista della Dalmazia nel 481 ha portato nella regione di Aquileia affronta i Rugi sul Danubio, perch questi sono spinti da Zenone, cos come Costanzo II ha lanciato gli Alamanni contro lAlsazia di Magnenzio e di Giuliano. Nel caso dei Rugi e di Teodorico, il connubio tra i barbari e Costantinopoli viene esplicitamente affermato. Si pu dire altrettanto delle invasioni di Alarico nel 401 e nel 408? Forse corriamo un po troppo; ma i contemporanei, constatando linoperosit della Pars Orientis, hanno pensato probabilmente che una vera e propria alleanza tra Oriente e Occidente avrebbe allontanato il pericolo barbarico dal Danubio e dallItalia. In ogni caso i dissidi tra le due met dellImpero a partire dal 395, c o s c o m e l e
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usurpazioni avvenute tra il 350 e il 395, hanno giocato a favore dei barbari, che ad ogni guerra civile hanno approfittato dellabbassamento della guardia alle frontiere. Le nostre fonti letterarie non sempre segnalano questi fatti, poich sincentrano sugli imperatori e sulla lotta per il potere, sulle capitali piuttosto che sulle province, soprattutto quando queste diventano sempre meno accessibili. Ecco che dovrebbe subentrare, a questo punto, larcheologia. Ma per quanto riguarda le sponde del Danubio, della Drava e della Sava o le varie pendici alpine, temo che non siamo ancora giunti a una conoscenza sufficientemente completa, n sufficientemente precisa. Mi sembra che bisognerebbe tenere in maggior considerazione la frammentazione delle Alpi, che fa s che le conclusioni desumibili da una scoperta isolata non debbano superare il territorio in cui essa si situa. Quanto meno queste scoperte consentono di precisare, e in molti casi di moderare in un senso o nellaltro, le affermazioni spesso generiche e assolute delle fonti letterarie. Raramente, infatti, si tratta di opere obiettive. Il genere letterario che si tratti di panegirici, di elogi, di orazioni funebri o dinvettive e le passioni religiose e politiche abbassano, spesse volte, il grado di sicurezza su cui si dovrebbe poter contare. Le indicazioni numeriche, quando riportate, sono spesso poco attendibili e, aspetto su cui vorrei insistere per concludere, le parole non hanno lo stesso valore nelle diverse epoche. Non parlo semplicemente dellallontanamento pi o meno evidente dei testimoni rispetto ai fatti riportati; mi riferisco soprattutto a quella sorta di adattamento che il ripetersi delle disgrazie ha creato e che possiamo constatare per Aquileia e per la sua regione. Tanto per citare un esempio, Ammiano Marcellino descrive con orrore gli avvenimenti degli anni 376-378. Ma egli scrive prima del 401, e a fortiori prima del 410, anche se non pu non considerare quanto successo tra il 378 e il 395 circa. La sensibilit sinasprisce o si smorza a contatto con calamit ricorrenti? Le parole, a forza di essere le stesse, non generano forse solo monotonia,
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mentre queste invasioni sono state, per ogni generazione, la calamit? Per non dimostrarsi sempre tragico, il tono deve forse assumere limpassibilit delle note presenti nelle Cronache? Ci piacerebbe poter seguire fra le pietre dei suoi bastioni, delle sue case, delle sue chiese e del suo porto la storia di Aquileia, del suo livello di ricchezza e del numero della popolazione. Il contatto con le realt economiche oggettive permetterebbe altres di non farsi ingannare dalle pagine pi ottimistiche. Citer lultimo esempio, che meriterebbe una lunga trattazione. Non conosco elogio di Aquileia e di tutta lHistria pi eclatante dei testi delle Variae, in cui Cassiodoro dipinge la regione come la Campania di Ravenna, vantando la ricchezza di grano, di vino e di olio doliva276. Ma evidente che sono, in buona parte, miraggi di un affamato! (1976)
276
CASSIODORO, Variae, XII, 22-24. Sul contesto economico di questi testi cfr. L.
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Yves-Marie Duval
Le due date, entro le quali mi stato chiesto di collocare il presente lavoro, lasciano intendere che mi stato assegnato in primo luogo lo studio delle opere di Girolamo e di Rufino. Si tratta di un campo immenso, che richiederebbe di essere approfondito molto pi di quanto non possa fare in questa sede. Per iniziare vorrei richiamare lattenzione sui limiti e sui rischi di un simile studio, se ci si attiene strettamente alle frontiere geografiche e cronologiche imposte. Se facciamo partire lanalisi da Aquileia, non si pu certo prescindere dagli ambienti ebraici di Aquileia e della regione. Non posso far altro che rimandare allarticolo di Lellia Cracco-Ruggini sulle colonie, sui luoghi di culto e sugli interventi degli ebrei nelle questioni cristiane1. Qualche anno fa Mons. Biasutti, in merito a Santa Sabida, ha rivelato tracce di sincretismo giudeocristiano nelle campagne del Friuli2. Per motivi professionali e commerciali gli ebrei viaggiano, entrando cos in stretto contatto con i correligionari di Alessandria, della Palestina e della Mesopotamia. Lo stesso vale p e r i S i r i a n i , r i e v o c a t i d a B r u n a F o r l a t i T a m a r o 3. N o n p a r l e r
Cfr. L. CRACCO-RUGGINI, Ebrei e orientali in Aquileia, in AAAd. XII, Aquileia e G. BIASUTTI, Sante Sabide. Studio storico-liturgico sulle cappelle omonime del Friuli,
Udine 1956; S. TAVANO, La religiosit popolare nella valle padana, in Atti del II convegno di studi sul folklore padano, Modena 1966, pp. 386 sgg.
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dei vari gruppi di Aquileia e dintorni. In compenso parler brevemente dei cristiani di altre cittadine dellItalia settentrionale, giacch talvolta bisogna andare fino in Gallia per seguire le tracce di un viaggiatore o di un pellegrino che passato per Aquileia andando in Palestina o sulla strada del ritorno. Lopera stessa di Rufino e di Girolamo, dati i rapporti che implica, impone di allargare larea geografica di partenza; tutte queste persone sono in contatto con Aquileia, dove alcune sono anche vissute per un breve periodo. Parimenti non possiamo limitarci alla Palestina come unico punto darrivo e scopo unico del viaggio. Un viaggio in Palestina implica tutto un giro, comprendente, com stato ampiamente provato, un passaggio per Alessandria e per i monasteri dEgitto, una deviazione per Edessa nonch, se si prende da un capo allaltro la via di terra, la traversata della Siria, della Cappadocia e il passaggio per Costantinopoli. Il presente studio ci condurr spesso a Edessa e a Costantinopoli. In compenso lascer a Mons. Biasutti il campo libero per lanalisi dei rapporti particolari tra la chiesa di Aquileia e quella di Alessandria4, e non andr fin nel deserto con Franoise Thlamon5. Mi limiter a due osservazioni che mi sembrano altamente simboliche. La prima: i due carissimi amici, Girolamo e Rufino, quando lasciano Aquileia per lOriente, si recano a Gerusalemme seguendo vie differenti, ma dirette. Girolamo passa per la Cappadocia e per Antiochia, Rufino per lEgitto. Entrambi impiegheranno anni prima di arrivare a Gerusalemme. Di solito ci si mette meno tempo. Seconda osservazione: la Vita di Antonio, padre dei monaci, scritta da Atanasio, ospite prestigioso di Aquileia, stata tradotta ad Antiochia6 per un
G. BIASUTTI, Aquileia e la chiesa di Alessandria, in AAAd. XII, Aquileia e lOriente Fr. THLAMON, Modles de monachisme oriental selon Rufin dAquile, in AAAd. XII, Tuttavia credo sia possibile ritenere che la traduzione sia stata fatta prima del ritorno in
Oriente, poich Innocenzo non viene qualificato come prete allinterno della stessa.
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occidentale senza dubbio originario dellItalia settentrionale, se non proprio di Aquileia7. Ma al di l dei simboli, vi sono dati di fatto. Mi soffermer, durante questo studio, sugli itinerari e sulla variazione degli stessi, in funzione di fattori che probabilmente non potremo cogliere con esattezza (come il costo rispettivo di un viaggio via terra e di un viaggio via mare), nonch in funzione di eventi politici e religiosi. C forse bisogno di ricordare che il periodo compreso tra il 370 e il 420 ha visto, nelle regioni oggetto del nostro studio, la fine di due usurpazioni e quasi cinquantanni dinsicurezza, che andata crescendo soprattutto tra il 378 e il 4088? Aquileia stata direttamente legata a tali eventi e ne ha subito il contraccolpo, in s e nei rapporti con lOriente. Allallargamento geografico imposto dal presente lavoro per avvicinarci alla realt vissuta ne vanno aggiunti altri due, onde evitare di falsare le prospettive. Il primo un invito a non lasciarsi ipnotizzare dalle opere e ancor meno dalle persone di Girolamo e di Rufino. La loro opera mastodontica, ma non deve eclissare altre opere, non meno interessanti al fine di chiarire la natura e limportanza degli scambi tra lItalia settentrionale e lOriente. Per quanto riguarda i due importanti personaggi, va detto che fanno numero con parecchi altri, che in parte citer. Non sarebbe esagerato intravedere lesistenza di molti altri personaggi. Si potrebbe persino affermare che i progetti di Rufino e di Girolamo rientrano in un ampio movimento, che comincia ben prima di loro, addirittura nel IV secolo. lultimo allargamento di cui vorrei parlare. Due date e due fatti consentono di suggerire i punti principali. Innanzitutto la presenza di Atanasio ad Aquileia e, di conseguenza, tutti i rapporti dottrinali che susciter e manterr
Secondo lEp. 3, 3, in cui Girolamo racconta della sua morte, Innocenzo noto agli Cfr. il mio studio Aquile sur la route des Invasions (350-452), in AAAd. VII, Aquileia
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larianesimo tra Alessandria e lOccidente, nonch tra la Cappadocia e lOccidente: Ilario di Poitiers, di ritorno da Costantinopoli e da Seleucia, ed Eusebio di Vercelli, di ritorno dalla Palestina e da Alessandria, sono passati per Aquileia nel 3609. Linteresse da parte dellOccidente nei confronti della teologia e della spiritualit orientali aumentato grazie a loro. Dopo la morte di Atanasio, Basilio di Cesarea entrer in contatto con Valeriano di Aquileia e con Ambrogio10. La seconda data quella dellItinerarium Burdigalense: il 333. Un anonimo si reca a Gerusalemme e fornisce, a chi vuole andare in Terra Santa, i dettagli delle tappe su strada. Le basiliche di Costantino non sono ancora terminate, la vera Croce appena stata scoperta, e in Occidente gi si vuole andare a visitare il posto in cui Cristo nato, il Golgota e il Sepolcro. Lespressione letteraria di tale desiderio appare ben oltre la realizzazione11. Quando Girolamo e Rufino partirono, seguendo vie differenti, verso Gerusalemme, nella cittadina esisteva gi una sorta di centro di accoglienza per occidentali, gestito da almeno un occidentale12. Non bisogna quindi considerare il periodo 370-420 un punto di partenza, e nemmeno un periodo propizio, se si desidera cogliere appieno la vita reale dellepoca. Sar un periodo propizio unicamente per le importazioni di opere letterarie e di reliquie, che tratteremo nella seconda e nella terza parte. Prima vorrei seguire, negli imprevisti, nelle crisi e nei riavvicinamenti, i rapporti che Girolamo e Rufino intrattennero con Aquileia, compresi quelli che possiamo individuare nelle loro opere.
Y.-M. DUVAL, Vrais et faux problmes concernant le retour dexil dHilaire de Poitiers
et son action en Italie du Nord (360-363), Athenaeum, 48 (1970), pp. 251-275 e soprattutto pp. 268 sgg.
10
BASILIO, Ep. 91-92. Cfr. Les relations doctrinales entre Milan et Aquile dans la GIROLAMO, Ep. 46 (passim), 47, 2; PAOLINO di Nola, Ep. 31. GIROLAMO, Ep. 4, 1.
seconde moiti du IVe sicle, AAAd. IV, Aquileia e Milano, Udine 1973, pp. 180 sgg.
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I - I RAPPORTI TRA AQUILEIA E LA PALESTINA ATTRAVERSO LE OPERE DI GIROLAMO E DI RUFINO Il silenzio di Rufino dal 373 al 397 Inizier da Rufino, nonostante egli abbia lasciato Aquileia dopo Girolamo, in condizioni altrettanto misteriose. Sappiamo che ad Alessandria stato colpito dalle misure adottate contro i Niceni poco dopo la morte di Atanasio, nel maggio 37313. Il suo arrivo definitivo in Palestina si colloca intorno al 380. Di Rufino non abbiamo neanche una riga, n prima n dopo il 380, e nulla sappiamo circa i suoi rapporti con Aquileia, n con Concordia, dove ha lasciato la madre14 e da dove il vecchio Paolo gli richiede alcuni libri15. Ma ci non significa affatto che siano stati tagliati i ponti, n che Rufino sia partito senza pi tornare. Occorre invece tener presente che Rufino aveva probabilmente concluso la propria vita allinsegna del silenzio e del lavoro, visto che, a partire dal 398, Girolamo non lo aveva pi perseguitato con i suoi attacchi e con i suoi pamphlets. Sono proprio questi, grazie alle risposte che hanno suscitato ad Aquileia, a informarci maggiormente, seppur in ritardo, sulla vita di Rufino ad Alessandria e a Gerusalemme, senza per fornire sempre la chiarezza desiderabile. Il viaggio di Girolamo verso Gerusalemme Tutto lungi dallesser chiaro per quanto concerne Girolamo, a cominciare dalla partenza e dallitinerario fino ad Antiochia, dove si fermer. Ritroviamo per cinquantanni unalternanza di periodi bui e di periodi chiari. I periodi in cui gli scambi sono stati pi intensi
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Sulla cronologia e sui relativi problemi cfr. F.-X. MURPHY, Rufinus of Aquileia, his Life and Works, Washington 1945, pp. 28 sgg.
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e pi ricchi forse non coincidono con quelli in cui i rapporti sono stati pi tesi. Tuttavia proprio su questi ultimi che disponiamo di maggiori informazioni. Girolamo sembra essere partito da solo. Le circostanze della partenza sono poco note, come pure litinerario. Nella lettera in cui, da Antiochia, illustra a Rufino come passa il tempo dopo che unimprovvisa tempesta lo ha portato lontano da lui, Girolamo, iniziando con levocare due tempeste virgiliane, quella del libro III e quella del libro V, dichiara: Allora una cupa burrasca si abbatt sulla mia testa, quindi cielo e mare ovunque; e continua: Dopo le mie peregrinazioni incerte ed erranti: Tracia, Ponto e Bitinia, traversata della Galazia e della Cappadocia, caldo bruciante della regione dei Cilici, ero sfiancato, quando la Siria si offr a me come un porto sicuro a un naufrago16. Questa immagine marittima al termine di un itinerario terrestre potrebbe far pensare che le allusioni iniziali a Virgilio siano meramente letterarie, tanto pi che ritornano, identiche, in molte di queste prime lettere e in contesti in cui hanno un valore puramente decorativo e letterario17. Tuttavia mi sembra plausibile invocare un testo pi tardo, apparentemente impersonale, a favore di un itinerario marittimo nella prima parte. Nella Prefazione alla sua traduzione dei Paralipomeni sulla Bibbia dei Settanta, due libri ricchi dinformazioni sulla geografia e sulla storia della Palestina, Girolamo dichiara: Cos come si comprendono meglio gli storici greci dopo aver visto Atene, e il libro terzo dellEneide dopo aver navigato dalla Troade, attraverso Leucade e i Monti Acrocerauni, fino in Sicilia, per arrivare alle foci del Tevere, allo stesso modo si comprende meglio la Scrittura dopo aver contemplato con i propri occhi la Giudea, visitato i monumenti delle antiche citt e constatato ci che rimasto e ci che
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GIROLAMO, Ep. 3, 3. Cfr. H. HAGENDHAL, Latin Fathers and the Classics, Gteborg 1958, pp. 100-101, che
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cambiato nei nomi delle localit18. Certo, il viaggio in questo caso incompleto e viene fatto al contrario19; certo, si potrebbe pensare che il passaggio per Atene, peraltro attestato20, abbia potuto aver luogo allarrivo di Girolamo da Costantinopoli a Roma nel 38221, ma non penso che, a quel tempo, la via marittima da Costantinopoli a Roma risalisse ancora cos a nord nel mar Ionio, quando si vuole raggiungere non gi Brindisi, ma lo stretto di Messina o la parte meridionale dellisola22. Sarei quindi pronto a vedere nei ricordi letterari della lettera a Rufino lespressione di ricordi reali. Ci porterebbe a supporre che per Girolamo fosse fondamentale non tanto arrivare a Gerusalemme, sempre che fosse questa lintenzione al momento della partenza23, quanto piuttosto partire, e che si sia lasciato portare dai battelli che ha avuto modo di prendere. Una volta doppiato il Capo Malea24 risalito verso il Pireo, poi verso Tessalonica o verso Costantinopoli e da l ha preso la via di
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GIROLAMO, In librum Paralipomenon, Praefatio (PL 29, c. 401 A-B). Lo stesso vale per il viaggio di Paola nel 385: Ep. 108, 7. GIROLAMO, In Zachariam, 12, 3 (CC 76 A, p. 862, ll. 58-64); In Titum, 1, 12 (PL 26, c. 572 C). Paolino di Antiochia ha soggiornato per un breve periodo a Tessalonica. Sul viaggio di Enea e sulle vie marittime primitive cfr. P. MARTIN, Le sillage dne, Se possiamo considerare unintenzione primitiva la dichiarazione dellEp. 22, 30, in
cui Girolamo afferma che andava a Gerusalemme per mettersi al servizio di Cristo. NellEp. 5, 1 Girolamo scrive a Fiorentino che il desiderio di andare a Gerusalemme si riacceso.
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pp. 99-100), Girolamo andato via mare soltanto da Aquileia a Durazzo, dove ha preso la Via Egnatia, che gli ha permesso di attraversare la Macedonia e giungere cos a Costantinopoli. Era, di fatto, la via ordinaria allepoca, per chi veniva da Roma. Non da escludere che Girolamo, specie se partito a stagione inoltrata, abbia interrotto la navigazione a Durazzo. Ma Monceaux non conosce il testo della Prefazione del Libro dei Paralipomeni, che pu contenere ricordi autobiografici. F. CAVALLERA (Saint Jrme, sa vie et son oeuvre, Louvain-Paris 1922, I, 1, p. 25) resta sul vago circa tale viaggio.
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terra attraverso lAsia Minore. Lo abbiamo visto arrivare ad Antiochia; prima del 385 non andr oltre. Ma da qui che lo vedremo in contatto con Aquileia e soprattutto constateremo che la gente di Aquileia viaggia e si reca in Palestina. Gli incontri di Girolamo Ad Antiochia Girolamo ritrova Evagrio, che ha soggiornato nellItalia settentrionale, nonch il prete Innocenzo, cui Evagrio dedica la traduzione della Vita di Antonio. Innocenzo noto alla gente di Aquileia25; probabilmente originario dellItalia settentrionale, ma si trova ad Antiochia presso Evagrio, con cui forse tornato, non sappiamo con quale intenzione. Pi conosciute sono invece la provenienza e le intenzioni delle altre persone citate da Girolamo. Girolamo ha percorso un tratto di strada con Nicea, suddiacono della Chiesa di Aquileia; questi aveva lasciato Aquileia prima del ritorno di Girolamo dalla Gallia, visto che lamicizia tra i due sembra essere nata da poco, vale a dire durante il viaggio. I due pellegrini hanno fatto conoscenza lungo la strada26. Invece nella persona di Eliodoro, Girolamo ritrova una vecchia conoscenza. Questi ritorna da Gerusalemme quando Girolamo lo incontra ad Antiochia27. La sua partenza ha preceduto nuovamente quella di Girolamo. N Nicea n Eliodoro rimarranno in Oriente, malgrado gli sforzi di Girolamo per trattenere almeno il secondo, pi libero nei movimenti28.
25 26 27 28
GIROLAMO, Ep. 3, 3. GIROLAMO, Ep. 8. GIROLAMO, Ep. 3, 2; 4, 1. Nel 384 Girolamo non esita a far partire Presidio di Piacenza, bench vincolato dalla
carica di diacono (Ed. G. Morin, in BAnclit, 3 (1913), pp. 56-57, ll. 71-125). Innocenzo era prete, ma non si sa di quale chiesa.
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Le lettere al paese La gente che ritorna al paese si vede ovviamente affidare delle lettere. Bench non contengano nessunindicazione circa i portatori, le lettere che ci sono pervenute sono altre, visto che indicano spostamenti piuttosto frequenti, in entrambi i sensi. Al monaco Antonio di Emona Girolamo dichiara di aver scritto dieci volte, senza ottenere risposta29. Probabilmente c dellesagerazione in tale cifra, anche se accade un episodio simile con le Vergini della citt, che rimangono anchesse in silenzio30. Per quanto riguarda la zia Castorina, Girolamo dice esplicitamente di averle gi scritto, invano, lanno prima31. Un rimprovero analogo rivolto al monaco di Aquileia Crisocomas, cui Girolamo aveva scritto o fatto portare i propri saluti mediante Eliodoro32. Le lettere dal paese Possibile quindi che i rapporti siano pi frequenti nel senso AntiochiaAquileia che non nel senso opposto? No, perch Girolamo il primo a ricevere una lettera di Cromazio, del fratello Eusebio e di Giovino33. Allo stesso modo il diacono Giuliano ha preso liniziativa di scrivere, per rimproverare a Girolamo il suo silenzio34. Questultimo, nel piccolo alterco che immagina con il suo corrispondente, dichiara: Se dir (per giustificare il mio silenzio): Non ho trovato nessuno che portasse le mie lettere, tu dirai che in parecchi (quam plurimos) sono andati da qui a l35. Anche Paolo di Concordia
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GIROLAMO, Ep. 12: decem iam, nisi fallor, epistulas (...) misi. GIROLAMO, Ep. 11: totiens uobis tribuenti officium. GIROLAMO, Ep. 13, 2. GIROLAMO, Ep. 9. GIROLAMO, Ep. 7, 2: ut scribitis, ante non scripsi. GIROLAMO, Ep. 6, 1: ego a te obiurgatus de silentio litterarum. Ibid.
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ha scritto a Girolamo, incaricandolo di richiedere alcuni libri a Rufino36. Probabilmente sapeva che erano partiti entrambi per Gerusalemme, pur seguendo strade diverse, e che si sarebbero ritrovati l. I rapporti erano forse pi frequenti tra lItalia settentrionale e la Palestina che non tra lItalia settentrionale e lEgitto? Il vecchio Paolo ha forse scritto anche a Rufino in Egitto? Sono domande a cui impossibile fornire una risposta certa. Tuttavia aggiunger due osservazioni. Innanzitutto ad Antiochia che Girolamo venuto a sapere della presenza di Rufino in Egitto. Lardore con cui parla dei monaci di Nitria e di Macario lascia supporre che ne conoscesse gi piuttosto bene le imprese, e che non fossero sconosciuti nemmeno ad Aquileia37. Girolamo sarebbe prontissimo a raggiungere Rufino in Egitto, se non fosse per il suo stato di salute. Daltra parte al corrente degli eventi pi recenti di Alessandria, grazie a coloro che sono stati inviati a portare soccorso a chi stato esiliato da Alessandria, per volont dellimperatore Valente, nel 373374. Girolamo parla di un monaco incaricato di questa missione38. Non inverosimile che lo schiavo di Melania, che muore ad Antiochia, fosse venuto per lo stesso motivo39. Sappiamo infatti che Melania lAnziana segu, per breve tempo almeno, un gruppo di esuli nella regione di Diocesarea di Palestina40. Il cerchio si chiude, ma si chiude sia ad Aquileia sia ad Antiochia, poich non vi ragione di pensare che le notizie riguardanti le persecuzioni contro i Niceni non siano state diffuse ad Aquileia, i n u n
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GIROLAMO, Ep. 5, 2. Cfr. Ep. 3, 1: Audio te Aegypti secreta penetrare, monachorum inuisere choros... GIROLAMO, Ep. 3, 2. GIROLAMO, Ep. 3, 3. PALLADIO, Historia Lausiaca, 46, 3.
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periodo in cui larianesimo era appena stato sradicato41 e in cui si sarebbe iniziata a manifestare lazione di Ambrogio42. Il Concilio di Aquileia e lOriente Non ritorner pi sulla questione dellarianesimo. Ho gi avuto occasione di parlarne a proposito di Aquileia43. Non c dubbio che laffare non abbia occupato molto spazio nelle affermazioni di chi tornava dallOriente e poteva testimoniare i progressi dellortodossia, a partire dal 381 almeno. Prima, sotto Valente, vediamo Girolamo alle prese con le varie tendenze, pi o meno eterodosse, del deserto della Calcide. Nel 381 appunto Paolino di Antiochia scriver ai membri del Concilio di Aquileia per chiedere appoggio44; invier forse Evagrio, il miglior legato che potesse trovare in tale circostanza45. Non mi soffermer su questo punto, come pure non mi dilungher sullarrivo dellalessandrino Massimo, n sullintervento del Concilio di Aquileia a favore di Timoteo di Alessandria46. Rottura delle comunicazioni attraverso lIllirico? Vorrei invece richiamare lattenzione su un altro punto, che riguarda i rapporti con lOriente in quegli anni e che va oltre la figura di un individuo o di un piccolo gruppo di monaci e di chierici. Innanzitutto dobbiamo constatare che tra il 375 e il 381 non abbiamo neanche una lettera di Girolamo destinata alla gente
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GIROLAMO, Ep. 7, 6. Cfr. Les relations doctrinales entre Aquile et Milan, pp. 183 sgg. Ibidem, pp. 188 sgg. AMBROGIO, Ep. 12, 4. Se lo si pu identificare con lEvagrius presbyter che appare negli Atti del Concilio del AMBROGIO, Ep. 12, 4.
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di Aquileia, mentre vediamo che il nostro monaco scrive due volte a Roma. Le ragioni di questo interesse per Roma non mancano, ma appare meno chiara la rottura dei rapporti con Aquileia, a meno che non si tratti del contraccolpo della situazione politica. Gi nel 375, infatti, Basilio, che abbiamo visto scrivere a Valeriano e che in contatto con Ambrogio nel 375 o nel 376, rievoca le difficolt incontrate nel raggiungere Roma dinverno, via terra47. Nel 374 e nel 375 il medio Danubio viene invaso ripetute volte e, a partire dal 376, si palesa (prima sul basso Danubio e poi sul medio) la minaccia che, per sei anni, incomber sulle comunicazioni tra Costantinopoli e lItalia settentrionale. Alla fine del 381 i vescovi presenti ad Aquileia chiedono, seguiti da Ambrogio, la convocazione di un nuovo Concilio, suggerendo che si tenga a Roma48 o ad Alessandria49, citt che presentano un facile accesso al mare, proprio a causa dei disordini che rendono poco sicuri i viaggi attraverso lIllirico50. I Padri del Concilio non affermano forse di aver avuto lintenzione di mandare qualche loro membro ad Antiochia per risolvere la questione dello scisma, e di essere stati bloccati dallhostilis irruptio e dai tumultus publici51? Non si sa con esattezza a quale data vadano ricondotte tali intenzioni52. Il pasticcio scatenato dalle lettere e gli intempestivi interventi del Concilio di Aquileia nelle questioni dOriente lascerebbero intendere che i vescovi dellItalia settentrionale fossero allora, nonostante le lettere cui si fa allusione, poco o male informati circa la reale situazione delle chiese dOriente. Nel primo caso la rottura delle relazioni forse dovuta agli eventi politici dellultimo lustro; nel secondo
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BASILIO di Cesarea, Ep. 215. AMBROGIO, Ep. 12, 5. AMBROGIO, Ep. 13, 6. AMBROGIO, Ep. 14, 7. AMBROGIO, Ep. 12, 5. Viene invocata la uetusta communio (Ep. 12, 4; 13, 2).
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caso che non esclude il primo informatori come Massimo, come Evagrio o (per quanto riguarda Paolino) come Girolamo erano troppo di parte. In ogni caso Ambrogio esprime il desiderio di veder ristabilita e mantenuta lunione tra le chiese dOccidente e quelle dOriente53. Sembra rispondere alle affermazioni di Basilio quando nega, presso Teodosio, di essere intervenuto a sproposito nelle questioni dOriente, adducendo che gli orientali si lamentavano, un tempo, dellindifferenza che sembravano mostrare nei loro confronti le chiese dOccidente54. Nonostante gli insuccessi, Ambrogio continuer a occuparsi della questione di Antiochia. A tale proposito entrer in contatto con Teofilo di Alessandria55. Non so se il comportamento di Girolamo sia in qualche modo legato allirritazione che il vescovo di Milano finir per provare56. In ogni caso Girolamo non sembra aver gradito labbandono dellamico Evagrio da parte di Ambrogio; questanimosit ha condizionato i primi difficili rapporti tra Girolamo e Teofilo di Alessandria57, che peraltro a quel tempo era amico di Rufino. Girolamo a Betlemme Non siamo ancora arrivati a quegli anni. Eppure dobbiamo constatare un immenso vuoto nei rapporti di Girolamo con Aquileia, stando a quanto risulta dalla sua opera. Nel 381 Girolamo si trova a Costantinopoli. a Roma dal 382 al 385,
53 54 55
AMBROGIO, Ep. 14, 1. Ibid., 14, 2. Su un aspetto misconosciuto di questi rapporti cfr. il mio Saint Ambroise de Milan de
son lection sa conscration piscopale, in Ambrosius episcopus, Congresso internazionale di Studi Ambrosiani nel XVI centenario della elevazione di S. Ambrogio alla cattedra episcopale, Milano 1976, II, p. 254 e n. 44.
56 57
AMBROGIO, Ep. 56. Cfr. Sur les insinuations de Jrme contre Jean de Jrusalem, in RHE 65 (1970), p.
362 e n. 7.
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ma non dimostrato che sia venuto ad Aquileia58 o a Stridone, da cui arriva Paoliniano (suo fratello), che lo raggiunge a Roma. Qui Girolamo ha visto Valeriano e ha frequentato per qualche settimana Ambrogio, in occasione del Concilio del 382. Attraverso un giudizio malevolo sullopera di Ambrogio possiamo constatare che Girolamo, trasferitosi a Betlemme, si tiene informato su quel che succede in Italia settentrionale59. In precedenza aveva espresso soltanto complimenti per il De uirginibus di Ambrogio60; ma gi a Roma faceva capolino una certa malignit nel suo progetto di tradurre per Damaso il Trattato sullo Spirito Santo di Didimo, che Ambrogio aveva appena utilizzato61. A Betlemme, dove si trasferisce definitivamente nel 386, Girolamo riceve presto lExplanatio in Lucam di Ambrogio; per tutta risposta traduce le Omelie di Origene, cui si ispirava Ambrogio. Parecchi punti mi sembrano degni di essere presi in esame. Innanzitutto la data, che non nota con certezza. Si pu supporre che ci troviamo non prima della fine del 388, visto che, nei due anni precedenti, i rapporti con lItalia settentrionale erano gi stati interrotti. Nel giugno (?) 387 Valentiniano lascia Aquileia per Tessalonica. Poco dopo Massimo occupa non soltanto lItalia settentrionale, ma anche buona parte dellIllirico occidentale. Il mare chiuso e i rapporti vengono ridotti notevolmente, fino alla sconfitta di Massimo 62. Alla
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Sarebbe interessante sapere dove e come Girolamo sia entrato in contatto con Presidio
di Piacenza e dove si trovasse Girolamo quando ha preso i faseli che lhanno riportato a Roma (Ep. ad Praesidium, ll. 161-162).
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GIROLAMO, Prefazione alla traduzione delle Omelie su Luca di Origene. GIROLAMO, Ep. 22, 22. GIROLAMO, Prefazione alla traduzione di DIDIMO, De Spiritu Sancto (PL 23, c. 102 A). Sui rapporti tra Italia e Africa abbiamo la testimonianza di Agostino. Poich lattacco
proveniva da Oriente, poco probabile che sia stato pi facile navigare da questo lato. Per quanto riguarda la via di terra, occupata dagli eserciti che si affronteranno nellestate del 388. Tuttavia sappiamo che Teofilo di Alessandria aveva mandato i propri complimenti al vincitore.
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ripresa dei rapporti Girolamo viene a sapere dellelezione di Cromazio sulla cattedra di Aquileia. Nessun indizio indica che abbia accolto favorevolmente tale elezione. Anzi, la Prefazione alla traduzione delle Omelie su Luca fa allusione, senza citare lautore, ai Commenti a Matteo di Fortunaziano di Aquileia. Il tono non pi lo stesso di quando Girolamo chiedeva a Paolo di Concordia di inviargli la perla del Vangelo63. Tra le due affermazioni sono passati dai dodici ai quindici anni, durante i quali Girolamo ha avuto modo di scoprire le ricchezze dOriente. Alla fine della Prefazione rivela lintenzione di farle conoscere allOccidente, traducendo il maggior numero possibile di omelie di Origene, in particolare quelle della maturit. Tuttavia non far nulla, e sar Rufino a mettersi al lavoro, richiamandosi proprio a questa promessa non mantenuta64. Una di queste traduzioni di un Origene ormai vecchio sar effettuata proprio ad Aquileia e sar dedicata a Cromazio. I rapporti durante lusurpazione di Eugenio Il decennio 390-400 molto ben documentato, nonostante sia un periodo molto agitato sul piano politico: nel 392-394 abbiamo lusurpazione di Eugenio; tra il 395 e il 402 le incursioni barbariche attraverso lIllirico, che porteranno, passo dopo passo, al primo assedio di Aquileia. Occorre tener conto di tali tumulti per spiegare certi silenzi, certe difficolt di trasmissione. Parimenti si notano certi spostamenti ditinerario, che forse non sono fortuiti: Girolamo in contatto sia con Roma, sia con Aquileia, e varie persone che vediamo giungere nellItalia settentrionale dalla Palestina passano prima per Roma. Forse alcune sono sbarcate a Brindisi. N e l 3 9 3 G i r o l a m o d e d i c a a C r o m a z i o
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GIROLAMO, Ep. 10, 3. RUFINO, Apol. contra Rufinum, II, 26; Praefatio in librum I Origenis Peri Archn, 1.
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il Commento ad Abacuc65; nel frattempo si piega alla volont del prete Nepoziano di Altino, per riguardo verso suo zio Eliodoro. Stando allinizio della lettera, Girolamo aveva ricevuto gi varie volte tale richiesta negli anni precedenti66. Ricorder lepisodio qualche anno dopo, aggiungendo che Eliodoro ha interceduto per il nipote67. A quanto pare non era la prima opera di Girolamo che arrivava nellItalia settentrionale: secondo quanto affermato, Nepoziano talvolta leggeva le opere di Girolamo68. La prima fase della controversia intorno a Origene Tuttavia si d il caso che in quello stesso anno, il 393, in cui constatiamo la continuit, se non addirittura la ripresa dei rapporti di Girolamo con Aquileia, ha inizio, a Gerusalemme e a Betlemme, la controversia che separer per sempre i due amici. Girolamo sperava di inviare a Cromazio altri Commenti ai profeti minori69. In realt si deve fermare, preso com da altri lavori meno decorosi, che passa sotto silenzio, sebbene non riesca a evitare che la notizia delle dispute giunga fino a Roma e ad Aquileia. Non Rufino a spargere la voce, bens alcuni viaggiatori, come Vigilanzio, di cui Girolamo dir che, ritornato dalla Palestina e dallEgitto, ha tra i flutti dellAdriatico e le Alpi del re Cozio, fatto proclami contro di lui70. Vigilanzio, che porta una risposta a Paolino di Nola, probabilmente sbarcato in Italia a Brindisi, invece che ad Aquileia. Tuttavia non del tutto escluso un passaggio per Aquileia, visto che, lanno successivo, ritroviamo tracce del
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GIROLAMO, In Habacuc, Prologus (CC 76 A, p. 579). Il commento citato nel De GIROLAMO, Ep. 52, 1. GIROLAMO, Ep. 60, 11. GIROLAMO, Ep. 60, 10. GIROLAMO, In Habacuc, Prologus (CC 76 A, p. 579, ll. 21-22). GIROLAMO, Ep. 109, 2 f.
uiris.
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malcontento di Cromazio dinanzi al comportamento di Girolamo nei confronti di Giovanni di Gerusalemme, suo vescovo, e di Rufino, suo compatriota. Cromazio non sembra essersi rivolto a Girolamo direttamente, bens, stando allinteressantissima interpretazione di un testo scomodo offerta recentemente da P. Nautin71, tramite Pammachio, amico romano di Girolamo. lui che ha chiesto a Girolamo di dedicare a Cromazio il suo In Ionam, nella speranza di dimostrargli la sua buona volont. Tuttavia Girolamo riceve notizie dallItalia settentrionale: apprende che Cromazio ha perso il fratello Eusebio72 e che ha scritto in questa seconda met del 396 lElogio funebre di Nepoziano73. Il 397 lanno del ritorno di Rufino in Italia, o quanto meno a Roma. A Cromazio, che lo ha invitato al lavoro, Girolamo offre la traduzione dallebraico del libro dei Paralipomeni74. In questi anni le occasioni per viaggiare sembrano pi frequenti; se non altro conosciamo, in parte, i nomi di chi lascia la Palestina per Roma e per lItalia settentrionale. Rufino era stato preceduto dal prete Vincenzo75; lanno successivo partono Eusebio di Cremona nuovamente un italiano del nord e Paoliniano, fratello di Girolamo, che si reca a Stridone per soggiornare poi brevemente ad Aquileia, nelle condizioni che vedremo fra poco. lui ad aver portato la traduzione dei Libri di Salomone, che Girolamo ha dedicato congiuntamente a Cromazio e a Eliodoro. Secondo la Prefazione, entrambi i vescovi hanno risposto al doppio invio dellanno precedente, e hanno consigliato a Girolamo di continuare i Commenti ai profeti minori. R i t o r n e r e m o i n s e g u i t o
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P. NAUTIN, tudes de chronologie hironymienne, REAug 20 (1974), pp. 270-272. GIROLAMO, Ep. 60, 19 ad f. Sulla data dellEp. 60, cfr. Ep. 77, 1. La lettera di poco precedente allIn Ionam, GIROLAMO, Praef. in librum Paralipomenon (PL 28, c. 1323). Cfr. P. NAUTIN, art. laud., pp. 275-276.
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sulla Prefazione, molto interessante per altri motivi, ma avremo altres modo di notare che i Commenti ai profeti minori che Girolamo scriver circa dieci anni dopo non saranno dedicati n a Cromazio n a Eliodoro. C da dire che, nel frattempo, la riconciliazione tra Girolamo e Rufino stata a dir poco minata da spropositi e da spiacevoli indelicatezze. Ricordiamo i punti principali: lanno successivo al suo rientro a Roma Rufino traduce, emendandolo e smorzandone i toni, il Peri Archn di Origene, collocando per limpresa sotto il patrocinio di Girolamo. Fino ad allora erano state tradotte soltanto opere pastorali di Origene, non opere di ricerca dottrinale, ormai superate, se non addirittura erronee su pi di qualche punto. facile immaginare la reazione di Girolamo. Sarebbe stata pi comprensiva se Eusebio di Cremona, amico di Girolamo, non avesse sottratto, appena giunto a Betlemme, il lavoro di Rufino, primancora che ricevesse lultima mano. Siamo in un periodo di sospetto, in cui fioccheranno accuse e apologie. Lunica nota positiva per cos dire che si pu trovare in tali processi, alle intenzioni e non, lattaccamento che i due antagonisti dimostrano alla purezza della propria fede, bench non la intendano esattamente allo stesso modo. Il ritorno di Rufino ad Aquileia Questa spiacevole controversia ha per noi tuttaltro interesse, visto che ha dato luogo a molteplici scambi tra Aquileia e la Palestina, in un periodo in cui la minaccia barbarica si avvicinava allItalia settentrionale76. Nellestate del 398 Girolamo era gi stato informato riguardo alla traduzione del Peri Archn di Rufino. La primavera successiva vede larrivo, dalla Palestina, del prete Rufino il Siriano, colui che diffonder a Roma il pelagianesimo, che Girolamo
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in seguito combatter aspramente e che trover seguaci nella regione di Aquileia. Rufino (il Siriano) porta da Betlemme una lettera di Girolamo a Rufino (di Aquileia). la risposta di Girolamo a una lettera di Rufino, in cui questi si era lamentato degli intrighi degli amici di Girolamo e gli aveva annunciato la sua partenza per Aquileia77. Si avverte, nelle affermazioni di Girolamo, il desiderio di contenersi. Questo formalismo, nel rispetto dellamicizia restaurata a fatica, ha un che di freddo. Tuttavia una sua affermazione troppo reale e ricever uneclatante conferma: Girolamo si lamenta di esser soverchiato, sopraffatto dagli amici78. In ogni caso la lettera di Girolamo, portata in Italia da Rufino il Siriano, incaricato di inoltrarla a Rufino (di Aquileia) a Milano, sar intercettata a Roma da Pammachio e da Marcella, e non sar quindi consegnata al destinatario. I due pii laici, infatti, avevano giudicato troppo conciliante la lettera di Girolamo, in un periodo in cui erano intenti a cercare di ottenere da papa Siricio la condanna di Rufino, nonch quella di Origene. Rufino il Siriano aveva portato anche una traduzione meno edulcorata del Peri Archn, oltre a varie lettere e prefazioni in cui Girolamo attaccava i traduttori e i sostenitori di Origene, accusandoli, con parole appena velate, di condividere gli errori pi plateali del loro eroe. Sono gli unici scritti che arrivarono a Rufino. In precedenza avevano impressionato il nuovo papa, Anastasio. Dopo aver ricevuto una lettera di Teofilo di Alessandria, che era appena passato clamorosamente dallaltra parte, il vescovo di Roma scrisse a Simpliciano di Milano. Simpliciano aveva lincarico di far condannare Origene da tutti i vescovi dellItalia settentrionale79. Ha scritto a Cromazio e, informato da Eusebio di Cremona, ha menzionato Rufino. Resta il fatto che Rufino si rec
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Cfr. GIROLAMO, Ep. 81, 1. GIROLAMO, Ep. 81, 2. GIROLAMO, Ep. 95, 2; ANASTASIO, Ep. 9, Dat mihi plurimum Venerio di Milano (Ed.
J. Van den Gheyn, RHLR 4 (1899), pp. 7-8 = PLS 1, cc. 791-792).
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a Milano per rispondere di unaccusa da parte di Eusebio di Cremona. La questione non and come previsto, ma Rufino trov utile difendersi anche presso Anastasio. Di questa breve Apologia ricorder la conclusione. Rufino dichiara: Tranne la fede che ho esposto pocanzi, che quella della Chiesa di Roma, di Alessandria, di Aquileia e che altres proclamata a Gerusalemme, non ne ho mai avute, n ho nel nome del Signore n avr mai altre80. Ritroveremo tra poco questattenzione per i diversi simboli di fede in un altro scritto di Rufino.
LApologia contro Girolamo Mentre inviava questApologia ad Anastasio, Rufino componeva una risposta ai documenti che avevano accompagnato fino a Roma la nuova traduzione di Girolamo, offrendo ai romani la propria versione sugli eventi di Milano e sugli intrighi degli amici troppo zelanti di Girolamo. Lopera attaccava altrettanto apertamente Girolamo81, mediante una requisitoria molto istruttiva. Tuttavia Girolamo non conobbe inizialmente questi scritti attraverso gli amici, bens grazie al fratello Paoliniano, di ritorno da Aquileia, che era riuscito a ottenere informazioni prima della pubblicazione dellopera. Girolamo si mette seduta stante al lavoro. Comincia a commentare, confutare, sospettare, denunciare lApologia ad Anastasio e quanto conosce dei due libri dellApologia a lui rivolta. Lopera si presenta come una lettera indirizzata a Pammachio e a Marcella, ma Girolamo ha cura di farla arrivare personalmente ad
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RUFINO, Apol. ad Anastasium, 8 (CC 20, p. 28). Tale Apologia precede probabilmente RUFINO, Apol. contra Hieronymum, I, 22 (CC 20, p. 56).
il processo di Milano.
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Aquileia da Rufino, tramite un commerciante che tocc terra solo per due giorni: giusto il tempo di scaricare e ricaricare la nave82. Questa fretta trova forse giustificazione nellinsicurezza data dalla situazione? Ci troviamo nellestate del 402, e Aquileia ha appena subito un lungo assedio. I viaggi erano disorganizzati, le vie terrestri attraverso lIllirico impraticabili. Il commerciante ripartir con due lettere, che volevano essere personali. Una proveniva, ovviamente, da Rufino; laltra era invece unesortazione di Cromazio rivolta a Girolamo, in cui gli veniva probabilmente chiesto di dedicare il proprio tempo a un lavoro pi utile83. Purtroppo Girolamo non ottemperer subito. Rispose, infatti, a Rufino con una letteraccia, portata ad Aquileia non si sa da chi. Ormai era meglio tacere, come seppe fare Rufino, in larga parte84. Non la fine dei rapporti di Girolamo con Aquileia, ma bisogner aspettare almeno due anni per ritrovare una traccia sicura. Nel frattempo Girolamo aveva avuto modo di lasciarsi coinvolgere in unaltra brutta controversia, la cui eco si fatta sentire ad Aquileia per diversi anni. Mi riferisco allaiuto che prest a Teofilo di Alessandria nella lotta contro Giovanni Crisostomo. Questultimo ricevette, a partire dal 405, lappoggio di Cromazio85 ed ebbe la consolazione di vedersi venire incontro Gaudenzio di Brescia, che aveva conosciuto durante un precedente viaggio86. Vedremo che questi contatti si sono rivelati preziosi, giacch equilibrano linfluenza orientale, che
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GIROLAMO, Apol. contra Rufinum, 3, 10 (PL 23, c. 464 D). Ibidem. possibile trovare numerose allusioni a Girolamo e alla controversia nelle varie GIOVANNI CRISOSTOMO, Ep. 155; PALLADIO, Dialogus de uita S. Iohannis, 3 f. e 4 GIOVANNI CRISOSTOMO, Ep. 184; PALLADIO, Dialogus, 4.
prefazioni di Rufino.
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inizio.
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potremmo esser tentati di veder trasparire soltanto attraverso le opere di Girolamo e di Rufino. Aquileia, lAquitania e la Palestina Una nuova, insistente richiesta da parte di Cromazio e di Eliodoro riallaccer forse i rapporti nel 405 o nel 406? Direi piuttosto che le traduzioni dei libri di Tobia e di Giuditta, dedicati ai vescovi e riconducibili, di norma, agli anni successivi alla morte di Paola, in realt precedono di molto sia tale morte, sia gli ultimi episodi della controversia con Rufino87. Ci non significa che i rapporti con Aquileia si siano interrotti o che in quegli anni, caratterizzati dal delinearsi di nuove minacce sul piano politico, Aquileia sia isolata o inaccessibile dallOriente88. Un indizio molto eloquente consente di vedere come Girolamo si metta maldestramente al riparo dai rimproveri che potevano giungergli da Aquileia e da Cromazio. Ho gi avuto occasione di ricordare pi volte il modo con cui Cromazio ed Eliodoro, nel 392-393 prima e nel 397 poi, avevano incitato Girolamo a continuare i Commenti ai profeti minori. Lintenzione da parte sua allora cera, ma si rimetter al lavoro appena nel 406. In ogni caso dedicher lopera a due aquitani, e non a Cromazio, n a Eliodoro. Non che abbia dimenticato la promessa, n che pensi che i due vecchi amici potessero non sapere nulla di tale infedelt. Cerca anzi di scusarsi, dichiarando apertamente, allinizio dellIn Zachariam, che coloro ai quali erano stati promessi i Commenti possono considerarsi dedicatari alla stregua di coloro cui gli scritti sono ufficialmente dedicati, poich tra amici tutto in comune89.
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Sulla data consueta cfr. F. CAVALLERA, Saint-Jrme, pp. 290-291; A. PENNA, S. Sulla chiusura dei porti nel 408 cfr. Aquile sur la route des Invasions, p. 284. GIROLAMO, In Zachariam, Praefatio (CC 76 A, p. 748, ll. 43 sgg.).
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Avr modo di ritornare in seguito sulla questione, affrontandola da un altro punto di vista. Tuttavia simpongono tre osservazioni, riguardo a questa scusa sfrontata. Girolamo si sente ancora obbligato nei confronti di Cromazio. La rottura, quindi, non totale; si pu supporre che i rapporti siano continuati, sebbene manchino tracce evidenti. Daltronde basterebbe considerare lattenzione perversa con cui Girolamo seguir le attivit di Rufino fino alla morte, e anche oltre. In secondo luogo, sarebbe rischioso focalizzare la propria attenzione sulla controversia con Rufino, nella convinzione che occupi tutta lattivit di Girolamo e tutti i suoi rapporti con lArco Adriatico. Infine la terza considerazione: mentre vediamo che gli interessi in senso strettamente materiale, almeno da un lato di Girolamo si spostano verso la Gallia, vale la pena osservare che laquitano Sisinio, che porta i Commenti del 406, non al suo primo viaggio a Betlemme. Nel 402 ha consegnato a Girolamo una lettera di Agostino, di cui aveva avuto notizia quasi cinque anni prima in unisola dellAdriatico90. Le isole non mancano nellAdriatico, e non bisogna per forza pensare a quelle pi vicine ad Aquileia. Tuttavia, se Sisinio ha trovato la lettera durante un suo viaggio verso lEgitto o verso la Palestina, ci potuto accadere unicamente partendo da Aquileia, invece che da Brindisi; il che suggerirebbe che i Galli prendono la via di terra fino ad Aquileia, dove simbarcano per evitare di traversare lIllirico, troppo poco sicuro. Cos facendo, riescono a portare a Betlemme notizie sullItalia settentrionale e su Aquileia.
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La costa dalmata Vi sono altre testimonianze che allargano il cerchio dei rapporti di Girolamo nella regione e che informano sulle reali condizioni dei viaggi in Palestina. Mi riferisco alla corrispondenza di Girolamo con Amabile, Vitale e Castriziano. I documenti in nostro possesso risalgono agli anni 397-398. Il cieco Castriziano , per usare i termini di Girolamo, un Pannonico, cio un abitante dellentroterra homo Pannonius, id est terrenum animal che, nel desiderio di visitare la Terra Santa, ha raggiunto la costa dellAdriatico per imbarcarsi91, il che costituirebbe unulteriore prova dellinsicurezza delle vie di terra verso Costantinopoli. Tuttavia la prima parte del viaggio ha stancato a tal punto il nostro cieco, che questi si fermato al porto di Cissa, con la speranza di accompagnare il diacono Eraclio in un nuovo viaggio, lanno successivo. O almeno questo laugurio formulato da Girolamo. Lanno successivo Eraclio vi far ritorno; ma non sappiamo se accompagnato da Castriziano92. Vitale, prete di una citt a noi sconosciuta, aveva consegnato una lettera a Eraclio; Girolamo gli risponde, informandolo che il capitano della nave, Zenone, non gli ha consegnato mai niente da parte sua, mentre gli ha portato una nuova lettera di Amabile. Nulla suggerisce che Eraclio abbia viaggiato sulla nave di Zenone, anzi. Lo stesso anno, dalla stessa regione, vale a dire dalla costa dalmata, arrivano diversi viaggiatori, che testimoniano la molteplicit di rapporti tra il golfo dellAdriatico e la Palestina. Unaltra attestazione arriva dallunica lettera a noi pervenuta della corrispondenza di Girolamo con un tale Giuliano, che viveva anchegli, probabilmente, non lontano dalla costa dalmata93. In data imprecisata,
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ma sicuramente successiva al 395, Girolamo riallaccia i rapporti con il grande proprietario, che si appena visto devastare i propri possedimenti dalle invasioni barbariche94. Lultimo decennio Potrei fermarmi qui. Non che non sia possibile risalire ulteriormente nella vita di Girolamo e trovare testimonianze pi tarde dei suoi rapporti con la regione. Nel 415 vediamo che Fermo si reca a Ravenna per conto di Eustochio95; a partire dal 407 segue abbastanza da vicino quel che accade nella nuova capitale da poter esprimere affermazioni ritenute disfattiste96. La scoperta di lettere inedite andr probabilmente a colmare le lacune della nostra documentazione, ma non vi dubbio che questa, nonostante la sua importanza, resti ben al di qua della realt vissuta da Girolamo. Tra le fonti scritte quali danno maggiori informazioni sugli ultimi decenni dellIllirico occidentale o sul primo assedio di Aquileia, rispetto alle poche, semplici allusioni di Girolamo? Sono molte, ma allo stesso tempo pochissime. Litinerario dellinvasione della Gallia nel 407 conosciuto per filo e per segno da Girolamo97. Come si pu pensare che non abbia cercato di informarsi nei minimi particolari riguardo a quel che succedeva nella propria regione, e che non abbia provato lansia che lo attanaglia durante lassedio e la presa di Roma98? Quanti abitanti dellItalia settentrionale cerano tra i numerosi rifugiati
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GIROLAMO, Ep. 118, 1: longum silentium rumpo. LApologia contra Rufinum, 3, 7 GIROLAMO, Ep. 134, 20. . DEMOUGEOT, Saint Jrme, les Oracles sibyllins et Stilicon, in REAnc. 54, 1952, GIROLAMO, Ep. 123, 15. Egli segue gli spostamenti e i lavori di Rufino. La traduzione della Regola di
(PL 23, c. 463 C-D) rievoca i rapporti con la Dalmazia in quegli anni (400-403).
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pp. 83-92.
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Pacomio facilmente interpretabile, a mio avviso, come una replica alla traduzione di Rufino delle Regole di Basilio.
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di cui Girolamo segnala la presenza a Betlemme99? Bench continui a spiare gli spostamenti di Rufino, Girolamo non fa neanche un cenno alla morte di Cromazio. inconcepibile che non lo sapesse, cos come poco probabile che tale morte abbia interrotto i rapporti di Aquileia con la Palestina e con lEgitto, anche solo negli ambienti ecclesiastici. Simpone a questo punto una seconda riserva o avvertenza. Quanto precede si basa, in larga misura, sullopera di Girolamo e, in misura minore, su quella di Rufino. I rapporti personali tra i due fratelli-nemici, entrambi figli di Aquileia, ci hanno occupato a lungo; ma sarebbe rischioso ridurre i rapporti tra Aquileia e la Palestina a uno scambio di pamphlets, o ai diverbi tra le due personalit. Basta ritornare al punto di partenza per notare che i rapporti tra le due regioni non risalgono alla partenza di Girolamo e di Rufino per lOriente, e che sono andati avanti a prescindere da loro e senza di loro. Tuttavia, siccome i popoli felici non hanno storia, dobbiamo fare appello a chi ha scritto e alle opere giunte fino a noi. Con una documentazione pi vasta sarebbe possibile tracciare levoluzione dei rapporti e dei relativi itinerari. Ho cercato di raccogliere le indicazioni contenute nei testi. La via di terra ha probabilmente risentito delle condizioni politiche che regnavano nellIllirico. A questo livello si operata la divisione dellImpero, complice anche, in un certo qual modo, molto prima di Attila, il decadimento di Aquileia, dato che via mare, mancando lentroterra, i trasporti non erano frequenti, nemmeno per le persone. N i codices n le reliquie pesavano troppo per queste navi, che non dovevano nemmeno trasportare sarcofagi. Aquileia non aveva pi, per lungo tempo, altri raccolti da esportare. Per quanto riguarda la vita intellettuale, nonostante la presenza di
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GIROLAMO, In Ezechiel III, Prologus (PL 25, c. 75 D-E); VII, Prologus (c. 199 A-C).
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Pelagiani in contatto con la Siria e addirittura con la Palestina, difficile seguire gli sviluppi successivi alla morte di Cromazio e di Rufino.
II - MERCES ORIENTALES: LE OPERE LETTERARIE Le donazioni come pagamento Tra Aquileia e la Palestina gli scambi vanno considerati in entrambi i sensi. Le persone che lasciano Aquileia non partono a mani vuote. Anzi, la maggior parte dei lavori di Girolamo dedicati a Cromazio e a Eliodoro non rappresenta altro che il pagamento delle offerte e delle donazioni convogliate in Palestina. Girolamo lo afferma esplicitamente nel 398, nella Prefazione alla traduzione dei Libri di Salomone che offre ai suoi due compatrioti:
Che la mia lettera possa unire coloro che sono uniti dalla dignit episcopale, o meglio, che la carta non separi chi unito dallamore di Cristo! Mi chiedete dei Commenti a Osea, Amos, Zaccaria e Malachia. Li avrei scritti se la salute me lo avesse permesso. Inviate denaro per confortarci, sostentate i nostri stenografi e copisti affinch la nostra mente lavori innanzitutto per voi. Ma ecco che una moltitudine di persone non cessa di rivolgermi richieste varie, come se fosse giusto che mentre siete affamati io lavorassi per altri o come se, nei miei conti dei crediti e dei debiti, fossi debitore a un altro piuttosto che a voi. Ecco perch, sfiancato da una lunga malattia, per non passare completamente in silenzio questanno e rimanere muto nei vostri confronti, ho dedicato a vostro nome il lavoro di tre giorni, vale a dire la traduzione dei tre libri di Salomone...100.
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che Girolamo sostituisce una merce con unaltra, prendendo come scusa la malattia. Non vuole passare un anno senza scrivere al paese: ne penitus hoc anno reticerem. Invia quindi un lavoro che gli ha richiesto molto meno tempo. Daltro canto va notato che gli inviati di Cromazio e di Eliodoro sono venuti con richieste molto precise: i Commenti a quattro profeti minori. Eccetto uno, sono gli unici profeti minori che restano ancora da commentare a quel tempo101, e due dei precedenti sono gi stati dedicati a Cromazio nel 393 e nel 396. Si pu pensare che nel 392, o forse anche nel 393, Cromazio avesse commissionato lIn Habacuc con le stesse modalit102. Tuttavia la Prefazione di cui sopra non dice, probabilmente, tutta la verit quando lascia intendere che le spedizioni di denaro fossero destinate a pagare i notarii e i librarii di Betlemme. Parte di questi fondi deve, pi in generale, provvedere al mantenimento dei monasteri di Betlemme. Prova ne il modo in cui Girolamo inveisce, nel 406, contro Vigilanzio, che andava dicendo, in Occidente, che tali donazioni erano inutili103; ringrazia invece Esuperio di Tolosa, che gli ha inviato questo tipo di donazioni, senza richiedere esplicitamente il Commento a Zaccaria, che Girolamo doveva a Cromazio e a Eliodoro 104. Ecco per che lo dedica al vescovo di Tolosa, mentre invia ai monaci Minervio e Alessandro, due aquitani, lIn Malachiam 105, che avrebbe dovuto arrivare innanzitutto in Italia settentrionale 106. Questindelicatezza non si spiega soltanto con il raffreddamento dei
Neanche Gioele stato ancora commentato. GIROLAMO, In Habacuc, Prologus (CC 76 A, p. 580, ll. 47 sgg.). GIROLAMO, Contra Vigilantium, 13-14. GIROLAMO, In Zachariam, Prologus (CC 76 A, p. 747, ll. 3-5). GIROLAMO, In Malachiam, Prologus (CC 76 A, p. 902, ll. 35 sgg.). GIROLAMO, In Habacuc, Prologus (CC 76 A, p. 578, l. 22) e In Zachariam, Prologus
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rapporti di Girolamo con Cromazio e con Eliodoro. facile pensare che siano in gioco anche ragioni pecuniarie. Nel 404-406 ci troviamo, in Italia settentrionale, allindomani dellincursione di Alarico, e probabilmente c molto da lavorare per far risorgere la zona dalle rovine107, per aiutare chi si visto spogliato dei propri beni. Invece lAquitania non ha ancora subito simili devastazioni. naturale, quindi, che essa lasci approfittare della sua prosperit i santi di Gerusalemme. Le commissioni di opere C forse bisogno di dire che non tutte le commissioni corrispondono a interessi reali di chi le formula? Non mancano le ragioni per pensarlo; ne illustrer una, nellambito di ci che ci interessa108. Tuttavia mi sembrerebbe rischioso voler vedere solo una semplice formulazione nelle dediche, che mettono in luce richieste esplicite, se non addirittura domande precise. Certo, nessuna di queste domande stata posta a Girolamo dallItalia settentrionale, il che non privo di significato109. In ogni caso si possono individuare alcune preoccupazioni nelle commissioni affidate a Girolamo: un certo gusto per lhebraica ueritas e, dinanzi allimpresa di Girolamo di fornire una traduzione dellAntico Testamento dallebraico, una grande larghezza di vedute. Spinto da Cromazio, Girolamo traduce i Paralipomeni, un libro (o forse due) di carattere spiccatamente storico e geografico. Secondo lIn Habacuc, Cromazio chiede a Girolamo di fornirgli la base
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Anche se Aquileia non ha ancora sofferto molto (cfr. Aquile sur la route des
Invasions, pp. 276 sgg.). Le costruzioni delle chiese e in particolare delle Basiliche degli Apostoli richiedono somme ingenti.
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Le traduzioni bibliche di Girolamo non lasciano molte tracce nellopera di Cromazio. Ambrogio pi vicino. La sua corrispondenza contiene numerose risposte a
domande scritturali.
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storica su cui costruire i palazzi incantati dellallegoria110. forse pensando al debole dei due vescovi per i problemi pastorali che Girolamo dedica loro la traduzione dei Libri di Salomone. Si stupito, infatti, che gli venisse richiesta la traduzione del Libro di Tobia e del Libro di Giuditta, che non appartengono al canone ebraico e non sono nemmeno scritti in ebraico111. Il fatto che, da molto tempo, le figure di Tobia e di Giuditta occupano uno spazio considerevole allinterno della predicazione morale112. Probabilmente i due vescovi sono curiosi di conoscere la vera cornice storica dei testi. Eppure Cromazio non sembra aver fatto uso di questa traduzione per le proprie opere. La spedizione di opere occidentali Cromazio ed Eliodoro hanno pi volte reclamato le opere di Girolamo. Non sembra che gliene abbiano inviate di proprie, anche ammettendo che Eliodoro abbia scritto qualcosa. Ci tuttavia non significa che da Aquileia non sia partito qualche libro per la Palestina. Non mi riferisco ai libri che Girolamo reclama da Antiochia a Paolo di Concordia, quanto piuttosto alle opere di Ambrogio, di cui Girolamo segue la produzione. Non mi sbilancer troppo nel dire, sebbene le mie uniche prove siano soltanto ipotesi, che Aquileia stata, al pari di Roma, il centro nevralgico della diffusione dellopera di Ambrogio. Ho gi avuto modo di mostrare che Cromazio conosceva bene lopera di Ambrogio, e che questa gli era servita pi volte da tramite nei confronti
GIROLAMO, In Habacuc, Prologus (CC 76 A, p. 580, ll. 47 sgg.). GIROLAMO, In librum Tobiae, Praefatio (PL 29, cc. 23-25). Basti pensare allo spazio che occupano in Cipriano o in Novaziano.
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del pensiero greco113. In un certo senso Rufino, ritornando ad Aquileia due anni dopo la morte di Ambrogio, continuer, seppur in modo diverso, lopera del vescovo di Milano, su richiesta di Cromazio. Importazione di opere orientali Mentre ci rivolgiamo allaltro senso della via commerciale, in direzione Oriente-Aquileia, bisognerebbe far posto allopera di Ambrogio. Non ho trovato, finora, nessuna traccia dellimpiego da parte di Ambrogio delle opere di Girolamo scritte in Palestina. Ma c davvero bisogno di soffermarsi sullo spazio che occupano negli scritti di Ambrogio le opere di Origene, di Atanasio, di Didimo, senza contare Basilio di Cesarea e Gregorio Nazianzeno? sufficiente ricordare questo aspetto. Vorrei invece, pur non potendo offrire nientaltro che studi e note di lettura, soffermarmi un po di pi su tre opere, che consentono di render conto in qualche modo della complessit della situazione: lopera di Cromazio, quella di Rufino e quella del Commentatore anonimo delle Epistole di san Paolo, nel quale leditore vede un abitante della regione di Aquileia. Cromazio e lopera di Girolamo Cromazio aveva amici in Palestina, era in contatto con loro, poteva utilizzare i loro scritti; da questi amici ha ricevuto i lavori che lo mettevano in contatto con le realt storiche e geografiche della Bibbia. Che cosa traspare di tutto questo nella sua opera? Non molto, sembra, nonostante la prima impressione sia del tutto favorevole. In un sermone di Natale, infatti, ripreso nei suoi punti principali dal
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Cfr. Les relations doctrinales entre Milan et Aquile, pp. 193-230 e pp. 233-234.
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Tractatus che commenta il testo di san Matteo sulla nascita di Cristo a Betlemme, Cromazio si sofferma a tessere le lodi di Betlemme, con termini che Girolamo non avrebbe in alcun modo rinnegato. Se si celebrano dice tante citt che hanno prodotto grandi principi, cosa c di pi sublime del luogo in cui il principe della terra e il padrone di tutto luniverso si degnato di nascere!114; nel Tractatus 4, poi, vede in una citazione di Abacuc unallusione alla bellezza e alla dolcezza del paesaggio di Betlemme115, che testimonia anche una certa attenzione ai dati concreti, attribuibile ai rapporti con la Palestina di Girolamo e di Rufino. In realt simili indicazioni sono rare e si perdono in una geografia simbolica, cui fungono al massimo da introduzione. La Palestina che scopriamo nei Sermoni e nei Tractatus sempre figurativa116. Cromazio lo deve ai propri modelli, che si tratti di Fortunaziano, di Vittorino di Petovio o di Ambrogio. Lo stesso Girolamo ha contribuito a portare avanti la tendenza con il Liber interpretationis hebraicorum nominum, nei primi anni di soggiorno in Palestina. Nonostante la data, non si ritrova nessuna traccia nellopera di Cromazio. Le interpretazioni di Alleluia117 e di Joseph118 fornite da Cromazio non corrispondono minimamente a quelle fornite da Girolamo. Basandosi sul silenzio mantenuto da Girolamo nei confronti di Cromazio nel De uiris, si concordi nel ritenere che i Tractatus in Matthaeum non siano ancora stati pubblicati nel 393, e nemmeno nel 398, data in cui Girolamo compone il suo Commento a M a t t e o , p o r t a t o a R o m a d a E u s e b i o d i C r e m o n a 119.
114 115
CROMAZIO, S. 32, 1 f. CROMAZIO, Tr. 3, 3, 2 (CC 9 bis, p. 213, ll. 87-88): Per quae uerba situm loci ipsius CROMAZIO, Tr. 15, 1; 16, 2; 16, 4; 44, 3-4 ecc. CROMAZIO, S. 33, 1: Canta ei qui est o Benedic nos Deus simul in unum CROMAZIO, Tr. 2, 3 (l. 71): Joseph=sine opprobrio; GIROLAMO: Joseph: auctus, J. LEMARI, CC 9 bis, p. VII.
amoenitatemque designat.
116 117
adaugens.
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111
Se la trascrizione dei Tractatus in Matthaeum risale ai suoi ultimi anni di vita, ci si potrebbe aspettare che Cromazio abbia usato le veloci annotazioni di Girolamo. Dom Lemari opera qualche collegamento120; se ne possono fare altri121, ma non va dimenticato che tali confronti si possono spiegare con una comunanza di fonti, nonch con una dipendenza di Cromazio nei confronti di Girolamo. Lapproccio che ho tentato in altre due direzioni si rivelato inutile. Abbiamo visto che Girolamo aveva dedicato a Cromazio varie traduzioni dallebraico. Ma le citazioni di Cromazio dal Libro di Tobia e dal Libro delle Cronache non sono tratte dalle traduzioni di Girolamo122. Neanche i Commenti dedicati a Cromazio hanno lasciato qualche traccia nella sua opera. Costituisce forse uneccezione il caso dellIn Ionam, dato che non disponiamo del Tractatus sul segno di Giona123, ma il caso piuttosto chiaro per Abacuc, il cui Cantico viene usato e commentato due volte. Il testo che cita Cromazio non la traduzione dallebraico di Girolamo, n la traduzione latina dei Settanta trascritta da Girolamo nel suo Commento124. Linterpretazione che fornisce Cromazio del testo di Habacuc 3, 3 pu essere confrontata con unopinione riportata da Girolamo, che Cromazio non prende in considerazione e che
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Cfr. la tabella a p. 534, in AAAd. XII, Aquileia e lOriente mediterraneo, Udine 1977. Confronta CROMAZIO, Tr. 7, 2 (ll. 31 sgg.) e GIROLAMO, In Matthaeum, 2, 23; Tr. 11, Tuttavia va notato che la traduzione di Tobia ad opera di Girolamo tarda. giunto fino a noi soltanto il Tract. 54 su Mat. 16, 4, che riprende almeno in parte
quanto era stato detto su Mat. 12, 39-40. Sul Tractatus 54 cfr. Le Livre de Jonas dans la littrature chrtienne grecque et latine, Paris 1973, pp. 503-506. Va notato che, contrariamente ai consigli di Girolamo, Cromazio non pone nessun limite allapplicazione a Cristo dellavventura del profeta.
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figurava gi in un altro Commento125. In compenso, per quanto concerne linterpretazione di Habacuc 3, 10 lorigine sembra essere pi certa. Ritroviamo infatti in Tertulliano un dossier analogo a quello presente nel Tractatus 52 di Cromazio126. Lesempio mi pare significativo e invita a ritornare sulla conclusione che avevo gi formulato nel 1972: Cromazio gode di una formazione occidentale, che non stata profondamente modificata, a giudicare dalle sue opere, dai successivi contributi orientali, che si tratti dellopera di Ambrogio, di Girolamo o di Rufino. Rufino e lopera di Girolamo Non intendo mostrare come Rufino, grande importatore di merci orientali, rimanga anchegli uno spirito latino. Vorrei invece, in primo luogo, segnalare rapidamente che Rufino, di ritorno ad Aquileia, possiede gran parte dellopera di Girolamo, e forse ne fa uso nei propri scritti. Non mi soffermer sul primo punto, bench importante ai nostri scopi, dato che prova che ad Aquileia, nel 399-400, si trova una biblioteca geronimiana, che Rufino non ha gelosamente riservato per s, anzi. LApologia di Rufino indirizzata a Girolamo contiene, dai due terzi del primo libro in poi, un catalogo degli elogi rivolti da Girolamo a Origene nei suoi scritti. Si susseguono cos un
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Girolamo riporta unopinione che vede nel mons umbrosus il Padre o il Paradiso.
Cromazio celebra in questombra lamoenitas loci. Una simile opinione pu venire da Vittorino di Petovio, che ha composto un Commento a Matteo e uno ad Abacuc.
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Confronta CROMAZIO, Tr. 52, 2: Giobbe 9, 8; Sir. 24, 7-8; Ps. 76, 20; Hab. 3, 10;
Exod. 14, riguardo alla camminata sulle acque, e TERTULLIANO, Adu. Marcionem 4, 20, 3 riguardo alla tempesta placata: Ex. 14; Ps. 28, 10 (cfr. Ps. 76, 19-20); Hab. 3, 10. Ma il testo biblico non quello di Tertulliano, e neppure quello di Girolamo; si pu quindi pensare a una fonte comune a Tertulliano e a Cromazio, o a un intermediario tra i due latini.
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certo numero di traduzioni e di Commenti di Girolamo, senza contare le varie lettere e pamphlets127. Lelenco e la requisitoria sono impressionanti. Essi provano, inoltre, che questi libri di Girolamo sono stati letti da Rufino e non soltanto a fini polemici, come testimoniano parecchie Prefazioni di traduzioni di opere greche e, tra le altre128, la dedica a Cromazio delle Omelie su Giosu di Origene129. Anche lopera sulle Benedizioni dei patriarchi, scritta dopo che Rufino ha lasciato definitivamente Aquileia, dimostra che questi ha lavorato avendo sotto
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RUFINO, Apol. contra Hieronymum, I, 21 sgg. Ho mostrato in Linfluence des crivains africains du IIIe sicle (in Aquileia e
lAfrica, AAAd. V, Udine, 1974, pp. 224-225 e n. 129-130) come Rufino dipendesse da Girolamo nel giudicare lo stile di Cipriano.
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RUFINO, Prologus in Omelias Origenis super Iesum Naue (CC 20, p. 271), sulla
differenza delle offerte portate per la costruzione del Tempio. Girolamo si gi servito di tale esempio nella Prefazione alla sua traduzione del Pentateuco dallebraico (PL 28, c. 147), ma soprattutto nel Prologus galeatus (PL 28, c. 557 A-B). Girolamo ha rivendicato questa traduzione come propria: Lege ergo primum Samuel et Malachim meum. Meum inquam, meum. Quidquid enim crebrius uertendo et emendando sollicitius et didicimus et tenemus nostrum est. Et cum intellexeris quod antea nesciebas, uel interpretem me aestimato si gratus est, uel si ingratus (PL 28, c. 557 B). Rufino risponde: Totum ergo hoc (opus) translationis de tuo (Chromatii) iudicio pendeat. Si quid sane est quod placere potest, hoc sit auctoris. Neque enim quae aliis labore parata sunt diripere et nostrae laudi applicare iustum putamus. Si uero uim sensuum oratio inculti sermonis exasperat, hoc uel mihi, uel, ut cum tui uenia dixerim, tibi ipsi reputato qui opus quod eruditis deberet iniungi expetis ab indoctis (CC 20, pp. 271-272). Anche la fine riconduce a Girolamo, poich gli eruditi ai quali pensa Rufino rimandano, in realt, a lui. Rufino ha detto altrove di continuare lopera di traduzione intrapresa da Girolamo e da lui abbandonata per una res maioris gloriae (in Peri Archn librum I, Praefatio; CC 20, p. 245, ll. 15 sgg.). Girolamo viene definito eruditus (Ibidem, l. 3) e Rufino dichiara che il proprio stile non eguaglia quello di Girolamo (Ibidem, ll. 18-19).
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gli occhi qualche pagina delle Questioni sulla Genesi di Girolamo, salvo poi fare lesatto contrario. Girolamo si sofferma, infatti, sul senso letterale, sottolineando pi volte, per il capitolo 49 della Genesi, le differenze tra lebraico e il greco dei Settanta. Rufino non si esprime sullebraico; offre una traduzione diversa del testo greco e si concentra sullinterpretazione spirituale e su quella morale, non contemplate nel lavoro di Girolamo. Inoltre Rufino sottolinea pi volte le difficolt dellhistoria. Ora, se anche ci che attribuisce alle fabulae iudaicae130 e agli adsertores litterae131 non proviene da Girolamo132, mi sembra alquanto verosimile, nonostante lampiezza e la variet della documentazione di Rufino, poter rimandare allopera di Girolamo, forse non tanto per i punti in comune133, quanto per i punti in cui Rufino sottolinea linsufficienza della storia134, nonch il carattere forzato e impossibile della spiegazione135. In un caso viene curiosamente influenzato dal testo di Girolamo136. Ma bisogna riconoscere che ci vale soprattutto a titolo di indizio. Per il resto, rispetto a Paolino che conosce anchegli Girolamo, Rufino ben lungi dallavere
RUFINO, De benedictionibus Patriarcharum, 1, 8. RUFINO, De benedictionibus Patriarcharum, 2, 21. M. SIMONETTI, Osservazioni sul De benedictionibus Patriarcharum di Rufino di
Aquileia, Riv. di cultura Classica e Medievale 4 (1962), pp. 3-44 e Note sugli antichi commenti alle Benedizioni di Patriarchi, Ann. della Facolt di Lettere di Cagliari 28 (1960), pp. 403-473. Non viene lasciato nessuno spazio a Girolamo, che tuttavia ne merita uno, seppur piccolo. La documentazione di Rufino molto vasta e, in parte, orientale.
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quaestiones in Genesim 29, 32 su Ruben); 2, 7 (e Hebraicae quaestiones 49, 5-49, 7, su Simeone e Levi). Alla fine di 49, 7 Girolamo cita lesistenza di uninterpretazione tipologica, che troviamo sviluppata in Rufino 2, 8.
134 135 136
RUFINO, De benedictionibus Patriarcharum, 2, 15. Ibidem, 2, 28. Ibid., 2, 18 su Gad il pirata, dove pirata, che traduce il piraterium ( dei
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gli occhi fissi solo su Betlemme come fonte di ogni sapienza. LOriente molto pi vasto, bench comprenda la Palestina, come mostreremo in seguito. Rufino e Cirillo di Gerusalemme Una terza opera personale di Rufino, lExpositio Symboli, scritta ad Aquileia, merita unattenzione particolare, sia in virt dellinfluenza che ha avuto durante il Medioevo137, sia in virt delle fonti, che ci ricondurranno a Gerusalemme, se non addirittura a Betlemme. In precedenza ho citato la conclusione dellApologia ad Anastasio, in cui Rufino celebrava lunit di fede delle chiese di Roma, di Alessandria, di Aquileia e di Gerusalemme. NellExpositio Symboli Rufino confronta varie volte non soltanto il simbolo di Aquileia con il simbolo di Roma, ma anche i simboli delle chiese dOriente138. In realt, com stato dimostrato139, si riferisce al simbolo di Gerusalemme. Inoltre sono state ampiamente utilizzate le Catechesi di Cirillo di Gerusalemme. Probabilmente non era la prima volta140, ma i prestiti in questo caso sono molto pi numerosi141. Ritroviamo anche p r e s t i t i d a O r i g e n e 142, d a A t a n a s i o 143, d a G r e g o r i o d i N i s s a 144 e ,
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religieuses (=Rech. S.R. 32), 1944, pp. 129-130. F.-X. MURPHY, Op. laud., p. 185. Ledizione di M. Simonetti non segnala, purtroppo, nessuna dipendenza di Rufino nei confronti delle fonti.
138 139 140
RUFINO, Expositio Symboli, 4 (l. 2); 5 (l. 1); 16 (l. 6). M. VILLAIN, art. laud., pp. 135 sgg. E.J. Yarnold ha risposto positivamente alla controversa domanda: Did St Ambrose
know the Mystagogic Catecheses of St Cyril of Jerusalem? (in Studia Patristica, XII, TU 115, Berlin, 1975, pp. 184-189).
141 142 143 144
Cfr. M. VILLAIN, art. laud., p. 142, n. 1; 144-145; 153. Ibidem, p. 142, n. 3. Ibidem, p. 149, n. 1. Ibidem, p. 144, n. 1.
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forse, da Girolamo145; cosicch, in mancanza di unoriginalit che non ci si aspetta in una relazione catechetica sulla fede, bisogna richiamare lattenzione sulla ricchezza della documentazione greca di cui dispone Rufino ad Aquileia per comporre lopera. Rufino e la Biblioteca di Cesarea Conosciamo, in parte, lorigine della documentazione. Non c dubbio, infatti, che Rufino, il quale nel 402 tradurr per Cromazio la Storia Ecclesiastica di Eusebio di Cesarea, abbia potuto, come fa Girolamo a Betlemme146, prendere in prestito un certo numero di opere dalla famosa Biblioteca di Cesarea, per farle copiare al Monte degli Ulivi dai copisti, occupati peraltro a trascrivere i Dialoghi di Cicerone. Conosciamo piuttosto bene la storia di questa Biblioteca, che conteneva, tra laltro, le opere pi importanti di Origene147. Vediamo che Eusebio, dopo Panfilo, continua, senza paraocchi, ad arricchire la Biblioteca. I successori hanno sicuramente seguito il suo esempio e non si sono limitati a salvaguardare lantico patrimonio. Probabilmente cos che Rufino ha potuto disporre di opere relativamente pi recenti dei Cappadoci. Ma ci non lascia alcun dubbio riguardo a Origene: da Cesarea che ha trasportato i codices che abbiamo visto in suo possesso e di cui ha tradotto, con successo, una parte.
145
Non tanto letimologia di Ges ( 6), quanto il modo con cui Rufino ribatte ai pagani
che non vogliono ammettere la nascita verginale di Cristo, dicendo loro che ammettono leggende molto meno credibili. Confronta GIROLAMO, In Ionam, 2, 2-3. Il procedimento, in ogni caso, non inedito.
146
Girolamo (De uiris illustribus, 75) esprime la propria gioia per aver trovato i R. DEVREESSE, Introduction ltude des manuscrits grecs, Paris 1954, pp. 122 sgg.
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Un Commento anonimo a san Paolo Un simile lavoro di traduzione era notevole per lepoca, visto che, segno dei tempi e della rottura psicologica che sta per prodursi definitivamente tra Oriente e Occidente148, il greco sempre meno conosciuto negli ambienti di Aquileia dove vive Rufino, cos come a Roma e a Pineto. Ma Rufino non il solo, nellItalia settentrionale, e forse anche ad Aquileia, a saper leggere il greco. Vorrei spendere qualche parola su unimportante scoperta di questi ultimi anni: un Commento dellinsieme delle Epistole di san Paolo, che leditore attribuisce alla regione di Aquileia, se non addirittura alla cerchia di Cromazio149. Dal canto mio penso sia meglio astenersi dallavanzare qualsiasi nome di autore, e che non sia nemmeno sicuro che ci troviamo ad Aquileia, bench vediamo che un monaco di Aquileia sinteressa al Commento di Origene allEpistola ai Romani e ne richiede la traduzione a Rufino150. Alla fine della traduzione del Commento allEpistola ai Romani, Rufino manifesta il desiderio di riprendere le altre Epistole di san Paolo151. Considerando quindi la regione di Aquileia in senso lato, due serie di fatti meritano
148
Questinterruzione mi sembra uno dei rimproveri pi fondati che si possano muovere H.J. FREDE, Ein neuer Paulustext und Kommentar, I-II, Freiburg 1973-1974. Sulla
a Stilicone e alla sua politica tra il 395 e il 408. La frattura non sar mai riparata.
149
regione di Aquileia come origine cfr. I, pp. 248 sgg.; sul nome di Eliodoro, il cui unico titolo per il Commento di tendenza antiochena il fatto di aver soggiornato ad Antiochia, cfr. p. 251, n. 3 ad f. Tuttavia la presenza di Girolamo alle lezioni di Apollinare si colloca durante il secondo soggiorno di Girolamo ad Antiochia (P. JAY, Jrme auditeur dApollinaire de Laodice Antioche, in REAug. 20 (1974), pp. 36-41). Eliodoro non pi ad Antiochia in quel periodo.
150
275). Non conosciamo questo Eraclio: un monaco, che probabilmente apparteneva alla comunit della citt in cui risiede allepoca Rufino.
151
118
di essere sottolineate, nellambito del nostro studio dei rapporti tra Aquileia e la Palestina. La prima stata messa in rilievo da H.J. Frede e riguarda il lungo elenco dindizi che mostrerebbero che lautore del Commento in contatto con i testi greci152 e che, per la natura dellesegesi, dipende in maggior misura dal metodo antiocheno che non dal metodo alessandrino153. Questa fedelt letterale al testo deriva forse da Girolamo, dato che, come ha notato H.J. Frede, lautore accenna due volte allhebraica ueritas154, formula tipica di Girolamo, di cui conosce probabilmente il De optimo genere interpretandi e la Prefazione alla traduzione del Libro dei Paralipomeni155, dedicato proprio a Cromazio e a Eliodoro156. Vorrei aggiungere altre letture, di cui H.J. Frede sembra non aver colto limportanza. Dinanzi a un Commento alle Epistole di san Paolo, si pensa subito alle opere che Girolamo ha dedicato alle Epistole ai Galati e agli Efesini, nonch alle Epistole a Tito e a Filemone. Purtroppo si possono confrontare soltanto le spiegazioni dellEpistola ai Galati e dellEpistola agli Efesini, giacch il nostro Anonimo riserva alle altre due lettere solo qualche piccola osservazione. Daltro canto, cos come lo conosciamo, il Commento non ha niente di omogeneo; vengono inserite nel testo di san Paolo note di ogni tipo, che variano da qualche parola a unintera pagina, nei punti che sembravano meritare o richiedere unosservazione o una spiegazione. Il paragone con i lunghi commenti di Girolamo non dunque facile. Tuttavia va sottolineato come la maggior parte delle questioni a f f r o n t a t e d a l n o s t r o A n o n i m o a b b i a c o l p i t o a n c h e
FREDE, I, pp. 210 sgg. FREDE, I, pp. 217 sgg. FREDE, I, p. 216. FREDE, I, p. 216, n. 6. Non segnalato da Frede. Per quanto riguarda lEp. 57, strettamente legata allintera
119
Girolamo, sebbene la soluzione non sia poi la stessa157. Le opinioni dellAnonimo sono del tutto personali; egli parla di letture diverse dai Commenti di Girolamo; paragona la propria traduzione latina delle Epistole ai testi greci158, criticando alcune interpretazioni. Sono indizi, questi, che mostrano un uomo munito di una vasta biblioteca greco-latina, che forse, per conoscere certi modi di vivere159, ha anche viaggiato in Oriente. La presenza di un tale personaggio ad Aquileia o nellItalia settentrionale non stupisce, anzi, illustra ancora meglio il ruolo di porta dellOccidente che ha rivestito la regione nella diffusione delle opere e delle idee orientali. III - LA DIFFUSIONE DI RELIQUIE ORIENTALI NELLITALIA SETTENTRIONALE Non si tratta delle uniche importazioni di Aquileia in ambito religioso. Non intendo parlare delle tradizioni monastiche; vorrei affrontare questioni apparentemente pi tangibili, sebbene molto meno facili da comprendere, non soltanto per la mia incompetenza in materia archeologica. Vorrei fare un cenno alla circolazione di reliquie orientali se non addirittura palestinesi e alle chiese cruciformi. Questi due argomenti, che si rivelano da subito strettamente correlati,
157
Per lEpistola ai Galati, oltre ai rimandi operati da Frede, confronta 05 (II, p. 221) e
GIROLAMO, In Galatas, 1, 16 (PL 26, c. 326 C-D); 06 (p. 221) e GIROLAMO, In Galatas, 2, 1-2 (c. 332 C-D); 09 (p. 223) e GIROLAMO, In Galatas, 3, 4 (c. 350 D-E); 012 (pp. 224-225) e GIROLAMO, In Galatas, 3, 15 (c. 365 A-C); 020 (p. 229) e GIROLAMO, In Galatas, 4, 14 (c. 381 B 6 sgg); 021 (p. 229) e GIROLAMO, In Galatas, 4, 19 (c. 386 B 4 sgg.).
158 159
V. g. In Ephes., 5, 30 (19 - II, p. 245). In 1 Cor. 11, 20-22 (53 A - 054 - II, p. 144 - Cfr. I, p. 210): per rura Aegypti et
Syriae.
120
ci ricondurranno, per strade diverse, a Gerusalemme, e ci faranno incontrare lungo la via un certo numero di viaggiatori che attestano, alla fine del IV secolo, la frequenza degli scambi che abbiamo constatato gi da prima della partenza per lOriente di Girolamo e di Rufino. La vera Croce Ricorder innanzitutto che i racconti latini pi antichi circa linvenzione della vera Croce si devono a santAmbrogio, con il suo De obitu Theodosii del 395160, a Paolino di Nola, dopo il ritorno di Melania che gli ha portato un insigne regalo da parte del vescovo di Gerusalemme161, e infine a Rufino di Aquileia, con la sua Storia della Chiesa, del 402-403162. La scoperta, come lascia intendere Paolino, ha moltiplicato il numero di quelli che si recavano a Gerusalemme per venerare, secondo la descrizione di Egeria, una pellegrina, il legno della Croce163. Le costruzioni costantiniane e il lusso che le contraddistingue hanno sicuramente contribuito a conferire alle rievocazioni della Croce un aspetto meno simbolico e pi trionfale: la Croce diventa un oggetto concreto, che possiede, inoltre, la uirtus trasmessa dal contatto con Cristo164. Le chiese cruciformi Queste costruzioni ne hanno fatto nascere altre, direttamente o indirettamente. Possiamo ricordare un altro testo molto importante di santAmbrogio: liscrizione conservata dalla Silloge di Lorsch riguardante la Basilica degli Apostoli di Milano. Ambrogio dichiara di aver dato alla costruzione la
AMBROGIO, De obitu Theodosii, 41-47. PAOLINO di Nola Ep. 31, 4 sgg. RUFINO, Hist. Eccles., XI (I), 7-8. EGERIA, Diario di viaggio, 37. Cfr. AMBROGIO, De obitu Theodosii, 41 (Ed. O. Faller, CSEL 73, p. 393): auxilium
121
forma della Croce165. Non sorprende una simile scelta da parte di chi ha valorizzato cos tanto il simbolismo sepolcrale del fonte battesimale a otto lati166. Le chiese dedicate agli Apostoli Un primo problema, almeno per quanto riguarda lItalia settentrionale, consiste nel sapere se le Basiliche degli Apostoli, che fioriscono in questo periodo nella regione, adottino questa pianta cruciforme. Lascio agli archeologi la briga di rispondere per le singole citt e di dire se linfluenza di Gerusalemme o di Milano sia percettibile a questo livello. Sono altri i problemi che ci riguardano, non meno importanti: la data di queste basiliche, lidentit degli Apostoli venerati nelle stesse, la provenienza delle reliquie e, da ultimo, lidentit dei viaggiatori che le hanno portate in queste regioni. Non ho nessuna soluzione da proporre per questo insieme di domande. Vorrei invece mettere in luce alcune difficolt 167. il modo migliore, credo,
165
Nomine Apostolico, munere, reliquiis. Forma crucis templum est, templum uictoria Christi Sacra triumphalis signat imago locum....
166 167
Cfr. Les relations doctrinales, pp. 165-166. Riprendo un problema affrontato in Latomus 28, 1969, p. 239. Largomento gi
stato trattato molte volte, spesso in modo marginale, ma anche pi approfondito in E. VILLA, Il culto agli apostoli nellItalia settentrionale alla fine del sec. IV, Ambrosius, 33 (1957), pp. 245-264. Il problema complicato dallinterferenza degli interrogativi posti (datazione, identit e provenienza delle reliquie) e in parte falsato da premesse errate: Villa (p. 249) fa risalire lEp. 4 di Ambrogio al 380, il che non possibile; a suo modo di vedere il sermone di Concordia viene pronunciato da Ambrogio (pp. 259 sgg. con esitazione a pp. 263-264). Secondo molti autori Milano il centro di diffusione di tutte le reliquie nellItalia settentrionale, ma si divisi sul come queste reliquie siano arrivate a Milano.
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per avvicinarsi a una soluzione, sempre che ve ne sia solo una. Lidentit degli Apostoli Innanzitutto quali sono le reliquie che vengono deposte nelle varie basiliche in occasione della dedicazione? Non abbiamo elenchi certi, tranne che per due luoghi. A Brescia Gaudenzio, nel suo sermone di dedicazione della Basilica sanctorum, fa i nomi di Giovanni Battista, Andrea, Tommaso e Luca; cita poi i martiri milanesi: Gervasio e Protasio, Nazario; quindi i martiri anauniensi: Sisinio, Martirio e Alessandro; infine coloro su cui si sofferma maggiormente il predicatore, i quaranta martiri di Sebaste, in Armenia; 50 reliquie in tutto, come segnala Gaudenzio168. Successivamente, a Concordia, Cromazio parla di Giovanni Battista, Giovanni lEvangelista, Andrea, Tommaso e Luca169. Manca, purtroppo, la fine del sermone. Ci troviamo sicuramente dopo il 388, ma non possiamo sapere, a causa di questa lacuna, se le reliquie milanesi siano arrivate fino in Veneto, o quanto meno fino a Concordia. Per quanto riguarda Aquileia e Milano disponiamo soltanto dei dati del Martirologio Geronimiano. In data 3 settembre ha luogo ad Aquileia la dedicazione della basilica di Andrea, di Luca e di Giovanni170. Per Milano abbiano due date. Il 9 maggio ha luogo lingressus delle reliquie degli apostoli Giovanni, Andrea e Tommaso, nella basilica di Porta Romana171; il 27 novembre, in una chiesa non ben precisata, la volta di Luca, Andrea, Giovanni, Severo
GAUDENZIO di Brescia, Tract. 17. CROMAZIO, S. 26. Martyrologium Hieronymianum (Acta Sanctorum Novembris, II, 2, Bruxelles, 1931,
p. 485): III Non. Sept. (...) In Aquileia dedicatio basilicae et ingressio reliquiarum sanctorum Andreae Apostoli, Lucae, Iohannis et Eufemiae. Riguardo a Eufemia cfr. la nota di H. Delehaye, p. 486.
171
Ibidem (p. 241): VII Id. Mai (...) Mediolano de ingressu reliquiarum apostolorum
123
ed Eufemia172. La presenza non tanto di questultima, quanto di Severo173 fa supporre che questa dedicazione sia tardiva, e che possa essere ignorata. In compenso va citata la Basilica degli Apostoli di Lodi174, sebbene sia impossibile precisare quali apostoli fossero venerati al suo interno175. La data delle dedicazioni La datazione delle varie dedicazioni presenta altrettante difficolt. Nessun testo datato con sicurezza. Il pi facile da datare quello di Gaudenzio, successivo al 397176, che fa allusione alla minaccia barbarica177. Questo ci porta non prima del 401-402, ma potrebbe farci andare fino al 407-408. Riguardo agli altri testi le informazioni si possono ottenere solo facendo riferimento ad altri fatti o ad altre date, altrettanto discutibili. La basilica romana di Milano stata consacrata prima del giugno 386, mediante la deposizione di reliquie178. Anche ammettendo che si tratti delle reliquie di Giovanni, di Andrea e di Tommaso179, nulla suggerisce che il 9 magg io
172
Ibidem (p. 623): V Kal. Dec. (...) In Mediolano Lucae, Andreae, Iohannis, Severi Severo di Ravenna secondo Duchesne, seguito da H. Delehaye, p. 624. Nota grazie allEp. 4, 1 di Ambrogio a Felice di Como. Lo stesso vale per le basiliche di Como, di Verona e di Padova. Su questultima cfr.
et Euphemiae.
173 174 175
P.L. ZOVATTO, La Pergula paleocristiana del Sacello di S. Prosdocimo di Padova e il ritratto del santo titolare in RACrist 34 (1958), pp. 137-167 e in particolare liscrizione (p. 149): reliquiae sanctorum apostolorum et plurimorum martyrum.
176 177 178 179
Perch Gaudenzio (Tract. 17, 13) possiede le reliquie dei martiri anauniensi (29 maggio 397). GAUDENZIO di Brescia, Tr. 17, 2. AMBROGIO, Ep. 22, 1. Il che viene, in genere, accettato, ma non mi sembra affatto certo. S i
124
citato dal Martirologio Geronimiano sia il 9 maggio 386180. Linizio della lettera di Ambrogio alla sorella Marcellina non fa supporre un evento cos recente181. Per quanto riguarda Concordia la data successiva alla consacrazione di Cromazio182. Quanto ad Aquileia non pu essere fornita nessunindicazione in base ai dati di riferimento. La famosa iscrizione di Parecorius Apollinaris troppo mutilata per poter ricavare un indizio sicuro. Il mio amico S. Tavano ha insistito con successo sulla data del 3 settembre, in cui vede la volont
(come sostiene Villa: art. cit., p. 262), analoghi a quelli che il ministro Rufino otterr da Siricio per il Martyrium dei Rufiniani, dedicato nel 394. Sulla celebrazione di Pietro e Paolo a Milano, che richiama assembramenti forse analoghi a quelli di Roma, cfr. il Tr. 20 di Gaudenzio di Brescia, pronunciato un 29 giugno a Milano. Milano rivaleggia con Roma e Costantinopoli?
180
La data del 9 maggio 386, accettata da numerosi studiosi, implicherebbe che a Milano
fossero state dedicate due basiliche con soltanto un mese di intervallo. Sarebbe la dimostrazione, probabilmente, dellattivit febbrile di Ambrogio nella primavera del 386. Tuttavia mi chiedo se non sia possibile unaltra soluzione. La consacrazione iniziale potrebbe essere precedente e la data del 9 maggio suggerita dal Martirologio potrebbe indicare semplicemente la successiva deposizione di nuove reliquie allinterno della Basilica, che portava gi il nome degli Apostoli e che ricever ancora, mentre Ambrogio in vita, le reliquie di Nazario (PAOLINO, Vita Ambrosii, 32), al punto di cambiare, in seguito, il proprio nome.
181
Spesso si fa riferimento alla data del 380, indicata dai Maurini nellEp. 4, 1, che parla
della Basilica Apostolorum di Lodi. Tuttavia nulla giustifica una simile datazione. F. Lanzoni (Le diocesi dItalia dalle origini al principio del secolo VII, Faenza 1927, p. 977) propone invece la data del primo novembre, indicata da Ambrogio (Ep. 4, 2) come giorno della consacrazione episcopale di Felice. Tra il 374 e il 396, il primo novembre cade di domenica soltanto nel 375, nel 380 e nel 386. Siccome Felice non si trova ad Aquileia nel 381, poich scrive la lettera Recognouimus contro Gioviniano, la data pi probabile quella del 386. Ma nulla suggerisce che lanniversario cui allude Ambrogio sia il primo dopo lordinazione di Felice. Sullattenzione di Ambrogio per gli anniversari cfr. il mio Ambroise de son lection son ordination (citato n. 56), pp. 282-283.
182
125
di festeggiare lanniversario del Concilio di Aquileia del 381183. Ci possibile, ma quanto affermato da Cromazio a Concordia sullo stato dei lavori ad Aquileia184 ci conduce al 389-390, non prima, e non pochi anni dopo il Concilio del 3 settembre185. Le traslazioni possibile avvalersi dellidentit delle reliquie per datare le traslazioni e le deposizioni, nonch per precisare le vie di diffusione? Quattro nomi meritano di essere citati. Il primo quello di Luca, che appare a Brescia, a Concordia e a Milano, le cui reliquie costituiscono loggetto di varie traslazioni in Oriente, sotto Costanzo e sotto Valente. Lo stesso vale per Andrea, celebrato a Costantinopoli nello stesso periodo186. Ma due nomi sembrano richiedere date pi tarde: Giovanni Battista e Tommaso. Le reliquie del primo sono state scoperte a Sebaste di Palestina nel
183
S. TAVANO, Aquileia Cristiana, Antichit Altoadriatiche, III, Udine 1972, pp. 150CROMAZIO, S. 26, 1: ... tardius coepistis sed prius consumastis. S. Tavano (Op. laud., p. 152 e p. 153) separa lingressio, che sarebbe stato il deposito
151.
184 185
temporaneo delle reliquie su un altare provvisorio della Teodoriana meridionale, dalla dedicatio, che avrebbe avuto luogo una volta terminata la Basilica degli Apostoli. Ma il Martirologio Geronimiano riporta esplicitamente: dedicatio et ingressio.... Si tratta di una ridondanza o vi forse, da parte dellautore, la volont di mostrare che le due operazioni coincidono, mentre possibile avere uningressio di reliquie in una basilica gi dedicata? quanto successe a Milano nel giugno del 386, prima della scoperta di Gervasio e Protasio: Cum ego basilicam dedicassem, multi tamquam uno ore interpellare coeperunt dicentes: Sicut Romanam basilicam dedices. Respondi: Faciam si martyrum reliquias inuenero.
186
GIROLAMO, Chron., ad a. 357 (Ed. Helm, GCS 47, pp. 240-241): Constantio Romam
ingresso, ossa Andreae Apostoli et Lucae Evangelistae a Constantinopolitanis miro fauore suscepta. Chronicon Paschale, ad a. 357 (CSHB, 1, p. 542).
126
362187 e arrivano ad Alessandria prima del 373188, eccetto la testa, che passa per varie tappe prima di giungere a Costantinopoli sotto Teodosio189. Tengo a sottolineare che le reliquie alessandrine vengono collocate da Teofilo nella chiesa costruita dopo il 391 sul Serapeo distrutto190, e che Teodosio si reca nella chiesa di Giovanni Battista, che ha eretto allHebdomon, prima di dichiarare guerra a Eugenio191. La notoriet di cui godono nellItalia settentrionale centra forse in qualche modo con questi trasferimenti e avvenimenti? Sarebbe possibile supporre, nonostante il silenzio di Rufino di Aquileia192, che in occasione della deposizione al Serapeo sia stata fatta una ripartizione, di cui avrebbe usufruito lOccidente193? Oppure bisogna pensare che le reliquie siano arrivate passando per Costantinopoli? In ogni caso non lo si pu escludere. Il caso di Tommaso, di cui troviamo reliquie a Milano, a Brescia, a Concordia e a Pola, relativamente pi semplice, se ammettiamo che il suo corpo intero194 stato venerato, nel 384195, da Egeria, nel Martyrium di Edessa a lui dedicato,
187 188 189
RUFINO di Aquileia, Hist. Eccles., XII (II), 28. Cio prima della morte di Atanasio. Sulla storia di questi trasferimenti cfr. SOZOMENO, Hist. Eccles., 7, 21; TEODORETO,
Hist. Eccles., 3, 7. Il Chronicon Paschale (CSHB, 1, p. 564) colloca larrivo delle reliquie allHebdomon nel febbraio del 391, data in cui Teodosio non ancora ritornato da Milano, dove soggiorna dalla fine del 388. Vi quindi un errore di uno o due anni. Sullautenticit assai dubbia delle reliquie cfr. H. DELEHAYE, Les origines du culte des martyrs, Bruxelles2 1933, pp. 82-83.
190 191 192
RUFINO, Hist. Eccles., XII (II), 27-28. SOZOMENO, Hist. Eccles., 7, 24. Tanto pi sorprendente in quanto lo vediamo interessarsi a questi trasferimenti In quel periodo, in seguito al Concilio di Capua del 392, Teofilo in contatto EGERIA, Diario di viaggio, 17, 1: ad martyrium sancti Thomae Apostoli, ubi corpus P. DEVOS, grie desse, in Anal. Bollandiana 85, 1967, pp. 386-387.
persino in Oriente.
193
epistolare con Ambrogio. Per quanto riguarda le reliquie tutto ci che sappiamo.
194
127
dieci anni prima di esser trasferito, il 22 agosto del 394196, nella chiesa della citt197. Ricordo che durante questo viaggio verso Edessa che Egeria, oltrepassando lEufrate, lo paragona al Rodano, che ha potuto vedere venendo dalla Spagna a Costantinopoli e a Gerusalemme198. Egeria fornisce unaltra indicazione preziosa: secondo lei non esiste cristiano venuto nei luoghi santi, a Gerusalemme, che non si rechi a Edessa per pregare sul corpo di Tommaso199, che Rufino definisce la gloria di Edessa200. Egeria indica la distanza da Gerusalemme: 25 giorni di viaggio. Anche Rufino ci andato201. Ma nessuno dei due, a quanto pare, ha portato una qualsiasi reliquia. Non si parla mai, infatti, della loro diffusione prima degli anni (quali?) in cui le ritroviamo in vari luoghi dellItalia settentrionale. Non sar forse in occasione del trasferimento del 394 che ha avuto inizio questa dispersione? Senza cercare una precisione illusoria, possiamo pensare che le reliquie di Tommaso siano state prelevate nel 394, per esser poi o inviate a Costantinopoli, o riservate a distribuzioni analoghe a quelle che osserviamo a Gerusalemme con i frammenti della vera Croce offerti a M e l a n i a e a d a l t r i 202 , a B o l o g n a 203 e a T r e n t o 204, d o v e , n e l l o
196
Chronik, Leipzig 1892, TU IX, p. 103: Il 22 Ab1 dellanno 705 (=22.8.394) fu portato il sarcofago dellApostolo Tommaso nella sua grande chiesa, al tempo del vescovo Kr.
197 198 199 200 201 202 203 204
P. DEVOS, art. cit., pp. 391-392. EGERIA, Diario, 18, 1. Ibidem, 17, 2. RUFINO, Hist. Eccles., XII (II), 5. Ibidem, XII (II), 8: ... Ipsi per nos apud Edessam et in Carrarum partibus uidimus.... Paolino (Ep. 31, 6) lascia intendere che questi regali sono tuttaltro che rari. Le reliquie di Agricola e dei suoi compagni si trovano a Firenze, a Nola, a Rouen... Le reliquie dei martiri anauniensi si trovano a Brescia e arrivano fino a
Costantinopoli.
128
stesso decennio, assistiamo a distribuzioni simili. Si trovava forse a Edessa, in quegli anni, qualche occidentale? Prima di cercare di rispondere alla domanda dobbiamo allargare il campo dindagine, dato che gli apostoli e i martiri non sono legati soltanto allItalia settentrionale. Nel gennaio del 403, a Nola, Paolino porta lamico Niceta di Remesiana nelle nuove costruzioni che ha intrapreso in onore di Felice. Paolino elenca le reliquie che possiede: Andrea, Giovanni Battista, Tommaso, Luca, Agricola, Procolo, Vitale, Eufemia, Nazario205. Riguardo alle reliquie di questultimo, dichiara esplicitamente che si tratta di un regalo di Ambrogio206, il che di per s escluderebbe la provenienza ambrosiana delle altre reliquie. Un ulteriore indizio cronologico costituito dalla presenza, a Nola, delle reliquie dei martiri bolognesi sottratte da Ambrogio al cimitero ebraico durante lusurpazione di Eugenio, nel 393-394207. grosso modo il periodo in cui Paolino si trasferisce a Nola, ed probabilmente in questo momento, non molto lontano dalla scoperta di Nazario208, che Paolino ha cominciato a collezionare reliquie. Sfortunatamente non dice presso chi abbia avuto le cinque reliquie orientali. La risposta potrebbe arrivare da Vittricio di Rouen, se solo le sue affermazioni fossero pi chiare e meglio datate. Il suo De laude sanctorum elenca le reliquie che si trovano a Rouen: Giovanni Battista, Andrea, Tommaso, Gervasio, Protasio, Agricola,
205
PAOLINO di Nola, C. 27, 406-439. A Fondi, secondo lEp. 32, 17, si trovano le PAOLINO, C. 27, 436-437: Hic et Nazarius martyr quem munere fido/nobilis
Ambrosii substrata mente recepi. Non ha ricevuto solo dopo la morte di Ambrogio le reliquie di Gervasio e di Protasio che si trovano a Fondi? Il Liber Pontificalis attribuisce a Innocenzo (401-417) la dedicazione di una basilica agli stessi santi.
207 208
PAOLINO di Milano, Vita Ambrosii, 29; AMBROGIO, Exhort. Virginitatis, 7-8. PAOLINO di Milano, Vita Ambrosii, 32.
129
Eufemia209 e Luca210. Forse ve ne sono altre, la cui origine ci porterebbe sulla via della Tracia, fino a Costantinopoli211. Anche la datazione presenta alcune difficolt, bench fornisca indicazioni preziose. Vittricio, nel ringraziare colui che ha portato le reliquie a Rouen, cita Ambrogio, Teodulo, Eustachio e Cario212. Soltanto i primi tre nomi sono noti, e ci conducono tutti e tre nellItalia settentrionale. Troviamo, infatti, un Theodorus e un Eustasius tra i firmatari della lettera inviata da Milano a Siricio nel 393213. Purtroppo non vengono indicate le rispettive cattedre. Il fatto che Ambrogio sia citato per primo lascia supporre che sia il personaggio pi importante; inoltre nulla fa pensare che sia morto. Si tratta quindi del vescovo di Milano; siamo, al pi tardi, nel 397 214. N o n p o s s i a m o
VITTRICIO di Rouen, De laude sanctorum, 6 (PL 20, c. 448 A-B). Ibidem (c. 448 C-D). La natura dellenumerazione potrebbe far pensare che questa non sia esaustiva. Ibidem, 11 (c. 453 B-C): lApostolo Giovanni di Efeso, Procolo di Bologna, Antonino
di Piacenza, Saturnino e Traiano di Macedonia, Nazario di Milano, Muzio (di Bisanzio), Alessandro (di Drusipara), Datiso (Dacio di Durostoro), Cindeo (di Axiopolis), Rogata e Leonida, Anastasia, Anatoclia (?). I luoghi tra parentesi sono quelli proposti da H. Delehaye (Les origines du culte des martyrs, 2e d., Bruxelles 1933, pp. 355-356 e passim). Anche qui il pensiero di Vittricio lungi dallesser chiaro.
212 213
VITTRICIO, De laude sanctorum, 2 (c. 441 B-D). Ep. 42 Recognouimus (PL 16, c. 1129 A-B). Il confronto stato proposto dal primo
editore di Vittricio. Al posto di Cario, Herval nellultima edizione (Paris-Rouen, 1966) cita Catio, non meglio conosciuto.
214
Ambrogio muore il 4 aprile del 397. Il viaggiatore pu aver lasciato Milano prima di
questa data. Il De laude sembra essere ben noto a Paolino a partire dal 398, data dellEp. 18 di Paolino a Vittricio (P. FABRE, Essai sur la Chronologie de loeuvre de saint Paulin de Nole, Paris 1948, pp. 68-69, che non fa nessun confronto. Non c dubbio che Paolino sia stato informato oralmente da Pascasio, diacono di Vittricio, ma il testo dellEp. 18, 5, con le allusioni ai monaci e alle monache, p r e s u p p o n e l a
130
risalire molto in l, a causa della presenza di Agricola, il cui trasferimento ha luogo nel 393-394. Data la situazione politica di quegli anni, i viaggi non devono esser stati facili prima del 395215. Per quanto concerne lorigine dellinvio delle reliquie a Rouen, questo non sembra essere dovuto unicamente ad Ambrogio, il che tenderebbe a confermare lindicazione ricavata dalle affermazioni di Paolino a Niceta. Uno dei due vescovi era forse andato
lettura del De laude, 3). In merito alle reliquie, questo quanto scrive Paolino: ... Nunc Rotomagnum, et uicinis ante regionibus tenui nomine peruulgatum, in longinquis etiam prouinciis nominari uenerabiliter audimus et inter urbes sacratis locis nobiles cum diuina laude numerari. Haud immerito cum totam illic qualis in Oriente memoratur Hierusales faciem apostolorum quoque praesentia meritum tuae sanctitatis aduexerit qui peregrinam memoriis suis urbem affectu sanctorum spirituum et effectu operum diuinorum sedibus suis comparant qui in te ipsum aptissimum sibi diuersorium repererunt (Ep. 18, 5 - Ed. G. Hartel, CSEL 29, p. 132). Paolino, che accondiscende alle dichiarazioni di Vittricio, farebbe forse certe affermazioni se fosse gi in possesso delle stesse reliquie a Nola?
215
afferma? difficile dare una risposta certa. Stando ad alcune affermazioni i martiri vengono accolti a Rouen da altri santi ( 6 - c. 448 A-B; 448 C-D), tra i quali figurano gli Apostoli Andrea e Tommaso. Altri passi invece lasciano intendere che larrivo degli Apostoli e dei martiri recente ( 5 - c. 447 C; 12, c. 545 C-D), che dovuto allo stesso portatore ( 2 - c. 445 A 2-3), che stato a lungo desiderato ( 1 e 2) e che essi costituiscono un gruppo unico ( 12 - c. 454 D), sin da prima del loro ingresso nella Chiesa che Vittricio ha eretto per loro in modo inatteso ( 12 - cc. 457-458). Forse bisognerebbe collocare il 6 allinterno della trattazione in cui Vittricio afferma che i santi sono presenti allo stesso tempo in cielo e in qualunque altro posto, cos come bisognerebbe tener conto del fatto che Vittricio non cerca un secondo (alter) luogo, bens un altro (alius - 6; c. 448 B 6) luogo, cio pi degno di tale insieme di santi. Ad ogni modo Agricola, il cui trasferimento a Bologna risale al 393-394, fa parte del gruppo di quelli che accolgono, insieme con Giovanni Battista, Andrea, Tommaso, Gervasio, Protasio ed Eufemia ( 6 - c. 448 B). Agricola non pu essere a Rouen da molto e bisognerebbe davvero moltiplicare gli invii per poter asserire che le reliquie di Gervasio e di Protasio e forse di altri sono arrivate a Rouen poco dopo il 386, come sostiene qualcuno.
131
in Oriente, e in particolare a Edessa, o aveva ricevuto le reliquie da un illustre viaggiatore? I portatori: Gaudenzio Disponiamo di un certo numero di informazioni riguardo alcune delle persone che hanno trasportato in Occidente le reliquie orientali. Pi difficile invece precisare quali siano le reliquie portate dai vari viaggiatori. Il pi conosciuto tra questi Gaudenzio di Brescia, che ha compiuto due viaggi in Oriente. Il primo lo ha portato, prima del 397216, fino a Gerusalemme, passando per la Cappadocia e per Antiochia. il viaggio rievocato quando parla delle reliquie dei quaranta martiri, in occasione della dedicazione della Basilica del Concilium Sanctorum a Brescia217. Il secondo viaggio lo ha condotto verso Costantinopoli, nel 405-406, in circostanze poco favorevoli a un trasferimento di reliquie, che non pu avvenire senza il consenso del clero locale218. Poich Gaudenzio non fornisce nessun dettaglio circa linvio delle reliquie di Giovanni Battista, di Andrea, di Tommaso e di Luca, di cui segnala in maniera vaga soltanto il luogo del martirio219, viene decisamente da pensare che non sia stato lui a portare le reliquie, e che i numerosi dettagli forniti sui martiri della Cappadocia non siano realmente volti a far conoscere martiri molto meno noti agli ascoltatori, di cui vorrebbe precisare lautenticit. Il primo vescovo di Concordia C un altro personaggio che potrebbe aver portato le reliquie dei santi della prima generazione cristiana. Nel sermone pronunciato per la dedicazione della Chiesa
216
Visto che stato consacrato da Ambrogio (Tr. 16, 2). Nel 386-387 Agostino ha visto GAUDENZIO di Brescia, Tr. 17, 14-15. PALLADIO, Dialogus, 4. GAUDENZIO, Tr. 17, 11.
Filastrio a Milano.
217 218 219
132
di Concordia, Cromazio lascia intendere che il primo vescovo della citt deve la propria consacrazione allaver portato qualche reliquia a Concordia220, salvo poi cederne una parte ad Aquileia221. Se le cose stanno davvero cos e se il sermone non troppo mutilato222, si pu pensare che il primo vescovo di Concordia non abbia veramente ottenuto le reliquie essendo ancora un semplice prete223 in Italia, da Ambrogio ad esempio. Questi avrebbe piuttosto trattato da vescovo a vescovo con Cromazio. Daltronde, se il movimento partito da Milano, strano che le reliquie propriamente milanesi non abbiano raggiunto il Veneto, quando invece si trovano a Brescia e, soprattutto, che siano arrivate nella lontana Provincia Lionese Seconda e Terza224. I l n o m e d e l n u o v o v e s c o v o s c o n o s c i u t o 225. T a l v o l t a
220
basilicae constructione et summi sacerdotis officio. Meruit enim sanctus uir frater et coepiscopus meus summo sacerdotio honorari, qui per huius modi munera sanctorum honorauit Ecclesiam Christi sacerdotis ueterni.
221
Ibidem: Nos a uobis reliquias sanctorum accepimus... Tulimus quod adlatum uobis Il sermone sinterrompe nel bel mezzo delle informazioni riguardanti Tommaso, in
particolare sul ritorno del corpo a Edessa. Poco prima era stato citato Luca (S. 26, 4 inizio) nel gruppo degli Apostoli e degli Evangelisti. Non da escludere che facessero seguito altri gruppi o altri nomi.
223
Non pensabile, in quegli anni, che un laico abbia potuto essere ordinato vescovo. La Sullassenza di reliquie milanesi in Veneto cfr. J. LEMARI, La liturgie dAquile et
de Milan au temps de Chromace et dAmbroise in Aquileia e Milano, AAAd. IV, Udine 1973, p. 268 in fondo. Ma i trasferimenti di reliquie continueranno. Cfr., per il Norico, EUGIPPIO, Vita Seuerini, 9, 3; per la regione di Aquileia G.C. MENIS, Plebs de Nimis, Ricerche sullarchitettura romanica ed altomedioevale in Friuli, Udine 1968, pp. 96101.
225
Dobbiamo forse vedere in lui uno dei tre nomi citati da Vittricio? In questo caso,
per, non si capisce perch il vescovo di Concordia sarebbe venuto a Milano nel 392393, mentre non c n il vescovo di Brescia, n quello di Verona, n quello di Aquileia.
133
stato avanzato il nome di Lorenzo226, vescovo cui Rufino ha dedicato la sua Expositio Symboli227. Lopera, di cui ho ricordato prima qualche fonte orientale e palestinese, sarebbe in realt un manuale per un nuovo vescovo, analogo, mutatis mutandis, al De catechizandis rudibus di Agostino? A sostegno di questa mera ipotesi aggiungerei che lopera datata 404 il che non lallontana molto dalla dedicazione di Brescia e che forse non un caso se, in quegli stessi anni, Rufino dedica a Cromazio la traduzione delle Omelie su Giosu di Origene228. Nella Prefazione il vescovo di Aquileia viene acclamato come il nuovo Beseleel, cio come il nuovo costruttore del Tabernacolo. Rufino, dal canto suo, non pu portare n metalli, n pietre, n legni pregiati adatti alla decorazione. La metafora continuata, secondo lesempio di Girolamo. Ma ci non esclude che possa riguardare anche una realt materiale recentissima e dattualit: la costruzione e la dedicazione della Basilica degli Apostoli di Aquileia. Silvia In ogni caso Rufino sembra essere tornato in Italia senza reliquie. Sappiamo che Melania aveva ricevuto in dono da Giovanni di Gerusalemme alcuni frammenti della vera Croce. Sempre grazie a Paolino di Nola sappiamo che Sulpicio Severo, nel 403229,
226
Nessun dato manoscritto consente didentificare questo Lorenzo con Maurenzio, il cui
sarcofago stato ritrovato a Concordia ante limina domnorum Apostolorum. Maurenzio peraltro un semplice presbiter. Sullubicazione del sarcofago e sui relativi problemi cfr. G. FOGOLARI, La maggior basilica paleocristiana di Concordia in Atti del III Congresso Nazionale di Archeologia cristiana, AAAd. VI, Udine 1974, pp. 270 e 294295.
227 228
RUFINO, Expositio Symboli, 1. Sulle datazioni cfr. F.-X. MURPHY, Rufinus of Aquileia, p. 185: Expositio Symboli; pp. P. FABRE, Essai, pp. 34-35, 40.
134
aveva chiesto a Paolino di inviargli qualche reliquia per la basilica che stava costruendo a Primuliacum. Paolino si scusa di potergli inviare soltanto un frammento della Croce230 e rimanda lamico a una certa Silvia, che ha promesso a Vittore, corriere abituale di Sulpicio e di Paolino, le reliquie di numerosi martiri dOriente231. Questa Silvia232 , con ogni probabilit, la persona cui Rufino aveva promesso di tradurre le Recognitiones Clementis, che alla fine saranno dedicate, nel 406, a Gaudenzio di Brescia, in seguito alla morte di Silvia233. Cognata del ministro Rufino, altro appassionato di reliquie, si trovava in Egitto nel 400234. Nel 403 non era quindi ritornata da molto. Tuttavia ignoriamo completamente quali reliquie trasportasse, nonch la provenienza e la destinazione delle stesse, nellItalia settentrionale cos come in Aquitania. CONCLUSIONE Non nascondo la fragilit di certe supposizioni e mi guardo bene dallaffrontare i problemi strettamente archeologici delle basiliche in cui sono deposte le reliquie. Tali supposizioni saranno sbagliate nella misura in cui i trasferimenti di reliquie
230 231
PAOLINO di Nola, Ep. 31, 1 (Ed. G. Hartel, CSEL 29, p. 268, ll. 3-9). Ibidem (p. 268, ll. 1-3): et ille (Victor) se spem eiusdem gratiae copiosam habere
dixit a sancta Silvia quae illi de multorum ex Oriente martyrum reliquiis spopondisset....
232
Su Silvia cfr. E.D. HUNT, St Silvia of Aquitaine. The role of a Theodosian Pilgrim in
the Society of East and West, JThS 23 (1972), pp. 351-373, da integrare con P. DEVOS, Silvie la sainte plerine, ABoll., 91 (1973), pp. 105-117: in Oriente; 92 (1974), pp. 321343: in Occidente.
233
RUFINO di Aquileia, In Clementis recognitiones, Prologus (CC 20, p. 281, ll. 6-9):
opus quod olim uenerandae memoriae uirgo Siluia iniunxerat (...) et tu deinceps iure hereditario deposcebas....
234
135
si rivelano esatti e attestano un certo numero di rapporti con lOriente e con la Palestina, quali che siano le vie di comunicazione. Nella prima parte del presente lavoro ho voluto sottolineare le ripercussioni vere o verosimili delle invasioni barbariche e delle tensioni tra Oriente e Occidente sulle comunicazioni terrestri tra le due parti dellImpero attraverso lIllirico. I fatti conosciuti sono pochi e le circostanze precise sono mal note. Tuttavia si pu notare come gli scambi continuino anche nei momenti di maggior tensione. Vigilio di Trento, tra il 399 e il 404, affida al conte Giacomo le reliquie dei martiri anauniensi per Giovanni di Costantinopoli235. Abbiamo anche visto Sisinio di Tolosa, che va a imbarcarsi ad Aquileia per la Palestina e, nel 404405, la delegazione inviata da Innocenzo, dai vescovi di Milano e di Aquileia a Giovanni Crisostomo, che prende, da Roma, la via di mare236. I pellegrinaggi verso la Palestina continueranno anche dopo la conquista araba. Per quanto riguarda Aquileia la prova viene dallampolla di Terra Santa resa nota, recentemente, da Margherita Guarducci237; inoltre Piussi ci ha intrattenuti ieri sul Santo Sepolcro della Basilica. Si tratta di oggetti materiali, se cos si pu dire, pensando sia alle Prefazioni di Rufino, in cui si parlava di merces orientales, sia alla dualit delle fonti informative. Se piacevole, infatti, fantasticare riguardo ad Aquileia su scoperte letterarie interessanti quanto quelle avvenute negli ultimi quindici anni nellambito dei testi, credo sia pi ragionevole aspettarsi dal suolo di Aquileia i
235
VIGILIO di Trento, Ep. 2, 1 (PL 13, c. 552 C-E). J. Matthews (Western Aristocracies
and Imperial Court, Oxford 1975, p. 190, n. 5) identifica in modo plausibile questo conte Giacomo con la vittima dellEpigramma 50 di Claudiano. Tuttavia entrambi gli scritti sono difficili da datare con maggior precisione.
236 237
PALLADIO, Dialogus, 4. M. GUARDUCCI, Un ricordo di Terra Santa ad Aquileia, AN, XLV-XLVI (1974-75),
617-630.
136
documenti che miglioreranno la conoscenza sia della citt, sia dei suoi contatti con le altri parti dellImpero. Si tratta di ricchezze che il tempo ha lasciato ad Aquileia, seppur sepolte. Altre, invece, sono state lasciate alla luce del sole. Nella Prefazione alla traduzione della Regola di san Basilio, Rufino si congratula con il monaco Ursacio per non aver imitato chi solito interrogare coloro che tornano dallOriente circa i suoi luoghi e le sue ricchezze238, informandosi invece sulle osservanze monastiche orientali. Ha posto quindi la propria curiosit a un livello un po pi alto, curiosit soddisfatta da Rufino nel tradurre per lui la Regola di san Basilio, che prega di diffondere239. Non dir di pi; mi limito a citare ancora la Prefazione delle Recognitiones Clementis dedicata a Gaudenzio, in cui Rufino si vanta del bottino strappato alle biblioteche greche, nonch delle spoglie della Grecia trasportate in Occidente240. Non sicuramente laspetto pi importante di queste affermazioni; tuttavia non posso non rimaner colpito dalle metafore marittime e militari contenute in queste proclamazioni241. Rufino fa ritorno, via mare, a Roma con una nave carica di merci, o di bottino. Lultimo termine non meno importante: lascia trapelare la fierezza del
238
RUFINO di Aquileia, In regulam sancti Basilii, Prologus (CC 20, p. 241, ll. 7-11): ... Ibidem (ll. 24-26). RUFINO, In Clementis recognitiones, Prologus (CC 20, p. 281, ll. 10-12): praedam,
non ut aliquibus mos est uel de locis uel de opibus Orientis sollicite percontatus....
239 240
ut opinor, non paruam graecorum bibliothecis direptam nostram usibus et utilitatibus conuectamus...; (ll. 24-26): Peregrinas merces multo in patriam sudore transuehimus et nescio quam gratus me ciuium uultus accipiat magna sibi Graeciae spolia deferentem et occultos sapientiae thensauros nostrae linguae claue reserantem.
241
Non sono certo proprie n di Rufino, n dellOccidente. Temistio, parlando dei porti
di Costantinopoli, oppone in modo analogo le importazioni materiali e le merci intellettuali importate (Or. 4 - 60 D-61 C). Limmagine di merces orientales, prima di Rufino, si trova gi in Girolamo, nella lettera a Paolo di Concordia, cui Girolamo promette opere personali quae cum plurimis orientalibus mercibus ad te, si Spiritus sanctus adflauerit, nauigabunt (Ep. 10, 3 f.).
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vincitore, nonch un certo disprezzo per gli orientali. Ci troviamo alla vigilia di una frattura che si accentuer sempre pi col passare del tempo; va riconosciuto che, senza lopera di Rufino e di Girolamo, la separazione sarebbe stata ancora pi netta. LOccidente deve tutto ad Aquileia e ai propri figli se rimasto in contatto con il pensiero orientale per un millennio, nellattesa che si potesse avere nuovamente accesso al greco. Ne ha approfittato, prima ancora di Venezia, soprattutto Aquileia. Certo, Lemari ha rievocato lanno scorso lesiguo numero di manoscritti bavaresi contenenti lopera di Cromazio242, ma ricordo che il Commento alle Epistole di san Paolo, su cui ho speso qualche parola prima, stato scritto a Salzburg intorno all800243. In quel periodo Juvavum-Salzburg dipendeva ancora da Aquileia. Non tutti i testi hanno fatto la fine di questo Commento, rimasto poco utilizzato, come neppure dei Sermoni e dei Tractatus di Cromazio. Sono stati letti e riletti, copiati e ricopiati, bench ci si dimenticasse ci che dovevano ad Aquileia. Vi poi una terza serie di importazioni, difficili da fissare sulla carta nella misura in cui si tratta di informazioni orali, cos come circolano nei porti. Per concludere vorrei suggerirne limportanza mediante due testi. Il primo di Girolamo, e riguarda non gi Aquileia, bens Porto e lo Xenodochium di Pammachio e di Fabiola. Credo non sia controindicato applicare al porto di Aquileia le affermazioni di Girolamo in merito alla circolazione delle notizie: In unestate sola dichiara la Bretagna (allestremo nord) venne a sapere ci che lEgitto e la Partia (cio la Mesopotamia e i territori romani dellestremo est) sapevano dalla primavera244.
242
des oeuvres de saint Chromace dAquile dans les scriptoria bavarois du Haut MoyenAge in AAAd. IX, Udine, 1976, pp. 421-435.
243 244
138
Il secondo testo tratto dalla lettera di Vigilio di Trento a Giovanni Crisostomo. Ho gi citato tre anni or sono il passo in cui Vigilio, in un si dice, oppone il comportamento dei martiri anauniensi a quello dei Donatisti in Africa245. In un altro passo, parlando del nome di uno dei tre martiri, Alessandro, Vigilio rievoca Alessandria. Il quadro tracciato sulla religione egizia non mi sembra n libresco, n costituito unicamente da luoghi comuni246. Trovano spazio anche informazioni orali, che non per forza gli sono arrivate dal cappadocio Sisinio n, lo riconosco senza difficolt, da Aquileia. Volevo semplicemente mostrare come un individuo sperduto in una vallata delle Alpi si trovi in contatto con la Cappadocia e con Costantinopoli, e disponga di informazioni su Alessandria e sullAfrica. LImpero era ancora abbastanza unificato perch le notizie potessero circolare senza ostacoli. In ogni caso, per concludere con la Palestina, le vie dei Luoghi santi rimarranno sempre, anche nei periodi pi bui, la via di trasmissione delle notizie, delle idee e delle forme. I testi, dal canto loro, viaggeranno molto meno tra le due comunit linguistiche. (1977)
245
Y.-M. DUVAL, Linfluence des crivains africains du IIIe sicle sur les crivains
chrtiens de lItalie du Nord dans la seconde moiti du IVe sicle in Aquileia e lAfrica, AAAd. V, Udine, 1974, p. 196.
246
139
Fatte le debite proporzioni, la vita e lopera di Girolamo sono tra le pi conosciute dellantichit cristiana. Attraverso la vita e lopera di Girolamo si pu cogliere la vita di molti altri personaggi pi o meno importanti del IV e V secolo, se non addirittura interi squarci della vita politica dellepoca. Eppure quando locchio dello specialista si avvicina, non ha difficolt a scoprire ampie zone dombra o di profonda oscurit . Allo stesso modo si accorge che alcune ricostruzioni biografiche poggiano su basi fragili, o che le concatenazioni che si crede di poter operare non simpongono con forza. Ci significa che qualsiasi elemento nuovo, con il suo contributo particolare, con i riesami che comporta e anche con le sue conferme, costituisce una conquista preziosa, e ne lascia sperare altre. In questi ultimi anni la scoperta, da parte di J. Divjak, di una trentina di lettere e di memorie sconosciute di Agostino non stata soltanto ricca di insegnamenti sullAfrica, sulle difficolt della Chiesa e su SantAgostino, ma ha anche fornito numerosi documenti importanti su Girolamo, poich, oltre a una lettera di Agostino a Girolamo del 416, ha reso nota una lettera di Girolamo ad Aurelio di Cartagine risalente circa al 391-392, periodo di cui non possediamo nessuna lettera di Girolamo1. Non questo il momento di addentrarsi nei particolari di tale importante lettera, anche se lindicazione data da Girolamo ad Aurelio secondo cui i vescovi della Gallia e dItalia intendiamo dellItalia settentrionale, annonaria mandano persone a prendere copia delle sue opere2 potrebbe, vista la data, rafforzare lopinione
1
recensuit J. DIVJAK, CSEL 88 (Vindobonae, 1981), Ep. 19* e 27*. Una nuova edizione di tali lettere costituisce il volume 46 B della Bibliothque Augustinienne (Paris, 1987). Le due lettere sono state da me annotate a pp. 507-516 e 560-568 rispettivamente.
2
Ep. 27*, 3. La lettera, scritta prima del De uiris e dopo lordinazione di Aurelio a
140
di P. Meyvaert circa i rapporti tra Girolamo e Gaudenzio di Brescia prima dello scatenarsi della controversia origeniana, vale a dire prima del 393. Vorrei riprendere lesame dei due frammenti che P. Meyvaert ha da poco reso noti3, proponendo di collocarli nel quadro degli anni 400-401. Se questa la data del Libro a Gaudenzio, avremo occasione di sondare nuovamente le nostre lacune, ma anche, se lopera proviene davvero da Girolamo, di scoprire lesistenza di una rete di relazioni tra la Palestina e lItalia settentrionale ben pi fitta di quanto i testi attualmente a disposizione consentano di mettere in evidenza4, salvo essere invitati dallo studio di questi frammenti a proporre unaltra soluzione e un altro autore. *** Non occorre ritornare sulla scoperta di tali frammenti, che figurano su tre fogli del manoscritto 3 della Bibliothque Municipale (S. 2) di Autun, datati 754. Tutto ci che utile sapere stato detto da P. Meyvaert, il quale ha offerto una trascrizione quasi diplomatica dei due frammenti, seguita da un tentativo di ricostruzione5. Il testo di seguito riportato anchesso un tentativo di ricostruzione, seppur leggermente diverso. Il testo comprende anche le rubriche, per una delle quali propongo due, se non addirittura tre correzioni significative. Lapparato critico non cita le grafie e le variazioni a/e, e/i, o/u, os/us, sebbene alcune siano rilevanti per la comprensione del testo. P. Meyvaert ha gi segnalato6, dopo E.A. Lowe7, lelevato numero di tali indecisioni, per non parlare dellortografia barbara di Gundohinus, denunciata dallautore del vecchio Catalogue du Grand Sminaire di Autun. Ho rivisto il manoscritto, soltanto su microfilm, allInstitut de Recherche et dHistoire des Textes, che ho il piacere di ringraziare.
P. MEYVAERT, Excerpts from an Unknown Treatise of Jerome to Gaudentius of Su queste relazioni cfr. il mio Aquile e la Palestine entre 370 et 420, in AAAd. XII P. MEYVAERT, Art. laud., pp. 204-206. Ibid., p. 204. E.A. LOWE, Codices Latini Antiquiores VI (Oxford, 1953), n. 716.
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I fol. 1r. EXCERPTA DE LIBRO SANCTI HIERONIMI PRESBITERI : Omnis qui qualemcumque differentiam facit in substantia Trinitatis et inferiorem Filium dicit a Patre uel Spiritum Sanctum (fol. 1v) a Filio, ita ut non uideat Filius Patrem et Spiritus 5 Sanctus non uideat Filium, anathema sit in aeternum. Nos enim et corde credimus et ore confitemur (cf. Rom. 10, 10) quia sic uidet Filius Patrem et Spiritus Sanctus sic uidet Filium et Patrem quomodo Pater Filium et Spiritus Sanctus sic uidet Filium et Patrem quomodo Pater et Filius uident Spiritum 10 Sanctum, id est quomodo Deus Deum et Lux Lucem. Anathema sit ergo qui aliter uel crediderit umquam uel credit. Haec est nostrae fidei professio, haec est ecclesiasticae traditionis adsertio, quae non solum Arrium excludit, qui inferiorem et alterius naturae Patre Filium uel Spiritum 15 Sanctum dicit, sed et Valentinianos et Anthropomorphitas repellit, qui Deum uidere corporaliter putant. Et quantumquidem ad nostram personam pertinet, sufficit anathematizari a nobis ea quae contra fidem ueram dicuntur. Amen. Explicit. 20
EXCERPTA DE LIBRO SANCTI PRESBITERI HIERONIMI AD PAPAM GAVDENTIVM DE HIS QVAE FALSAVIT EVSEBIVS CREMONENSIS ET DE QVIBVS CALVMNIATVR.
Quantum ad meam propriam sententiam respectat, ne <in> qua 25 forte aemulus noster uoluntarie incidat obliuio<ne>, iterum ac saepius eadem repeto: Omnis qui negat Trinitatem unius esse uirtutis et aeternitatis atque substantiae anathema sit. Omnis qui negat ita uidere Filium Patrem et Spiritum Sanc30 tum Filium sicut uidet Pater Filium et Spiritum Sanctum anathema sit. Si quis negat Filium Dei, <natura> humanae carnis suscepta passum esse et sepultum et in ipsa carne resurrexisse a mortuis,
6 Nos Mey: non A. 7 sic uidet Mey: sicut de A 8 quomodo Mey: quodo A 9 filium et patrem Mey: filium et a patrem A: filium et a Patre uidetur forte 9 uident ego: uidet Mey: uidit A 10 quomodo Mey: quando A 14 Patre ego: patrem A Mey 17 anathematizari Mey: -e A quae ego (Mey p. 206): qui A Mey (i.t.) 20 falsauit Mey: falsa(m)uit A: falsauerit forte (uide commentarium) 20 Eusebius ego: Eusebium A (i.t.) 20 Cremonensis ego (uide commentarium): Emisinus A Mey et de quibus Origenes add. Mey (p. 206, in commentario) 24 sententiam respectat Mey: sententiam (?) expectat (rasura unius litterae) 24 ne <in> qua forte ego: ne forte Mey: ne qua forte A 25 aemulus noster uoluntarie ego: aemolusnostru9uoluntariae A (-u9 = -uo- et repetitum? - Non rarum apud Gun). 29 Filium Patrem et Spiritum Sanctum Filium A: Filius Patrem et Spiritus sanctus Filium Mey 32 natura humanae carnis suscepta ego: anathema humanae carnis suscepta A: humanae carnis suscepta Mey
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ascendisse in caelos, consedisse in dexteram Dei et rursum 35 uenturum ad iudicium uiuorum et mortuorum anathema sit. Si quis negat resurrectionem carnis huius nostrae futuram secundum eam similitudinem qua Christus resurrexit a mortuis integre et perfecte anathema sit. Aduersus haec omnia, siue Origenes siue quis Apostolus siue 40 etiam angelus de caelo nuntiauerit aliter quam adnuntiatum est nobis, anathema sit in ista regula fidei.
LIBER MEMORIAE EVSEBII HIERONIMI PRESBITERI AD PAPA<M> GAVDENTIVM.
Allinfuori di due o tre correzioni fondamentali, non sono molti i punti in cui mi allontano da P. Meyvaert e comunque non sono determinanti; ritorno di tanto in tanto al manoscritto, evitando di imputargli un errore inutile (costruzione infinitiva); rispetto la grammatica dellautore e il suo vocabolario (rursum/rursus); trasformo una svista o una distrazione (anathema) del copista in una parola non troppo lontana dal punto di vista grafico (natura) e che presenta il vantaggio di rispettare la sintassi e il senso della frase; ma non accordo fondamentale importanza n al mio suggerimento per la l. 9 (: et a Patre uidetur), n allesatta sintassi dellinizio del secondo frammento8. Si potrebbe anche suggerire: ne qua forte aemuli nostri uoluntaria incidat obliuio e altre soluzioni ancora , senza che cambi il senso generale o linsinuazione. In compenso le correzioni che riguardano la seconda rubrica sono di grande rilevanza. Fornir una spiegazione paleografica, prima di giustificarle attraverso lo studio del contesto dei frammenti. Si pu ammettere senza difficolt che si passati da quae a que e a qui9; falsauit viene preferito da Meyvaert al falsamuit che il copista sembra aver prima letto e poi scritto. Lo si pu forse lasciare; ma mi chiedo se non sia falsauerit Per
34 rursum A: rursus Mey 36 nostrae Mey: nostri A 38 integre et perfecte ego: intecre et perfectae A: integrae et perfectae Mey.
coda curva che la fa sembrare una g, senza per essere una g. Propendo per una dittografia; non sarebbe lunica nel manoscritto.
9
Daltronde, allinterno dellarticolo (p. 206), P. Meyvaert legge a giusto titolo quae.
143
la giusta lettura del testo che il copista aveva sotto gli occhi10. Quanto a Eusebio Cremonensis al posto di Eusebio Emisinus del manoscritto non arriver fino al punto di asserire che il copista trovasse gi questo nome nel proprio modello; tuttavia credo che lintera questione cui si riferiscono i nostri frammenti inviti a riconoscerlo, senza troppa difficolt, nei panni e al posto di colui del quale Meyvaert ha cercato, invano, di giustificare la presenza. *** Dopo aver presentato il proprio tentativo di ricostruzione, P. Meyvaert intraprende lo studio dei frammenti attraverso una lunga trattazione su Eusebio di Emesa, sulle menzioni che Girolamo fa di lui e, in particolare, sulla denuncia che viene fatta nella Cronaca circa il ruolo svolto dal protetto di Costanzo II, amico di Ariani ben noti11: Eusebius Emisenus, Arrianae signifer factionis, multa et uaria conscribit (ad a. 347). Visto che, nel Contro Rufino, Eusebio di Cesarea a essere definito Arianae quondam signifer factionis12, P. Meyvaert si domanda se, tra il 381 e il 401, Girolamo non abbia rivisto la propria opinione sullidentit dei due scrittori chiamati, entrambi, Eusebio e non abbia continuo abbandonato le accuse contro Eusebio di Emesa, per farle ricadere, iniziando dalla controversia origeniana, soltanto su Eusebio di Cesarea13. I frammenti del libro a Gaudenzio sarebbero precedenti a tale evoluzione e andrebbero collocati prima del 39314. La spiegazione plausibile15, ma piuttosto complicata. Non credo che Girolamo riservi in modo definitivo unetichetta a un autore, senza permettersi di affibbiarla anche a un altro. Le sue opere polemiche dimostrano semmai il contrario16. Eusebio di Emesa ed
10
Ricordo che ho visto solo un microfilm, la cui raschiatura non lascia intravedere il P. MEYVAERT, Art. laud., pp. 206-207. GIROLAMO, Contra Rufinum, I, 8 (ed. P. LARDET, SC 303, p. 24, ll. 12-13). P. MEYVAERT, Art. laud., pp. 207-208. Ibid., p. 204; pp. 213-214. Tuttavia va notato che nel 398 (Ep. 70, 4 ed Ep. 73, 2) e nel 404 (Ep. 112, 4) Girolamo
substrato.
11 12 13 14 15
distingue Eusebio di Cesarea da Eusebio di Emesa. In ogni caso mi sembra difficile credere che Girolamo si sia confuso. Eusebio di Cesarea occupa molto spazio nel Contro Rufino.
16
393? e: Du portrait-robot de lhrtique chez S. Jrme, in RHE 75 (1980), pp. 525557 e in particolare pp. 532-536.
144
Eusebio di Cesarea possono essere stati allo stesso tempo per Girolamo alfieri della fazione ariana, senza che questi abbia dovuto modificare i propri giudizi. Spiegare come un o il copista abbia trasformato leventuale Cremonensis in Emesinus non presenta alcuna difficolt. Il secondo, a partire dal IV secolo, credo, ma soprattutto a partire dal V, uno scrittore conosciuto per giunta in latino in Occidente. Lo testimonia il corpus del manoscritto 523 di Troyes scoperto da Dom Wilmart, per non parlare dellEusebius Gallicanus, la cui diffusione stata notevole. Non penso quindi che ci sia bisogno di fare appello a Eusebio di Emesa per comprendere la rubrica o il frammento in questione, cos come non necessario determinare un de quibus Origenes calumniatur, come suggerisce P. Meyvaert17. sempre Eusebio di Cremona a essere chiamato in causa da tale verbo, e sono assai stupito che il suo nome non sia stato citato in questo studio, quando invece ha rivestito un ruolo decisivo in tutta la questione che qui in secondo piano (e che P. Meyvaert riporta solo in parte). Certo, nellApologia contro Girolamo Rufino non cita n il nome di colui che ha modificato una copia provvisoria della sua traduzione del Peri Archn18, n quello di colui che, a Milano, ha prodotto un testo falsificato19; ma i nomi, o meglio, il nome dellunico personaggio citato da Girolamo in vari punti delle sue risposte a Rufino20. Che io sappia, non sono in molti a esitare sugli autori, nonostante Girolamo abbia cercato di imbrogliare le carte e sebbene la questione presenti, di per s, qualche punto oscuro, che i moderni hanno reso ancora pi fitto mediante il sospetto sistematico di Rufino. Non quindi inutile riprendere rapidamente lo svolgersi dei fatti. Durante la Quaresima del 39821 Rufino intraprende la traduzione del Peri Archn di Origene, ma non va oltre i primi due libri, che correda di una Prefazione dedicata a Macario. Qualche
17 18
Art. laud., p. 207, fine del primo paragrafo del commento. RUFINO, Apologia contra Hieronymum, I, 17-21 (ed. M. SIMONETTI, CC 20, pp. 50-
56). Non mi soffermo sulla questione delle schedae, che meriterebbe unanalisi approfondita.
19 20 21
Ibid., I, 19 (p. 53, ll. 10-12). GIROLAMO, Contra Rufinum, 1, 4; 1, 10; 3, 4-5; 3, 6; 3, 20. La data quella dellIn Matthaeum di Girolamo dedicato a Eusebio, quando questi
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mese dopo la Prefazione ai libri III e IV lascia intendere che gli avversari sono gi in subbuglio. Non occorre esaminare le ragioni; sufficiente precisare, con laiuto dei documenti successivi, chi siano questi avversari, a Roma, dove si trova Rufino. Sappiamo che Eusebio di Cremona ritornato dalla Palestina nella primavera del 398. Rufino dir di averlo incontrato pi volte, senza che vi sia la bench minima osservazione22. Ora, Eusebio non tarda a procurarsi le famose schedae della traduzione del Peri Archn23. Prima della fine della navigazione del 398 Pammachio pu inviarle a Girolamo, con la Prefazione ai libri I-II, chiedendogli una traduzione letterale del trattato sospetto24. Questa sar realizzata da Girolamo durante linverno del 398-399 e arriver a Roma nella primavera del 399. A quel tempo Rufino ha gi lasciato Roma per Aquileia, giacch non gli viene consegnata la lettera che Girolamo gli aveva indirizzato. Era gi stato oggetto di attacchi presso le autorit religiose? Sappiamo che ha lasciato Roma munito di una lettera di comunione di Siricio25, il che forse non costituiva pura obbedienza alle regole canoniche. Rufino ha anche scritto a Girolamo e gli ha probabilmente chiesto di calmare i suoi amici26. Daltra parte Girolamo racconter, a sua lode, che Marcella intervenuta diverse volte presso Siricio per denunciare gli errori origeniani27. Siricio morto il 26 novembre 39928. Gli attacchi di Marcella precedono quindi la partenza di Rufino e, probabilmente, larrivo della traduzione di Girolamo . Questa non occupa, infatti, nessun posto allinterno del racconto riguardante Marcella. Daltronde lautore afferma, nella lettera ad Avito, che questa nuova traduzione, una volta giunta tra le mani di Pammachio, sembr cos pericolosa che chi laveva richiesta
22
RUFINO, Apol. c. Hieron., I, 20 (p. 55, ll. 24-29). Sulla data del ritorno di Eusebio di
Cremona cfr. GIROLAMO, Contra Rufinum, 3, 24 (ed. P. LARDET, SC 303, p. 280, ll. 1719).
23 24 25
GIROLAMO, Contra Rufinum, 3, 20 (ed. P. LARDET, SC 303, p. 268, ll. 30-32). GIROLAMO, Ep. 83 (CUF 4, pp. 124-125). GIROLAMO, Contra Rufinum, 3, 21 (p. 268, l. 1); 3, 24 (p. 278, ll. 1-3); Ep. 127, 10 GIROLAMO, Ep. 81, 1 e 2 (CUF 4, pp. 124-125). GIROLAMO, Ep. 127, 9 (CUF 7, p. 144, ll. 18-25). Su tale data cfr. L. DUCHESNE, Le Liber Pontificalis, t. Ier (Paris 1886), pp. CCL-CCLI.
146
cominci a nasconderla29. Strano comportamento, chiarito a malapena dai dibattiti successivi. Le istanze degli amici di Girolamo non avevano funzionato presso Siricio. Le richieste ripresero presso Anastasio. Ci spiega la reazione di Rufino, che compone in quel periodo lApologia ad Anastasio. Non si trova in tale difesa la bench minima allusione alla piega che hanno preso gli avvenimenti nel corso del processo di Milano, n al rilievo dato dai documenti romani, n soprattutto al voltafaccia di Teofilo di Alessandria30. NellApologia ad Anastasio Rufino dichiara fiducioso che Teofilo professa la fede delle Chiese di Roma, di Alessandria, di Aquileia e di Gerusalemme; ignora che Teofilo ha cambiato schieramento e che il suo intervento ha avuto grande peso sulla decisione di Anastasio. Nella sua lettera a Simpliciano di Milano (precedente al 15 agosto 400), il vescovo di Roma parla di una lettera del vescovo di Alessandria31; sappiamo grazie a Girolamo che questa arrivata a Roma poco dopo una delle sue32. Anastasio fornisce unaltra informazione, che mi sembra determinante. Presentando il portatore della lettera a Simpliciano, dichiara: il prete Eusebio, traboccante di fervida fede e pieno di amore verso Dio, ci ha presentato un elenco di blasfemie (quaedam capitula blasphemiae). Non soltanto le abbiamo condannate con orrore, ma sappi che, se ve ne sono altre esposte da Origene, sono state ugualmente condannate assieme al loro autore33.
GIROLAMO, Ep. 124, 1 (CUF 7, p. 95, ll. 15-17). F.X. MURPHY (Rufinus of Aquileia, His Life and Works [Washington 1945], pp. 133-137) e C.P. HAMMOND-BAMMEL (The Last Ten Years of Rufinus Life and the Date of his Move South from Aquileia, in J.T.S. 28 [1977], pp. 388-389) collocano la stesura di questa Apologia dopo il processo di Milano, quindi alla fine del 400, il che mi pare alquanto inverosimile. Rufino ignora palesemente che ad Alessandria le cose sono cambiate. La sua Apologia ad Anastasio rievoca troppo ingenuamente le persecuzioni di Alessandria del 373 e invoca con troppa fermezza la fede di Alessandria vale a dire quella del suo vescovo perch possa avere la minima informazione sul rovesciamento di alleanze appena prodottosi. Ritorner in seguito sulla Professione di fede dellApologia. Anche P. Lardet (Introduction du Contre Rufin, SC 303, pp. 59*-60*) colloca lApologia alla fine del 400, dopo la morte di Simpliciano, ma nota che Rufino ignora con ogni probabilit il recente voltafaccia di Teofilo. Ci sarebbe impossibile a quel tempo. A Milano Eusebio ha richiesto lintervento di Teofilo, citato da Anastasio nella Lettera a Simpliciano. In seguito Rufino non dir pi nulla riguardo ad Alessandria. 31 GIROLAMO, Ep. 95, 1 (CUF 4, p. 160, l. 24 - p. 161, l. 2). 32 GIROLAMO, Ep. 88 (CUF 4, p. 143, ll. 14-19). 33 GIROLAMO, Ep. 95, 3 (CUF 4, p. 161, ll. 18-23). Haec Sanctitati tuae per Eusebium presbyterum, qui calorem fidei gestans et amorem circa
30 29
147
Tali affermazioni non danno a intendere che Anastasio abbia letto il Peri Archn. La lettera che invier poco dopo a Venerio di Milano far riferimento alle blasfemie che Teofilo ha trovato nei libri di Origene34. La lettera a Giovanni di Gerusalemme non lascia trasparire una migliore conoscenza dellopera di Origene, n della traduzione incriminata35. Dobbiamo quindi ritornare ai capitula rievocati nella lettera a Simpliciano. Sarei propenso a credere che questi fossero costituiti dalle tesi denunciate da Girolamo nel suo Contro Giovanni di Gerusalemme36, indirizzato a Pammachio nel 397, tesi che non facevano altro che riprendere le accuse di Epifanio37. In ogni caso sono stati in molti a notare che il punto che ha scatenato lincidente di Milano38 non altro che la prima delle affermazioni trovate da Girolamo e presentate come tratte dal Peri Archn39. Rufino non collegher la traduzione incriminata al Contro Giovanni, che pur conosceva; tuttavia, oltre a permettere di riconoscere questa prima proposta, lascia immaginare lazione di Marcella. Quando Eusebio, infatti, lesse la scedula interpolata, dinanzi ai dinieghi di Rufino, gli venne chiesto da chi avesse avuto lesemplare40. La matrona quaedam che glielo ha fornito e di cui Rufino non vuole fare il nome sicuramente Marcella, e questa, grazie ai legami con Pammachio, era di sicuro al corrente dei rimproveri che Girolamo muoveva a Origene41.
Deum habens, quaedam capitula blasphemiae obtulit, quae nos non solum horruimus et iudicauimus, uerum et si qua alia sunt ab Origene exposita, cum suo auctore pariter a nobis scias esse damnata. 34 ANASTASIO, Ep. Dat mihi plurimum (PLS I, c. 791 C-D). 35 ANASTASIO, Ep. Probatae quidem (Ed. SCHWARTZ, A.C.O., V, 1, p. 3, ll. 18 sgg.). 36 GIROLAMO, Contra Iohannem, 7 (PL 23 [1845], c. 360 B-D). 37 GIROLAMO, Ep. 51, 4-6 (CUF 2, pp. 161-167). 38 RUFINO, Apol. c. Hieronymum, I, 19-20 (CC 20, pp. 53-55). 39 GIROLAMO, Contra Iohannem, 7 (PL 23, c. 360 B): Et primum, de libro ubi loquitur: sicut enim incongruum est dicere quod possit Filius uidere Patrem ita inconueniens est opinari quod Spiritus Sanctus possit uidere Filium. Cfr. Ep. 51, 2 (CUF 2, p. 161, l. 29 - p. 162, l. 2). 40 RUFINO, Apol. c. Hieronymum, I, 19 (CC 20, p. 54, ll. 41-46). 41 plausibile che Eusebio, in quanto prete, fosse un richiedente pi qualificato presso il vescovo di Roma rispetto a una vedova o a un laico conuersus. Daltro canto arrivava dalla Palestina. Girolamo afferma che la lettera di Teofilo and a rafforzare la propria denuncia (Ep. 88 [CUF 4, p. 143, ll. 14-20]). Qual era questa denuncia? Quella che accompagnava la sua traduzione letterale di cui
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A dire il vero non possiamo sapere come si presentasse lesemplare di Marcella. Aveva forse individuato il passo preso di mira da Girolamo sulla visione e sulla conoscenza? Aveva forse riportato a margine il capitulum di Girolamo? difficile saperlo. Non nemmeno detto che lesemplare in questione sia stato prodotto in udienza; nel qual caso Rufino avrebbe potuto fornire informazioni ancora pi concrete. Certo, ha raccontato le cose piuttosto dettagliatamente, ma non mi sembra che abbia capito il meccanismo del montaggio. Mi limiter a presentare il passo controverso della traduzione42 cos come lo trascrive Rufino, aggiungendo, a titolo informativo, la ricostruzione del Peri Archn che Ktschau ha proposto, inserendovi la prima accusa del Contro Giovanni. Questa ha per lungo tempo falsato la visione delle cose e la comprensione di questa pagina del Peri Archn.
Il testo della traduzione di Rufino
RUFINO, Apologia c. Hieronymum, I, 19 (CC 20, p. 51, ll. 3237 e p. 53, ll. 3-6): Quod si requiras a me quid etiam de ipso Vnigenito sentiam, si ne ipsi quidem uisibilem dicam naturam Dei quae naturaliter inuisibilis est, non tibi statim uel impium uideatur esse uel absurdum; rationem quippe dabimus consequenter. Aliud est uidere aliud
Il testo falsificato
RUFINO, Apologia c. Hieronymum, I, 19 (CC 20, p. 53, ll. 710):
(...) uideatur43 esse uel absurdum quia sicut Filius Patrem non uidet, ita nec Sanctus Spiritus Filium uidet44.
(...) uideatur43 esse uel absurdum; rationem quippe dabimus consequenter. <Sicut enim incongruum e st d ic ere
non si fa parola n a Roma dinanzi ad Anastasio, n a Milano dinanzi a Simpliciano o il Contra Iohannem del 397, che non aveva sortito alcun effetto su Siricio e viene brandito nuovamente contro Origene e Rufino? 42 Il passo incriminato di cui sopra, ripreso nella prima colonna, contenuto nel Peri Archn, I, 1, 8 (nelledizione SIMONETTI-CROUZEL, SC 252, p. 108, ll. 274 sgg. e nota 36). Purtroppo la traduzione inesatta. Bisogna infatti tradurre: Se mi si chiede qual la mia opinione anche sullunigenito Figlio riguardo alla questione della visione , non bisogna, se dico che la natura divina, che per natura invisibile, invisibile anche per lui, non bisogna trovare ci empio o assurdo. Forniremo una spiegazione logica: vedere una cosa, conoscere unaltra. Essere visto e vedere appartiene ai corpi, essere conosciuto e conoscere alla natura intellettuale.... 43 Quanto precede non contestato; presenta pertanto la medesima stesura dellinizio della prima colonna dal testo completo. 44 Sfortunatamente Rufino non continua. 45 Questo passo proviene dal Contra Iohannem, 7 (PL 23, c. 360 B 2-4).
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noscere: uideri et uidere corporum est, nosci et noscere intellectualis naturae est...
quod possit Filius uidere Patrem, ita inconueniens est opinari quod Spiritus sanctus possit uidere Filium>45. Aliud est uidere, aliud cognoscere...
Non occorre dimostrare che il testo che Rufino considera autentico (prima colonna) del tutto sufficiente di per s e corrisponde alla perfezione, come spiegher ampiamente Rufino, al pensiero di Origene, che del resto conosciamo, sulla differenza tra visione corporale e conoscenza intellettuale46. Origene era troppo sensibile ai pericoli degli antropomorfismi47 per pensare a un intervento di Didimo, come asserir Girolamo48. Daltra parte linserimento di Ktschau, collocato l dov indipendentemente dalla sua origine49 , ripete inutilmente e in modo cos brusco che si scredita da solo quanto preparato con cautela nelle righe precedenti. Resta da soffermarsi su ci che Rufino definisce falsificazione. Non vi dubbio alcuno che, letta al di fuori del proprio contesto, la frase diventi pericolosa o quanto meno inopportuna. Tuttavia il senso non affatto evidente. Prima di mostrarlo far notare, con rammarico, che Rufino non ha formalmente detto come si concatenava il seguito del testo. In compenso ha forse indicato come egli leggeva il testo interpolato. Bisogna leggere, infatti: ... Non deve sembrarti immediatamente empio o assurdo che, cos come il Figlio non vede il Padre, allo stesso modo lo Spirito Santo non vede il Figlio? Oppure: Se dico che la natura di Dio, che, per natura, invisibile, non visibile nemmeno allunigenito Figlio, ci non deve sembrarti
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Cfr. H. CROUZEL, Origne et la connaissance mystique (Bruges-Paris, 1961), p. 96, Cfr. ad esempio, nel Commento alla Genesi, 1, 26 (PG 12, c. 93 A-C), lattacco contro GIROLAMO, Contra Rufinum, 2, 11 (ed. P. LARDET, SC 303, p. 128, ll. 66-70). Nel Contra Iohannem, 7 Girolamo lo considera proveniente dal Peri Archn, e lo
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Melitone di Sardi.
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ripeter nellEp. 124, 2 (CUF 7, p. 96, ll. 9 sgg.), ma pi a mo di sintesi del pensiero di Origene che non come citazione letterale, peraltro frequenti. Probabilmente, nel Contra Iohannem, tale inserimento non rappresenta altro che la ripresa dellEp. 51, 2.
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immediatamente empio o assurdo, poich, cos come il Figlio non vede il Padre, allo stesso modo lo Spirito Santo non vede il Figlio? In altre parole, il quia dichiarativo o causale? Rufino, rimandando Aproniano e Macario al testo che hanno tra le mani50, consente di vedere la sua interpretazione, e la conoscenza dei dossier di tesi imputate a questo o a quellaltro invita a pensare che il quia introduca semplicemente, come , unaffermazione. Non avremmo allora a che fare con uno di quei capitula di cui parlava Anastasio riguardo a Eusebio? *** Dobbiamo ritornare su Gaudenzio e sul testo dei due frammenti. Innanzitutto verosimile che il vescovo di Brescia fosse presente a Milano, quando fu sostenuta laccusa contro Origene e contro Rufino indirettamente anche contro Giovanni di Gerusalemme . Il vescovo di Milano aveva, come ai tempi di Ambrogio, riunito intorno a s i propri vescovi51. In ogni caso, nella sua lettera a Venerio, Anastasio lascia ben intendere che tutta lItalia settentrionale chiamata in causa. Anastasio traccia per lui la cronistoria della resistenza della regione alle persecuzioni ariane52, prima di rievocare Origene e ricordare che aveva domandato a Simpliciano di comunicare agli altri vescovi la sua condanna di Origene53. Certo, si pu argomentare che non si tratta di un sinodo; ma si pu parimenti rispondere che questa seconda lettera non sarebbe stata necessaria, se Simpliciano si fosse limitato a convalidare la condanna contenuta nella lettera 95. A dire il vero, tra laltro, la lettera 95 non conteneva nessun invito formale a trasmettere la condanna nellItalia settentrionale. Il vescovo di Roma rispetta le regole che vogliono che non si condanni un assente (in questo caso Rufino) e che si lasci la decisione ai
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RUFINO, Apol. c. Hieronymum, I, 19 (CC 20, p. 54, ll. 46-50). La questione analoga a quella di Gioviniano: Siricio aveva trasmesso ad Ambrogio
la condanna di Gioviniano e dei suoi, mentre questi giungevano a Milano e alla Corte; Ambrogio e il suo sinodo emettono a loro volta una condanna, che motivano e inviano a Siricio. Tra il 380 e il 395 sono frequenti questi sinodi di vescovi riuniti a Milano intorno ad Ambrogio. Se conoscessimo meglio lepiscopato di Simpliciano, diremmo che questi doveva festeggiare lanniversario del suo episcopato in aprile.
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ANASTASIO, Ep. Dat mihi plurimum (PLS I, c. 791 A-C). Ibid. (c. 791 C - 792 B).
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vescovi della provincia o del capoluogo in cui risiede limputato54. Nel nostro caso n la formazione intellettuale di Simpliciano n il recente passato della sede di Milano invitavano a seguire, senza ulteriori indagini, una decisione presa a Roma. Daltra parte, rievocando le persecuzioni ariane55, Anastasio consente di cogliere ancora meglio limportanza delle affermazioni rimproverate a Origene sulla nonvisione del Padre da parte del Figlio. Traspariva da queste affermazioni una prova dellinferiorit del Figlio e dello Spirito e, di conseguenza, Origene appariva come predecessore di Ario. Si poteva probabilmente asserire ci senza tenere minimamente conto dello sviluppo storico; ma di certo non con laiuto di questo testo. Ad ogni modo n Rufino, n Girolamo erano attaccabili su questo punto. Tutto il loro passato di italiani del nord li metteva in guardia contro ogni minimo sospetto di arianesimo. Rufino era prevenuto a causa del modo in cui Girolamo aveva attaccato le ambiguit di Giovanni di Gerusalemme, sia sulluguaglianza tra Padre e Figlio56, sia sulla resurrezione della carne57. Da qui la precauzione che adotta nella Prefazione alla sua traduzione dellApologia di Panfilo esponendo il proprio Credo, insistendo al tempo stesso sulla Trinit coeterna e sulla resurrezione della carne58. Non soltanto respinge le affermazioni di Girolamo sulluso della parola corpo al posto della parola carne59, bens dichiara che quella la sua Professione di fede, nonch quella di Giovanni di Gerusalemme60. Allo stesso modo la Prefazione ai primi due libri del Peri Archn attenta a proteggere Origene da ogni sospetto, spiegando, secondo la tesi del De adulteratione, che Origene non ha potuto fare le affermazioni che si trovano talvolta nelle sue opere61. Rufino aggiunge: Ho lanciato questo monito nella Prefazione, affinch i calunniatori non pensino di aver nuovamente (iterum) trovato materia daccusa62.
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Simpliciano. Con ogni probabilit ha potuto contare sullappoggio di Cromazio, per non parlare dei Laurentius e dei Jobinus, ai quali dedicher una delle sue opere o traduzioni.
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Tutta la prima parte della lettera a Venerio, circa met del testo. GIROLAMO, Contra Iohannem, 9 (PL 23, c. 362 B-D). Ibidem, 27-28 (c. 379 A - 380 C). RUFINO, Prologus in Apologeticum Pamphili (CC 20, p. 233, ll. 24 sgg.). Ibidem (p. 234, ll. 30-38). Ibidem (p. 234, ll.47-49). RUFINO, Prefazione alla traduzione del Peri Archn, 3 (CC 20, p. 246, ll. 40-61).
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Spiegher, nellApologia contro Girolamo, che questo nuovamente si ricollegava allaccusa formulata contro Giovanni lanno precedente63. Fatta eccezione per lultima, queste affermazioni precedono il processo di Milano. Gaudenzio di Brescia, che conosceva sia Rufino sia Giovanni di Gerusalemme64, sarebbe forse intervenuto presso Girolamo, che aveva probabilmente incontrato anche durante il viaggio in Oriente intorno al 390? Era noto che Cromazio65 fosse intervenuto presso Girolamo nel 401, nel qual caso gli estratti del Liber ad Papam Gaudentium che forse non era altro che una lunga lettera mostrerebbero che Girolamo stato in contatto, a quel tempo, anche con il vescovo di Brescia. Ma bisogna andare oltre, e altrove: le rubriche del manoscritto di Autun consentono di scoprire il motivo celato dietro al Liber; queste probabilmente non rappresentano lapologia o lattacco che Girolamo poteva sostenere in un simile scritto. verosimile, infatti, che Girolamo non potesse riconoscere cos facilmente
RUFINO, Apol. c. Hieronymum, I, 16 (CC 20, p. 49, ll. 14-21). Sappiamo grazie a Gaudenzio (Tr. 17, 14 Ed. A. GLCK, CSEL 68, p. 144, ll. 102104) che andato a Gerusalemme. Questo viaggio si colloca tra il 386-387 (anni in cui Filastro di Brescia ancora in vita, stando alla testimonianza di Agostino) e il 397, data della morte di Ambrogio, che ha consacrato Gaudenzio al ritorno affrettato dal pellegrinaggio (Tr. 16, 2-3 - pp. 137-138). Poich la morte di Filastro avviene nel mese di luglio (Tr. 21, 14 - p. 188), si pu considerare il 396 come terminus ante quem, anche se possibile risalire di ancora un anno almeno, perch Gaudenzio predica a Milano un 29 giugno precedente al 397. Sia nel 396, sia nel 395, Rufino ancora a Gerusalemme. Gaudenzio ha forse viaggiato con Silvia? Sappiamo che Gaudenzio era in rapporti di amicizia con Silvia, cognata del Prefetto del Pretorio dOriente, Rufino ( alla fine del 395), la quale lascia Gerusalemme per Alessandria nel 399-400, per ritornare poi in Italia, a Brescia. Forse Silvia era arrivata a Gerusalemme nel 395-6, come sua sorella, visto che ha avuto il tempo di fare la conoscenza di Rufino. Questi le prometter di tradurre le Recognitiones di Clemente, di cui Gaudenzio sar il dedicatario iure hereditario (Clementis Recognitiones, Praef. CC 20, p. 281, ll. 5-10). Essa gi morta quando Rufino traduce il Commento alla Lettera ai Romani di Origene (Postface, CC 20, p. 277, ll. 41-45: ... quod olim quidem iniunctum est, sed nunc a beato Gaudentio episcopo uehementius perurguetur), nel 404; ma ancora in vita al tempo dellEp. 31 di Paolino di Nola, solitamente datata 403. Probabilmente ritornata dallOriente tra il 400 e il 403; forse Rufino le ha fatto visita a Brescia. Sullodissea di Silvia cfr. P. DEVOS, Silvie la Sainte Plerine, in A.B. 91 (1973), pp. 105-120 (I. En Orient); 92 (1974), pp. 321-341 (II. En Occident). Silvia legata a Melania lAnziana, il che spiega i buoni rapporti con Rufino. Ma Gaudenzio legge Girolamo e non potuto andare a Betlemme senza vederlo, specie se il viaggio precedente al 393. Nel suo sermone su Pietro e Paolo, tenuto a Milano nel giugno del 396 al pi tardi, utilizza il De uiris di Girolamo, datato 393 (Tr. 20, 5 - p. 182, ll. 87 sgg.). 65 GIROLAMO, Contra Rufinum, 3, 2 (SC 303, p. 218, ll. 23-27).
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che Eusebio di Cremona fosse un calumniator, dato che luso comune del verbo era, a quel tempo, alla forma deponente66, n che avesse davvero falsificato le schedae di Rufino. Il terzo libro del Contro Rufino si sforzer di mostrare che la presentazione da parte di Rufino dellincidente di Milano non regge allanalisi67. In realt Girolamo non sembra aver compreso meglio di Rufino come si spiegasse linterpolazione, cos come ho cercato di ricostruirla sopra68. Forse placher Eusebio, non sembra averlo condannato, e questi si ritrover presto uno sporco lavoro da compiere, forse per zelo religioso, ma anche con molta cecit. Viene da chiedersi se, per quanto siano mutuati, forse, da un libro di Girolamo, questi frammenti non rappresentino il pensiero di Rufino come quello di Girolamo, se non di pi. Ci spiegherebbe senza alcuna difficolt come le affermazioni che figurano nei due frammenti possano presentare cos tante somiglianze con alcune pagine realmente appartenenti a Rufino. Meyvaert ha rilevato alcune di queste somiglianze e ritiene di poterle spiegare mediante la conoscenza da parte di Rufino, nel 400-401, di questo Liber di Girolamo, che risale, a suo avviso, a un periodo precedente il 393. Rufino avrebbe provato piacere nel mutuare le parole di Girolamo per aiutarsi a definire la propria opinione, senza citare direttamente il nome di Girolamo69. Non reputo affatto Rufino incapace di simili sottigliezze. Il suo modo di chiamare in causa Girolamo nella Prefazione alla traduzione del Peri Archn un esempio eclatante. Ne conosco di meno evidenti che confermerebbero la supposizione di Meyvaert. Tuttavia, in questo caso, mi pare che Rufino abbia ripetuto troppo spesso il proprio Credo perch si debba attribuire ogni volta la formulazione a Girolamo, e a un Girolamo che, prima del 393,
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Hieronymum, I, 9, 3, segnalato da M. Simonetti, non mi sembra accertato, di fronte a molteplici casi di uso alla forma deponente, riguardo a Girolamo e a Eusebio di Cremona: I, 5, 16; I, 13, 13; I, 16, 6; I, 19, 12. Si tratta sempre di false accuse, secondo la definizione del Digeste (48, 16, 1, 1): Calumniari est falsa crimina intendere.
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GIROLAMO, Contra Rufinum, 3, 3-5. Questo punto meriterebbe di essere trattato con maggiore attenzione, ma ci P. MEYVAERT, Art. laud., p. 215.
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se non addirittura prima del 395, non si mai preoccupato della questione della visione del Padre da parte del Figlio70. La prima Professione di fede di Rufino figura nella Prefazione alla sua traduzione dellApologia di Panfilo, dopo una citazione di Romani, 10, 10, Corde creditur ad iustitiam, ore autem confessio fit ad salutem, collocata sotto linizio (l. 6) del primo frammento trovato da P. Meyvaert71:
... Nos autem, sicut traditum nobis est a sanctis patribus, ita tenemus quod sancta Trinitas coaeterna sit et unius naturae uniusque uirtutis atque substantiae et quod Filius Dei in nouissimo tempore homo factus est et pro peccatis nostris passus est et in ea ipsa carne in qua passus est resurrexit a mortuis, propter quod et resurrectionis spem humano generi tribuit. Carnis uero resurrectionem, non per aliquas praestigias, sicut nonnulli calumniantur, dicimus, sed hanc carnem in qua nunc uiuimus resurrecturam credimus...72.
qui che Rufino attacca laccusa (di Girolamo) di distinguere corpo e carne, affermando che bisogna credere in una resurrectio carnis integrae atque perfectae73. Chiaramente, in questa occasione, Rufino non ha intenzione di soffermarsi sulla propria fede trinitaria. La situazione fondamentalmente non cambiata al tempo dellApologia ad Anastasio; ma il genere letterario della Professione di fede dinanzi a un giudice richiede una trattazione pi dettagliata74, specie riguardo agli articoli contestati o scottanti. Rufino sa di essere attaccato75 sulla resurrezione della carne, sul giudizio e sulla salvezza del Diavolo, nonch sullanima. Proprio a questi punti riserva le
La sola e unica menzione precedente al 399 si trova nel Contra Iohannem, 9, risalente al 396-397. 71 Segnalo, senza accordargli troppa importanza, che Gaudenzio utilizza questo testo (Tr. 16, 11 - p. 140, ll. 85-87). 72 RUFINO, Prologus in Apologeticum Pamphili Martyris pro Origene (CC 20, p. 233, l. 24 - p. 234, l. 33). 73 Ibidem (p. 234, ll. 34-45). 74 Non credo che Rufino segua un protocollo romano, come sostiene chi ha voluto spiegare le somiglianze tra il De fide di Bachiarius e lApologia di Rufino. 75 Audiui, dichiara allinizio Rufino ( 1); larticolo sulla resurrezione ( 4) rievoca le calunnie, quello sul giudizio del Diavolo ( 5) allude a chi accusa i propri fratelli; per quanto concerne lanima spetta a Audio et de anima quaestiones esse commotas ( 6), prima che un ultimo Audio riguardi la traduzione del Peri Archn. Nessunallusione a uneventuale accusa sulla Trinit.
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trattazioni pi lunghe, mentre sorvola piuttosto rapidamente sui primi articoli76. Tuttavia questi sono trattati in maniera analoga a quanto si pu trovare nei due frammenti del manoscritto di Autun, fatta eccezione per la questione della visione.
(2) ... de Trinitate ita credimus quod unius naturae sit, unius deitatis, unius eiusdemque uirtutis atque substantiae, nec inter Patrem et Filium et Spiritum sanctum sit prorsus ulla diuersitas, nisi quod ille Pater est et hic Filius et ille Spiritus Sanctus, trinitas in subsistentibus personis, unitas in natura atque substantia. (3) Filium quoque Dei in nouissimis diebus natum esse confitemur ex Virgine et Spiritu Sancto, carnem naturae humanae atque animam suscepisse in qua et passus est et sepultus et resurrexit a mortuis, in eadem ipsa carne resurgens quae deposita fuerat in sepulchro; cum qua carne simul atque anima post resurrectionem ascendit in caelos unde et uenturus expectatur ad iudicium uiuorum et mortuorum. (4) Sed et carnis nostrae resurrectionem fatemur integre et perfecte futuram, huius ipsius carnis in qua nunc uiuimus. Non, ut quidam calumniantur, alteram pro hac resurrecturam dicimus, sed hanc ipsam77...
Il seguito verte sulla natura della carne resuscitata, prima di passare al giudizio e, in particolare, alla condanna del Diavolo. Di nuovo Rufino, che ignora ci che si sta preparando a Milano, non intende mantenersi sul piano trinitario. Invece lApologia contro Girolamo, ora che sopraggiunta la controversia di Milano, si sofferma relativamente di pi sulla Trinit e in particolare sulla visione del Padre da parte del Figlio che non sulla resurrezione e sul giudizio del Diavolo. P. Meyvaert ha trovato la prima menzione gi nel capitolo 4, ben prima che venga narrato lincidente di Milano78. Rufino fa appello ai propri catechisti, Cromazio, Giovino ed Eusebio, dichiarando:
Illi ergo sic mihi tradiderunt et sic teneo Quod Pater et Filius et Spiritus Sanctus unius deitatis sit uniusque substantiae, coaeterna, inseparabilis, incorporea, inuisibilis, inconprehensibilis Trinitas et sibi soli, ut est, ad perfectum
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lunghezza: 6 righe sulla Trinit, 7 righe sullEconomia, 12 righe sulla resurrezione della carne, 10 righe sul giudizio, 18 righe sullanima.
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RUFINO, Apologia ad Anastasium, 2-4 (CC 20, p. 25, l. 5 - p. 26, l. 4). P. MEYVAERT, Art. laud., p. 215.
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nota, quia Filium nemo nouit nisi Pater, neque Patrem quis nouit nisi Filius (Mat. 11, 27) et Spiritus Sanctus est qui scrutatur etiam alta Dei (1 Cor. 2, 10). Et ideo caret quidem omni uisibilitate corporea, sed intellectuali illi deitatis oculo sic uidet Patrem Filius et Spiritus Sanctus sicut Pater uidet Filium et Spiritum Sanctum. Nec est prorsus ulla in Trinitate diuersitas nisi quod ille Pater est et hic Filius et ille Spiritus Sanctus, trinitas in personarum distinctione, unitas in ueritate substantiae. Et quod unigenitus Filius Dei, per quem a principio omnia quae sunt facta sunt, siue uisibilia, siue inuisibilia, in nouissimis diebus, carne et anima humana suscepta, homo factus et passus est pro salute nostra, et tertia die suscitata illa ipsa carne quae posita fuerat in sepulchro resurrexit a mortuis et cum ipsa eadem glorificata ascendit ad caelos unde et expectatur uenturus ad iudicium uiuorum et mortuorum. Sed et simili modo nobis quoque spem resurrectionis dedit, ut eodem ordine, eadem consequentia, pari eademque forma qua ipse Dominus resurrexit a mortuis, nos quoque resurrecturos esse credamus, non nubes et auras tenues ut calumniantur, sed haec ipsa in quibus nunc uel uiuimus uel morimur nostra corpora recepturi. Nam, quomodo uerum erit quod resurrectionem credimus, nisi in ea uerae et integrae carnis natura seruetur? Absque ullis ergo praestigiis, uerae et integrae carnis huius nostrae in qua nunc sumus resurrectionem fatemur...79.
Anche qui Rufino tratta in seguito ci che riguarda la resurrezione della carne, al punto di trovare lunga la sua confutazione di Girolamo80. Ma si sar notata la prima menzione della visione del Padre da parte del Figlio, sebbene Rufino ed lecito dubitarne attribuisca questo Credo alla catechesi di Aquileia una trentina di anni prima. questa la principale novit di tale Professione di fede, i cui termini sono molto spesso identici a quelli dei due testi precedenti. In compenso la questione della visibilit del Padre viene affrontata a proposito del Peri Archn. Rufino inizia con lo spiegare che Origene attaccava principalmente i Valentiniani e gli Antropomorfiti81 proprio come nei nostri frammenti e si preoccupava di difendere lincorporeit divina. Rufino cita la p a g i n a d i O r i g e n e s e c o n d o l a p r o p r i a t r a d u z i o n e 82 e l a c o m m e n t a 83,
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RUFINO, Apol. c. Hieronymum, I, 4 (CC 20, p. 39, ll. 12-40). Ibidem, I, 5-9 (pp. 40-43 e losservazione a p. 43, ll. 1-3). Ibidem, I, 17 (p. 50, ll. 6-15); 18 (p. 52, ll. 11 sgg. e 23-25). Ibidem, I, 17 (p. 50, ll. 17-54). Ibidem, I, 18 (pp. 50-51).
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prima di far riferimento alla falsificazione che era stata fatta e che venne fuori durante ludienza di Milano84. Dopo aver rimandato Aproniano e Macario al testo autentico, Rufino termina con alcuni anatemi, che si avvicinano molto a quelli dei nostri frammenti:
Si qui negat quod non ita uidet Filius Patrem sicut Pater Filium et non ita uidet Spiritus Sanctus Filium et Patrem sicut uidet Pater Filium et Spiritum Sanctum, anathema sit. Videt enim et uerissime uidet, sed ut Deus Deum et Lux Lucem et non ut caro carnem sed ut spiritus spiritum, non corporeis sensibus sed uirtutibus deitatis. Si qui haec negat, sit anathema in aeternum...85.
Ritroviamo qui non soltanto luso generale del verbo vedere, ma anche la precisazione che si tratta di una visione spirituale, incorporea, ut Deus Deum et Lux Lucem. Rufino preferisce usare il verbo vedere piuttosto che conoscere, per evitare qualsiasi sospetto. Tuttavia non lultima volta che Rufino si occuper di tale questione. La sua Expositio Symboli contiene, riguardo allarticolo sulla santa Chiesa, un elenco di false chiese, con la menzione dei loro errori. Alle eresie note Rufino aggiunge una serie di errori che Girolamo avrebbe definito origeniani, da cui egli prende le distanze, chiedendosi se queste chiese siano rette da qualcuno:
... Has ergo omnes (falsas ecclesias), uelut congregationes malignantium (Ps. 1, 2) fuge. Sed et eos, si qui illi sunt, qui dicuntur adserere quod Filius Dei non ita uideat uel nouerit Patrem sicut ipse noscitur et uidetur a Patre, uel regnum Christi esse finiendum, aut carnis resurrectionem non integra naturae suae substantia reparandam, futurum Dei iustum erga omnes negare iudicium, diabolum debita absoluere damnatione poenarum, ab his, inquam, omnis fidelis declinet auditus. Sanctam uero ecclesiam tene, quae Deum Patrem omnipotentem et unigenitum Filium eius Iesum Christum Dominum nostrum et Sanctum Spiritum concordi et consona substantiae ratione profitetur,
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Ibidem, I, 19 (p. 53, ll. 1-10). Ibidem (p. 54, ll. 52-59).
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Filiumque Dei natum ex Virgine et passum pro salute humana ac resurrexisse a mortuis in eadem carne qua natus est credit, eundemque uenturum iudicem omnium sperat, in qua et remissio peccatorum et carnis resurrectio praedicatur86.
Subito al principio figura lerrore sulla visione o sulla conoscenza del Padre e non si tarda a ritrovare quello sulla resurrezione della carne, sotto il medesimo aspetto che era controverso da una decina danni. La parte positiva dellesposizione pi vicina allordinario svolgimento di un Credo. Se nel testo di cui sopra la resurrezione della carne viene appena citata, perch Rufino si appresta a parlarne ex professo nelle pagine successive87. In realt questo semplice cenno soltanto di transizione. Si trover nelle pagine seguenti un appello al Credo di Aquileia, che precisava: huius carnis resurrectio88. la formula che si ritrova nei nostri due frammenti, come pure nellApologia ad Anastasio, 4, e nellApologia contro Girolamo, I, 5. P. Meyvaert attribuisce la precisazione contenuta nei frammenti al fatto che Girolamo ha risieduto ad Aquileia, e sostiene che Rufino rievoca indirettamente a Girolamo un simbolo che deve conoscere89. Certamente. Ma non sarebbe pi semplice pensare che sia Rufino il vero autore di tali frammenti, sebbene questi appartengano, forse, a unopera di Girolamo? Mi sembra che unanalisi dettagliata del vocabolario inviti a pensarlo, nonostante le trascurabili somiglianze che comporta, almeno da un lato, lesposizione dogmatica90. Tuttavia credo sia pi illuminante ricorrere a elementi apparentemente pi marginali, tanto pi che potrebbero costituire temibili obiezioni allattribuzione dei frammenti a Rufino.
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RUFINO, Expositio Symboli, 37 (CC 20, p. 173, l. 54 - p. 174, l. 68). Ibidem, 39-45. 88 Ibidem, 41 (p. 177, ll. 17-25); 43 (p. 179, l. 2). 89 P. MEYVAERT, Art. laud., p. 216. In ogni caso tale argomentazione non vale sul piano trinitario; le precisazioni di Rufino a tal riguardo compaiono solo dopo la questione di Milano. 90 Espressioni quali adsertio fidei, traditio fidei, traditio ecclesiae, regula fidei, traditionis regula, fidei professio, differentia Trinitatis sono lungi dallessere rare in Rufino. Ritroviamo anche lanathema in aeternum (Apol. c. Hieronymum, I, 19 - CC 20, p. 54, ll. 58-59).
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Non ritorner sui Valentiniani e sugli Antropomorfiti del primo frammento. Per cominciare minterrogher sullinizio del secondo frammento, sulla menzione di un aemulus e del suo obliuio volontario, che obbliga chi scrive a enunciare una nuova volta la propria Professione di fede. Abbiamo visto Rufino fare appello pi volte alla propria Professione di fede ed esporla anche laddove non richiesta. Quella del nostro frammento non costituirebbe forse unulteriore esposizione? Ora, che cosa rimprovera Rufino ai nemici di Origene e ai propri detrattori, se non linuidia e il liuor? Questo quanto dichiara ad Anastasio91; ma le due Prefazioni al Peri Archn denunciavano gi gli obtrectatores e i peruersi et contentiosi homines92 e, prima ancora, Rufino aveva ricordato che il Diabolus padre di coloro che accusano i propri fratelli93. Lo ripete a Girolamo, in merito allincidente di Milano e alla falsa accusa formulata contro di lui94. In compenso, bench Girolamo abbia dovuto difendersi contro laemulatio e si sia visto accusato di una simile colpa95, che io sappia non ha mai accusato Rufino di aemulatio, mentre ha negato di provare gelosia per lo scarso talento del suo vecchio amico. Vi sarebbe una seconda obiezione alla candidatura di Rufino, la fine del secondo frammento: Rufino avrebbe potuto parlare in quel modo di Origene? In realt, se va riconosciuta in questo passo, secondo P. Meyvaert, unallusione a Gal. 1, 8, bisogna prima vedere la progressione dellanatematismo che da Origene arriva allangelo passando per lApostolo. certamente possibile che Rufino stia pensando alle rigidissime affermazioni del Contro Giovanni96, ma parimenti opportuno tenere conto delle altre affermazioni di Rufino. Ora, che si tratti dellApologia ad Anastasio o dellApologia contro Girolamo, Rufino ha sempre voluto separare il proprio caso da quello di Origene, riservando questultimo al giudizio di Dio.
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RUFINO, Apol. ad Anastasium, 8 (p. 28, ll. 5-8). De Principiis, Praef. in Librum I, 4 (CC 20, p. 246, ll. 62 sgg.) Cfr. Apol. c. RUFINO, De adulteratione, 16 (CC 20, p. 17, ll. 14-18). RUFINO, Apol. c. Hieronymum, I, 16 (CC 20, pp. 48-49, ll. 5-12, con un Et iterum ac
saepius audiant che si avvicina al nostro iterum ac saepius repeto, riga 25-26); I, 19 (p. 54, l. 41).
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Cfr. il mio Plage est-il le censeur, pp. 540-555. GIROLAMO, Contra Iohannem, 8 (PL 23 [1845], c. 361 C-D).
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Scrive al Papa di Roma: Origenis ego neque defensor sum neque adsertor neque primus interpres97. In merito alla traduzione del Peri Archn dichiara: Ego nunc nihil pro Origene ago nec Apologeticum pro ipso scribo. Siue enim stat apud Deum siue lapsus est, ipse uiderit: suo Domino stat aut cadit (Rom. 14, 4)98. Fa notare poco pi avanti che ha avuto cura di esporre innanzitutto la propria fede, prima di tradurre le opere di Panfilo e di Origene99. Tali precauzioni possono apparire sospette e faranno arrabbiare Girolamo, non sempre a torto; tuttavia, come ricorder Rufino, non lui bens Girolamo ad aver osannato Origene e ad averlo definito apostolo, profeta e simili100. Abbiamo visto che Rufino condannava nellExpositio Symboli non soltanto qualsiasi inferiorit nella Trinit o qualsiasi falsa resurrezione della carne, ma anche le tesi pi comunemente attribuite a Origene: la fine del regno di Cristo e il perdono concesso al diavolo101. Non stupiamoci dunque se questo frammento preferisce attenersi alla regola di fede emanata dalla tradizione della Chiesa, piuttosto che credere a qualsiasi altra predicazione, che sia quella di Origene, di un Apostolo o addirittura di un Angelo. Rufino sarebbe solo coerente con s stesso. *** Non bisogna dimenticare che il manoscritto 3 di Autun un Evangeliario famoso in quanto tale e che i nostri due frammenti inquadrano, da un lato, la Lettera di Girolamo a Damaso sulla traduzione dei Vangeli e una parte della Prefazione del suo In Matthaeum separate dal Prologo monarchico su Matteo e, dallaltro lato, linsieme dei canoni sui quattro Vangeli. Regna un certo disordine in questi primi quindici fogli 102.
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RUFINO, Apol. ad Anastasium, 7 (p. 28, ll. 17-18). RUFINO, Apol. c. Hieronymum, I, 10 (CC 20, p. 43, l. 7 - p. 44, l. 9). Ibid., 12 (p. 45, ll. 1-5). Ibid., 16 (p. 49, ll. 39-43). RUFINO, Expositio Symboli, 37. Dopo il titolo iniziale, che annuncia, formulati in maniera quanto meno maldestra, i
Canones uel Prologi libri huius euangelii, troviamo una tavola dei pesi e delle misure (Ratio ponderum omnium), seguita da un conteggio degli anni da Adamo a Cristo (Ratio annorum ab Adam usque ad Christum). qui che si collocano il primo frammento (Excerpta de libro sancti
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Ci che ha interessato chi ha adottato i due frammenti probabilmente il contenuto dogmatico. Ma ben poco stato detto circa il contesto nel Liber di origine. Questi frammenti sollevano pi interrogativi di quanti ne risolvano. Vanno paragonati a quella che stata a lungo chiamata la Fides Rufini, allinizio della Collectio Palatina, attribuita a Rufino di Aquileia o a Rufino il Siriano, quando invece lautore della collezione probabilmente confondeva luno con laltro103. Se si accettano le indicazioni delle rubriche, siamo di fronte a due frammenti di un Libro di Girolamo, indirizzato a Gaudenzio di Brescia. Lanalisi del contenuto ha mostrato che lopera va fatta risalire agli anni 400-405, periodo che segue lincidente di Milano, non lontano dagli eventi legati alle questioni trattate nei frammenti, in particolare alla questione della visione del Padre da parte del Figlio. Forse bisognerebbe tagliar la testa al toro e attribuire questi frammenti, e con ogni probabilit il Liber stesso, a Rufino, il quale poteva cos, mediante la dedica a un vescovo rinomato, mettersi al riparo da un certo numero di attacchi. Ricordiamo che Gaudenzio sar uno dei legati occidentali inviati a Costantinopoli nel 405 durante il caso di Giovanni Crisostomo104. Lelogio che tesse di lui Rufino nella Prefazione alla traduzione delle Recognitiones probabilmente interessato105, ma i sermoni del vescovo sono lungi dallessere trascurabili. C forse da meravigliarsi che un libro di Rufino ci sia giunto sotto il nome di Girolamo? Il nostro manoscritto della met dellVIII secolo;
Hieronimi presbyteri) e la successione indicata nel testo di cui sopra. Il disordine proviene unicamente dal fatto che la Prefazione a Damaso e i Canoni riguardavano tutti e quattro i vangeli, e non soltanto Matteo? Al contrario lordine regolare per gli altri tre vangeli, con in testa, ogni volta, il frammento dei Prologhi monarchici.
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Questa serie di anatematismi, tra cui la rubrica finale intitolata De fide de nomine
Rufini, contiene un anatematismo sulla visione: Qui dicunt quolibet modo et quolibet sensu Filium Patrem non uidere, anathema sint ( 6 - Ed. SCHWARTZ, A.C.O., V, 1, p. 5).
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questassenza di Gaudenzio ai fini della datazione dellopera sia di Rufino, sia di Girolamo. Difendere Giovanni Crisostomo, infatti, non conveniva affatto al traduttore di Teofilo.
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RUFINO, Prologus in Clementis Recognitiones (CC 20, p. 281, ll. 1-5). Gennadio, oltre
alle traduzioni di Rufino non pervenuteci, a conoscenza di numerose lettere morali (De uiris illustr., 17). Una lettera a Gaudenzio potrebbe essere scomparsa, cos come le lettere di Rufino a Girolamo.
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a quel tempo la traduzione di Rufino delle Omelie sullOttateuco di Origene circola gi sotto il nome di Girolamo106. Ogni testo ha la sua storia. Molti sono andati distrutti, altri hanno cambiato bandiera. Ma anche sotto falsa bandiera, qualsiasi nuovo testo apporta informazioni preziose e consente di comprendere meglio il passato, per quanto questo comporti lidi sconosciuti o mal conosciuti. Yves-Marie DUVAL. (Universit di Poitiers, 1987)
P.S. Paul Meyvaert, a cui stato inoltrato questo studio, ha non soltanto dato il proprio consenso per lattribuzione a Rufino, ma ha anche richiesto che venga menzionato questo pieno consenso alla fine dellarticolo. Tengo a ringraziarlo, a nome mio e di tutti coloro che sinteressano a Rufino e a Girolamo, per averci fatto scoprire questi due preziosi frammenti.
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Origeneshomilien zum Alten Testament (T.U. 42, 1 [Leipzig, 1916]), pp. 74, 121-122, 130. Forse sotto linfluenza di Cassiodoro; cfr. il mio Cassiodore et Jrme: de Bethlem Vivarium, in Flavio Magno Aurelio Cassiodoro (Atti della Settimana di Studi, Cosenza-Squillace, 19-24 settembre 1983 [Cosenza 1986], pp. 344 sgg.
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Nel 1960, in un periodo in cui non ci si era ancora del tutto liberati del ritratto di un Martino semplice copia di Antonio, abbozzato nel 1912 da E.-Ch. Babut, Dom Gribomont, in occasione del XVI Centenario della fondazione di Ligug, ha scritto su Sulpicio Severo uno studio che considero ancora oggi uno dei migliori che esistano, in particolare per i Dialoghi1. Sicuramente la questione martiniana si evoluta notevolmente in questa trentina danni2 e pi di uno studio corretto stato dedicato alle pagine dei Dialoghi che vorrei qui riprendere3; tuttavia mi sembra che, oltre alle
J. Gribomont, Linfluence du monachisme oriental sur Sulpice Svre, in Saint Martin et son temps [Studia Anselmiana, 46] Roma 1961, pp. 135-149 e in particolare pp. 141147 per i Dialoghi. Tutti i rimandi si riferiscono alledizione di C. Halm, CSEL 1, Vienne 1866, in attesa di una nuova edizione. 2 forse necessario ricordare i titoli della quindicina di studi di J. Fontaine che ha accompagnato ledizione commentata della Vita Martini del 1967-1969 (SCh 133, 134, 135) e ha portato a rivedere lapproccio alla questione martiniana? Mi limiter a rimandare alla bibliografia delle opere di Fl. Ghizzoni e di Cl. Stancliffe, citate nella nota seguente, che forniscono un elenco considerevole. 3 Mi riferisco allarticolo di G.K. Van Andel (Sulpicius Severus and Origenism, in VigChr 34 [1980] 278-287), che porta avanti unosservazione di J. Fontaine (SCh 135, pp. 981-985). Ma lopera di Cl. Stancliffe (St Martin and His Hagiographer, Oxford 1983) ad avermi spinto a riaprire il dossier che avevo redatto prima del 1970. Ho gi svelato una parte della mia risposta nella recensione da me scritta nella REL 62 (1984), 569-572. Ho potuto aver accesso solo tardivamente, grazie allamicizia di J. Fontaine, allopera di Fl. Ghizzoni (Sulpicio Severo, Roma 1983), che dedica un capitolo ai Dialoghi (pp. 135-175) e, allinterno di questo, numerose pagine alla controversia origeniana (pp. 168-174). Riprendo subito una sua osservazione (p. 173, n. 8 alla fine): I r a p p o r t i t r a S u l p i c i o S e v e r o e S . G i r o l a mo , a q u a n t o
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nuove idee che sono state pi volte riprese, Dom Gribomont abbia delineato varie soluzioni e posto vari interrogativi che gli avrei chiesto ben volentieri di esplicitare. Girolamo era gi presente in quelle pagine, il che del tutto naturale, dal momento che lo stesso Sulpicio menziona diverse volte il suo nome4. Vorrei iniziare col mostrare che egli ancora pi presente in questi Dialoghi. In compenso il nome di Rufino appare soltanto una volta nelle pagine del nostro amico5. Credo che questi gli dedicherebbe molto pi spazio oggi, e quando cerco di ridare a Rufino il posto che merita, non faccio altro che seguire le orme dellautore del Salterio di Rufino. In queste brevi pagine mi limiter allinizio del racconto di Postumiano circa il viaggio che avrebbe dovuto condurlo in Egitto e che lha costretto a una deviazione di sei mesi per Betlemme. Tuttavia non mi soffermo n sulla cornice letteraria del racconto e di questo primo Dialogo, n sulla storicit del viaggio6 e delle tappe in Africa, nella
pare, non sono ancora stati studiati. Egli ignora, beninteso, le pagine contemporanee di Cl. Stancliffe (cap. 21: Jerome, Vigilantius and the Dialogues, pp. 297-312), che riprendono e portano avanti la tesi di E.Ch. Babut (Saint Martin de Tours, Paris [1912], pp. 48 sgg.; Sur trois lignes indites de Sulpice Svre, in Le Moyen Age 19 [1906] 205213). Sono questi rapporti che vorrei iniziare a trattare. Su Girolamo e Sulpicio cfr. anche Cl. Stancliffe, pp. 66-69. 4 Oltre ai capitoli 6-9 del Dialogo I, il nome di Girolamo viene citato pi volte nel capitolo 21, 5. Dom Gribomont scorge certi sorrisi alle spalle di san Girolamo (p. 142), mentre in seguito intravede pi giustamente unalleanza tra Sulpicio e il satirista di Betlemme (p. 143). 5 J. Gribomont, Linfluence, p. 144: Forse il carattere pi impegnato dei Dialoghi legato a una nuova ondata di propaganda orientale, costituita dalle opere di Girolamo e dalle traduzioni di Rufino. In compenso, bench egli rievochi la tesi delle interpolazioni delle opere di Origene (p. 145), non menziona il nome di Rufino. 6 Una parola soltanto sul suo eroe Postumiano. Costui forse un monaco, un discepolo di Paolino di Nola (Gribomont, art. cit., p.141. Cfr. H. Delehaye, Saint Martin et Sulpice Svre, in AB 38 [1920] 85)? Pierre Fabre (Essai sur la chronologie de loeuvre de saint Paulin de Nole, Paris 1948, p. 45, n. 5) ha raccolto un certo numero di argomentazioni a favore della distinzione tra il Postumiano amico di Sulpicio e il Postumiano dellep. 27 di Paolino. Tuttavia scarso stato linteresse rivolto allo status sociale di questo Postumiano (eccezion fatta per una breve nota di Ghizzoni, che, pur identificando i due Postumiano, sottolinea la ricchezza dellamico di Sulpicio, op. cit., p. 138 e n. 3). Ora, ci sono due fatti (forse tre) che evidenziano lelevata posizione sociale del personaggio: egli offre dieci aurei al prete della Cirenaica, presso il quale ha passato una settimana (Dial. 1, 5, 6, p. 157, l. 19); viene ricevuto da Teofilo (Dial. 1, 7, 5, p. 159, ll. 14-16), come accadr a grandi personaggi del calibro di Piniano e Melania con Cirillo nel 418 (Geronzio, Vita di Melania 34, SCh 90, 190); infine, per poter ritornare pi agevolmente da Betlemme ad Alessandria, affida a Girolamo i propri servitori, nonch (forse) la famiglia e i bagagli: Dial. 1, 9, 6 (p. 161, ll. 14-15): Huic (Hieronymo) traditis adque commissis omnibus meis omnique familia.... Postumiano
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Cirenaica, ad Alessandria e infine a Betlemme, che ammetto senza discussioni. *** La prima tappa, lAfrica, apparentemente senza problemi di nessun ordine Postumiano non sottolinea forse come la facilit e la rapidit della navigazione siano dovute alla volont di Dio?7 , racchiude pi di unindicazione importante per la serie dei Dialoghi e con tutta probabilit per il loro inserimento nella cornice cronologica e dottrinale8. In seguito riparleremo pi volte di Cipriano. LAfrica deve sapere che il suo martire non lunico santo esistente9. Lo sa gi in parte, dato che il viaggiatore ha raccontato che l era nota la Vita Martini, questo nuovo ramoscello doro della vita spirituale10. Va forse paragonata alla Vita Cypriani? La domanda non nemmeno suggerita, cos come non sono esplicitamente menzionate la Vita Pauli e la Vita Hilarionis, che Sulpicio tuttavia conosce11. In compenso menzionato il sepolcro di Cipriano e quello di santi meno celebri: Postumiano ha passato quindici giorni a visitare i loca sanctorum e soprattutto a prostrarsi davanti al sepolcro di Cipriano ad sepulchrum Cypriani martyris adorare 12. Tutte queste annotazioni,
viaggia quindi con tutto un equipaggio, com tipico di un certo numero di persone in quegli anni (Silvia dAquitania, linnominata dellep. 54 di Girolamo, senza contare Egeria; ricordo che il giovane Idazio ha accompagnato i genitori poco dopo). Si potrebbe pensare anche al Postumiano senator, noto grazie allep. 49, 15 di Paolino, che possiede una propriet nel Bruttium, ma che pu essere aquitano come lamico di Sulpicio, bench, a quanto pare, si trovi a Roma al tempo dellepistola 49. I Postumiano, insomma, non sono pochi. 7 Dial. 1, 3, 1-2 (p. 154, ll. 22-27): ... quinto die Portum Africae intrauimus, adeo prospera Dei nutu nauigatio fuit. Libuit animo adire Carthaginem, loca uisitare sanctorum et praecipue ad sepulchrum Cypriani martyris adorare. Quinto die ad portum regressi prouectique in altum, Alexandriam petentes, reluctante Austro paene in Syrten inlati sumus. 8 Sorvolo sul luogo di sbarco di Postumiano. Qual questo Portus Africae? Il porto della Cartagine del IV secolo non ancora identificato oppure Utica? In ogni caso vi una certa distanza tra il Porto e la citt di Cartagine, secondo il racconto di Postumiano. 9 Dial. 2 (3), 17, 5 (p. 215, ll. 25-29). 10 Dial. 1, 23, 5 (p. 176, ll. 6-7). Sul ramoscello doro cfr. ibid. 1, 23, 2 (p. 175, ll. 2627): et aperit librum qui ueste latebat. Cfr. Aen. 6, 406: ... aperit ramum qui ueste latebat. 11 Per quanto riguarda la Vita Pauli le tracce abbondano. 12 Su questi loca sanctorum cfr. Yvette Duval, Loca sanctorum Africae, Paris 1982, che non utilizza questo testo, ma mostra che Postumiano poteva, nei dintorni di Cartagine e a Cartagine stessa, venerare numerose memoriae. Si noti lespressione adorare ad, che non comune e che con tutta probabilit fa il paio con il pi brutale adorare, che Vigilanzio metteva sotto accusa e
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sempre discrete ed equilibrate, non sono casuali, a prescindere dalla data in cui abbia avuto luogo il viaggio, tra il 399 e il 400-401, e da quella in cui i Dialoghi siano stati composti, tra il 403 e il 406-407. Mi limiter per il momento a notare che, nel resto del periplo, Postumiano non dedicher pi neanche un attimo ai luoghi santi, nemmeno in Palestina, e che per descrivere lo spavento dei posseduti dinanzi a Martino in vita, Gallo si serve degli stessi termini impiegati da Ilario per tratteggiare la stessa scena davanti ai sepolcri dei martiri13. In realt tutto lungi dallessere semplice nel racconto di questa tappa africana apparentemente tranquilla. La seconda tappa, sebbene non prevista, lungi dallessere priva di significato o di lezioni pi facilmente percepibili. Bench le reminiscenze classiche, soprattutto sallustiane 14 , diano a questa scoperta delle dune della Cirenaica
che Girolamo respinge nel suo Contra Vigilantium, 4-5 (PL 23, 342 B 13 - 343 A 10). La costruzione biblica e si riferisce al Tempio: Adorabo ad templum sanctum tuum (Ps. Rom. et Gall. 5, 8 e 137, 2). Si possono facilmente intuire tutte le analogie che comporta. 13 Confronta Dial. 2 (3), 6, 2-4 (p. 204, ll. 4-20) e Ilario, Contra Constantium 8 (ed. A. Rocher, SCh 334, p. 182). Il confronto segnalato da Babut (p. 84), ma viene portato avanti in modo alquanto discutibile. Limitazione della pagina di Ilario da parte di Girolamo risale al 404, nellElogio funebre di Paola (ep. 108, 13, CUF 5, p. 174, ll. 1218), in cui troviamo mescolate, come in Ilario, reminiscenze di Cipriano. Sullinfluenza di queste pagine sullep. 2, 9 di Sulpicio cfr. J. Fontaine, Commentaire (SCh 135, p. 1218). Va notato che Sulpicio non dice nulla circa il sepolcro di Martino. 14 Com noto, questo capitolo contiene lunica menzione esplicita di Sallustio da parte di colui che stato definito il Sallustio cristiano. Le reminiscenze dello storico e del geografo abbondano sia nei Dialoghi sia nella Cronaca, com stato ampiamente dimostrato, nel secolo scorso, dalle dissertazioni di H. Pratge (Quaestiones Sallustianae ad Sulpicium Seuerum pertinentes, Gttingen 1874) e di Joseph Schell (De Sulpicio Severo Sallustianae, Liviniae, Tacitae elocutionis imitatore, Mnster 1892), nonch, in modo pi generale, da E. Bolaffi (Sallustio e la sua fortuna nei secoli, Roma 1949, pp. 239 sgg.). Su tali studi cfr. J. Fontaine (Laffaire Priscillien ou lre des nouveaux Catilina in Classica et Iberica. A Festschrift in honor of the Rev. Jos. M.-P. Marique, 1975, pp. 355-392), che mostra limportante influenza dello storico, del moralista e dello stilista, in particolare sulla fine della Cronaca. Lintera opera meriterebbe di essere analizzata in tal senso, anche se Sallustio lungi dallessere lunico modello di Sulpicio. Si potrebbe fare qualche altra aggiunta alle note esistenti (cfr. la nota seguente), ma sarebbe un errore trascurare unaltra indicazione fornita da Sulpicio, di carattere storicogeografico. Egli rievoca la traversata del deserto della Cirenaica da parte di Catone, in fuga da Cesare (1, 3, 6). Il pensiero va al libro IX di Lucano, che contiene il racconto drammatico della vicenda. Come Sulpicio (1, 6, 4), Lucano segnala che le tempeste di sabbia sono pericolose quanto quelle di mare (cfr. 445 sgg.), che in queste regioni cresce solo unerba rara (cfr. 435-438; cfr. Dial. 1, 6, 5) e che non si conoscono n il bronzo n loro (cfr. 424-426; cfr. Dial. 1, 5, 5); ma Sulpicio non parler dei serpenti prima di essersi recato nella Tebaide (1, 10, 2-3). Probabilmente Lucano conosce Sallustio (per i venti di sabbia cfr. Jugurtha, 78, 3; 79, 6).
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lapparenza di una semplice esplorazione curiosa15, Postumiano si informa immediatamente sulla vita e sui costumi dei cristiani16 in quei luoghi di libert17. Le due lezioni che egli ne trae mescolano i precetti della morale sallustiana con quelli dellascesi monastica. Soltanto la seconda lezione sar commentata subito, prima di diventare un leitmotiv nel seguito del racconto di Postumiano. Essa riguarda il cibo. Il parco men dellasceta, che si rivela essere per di pi un prete18, fa arrossire o lascia insoddisfatti i robusti appetiti dei Galli. Gallo, loro degno rappresentante, non si accontenta di quel pane dorzo eppure eccezionale in quelle regioni e di quellerba che, avendo il gusto del miele come il loto19 , non pu saziare il suo appetito20. Le allusioni successive sono meno tinte di reminiscenze classiche. In compenso esse sono direttamente riconducibili a Girolamo, giacch la prima non altro che una citazione della Lettera a Eustochio21 e una delle seguenti con tutta probabilit un ricordo della Vita Pauli22, cui Sulpicio render nuovamente omaggio in seguito23.
Sbarcato sulla riva delle Sirti, Postumiano dichiara: Ego studiosius explorandorum locorum gratia longius processi (1, 3, 3, p. 155, ll. 2-3). Segue la descrizione fisica dei luoghi. Successivamente, quando racconta la propria odissea al primo anziano che incontra, dichiara: egressos in terram, ut sit mos humani ingenii, naturam locorum cultumque habitantium uoluisse cognoscere (1, 4, 2, p. 156, ll. 5-6). Losservazione proviene da Sallustio, Jugurtha, 93, 3, secondo cui il soldato ligure continua lesplorazione per il desiderio di compiere un atto difficile more ingeni humani. 16 Dial. 1, 4, 2 (p. 156, ll. 7-8). Sul cultus cfr. la nota precedente; sui mores cfr. Dial. 1, 5, 5 (p. 157, ll. 14-18). 17 Dial. 1, 3, 6 (p. 155, ll. 18-20). Forse si tratta di una trasposizione dellosservazione di Sallustio riguardante gli abitanti di Leptis, che sfuggono con il loro allontanamento al potere regale della Numidia (Jugurtha, 78, 3); ci la dice lunga sul darsi alla macchia, lanachresis o la bagaude, come dicono in Gallia per scampare al fisco imperiale alla fine del IV secolo. Sono i cristiani ad agire in tal modo, in un Impero capeggiato da cristiani. N Postumiano n Sulpicio faranno la bench minima osservazione. Sul comportamento di Sulpicio nei confronti dellImpero cristiano cfr. il mio studio su Les mtamorphoses de lhistoriographie aux IVe et Ve sicles: Renaissance, fin ou permanence de lEmpire romain in Actes du VII Congrs de la FIEC, Budapest 1979 (=Acta Antiqua Hungarica, 1983), pp. 147-151. 18 Il che non privo di significato, n di lezioni; ma ci sar rivelato solo in seguito, dopo la scoperta della povera chiesa. 19 Odissea, 9, 94. 20 Dial. 1, 4, 4-7 (p. 156, l. 11 - p. 157, l. 1). Sui banchetti in Gallia e in particolare in Aquitania cfr. la testimonianza contemporanea di Ammiano Marcellino (Res gestae, 15, 12, 4-5 e 16, 8, 8). 21 Dial. 1, 8, 5 (p. 160, ll. 7-8). 22 Dial. 1, 20, 4 (p. 172, ll. 20-23) e Vita Pauli 6 (PL 23, 21 B-C). Gi segnalato da Babut (Saint Martin de Tours, p. 49, n. 6, 3). Altri riferimenti alla gula o alla cucina in Dial. 1, 13, 4; 2, 8, 2. 23 Postumiano dichiara di aver visitato anche il luogo in cui Paolo, il primo eremita, ha soggiornato (Dial. 1, 17, 1, p. 169, ll. 18-19). Un bellomaggio alla veridicit contestata di Girolamo!
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Laltra lezione del soggiorno in Cirenaica concerne il denaro. Postumiano crede di sapere che gli uomini si sono stabiliti in quelle regioni inospitali per essere liberi da qualunque tassa24; egli ha inoltre appreso che queste genti non praticano fra loro nessun tipo di commercio e pertanto ignorano cosa siano la frode e il furto. Non hanno n oro n denaro e non desiderano, dichiara questo nuovo Sallustio, ci che i mortali mettono in cima alle loro preoccupazioni25. Ma ci troviamo in epoca cristiana. Postumiano ha notato lumilt della chiesa del luogo26 e, quando ha voluto dare dieci aurei al prete, si visto consegnare un apoftegma sulloro che distrugge pi di quanto costruisce la Chiesa27. Anche qui siamo gi in compagnia di Girolamo28. In verit Postumiano non aveva intenzione di andare a trovare Girolamo. L o c o n o s c e v a g i d a u n p r e c e d e n t e v i a g g i o 2 9 . A l
Dial. 1, 3, 6 (p. 155, ll. 18-20). Dial. 1, 5, 5 (p. 157, ll. 14-18): Cum hominum mores quaereremus, illud praeclarum aduertimus nihil eos neque emere neque uendere. Quid sit fraus aut furtum nesciunt. Aurum uero adque argentum, quae prima mortales putant esse, neque habent neque habere cupiunt. Due osservazioni: 1) la parte di frase in corsivo non altro che una ripresa dal Catilina, 36, 4, sulla ricerca di ricchezze; 2) il nihil eos neque emere neque uendere rappresenta la messa in pratica, potremmo dire spontanea, di un precetto di Martino a Marmoutier: Non emere aut uendere, ut plerisque monachis moris est, quicquam licebat (V.M. 10, 6). In questo passo losservazione di Sulpicio in linea con la constatazione e con la critica di Girolamo nella Lettera a Eustochio (ep. 22, 34), in un capitolo citato dalle pagine successive dei Dialoghi. 26 Dial. 1, 5, 4 (p. 157, ll. 10-14). 27 Dial. 1, 5, 6 (p. 157, ll. 18-20): Nam cum ego presbytero illi decem nummos aureos obtulissem, refugit, altiore consilio protestatus ecclesiam auro non instrui sed potius destrui. 28 Girolamo, ep. 52, 10 (CUF 2, p. 185, ll. 12 sgg.): Multi aedificant parietes et columnas ecclesiae subtrahunt.... Tutta la trattazione che segue una condanna del denaro e del lusso della Chiesa. Lautore dei Dialoghi conosce bene questa Lettera a Nepoziano sul chiericato. 29 Dial. 1, 8, 2 (p. 159, ll. 24-26): ... mihi iam pridem Hieronymus superiore illa mea peregrinatione conpertus. C da perdersi nel calcolare la data di questa visita. Ricordo semplicemente che Desiderio, che potrebbe essere il dedicatario della Vita Martini, giunge a Betlemme nel 398. Ma il iam pridem non si riferisce a un tempo precedente? Nel 395 Vigilanzio a giungere in Palestina. A favore del 398 citerei quanto segue. Postumiano dichiara di aver constatato il successo editoriale della Vita Martini a Roma (Dial. 1, 23, 4, p. 176, ll. 3-7), dove per non passato durante il viaggio in questione, visto che sottolinea la rapidit della traversata tra Narbonne e lAfrica. Se il racconto coerente, ci ci rimanda non prima del 397, qualora la Vita sia stata diffusa prima della morte di Martino (nov. 397); ci rimanda invece al 398 se la Vita, scritta nel 397, stata diffusa solo dopo il decesso del vescovo di Tours (cfr. A. Chastagnol, Autour de la mort de saint Martin, in Bulletin de la Soc. nationale des Antiquaires de France 1982, pp. 134-140).
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termine di un soggiorno di sei mesi a Betlemme30, che conferma la vastit delle sue risorse, Postumiano riveler che lo scopo primo del viaggio era lEgitto31. Ma quando, dopo una settimana in Cirenaica, la loro nave approda ad Alessandria, Postumiano e il suo piccolo gruppo arrivano nel pieno della controversia tra vescovi e monaci, ovvero tra Teofilo e i suoi monaci32. Ci troviamo non prima dellestate del 399, ma pi verosimilmente nel 400, perch si sono svolti i frequentes synodi rievocati da Postumiano33. Questi hanno convalidato la condanna di Origene e dei suoi scritti, ma hanno anche provocato, con laiuto attivo del potere politico34, lespulsione e la messa al bando di un certo numero di monaci. La questione piuttosto conosciuta ed inutile riprenderla in questa sede. Certo, il racconto di Postumiano non basterebbe a illuminare un lettore che non ne fosse gi al corrente. Tuttavia le due lunghe pagine nelle quali Postumiano, non pago di esporre le tesi avverse, non si priva di esprimere la propria opinione e quella di Sulpicio sono di enorme interesse per comprendere la posizione di Sulpicio e, probabilmente, limportanza dei Dialoghi35 . Talvolta
Dial. 1, 9, 4 (p. 161, ll. 3-4). Dial. 1, 9, 5-6 (p. 161, ll. 12-19): Nisi mihi fuisset fixum animo et promissum Deo ante propositam eremum adire, uel exiguum temporis punctum a tanto uiro discedere noluissem. Huic ergo traditis adque commissis omnibus meis omnique familia, quae me contra uoluntatem animi mei secuta tenebat implicitum (...), regressus ad Alexandriam.... 32 Dial. 1, 6, 1 (p. 157, ll. 22-25). 33 Ibid. (p. 157, l. 26). 34 Dial. 1, 7, 2 (p. 159, ll. 1-4). 35 Riporto per intero il testo riguardante la tappa alessandrina, adottando il testo di Halm, ma modificando la punteggiatura e la presentazione. Dialoghi, 1, 6-7 (p. 157, l. 22 - p. 159, l. 20): 6 (1) Quod cum ille benigne accepisset, reuocantibus ad mare nautis discessimus, prosperoque cursu septimo die Alexandriam peruenimus, ubi foeda inter episcopos adque monachos certamina gerebantur ex ea occasione uel causa quia, congregati in unum saepius, sacerdotes frequentibus decreuisse synodis uidebantur ne quis Origenis libros legeret aut haberet, qui tractator scripturarum sacrarum peritissimus habebatur. (2) Sed episcopi quaedam in libris illius insanius scripta memorabant, quae adsertores eius defendere non ausi, ab haereticis potius fraudulenter inserta dicebant et ideo non, propter illa quae in reprehensionem merito uocarentur, etiam reliqua esse damnanda, cum legentium fides facile possit habere discrimen ne falsata sequerentur et tamen catholice disputata retinerent. Non esse autem mirum, si in libris neotericis et recens scriptis fraus haeretica fuisset operata, quae in quibusdam locis non timuisset inpetere euangelicam ueritatem. (3) Aduersum haec episcopi obstinatius renitentes pro potestate cogebant recta etiam uniuersa cum prauis et cum ipso auctore damnari, quia satis superque sufficerent libri quos ecclesia recepisset: respuendam esse penitus lectionem, quae plus esset nocitura insipientibus quam profutura sapientibus.
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considerata un excursus36, questa presentazione merita unanalisi pi dettagliata rispetto a quelle tentate dopo le pagine che gli aveva dedicato a giusto titolo Dom Gribomont37. Cercheremo anche con lui i motivi per i quali Sulpicio ha tenuto a farci conoscere il suo punto di vista su Origene, nonch sui rapporti tra vescovi e monaci.
(4) Mihi autem ex illis libris quaedam curiosius indaganti admodum multa placuerunt, sed nonnulla deprehendi, in quibus illum praua sensisse non dubium est, quae defensores eius falsata contendunt. (5) Ego miror unum eundemque hominem tam diuersum a se esse potuisse ut, in ea parte qua probatur, neminem post Apostolos habeat aequalem, in ea uero qua iure reprehenditur, nemo deformius doceatur errasse. 7 (1) Nam cum ab episcopis excepta in libris illius multa legerentur, quae contra catholicam fidem scripta constaret, locus ille uel maxime parabat inuidiam, in quo editum legebatur quia Dominus Iesus, sicut pro redemptione hominis in carne uenisset et crucem pro hominis salute perpessus mortem pro hominis aeternitate gustasset, ita esset eodem ordine passionis etiam diabolum redempturus, quia hoc bonitati illius pietatique congrueret ut, qui perditum hominem reformasset, prolapsum quoque angelum liberaret. (2) Cum haec adque alia istius modi ab episcopis proderentur, ex studiis partium orta seditio. Quae cum reprimi sacerdotum auctoritate non posset, scaeuo exemplo ad regendam ecclesiae disciplinam, praefectus adsumitur, cuius terrore dispersi fratres ac per diuersas oras monachi sunt fugati, ita ut propositis edictis in nulla consistere sede sinerentur. (3) Illud me admodum permouebat, quod Hieronymus uir maxime catholicus et sacrae legis peritissimus, Origenem secutus primo tempore putabatur, qui nunc idem praecipue uel omnia illius scripta damnaret. Nec uero ausim de quoquam temere iudicare; praestantissimi tamen uiri et doctissimi ferebantur in hoc certamine dissidere. (4) Sed tamen, siue ille error est, ut ego sentio, siue haeresis, ut putatur, non solum reprimi non potuit multis animaduersionibus sacerdotum, sed nequaquam tam late se potuisset effundere, nisi contentione creuisset. (5) Istius modi ergo turbatione, cum ueni Alexandriam, fluctuabat. Me quidem episcopus illius ciuitatis benigne admodum et melius quam opinabar excepit et secum tenere temptauit. (6) Sed non fuit animus ibi consistere, ubi recens fraternae cladis feruebat inuidia. Nam etsi fortasse uideantur parere episcopis debuisse, non ob hanc tamen causam multitudinem tantam sub Christi confessione uiuentem, praesertim ab episcopis, oportuisset adfligi. 36 Cos anche Fl. Ghizzoni, op. cit., p. 165. H. Delehaye, Saint Martin et Sulpice Svre, in AB 38 (1920) 86, parla di episodi estranei alla faccenda come il soggiorno a Betlemme e soprattutto come la pagina, alquanto curiosa, sulle controversie origeniane ad Alessandria. Respinge, giustamente, J. Gribomont, art. cit., pp. 145 sgg. Si ricordi per che Delehaye rispondeva a Babut, il quale negava sia la storicit del viaggio di Postumiano (op. cit., p. 49 e n. 2), sia la reale esistenza del personaggio di Gallo. 37 J. Gribomont, art. cit., pp. 145-147. Van Andel (art. cit., n. 3, p. 284 e n. 43) e Cl. Stancliffe (op. cit., pp. 308-309) sono i soli, che io sappia, ad aver segnalato analogie tra Sulpicio e Rufino. Van Andel, in una breve nota, rimanda a Rufino, De adulteratione, 1, 2, 3, 7, 16 e alla Prefazione 1, 2, 3 di Rufino alla sua traduzione del Peri Archn. Cl. Stancliffe, che rinvia alla propria tesi inedita in cui discute tali somiglianze, non daccordo con Van Andel circa la Prefazione di Rufino: secondo lautrice le somiglianze si limiterebbero ai capitoli 1, 7 e 16 del De adulteratione. Eliminerei anchio i capitoli 2 e 3, che portano avanti e illustrano la tesi del cap. 1; tuttavia sostituirei il cap. 7 con il cap. 9. Per quanto riguarda la Prefazione di Rufino alla traduzione, essa contiene lelogio (da parte di Girolamo) di Origene, definito capo delle
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I dettagli della requisitoria dei vescovi sono poco esplicitati e lascerebbero qualunque lettore nellincertezza, se questi fosse informato solo da Sulpicio. Postumiano tratter un punto soltanto; egli dichiara di averlo ricavato dagli estratti di Origene, che i vescovi avevano riunito per giustificare la condanna. Ritorneremo su questo punto in seguito38. Al di fuori di questa specifica accusa, Postumiano si limita ad affermazioni generali e sottolinea soprattutto il modo con cui i vescovi avevano usato il proprio potere per condannare in blocco unopera nella quale il falso si mescolava al vero, e anche il suo autore; dicevano che i libri ricevuti dalla Chiesa non mancavano e che bisognava respingere in blocco quelli di Origene, perch la loro lettura era pi suscettibile di nuocere agli ingenui che di essere utile ai saggi39. Postumiano non si lasciato intimorire da questatto di autorit. Ha cercato di condurre da s la ricerca, senza per questo condividere le tesi dei difensori di Origene. Questi dichiaravano infatti che i passi errati fossero opera di eretici, che li avevano inseriti nelle opere di Origene; bisognava lasciare che il lettore operasse la facile distinzione tra errore e verit, senza privarsi degli ulteriori sviluppi. Essi sostenevano, per giustificare la tesi sulle interpolazioni eretiche nelle opere di Origene, che anche i Vangeli avevano subito attacchi simili40. Questa perorazione della difesa, sebbene la parola adulteratio non sia utilizzata pi di qualunque altro termine propriamente tecnico, rievoca la tesi e largomentazione del De adulteratione Origenis librorum, composto a Roma nel 397-398 da Rufino di Aquileia, come postfazione alla sua traduzione dellApologia di Origene di Panfilo. a questopera e non a conversazioni tenute ad Alessandria che Sulpicio deve le proprie informazioni. Rufino ma lui solo, a quanto pare41 asseriva che erano state operate interpolazioni
Chiese dopo gli Apostoli, nonch due delle affermazioni presenti nel De adulteratione sulle incoerenze e sulle interpolazioni. Non credo pertanto che si possa escludere la lettura del Peri Archn, quanto meno nella traduzione di Rufino. 38 Dial. 1, 7, 1. 39 Dial. 1, 6, 1 (p. 157, ll. 25-28), 3 (p. 158, ll. 8-12). 40 Dial. 1, 6, 2 (p. 158, ll. 1-7). 41 La tesi figura nel Codex 117 di Fozio, che riassume unanonima Apologia di Origene. Secondo P. Nautin (Origne, Sa vie et son oeuvre, Paris 1977, pp. 106 sgg.) si tratterebbe dellApologia di Panfilo. Ma oltre al fatto che lApologia di Panfilo riassunta nel Codex 118, Fozio dichiara che lApologia anonima si basa su Panfilo e su Eusebio. Daltra parte lelenco dei 15 rimproveri confutati non corrisponde a quello di Panfilo-Rufino, e lascia supporre una data successiva allinizio del IV secolo. Risalirebbe infatti alla fine del IV secolo o al V secolo. Sulle interpolazioni cfr. p. 89, ll. 12-16 (ed. Henry). La lettera di Origene menzionata potrebbe essere quella citata in parte da Rufino.
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da parte degli eretici nei Vangeli e deduceva che questi eretici avevano avuto a fortiori meno rispetto per opere pi recenti, meno conosciute e meno protette42. Postumiano si spinge fino a mutuare dal primo capitolo di Rufino lo stupore professato da questultimo di fronte alle incoerenze di Origene43. Ciononostante egli esplicita il proprio giudizio, facendo appello a un elogio che Girolamo aveva pi volte proclamato44, prima di abbandonarsi al voltafaccia rievocato in seguito da Postumiano: Da parte mia afferma questi trovo sorprendente che un solo e unico uomo abbia potuto essere diverso a tal punto da s stesso che, nella parte in cui lo si loda, non ha uguali presso gli Apostoli, mentre nella parte in cui viene a giusto titolo criticato, non viene indicato nessuno che abbia commesso errori cos grossolani. Rufino, nel difendere Origene, si era ben guardato da qualsiasi ditirambo; rinfaccer a Girolamo di aver usato nei confronti di Origene frasi eccessivamente laudative45. Tuttavia Rufino si era richiamato a queste per coprirsi le spalle, nella Prefazione alla traduzione del Peri Archn46, che viene ripresa, sebbene sia controbilanciata da un giudizio altrettanto negativo, che accentua e sottolinea il disaccordo, senza fornire altra spiegazione se non quella dellerrore errasse . Postumiano non accetta la tesi dellinterpolazione47. Cos facendo, si schiera dalla parte di Girolamo. Secondo lui tale sotterfugio evita ai sostenitori di Origene di dover difendere tesi manifestamente insostenibili e permette loro di discolpare Origene, che le ha realmente
Rufino, De adulteratione, 9 (ed. M. Simonetti, CCL 20, 13): De haereticorum uero temeritate quia credi istud scelus facile possit, illa res maximum credulitatis praestat exemplum quod abstinere impias manus ne a sacrosanctis quidem Euangelii uocibus... Quid ergo iam erit magnum si Origenis scripta temerarunt hi qui Saluatoris Dei nostri dicta ausi sunt temerare...?. 43 Dial. 1, 7, 5 (p. 158, ll. 15-16); Rufino, De adulteratione, 1 (p. 7, ll. 17-26): Dubitari non puto quod hoc nullo genere fieri potuit ut uir tam eruditus (...) ipse sibi contraria et repugnantia suis sententiis scriberet. Si entra poi nel dettaglio. Largomentazione gi stata avanzata da Panfilo nella sua Apologia, 3 (PG 17, 560 C 7-11). 44 Girolamo, Praef. translationis Hom. in Ezechielem Origenis (PL 25, 583=GCS 33, p. 318): et hominem, iuxta Didymi uidentis sententiam, alterum post apostolos ecclesiarum magistrum; Liber interpretationis hebraicorum nominum, Praef. (CCL 72, 59-60): Quem post Apostolos ecclesiarum magistrum nemo nisi inperitus negat. Questa volta Girolamo parla a proprio nome. 45 Cfr. ad esempio Rufino, Apologia c. Hieronymum 1, 22 (CCL 20, 56-57). 46 Rufino, Praefatio in librum I Peri Archn (CCL 20, 245, ll. 19-21): quem ille (Hieronymus) alterum post apostolos ecclesiae doctorem scientiae ac sapientiae merito conprobauit. 47 Dial. 1, 6, 2 (pp. 157-158): quae adsertores eius defendere non ausi, ab haereticis potius fraudulenter inserta dicebant.
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sostenute48. Ma come dir in maniera esplicita, per lui si tratta di un errore di Origene, non di un consapevole partito preso come pretendono alcuni siue ille error est, ut ego sentio, siue haeresis, ut putatur49. Tale distinzione importante. Lopinione si basa sulle letture personali che Postumiano assicura di aver fatto. Ne distingueremo due tipi. Postumiano dichiara, in primo luogo, che ha avuto cura di esaminare qualche passo dei libri di Origene e che ha trovato, affianco a molti eccellenti sviluppi, alcuni manifestamente errati50. Sfortunatamente il vocabolario di Sulpicio non consente di conoscere la natura degli estratti da lui letti. Se ci atteniamo alla presentazione generale che stata fatta di Origene (un commentatore delle Scritture)51, nulla invita a pensare che tali estratti provenissero dal Peri Archn, accessibile a Sulpicio a partire dal 398, ma che non includeva pi, nella traduzione censurata di Rufino, passi qualificabili come praua52. Parimenti, le traduzioni di Omelie realizzate da Girolamo avevano cancellato o attenuato i passi pi discutibili53. La traduzione del Peri Archn di Girolamo forse pervenuta a Sulpicio per mezzo di Paolino54? Si potrebbe anche pensare allApologia di Panfilo55, il cui primo libro, tradotto da Rufino nel 397, una collezione di estratti di Origene che risponde a nove capi daccusa 56 , ponendo laccento sullopera predicata 57 del prete di Cesarea, ma
Dial. 1, 6, 4 (p. 158, ll. 14-15): nonnulla deprehendi, in quibus illum praua sensisse non dubium est, quae defensores eius falsata contendunt. 49 Dial. 1, 7, 4 (p. 159, ll. 10-11). 50 Dial. 1, 6, 4 (p. 158, ll. 12-15). 51 Dial. 1, 6, 1 (p. 157, ll. 27-28). 52 Girolamo intraprender la sua traduzione alla fine del 398 proprio perch la traduzione di Rufino gli sembrava edulcorare gli errori di Origene. 53 Cfr. Rufino, Apologia c. Hieronymum 2, 31 (CCL 20, 106, ll. 6-107, l. 34). 54 Girolamo consiglia a Paolino di domandarla a Pammachio, per la questione del libero arbitrio. Ma stando a quanto afferma, nel trattato vi pi male che bene (ep. 85, 3). 55 Panfilo, Apologia pro Origene (PG 17, 541-616). Indirizzata ai confessori egiziani condannati alle miniere della Palestina, questApologia contava sei libri, sui dettagli e sullautenticit dei quali si discusso molto, non appena Rufino ha tradotto il primo libro. Soprattutto Girolamo ha messo in dubbio lorigine dellApologia, che Fozio tuttavia conosceva (Cod. 118). Non occorre entrare nel merito di questa controversia, n delle discussioni attuali. 56 Apologia, 5 (PG 17, 577-579). Ognuna di queste accuse confutata, facendo ricorso a vari estratti, nei capitoli successivi (c. 579-616). 57 Apologia, Prefazione (PG 17, 547-548).
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citando solo Commenti o opere dotte principalmente Peri Archn e Commenti alle varie epistole di Paolo58 . Una tale lettura tanto pi verosimile in quanto va di pari passo con quella del De adulteratione59, di cui abbiamo percepito gli echi innegabili in queste pagine. La moderna edizione del De adulteratione rischia di far dimenticare che le pagine di Rufino sono soltanto una postfazione alla traduzione dellApologia di Panfilo, e che le due parti che siamo indotti a distinguere, ora anche per ragioni materiali, hanno sempre costituito in latino un insieme unico, specie al tempo della loro pubblicazione, nel 397. Se dunque, come diventa del tutto naturale, Sulpicio o Postumiano ha letto linsieme di Rufino e non la sola postfazione del De adulteratione, di fatto ha potuto trovare, negli estratti riuniti da Panfilo, proprio come nelle Omelie fino ad allora tradotte da Girolamo, alcune bellissime pagine di Origene, ed probabile che queste gli siano piaciute60. Non vi da stupirsi che egli utilizzi i rimproveri indirizzati da Panfilo agli avversari di Origene, riguardo alla condanna in blocco delle sue opere, senza lasciare a ognuno la possibilit di trarre ci che c di buono61. N va escluso che la distinzione fra eresia e errore, piuttosto difficile da mantenere, sia in parte dovuta al modo in cui Panfilo, dopo aver citato un lunghissimo testo di Origene sulleresia e sulle sue molteplici forme62, si chiedeva come un uomo simile potesse essere accusato di eresia, dopo aver enumerato cos bene non soltanto tutti gli errori ereticali, ma anche tutte le verit cattoliche63. Postumiano rifiuta la denominazione eresia;
Panfilo giustifica tale scelta (PG 17, 548-549) dicendo che sceglier le citazioni tra le opere dotte, le pi contestate. Cfr. anche c. 557 A-B. 59 Il lettore moderno utilizza, a giusto titolo, ledizione di M. Simonetti (CCL 20, 7-17), forse senza prestare attenzione al fatto che la Prefazione di Rufino alla traduzione dellApologia si trova a pp. 233-234. Quanto allApologia, essa non ha conosciuto nuove edizioni dopo quella dei de la Rue, che stata ripresa da Migne. Le diverse parti si possono quindi trovare nella PG 17, secondo lordine rufiniano: (1) Prefazione di Rufino (PG 17, 539-542); (2) (Primo libro dell) Apologia di Panfilo (PG 17, 541-616); (3) Liber de adulteratione librorum Origenis (PG 17, 615-632). 60 Dial. 1, 6, 4 (p. 158, ll. 12-14). 61 Apologia, Praefatio (PG 17, 543 A). 62 Si tratta, secondo Panfilo, di una serie di estratti dal Commento allEpistola a Tito, 3, 10 (PG 17, 553A-556, ripreso in PG 14, 1303-1306), il che confermato dalle analogie con lIn Titum, 3, 10-11 di Girolamo (PL 26, 596-598). A. Le Boulluec ha analizzato con cura queste pagine degne di nota nellopera La notion dhrsie dans la littrature grecque des IIe-IIIe sicles, t. 2, Paris 1985, pp. 524 sgg. 63 Panfilo, Apologia 1 (PG 17, 557 A-C).
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si limita a dire che Origene si materialmente sbagliato senza avere lintenzione, cos sembra, di professare lerrore64 . Tuttavia non n tra gli errori confutati dallApologia di Panfilo65, n fra le tesi presentate nel Peri Archn che Postumiano ha potuto trovare laccusa particolarmente odiosa di cui si fa propagatore. Se avesse tenuto conto della parte della lettera di Origene riportata nel De adulteratione di Rufino66, avrebbe taciuto questa tesi scandalosa. Si impongono due interrogativi: dove ha trovato Sulpicio tale accusa? Perch lha riportata? Lo stesso Postumiano risponde al primo interrogativo; dice di aver avuto accesso a un altro dossier, redatto dai vescovi ostili a Origene. Nonostante la sua ricchezza, egli cita soltanto un estratto, il pi scandaloso, riguardante la redenzione del diavolo67. Qui simpongono diverse considerazioni. Il riassunto offerto da Sulpicio dimostra che la tesi incriminata non semplicemente quella della penitenza del diavolo o dellapocatastasi, bens quella di una nuova economia, che assicura la salvezza del diavolo, cos come la prima aveva procurato la salvezza dellumanit. Tale affermazione in netta contraddizione con la Scrittura, al punto che non si riesce a capire molto bene come Origene abbia potuto considerarla. Abbiamo infatti testi di Origene che assicurano il contrario68. Ma ci non vuol dire che Postumiano e Sulpicio abbiano inventato questaccusa. Essa figura nella Lettera sinodale che
La natura della distinzione di Postumiano chiara; ma questa non pu soddisfare un eresiologo. Credo si possa trovare unaltra analogia tra lApologia di Panfilo e quanto afferma Postumiano riguardo alle misure adottate dai vescovi, anche se queste erano presenti sia in Occidente sia in Oriente. Panfilo rimprovera agli avversari di Origene di proibire in blocco qualsiasi lettura delle sue opere, come se il lettore non fosse capace, come avviene per le opere pagane, di fare una cernita (Praefatio, PG 17, 543 A-B; 546 A-B e D). Postumiano ha ignorato linterdizione, peraltro reale, dei vescovi. Non si fa scrupoli nemmeno nel riprendere lelogio di Origene, che lo paragona agli Apostoli (1, 6, 5, p. 158, ll. 17-18), bench questo costituisse un rimprovero che si muoveva, agli inizi del IV secolo, ai sostenitori di Origene (Panfilo, Apologia, Praefatio, PG 17, 543 B-C; 545 B-C). 65 Apologia, cap. 5 (PG 17, 577-579). La confutazione del nono errore, riguardante la metensomatosi, termina con un testo che afferma leternit delle pene dellinferno, anche se saranno previsti vari gradi a seconda del peccato (c. 615-616), sia per i demoni sia per gli uomini. 66 Liber de adulteratione, 7 (CCL 20, 11-12=PG 17, 624-626). Su questa lettera di Origene, sul contesto e sulla ricostruzione cfr. P. Nautin, Lettres et crivains chrtiens des IIe et IIIe sicles, Paris (1961), pp. 132-133, 245-248; Origne, sa vie et son oeuvre, Paris 1977, pp. 161-167. 67 Dialoghi, 1, 7, 1 (p. 158, ll. 19-27). 68 Origene, Commento a Giovanni, 1, 35, 255-256 (SCh 120, 186, n. 2).
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Teofilo dAlessandria fece ratificare nel 400 in Palestina e a Cipro, e che lOccidente ha potuto leggere con tutto il dossier nella traduzione di Girolamo69. Anche se Postumiano ha potuto aver accesso agli atti del sinodo egiziano, non penso che Sulpicio, dal canto suo, avesse altre fonti oltre alle traduzioni di Girolamo, non prima del 401 per il dossier del 400, ma anche per la Lettera pasquale del 40170. in queste denunce di Teofilo che Sulpicio ha trovato la tesi della redenzione del diavolo, e non nella traduzione del Peri Archn di Girolamo, giacch la Lettera ad Avito, che ritorner sullargomento parecchi anni dopo, sar obbligata a convenire che Origene non ha esplicitamente sostenuto tali affermazioni, bens queste erano insite nella logica del discorso71. Postumiano non evoca forse esplicitamente alcuni ab episcopis excepta? Resta da capire perch Sulpicio e Postumiano abbiano scelto di riportare questa accusa tra i numerosi errori che, negli scritti di Origene, si opponevano alla fede cattolica72. Si voluto mettere in rapporto la vigorosa condanna da parte di Sulpicio della redenzione del diavolo con la compassione di cui Martino avrebbe dato prova, secondo la Vita, arrivando fino al punto di promettere il perdono al diavolo, qualora facesse penitenza: Sulpicio avrebbe riparato, nei Dialoghi, a unimprudenza della Vita73. Questingegnosit certamente degna di Sulpicio. Tuttavia mi domando se non vi siano ragioni pi semplici per questa condanna, maggiormente connesse con lascetismo. Se infatti pu apparire sorprendente, a chi consideri nel loro insieme lorigenismo e la controversia origeniana, che nei Dialoghi non venga fatta nessuna menzione
Girolamo, ep. 92, 4 (CUF 4, p. 154, ll. 22-26): In alias quoque impietates furibundus exultat uolens eum qui in consummatione saeculorum et in destructione peccati semel passus est, Dominum nostrum Iesum Christum pro daemonibus quoque et spiritalibus nequitiis crucem aliquando passurum.... 70 Girolamo, ep. 96, 10 (CUF 5, p. 17, l. 27): dicens eum et pro daemonibus ac spiritalibus nequitiis apud superos adfingendum cruci. Nec intellegit in quam profundum impietatis conruat barathrum: si enim Christus pro hominibus passus homo factus est, ut scripturarum testantur eloquia, consequens erit ut dicat Origenes: Et pro daemonibus passurus, daemon futurus est.... I due 11-12 proseguono nella stessa direzione. 71 Girolamo, ep. 124, 12 (CUF 7, p. 111, ll. 5-11). Allusione pi generale e pi sottile nel Contra Rufinum 1, 20 (ed. P. Lardet, SCh 303, p. 57, ll. 3-5). Sulla Lettera di Giustiniano a Mena cfr. Koetschau (GCS 22, 344-345); H. Crouzel, Origne, Trait des principes I-II (SCh 263, 148-149, n. 24). 72 Dial. 1, 7, 1 (p. 158, ll. 20-21). 73 Alla base di tutto, pare, il Commentaire di J. Fontaine alla Vita Martini 22, 5 (SCh 135, pp. 981-985 e, per il ricorso a questo passo dei Dialoghi, p. 982, n. 2), ripreso e ampliato da G.K. Van Andel (art. cit., n. 3), che parla di palinodia (recantation) (p. 285); accettato da Cl. Stancliffe (op. cit., p. 309 e n. 1) e Fl. Ghizzoni (op. cit., p. 172 e n. 6).
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alle questioni trinitarie e alla natura del corpo resuscitato74, non stupisce affatto che alcuni asceti, occidentali e orientali, siano rimasti scandalizzati dallidea che colui contro il quale avevano intrapreso una lotta mortale, un giorno si sarebbe salvato. La medesima ostilit dimorava nei semplici cristiani, cui veniva ricordata la rinuncia alla quale si erano impegnati con il battesimo. Senza sfociare in un manicheismo consapevole e ponderato, i monaci vedevano nellAvversario il Male assoluto e proteiforme. Immaginare che Cristo potesse assumere una seconda missione e potesse di nuovo soffrire la Passione per salvare il diavolo rappresentava la negazione della propria lotta, nonch una formale contraddizione nei confronti della Scrittura. Basta vedere come Girolamo, nella predica alla comunit di Betlemme, colse loccasione per ironizzare sul diavolo e sul suo destino finale75. Il suo uditorio76 era pi direttamente interessato a simili questioni, che non a sviluppi pi speculativi. Negli stessi Dialoghi, se Cristo esercita la propria potenza attraverso i vari monaci dEgitto77, come negli atti di Martino78, cionondimeno lAvversario, con le sue tentazioni e con le sue illusioni, il suo principale nemico, e quello dei monaci79. Ci che Martino si era sentito dire dopo il congedo dallesercito continua ad avverarsi per tutti: Ovunque tu vada e qualsiasi cosa tu faccia, troverai il diavolo di fronte a te80. Se questi occupa dunque un posto ingombrante nella vita di tutti i giorni, non stupisce che Postumiano e Sulpicio siano stati arrestati a causa delle proposte scandalose attribuite a Origene, senza che venisse concessa a Sulpicio la facolt di discolparsi
Gi sottolineato da Van Andel (art. cit., p. 283). Dato lo spazio che occupano tali questioni tra il 395 e il 410, il silenzio di Sulpicio desta curiosit. 75 Cfr. Tr. de Ps. 7, 17 (CCL 78, 26, ll. 21-27, l. 230); 81, 7 (p. 86, ll. 129-135). Ma lo scandalo non mai stato denunciato con la stessa veemenza del 396 e del 399, da un lato nellIn Ionam, 3, 6-9 (SCh 323, 272-274 e in particolare ll. 171-176), dallaltro nellep. 84, 7 (CUF 4, p. 133, ll. 6-9): Gabriele sar uguale al diavolo, Paolo a Caifa, le vergini alle prostitute?. 76 Su questuditorio formato da simpliciores cfr., ad es., il Tr. de Ps. 91, 11 (CCL 78, p. 139, ll. 197-198). 77 una delle prime domande che Sulpicio formula a Postumiano. Dial. 1, 2, 2 (p. 153, l. 25 - p. 154, l. 1). Cfr. anche Dial. 1, 14, 6 (p. 167, l. 4); 15, 6 (p. 168, ll. 10-17) ecc. 78 Laffermazione esplicita nel Dial. 3, 10, 5 (p. 208, ll. 4-7). 79 Mi limito alla conclusione del racconto di Postumiano sullasceta dalla falsa giustizia, che viene infine liberato dallo spirito del male (ab immundo spiritu liberatus): Haec uos de uirtutibus Domini quae in seruis suis, uel imitanda operatus est uel timenda, scire sufficiat (Dial. 1, 22, 5, p. 175, ll. 17-18). Sappiamo che il pensiero orgoglioso gli era stato messo in testa dal diavolo (Dial. 1, 22, 2, p. 174, ll. 24-25). 80 Vita Martini, 6, 2 (ed. J. Fontaine, p. 264).
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per una parola di Martino che diventava imprudente nel clima della controversia origeniana. Durante questa parentesi alessandrina Postumiano, se si presta attenzione alle sue velate indicazioni, ha saputo mostrare di non sposare ciecamente n il punto di vista dei monaci, n quello dei vescovi. Egli ha osato ignorare le prescrizioni dei vescovi, che vietavano la lettura di Origene; e se non esita a riconoscere di aver trovato qualche errore palese, non nasconde che molte pagine gli sono piaciute. Rimprovera ai vescovi di aver esercitato unautorit brutale81 e soprattutto di essere ricorsi alla forza civile82 , ma a ognuno la propria passione83, senza decidersi a biasimare apertamente linsubordinazione dei monaci, che forse avrebbero dovuto ubbidire ai vescovi84. Non sarebbe del tutto sbagliato affermare che, in fondo, Postumiano si schiera pi volentieri dalla parte dei monaci, o quanto meno delle vittime; ma lo fa non senza resistenza, almeno sul piano intellettuale. Infatti mentre siamo ancora ad Alessandria, Postumiano dichiara di essere molto turbato dalla posizione di Girolamo; dopo esser stato preso per sostenitore di Origene, questi ora tra i primi a condannare tutti i suoi scritti85. Questa confessione, mascherata tra complimenti sullortodossia e sulla cultura dellesegeta86, arricchita di riserve che non vincolano Postumiano, annuncia con ogni probabilit il lungo racconto del soggiorno a Betlemme. Tuttavia questo non va letto isolatamente. In realt Postumiano tiene prudentemente per s la propria opinione87, dicendo che i pareri dei pi saggi sono discordi e che egli non ha laudacia n la temerariet di dare un giudizio su chicchessia88. In questo nuovo confronto Postumiano risparmia Rufino e la sua cerchia, senza conferire a Girolamo una
Dial. 1, 6, 3 (p. 158, ll. 8-10). Dial. 1, 7, 2 (p. 159, ll. 1-4). Scaeuum exemplum fornisce Postumiano! 83 Dial. 1, 7, 2 (p. 158, l. 28): ex studiis partium orta seditio; 1, 7, 4 (p. 159, l. 13): ... nisi contentione creuisset. 84 Dial. 1, 7, 6 (p. 159, ll. 17-18). Il seguito muove un rimprovero stilisticamente ben studiato e bilanciato ai vescovi. 85 Dial. 1, 7, 3 (p. 159, ll. 4-7). 86 Girolamo sacrae legis peritissimus, cos come Origene passava per un tractator scripturarum sacrarum peritissimus. Ma anche uir maxime catholicus. 87 Putabatur, dice (p. 159, l. 7) e damnaret, al congiuntivo (l. 8). Tali sfumature corrispondono alle apologie di Girolamo, o nella lettera 84 a Pammachio e a Oceano, o nella risposta a Paolino di Nola del 399. Cfr. il testo dellep. 85, 3, in cui Girolamo nega sia di aver composto la palinodia, sia di condannare in blocco Origene. 88 Dial. 1, 7, 3 (p. 159, ll. 8-10).
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posizione oltranzista. Vedremo in seguito uno dei motivi di questo saggio equilibrio. Dopo aver espresso un parere prudente sul nocciolo della controversia, Postumiano emette un giudizio pi categorico sulla piega violenta che ha preso la discussione. Confessa di non esser potuto, nonostante le proposte del vescovo, rimanere ad Alessandria, dove i monaci erano stati duramente maltrattati da parte dei vescovi89. Tale dichiarazione svela sicuramente uno dei motivi per cui Postumiano si soffermato cos a lungo sullepisodio. H. Delehaye vi vedeva soltanto un indizio dellautenticit del soggiorno di Postumiano ad Alessandria90, negato da E.-Ch. Babut. J. Gribomont, pur notando che una relazione cos completa non ha potuto essere immaginata da lontano91, sottolinea a giusto titolo la connessione con i problemi dellambiente martiniano92, in particolare lanalogia tra le rispettive condanne dellorigenismo e del priscillianesimo. Cedo a lui la parola: Non si pu fare a meno di pensare che le riflessioni sulleccesso di severit aggiungerei soprattutto: il ricorso al potere civile e sul carattere dubbio delleresia condannata abbiano qualche relazione con la questione di Treviri del 385. Non bisogna dedurre che Sulpicio abbia visto nel priscillianesimo un nuovo sviluppo della questione origeniana; tuttavia egli adotta in entrambi i casi lo stesso atteggiamento riservato, dinanzi alle severit appassionate dellepiscopato. Non intende in nessun modo difendere le tesi incriminate, ma constata il valore dellinsegnamento ascetico che le accompagna nellambiente monastico, e chiede ai vescovi di non abusare della loro autorit93. Non c molto da aggiungere a tale giudizio. Tuttavia preciserei che laspetto dottrinale importa meno a Sulpicio della vita morale. I monaci forse sbagliano a seguire Origene, ma non per questo non conducono una vita cristiana. Ci che addolora Postumiano che una cos grande moltitudine di monaci che vivevano nella confessione di Cristo abbia potuto essere maltrattata,
Dial. 1, 7, 5-6 (p. 159, ll. 14-20). Va notato che Postumiano non dice nulla riguardo al voltafaccia di Teofilo, come neppure del comportamento tenuto dagli occidentali e in particolare da Anastasio. 90 H. Delehaye, art. cit., p. 86. 91 J. Gribomont, art. laud., p. 146 a met. Tuttavia c da discutere. Come Babut e Delehaye, egli non segnala il materiale utilizzato da Sulpicio. 92 Art. laud., p. 145. Cos Cl. Stancliffe, p. 308. Si noter come il scaeuum exemplum del Dial. 1, 7, 2 (p. 159, l. 1) sia in linea con il pessimum exemplum di Chron. 2, 51, 5 (p. 104, l. 17). Cfr. anche Chron. 2, 47, 5 (p. 101, ll. 1-2). 93 J. Gribomont, art. laud., p. 147.
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e soprattutto dai vescovi94. I monaci dEgitto che Postumiano incontra non sono teologi95 e non sono nemmeno spirituali come gli abati di Cassiano, bens valorosi esempi di virt. Appare qui loccidentale, ed soprattutto lui che Postumiano riconosce in Girolamo, anche se inizia col celebrarne la cultura96. *** Non tuttavia n lesegeta, n il traduttore, n lagiografo a interessare Sulpicio, bens lo scrittore spirituale e il moralista. Non mi soffermer sul lungo elogio della Lettera a Eustochio e sul suo significato in quegli anni e in quelle regioni97. Spero di poter ritornare sullargomento altrove, con i dovuti dettagli98. Per iniziare il dibattito mi limiter a fare qualche osservazione e a porre almeno una domanda. Innanzitutto opportuno notare come Postumiano, stando al suo racconto, salti la tappa di Gerusalemme per recarsi invece a
Dial. 1, 7, 6 (p. 159, ll. 19-20). Niente, beninteso, su Evagrio, morto nel 399. Ma nel suo periplo Postumiano non rievoca n Nitria, n Scete. Eppure ha sentito parlare di due monaci di Nitria (Dial. 1, 15, 3, p. 167, l. 19) ed forse passato per Nitria (Dial. 1, 23, 6, p. 176, l. 11). 96 Dial. 1, 8, 2 (p. 159, l. 27 - p. 160, l. 1): Vir enim, praeter fidei meritum dotemque uirtutum, non solum Latinis adque Graecis sed et Hebraeis litteris ita institutus est ut se illi in omni scientia nemo audeat comparare. 97 Dial. 1, 8, 4-1, 9, 3. 98 Mi limito, a mo di anticipazione, alle seguenti indicazioni, che riguardano la menzione da parte di Gallo e di Sulpicio della Lettera a Eustochio, nei capitoli 8 e 9: Halm, nella sua edizione, ha rilevato soltanto la citazione del cap. 14, e Cl. Stancliffe non sbaglia nel riconoscere unaltra citazione nellusque ad uomitum solere satiari. Ma bisogna andare oltre, e notare innanzitutto che questultimo attacco concerne, in Girolamo, i remnuoth dEgitto, la peggior razza di monaci, per Girolamo la pi frequente nella nostra provincia (ep. 22, 34). Significa forse che questa provincia sarebbe la Pannonia, come afferma anche Cl. Stancliffe (op. laud., p. 310, n. 49)? Non credo. Questi monaci sono accusati di darsi non soltanto ai bagordi, ma anche a traffici pi o meno leciti. Martino aveva messo un freno a tale genere di pratica: cfr. la n. 25. Gli altri vizi segnalati da Gallo (auaritia, uanitas, superbia e superstitio) meritano un capitolo a parte in Girolamo, cosicch lutilizzo dellep. 22 non si limita a denunciare i monaci voraci e indisciplinati, le agapete e i loro compagni, monaci o chierici. Sarei propenso a sentire nel nihil penitus omisit (Hieronymus) quod non carperet, laceraret, exponeret di Sulpicio uneco dellut, quidquid ad laudem uirginum pertinet, exquisierit, ordinarit, expresserit di Girolamo, riguardante Ambrogio e il suo elogio delle vergini (ep. 22, 22). Ma soprattutto il giudizio di Gallo, anche se non confermato da Sulpicio, corrisponde a quanto detto da Rufino circa laccoglienza della Lettera a Eustochio nel 384 (Apol. c. Hieronymum, 2, 5, CCL 20, 86-87) e circa il suo giudizio sulla satira presente nella lettera, che non risparmia nessuno. Girolamo lo aveva riconosciuto nel 394, nella sua Lettera a Nepoziano (ep. 52, 17, CUF 2, p. 191), nota a Sulpicio.
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Betlemme, da Girolamo99. Se si pensa che era un personaggio importante, al punto che Teofilo voleva trattenerlo presso di lui ad Alessandria100, non stupisce forse che non venga fatta nessuna menzione di un intervento presso il vescovo di Gerusalemme? Eppure questi menzionato, ma semplicemente come colui che dirige la paroechia di Betlemme101. Il che non meno sorprendente per chi conosce le dispute di Girolamo con Giovanni di Gerusalemme tra il 393 e il 397, prima e dopo lordinazione di Paolino da parte di Epifanio. Il monaco e la sua comunit erano stati scomunicati102 e il vescovo di Gerusalemme aveva richiesto contro i turbolenti una sentenza desilio, che per poco non venne eseguita103. Postumiano, che non visita Girolamo per la prima volta, probabilmente conosceva tali vicende. Eppure non apre bocca104. Forse perch nel 400, prima che saltasse fuori un nuovo episodio della controversia tra lui e Rufino, i rapporti tra Girolamo e il suo vescovo non sono cattivi come quelli che Postumiano ha scoperto ad Alessandria tra monaci e vescovo105?
Dial. 1, 8, 2 (p. 159, ll. 26-27): Facile obtinuerat ut nullum mihi expetendum rectius arbitrarer.... 100 Dial. 1, 7, 5 (p. 159, ll. 14-16). 101 Dial. 1, 8, 2 (p. 169, ll. 23-24): Ecclesiam loci illius (=Oppidi Bethleem) Hieronymus presbyter regit; nam paroechia est episcopi qui Hierosolymam tenet. Questa frase di Sulpicio presenta una duplice difficolt. Come va intesa laffermazione di Sulpicio? In cosa questaffermazione corrisponde alla reale situazione di Girolamo? Dom Antin (Ldition J. Fontaine de Sulpice Svre, Vita Martini, in Revue Mabillon 58 [1970] 31-32) ha proposto la seguente traduzione: Il prete Girolamo gestisce la comunit di quel luogo; quanto alla diocesi, essa di competenza del vescovo di Gerusalemme, criticando la traduzione di J. Fontaine (Commentaire de lep. 1, 10, p. 1149): Il prete Girolamo dirige la chiesa del luogo, essendo una parrocchia che appartiene al vescovo di Gerusalemme. La difficolt sta non tanto nel termine ecclesia, le cui accezioni variano in Severo, quanto nel termine paroechia, che un hapax, mentre lautore utilizza numerose volte dioecesis, sia al singolare sia al plurale. In Oriente paroechia corrisponde alla nostra diocesi; ma si trova a quel tempo, in Occidente, un uso di paroechia equivalente a quello di ecclesia (Concilio di Torino, c. 1; CCL 148, 54, ll. 13-14: assereret (Proculus) easdem ecclesias uel suas parrocias fuisse...), in un senso che designa le chiese locali, le parrocchie. Severo non scrive per lOriente, n ha il gusto dellesotico. Tuttaltra questione sapere quale fosse il ruolo di Girolamo a Betlemme, che cosa abbia visto o capito Postumiano, che cosa abbia voluto esprimere sottolineando che Girolamo era prete ecc. 102 P. Nautin, Lexcommunication de saint Jrme, in Annuaire de la Ve Section de lEPHE 80-81 (1972) 7-37. 103 Girolamo, ep. 82, 10 (CUF 4, p. 121, ll. 18-21 - p. 122, ll. 5-9). 104 Allo stesso modo Sulpicio pu essere al corrente di questi dibattiti grazie a Vigilanzio, che si ritrovato coinvolto. 105 Un (fragile) indizio dato dal S. de Quadragesima, in cui Girolamo chiede al proprio uditorio di non criticare i vescovi, e ai vescovi di non abusare del loro potere ( C C L 7 8 , 5 3 4 , l . 4 2 - p . 5 3 5 , l . 4 9 ) .
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Ci non significa che Girolamo non abbia nemici. Postumiano, che ha passato sei mesi presso Girolamo e che stato iniziato alle sue controversie, dichiara: egli porta avanti senza tregua la lotta contro i cattivi e questa lotta perpetua ha fatto nascere lodio. Gli eretici lo odiano, perch egli non smette di combatterli; i chierici lo odiano, perch attacca la loro vita e le loro colpe (crimina!); ma sicuramente tutta la brava gente lo ammira e lo ama. Quanto a coloro che lo reputano un eretico, questi sragionano. In realt cattolica la cultura delluomo, retto il suo insegnamento. Egli sempre occupatissimo nella lettura, votato anima e corpo ai libri. Non riposa n di giorno n di notte. sempre intento a leggere o a scrivere...106. Cavallera, che cita il testo e vede in esso lequivalente del durissimo giudizio di Palladio sulla bascania di Girolamo, crede che riguardi la cerchia palestinese di Girolamo, che egli punzecchiava con aspre critiche107. Ora, se Girolamo prestava sicuramente molta attenzione a ci che accadeva nei monasteri latini di Gerusalemme e della Palestina, era ben pi preoccupato per tutto ci che accadeva in Occidente, e in particolare a Roma. dunque in queste regioni occidentali che vanno cercati gli eretici e i chierici che lo attaccano, per i motivi espressi da Postumiano. Ma chi sono coloro che accusano Girolamo di essere un eretico e in cosa consisterebbe la sua eresia? Cl. Stancliffe riconosce facilmente Vigilanzio108, il quale nel 395-396 aveva sparso per lItalia la voce che Girolamo sposava le idee di Origene109. La pista vale la pena
Un sermone di Natale viene pronunciato dinanzi al vescovo (Ibid., p. 525 Titolo (apparato); p. 529, ll. 182-184), secondo la consuetudine citata da Egeria. Diversi tractatus mostrano che Girolamo preceduto o seguito da un altro prete (v.g. Tr. de Ps. 96, 1, CCL 78, p. 157, ll. 29-30). Ci non toglie che dopo il 401-403 la controversia tra Girolamo e Rufino si sia riaccesa, e che essa coinvolga Giovanni. 106 Dial. 1, 9, 4-5 (p. 161, ll. 4-12): Apud Hieronymum sex mensibus fui. Cui iugis aduersum malos pugna perpetuumque certamen conciuit odia perditorum: oderunt eum haeretici, quia eos impugnare non desinit; oderunt eum clerici, quia uitam eorum insectatur et crimina. Sed plane eum boni omnes admirantur et diligunt. Nam qui eum haereticum esse arbitrantur insani sunt. Vere dixerim: catholica hominis scientia, sana doctrina; totus semper in lectione, totus in libris est. Non die neque nocte requiescit. Aut legit aliquid semper aut scribit.... 107 F. Cavallera, Saint Jrme, sa vie, son oeuvre, Paris 1922, I, 1, p. 196, n. 2. Sul giudizio di Palladio cfr. Hist. Lausiaca 36, 6. Cos P. Lardet nella sua Introduction al Contre Rufin (SCh 303, pp. 66*-67*). 108 Cl. Stancliffe, op. laud., p. 309. 109 Da qui la reazione di Girolamo nella sua ep. 61, del 396. Cl. Stancliffe (p. 303, n. 27) mette in dubbio il ritorno di Vigilanzio attraverso lEgitto. vero che il Dimisisti Aegyptum dellep. 61, 1 (CUF 3, p. 111, l. 6) non va per forza inteso come una partenza fisica (cfr. Contra Rufinum 1, 2 - ed. Lardet, p. 10, ll. 10-12: praetermissis). Ma il Contra Rufinum 3, 19 (p. 264) n o n c o n t e s t a
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di essere seguita110. Ma si pu pensare anche alla cerchia di Rufino. Girolamo dir di loro che lo amano cos tanto che non potrebbero essere eretici senza di lui111. La lettera che Girolamo scrive a Pammachio e a Oceano al momento della traduzione del Peri Archn nel 399 spiegherebbe i dinieghi di Postumiano, cos come la testimonianza apportata sullaccanimento di Girolamo nello studio112. A Paolino di Nola Girolamo fa notare, poco dopo, che egli non condanna in blocco tutto (cuncta) ci che Origene ha scritto, come gli rimproverano gli zelatori importuni di Origene, bens soltanto le tesi errate113. Questo nel momento in cui rimanda Paolino alla lettura dellArchn a proposito del libero arbitrio e della resistenza del Faraone114 pur affermando che nel trattato vi pi male che bene115 . Pertanto avere gli occhi rivolti solamente verso Vigilanzio e quindi verso la Gallia significa probabilmente restringere troppo il campo dindagine, anche se vero che nel 402 Girolamo avrebbe detto ma a fatto compiuto che rispondendo a Vigilanzio nel 396, rispondeva anche a Rufino e ai suoi amici116. Chiunque siano le persone prese di mira, il giudizio duro: coloro che accusano Girolamo di eresia sragionano. Insani sunt. Si potrebbe addirittura andare oltre e collegare a questa dichiarazione quella che definisce linsegnamento di Girolamo sana doctrina. Si comprender allora perch Severo non possa permettersi di pronunciare uno o pi nomi, se pensa a Rufino come io credo. Allepoca in contatto con lui, direttamente o tramite lintermediario di Paolino di Nola. noto che la Cronaca utilizza il racconto dellinvenzione della Croce fa t t o da
il passaggio per Alessandria, cui faceva riferimento la lettera di Rufino. Questi era ancora a Gerusalemme al tempo della partenza di Vigilanzio. Girolamo contesta laccusa lanciata da Rufino contro Vigilanzio, non la veridicit del passaggio per Alessandria. 110 Questa pista legata alla ripresa della tesi di Babut, sulla quale mi riservo di ritornare. 111 Girolamo, ep. 84, 1 (CUF 4, p. 125, ll. 15-16): ... et tantum me diligunt ut sine me heretici esse non possint. 112 Lepistola 84 una lunga apologia della sua sete di sapere (nonch della sua attenzione per lortodossia). Cfr. ad es. il 3 (pp. 126-128), in cui si trova la famosa frase: i papiri di Alessandria hanno svuotato la nostra borsa. 113 Girolamo, ep. 85, 4 (CUF 4, p. 140, ll. 18-23): ... ne me putes (...) cuncta Origenis reprobare quae scripsit (quod in me criminantur eius et quasi Dionysium philosophum arguant subito mutasse sententiam), sed tantum praua dogmata repudiare. 114 Girolamo, ep. 85, 3 (CUF 4, pp. 139-140). 115 Ibidem (p. 140, l. 9): in quibus mali plus quam boni est. 116 Girolamo, Contra Rufinum 3, 19 (ed. P. Lardet, SCh 303, 264-266).
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Paolino nella sua epistola 31 a Severo, partendo dalla relazione di Melania, sua parente nonch protettrice di Rufino117. Il racconto accompagna linvio di un frammento della vera Croce a Bassula, suocera di Sulpicio, e questo in mancanza, se cos si pu dire, delle reliquie che Severo aveva richiesto allamico per la consacrazione della sua chiesa di Primuliacum118. Nessuna di queste circostanze priva di importanza, specie quella che collega Severo a Rufino. Ve n unaltra che pi diretta, ma che non ha ricevuto, a mio avviso, tutta lattenzione che merita119, quando non stata interpretata in senso contrario120. noto che, per la Cronaca, Sulpicio aveva confidato le proprie difficolt cronologiche a Paolino. Questi ha inviato il dossier a Rufino, in quanto era la persona pi capace di rispondere a simili domande, e ha abbozzato per Sulpicio un elogio di Rufino121. Questi non ha potuto non dare una risposta, qualunque essa fosse, alla consulenza, nel momento stesso in cui Severo componeva, parallelamente o quasi, la Cronaca e i Dialoghi. Simili relazioni imponevano almeno la discrezione. *** Come si visto, queste poche pagine dei Dialoghi, considerate per s stesse, vanno prese con la dovuta cautela; esse mostrano Sulpicio preoccupato di conservare in Aquitania un prudente equilibrio tra le parti che si stanno affrontando con violenza in altri luoghi. Ma lanalisi di queste pagine diventa ancor pi difficile, se si prova a collocarle nellinsieme dei Dialoghi e nel loro contesto cronologico.
Sulpicio, Chronica, II, 33-34 e Paolino, ep. 31, 4 sgg. Cfr. G.K. Van Andel, The Christian Concept of History in the Chronicle of Sulpicius Severus, Amsterdam 1976, pp. 49 sgg. 118 Paolino, ep. 31, 1 (CSEL 29, 267-268). 119 Rimando, per quanto si pu ricavare allo scopo di definire lo spirito della Cronaca (che tace riguardo a Teodosio), a ci che ho scritto nelle Mtamorphoses de lhistoriographie, pp. 150-151. 120 Rufino ha forse utilizzato la Cronaca di Sulpicio (Van Andel, op. cit., p. 91 e n. 295296. Cl. Stancliffe, op. cit., p. 69)? Sulpicio ha forse utilizzato laggiunta di Rufino alla Storia Ecclesiastica di Eusebio, o dipendono entrambi da unaltra fonte? La questione degna di esser presa in esame, anche se pone problemi di cronologia. Sullo spirito della Storia di Rufino cfr. le mie Mtamorphoses, pp. 151-159. 121 Paolino, ep. 28, 5 (CSEL 29, 245-246).
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Si pu sperare che una moderna edizione critica122 venga ad appianare alcune difficolt, che rendono oscura la visione dellarchitettura generale dellopera, nonch la lettura certa di questa o di quella pagina. Tuttavia rester ancora da determinare la datazione dei Dialoghi, distinguendo probabilmente la data in cui si ritiene si siano svolti gli incontri di Primuliacum e quella in cui lopera stata composta e pubblicata, secondo la tradizione ciceroniana che Sulpicio ben conosce. Concluder porgendo una domanda a Dom Gribomont, rammaricandomi che non sia stato pi esplicito e che non possa pi rispondere. Nellarticolo intorno al quale ho scritto queste pagine, egli ripete due volte unosservazione che presuppone un sincronismo e che spingerebbe a ulteriori ricerche. Collocando i Dialoghi rispetto alla Vita, dichiara innanzitutto: Forse il carattere pi impegnato dei Dialoghi legato a una nuova ondata di propaganda orientale, costituita dalle opere di Girolamo e dalle traduzioni di Rufino123. E nella conclusione: Nei Dialoghi, verso il 404, (Sulpicio) passa allattacco, forse in seguito a una nuova ondata di propaganda venuta da Betlemme o da altrove...124. Due forse che non sono stati rispettati da coloro che hanno notato il suggerimento125. Questo aspetto, che io sappia, non stato approfondito; avrei volentieri chiesto allautore che cosa avesse in mente. Ricorder, non senza pensare al nostro amico, che nella Prefazione alla traduzione della Regola di Basilio, Rufino si congratula con Ursacio per non averlo interrogato, al ritorno da Gerusalemme, sulle regioni e sulle risorse dellOriente, bens sulla vita dei monaci126.
Fl. Ghizzoni (op. laud., p. 145, n. 2) rivela lesistenza di unedizione provvisoria di G. Augello datata 1969, che non conosco, il che costituisce una buona notizia rispetto allultimo studio a me noto di G. Augello: La tradizione manoscritta ed editoriale delle opere martiniane di Sulpicio Severo, in Orpheus, NS. 4 (1983) 413-426, dedicata alla memoria di B.M. Peebles. 123 Art. laud., p. 144. 124 Ibidem, p. 148. 125 Cos A. Hamman, nel tomo III delledizione italiana della Patrologia di Quasten (Roma 1978, p. 513): Sulpizio Severo prende posizione contro unondata di pubblicit venuta da Betlemme e da altre parti. Cfr. anche Fl. Ghizzoni, op. cit., p. 137, n. 5. 126 Rufino, Praefatio in Regulam sancti Basili (CCL 20, p. 241, ll. 7-11=CSEL 86, ed. Kl. Zelzer, pp. 3-4): Et inde maxime delectati sumus quod non, ut aliquibus mos est, uel de locis uel de opibus Orientis sollicite percontatus es, sed quaenam ibi obseruatio seruorum Dei haberetur, quae animi uirtus, quae instituta seruarentur in monasteriis quaesiuisti.
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La Miscellanea postuma non nasconde un pizzico di amarezza. Ma non potendo sentire la risposta del nostro amico, mi rallegro di aver avuto con lui tanti scambi, nellamicizia anche con Rufino e con Girolamo, cos come con Origene e con Basilio. Non inane munus, seguendo Ambrogio, piuttosto che Sulpicio, nella ripresa di Virgilio127. YVES-MARIE DUVAL (1988)
Per Pomponio, Sulpicio riprende nel Dial. 2 (3), 18, 2 (p. 216, ll. 14-15) lOrazione funebre di Marcello da parte di Anchise (Aen. 6, 884-885), che Ambrogio aveva cristianizzato nel suo De obitu Valentiniani, 56 (ed. O. Faller, CSEL 73, 356; cfr. Y.M. Duval, Formes profanes et formes bibliques dans les Oraisons funbres de saint Ambroise, in Christianisme et formes littraires de lAntiquit tardive en Occident [Entretiens de la Fondation Hardt, 23], Vandoeuvres-Genve 1977, pp. 271-274).
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Yves-Marie Duval
Rufino di Aquileia, di Concordia, di Gerusalemme, di Alessandria, di Pineto, di Roma? Tutte queste domande ed esitazioni, che scandiscono la vita di Rufino, riguardano in buona parte anche la sua opera. Non tanto perch non siamo sempre in grado di distinguere le opere scritte a Roma, ad Aquileia, a Pineto o in Sicilia, quanto perch dobbiamo costantemente chiederci se tali opere siano scritte per un determinato pubblico o se non traducano, in primo luogo, le preoccupazioni personali di Rufino, nonostante le apparenti commissioni che si sforza di onorare. Rufino porta forse avanti unopera personale, con gli occhi fissi sullOccidente o su Gerusalemme, dove non sembra aver rinunciato a ritornare, o forse questo pellegrino, talvolta suo malgrado, rimasto senza fissa dimora, a forza di cambiare residenza e orizzonti e di essere travolto dagli imprevisti della vita e da circostanze inattese? Pu sembrare strano porsi simili domande nellanalizzare la posizione di Rufino nei confronti del Canone delle Scritture, in particolare dellAntico Testamento. In realt tali interrogativi valgono per la maggior parte dei temi affrontati dal nostro autore. Tuttavia meritano una formulazione particolare se parliamo del Canone della Scrittura, perch si tratta di un argomento di attualit generale1 alla fine del IV secolo e agli inizi del V, che al tempo stesso costituisce oggetto di discussione e di polemica particolare, a causa dello scompiglio creato da Girolamo in Occidente e anche a Gerusalemme2, dopo che questi si richiamato allhebraica ueritas.
Mi limito a rimandare allopera collettiva, a cura di J.D. KAESTLI e O. WERMELINGER, su Le Canon de lAncien Testament. Sa formation et son histoire, Genve, 1984; cfr. in particolare gli studi di E. JUNOD e O. WERMELINGER. 2 Le numerose Prefazioni di Girolamo alle sue traduzioni potrebbero far pensare che lagitazione e le critiche fossero latine (o in Occidente, o nella
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possibile distinguere in modo ancor pi netto i due ordini, i due insiemi? O forse questi si sovrappongono, sintersecano a un punto tale che si pu guardare alle varie dichiarazioni di Rufino come a un insieme unico, che rappresenta un pensiero unificato, pienamente cosciente e indipendente dalle circostanze del momento? facile intuire per quale ipotesi io propenda. Le testimonianze di Rufino sono state pi volte registrate in modo sbrigativo dagli storici del Canone, senza interrogarsi troppo sul possibile sfondo (e su quello reale)3. Sono state giustapposte, in un certo qual modo, le sue prese di posizione, senza analizzarne la coerenza e la coesione. Ma soprattutto non si prestato il dovuto interesse n alla cronologia relativa, n allanteriorit o posteriorit rispetto a questa o a quella presa di posizione di Girolamo, senza dimenticare Cromazio di Aquileia, di cui ora sappiamo che conosceva il Canone di Muratori4. Non ritroviamo forse lExpositio Symboli datata 380, in un lavoro che verte in modo specifico sulla storia del Canone5, e non vediamo Girolamo che segue semplicemente lopinione di Rufino6? Anche senza raggiungere un tale grado di errore, lapprossimazione non priva di conseguenze, a seconda che si faccia
cerchia latina di Gerusalemme). Il riferimento di Girolamo a Palladio di Elenopoli e alle accuse riguardanti la traduzione dallebraico (Dial. aduersus Pelagianos, Prologus, 2 PL 23 (1845), c. 497 B-C) mostra che anche i Greci si sentivano chiamati in causa. Lamico Sofronio non aveva forse tradotto in greco diverse sue traduzioni (latine) dallebraico? In ogni caso Rufino non ha aspettato di ritornare in Occidente (397) per prendere parte alla discussione. 3 Secondo TH. ZAHN (Geschichte des neutestamentlichen Kanons, II, 1, ErlangenLeipzig, 1890, pp. 240-244) la miglior monografia sul canone di Rufino stata per lungo tempo quella di M. STENZEL (Der Bibelkanon des Rufinus von Aquileia in Biblica 23, 1942, pp. 43-61). O. WERMELINGER (Le canon des Latins au temps de Jrme et dAugustin, in Le Canon de lAncien Testament, pp. 153-196 e soprattutto pp. 160-166) fornisce una rapida presentazione. Il mio interesse sar rivolto non tanto alla storia del Canone, quanto alle implicazioni in Rufino. 4 H. LEMARI, Saint Chromace dAquile tmoin du Canon de Muratori, in REAug. 24, 1978, pp. 101-102. 5 H.H. HOWORTH, The Influence of Saint Jerome on the Canon of the Western Church, II, in JTS 11, 1910, pp. 321-347 e in particolare pp. 344-345. 6 A. LOISY, Histoire du Canon de lAncien Testament, Paris, 1890, pp. 112-113; p. 117. 7 la datazione proposta da F.X. M URPHY (Rufinus of Aquileia (345-411). His life and Works, Washington, 1945, p. 179, n. 86 secondo Kattenbusch; p. 185
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4028 oppure intorno al 4009. Lopera precedente o successiva allApologia contro Girolamo, che contiene un certo numero di pagine ostili alle traduzioni dallebraico del suo vecchio amico? precedente o successiva alla traduzione della Storia Ecclesiastica di Eusebio, allinterno della quale Rufino ha potuto constatare linteresse del vescovo di Cesarea nei confronti del Canone? Altre questioni riguarderebbero la natura dellExpositio Symboli e i legami con gli altri scritti contemporanei di Rufino, cercando di andare oltre la prudente risposta dellautore a Lorenzo, vescovo di una cittadina sconosciuta, nella quale qualcuno ha voluto riconoscere Concordia10. Non tratter questaspetto, che tuttavia considero importante. Vorrei soltanto esaminare una per una, nellordine cronologico che ritengo corretto, le pagine in cui Rufino ha affrontato la questione del Canone e del testo biblico nellExpositio Symboli e nellApologia contro Girolamo, prima di cercare un corollario o una conferma nella sola opera di cui possediamo ancora il testo originale, la Storia Ecclesiastica di Eusebio. In tal modo sar possibile cogliere la diversit e al tempo stesso lunit delle sue affermazioni, e mostrare in che misura dipendono dalle circostanze che le hanno viste nascere.
secondo Bardenhewer; p. 235 secondo Tableau), ripresa da M. Simonetti nelledizione del CCL 20, p. X. Cos si spiega la diffusione di questa datazione. 8 M. VILLAIN (Rufin dAquile commentateur du Symbole des Aptres, in Rech.SR 32, 1944, pp. 130-131): o prima del 402, o piuttosto dopo il 405-406. Murphy (p. 179) scrive anche: ca. 402. 9 Si pone la questione dei rapporti tra lExpositio e le altre opere, in particolare lApologia contro Girolamo, la cui data (fine 400) non nota in modo esatto. C.P. HAMMOND-BAMMEL (The Last Ten Years of Rufinus Life and the Date of his Move South from Aquileia, in JTS 28, 1977, pp. 388-9 e p. 428) mette a confronto le due opere, seguendo J.N.D. Kelly. Cfr. in tal senso il mio art. Le Liber Hieronymi ad Gaudentium: Rufin dAquile, Gaudence de Brescia et Eusbe de Crmone, in RBn. 97, 1987, p. 170 e pp. 178-182. 10 Va comunque notato che Rufino non ha collocato in testa al proprio libro la lettera di richiesta cui fa riferimento. Al contrario si possono trovare le richieste di Paolino di Nola in testa alle due parti del De benedictionibus Patriarcharum (ed. M. SIMONETTI utilizzata da qui in poi nel presente studio CC 20, p. 133, l. 5; pp. 189-190; pp. 203204). Dal canto suo Girolamo ha collocato in testa alla traduzione del pamphlet di Teofilo contro Giovanni di Costantinopoli la lettera di richiesta del vescovo di Alessandria (GIROLAMO, Ep. 114, 3).
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Una delle originalit della presentazione del Canone dellAntico e del Nuovo Testamento da parte di Rufino sta nel suo inserimento nella spiegazione dellarticolo del Simbolo riguardante lo Spirito Santo11. Non intendo soffermarmi su questo punto. Mi limiter a notare che, se lispirazione delle Scritture rievocata da Rufino ricollega da un lato la legge e i profeti e dallaltro i Vangeli e gli Apostoli12 allazione dello Spirito Santo nellAntico e nel Nuovo Testamento, la lunga trattazione che egli dedica alle Scritture compensa o maschera il silenzio sulla teologia dello Spirito Santo, cui dedica solo qualche riga13, mentre altrove14 segnala che la sua divinit negata e pare conoscere le discussioni dei Macedoniani a Costantinopoli15. Unaltra originalit, decisamente pi importante per il nostro proposito, data dallinsistenza con cui Rufino dichiara di fondarsi sullautorit dei Maiores e dei Patres, per redigere gli elenchi di libri. In ogni tappa della sua classificazione suddivisa in libri dellAntico e del Nuovo Testamento, libri canonici, ecclesiastici e apocrifi Rufino si riferisce ai Patres e ai Maiores, che hanno trasmesso i libri alle Chiese e hanno incluso i libri nel Canone16. Tale insistenza significativa. Ma Rufino aggiunge che gli sembra opportuno indicare questi volumi, dal numero considerevole (euidente numero), cos come li abbiamo ricevuti dagli scritti dei Padri (sicut ex patrum monumentis accepimus)17. Sono questi monumenta patrum che cercheremo di scoprire, domandandoci, da un lato, se formano un insieme o una serie omogenea, e dallaltro, se Rufino davvero fedele al
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Cirillo di Gerusalemme (Cat. 4, 33) ricollega lenumerazione del Canone (Cat. 4, 3536) allazione dello Spirito Santo nella Chiesa. Anche la traduzione della Settanta viene presentata come opera dello Spirito Santo (Ibid. 4, 34 f.). Come vedremo Rufino, che conosce questa Catechesi, va oltre. 12 Exp. Symb., 34 (CC 20, p. 170, ll. 16-18). 13 Ibid., 33 (p. 169). 14 Ibid., 37 (ll. 39-45). 15 De adulteratione, 12 (p. 15). 16 Exp. Symb., 34 (p. 170, ll. 21-22); 35 (p. 171, ll. 16-19). 17 Ibid., 34 (p. 170, ll. 22-24).
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semplice ruolo di relatore, che trasmette quanto ha ricevuto sicut accepimus , o se ha lasciato trasparire qualche preoccupazione o qualche presa di posizione personale. La prima cosa che colpisce, anche chi non conoscesse il nome o i nomi dei libri riconosciuti dagli ebrei e il simbolismo a essi collegato, che Rufino accorda un posto importante al numero dei libri euidens numerus , senza per indicare tale numero. Finch non eravamo in possesso delledizione critica dellExpositio, ci potevamo chiedere se la cifra non fosse andata persa, per una questione paleografica o dottrinale. Oggi dobbiamo constatare che nessun manoscritto fornisce il minimo indizio in tal senso. Spetta a noi, pertanto, fare il conto dei libri: per lAntico Testamento si arriva senza difficolt al numero 22 per il conteggio ebraico, ma saliamo a 25 se riuniamo i doppi libri che vengono citati; quanto al Nuovo Testamento il numero ammonta a 27 libri, cifra che nellantichit non ha mai stimolato la fantasia, a differenza del 22 o del 24, che corrispondono al numero delle lettere dellalfabeto ebraico e greco, o ancora al numero dei vegliardi dellApocalisse. Significa forse che Rufino ignora limportanza del numero 22, o che intende liberarsene, come sostiene Stenzel? Questi invoca la traduzione delle Omelie sui Numeri, una delle ultime di Rufino, in cui il nostro autore, riguardo ai 22.000 Leviti, avrebbe omesso il confronto che Origene non poteva non fare, rievocando la virt del numero 22, con i 22 libri della Scrittura18. Si tratta di unaccusa alquanto gratuita, contraddetta dalla traduzione della Storia Ecclesiastica di Eusebio, in cui Rufino traduce esattamente linformazione trascritta da Eusebio a partire dal Commento al Salmo I di Origene. Ma una cosa rispettare il testo che si traduce, unaltra elidere un dato su cui non si vuole insistere, ma che compariva nei documenta che si intenti a trasmettere o a sintetizzare. Ricordiamo che Rufino ha trovato il numero 22 (e limportanza che gli viene accordata) non soltanto in Origene, ma anche in Cirillo di G e r u s a l e m m e 19, i n I l a r i o d i P o i t i e r s 20 e i n A t a n a s i o d i
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Art. cit., p. 45. CIRILLO, Cat. 4, 35 (PG 33, c. 497 C-D). 20 ILARIO, Instructio psalmorum, 15 (CSEL 22, p. 13).
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Alessandria21, senza contare Girolamo. Parecchi greci, ma solo due latini. Non sar stata la presenza di Girolamo a impedirgli di essere pi esplicito? Ad ogni modo va notato che il Canone non fa nessun riferimento allesistenza di una traduzione greca, come se Rufino, passando direttamente dagli ebrei alle chiese occidentali, volesse evitare di sollevare per il suo pubblico di catecumeni una questione delicata22, su cui torneremo in seguito. Tuttavia oltre al numero dei libri, bisogna prestare attenzione anche allordine in cui i libri sono enumerati, ai piccoli raggruppamenti operati da Rufino e alla relativa disposizione dei gruppi cos costituiti. Si pu dire che lenumerazione di Rufino organizzata in 4 o 5 sequenze, i cui confini sono segnalati da vari nessi grammaticali:
a. 1. Primo omnium Mosi quinque libri (...): Genesis Exodus Leuiticus Numeri Deuteronomium. b. 2. Post hos, Iesu Naue et Iudicum simul cum Ruth. 3. Quattuor post haec Regnorum libri (...) Paralipomenon (...) liber et Esdrae (...) et Esther. c. 4. Prophetarum uero Esaias Ieremias Ezechihel Daniel; praeterea duodecim prophetarum liber unus. d. 5. Iob quoque et Psalmi Dauid singuli sunt libri; Solomonis uero tres ecclesiis traditi: Proverbia, Ecclesiastes, Cantica Canticorum.23
Se lecito esitare sul numero delle 4 (a-d) o 5 (1-5) sequenze perch, fidandosi della pura materialit dei termini grammaticali post hos e post haec, si potrebbe suddividere in due gruppi (2-3), invece che in uno solo (b), la serie di libri compresa tra i libri di Mos e quelli dei profeti. In realt, pi che per ragioni cronologiche, probabilmente24 questo sottogruppo stato costituito perch presentava problemi di altro ordine: alcuni di questi libri sono doppi o quadrupli. Da qui le precisazioni e il richiamo al conteggio ebraico, come si visto sopra:
ATANASIO, Lettera festale del 367, frammento greco in PG 26, c. 1436 C-D. Al contrario CIRILLO (Cat. 4, 34) rievoca ampiamente la traduzione della Settanta, citando laccordo dei Traduttori. 23 Exp. Symb., 35 (p. 170, ll. 1-10). 24 Nessuna riflessione su un raggruppamento in pentadi (5+5+5+5+2), come in Epifanio (De ponderibus, 4). Qui lordine sembrerebbe pi irregolare: 5+2+5+5+5+5.
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Quattuor post haec Regnorum libri, quos hebraei duos numerant, Paralipomenon qui Dierum dicitur liber et Esdrae duo, qui apud illos singuli computantur, Et Esther.
Stando cos le cose, abbiamo buone ragioni di ritenere che i gruppi siano quattro. Resta da determinare il principio di classificazione, rispettivo e relativo. Il primo gruppo non presenta alcuna difficolt, poich Rufino cita, per i cinque primi libri, il nome di Mos. Lo stesso vale per il terzo gruppo, che riunisce i profeti. Che dire degli altri due? Lultimo gruppo sembra interessarsi al numero di libri attribuito a ciascun autore: uno a Giobbe, uno a Davide, tre a Salomone; ma non vi alcun dubbio che il genere letterario dei Salmi, dei Proverbi e del Cantico dei Cantici si suppone sia abbastanza conosciuto tra i cristiani da poter intuire che ci si trova dinanzi a generi poetici. A dire il vero, solo il modello seguito da Rufino confermer questipotesi, giacch si potrebbe esitare su Giobbe e sullEcclesiaste. Rimane il secondo gruppo, che in Rufino non caratterizzato in alcun modo e che consisteva, come abbiamo visto, in una lunga enumerazione un po traballante. Anche se non si pu affermare che lordine sia strettamente cronologico Ester dovrebbe, in base al regno di Assuero/Artaserse sotto cui si colloca, figurare prima del Libro di Esdra , la natura dei libri di ordine storico. Laffermazione ancora una volta confermata dal modello: Cirillo di Gerusalemme che, dopo aver enunciato per la Legge i primi cinque libri di Mos e successivamente Giosu e i Giudici insieme con Rut, parla del resto dei libri storici, enumerando i due (doppi) libri dei Regni, i libri dei Paralipomeni e di Esdra e infine il libro di Ester, prima di riprendere questo quanto per le opere storiche25. Si pu pertanto affermare che Rufino deve la prima parte della classificazione al vescovo di Gerusalemme, come pure le precisazioni sul numero di libri rispettivi della Bibbia ebraica e della Settanta per i Regni, i Paralipomeni ed Esdra. Lunico punto che non figura in Cirillo r i g u a r d a l a d e n o m i n a z i o n e s o m m a r i a d i L i b e r
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dierum per i Paralipomeni. Avremo presto loccasione di scoprirne lorigine: la traduzione pi vicina al Dierum liber quella presente nellelenco di Origene, che parla di logoi hmrn26. Va tuttavia notato come le indicazioni di Rufino siano pi vaghe di quelle di Cirillo: quando il primo rievoca la Legge e i profeti27, non si cura, nonostante lindicazione espressa di Cirillo, di ripetere che i primi cinque libri di Mos costituiscono la Legge. Parimenti non precisa la natura dei libri successivi, ben inquadrati da Cirillo mediante il riferimento al loro carattere storico. Lo stesso vale per la terza categoria dellelenco di Cirillo: le opere in versi28. Pi grave ancora, Rufino ha invertito lordine della seconda parte dellelenco: alla successione libri poetici/libri profetici ha sostituito lordine inverso, tanto pi sorprendente da parte di un cristiano in quanto non fornisce nessuna giustificazione. Ha forse voluto opporre prosa e poesia? Nulla lo suggerisce. In ogni caso lordine cronologico che sembrano seguire i cristiani viene messo da parte, dato che i profeti precedono non soltanto Giobbe, che allora veniva spesso considerato precedente alla Legge, ma anche Davide e Salomone. Si tratterebbe forse di un prestito dallebraico? Ci mi sembrerebbe pi rilevante rispetto allaver invertito lordine dei profeti maggiori e di quelli minori, unica osservazione da parte di Stenzel in merito alla fedelt di Rufino nei confronti di Cirillo29. Se non dice nulla riguardo al silenzio di Rufino circa Baruc, i Threni e la Lettera di Geremia, che Cirillo ricollegava espressamente al libro di Geremia30, Stenzel nota a giusto titolo che linversione dei dodici profeti (minori) rispetto ai quattro profeti (maggiori) seguirebbe lordine della Bibbia ebraica31. Sarebbe interessante spingersi oltre e chiedersi se Rufino debba questa conoscenza a Girolamo e al suo Prologus galeatus, oppure a Origene. Stenzel ha trovato nelle Omelie su Giosu una pagina in cui lalessandrino elenca in successione Isaia, Geremia, Daniele, Ezechiele e poi Osea, in testa allo
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ORIGENE, secondo EUSEBIO, Storia Ecclesiastica, 6, 25. Exp. Symb., 34 (p. 170, l. 17). 28 CIRILLO, Cat, 4, 35 (PG 33, c. 500 A 15). 29 STENZEL, art. cit., p. 47. 30 CIRILLO, Cat, 4, 35 (c. 500 B 4-5). 31 STENZEL (seguito).
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squadrone dei dodici profeti32, e sarebbe pronto a riconoscere un precedente. Ma dimentica che un altro elenco di Origene potrebbe essere di grandissima utilit, se solo Eusebio o i suoi manoscritti ci avessero trasmesso lelenco completo: il famoso elenco del Canone ebraico riportato da Eusebio33, a partire dal Commento al Salmo I, non contiene nessun riferimento ai Dodici, il che sicuramente un caso, perch lelenco non contiene 22 libri, come annunciato, ma soltanto 21. Rimane da scoprire se Origene, in questo elenco, collocasse i profeti minori prima o dopo quelli maggiori. difficile trovare una risposta, tanto pi che sia Rufino, che traduce lelenco con le semplificazioni che vedremo, sia Ilario di Poitiers, che a tale elenco sispira nellInstructio Psalmorum34, collocano i dodici prima degli altri profeti, contrariamente a quanto ci si aspetterebbe da un elenco che intende essere fedele al Canone ebraico dei 22 libri. Il solo altro posto che io conosca, allinfuori della Bibbia ebraica e di Girolamo, in cui i profeti minori seguono i maggiori il Sinaitico; ma lordine e il contenuto sono cos diversi da quelli di Rufino che mi risulta impossibile pensare che egli sia debitore nei confronti del manoscritto, o meglio della tradizione che rappresenta. A quanto pare la scelta va effettuata tra il ricorso allebraico35 (o a Girolamo) e unopinione del tutto personale, che Rufino non si preso la briga di giustificare36. In entrambi i casi non si pu fare di Rufino il testimone di una determinata tradizione, qualunque essa sia, e ancor meno di una tradizione generale omogenea. Ci appare pi evidente se si passa, al di l del Canone del Nuovo Testamento, ai libri che Rufino definisce ecclesiastici, in contrapposizione ai libri canonici. Se si potesse ricollegare una parte del suo Canone dellAntico Testamento allelenco e alla
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Ibid., p. 47: In Iosue h. 3, 1. EUSEBIO, Storia Ecclesiastica, 6, 25. Stenzel cita tale elenco alla pagina precedente (p. 46), segnalando lerrore del testo di Eusebio. 34 ILARIO, Instructio Psalmorum, 15 (CSEL 22, p. 13, ll. 9 sgg.). 35 Ma poco probabile che Rufino avesse accesso allebraico. 36 Si tratterebbe, ancora una volta, di una questione di numero di libri? Ai quattro profeti (maggiori), che costituiscono altrettanti libri, egli aggiungerebbe (praeterea) i dodici in un solo libro. Tuttavia n Cirillo n Atanasio avevano esitato.
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classificazione
di
Cirillo
di
Gerusalemme,
dovremmo
constatare
che
questultimo, nelle Catechesi, non lascia nessuno spazio ai libri che Rufino inserir nella categoria libri ecclesiastici, in quanto letti in chiesa37. Non sicuro che li faccia rientrare, come talvolta affermato, nel gruppo dei libri discussi o contestati, controversi (amphiballomena)38. Per lui i soli libri che leggiamo con fiducia nella Chiesa sono i 22 libri dellAntico Testamento39. Nulla indica che Cirillo consideri degni di pubblica lettura la Sapienza, che peraltro cita diverse volte40, attribuendola una sola volta a Salomone41, e lEcclesiastico, che utilizza qualche volta42 senza citare lautore, e ancor meno Giuditta, Tobia e i Maccabei. Anche ammettendo che il Canone ristretto di Cirillo sia dovuto al pubblico di catecumeni cui si rivolge in questa Catechesi IV, bisogna convenire che Rufino, il quale redige il suo elenco ad instructionem eorum qui prima fidei elementa suscipiunt43, molto pi esteso. Qual lorigine di tale allargamento? Credo si debba volgere lo sguardo verso Atanasio di Alessandria44 e verso Girolamo. Dopo aver fornito, per lAntico Testamento, un elenco di 22 libri, che non contiene Ester, al pari di Rufino, ma che a differenza di questi conta a parte il libro di Rut, e per il Nuovo Testamento un elenco analogo nei contenuti a quello di Rufino tra i vari scritti, 14 lettere di Paolo, 3 lettere di Giovanni e lApocalisse , ma secondo un ordine ben distinto, la Lettera festale del 367 aggiunge: Per maggiori precisazioni mi vedo costretto ad aggiungere, e lo scrivo qui, che esistono altri
Exp. Symb., 36 (ll. 1-2 e 10). CIRILLO, Cat. 4, 33 (PG 33, c. 496). 39 Ibid., 4, 35 (PG 33, c. 497 C 7-9). Cirillo cita molti meno libri per il Nuovo Testamento. 40 CIRILLO, Cat. 6, 8; 12, 5 ecc. 41 Cat. 9, 2. 42 Cat. 2, 15; 7, 16; 9, 6 ecc. 43 Exp. Symb., 36 (ll. 14-15). 44 Non stupisce che Rufino, che vissuto ad Alessandria, conosca la vita, ormai divenuta leggendaria, di Atanasio (Hist. Eccles. 1, 14) e abbia potuto aver accesso alla sua opera. Daltronde va ricordato che anche Atanasio ha risieduto per qualche tempo ad Aquileia, dove ha celebrato la festa di Pasqua del 345. J. RUWET (Le canon alexandrin des critures. Saint Athanase, in Biblica 33, 1952, pp. 1-29 e soprattutto pp. 10-11 e n. 1) ha notato questa dipendenza; tuttavia, non conoscendo Girolamo, la sua spiegazione relativa alla distinzione tra due generi di libri non soddisfa.
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libri oltre a quelli sopra elencati, che non appartengono al Canone (ou kanonizomena), ma di cui i Padri hanno deciso la lettura per chi si avvicina alla fede e vuole ascoltare linsegnamento della piet: la Sapienza di Salomone, la Sapienza di Sirach, Ester, Giuditta, Tobia, la Didach degli Apostoli e il Pastore. Ma oltre ai libri canonici di cui sopra e oltre ai libri letti precedentemente, che non si faccia menzione alcuna, carissimi, dei libri apocrifi: si tratta di invenzioni di eretici, che li hanno scritti a loro modo inventando la data, per presentarli come antichi e avere loccasione di ingannare le persone dalla fede pura45. Anche se condanna gli Apocrifi46, Rufino non riprende in nessun modo la diatriba contro il processo di falsificazione e contro il suo scopo47. Tuttavia va notato che, se pur non assegna, come fa Atanasio, la lettura di questa seconda categoria di libri a chi si avvicina alla fede, vale a dire ai neofiti, Rufino riserva le proprie precisazioni alla distinzione tra libri canonici e libri ecclesiastici, libri che sono letti in Chiesa, a istruzione di chi riceve i primi elementi della fede, come sopra ricordato. Ma soprattutto, ci che potrebbe essere solo una vaga somiglianza formale48, che non presuppone necessariamente la conoscenza dellelenco di Atanasio da parte di Rufino, diventa pi evidente quando questi aggiunge: affinch i neofiti sappiano a quali fonti attingere la p a r o l a d i D i o 49. R u f i n o p a r e a d a t t a r e l a f r a s e c o n c u i A t a n a s i o
ATANASIO, Lettera festale 39 (in greco: PG 26, c. 1437 D 1440 A). Exp. Symb., 36 (ll. 12-13). 47 Il che stupisce, in quanto il De adulteratione librorum Origenis, 8-9 rievocava i processi degli eretici contro le Scritture. 48 Vista soprattutto la diversa conclusione cui giunge ognuno: per Atanasio la lettura di questi libri buona per i neofiti, in ragione del loro facile accesso. Losservazione gi stata fatta, per alcuni libri, in Origene (Omelie sui Numeri 27, 1). Per Rufino i libri sono secondari, giacch non possono servire a fondare la fede. Si pu quindi ritenere che i neofiti, che puntano allessenziale, possano farne a meno. Daltra parte si potrebbe pensare, dato il carattere pubblico della lettura in Chiesa, che il catecumeno non invitato a leggere la Scrittura e che la selezione viene fatta dufficio, da parte del clero. Mentalit pi occidentale? In ogni caso ci allontaniamo da Atanasio. 49 Exp. Symb., 36 (ll. 15-16).
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conclude lenumerazione delle opere dellAntico e del Nuovo Testamento: Ecco le fonti della salvezza; colui che ha sete pu attingere alle parole che si trovano in questi libri. Solo attraverso questi annunciata la dottrina della piet...50. Questa volta la lettura della Lettera festale mi sembra certa. Rimangono ancora da confrontare i due elenchi dei libri letti in chiesa. Tali elenchi non sono identici, n per lAntico Testamento n per il Nuovo. Atanasio colloca tra i libri letti il libro di Ester, che Rufino ha inserito tra le opere canoniche; ma ignora Tobia, nonch i Libri senza precisare il nome dei Maccabei. Per quanto riguarda il Nuovo Testamento, non soltanto Rufino inverte lordine del Pastore e delle Due vie, ma aggiunge un terzo scritto, il Iudicium secundum Petrum, la cui esistenza nota grazie a Girolamo51; inoltre Rufino precisa lindicazione relativa al Pastore. Loriginalit appare quindi fuori discussione. Leventuale domanda da porsi sarebbe se questi libri non fossero utilizzati in modo particolare nella regione di Aquileia o di Concordia. Luso del Canone di Muratori da parte di Cromazio invita a pensare che in quelle zone si fosse al corrente riguardo allorigine del Pastore52 pi di quanto lo fosse Origene, le cui esitazioni non potevano non essere note a Rufino53. Ma verso Aquileia, verso Altino e nuovamente verso Girolamo che bisogna guardare per il conteggio dei libri ecclesiastici dellAntico Testamento. La parentela gi stata intravista54, senza per cogliere tutta la sua importanza, da un lato perch va notato che la traduzione di Girolamo del Libro di Tobia e di quello di Giuditta , nonch dei Libri di Salomone era dedicata a Cromazio e a Eliodoro, dallaltro lato perch bisogna prestare attenzione alle date delle due traduzioni. Come si evince dalle due Prefazioni, la traduzione dei Libri di Salomone la prima, e si concordi nel farla risalire al 398. Rufino lavrebbe scoperta una volta giunto nellItalia settentrionale, dovera stata portata da Paoliniano, fratello di Girolamo.
ATANASIO, loc. cit. (c. 1437 C). GIROLAMO, De uiris illustribus, 1 (PL 23 (1845), c. 609 A 6-7). 52 Sullespressione di Rufino libellus qui dicitur Pastoris siue Hermae cfr. A. CARLINI, Rufino traduttore e i papiri, in AAAd. XXXI, 1987, pp. 113-114. 53 Sullatteggiamento di Origene cfr. J. RUWET, Les Antilegomena dans les oeuvres dOrigne, in Biblica 23, 1942, pp. 18-42 e soprattutto pp. 33-35. 54 M. STENZEL, art. cit., pp. 50-51, che per non crede a una dipendenza.
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Niente di strano, viste le circostanze, se Cromazio ed Eliodoro hanno chiesto a Girolamo, probabilmente lanno successivo55, di tradurre i Libri di Tobia e di Giuditta, di cui aveva da poco parlato in termini riservati ma al tempo stesso laudativi. Riservati, perch notava che i libri di Giuditta, di Tobia e dei Maccabei (senza indicazione del nome) non fanno parte del Canone; laudativi, perch riconosceva che questi libri erano letti in Chiesa56. Tale dichiarazione aveva un carattere pi ampio, poich riguardava anche la Sapienza di Ges, figlio di Sirach e la Sapienza di Salomone, vale a dire gli ultimi due dei cinque titoli elencati da Rufino nellExpositio. La coincidenza si rivela affatto casuale quando Girolamo, prima di Rufino57, afferma che i libri possono essere letti per ledificazione del popolo, ma che non possono essere usati per confermare lautorit dei dogmi della Chiesa58. Chiaramente Rufino ha letto questa Prefazione. Anche se, intenzionalmente, ignora alcuni aspetti, ben felice di registrare lopinione di Girolamo, a suo vantaggio. Non da escludere che abbia mutuato un altro dato, che sembra a dir poco sorprendente. Secondo Rufino, la Sapienza del figlio di Sirach ha ricevuto in latino il nome di Ecclesiastico, a causa non del suo autore, bens della qualit dello scritto, che lo rende degno di essere letto in Chiesa. Rufino, che conosce molto bene Cipriano, lautore latino pi antico che cita il Siracide, dovrebbe sapere che lopera porta, presso il vescovo di Cartagine, il nome di Ecclesiastico, ma con laggiunta di Salomone59; di modo che la sua spiegazione, a prescindere dal valore, non rivela la tradizione legata al libro. In compenso la qualifica di ecclesiastico non rara in Girolamo, riferita ai libri. Certo non va confusa, bench probabilmente sia questa l a s u a o r i g i n e ,
Su questa datazione cfr. i miei articoli Aquile et la Palestine entre 370 et 420, in AAAd. XII, 1977, p. 284; Chromace et Jrme, in AAAd. XXXIV, 1989, pp. 170-171. P. LARDET (Contre Rufin, Introduction, SChr. 303, p. 75, n. 383) si detto daccordo. 56 GIROLAMO, Prologus in libris Salomonis (BS 2, p. 957, l. 19). 57 Exp. Symb., 36 (ll. 10-11): Quae omnia legi quidem in ecclesiis uoluerunt, non tamen proferri ad auctoritatem ex his fidei confirmandam. 58 GIROLAMO, Prologus in libris Salomonis (BS 2, p. 957, ll. 20-21): sic et haec duo uolumina legat ad aedificationem plebis, non ad auctoritatem ecclesiasticorum dogmatum confirmandam. 59 CIPRIANO, Test. ad Quirinum, 35, 3.
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con lepiteto ecclesiastico riferito agli uomini, in particolare agli scrittori, in Girolamo60, in Rufino61 e in Origene62, per dire non soltanto che appartengono alla Chiesa, ma anche che hanno difeso in modo ortodosso i dogmi e la regola di fede della Chiesa. Che io sappia, per, in Origene non si trova il termine ecclesiastico utilizzato per definire un libro o uno scritto. Conosco almeno tre esempi in Girolamo, senza aver condotto uno studio sistematico. Un esempio citato da Stenzel63, che ne ha colto i limiti, senza valutare che andava preso in considerazione il contesto geografico e polemico: se in due passi, infatti, Girolamo difende lApocalisse di Giovanni definendola ecclesiastica, ci avviene a Betlemme, dinanzi a un pubblico composto anche da orientali, scettici di fronte allautenticit dellApocalisse. La giustificazione che egli adduce che non soltanto il libro citato dai ueteres ecclesiastici uiri, ma anche che letto nelle Chiese dOccidente , senza essere relegato tra le scritture apocrife64. I testi risalgono al 400 circa. Si pu quindi pensare che il termine ecclesiastico applicato a un libro fosse duso comune a Betlemme, al tempo in cui Rufino ha lasciato la Palestina. Una quindicina danni dopo, nella Lettera a Dardano, Girolamo difende lEpistola agli Ebrei dinanzi a un occidentale. Il ragionamento analogo, ma questa volta fa appello allusanza orientale: lEpistola agli Ebrei letta nelle Chiese dOriente e citata dagli scrittori greci. E aggiunge: Se lusanza latina non laccoglie tra le scritture canoniche, neanche le Chiese greche, che godono della stessa libert, accolgono lApocalisse di Giovanni. Noi invece accogliamo entrambe, seguendo non lusanza della nostra epoca, bens lautorit degli scrittori antichi, che spesso utilizzano i testi delle due o p e r e , s en z a c o n s i d e r a r l e a p o c r i f e , c o m e i n v e c e s p e s s o a c c a d e ,
Cfr. la mia annotazione allIn Ionam, Praefatio (SCh. 323, p. 164 e p. 329) riguardo al Libro di Tobia utilizzato dagli ecclesiastici uiri. 61 RUFINO, De adulteratione, 2 (p. 9, ll. 22-23; ll. 24-25); Apologia, 2, 34 (p. 109, l. 5). 62 Cfr. ad es. In Levitic, hom. 1, 1 (ed. M. BORRET, SCh. 286, p. 68, ll. 24-25); ego ecclesiasticus sub fide Christi uiuens et in medio Ecclesiae positus.... 63 Art. Laud., p. 57. 64 GIROLAMO, Tr. de Ps. 1 (CC 78, p. 7, ll. 132-139); 149, 6 (Ibid., p. 351, ll. 80-82). Ovviamente considero questi Tractatus unopera orale di Girolamo.
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giacch solo di rado utilizzano passi di opere pagane, bens considerandole opere canoniche ed ecclesiastiche65. Certo, per quanto riguarda questo testo tardo, potremmo domandarci se Girolamo non metta sullo stesso piano canonico ed ecclesiastico. Ma ci non valeva per la sua Prefazione ai Libri di Salomone, in cui, prima di Rufino, aggiungeva che solo gli scritti canonici potevano servire a stabilire i dati della fede, mentre gli scritti ecclesiastici potevano servire soltanto alledificazione pastorale. Se, a prescindere dal Canone ebraico, si concordi nel riconoscere, sia in Rufino sia in Girolamo, linfluenza dei Canoni delle Chiese greche su quegli occidentali, che rimangono profondamente attaccati ai costumi delle proprie Chiese significativi i casi dellApocalisse e dellEcclesiastico , bisogna anche ammettere che le prese di posizione dei due hanno conosciuto uno stadio orale, in Palestina, indipendentemente dal fatto che tale fase abbia preceduto, seguito o accompagnato le critiche suscitate in Occidente conosciamo soprattutto quelle di Agostino in Africa dalle posizioni di Girolamo. Indubbiamente Rufino ha riflettuto sul Canone biblico prima di scrivere al riguardo, e per farlo ha pensato a Girolamo; dal canto suo Girolamo, quando scriveva nel 398 e forse nel 399 a Eliodoro e a Cromazio, non poteva non tenere conto del posto in cui mandava le proprie traduzioni, di coloro che le avevano richieste, nonch dei rapporti che Rufino intratteneva con questi vescovi, sempre che non fosse gi arrivato ad Aquileia. LExpositio Symboli di certo non nasce come opera polemica; tuttavia non pu essere separata puramente e semplicemente dalle circostanze in cui stata scritta e che forse lhanno prodotta. Potr sembrare strano che Girolamo rientri tra i patres cui fa riferimento Rufino 66. In ogni caso va notato che questi Patres, a prescindere da Girolamo, formano un gruppo pi composito rispetto alla perfetta unanimit suggerita dallappello,
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GIROLAMO, Ep. 129, 3. Cfr., a partire dal 386, In Titum 2, 2 (PL 26, c. 578 C-D). Vi sarebbero altri esempi da poter citare. I pi convincenti sono i meno visibili.
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pi volte ripetuto, allautorit della tradizione dei Padri. Bisogna altres notare che tale tradizione relativamente recente, dato che comprende autori della seconda met del IV secolo, per quanto riguarda gli scrittori greci il che non esclude, da parte di Atanasio di Alessandria e di Cirillo di Gerusalemme, il ricorso a una pratica pi antica seppure non identica, n rigida delle loro chiese. In fondo, scrivendo lExpositio, Rufino non fa altro che applicare quanto proclamato circa la sua Professione di fede nellApologia ad Anastasio: egli espone principalmente ci che ha appreso ad Aquileia, ad Alessandria e a Gerusalemme67. Certo, dichiara di seguire, nellExpositio, il simbolo in uso ad Aquileia, ma lispirazione pi ampia. Daltra parte, se cita numerose differenze rispetto al Simbolo Romano, non manca di segnalare il che non dispiace a eventuali censori che la fede si mantenuta molto pura a Roma e che le modifiche al simbolo sopraggiunte nelle altre comunit sono state rese necessarie da alcuni errori, rimasti sconosciuti a Roma68. Tali finezze, degne di Girolamo69, mostrano, come le allusioni alle Orientales Ecclesiae70, che Rufino oltrepassa lorizzonte e le preoccupazioni di una chiesa dellItalia settentrionale, per prestigiosa che sia. Sarebbe pertanto sbagliato vedere nellExpositio lopera rappresentativa di una determinata regione, e ancora pi sbagliato attribuirle una qualsiasi autorit, al tempo in cui composta. Il rispetto arriver in seguito: conosciamo bene il giudizio di Gennadio71. Tale giudizio sar confermato dai secoli a venire, che copieranno a man bassa lExpositio (non soltanto per il Canone). Al contrario il giudizio dellepoca si pu vedere implicitamente nella risposta di Innocenzo I a Esperio di Tolosa, il 20 febbraio del 405: lelenco romano ignora con una certa superbia le classificazioni e le distinzioni di Rufino72. Occorre notare inoltre come passi sotto silenzio anche il testo
RUFINO, Apologia ad Anastasium, 8. Exp. Symb., 3 (p. 136, ll. 7-9); 5 (p. 140, ll. 30-38). 69 Cfr. ad es., allindirizzo di Rufino e degli Origenisti, lEp. 84, 9 (CUF 4, p. 135, l. 28 p. 136, l. 3). 70 Exp. Symb., 4 (p. 137, l. 2); 5 (p. 139, l. 1); 16 (p. 153, l. 6). 71 GENNADIO, De uiris illustribus, 17 (ed. Richardson, p. 68, ll. 8-10): Proprio autem labore, immo gratiae Dei dono, exposuit idem Rufinus Symbolum ut in eius conparatione alii nec exposuisse credantur. 72 INNOCENZO I, Ep. 6, 7 (PL 20, c. 501-2).
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biblico, e ci nei confronti di un vescovo73 che gi in contatto con Girolamo. II LAPOLOGIA CONTRO GIROLAMO: I PERICOLI DI UNA NUOVA TRADUZIONE Prima di lasciare lExpositio per passare allApologia abbiamo notato come non dimostri tutta limparzialit e loggettivit che ci si aspettava74 vorrei fare alcune osservazioni, che consentiranno di capire meglio sia il contesto pastorale del trattato, sia certi aspetti dellApologia contro Girolamo, che attacca le traduzioni di Girolamo e, di conseguenza, riguarda il Canone e la sua composizione. La prima osservazione concerne sia Girolamo sia Rufino. Abbiamo visto lo spazio che occupa in entrambi il libro dellEcclesiastico. Non forse sorprendente che nessuno dei due abbia prestato attenzione alla Prefazione del traduttore greco? Nel 38 anno di Tolomeo Evergete (probabilmente nel 132 a.C.) questi, oltre alla tripartizione della Bibbia ebraica in Legge, Profeti e gli altri scritti, attesta le imperfezioni della traduzione greca esistente, invocando la difficolt insita nel passare da una lingua allaltra75. Per Girolamo si trattava di un precedente, che avrebbe potuto far valere, mentre per Rufino era lesempio di un
a Esperio di Tolosa e non a Cromazio e a Eliodoro, come promesso che sar dedicato lIn Zachariam di Girolamo (cfr. il mio art. Chromace et Jrme, in AAAd. XXXIV, 1989, p. 174). Secondo Girolamo Vigilanzio, da cui Esperio di Tolosa prende le distanze, un alleato di Rufino (C. Rufin 3, 19). Daltra parte nel Contra Vigilantium del 406, Girolamo rimprovera allavversario di basarsi sul III Esdra e su tutti gli altri Apocrifi (PL 23 (1845), c. 344 D 345 B). 74 Ho gi segnalato la parentela tra il 37 e il Liber ad Gaudentium, di cui P. Meyvaert ha ritrovato due frammenti dottrinali sulla visione del Padre da parte del Figlio. Questo Liber sembra seguire da vicino il processo di Milano: Y-M. DUVAL, Le Liber Hyeronimi ad Gaudentium..., pp. 179 sgg. Il carattere polemico della trattazione sulla resurrezione della carne ( 39-44) indubbio; questi due punti sono facilmente ricollegabili alla controversia con gli amici di Girolamo, cos com presentata nellApologia contro Girolamo. Occorre quindi prestare attenzione alla formula finale dellExpositio: Si, inquam, haec secundum traditionis supra expositae regulam consequenter aduertimus, deprecemur ut nobis et omnibus qui haec audiunt concedat Dominus, fide quam suscepimus custodita, cursu consummato, expectare repositam iustitiae coronam... ( 46, p. 182, ll. 17-20). Sotto diversi aspetti, lExpositio anche unApologia. 75 Siracide, Prologo (inizio e fine).
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traduttore ebreo che, molto prima di Cristo, proclamava la superiorit del testo originale e confessava la difficolt del suo compito di traduttore. Ma n Rufino n Girolamo si sono interessati alle dichiarazioni metodologiche. La sola questione che ha attirato la loro attenzione riguarda liscrizione del libro nel Canone delle Scritture. Questa visione globale chiama in causa altri libri. Abbiamo visto che Cirillo di Gerusalemme e Atanasio di Alessandria precisavano, in merito a Geremia, che bisognava includere nella raccolta il Libro di Baruc, le Lamentazioni e la sua Lettera. Nel 400 Girolamo si gi espresso sulla non autenticit del Libro di Baruc76. Rufino non apre bocca sulla questione, n sul Libro di Daniele, da cui prender gli esempi utilizzati nellaspra critica della traduzione di Girolamo dallebraico, nel secondo libro dellApologia. Tuttavia, per apprezzare a pieno queste celebri pagine, occorre collocarle nel loro preciso contesto, tenendo conto delle regole della polemica, se non altro per cogliere meglio lo sfondo, pi pastorale che scientifico, dellintera controversia. Rufino si visto contestare la fedelt della sua traduzione dellApologia di Panfilo e la qualit stessa del lavoro di Panfilo77. Risponde denunciando larroganza di Girolamo nellergersi a critico dellautenticit e dellortodossia delle opere altrui78. Si visto rimproverare per aver osato tradurre in latino opere che nessuno prima di lui aveva avuto laudacia di tradurre79. Risponde rimproverando a Girolamo laudacia nel tradurre la Scrittura80, cosa che nessun cristiano si era azzardato a fare prima di lui. La ritorsione evidente; ciononostante comporta diversi elementi che vale la pena distinguere. Innanzitutto, se per Rufino la traduzione non accettabile, perch modifica sia il testo, sia il numero dei libri, o quanto meno la loro composizione. Intervengono a questo proposito gli esempi mutuati dal Libro di Daniele, con la storia di Susanna
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GIROLAMO, Prologus in libro Hieremiae (BS 2, p. 166, ll. 12 sgg.). RUFINO, Apologia c. Hieronymum, 2, 34: cfr. GIROLAMO, Ep. 84, 11. 78 Ibid. (p. 109, l. 17 p. 110, l. 45). 79 Ibid., 2, 35: cfr. GIROLAMO, Ep. 84, 7. 80 Ibid., 2, 36 sgg.
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e il Cantico dei tre fanciulli, cui Rufino si dichiara capace di aggiungere molti altri casi81. In realt qualche pagina dopo, quando riprende lelencazione, aggiunge soltanto lesempio della cucurbita trasformata in edera, il che dimostra che ha posto una certa attenzione al testo82 e che si ricordato di una critica che era stata mossa a Roma una decina di anni prima83. Che si tratti del testo o di parti di libri, il rimprovero che Rufino rivolge a Girolamo di aver cercato scienza e ispirazione tra gli ebrei. Laccusa ritorna pi volte in queste pagine84 sotto diverse forme, testimoniando unavversione per la Sinagoga che sorprende per la sua ferocia, bench non sia un caso isolato a quel tempo, n sconosciuto ad Aquileia85. noto come Rufino trasformi Baranina86, il nome del maestro ebreo di Girolamo, in Barabba e come, riprendendo unetimologia e una trattazione care a Origene87, veda in questo Barabba il Diavolo in persona88. La Sinagoga diventa addirittura la Sinagoga del Diavolo89. Appare manifesto che Rufino non nutre nessuna speranza nella conversione degli ebrei. Sebbene dimostri di conoscere 90 la Lettera ad Africano, i n c u i O r i g e n e s p i e g a i l s e n s o d e l s u o
Ibid., 2, 37 (p. 111, l. 9 p. 112, l. 15). Ibid., 2, 39 (p. 113, l. 19 p. 114, l. 34). 83 Gi nel 396 Girolamo menziona una critica che era stata mossa a Roma, in seguito alla sua traduzione del ricino di Giona, che diventa edera e non cucurbita come riportavano le traduzioni latine precedenti, a partire dalla Kolokunth della Settanta (GIROLAMO, In Ionam, 4, 6 SChr. 323, pp. 198-296). 84 Apol. c. Hieronymum, 2, 36 (p. 111, ll. 9 sgg.); 37 (p. 112, ll. 25-28); 38 (p. 112, l. 8 p. 113, l. 18). 85 L. CRACCO-RUGGINI, Il vescovo Cromazio e gli Ebrei di Aquileia, in AAAd. XII, 1977, pp. 353-381 e in particolare pp. 373 sgg. 86 GIROLAMO, Ep. 84, 3. 87 Cfr. ad es. Om. su Geremia 18, 5 (SChr. 238, p. 192). 88 Apol. c. Hieronymum, 2, 15 (p. 95, ll. 34-49); 16 (p. 95, ll. 4-5); 37 (p. 112, l. 19): sibi Barabba adspirante; 38 (p. 113, ll. 23-25: ... ut uel Barabban illum, quem aliquando, ut Christo nuberet, spreuerat.... 89 Apol. c. Hieronymum, 2, 34 (p. 110, l. 38). Lespressione compare nellEp. 84, 3 (CUF 4, p. 127, l. 19), che Rufino conosce. In ogni caso lespressione non rara. 90 Quel che dice riguardo al lavoro di verifica condotto da Origene (Apol. c. Hieronymum, 2, 40 pp. 114-115) potrebbe provenire da questa Lettera. Varie argomentazioni di Rufino contro Girolamo, il nuovo Africano, ricordano quelle di Origene. Ma non da escludere che Rufino conosca altri testi, oltre a quelli in nostro possesso.
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lavoro di confronto tra diverse traduzioni greche91, Rufino non prende minimamente in considerazione lipotesi che la traduzione latina di Girolamo possa avere la stessa funzione in Occidente per il dialogo con gli ebrei, se non addirittura per la loro conversione. Ogni dialogo con gli ebrei appare escluso. Come vedremo, Rufino si trincerer addirittura dietro lautorit degli Apostoli, che hanno sempre messo in guardia contro le favole ebree e le genealogie e che condannavano anzitempo grazie allo Spirito Santo lopera di Girolamo, che ha fatto ricorso a un ebreo92. In realt Rufino, pi che agli ebrei, pensa ai pagani. Rievoca, infatti, la cattiva impressione che suscita in questi il carattere incerto della Legge cristiana, suscettibile di ricevere correzioni e modifiche93, al punto che i pagani finiscono col mettere in dubbio lesistenza della verit presso i cristiani. Ecco dichiara a Girolamo quel che ci hanno procurato la tua grandissima scienza e la tua grandissima saggezza: essere considerati tutti ignoranti e insensati, persino dai pagani!94. Allo stesso modo possiamo constatare, se si considera lExpositio Symboli, che Rufino si preoccupa quasi esclusivamente dei pagani, eludendo o confutando le loro obiezioni95, senza mai segnalare la presenza di ebrei contemporanei con cui dover fare i conti, come ai primi tempi della storia della Chiesa. Arriviamo cos al punto pi importante dellargomentazione di Rufino, punto che stato messo troppo poco in rilievo e quasi mai confrontato con latteggiamento tenuto nellExpositio Symboli. Secondo Rufino limpresa di Girolamo condannabile, in quanto mette in dubbio leredit degli Apostoli e il riferimento allo Spirito Santo. Sono gli Apostoli stessi ad aver consegnato alle Chiese di Cristo i libri delle divine Scritture, linstrumentum fidei, gli instrumenta librorum, la ueritas instrumenti96 ed questa verit che Girolamo contesta, d o m a n d a n d o a g l i e b r e i
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ORIGENE, Lettera ad Africano, 9. Apol. c. Hieronymum, 2, 38 (p. 112, l. 10 p. 113, l. 18). 93 Ibid., 2, 39 (p. 113, ll. 7-12). 94 Ibid. (p. 113, ll. 14-15): Hoc nobis praestitit tua ista nimia sapientia ut omnes insipientes etiam a gentilibus iudicemur. 95 Exp. Symboli, 3 (p. 136, ll. 31-34); 9 (p. 146, ll. 3 sgg.); 10 (p. 147, l. 1) ecc. 96 Apol. c. Hieronymum, 2, 36 (p. 111, ll. 7-9; 19-20; 24-27); 37 (p. 111, ll. 5-8; p. 112, ll. 22-25); 38 (p. 112, ll. 13-14).
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di correggere il testo che gli Apostoli hanno affidato alle Chiese. Rufino ancora pi preciso: agli inizi della storia della Chiesa, afferma, cerano nelle comunit cristiane, specie a Gerusalemme, numerosi ebrei convertiti, che conoscevano lebraico e il greco97 e potevano quindi verificare lesattezza della Settanta , ma nessuno di questi (seppur numerosi) eruditi ha osato fornire una nuova traduzione dellinstrumentum diuinum. Per assistere a una simile impresa si dovuto attendere il lavoro di Girolamo, ispirato da quel Barabba di cui abbiamo svelato lidentit. Implicitamente Rufino pensa gi ai settantatr traduttori98 che, ognuno nella propria cellula, hanno prodotto lunica traduzione a noi nota, ispirati dallo Spirito Santo99. In definitiva lo Spirito Santo il bersaglio di Girolamo, attraverso gli Apostoli. Una volta inviata lApologia a Roma, non stupisce che Rufino invochi il comportamento di Pietro e di Paolo. Ma lo fa con un abile climax, che non poteva non scuotere i comuni lettori. Se Pietro, durante il suo lungo soggiorno a Roma, ha sicuramente trasmesso alla Chiesa romana i libri che riteneva autentici, Rufino sarebbe pronto ad accogliere unobiezione di Girolamo e a riconoscere che Pietro non aveva una grande formazione, e non poteva pertanto verificare la qualit della traduzione. Ma non sarebbe come offendere lo Spirito Santo che aveva ricevuto in lui e che lo aveva omaggiato del dono delle lingue100? In ogni caso non si pu invocare lignoranza per Paolo: Rufino riunisce le prove della sua competenza, ricorda i suoi avvertimenti contro i circoncisi e gli fa prevedere, per opera dello Spirito Santo, che circa quattrocento anni dopo la Chiesa avrebbe inviato qualcuno a chiedere ai circoncisi la verit che solo essa possiede101. Si tratta, beninteso, di Girolamo e del suo Barabba.
Ibid., 2, 37 (p. 111, ll. 1-8). Ibid., 2, 37 (p. 112, ll. 14-15). Riguardo al numero cfr. lapparato critico di M. Simonetti ad. loc. Pi avanti si parla di 70: 2, 39 (p. 113, l. 5). Girolamo si arrabbier per il risalto dato alla leggenda. Cirillo di Gerusalemme (Catech. 4, 34) laveva citata prima di parlare del Canone. 99 Ibid., 2, 37 (p. 112, ll. 15-20). 100 Ibid. (p. 112, ll. 21-34). 101 Ibid., 2, 38 (p. 112, ll. 1-18). Chiude una bella immagine: la collana che porta la Chiesa dei Gentili fatta di pietre preziose (=una buona traduzione) o di pietre false?
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Questo riferimento agli Apostoli va paragonato a quello presente allinizio dellExpositio Symboli. noto come Rufino riconduca agli Apostoli102 il Simbolo oggetto di spiegazione. Questi lo avrebbero composto subito dopo la discesa dello Spirito, prima di andare a evangelizzare le singole nazioni. Ma ci che pi conta la ragione per cui, secondo Rufino, gli Apostoli sono ricorsi a un segno di riconoscimento quale il symbolon. Forse perch a quel tempo, come narra lApostolo Paolo e come riportano gli Atti degli Apostoli, molti ebrei circoncisi si consideravano apostoli di Cristo. Per riempirsi le tasche e la pancia andavano a predicare, annunciando il nome di Cristo, ma senza rispettare i limiti esatti dellinsegnamento trasmesso. Proprio per questo stato introdotto tale segno di riconoscimento, per poter discernere chi predicava realmente Cristo secondo le regole degli Apostoli103. Ritroviamo gli ebrei104 da cui mette in guardia lApologia105 ed a questo Simbolo e alle regole disciplinari che si pu pensare quando Rufino, nellApologia contro Girolamo, dice che Pietro ha trasmesso alla Chiesa di Roma, oltre a tutto ci che riguardava listruzione, i libri che venivano letti mentre teneva le proprie sedute e insegnava106. Da ambo le parti, quindi, si risale agli Apostoli. Il che sicuramente appare logico, bench costituisca una grossa novit rispetto a quanto affermato circa il Canone delle Scritture nellExpositio Symboli, in cui Rufino invocava unicamente lautorit dei Patres e dei Maiores, mai degli Apostoli, quanto meno per lAntico Testamento. La differenza di notevole importanza, tanto pi che abbiamo visto che i Maiores non precedevano di molto lepoca di Rufino. Tale differenza di presentazione alquanto significativa dellunit di spirito con cui Rufino considera la trasmissione delle Scritture, nonch del Simbolo. Non soltanto tutto risale agli Apostoli, ma questi hanno lasciato una doppia o meglio, ununica
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Exp. Symboli, 2 (p. 134, ll. 1 sgg.). Ibid. (p. 134, ll. 18-26). 104 Anche gli eterodossi? Cfr. ibid., 2 (p. 135, ll. 32-36). 105 Apol. c. Hieronymum, 2, 38 (p. 112, ll. 8-11). 106 Ibid., 2, 37 (p. 112, ll. 22-25).
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eredit completa, fissa, impalpabile, capace persino di prevedere e di confutare anzitempo tutti gli errori sorti in seguito; abbiamo visto che Rufino fa loro respingere anticipatamente limpresa traduttiva di Girolamo107. Se riconosce che certe Chiese hanno aggiunto alcune precisazioni al Simbolo, per rispondere con maggior specificit a una determinata novit locale108, non ritiene che vi siano state differenze geografiche nella trasmissione dei testi sacri, n, stranamente109, che gli eretici abbiano potuto disturbare la trasmissione. Attualmente questa visione dei fatti, per quanto ambiziosa, appare piuttosto semplificatrice. Direi che agli inizi del V secolo era gi in ritardo sui fatti verificabili; le critiche mosse a Girolamo, poi, non tenevano conto n delle riserve che egli stesso nutriva sullutilizzo delle proprie traduzioni, n del valore che riconosceva sia alla Settanta riguardo ai Salmi nelluso liturgico110, sia ai testi non considerati dal Canone ebraico. Quando Rufino rimprovera a Girolamo di aver omesso la storia di Susanna, contenente un cos bellesempio di castit [] per le persone sposate e per quelle non sposate111, forse gli sfuggito che Girolamo, nella Prefazione al Libro di Giuditta, indirizzato a Eliodoro e a Cromazio, decantava questesempio di castit [] degno di essere imitato non solo dalle donne ma anche dagli uomini112? Si ha limpressione che non voglia ascoltare e sembra di assistere, in pi di unoccasione, a un dialogo tra sordi. Poteva forse accusare Girolamo di aver soppresso non solo la storia di Susanna, ma anche il Cantico dei tre fanciulli, quando Girolamo aveva esplicitamente dichiarato, gi nella Prefazione alla sua traduzione, che avrebbe mantenuto questi testi, cos come la storia di Bel e il drago, nella traduzione del Libro di Daniele, per non dare limpressione, tra gli imperiti, di aver amputato una grossa p a r t e d e l v o l u m e 113? P o i c h q u e s t e p a g i n e n o n p r e s e n t a v a n o u n
Ibid., 2, 38 (p. 112, ll. 11-15). Exp. Symb., 3 (p. 135, l. 4 p. 136, l. 15) e passim. 109 Mentre ha segnalato nel De adulteratione, 9 (p. 13, ll. 1-14) le imprese degli eretici contro i Vangeli e contro le Epistole degli Apostoli. 110 Cfr. ad es. Contra Rufinum, 2, 24 (SChr. 303, p. 170, ll. 30-34). 111 RUFINO, Apol. c. Hieronymum, 2, 37 (p. 111, ll. 10-11); 2, 39 (p. 113, ll. 19-21). 112 GIROLAMO, Prologus Judith (BS 1, p. 691, ll. 9-11). 113 GIROLAMO, Prologus in Danihele propheta (BS 2, p. 1341, ll. 19-24).
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grandissimo valore dogmatico, Rufino avrebbe potuto ammettere che rientravano nei testi ecclesiastici, destinati alledificazione. In ogni caso Girolamo non ha torto quando dichiara, nel Contro Rufino del 401114 e nella Prefazione al Commento a Daniele115 del 407, che le critiche del suo avversario non sono pertinenti e che sono state confutate primancora di essere formulate. Fare appello al Libro di Daniele non ci sembra un esempio di facile accesso, relativamente al testo, allorigine e al contenuto. Tuttavia non sicuro che Rufino abbia voluto, a modo suo, riprendere la risposta di Origene ad Africano116. Il motivo un altro: se non si pu affermare con certezza che faccia parte degli imperiti cui si riferiva Girolamo nella Prefazione alla sua traduzione, per gli imperiti che scrive il pi delle volte. Di conseguenza gli esempi di Susanna, del giovane Daniele, dei tre ebrei nella fornace si rivelano persuasivi, in virt della loro diffusione117, anche agli occhi dei Romani, cui indirizzata lApologia contro Girolamo. La conferma arriva dallultimo esempio citato, quello di Giona e, pi precisamente, della cucurbita dei sarcofagi, vale a dire un dettaglio materiale, visibile, percepibile anche dal pubblico meno istruito118. Con Girolamo119 siamo di fronte a una discussione erudita, che bisognerebbe forse lasciare ai dotti 120
GIROLAMO, Contra Rufinum, 2, 33 (ed. P. Lardet, SChr. 303, pp. 192-195). GIROLAMO, In Danielem, Prol. (CC 75 A, p. 774, ll. 61 sgg.). Rufino non risponder mai alla domanda relativa alluso del testo di Teodozione. 116 noto che le domande di Giulio Africano vertono principalmente sul Libro di Daniele. 117 Lo stesso Cromazio ha consacrato il suo S. 35 a Susanna, mentre lS. 25, 2 rievoca Daniele in mezzo ai leoni. Il Museo di Portogruaro possiede un bel piatto in vetro, proveniente da Concordia, raffigurante Daniele che prega in mezzo ai leoni. Che dire di Roma? 118 Apol. c. Hieronymum, 2, 39 (p. 114, ll. 29-34). 119 Rufino avrebbe potuto far cadere Girolamo in contraddizione, rammentandogli il numero di volte in cui aveva parlato, senza reticenze, di Susanna, dei fanciulli ebrei e di Daniele. Cfr. ad es. Ep. 1, 9; 54, 10; 58, 1; 65, 2 ecc. Ma Girolamo avrebbe potuto rispondere che si trattava di pezzi parenetici. 120 Girolamo, si sa, non ha mai cessato di ripetere che il suo lavoro non era volto a condannare la Settanta e che nessuno era obbligato a servirsene. Cfr. ad es. Quaestiones hebraicae, Praefatio (CC 72, p. 2, ll. 16-18; p. 3, ll. 5-7); Prologus in libro Iosue (BS 1, p. 285, l. 4). Girolamo proclama diverse volte la necessit di seguire la Settanta: cfr. ad es. Ep. 57, 11; 106, 46). Daltra parte, anche se ricorre spesso
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ma come procedere121? . Con Rufino si tratta di rassicurare gli umili e, per timore di turbarli, di presentare loro una visione unitaria, unanime della fede, attraverso lintera storia della Chiesa. III LA TRADUZIONE DELLA STORIA ECCLESIASTICA DI EUSEBIO DI CESAREA: UN CANONE SENZA STORIA Non necessario che mi dilunghi sulle circostanze in cui stata effettuata la traduzione della Storia Ecclesiastica di Eusebio: il riferimento allinvasione di Alarico presente nella Prefazione generale colloca il lavoro in un momento successivo rispetto agli scritti sopra esaminati, riguardanti le Scritture e il Canone; ma la distanza non tale da non poter ritrovare una certa affinit dispirazione122. Non meno importante, la Prefazione descrive il clima morboso in cui vive la popolazione, dominata dal dubbio, dopo lirruzione di un barbaro in un impero ormai cristiano. Il lavoro di Rufino presentato come un rimedio offerto a quella popolazione disorientata123 e come un contributo a Cromazio, alla stregua dei due pesciolini del fanciullo notato dallapostolo Filippo nel miracolo della moltiplicazione dei pani, per nutrire le folle124. Senza attribuire alla parola folla, utilizzata tre volte125, un senso troppo peggiorativo, si pu dire che la traduzione, destinata alla comunit cristiana di Aquileia 126, porta al livello di un pubblico popolare u n t e s t o g r e c o
ad Aquila per capire lebraico, non lo imita nel testo latino: v.g. Ep. 57, 11. 121 Questo il rimprovero mosso da Rufino, mentre mostra le traduzioni di Girolamo sparse per ecclesias et monasteria, per oppida, per castella (Apol. c. Hieronymum, 2, 36 p. 111, ll. 13-14). 122 In Eusebii Historiam Ecclesiasticam, Praefatio (Ed. Mommsen, GCS 9, 2, p. 951). Ci troviamo dopo il mese di novembre del 401 e probabilmente non prima della primavera o dellestate del 402. Sul significato politico del lavoro cfr. il mio art. Les mtamorphoses de lhistoriographie aux IVe et Ve sicles, in Actes du VIIe Congrs de la FIEC (Budapest, 1979), vol. 2, pp. 151-159, Budapest, 1983. 123 Ibid. (ll. 6 sgg.). 124 Ibid. (ll. 19 sgg.). 125 Cfr. p. 951, l. 19; 27; p. 952, l. 13. 126 Fr. THLAMON, Une oeuvre destine la communaut chrtienne dAquile: lHistoire Ecclsiastique de Rufin, in AAAd. XXII, 1982, pp. 255-271.
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che tradiva pi volte le preoccupazioni del dotto vescovo di Cesarea uir eruditissimus, dichiara Rufino127. Se ha ritrovato nello storico greco una grande attenzione per la tradizione e lha rafforzata, Rufino ha riscontrato in questi libri un notevole interesse per il Canone delle Scritture, nonch per le sue attestazioni e varianti. Spesso ha attenuato o semplificato le esitazioni, non limitandosi pi al ruolo di traduttore fedele. Esiste una decina di pagine, pi o meno sviluppate, in cui Eusebio ha trascritto le opinioni degli autori da lui letti, riguardanti sia un determinato libro sacro, sia lintero Canone128. Come si pu facilmente intuire, tali pagine si riferiscono soprattutto ai libri del Nuovo Testamento, in particolare lApocalisse, lEpistola agli Ebrei, le Epistole di Pietro, di Giacomo e di Giovanni. Non mia intenzione dilungarmi sul modo con cui Rufino ha trasmesso tali informazioni, bench egli sia pi eloquente rispetto alle pagine riguardanti lAntico Testamento129. Non mi soffermer nemmeno sulle questioni di vocabolario, n sulla maniera con cui Rufino rende o traspone il vocabolario tecnico della canonicit. Minteresser unicamente al contenuto del Canone dellAntico Testamento e alla caratterizzazione dei libri che lo costituiscono. Il primo testo appartiene al Contro Apione di Giuseppe Flavio130, oggetto di numerose discussioni moderne, in greco. Non stupiamoci se Rufino appare alquanto disorientato dinanzi a questo testo, che rimane piuttosto impreciso nei dettagli, eccettuata la menzione dei 22 libri e della loro suddivisione in 5 libri di Mos, 13 libri di profeti successivi a Mos e altri 4 libri, contenenti gli Inni a Dio e le regole di vita per gli uomini131. Daltronde Giuseppe Flavio vuole insistere sul piccolo numero
Praefatio (p. 951, l. 12). EUSEBIO, Storia Ecclesiastica, 2, 33; 3, 3, 1-5; 3, 10, 1-5; 3, 23-25; 4, 26, 13-14; 6, 13, 6; 6, 20, 3; 6, 25 ecc. Alcune modifiche di Rufino sono gi state segnalate da J. Oulton (Rufinus Translation of the Church History of Eusebius, in JTS 30, 1929, pp. 150-174 e soprattutto pp. 156-157). La questione meriterebbe una trattazione pi ampia. 129 Daltra parte due di queste testimonianze provengono da fonti ebraiche (Giuseppe Flavio e Origene) e quella di Melitone intende trasmettere lopinione degli ebrei. Pertanto Rufino non del tutto libero di modificare questi dati. 130 EUSEBIO, Storia Ecclesiastica, 3, 10, 1-5 (GCS 9, p. 222-225) GIUSEPPE FLAVIO, Contro Apione, 1, 38-44. 131 Ibid. 3, 10, 2.
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di libri ammessi dagli ebrei132, sulla loro unit e sulla particolare cura con cui sono conservati, senza aggiunte n modifiche. Rufino ha rispettato tali affermazioni, che potevano confermare quelle di Girolamo; ma pare non aver compreso la tripartizione in Legge, Profeti e gli altri scritti, in quanto i profeti successivi a Mos diventano semplicemente tutti i profeti di quelle epoche133, perdendo cos il carattere tecnico dellespressione, senza che il cristiano sembri infastidito dal fatto che questi profeti siano semplici narratori. Va comunque notato come il testo di Giuseppe Flavio resti sostanzialmente intatto, senza che Rufino imponga la propria organizzazione. Questa appare pi evidente nella traduzione della dedica delle Eclogai di Melitone di Sardi. Si riconoscere volentieri in questultimo uno dei primi che, per interloquire con gli ebrei, abbia avuto cura di informarsi sui libri che questi riconoscevano134. Dichiara di essere andato in Palestina, nel luogo in cui fu proclamata e compiuta la Scrittura, e fornisce lelenco dei libri dellantica alleanza ovvero dellAntico Testamento135 senza fissare alcun numero, contrariamente a quanto ci si aspettava136, e senza insistere sul loro ordine, a parte la menzione dei cinque libri di Mos, allinizio, e dei profeti, verso la fine. Rufino conferma tale classificazione, ma non senza completarla, introducendo alcuni nessi logici che rendono il centro meno confuso137. Lintervento comunque molto discreto e mira semplicemente ad aiutare il lettore, offrendogli un percorso guidato, facile da riconoscere. Diversa la questione per quanto concerne il terzo passo, che non altro se non il Canone ebraico, come presentato da Origene nel suo Commento al Salmo I. Ci ci riporta in parte allExpositio Symboli, se non altro per la formula in his concludunt (hebraei) canonem uoluminum diuinorum138, che unaggiunta di Rufino
Rispetto al gran numero di opere greche, spesso contraddittorie. Prophetae quique per ea tempora (p. 225, l. 4). 134 EUSEBIO, Storia Ecclesiastica, 4, 26, 13-14 (pp. 386-389). 135 Rufino traduce poi con Vetus testamentum la menzione degli antichi libri e i libri dellantica diathk. 136 Melitone espone infatti la domanda del suo corrispondente (p. 386, l. 24), nonch quella relativa allordine. Rufino inverte (p. 387, l. 24). 137 Lelenco di Melitone non comporta neanche una particella. Rufino aggiunge un tum deinde e un autem. 138 EUSEBIO, Storia Ecclesiastica, 6, 25, 2 (p. 575, l. 5 p. 577, l. 1).
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e somiglia non poco allultima frase della sua presentazione: Haec sunt quae patres intra canonem concluserunt139. Ho gi avuto modo di dire che il testo di Rufino era pi completo e corretto rispetto allattuale testo della Storia Ecclesiastica di Eusebio, giacch menziona il libro dei Dodici profeti, la cui omissione rende inesatta la cifra di 22 libri indicata da Origene. Si tratta semplicemente di un caso. Loriginalit dellelenco di Origene sta nel fornire lincipit dei libri ebraici, nel tradurlo e nel porre a fronte il titolo del libro nella Settanta. Rufino ha trascurato questi dati eruditi, che Girolamo aveva ripreso e imitato140. Forse a lui che dobbiamo la piccola inesattezza seguente: come Girolamo, infatti, egli scambia Dabreiamim/n, lincipit del libro delle Cronache141, per il titolo di un libro: quem dicunt (Hebraei) Sermones dierum142; lo stesso vale per i libri dei Re, quem appellant Regnum Dauid143, nonch per quello di Samuele144. Rimangono da analizzare altri due punti, in parte oscuri: nonostante lesplicita menzione di Origene, egli omette Rut, cos come le Lamentazioni e la Lettera di Geremia. Abbiamo visto che nemmeno lExpositio Symboli145 rievocava gli ultimi due testi. Non occorrerebbe soffermarsi su altri due titoli, se Origene non si fosse preoccupato di correggere uno dei due: non bisogna dire, come molti fanno, Cantici dei Cantici, bens Cantico, al singolare146. Rufino omette tale osservazione e scrive Cantica Canticorum, come nellExpositio147. Probabilmente intende rispettare luso dei suoi lettori. Lo stesso potrebbe valere per il Paralipomeni (liber), sebbene lExpositio parli di Paralipomenon148. Altri due dettagli evidenziano la volont di chiarezza: Rufino attribuisce a Salomone i tre libri che gli appartengono, precisando che Isaia un profeta,
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Exp. Symboli, 35 (p. 171, ll. 16-17). In particolare nel Prologus galeatus (BS 1, pp. 364-365). 141 Ibid. (p. 365, l. 40). Lo stesso nel Prologus in libro Paralipomenon (p. 547, l. 37). 142 Storia Ecclesiastica, p. 575, ll. 1-2. 143 Ibid. p. 573, l. 11 (E il re Davide). 144 Ibid. p. 573, l. 10. 145 Exp. Symboli, 35 (p. 170, l. 7). 146 Storia Ecclesiastica, 6, 25, 2 (p. 571, ll. 8-9). 147 Exp. Symboli, 35 (p. 171, l. 10). 148 Alcuni manoscritti risultano corretti.
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il che deve valere anche per i successivi in lista. Ma per quale motivo inverte Daniele ed Ezechiele, se non per riprendere lordine della Settanta? Si tratta di particolari insignificanti, spesso in contraddizione tra loro. Le intenzioni apparirebbero molto pi chiare, se avessi il tempo di soffermarmi su testi pi numerosi e complessi, che riguardano alcuni libri del Nuovo Testamento. Cito solo un esempio, mutuato dalla traduzione dei testi di Origene, in merito alle Lettere degli Apostoli149. Per quanto concerne Paolo, non soltanto suggerisce la cifra di 14 epistole, assente in Origene, ma integra il testo del Commento a Giovanni con due passi, che Eusebio aveva tratto dalle Omelie sullEpistola agli Ebrei. Lalessandrino, dopo aver segnalato le differenze di stile, attribuiva quanto meno il pensiero allApostolo, concludendo con questosservazione: Se qualche chiesa ritiene che la lettera appartenga a Paolo, merita complimenti anche per questo; poich non un caso se gli Antichi lhanno trasmessa come appartenente a Paolo150. In Rufino diventa: Da parte mia io (=Origene) dichiaro, come trasmessomi dagli Antichi, che essa chiaramente di Paolo e che tutti i nostri Antichi lhanno accolta come una lettera di Paolo151. Occorre forse insistere? I ritocchi sono altrettanto evidenti per quanto riguarda le lettere di Pietro e di Giovanni: mentre Origene, che intende mostrare che gli Apostoli hanno lasciato solo un esiguo numero di scritti, insiste sui dubbi che circondano la seconda lettera di Pietro e la seconda e terza lettera di Giovanni152, Rufino riconosce solo qualche caso: a nonnullis et de secunda dubitatur, de quibus et apud quosdam dubia sententia est153. Si avverte la volont di ridurre limpressione dincertezza e di dispersione. Si potrebbe addirittura aggiungere che la testimonianza che Rufino mette in bocca a Origene non pu che far apparire questultimo ancor pi grande al cospetto dei lettori. Citer un ultimo esempio dinfedelt, tanto pi illuminante in quanto involontario (almeno cos pare). Parlando di Egesippo,
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EUSEBIO, Storia Ecclesiastica, 6, 25, 7-14 (pp. 576-580). Ibid., 6, 25, 13 (p. 580, ll. 2-4). 151 Ibid., 6, 25, 13 (p. 579, ll. 3-6). 152 Ibid., 6, 25, 8-10 (p. 578, ll. 1-10). 153 Ibid., 6, 25, 8-10 (p. 579, ll. 11-17).
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Eusebio scrive: Non era soltanto lui (Egesippo), ma anche Ireneo e tutto il coro degli Antichi a chiamare Sapienza piena di virt (Panareton Sophian) i Proverbi di Salomone154. Rufino traduce: Egli stesso, Ireneo e tutto il coro degli Antichi hanno detto che il libro avente per titolo la Sapienza era di Salomone, cos come i Proverbi e il resto155. Il controsenso rivelatore, poich la Sapienza di Salomone era contestata, da Girolamo ad esempio. Daltronde questultimo aveva parlato, nella Prefazione alla traduzione dei Libri di Salomone156, dedicata a Cromazio e a Eliodoro, di un Panaretos Iesu filii Sirach liber, che portava il titolo di Parabolae, ovvero di Meshlim in ebraico e di Paroimiai in greco. Ma si trattava dellEcclesiastico157, di cui abbiamo visto il posto particolare che occupava nellelenco di Rufino158. Non posso garantire che Rufino avesse in mente, in quel momento, il testo di Girolamo, ma non vi dubbio che faccia suo il testo di Eusebio, per riconoscere in Salomone lautore della Sapienza. Consapevolmente o meno, si tratta sempre di non gettare scompiglio tra i fedeli di Cromazio e tra i loro simili. *** una delle conclusioni pi chiare che si possa trarre da questo studio. Rufino cerca innanzitutto di rafforzare la credibilit della fede cristiana presso un pubblico di provenienza esclusivamente pagana. A tal proposito insiste sullunit della fede, sulla solidit della sua trasmissione, sullantichit della sua origine, poich questo Canone sembra, come il Simbolo, risalire agli Apostoli e, in definitiva, allo Spirito Santo che agiva in loro. Abbiamo visto come dai Patres 159 si passasse agli Apostoli 160 e come i d u b b i r i g u a r d o
Ibid., 4, 22, 9 (p. 372). Ibid. (p. 373, ll. 17-19): Hic ipse et Irenaeus et omnis antiquorum chorus librum qui adtitulature Sapientis, Salomonis dixerunt, sicut et Prouerbia et cetera. 156 Prologus in libros Salomonis (BS 2, p. 957, ll. 10-11). 157 Su questo titolo del Libro di Ben Sira cfr. J.B. LIGHFOOT, The Apostolic Fathers, Clement of Rome, London, 1890, ad 57 (2, p. 166); E. SCHRER, Geschichte des Judisches Volkes4, 3, p. 220. 158 Exp. Symboli, 36 (p. 171). 159 NellExpositio Symboli. 160 NellApol. c. Hieronymum.
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ad alcuni libri non investissero che una piccola parte di essi161. Si pu comprendere allora quanto limpresa di Girolamo, che escludeva certi libri dellAntico Testamento e modificava il testo ricevuto, apparisse pericolosa, sia per la sottomissione agli ebrei, nemici della Chiesa162, sia per il discredito che gettava su una Legge, su una storia e su profezie che traevano buona parte del loro valore dallantichit. Bench i contatti riguardassero le due rive del Mediterraneo163 e non direttamente i due uomini, certe critiche di Rufino si riallacciano a quelle formulate da Agostino negli stessi anni164. Non ho voluto allargare il campo dindagine, anzi, ho preferito centrarmi in primo luogo su Rufino e mostrare che, se la sua documentazione pi ampia di quanto si vuol far credere, visto che comprende Atanasio e Girolamo, oltre a Cirillo di Gerusalemme, essa pu difficilmente apparire come la tradizione di una Chiesa, si tratti di Aquileia o di Concordia, n come la tradizione di tutte le Chiese. In realt Rufino riunisce le tradizioni di diverse Chiese165 e le unifica, per le ragioni sopra indicate. Bench non possa dimostrare la certezza dellordine cronologico secondo cui ho analizzato i testi in particolare la sequenza Expositio Symboli-Apologia166, non mi pare possibi le considerare una qualsiasi opera di R u f i n o a l
Nella traduzione della Storia Ecclesiastica di Eusebio. Girolamo dir invece che il testo ebraico pi esplicito riguardo a Cristo e alla Trinit: cfr. ad es. il Prologo della traduzione del Pentateuco (BS 1, p. 3, ll. 21-25; p. 4, ll. 35-39). 163 Nel 401 Girolamo sa che una lettera, attribuita a lui, circola in Africa: in questa lettera si sarebbe pentito di aver tradotto dallebraico (C. Rufinum, 2, 24; 3, 25). Lanno successivo viene a sapere che Rufino ha inviato la sua Apologia in Africa (Ep. 102, 3 e 110, 6). 164 AGOSTINO, Ep. 71, 3-6 = GIROLAMO, Ep. 104, 3-6. La risposta di Girolamo (Ep. 110) ha molti punti in comune con le Prefazioni delle sue traduzioni e con il Contro Rufino. Cfr. anche AGOSTINO, Ep. 82, 35. Rapida sintesi in G. JOUASSARD, Rflexions sur la position de saint Augustin relativement la Septante dans sa discussion avec saint Jrme, in REAug. 2, 1956, pp. 93-99. 165 Va altres notato che se Rufino possiede elenchi greci, non si preoccupato di ricostruire il Canone di Cipriano o quello di Ambrogio. Nemmeno quello di Roma stato studiato. Non mi soffermo sul catalogo del Decretum Gelasianum e sulle questioni che implica. 166 Quanto meno non possibile separare le due opere con un intervallo di due-quattro anni.
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di fuori del contesto cronologico, n del riferimento anche se velato a Girolamo e alle discussioni, orali e scritte, avute con lui. Lo vediamo dalle numerose Prefazioni: Rufino sempre in dialogo con Girolamo e con i suoi amici. Non difficile verificarlo anche nelle sue opere, per quanto siano apparentemente avulse da ogni contesto polemico. Ci non significa che si tratti solo di attacchi, seppure velati: ho richiamato lattenzione sui vari prestiti, innegabili, da Girolamo. Rufino sapeva operare alcune distinzioni. Dispiace che non abbia saputo farne altre. Ma mi sembra che le Prefazioni indirizzate a Cromazio e a Eliodoro labbiano fermato167. In fondo ha accettato lidea di Atanasio e di Girolamo, secondo cui esistevano libri di secondo ordine. Cos facendo, sebbene non affermi esplicitamente che la Sapienza di Salomone, lEcclesiastico168 e i Libri dei Maccabei non esistono in ebraico, implicitamente rinuncia allautorit, per lui sacra, della Settanta, in cui trovano spazio. soltanto una delle contraddizioni interne della sua posizione. Non ne era affatto cosciente, preoccupato comera di non far vacillare la fede delle folle per le quali scriveva. (1992)
Esse sono state sicuramente discusse ad Aquileia. Tuttavia va ricordato che Girolamo dichiara di aver visto il testo in ebraico. Laffermazione stata confermata dalle scoperte di Qumran e di Masada.
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YVES-MARIE DUVAL
Tornato da Gerusalemme a Roma nel 397, poi ad Aquileia alla fine del 399, Rufino si trovava in questa cittadina quando i Goti di Alarico, varcando le Alpi alla fine del 401, si diffusero nei mesi successivi nella Venetia, per riversarsi in seguito nella pianura padana. in questo pericoloso periodo che, su richiesta del vescovo di Aquileia e per ridare fiducia alle popolazioni demoralizzate, Rufino tradusse la Storia Ecclesiastica di Eusebio di Cesarea, prolungandola dal 325 al 395 con due libri pi personali. Questo per lo meno quanto dichiarato nella Prefazione generale alla traduzione1. Senza dilungarsi troppo sul metodo e allontanandosi da Eusebio, che trascriveva molti documenti2, Rufino dichiara di utilizzare sia le maiorum litterae o traditiones, sia le risorse della memoria3. Nel corso di questi due libri troviamo infatti parecchie attestazioni, che provano come Rufino ricorra a scritti e a tradizioni orali; figurano altres numerosi racconti, nei quali lo storico si presenta come testimone oculare o come protagonista, garanzie che dovrebbero o potrebbero rafforzare il valore di ci che viene presentato. Tuttavia a partire dal V secolo la presentazione della vita di Atanasio, e in particolare della persecuzione che dovette subire da parte degli imperatori, stata messa in discussione dallo storico Socrate lo Scolastico, dopo che questi ebbe scoperto, grazie allanalisi delle opere di Atanasio, che il vescovo di Alessandria, contrariamente a quanto afferma Rufino, era stato mandato una prima volta in esilio
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Eus.-Ruf., hist. eccl., prologus Rufini (ed. Th. Mommsen, GCS 9, 2, p. 951, ll. 7-15). Rufino dichiara di aver accorpato al libro 9 di Eusebio una parte del libro 10 (p. 952, ll. 4-9), perch questo comprendeva panegirici che non apportavano nulla al racconto. 3 Prologus (p. 952, ll. 10-11): decimum uel undecimum librum nos conscripsimus partim ex maioribus traditionibus, partim ex his quae nostra iam memoria conprehenderat..., e nella breve prefazione ai propri libri (p. 957, ll. 3-4): quae uel in maiorum litteris repperimus uel nostra memoria attigit...
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da Costantino4. Da quel momento in poi questo palese errore ha gravato sulla credibilit accordata a Rufino. Credibilit che si vista diminuire ancora nel XX secolo, dopo che A. Glas ha affermato che i due libri di Rufino derivano essenzialmente da un modello greco che egli non avrebbe fatto altro che tradurre, salvo completarlo con qualche aggiunta5; la stretta parentela del racconto di Rufino con il Syntagma di Gelasio di Cizico da un lato6 e con la Cronaca di Giorgio il Monaco7 dallaltro si spiegherebbe con il debito comune nei confronti della Storia Ecclesiastica e della continuazione di quella di Eusebio di Cesarea da parte di Gelasio di Cesarea, nipote di Cirillo di Gerusalemme, di cui Fozio descrive parzialmente lopera nel Codex 89 della sua Biblioteca8. A partire dal 1914 non sono pi cessate le discussioni sullidentit di Gelasio, sullesistenza o meno di una traduzione greca dei libri di Rufino, nonch sulla natura e sullimportanza dellopera di Gelasio9. Si creduto pi volte di apportare elementi determinanti per una risposta globale. Sono stati scoperti altri potenziali utilizzatori della Storia di Gelasio, in particolare i biografi di Atanasio e di Costantino, senza che la questione potesse essere considerata pienamente chiarita. Winkelmann, che ha condotto lultimo studio dinsieme, tempera lottimismo di Glas, che attribuiva a Gelasio linsieme dei due libri di Rufino, eccezion fatta per i capitoli da 7 a 9 del secondo libro10, ma rivendica per Gelasio, in modo quasi certo, i primi quindici capitoli del libro 10 e forse linsieme del libro fino al capitolo 3 del libro 1111.
A. Glas, Die Kirchengeschichte des Gelasios von Kaisareia, die Vorlage fr die letzten Bcher der Kirchengeschichte Rufins (Byzantinisches Archiv 6), Leipzig - Berlin 1914. 6 Cfr. ledizione di G. Loeschcke - M. Heinemann, GCS 28, Leipzig 1918. 7 Per il libro 11 Mommsen ha trascritto in nota il testo di Giorgio secondo ledizione di Muralto. Ormai viene utilizzata ledizione di C. de Boer (Leipzig 1904, 2). Tuttavia per i rimandi al testo far riferimento al testo latino di Rufino. 8 Ed. R. Henry, CUF 2, p. 15. Il Codex 89 e quello precedente su Gelasio di Cizico sono stati oggetto di numerose esegesi. Gli ultimi studi degni di nota sono quelli di J. Schamp, Glase ou Rufin: un fait nouveau. Sur les fragments oublis de Glase de Csare (CPG, no 3521), Byzantion 57, 1987, pp. 360-390; P. Nautin, La continuation de lHistoire ecclsiastique dEusbe de Csare par Glase de Csare, Revue des tudes Byzantines 50, 1992, pp. 163-183. 9 Bibliografia disponibile in E. Honigmann, Glase de Csare et Rufin dAquile, Bulletin de lAcadmie Royale de Belgique 40, 1954, pp. 122-161 e soprattutto pp. 122-123; e nella recentissima edizione della Storia Ecclesiastica di Socrate a cura di G.Ch. Hansen - M. Siringan, (GCS, NF 1), Berlin 1995, p. XLV, n. 2. Storia delle discussioni in Fr. Winkelmann, Untersuchungen zur Kirchengeschichte des Gelasios von Kaisareia, Sitzungsberichte der Deutschen Akademie der Wissenschaften zur Berlin 1965, III, Berlin 1966, pp. 6-7. 10 Glas, Die Kirchengeschichte, cit., pp. 23-24, 65. 11 Winkelmann, Untersuchungen, cit., pp. 103-105. Tuttavia si continua a fare come se Gelasio avesse continuato la Storia di Eusebio fino al 395 e come se Giorgio non facesse altro che riprodurre tale testo.
Socr., hist. eccl. 2, 1 (ed. G.-Ch. Hansen - M. Sirenjam, GCS, Neue Folge 1, Berlin 1995, pp. 92-93).
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Non intendo riprendere in esame lintera questione. Vorrei soltanto presentare a mia volta qualche nuovo aspetto riguardante i due libri: in primo luogo lutilizzo da parte di Rufino di alcune pagine occidentali, che non hanno niente a che vedere con Gelasio. Comincer dai prestiti pi evidenti; questi consentiranno di analizzare in seguito alcune pagine nelle quali linfluenza si lascia intravedere meno facilmente, prima di ritornare alla parte che ha suscitato le critiche di Socrate. Forse ci meraviglieremo nello scoprire lorigine degli errori di Rufino. I Nella vita di Ambrogio di Milano vi sono pochi episodi celebri come le dispute con Giustina, madre di Valentiniano II, durante gli anni 385-387. Dalla testimonianza dello stesso Ambrogio e grazie al suo biografo Paolino di Milano12 conosciamo piuttosto bene la crisi che conobbero i loro rapporti durante il 386. Rufino vi dedica due capitoli13, inserendoli nella trama politica dellusurpazione di Massimo e della restaurazione di Valentiniano II da parte di Teodosio. La resistenza di Ambrogio ritratta in numerose sequenze drammatiche, intervallate dal racconto e dalla messa in scena dellatteggiamento coraggioso del maestro della memoria, Benevolo. Questi si rifiut, come viene detto, di redigere decreti imperiali contro la fede dei Padri. Infine Rufino riporta lintervento di Massimo, che protesta dapprima per iscritto con Valentiniano II e che, presentandosi come difensore della fede cattolica, si avvicina allItalia, provocando lallontanamento di Giustina. Rufino conclude facendo notare come Giustina sia stata cos la prima a conoscere lesilio di cui minacciava i vescovi, in particolare Ambrogio. In modo abbreviato ma sostanzialmente analogo e talvolta letteralmente identico, troviamo uguale presentazione in Giorgio14. Glas non ha quindi esitato a dire che questi ha avuto lo stesso modello di Rufino, salvo attribuire qualche aggiunta allo storico latino15. Winkelmann non si soffermato su questa parte. Tuttavia essa contiene il racconto di un episodio che non troviamo n in Ambrogio n in Paolino: quello della resistenza di Benevolo. Socrate non ne fa cenno alcuno16; Sozomeno, che ha letto sia Socrate sia Rufino, ne parla solo in breve, ma in un modo che non pu far pensare di aver dato origine al testo di Giorgio, fosse anche soltanto perch egli lo chiama Menibolus17. Tralasciando le pagine rufiniane, Benevolo noto soprattutto grazie a Gaudenzio di Brescia. Questi ha dedicato diciannove delle sue omelie, principalmente del tempo pasquale, a questo honoratus di Brescia, che non aveva potuto ascoltarle a causa di una
Paol., v. Ambrosii 12-14. Ruf., 11, 15-16. 14 Mommsen (testo greco in nota), p. 1020, l. 5 - p. 1022, l. 8. 15 Glas, Die Kirchengeschichte, cit., pp. 67-68. 16 Socr., hist. eccl. 5, 11, 2-12. Cos Teodor., hist. eccl. 5, 13. 17 Socr., hist. eccl. 7, 13, 5-6. Su Menibolos, cfr. lapparato critico di Bidez - Hansen, GCS 50, p. 317, 5.
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malattia. quanto rievoca la Prefazione alla raccolta18, che richiama alla memoria anche latteggiamento coraggioso di Benevolo, in un periodo in cui non era ancora battezzato, al tempo della persecuzione di Ambrogio da parte di Giustina, la Jezabel dei giorni nostri. Il maestro della memoria, al quale questa chiedeva di redigere un testo di legge contro le chiese cattoliche, ha preferito vivere da uomo privato vale a dire dimettersi rifiutando la promozione promessagli, piuttosto che compiere ci che gli veniva chiesto. Confrontando ci che il vescovo dice di Benevolo, non vi dubbio alcuno che Rufino conoscesse questo testo e che lo abbia riscritto in maniera pi drammatica.
GAUDENZIO DI BRESCIA Praefatio ad Beniuolum 4-5 4. Nec mirum si hodie taliter in timore Domini conuerseris, qui necdum percepta baptismi gratia, ita pro fidei caelestis ueritate pugnasti... 5. Nostri namque temporis regina IEZABEL, Arrianae patrona simul ac socia, cum beatissimum persequeretur Ambrosium..., te quoque, ea tempestate magistrum memoriae, oblitum salutaris fides arbitrata, contra catholicas DICTARE ecclesias compellebat. Quod ne faceres, Sed quamuis illa HIEZABEL spiritu pugnaret armata, resistebat tamen Ambrosius Heliae uirtute repletus et gratia... Interim DICTANDA aduersus fidem patrum imperialia decreta mandantur Beniuolo tunc memoriae scriniis praesidente. Sed ille, cui ab incunabulis sacra fides et uenerabilis fuit, abnegat se impia posse uerba proferre et contra Deum loqui. Tum uero, ne inceptum reginae frustra uideretur, celsior ei honos promittitur si impleret iniuncta. Ille, qui nobilior in fide esse quam in honoribus cuperet, Quid mihi, ait, pro impietatis mercede auctiorem promittitis gradum? Hunc ipsum quem habeo, tollite, tantum mihi conscientia fidei duret inlaesa. His dictis, ante pedes impia praecipientium cingulum iecit. RUFINO Historia Ecclesiastica 11, 15-16
ultro et promotionis pollicitatae dignitatem et ambitionem saeculi gloriamque mundanam pro Dei gloria contempsisti,
quindi a Gaudenzio, e non alla sua immaginazione come vorrebbe Glas19, che Rufino deve lidentificazione di Giustina con Jezabel. La funzione
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Gaud., Tractatus, praefatio ad Beniuolum 7 (ed. A. Glck, CSEL 68, p. 4, ll. 33-41). Glas, Die Kirchengeschichte, cit., p. 67 in fondo.
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di Benevolo, il cui senso sfuggito a Giorgio20, era facile da indovinare per il lettore dellepoca. Essa data in modo pi tecnico, ma meno corrispondente allo stile della storia, da Gaudenzio. Tuttavia Rufino, come Gaudenzio, enuncia con il termine dictare ci che il ruolo essenziale del maestro della memoria: redigere le leggi. Per il resto Rufino ha ampliato la scena, scomponendola in vari episodi. La promessa di una promozione viene avanzata solo dopo un primo rifiuto21. Ma soprattutto Benevolo unisce la parola allatto per spiegare la propria condotta. Laddove Gaudenzio non faceva altro che rievocare il ritorno alla vita privata, Rufino descrive colui che getta il cinturone emblema della pubblica funzione ai piedi di coloro che gli danno ordini contrari alla sua fede. Abbiamo a quanto pare un bellesempio del modo in cui Rufino ha utilizzato le proprie fonti, il che spiega probabilmente la frequenza delle scene in stile diretto. Non dobbiamo cercare Gelasio di Cesarea in questo passo. Egli forse gi morto quando Gaudenzio redige questa Prefazione22, dato che questi diventato vescovo di Brescia negli ultimi anni dellepiscopato di Ambrogio ( 397), suo consacratore. Quanto a Rufino, sappiamo che egli conosceva Gaudenzio. Non soltanto gli ha dedicato la traduzione delle Recognitiones Clementis23, ma ha approfittato della sua protezione dopo esser stato messo sotto accusa a Milano nel 40024. quindi del tutto naturale che verso il 402-404 egli abbia conosciuto gli scritti di un protettore che considerava un dottore del suo tempo25. Invece poco plausibile che Gaudenzio abbia dovuto consultare la Storia di Rufino per conoscere i fatti e le gesta di una persona che considera la gloria della sua chiesa26. Siamo quindi in presenza di una fonte latina indubbia e quasi contemporanea dellepoca in cui Rufino compone la sua Storia. Questa si lascia riconoscere molto meglio di quelle scritte o orali che avvalorano il racconto dei vari tentativi di Giustina di restaurare la fede di Rimini. Vi tuttavia ancora un testo di cui Rufino conosce per lo meno lesistenza: la lettera (o le lettere) con cui Massimo si presentava difensore della fede e della Chiesa. Di fatto conosciamo, grazie alla Collectio Avellana, una lettera di Massimo a Valentiniano II e unaltra a Siricio 27, che
Giorgio non indica la funzione di Benevolo e riassume in tre righe le nove righe di Rufino. Si noti che, secondo Rufino, Benevolo ha sempre nutrito un profondo rispetto per la fede cristiana. Gaudenzio invece sottolineava che non era ancora battezzato. A dire il vero non c alcuna contraddizione. Ma si pu cogliere il modo di fare di Rufino, che abbellisce la verit. 22 Honigmann (Glase et Rufin, cit., pp. 126-127) ha mostrato che nel 400 Gelasio ha gi un successore, stando alle epist. 92-93 di Girolamo. 23 Rufin, prologus in Clementis recognitiones, (CChL 20, p. 281). 24 Y.-M. Duval, Le Liber Hieronymi ad Gaudentium: Rufin dAquile, Gaudence de Brescia et Eusbe de Crmone, Revue Bndictine 97, 1987, pp. 163-186 e soprattutto pp. 174, 176, 185. 25 Prologus (n. 23), p. 281, ll. 1-2. 26 Praefatio (n. 18) 1-2, p. 3, ll. 4-10.
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corrispondono grossomodo a quanto afferma Rufino28. poco probabile che tali lettere fossero conosciute in Oriente. Il testo di Giorgio parla proprio di grammata29, ma la sua frase mostra che egli non ha letto le lettere di Massimo, perch non si parla di Giustina. La frase successiva passa invece sotto silenzio la presenza di Valentiniano II, che tuttavia va in esilio con la madre. La stoccata finale della frase viene comunque rispettata. Ci che intende mostrare Rufino la punizione dellempiet: Giustina, che minacciava di esilio Ambrogio, la prima ad andarci, spinta certo dallavvicinarsi del nemico, ma anche dalla coscienza della propria empiet30. Una delle chiavi della Storia di Rufino proprio questa specie di giustizia immanente. La vedremo allopera a proposito della morte di Valente, per la quale egli ricorre alla Cronaca di Girolamo. II Rufino conosce bene questa Cronaca. Nella sua Apologia viene citata due volte31. Una di queste, in cui appare il suo nome, riguarda lanno 377, subito prima che Girolamo rievochi linvasione della Tracia da parte dei Goti, attaccati dagli Unni, nonch lesecuzione di Valente, che muore bruciato vivo dopo aver tardivamente richiamato dallesilio i Niceni32. sufficiente stabilire un parallelo con il racconto di Rufino per constatare numerose somiglianze, ma soprattutto unespressione comune, rivelatrice da sola di un prestito.
GIROLAMO Chronicon a. 377-378
a. 377 Gens Hunnorum Gothos uastat. Qui, a Romanis sine armorum depositione suscepti, per auaritiam Maximi ducis fame ad rebellandum coacti sunt. Superatis in congressione Romanis, Gothi FUNDuntur in THRACIA. a. 378 Valens, de Antiochia exire conpulsus, SERA PAENITENTIA nostros de exiliis reuocat.
per omnes se THRACIAS inFUDIT armisque urbes et agros uastare feraliter coepit. Tum uero, Valens, bella quae ecclesiis inferebat in hostem coepta conuerti SERAque PAENITENTIA episcopos et presbyteros relaxari exiliis ac de metallis resolui monachos iubet.
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Ruf., 11, 16 (p. 1022, ll. 5-8). Mommsen, p. 1022, ll. 3 sgg. 30 Ruf., 11, 16 (p. 1022, ll. 9-11). 31 Ruf., apol. c. Hieronymum 2, 28-29 (ed. M. Simonetti, CChL 20, p. 105). 32 Gir., chron. a. 377-378 (ed. R. Helm, GCS 57, pp. 248-249).
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Lacrimabile bellum in Thracia. In quo deserente equitum praesidio Romanae legiones a Gothis uinctae usque ad internecionem caesae sunt. Ipse imperator Valens, cum sagitta saucius FUGERET et ob dolorem nimium saepe equo laberetur, ad cuiusdam uillulae casam deportatus est. Quo, persequentibus barbaris et incensa domo, sepultura quoque caruit. Ipse tamen ad hostibus circumuentus, in praedio quo ex bello trepidus conFUGERAT
Se non fosse per lindizio determinante costituito dalla menzione, da ambo le parti, della sera paenitentia di Valente, si potrebbe contestare la dipendenza di Rufino nei confronti di Girolamo e dire che questi offre un rapido riassunto delle vicende militari occorse tra il 376 e il 378. Una volta colta, invece, la presenza di un modello si in grado di scoprire il modo di fare di Rufino. Pur mantenendo lordine di Girolamo33, egli elimina sia le figure di secondo piano sia i fatti annessi, per incentrare la presentazione sulla punizione di Valente. Non sono pi le legioni romane a essere accerchiate, ma limperatore stesso, che fugge tutto tremante nessun cenno alla sua ferita! . Al contrario, mentre Girolamo aveva designato coloro che ritornavano dallesilio semplicemente con il termine generico di nostri, Rufino, che ha elencato allinizio del regno di Valente le varie condanne subite dai vescovi, dai preti, dai diaconi e dai monaci34, riprende pressappoco la stessa enumerazione e mette in relazione la guerra condotta fino ad allora contro i Niceni con quella che Valente conduce contro i nemici esterni. Non aveva forse dipinto Lucio, vescovo ariano di Alessandria, come colui che inviava contro i monaci del deserto un vero e proprio esercito, come se dovesse combattere contro i barbari35? Rufino scrive queste pagine allindomani della prima invasione di Alarico. a questa che pensa, quando aggiunge che la sconfitta-punizione fu linizio della disgrazia per lImpero
Al contrario Giorgio il Monaco non soltanto commette un errore cronologico, collocando la morte di Valente (378) prima di quella di Valentiniano I (375) (Mommsen, p. 1019), ma ribalta il testo di Rufino, citando il voltafaccia di Valente prima dellinvasione dei Goti (ibid.). 34 Ruf., 11, 2 (Mommsen, p. 1003, ll. 5-8). 35 Ruf., 11, 3 (Mommsen, p. 1004, ll. 10-12), assente in Giorgio.
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romano36. Ritroveremo questi barbari al momento della battaglia sul fiume Frigido37, ma prima ancora durante il regno di Costantino, in una specie dimmagine antitetica. III Prima di tutto, forti della certezza offerta dalluso sicuro di questa pagina della Cronaca su Valente, dobbiamo esaminare qualche altra sequenza, in cui il quadro cronologico proposto da Girolamo e lindicazione degli eventi politici e religiosi menzionati da Rufino coincidono perfettamente con i dati della Cronaca, per cui ci si pu chiedere se non sia questa che ha in qualche modo determinato la scelta di Rufino38. Il primo esempio riguarda la presentazione di Valentiniano I, del suo governo e dei principali eventi religiosi occorsi sotto il suo regno, prima che vengano indicate le circostanze della sua morte. Innanzitutto il giudizio dinsieme su Valentiniano. Quello di Girolamo misurato, giacch riconosce allimperatore grandi qualit, ma spinte a un grado tale da passare, secondo alcuni, per difetti. Rufino, che sul piano religioso vuole opporre Valentiniano al fratello, mantiene soltanto la parte favorevole del giudizio politico, facendo di Valentiniano un degno rappresentante dellantica Roma.
GIROLAMO Chronicon a. 365
Valentinianus, egregius alias imperator et Aureliano moribus similis, nisi quod seueritatem eius nimiam et parcitatem quidam crudelitatem et auaritiam interpretabantur.
La seueritas sostituita dalla censura, di cui il traduttore greco (oppure Giorgio il Monaco) non ha compreso il senso nobile39. Valentiniano risulta, mediante questa
Ruf., 11, 13 (Mommsen, p. 1020, ll. 4-5): Quae pugna initium mali Romano imperio tunc et deinceps fuit (assente in Giorgio). Si noti come le devastazioni della Tracia (armisque urbes et agros uastare feraliter coepit) e quelle della Venetia (agros, armenta, uirosque longe lateque uastauit) vengano dipinte in termini analoghi. 37 Ruf., 11, 33 (Mommsen, p. 1038, ll. 6-8). Nessun cenno in Giorgio. 38 Non nascondo affatto che, presi singolarmente, tali passi non spingono a credere in una dipendenza. Parimenti non ho difficolt a riconoscere che Rufino ha modificato i giudizi di Girolamo; tuttavia credo sia stato aiutato dal quadro che gli forniva Girolamo e dalla sua scelta degli eventi significativi. 39 Sostituisce censura con authentia, che designa invece lauctoritas, se non addirittura limperium.
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censura, degno dei tempi remoti della storia romana uetus , collocato implicitamente tra i buoni imperatori. Si raggiunge cos, senza mostrarlo esplicitamente, legregius alias imperator di Girolamo. Rufino solito a questo genere di uersio. Ma Valentiniano si ritrova anche implicitamente paragonato a Costantino, del quale la parte finale della traduzione della Storia di Eusebio lodava proprio la censura40. Oltre ai decessi di Ilario di Poitiers, di Eusebio di Vercelli e di Lucifero di Cagliari, la Cronaca segnala, durante il regno di Valentiniano, solo due fatti importanti per le chiese dOccidente: le elezioni di Damaso a Roma e di Ambrogio a Milano, limitandosi per Aquileia a rievocare la vita comunitaria del clero. Rufino, sulla scia di Eusebio, molto attento alle successioni episcopali, ricorda soltanto i primi due eventi. Il primo, completamente assente in Giorgio, senza poter trarre grandi conclusioni41, trattato in un modo che non privo di attinenza con quello in cui Girolamo ha presentato ellitticamente la controversia tra Damaso e Ursino.
GIROLAMO Chronicon a. 366
Romanae ecclesiae XXXV ordinatur episcopus Damasus et, post non multum interuallum, Vrsinus, temporis
Quo Damasianae partis populo confluente crudelissimae interfectiones diuersi sexus perpetratae.
I punti di divergenza non mancano tra i due testi. Sarebbero ancora pi numerosi, se si tenesse conto del seguito del testo di Rufino. Questo fa intervenire il prefetto Massimino, contrariamente a quanto sappiamo da altre fonti42. Ma se si esamina lo schema dei due testi
Eus.-Ruf., 11 (=10), 9, 6 (Mommsen, p. 901, l. 3 - p. 903, l. 1). Tuttavia Glas (Die Kirchengeschichte, cit., p. 65) lo fa derivare da Gelasio. Cfr. le riserve di Winkelmann, Untersuchungen, cit., p. 91. 42 Ruf., 11, 10 (Mommsen, p. 1018, ll. 2-6). Secondo Ammiano intervenuto il prefetto della citt Vivenzio (Res gestae 27, 3, 12-13). Anche le Gesta inter Liberium et Felicem
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di cui sopra e lo si confronta con ci che conosciamo di questi eventi grazie ad altre fonti, si pu constatare che Rufino, senza capire molto bene lerrata presentazione di Girolamo, lha ampliata, prendendo decisamente le parti di Damaso. Dalla presentazione di Rufino, infatti, risulta che Ursino sarebbe stato consacrato dopo Damaso, e questo nella Basilica Sicinini. Ora, se si confronta la notizia ellittica di Girolamo con il racconto offerto da un avversario di Damaso, si scoprir che loccupazione del Sicininum stata effettuata solo quando lelezione e la consacrazione di Ursino avevano gi avuto luogo43. Lattacco dei sostenitori di Damaso, chiaramente segnalato da Girolamo, contro la Basilica in cui si trovano i sostenitori di Ursino si trasforma in Rufino in una serie di scontri a responsabilit condivisa. Ecco qui un nuovo esempio del modo con cui lo storico sa rimaneggiare e colorare i fatti. Nella fattispecie, egli scredita Ursino. A tal fine non necessita di ulteriori informazioni, anche se passato per Roma al ritorno dalla Palestina o ha potuto addirittura essere presente al momento dei fatti44. Per lelezione di Ambrogio, che nella Storia segue immediatamente quella di Damaso, seppure di otto anni precedente, egli non poteva trovare molti dettagli in Girolamo. Questi si limitava a segnalare la tardiva morte di Aussenzio e il ritorno allortodossia di tutta lItalia settentrionale, in seguito allelezione di Ambrogio45. Rufino un difensore e un ammiratore di Ambrogio46. venuto a Milano dopo appena tre anni dalla morte del vescovo ed stato in contatto con i fedeli di Ambrogio, quali Gaudenzio, gi nominato, e Cromazio, il vescovo per il cui gregge compone questa Storia. Non c da stupirsi che Rufino ci offra il primo racconto della movimentata elezione di Ambrogio. Paolino di Milano non si scoster di molto dalla sua presentazione, che con tutta probabilit ha trovato confermata localmente47. Giorgio, in compenso, conosce cos poco Ambrogio da affibbiargli un tis, che dimostra la sua ignoranza nei confronti di un personaggio noto a tutti nellOccidente della fine del IV secolo48. Il resto della presentazione, con le relative omissioni e modifiche, mi sembra molto meno scorrevole rispetto a quella di Rufino. La morte di Valentiniano segue cronologicamente lelezione di Ambrogio. Rufino concatena e precisa numerose indicazioni giustapposte da Girolamo.
fanno intervenire Vivenzio e il prefetto dellannona Giuliano (Coll. Avell. 1, 6 - CSEL 35, 1, p. 3). 43 Gesta 5-7 (Ibid. p. 2, l. 23 - p. 3, l. 21). 44 Rufino si trovava verosimilmente a Roma (come pure Girolamo) nel 366. 45 Gir., chron. a. 374 (Helm, p. 247): Post Auxenti seram mortem Mediolanii Ambrosio episcopo constituto omnis ad fidem rectam Italia conuertitur. 46 Ruf., apol. c. Hier. 2, 25 (CChL 20, p. 101, ll. 12-14); 2, 26 (p. 102, ll. 19-21); 2, 28 (p. 104, ll. 6-16). 47 Il racconto dellelezione offerto da Paolino (v. Ambrosii 6-7) modellato in buona parte su quello di Rufino: cfr. M. Pellegrino, Paolino di Milano, Vita di S. Ambrogio, Roma 1961, pp. 16-17. 48 Mommsen, p. 1018, ll. 5-6 del testo greco in nota.
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Stessa rievocazione della guerra contro i Sarmati mentre Ammiano parla, attraverso le circostanze precise della morte dellimperatore, dei Quadi49 ; stessa morte improvvisa senza termine tecnico in Rufino, com dobbligo per uno storico ; stessa menzione dei successori. Sicuramente le modifiche non mancano da parte di Rufino. Girolamo, indicando la citt in cui morto Valentiano, lascia al lettore il compito di scoprire che Valentiano vi era giunto da Treviri. Rufino lo esplicita, pur rimanendo sul vago riguardo al luogo del decesso. Ma soprattutto Rufino in grado di precisare il ruolo e lo scopo di Probo, essendo un amico intimo della famiglia. Non aveva forse scritto un insieme di lettere per la sposa del Prefetto50? Anche qui Ammiano tace su un simile intervento51. Quanto a Giorgio, il suo testo ignora la carica di Probo. Basta dire, come fa Glas52, che la parola huparchou venuta meno? Non mi spingerei fino a dire che Rufino utilizza il quadro di Girolamo, se il seguito immediato non mostrasse, come si visto, che la presentazione della
Ammiano, Res gestae 30, 6, 1-3. Ci fu s unincursione dei Sarmati e dei Quadi nel 373 (29, 6, 8) e Valentiniano vide effettivamente arrivare nel 375 una delegazione di Sarmati (30, 5, 1), ma contro i Quadi che questi prepara una spedizione (30, 5, 11) ed ricevendo unambasciata dei Quadi (30, 6, 1) che muore per un colpo apoplettico (30, 6, 3): erumpente subito sanguine. 50 Cfr. Gennadio, uir. ill. 17 (PL 58, col. 1070): Scripsit et epistolas ad timorem Dei hortatorias multas, inter quas praeminent illae quas ad Probam dedit. 51 Ammiano, che ha rievocato la Prefettura di Probo e ha ritratto il personaggio con tinte molto fosche (30, 5, 4-10), non dice nulla circa il suo ruolo nella successione (30, 10, 476) di Valentiniano. Girolamo (chron. a. 372) non era tenero nei confronti di Probo. 52 Glas, Die Kirchengeschichte, cit., p. 66.
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morte di Valente, di poco successiva, sispira in buona parte alla Cronaca. Questa lettura e questutilizzo sono parimenti distinguibili, seppure a diversi gradi, nel primo libro, a proposito di Costantino e degli anni successivi alla sua morte. IV Dopo aver mostrato la devozione di Costantino nella riunione del Concilio di Nicea53 e quella della madre con la scoperta della Croce di Cristo a Gerusalemme, come pure nel modo di mettersi al servizio delle vergini consacrate54 , Rufino dun tratto dedica alcune righe allazione di Costantino nei confronti dei barbari, prolungandole in modo del tutto inatteso mediante la menzione di lettere indirizzate dallimperatore e dai suoi figli ad Antonio, il primo abitante del deserto55.
GIROLAMO Chronicon
a. 332: Romani Gothos in Sarmatarum regione uicerunt. a. 334: Sarmatae Limigantes dominis suis, qui nunc Argaragantes uocantur, facta manu, in Romanum solum expulerunt.
Che i Romani avessero combattuto i Goti venendo in soccorso dei Sarmati, lo sappiamo dai Consularia Constantinopolitana56, che Girolamo probabilmente segue.
Ruf., 10, 1-5 (Mommsen, pp. 960-965). Ruf., 10, 7-8 (Mommsen, pp. 969-971, l. 4). 55 Ruf., 10, 8 (Mommsen, p. 971, ll. 8-9). Dicendo questo, Rufino nega implicitamente ci che Girolamo diceva di Paolo lEremita nella sua v. Pauli. 56 Consularia Constantinopolitana a. 332 (ed. Th. Mommsen, MGH AA 9, 1 p. 234).
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Questi rievoca poi allo stesso modo la rivolta di una parte dei Sarmati contro i loro capi, che si ritrovano espulsi dal territorio e devono cercare rifugio presso i Romani. Rufino ha non soltanto raggruppato i due eventi, ma ha anche incrementato la potenza di Costantino: altre nazioni barbare sono da lui vinte o fanno spontaneamente atto di sottomissione. Certo, troviamo in Gelasio di Cizico lindicazione che molte altre nazioni barbare gli hanno chiesto la pace57, ma possiamo capire che i popoli di cui si tratta sono gli Indiani e gli Iberi, la cui evangelizzazione, raccontata in seguito, d luogo a buoni rapporti con lImpero romano. Allo stesso modo di Rufino, Gelasio nota come Costantino debba queste conquiste e questamicizia alla sua devozione a Dio58, ma non fa nessun cenno ad Antonio, rievocato da Girolamo per lanno 335, anno che, per lui, segue cronologicamente la menzione dei Sarmati. Glas riconosce che quanto detto da Rufino della Vita Antonii59 e in particolare della sua traduzione latina pu essere soltanto unaggiunta dello storico60. Daltra parte la natura e il contenuto della lettera di Costantino ad Antonio in Giorgio il Monaco sono diversi, dato che limperatore avrebbe chiesto alleremita di venirlo a trovare61. Pi che altro Rufino vede in Antonio un profeta. Ci equivale a dire, senza attribuirgli la bench minima profezia, che Rufino ne fa un omologo del monaco Giovanni, che rivestir presso Teodosio questo ruolo di consigliere e di profeta62. V Il 335, anno in cui Girolamo cita la corrispondenza di Costantino e dei suoi figli con Antonio, anche lanno del Concilio di Tiro, in seguito al quale Atanasio venne condannato da Costantino allesilio in Gallia. Girolamo non fa cenno n alluno n allaltro evento. Ma prima di segnalare le circostanze della morte dellimperatore nel 337, indica che fu battezzato da Eusebio di Nicomedia e da allora si avvicin allarianesimo, fatto cui fecero seguito fino a oggi la confisca di chiese e la divisione degli spiriti in tutto il mondo63. Tuttavia appena nel 339 segnala linizio della persecuzione
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Gelas. Ciz., Syntagma 3, 9, 1 (GCS 28, p. 148, ll. 3-4). Ibid., p. 148, ll. 5-7. 59 Ruf., 10, 8 (Mommsen, p. 971, ll. 12-18). Il seguito contiene una dichiarazione di Rufino sulle sue scelte: egli ometter quanto riportato da altri (da chi, a parte Atanasio nella Vita di Antonio?) e si dedicher a ci che rimasto ignoto dellOccidente a causa della distanza. Ma stato veramente applicato un simile principio? 60 Glas, Die Kirchengeschichte, cit., p. 48. 61 Ibid., p. 48. Boor, II, p. 523, ll. 13-17. Giorgio il Monaco trascrive poi il cap. 81 della v. Antonii (Boor, p. 524, l. 9 - p. 525, l. 10). 62 Ruf., 11, 19 (Mommsen, p. 1024, ll. 1-3: spiritu profetico repleuit (Deus); 11, 32, p. 1036, ll. 14-18). 63 Gir., chron. a. 337.
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ariana, che attacca, sotto la protezione di Costanzo, innanzitutto Atanasio64. Se Girolamo rievoca esili e prigioni, non precisa quale fu la sorte del vescovo di Alessandria. Le note che seguono riguardano, pi che le questioni religiose, le dispute e le azioni dei figli di Costantino65. Bisogna andare al 343 per scoprire che Atanasio, ricercato da Costanzo, viene accolto a Treviri66 e fino al 346 per apprendere che il vescovo fa ritorno ad Alessandria, su lettera dellimperatore Costante67. Disponiamo di una documentazione abbastanza precisa per sapere che gli eventi non si sono svolti in questa maniera e che gli itinerari di Atanasio possono essere seguiti in modo ben pi dettagliato ed esatto. Ricordiamo che gi Socrate si era rifatto agli scritti di Atanasio per correggere la cronologia di Rufino. Questi ha usato il canovaccio di Girolamo, arricchendolo in modo cospicuo, ma solo raramente verificabile. Riguardo al progetto di reintegrazione di Ario a Costantinopoli sotto lepiscopato di Alessandria, Rufino rimanda agli scritti di Atanasio68 ed probabilmente da questi che ottiene informazioni sulla morte di Ario69. In maniera pi vaga, dichiara di tracciare la biografia di Atanasio a partire da ci che ha appreso da quelli che erano vissuti con lui70, il che ci rimanda al soggiorno di Rufino ad Alessandria, senza per questo dare maggior solidit a quanto viene detto. forse a questo genere di informazioni che deve il lungo racconto del Concilio di Tiro? Non si pu dire. Poich se, da un lato, rievoca la presenza presso Atanasio del suo prete Timoteo71, dallaltro non cita minimamente il suo nome. Timoteo sapeva quel che aveva fatto Atanasio, lasciando Tiro nel 335. Il canovaccio di Girolamo si lascia percepire pi o meno chiaramente. Se ne intravede un primo elemento nella precisione della data e del luogo della morte di Costantino72. Passi che lo
Ibid., a. 339: Ex hoc loco impietas Ariana Constantii regis fulta praesidio, exiliis, carceribus et uariis adflictionum modis, primum Athanasium, deinde omnes non suae partis episcopos persecuta est. 65 Ibid., a. 340, 341, 342. 66 Ibid., a. 343: Maximinus Treuerorum episcopus clarus habetur. A quo Athanasius Alexandriae episcopus, cum a Constantio quaereretur ad poenam honorifice susceptus est. 67 Ibid., a. 346: Athanasius, ad Constantis litteras, Alexandriam regreditur. 68 Ruf., 10, 13 (Mommsen, p. 978, ll. 21-22). Contrariamente a quanto talvolta si afferma, Rufino si richiama agli scritti di Atanasio solo per confermare che cera realmente, a Costantinopoli, un vescovo di nome Alessandro diverso dallAlessandro vescovo di Alessandria. 69 Ruf., 10, 14 (Mommsen, p. 979). noto che Atanasio ha raccontato due volte (nel 356: epist. encyclica ad episcopos Aegypti et Libyae 18-19 - PG 25, 581-5; nel 358: epist. ad Serapionem, PG 25, 685-690) la fine ignominiosa di Ario, senza presentarsi come testimone oculare. Egli rievoca Alessandro di Costantinopoli ( 19 - col. 581 B-C), ma colloca tale morte sotto Costantino. Studio del dossier: A. Leroy-Molinghen, La mort dArius, Byzantion 38, 1968, pp. 105-111. 70 Ruf., 10, 15 (Mommsen, p. 980, ll. 19-20). Cfr. Gelas. Ciz., Syntagma 3, 15, 10 sgg. (GCS 28, p. 165, ll. 23 sgg.). 71 Ruf., 10, 18 (Mommsen, p. 984, ll. 6 sgg.). 72 Cfr. Gir., chron. a. 337: XXXI Constantinus cum bellum pararet in Persas, in Acyrone,
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storico sappia che Costantino morto nei pressi di Nicomedia, ma da dove, nel suo racconto, in cui la cronologia si limitava il pi delle volte a interea e a per idem tempus, ha preso quella data cos precisa di trentunesimo anno, se non da Girolamo, che numera gli anni di regno a margine delle note? Lo stesso vale per la menzione del luogo della morte di Costantino II73, anche se discolpa Costante e ne fa in seguito un elogio militare, usando e trasformando le note della Cronaca sugli scontri e infine sulla vittoria sui Franchi74. Ora, in queste date che Girolamo collocava lazione degli Ariani contro Atanasio grazie allappoggio di Costanzo75. Forse non necessario supporre il ricorso a Gelasio, del quale non abbiamo per quel periodo nessuna attestazione, mentre la cronologia di Girolamo, seguita abitualmente da Rufino, permetteva se non addirittura suggeriva a Rufino di far iniziare anchegli in quel momento il racconto della persecuzione di Atanasio, cominciando dal racconto del Concilio di Tiro76, mentre nel 339, data di inizio per Girolamo, Atanasio in realt gi tornato dal (primo) esilio a Treviri dove stato condannato da Costantino, presso il quale si era recato venendo da Tiro77. In Rufino Atanasio, prima ancora della fine del Concilio di Tiro, fugge ad Alessandria, stando al seguito78. Si parla, infatti, secondo una tradizione fertur , del nascondiglio che gli avrebbe offerto per sei mesi una cisterna vuota e che fu infine scoperto79. Per evitare di mettere
uilla publica iuxta Nicomediam, moritur anno aetatis LXVI. Post quem tres liberi eius ex Caesaribus Augusti appellantur e Ruf., 10, 12 (Mommsen, p. 978, ll. 5-7): Constantinus in suburbana uilla Nicomediae tricesimo et primo imperii sui anno diem functus est, liberis de successione Romani orbis testamento heredibus scriptis. 73 Cfr. Gir., chron. a. 340: Constantinus bellum fratri inferens, iuxta Aquileiam Alsae occiditur e Ruf., 10, 16 (Mommsen, p. 982, l. 11): ...Constantino fratre non longe ab Aquileia apud Alsae fluuium a militibus interfecto... Socrate non reputer necessario fornire tali precisazioni topografiche (2, 4, 5; 2, 15, 1). Non credo si possa affermare che queste si spiegano in Rufino, come nemmeno in Girolamo, con la vicinanza ad Aquileia. 74 Cfr. Gir., chron. a. 341: Vario euentu aduersum Francos a Constante pugnatur. a. 342: Franci a Constante perdomiti et pax cum eis facta e Ruf., 10, 16 (Mommsen, p. 982, l. 12): Constans (...) Occidentem satis industrie gubernabat. Lespressione sicuramente vaga ma elogiativa, e si trova in un passo in cui, come in Girolamo, si parla dellattivit dei tre figli di Costantino. Su Costanzo cfr. chron. a. 339. 75 Cfr. Ruf., 10, 16 (Mommsen, p. 982, ll. 13-16): Nam Constantius, natura et animo regio... per eunuchos arte in perfidiam decipitur a peruersis sacerdotibus et intento satis studio prauis eorum contentionibus obsecundat. 76 Il racconto del Concilio di Tiro inizia subito dopo (Ruf., 10, 17; Mommsen, p. 982, ll. 22 sgg.). 77 Ma nel 339 ha inizio il secondo esilio di Atanasio, questa volta per volont di Costanzo. 78 Ruf., 10, 18-19 (Mommsen, p. 985, l. 12 - p. 986). 79 Ibid. (p. 985, l. 25 - p. 986, l. 5). Pallad. (hist. laus. 63) rievoca una vergine che aveva nascosto Atanasio per sei anni; ma secondo la fine della storia si tratta del terzo esilio (356-362), durante il quale Atanasio ha trovato rifugio soprattutto nel deserto, presso i monaci.
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in pericolo le persone che lo nascondono, il vescovo fugge poi in Occidente, presso Costante. Ricordiamo che Girolamo menzionava nel 343 la presenza di Atanasio a Treviri, dove veniva accolto con tutti gli onori dal vescovo Massimino. In Rufino limperatore Costanzo che accoglie Atanasio satis honorifice religioseque80. Ma, come in Girolamo, limperatore che scrive al fratello e finisce per ottenere il ritorno di Atanasio ad Alessandria81. Tuttavia, laddove Girolamo non faceva che menzionare la lettera e i suoi effetti, Rufino aggiunge numerosi dettagli sulle minacce contenute nella lettera e riporta la reazione di Costanzo, che di fatto finisce per ricevere Atanasio ad Antiochia nel 346, prima di lasciarlo tornare ad Alessandria82. Girolamo non parla della partenza di Atanasio per il suo terzo esilio nel 356. Tuttavia informer del (nuovo) ritorno ad Alessandria nel 362, dopo la morte di Costanzo83. Tra il 350 usurpazione di Magnenzio e il 356 egli segnala la partenza in esilio di numerosi vescovi occidentali84, senza per indicare i concili in seguito ai quali sono state prese queste decisioni e senza nemmeno mettere in relazione le decisioni imperiali con la riconquista dellOccidente, di cui tuttavia cita un certo numero di tappe85. Le note si susseguono, senza essere minimamente collegate tra loro per chi non conoscesse da altra fonte la concatenazione degli eventi. In compenso in Rufino lesilio di Atanasio o quanto meno la sua fuga non si sa ben dove comincia subito dopo lusurpazione di Magnenzio86, prima ancora dellinizio della conquista dellOccidente da parte di Costanzo, mentre sappiamo che le prime misure contro Atanasio risalgono al 353 87 e che
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Ruf., 10, 20 (Mommsen, p. 986, ll. 6-9): Verum, ne graues alicui latebrae suae fierent et occasio calumniae innocentibus quaereretur, nihil sibi ultra iam tutum in Constantii regnum praesumens, ad Constantis partes profugus abscedit, a quo satis honorifice religioseque susceptus est. 81 Ruf., 10, 20 (Mommsen, p. 986, ll. 9-15): Quique, causa eius (=Athanasii) quam fama compererat, diligentius cognita, scribit ad fratrem... Ci furono in realt numerose lettere, inviate dallo stesso Costanzo ad Atanasio. 82 Atanasio rievoca questo incontro nella sua apol. Const. 3 e nella apol. c. Arianos 54. Si possono trovare in questultima Apologia ( 51) le lettere di Costanzo ad Atanasio. Cfr. anche Teodor., hist. eccl. 2, 11-12, che cita il luogo dellincontro e riprende la storia della chiesa raccontata da Rufino. 83 Gir., chron. a. 362: Athanasius Alexandriam reuertitur. 84 Paolino di Treviri e Rodanio di Tolosa nel 353 (in realt dopo il Concilio di Arles); Eusebio di Vercelli, Lucifero di Cagliari, Dionigi di Milano nel 355 (in realt dopo il Concilio di Milano); Ilario di Poitiers nel 356. Lesilio di Liberio, cos come il suo (poco) glorioso ritorno vengono fatti risalire al 349, momento della sua consacrazione come 34o vescovo di Roma. Poich lanno della partenza non indicato in modo chiaro, si pu dedurre che Rufino non ha potuto disporre di un punto di riferimento sicuro. 85 Battaglia di Mursa (a. 351), suicidio di Magnenzio e del fratello (a. 353). 86 Ruf., 10, 20 (Mommsen, p. 987, ll. 9 sgg.): Sed cum Magnenti scelere imperator Constans regno simul et uita fuisset exemptus, rursum in Athanasium ueteres illi incentores principis odia resuscitare coeperunt... 87 Atan., historia acephala 1, 8 (ed. A. Martin, SChr. p. 142). Cfr. ibid., pp. 91 sgg.
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egli non lascer Alessandria prima del 356. In un secondo momento Rufino, in modo pi preciso di Girolamo, cita i tentativi dellimperatore contro lepiscopato occidentale per ottenere con linganno, sotto lapparenza della condanna di Atanasio, lacquiescenza alla fede ariana88. Cita perfino il Concilio di Milano (del 355), assente in Girolamo, ed a questunico concilio che ricollega la condanna allesilio dei vescovi nominati da Girolamo, ma in ordine diverso ed errato: Dionigi (di Milano), Eusebio (di Vercelli), Paolino (di Treviri), Rodanio (di Tolosa), Lucifero (di Cagliari) e infine Ilario (di Poitiers)89. Questultimo nome era ben separato dagli altri in Girolamo; ma se si fa riferimento alle sue note, ci si accorge che Paolino e Rodanio, che figurano al centro della lista in Rufino, erano stati i primi a essere esiliati, un anno prima degli altri tre. Delle indicazioni di Girolamo rimane soltanto la violenta espressione in exilium trusi90. Quanto a Liberio, anchegli esiliato nel 356 secondo Girolamo91, sembrerebbe, a detta di Rufino, che abbia dovuto lasciare Roma solo dopo il Concilio di Rimini92. Di questo sinodo viene offerta una presentazione semplificata93, se non addirittura caricaturale e molto occidentale; egli attacca lastuzia dei Greci callidi come sempre! dinanzi agli occidentali simplices, che non conoscono il senso della parola homousios. Come credere che un greco, che per giunta non sembra essere stato un niceno convinto94, abbia potuto presentare in questo modo i due concili di Seleucia in cui Acacio di Cesarea rivest un ruolo determinante e di Rimini? Nel presente caso Rufino non tiene nemmeno conto dei punti di riferimento cronologici che gli offre la Cronaca, tanto desideroso di passare nuovamente in rassegna le grandi sedi episcopali colpite dalla bufera95
Ruf., 10, 20 (Mommsen, p. 987, ll. 18-21). Ruf., 10, 21 (Mommsen, p. 987, l. 22 - p. 988, l. 3): Apud Mediolanium episcoporum concilium conuocatur. Plures decepti, Dionysius uero, Eusebius, Paulinus, Rhodanius et Lucifer dolum esse in negotio proclamantes... in exilium trusi sunt. His etiam Hilarius iungitur, ceteris uel ignorantibus uel non credentibus fraudem. Riassunto (non del tutto veritiero) di informazioni che Rufino poteva trovare nellopera di Ilario. 90 Si pu trovare la stessa espressione in Girolamo, a. 349. 91 Gir., chron. a. 356: Liberius episcopus Romanus in exilium mittitur. 92 Ruf., 10, 23 (p. 988, ll. 23-25). Lesilio sembra essere la conseguenza del concilio: Igitur Liberius... in exilium truditur. 93 Ruf., 10, 22 (Mommsen, p. 988). Non si parla delle due sessioni del concilio e i dibattiti sono falsati. Si parla molto poco di Seleucia e per niente del Concilio di Costantinopoli degli inizi del 360. Girolamo (chron. a. 359), pur essendo anchegli succinto, rievocava, senza citare nomi di localit, il tradimento dei delegati occidentali a Nicea. 94 In realt Gelasio lautore di un trattato contro gli Anomei, di cui per non sappiamo molto. 95 Roma (10, 23), Gerusalemme e Alessandria (10, 24), Antiochia (10, 25). forse possibile pensare che Gelasio abbia potuto formulare sullo zio Cirillo e sui suoi voltafaccia il giudizio che leggiamo al 25? Girolamo (chron. a. 348) non pi elogiativo: lo considera infatti un ariano, il che pu spiegare il giudizio di Rufino. Viene poi rievocata lelezione di Liberio (lordine inverso rispetto a quello di Rufino). Girolamo parler in termini molto duri anche di Melezio (a. 360). Rufino attenua laccusa.
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e di mostrare le divisioni interne che subisce larianesimo96, prima di arrivare alla morte di Costanzo che rimetter tutto in discussione, con lavvento di Giuliano97. In compenso le precisazioni sul luogo della morte dellimperatore e sugli anni di regno sono quelle che si trovano nella Cronaca98. VI Il breve regno di Giuliano occupa molto spazio nel racconto di Rufino. Si divide in due parti molto nette. Dopo aver rievocato il richiamo dei vescovi esiliati, attraverso cui Giuliano intende annullare le misure di Costanzo, Rufino narra in dettaglio lazione di Eusebio di Vercelli e di Lucifero di Cagliari, due occidentali, in Oriente prima, poi in Occidente. Rievocher in seguito vari episodi della persecuzione di Giuliano contro i cristiani e della sua azione a favore degli ebrei a Gerusalemme. possibile determinare le sue fonti dinformazione? Girolamo gli forniva in modo piuttosto preciso solo la menzione della legge scolastica99. Rufino fa appello, per la persecuzione di Antiochia, alla testimonianza orale che ha raccolto presso uno dei suoi eroi100. Non vi ragione alcuna, allo stato attuale della nostra documentazione, di mettere in dubbio tale affermazione per riconoscere un prestito da Gelasio. Invece si pu pensare che le informazioni sulle divisioni ecclesiastiche ad Antiochia risalgano, in parte almeno, a quanto ha potuto raccogliere nella stessa occasione. Tuttavia possibile scoprire due fonti di documentazione scritta. La prima greca. Riguarda quello che viene chiamato, da Rufino101 in poi, il Concilio dei Confessori. Questo si tiene ad Alessandria intorno ad Atanasio, subito dopo il richiamo da parte di Giuliano dei vescovi esiliati da Costanzo. Rufino ne racconta lo svolgimento e, riguardo alle decisioni prese, rievoca due volte il concilii decretum102. Si tratta del Tomus ad Antiochenos, in cui
Ruf., 10, 26 (pp. 989-990). Ibid., 10, 27 (p. 990, ll. 18-21). 98 Cfr. Gir., chron. a. 361: XXIII Constantius Mopsocrenis inter Ciliciam Cappadociamque moritur... e Ruf., 10, 27 (Mommsen, p. 990, ll. 20-21): Vicensimo et quarto post occasum patris imperii sui anno in oppido Ciliciae Mopsocrenis diem functus est. Visto il modo di contare di Girolamo, ci troviamo proprio nel 24o anno. 99 Gir., chron. a. 363, e nel 364 la menzione di un Sinodo convocato da Melezio (accusato di essere diventato Macedoniano). Rufino colloca questo Sinodo gi nel 363 (10, 31 Mommsen, p. 993, ll. 17-18). Si noti che, nella Cronaca, Girolamo non rievoca in nessun modo il Concilio dei Confessori. In compenso ne riassume limportanza nellAltercatio Luciferiani et Orthodoxi 20 (PL 23, coll. 174 C7 - 175 A6). 100 Ruf., 10, 37 (Mommsen, pp. 996-997 e in particolare p. 996, ll. 27 sgg.). Socr. (hist. eccl. 3, 19, 8) conosce lepisodio attraverso Rufino. 101 Ruf., 10, 29 (Mommsen, p. 991, ll. 14-15): Confessorum concilio congregato... Cfr. Gir., Altercatio Luciferiani et Orthodoxi 20 (PL 23, coll. 174-175): Post reditum confessorum, in Alexandrina postea synodo constitutum est... 102 Ibid. 30 (p. 992, ll. 11; 13). Il IIo Concilio di Nicea (Mansi, 12, 1034 D - 1135 A)
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Atanasio presenta le discussioni sulla reintegrazione dei caduti in errore e annuncia le decisioni prese103, riguardanti anche la divinit dello Spirito Santo104, il lessico trinitario nelluso di ousia e di hypostasis105 e, infine, la cristologia, con laffermazione della presenza, in Cristo, di una sensibilit e di unanima realmente umane106. Rufino ha rispettato lo stesso ordine della lettera107. Questo Tomus ad Antiochenos autenticava la missione affidata ad Asterio di Petra per lOriente e a Ilario di Poitiers per lOccidente108. Rufino lo rievoca, riferendosi allautorit del Concilio109. Ma il racconto si incentra in seguito solo su Eusebio e principalmente sulla sua azione in Oriente, o meglio ad Antiochia, dove scopre lordinazione fatta da Lucifero di Cagliari. Di Asterio non si parler pi e ignoriamo completamente ci che abbia potuto fare il che stupirebbe non poco se dovessimo sospettare la presenza di un modello greco . Nemmeno gli storici greci successivi ne parlano. Devono per la maggior parte le loro informazioni a Rufino110. Vero invece che ci si pu meravigliare nel sentire Rufino che confessa di ignorare il comportamento finale di Lucifero di Cagliari111. Tuttavia si pu forse spiegare questa ignoranza con il rifiuto da parte di Rufino di condannare espressamente Lucifero. Girolamo, che nella sua Cronaca celebra, per cos dire, lordinazione di Paolino da parte di Lucifero e di altri due Confessori112, molto meno elogiativo nei confronti di Lucifero nella sua Altercatio Luciferiani et Orthodoxi113. Ritroviamo Eusebio in Occidente, dove trova Ilario intento a restaurare la fede ortodossa in Italia (del nord). Rufino, dopo aver elogiato il carattere del vescovo di Poitiers, rievoca i libri de fide per mezzo dei quali ha esposto le abilit degli eretici che, senza ombra di dubbio, hanno ingannato lingenuit dei vescovi
comprende, sotto il nome di Rufino, prete di Roma, la traduzione di un lungo passo dei capp. 29-30 (Mommsen, p. 991, l. 14 - p. 992, l. 17). Ma comprende anche, sotto lo stesso nome, due estratti di Socrate. Cfr. Glas, Die Kirchengeschichte, cit., p. 57, n. 1 e 80; Winkelmann, Untersuchungen, cit., pp. 14-15. 103 Cfr. Atan., tomus 1-3 (PG 26, coll. 796-800 A2) e Ruf., 10, 29 (Mommsen, pp. 991-992). Ciascun punto richiederebbe unanalisi e un confronto. 104 Cfr. tomus 3 (col. 800 A2-B) e Ruf., 10, 30 (p. 992, ll. 13-17). Questa fedelt tanto pi sorprendente in quanto Rufino non dir nulla circa il Concilio di Costantinopoli del 381, a cui assisteva Gelasio di Cesarea. 105 Cfr. tomus 5-6 (coll. 801 A2 - 804) e Ruf., 10, 30 (p. 992, l. 17 - p. 993, l. 2). Rufino traduce con substantia e subsistentia, dopo aver trascritto le parole greche. 106 Cfr. tomus 7 (coll. 804-805) e Ruf., 10, 30 (p. 993, ll. 2-4). 107 attraverso il tomus che Rufino conosce il piccolo numero di partecipanti (10, 29 - p. 991, l. 15) e la missione affidata a Eusebio e ad Asterio (10, 30 - p. 992, ll. 12-14). 108 Cfr. tomus 2 (col. 797) e 9 (col. 805). 109 Ruf., 10, 30 (Mommsen, p. 992, ll. 10-13) - Cfr. tomus 9. 110 Socr., hist. eccl. 3, 9; Soz., hist. eccl. 5, 12-13. 111 Ruf., 10, 31 (Mommsen, pp. 993-994). 112 Gir., chron. a. 362. 113 Gir., Altercatio Luciferiani et Orthodoxi 20 (PL 23, col. 175 A-B). Anche Girolamo ignora i veri motivi del comportamento di Lucifero: amore per la gloria? Ripresa della disputa con Eusebio di Vercelli?
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occidentali in occasione del Concilio di Rimini, secondo quanto ha raccontato precedentemente114. Bisogna riconoscere in questi libri de fide non tanto ci che chiamiamo il De Trinitate, che del resoconto storico non ha niente, bens ci che Girolamo ha designato come il Liber aduersus Vrsacium et Valentem, che conteneva la storia del Concilio di Rimini115 e che potrebbe aver compreso parecchi libri. Lo stesso Rufino ha rievocato le falsificazioni che questopera aveva subito nel suo De adulteratione librorum Origenis116. poco probabile che tale opera sia arrivata in Oriente, visto che non lo riguardava. Tuttavia Rufino non aiuta molto a precisare il contenuto, giacch si limita a unindicazione generale sul risultato dellazione restauratrice di Eusebio e di Ilario nellIllirico, in Italia e nelle Gallie117, senza nemmeno indicare che fu contestata come sappiamo dallinsuccesso del Contro Aussenzio118 e da ci che Rufino racconta circa un Concilio in cui Ilario venne per un attimo messo in difficolt119. *** Opere di Gaudenzio, di Girolamo, di Ilario senza contare Atanasio , ecco alcune delle opere usate da Rufino. Ci tende a limitare e, almeno per il libro XI, a contestare la portata e limportanza dellinfluenza di Gelasio, di cui ignoriamo fino a che punto avesse continuato la Storia Ecclesiastica di Eusebio. Non ci si stupir del fatto che Rufino abbia taciuto lutilizzo della Cronaca di Girolamo in un periodo in cui rimaneva il bersaglio dei sarcasmi del suo vecchio amico120. Non ha voluto nemmeno mostrare che, se accettava il suo praticissimo quadro cronologico, si separava spesso da lui nelle valutazioni. Ci non toglie che la Cronaca di Girolamo, con i suoi silenzi e le sue imperfezioni, lo abbia involontariamente fuorviato nella cronologia degli esili di Atanasio; ritroviamo dunque in Girolamo il responsabile degli errori che Socrate rimproverer a Rufino. Questi era ritornato dallOriente con un gran numero di opere greche, nelle quali vedeva un ricco bottino. Il numero di traduzioni che ha intrapreso
Ruf., 10, 32 (Mommsen, p. 994, ll. 11-17). Gir., uir. ill., 100 (ed. Ceresa Gastaldo, pp. 204-206): ...liber aduersus Valentem et Vrsacium historiam Ariminensis et Seleuciensis synodi continens... 116 Ruf., de adulteratione librorum Origenis, 11 (ed. Simonetti, CChL 20, p. 14, ll. 2-4): Hic, (=Hilarius), cum ad emendationem eorum qui Ariminensi perfidiae subscripserant libellum instructionis plenissime conscripsisset... 117 Ruf., 10, 32 (Mommsen, p. 994, l. 18). 118 Ilario, c. Auxentium 7-11 (PL 10, coll. 613-616). Ilario fu costretto a lasciare Milano dopo lintervento del potere politico. 119 Ruf., de adulteratione (n. 121), 11 (p. 14, ll. 9 sgg.). 120 Nella sua Prefazione alla traduzione del Peri Archn, Rufino si era proclamato semplice continuatore di Girolamo. Da qui la collera di questultimo. Cfr. lepist. 80, 1-2 di Girolamo (CUF 4, pp. 107-109), che non altro che la Prefazione di Rufino alla traduzione del Peri Archn.
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nel decennio successivo al ritorno in Occidente lo dimostra abbondantemente. Non sembra che abbia portato con s molti scritti di Atanasio. In compenso ha portato la Storia Ecclesiastica di Eusebio. Traducendola e continuandola, non poteva non essere cosciente di fare un lavoro parallelo a quanto aveva fatto Girolamo con la Cronaca dello stesso Eusebio. Senza dirlo questa volta, Rufino portava avanti il lavoro di Girolamo, come aveva fatto qualche anno prima traducendo il Peri Archn di Origene. Avrebbe potuto rievocare una promessa fatta da Girolamo, quella di scrivere una Storia della Chiesa121. Ma lo spirito delle due opere sarebbe stato molto diverso: Girolamo intendeva descrivere la corruzione crescente della Chiesa; Rufino vede nella storia della Chiesa lazione di Dio attraverso un certo numero di eroi vescovi e asceti e descrive la sconfitta finale delleresia e del paganesimo. Quanto agli imperatori, nei quali il Girolamo storico vedeva personaggi pericolosi, Rufino non nega che alcuni possano fare del male alla Chiesa come Costanzo, Giuliano o Valente , ma suggerisce anche che i buoni imperatori Costantino, Costante, Valentiniano, Teodosio fanno la gioia dei sudditi nella misura in cui si sottomettono a Dio. (1997)
121
Gir., v. Malchi 1 (PL 23, col. 53 C): Ecclesia Christi... postquam ad Christianos principes uenerit, potentia quidem et diuitiis maior, sed uirtutibus minor facta sit. Cfr. il mio art. su Les mtamorphoses de lhistoriographie aux IVe et Ve sicles: Renaissance, fin ou permanence de lEmpire Romain, Actes du VIIe Congrs de la FIEC, Budapest 1979, II, 1983, pp. 137-182 e soprattutto pp. 145-146.
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Lo spazio e limportanza del Concilio di Alessandria del 362 nella Storia della Chiesa di Rufino di Aquileia
Il concilio convocato nella primavera del 362 ad Alessandria, qualche mese dopo la morte improvvisa dellimperatore Costanzo II (3 novembre 361), prende il nome di Concilio dei Confessori dalla Storia della Chiesa di Rufino1. La riunione, promossa intorno ad Atanasio da un piccolo numero di vescovi esiliati da Costanzo, in particolare nella Tebaide, aveva come scopo quello di riparare ai danni sopraggiunti nellImpero a causa dellabbandono ufficiale della fede di Nicea in occasione del concilio di Rimini-Seleucia-Costantinopoli (359-360). Pi che le questioni dottrinali in sospeso, si trattava di fissare la condotta da osservare nei confronti dei vescovi che avevano accettato le ingiunzioni imperiali, ora che Costanzo II era sparito e il nuovo imperatore restituiva la libert religiosa, consentendo agli esiliati di ritornare a casa. In questa situazione generale Rufino dedicava uno spazio particolare al caso di Antiochia di Siria, dove due esiliati occidentali, Lucifero di Cagliari ed Eusebio di Vercelli, erano intervenuti con esiti diversi2, prima di citare lazione di Eusebio e di Ilario di Poitiers in Occidente3, volta a restaurare la vera fede. Contrariamente a quanto avvenuto per i concili di Rimini, di Seleucia e di Costantinopoli del 359 e del 360, il racconto dello storico di Aquileia stato ripreso, poco completato, ma soprattutto ridotto dagli storici greci del V secolo4. A differenza dello storico latino, questi ritornano volentieri al metodo documentale di Eusebio, inserendo spesso nelle proprie opere un certo numero di documenti ufficiali, carte, lettere che arricchiscono
RUFINO DI AQUILEIA, Storia della Chiesa, 1 (X), 29 (ed. Th. Mommsen, GCS 9, 2, p. 991, l. 14). 2 Ibid., 1, 28 e 31 (pp. 991 e 993). 3 Ibid., 1, 31-33 (p. 994, ll. 5-20). 4 SOCRATE, Storia Ecclesiastica, 3, 5-10 (ed. G.-Ch. Hansen, GCS, NF1, pp. 196-206); SOZOMENO, Storia Ecclesiastica, 5, 12-13 (ed. J. Bidez et G.-Ch. Hansen, GCS 50, pp. 210-212); TEODORETO, Storia Ecclesiastica, 3, 4-5 (ed. L. Parmentier, GCS 19, pp. 179181).
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il discorso, o attingendo da altri storici alcune informazioni complementari pi o meno riassunte. Il modo con cui trattano questo concilio appare piuttosto particolare. Nel presente caso, daltronde, non ci sono pervenuti tutti gli Atti e i documenti ufficiali del concilio di Alessandria5. Se Socrate dichiara, attingendo non si sa ben dove, che Atanasio, in occasione del concilio del 362, fece leggere lApologia per la sua fuga e ne cita molte pagine6, trova in Sabino la menzione di riunioni pi o meno parallele di Macedoniani7, ma non produce nessun documento del concilio di Alessandria. Dipende in questo punto da Rufino, da cui taglia la prima parte, disciplinare, delle decisioni del concilio8. Sozomeno conosce sia Rufino sia Socrate, da cui dipende strettamente, ma riassume questo punto e tace il riferimento a Sabino, pur riprendendo le sue informazioni9. Quanto a Teodoreto, favorevole a Melezio, lo storico si limita a un breve riassunto, senza soffermarsi sui dettagli delle decisioni dottrinali e disciplinari10. Tuttavia conosce i suoi predecessori; in essi ha trovato la menzione a Ilario. Ma fa assistere Ilario al concilio di Alessandria, dopo aver collocato il suo esilio nella Tebaide11. Gli storici moderni, per tentare di stabilire lo svolgimento dei fatti e per comprenderli nei minimi particolari, ma anche nelle incidenze del momento, ricorrono a un materiale eterogeneo12. Cercano di ricostruire un puzzle cui mancano sfortunatamente alcuni pezzi principali e di cui nessun pezzo della miglior qualit o gi stato pi o meno ritoccato per integrarsi nella composizione di uno storico antico. cos che il Tomus ad Antiochenos presente nel patrimonio di Atanasio, il cui testo ci
Disponiamo al massimo del Tomus ad Antiochenos, che, come indica il nome, riguarda principalmente la situazione di Antiochia (ATANASIO, PG 26, c. 796-809) e forse della Lettera ai vescovi ortodossi dEgitto, della Siria, della Cilicia, della Fenicia e dArabia, che dovrebbe provenire dalla stessa assemblea. Sulle decisioni disciplinari, oltre a quanto dice Rufino, abbiamo soltanto la conferma apportata da Atanasio tra il 363 e il 373 a uno sconosciuto Rufiniano (ATANASIO, Ep. ad Rufinianum, PG 26, c. 1180 B 4 1181 A 9). 6 SOCRATE, Storia, 3, 8, 1-43 (pp. 200-203). 7 Ibid., 3, 10, 3-11 (p. 205, ll. 4-26). 8 Ibid., 3, 7, 1-2 (p. 197, ll. 12-20). Si passa subito alle precisazioni dottrinali del concilio. In Socrate nulla corrisponde allesposizione dettagliata di Rufino sulle discussioni riguardanti la condotta da tenere nei confronti dei vescovi firmatari della formula di Nicea. 9 SOZOMENO, Storia, 5, 14, 1-3 (p. 23). 10 TEODORETO, Storia, 3, 4, 6 (p. 180). 11 Ibid., 3, 4, 2 (p. 179, ll. 23-25). 12 Cos Ch. HEFELE e H. LECLERCQ, Histoire des Conciles, I, 2, Paris, 1907, pp. 963-969; C.B. ARMSTRONG, The Synod of Alexandria and the Schism at Antioch in A.D. 362, in JThS, 22, 1921, pp. 206-221; 347-355; M. SIMONETTI, La crisi ariana nel IV secolo, Roma, 1975, pp. 353-377; ultima esposizione, dal punto di vista della storia del vescovo di Alessandria: Annick MARTIN, Athanase dAlexandrie et lglise dgypte au IVe sicle (328-373), Rome, 1996, pp. 541-563.
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pervenuto, stato palesemente usato direttamente da Rufino13, il che non sembra valere per gli storici successivi. Al contrario, quel che si presenta come una sinodale del concilio non era nota agli storici antichi14. Tuttavia opportuno rimanere prudenti, perch i falsi sono numerosi in quel periodo e nei decenni successivi, ed esaminare ogni presentazione in funzione dei suoi obiettivi. La mia intenzione non quella di riscrivere la storia del concilio, di ispezionare lazione di Atanasio o di interessarmi allo scisma di Antiochia15 e allo scisma
13
luciferiano16,
bens
intendo
soffermarmi
solo
su
Rufino17
RUFINO, Storia, 1, 30 (p. 992, l. 13 - p. 993, l. 5). I punti dottrinali trattati in un secondo momento da Rufino appaiono nello stesso ordine del Tomus, 3-7 (ATANASIO, PG 26, c. 800-805). 14 Vi un altro documento cui M. TETZ ha ridato lustro (Ein enzyklisches Schreiben der Synode von Alexandrien (362), ZNTW, 79, 1988, pp. 262-281=PG 28, c. 81-84), ma che probabilmente non autentico: al riguardo cfr. A. CAMPLANI, Atanasio e Eusebio tra Alessandria e Antiochia (362-363): Osservazioni sul Tomus ad Antiochenos, lEpistula catholica e due fogli copti..., Eusebio di Vercelli e il suo tempo, a cura di E. Dal Covolo, R. Uglione, G.M. Vian, Roma, 1997, pp. 191-246 e soprattutto pp. 219-226. Rufino era forse a conoscenza di questo documento, come Ph. R. AMIDON (The Church History of Rufinus of Aquileia, Books 10 and 11, Oxford, 1997) ritiene (p. 57, n. 41), data lallusione alla fine delle tempeste (M. TETZ, p. 272, l. 6) che si pu trovare in Rufino (RUFINO, Storia, 1, 29, p. 991, ll. 16-17)? Non direi, vista la banalit di una simile immagine (cfr., ad esempio, RUFINO, Storia, 2 (XI), 1, p. 1002, ll. 5-9). La trattazione di Rufino sulle misure disciplinari non trova nessun equivalente nei testi in nostro possesso. Essa viene semplicemente confermata dalla successiva risposta di Atanasio a Rufiniano (ATANASIO, Ep. ad Rufinianum, PG 26, c. 1180 B 15-C 5) e dallAltercatio Orthodoxi et Luciferiani, 20 (ed. Aline Canellis, CC 79 B, p. 52, ll. 762767): in Alexandrina postea synodo constitutum est ut, exceptis auctoribus haereseos (...), paenitentes Ecclesiae sociarentur, non quo episcopi possent esse qui haeretici fuerant, sed quod constaret eos qui reciperentur haereticos non fuisse. Lultima frase probabilmente un adattamento, da parte di Girolamo, alla tesi sostenuta nellAltercatio. 15 Sullo scisma di Antiochia lopera di F. CAVALLERA, Le schisme dAntioche, Paris, 1905, in parte superata, se non addirittura passibile di una consistente revisione: K.M. SPOERL, The Schism at Antioch since Cavallera, in Arianism after Arius, ed. M.R. Barnes and D.H. Williams, Edinburg, 1994, pp. 101-126. 16 Sullo scisma luciferiano in Occidente cfr. G. KRGER, Lucifer Bischof von Calaris und das Schisma der Luciferianer, Leipzig, 1886, cap. 2, pp. 58-96. M. SIMONETTI (Appunti per una storia dello scisma luciferiano, in Atti del convegno di Studi religiosi sardi, Cagliari, 24-26 maggio 1962, Padova, 1963, pp. 69-81 e soprattutto pp. 71-73) invita a distinguere nettamente lo scisma occidentale, che in un modo o nellaltro si ricollega a Lucifero, dallo scisma orientale, che, alimentato dallazione di Lucifero, ha radici precedenti al 362. Cfr. anche Lucifero di Cagliari nella controversia ariana, in Vetera Christianorum 35, 1998, pp. 279-399 e soprattutto pp. 291-292. 17 Non mi soffermer sulle questioni dottrinali, sui problemi che pongono, n sulle interpretazioni che hanno suscitato. Cfr. su questo punto M. SIMONETTI, Il concilio di Alessandria del 362 e lorigine della f o r mu l a t r i n i t a r i a , i n A u g u s t i n i a n u m 3 0, 1 9 9 0 , p p. 3 5 3 - 3 6 0 ; I D . , D a l
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cercare di determinare, mediante lanalisi della sua Storia, il motivo, ancora attuale mentre scrive, per il quale accorda un tale spazio e una tale importanza al concilio e alle sue conseguenze. Vorrei anche mostrare, o almeno suggerire, che il suo interesse fondamentale per quanto avviene in Occidente, sia prima sia dopo il concilio, pu difficilmente provenire, come si va ripetendo da A. Glas18 in poi, dalla semplice traduzione o dalladattamento di unopera greca che nessuno storico greco successivo ha citato o usato quando doveva trattare per lOriente le ripercussioni di Seleucia-Rimini o del concilio di Costantinopoli del 360, riunioni alle quali ognuno aveva dedicato molte pagine.
***
Partiamo, per Rufino, dalle grandi ripartizioni del contenuto e della cronologia dei due libri personali della sua Storia. Il quadro delle successioni imperiali non per lui una semplice comodit. Oltre al fatto che struttura oggettivamente la divisione degli anni 325-363 e 363-395 in due libri, per dinastia in un certo qual modo19, la politica religiosa di ognuno degli imperatori ha ripercussioni immediate sulla vita della Chiesa, ridotta alla fedelt o meno alla formula di fede definita a Nicea, la quale, raro documento esplicitamente trascritto, apre il primo libro aggiunto da Rufino20. Nel libro X dellinsieme della Storia, se Costantino, organizzatore di Nicea, e Costante, protettore di Atanasio, hanno diritto agli elogi di Rufino, Costanzo appare come un ostacolo per la
nicenismo al neonicenismo. Rassegna di alcune pubblicazioni recenti, Ibid. 38, 1998, pp. 5-28; B. STUDER, Una valutazione critica del neonicenismo, Ibid. 38, pp. 29-48. 18 A. GLAS, Die Kirchengeschichte des Gelasios von Kaisarea, die Vorlage fr die letzten Bcher der Kirchengeschichte Rufin, Leipzig-Berlin, 1914. Buona parte della tesi di Glas poggia sul confronto tra il testo di Rufino e i testi di Giorgio il Monaco e di Gelasio di Cizico, come se tutti derivassero da Gelasio di Cesarea. In questo caso, dei 19-38 di Rufino non figura nulla in questi autori (cfr. Glas, p. 57). 19 Da Costantino a Giuliano nel primo libro, da Gioviano a Teodosio nel secondo. Rufino non lo fa notare (e, di solito, nemmeno chi lo studia), ma il fatto evidente e lequilibrio pressoch perfetto. 20 RUFINO, Storia, 1 (X), 6, pp. 965-969, con i canoni del Concilio.
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Chiesa, prima che gli succeda Giuliano, rinnovando la persecuzione pagana. Tuttavia in un primo momento Giuliano comincia col disfare lopera religiosa di Costanzo, consentendo il ritorno dei vescovi esiliati e servendo cos indirettamente la vera fede. Da qui la bipartizione molto marcata del suo regno, che non corrisponde del tutto alla cronologia, ma che consente a Rufino di disporre la propria storia in due parti ben separate, annunciate sin dallinizio21 e ripetute nel corso dellopera ( 33, l. 1)22, prima di mostrare la vanit dellimpresa, dato che Giuliano era morto prima di poter mettere in atto le sue minacce ( 37 fine) e dato che gli ebrei, suoi alleati, erano stati privati della speranza di restaurare il Tempio e di smentire Cristo23. allinterno della prima parte del regno che trova posto il racconto del concilio di Alessandria. Questo occupa addirittura, con le relative conseguenze, la parte principale ( 28-32); tuttavia richiede, per essere colto in tutta la sua importanza, di essere collegato a ci che il concilio intende riparare e in particolare allazione di Costanzo contro i sostenitori di Nicea in Occidente durante gli ultimi anni del regno. Rufino procede per quadri e per raggruppamenti, che non rispettano completamente la cronologia n i dettagli degli eventi, ma che gli consentono di denunciare il modo in cui le persecuzioni condotte da Costanzo contro Atanasio mirano in realt a distruggere la fede di Nicea. Questa drammatizzazione e i relativi riassunti sono evidenti nella presentazione del concilio di Milano (355), che precede ( 21) immediatamente (continuo: 22, l. 2) quello di Rimini (359-360), che secondo Rufino non farebbe altro che adottare la formula messa a punto precedentemente ( 22, l. 3) a Seleucia. Il seguito non si concede meno libert nei confronti della cronologia, dato che, dopo un patetico quadro delle discordie della Chiesa ( 22), Rufino fa il bilancio ( 23-25) delle sciagure delle grandi sedi episcopali occidentali e orientali mescolando, come riconosce una volta ( 25, l. 1), eventi di epoche diverse. Riguardo a Roma, Rufino rievoca lesilio di Liberio ( 23), che risale in realt al 356 e che ha addirittura avuto fine nel momento in cui egli situa questo bilancio come riconoscer in seguito ( 28). Riguardo a Gerusalemme, riprende la morte di Massimo (nel 348), ma non in grado di attestare lintegrit della fede di Cirillo; la sua ordinazione, la sua fede e le sue relazioni sono tacciate di un giudizio negativo24. Per Alessandria RUFINO, Storia, 1 (X), 28, p. 990, ll. 22-25: Post quem (=Costanzo II), Iulianus (...) optinet principatum. Is primo, uelut arguens perperam gesta Constantii, episcopos iubet de exiliis relaxari, post uero aduersum nostros tota nocendi arte consurgit... 22 Non trascrivo tutti i testi, per alleggerire. Quando non indicata la pagina, le righe vanno contate dallinizio del . 23 RUFINO, Storia, 1, 38, p. 997, ll. 11-13: Tanta uero eius (=Giuliano) ad decipiendum suptilitas et calliditas fuit ut etiam infelices Iudaeos uanis spebus inlectos, ut ipse agitabatur, inluderet...; 1, 40, p. 998, ll. 22-23: Sic deterriti Iudaei atque gentiles locum simul et inaniter coepta reliquere. Fine del libro. 24 RUFINO, Storia, 1, 24, p. 989, ll. 3-4: Hierusolymis uero, Cyrillus, post Maximum sacerdotio confusa iam ordinatione suscepto, aliquando in fide, saepius in communione
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( 24, ll. 3-5) riprende ci che aveva gi detto di Giorgio ( 20 ad f.). Per Antiochia ( 25) si attiene, in definitiva, allattualit recente, commettendo tuttavia un errore enorme: non la morte di Eudosio ( 25, l. 2), bens la sua partenza per Costantinopoli nel gennaio 360 a rendere possibile il controverso trasferimento di Melezio da Sebaste dArmenia. Per queste quattro grandi sedi vengono chiamate in causa o lortodossia (Alessandria), o le condizioni dellordinazione dei titolari (Felice, Cirillo, Melezio), o le successive compromissioni degli occupanti (Felice, Cirillo, Melezio) con gli Ariani. Ma messo da parte o in serbo per il seguito del racconto il caso di Melezio, linsieme di questo bilancio ha ben pochi rapporti con la realt del momento esatto in cui si presume sia stato effettuato. Lo stesso vale per il quadro delle divisioni ariane in tre gruppi, ripartiti piuttosto grossolanamente ( 26): Ariani radicali, con Aezio e poi Eunomio; Omeusiani, di cui non vengono indicati n i nomi n gli alfieri; Macedoniani, ai quali viene rimproverata, con un certo anacronismo, la loro posizione sullo Spirito Santo. Probabilmente a Rufino, ex monaco, dispiace dover constatare che i monaci di Costantinopoli e dintorni hanno seguito Macedonio. Lo stesso vale per i vescovi celebri (episcopi nobiles) di cui omette i nomi ( 26 ad f.). Stilati questi tristi bilanci, possono essere presentati i due eventi che modificheranno il corso della storia: la morte di Costanzo ( 27) e lavvento di Giuliano, il cui regno, come precedentemente affermato, subito diviso in due parti: lordine di ritorno degli esiliati ( 28, ll. 2-3) e la persecuzione latente o diretta ( 28, ll. 3-4). Rufino aveva redatto, sotto Costanzo, un elenco degli esiliati che comprendeva soltanto occidentali, come se tutti fossero stati allontanati in seguito al concilio di Milano del 35525. Pu riprenderlo, rievocando la sorte degli uni e degli altri. Ma lo fa con curiosi silenzi e con riassunti non meno sorprendenti. Lascia cos ai lettori il compito di sapere che Dionigi e Rodanio sono morti in esilio; pur indicando che Liberio, in realt, era gi tornato dallesilio26, dichiara di non conoscere le condizioni e le circostanze esatte del ritorno27; di Ilario, cui dedicher la fine della lunga
uariabat. 25 RUFINO, Ibid., 1, 21, p. 987, l. 22 - p. 988, l. 3: Ob hoc apud Mediolanium episcoporum concilium conuocatur. Plures decepti. Dionysius uero, Eusebius, Paulinus, Rhodanius et Lucifer dolum esse in negotio proclamantes adserentesque quod subscriptio in Athanasium non ob aliam causam quam destruendae fidei moliretur, in exilium trusi sunt. His etiam Hilarius iungitur, ceteris uel ignorantibus uel non credentibus fraudem. Eccezion fatta per Atanasio, nessun cenno agli esiliati orientali durante gli anni 350-361, n al loro ritorno nel 362. 26 Lesilio stato segnalato in 1, 23, p. 988, ll. 23-25. 27 Ibid., 1, 28, p. 990, l. 25 - p. 991, l. 3: Interim, qui superfuerant episcopi de exiliis relaxantur. Nam Liberius, urbis Romae episcopus, Constantio uiuente regressus est. Sed hoc utrum quod adquieuerit uoluntati suae ad subscribendum, an ad populi Romani gratiam, a
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sequenza, non dice nulla per il momento. Tutto linteresse si concentra sugli altri due esiliati: Lucifero di Cagliari ed Eusebio di Vercelli ( 28, ll. 8 sgg.), la cui azione porter a conclusioni molto diverse in Occidente e in Oriente, nonostante gli impegni presi non si sa n dove n quando.
Non vi alcun dubbio che Rufino ritiene Lucifero responsabile dellinsuccesso orientale e delle conseguenti difficolt in Oriente e in Occidente. Tuttavia tiene per s un certo numero di informazioni, che fanno tanto pi difetto in quanto possiamo identificare e a nostra volta interpretare una delle fonti dinformazione sul concilio di Alessandria del 362, il Tomus ad Antiochenos, che ci giunto attraverso lopera di Atanasio. In compenso ci sfuggono le circostanze esatte che precedono e che seguono la riunione di Alessandria. Si presume che Lucifero ed Eusebio si fossero in un modo o nellaltro messi daccordo, vista la prossimit dei loro luoghi desilio e la vicinanza allEgitto28. Tuttavia entrambi devono gi aver avuto rapporti con Antiochia, poich Lucifero ha fretta di giungervi senza aspettare e a Eusebio verr detto di ritornarvi29. Larrivo ad Antiochia allinizio del 362 spiegherebbe forse linvio da parte di Paolino di due delegati di cui Rufino non parla , oppure Eusebio passato per Antiochia cambiando luogo di assegnazione durante lesilio? Secondo Rufino, Lucifero invia soltanto un rappresentante ad Alessandria, mentre il testo del Tomus menziona e nomina due diaconi di Lucifero e due diaconi di Paolino30. Questi non pu esser stato gi ordinato da Lucifero; le affermazioni del Tomus non avrebbero pi molto senso, dato che riguardano innanzitutto Antiochia. Gli altri partecipanti sono quasi soltanto nomi. Solo Asterio ha un passato31, che gli vale, pi dellet, la missione che gli sar affidata in Oriente. Tuttavia
quo profiscicens fuerat exoratus, indulserit, pro certo compertum non habeo... Un lettore attento pu intuire dalle prime parole che alcuni esiliati sono morti e, verso la fine, che Costanzo venuto a Roma nel 357 e che stato oggetto di suppliche a favore di Liberio. Contrariamente a quanto afferma GLAS, p. 17, lignoranza di Rufino senza dubbio diplomatica. Egli stesso ha risieduto a Roma nel decennio successivo e ha assistito alla difficile ordinazione di Damaso. 28 Ibid., 1, 28, p. 991, ll. 3-5: Lucifer autem cum exoraretur ab Eusebio, quia uterque in partibus uicinis Aegypto fuerat relegatus, ut ad uidendum Athanasium Alexandriam pergerent... 29 Ibid., 1, 31, p. 993, l. 6: Sed Eusebius cum redisset Antiochiam et inuenisset ibi a Lucifero contra pollicitationem ordinatum episcopum... Eusebio era stato esiliato prima a Scitopoli, in Palestina, poi in Cappadocia e infine nella Tebaide. Ha avuto occasione di passare per Antiochia e di conoscere la situazione locale. 30 Tomus ad Antiochenos, 9 (PG 26, c. 808 A 8-12). 31 Asterio era a Sardica dove si unito agli occidentali (ILARIO, Collectanea antiariana Parisina, Series B II, 1, 7, ed. A. Feder, CSEL 65, p. 121, secondo il testo greco della sinodale trasmesso da Atanasio).
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Rufino non ne fa parola. Vero che non precisa nemmeno il ruolo svolto da Eusebio a Milano nel 355. Per rievocare semplicemente il piccolo numero di partecipanti del Concilio dei Confessori32, Rufino dispone forse di un altro documento, oltre al Tomus ad Antiochenos? lecito porsi tale interrogativo. Il Tomus fa i nomi di una ventina di vescovi e di quattro diaconi, che rappresentano rispettivamente Paolino di Antiochia e Lucifero. Rufino ricorda soltanto i nomi di Atanasio, di Asterio, di cui non precisa n la sede n il passato, e di Eusebio. Tuttavia riguardo ad Asterio parla dei suoi compagni di quelli che erano con lui ( 30, l. 3) , il che, a meno che non si tratti di una maldestra ripresa dellelenco finale del Tomus stesso, sembra proprio supporre lesistenza di un documento ufficiale, che Rufino riassume senza trovare necessario o utile per il pubblico fornire nomi che non direbbero nulla. A ben vedere la prospettiva infatti occidentale, bench Asterio, omologo di Eusebio, sia esplicitamente incaricato di restaurare la fede nicena nella parte orientale. Di tale missione non si parler pi nel racconto di Rufino. Il solo che vediamo agire per lungo tempo, in Oriente prima e in Occidente poi, non altri che Eusebio di Vercelli. Tuttavia bisogna distinguere due scopi in questa duplice azione. Se Lucifero ed Eusebio hanno deciso di agire ad Antiochia sin da prima della riunione di Alessandria, questa aveva, nel racconto di Rufino, e probabilmente nella realt, un intento pi generale: de statu ecclesiae decernere33. Si trattava, dopo il disastro scatenato dal rifiuto dellhomoousios a Rimini ( 22), di restaurare la pace allinterno della Chiesa. Il racconto di Rufino verte innanzitutto su questo punto, che non compare affatto nel Tomus ad Antiochenos. Presenta lo scontro di due gruppi davanti al comportamento da adottare nei confronti di coloro che avevano stretto un patto con leresia ( 29). Il gruppo rigorista, che diventer, se non lo gi, il gruppo dei Luciferiani dOccidente, predica lintransigenza: non dovevano pi essere riconosciuti come vescovi coloro che, in un modo o nellaltro (utcumque), si fossero infangati e macchiati unendosi agli eretici34. Il gruppo dellindulgenza metteva in primo piano lutilit generale. Invocava gli esempi di Paolo e di Cristo, non senza esigere da ognuno dei lapsi un gesto personale, che marcasse la scelta dellortodossia, n omettere di escludere gli autori dellerrore35.
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RUFINO, Storia, 1, 29, p. 991, ll. 14-17: Pergit interea Eusebius Alexandriam ibique confessorum concilio congregato, pauci numero, sed fide integri et meritis multi, quo pacto post haereticorum procellas et perfidiae turbines tranquillitas reuocaretur ecclesiae omni cura et libratione discutiunt... 33 Ibid., 1, 28, p. 991, ll. 6-7. 34 Ibid., 1, 29, p. 991, ll. 18-19. 35 RUFINO, Storia, 1, 29, p. 991, l. 19 - p. 992, l. 3.
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Rufino sviluppa questo punto con molti riferimenti alla Scrittura36. Sarebbe bello conoscere lorigine dellargomentazione, poich nessuno dei documenti che riguardano tale decisione ne fa cenno o la ricorda37, specie il Tomus ad Antiochenos, che Rufino utilizza in seguito come se costituisse parte delle decisioni del concilio. Secondo la sua presentazione, infatti, ex Concilii decreto che Asterio ed Eusebio ricevono la procura uno dellOriente, laltro dellOccidente38. Ma subito dopo in illo Concilii decreto ( 30, ll. 4 sgg.) che vengono aggiunte una trattazione sullo Spirito Santo, lequivalenza tra substantia/ousia da un lato e subsistentia/hypostasis dallaltro, nonch alcune precisazioni sulla cristologia, tutti punti che figurano nel Tomus ad Antiochenos ma in un contesto pi complesso, che si adatta alla situazione di Antiochia. Pur semplificandole, Rufino ha riunito le questioni dottrinali oggetto di controversia e le questioni disciplinari, che non riguardavano in primo luogo, n unicamente, le comunit di Antiochia. Ci lo porta a dare, in un certo senso, una duplice conclusione alla riunione del concilio: in un primo tempo viene affidata una missione ad Asterio e a Eusebio ( 30, ll. 1-4); successivamente, dopo la menzione delle decisioni dottrinali complementari, viene formulato un giudizio che verte sullinsieme della riunione, prima che ognuno riprenda la propria strada: Quibus omnibus caute moderate que compositis, unusquisque itinere suo cum pace perrexit ( 30 fine). Ci si aspetterebbe di vedere Eusebio che ritorna in Occidente, e Asterio che tenta di risolvere, tra le altre cose, la questione di Antiochia, ma anche la situazione delle numerose chiese i cui vescovi avevano accettato il credo di Nicea-Costantinopoli. Ma di Asterio non si parler pi ed Eusebio che ritorna ad Antiochia ( 31, l. 1), per trovarvi una situazione resa ancora pi ingarbugliata dalle iniziative di Lucifero. Il narratore segnala subito il fallimento di Eusebio, che lascia Antiochia (abscessit, 31, l. 3), prima di spiegare la ragione del fallimento e ritornare alla menzione della sua partenza dalla
1 Cor 10, 33 (non indicato dalleditore): Paolo; Luca 15, 11-32: Cristo. Su tali misure disciplinari si dispone soltanto, oltre a queste righe di Rufino, delle indicazioni di Atanasio allo sconosciuto Rufiniano. La lettera cita un altro esempio biblico (ATANASIO, Ep. ad Rufinianum, PG 26, c. 1180-1182), ma per bocca di coloro che hanno firmato, per non lasciare spazio ai vescovi ariani dopo essere stati deposti. Cfr. GIROLAMO, Altercatio, 20 (p. 52, ll. 762-767). 38 RUFINO, Storia, 1, 30, p. 992, ll. 10-13: Cum igitur huiuscemodi sententias ex euangelica auctoritate prolatas ordo ille sacerdotalis et apostolicus adprobasset, ex concilii decreto Asterio ceterisque qui cum ipsis [sic?] erant, Orientis iniungitur procuratio, Occidentis uero Eusebio decernitur?
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citt (abscessit, 31, l. 10). Se possibile intuire che Eusebio, senza partecipare a una o allaltra comunit, ha comunque cercato in vano di radunare la pi numerosa quella di Melezio , difficile stabilire una cronologia precisa degli eventi. La partenza di Eusebio precede, come dice Rufino secondo lordine del racconto, il ritorno dallesilio di Melezio ( 31, l. 11)? Il concilio che questi ha riunito con gli altri vescovi orientali ( 31, ll. 12-13) ha avuto luogo gi nel 362? O si tratta del concilio che Girolamo colloca nellanno 363-364, cio durante il regno di Gioviano39? Soltanto il risultato viene dato da Rufino: Melezio non si unisce ad Atanasio ( 31, l. 13), riguardo al quale Rufino non dir che venuto ad Antiochia su richiesta di Gioviano40. Il seguito immediato della vita cristiana ad Antiochia non sar trattato, bench vengano descritti alcuni episodi della persecuzione che si produce nella seconda parte del regno di Giuliano ( 36-37). Rufino quanto meno passato per Antiochia; ha incontrato Teodoro, il giovane che aveva resistito alla tortura sotto Giuliano ( 37, ll. 11-12); conosce lepisodio dello spostamento del corpo di Babila ( 36); ma mantiene un totale silenzio sullappartenenza dei processionari a una o allaltra comunit, cos come tace la presenza del clero al trasferimento del corpo di un martire. Avendo vissuto a lungo a Gerusalemme, non pu tuttavia non conoscere Paolino, sul quale formula altrove un giudizio laudativo ( 28 fine), n Evagrio, colui che sar il suo successore, dopo aver vissuto per qualche tempo nellItalia settentrionale presso Eusebio di Vercelli41, il cui episcopato provocher discussioni senza fine in Occidente ancor pi che in Oriente42.
GIROLAMO, Chronicon ad a. 364, ed. R. Helm, GCS 47, p. 243. Allinizio del libro II Rufino scrive: honorificis et officiosissimis litteris Athanasium requirit (=Gioviano). Ab ipso formam fidei et ecclesiarum disponendarum suscepit modum (RUFINO, Storia, 2, 1, p. 1002, ll. 10-12). In base a queste righe si pu decidere per una visita di Atanasio presso Gioviano. Probabilmente Rufino a conoscenza del loro scambio di lettere. 41 Rufino non cita il nome di Evagrio, protettore di Girolamo. In 1, 8 ha menzionato, senza citare lautore, la traduzione in latino della Vita di Antonio di Atanasio (p. 971, ll. 17-18). Sappiamo, grazie a Basilio di Cesarea, Ep. 138, 2 (ed. Y. Courtonne, CUF, 2, p. 55), che Evagrio venuto in Occidente con Eusebio di Vercelli e, grazie a Girolamo, che ha avuto rapporti con Aquileia, dove Rufino e Girolamo hanno soggiornato. 42 Nel libro 2, 21, tracciando lo stato delle grandi Chiese intorno al 390, Rufino ritorner sulla controversia di Antiochia nei seguenti termini: multa ibi iurgia et multae controuersiae saepe commotae nec tamen, summa ui nitentibus aliis, aliis obnitentibus ipsisque in hoc elementis terrae marisque fatigatis, potuit aliquando pacis ullus obtineri modus, cum utique fidei iam nulla uideretur subesse discordia (RUFINO, Storia, 2, 21, p. 1024, ll. 28-32). Non sappiamo molto di pi da Rufino, n dagli storici greci. Tuttavia, bench egli rievochi le discussioni ad Antiochia (ibi), suppone anche la partecipazione di altre Chiese, e probabilmente dellOccidente, parlando degli elementa terrae marisque fatigata. Ci non si discosta molto da quanto dichiara Ambrogio riguardo a Evagrio e a Flaviano nel 392 (Ep. 70 [56M], 1, CSEL 82, 3, p. 3: propter ipsos uniuersus orbis concutitur...). Al tempo in cui Rufino colloca la sua affermazione, Paolino probabilmente gi sostituito da Evagrio, di cui tace ancora una volta il nome.
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Quali conclusioni trarre da questi silenzi, se non che la sorte di Antiochia a Rufino e al lettore interessa meno delle conseguenze della controversia scoppiata tra Eusebio e Lucifero? Lo storico, infatti, rievoca subito il malcontento di Lucifero che si vede sconfessato e la specie di ritorsione a cui il sardo inizia a pensare ( 31, ll. 13-22): non riconoscere le decisioni di Alessandria. La decina di righe che seguono dipingono lo stato danimo di Lucifero, senza emettere giudizi troppo duri, cos come lo storico si astiene dal pronunciarsi con severit sui suoi ultimi anni. Tuttavia ricollega esplicitamente a Lucifero lo scisma che ne consegu e che, per essere compreso, riporta il lettore al primo oggetto del decreto del concilio: la riconciliazione dei vescovi caduti in errore a Rimini, di cui si occuper Eusebio. Prima di seguire tale azione, osserviamo che lo scisma, a detta di Rufino, esiste ancora nel momento in cui scrive, vale a dire quarantanni dopo il concilio di Alessandria; ma ormai, a suo dire, riguarda soltanto pochi, per paucos adhuc uoluitur43. Tuttavia sarebbe sbagliato sottovalutare questa dissidenza o mettere in dubbio linformazione di Rufino44. Gi nel 397 egli rievocava le difficolt che Ilario aveva incontrato a causa di Lucifero, al ritorno in
RUFINO, Storia, 1, 31, p. 994, ll. 3-5: Ex ipso (=Lucifero) interim Luciferianorum schisma quod, licet per paucos, adhuc uoluitur, sumpsit exordium. Con Girolamo e la sua Altercatio Luciferiani et Orthodoxi siamo abituati al nome Luciferiani. Ma si ricorder che i seguaci di Lucifero rifiutano tale appellativo, asserendo di non essere altro che veri cristiani, veri cattolici (FAUSTINO, Libellus precum, 86-87; ed. M. Simonetti, CC 69, pp. 380-381). Socrate, quando tratta lincontro tra Eusebio e Lucifero ad Antiochia, parla due volte delle conseguenze dellazione di Lucifero. La prima volta gli attribuisce, ad Antiochia, leresia dei Luciferiani (SOCRATE, Storia, 3, 9, 5-6, p. 204, ll. 11-16) che separa un gran numero di persone dalla Chiesa; la seconda volta, quando rievoca, poco dopo, il ritorno di Lucifero in Sardegna, dichiara che coloro che prima avevano preso parte al suo risentimento sono ancora adesso (eti kai nun) separati (chrizontai) dalla Chiesa (3, 9, 8, p. 204, ll. 20-21). Sozomeno raggruppa le due informazioni di Socrate collocandole, a quanto pare, in Sardegna (5, 13, 4-5, p. 212, ll. 9-17). Teodoreto, ancor pi conciso, si sofferma sullo scisma di Antiochia (3, 5, 2, pp. 180-181), di cui indica la durata (85 anni, fino allepiscopato di Alessandria), prima di parlare del ritorno di Lucifero in Sardegna, dove i suoi seguaci sono stati a lungo chiamati Luciferiani (3, 5, 4, p. 181, ll. 12-13). Teodoreto il solo a dire che i Luciferiani hanno aggiunto qualche punto dottrinale, anche se segnala che il movimento non pi attivo (3, 5, 4, p. 181, ll. 13-14). 44 In questo racconto Rufino separa nettamente ci che sta per succedere in Occidente, per il quale parla di scisma durevole probabilmente controllabile per i lettori e che ricollega a Lucifero (1, 31, p. 994, ll. 3-5) , da ci che dir molto pi avanti, in 2, 21, della controversia tra Paolino e Flaviano, di cui non sottolinea come derivi dallazione di Lucifero. In compenso, dopo aver rievocato nel 378 il ritorno di Melezio nuovamente esiliato da Valente, Socrate (5, 5) e successivamente Sozomeno (7, 3) parlano di un patto stipulato tra Melezio e Paolino, in base al quale linsieme delle comunit aderirebbe alla causa dellultimo superstite. Viene trattato quindi il rifiuto da parte dei Luciferiani di accondiscendere a tale accordo, in quanto Melezio stato ordinato dagli Ariani. Il patto non verr rispettato alla morte di Melezio (Socrate, 5, 9; Sozomeno, 7, 11) e i vescovi riuniti a Costantinopoli riconosceranno Flaviano, nonostante le obiezioni degli occidentali, rimasti fedeli a Paolino. Niente di tutto ci in Rufino.
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Occidente45. Sappiamo che tra il 374 e il 378 Satiro, fratello di Ambrogio, evita di essere battezzato da un seguace di Lucifero46 e che Faustino e Marcellino, nella loro supplica a Teodosio, rievocano vari nuclei fedeli a Lucifero47 e ostili ai caduti in errore di Rimini, cos come ai loro difensori passati e presenti. Damaso48 violentemente attaccato da Faustino. Bisogner aspettare il pontificato di Innocenzo I per sentire lultimo giudizio quasi contemporaneo su Lucifero e sulla sua pertinacia49. Di sicuro nel 402 il piccolo gruppo non ha pi un grande seguito, se esiste ancora per paucos in Occidente. Ciononostante ha complicato lopera di restaurazione della fede di Nicea, di cui Rufino traccia la storia dei primi anni. A partire dagli anni 360-365 la maggior parte dellOccidente era di fatto ritornata alla retta fede, tuttavia non senza difficolt. Rufino lo afferma continuando il racconto e passando dallattivit di Eusebio ( 31 ad f.)50 a quella di Ilario ( 32). Veniamo a sapere che questi era gi ritornato dallesilio e che si trovava in Italia nel momento in cui vi giunge Eusebio dopo aver attraversato lOriente51. Tali indicazioni geografiche turberebbero alquanto se non potessimo collegare varie informazioni, spesso ellittiche, che formano per ognuno dei due confessori una specie di itinerario tra le righe. possibile, infatti, attribuire verosimilmente a Eusebio un ritorno via terra, circumiens Orientem atque Italiam ( 31 f), che gli ha fatto attraversare e forse percorrere una parte della Grecia52. Ad ogni modo sappiamo che passato per Sirmio,
RUFINO, De adulteratione librorum Origenis, 11 (ed. M. Simonetti, CC 20, p. 14). Lo stesso Ilario dovette difendere il suo De synodis: cfr. le note a margine pubblicate in PL 10, c. 545-548 e le nuove note scoperte da P. Smulders (Bijdragen 39, 1978, pp. 234-243). 46 AMBROGIO, De excessu Satyri, 1, 47 (ed. O. Faller, CSEL 73, p. 235). 47 FAUSTINO, Libellus precum, 62-78 (ed. M. Simonetti, CC 69, pp. 375-379). Sulla Spagna cfr. J. FERNNDEZ UBIA, El Libellus Precum y los conflictos religiosos en la Hispania de Teodosio, in Florentia Iliberritana, 8, 1997, pp. 103-123. 48 Ibid., 79-85 (pp. 379-380); cfr. Aline CANELLIS, Arius et les Ariens vus par les Lucifriens dans le Libellus Precum de Faustin et Marcellin, in Studia Patristica 36, Leuven, 2001, pp. 489-501 e soprattutto pp. 496-497. 49 INNOCENZO, Ep. 3, 2 (Saepe me, PL 20, c. 487 A): Quae alia causa et superioribus temporibus illius Luciferi praeter pertinaciam fuit, quae eum retraxit a concordia illorum qui Arianorum haeresim prudenti conuersione damnauerant? Cos, poco dopo il 402, ai vescovi riuniti a Toledo per risolvere le conseguenze del priscillianesimo. Per Innocenzo il movimento di separazione sembra essere cessato. 50 RUFINO, Storia, 1, 31 (p. 994, ll. 5-6): Eusebius uero circumiens Orientem atque Italiam, medici pariter et sacerdotis fungebatur officio... 51 Ibid., 1, 31 (p. 994, ll. 7-10): ... Hilarium, quem dudum cum ceteris episcopis in exilium trusum esse memorauimus, regressum iam et in Italia positum haec eadem erga instaurandas ecclesias fidemque patrum reparandam repperit molientem. 52 Sappiamo che si sono tenuti diversi concili nellAcaia e in Macedonia, regioni che possono perfettamente situarsi sulla strada del ritorno di Eusebio attraverso lIllirico. Su questi concili cfr. LIBERIO, Ep. Imperitiae culpam, 1 (ILARIO, Collectanea antiariana Parisina, B IV, 1, CSEL 65, p. 157, ll. 3-7); ATANASIO, Ep. ad Rufinianum (PG 26, c. 1180 B-C); ID., BASILIO, Ep. 204, 6 (ed. Y. Courtonne, 2, p. 179).
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dove non riscosse grande successo53. Quanto allItalia, senza convalidare le indicazioni della sua Vita tardiva54, possibile pensare che abbia fatto aderire Liberio alla sua azione, poich questi non ha indugiato a scrivere ai vescovi italiani55, a meno che questintervento non sia dovuto a Ilario che, sulla via del ritorno in Gallia nel 360, si ferm a Roma56. Sappiamo che questi era di nuovo a Milano nel 364, senza sapere da quando cercasse di radunare gli incerti dellItalia settentrionale. Rufino cita altrove una riunione di vescovi in cui i sostenitori di Lucifero o Lucifero stesso tentarono di metterlo in difficolt. Tuttavia ignoriamo se il vescovo di Poitiers torn pi volte in Italia dopo il ritorno dallOriente o se si limit ad agire attraverso i libri. Di fatto Rufino, che gli attribuisce virt e unattivit superiori a quelle di Eusebio ( 32, ll. 1-3) cui era stato affidato esplicito mandato dal concilio di Alessandria57 , aggiunge che Ilario condusse la sua azione anche attraverso gli scritti ( 32, ll. 3-5). Ho gi avuto occasione di dire che i libri de fide rievocati da Rufino non erano verosimilmente, nonostante il titolo, quelli che chiamiamo il De Trinitate, bens pi probabilmente il Liber aduersus Ursacium et Valentem che, secondo Girolamo, conteneva il racconto del concilio di Rimini58. Ci che Rufino dice di questi libri corrisponde, infatti, a quanto si pu trovare nella denuncia da parte di Ilario dei due consiglieri di Costanzo II di cui Rufino non ha nemmeno citato il nome . Esponeva(no) infatti le manovre (uersutiae) degli eretici e il modo con cui i nostri erano stati ingannati nella loro troppo credula ingenuit59 ( 32, ll. 4-5). Abbiamo qui sia la tesi
Secondo lAltercatio Heracliani laici cum Germinio episcopo Sirmiensi (PLS 1, c. 345), che menziona anche Ilario. 54 Vita Eusebii (BHL 2748, ed. F. Ughelli, Italia sacra, 4, II ediz., Venezia, 1729, 759 A-B). Se rievoca unintesa con il papa romano, la Vita commette sicuramente un errore nellaffidare lOriente alle cure di Atanasio. 55 LIBERIO, Ep. Imperitiae culpam, 1-2: ILARIO, Collectanea antiariana Parisina, B IV, 1 (CSEL 65, pp. 156-157). Siricio, nel 385, rievoca una lettera di Liberio che non abbiamo pi, che avrebbe annullato il concilio di Rimini e avrebbe proibito di ribattezzare (SIRICIO, Ep. Directa ad decessorem, 1, 2, PL 13, c. 1033-1034). Si tratta forse di un altro intervento? 56 SULPICIO SEVERO, Vita Martini, 6, 7 (ed. J. Fontaine, SC 133, p. 266): Martino accorre a Roma per raggiungere Ilario. Cfr. il mio articolo Vrais et faux problmes concernant le retour dexil dHilaire de Poitiers et son action en Italie en 360-362, in Athenaeum 48, 1970, pp. 251-275 e soprattutto p. 262 (ripreso con qualche correzione e con una nota complementare in Lextirpation de lArianisme en Italie du Nord et en Occident, Variorum Reprints, Ashgate, 1998, tude 3). 57 Rufino riprende (1, 32, ll. 2-3) la parola procurabat, che era il termine con cui era stato affidato il mandato a Eusebio (1, 30, l. 3). 58 Cfr. lart. Vrais et faux problmes..., pp. 271-272. 59 RUFINO, Storia, 1, 32 (p. 994, ll. 11-17): Hilarius (...) rem diligentius et aptius procurabat. Qui etiam libros de fide nobiliter scriptos edidit, quibus et haereticorum uersutias et nostrorum deceptiones et male credulam simplicitatem ita diligenter exposuit ut et praesentes et longe positos (...) perfectissima instructione corrigeret.
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tranquillizzante di Ilario, quale la si pu dedurre dalla presentazione che Girolamo mutua probabilmente da Ilario nella sua Altercatio Luciferiani et Orthodoxi60, sia la tesi di Rufino dallinizio dellepisodio. A partire dalla presentazione dei tentativi di Costanzo contro la fede degli occidentali fedeli a Nicea si parlato di deceptio, attiva e passiva. Con linganno Costanzo tenta di costringere gli occidentali ad aderire alleresia ariana ( 20 ad f.); a Milano la maggioranza viene ingannata (plures decepti, 21, l. 2), mentre quelli che resistono e gridano al dolus ( 21, l. 3) vengono mandati in esilio; Ilario viene a sua volta esiliato, ceteris uel ignorantibus, uel non credentibus fraudem ( 21, fine). A Rimini gli Ariani, che sono callidi homines et uersuti, ingannano facilmente i vescovi occidentali, che sono simplices et imperiti ( 22, ll. 4-5), al punto tale che molti sono decepti ( 22, ll. 9-10). Essi rinunciano allhomoousios di Nicea e macchiano la propria comunione associandosi con gli eretici61. Il quadro tracciato da Rufino sul ritorno della luce in Italia e nelle Gallie grazie ai due luminari Eusebio e Ilario 62 lequivalente di quello che aveva dipinto sulla crisi della Chiesa dopo Rimini 63. Egli chiude in un certo senso il cerchio. Non si parler pi della questione ariana in Occidente eccezion fatta per la persecuzione di Ambrogio da parte di Giustina 64 , il che tuttavia non significa che il lettore possa seguire meglio i dibattiti di quegli anni in Oriente 65; non sapremo niente, in particolare, del modo in cui Asterio ha svolto la propria missione qua e l nel 362 e oltre 66. Una volta
GIROLAMO, Altercatio Luciferiani et Orthodoxi, 17-19 (ed. Aline Canellis, CC 79 B, pp. 43-50). Cfr. il mio art. La manoeuvre frauduleuse de Rimini. la recherche du Liber aduersus Vrsacium et Valentem, in Hilaire et son temps, colloque de Poitiers, 29 septembre-3 octobre 1968, Paris, tudes augustiniennes, 1969, pp. 51-103 (ripreso in Lextirpation..., tude 2). 61 Ho mostrato la fortuna di questo testo di Rufino che continua a complicare la storia del concilio di Rimini: Julien dclane et Rufin dAquile: du Concile de Rimini la rpression plagienne. Lintervention impriale en matire religieuse, in REAug 24, 1978, pp. 243-271 e in particolare pp. 261-269. 62 RUFINO, Storia, 1, 32 (p. 994, ll. 17-20). Inizia poi la seconda parte del regno di Giuliano, con la persecuzione e le varie manovre contro i cristiani (ll. 33-40). 63 Ibid., 1, 22 (p. 998, ll. 16-22): Ea tempestate facies Ecclesiae foeda et admodum turpis erat... 64 Ibid., 2, 15-16 (pp. 1020-1022), con rimando a Rimini (p. 1021, ll. 3-4). 65 Rufino non dice nulla riguardo ai dibattiti teologici tra le varie correnti orientali negli anni 360-380. 66 Nessun cenno nemmeno in Socrate, Sozomeno e Teodoreto.
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conclusasi la persecuzione di Giuliano, per un po di tempo ignoriamo tutto della vita cristiana ad Antiochia. Il concilio di Costantinopoli del 381 viene semplicemente citato a proposito di Apollinare, in data tardiva67, senza che vengano definite le altre questioni e decisioni68. In precedenza i Cappadoci sono stati celebrati per la loro scienza e per la loro ascesi, molto pi che per la partecipazione allelaborazione dottrinale della dottrina trinitaria69. Con Didimo70 essi formano un trio di eminenti personalit che bisogna far conoscere allOccidente71, ma la cui azione in Oriente non affatto descritta nei minimi particolari. Dicendo questo, sono uscito dal libro X (I), le cui pagine che ho rapidamente esaminato formano il sesto o il settimo capitolo. Ma losservazione potrebbe essere estesa al libro XI (II), mostrando le lacune delle sue informazioni o del suo interesse riguardo allOriente tra il 363 e il 390. Senza riconoscere tali lacune, A. Glas, nel desiderio di trovare lorigine della Storia di Rufino nella presunta opera di Gelasio di Cesarea, per la gioia della Quellenforschung, era costretto a fare uneccezione72
RUFINO, Storia, 2 (XI), 20 (p. 1024, ll. 19-20). Cos dopo il ritorno di Teodosio in Oriente nel 391. Rufino segnala che gli Apollinaristi si separano dalla Chiesa, che hanno i propri vescovi, le proprie tesi e le proprie chiese. 68 Nessun cenno alla sua opera dottrinale, n alle decisioni disciplinari. Non si parla n della morte di Melezio, n della partenza di Gregorio Nazianzeno, n della decisione di riconoscere Cirillo come vescovo di Gerusalemme (Sinodale del 382: Teodoreto, HE, 5, 9, 17, GCS 19, p. 294, l. 3), misura che avrebbe dovuto interessare suo nipote Gelasio. Il nome di Cirillo appare in Rufino soltanto nel capitolo seguente, 2, 21, in cui lautore, dopo il ritorno di Teodosio in Oriente nel 391, traccia lo stato delle (grandi) Chiese dOccidente e dOriente: Roma, con Siricio (385); Alessandria, con Timoteo (381-386) e Teofilo (386); Gerusalemme (post Cyrillum Ioannes); Antiochia, alla cui sede dedicata una lunga trattazione; Costantinopoli, con Nettario (381), ma senza che Rufino indichi che prende il posto di Gregorio Nazianzeno. Riguardo ad Antiochia, Rufino scrive: Apud Antiochiam uero, Meletio defuncto, substituitur Flauianus. Sed quod Paulinus adhuc supererat, qui in catholicorum semper societate permanserat, multa ibi iurgia et multae controuersiae saepe commotae... (2, 21, p. 1024, ll. 26-29). Nessun cenno al patto Melezio-Paolino prima della morte (avvenuta a Costantinopoli) di Melezio nel 381, al mancato rispetto del patto n agli sviluppi dello scisma dei Luciferiani di cui parleranno gli storici greci. In compenso Rufino aggiunge ad Antiochia il caso di Tiro, dove i Meleziani ordinano un vescovo contro Diodoro, che riceve, dal canto suo, tutte le patenti di ortodossia (2, 21, p. 1024, l. 30 - p. 1025, l. 3) ed estende la confusio a molte altre chiese dOriente (ibid., p. 1025, ll. 3-4), di cui gli storici successivi non parlano minimamente. Riguardo a Tiro, va ricordato che in questa citt Rufino dichiara di aver fatto la conoscenza di Edesio, eroe della missione etiope (1, 10 ad fin., p. 973, ll. 21-23). 69 RUFINO, Storia, 2, 9 (pp. 1014-1017). Le circostanze in cui Gregorio Nazianzeno lascer la sede di Costantinopoli non vengono precisate e il nome del successore non viene indicato (ibid., pp. 1016-1017). 70 Ibid., 2, 7 (pp. 1012-1014). 71 Rufino si atteggia ad ascoltatore di Didimo (2, 7, p. 1013, ll. 10-14) e a traduttore di Gregorio e di Basilio (2, 9, p. 1017, ll. 8-12). Ci troviamo di fronte a una sorta di promozione delle sue opere. 72 A. GLAS, op. cit. (n. 18), pp. 23-24.
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per i ritratti di Didimo, dei monaci dEgitto e dei cappadoci Basilio e Gregorio, perch quanto detto nella Storia di Rufino e da lui proposto come testimonianze personali assomiglia molto a ci che troviamo nel resto dellopera. Nel periodo in cui scrive la sua Storia della Chiesa, di fatto Rufino ha gi tradotto varie opere di Gregorio e di Basilio, come egli afferma. Lo stesso vale per i monaci dEgitto: la Storia della Chiesa annuncia infatti la Storia dei monaci73. Daltronde si sa che Rufino ha appena rivendicato in altra sede74 legami con Didimo pi stretti di quelli ostentati da Girolamo. Nel 406 Girolamo ricorder che Didimo gli aveva fatto la dedica su due Commenti75; ma gi nel 401 informa che Didimo aveva scritto per Rufino un trattato Sui bambini morti prematuramente76. Il fatto che non se ne parli nella Storia della Chiesa non ha nulla di sorprendente; Rufino non fiata sulle discussioni intorno a Origene, non cita il nome di Giovanni di Gerusalemme se non come successore di Cirillo sulla cattedra di Gerusalemme77 e riesce a raccontare la distruzione del Serapeo di Alessandria senza pronunciare il nome di Teofilo che, in quel periodo, passato dalla parte degli avversari di Origene78. Piuttosto che uneccezione, direi che questi capitoli corrispondono alla maniera solita di Rufino. Si faticherebbe alquanto a definire la maniera di Gelasio e sarebbe davvero sorprendente che il nipote di Cirillo non avesse parlato di pi di Gerusalemme79. Vi
RUFINO, Storia, 2, 8 (p. 1013, ll. 24 sgg.). Cfr. Historia monachorum, 29, 5, 5 (ed. Eva Schulz-Flgel, Berlin, 1990, p. 375) e Apol. c. Hieronymum, 2, 15 (ed. M. Simonetti, CC 20, p. 94, l. 15 - p. 95, l. 25). 74 RUFINO, Apol. c. Hieronymum, 2, 15 (CC 20, p. 94). 75 GIROLAMO, Commentarius in Osee, Prologus (ed. M. Adriaen, CC 76, p. 5, ll. 129137); Commentarius in Zachariam, Prologus (CC 76 A, p. 748, ll. 31-32). 76 GIROLAMO, C. Rufinum, 3, 28 (ed. P. Lardet, CC 79, p. 100, ll. 47-49). 77 RUFINO, Storia, 2, 21 (p. 1024, l. 25). 78 Ibid., 2, 22 (p. 1025, l. 12); 24 (p. 1030, ll. 16-17). Bisogna forse dedurre il suo nome dalla lista dei vescovi delle sedi apostoliche stilata in 2, 21 (p. 1024, ll. 24-25)? chiedere troppo al lettore! 79 Non si tratta di negare lesistenza di una qualche Storia di Gelasio, poich Fozio (Cod 89) lha avuta tra le mani. Non si tratta nemmeno di stabilire i limiti e la data. Si tratta di sapere se Rufino se ne sia servito e in quale misura o per quali argomenti. Per quanto riguarda gli anni 325-381 ci si pu soltanto sorprendere, se Rufino dipende dal racconto di Gelasio, che la presentazione dello storico latino tratti cos poco le sventure diciamo cos di Cirillo di Gerusalemme, quando questi era lo zio di Gelasio, su richiesta del quale, secondo quanto riporta Fozio, aveva intrapreso il seguito della Storia di Eusebio. Sarebbe come spingere un po troppo in l la modestia e la discrezione parlare di Cirillo solo per incriminare la sua ortodossia. Credo che questo mettere sotto accusa provenga invece, in Rufino, dalla notizia di Girolamo presente nella Cronaca (ad a. 348). LOriente non aveva risentito meno dellOccidente della volont unificatrice di Costanzo e le divisioni erano state molto pi numerose tra le diverse scuole e regioni.
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sono silenzi che si spiegano difficilmente, per lo meno se si pu sospettarne lesistenza. Ma non mi sembra sia cos. A differenza di Rufino.
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Nonostante il prudente silenzio che Rufino osserva sui dibattiti dottrinali nei quali si trova coinvolto nel periodo in cui compone il seguito della Storia Ecclesiastica di Eusebio80, non si pu prescindere dallinsieme della sua opera e dalle preoccupazioni che pu nutrire allora un membro della Chiesa di Aquileia, se si vuole comprendere questa Storia e scoprirne gli obiettivi. Certo, se ve ne fosse bisogno, la difesa di Nicea e quella di Atanasio di cui non ha tradotto nulla poteva fungere da garanzia della sua ortodossia trinitaria contro i sospetti seminati dagli avversari; ma probabilmente non questo lo scopo primo di Rufino che, come dice nella Prefazione, scrive ad Aquileia, su richiesta di Cromazio. Negli anni 370-380 questi era stato celebrato da Girolamo per essersi opposto al veleno ariano nella propria citt81. Bench non abbiamo informazioni precise sulla sua condotta nel 360, sappiamo che il vescovo Fortunaziano aveva contribuito alla resa di Liberio due anni prima82. Probabilmente aveva fatto parte dei firmatari di Rimini e aveva potuto o dovuto beneficiare delle misure comprensive dei Confessori ad Alessandria. Cos si comprenderebbe meglio il silenzio totale di Rufino riguardo alla sede di Aquileia che comunque non era priva dimportanza gi nel IV secolo e che rivendicava legami con i tempi apostolici e la sua ignoranza, probabilmente volontaria, circa le circostanze e le condizioni del ritorno di Liberio nella sua citt83.
Ma il pubblico di Aquileia per il quale scriveva Rufino non poteva trovare molto interesse n edificazione in queste discussioni, talvolta sottili e spesso superate. 80 Lo stesso vale per lExpositio symboli, che lungi dallesser separata dalle questioni dottrinali in cui si trova coinvolto Rufino. Su questo punto cfr. il mio art. Le Liber Hieronymi ad Gaudentium: Rufin dAquile, Gaudence de Brescia et Eusbe de Crmone, in RBn 97, 1987, pp. 163-186 e in particolare pp. 181-182. 81 GIROLAMO, Ep. 7, 6 (ed. J. Labourt, 1, p. 24, ll. 24-25). 82 GIROLAMO, De uiris illustribus, 97 (ed. A. Ceresa Gastaldo, Firenze, 1988, p. 202). 83 RUFINO, Storia, 1, 28 (p. 990, l. 26 - p. 991, l. 3).
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Il primo libro della Storia della Chiesa non soltanto il racconto degli scontri per la fede di Nicea o delle lotte di Atanasio tra il 325 e il 360. , a partire dal 350, il racconto del cedimento della Chiesa dOccidente mal informata dinanzi alle mosse e alle misure di forza di Costanzo, seguito da una lenta restaurazione, i cui artefici sono Eusebio e Ilario, e lostacolo Lucifero. Non soltanto questi provocher con la sua avventatezza lo scisma di Antiochia, ma soprattutto sar responsabile, con il suo rigorismo e con la sua ostinazione, delle divisioni che turberanno, ancor pi dellarianesimo, la vita religiosa dellOccidente durante almeno un quarto di secolo. Nel momento in cui Rufino scrive, le tensioni si sono quasi placate. Una nuova generazione di vescovi ha fatto dimenticare le capitolazioni dei predecessori. La discrezione di Rufino non deve occultare lampiezza del disastro e delle sue ripercussioni. Se lAltercatio Luciferiani et Orthodoxi di Girolamo piena di scusanti per i vescovi, lultra-niceno monaco di Betlemme talvolta pi severo nei confronti dei caduti in errore e lascia intuire ci che dovette essere il ritorno alla fede di Nicea subito dopo il concilio di Alessandria. Spero di aver evidenziato limportanza che questo ha avuto, ma soprattutto quella che ha assunto nella Storia di Rufino. Invece bisognerebbe sottolineare come, nonostante i soggiorni di Rufino in Oriente, gli avvenimenti degli anni 325-360, cos come quelli legati alle discussioni intorno al 365-380, sia a Costantinopoli, in Cappadocia, ad Antiochia, ad Alessandria o a Gerusalemme, occupino poco spazio e siano piuttosto vaghi per unopera che si vorrebbe fosse la traduzione della Storia, greca, di Gelasio di Cesarea. Ho mostrato che Rufino aveva in realt mutuato da Girolamo i quadri politici della sua Cronaca nonch alcuni dati, se non addirittura alcuni giudizi84. Si prenda la presente traccia come una nuova contestazione della tesi di Glas: la storia e lattuazione del concilio di Alessandria non hanno nessun equivalente presso gli storici orientali e, se si parla di Antiochia, perch Lucifero ha iniziato l lo scisma, i cui effetti si sono fatti sentire in Occidente per almeno quarantanni. Tuttavia non basta dire che lo spazio dedicato al concilio e alle sue conseguenze si spiega con il fatto che Rufino, un occidentale, scrive per gli occidentali. Gli storici greci che lo seguiranno e che lo useranno avrebbero potuto fornire lequivalente orientale, se lo avessero trovato nella Storia di Gelasio. Il loro silenzio eloquente a contrario. Soltanto Sabino secondo Socrate e non Gelasio si interessato al dopo Costantinopoli 36085. La lettera
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Y.-M. DUVAL, Sur quelques sources latines de lHistoire de lglise de Rufin dAquile, in Cassiodorus 3, 1997, pp. 131-151 e in particolare pp. 136-148. 85 Nemmeno Filostorgio qui di aiuto.
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a Gioviano scritta nel 365 da Melezio ha, tra gli altri, come cofirmatario Acacio86 di Cesarea, metropolita di Gerusalemme, nonch suo predecessore87. Gelasio avrebbe avuto tutto linteresse a insistere sulladozione da parte del gruppo della formula di Nicea, o almeno sullimportanza crescente assunta ormai da Melezio nella ventina danni che segu e che condusse al riconoscimento ufficiale di Cirillo di Gerusalemme. Di tutto questo neanche un cenno, nemmeno in Teodoreto, fervido difensore di Melezio. Non sar forse perch Gelasio, il vero Gelasio, non diceva nulla in tal senso? Yves-Marie DUVAL (2001)
Su Acacio, difensore della formula di Rimini-Costantinopoli homoios kata tas graphas, ignorato da Rufino: J.-M. LEROUX, Acace, vque de Csare, in Studia Patristica 8, Berlin, 1966, pp. 82-85; J.T. LIENHARD, Acacius of Caesarea: Contra Marcellum, in Cristianesimo nella Storia 10, 1989, pp. 1-21 e soprattutto pp. 1-7. 87 SOCRATE, Storia, 3, 25, 18 (p. 227, l. 3); SOZOMENO, Storia, 6, 4, 6 (p. 241, ll. 9-10).
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RIASSUNTO: Il concilio di Alessandria, che nel 362 fissa le basi disciplinari e dottrinali del ritorno alla fede di Nicea ufficialmente abbandonata due anni prima con ladozione del Simbolo di NiceaCostantinopoli, riveste nella Storia della Chiesa di Rufino unimportanza che non sar pi accordata dagli storici greci del V secolo. Questi tacciono in particolare laspetto disciplinare della riunione che si era mostrata clemente verso i vescovi che avevano accettato pi o meno ingenuamente la fede di Nicea-Costantinopoli. Rufino, che ha conosciuto la situazione della Chiesa negli anni 360-380, si sofferma sul concilio e sulla sua attuazione in Occidente da parte di Eusebio di Vercelli e di Ilario di Poitiers, per la buona ragione che questa incontr lintransigenza di Lucifero di Cagliari e di coloro che a lui si richiamavano. Latteggiamento di Lucifero presentato come la conseguenza del disconoscimento da parte di Eusebio della sua azione ad Antiochia nel 362, senza che Rufino si dilunghi sul seguito della storia della Chiesa di tale cittadina. La cornice di fondo, occidentale, non depone a favore di una traduzione da parte di Rufino di una Storia greca; in compenso invita a non dimenticare uno scisma che ha sconvolto la vita della Chiesa dOccidente e che ha ancora un piccolo numero di adepti mentre Rufino scrive.
ABSTRACT: The Council of Alexandria, which, in 362 AD, established the disciplinary and doctrinal foundation to restore the faith of Nicaea officially abandoned two years earlier with the adoption of the Nicena-Constantinopolitan Creed, is considered a key point in the History of the Church by Rufinus. The Greek historians of the fifth century did not pay much attention to it later on. In particular, they remain silent on the disciplinary aspects of this meetings which turned out to be flexible towards the bishops who had ingenuously accepted the Nicena-Constantinopolitan faith. Rufinus, who was well aware of the situation of the Church in the years 350-380, works closely on the council and its ruling in the West realised by Eusebius of Vercelli and Hilary of Poitiers, mainly because the later faced the unflexible Luciferius of Cagliari and his followers. Lucifers attitude is shown as the consequence of the denying by Eusebius of his action in Antioch in 362 AD; nevertheless, Rufinus is not commenting much on the history of Church in this city. The background, which has an Occidental touch, does not give a proof that Rufinus translated a Greek History; on the other hand, it is remainder of the schism which disturbed the life of the Occidental Church, producing a small number of believers still existing when Rufinus wrote.
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Per quanto concerne le funzioni del testo di partenza, lautore si rivolge a una cerchia di studiosi e di esperti nel campo della letteratura cristiana antica e della patrologia, cui intende dimostrare la validit di determinate argomentazioni. Il fruitore dei saggi risulta essere quindi uno specialista della materia, che non mancher di cogliere o di intuire gli innumerevoli rimandi e i frequenti sottintesi che caratterizzano le esposizioni del Duval. Cionondimeno il periodare del patrologo francese, improntato sulla chiarezza e sulla ridondanza e scevro da tecnicismi gratuiti, consente la comprensione globale del testo anche da parte di un pubblico profano.
2. APPROCCIO TRADUTTIVO
Nella traduzione saggistica si sommano spesse volte le difficolt terminologiche della traduzione settoriale (bench il livello di specializzazione sia solitamente inferiore) e le difficolt connotative della traduzione letteraria. I saggi del Duval non sfuggono a tale ambivalenza; ciononostante sarebbe esagerato parlare di vere e proprie difficolt terminologiche, giacch il grado di specializzazione lungi dallapparire elevato. Quanto alla componente stilistico-espressiva, essa ben presente nei saggi affrontati in questa sede; in sede di traduzione si cercato di rimanere fedeli allo stile e allespressivit del testo di partenza, laddove tale fedelt non inficiasse, beninteso, la scorrevolezza della lettura e la chiara comprensione del testo stesso. In definitiva si adottato un metodo traduttivo che consentisse di rispettare lesatto significato contestuale delloriginale (traduzione semantica), ma che non trascurasse di riprodurre nel migliore dei modi leffetto delloriginale (traduzione comunicativa; cfr. Newmark 1988: 79). In realt separare i due approcci traduttivi (semantico e comunicativo) sarebbe impensabile, giacch non esiste un unico metodo, comunicativo o semantico, per tradurre un testo, ma si tratta in effetti di due serie di metodi in larga misura sovrapposti (Newmark 1988: 82). In corso di traduzione sono state pertanto applicate diverse microstrategie traduttive; proprio su queste incentrato il presente commento, che esplora a vari livelli (morfosintattico, lessicale, stilistico e interpuntivo) le procedure adottate.
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3. ASPETTI MORFOSINTATTICI
3.1. STRUTTURA DEL PERIODO
I saggi di Yves-Marie Duval tradotti in questa sede presentano una sintassi piuttosto semplice e lineare. La paratassi, costruzione in cui le proposizioni sono indipendenti le une dalle altre e strutturalmente corrette (cfr. Marinucci 1996: 350), prevale sullipotassi, le frasi brevi e semplici su quelle lunghe e complesse. Lo stile paratattico dellautore non ha posto particolari problemi: in sede di traduzione si scelto di rispettare la struttura sintattica delloriginale, che poggia in larga misura sulla giustapposizione (o coordinazione per asindeto), vale a dire il semplice accostamento delle proposizioni divise da un segno interpuntivo che contribuisce a scandire il ritmo delle azioni. Si viene quindi a creare un ritmo spezzato, sincopato, veloce, come si evince dai seguenti esempi:
Aussi bien Ambroise que Pacatus insistent sur lirrsolution de Maxime au lendemain de ses deux dfaites: il va, il vient, ne sait o aller; finalement il senferme dans Aquile, avec ses Maures, mais en sort pour se rendre Thodose. Sia Ambrogio sia Pacato insistono sullirresolutezza di Massimo, dopo le sue due sconfitte: egli va e viene, senza sapere dove; alla fine si chiude ad Aquileia con i suoi Mauri, ma esce per arrendersi a Teodosio. (p. 47). Jrme semble tre parti seul. Les circonstances de ce dpart sont mal connues; son itinraire galement. Girolamo sembra essere partito da solo. Le circostanze della partenza sono poco note, come pure litinerario. (p. 85).
Si generalmente rimasti fedeli alla sintassi originale anche in presenza di frasi molto brevi:
Le rgne si bref de Julien tient une grande place dans le rcit de Rufin. Celui-ci se dcompose en deux parties trs nettes. Il breve regno di Giuliano occupa molto spazio nel racconto di Rufino. Si divide in due parti molto nette. (p. 237).
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On peut cependant dcouvrir deux sources de documentation crite. La premire est grecque. Elle concerne ce quon appelle, depuis Rufin, le Concile des Confesseurs. Tuttavia possibile scoprire due fonti di documentazione scritta. La prima greca. Riguarda quello che viene chiamato, da Rufino in poi, il Concilio dei Confessori. (p. 237).
Solo in qualche caso si optato per la fusione di periodi brevi, al fine di rendere pi scorrevole il testo di arrivo. La scelta altres dettata dal diverso grado di coesione che presenta il francese rispetto allitaliano; in francese appare infatti obbligatoria la ripresa anaforica (spesso mediante pronome personale soggetto) dopo il punto fermo, che crea non pochi problemi in italiano:
Plusieurs points me semblent ici dignes dtre relevs pour notre propos. La date tout dabord. Elle nest pas connue avec sret. Parecchi punti mi sembrano degni di essere presi in esame. Innanzitutto la data, che non nota con certezza. (p. 93). Celle-ci sera effectue par Jrme durant lhiver 398-399. Elle parviendra Rome ds le printemps 399. Questa sar realizzata da Girolamo durante linverno del 398-399 e arriver a Roma nella primavera del 399. (p. 146). Le premier texte appartient au Contre Apion de Flavius Josphe. Il a t lobjet, en grec, de nombreuses discussions lpoque moderne. Il primo testo appartiene al Contro Apione di Giuseppe Flavio, oggetto di numerose discussioni moderne, in greco. (p. 213). Ce que montre cette expdition de Julien, cest que la route de Constantinople vers la Gaule du Nord passe maintenant plus au Nord. Ce fait peut recevoir mainte attestation. La spedizione di Giuliano mostra che la via di Costantinopoli verso la Gallia settentrionale passa ora pi a nord, il che attestato pi volte. (p. 35).
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Le basiliche di Costantino non sono ancora terminate, la vera Croce appena stata scoperta, e in Occidente gi si vuole andare a visitare il posto in cui Cristo nato, il Golgota e il Sepolcro. (p. 83). Le moine et sa communaut avaient t excommunis et lvque de Jrusalem avait lui aussi! requis contre les turbulents une sentence dexil qui faillit bien tre excute. Il monaco e la sua comunit erano stati scomunicati e il vescovo di Gerusalemme aveva richiesto contro i turbolenti una sentenza desilio, che per poco non venne eseguita. (p. 182).
In generale appaiono numerosi i casi di paratassi per congiunzione coordinante, che non hanno comportato modifiche in sede di traduzione:
Il ne prtend aucunement dfendre les thses incrimines, mais il constate la valeur de lenseignement asctique qui les accompagne dans le milieu monastique, et il demande aux vques de ne pas abuser de leur autorit. Non intende in nessun modo difendere le tesi incriminate, ma constata il valore dellinsegnamento ascetico che le accompagna nellambiente monastico, e chiede ai vescovi di non abusare della loro autorit. (p. 180). Rufin savait faire quelques distinctions. Il est regrettable quil nait pas su en faire davantage. Mais il me semble que les Prfaces adrsses a Chromace et Hliodore lont arrt. Rufino sapeva operare alcune distinzioni. Dispiace che non abbia saputo farne altre. Ma mi sembra che le Prefazioni indirizzate a Cromazio e a Eliodoro labbiano fermato. (p. 219).
In qualche occasione abbiamo invece optato per leliminazione del nesso congiuntivo:
Cette grande ville va protger la cour jusqu la chute de Jean... et au moins quelques jours supplmentaires. Car, si Aspar ne continue pas immdiatement sa route vers Ravenne o devait dbarquer la flotte emmene de Salone par son pre, ce nest pas seulement parce quil doit savoir que cette flotte a fait naufrage [...]. Questa grande citt protegger la corte fino alla sconfitta di Giovanni, e per qualche giorno ancora. Se Aspar non continua subito il viaggio verso Ravenna, dove doveva sbarcare la flotta proveniente da Salona e condotta da suo padre, non solo perch sa che la flotta ha fatto naufragio [...]. (p. 70). Nul doute que cette affaire nait tenu beaucoup de place dans les propos de ceux qui revenaient dOrient et pouvaient tmoigner des progrs de lorthodoxie, partir au moins de 381. Car, auparavant, sous Valens, nous voyons Jrme aux prises avec les diffrents tendances, plus ou moins htrodoxes, du dsert de Chalcis.
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Non c dubbio che laffare non abbia occupato molto spazio nelle affermazioni di chi tornava dallOriente e poteva testimoniare i progressi dellortodossia, a partire dal 381 almeno. Prima, sotto Valente, vediamo Girolamo alle prese con le varie tendenze, pi o meno eterodosse, del deserto della Calcide. (p. 90). Je terminerai en posant une question dom Gribomont, et en regrettant quil nait pas t plus explicite et ne puisse plus nous rpondre. Concluder porgendo una domanda a Dom Gribomont, rammaricandomi che non sia stato pi esplicito e che non possa pi rispondere. (p. 186).
Ad ogni modo non mancano allinterno del testo proposizioni lunghe e sintatticamente complesse: la struttura paratattica dominante appare intervallata (invero piuttosto raramente) da costruzioni ipotattiche e da periodi di pi ampio respiro:
En ralit, il ne peut tre question de suivre mme ce que jappellerai lensemble du mouvement de reflux de lEmpire romain dont on peut dire quil a commenc Aquile, sous Marc-Aurle, lorsque les Marcomans et les Quades ont perc le front du Danube, sont venus jusquaux murs dAquile et, faute de pouvoir emporter la ville, sen sont alls dtruire Opitergium. In realt non si tratta nemmeno di seguire quello che chiamer il movimento di riflusso dellImpero romano, che ha avuto inizio, potremmo dire, ad Aquileia, sotto Marco Aurelio, quando i Marcomanni e i Quadi si aprirono un varco nel fronte del Danubio, giunsero fino alle mura di Aquileia e, non riuscendo a conquistare la citt, andarono a distruggere Opitergium. (p. 16). Si celui-ci occupe donc une place encombrante dans la vie de chaque jour, il nest plus tonnant que Postumien ou Sulpice aient t arrts par les propositions scandaleuses que lon attribuait Origne, sans quil y ait prter Sulpice le dsir de se disculper pour une parole de Martin qui devenait imprudente dans le climat de la querelle origniste. Se questi occupa dunque un posto ingombrante nella vita di tutti i giorni, non stupisce che Postumiano e Sulpicio siano stati arrestati a causa delle proposte scandalose attribuite a Origene, senza che venisse concessa a Sulpicio la facolt di discolparsi per una parola di Martino che diventava imprudente nel clima della controversia origeniana. (p. 179).
In qualche caso si deciso di scindere in pi parti il periodo, per una maggiore facilit di lettura:
Si je devais traiter de lensemble du sujet quannonce le titre ci-dessus, cest toute lhistoire militaire et politique dAquile quil me faudrait crire depuis la fondation de la ville, puisque cest pour faire pice aux Gaulois qui avaient franchi les Alpes et avaient commenc sinstaller au pied des Alpes Juliennes que la
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colonie fut dduite en 181 avant notre re et, de fait, ds ses premires annes, Aquile eut sopposer aux incursions des Gaulois. Se dovessi trattare largomento annunciato dal titolo nella sua interezza, sarei costretto a scrivere tutta la storia militare e politica di Aquileia a partire dalla fondazione della citt: infatti per opporsi ai Galli, che avevano varcato le Alpi e cominciato a insediarsi ai piedi delle Alpi Giulie, che la colonia fu dedotta nel 181 a.C. (di fatto, gi nei primi anni, Aquileia dovette far fronte alle incursioni dei Galli). (p. 16).
La lunghezza delle frasi spesso accresciuta dalla presenza di incisi, che racchiudono un commento o una riflessione da parte dellautore:
Rufin avait t prcd par le prtre Vincent; lanne suivante partent Eusbe de Crmone encore un Italien du Nord et Paulinien, le frre de Jrme, qui se rend Stridon et sjournera un moment Aquile dans les conditions que nous verrons tout lheure. Rufino era stato preceduto dal prete Vincenzo; lanno successivo partono Eusebio di Cremona nuovamente un italiano del nord e Paoliniano, fratello di Girolamo, che si reca a Stridone per soggiornare poi brevemente ad Aquileia, nelle condizioni che vedremo fra poco. (p. 96). A lappui de cette pure hypothse, jajouterai que louvrage date de 404 ce qui ne lloigne pas beaucoup de la ddicace de Brescia et que ce nest peut-tre pas un hasard si, en ces mmes annes Rufin ddie Chromace la traduction des Homlies sur Josu dOrigne. A sostegno di questa mera ipotesi aggiungerei che lopera datata 404 il che non lallontana molto dalla dedicazione di Brescia e che forse non un caso se, in quegli stessi anni, Rufino dedica a Cromazio la traduzione delle Omelie su Giosu di Origene. (p. 134).
Linciso, breve frase con funzione parentetica grammaticalmente indipendente, senza dubbio un elemento stilistico importante dellautore, che il traduttore non ha mancato di rispettare in corso di traduzione.
est largement exploite dans les rcits, ct des temps passs, pour donner laction une vitalit qui la rend plus actuelle, do son appelation de prsent historique ou de narration (Schena 1989: 29). In questo caso il presente va a sostituire il pass simple, determinando una pi viva evocazione del passato:
Le 28 fvrier 350, entre en charge Rome le Prfet de la ville nomm par Magnence quest Fabius Titianus. Il 28 febbraio 350 entra in carica, a Roma, il Prefetto della citt nominato da Magnenzio, Fabio Tiziano. (p. 23). En janvier 403, Nole, Paulin entrane son ami Nictas de Rmsiana dans les nouvelles constructions quil a entreprises en lhonneur de Flix. Nel gennaio del 403, a Nola, Paolino porta lamico Niceta di Remesiana nelle nuove costruzioni che ha intrapreso in onore di Felice. (p. 129).
Non mancano tuttavia casi in cui lautore preferisce utilizzare il pass simple, conferendo cos unaura di maggior letterariet al testo:
Ce fut un chec; tant et si bien que les troupes de Constance durent refluer [...]. Fu un insuccesso, tanto che le truppe di Costanzo dovettero ritirarsi [...]. (p. 26). La premire alerte srieuse eut lieu en 373. Il primo grave allarme si registr nel 373. (p. 35). Je veux parler de laide quil prta Thophile dAlexandrie dans la lutte de celuici contre Jean Chrysostome. Or, ce dernier reut, ds 405, lappui de Chromace. Il eut la consolation de voir venir vers lui un Gaudence de Brescia, quil avait connu lors dun prcdent voyage. Mi riferisco allaiuto che prest a Teofilo di Alessandria nella lotta contro Giovanni Crisostomo. Questultimo ricevette, a partire dal 405, lappoggio di Cromazio ed ebbe la consolazione di vedersi venire incontro Gaudenzio di Brescia, che aveva conosciuto durante un precedente viaggio. (p. 100).
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Lo sviluppo temporale del testo di partenza stato sempre rispettato, salvo nei casi di scelte contraddittorie da parte dellautore, come nel seguente esempio:
Rufin connat bien cette Chronique. Son Apologie la cite deux reprises. Lune dentre elles, o son propre nom apparaissait, concerne lanne 377, juste avant que Jrme nvoque linvasion de la Thrace par les Goths [...]. Rufino conosce bene questa Cronaca. Nella sua Apologia viene citata due volte. Una di queste, in cui appare il suo nome, riguarda lanno 377, subito prima che Girolamo rievochi linvasione della Tracia da parte dei Goti [...]. (p. 225).
Lautore ricorre poi in numerose occasioni al condizionale, modo delleventualit, allo scopo di introdurre le proprie supposizioni allinterno del testo:
Les choses auraient pu, de fait, mal tourner pour Julien si lexemple dAquile avait t suivi [...]. La situazione avrebbe potuto prendere una brutta piega per Giuliano, se si fosse seguito lesempio di Aquileia [...]. (p. 35). Cela expliquerait quAlaric ait pu se trouver sous les murs de Rome dans le courant dcembre, aprs une chevauche dau moins 900 km. en deux mois, avec armes et bagages... et colonnes de prisonniers! Ci spiegherebbe come mai Alarico si sia trovato sotto le mura di Roma durante il mese di dicembre, dopo una cavalcata di almeno 900 km in due mesi, con armi e bagagli, nonch con colonne di prigionieri. (p. 66).
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In francese il condizionale presente viene altres utilizzato con la funzione di futur dans le pass (cfr. Bidaud 1994: 180); in italiano dobbligo la resa mediante il condizionale passato:
Stilicon, toujours son ide de rcuprer lIllyricum oriental et dtendre son influence lensemble de lEmpire, chafauda un plan qui lui permettrait en outre de se dfaire de lusurpateur [...]. Stilicone, ostinato a voler recuperare lIllirico orientale ed estendere la sua influenza su tutto lImpero, architett un piano che gli avrebbe permesso anche di sbarazzarsi dellusurpatore[...]. (p. 63).
Nel testo di partenza possibile notare un uso piuttosto diffuso del futuro semplice, con il medesimo valore di futuro nel passato. Anche in italiano tale tempo verbale pu assolvere la stessa funzione:
Malgr les victoires remportes en 379 et 380, linscurit rgnera dsormais audel des montagnes. Nonostante le vittorie riportate nel 379 e nel 380, linsicurezza regner ormai sovrana oltre le montagne. (p. 38).
Ciononostante in qualche caso si preferito, in sede di traduzione, luso del condizionale passato:
Celui-ci avait d rentrer dAfrique Rome ds louverture de la navigation et, malgr les conseils de Symmaque qui connaissait dj les menaces qui pesaient sur lItalie du Nord, gagner Milano o il mourra peu aprs. Questi era rientrato dallAfrica a Roma non appena riaperti i porti e, nonostante i consigli di Simmaco, che era gi a conoscenza delle minacce incombenti sullItalia settentrionale, era arrivato a Milano, dove sarebbe morto di l a poco. (p. 38).
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Ce ne sont plus les lgions Romaines qui sont encercles, mais lempereur luimme, qui fuit tout tremblant nulle question de sa blessure! . Non sono pi le legioni romane a essere accerchiate, ma limperatore stesso, che fugge tutto tremante nessun cenno alla sua ferita! . (p. 226). Tout dabord, le jugement densemble sur Valentinien. Innanzitutto il giudizio dinsieme su Valentiniano. (p. 227). Mme vocation de la guerre contre les Sarmates [...], mme mort subite [...]; mme mention de ses successeurs. Stessa rievocazione della guerra contro i Sarmati [...]; stessa morte improvvisa [...]; stessa menzione dei successori. (p. 230). Oeuvres de Gaudence, de Jrme, dHilaire sans compter Athanase voil donc quelques ouvrages utiliss par Rufin. Opere di Gaudenzio, di Girolamo, di Ilario senza contare Atanasio , ecco alcune delle opere usate da Rufino. (p. 239). De tout cela, rien, mme chez Thodoret, fervent dfenseur de Mlce. Di tutto questo neanche un cenno, nemmeno in Teodoreto, fervido difensore di Melezio. (p. 259).
273
On ne stonnera pas quil utilise les reproches, faits par Pamphiles aux adversaires dOrigne, de condamner en bloc ses ouvrages, sans laisser chacun la possibilit den extraire ce qui est bon. Non vi da stupirsi che egli utilizzi i rimproveri indirizzati da Panfilo agli avversari di Origene, riguardo alla condanna in blocco delle sue opere, senza lasciare a ognuno la possibilit di trarre ci che c di buono. (p. 175). Postumianus, qui nen est pas sa premire visite Jrme, pouvait connatre ces vnements. Or, il nen souffle mot. Postumiano, che non visita Girolamo per la prima volta, probabilmente conosceva tali vicende. Eppure non apre bocca. (p. 182). Cest lintrieur de la premire partie de ce rgne que prend place le rcit du concile dAlexandrie. Celui-ci en occupe mme, avec ses prolongements, la partie essentielle [...]. allinterno della prima parte del regno che trova posto il racconto del concilio di Alessandria. Questo occupa addirittura, con le relative conseguenze, la parte principale [...]. (p. 245).
Per quanto concerne il pronome francese y, esso ha un valore locativo, che il pi delle volte appare del tutto superfluo in italiano (cfr. Barone 1997: 187). Laddove la localizzazione risultava ovvia, si optato per lomissione di tale pronome:
[...] ce nest pas la mort dEudoxe ( 25, l. 2), mais son dpart pour Constantinople en janvier 360 qui y rend possible le transfert litigieux de Mlce depuis Sbaste dArmnie. [...] non la morte di Eudosio ( 25, l. 2), bens la sua partenza per Costantinopoli nel gennaio 360 a rendere possibile il controverso trasferimento di Melezio da Sebaste dArmenia. (p. 246). Si lon y regarde bien, la perspective est en effet occidentale [...]. A ben vedere la prospettiva infatti occidentale [...]. (p. 248). Nous savons en tout cas quil est pass par Sirmium, sans y connatre grand succs. Ad ogni modo sappiamo che passato per Sirmio, dove non riscosse grande successo. (p. 253).
274
4. ASPETTI LESSICALI
4.1. TOPONIMI E ANTROPONIMI
I saggi che costituiscono loggetto del presente commento presentano una notevole ricchezza di toponimi e di antroponimi. A tale riguardo sono stati adottati due procedimenti traduttivi: la trascrizione, per i nomi di persone e di luoghi che non hanno un equivalente internazionale; la traduzione, per tutti quei nomi che possono vantare una traduzione accettata (cfr. Newmark 1988: 129), ovvero un equivalente riconosciuto nella lingua darrivo (in primis nomi di personaggi storici e biblici). Alcuni toponimi tradotti:
Alexandrie -> Alessandria Aquile -> Aquileia Bethlem -> Betlemme Cyrnaque -> Cirenaica Chalcis -> Calcide gypte -> Egitto Palestine -> Palestina
275
In un caso la traduzione attestata del nome proprio ha portato a invertire le parti del nome:
Flavius Josphe -> Giuseppe Flavio (storico ebreo del primo secolo d.C.)
Lo stesso criterio generale relativo allonomastica stato seguito per quel che concerne i titoli delle opere (cfr. infra, 7.3.2).
4.2. FORESTIERISMI
Nei saggi di Yves-Marie Duval si sono riscontrati numerosi forestierismi, in particolar modo dal latino, dallitaliano e dal greco: Latinismi:
a contrario a fortiori anathema capitula castra claustra comes (conte, antico titolo nobiliare latino) crimina doctrina expositio faseli (vascelli, variante di phaseli) foedus grosso modo liber / libri de fide
276
librarii magister peditum (comandante di cavalleria) martyrium (sorta di mausoleo) mutatis mutandis notarii paroechia schedae summus sacerdos traditiones tumultus
Italianismi:
bora fiasco imbroglio (reso con pasticcio)
Grecismi:
hypostasis (ipostasi) homoousios (omousia) ousia (sostanza)
Troviamo infine un prestito dal tedesco, Quellenforschung (ricerca delle fonti), nonch un prestito dallo spagnolo, pronunciamento (variante del pi frequente pronunciamiento, colpo di stato originato da una ribellione di militari Zingarelli 2004: 1418). In sede di traduzione si optato sempre per la trascrizione, in quanto trattasi di termini invalsi ormai nelluso della lingua di arrivo, o comunque glossati, in nota o tra parentesi, dallautore stesso. Il latino inoltre utilizzato con frequenza da Duval nel citare passi di autori antichi; anche in questo caso si deciso di trascrivere il testo latino originale.
4.3. TECNICISMI
Come gi detto, il grado di specializzazione allinterno dei saggi non particolarmente elevato, pertanto non ha posto grosse difficolt in sede di traduzione. La terminologia utilizzata appare legata principalmente alla sfera teologico-ecclesiastica. Tra i tecnicismi appartenenti a tale ambito vale la pena ricordare i seguenti esempi: apocatastase -> apocatastasi (ristabilimento di ogni cosa, alla fine dei tempi, secondo lordine voluto da Dio; dottrina di Origene secondo cui tutti i peccatori riceverebbero alla fine il perdono da Dio Demauro 2000: 143); 277
ddicace -> dedicazione (cerimonia con cui si consacra al culto un luogo sacro Demauro 2000: 663); invention -> invenzione (ritrovamento di una reliquia Demauro 2000: 1282); mtensomatose -> metensomatosi (passaggio da un corpo a un altro Zingarelli 2004: 1095); translation -> traslazione (trasferimento delle reliquie di un santo dal sepolcro a un luogo di venerazione Demauro 2000: 2779).
Da ultimo citiamo unoriginale quanto interessante unione di due locuzioni idiomatiche simili:
Pour se remplir la poche ou le ventre, ils partaient prcher [...]. Per riempirsi le tasche e la pancia andavano a predicare [...]. (p. 209).
278
5. ASPETTI STILISTICI
5.1. IL REGISTRO
Per quanto concerne il registro linguistico del testo preso in esame, Yves-Marie Duval utilizza un registro medio (cfr. Dardano & Trifone 1989: 47-48). I saggi tradotti risultano piuttosto accessibili: il lessico infatti semplice e di uso comune e non presenta vocaboli di difficile comprensione, allinfuori di qualche tecnicismo e forestierismo (cfr. supra, 4.2. e 4.3.). Non mancano tuttavia spinte di aulicit da parte dellautore, riscontrabili in termini alquanto ricercati (ricordiamo a titolo esemplificativo laggettivo parntique, parenetico, p. 211), ma che si palesano soprattutto in alcuni tours decisamente letterari, come si pu osservare negli esempi che seguono:
Ce fait peut recevoir mainte attestation. [...] il che attestato pi volte. (p. 35). Ainsi laisse-t-il ses lecteurs le soin de savoir que Denys et Rhodanius sont morts en exil [...]. Lascia cos ai lettori il compito di sapere che Dionigi e Rodanio sono morti in esilio [...]. (p. 246).
279
Rufin dveloppe ce point avec force rfrence lcriture. Rufino sviluppa questo punto con molti riferimenti alla Scrittura. (p. 249). Sans doute avait-il fait partie des signataires de Rimini et avait-il pu ou eu bnficier des mesures comprhensives des Confesseurs Alexandrie. Probabilmente aveva fatto parte dei firmatari di Rimini e aveva potuto o dovuto beneficiare delle misure comprensive dei Confessori ad Alessandria. (p. 257).
La patina arcaizzante di tali costrutti andata perduta nella traduzione italiana. Da ultimo, luso di alcuni tempi verbali contribuisce a rendere pi aulico il periodare dellautore: trattasi di tempi scarsamente utilizzati nella lingua comune e riservati ormai alla lingua letteraria (cfr. Riegel 2001: 328) quali il pass antrieur (trapassato remoto) e il subjonctif imparfait (congiuntivo imperfetto):
Pourtant, ds le Ve sicle, la prsentation de la vie dAthanase, et en particulier de la perscution quil a eu subir de la part des empereurs, a t mise en cause par lhistorien Socrate le Scolastique, aprs quil eut dcouvert, par une exploitation des oeuvres mmes dAthanase, que lvque dAlexandrie, contrairement ce que disait Rufin, avait t envoy une premire fois en exil par Constantin lui-mme. [...] les dfenseurs dAndrinople craignaient quil ne leur advnt ce qui tait arriv par le fait du Comte Actus [...]. Rufin dira quil la plusieurs fois rencontr ce moment, sans quil y et la moindre remarque.
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Talora pu apparire dislocata unintera proposizione subordinata, che viene posta davanti alla principale, al fine di essere enfatizzata:
Quil nen soit pas question dans lHistoire de lglise na rien dtonnant [...]. Il fatto che non se ne parli nella Storia della Chiesa non ha nulla di sorprendente [...]. (p. 256).
5.2.2. I PRESENTATIVI
Per mettere in rilievo un elemento linguistico lautore ricorre altres alluso dei presentativi voici, voil, cest e l:
Mais, peut-tre parce que cet Orient, ravag depuis des dcades, commence spuiser ses yeux, voici quAttila saisit les occasions dintervenir en Occident [...]. Ecco per, forse perch lOriente, devastato da decenni ormai, d segni di sfinimento, che Attila coglie loccasione per intervenire in Occidente [...]. (p. 72). Cest vers la Gaule quAttila sbranla par le chemin des hordes de 405 [...]. verso la Gallia che mosse Attila, sulla scia delle orde del 405 [...]. (p. 72). Cest dans ces dnonciations de Thophile que Sulpice a trouv la thse dune rdemption du diable [...]. in queste denunce di Teofilo che Sulpicio ha trovato la tesi della redenzione del diavolo [...]. (p. 177). On a l un nouvel exemple [...]. Ecco qui un nuovo esempio [...]. (p. 229).
281
[...] voil donc quelques ouvrages utiliss par Rufin. [...] ecco alcune delle opere usate da Rufino. (p. 239).
Tra le diverse strategie menzionate, quella pi utilizzata da Duval riguarda senza dubbio la costruzione cest... que/qui, resa in italiano attraverso limpiego della frase scissa (Berruto 1990: 68), una struttura costituita da due nuclei proposizionali, di cui uno introdotto dal verbo essere e laltro da un falso che relativo.
Unaltra peculiarit stilistica che caratterizza i saggi in esame il frequente ricorso a proposizioni interrogative. Sono infatti numerose le domande che introducono dubbi o considerazioni dellautore, volte a far riflettere il lettore e a catturare la sua attenzione su taluni aspetti. Anche questo tratto stilistico stato mantenuto in sede di traduzione: 282
Cette dclaration concerne-t-elle la prise initiale et le contrle actuel dmona et de ses abords? ou Honorius nous informe-t-il ici de la main-mise quexcercerait dj Alaric sur une partie de lItalie septentrionale atteinte par le Tarvisio? Il est difficile de se prononcer avec scurit. Tale dichiarazione riguarda forse la presa iniziale e il controllo attuale di Emona e dintorni? Oppure Onorio ci informa in merito al dominio esercitato da Alarico su una parte dellItalia settentrionale raggiunta attraverso Tarvisio? difficile pronunciarsi con certezza sulla questione. (p. 63). Que se serait-il pass si lvque dAquile tait intervenu? Les choses taient peut-tre alles trop loin? Che cosa sarebbe successo se fosse intervenuto il vescovo di Aquileia? La situazione si era forse spinta troppo oltre? (p. 74).
Parimenti, con lintento di porre laccento su determinati fatti o su singole parole, Duval fa largo uso di espedienti grafici quali il corsivo e le virgolette:
Faut-il dire que nous soyons ici devant une nouvelle invasion barbare? Ci troviamo di fronte a una nuova invasione barbarica? (p. 77). [...] Chromace a une formation occidentale, qui na t profondment modifie, si nous pouvons en juger par ses oeuvres, par les apports orientaux postrieurs, que ceux-ci soient loeuvre dAmbroise, de Jrme, ou de Rufin. [...] Cromazio gode di una formazione occidentale, che non stata profondamente modificata, a giudicare dalle sue opere, dai successivi contributi orientali, che si tratti dellopera di Ambrogio, di Girolamo o di Rufino. (p. 113). Que lon prenne lesquisse prsente pour une nouvelle contestation de la thse de Glas: lhistoire et lapplication du concile dAlexandrie na aucun pendant chez les historiens orientaux et, sil est question dAntioche, cest parce que Lucifer a commenc l le schisme dont les effets se sont fait sentir en Occident durant au moins quarante ans.
283
Si prenda la presente traccia come una nuova contestazione della tesi di Glas: la storia e lattuazione del concilio di Alessandria non hanno nessun equivalente presso gli storici orientali e, se si parla di Antiochia, perch Lucifero ha iniziato l lo scisma, i cui effetti si sono fatti sentire in Occidente per almeno quarantanni. (p. 258).
6. PUNTEGGIATURA
Anche linterpunzione stata investita dal processo traduttivo, poich anchessa obbedisce alla struttura linguistica cui appartiene e ogni lingua la impiega in modo diverso (cfr. Benelli 2001: 130).
6.2. VIRGOLA
La virgola stata omessa dopo i complementi circostanziali posti a inizio frase. In italiano tale uso della virgola infatti superfluo:
Antioche, Jrme retrouve vagre [...]. Ad Antiochia Girolamo ritrova Evagrio [...]. (p. 87).
284
En 374 et 375, le Moyen-Danube est plusieurs fois envahi [...]. Nel 374 e nel 375 il medio Danubio viene invaso ripetute volte [...]. (p. 91).
Spesso la virgola stata sostituita dalla congiunzione copulativa affermativa e per correlare gli ultimi due termini di una sequenza:
Cest dire que tout lment nouveau, par ses apports propres, par les rvisions quil entrane, par ses confirmations aussi, constitue un acquis prcieux, et en laisse esprer dautres. Ci significa che qualsiasi elemento nuovo, con il suo contributo particolare, con i riesami che comporta e anche con le sue conferme, costituisce una conquista preziosa, e ne lascia sperare altre. (p. 140).
In numerosi casi stata aggiunta una virgola prima del pronome che introduce una proposizione relativa:
Il faut peut-tre rserver le cas de lIn Ionam [...] mais le cas est assez net pour Habacuc dont le Cantique est utilis et comment deux reprises. Costituisce forse uneccezione il caso dellIn Ionam [...] ma il caso piuttosto chiaro per Abacuc, il cui Cantico viene usato e commentato due volte. (p. 112). Elles expliquent la raction de Rufin qui compose ce moment son Apologie Anastase. Ci spiega la reazione di Rufino, che compone in quel periodo lApologia ad Anastasio. (p. 147).
Talvolta in italiano si sentita la necessit di fare una pausa pi lunga nel discorso; la virgola del testo francese stata pertanto sostituita con un punto e virgola o con un doppio punto:
[...] Jrme prit soin de le faire parvenir lui-mme Rufin Aquile, par lintermdiaire dun marchand qui ne toucha terre que deux jours, le temps simplement de dcharger et recharger son navire. [...] Girolamo ha cura di farla arrivare personalmente ad Aquileia da Rufino, tramite un commerciante che tocc terra solo per due giorni: giusto il tempo di scaricare e ricaricare la nave. (p. 100).
285
Bench limpiego di tale segno sia pressoch identico nelle due lingue, in qualche caso si ritenuto opportuno sostituire il punto doppio con un punto e virgola:
286
Postumien rpond lui-mme la premire de ces questions: il dit avoir eu accs un autre dossier, constitu, cette fois, par les vques hostiles Origne. Lo stesso Postumiano risponde al primo interrogativo; dice di aver avuto accesso a un altro dossier, redatto dai vescovi ostili a Origene. (p. 176). Postumianus dclare quil tait trs troubl par lattitude de Jrme: aprs avoir pass pour suivre Origne, celui-ci tait maintenant parmi les premiers condamner mme tous ses crits. Postumiano dichiara di essere molto turbato dalla posizione di Girolamo; dopo esser stato preso per sostenitore di Origene, questi ora tra i primi a condannare tutti i suoi scritti. (p. 179).
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[...] lauteur de la collection confondait vraisemblablement lun et lautre! [...] lautore della collezione probabilmente confondeva luno con laltro. (p. 162). Cest beaucoup demander au lecteur! chiedere troppo al lettore! (p. 256).
6.8. VIRGOLETTE
Le virgolette sono generalmente utilizzate per segnalare e delimitare titoli e citazioni. Talvolta lautore ricorre a tale segno per dare evidenza a una o pi parole, per sottolinearne un particolare significato, per mettere in rilievo la stranezza (Dardano & Trifone 1985: 398):
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lintrieur cependant du sicle 350-452 que jai choisi pour illustrer ce rle de porte de lItalie qua jou Aquile, je ne me limiterai pas aux invasions barbares. Nel corso del secolo da me scelto (350-452) per illustrare il ruolo di porta dItalia rivestito da Aquileia, non mi limiter alle invasioni barbariche. (p. 16). Je ne suis pas loin de croire que ces vagues ont t de moins en moins fortes. Non sono lontano dal credere che le ondate siano state sempre meno violente. (p. 19).
7. PROCEDIMENTI TRADUTTIVI
7.1. TRASPOSIZIONE
La trasposizione quel procedimento traduttivo che consiste nel sostituire una parte del discorso o una categoria grammaticale con unaltra, senza modificare il senso del
289
messaggio (cfr. Vinay & Darbelnet 1977: 50). Questa operazione traduttiva obliqua, volta a conferire maggior naturalezza nella lingua darrivo, riguarda non soltanto tutte le parti del discorso (articolo, nome, pronome, verbo, aggettivo, avverbio, preposizione, congiunzione, interiezione), tutte le categorie grammaticali (predicato verbale, soggetto, complementi e cos via), ma interessa anche periodi e paragrafi interi con unificazioni e scissioni di enunciati e slittamenti di proposizioni (Podeur 1993: 35). In sede di traduzione ci si avvalsi della trasposizione in numerosi casi.
VERBO/NOME In qualche caso si ritenuto opportuno sostituire il verbo con il sostantivo, allo scopo di alleggerire periodi sintatticamente complessi:
La deuxime remarque est quil serait dangereux de se fixer sur cette querelle avec Rufin et de penser quelle puise lactivit de Jrme et ses rapports avec lArc de lAdriatique. In secondo luogo, sarebbe rischioso focalizzare la propria attenzione sulla controversia con Rufino, nella convinzione che occupi tutta lattivit di Girolamo e tutti i suoi rapporti con lArco Adriatico. (p. 102).
290
NOME/AGGETTIVO Si tratta di una trasposizione piuttosto frequente, giacch il francese si mostra alquanto sobrio nelluso dellaggettivo e non esita a sostituirlo con delle parti del discorso che non svolgono tradizionalmente un ruolo caratterizzante [...]. Questa reticenza riguardo allaggettivo si esprime nelluso preferenziale del nome [...] (Podeur 1993: 42):
[...] qui connaissait dj les menaces qui pesaient sur lItalie du Nord [...]. [...] che era gi a conoscenza delle minacce incombenti sullItalia settentrionale [...]. (p. 38).
NOME + AGGETTIVO > ALTERATO Questo tipo di trasposizione frequente, poich litaliano, a differenza del francese, ha la possibilit di modificare il lessema base attraverso i suffissi alterativi, evidenziandone particolari caratteristiche legate allidea di grandezza e piccolezza, nonch a valori soggettivi espressi dal parlante, quali tenerezza, benevolenza, disprezzo, giudizio positivo o negativo (cfr. Marinucci 1996: 429). Si veda a tale proposito il seguente esempio:
Il rpliqua Rufin dans une lettre mchante [...]. Rispose, infatti, a Rufino con una letteraccia [...]. (p. 100).
NOME/AVVERBIO E AVVERBIO/NOME Questo tipo di trasposizione appare legato da una parte alla tendenza francese alla nominalizzazione, dallaltra alla riluttanza della stessa lingua a creare ed usare gli avverbi in ment (Podeur 1993: 46):
[...] A. Glas a affirm que les deux livres de Rufin drivaient pour lessentiel dun modle grec [...]. [...] A. Glas ha affermato che i due libri di Rufino derivano essenzialmente da un modello greco [...]. (p. 221). [...] Jrme a prsent de faon elliptique le diffrend entre Damase et Ursinus.
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[...] Girolamo ha presentato ellitticamente la controversia tra Damaso e Ursino. (p. 228).
VERBO/VERBO + AVVERBIO In italiano frequente luso degli avverbi deittici, che hanno la funzione di precisare laspetto di un verbo, dare unindicazione concreta del movimento che accompagna il processo descritto o precisarne la collocazione spaziale; nel passaggio dal francese allitaliano il ricorso ai deittici indispensabile se si vuole ottenere uneffettiva ambientazione nella lingua darrivo (cfr. Podeur 1993: 48-50):
[...] avant de rapporter la falsification qui en avait t faite et qui clata lors de laudience de Milan. [...] prima di far riferimento alla falsificazione che era stata fatta e che venne fuori durante ludienza di Milano. (p. 158).
292
AGGETTIVO POSSESSIVO/ARTICOLO
[...] Chromace a perdu son frre Eusbe [...]. [...] Cromazio ha perso il fratello Eusebio [...]. (p. 96). [...] P. Meyvaert entame son tude des fragments [...]. [...] P. Meyvaert intraprende lo studio dei frammenti [...]. (p. 144).
AGGETTIVO DIMOSTRATIVO/ARTICOLO
On trouvera dans ces pages suivantes un appel au Credo dAquile [...]. Si trover nelle pagine seguenti un appello al Credo di Aquileia [...]. (p. 159). Cette opinion se fonde sur les lectures personnelles que Postumien assure avoir faites. Lopinione si basa sulle letture personali che Postumiano assicura di aver fatto. (p. 174).
DELLE
CATEGORIE
GRAMMATICALI
Talvolta si ritenuto opportuno operare un cambiamento di numero nelluso dei sostantivi, al fine di ottenere una resa pi idiomatica.
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PLURALE/SINGOLARE
Dans lintervalle, cependant, il avait eu loccasion de se fourvoyer dans une autre mauvaise querelle dont les chos ont d parvenir Aquile pendant plusieurs annes. Nel frattempo Girolamo aveva avuto modo di lasciarsi coinvolgere in unaltra brutta controversia, la cui eco si fatta sentire ad Aquileia per diversi anni. (p. 100).
SINGOLARE/PLURALE
[...] cest pour faire pice aux Gaulois qui avaient franchi les Alpes et avaient commenc sinstaller au pied des Alpes Juliennes que la colonie fut dduite en 181 avant notre re. [...] infatti per opporsi ai Galli, che avevano varcato le Alpi e cominciato a insediarsi ai piedi delle Alpi Giulie, che la colonia fu dedotta nel 181 a.C. (p. 16).
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[...] toutefois, comme Rufin le rappellera, ce nest pas lui, mais Jrme, qui a port Origne aux nues [...]. [...] tuttavia, come ricorder Rufino, non lui bens Girolamo ad aver osannato Origene [...]. (p. 161).
FORMA ATTIVA/FORMA PASSIVA Si tratta di una trasposizione piuttosto frequente nel passaggio dal francese allitaliano; bench la forma passiva sia usata in entrambe le lingue, si rileva una maggior propensione dellitaliano verso tale diatesi:
Il est, dautre part, au courant des vnements les plus rcents dAlexandrie par ceux qui sont envoys porter des secours ceux que lempereur Valens a exils dAlexandrie en 373-374. Daltra parte al corrente degli eventi pi recenti di Alessandria, grazie a coloro che sono stati inviati a portare soccorso a chi stato esiliato da Alessandria, per volont dellimperatore Valente, nel 373-374. (p. 89).
295
7.2. MODULAZIONE
Questo procedimento traduttivo, che riguarda le categorie di pensiero (Podeur 1993: 72-73), conduce a un cambiamento del punto di vista (cfr. Vinay & Darbelnet 1977: 51). Si tratta di interventi dettati dalla situazione, dal gnie della lingua:
Les choses auraient pu, de fait, mal tourner pour Julien si lexemple dAquile avait t suivi [...]. La situazione avrebbe potuto prendere una brutta piega per Giuliano, se si fosse seguito lesempio di Aquileia [...]. (p. 35). Mais Attila, dans la pleine force de lge, tait loin dtre battu [...]. Tuttavia Attila, ancora nel pieno delle forze, era lungi dallessere sconfitto [...]. (p. 73).
In corso di traduzione si passati spesso dalla forma negativa alla forma affermativa; tale operazione costituisce al tempo stesso una trasposizione e una modulazione, giacch implica uno slittamento del punto di vista (Podeur 1993: 33). Tale passaggio riguarda soprattutto la forma negativa apparente, vale a dire la costruzione francese NE + VERBO + QUE:
[...] Ambroise met en garde le jeune empereur contre les sentiments de lusurpateur qui nont de pacifiques que lapparence [...]. [...] Ambrogio mette in guardia il giovane imperatore dalle intenzioni dellusurpatore, che di pacifico hanno solo lapparenza [...]. (p. 44). Rufin ny invoquait que lautorit des Pres, des Maiores, jamais des Aptres [...]. Rufino invocava unicamente lautorit dei Patres e dei Maiores, mai degli Apostoli [...]. (p. 209).
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7.3. TRASCRIZIONE
La trascrizione consiste nel riportare integralmente un certo numero di parole in lingua originale (cfr. Podeur 1993: 147). Nei saggi in esame si ricorsi con particolare frequenza a tale procedimento.
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Cos facendo, sebbene non affermi esplicitamente che la Sapienza di Salomone, lEcclesiastico e i Libri dei Maccabei non esistono in ebraico, implicitamente rinuncia allautorit, per lui sacra, della Settanta, in cui trovano spazio. (p. 217). LExpositio Symboli nest certes pas dabord un ouvrage polmique [...]. LExpositio Symboli di certo non nasce come opera polemica [...]. (p. 202).
In numerosi altri casi si ritenuto opportuno attuare strategie di riduzione, s da eliminare i segmenti superflui e non conformi al livello di naturalezza (Newmark 1988: 25) della lingua di arrivo. In particolare nella traduzione sono stati omessi quasi completamente gli articoli partitivi e gli aggettivi possessivi ridondanti. Per quanto concerne larticolo partitivo, esso pone des problmes aux italophones parce quil est beaucoup moins utilis en italien qui, comme lancien franais, prfre souvent larticle zro (Bidaud 1994: 33-34). Nel testo di arrivo si dunque optato per la sostituzione di tale articolo o, ancor pi frequentemente, per la sua omissione:
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Il est venu Milan trois ans peine aprs la mort de lvque et il a t en contact avec des fidles dAmbroise, comme Gaudence, dj nomm, ou Chromace, lvque pour le troupeau de qui il compose cette Histoire. venuto a Milano dopo appena tre anni dalla morte del vescovo ed stato in contatto con i fedeli di Ambrogio, quali Gaudenzio, gi nominato, e Cromazio, il vescovo per il cui gregge compone questa Storia. (p. 229). Mais, au-del des symboles, il y a des ralits. Ma al di l dei simboli, vi sono dati di fatto. (p. 82). Je voudrais aborder des questions apparemment plus tangibles et cependant beaucoup moins faciles apprhender [...]. [...] vorrei affrontare questioni apparentemente pi tangibili, sebbene molto meno facili da comprendere [...]. (p. 120).
Anche per quanto riguarda gli aggettivi possessivi il francese si comporta diversamente rispetto al nostro idioma, collocandoli anche laddove in italiano possono essere omessi, ovvero quando la relazione con il possessore evidente e facilmente rilevabile dal contesto (cfr. Marinucci 1996: 130). Pertanto, in sede di traduzione, laddove non sussisteva ambiguit riguardo al possesso, tale aggettivo stato sostituito con larticolo determinativo (per gli esempi vedi supra, 7.1.1.). Inoltre, come gi ricordato ( 3.4.), nel passaggio dal testo francese a quello italiano le particelle pronominali en e y sono state omesse nei casi in cui risultavano superflue (per gli esempi si rimanda al paragrafo 3.4.). Anche laggettivo indefinito mme stato omesso laddove ritenuto ridondante:
Mais qui sont ceux qui accusent Jrme dtre lui-mme hrtique, et en quoi consisterait son hrsie? Ma chi sono coloro che accusano Girolamo di essere un eretico e in cosa consisterebbe la sua eresia? (p. 183). [...] cause du trouble jet par Jrme en Occident, mais aussi Jrusalem mme [...]. [...] a causa dello scompiglio creato da Girolamo in Occidente e anche a Gerusalemme [...]. (p. 188).
299
Lultimo caso di riduzione che affronteremo in questa sede riguarda la cosiddetta dittologia sinonimica, figura di parola che consiste nella congiunzione di due vocaboli simili nel significato e rispondente alla tecnica dellamplificazione che produce ridondanza (cfr. Mortara Garavelli 1988: 214). Tale accostamento di due termini, sovente legati da allitterazione, stato ridotto a un termine solo, in nome di una maggior scorrevolezza:
Je me contente de renvoyer ici aux bibliographies des ouvrages de Fl. Ghizzoni et Cl. Stancliffe cits la note suivante, qui fournissent cette liste impressionante et importante. Mi limiter a rimandare alla bibliografia delle opere di Fl. Ghizzoni e di Cl. Stancliffe, citate nella nota seguente, che forniscono un elenco considerevole. (p. 164).
300
BIBLIOGRAFIA
Bibliografia dellautore Per una bibliografia completa delle opere di Yves-Marie Duval (dal 1958 al 2003) si veda il volume curato da Benot Gain, Pierre Jay e Grard Nauroy, Chartae caritatis, tudes de patristique et dantiquit tardive en hommage Yves-Marie Duval, Paris, Institut dtudes Augustiniennes, 2004, pp. 7-17.
Testi di teoria della traduzione Arcaini E., Italiano e francese: unanalisi comparativa, Torino, Paravia scriptorium, 2000. Arcaini E., Modelli teorici per la traduzione, La traduzione. Saggi e documenti, 1, Direzione scientifica di E. Arcaini, Ministero per i Beni Culturali e Ambientali, Roma, Divisione Editoria, 1992, pp. 15-25. Ballard M., Le nom propre en traduction, Paris, Ophrys, 2001. Barone C., Viceversa, Firenze, Le Lettere, 1997. Benelli G., Tradurre verso litaliano, in Calabr G. (a cura di), Teoria, didattica e prassi della traduzione, Napoli, Liguori Editore, 2001, pp. 129-141. Ladmiral J.-R., Traduire: thormes pour la traduction, Paris, Payot, 1979. Newmark P., La traduzione: problemi e metodi, trad. it. di F. Frangini, Milano, Garzanti, 1988. Podeur J., La pratica della traduzione. Dal francese in italiano e dallitaliano in francese, Napoli, Liguori Editore, 1993. Podeur J., Nomi in azione. Il nome proprio nelle traduzioni dallitaliano al francese e dal francese allitaliano, Napoli, Liguori Editore, 1999. Raccanello M., La traduttologia in Francia, in Ulrych M. (a cura di), Tradurre: un approccio multidisciplinare, Torino, UTET, 1997, pp. 263-289. Rega L., La traduzione letteraria, Torino, UTET, 2001. Scarpa F., La traduzione specializzata, Milano, Hoepli, 2001. Vinay J.-P., Darbelnet J., Stylistique compare du franais et de langlais, Paris, Didier, 1977.
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RINGRAZIAMENTI
Desidero ringraziare innanzitutto il Prof. Graziano Benelli, relatore del presente elaborato, e la Prof.ssa Manuela Raccanello, correlatrice, per la loro grande disponibilit, seriet e cortesia. Ringrazio altres il Prof. Cuscito per la sua attenta opera di revisione. Non posso esimermi dallinviare un sentitissimo ringraziamento allintera Facolt: sono orgoglioso di aver frequentato per cinque anni la prestigiosa SSLMIT e di aver conosciuto professori altamente preparati ma soprattutto stimolanti, i quali mi hanno consentito di imparare unarte, e non semplicemente un mestiere. Ringrazio la mia famiglia (Renato, Franca, Federica, la nonna Anna), per avermi permesso di studiare e di arricchire le mie conoscenze, facendomi cos diventare un uomo. Ringrazio Stefania, la mia super-fidanzata, per essermi stata sempre accanto, anche quando davo il peggio di me. So che hai sempre fatto il tifo per il sottoscritto, non hai idea di quanto questo mi abbia aiutato a tener duro e a dare il massimo, giorno dopo giorno, per cinque lunghi anni. Grazie angelo mio, ti amo pi della mia stessa vita. Ringrazio Matteo, il mio migliore amico. Sei come un fratello per me, ci sei sempre stato e so che ci sarai sempre. Sei lamico a cui sono legato da pi tempo. Ti voglio bene fr! Ringrazio Petty, il mio carissimo Petty. Non ho mai avuto unintesa tale con nessun altro amico, per questo sei unico per me. La nostra amicizia preziosissima. Ti voglio un sacco bene amicone. Ringrazio Felix, una delle persone pi serie e determinate che io conosca, per questo tanto simile a me. Siamo sempre stati in sintonia, spero lo saremo ancora a lungo. Sappi che ti apprezzo e ti stimo. Ringrazio Lorenzo (detto Pio Pio), un ottimo amico, gentile e disponibile, una persona che senza dubbio meriterebbe di pi dalla vita. Spero che un giorno la fortuna ti arrida, amico mio; nel frattempo, tieni duro, e non diventare troppo cinico. Ringrazio il mitico Fabio: ti conosco da poco, ma sono molto legato a te. Non potr mai dimenticare i nostri allenamenti insieme in palestra (dai ancora una!!!)
e le nostre filosofiche chiacchierate sulla vita di coppia. Ti auguro ogni felicit, so che tu lavrai. Ringrazio Federico Grillo, una persona simpaticissima, solare e amichevole come poche. Ricorder sempre i nostri lunghissimi discorsi nella tua jeep e per telefono. Spero che il futuro ti riservi grosse sorprese, te le meriti. Ringrazio i miei compagni di corso, in particolar modo Ludo e Umbe. Ci siamo persi di vista, ma non posso dimenticare i migliori amici che ho avuto qui in facolt. Con voi ho condiviso sogni, speranze, lunghe ore sui libri, ma soprattutto una passione fortissima: lamore per le lingue. Spero davvero che il futuro non ci separi ulteriormente. Ringrazio Valentina Melita, per aver contribuito a realizzare un mio grande sogno. Ehi collega, mi raccomando, teniamoci in contatto! Ovunque tu sia. Ringrazio tutti quegli amici che in questi anni ho frequentato poco o comunque molto meno di quanto volessi, ahim, specie per motivi di studio (sono un secchione, lo so): i Gonani (in special modo Marco, il mio migliore amico ai tempi del liceo), Calogero, Orlando, Ricky, Carlo, Franco, Giovanni Da Col detto Il Filosofo, Gennaro, Gherardo, Christian... Ringrazio Cozzu, una gran persona, simpatica come poche. Per me sei sempre stato un campione, nello sport come nella vita. Ringrazio Denis e Zorky, gli amici dinfanzia di Petty. Abbiamo passato bei momenti insieme, ora siamo cambiati tutti quanti, ma ho un ricordo assai piacevole di voi. Ringrazio Andrea Potenza, il mio super compagno di banco del liceo. Nel bene e nel male mi hai insegnato tante cose; stato un piacere condividere con te gli anni pi divertenti della mia vita. Ringrazio Gabrio, il mio datore di lavoro, una persona davvero in gamba, simpatica e intraprendente. Ringrazio i miei carissimi amici sparsi per il mondo, in primis Santiago da Madrid e Pavlo da Leopoli: con voi ho passato lestate pi bella della mia vita (2004), ho ricordi bellissimi di voi e degli splendidi posti che ho visitato in vostra compagnia. Ringrazio i miei compagni di allenamento della Central Gym (in particolare Alex, Luciano e Matteo): insieme abbiamo sollevato tonnellate di ghisa, ma ancora non siamo stufi. Che la passione per il ferro ci accomuni sempre!
Infine vorrei dire grazie a me stesso, per non aver mollato mai. stata dura, ma non rimpiango le 14 ore di studio al giorno, le serate chiuso in casa a studiare (o, pi spesso, a tradurre) fino alle 3 di notte, quando tutti (tranne Stefania) erano fuori a divertirsi, le mattine in cui mi alzavo alle sette per arrivare puntuale alle 8 a lezione. Rifarei tutto altre mille volte, ne valsa la pena. Le soddisfazioni in questi anni sono state innumerevoli, spero non si concludano qui. In ogni caso il mio motto rimarr sempre lo stesso: NO PAIN, NO GAIN.