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ARE TALPALIBRI: GALLANT SUDAFRICA STRAND BIERMANN XII SECOLO VIAGGIO IN INDIA ANSALDO MANGANELLI GRASSO GIACOPINI
SUPPLEMENTO SETTIMANALE DE IL MANIFESTO SABATO 16 APRILE 2011 ANNO 14 N. 15
CANTA IL RAPPER LIBICO IBN THABIT, E AGGIUNGE DICONO CHE LA LIBIA NON COME TUNISIA E EGITTO. VERO. I MARTIRI SONO DI PI. LA DISOCCUPAZIONE PI ALTA. I POVERI SONO PI POVERI. ESCONO DALLA CLANDESTINIT I MUSICISTI SOPRAVVISSUTI ALLA CACCIA ISLAMISTA E I CINEASTI SEDIZIOSI: KHALED M, EL GENERAL, SHAM MCS, RAMY ESSAM, OURRAD RABAH, MASSIVE SCAR ERA, IBRAHIM EL BATOUT...
sporco Colonnello
AFRICA IN FIAMME
di Guido Mariani
va di contraddizioni anche pericolose, ma che esprime, meglio di tante analisi, quello che sta accadendo da un punto di vista genuino e non immediatamente omologabile. Ibn Thabit un artista clandestino, cresciuto in una dittatura ophi Ibn Thabit? Non ha un volto, pressiva che sta affrontando una tragica e chiss non c nessuna fotografia che lo ritragga. Ibn quanto sanguinosa parabola finale. Una delle Thabit ha un logo, un graffito dove si incrociano sue ultime canzoni, diffusa su internet, Libyan due pistole mitragliatrici, ha un sito web (ibnthaWarrior Song, rap di incoraggiamento ai resistenbit.net), un account Twitter, un canale su YouTuti. L Thabit incita i giovani libici a combattere be e soprattutto ha una voce. Ibn Thabit un rapcontro il dittatore. La scelta - ha scritto su un per libico che con le sue canzoni diffuse tramite post di Twitter - era tra Gheddafi che uccideva il web sta raccontando, quasi giorno per giorno, milioni di libici o gli stranieri che colpivano la la guerra civile in Libia e sta incitando i giovani sua potenza di fuoco. Una scelta difficile? Se non ad armarsi contro Muammar Gheddafi, quello avete vissuto sotto il regime di Gheddafi, dovete che lui chiama in un brano lo sporco Colonnelstare zitti. Qualsiasi cosa meglio di Gheddafi!. lo. Sono pochi i dati che concede alla sua biograKhaled M un altro rapper libico. Vive a Chifia. cago, ma suo padre Fathi il regime di Gheddafi Attacca Gheddafi con la sua musica dal 2008 lo conosceva bene; era un oppositore del regime - recita il suo profilo -. Non ha mai fatto parte di ed stato incarcerato, torturato e condannato a alcun gruppo politico. solo un cittadino libico morte prima di fuggire e rifugiarsi negli Stati Uniche d voce ai pensieri di tanti ragazzi. Deve riti. Ora Khaled M unisce il rap allattivismo politimanere anonimo per proteggersi e proteggere la co. Il suo sito internet Feb 17th (feb17.info) ricorsua famiglia e non vuole diffondere nessuna inda il giorno della collera da cui nata la rivolta formazione personale. contro il Colonnello ed diventato unimportanNelle sue canzoni esprime la rabbia e il desidete voce di propaganda per i giovani che vogliono rio di rivolta: Giuro su Allah, che ha creato me e sapere quanto sta accadendo in Libia. Penso voi e te Muammar/La tua fine, lo giuro, viciche lhip-hop - ha detto - sia un mezzo per inforna, canta nel brano El soaal (La domanda). Shamare la gente che normalmente non sarebbe al bab Lybya (Giovent Libia) dedicata ai giovani corrente di quello che accade. il motivo per libici, la ricetta musicale semplice, ma le parole cui un altro libico americano, Abdulla Darrat, sono di fuoco: Dicono che la Libia non come ha creato la compilation Khalas Mixtape vol. 1. la Tunisia e lEgitto/ vero. I martiri sono di pi Darrat guida unorganizzazione di esuli libici di quelli caduti in Tunisia e Egitto/La disoccupachiamata Khalas (Basta!, il sito web enoughzione pi alta che in Tunisia e Egitto/ I poveri gaddafi.com) nata in occasione del discorso tesono di pi che in Tunisia e Egitto () Questo nuto da Gheddafi alle Nazioni Unite nel 2009. Alil nostro paese, questo il nostro tempo/lasciate lesplodere delle manifestazioni in Nord Africa e che guardino la nostra rabbia/Ho un messaggio in medio Oriente ha notato come un filo condutper voi, questa la possibilit che sognavamo/ tore delle proteste fosse proprio la musica rap e per vivere stando in piedi e non sulle nostre gicome questo genere fosse la colonna sonora, ma nocchia. Le sommosse che stanno scuotendo il anche la cronistoria, di quello che stava accadenmondo arabo hanno come riferimento un mondo. La raccolta, che possibile scaricare dal web, do musicale ricchissimo e variegato che lo mostra come la tradizione poetica nordafricana specchio di una situazione complessa e non prisia confluita in una forma musicale espressiva moderna. Non a caso il disco si apre con un protagonista assoluto della rivolta tunisina che ha dato il benservito al presidente Ben Ali dopo ventitr anni di governo. Si chiama Hamada Ben Amor, il suo nome da rapper El General ed nato un anno dopo linizio del potere del presidentissimo e, anche anagraficamente, lemblema di una generazione che non ha mai potuto assistere a unalternanza nel potere politico. finito nellocchio del ciclone per due canzoni: Tounes Bladna (La Tunisia il nostro paese con la politica o con il sangue/la Tunisia il nostro paese e i suoi uomini non si arrendono mai/la Tunisia il nostro paese, mano nella mano, tutta la gente/la Tunisia il nostro paese, oggi non abbiamo ancora trovato pace ) e Rais Lebled (Signor presidente viviamo come cani () il tuo popolo sta morendo () c gente che mangia dalla spazzatura/parlo senza paura anche se so che andr incontro a guai). Questultimo brano gli costato un arresto nei primi giorni dellanno. Ma la canzone diventata immediatamente un inno dei giovani scesi nelle piazze e la prigionia del rapper stata uno degli ultimi atti del regime di Ben Ali che finito il 14 gennaio quando il leader ha scelto la strada dellesilio. El General stato additato dai media mondiali come il simbolo dei ragazzi occidentalizzati che nutrono le rivolte del mondo arabo. Non esattamente cos, in realt nelle sue canzoni vive pure il lato oscuro di queste sommosse: lestremismo religioso. Nel brano Allah Akbar critica un mondo in cui gli ebrei regnano da est a ovest e gli arabi sono gli schiavi e in alcuni passaggi rivivono gli slogan delle frange islamiche pi oltranziste: Sono pronto ad attraversare il confine e a sacrificare il mio sangue ()/Oggi dichiaro guerra contro chi rifiuta lIslam e chi ci ha insultato e umiliato/ La bandiera dellIslam verr sempre per prima. Il connubio tra Islam e rap non deve sorprendere, anzi fa parte del dna della musica hip-hop. Negli anni 80 i rapper Usa di quella che oggi chiamata old-school erano vicini alla
religione musulmana, avevano come elemento identitario lorgoglio per le proprie origini e si ispiravano al messaggio di Malcolm X, profeta dellIslam statunitense. Uno dei brani fondamentali nella storia del rap Bring the noise dei Public Enemy esaltava la figura di Louis Farrakhan discusso leader del movimento Nation of Islam. Tra i membri del gruppo cera Professor Griff che fu allontanato dalla formazione dopo una serie di dichiarazioni estremiste e apertamente antisemite. Molti altri rapper si sono avvicinati nel tempo allislamismo, tra i pi noti Ice Cube, Q-tip, Nas, e Rza. facile quindi capire perch lhiphop, forse meglio di altri generi, sia riuscito a fare breccia in giovani che contestano lo status-quo, ma non i fondamenti della loro cultura religiosa. Uno dei pionieri del rap nordafricano si chiama Ourrad Rabah, algerino, stato alla guida della formazione Le Micro Brise Le Silence (Mbs) che ha iniziato la propria attivit ad Algeri negli anni 90 proprio nel cuore di una sanguinosissima guerra civile in cui i musicisti erano tra i bersagli. Nel corso di un conflitto spietato tra esercito e terroristi islamici, il genere musicale locale di maggior popolarit, il ra, venne di fatto messo a tacere da una serie di omicidi eccellenti. Cantanti di rilevanza nazionale come Cheb Aziz, Cheb Hasni, Lila Amara, Lounes Matoub e il produttore Rachid furono tutti uccisi da fazioni estremiste lasciando agli artisti superstiti solo la scelta di emigrare in Francia, come fece lesponente universalmente pi famoso del genere, Cheb Khaled. Il rap divenne cos uno dei pochi linguaggi rimasti ai giovani, per gli Mbs lispirazione e il coraggio vennero dai versi di unaltra vittima del terrorismo, lo scrittore Tahar Djaout che poco prima di morire aveva scritto: Il silenzio morte/e se parli muori/ma se stai zitto muori/cos parla e muori. Rabah conosce quindi bene il connubio tra politica e musica tanto che nel 1999 improvvis perfino una finta campagna presidenziale per lanciare il suo album Rabah Prsident. Il settantacinque per cento della popolazione dellAlgeria - ha dichiarato in occasione degli avvenimenti di queste settimane - composto da giovani. Con cos tanti ragazzi dovrebbe essere possibile costruire un paese meraviglioso. Ma non sta accadendo. Al contrario. I giovani lavorano tantissimo, ma lottano per sopravvivere. Ci sono laureati che sopravvivono facendo i camerieri. La differenza tra la nostra generazione di rapper e quella di oggi che noi venivamo da famiglie benestanti, i rapper di oggi invece parlano il linguaggio duro della strada, ma non etichetterei per questo le loro canzoni come megafono dellintegralismo e del terrorismo. La paura dellintegralismo forse una delle ragioni per cui il presidente egiziano Hosni Mubarak ha potuto contare per tanti anni sullappoggio occidentale e consolidare un regime autocratico che si concluso lo scorso 11 febbraio dopo giorni di dimostrazioni, rivolte e scontri. Lanima della protesta egiziana stata (e continua ad essere) piazza Tahrir al Cairo. La giovane comunit artistica era in prima linea e ha pagato un prezzo molto alto. Il musicista Ahmed Basiony
Qui accanto i tre Arabian Knightz. Sopra, a sinistra, Ramy Essam mostra i segni della tortura. Sotto unimmagine da piazza Tahrir, la copertina di Khalas Mixtape vol. 1, il logo di Ibn Thabit e un dimostrante egiziano. A destra un sito anti Gheddafi e dallalto in basso: un lenzuolo ricorda Ahmed Basiony, Ourrad Rabah, Khaled M, El General e gli Sham Mcs
stato ucciso in uno dei primi giorni delle proteste, Ziad Bakir artista figurativo che lavorava per la Cairo Opera House scomparso improvvisamente dopo una dimostrazione e il suo cadavere stato trovato con ferite darma da fuoco. Nei concitati giorni della rabbia contro il regime la musica ha tenuto compagnia, ha scaldato i cuori, ha scandito slogan e ha dato sfogo a ideali e aspirazioni. Un corrispondente della Bbc ha raccontato come un anziano interprete di canzoni di protesta si sia esibito accanto a giovani rapper improvvisando un duetto tra generazioni unite da ununica lotta. LEgitto ha una scena musicale molto composita. Se il genere pi popolare un pop innocuo chiamato al jeel imbevuto di sonorit folk arabe, al di sotto si muove una scena alternativa che pu contare su artisti davanguardia (uno di questi era proprio Ahmed Basiony), rapper, rock band, e persino una discreta frangia metal che sopravvissuta nonostante una fatwa del mufti Nasr Farid Wassel e una severa censura di regime motivata da accuse di satanismo. Questo sottobosco emerso in occasione della protesta di massa. Cos una delle maggiori pop star locali Amr Diab, una sorta di Eros Ramazzotti egiziano, vista la sua vicinanza e amicizia con Mubarak ha preferito trasferirsi, o meglio fuggire, in Inghilterra, mentre nella piazza e sul web si sono moltiplicati canti e inni di protesta. La canzone Sout Al Horeya (Voce della libert) di Hany Adel diventata una delle instant-song pi popolari dedicate alla rivolta del Cairo. Ramy Essam, un giovane studente di ingegneria, ha scandito con la sua chitarra gli slogan contro Mubarak, le sue esibizioni sono diventate subito un fenomeno su YouTube ed stato definito il Bob Dylan della rivoluzione. Il rapper Ramy Donjewan nel brano Zed-ul Hokumah ha usato toni molto duri e messo in rima gli umori della
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AFRICA IN FIAMME/2
di Vincenzo Mattei
IL CAIRO
el settembre 1985 Ibrahim El Batout usc dalla facolt di fisica dell'universit americana del Cairo. Sicuramente non si sarebbe aspettato di entrare a lavorare quasi immediatamente nel mondo della comunicazione, della tv e del cinema. innegabile che doveva avere una certa predisposizione nel Dna per la cinematografia, pi una sensibilit fuori dal comune per poter spiegare tutta la mole di lavoro che ha prodotto in seguito. Nella prima parte della sua carriera stato corrispondente in Bosnia, Kosovo, Etiopia, Guatemala e Iraq, girando documentari per emittenti tv europee. Negli ultimi anni ha girato film a sfondo sociale che descrivono un Egitto dimenticato dalle banali rappresentazioni ufficiali. Ci che contraddistingue i film di El Batout sono le inquadrature che ricordano il neorealismo italiano, abbinato a un tocco noir che ricorda un certo tipo di cinema francese. L'accostamento al periodo d'oro del cinema italiano non forzato, poich l'uso della gente di strada gli permette di cogliere le sfumature e la tipica mimica degli egiziani. Non un cinema prefabbricato quello di El Batout, o soggetto alla propaganda di regime, come certo neorealismo nasseriano panarabo anni 50 e 60. Sotterraneamente il suo un cinema di denuncia, malinconico e drammatico che ha la capacit di smuovere alcune parti dell'animo umano, a prescindere dall'estradizione sociale di ognuno. Si scoprono tratti autobiografici dello stesso regista nel primo film Ithaki, caratterizzato da un racconto amaro, forse voglioso di inglobare troppi concetti e sfaccettature dell'Egitto contemporaneo. Essendo la prima opera un difetto che gli si pu concedere. Si ritrova un Ibrahim El Batout pi maturo in Ein Shams (L'occhio del sole), in cui unisce l'esperienza acquisita durante gli anni di lavoro nei documentari (nello specifico quelli in Iraq) e la profonda conoscenza della realt egiziana: le manipolazioni elettorali e la corruzione dei candidati, l'inquinamento delle falde acquifere metropolitane, l'uso sconsiderato di antibiotici per l'allevamento industriale del pollame la mancanza di regole in ogni aspetto della vita di tutti i giorni. Tutto condito con la storia struggente di Shams, una bambina di 11 anni i cui genitori scoprono essere malata di leucemia. Shams ha un unico desiderio: poter vedere il centro del Cairo, ben rappresentato nei film commerciali della tv di cui la bambina affascinata: palazzi che ostentano una ricchezza di facciata, gli stessi costruiti dai colonialisti europei all'inizio del secolo scorso su un pezzo di deserto che nei decenni divenuto il centro della citt. Il film scivola sul contrasto tra una periferia lontana e un centro storico a sua volta fatiscente (come Ibrahim con arguzia riesce a svelare), che solo l'immaginario di una bambina pu far tornare agli antichi splendori del secolo passato, e sul coraggio rassegnato di un padre che carica la bambina sul suo taxi per il primo (e anche l'ultimo) viaggio tra le strade surrealisticamente deserte del centro della capitale. Il film una poe-
sia triste che catapulta nella realt romantica e spietata del Cairo. In Hawi (2010), ambientato ad Alessandria, El Batout sapientemente descrive attraverso la sua poesia filmica i traumi della societ egiziana. L'accentuazione dei colori nel film fa sembrare le scene come fossero delle mostre di arte contemporanea, come sospese, in una fissit ricercata. L'intreccio della trama una denuncia palese della corruzione imperante nell'apparato di polizia egiziano e della sua spietatezza nell'eliminare figure scomode, un'anticipazione di quello che la rivoluzione avrebbe scoperchiato e mostrato. Ibrahim El Batout ha lavorato molti anni nelle emittenti televisive internazionali, iniziando come tecnico del suono, per divenire negli anni cameraman, editore e regista. Ha lavorato per l'inglese Tv-am, per la tedesca Zdf, la giapponese Tsb e la francese Arte. I suoi documentari hanno vinto diversi premi: l'Honorary Tsb (Giappone 1991), l'Axel Spring Award (Germania 1994 e 2000), l'Echo International Award (Eu 1996), Rory Peck (Inghilterra 2003), l'International Carthage (Tunisia 2008), il Golden Hawk (Rotterdam 2008) e il Golden Bull (Taormina 2008). Alla domanda Quali sono stati i film che pi hanno influenzato il tuo lavoro? E quali registi? Ibrahim prende del tempo prima di rispondere, come se dovesse pesare bene le parole da usare: Fare film un'esperienza personale e in quanto tale preferisco non essere influenzato, ma se vogliamo elencare gli autori che prediligo e che forse hanno colpito maggiormente il mio immaginario filmico ce ne sono diversi: il polacco Krzysztof Kieslowoski, il messicano Alejandro Inarritu, il tedesco Wim Werders, il bosniaco Emir Kusturica, gli egiziani Yussef Chahine, Shadi Abdel Salem e altri ancora. Nella presentazione clandestina di Ein Shams al Cairo, nel 2008, lo stesso anno che ha vinto il festival di Taormina, hai sottolineato che lavori senza sceneggiatura, come mai? C'era un aspetto molto importante che ha segnato questa scelta: la mancanza di soldi. Per esiste un'implicita verit: non mi piace fare un film ponderando le scelte su un budget; l'importante avere una telecamera, il personale, i luoghi giusti e l'editing. In un certo senso, ci non mi permette di avere controllo dei film nel senso classico. Nel cinema normale, bisogna controllare tutti i particolari: la minima battuta, l'inquadratura, l'intensit della luce ... per me l'unico modo per fare film era, ed , non avere controllo, giocando con questa incertezza. Un'incertezza ricercata? Indubbiamente. Per me fondamentale avere e ottenere che il film abbia un emotianal flow, anche se questo tipo di sentimento emozionale non cinematograficamente corretto; la correttezza non lo scopo che mi prefiggo di raggiungere. Non importante che la recitazione aderisca a un testo, ma che lo spettatore senta qualcosa nel momento che assiste ad una scena, senza che debba essere volutamente ricercata. Molti esperti direbbero che nei miei film ci sono imperfezioni filmiche, ma non mia intenzione seguire categoricamente le regole del cinema. Quindi meno sceneggiatura e pi montaggio? Certo, ha un ruolo assolutamente predominante che, insieme all'editing del suono, fa il resto del film. Scrivo per sommi capi la storia che la pellicola dovr seguire, poi si fanno riunioni con gli altri assistenti che mi aiutano durante le riprese, con gli attori e le comparse. Una volta girato tutto il materiale di cui ho bisogno, si va in studio e si lavora al montaggio. La scelta della musica (il lavoro della Massar Egbary Band nel caso
Hawi) fondamentale, come lo istruire al meglio i singoli attori su quel che voglio, ma questo accade sul set, dove gli attori scoprono la loro parte di volta in volta. Questo mi d la possibilit di essere pi libero. I tuoi film sono a forte impatto sociale: l'alcolismo, il trauma del reduce di guerra, l'infibulazione della donna, malattie da inquinamento, radiazioni postbelliche questioni che molta gente vorrebbe volentieri nascondere. Quali sono gli obiettivi che ti prefissi? Le esperienze nei documentari ti hanno influenzato? Certamente, ma tutti gli argomenti analizzati nei film sono sensazioni molto personali. Tutto quello che rappresento qualcosa che sento veramente e che ho conosciuto con mano, come il bombardamento dell'Iraq nella prima guerra del golfo con missili all'uranio impoverito.
Esattamente, come accadeva e accade in ex-Jugoslavia, in Iraq, in Palestina in Libia. Come mai questo tema ricorrente della guerra e delle ingiustizie? Ci sono molte ragioni, due soprattutto. La mia precedente esperienza nel mondo dei documentari di guerra, mi ha fatto riflettere sulla brutalit e l'insensatezza di uccidere un'altra persona; quando si spettatori dal vivo di questa realt, tutta un'altra cosa, ti cambia dentro. Inoltre nella guerra in Iraq del 1991, rimasi scioccato nel vedere soldati egiziani che catturavano quelli iracheni mentre molti di questi scappavano e si ritiravano impotenti sotto le bombe dei caccia americani. (beve un sorso di t come a scacciare delle immagini ricorrenti che nessuna tisana potr cancellare). E la seconda? La seconda legata al '98. C'era una grande rivolta nel quartiere dell'Abbassia del Cairo, andai per filmare. La polizia reag brutalmente sparando sui manifestanti. Rimasi ferito al braccio e mi portarono immediatamente all'ospedale. Mentre i medici mi curavano alcuni ufficiali sequestrarono la pallottola estratta e la fecero sparire. Nessuna prova che potesse incriminarli, solo una cicatrice sul braccio di un reporter che, davanti al tribunale, poteva essersela procurata in chiss quale modo. Il 19 marzo si tenuto il referendum in Egitto per gli emendamenti alla costituzione, eri per il s alle modifiche? Quel giorno stato molto importante per gli egiziani, a prescindere dal mio voto. Per la prima volta da secoli potevano esprimere la loro opinione, la voce delle persone contava. C' stata una grande partecipazione, questo conta. Negli ultimi 60 anni la popolazione ha subito il lavaggio del cervello: doveva solo seguire e assecondare i dettami del regime, accendere la tv e sentire che il paese prosperava, che tutto andava bene, mentre invece tutto andava a rotoli. Il 19 marzo stato solo l'inizio, ci vorranno mesi, anni, prima che gli egiziani si abituino alla realt democratica, ma l'importante che finalmente si sentono soggetti nella loro terra. Non sei un uomo politico, ma Come hai visto e vedi la rivoluzione? Te l'aspettavi o stata una sorpresa? Non mi aspettavo niente di tali dimensioni. Il 25 gennaio ero a casa, pensavo che non poteva avere successo una dimostrazione organizzata su Facebook. Il 26 ho incominciato a dubitare del mio scetticismo; cos sono andato a Tahrir, ma la piazza era vuota. Sono tornato il 27, e lo era ancora. La sera c'era una dimostrazione di fronte la sede del sindacato dei lavoratori, e l, davanti alla porta d'entrata, c'erano persone che inneggiavano slogan per le libert democratiche e contro il regime. Mi sono unito a loro, e per la prima volta ho potuto alzare la mia voce, gridavo: Dimettiti dimettiti Mubarak! e I giovani vogliono il crollo del regime. Quando ho iniziato a cantare quegli slogan, ho sentito che in me qualcosa stava cambiando: nei miei film dovevo sempre usare metafore per aggirare la censura, altrimenti la polizia mi avrebbe potuto sbattere in prigione, invece in quel momento, per la prima volta potevo gridare apertaCome nella guerra?
mente a gran voce tutto quello che volevo stato un considerevole cambiamento per me. Il 28 sono andato con la mia Ramzi al ponte Qasr el Nil, ma era pieno di lacrimogeni e ci siamo diretti verso l'altro ponte del 15 Maggio. Il giorno seguente l'esercito era entrato in piazza; quella mattina dovevo andare in Olanda perch Hawi veniva presentato al festival di Rotterdam. Sulla strada per l'aeroporto passando per il centro ho visto i carri armati e ho pensato che era finita, avremo avuto un coprifuoco per un lungo periodo e la rivoluzione sarebbe morta. Sono partito con una certa preoccupazione. Arrivato nei Paesi Bassi ho scoperto che ancora una volta mi sbagliavo. Cercavo di reperire informazioni di quello che stava succedendo in Egitto attraverso l'emittenti televisive; con la troupe volevamo tornare, ma non sapevamo come, non c'erano aerei, la situazione non era chiara e c'era molta incertezza. Ho avuto lo stesso problema: sono tornato al Cairo quando tutti gli stranieri venivano rimpatriati. Avevo paura che mi avrebbero rispedito a Roma... Per noi la paura era il carcere! Alla fine siamo riusciti a tornare. Il 9 febbraio sono andato subito a Tahrir, e anche il giorno dopo. Ero emozionatissimo. Il 10 ho deciso di girare un film sulla rivoluzione. Ho pensato che moralmente non era giusto girare ancora nel mezzo della rivolta, ma mi sono detto di infischiarmene del falso moralismo. Cos ho incominciato il 10 e l'11 il film che sto attualmente girando.
Hawi colpisce per l'intensit dei colori - si ha l'impressione di partecipare a una grande mostra di pittura post moderna - hanno un significato particolare? E perch hai scelto Alessandria come set? Esiste un filo conduttore che unisce i paesi che si affacciano sul Mediterraneo? Con Hawi volevo creare un colore fotografico, un broken moment che si contrapponeva ai personaggi, il contrasto dei colori era anche il contrasto della realt. Nel film sono i silenzi che parlano, che raccontano storie e la verit di un Egitto che speriamo faccia parte del passato, anche se ci vorranno anni prima che le cose cambino veramente. I silenzi sono un dramma che raggiunge il culmine quando l'anziano baffuto deve dire all'adolescente cieca che suo padre morto, saranno le lacrime di lei a dire tutto, nell'impossibilit dell'uomo maturo incapace di comunicare dall'alto della sua esperienza, come intrappolato nel suo tempo. Il vuoto lasciato dalle parole sono una rottura completa contrapposta ai colori che riempiono l'immagine. Perch Alessandria? Perch simboleggiava l'aria cosmopolita e intellettuale che si respirava in Egitto all'inizio del secolo scorso, prima che il regime politico-militare avesse inizio nel 1952. Allora era una citt internazionale, un punto d'incontro di artisti da tutte le parti d'Europa e del Medio Oriente; oggigiorno di quei tempi non rimasto nulla se non qualche foto sbiadita e qualche palazzo in stile liberty.
Nel film Hawi, omaggio musicale alla forza della giovent di Alessandria, sono i silenzi che parlano, che raccontano storie e la verit di un Egitto che speriamo faccia parte del passato, anche se ci vorranno anni prima di un cambiamento vero
Nei tuoi film la realt pare immutabile, come il trascinarsi poetico di alcuni personaggi. Questo rappresenta una costante stilistica che in un certo modo rispecchia la realt egiziana. Ma dopo la rivoluzione, come sar il cinema di Ibrahim El Batout? Sicuramente diverso, ma non cos tanto. Lo vedremo nei prossimi film.
Che ruolo gioca la religione nei tuoi film? Mi spiego eglio, in Ein Shams ti sei soffermato molto sui cristiani in Egitto, come mai? A prescindere dalle mie credenze religiose, in Ein Shams non la religione che m'interessa, ma la figura della Vergine Maria, poich rappresenta l'iconografia della madre che vede suo figlio morire davanti ai propri occhi...
SEGUE A PAGINA 12
di Giampiero cane
e nel mondo musicale, e non si capisce perch, c' gente che si eccita subitaneamente alla parola improvvisazione, negli altri campi delle professioni artistiche non c' un particolare entusiasmo per questo comportamento che uno dei pi comuni nella vita, quello che evidenzia lo scarto tra un robot e una persona, tra un essere eterodiretto e uno libero. Ma non che nel manifestarsi del sonoro l'improvvisazione sia sempre riconoscibile; anzi una presenza vaga e sfuggente, non negativa, ma subdola e spaccona, al suo maglio un coup de thtre. Tale quello di Louis Armstrong quando registr coi suoi Savoy Ballroom Five West End Blues, sul finire del giugno del 1928. L'11 del mese King Oliver aveva registrato questo suo pezzo con un settetto comprendente Clarence Williams. La buona esecuzione che segue il testo scritto dal leader, a noi - che veniamo dal futuro - sembra monca. Questo perch per noi il pezzo quello di Louis Armstrong e del suo secondo hot five. Satchmo la inizia con una limpida linea ascendente e discendente, di sola tromba, e ne conclude l'esecuzione con un chorus che, partito con le stesse note con cui inizia il tema, ma un'ottava sopra, si ferma sulla terza di queste, un Sib che tiene per 3 battute e tre quarti, chiudendo infine con fuochi dartificio e codina a svolazzo. Lincipit di questa versione e l'ultimo assolo sono quel che l mancava, le novit arm-
Le regole dellimprovvisazione
stronghiane: quello un enunciato luminoso, questo una breve cadenza di qualit sublime che prende spunto dallinizio della parte discendente dellintroduzione, dimezzandone il valore delle note. il frutto di unimprovvisazione, un improvviso nato l in sala di registrazione? Lo chiediamo retoricamente perch ci evidente che non cos, fosse anche solo per il modo in cui la cadenza si ricollega al fantastico incipit; allora invece un elaborato preparato a casa e portato a conoscenza di tutti in sala di registrazione. Ma il bello che sei mesi dopo, il 16 gennaio 1929, King Oliver torna in sala di registrazione per un'altra versione di West End Blues e incamera nella sua pagina le novit armstronghiane. un po in difficolt e meccanico, non limpido e fluido nellincipit che riprende copiandolo, ma, dopo che si sono succeduti i chorus solistici dei suoi orchestrali, nella cadenza finale risulta pi sciolto e, poco dopo la met del chorus, 15 battute in tutto, pi che copiare Armstrong ce ne d una sua parafrasi. Ai fini dellindagine in corso poco interessa la qualit, ma il fatto che l'autore incameri e faccia proprio di West End Blues quel che ha suonato Armstrong. Una volta eseguita (ma si pu eseguire un'improvvisazione?) essa perde quel carattere che sembra produrre eccitazione febbrile nei fan e quel che ci rimane un oggetto sonoro che solo se difettoso o scarmigliato si rivela frutto di un'improvvisazione (in questo caso da leggersi come preparato alla buona, frettolosamente). Del resto, una musica non una musica, ma una trinit: cio essa 1) tal quale appare nella progettazione e nelle intenzioni della mente creativa che la fa esistere; 2) un oggetto sonoro che esiste per s, di cui tutto magari potremmo sapere, ignorando solo chi l'abbia fatta e perch; 3) quel che la identifica e quel che significa per chi l'ascolta. La variet delle significazioni diventata molto evidente col free jazz, fin per il senso da dare al nome dell'indirizzo. Ormai lo sanno tutti, ma il locale dove apparve la scritta free jazz diceva che ci sarebbe stata la sera musica jazz in un concerto gratuito (free appunto). Non so pi se suonasse Ornette Coleman o Cecil Taylor o chiss chi, ma free divenne allora il nome del movimento che, stando invece a quel che si pot poi leggere nelle note di copertina dei dischi Esp (Albert Ayler, Giuseppi Logan, Sun Ra, Pharoah Sanders, Rudd e Tchicai - ovvero il New York Art Quartet-, Byron Allen, Ornette Coleman, Paul Bley, Herry Grimes, Marion Brown, Ran Blake) si sarebbe dovuto chiamare, se mai, new thing. I musicisti, privilegiavano una tematica artistica, il pubblico delle esagerazioni degli anni Sessanta ammanett invece quelle musiche al desiderio o all'ideale, imponendogli il senso politico. Quest'investitura non ingiustificata visti We Insist! Freedom Now, Attica Blues, Fire, la Liberation Orchestra e l'insieme delle musiche di manifesta denuncia politica - fece la fortuna e distrusse il free jazz. In esso s'espandeva la convinzione che limprovvisazione fosse continua e contigua alla libert (non stato detto, ma era come un liberiamo gli strumentisti dalle partiture), ponendo l'eguaglianza tra freedom e improvisation. Un'altra idea d'improvvisazione, dopo che in origine, nel jazz, era stata coinvolta con l'analfabetismo musicale, la pratica illetterata degli strumenti, e dopo il funambolismo be-bop. Ma da quell'abbraccio sort il conflitto tra la musica e l'organizzazione della sua presenza in pubblico. Dopo l'immediato sfruttamento, si and verso l'emarginazione, riorganizzando le fila dietro Miles Davis e il jazz rock (Weather Report, Perigeo) e riconducendo l'improvvisare nel campo della libert controllata, variazione tematica e/o armonica, in-
una pratica musicale di cui in ambito jazz si discute da sempre. il desiderio di dar corpo a unimmagine intravista, il genio del dilettante a cui seguir il lavoro del maestro darte. Ma pu essere appresa?
PIATTI AL VINILE
croci ritmici, timbri allucinati, ma autoirregimentazione. Intanto il free, diventando genere si spegneva da s, nello stesso modo in cui si erano spenti il dixieland, lo swing, il be-bop, il cool, il west coast, l'hard-bop e tutto quel che diventato genere. In fondo, poi, tra l'uno e l'altro dei generi non c' grande distanza: l'unico mutamento epocale nel mondo del jazz fu quello del be-bop, con l'ampliamento conseguente che gli diede il free. Nella sua stagione conclusiva, morto Bird, l'innovazione fu coronata dalla tecnologia che prima port sul giradischi gli ellepi e successivamente i cd nei lettori. A iniziare dalla met circa degli anni Cinquanta i musicisti ebbero a disposizione facciate fin di 30 minuti, durata decuplicata rispetto ai 78 giri. Di conseguenza ne nacque un Artusi del jazz, che diceva come confezionare le portate e come metterle in successione al fine di ottenere, con gli opportuni equilibri tra ballate, moods, blues e up-time, un pi vasto indice di ascolto. Cos sono allestiti i capolavori di Miles Davis della met degli anni 50 (gli ellep Walking, Cooking e Blues and Boogie), cos quelli del Modern Jazz Quartet (da Django a Fontessa). Sfuggivano a questa logica e ne rivelavano l'inconsistenza gli ellep con le musiche di Davis per l'Ascensore per il patibolo di Louis Malle e quelle del Mjq per Strategia di una rapina di Robert Wise; ma oramai eravamo a un passo dall'uso di una faccia per un pezzo e, con Free Jazz di Coleman (1960) di ambedue. Del resto, nelle jam session i problemi di menu non erano esistiti, n poi sono parsi molto interessan-
ti. Sono problemi di chi guarda meno alla polpa che all'abito, dunque la differenza non tanto tra Charlie Parker e Lennie Tristano, quanto tra Miles Davis e Tristano. Tristano e Parker si stimavano e non di rado hanno suonato insieme, finch Tristano ha frequentato la scena jazzistica. Di discografico non c' molto, ma c' una delle pi brutte performance in clima jam, quando vennero messi a confronto con una pagina di trent'anni prima in perfetto stile casinaro, Tiger Rag della Original Dixieland Jazz Band, ed un disastro registrato che li coinvolse con Gillespie, Max Roach, Ray Brown e John LaPorta e Billiy Bauer. Lee Konitz, allievo di Tristano, sensibile alla mistificazione e si dice nemico dei musicisti che fanno scena: Charlie Parker non muoveva un muscolo quando suonava: era come una statua (...); non c'erano movimenti sprecati. questo il modo di suonare che preferisco. Ma uno pu ballare con la propria musica se bella: si pu fare. Si vede Keith Jarrett che fa tutte quelle contorsioni ridicole, e qualche volta suona anche bene(...). Io (continua Konitz) non cerco di esprimere tristezza, o qualche idea pittorica, o qualche maniera per creare un effetto emotivo (...); quando suono un brano lento, e suono patetico o triste, sto solo cercando di suonare una bella melodia senza forzature. Ma quando sento Davis che suona quel tipo di cose, mi pare invece che sia in cerca dell'effetto. Che uno showman cerchi di ottenere un effetto non una cosa strana n necessariamente riprovevole, ma nella scuola di Tristano non si voleva che l'arte si degradasse allo show, dunque che la musica si articolasse in funzione dell'effetto; ma doveva farlo secondo la propria necessit, secondo i processi del pensiero musicale dello strumentista. Nel jazz soltanto Sun Ra ha porto almeno in parte l'orecchio a John Cage. In generale, il punto dei jazzmen non di liberare i suoni, ma di dirigerli, caratterizzarli, cavalcarli, a volte abbandonarvisi e essere loro preda: mostrare al pubblico un'emozione, sudare, e distrarlo dalla musica. impressionante - commenta Handy Hamilton - come la gente si lasci sviare da quello che vede, dall'emozione del musicista. O, me-
glio, aggiungeremmo, dell'emozione messa in scena. In appunti pubblicati col titolo di ber den Dilettantismus (Sul dilettantismo, 1799), Goethe e Schiller ci fanno sapere che il dilettante sta all'arte come colui che fa un lavoro abboracciato sta al mestiere; che all'arte, ci si addestra secondo delle regole e che la si esercita secondo la legge, anche se quelle non hanno un riconoscimento assoluto, come avviene con quelle del mestiere, e le leggi delle cos dette arti liberali sono solo spirituali, non civili. Per queste ragioni, per Goethe e Schiller, dilettante si diventa, artista si nasce; ne discende che l'artista una persona privilegiata dalla natura ed spinto dalla necessit a esercitare qualcosa, che non tutti possono fare. Sono solo appunti, un po' dilettanteschi, ma in realt non di questo si tratta, ma di un'improvvisazione a due voci, che non andr oltre un primo tentativo e verr lasciata cadere. Idee buttate l, in attesa di de-finizione e ri-finitura. Perch questo l'improvvisazione, che poco s'adatta alla scrittura, ma quasi sempre nell'incipit di una musica, nell'abbozzo di una tela: il desiderio di dar corpo a un'immagine intravista, il genio del dilettante cui far seguito, se ce ne sar bisogno, se il bisogno sar avvertito, la ri-finitura artigiana, il lavoro del maestro d'arte. Naturalmente non tutto cos e, per esempio, Giorgio Morandi non improvvisa mai, come Parmiggiani o come Schoenberg o Boulez: ai due pittori e ai due musicisti interessa l'ordinamento della materia e rispettivamente la luce e il suono. Per tutti loro l'espressione secondaria. Anche Armstrong improvvisa quando si prepara alla performance. Una volta in scena non lo fa pi, ma usa variazioni timbrico melodiche per dare un'illusione di verit ai prodotti pop che maneggia. Con Parker, il pi delle volte il materiale indifferente: serve all'incipit che presto cede il passo al frenetico montaggio del suo vocabolario sonoro, che del materiale di riferimento nulla conserva. Nell'arte figurativa, anni dopo, Mario Schifano sar un poco cos.Ma si pu insegnare/ imparare a improvvisare? Parker e in seguito John Coltrane l'hanno fatto lavorando sulla
propria tecnica e cercando una risposta automatica, immediata, al desiderio di suono sfociante dall'appena-suonato. Lee Konitz ci dice che Tristano applicava nella sua scuola un metodo di preparazione all'improvvisazione. Cecil Taylor nei suoi anni pi tesi aveva bisogno che dopo ogni giornata di studio il pianoforte fosse accordato. Si tratta di disciplinari che, si considerino pure anarchici nei confronti di quelli accademici, pur sempre hanno questa natura. Oggi, All'improvviso, di Walter Prati, vorrebbe insegnare gli strumenti dell'improvvisazione a qualsiasi strumentista (a una prima occhiata sembra pi interessante per voce, fiati ed archi che non per tastiere). Cos, lentamente, ma un sipario dietro l'altro si viene smontando la sciocca fantasia che ha spinto verso il mito una pratica affatto comune. Del resto, teoricamente si pu improvvisare anche sul pentagramma, ma certamente pi azzardato e funambolico improvvisare nella no writer's land anzich scrivendo. L'aspetto pi buffo della relazione tra il pubblico e la musica sta nel fatto che gente che non ha mai preso in mano uno strumento musicale si dichiari in grado di valutare le qualit tecniche di un professionista, decreti il successo di un Allevi, la miglior qualit di Tizio nei confronti di Caio, addirittura essere o non essere musica l'oggetto sonoro che gli si presenta. Che importanza ha che sia frutto o no d'improvvisazione? Inanellando un po' di automatismi, se non ci si vergogna, non difficile mettere in scena un po' di magia sonora che accompagna gesti studiati che mimano un'intensa concentrazione, accartocciandosi, distendendosi, accompagnando col corpo il ritmo della musica, mormorando con la voce quel che si fa con le mani. Ci sono dei musicisti che invece di annoiarsi o divertirsi suonando musica altrui, si pensano capaci di farne di pi autentica, cio di originale dotata del loro proprio marchio di fabbrica. Quelli che ci riescono sono, tutto sommato, pochi, ma una quantit proporzionata alla pic-
In basso, da sinistra: Lennie Tristano, Louis Armstrong, Cecil Taylor, Lee Konitz, Miles Davis, Charlie Parker, John Coltrane, Sun Ra
cola quantit di persone coinvolta con questo genere di musica. Si sa, va da s, che l'indice di gradimento e quello d'ascolto non vanno mai d'accordo, ma da credere che con un Armstrong ambo gli indici siano stati in genere piuttosto alti. Quello che fortemente selezionato non mai per la moltitudine. Nel vecchio classico di McCarthy, Cavalli selvaggi, sul finire con John Grady parla la zia di Alejandra: Mio padre credeva fermamente che tutte le cose fossero collegate tra loro (...). Secondo lui la responsabilit per una decisione umana non pu essere lasciata nelle mani di un'entit cieca, ma dev'essere attribuita ad altre decisioni umane via via pi lontane dalle loro conseguenze dirette. L'esempio che faceva sempre era quello di una moneta lanciata in aria che in origine, nella zecca, non era che un tondello di metallo grezzo e dell'addetto al conio che prese il tondello da un vassoio e lo mise sotto la pressa in uno dei due modi possibili: da quel suo gesto deriva tutto il resto, cara y cruz, testa o croce. Non importa quali e quante giravolte la moneta faccia in aria. Non mi risulta che John Cage abbia avuto occasione di conoscere e commentare questa pagina e me ne dispiace. Cos, mentre da un lato si pu dire che le giravolte siano poi quel che in certi casi interessa, dall'altro ci si pu infilare nella differente strada della zia di Alejandra. L'esempio sciocco - lei dice - ma quell'anonimo ometto al suo banco di lavoro mi rimasto impresso. Alle sue spalle lei vede per uno spettacolo di marionette. E quando uno guarda dietro il sipario e segue con lo sguardo i fili scopre che finiscono nelle mani di altre marionette, anche loro manovratre da fili che vengono dall'alto e cos via. Naturalmente l'improvvisatore vorrebbe rompere sia con il caso che con una burocratica e insensata eterodirezione. Come definire la cosa? Prima di tutto tornando al cos'?, poi con un tuttavia che eternamente corregge le conclusioni cui si sta arrivando.
Paolo Benvegn
Marlene Kuntz
In tour la band piemontese per presentare il nuovo disco, Ricoveri virtuali e sexy solitudini.
FIRENZE SABATO 16 APRILE (FLOG)
di Paolo Botti.
PADOVA SABATO 16 APRILE (CINEMA TEATRO TORRESINO)
ON THE ROAD
John Grant
Il leader degli Czars in versione solista. Arriva per la prima volta in Italia per presentare dal vivo il suo disco d'esordio, Queen of Denmark, votato da molti critici come miglior album del 2010.
BOLOGNA MARTEDI' 19 APRILE (CHIESA DI SANT'AMBROGIO) ROMA MERCOLEDI' 20 APRILE (CIRCOLO DEGLI ARTISTI)
Il cantautore toscano si conferma tra i pi ispirati della scena italica con il nuovo lavoro Hermann.
BRESCIA SABATO 16 APRILE (VINILE 45) NAPOLI VENERDI' 22 APRILE (DUEL BEAT) CASTILENTI (TE) SABATO 23 APRILE (PALAZZO DE STERLICH)
Music Inn
Riapre a Roma, dopo molti anni di chiusura e di oblio, una storica cave fondata nel 1971 da Pepito Pignatelli e portata avanti dalla moglie Pichi. Il club punta sul jazz italiano e ospita il Claudio Filippini Trio (con Luca Bulgarelli e Lorenzo Tucci), il quartetto di Giovanni Guidi (con Dan Kinzelman, Francesco Ponticelli e Armando Sciommeri) e il trio composto da Antonio Iasevoli, Paolo Damiani e Fulvio Maras. Per il 21 jam session a ingresso libero.
ROMA SABATO 16 E DA GIOVEDI' 21 A SABATO 23 APRILE (MUSIC INN)
Jeff Berlin
Il bassista Jeff Berlin si esibisce alla testa del suo trio, con Mike Clark alla batteria e Richard Drexler al piano. Berlin e Clark nel pomeriggio terranno un seminario sulla ritmica jazz, funk e fusion.
GRUGLIASCO (TO) DOMENICA 17 APRILE (TEATRO LE SERRE)
Ardecore
Torna dal vivo la band romanesca capitanata dal folksinger Giampaolo Felici.
FIRENZE SABATO 16 APRILE (VIPER)
Schwefelgelb
La band tedesca ricalca le orme della new wave anni Ottanta inglese e tedesca e del punk.
ROMA SABATO 16 APRILE (TRAFFIC)
Impaled Nazarene
Cupe serate metal.
RECANATI (MC) VENERDI' 22 APRILE (EXTRA) SCHIO (VI) SABATO 23 APRILE (MAC2)
Cittaslow
Stasera tocca al Francesco Cafiso Quartet in abbinamento con la cucina di Sant'Angelo (Pe) e si chiude il 16 con il Giovanni Guidi Quartet e la citt di Abbiategrasso.
BASCHI (TR) SABATO 9 E SABATO 16 APRILE (LA PENISOLA)
Verdena
Ritorno con il botto per il trio rock di Albino, provincia di Bergamo. Un doppio cd, intitolato Wow, che si preannuncia come uno dei lavori dell'anno.
SESTRI LEVANTE (GE) VENERDI' 22 APRILE (MOJOTIC FESTIVAL)
Cose
Allinsegna dellincontro tra le arti i prossimi appuntamenti della rassegna autofinanziata. Si parte con La divina mimesis di Pier Paolo Pasolini con lattore Alessandro Preziosi e il percussionista Michele Rabbia e si prosegue con Improvvisazione per voce, suoni & action painting; in questa performance agiscono Cinzia Fiaschi, Alessandro Giachero e Diana Torti.
ROMA LUNEDI' 18 E GIOVEDI' 21 APRILE (TEATRO IL VASCELLO; EX-MATTATOIO)
J Mascis
Un'icona della scena indie statunitense. Il leader dei Dinosaur Jr. in tour per presentare il suo album solista Sveral Shades of Why.
MEZZAGO (MB) DOMENICA 17 APRILE (BLOOM) ROMA LUNEDI' 18 APRILE (CIRCOLO DEGLI ARTISTI)
Elita Festival
Si chiudono i cinque giorni dedicati ai suoni digitali ed elettronici. Nella sede principale, il Teatro Parenti, sono attesi tra gli altri Gold Panda, Dan Deacon, Discodeine (stasera) e Wolf + Lamb vs Soul Clap pres. Dj Kicks (il 17). Tra gli altri appuntamenti citiamo Henrik Schwarz (oggi al Tunnel), Paul Kalkbrenner, Falty Dl e Art Department (oggi al Live di Trezzo d'Adda) e La Riots, Allo e La Valigetta (stasera al Rocket). Programma su ww.elitamilano.org.
MILANO SABATO 16 E DOMENICA 17 APRILE (TEATRO PARENTI E ALTRE SEDI)
James Blake
Il pioniere del dubstep.
MILANO GIOVEDI' 21 APRILE (LAMBRETTO ART PROJECT)
David Rhodes
In Italia con un suo progetto il chitarrista storico di Peter Gabriel.
PARMA DOMENICA 17 APRILE (TEATRO AL PARCO)
Arrington De Dyoniso
Il leader degli Old Time Relijun in veste solista.
ROMA SABATO 16 APRILE (DAL VERME)
Blackfield
Il progetto di Steven Wilson (Porcupine Tree) con il cantante israeliano Aviv Geffen.
MILANO MARTEDI' 19 APRILE (MAGAZZINI GENERALI) ROMA MERCOLEDI' 20 APRILE (ALPHEUS) RONCADE (TV) GIOVEDI' 21 APRILE (NEW AGE)
Tommy Emmanuel
Uno dei pi grandi chitarristi acustici del panorama internazionale.
LEGNANO (MI) MERCOLEDI' 20 APRILE (LAND OF LIVE) ROMA GIOVEDI' 21 APRILE (TEATRO TENDASTRISCE)
Sacri Cuori
Il post rock catartico del progetto di Antonio Gramentieri che ha coinvolto tra gli altri John Convertino, Jacob Valenzuela e Nick Luca dei Calexico, Howe Gelb, Anders Pedersen e Thger Lund dei Giant Sand, Bill Elm dei Friend of Dean Martinez, Marc Ribot, James Chance e John Parish.
FIRENZE SABATO 16 APRILE (RECORD STORE DAY) GAMBETTOLA (FC) MARTEDI' 19 APRILE (SPAZIO TREESESSANTA)
Yo Yo Mundi
La band presenta dal vivo il nuovo Munfr. A Lecce con Radiodervish, Paola Turci e Simone Cristicchi.
LECCE SABATO 16 APRILE (TEATRO POLITEAMA GRECO) FERRANDINA (MT) DOMENICA 17 APRILE (ARCI) ROMA MERCOLEDI' 20 APRILE (AUDITORIUM PARCO DELLA MUSICA) PONTREMOLI (MS) SABATO 23 APRILE (TEATRO DELLA ROSA)
Darkstar
Arriva l'elettronica del trio inglese.
MADONNA DELL'ALBERO (RA) SABATO 16 APRILE (BRONSON)
Marco Cappelli
Giunge alla conclusione il tour del chitarrista Marco Cappelli. Insieme a Ken Filiano (contrabbasso) e Satoshi Takeishi (batteria) suona per la rassegna Ostinati in una serata che prevede anche il solo
Subsonica
Nuovo album, Eden, che segna il ritorno della band torinese.
BOLOGNA SABATO 16 APRILE (FUTURSHOW STATION)
a cura di Roberto Peciola con Luigi Onori (jazz) (segnalazioni: rpeciola@ilmanifesto.it) Eventuali variazioni di date e luoghi sono indipendenti dalla nostra volont.
ULTRASUONATI
EDDIE CONDON
MONDOEXOTICA
MONDONGO
Con i propri All Stars, quasi la risposta bianca a quelli di Louis Armstrong, che tornavano ai primi amori (anni Venti), il chitarrista chicagoano, allepoca cinquantenne, rende omaggio al repertorio del mitico Bix Beiderbecke (1903-1931) di fatto il primo grande jazzman di pelle chiara. E all whites sono pure i due gruppi (settetto e ottetto) che salternano, facendo leva sugli assolo dei reduci Bobby Hackett, Dick Cary, Will Bill Davinson, Edmund Hall in nove classici dellhot jazz (da Louisiana a Fidgety Feet) pi un brano da musical in tema (Ol Man River) in un piacevolissimo album di dixieland revival. (g.mic.)
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THE DODOS
NO COLOR (Wichita/Cooperative Music)
Molto spesso in Italia tocca alla piccole etichette sopperire alla mancanza di coraggio di quelle grandi, nel jazz. Soporiferi, innocui modelli mainstream inculcati a forza di luoghi comuni lasciano il posto a maestri scomodi, per un volta. Come nel caso dei Mondongo, formazione per tre quarti italiana e per un quarto canadese, quello del leader e ottimo batterista Andr Michel Arraiz-Rivas. I maestri scomodi, qui, sembrano Threadgill e Steve Coleman: per il furor geometrico delle soluzioni, per un inquieto ricercare che rende la musica sempre un passo oltre. Due sax spesso in controcanto (Francesco Bigoni e Piero Bittolo Ton), il basso mobilissimo di Giacomo Papetti. Tutti attivi anche in contesti non canonicamente jazz. (g.fe.)
Come rimanere insensibili al ritmo incalzante, al fingerpicking da capogiro e alla melodia di Black Night, brano che apre il nuovo lavoro dei Dodos? Semplice, non si pu! E allora, che dire del ritornello maledettamente catchy di Going Under? Se poi Good non dovesse smuovere tutti i vostri muscoli siete in un brutto guaio! Ancora casse in quattro, percussioni tribali, arpeggi, botte elettriche, echi beatlesiani e beachboysiani, violini orientali, e molto altro lungo tutto lalbum che ha in Companions una vera gemma. Un susseguirsi di idee ispiratissime che ne fanno, a oggi, una delle cose migliori di questo 2011. (r.pe.)
MARCO PARENTE
LA RIPRODUZIONE DEI FIORI (Woland/Goodfellas)
Cinque anni dopo Neve Ridens 2 si riaffaccia il geniale cantautore fiorentino, che non smette di sorprendere. Ancora ballate rock giocate su incastri di chitarre supportate da un drumming secco e preciso, con un inizio folgorante tra brit rock e le allucinazioni stile Radiohead per atterrare poi su quiete - solo all'apparenza - ballate che si fondono alla perfezione con i testi. Chi canta nella moda del dolore il dolore fuori moda meritera solo per questo un plauso... (s.cr.) tori impazziti e omaggi al wah wah. Al cuore della formazione le imprescindibili tastiere di Paolo Apollo Negri. OCCHIO ad alcuni gruppi indie rock contemporanei che per un verso o per l'altro guardano a new funk e ethno groove. Una specie di nuovo afro-pop che recupera Fela Kuti/Talking Heads/ Paul Simon ecc. attraverso, diciamo, i Vampire Weekend. Cos come molte band anni Ottanta e Novanta recuperarono i Velvet Underground attraverso i Sonic Youth. Tra i nomi da segnalare i Kabeedies di Norwich, con gi alle spalle un album uscito in Giappone, uno in Europa (Rumpus) e una teoria di singoli effervescenti. In particolare Come out of the Blue, un misto esotico di Cranberries e Talking Heads e il nuovissimo molto latin - Santiago. Qui fioccano i rimandi a L'Avana, Santiago, a Castro e al quotidiano Granma. Simili ma pi tarati sui mondi dei Vampire Weekend, i Givers della Louisiana. La band Usa - quintetto con alla voce anche Tif Lamson, maestra di ukulele - ha pubblicato l'omonimo ep: The Givers (Valcour Records VAL CD 0010). Tra i brani Up up up, una scheggia afro pop che sollecita nervosissimi movimenti del corpo. Attenzione ai due volumi Solla Solla voll. 1-2 (FKR 042LP e FKR043 LP) dedicati alla produzione di Ilaiyaraaja, storico compositore del cinema indiano Kollywood, seconda industria locale dopo Bollywood. Allinterno anche le musiche di Solla Solla, il cui clip impazza su YouTube. Tra beat sparato, soul gangherato (Disco Song lantiDonna Summer), orchestrazioni folli, ecco la risposta al ben pi noto e titolato Mohammed Rafi, il re del Bollywood sound.
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BARBARA ERRICO
ENDRIGO IN JAZZ (Koin/Dodicilune)
Ultimo in ordine di tempo, fra i cantautori di prima generazione (Tenco, Lauzi, Bindi, De Andr), a subire la metamorfosi afroamericana da parti di giovani jazz singer, lEndrigo della Errico non sfugge ai clich di operazioni analoghe a partire dal discutibile modello Ghiglioni sings Tenco. Anche qui il progetto in bilico fra fedelt alla forma originale (soprattutto nelle strutture armoniche) e compiacimento interpretativo attraverso un vocalismo estetizzante che trascura lo spleen primigenio del folksinger triestino. A quel punto meglio stravolgere veramente oppure assimilare forme e contenuti in profondit, dopo anni e anni di ascolti e passioni. (g.mic.)
Una dose di estetica anticon., un occhio aperto sull'hip hop astratto anni Novanta e un altro sul versante elettronico pi gradito ai cosiddetti indie-rocker, un cantato (in inglese) non proprio accomodante a livello metrico e scelte musicali senza preclusioni, che spaziano in campi lontani da quelli citati. Il duo bolognese opera in una terra di nessuno, a oggi, non battuta. Sullo sfondo si vengono a creare atmosfere spirituali puntualmente agitate o assecondate, a seconda dei brani, da ritmo e voce. Daltronde bisogna reggere il gioco imposto da un nome quanto mai gravoso. Quello che pi conta per che i Quakers and Mormons sanno bene come costruire una canzone, a prescindere dai territori in cui si muovono. (l.gr.)
DIZZY GILLESPIE
GILLESPIANA (Poll Winners Records/Egea)
SON OF DAVE
SHAKE A BONE (Kartel Records/Audioglobe)
Lalo Schifrin il nome doro a firma di innumerevoli composizioni per cinema e televisione, secondo la vulgata corrente. Oppure lo strepitoso arrangiatore di Sarah Vaughan e Stan Getz per il glorioso periodo delletichetta Verve. Qui, in queste session, invece il ventottenne freschissimo pianista argentino che si innamora della straordinaria musicalit dei bopper, e prepara per Dizzy Gillespie una complessa partitura per big band in cinque movimenti pieni di colore e dinamismo. il novembre del 1960. Una settimana dopo la medesima partitura presentata dal vivo a Parigi da Dizzy alla Salle Pleyel in quintetto, Schifrin al pianoforte: e anche asciugata e contenuta, brilla di idee e sostanza. Trovate il tutto raccolto in unico cd. (g.fe.)
LEGENDA
Al secolo Benjamin Darvill. In passato chitarrista dei Crash Test Dummies e oggi al quinto disco come solista. Lui e la sua armonica. Intrattenitore di qualit, valido musicista nonch scaltro frequentatore di palchi. Dodici brani in cui queste doti prendono corpo e spessore. Con infinito rispetto della tradizione blues e cipiglio improvvisativo. Senza storcere il naso, ci si pu campionare anche suonando blues. Lo fanno in tanti, a pochi riesce bene. A lui, benissimo. Naturale che il disco arrivi dalla tana di Steve Albini. E che in giro gi si contano gli epigoni (B.B. Bailey). Manifesto intenzionale: Aint Nothin but the Blues. Grande. (g.di.)
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ZULI
NEON
CRIMES OF PASSION REDUX (Spittle/Goodfellas)
YUCK
YUCK (Fat Possum)
T-BONE WALKER
YOU'RE MY BEST POKER HAND (Fantastic Voyage/Goodfellas)
Potremmo anche sbagliarci ma di questa band a breve se ne parler assai. Anima e corpo arrivano dal Galles dove sono cresciuti i due leader Ritzy Bryan e Rhyddian Daffyd, coadiuvati dal batterista Matt Thomas. Lei, Ritzy, ha una voce che colpisce, una voce che definiremmo fiera, e perfetta per il sound aggressivo e melodico al tempo che caratterizza la formazione britannica. Quello che comunque colpisce maggiormente di The Big Roar proprio la qualit sonora, che d lidea di una produzione molto attenta e senza badare a spese. Tra pulsioni emocore di fine anni Novanta e accenni shoegaze il disco scorre piacevole e ladrenalina sale conseguentemente, ma liniziale The Everchanging Spectrum of a Lie - lunga quasi otto minuti - a guadagnarsi i galloni di miglior brano. (b.mo.)
Il quarto disco di Patrizia Laquidara segna una tappa decisiva nella carriera dell'artista siculoveneta. Interamente cantato in dialetto altovicentino, il disco ha come filo conduttore l'anguana, figura fantastica di un immaginario popolare che non appartiene soltanto al Veneto, ma a buona parte del nordest italiano. I testi del poeta Enio Sartori si sposano felicemente con le musiche, molte delle quali scritte da Patrizia e dal pianista jazz Alfonso Santimone, cofondatore dell'etichetta El Gallo Rojo. Nel brano iniziale, Ah jente de la me tera, le parti cantate si alternano ai ritmi gioiosi e trascinanti del gruppo. Certi brani sono delicati, ma mai leziosi (Dormi putn, La fumana), mentre Nota d'anguana si segnala per il ritornello suadente. La cantante affiancata da un valido gruppo con il quale aveva gi collaborato, Hotel Rif, dove spiccano la fisarmonica di Mirco Maistro e i fiati di Paolo Bressan. Con questo lavoro maturo e riuscito Patrizia entra di diritto fra gli esponenti pi interessanti della canzone italiana. E si dimostra valida anche come autrice delle musiche. (a.mic.)
Alla (ri)scoperta della new wave italiana, di quella pi nascosta ma che aveva un seguito di appassionati di tutto rispetto. In questo viaggio negli anni Ottanta italici ci viene in soccorso la Spittle Records che riedita (per la prima volta in cd) una serie di album, tra cui questo Crimes of Passion, canto del cigno dei fiorentini Neon, pubblicato allora in tre parti tra ep e mini ellep. Era, come scrive Federico Guglielmi nelle note che accompagnano il cd, un tentativo di coltivare la vocazione rnr senza rinnegare la dance alternativa con la quale avevano fino ad allora flirtato. Post punk, quindi, nel significato pi puro del termine, con uno sguardo al sound dei Killing Joke, Siouxsie, Modern English ecc. Post punk cos come, con accenti diversi, era ci che suonavano le band che la Spittle ha riportato alla luce dalloblio in questa serie di riedizioni che ripropongono i trevigiani Wax Heroes con Dal principio alla fine (contenente il singolo Sher e i loro demo), Le Masque con Spunti per commedianti, ristampa del primo 12 e di una cassetta (!), e infine lelettronica degli Atrox con Falls of Time che mette insieme gli album The Nights Remains e Water Tales e lomonimo 12. (r.pe.)
Non stentiamo certo a credere che l'ascolto dei Pavement, per la prima volta tre anni fa, fu un'illuminazione per Daniel Blumberg. La voce e chitarra del quintetto londinese, ha poco pi di vent'anni e non (inaspettatamente) cresciuto a pane e indie anni Ottanta e Novanta. Che sia merito del ritorno mondiale dellindie lo-fi di quei due decenni, o di una sterzata personale dopo l'esperienza brit pop con i Cajun Dance Party, non ci dato saperlo. E forse, vista la buona riuscita dellesordio autoprodotto degli Yuck, anche la lista di nomi noti di cui figlio (Dinosaur Jr., Yo la Tengo, Pavement, Teenage Fanclub) appare marginale. Testi d'amore e melodie effervescenti, luminose, distorte ed evocative di quei teen years che non passano mai. Carta vetrata che sfrega con cristalli di zucchero ricordi di pomeriggi estivi, ma anche episodi acustici e liquidi e una chiusura dilatata (Rubber) che lascia spazio ad ambizioni future. Un album eterogeneo, una caramella che non perde il sapore. E che masticheremo tutto lanno. (c.col.)
Fare il punto sul percorso di T-Bone Walker, in modo esauriente, si pu. Questo il risultato della compilazione che include, in perfetto stile Fantastic Voyage, settantacinque brani in tre cd. Arco cronologico dal 1940 al 57, il periodo pi fertile e produttivo per il nostro. Quello in cui label, studi di registrazione e miglia percorse hanno contribuito a creare il personaggio T-Bone. Texas-style, ancora ad oggi riferimento ineccepibile del classic blues da manuale. (g.di.)
L'ultima volta che era comparsa la parola vegetale in ambito popular, in una canzone obliqua e impossibile come la mente del creatore, Syd Barrett. Al diamante folle dei Pink Floyd sarebbe piaciuta l'austriaca Orchestra Vegetale, che da una dozzina d'anni batte teatri e altri luoghi pubblici: arrivano, fanno incetta di verdura fresca, trasformano il tutto in strumenti. Incredibile ma vero. Ogni suono che sentite, qui, costruito con verdura trasformata in strumento: dai bassi profondi ai flauti a qualcosa che assomiglia a una chitarra. Se pensate che sia una cialtronata siete fuori strada: questi suonano davvero, e fanno pure ricerca. Con ironia: vedi alla voce Krautrock, titolo e testuale realt dell'ultimo brano. (g.fe.)
Inserito il cd nellapposito lettore il display segna 78.17, e la domanda sorge spontanea: sar il caso di ascoltarlo? Le note parlano di un disco unico e originalissimo, di pop irregolare, ma si sa, si tende sempre a magnificare i propri prodotti. Quindi di nuovo il dilemma: che fare? La decisione presa: si ascolta! E si capisce immediatamente che stavolta forse c del vero in quel che scrivono quelli delletichetta, la londinese Erased Tapes, label nota per dare asilo ad artisti della scena neoclassica, come Nils Frahm o lafur Arnalds. E cosa centri Worlds End Girlfriend, progetto schizzatissimo di un altrettanto schizzato musicista e compositore giapponese che risponde al nome di Katsuhiko Maeda, con unetichetta del genere non si capisce, ma, in fin dei conti, neanche ci interessa se quello che abbiamo nelle orecchie ci piace. Eccome ci piace! Pop irregolare un termine che calza a pennello per questo disco in cui, in maniera del tutto (apparentemente) casuale, appaiono sonorit sghembe che vanno dai glitch elettronici al rock, dalla classica al folk balcanico, dal jazz davanguardia allindie pop. Fantastiche, ma proprio fantastiche, Ulysses Gazer e Bohemian Purgatory Part 2, splendida Unfinished Finale Shed. (r.pe.)
chiara colli stefano crippa gianluca diana grazia rita di florio guido festinese guido michelone alessandro michelucci brian morden roberto peciola
Zuli lalias di Marco Zuliani, un giovane artista di Venaria Reale, noto in ambito hip hop per alcune importanti collaborazioni. Colpi il suo terzo album solista, in bilico tra reggae e hip hop, con loop e rime in stile rap impastate con melodie leggere e orecchiabili. un disco diretto, che va al sodo, e la morale : affronta la realt a muso duro. Zuli - crudo e ironico - padroneggia bene la rima e veicola il bisogno di evasione dai clich, nel videoclip Occhi thai. Bella la versione acustica de La scommessa, un brano che ha conquistato lorecchio di David Rodigan. (g.d.f.)
CULT
INSOSTENIBILE
LETALE
RIVOLTANTE
SOPORIFERO
COSI COSI
BELLO
MAGICO
CLASSICO
Il colore del vento racconta il viaggio di una nave mercantile nel Mar Mediterraneo. Marinai che vivono sullacqua la maggior parte della loro vita, che si perdono nel mare per scoprire donne, uomini e citt, per cogliere e raccontare le diverse realt del Mediterraneo. Ogni scalo una citt, ogni citt una storia. Da Dubrovnik a Bari, da Istanbul a Lampedusa, il film di Bruno Bigoni un giornale di viaggio: a Barcellona incontra lultima testimone della rivoluzione anarchica del 36 e a Genova ascolta la storia di una nigeriana giunta in Italia lungo la rotta degli schiavi. Tra Hugo Pratt e Kapuscinski, accompagnato dai suoni e dalle parole di Cruza de m di Fabrizio De Andr, presentato al festival di Roma.
FASTER
DI GEORGE TILLMAN JR.; CON DWAYNE JOHNSON, BILLY BOB THORNTON. USA 2010
Un ex detenuto deciso a vendicare la morte del fratello, avvenuta durante la rapina che ha portato alla sua incarcerazione. Ma sulle sue tracce si sono gi messi un irreprensibile agente di polizia e un giovane sicario e nel frattempo il mistero della morte del fratello si infittisce sempre di pi.
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LIMITLESS
DI NEIL BURGER; BRADLEY COOPER, ROBERT DE NIRO. USA 2011
Eddie Morra, romanziere newyorkese vuole scrivere il suo nuovo libro ed in crisi creativa. La fidanzata Lindy decide di lasciarlo proprio in questa circostanza. Lex cognato di Eddie gli fa allora provare un farmaco sperimentale, una droga leggera, lNzt e la sua vita ha una svolta improvvisa. Il farmaco in grado di sbloccare e amplificare le potenzialit della mente e, Eddie riesce a scrivere il suo libro in soli quattro giorni ed in seguito si arricchisce iniziando a frequentare Wall Street. Mentre si rende conto che lNzt ha pure degli inquietanti effetti collaterali, Eddie entra in relazione con Carl Van Loon (De Niro), magnate della finanza, che cerca cos di approfittare delle strabilianti attitudini dello scrittore. Dal regista de lIllusionista.
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bles). Tra i risultati del mix sono la mitica canzone Uncle Fucka (che uno continuava a cantare per giorni dopo avere visto il film), una nomination agli Oscar per Blame Canada (durante la cerimonia degli Academy Awards, Robin Williams la cant con un nastro adesivo nero sulla bocca, perch Stone e Parker si rifiutarono di tagliare le parole indicibili su un network tv), una storia di sesso tra Satana e Saddam Hussein e una citazione nel Guinness dei primati per il film danimazione pi profano della storia. LAmerican Film Institute ha incluso South Park: Bigger, Longer and Uncut tra i migliori musical mai realizzati. John Landis e Terry Gillian (due raffinati amanti del genere) concordano. Oltre al musical, anche la religione non terreno nuovo per Parker e Stone. Il loro primo corto si intitolava Jesus Versus Frosty (Frosty lomino di neve) il secondo Jesus Versus Santa (ovvero Babbo Natale) e, nei suoi quindici anni di messa in onda, South Park ha dedicato numerosi episodi a decostruire (e a offendere) i credo di cristiani, musulmani, mormoni, scientologi e, in generale, religiosi di ogni tipo. Lepisodio Red Catholic Love (a tema preti e pedofilia) scatent le ire della Chiesa cattolica; un doppio episodio sulla rappresentazione di Maometto giov loro la promessa di una fine simile a quella di Theo Van Gogh (il regista olandese ucciso dagli estremisti islamici nel 2004); e il cult assoluto con Tom Cruise scientologo e gay fu bandito dalle repliche su Comedy Channel e provoc le dimissioni di Isaac Hayes che nella serie dava la voce al popolarissimo personaggio Chef.
Lanima blasfema di Parker e Stone non si certo ripulita per il grande debutto su Broadway, realizzato con la collaborazione di Robert Lopez (lautore del premio Tony 2004, Avenue Q) e quella del potente produttore hollywoodiano Scott Rudin (True Grit, Fantastic Mr. Fox, ma anche i South Park). Il musical inzia a Salt Lake City dove smaglianti coppie di giovani missionari mormoni vengono spedite a convertire pecorelle smarrite in tutti gli angoli del mondo. Il primo della classe, Elder Price (Andrew Rannells), sogna di essere mandato a predicare a La Mecca dei parchi a tema: Orlando. Il goffo, fantasioso, Elder Cunningham (John Gad) sogna e basta. I due estremi opposti vengono appaiati, e inviati in Uganda. Dove, nemmeno alla met del primo atto, dopo essere stati maltrattati in aereo e derubati, si trovano a ballare con lallegra ma sfigatissima popolazione di un villaggio africano. Hasa diga eebowai, cantano tutti in coro. un po il loro Hakuna Matata, spiegano gli infedeli ai missionari. Uninvocazione che si canta quando le cose vanno malissimo, e che fa pi o meno cosi Dio vai a farti fottere - in culo, in bocca. No, come dice Elder Cunningham perplesso, lAfrica di The Book of Mormon non quella di The Lion King. Sorprendentemente tradizionale, curato e rigoroso nellimpianto scenico e musicale, The Book of Mormon, ha tutto il pubblico (neworkese ma non solo, non molti i giovanissimi) dalla sua entro circa quaranta minuti di spettacolo. Lintero secondo tempo una risata ininterrotta. Ha anche un inferno mormone
tra le cui fiamme si agitano contenti Hitler, Genghis Kahn, lavvocato di O.J. Simpson Johnny Cochran e due enormi tazze di caff Starbucks. Evoca Aids, mutilazioni di genitali femminili, stupri di bambini e apparizioni di Ges, del profeta mormone Joseph Smith, del pastore mormone Brigham Young, di Darth Vader, Bono e Frodo Baggins. La voce di Dio Hey guys! - la stessa di Cartman, il micidiale ciccione di South Park. La satira sullimplausibilit, linadeguatezza e lipocrisia della religione che colonizza lAfrica nera anche satira dellimperialsmo culturale a stelle e strisce. Una religione made in Usa (il mormonismo), per una forma di spettacolo made in Usa (il musical) per lexport pi di successo della storia Usa (la pop cultura). Come il filo rosso che lega tutti i migliori episodi di South Park e i film di Parker e Stone, The Book of Mormon , allo stesso tempo, una critica e una celebrazione dellAmerican spirit, delle contraddizioni, dellesuberanza e dei lati oscuri di quella singolarit americana che Obama invocava cercando, per esempio, di tenere insieme logica e illogicit totale nel suo discorso sulla Libia. una visione sia cinica che piena di speranza. Siamo affascinati dallidea che la felicit e la fede possano essere valori pi alti della verit, ha detto al Wall Street Journal Matt Stone, che si definisce un ateo pieno di dubbi. In un certo senso, Guerre stellari la nostra religione. Spider Man una religione. Ci hanno influenzati pi di Ges, ma si tratta pur sempre di storie, gli ha fatto eco Trey Parker. In risposta alluscita su Broadway di The Book of Mormon, per ora, il sito della Chiesa di Ges Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni ha postato solo una dichiarazione piuttosto neutra: questa produzione teatrale tenta di divertire il pubblico per una sera mentre le Sacre scritture dei Mormoni cambiano per sempre la vita di molte persone avvicinandole a Cristo. Non fanno male a non prendersela troppo. Dopo tutto The Book Of Mormon funziona come unesperienza edificante.
il miracolo teatral-culturale del momento il musical atterrato il 24 marzo a Broadway e firmato da Trey Parker e Matt Stone, gli autori di South Park, da 15 anni la serie cartoon pi allegramente volgare, icnoclasta e senza paura della tv statunitense
UN PRESIDENTE MORMONE?
otrebbe essere mormone il prossimo avversario di Obama (Willard) Mitt Romney ha annunciato la formazione di un exploratory committee per valutare le sue chance di ottenere la nomination. In un panorama piuttosto sparuto (solo lex governatore del Minnesota Tim Pawlenty ha fatto un annuncio analogo), lex governatore del Massachusetts, ex responabile delle Olimpiadi invernali di Salt Lake City 2002, e discendente da una famiglia mormona da sei generazioni il front runner, almeno per ora. Pubblicamente, Romney cerca di non discutere la sua religione e il suo rapporto quello che facevo veniva rifiutato. Cresciuto nel pi to con la Chiesa dei Santi degli Ultimi aperto Michigan (il padre era stato governatore repubGiorni i sondaggi in occasione delle blicano moderato), Romney sfugg alluniformit dello primarie del 2008 (in cui Romney fu Utah. Ma, a leggere Wikipedia, pare che i francesi si siabattuto da John McCain) hanno infatno dimostrati un osso durissimo da convertire, quasi ti rilevato che il pregiudizio degli elettoquanto gli abitati dellUganda nel musical di Parker e ri nei confronti di un possibile presiStone. In particolare, sembra che il divieto mormone al dente mormone era maggiore (nellorfumo e allalcol fosse praticamente insormontabile In dine) di quello di un afroamericano risposta al loro rifiuto dei valori religiosi, simbolizzato (Obama) e di una donna (Hillary). dal maggio 68 e dallopposizione alla guerra in VietLa battaglia di Romney - gi segnanam, Romney svilupp una forte antipatia, che pi tarta dalla riforma sanitaria che var in di avrebbe influenzato le sue posizioni di politica estera Massachusetts, simile a quella di ( in genere un falco) e sui dibattiti relativi a problemi soObama detestatissima dalla destra ciali. Di ritorno in Usa, dopo essere sar quindi una battaglia complicata stato capo sezione della missione di da quel fattore. Il missionariato di Bordeaux, Romney (il cui arruolaMitt Romney (che ha un accecante mento in Vietnam venne rimandato sorriso Pepsodent e nei dibattiti sfogperch studiava, poi perch era misgia la solare, legnosa, inossidabilit sionario, fino a non essere pi fattibidi Elder Price) non stato in Uganda le) ha studiato alla Brigham Young bens a Le Havre, Francia. Nelle interUniversity, in Utah dove e si e sposaviste ricorda quel periodo come to (nel tempio di Salt Lake City) con lunico nella mia vita in cui quasi tutla compagna di scuola Ann Davis.
Qui sopra da sinistra gli artefici di The Book of Mormon: il regista e coreografo Casey Nicolaw, gli autori Trey Parker e Matt Stone, il compositore Bobby Lopez. In alto il teatro di Broadway che ospita il musical
I QUARTIERI PER SOLI BIANCHI DI NEW YORK Questo s che un vero smacco per New York. Utilizzando i dati del censimento, il sito di Salon. com ha stilato la classifica delle 10 aree metropolitane pi segregate d'America, e la Grande Mela, tanto orgogliosa del suo melting pot, si scoperta in cima alla lista. Al secondo posto, giusto dopo Milwakee, patria da anni del ghetto pi isolato degli Stati Uniti. Perch qui i neri, anche se costituiscono una piccola percentuale della citt del Winsconsin, non possono uscire dalle mura del centro. I bianchi, che se ne sono andati a vivere nei sobborghi, si oppongono infatti ferocemente persino a una politica di trasporti pubblici, per timore che gli afroamericani arrivino nei loro ricchi quartieri residenziali. Quelli per intendersi da cui sono arrivati a valanga i voti per eleggere governatore, il novembre scorso, il repubblicano Scott Walker, noto in tutto il Paese per aver cancellato il diritto alla contrattazione collettiva delle Unions dello stato. Ma per l'appunto, subito dopo c' New York, la capitale dei neri fin dai tempi della grande migrazione dal Sud, all'inizio del 1900. Certo, quando si parla di segregazione non bisogna pensare a Manhattan o a Queens (il quartiere dove si trasferita una parte della middle class nera che ha lasciato Harlem), ma ai paesi alle porte della citt, come Westchester, dove l'80% ha la pelle bianca, o Yonkers, dove negli anni '80 il comune prefer rischiare la bancarotta piuttosto che costruire case popolari, e ai neri non rimase che andare altrove. In realt per, persino nel cuore di New York la segregazione abitativa ancora forte. Se sono lontani i tempi in cui, erano gli anni '40, quando nei palazzoni del Peter Cooper village, nel Lower east side, era vietato affittare agli afroamericani, in questi anni tutti i tentativi di introdurre un po' di melting pot ad Harlem sono sostanzialmente falliti. Dopo la breve cosiddetta Second Reanaissance, quando una manciata di newyorkesi bianchi si trasfer a nord (alla ricerca di case ristrutturate ma comunque a poco prezzo), infatti arrivata la crisi. E chi vive oggi a Harlem magari non ha la pelle nera, come i latinos di Hispanic Harlem o i dominicani che vivono a Washington Heights, ma poco conta. Perch sempre di segregazione si parla, anche se questa volta su base economica. Dalla classifica di Salon.com arriva del resto un secondo smacco per i newyorkesi. Perch al 10 posto, in fondo alla lista, c'e' l'antica rivale, Los Angeles. Dove la segregazione in realt esiste ancora, visto che come ad Harlem neri e latinos vivono fianco a fianco, ma pur sempre lontani dalle comunit dei bianchi dell'Orange county o di Beverly Hills. Ma dove i progressi sono costanti e visibili, e se, come dice Camille Charles, autrice di Race, class and residence in L.A, Forse non arriveremo mai a un indice di segregazione zero, con tutti che cantano kumbaya e si sposano tra di loro, qualche speranza di cambiamento c'.
EL BATOUT DA PAGINA 5
pensi che sia la Turchia il modello del nuovo Egitto? Turchia, Indonesia, Argentina, Brasile alla fine uscir una ricetta tutta egiziana che si adatter alla nostra situazione. Lo si vede gi nel dibattito dei Fratelli Musulmani. Cosa sta succedendo? C grande discussione. Una mattina si alza un mullah e dice che si andr verso una maggiore occidentalizzazione, che perderemo i nostri valori e le nostre origini, che dobbiamo solo pregare il giorno dopo se ne alza un altro che zittisce e discredita le parole del precedente. significativo il dibattito che avviene anche dentro il movimento dei Fratelli Musulmani, dove i punti di vista divergono. Stiamo vedendo un nuovo Egitto, tra mille difficolt, ma l'importante cominciare! Che cosa pensi dei tanti divi egiziani che si sono schierati contro la protesta? Pensare a loro solo una perdita di tempo, avevano tutto da perdere con la fine del regime di Mubarak. Preferirei chiudere il discorso qua. Cosa sta accadendo nel mondo arabo e in Libia? E cosa pensi dell'intervento occidentale contro Gheddafi? Non riesco a spiegarmi perch sia successo contemporaneamente in molti paesi arabi. Ovviamente la Tunisia stata la scintilla che ha reso possibile la rivoluzione in Egitto; se in 17 giorni siamo riusciti a far dimettere Mubarak, lo stesso pu succedere in Yemen, Bahrein, Siria, Libia un contagio. Il motivo principale della rivolta? Semplicemente questi regime hanno governato con l'oppressione e la tirannia per decenni, e le popolazioni arabe sono stanche di questo sistema. Hanno visto in televisione che era possibile cambiare i regimi; la gente in strada nei diversi paesi canta gli stessi slogan che venivano cantati in Egitto e in Tunisia, lo ripeto, un contagio perch ogni paese arabo affetto dallo stesso male. Le persone sono pronte a chiedere il cambiamento, e questo positivo. Gheddafi? Stava bombardando e massacrando il proprio popolo, doveva essere fermato. Sono contrario come te alla guerra, per se non ci fosse stata la risoluzione Onu e il successivo intervento del contingente internazionale, molto probabilmente Gheddafi avrebbe riconquistato tutta la Libia spargendo il sangue del suo popolo. La vittoria di Gheddafi avrebbe fermato i moti rivoluzionari nel mondo arabo? Probabilmente s. Quelleventuale scenario e avrebbe dato adito ai presidenti di Siria, Bahrein e Yemen di usare la forza per evitare la caduta dei regimi, seguendo il metodo Gheddafi. Sarebbe augurabile che si dimettessero davanti all'evidenza della storia, ma hanno troppi interessi personali da proteggere per abbandonare il potere, come giusto. Vorrei lasciare Ibrahim El Batout con le parole della canzone che chiude il suo Hawi: Sono diventato un giocoliere/Sono assuefatto nel tenere le mie lacrime quando il dolore cresce/Ho imparato a tirare fuori il pezzo di pane dalle costole della povert/Ho imparato bene a nascondere la mia lacrima dentro il mio cuore, non importa quale /Ho accettato di dormire con la testa penzolante in gi come un pipistrello/Perch mi sono abituato a vedere i miei sogni che scivolano via/Ho mollato e ho lasciato la polvere depositarsi sul mio viso intatta.
di Elfi Reiter
a passione ha in s una grande forza comunicativa e lamore uno stato isolato. Trovo molto deprimente venire a sapere che lamore una creazione-invenzione interiore aveva detto Werner Schroeter a Michel Foucault nel lontano dicembre 1981 comodamente sdraiato sulla moquette in casa del filosofo francese a Parigi, il quale era rimasto affascinato dal film La morte di Maria Malibran dello stesso Schroeter (edito da poco in dvd da Edition Filmmuseum). I due non si conoscevano sino a quel primo incontro, ma si erano dilungati in una intensa conversazione sul concetto di amore e passione nei film del cineasta tedesco, scomparso lanno scorso il 12 aprile a causa del cancro che gli aveva tolto ogni energia vitale. Ma cos la passione? Prendiamo in prestito le parole di Foucault dette in quella stessa occasione: qualcosa che ti cade addosso, si impossessa di te tenendoti ben stretto, non ti concede tregua, ma non si sa da dove provenga essendo uno status vivendi in perenne mobilit che non ti porta a nessun punto fermo; vi sono momenti forti e momenti deboli, altri in cui puoi andare anche in escandescenza, la passione sempre in movimento procurandoti continuamente istanti instabili che per qualche ragione oscura si susseguono lun laltro. Tutto il cinema di Schroeter frutto di questo conflitto tra amore e passione, da lui vissuto profondamente in funzione di un lavoro svolto unicamente per esprimersi perch per lui anarchicamente parlando lavorare creare. I suoi film si nutrono di figure mitiche e mitologiche che pur invecchiando non invecchiano. I suoi personaggi sono simulacri da riempirsi con valori socio-politico-culturali e soprattutto umani - universali, non lo interessavano i tratti psicologici, anzi. Diceva Schroeter a Foucault, sempre quella stessa sera: il cinema non composto daltro che di drammi psicologici e di film di terrore psicologico... io non ho paura della morte, forse pu essere arrogante dirlo, ma la verit. Guardare la morte in faccia un sentimento anarchico, pericoloso, che va contro le regole sociali, ma la societ ci gioca, con il terrore e la paura. La conversazione tra il filosofo e il cineasta la si pu leggere per intera nel volume dedicato a questultimo nel 1982 dalla Cinmathque Franaise (a cura di Grard Courant), dove ho trovato anche la ristampa di un articolo di Colette Godard, critico teatrale di Le Monde, in cui si parla di Salom, sublime messinscena con Magdalena Montezuma nel ruolo del re della Giudea. Lattrice tedesca, oltre a essere stata compagna di lavoro era stata una specie di alter ego di Schroeter, messo a segno in molti ruoli (su tutti campeggia la mitica figura di Magdalena in Willow Springs girato nel 73 in una terra di nessuno nelle vaste praterie degli Usa). La morte prematura di Montezuma (pure lei per un cancro nel 1984) aveva inciso molto sulle immagini di Der Rosenknig, film che riunisce varie rappresentazioni di rara bellezza del momento di morte nelle arti visive ad altre di estremo kitsch o manierate e di effetto. Non manca chiaramente lallusione alla decadenza a livello metaforico, n laccompagnamento musicale con arie
da opere liriche in cui la forza dei sentimenti distrugge tutto. Tornando a Salom, va detto che esiste la versione filmata (per conto della Zdf) girata nel 1971 a Baalbek in Libano per ricreare nella finzione cinematografica la realt scenica e ripresentare anche al pubblico nelle sale cinematografiche lo spazio teatrale costruito in origine e che era rovesciato rispetto alla situazione classica da anfiteatro: svolgendosi lazione per intera su una scalinata, il pubblico a ritrovarsi nellarena. Cito questo articolo per un altro motivo, per, che si rif alla visione utopicoanarchica e tremendamente concreta di Schroeter sul mondo: nella versione teatrale della pice di Oscar Wilde (vista da Colette Godard a Nancy nel 1973) cera un gioco di luci esilarante in cui dal fondo della sala una tonda luna rossa gettava una luce fiammeggiante sulla scalinata avvolgendo la scena come un mantello, mentre dal palco erano diretti due proiettori con luci bl verso la sala illuminando cos il pubblico e decomponendo del tutto lintero spettro dei colori. Immaginatevi una coppia ben vestita, entrambi seduti nelle loro poltrone, nel momento in cui lui, a spettacolo iniziato, si gira verso di lei per sussurrarle una frase mondana e allimprovviso caccia un urlo perch vede la sua compagna trasformata in un vampiro espressionista, aveva detto con aria divertita alla giornalista francese il regista tedesco Werner Schroeter. Poi segue nel raccontare che lui, essendo stato etichettato come regista underground in Germania, ebbe parecchie difficolt a lavorarci perch vi regna da sempre un sistema teatrale molto ben organizzato e molto ben sovvenzionato. La difficolt per non era lavorare in quei teatri, ma subire laccusa di essersi venduto. E lui si difese dichiarando di sentirsi meno fascista nel portare e esprimere le sue idee dentro le istituzioni, rispetto al doversi nascondere in una situazione marginale, dove sicuramente avrebbe avuto la sua posizione e la totale libert creativa, ma non quel peso: meglio accettare qualche piccolo compromesso e andare sul grande palcoscenico dellopinione pubblica! Bench qualche concessione andava fatta, come ad esempio continua sempre a precisare Schroeter la cui Salom aveva voluto essere anche la rappresentazione della famiglia da incubo borghese avrei voluto far recitare gli attori nudi con i corpi dipinti per esaltarne le ideologie decadenti e soprattutto avrei voluto riversare sulla scalinata duecento litri di sangue fresco, rosso vivido, affinch Salom potesse rotolarvisi dentro, ma in un mondo in cui piace molto mangiare il sanguinaccio mentre i feriti muoiono sulle autostrade perch nessuno si ferma per aiutarli, il sangue non pu avere un valore estetico, anzi, vietato - tab!. Il segreto dellamore maggiore di quello della morte dice Salom a Johannan morto sul piatto dargento, e il sangue, il colore rosso, sono elementi che tornano continuamente nel suo cinema. Cos come sin dal primo film Eika Katappa (1969) dalle immagini dissipate, il suo discorso visivo si costruisce soprattutto sulla base musicale, anzi la musica a incarnarsi negli esseri sulla scena, sullo schermo e poi nella sala, ossia negli spettatori. La musica, complice larte vocale di Maria Callas, la sua genia, conduce allestasi e i personaggi sono rivestiti con dialoghi e emozioni, mentre le azioni sono spesso ridotte a puri stati portatori di emozioni, dato che - come ho gi detto - nel cinema di Schroeter non c psicologismo alcuno. I suoi film sperimentali superano la dimensione data spazio-temporale, con freUn giovane Werner quenti inserti di immagini di altri Schroeter nel 1973 luoghi e/o situazioni per rompere in Messico per girare ogni linearit narrativa e visiva. Vi Der Schwarze Engel; regna limperfezione, certo, quei in piccolo una scena contrappunti inseriti puntualmendel suo film del 1976 te a livello iconico e metalinguistico Goldfloken per suscitare corto-circuiti a livello e una immagine di senso e di visione. Un inno alla recente del regista societ della bellezza da scalpello, in una foto decadente e decaduta. di Ruth Ehrmann
lanci la proposta di produrre film di giovani registi per poi mandarli in onda (e ai festival). Qualche nome? Rainer Werner Fassbinder, Rosa von Praunheim, Peter Lilienthal, ma anche Agns Varda, Jean Eustache, e Werner Schroeter. Furono loro a inventare i cosiddetti Kamerafilme essendo produzioni a basso costo, senza produttore, con solo il cineasta, sulla base di una paginetta di trattamento, con il 50% della somma pagata al momento della firma del contratto. Schroeter nel 1970 ha realizzato Der Bomberpilot (recensioni bomba a fronte di una valanga di lettere di protesta dagli spettatori), seguito nel 72 da Der Tod der Maria Malibran (critiche pessime ma stavolta amato dal pubblico), e quindi Willow Springs, Goldflocken/Les flocons dor e Der schwarze Engel. La libert creativa era totale, la produzione sulla fiducia: per Willow Springs si era partiti con un progetto su Marylin Monroe e il regista era tornato con tuttaltro. A suo dire era andato alla ricerca di dio, di quellangelo nero che poi sarebbe diventato lintero soggetto di un altro film (Der schwarze Engel, nel 75). Fu sua madre a suggerirgli quellimmagine sulla base di una foto in bianco e nero di Bulle Ogier apparsa in Les
flocons dor, discorso poetico sul mondo della droga in cui inquadrature pittoriche frontali, senza alcun rimando a un ipotetico fuoricampo, come se fossero state scolpite, sono assemblate come versi di una poesia in totale attrazione verso la morte. Willow Springs invece una composizione visivo-sonora plurilivellare dai significati plurimi grazie al susseguirsi di brani parlati, immagini e brani musicali a mo di refrain nelle arie liriche, assemblati ogni volta in modo diverso affinch si producano richiami alle scene precedenti nella memoria di chi guarda. Con interessanti effetti stranianti, per, e al contempo un dtournement totale per una riformulazione delle tre protagoniste assieme alle loro storie e ai loro miti. Il cinema da sempre musica per gli occhi ci ha ricordato il cineasta nel corso delle discussioni intense anche a tavola, e lui la conosceva bene la storia del cinema astratto nato negli anni 20 a Berlino ma per non smentirsi aggiunse subito che allo stesso tempo un collage sonoro, come nelle opere di Godard o di Amos Gitai, portando con s la trasfigurazione di sonorit visive e acustiche. Nel commentare Malina (1990 con Isabelle Huppert nel ruolo della scrittrice austriaca Ingeborg Bachmann) Schroeter precisava che ogni opera darte ha la propria dimensione reale in cui risiede la sua trasparenza. Il suo Malina si compone di vari livelli: il ritratto della Bachmann nel romanzo, le sue poesie, la sua condizione psi-
chica, gli elementi aggiunti da Elfriede Jelinek, lautrice del romanzo, e la personale interpretazione di Isabelle Huppert in un flusso continuo tra sceneggiatura e improvvisazione. La componente surreale era il fuoco scatenatosi in casa che di fatto rappresentava il suo fuoco interiore (ma Ingeborg Bachmann era morta davvero per incendio nel suo letto), perch spieg il suo autore filmare la letteratura non duplicare un testo balbettandolo visivamente, ma compiere un atto violento nel trasformarlo in altro, in questo caso usando le parole chiave cuore a pezzi e epos dellanima. Lo stesso concetto valeva nel creare Nuit de chien: qui si era partiti da un thriller con struttura base pi forte, ma lui aveva percepito dentro
di s la storia e seguito le tracce lasciate dalla lettura di Para esta noche (scritto nel 1942 da Juan Carlos Onetti, scrittore uruguayano vissuto in Argentina fino al 1975, quando emigr in Spagna per cause politiche) come se fosse accaduto tutto in una notte, qui. In Malina, invece, il fulcro era la notte perenne, la disperazione totale, un cuore infranto. Che cosa fa di un film un film? La fotografia. Parola di Schroeter: Nel liberare limmagine si fanno entrare le emozioni della vita lamore la morte lironia - e nellintreccio tra musica, testi e immagini pu nascere in apertura assoluta lamore e la libert. Il suo, precisa infine, un cinema realista nel senso di essere verosimile. Poi entra nel dettaglio: Nuit de
chien descrive la catastrofe con estrema bellezza, non vuole essere uno sguardo fascista ma salvare la bellezza anche in momenti atroci. Cos luso della musica per sottolineare lestremo negativo, per accompagnare il dolore di esseri umani torturati e feriti, e dare conforto. La musica un linguaggio senza parole e la musica pi alta il silenzio. un film molto molto duro, ma vi risiede la speranza per una nuova apertura, una soluzione positiva. Non possono mancare due righe su quel capolavoro che La prova generale, nato come reportage dal festival di Nancy nel 1980, avamposto di teatro sperimentale e underground. Per Schroeter una co-creazione tra me e gli artisti incontrati in occasione degli spettacoli: Kazuo Oono, maestro di vita e artistico avendo lui creato nella danza butoh un prisma di espressione umana tra il Kabuki e il Teatro No; Pina Bausch e il suo Tanztheater; i gruppi di teatro politico brasiliani e argentini. Le musiche nel film al 70% sono sue, e il montaggio tra brani di spettacoli, interviste, impressioni della citt e impressioni musicali fa scaturire un trionfo della bellezza da cui il soggetto scompare. Perch il vero soggetto la sua dimensione politica, la riflessione sulla Germania, allepoca per lui una situazione molto deprimente, analizzandone la storia, il periodo del nazismo e il suo riflesso sulloggi. O meglio, ieri. Una lucida fotografia dellarte come funzione politica.
Amazon rompe gli indugi e offre agli utenti la possibilit di archiviare la propria musica online e accedervi con qualunque dispositivo. Google e Apple sembrano intenzionate a copiare il modello della nuvola. Ma le major non sono d'accordo
MUSICA DA VEDERE
ca, abitudini degli utenti e diritto non sempre vanno di pari passo. Non erano passate che poche ore dall'annuncio di Cloud Player infatti che una portavoce di Sony Music ha fatto sapere che il nuovo servizio della libreria online non compreso nelle licenze firmate con il colosso giapponese. Insomma, secondo Sony (e le altre major), un conto vendere legalmente un brano, come fa Amazon, un altro consentire all'utente di depositarlo online e ascoltarlo dove e quando vuole su supporti diversi. Per le etichette, infatti, a meno che non sia altrimenti specificato, vale il principio un acquisto un download e il prezzo non sempre consente la copia del file e l'ascolto su pi supporti. Proprio quello che, invece, Amazon promette. Senza contare che in questo caso non c' nemmeno bisogno di copiare il file: resta sempre lo stesso ascoltato in momenti e luoghi di-
versi. Ce n' abbastanza, come chiaro, per mettere un'altra volta in crisi i signori della musica. I dubbi delle major sono poi acuiti dal fatto che Amazon, come detto, permette l'archiviazione non solo delle canzoni legalmente acquistate sul suo servizio ma di tutto quanto l'utente ha scaricato sui propri hard disk e dunque, potenzialmente, proveniente anche da circuiti non autorizzati. La societ di Jeff Bezos, si difende affermando che la sua una normale offerta di storage online analoga a quella che gi proposta da centinaia di aziende arricchita da un'applicazione che consente l'ascolto. Dal punto di vista tecnologico non una novit (altri gi fanno entrambe le cose), quello che cambia la dimensione del soggetto che lo propone. Il che per le etichette musicali fa una certa differenza. www.effecinque.org
oveva essere Apple e il suo negozio di musica iTunes. Invece potrebbe essere Google e il suo YouTube a portare, una volta per sempre, la musica nel millennio digitale. Almeno per come, da Napster in poi, gli utenti hanno sempre desiderato questa rivoluzione: un immenso jukebox di note a portata di click, con accesso istantaneo e senza alcuna limitazione di copyright o lucchetti digitali. Nellattesa che anche in Italia arrivino servizi di successo come Spotify (una sorta di iTunes gratuito dove si trovano milioni di tracce musicali), i navigatori del Belpaese non devono pi dividersi tra leterno dilemma: scarico quel disco sui servizi illegali di peer-to-peer (danneggiando, magari, i gruppi indipendenti) o la compro su iTunes (andando cos ad ingrassare le cas-
di Bruno Di Marino
se delle major del disco e della Mela Morsicata che trattengono la gran parte dei proventi)? Ormai quando si vuole ascoltare una traccia - sia lultima hit poptrash di Lady Gaga o la raffinata esecuzione jazz di una band sconosciuta - basta digitare il titolo su YouTube e il gioco fatto: si pu scegliere tra il videoclip ufficiale o quello in versione karaoke, tra la traccia originale o la cover di nicchia; per gli ascoltatori pi compulsivi anche possibile lanciare le tante playlist personalizzate create dai fan o aggiungere un plugin che ripete allinfinito una canzone senza dover cliccare play again. Il portalone di video-sharing del colosso di Mountain View oggi quanto di pi simile al jukebox celestiale sognato agli albori della rete. E questo grazie alla tenacia (di certo non disinteressata) di Google, che ha resistito per anni al fuoco aperto dalle major del disco a colpi di cause milionarie. Negli ultimi anni YouTube sembra aver trovato finalmente la quadratura del cerchio, in grado di fare contenti sia gli utenti che lindustria discografica. Questultima stata convinta a scendere a patti con la grande G allettata da partnership che le garantiscono proventi pubblicitari molto pi alti rispetto a quelli dei semplici utenti. YouTube ha poi messo a punto Content ID, un sistema di identificazione delle note musicali che permette di retribuire in maniera pi semplice gli aventi diritto (musicisti e major). E cos, ogni qual volta un normale utente mette una canzone di Charlie Brown nel filmato del proprio matrimonio, Google pu riconoscere automaticamente la traccia e chiedere allutente se vuole cedere i proventi pubblicitari agli aventi diritto (piuttosto che obbligarlo ad eliminare il video per infrazione del copyright). Come dire, uno schema win-win che da una parte non limita la libert degli utenti e dallaltra fa contento chi vive la musica come un business. Insomma, il modello della musica free per gli utenti e sostenuta dalla pubblicit per i produttori sembra funzionare. Come dimostra lesperimento promosso dalla stessa Google in India, dove stato lanciato il motore di ricerca Music Lab (http://www. google.co.in/music/): basta digitare il nome di una band, un album, una traccia per aver accesso e ascoltare la discografia completa di gran parte dei dischi in hindi (con le produzioni di Bollywood a farla da padrone). In realt Music Lab non rappresenta niente di innovativo rispetto a Spotify, il servizio di ascolto illimitato di musica in streaming al momento presente solo in Finlandia, Francia, Olanda, Norvegia, Spagna, Svezia e Gran Bretagna. Lunica differenza che la startup svedese (che ancora non ha trovato modo di sbarcare in Italia) ha scelto la formula freemium: ascolto illimitato e gratuito per 20 ore al mese (con inserzioni pubblicitarie tra una traccia e laltra), dopodich si inizia a pagare un abbonamento mensile (9.99 euro) che offre una qualit migliore delle tracce e la possibilit di poterle ascoltare (anche in modalit offline) su qualsiasi dispositivo mobile. Il modello Spotify permette, tra laltro, di retribuire meglio anche le etichette indipendenti e di promuovere cos la musica di qualit che fa sempre pi fatica a sopravvivere nella giungla digitale. www.effecinque.org
GOODBYE MALINCONIA
Italia, 2011, 5, musica: Caparezza, Tony Hadley,
MUSICA DA ASCOLTARE
li ultimi due Lp dei Radiohead rimarranno nella storia. Non tanto per la qualit artistica ma per la distribuzione. Se In Raibows nel 2007 aveva suscitato scalpore per l'idea di renderlo disponibile al download a offerta libera, nel senso di offrire anche zero, The King of Limbs, pubblicato il mese scorso, costituisce una novit per il fatto di essere disponibile al download in un formato digitale dalla qualit equivalente al Cd, il Waveform Audio File Format o WAV. La scelta della band di Oxford non ha avuto la stessa risonanza mediatica del download potenzialmente gratuito che in effetti molti scelsero di non pagare di 4 anni fa ma altrettanto significativo come esperimento. possibile scaricare l'album in due differenti formati, compresso e non, con perdita di dati o meno, AAC o WAV. E per l'alta qualit si paga di pi, 11 euro contro i 7 della versione compressa con perdita di dati. La querelle sui formati digitali a perdita dati (lossy) o meno (loseless), ripropone quella pi datata e mai risolta tra analogico, il vinile, e digitale, il Cd. Tra le schiere dei lossy ci sono molti formati diversi, i pi celebri sono l'mp3, lo standard elaborato dal Fraunhofer Institute e promosso da Leonardo Chiariglione, e l'AAC, utilizzato da Apple per la compressione sulla piattaforma iTunes. Tra quelli che mantengono intatta la qualit del Cd ci sono quelli che comprimono il file, come il Flac (che arriva a dimezzare il peso), ma che poi lo decomprimono recuperando tutti i bit originari e quelli che invece lo mantengono inalterato, come il WAV, sviluppato da Microsoft e Ibm. Il successo dei lossy stato decretato da un preciso periodo storico, quello delle connessioni lente degli anni '90. Sia Mp3 che AAC infatti riducono le dimensioni del file musicale di 10 volte, portando la definizione del suono da un bitrate di 14mila kilobit al secondo (Kbps) a 128Kbps. Ci permise di trasferire i file in tempi ragionevoli mantenendo una qualit dell'ascolto accettabile se fruito attraverso le casse del pc o in cuffia su lettore mp3 portatile. Ma provare a riprodurre su un impianto stereo un brano lossy un'esperienza ben poco soddisfacente. La perdita di nove decimi dei dati originari si sente, e anche le versioni pi ricche di lossy (a 256 o a 320Kbps) depauperano non poco la timbrica e la dinamica delle note registrate. E i nativi digitali (coloro che sono nati dopo il 1990) si apprestano a divenire una generazione che ascolta una musica di qualit acustica inferiore rispetto alla generazione precedente. Finora la difesa dei formati loseless era stata affidata ai cultori dei generi pi sofisticati anche dal punto di vista sonoro, la musica classica e il jazz. Deutsche Grammophone gi da due anni mette a disposizione dei clienti online versioni Flac o WAV. Ma finora la musica pop si era limitata a migliorie qualitative nell'ambito dei formati lossy, aumentando un po' il bit rate. I Radiohead con la singolare tariffazione maggiorata per il download loseless sta testando, volontariamente o meno, il polso al mercato e finora i risultati sono abbastanza sorprendenti. Secondo quanto rivelato da 7Digital, la societ che cura la distribuzione online di The King of Limbs, il 40% ha optato per il WAV, disposto a pagare il 55% in pi rispetto all'AAC. In realt non del tutto chiaro cosa giustifichi la differenza di prezzo, visto che i costi per l'industria non dovrebbero variare, e comunque non cos tanto. Ben Drury, co-fondatore di 7Digital convinto che i formati loseless non conquisteranno il mercato, almeno nell'immediato, ma che soddisfino le esigenze di una nicchia significativa di ascoltatori. Ci crede anche Universal, tra le major la pi sensibile al problema della qualit acustica, che ha inaugurato un nuovo store online che punta tutto sulla qualit. Si chiama Groovetown Vinyl e mette a disposizione un archivio in rapida via di espansione sia in formato Flac, sia in...vinile d'alta qualit. I padelloni da 180 grammi amati dagli audiofili del secolo scorso. www.effecinque.org
Come i cavoli a merenda proprio il caso di dire. Il rapper pugliese duetta insieme al front man degli Spandau Ballet in un clip che inizia con le immagini stranianti di una citt (Milano) da cui sembra se ne stiano andando via tutti. Il volto di Hadley che canta il refrain si affaccia dalla skyline dei grattacieli e, poi, tra una citazione e laltra (soprattutto di spot pubblicitari), ritroviamo la strana coppia a bordo di un camion in fuga da unItalia dove neppure il caff sa di caff ma sa di caff di Sindona. Enigmatico, fantascientifico (e forse profetico) il finale di Struchil, con i due viaggiatori abbagliati da una luce irreale alla Incontri ravvicinati del terzo tipo. Il regista ancora una volta chiamato a tradurre in immagini le canzoni di Caparezza come era gi avvenuto con Eroe e Vieni a ballare in Puglia e lo fa con il solito (e azzeccato) tono surreale. Fotografia di Massimo Schiavon, montaggio di Luca Angeleri.
Curioso clip questo della cantautrice originaria di Wellington. La Fraser viene filmata con una serie di carrellate in avanti o allindietro, acconciata o vestita in modi diversi ma sempre allinterno di un appartamento. A inframezzare queste sequenze di playback concorrono alcuni inserti in animazione raffiguranti una bambina che cammina nei boschi o naviga per mare. La disomogeneit delle due situazioni compensata da un che di fiabesco che attraversa limmaginario sonoro e visivo della musicista neozelandese. Il singolo incluso nel suo terzo album dal titolo Flags.
I CAN BE A FROG
Usa, 2009, 220, musica: The Flaming Lips, regia: Wayne Coyne e George Salisbury, fonte: Youtube.com
In una radura c una ragazza in bikini che mima una serie di animali (posso essere una rana, recita il testo della canzone) divertendosi come una matta. In sovrimpressione sul suo corpo vediamo materializzarsi, in animazione, le figure da lei evocate. Alla base del clip della ormai quasi trentannale band di rock psichedelico proveniente da Oklahoma City c un semplice piano sequenza, su cui per vengono sovrapposti degli schizzi (quasi degli scarabocchi infantili) a passo uno di colore giallo, grazie ai quali la ragazza si trasforma negli animali della giungla. A codirigere I can be a Frog incluso nellalbum Embryonic lo stesso leader del gruppo insieme al disegnatore George Salisbury.
Al povero Collins tocca vagliare tutte le idee che una serie di registi gli propongono per il video del suo brano: dal western al musical, dal cappa e spada allanimazione. E nessuno davvero convincente. Insomma Yukich, il regista preferito dal musicista inglese, confeziona un metavideoclip per prendere in giro il music video medesimo, con il suo campionario di stereotipi e banalit. La musica intervallata da dialoghi tra il front man dei Genesis e gli aspiranti videomaker e ci sono delle gag anche piuttosto esilaranti. Rispetto ad altri lavori della coppia Yukich-Collins questo Dont Loser My Number indubbiamente riuscito, se non altro per la variet di stili che mette in gioco.
SEGUE DA PAG 10
SINTONIE
filippo brunamonti a. catacchio mariuccia ciotta silvia collins giulia da. vallan marco giusti cristina piccino roberto silvestri
IL FILM
ghesia e sul suo facile cadere nella prostituzione di ogni tipo. (m.gi.)
RIO 3D
DI CARLOS SALDANHA. ANIMAZIONE. USA 2011
HABEMUS PAPAM
DI E CON NANNI MORETTI; CON MICHEL PICCOLI, FRANCO GRAZIOSI, JERZY STUHR, MARGHERITA BUY, RENATO SCARPA, ROBERTO NOBILE. ITALIA 2011
OFFSIDE
DI JAFAR PANAHI; CON SIMA MOBARAK-SHAHI, SHAYESTEH IRANI. IRAN 2006
OSTIENE GAMER
di Carlo Avondola
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Il pappagallo Blu vive tranquillamente nello zoo del Minnesota convinto di essere lultimo esemplare di una rarissima specie di uccelli. Quando viene a sapere che in America stato avvistato un altro uccello simile a lui fugge dallo zoo con la speranza di incontralo. Anche perch si tratta di un esemplare femmina, di nome Jewel.
SCREAM 4
DI WES CRAVEN; CON NEVE CAMPBELL, DAN FARWELL. USA 2011
In questo quarto capitolo della serie Sidney diventata autrice di un manuale di autodifesa e come ultima tappa del tour promozionale del libro torna proprio a Woodsboro. L riallaccia i contatti con lo sceriffo Dewey e sua moglie Gale, e anche con la giovane cugina Jill e la zia Kate. Ma, con il ritorno di Sidney a casa, tornano anche gli omicidi di Ghostface.
7 7
Tratto dalla biografia che lo scrittore Tiziano Terzani ha dettato negli ultimi mesi della sua vita, isolato nella casa sugli Appennini al figlio Folco, a partire dal superamento della paura della morte. La sua vita stata segnata profondamente dallesperienza orientale, ma il suo carattere sanguigno spesso in contrasto con lassoluto abbandono dalle cose di questo mondo che pure professa. (s.c.)
Alla morte del Papa si riunisce il Conclave per eleggere il nuovo pontefice. Il prescelto, dopo alcune fumate nere, un cardinale francese di nome Melville (Piccoli), in preda a dubbi e fortissime ansie e per questo cade in depressione, per il timore di non essere in grado di salire degnamente al soglio pontificio. Il Vaticano chiama allora uno psicanalista, il professor Brezzi (Moretti) perch lo assista. Sar interessante vedere come e se Nanni Moretti inserisca lelemento della grazia che, secondo la religione cattolica illumina e sostiene il prescelto. Melville prende il nome di Celestino VI, una scelta non casuale, poich il suo predecessore, Celestino V, un frate che viveva in una grotta, alla notizia rifiut la carica, poi nel 1294 dopo soli quattro mesi abdic motus ex legittimis causis, idest causa humilitatis (anche se si sospetta di una mossa del cardinale Caetani per essere eletto a sua volta) (s.c.)
Panahi divenuto uno dei simboli della repressione del regime iraniano dopo le lotte del movimento verde e dellopposizione con cui il regista si schierato pubblicamente, agli arresti domiciliari in attesa dellultimo processo. Un gruppo di ragazze vogliono andare allo stadio per le eliminatorie dei campionati del mondo. In Iran alle donne proibito, troppo promiscuo e le ragazze si travestono da ragazzi. Catturate dai soldati espongono le loro ragioni. Panahi non ci offre risposte, irriverente, tenero, ironico, teso nel ragionamento lucido della sua critica, fa saltare ogni convenzione. (c.p.)
POETRY
DI LEE CHANG-DONG, CON YOON HEE-JEONG, AHN NAE-SANG. SUD COREA 2010
IL FESTIVAL
FUTURE FILM FESTIVAL
BOLOGNA 20 - 23 APRILE
FUGHE E APPRODI
DI GIOVANNA TAVIANI; CON FRANCESCO D'AMBRA. DOCUMENTARIO. ITALIA 2010
Piero Cicala un cantante che ha avuto successo con una sola canzone, Io, te e il mare, negli anni Ottanta, dopo di che il nulla e si messo a fare il cameriere nel locale della sua ex moglie in Puglia. Ma un giorno lo chiamano per una trasmissione tv e deve faticosamente ritrovare la sua immagine di una volta. A Roma incontra la famosissima Talita Corts, che lo scambia per un cantante di successo e lo trascina nel suo mondo di gossip. Nel cast Iaia Forte, Fabrizio Buompastore, Tot Onnis, Roberto De Francesco.
C CHI DICE NO
DI GIAMBATTISTA AVELLINO; CON LUCA ARGENTERO, PAOLA CORTELLESI. ITALIA 2011
Girato ben due anni fa, quindi prima della rinascita della nostra commedia era stato messo in naftalina e il successo del film di Max Bruno Nessuno mi pu giudicare con Paola Cortellesi lo ha fatto tirare fuori. L la soluzione era diventare escort, qui si diventa brigatisti e si passa allazione contro baroni e raccomandati. Siamo di fronte a una materia troppo calda e vera per far scivolare tutto in commedia e Avellino non il Billy Wilder di Lappartamento. Notevoli alcuni attori di contorno: Edoardo Gabbriellini fa quasi un assolo che vale tutto il film come poliziotto toscano, Chiara Francini la pi divertente di tutti, Myriam Catania, infine, risolve in maniera abbastanza originale un personaggio contorto di raccomandata di sinistra, ma il film non risolve mai il suo nodo centrale, farci ridere in un paese di merda sui nostri veri problemi e drammi di tutti i giorni. (m.gi.)
Tutto diventa leggenda tra le Eolie di Giovanna Taviani che scopre tra unisola e laltra lincanto, i drammi, i misteri del passato. Arrivata sullisola a 4 anni per la prima volta, interprete poi di Kaos del padre Vittorio e dello zio Paolo. Non ci sono solo gli spiriti che gli abitanti giurano di aver visto a Vulcano, ma le presenze ancora palpabili di Rossellini, Magnani e Ingrid Bergman, di Antonioni, di Massimo Troisi alla spiaggia di Polara che il mare si mangiato. Rivediamo gli esuli Rosselli, Lussu e Nitti esiliati e poi fuggiti in Tunisia, larrivo di Edda Ciano nel 45 e lincontro con il suo "unico comunista". Rapiti tutti i giovani da Barbarossa, in fuga a migliaia gli emigranti da Stromboli dopo leruzione del 30, da Salina colpita nel 20 scomparsi i mercanti con i cento velieri, volate via le streghe del vento di Lisca bianca. Voga tranquillo attraverso i secoli con la sua tartana dalla vela rossa Franco, il pescatore. Un film che come la calma prima della tempesta, ora che il Mediterraneo nuovamente sconvolto. (s.c.)
Il viaggio alla scoperta del futuro del cinema, il Fff diretto da Giulietta Fara e Oscar Cosulich, si apre il 20 aprile con l'anteprima italiana di Cappuccetto Rosso Sangue, il film dalla regista di Twilight Catherine Hardwicke con Amanda Seyfried e Shiloh Fernandez. Il 21 aprile sar ospite del festival Luc Besson, per presentare il suo nuovo film Arthur 3 La guerra dei due mondi. Eventi speciali: il making of di Rango, lultimo film della Industrial Light & Magic, mentre la regista Leslie Iwerks illustrer il documentario sullIndustrial Light & Magic di George Lucas. Si celebrer il centenario dalla nascita del massmediologo Marshall McLuhan con McLuhan 100, e della tecnica di animazione Flash. Lucio Dalla debutter come doppiatore in Apa, lartista Eleuro sar protagonista di un live painting. Film in concorso, fuori concorso, e follie di mezzanotte come Karate Robo - Zaborgar del giapponese Noboru Iguchi, Helldriver di Yoshihiro Nishimura e latteso supereroe di bologna Iros di Bob Ferrari. (s.c.)
Lattrice sudcoreana Yoon Hee-Jeong, superstar fin dallesordio nel 1967 fino agli anni 80, e simbolo dei megastudi Hapdong, in troika con Moon Hee e Nam Jeong-im, ha interpretato 330 film, pur abbandonando spesso i set per dedicarsi anche alla sua vita privata. Mija, leccentrica nonna che si scopre poeta a 66 anni, nonostante un incalzante alzheimer, diretta da Lee Chang-dong, ex ministro della cultura (2003-2004). (r.s.)
LA RADIO
RADIOTRE FESTIVAL
CERVIA, MAGAZZINO DEL SALE, TEATRO COMUNALE, FINO AL 17 APRILE
JU TARRAMUTU
DI PAOLO PISANELLI. DOCUMENTARIO. ITALIA 2010
BORIS - IL FILM
DI GIACOMO CIARRAPICO, LUCA VENDRUSCOLO, MATTIA TORRE; CON FRANCESCO PANNOFINO. ITALIA 2011
Esce il 6 aprile, anniversario del terremoto dellAquila il film di Paolo Pisanelli (Don Vitaliano, Il sibilo lungo della taranta, Il teatro e il professore) direttore artistico del festival Cinema del reale girato in quindici mesi di riprese per raccontare una citt passata dalla rassegnazione alla rivolta, dalle risate degli imprenditori fino al popolo delle carriole. Pisanelli mette in risalto il silenzio dellelaborazione del lutto mentre attorno il frastuono mediatico impazza, riprende tutto quello che non c pi: il paesaggio sparito, la storia cancellata. Finch gli aquilano hanno deciso di buttare gi gli sbarramenti e riappropriarsi della loro citt. (s.c.)
Radio tre incontra i suoi ascoltatori sullAdriatico, a Cervia con le tramissioni in diretta. Oggi: Radio3 Mondo (ore 10), Annamaria Giordano ci porta ne cuore del mondo arabo con la scrittrice egiziana Randa Ghazi e Osama Al Saghir, collaboratore di Al Jazeera e direttore di Afaq International. Alle 12, dal Teatro comunale i Concerti del mattino, alle 15 la Barcaccia con la soprano Desire Rancatore, il quartetto gli Ex al Magazzino del sale, quindi incontro con Dacia Maraini a Farenheit, Teatri in diretta con la compagnia I Sacchi di Sabbia, il Cartellone di Radio3 Suite con Stefano Bollani ed Enrico Rava. Domenica si apre con Uomini e profeti, Gabriella Caramore incontra Roberta De Monticelli sulletica pubblica. Alle ore 10.50 speciale Hollywood Party con Elio Pandolfi e Steve Della Casa, una puntata dedicata a Marcello Mastroianni a quindici anni dalla sua scomparsa. Alle 13 Il dottor Djemb con Stefano Bollani e David Riondino con uno degli fondatori degli Area, Patrizio Fariselli. (s.c.)
Diventa nelle mani del canadese di Crash e Million dollar baby (l sceneggiatore), appena sbarazzatosi della pesante teologia omofobica di Scientology, un omaggio situazionista al cinemaperfetto e libertario di Don Siegel (Charlie Varrick) piuttosto che un thriller dagli incastri emotivi danzanti e hitchcockiani. Al contrario di Cane di paglia, dove luomo ordinario lottava per ribadire la centralit della struttura patriarcale, qui i suoi alleati sono i fuorilegge e i suoi nemici i fuorilegge moderati e embedded (junky, avvocati, istituzioni). (r.s.)
SPACE DOGS IN 3D
INNA EVLANNIKOVA E SVYATOSLAV USHAKOV, ANIMAZIONE. RUSSIA 2010
LA MOSTRA
ALFREDO BINI TRASMIGRAZIONI
PERUGIA. ROCCA PAOLINA, SALA CERP, FINO AL 17 APRILE
In orbita con Belka (Scoiattolo) e Strelka (Freccia) che il 19 luglio 60 partirono a bordo di una capsula spaziale e rientrarono vive, simbolo della corsa celeste tra Usa e Urss, primo film d'animazione in 3D realizzato in Russia per il 50 anniversario del volo. Belka e Strelka sono state oscurate dalla tragedia di Laika. L'animazione scolpita nei pixel con l'accetta, al di sotto degli standard dettati dalla Pixar/Disney (ed europei). Da ricordare, invece, Sputnik 5 di Susanna Nicchiarelli (abbinato a Cosmonauta), corto sperimentale, un omaggio italiano a Belka e Strelka. (m.c.)
La televisione come la mafia. Non se ne esce che da morti,dice con realistica rassegnazione uno dei personaggi. vero, purtroppo. E lo anche per questa strampalata, divertente, allegra versione cinematografica di una delle serie televisive pi innovative di Sky e Fox, dove ritroviamo per intero lo stesso cast di attori capitanato da Francesco Pannofino. Il limite quasi naturale del film risiede proprio nel non potersi staccare troppo dalla sua matrice seriale e televisiva e doverci fare entrare tutto. Questo non toglie che arrivi come una fresca e notevole sorpresa in questa stagione dove trionfa solo il nuovo e il giovanile. E segni, inoltre, il ritorno del politicamente scorretto nel
NESSUNO MI PU GIUDICARE
DI MASSIMILIANO BRUNO; CON PAOLA CORTELLESI, RAOUL BOVA. ITALIA 2011
Divertente opera prima dello sceneggiatore Massimiliano Bruno, targata Lucisano-01, che si presenta come una filiazione delle commedie di Fausto Brizzi, qui soggettista e produttore artistico, ma pi ricco di gag e battute, nuovo tipo di commedia di ambientazione coatta, con un mischione di personaggi cinici stupidi amorali ma tenerelli, tutti interpretati da piccole e grandi star della tv intelligente, senza mai perdere una leggerezza e piacevolezza di storia. Un film abbastanza cinico e realistico sul crollo della piccola bor-
Al Festival Internazionale del Giornalismo di Perugia dal 13 al 17 Aprile si pu visitare leccezionale mostra del fotografo Alfredo Bini Trasmigrazioni, un viaggio di migliaia di chilometri sulla pista transahariana per la Libia, percorso obbligato per chi tenta di arrivare in Europa fermandosi a Lampedusa. Dai primi mesi del 2009 circa 8000 migranti ogni mese hanno attraversato il deserto del Tenere. Il reportage che abbiamo pubblicato in parte anche su Alias, mostra chi si ferma nelle citt per cercare di guadagnare del denaro e raggiungere Dirkou, loasi da cui hanno luogo le partenze per la Libia, chi resta senza denaro ed costretto a restarvi sotto padrone in attesa di proseguire il viaggio, gli oggetti abbandonati lungo il cammino. Alfredo Bini appena tornato con un nuovo reportage dalla Libia, dove ha viaggiato con il nostro inviato Stefano Liberti nelle zone di guerra. (s.c.)
La classicit del film (delusi gli ultras dellhorror) sta solo nella visione radicale della New Hollywood, i fantarealistici deliri del regista, produttore, sceneggiatore, compositore di Carthage, capo della rivolta degli operai alieni, marziani, zombie, vampiri e sempre a caccia del Signore del male, non richiedono il 3D. Tutto filtrato dagli occhi di una Barbie indocile, Kristin (Heard), braccata nel bosco, presa davanti a una casa in fiamme, inginocchiata di fronte a unaltra se stessa. Carpenter mantiene la furia verso le istituzioni repressive. (m.c.)
Enter the void. Nausea da frammentazione provocata dalla immensa ma poco liberatoria - disponibilit cine-visiva offerta da YouTube? Non un antidoto, piuttosto un'ipotesi pi selettiva e teoricamente consapevole di ci che viene mostrato fornita da IWDRM, ovvero If we don't, remember me (www.iwdrm.tumblr.com), un sito che raccoglie frames di titoli pi o meno celebri, accompagnati da didascalie e soprattutto trasformati in micro-clips dall'animazione di immagini poste in sequenza, un procedimento che spoglia il film in un unico dipinto di celluloide, disposto sorprendentemente a prender vita cos come poteva immaginarsi e concretizzarsi nella imagerie letteraria fantastica dei secoli pre-cinematografici. L'indice dei titoli tradisce una tacita ma evidente scelta tematica: al di l dello statuto cristallizzato di culto di tasselli scontati per imprescindibili (voil Kubrick: i ghigni di Shining e Arancia meccanica), sono ad esempio gli occhi a catturare l'attenzione, per fissit intensa di sguardi (in macchina) o semplice movimento di palpebre (The Fearless Vampire Killers, con Suspiria e Persona, le godardiane Anna Karina di Alphaville e Brigitte Bardot del Disprezzo amante del Cinemascope), o ancor pi suggestivamente i capelli, mossi pi o meno in maniera impercettibile a dichiarare lo stato in luogo emotivo del soggetto rappresentato (Monica Vitti in L'eclisse, Peter O'Toole in Lawrence d'Arabia, Jean Marais in Orphe, ma anche il James Taylor dell'hellmaniano Two-Lane Blacktop). Se l'esegesi sul voyeurismo non pu che avere in L'occhio che uccide di Michael Powell il suo nodo teorico pi inestricabile, con la pellicola che scorre riflessa sulla figura di Carl Boehm, sono forse tre le postcards animate (ma non troppo) che esaltano il postulato di IWDRM, e cio i volatili che fuoriescono dai cadaveri nella Montagna sacra, l'erotico incrocio di sguardi semovente e accarezzato nell'ineffabile Szamanka di Andrzej Zulawski (Qualsiasi divinit una divinit di morte) e il definitivo monito di libert individuale e collettiva raffigurato da una serie di oggetti in falso movimento, un numero, una feritoia e una luce rotante, immersi in un rosso saturo e resistente a tutte le forme di censura del pensiero (Fahrenheit 451). Uccise la famiglia e and al cinema. Un sicuro antidoto per rimediare alle miserie dell'horror contemporaneo, angustiato dal deserto dell'invenzione (ir)risolto a colpi di reboot dalla Hollywood embedded style costituito dal mega-ufo Dementia (1955), opera unica di tal John Parker, vittima immediata della censura dopo una apparizione in un'unica sala newyorkese e recuperata successivamente dal mercante di exploitation Jack H. Harris in versione survoltata e intitolata Daughter of horror. In una sordida stanza d'albergo una donna entra ed esce da un incubo muto e in bianco e noir, dove ammazza i genitori, si concede al vizio, finch un riccone ripugnante non la carica in auto. Da cercare in cima al mondo (ma Amazon dovrebbe bastare), quasi da contro-inaugurazione retrospettiva (Joe Dante lo adora) per i paludati festival condannati dal protocollo all'eterno riproporsi dell'identico.
e la fedelt si tempra e si misura col tempo, attendibilissimo il banco di prova di Mavis Gallant, autrice canadese oggi quasi novantenne, narratrice austera, tenace ed elegante. La fedelt alla scrittura ha sempre avuto, in lei, un basilare legame con lautonomia personale e con la predilezione quasi assoluta per la forma-racconto. Decisa a vivere solo della propria narrativa, Mavis Gallant lasci il Canada per la Francia nel 1950, prima di compiere trentanni. Allora la mitica Parigi di Hemingway aveva palazzi anneriti da decenni e decenni di fuliggine e sporcizia che ricorder avrebbero incupito quei primi inverni europei. In Canada lasciava un impiego come cronista e un marito da cui aveva divorziato ma di cui continu a tenere il cognome (da signorina si chiamava Young). Bilingue, ha vissuto e vive in francese ma ha sempre scritto in inglese, in quella che sentiva come la lingua dellimmaginazione. Di area anglosassone, del Nord-America o del Canada anglofono, sono stati i suoi primi editori o committenti, a partire dal New Yorker su cui sono apparsi in gran numero e con gran successo i racconti che le hanno garantito lindipendenza. In Europa ha avuto una fama per cos dire di ritorno, spesso mutuata dallInghilterra; in Italia la sua notoriet si diffusa tardivamente, anzi, rimasto senza durevole eco Sospeso in un pallone, dodici storie parigine tradotte da Ettore Capriolo per Bompiani nel 1989, Mavis Gallant di fatto una riscoperta recente, dovuta alla Bur che nel 2005 ha proposto la raccolta Al di l del ponte nella collana Scrittori Contemporanei Original. Da allora Bur ha pubblicato con costanza altre raccolte di racconti, una ogni due anni, fino ai recentissimi Piccoli naufragi, tradotti da Chiara Gabutti (postfazione di Michael Ondaatje, pp. 187, 9,00). Indubbiamente Mavis Gallant ha scontato, da noi, gli umori e le declinazioni di potere del mercato, ma il suo nome, ora, sta varcando il crinale della fruizione dlite. Fruizione dlite, geografica e insieme di genere, della quale aveva goduto grazie ad antologie che avevano meritoriamente tentato incursioni nuove: Rose del Canada. Racconti di scrittrici canadesi (a cura di Pier Paolo Zerilli, Edizioni e/o, 1994); Donne in viaggio: voci femminili del Canada, racconti di Mavis Gallant, Janice Kulyk Keefer, Jane Urquhart (a cura di Giovanna Mochi, Le Lettere, 2007). Ma se la sua formazione giovanile legata alla terra dorigine, da sessantanni Mavis Gallant vive in Europa: se pu sembrare doveroso chiamare in causa alcune signore canadesi con forte inclinazione alla forma-racconto, come Alice Munro, autrice di congegni esatti e inesorabili, e Margaret Atwood, pi orientata alla fantascienza, e a tematiche femministe o ecologiste, certe ricercatezze della prosa di Mavis Gallant, certo modo di mettere a fuoco i dettagli e sbalzare i sentimenti, possono rimandare alla nitidezza della neozelandese Katherine Mansfield e al suo finissimo modernismo. Rispetto alle conterranee, Mavis Gallant sembra privilegiare, alRay K. Metzker, meno nei racconti tradotti in ItaPictus interruptus: lia, scenari urbani parigini e pi laPhiladelphia, tamente europei, legati al presen1977, da: City Stills, te e alla memoria rievocata nella Prestel 1999 sua potenzialit di totale coinvolgimento intellettuale e sensoriale. Quando ambienta un racconto nella Parigi di quarantanni prima, Gallant lascia interferire, con le insondabili stratificazioni della memoria, limmaginazione e linvenzione, in modo che possano affiorare solo lacerti di ricordi in edifici primariamente letterari, e dunque artificiali, senza vistose intromissioni autobiografiche. Non estranea alla scelta di vivere lontana dalla patria , per, lattenzione a forme diverse di esilio che lha resa una perfetta esploratrice dello spaesamento, come ha scritto Elisabetta Rasy nella prefazione che accompagna Un fiore sconosciuto e altri racconti (Bur,
2009). Indaga spaesamenti di luogo e di tempo, certo, ma sempre con carattere squisitamente esistenziale, spesso sommerso, capace di affiorare in screziature minime dei rapporti interpersonali, in sfumature impalpabili, nel non detto pi che nel detto. I piccoli naufragi che rubricano la raccolta recente, non derivano, come di consueto, dal titolo di uno dei racconti, sono invece le linee del destino lette sulla mano di un pittore tenero e svagato che ha sbagliato tre matrimoni e invecchia, vulnerabile, incapace di rancore e di autosufficienza. Alla prosa limata e solida di Mavis Gallant appartiene una qualit particolare: sembra avere marca e passo classici, invece sottilmente spiazzante. Si muove tra fluidit vischiose e cristallizzazioni ta-
glienti. Virtuosa (virtuosistica) la sua abilit di introdurre voci e punti di vista diversi, come se giocasse il lettore prendendolo alle spalle, facendolo ritrovare dimprovviso nei pensieri di un personaggio nuovo. Ambigue possono risultare le combinazioni dei tempi narrativi, perch i flash-back, pi che giustapporsi al presente della narrazione, scorrono, slittano, si insinuano infidi ma tangibili nei processi ragionativi dei suoi personaggi. Straordinaria la mistione dei tempi dei sentimenti e delle pure astuzie commerciali nel racconto Lidea di Speck, un gallerista parigino che tenta la
mostra giusta al momento giusto andando a cercare la vedova di un pittore degli anni trenta in odore di fascismo. Straordinaria la perfezione della tessitura, filo per filo, in un ordito fittissimo, di realt affettiva personale e realt della storia: linsulto che il gallerista riceve dalla moglie che mentre lo pianta gli grida immotivatamente fascista, la vetrina di un libraio punto dosservazione abituale della destra, la seduta in loggia di un gruppo di massoni, la gradualit con cui conquista la fiducia della vedova e la soluzione volpina di questa. Pungenti doti di ironia dimostra quando descrive il cinismo di Speck che vuole la piccola resistente rotella saldamente incastrata nel meccanismo sbatacchiante e turbinante del commercio di opere darte, os-
sia lartista stesso. incisiva e amara quando osserva il ruolo subalterno delle donne nel dopoguerra, in Canada e in Europa, quella soggezione che al nipote racconta Irina, nel racconto omonimo, vedova di uno scrittore svizzero forte come Rasputin e ingombrante da vivo e da morto: Sai, a quei tempi le donne non avevano risorse proprie. Erano come pacchi avvolti nella carta marrone e legati con la corda. Come pacchi, venivano passati dal padre al marito. Per rendere il pacco pi attraente lo decoravano con ricci e lezioni di piano, e anelli e monete doro e banconote e azioni. Solo dopo aver valutato tutte le decorazioni il nuovo proprietario scioglieva i nodi. I racconti di Mavis Gallant sono pieni di figure femminili vissute in peculiari
zone dombra, capaci per di rivendicazioni e di riscatto a partire dallosservazione critica e dalla riflessione personale sulle dinamiche sociali. Indimenticabile, nel racconto Il bambino dei Fenton, della raccolta Variet di esilio (Bur, 2007), lacuta e moralissima Nora, consapevole del divario tra classi sociali, orgogliosa delleducazione e della cultura ricevute dal padre e capace di una distanza virginale ma non rigida dalla realt. Altrettanto indimenticabile la Florence di Agosto, il racconto che chiude Piccoli naufragi, giovane moglie depressa ma non disarticolata, lucidamente sfuggente a una madre fallita e a un marito sempre applaudito come una foca da circo, lunica che sa sentire lurto del silenzio quando si infrange come ondate.
Limata, solida, sottilmente spiazzante: dopo la (tardiva) fruizione di genere, la novantenne scrittrice, che vive in francese e scrive in inglese, arriva al grande pubblico
Unantologia 1948-2008, da Elizabeth Eyberg (n. 1915) a Makhosazana Xaba (n. 1957), apre uno squarcio di poesia dolente e politica, immersa in piante e animali, e ragionante, infine, oltre il lutto post-apartheid
VAGABONDING
L I B R I E V I A G G I
di Viola Papetti
ovit assoluta, questa antologia di poesie che ci arriva con limmaginario vento del Sudafrica, Isole galleggianti Poesia femminile sudafricana 1948-2008, con testo a fronte, a cura di Paola Splendore e Jane Wilkinson, ottime le traduzioni di Splendore e ricca di informazioni lintroduzione di Wilkinson (Le Lettere, pp. 242, 19,00). Il titolo ancora un omaggio alla poesia inglese, come a volte avviene nei testi post-coloniali, ma in questo caso lispiratrice Dorothy Wordsworth, la sorella infelice del grande William, autrice dei Diari di Grasmere, che all ombra del fratello pubblic alcune poesie tra cui Floating Island, nel 1842. La sua isola non scompare del tutto sotto il lago di Grasmere, ma andr a fecondare altre terre. Riprende la metafora Ruth Miller, nata nel 1919 e vissuta a Johannesburg insegnando inglese. La sua isola galleggiante scende per il vorticoso Zambesi verso le cascate Vittoria, ma una zattera di morte: Porta sul dorso ondeggiante/ Una mandria di cervi arenati, vivi,/ Gli occhi colmi di angoscia, gli umidi fianchi scuri/ Di sudore. Intorno borbotta lacqua./ Il fango risuona del risucchio degli zoccoli. Il nudo fatto si tramuta in allegoria, allegoria dellenorme potere della natura africana che traligna anche dalle piante e dagli animali, che tradisce o accoglie il vivente, ultima madre, estrema garanzia identitaria dellafrikaner. Cos nei giardini della biblioteca di Johannesburg, anche la bellezza dei fiori torva. La donna vecchia si confronta con la terribilit della mantide annunciatrice di morte, la calcificazione le ruba il corpo: Ridotta come sono a/ un sasso, ora non posso pi/ essere corrosa solo spaccata. (Sasso). La bellezza empirica del ragno
che non pi il filosofo illuminista di Goldsmith, ma qui vive per lavorare e lavora per uccidere le insegna la pura necessit della morte (Ragno). Di vecchiaia e di morte parla anche la pi antica di loro, Elizabeth Eyberg, nata nel 1915, che pubblic ben ventisette raccolte di poesie scritte in afrikaans o in inglese e afrikaans, quasi a garantirsi contro linstabilit della parola che non pi quella di sua madre: A chi non mi ama le mie scuse presento:/ sono cresciuta a suon di filastrocche (Bilingue). Si avverte il religioso respiro della Bibbia, il rassegnato pudore dello sguardo che non oltrepassa la cortina di teneri salici e delle inermi lavandaie in riva al ruscello nel momento in cui precipitano nella nera notte africana (Salici). In quellimmane spazio le donne non alzano la testa per scrutare lorizzonte, ma si tengono ferme a quanto pi vicino: piccoli animali, piante familiari, il proprio corpo, quello di un bambino. Cos Ingrid Jonker, suicida nel 1965, in Donna incinta canta una trenodia al suo neonato morto: Fossa o fossa,/ sono qui che canto tremante,/ cosa altro se non tremante/ con il cucciolo sommerso nellacqua Poesie visionarie, in cui le mani scoiattolo di lei e le mani pulite calde colombe di lui curano la distanza e la desolazione della citt, sulla quale infine si apre il papavero arancione del cielo (Citt desolata). La sua poesia pi
nota, Il bambino ucciso dai soldati a Nyanga del 1960, fu recitata in afrikaans da Mandela nel primo discorso tenuto al Parlamento della nazione nel 1994: Il bambino non morto/ n a Langa n a Nyanga/ n a Orlando n a Sharpeville/ e neppure a Philippi, alla stazione di polizia/ dove steso con una pallottola in testa Il bambino diventato uomo percorre tutta lAfrica/ il bambino diventato gigante viaggia in tutto il mondo. Pi di 20 persone furono uccise a Langa, 69 a Sharpeville durante le manifestazioni di protesta contro le leggi sul lasciapassare che da secoli controllavano il movimento dei neri su tutto il territorio. Era il 21 marzo 1960 quando gli abitanti di Langa si autodenunciarono alla polizia di Philippi perch sprovvisti di pass, e quel giorno oggi festa nazionale. Ma per Ingrid Jonker ora che la casa comune divisa, le parole massacrate, il paese lacerato, pu ancora la natura intatta donare conforto, fede? La verde mantide del veld, lazzurra margherita del Namaqualand sanno ancora qualcosa? Il giovane ruscello fremente di vita ha troppi segreti, nel nero ruscello si rispecchia loscurit umana. In Fluttuo nel vento losmosi con la natura non tiene, non salva. Che ne sar di me/ le pietre angolari del mio cuore non producono nulla/ il mio paesaggio il mio, duro/ feroce addolorato ma aperto Investita dalla stessa tempesta politica e umana, Ina Rousseau op-
pone una dura resistenza al fascino della natura, reale e sognata: lEden non esiste, luccello-testimone uscito dallArca annega in un mare spaventoso di sabbia, la fioritura della jacaranda diventa un banale acquerello/ una crosta leziosa e nauseante/ un inferno viola e lill. Pi sofisticata, Jennifer Davids pretende rispetto per la sua poesia dalla madre che, piegata sulla tinozza, lancia appena unocchiata sul foglio. Ma ci offre un cielo hopkinsiano: Le stelle stanotte/ sono fuochi azzurri di cortile/ che ingemmano la nera/location del cielo. La pi conosciuta Antjie Krog, per le sue cronache radiofoniche della Truth and Reconciliation Commission (TRC), istituita da Mandela e dal vescovo Desmond alla caduta dellapartheid, raccolte in Country of M y Skull (1998, Terra del mio sangue, 2006) da cui stato tratto il fim, In My Country, diretto da John Boorman. Confessioni dei bianchi torturatori, perdoni quasi impossibili, giustificazioni politiche inaccettabili. Una donna afrikaner dona a un giornalista afroamericano le poesie di Langston Hughes. Gli afroamericani stanno agli Stati Uniti, come gli afrikaner al Nuovo Sudafrica, la lingua comune un sintomo del loro malessere, e non garantisce lappartenenza. Lafrikaans, un dialetto olandese, anche la lingua madre di molti sudafricani, tra cui i discendenti degli schiavi e dei de-
tenuti politici e leader religiosi malesi portati al Capo gi nel Seicento e attraverso i secoli si contamin con le altre lingue parlate nella regione (Wilkinson). Lucidamente Krog vede il doppio di ogni cosa: la salita del verso e il movimento del feto, il doloroso nodo della colpa e del perdono, dellafrikaans come lingua del terrore e delle sue poesie: se avessi una lingua potrei scrivere per te fossi tu la mia terra me non mi hai mai voluta/ me non mi hai mai sopportata/ molte volte mi hai scrollato via/ mi hai schiacciato terra, lentamente ho perso il nome sulle labbra (Terra). La carica di violenza, asprezza, rifiuto emanata dallAfrica come scrisse Manganelli dopo un viaggio africano immobilizza specialmente le donne che diventano caute, ripiegate su se stesse e sulle poche orme che altre donne hanno lasciato. Ingrid de Kok - lunica gi tradotta in Italia da Paola Splendore (Mappe del corpo, 2008) in Rammendo e Karen Press in Lavoro di ago, scelgono lantica arte delle donne che fa sperare nella parola guaritrice del piede tranciato, della mano monca, dellorecchio trafitto, dellocchio liquefatto (Parti del corpo). Ma la speranza regge solo nellarco della poesia. In Parla il trascrittore, de Kok affronta la realt del silenzio della vittima che non pu dire, n il trascrittore descrivere, latrocit del delitto. Voce nuovissima quella di Makhosazana Xaba, classe 1957, attivista politica, autrice di poesie che auspicano la fine del lutto post-apartheid, e cantano di teneri gesti d amore. Vieni, voglio sederti in grembo/ circondarti la vita con le gambe./ In un cesto: pettini, perline, olio, conchiglie,/ per giocare con i tuoi capelli.
Un universo verbale ed esistenziale che si pone come spazio simbolico alternativo alla realt: dove il quasi ottantenne Strand tesse la propria tenebra, nutrendo con black Humor e gusto dellassurdo il suo continuo commercio con la morte
BERSAGLI
R M A N
di Caterina Ricciardi
n una delle ultime liriche di Mark Strand il protagonista seduto sulla veranda di casa vede passare un uomo e un cammello che di punto in bianco e in perfetto unisono iniziano a elevare un canto ricco di mistero. Scaturito da uninspiegabile armonia fra due esseri cos diversi, quellesecuzione sublime sembra allascoltatore da tempo in attesa di una forma di verit rivelata limmagine ideale di ogni coppia fuori del comune. Una deduzione plausibile. Eppure, interrompendo il canto, luomo e il cammello tornano indietro dal deserto in cui si erano inoltrati, si fermano davanti alluomo della veranda e gli dicono: Hai rovinato tutto. Lhai rovinato per sempre. Il breve aneddoto definiamolo una parabola surrealista di Uomo e cammello (2006) nasconde forse il segreto dellarte quarantennale di Mark Strand, e al contempo sembra implicare un indiretto messaggio al lettore (e al critico). Dopo le anticipazioni sparsamente proposte nello scorso decennio da Donzelli (con la monografia su Edward Hopper) e da minimum fax, LObliquo, Mondadori e Fandango, per mano del traduttore ufficiale Damiano Abeni, di questarte austera e sfuggente, dalla chiarezza discorsiva ingannevole, il lettore italiano oggi pu seguire il percorso in Luomo che cammina un passo avanti al buio Poesie 1964-2006 (Mondadori Oscar poesia, traduzione di Damiano Abeni, pp. 391, 15,00), unampia scelta da una dozzina di volumi, introdotta da un saggio eterodosso di Rosanna Warren. Questultima una delle figure emergenti pi qualificate della poesia femminile americana, appassionata classicista (con particolare interesse per Virgilio), amica (come Strand) di Roma e della sua storia,
BERSAGLI
M E D
XII SECOLO
Wiligelmo, il Peccato, part., Modena, Duomo I E V A L E
di Massimo Stella
a qualit della Biblioteca Medievale Carocci, nella quale si rendono disponibili ormai da anni testi tardo-antichi e medievali (non solo cristiani) che, per quanto costituiscano apporti rilevanti alla tradizione culturale europea, resterebbero altrimenti irreperibili sul mercato , si riconferma pienamente con questo Adamo ed Eva Le Jeu dAdam: alle origini del teatro sacro (pp. 318, 24,00), a cura di Sonia Maura Barillari. Si tratta di una drammaturgia del dodicesimo secolo che mette in scena larchetipico romanzo di famiglia cristiano: la caduta dei progenitori dal paradiso e la sventura dei loro figli Caino e Abele, vera e propria vicenda di maledizione, chiusa, a mo di epilogo, da una sfilata di profeti cui affidato lannuncio dellavvento di Cristo. Molti sono i meriti di questa impresa editoriale: il testo, in s, la prima opera per il teatro interamente redatta in volgare (lingua dol) da noi posseduta; ledizione in cui ce la offre Sonia Barillari la prima edizione critica italiana, condotta con impeccabile rigore filologico e corredata da unampia introduzione che, a tutto campo, esplora i diversi piani problematici in questione: dal rimodellamento drammaturgico della lettera biblica che segnala scarti abissali ed estremamente interessanti tanto da porre fondamentali quesiti sullo statuto del teatro nel quadro epistemico del mondo medievale; al contesto antropologico del tempo performativo la collocazione calendariale, le filigrane liturgiche e rituali; allinterrelazione con i documenti visivi le lastre del Genesi del Duomo di Modena rea-
lizzate da Wiligelmo, complesso rompicapo gi studiato da Chiara Frugoni, cui qui la curatrice offre una soluzione pi che condivisibile sul filo della diffusione orale in terra padana della tradizione oitanica; alla semiosi scenica e al suo lessico tecnico depositato nelle didascalie latine a uso dei clerici allestitori dello spettacolo, fino ai complessi problemi di ordine paleografico, linguistico, morfologico, fonologico e versificatorio, concernenti lunico manoscritto (conservato a Tours) che ci veicola il testo. Ma il merito pi rilevante di questo libro, almeno per il grande pubblico, costituito dalla scelta culturale che lo motiva: rimettere in questione, attraverso uninquietante figura di Eva una tra le pi inquietanti del mondo medievale, bisogna riconoscere il rapporto tra cultura cristiana e teatro, rapporto spinoso e difficile, che troppo spesso e generalmente stato neutralizzato con il controveleno del fine di-
dattico e morale. Nella cultura cristiana, si sa, il teatro il gioco del diavolo, a partire da Tertulliano (ma poi in generale nel pensiero dei Padri della Chiesa): se Satana il falsificatore (interpolator) della fondazione divina (divinae conditionis cos dice il teologo nel De spectaculis e nel De idololatria), ebbene, il teatro, che sostituisce sistematicamente alla verit le ombre di un miraggio (che sia simulazione, dissimulazione, rappresentazione) il luogo in cui si realizza pi squisitamente e per eccellenza la missione diabolica nel mondo. Il Jeu dAdam parrebbe dunque essere, in questo quadro, una mise en abme dellillusione teatrale in quanto tale, proprio perch mette in scena la falsificazione del giardino paradisiaco attraverso la seduzione/inganno di Eva. E, si badi, non si tratta di una seduzione carnale, bens intellettuale, perch ad Eva viene offerto il frutto della conoscenza. E sin qui nulla di cos straniante.
Ma grande sorpresa trovarci di fronte ad una Eva perfettamente consapevole e autodeterminata (che Sonia Barillari sa rendere attraverso una traduzione accattivante, pur nella sobria rigorosit), per non dire, senza alcun timore di forzature, illuminata. Questa Eva, infatti, non cede semplicemente alla tentazione: tuttaltro, la vuole provare (car nel crerai de nule rien tant que lasai), perch lei per prima ha saputo mettere alla prova Satana (car lasaiai) e ha dunque ben presente che un traditore. Non stupisce che su questo punto del testo, come si evince dallapparato critico, ci siano stati diversi interventi degli editori per scippare ad Eva le battute cruciali: questa edizione gliele restituisce. Quando poi veniamo alla scena in cui entrambi mangiano il frutto della conoscenza (pome de tut saver), assistiamo a un altro colpo di teatro: non appena ha gustato, Eva non solo non avverte il minimo senso del peccato, ma si proclama felicemente invasa dalla nuova sapienza: Dio, che sapore! []Ora i miei occhi vedono con tanta chiarezza, rassomiglio a Dio, lonnipotente. Ogni cosa che stata, ogni cosa che sar, io la conosco alla perfezione, e la padroneggio pienamente. solo Adamo a percepire il sapore del male e a cadere in ginocchio, vergognoso e tremante, come quel servo ignorante che Satana gli rimproverava di essere. Quale altra immagine di Eva illuminata ci si chiede sta nella nostra memoria se non lEva gnostica degli Ofiti (la setta del Serpente) e dellApocrifo di Giovanni, lEva inviata nel giardino dalle potenze superiori per liberare luomo-Adamo dallinganno del Cattivo Demiurgo, il Dio malvagio di questo mondo? Ma il sapore di quel frutto anche il gusto del teatro: lEva del Jeu dAdam sembra proprio saperlo, insieme, probabilmente, a quei chierici mattacchioni che facevano i registi dello spettacolo; e la conoscenza, poi, che quel frutto dona anche il gioco tutto speciale del conoscere che il teatro mette in movimento, non per la via della verit, ma per la via della rappresentazione. Viene proprio da dire, parafrasando John Ford, peccato che per i teologi cattolici Eva sia solo una puttana! Certamente lautore del Jeu dAdam ci racconta una storia diversa, nella consapevolezza che mettere in scena una tentazione, anzi, una trasgressione, cos gnoseologicamente saporosa, significa diffondere scientemente il contagio diabolico.
di Alvar Gonzlez-Palacios
urante uno dei vari viaggi che ho fatto in India mi capitato di trovare sul sedile del treno in cui viaggiavo una signora ciarliera e simpatica che non smise di parlare per un paio dore. E tanta fu la foga con cui abbandon lo scompartimento che dimentic un piccolo taccuino di pelle che non esitai ad aprire. Qui ne riproduco alcune pagine anche se so di fare una cosa indiscreta. Mi dispiace che tanta spontaneit resti inedita. Non so chi sia lautrice. Non ci presentammo. E mi sono guardato dal fare ricerche in merito. Le tre iniziali goffrate sulla copertina del libretto erano state cancellate, restava il titolo sulla prima pagina: Da viale Parioli a Benares. *** Ci si alza al buio. Nebbia, molta umidit; volo breve ma comunque pi di unora fino ad Indore. Poi tre ore di macchina fino alla nostra destinazione, a poco pi di cento chilometri, il Forte di Ahilya, guidati da un pazzo: la strada linferno in terra, in un paesaggio sinistro popolato di brutte costruzioni e piante che sarebbero belle se non fossero coperte di polvere come in un vecchio deposito abbandonato. Verso il tocco si arriva al Forte, a picco sul fiume Nrmada. Non lo si pu dire un albergo ma piuttosto un palazzo povero per ospiti ricchi: haveli si chiamano in India ma non sono mai cos gran-
INDIA
diosi come questo. Ahilya era la sede del piccolo stato prima che nellOttocento essa fosse trasferita ad Indore. Oggi occorre molto impegno per mantenere un carattere attraente a questo insieme di cortili, piccole fontane, verande, contrafforti e giardini punteggiati di alberi secolari, di bamb, di rampicanti tropicali ed europei. Corridoi, gallerie coperte o porticate, pavimenti di pietra o di mattoni fra i quali a volte si intravede lerba e accanto a vasi in terracotta macchiati di muschio e vasi di ottone tirati a lucido, scalini a sinistra, scalini a destra, pochi, quattro, cinque, qualche volta otto. In fondo, accanto ad una cappellina dedicata a Shiva, quindici, venti scalini portano invece ad una terrazza pi vasta dalla quale si domina il fiume, qui tre volte pi largo della Senna. In mezzo un isolotto con un piccolo tempio dopo, ora c troppo sole. I am your host. Un uomo alto, magro, porta con eleganza curta, un paio di panciotti, pantaloni stretti e ciabatte di cuoio come in India sa fare solo un gran signore. Suo padre era quel Maharajah di Indore che fece costruire nel 1930 un palazzo, Manik Bagh, nella sua capitale quando divenne sovrano a venticinque anni. Affid il compito a un architetto tedesco Eckart Muthesius col quale scelse oggetti allora fuori commercio e altri commissionati a Marcel Breuer, a Ruhlmann, a Le Corbusier, a Puiforcat e a Eileen Gray. Il Maharajah mor giovane, nel 1956, poco dopo lindipendenza dellIndia. Poco prima del tramonto assisto al grande puja in onore di Shiva, oggi, giorno sacro del fiume Nrmada: quattro bramini e il nostro ospite inginocchiati nella punta pi avanzata dei ghats, quasi sullacqua, salmodiano preghiere, offrono fiori, alimenti, bracciali sacri, miele, e accendono il fuoco. Da ieri sera il passaggio dei credenti non sembra avere fine. Ognuno si immerge nelle acque vergini (cos definiscono la sostanza gelatinosa in quel punto) del fiume ma-
Profumi e fiammelle
Impressioni (e commozioni) di una anonima turista romana, in visita al forte di Ahilya, a picco sul fiume indiano: che poco prima del tramonto diventa la scena di un grande puja in onore di Shiva, tra preghiere e bracciali sacri, fuoco e miele
dre, in mezzo ad infiniti canti in un entusiasmo irrefrenabile. La cerimonia commovente e rammenta le nozze annuali del doge di Venezia col mare nel quale gettava un anello doro invocando protezione e benevolenza. Finito il puja il bramino capo, scuro di pelle e chiaro di occhi, benedice e offre a tutti i dolciumi rituali fatti di zucchero, giallo duovo e latte. Saliamo su delle barchette, che ricordano la forma dei cheese coasters inglesi, per attraversare il Nrmada fino allisolotto che spartisce le acque fra le due rive dove molti cantano ancora preghiere a Shiva e piovono benedizioni che portano o dovrebbero portarci infinita pace. Tre signore straniere sono qui ospiti, le Tre Belle (ieri, forse oggi, non domani). La prima, bianca come la luna, indossa vestiti che sembrano di carta, bende di seta, gioielli accecanti, parrucche che racchiudono il piccolo cranio e copricapo o copriparrucche, non so bene. La seconda, da troppo tempo bella, un tremito di chiffon multicolori, inebriante di profumo, tacchi su cui resta impossibile condurre la propria persona fra le pietre irregolari dei cortili, voce melata, sorriso turgido, cappelli che sembrano panieri per frutta o verdura con veli, sostanze di ogni genere. La terza dama tende anche alla profusione ma con misura, meno ornamenti, non vuole piacere a tutti, meno ossessiva, voce rauca, sembra cauta. Leggono Somerset Maugham? Passano. il tramonto, o poco dopo, ma resta un lucore nel cielo che via via si diluisce, le stelle si vedono una dopo laltra. Le voci si spengono e i passanti si fanno radi. Finisce fra salmi, profumi e fiammelle unaltra cerimonia nel tempio dedicata allantenata dei Maharajah, una donna santa che si dette nellultima parte della vita a fare il bene dei sudditi: Devi Ahilya Bai Holkar. Mor nel 1795 e il cenotafio a lei dedicato con una statua che la raffigura meta di culto giorno dopo giorno. Il suo tempio fa parte del Forte dove siamo ospitati, a picco sul Nrmada che scorre sereno allora del crepuscolo solo qualche barchetta a motore punteggia la pace e il silenzio col suo tac tac. Le stelle si ripetono nei lumini sulla facciata del tempio, sui muretti, sulle terrazze che guardano il fiume o i massi colossali del Forte che domina ogni cosa. Proprio in una delle terrazze sono stati sistemati materassi e cuscini e sdraio. Vidya Rao, una cantante di musica tradizionale, accompagnata solo da due strumenti, ci intratter. una donna non pi giovane ma estremamente graziosa, pochi gesti con la mano sinistra, mentre laltra sfiora puntuale le corde di una sorta di chitarrone al quale si appoggia. Vidya esile ma la voce profonda e sembra un lamento, un sorriso. Ammicca e respinge fra invito e diniego; il volto delicato, ora malinconico ora allegro, misura lespressione con maestria sottolineando ogni parola. Lei stessa spiega in quel zigzagante inglese degli indiani quel che canta. La prima canzone, profonda di suono, non triste ma non allegra, dovrebbe essere un inno a Shiva: tu sei nero come la notte, sei rosso come il sole morente, sei padre di ogni cosa e sei madre di tutto. Unaltra composizione riflette emozioni contraddittorie: oh Nrmada, scorri piano che il mio amato possa attraversarti e raggiungermi sullaltra sponda dove lattendo in ansia, cullaci pi dolcemente nelle tue acque verso la fine, ma portaci senza troppo dolore, giorno dopo giorno. Fuori gi notte, una notte buia senza luna. Scendiamo verso il tempio dove inizia lultimo puja sul cenotafio della santa. Ecco come lo rievoca Royna Grewal in un libro che ho letto in questi giorni Sacred vergin. Travels along the Nrmada: La cerimonia inizia subito. I canti dei fedeli crescono sempre di pi. Le campane tintinnano, i cembali risuonano e la grande campana del tempio domina tutto incessantemente in un fragore che cancella il pensiero e svuota la mente. C solo il rito; accanto a me una vecchia intona versi sensuali, lacrime di devozione solcano le sue gote. Il suono cresce a dismisura e si interrompe di colpo. Il mio padrone di casa, la cui amata in coma da diverso tempo, dopo un gravissimo incidente, and a consultare un guru lamentandosi del suo destino: Perch doveva toccare a me un tale orrore?. E perch no? rispose il saggio.
BERSAGLI
U R C H I
VRIDE
di Graziella Pulce
come guardare un album di foto con gruppi scolastici. I visi tutti egualmente distanti e sorridenti restano muti fino alla richiesta di individuare dov lattore x o la cantante y. Allora il mistero si disfa e il dito baldanzoso punta sul viso che contiene tutte ma proprio tutte le espressioni della futura, ma l gi presente, star. Cos con Ti uccider, mia capitale (a cura di Salvatore Silvano Nigro, Adelphi Biblioteca, pp. 372, 25,00). Cominci dallindice e resti perplesso, aggredisci qualche pagina qua e l e non scatta alcuno Shock of Recognition n di platonica n di wilsoniana memoria. Poi, quando ti sei quasi rassegnato alla resa, un movimento del periodare che da semplicemente ingarbugliato lascia intravedere il pelame di una costruzione araldica, e un aggettivo che sulle prime non appariva degno di attenzione si scopre impegnato in una disputa perigliosa con un sostantivo peregrino, e dal loro fitto dialogare ecco scaturire unimmagine ardita, una metafora concettosa e scabra, scostante, irriverente, oscena e blasfema, e allora comprendi che Manganelli ha preso possesso di quello scrittore implume e acerbo che compitava pagine destinate a restare prive di aria e luce per sessantanni e che Nigro con pazienza ha ricostruito.
Percorrere questi testi significa aggirarsi in una galleria di ritratti molti dei quali presentano unevidente aria di famiglia, ma come nei ritratti degli antenati si colgono pi pronunciati e netti caratteri che nei discendenti si illanguidiscono o si fanno carsici. Certamente condivisibile la tesi del curatore che in questi testi giovanili e precoci stiano incistati temi e motivi del Manganelli futuro, ma indubitabile che qui ci sia anche altro. Del protagonista di vorticose discese agli inferi (il fantasma di Hilarotragoedia entra ed esce ripetutamente di scena), di proditori colloqui con le forze dellinconscio, del verbobalista apprendiamo grazie ad alcuni di questi scritti una pi esatta topografia, ma soprattutto veniamo a scoprire che cosa aveva messo in moto la macchina linguistica e verso (e contro) che cosa tale macchina fosse diretta. Lodio ha il ruolo di primadonna e in Un libro viene callidamente elogiato quale sentimento giusto, necessario quanto lamore. Esso garantisce piena vitalit alla battaglia che vede contrapposti coloro che, cedendo alla paura e alle insufflazioni dei preti, smettono le loro penne di pellirosse e si arrendono allusurpatore, e gli indomiti, i ribelli, i seguaci di Satana, i demonofili. I testi sono disposti secondo un ordine cronologico (anche se ben pochi sono datati), ricostruito sulla base di elementi indiziari di cui il curatore talvolta esplicita talaltra non esplicita i criteri. I limiti crono-
logici abbracciano un quarantennio, se il primo racconto, quello della casa bianca, pubblicato sul giornalino scolastico di un liceo di cui solo in questoccasione apprendiamo il nome esatto, del 1940 e lultimo dell82, per un totale di quaranta testi, di cui uno pubblicato dallautore e otto editi postumi. Ed su alcuni degli inediti a tutti gli effetti che va posta attenzione perch in quelli si manifestano immagini verbali che si ripresentano velate nelle pieghe di alcune opere e che qui invece rivelano tutto il loro potenziale. Dunque si presenta una processione di temi di gi cristallizzata sembianza cosmogonica e che si possono grosso modo cos riassumere: un orrore preistorico dovuto alla constatazione del disordine irrimediabile delluniverso, in cui hanno preso il
magari per Lucrezio e Leopardi. Da questi scritti emergono dati che consentono di tracciare una nitida cartografia dei topoi dellautore. I riferimenti al fascismo, al nazismo e alla guerra sono espliciti e ripetuti: il fascista lo scherano, il nazista, anzi quasi sempre il tedesco, colui che ha paura della morte, crede nello spirito e nella religione, e persegue i suoi tristi obiettivi con lintento di migliorare luniverso. ipotizzabile che le vicende della guerra e della Resistenza, alla quale peraltro lautore prese parte attiva, abbiano catalizzato limmaginario di Manganelli e gli abbiano dato la prova incontrovertibile che il male sia gloria e legge delluniverso (come si legge nellArchimandrita dei demonofili al suo gregge). Ugualmente ossessiva deve essere restata la memoria traumatica delle atrocit commesse dai nazi-fascisti e di cui resta traccia nellinsistente presenza di torture e aberrazioni compiute sui corpi dei nemici indifesi, che nelle pagine del Manganelli successivo resteranno quali tarsie di incongruo orrore. Deve essere strato l, in quei tragici anni che Manganelli ha messo a punto il suo sistema, l che ha visto come la paura della morte porti gli individui a seguire un capo che promette un futuro di vittoria. E deve essere stato in quel giro danni che il brillante studente di Scienze politiche (che si sarebbe laureato a pieni voti a guerra appena conclusa) ha disegnato due scenari diversi di possibile reazione: uno di tipo linguistico-giuridico allinterno del quale chiamare in contraddittorio un potere che dopo la sconfitta militare doveva essere sconfitto con le armi della retorica; un altro di puro e semplice odio e di volont di rispondere a omicidio con omicidio. Gli scritti che contengono espliciti riferimenti alla violenza fisica esercitata contro un essere ripugnante, macchiatosi dei crimini pi infamanti (valga per tutti Illustre carogna) non suonano n come paradossi, n come mero esercizio retorico. Dopo Ti uccider, mia capitale, quando rileggiamo il Manganelli successivo con espliciti, talvolta umoristici, riferimenti a omicidi e delitti vari, siamo costretti a scorgere le lontane rifrazioni di traumi e ossessioni che gli anni, le psicoterapie e lesercizio della scrittura avevano forse reso pi maneggevoli ma certamente non cancellato. Colui che parla con accenti miltoniani (non siamo stati vinti) uno che non ha paura di morire, uno che tiene testa allorrore delluniverso e continua a combattere in nome della propria corruttibilit potere forze che esercitano un goe della propria mortalit. Costui sa verno tirannico, la loro inefficiente che luniverso un infinito contenigestione delluniverso, la sopravvitore di suoni (Rumori o voci gi venza di antichi culti inferi secontutto presente nellArchimandrido i quali lunico senso delluniverta). Quante sorprese in questi scritso la disaggregazione di ogni forti, quanti periodi faticosi e labirintima e di ogni materia, la presenza ci! E quanti termini peregrini e pedi un soggetto che assume il ruolo renti! Non solo milione, ma andi antagonista nei confronti delle che miglione, non lontane, ma potenze supere, la sua irriducibile longinque, non sbriciolare ma volont di combattere e insieme di spiccinare, non comandante ma celebrare il disordine con una artiantistes. Questo eroe dalla sapida colata sintassi, la celebrazione del lingua impugna le parole pi desuicidio quale gesto di definitiva disuete o pi specialistiche come un subbidienza a una volont malibrando e si lancia nellarengo pergna: il suicida si scaglia contro la ch sa che Dio stato ucciso e tutmenzogna delle stelle e smentito destinato a morire e pertanto sce larmonia delle sfere con una non cerca felicit eterne ma gioie forza che fa tremare il cosmo. Dunminuscole e carnali, come quella que la letteratura quale sfida alla in(in Un libro, La rinunzia alla glodifferenza e alla malignit degli di ria) che d il sonetto o il cocomeimpostori, un percorso che va dai ro, quel rubicondo sole pieno di sepresocratici a Camus, passando mi di felicit.
I N
BERSAGLI
L I B R E R I A
di Giulio Ferroni
ontuosa, teatrale, eccessiva, sempre Silvana Grasso, che si muove in un molto siciliano confondersi di luce e ombra, di solarit scatenata e di notturne ossessioni: in una continua sfida alla stessa maniera siciliana, assunta su di s, trascinata e stravolta, proprio perch declinata al femminile. Se quella siciliana ha costituito una delle linee essenziali della moderna letteratura italiana, probabilmente la pi essenziale e la pi intensamente rivelatrice delle contraddizioni del moderno, essa stata comunque una letteratura essenzialmente maschile, ossessionata dal segreto della femminilit, dalla fascinazione e dalla distanza della presenza femminile, dal segreto irraggiungibile della femminilit, tra malessere e desiderio, in un filo che variamente ricongiunge Verga, De Roberto, Pirandello, Brancati, ecc. Con Silvana Grasso si impone finalmente il punto di vista femminile, assume potere narrativo ci che in quella tradizione letteraria stato oggetto di sguardo, di desiderio, di fascinosa e inquietante alterit. La scrittrice viene proprio da quella Sicilia sud-occidentale ( nata a Macchia di Giarre, sotto lEtna) dove Brancati ha coltivato linerte e avvolgente aggirarsi dei maschi intorno al richiamo della donna, il tortuoso e ombroso parlare degli ingravidabalconi, nella barocca implosione di una sensualit accartocciata su se stessa. Ora quellinfinito parlare della donna viene depistato in unesaltante ed esaltata scrittura; trova diretta voce quella vitalit segreta da tanti scrittori spiata con turbata inquietudine. E questa assunzione su di s non pu essere che eccessiva: deve sprigionare colori accecanti, confrontandosi magari anche con una sicilianit di maniera, attingendo a dati mitici e magici, gio-
Anti-maniera siciliana
In questa storia di Seconda guerra ambientata a Roccazelle, nella Sicilia etnea, la Grasso assume su di s lavvolgente maschilismo di Brancati depistandolo attraverso leccesso di una lingua turgida e di una narrazione sontuosa e accecante
cando con la favola e con la mistificazione, mischiando materiali popolari e materiali letterari, risalendo indietro fino allorigine greca e proiettandosi verso la disgregazione della vita contemporanea. Corporeit e cerebralit, passione e menzogna, dolcezza e tradimento, aggressivit e fragilit: tutto si addensa entro il turgore di una lingua che combina la pi elegante e fluente sintassi, la misurata perizia di un periodare classico (esperta di greco e di latino, professoressa di liceo lautrice), gli scatti espressivi di un dialetto che si raccoglie e si addensa in scelte lessicali che acquistano il rilievo di scaglie antiche, di persistenze nel presente di una classicit ancora incondita, primigenia, non impreziosita. Ora Marsilio si appresta a ristampare tutti i testi, ormai introvabili, di Silvana Grasso: e insieme alla ristampa de Lalbero di Giuda, apparso gi da Einaudi nel 1997, pubblica il nuovo romanzo Lincantesimo della buffa (pp. 206, 18,00), in cui si muove una serie di personaggi nel sud della Sicilia, negli anni della seconda guerra mondiale. Ci troviamo a Roccazzelle, nome in cui si riconosce Gela, dove lautrice vive (in effetti Roccazzelle non che un quartiere di Gela): e nella parte finale assistiamo proprio alla battaglia di Gela, con lo sbarco degli angloamericani, 9 e 10 luglio 1943. Siamo in un mondo in disfacimento, in una Sicilia che, tra la sorda acquiescenza di un popolo abituato a subire, in mano a piccoli, voraci e incapaci gerarchi (al limite del grottesco la figura del podest Agnello). Qualcosa che ricorda certi racconti di Brancati nellinquieto fatalismo in cui qui si attende la sconfitta militare, larrivo degli alleati, la caduta del fascismo, mentre c chi si prepara ad adattarsi alla nuova situazione. Gli eventi che coinvolgono questa porzione di mondo sono seguiti nel loro aspetto fantasmagorico, nella loro azione deformante sul paesaggio, nei loro minacciosi effetti visivi e sonori (molto viva tra laltro limmagine dellesplosione di una nave americana colpita da bombardieri tedeschi). Lincontro della guerra con questi luoghi sembra peraltro aprire uno squarcio apocalittico, annuncia una distruzione definitiva, con la sparizione di quel mare che pure vi tanto incombente (una premessa dello scempio ambientale che Gela avrebbe subito nel dopoguerra?): non ci sarebbe stato pi il mare a Roccazzelle, scomparso in una notte senza lasciare traccia, scomparsa la spiaggia in un minaccioso deserto di sabbia. Di grande effetto sono i vari squarci sugli eventi collettivi, sulle lacerazioni dei bombardamenti, sul vario e tremendo agitarsi della popolazione abbandonata a se stessa (cos nella scena del rifugio dai bombardamenti in una galleria ferroviaria). Ma questi eventi fanno soprattutto da sfondo alle mosse di personaggi che vivono ai margini del mondo, immagini di una umanit dispersa e segnata dal dolore. Le vicende e i diversi legami tra questi personaggi vengono presentati come attraverso una serie di scene che si succedono come lampi, che non si svolgono in un flusso narrativo lineare, ma bloccano volta per volta lattenzione, sembrano come pretendere ogni volta la concentrazione sul loro rilievo (brevi lampi sono anche quelli dellincantesimo che d titolo al libro). Formidabile davvero la scena iniziale: il lettore crede inizialmente si tratti della vestizione di una sposa, Marianunzia, ma poi scopre essere la vestizione di una morta, che la madre ha voluto fosse fotografata cos, con labito sontuoso che non aveva avuto e che era invece stato di una ricca vicina di casa, da cui ora stato prestato, ma solo per la foto. Questa scena assume il carattere di una nascita nella morte: un inizio finale in cui si dispiega una familiarit tutta femminile con la morte, tra antiche tradizioni e scarti paesani della vita moderna: vi campeggiano la figura di Marena, la madre della defunta, e quella di Amatina, la ricca sposa che presta il vestito e che ora angustiata dallingrassamento dovuto alla prima gravidanza in atto. Ma poi Amatina sparisce del tutto dal quadro e Marena la ritroviamo solo come assidua al cimitero in cui sosta a lungo curando la tomba della figlia. E vengono in primo piano due guardiani del cimitero, Toni e soprattutto Agostino, trentacinquenne senza famiglia, angustiato dal ricordo del suicidio di un bambino che era stato suo compagno di seminario; e poi il tredicenne orfano di Marianunzia, che si chiama Ges e che scorazzando per la costa aspra e rocciosa incontra Tea, una ragazzina bionda di origine austriaca, figlia di un gerarca fascista che lha condotta l per tenerla lontana dalla guerra. Tea non vede: e la sua cecit sembra come un rovescio simbolico dellacceso paesaggio che Agostino con lamata bicicletta e Ges con i suoi piedi nudi percorrono come cercandovi un senso dellessere, unaffermazione di vita, in opposizione a quel mondo doloroso, lacerato, fatiscente. Dalla distanza sociale che li separa Ges e Tea intrecciano una tenero e castissimo idillio, che, anche nel furore di quei mesi e di quei luoghi, sembra evocare limpossibile felicit del vert paradis des amours enfantines: Ges fa conoscere a Tea i contorni di tutta la realt che ella non vede, giunge fino a volerle descrivere il Sole. Una strana ansia dassoluto segna questo evanescente amore: unansia data del resto dai loro stessi nomi (se lui Ges, Tea equivale a dea). Ma lansia dassoluto percorre in fondo tutta la scrittura del romanzo, che proprio per questo aspira a uscire da un puro narrare, mira piuttosto a concentrarsi sullevidenza corporea, sul rilievo delle cose, affidandosi a una parola che sembra volersi bruciare nellatto stesso in cui si proferisce.