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VINVENZO MARRA GAETANO DI VAIO SVERINE CORNAMUZAS WIM WENDERS DIEGO QUEMADA-DIEZ LOGHI ROCK PATTI RICORDA LOU

MAURO CICAR

ROMA OFFRE I SUOI SCENARI AL FESTIVAL DEL FILM CHE SCATENA IL CIRCO DEL RED CARPET E NON DIMENTICA I MAESTRI DEL PASSATO E LE SCOPERTE

IL FELLINI PI PERSONALE E POLITICO - OMAGGIO E ANNIVERSARIO ATTRAVERSO IL RACCONTO E LE FOTO DI GIDEON BACHMAN E IL LIBRO DI ANDREA MINUZ

CINEMA

LA CITT DEL

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ALIAS 9 NOVEMBRE 2013

UN ANNIVERSARIO E UN OMAGGIO AL REGISTA DAI 5 OSCAR

QUELLO ERA IL SUO MONDO


Le fotografie a pag. 2 e 3 sono di Gideon Bachman, sul set di Otto e 1/2. In basso un ritratto del fotografo e giornalista

FELLINI
Il fotografo e giornalista americano Gideon Bachman racconta il suo rapporto di amicizia con il regista, Oscar nel 57
di FABIO FRANCIONE

Lincontro tra Gideon Bachmann e Federico Fellini intreccia una di quelle belle e confidenziali storie del cinema italiano che in un recentissimo passato si chiamavano segrete. A chiarire il rapporto del regista romagnolo con gli Stati Uniti, al pari del tentativo del fotografo e giornalista americano di carpire i segreti della sua vita, il risultato di una brillante conversazione, cominciata con una vigorosa stretta di mano e tenuta con Bachmann a margine della proiezione veneziana commentata della sua antologia fotografica Dietro le quinte di Otto e 1/2. La menzogna nel cinema italiano ha un solo nome: Federico Fellini. E questo non distolga dalla celebrazione del ventennale della sua morte. Ma e a tuo avviso, lintera filmografia pu e forse deve essere letta come un divertissement surrealista, pur declinato originalmente allitaliana ed in limine assurta essa stessa a parabola felliniana di un modo di giocare con la realt? un ragionamento questo che suscita interesse. Comunque ritengo che agisse in lui una sensibilit che precedeva addirittura linconscio, la coscienza. Sappiamo quanto dava importanza ai sogni. Posso dire che personalmente mi mentiva sempre. Era un maestro della bugia. Ho bei ricordi. Quando ti parlava intimamente allora s che incrociavi i suoi occhi. Forse era un modo di difendersi. Era bello vederlo con i suoi amici. Ad esempio ci non si vede nel film di Scola (qualche giorno prima in pompa magna e alla presenza del capo dello stato nella Sala Grande del Palazzo del Cinema era stato presentato Che strano chiamarsi

Federico) . La timidezza di Fellini non c. Mentre, se si guardano bene i suoi film, talvolta la si comprende, soprattutto nelle stravaganti elucubrazioni dei suoi personaggi. Hai conosciuto Fellini al tempo del primo Oscar assegnato a Le notti di Cabiria, come fu accolto in America? Allora e si era nel 1956, nessuno in America aveva mai sentito parlare di Fellini n dei suoi film. Solo con luscita della Dolce vita allimprovviso al di qua dellOceano Atlantico ci accorse della presenza di un grandissimo cineasta.

Tu contribuisti non poco Sono state le fortuite coincidenze della vita. Ci fu chi si ricord del mio incontro a New York con lui come la direzione della rivista Life che mi commission un servizio fotografico. Mi chiese di riprenderlo sui suoi set a Cinecitt. Gi allora si vociferavano storie e leggende sul suo modo di girare. In seguito una casa editrice mi domand se avessi lintenzione anche di realizzare un libro. Andai a Roma, era il 1962, doveva essere appena cominciato lautunno e mi trovai in mezzo al set di 8 e 1/2. L, divenni suo amico e mi prese lidea di conoscere e scrivere la sua storia. La storia della sua vita.

Tremila scatti e i nastri rubati

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FESTIVAL DEL FILM DI ROMA Gli appuntamenti con Federico Fellini al festival di Roma iniziano oggi alle ore 20 con Federico degli spiriti di Antonello Sarno (Auditorium Sala Petrasi) seguito dallepisodio Le tentazioni del dottor Antonio, episodio di Boccaccio 70. Si replica al cinema Barberini (Sala 1) lo stesso programma luned 11 novembre alle ore 16. Federico degli spiriti il racconto dei giorni che vanno dal 31 ottobre 1993, data della morte di Fellini, fino al momento dell'ultimo saluto, tre giorni dopo nella chiesa di Santa Maria degli Angeli, attraverso i ricordi dei tanti amici e colleghi del regista scomparso. Prodotto da Medusa con la partecipazione di Bnl Gruppo Bnp Paribas, il documentario stato

realizzato da Antonello Sarno, cronista cinematografico che ha gi firmato documentari dedicati ad Alberto Sordi, al sarto Schuberth, allepoca della Dolce vita. Boccaccio 70 un film a episodi del 62 firmato da Vittorio De Sica, Fellini, Monicelli, Mario Monicelli e Luchino Visconti. Il celebre episodio firmato da Fellini su sceneggiatura di Flaiano Pinelli e dello stesso regista, interpretato da Peppino De Filippo, moralista intransigente deciso a far togliere un grosso cartellone pubblicitario, che stato innalzato proprio di fronte alle finestre di casa sua, dove fotografata in gigantografia una bellissima donna (Anita Ekberg) che reclamizza il latte - bevete pi latte, il latte fa bene - una visione che gli toglie il sonno e la tranquillit.

GERENZA
Il manifesto direttore responsabile: Norma Rangeri a cura di Silvana Silvestri (ultravista) Francesco Adinolfi (ultrasuoni)

LIBRI MINUZ, FELLINI POLITICO

con Roberto Peciola redazione: via A. Bargoni, 8 00153 - Roma Info: ULTRAVISTA e ULTRASUONI fax 0668719573 tel. 0668719557 e 0668719339 redazione@ilmanifesto.it http://www.ilmanifesto.it impaginazione: il manifesto ricerca iconografica: il manifesto concessionaria di pubblicit: Poster Pubblicit s.r.l. sede legale: via A. Bargoni, 8 tel. 0668896911 fax 0658179764 poster@poster-pr.it sede Milano viale Gran Sasso 2 20131 Milano tel. 02 4953339.2.3.4 fax 02 49533395 tariffe in euro delle inserzioni pubblicitarie: Pagina 30.450,00 (320 x 455) Mezza pagina 16.800,00 (319 x 198) Colonna 11.085,00 (104 x 452) Piede di pagina 7.058,00 (320 x 85) Quadrotto 2.578,00 (104 x 85) posizioni speciali: Finestra prima pagina 4.100,00 (65 x 88) IV copertina 46.437,00 (320 x 455) stampa: LITOSUD Srl via Carlo Pesenti 130, Roma LITOSUD Srl via Aldo Moro 4 20060 Pessano con Bornago (Mi) diffusione e contabilit, rivendite e abbonamenti: REDS Rete Europea distribuzione e servizi: viale Bastioni Michelangelo 5/a 00192 Roma tel. 0639745482 Fax. 0639762130

Viaggio al termine della penisola


di GIANLUCA PULSONI

Ma, tornando al 1956, come fu accolto da Hollywood? Non and a ritirare il premio. A New York fu bloccato da una tormenta di neve e anche quando il maltempo cess vi rimase per circa dieci giorni. Visit tutti i quartieri, il Bronx lo colp molto; conobbe artisti ed intellettuali, alcuni miei amici, come Warhol e Allen Ginsberg, la Sontag e Shirley Clarke e fotografi e filmaker come Robert Frank e Jonas Mekas. In questi salti temporali che abbiamo adottato come bussola di orientamento, quale fu il tuo ruolo e come ti trovasti nel confusionario e leggendario caravanserraglio di 8 e 1/2? Cera una confusione pazzesca. Ma assolutamente governata da Fellini. Scusami, se tinterrompo. Fellini aveva la consapevolezza di girare un capolavoro? Il film stava arrivando dopo un altro capolavoro come La dolce vita? Difficile dirlo. Ogni artista come ho detto ha il proprio grado di sensibilit e forse anche di consapevolezza, ma su un set le variabili sono tante che qualche insicurezza su ci che si sta realizzando la si pu avere. E sul set Scattai quasi tremila foto (ora depositate negli archivi di Cinemazero a Pordenone con altri lavori su Pasolini, la Cavani dello stesso Bachmann e della moglie Deborah Beer. ndr). Non ero il fotografo ufficiale del set. Non era mio compito fotografare

le scene del film. Al contrario, cercavo di biografare con la macchina fotografica quei momenti che Fellini e i suoi collaboratori, gli attori e gli ospiti vivevano l nelle pause e nelle prove del film. Fu allora, che minnamorai di Roma tanto da viverci per quasi quaranta anni. Sempre allora chiedesti a Fellini di scrivere la sua biografia? S, Fellini mi consent di registrare la storia della sua vita. Ma, soltanto tre anni dopo 8 e 1/2. Lo intervistai per circa cinque ore. Purtroppo quei nastri furono rubati. Non ebbi pi modo di intervistarlo ancora. Leggo dalle tue note che usavi una Minolta SR-2 (single lens reflex 35mm) e che rappresentava una novit per le macchine fotografiche del tempo. Mi era stata prestata da Shirley Clarke. Consentiva delle prestazioni molto interessanti, ma forse pi interessante il ricordo che utilizzavo lavanzo di pellicola del film che recuperavo dalla Mitchell di Gianni Di Venanzo. Le foto che scattavo venivano sviluppate con la pellicola stessa con cui si filmava 8 e 1/2. Poi, ci fu la rottura. Non vi parlaste per molti anni. S, non ci parlammo per circa sette anni. Presso a poco dal tempo di Satyricon. Doveva essere il 1969. Avevo realizzato il documentario Ciao Federico proprio sul set di quel film. Era mio intendimento rivelare tutti gli aspetti della

lavorazione e non solo. Insomma, non gli era piaciuto; secondo lui non era felliniano. Risposi, infatti, che era mio. Allora, quando vi siete riappacificati, Fellini aveva appena licenziato due suoi capolavori come Roma e Amarcord e si apprestava con Il Casanova e Prova d'orchestra ad entrare negli anni 80 che in prospettiva storica oggi rappresentano il suo canto del cigno triste e crepuscolare per un cinema sempre pi squassato dalla rivoluzione commerciale televisiva e in pi da un mondo che sembra non capirlo. Al contrario come testimonia Verdone Fellini a non capire pi il mondo e gli uomini e le donne di quel tempo. Purtroppo, si trascinava problemi di salute e invecchiava male. La decadenza era iniziata gi con La citt delle donne e con Ginger e Fred il progressivo distaccamento dalla realt si stava consumando. Invece il cinema mi pare di capire che secondo te ancora al centro del suo progetto artistico ed intellettuale. I riconoscimenti si susseguono e vengono trasformati come gli inizi in una favola sempre pi bugiarda e immaginifica. Un sogno continuo sul quale scrivere e filmare la sua immagine di vita e di arte. Ora che ho raggiunto gli ottanta anni, la sua et di allora, comincio a capirlo: il cinema, i set, gli attori, quello era il suo mondo.

Come ricordare lopera di Federico Fellini a ventanni dalla morte del cineasta? Suggeriamo un buon modo: leggersi Viaggio al termine dellItalia. Fellini politico, pubblicazione dellanno scorso di Rubbettino Editore, nella collana cinema diretta da Christian Uva, disponibile al prezzo di 16 euro. Lautore Andrea Minuz, uno studioso di cinema e cultura visuale di grandi capacit analitiche e sensibilit antropologica: a dimostrarlo, oltre a questo volume, basterebbe la sola lettura di un suo lavoro precedente, La Shoah e la cultura visuale, uno studio che nel caso invito a recuperare. In questo caso, lopera di Fellini presentata da un punto di vista inedito, o quantomeno poco affrontato: quello politico-culturale (a rimarcare la scelta c anche lappendice finale, una ricostruzione del carteggio tra il riminese e Andreotti, con alcune lettere). Piccola premessa: chi qui scrive, detesta quasi tutta la produzione felliniana con leccezione di molti momenti di due o forse tre lungometraggi e anticipa come la lettura del volume non lo abbia persuaso a cambiare opinione in merito. Tuttavia, c da aggiungere un ma, cio come la suddetta valutazione, in quanto meramente personale, sia qui qualcosa che deve davvero importare poco se si considera la natura del lavoro in questione e si decide di rispettarla (come doveroso che sia), dal momento che quello di Minuz va inteso come discorso non di critica ma di studio. Qualcosa che non cerca la persuasione ma semmai offre una riflessione: ragion per cui qualora si volesse apprezzare al

meglio il libro, sarebbe auspicabile provare a mettersi nelle condizioni di sospendere il giudizio in merito ai singoli film, rovesciare la generale prospettiva interpretativa e concentrarsi sul cinema come pratica prima di tutto, sul senso complessivo di un modo di vedere da mettere in relazione con la cultura, societ, politica, storia del nostro Paese. E in tal senso, diventerebbe quasi impossibile non ammettere come una ricerca del genere riesca in modo puntuale e sistematico a restituire un discorso sul cinema di Fellini in grado di indicarne tutta una sua complessit politico-culturale che il pi delle volte, dalla maggior parte dei critici e studiosi del riminese, sembra essere rimasta limitata solo a quei singoli casi e riferimenti di indubbia evidenza, come per esempio Prova dorchestra (1979) o il fascismo in Amarcord (1973). Ora, scendendo pi nei dettagli, si pu dire come lo studio in questione si articoli in una specie di doppio registro strutturale. Da una parte, la scrittura copre sostanzialmente larco cronologico della filmografia del riminese, capitolo per capitolo, cos da presentare il volume anche come una sorta di monografia. Dallaltra, ogni capitolo del libro offre lanalisi di motivi tipicamente felliniani messi in relazione con nozioni e temi di volta in volta storicamente coevi alla produzione considerata e/o interpretabili come frammenti e passaggi importanti di ci che si potrebbe definire la storia della mentalit dellItalia contemporanea: dallideologia italiana post-bellica (cap. 1) alla moda della dolce vita (cap. 3); dal mito della romanit (cap. 4) al femminismo (cap. 5); dal terrorismo (cap. 6) allavvento della televisione berlusconiana (cap. 7). Se per si fosse costretti a scegliere uno solo fra i capitoli e le nozioni o temi di questo Fellini politico, si sarebbe tentati di dire il cap. 2, dal titolo Mitobiografia di una nazione, e linteressantissima nozione del modo di vedere italiano, ripresa da uno scritto di Giulio Bollati e necessaria allo sviluppo finale della tesi. Qui Minuz riesce in maniera mirabile a ragionare da antropologo culturale: nel presentare diversamente la natura del soggettivismo felliniano (una natura le cui radici affonderebbero nella nostra tradizione); nellindicare dove e come il discorso autobiografico del riminese riconduca a quelle dinamiche e quegli aspetti propri del carattere nazionale, della cosiddetta italianit Gi solo per questo il libro meriterebbe la lettura.

In copertina: un particolare della locandina di 8 1/2 utilizzata come copertina del libro di Andrea Minuz Viaggio al termine dellItalia. Fellini politico

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FESTIVAL DEL FILM DI ROMA DOC

AMMINISTRARE IL DISASTRO

SOLO ANNA
Spettacolo-monologo interpretato da Lidia Vitale sugli aspetti aspetti drammatici, intimi, affascinanti e tumultuosi della vita di Anna Magnani. E la sua lotta per ottenere gli stessi diritti lavorativi degli uomini e la patria potest del figlio Luca. Solo Anna a Roma il 15, 16 e 17 novembre presso Upt (Teatro studio dellUprter via Portuense 102) e al San Marino Film Festival il 21 novembre. Nel quarantennale della morte dellattrice, prima straniera a vincere un premio Oscar, lo spettacolo stato rappresentato per la prima volta allIstituto

Vincenzo Marra, implacabile umanesimo


perch questo il quinto film ed evidentemente c una capacit molto strana che anche io ho difficolt a spiegarla quando me la chiedono. anche una lotta contro la stanchezza, sono tredici, quattordici ore con la telecamera per due settimane. Dopo ti trema il corpo, le gambe. Entri in un posto e sai cosa succeder, capisci che succeder qualcosa e devi cercare di riprenderlo bene e non potrai far rifare la scena. Entro accanto al protagonista e guardo negli occhi interlocutori che non ho mai visto prima e nello scambio di sguardi si crea unintesa. Per non parlare poi della difficolt di girare a Napoli in mezzo al traffico con la gente che ti ferma e ti vuol parlare. una follia. Piuttosto la magia di cui parlano gli sportivi che, raggiunto un certo grado di abilit perfetta, lasciano che accada il miracolo del colpo perfetto o dellIronman dove si pu raggiungere lo stato di grazia. In quindici anni di lavoro, i cinque capitoli sono stati tutti realizzati nello stesso modo, i pescatori, il carcerato, il giudice, i politici, lamministratore. Vengono fuori cose incredibili, tanto che il direttore del festival di Toronto che ha invitato Ludienza aperta, ha voluto che firmassi una dichiarazione che tutto quello che avevo filmato era vero. Lidea di ripartire da storie di casa che hanno un potenziale internazionale straordinario finora mi sempre riuscito pi che certi film italiani dalla problematica universale in cui nessuno si identifica. Qui, a considerare le proiezioni che abbiamo fatto dellAmministratore con tutte le beghe italiane, parli di cose che sono dette in napoletano ma appartengono a tutti. La gente vede la verit della situazione, puoi ridere, piangere, c la lotta per la sopravvivenza, la meschinit, la rabbia, la piccolezza del genere umano. Per poi ti fa ridere. Cera Monicelli che diceva sempre: Tu devi fare commedie, Marra. Anche nel Gemello ci sono situazioni di questo tipo, con i suoi personaggi straordinari, straziante e comico contemporaneamente: un film che dopo un anno e due mesi di vita continua ad essere invitato spesso in Italia e allestero, abbiamo fatto un accordo con Antigone sui diritti del carcere, continua ad avere una grande visibilit, nel suo genere - non stiamo parlando di Checco Zalone - la gente si angoscia molto nel vederlo, partecipe. Lo facciamo vedere soprattutto nelle scuole. Sono tutti film che ritrovi ancora oggi sulle pagine dei giornali, le bombe allo stadio, il disastro ambientale (sono uscite laltro giorno le dichiarazioni di Schiavone), il problema delle carceri, la malagiustizia, lImu eccetera. In questi quindici anni i temi sono tutti aperti, non c la soluzione di tante cose. Una situazione lucidamente immobile. Invece io che vedo lItalia spesso dallaltra parte del mondo, mi accorgo che gli altri galoppano, paesi nuovi che si muovono. La speranza passa dallo stimolo che sapremo dare ai giovani, e poi preoccuparci di questo paese in modo diverso da come ce ne siamo occupati finora. E poi la memoria, motivo per cui faccio questi film: il tentativo, la speranza, la forza, il sogno e qualcosa collegata con la memoria, su quello che un paese, su cosa rimane di un paese.

di SILVANA SILVESTRI

Sembra di sentire una certa furia bellicosa nei film di Vincenzo Marra, un pedinamento della realt senza sconti, un duello con la realt del territorio napoletano ormai talmente assorbita dal pubblico sotto forma di immagini, casi filtrati dalla cronaca, sceneggiati, film dautore, documentari da renderla materia quasi intoccabile. Accanto alla sua personale al Maxxi, Lamministratore che ha appena inaugurato il Festival del Film di Roma (e si potr vedere al cinema Barberini domenica 10 alle ore 14.30), prodotto da Arcopinto, percorre una strada anomala: lo spettatore, testimone rispettoso, arriva fino alla soglia o a volte nel soggiorno di appartamenti in quartieri diversi, e coglie atmosfere di vita di personaggi differenti. Anche qui, inevitabile, si tratta di una Napoli della crisi. Linferno che potremmo attraversare reso meno accidentato e colmo di sorprese per mezzo di un Virgilio inconsueto, un amministratore di diversi condomini, lavvocato Umberto Montella che si occupa dei pi diversi problemi dal ponte di comando del suo studio e recandosi personalmente sul posto. Non assistiamo, come ci si aspetterebbe, solo a una serie di problemi, n al cupo dissolvimento di una societ in crisi da sempre, ma a una specie di giostra, di festa dellumanit, in cui si vede scorrere perfino il passare dei secoli sotto forma di modi di fare e di dire stratificati nel linguaggio, nel gioco delle parti. I rituali di una educazione antica, i sottintesi sociali e come rapportarsi con le persone di diverso rango, le case arrangiate e quelle decadute. Forse la scena pi impressionante la visita nel palazzo un tempo parte di un cospicuo patrimonio ed ora in rovina per divisioni e liti familiari, dove i mancati lavori di manutenzione stanno facendo cadere a pezzi i muri, i quadri antichi sono assaliti dallumidit e i mobili sono spostati dove non piove. Il fratello che ha perso tutto, mantiene coscienza del suo rango, ma anche quello sta per diventare evanescente, a stento contenuto nel negozietto che si

Con uno stile di ripresa intuitivo e ferocemente presente ha raccontato in quindici anni situazioni del paese rimaste identiche nel tempo
ricavato. Lamministratore dichiara come fosse una massima scolpita sulle tavole delle leggi: il condominio non guarda in faccia nessuno e poi la sua stessa vita lesatto contrario, pronto a comporre i litigi, trovare soluzioni, sapere come trattare, entrare nella confidenza della gente creando quel tessuto di umanit che ancora sopravvive nel sud. Senza ipocrisie, ci sembra, e senza condanne: anche lamministratore ha avuto i suoi guai, con la malattia che non lo certo abbattuto, anzi procede pieno di energia, proprio come il film. Quale il segreto di Marra? Con questa visione cos radicata? I miei film hanno avuto tutti un destino internazionale, dice, pi di tanti altri con grandi attori, ma poco esportabili. Fin dallinizio con Tornando a Casa, fatto con una barca e pescatori che parlano il procidese stato in quaranta paesi, in 18 premi internazionali, cos per Vento di terra ebbi il premio per il film pi presente nei festival internazionali. Ho girato tutto il mondo e a Napoli vivo solo alcuni mesi allanno. Si sente nei tuoi film una forza impressionante nellentrare nelle storie: la terra mia e mi butto a capofitto per raccontare delle storie. C dentro un atto damore, dice, e questo d un risultato incredibile. tutto vero, come fermare il tempo, come rubare un pezzo di realt. qualcosa di scioccante anche per me

FESTIVAL TRA CRIMINI, ABBANDONO E DEGRADO

Gaetano Di Vaio, piccole storie di redenzione meridionale


di ALBERTO CASTELLANO

Di alcuni grandi tycoon americani si rilevavano una volta le peculiarit creative (soprattutto la solita critica francese che sempre in anticipo su tutti intu le differenze produttive e stilistiche tra la Warner e la Columbia, tra la Mgm e la Universal). Oggi che anche negli Usa la produzione medio-alta si appiattita, standardizzata e omologata senza risparmiare persino molti indipendenti, si guarda con un certo interesse alle produzioni dal basso o al cosiddetto crowdfunding. E un produttore indipendente (meglio autonomo secondo la distinzione che fa Gianluca Arcopinto nel suo recente libretto edito da DeriveApprodi) come il napoletano Gaetano Di Vaio si ritagliato uno spazio interessante nell'ambito del cinema italiano proprio per il suo stile produttivo e tematico, per la riconoscibilit dei film che riesce a realizzare siano essi documentari, fiction o cortometraggi. Ora per arrivato il momento di spostare l'attenzione su Di Vaio produttore tout court visto che fino ad oggi i media si sono occupati di lui con la tipica sensibilit cattolica italiana molto trasversale per le storie di redenzione - soprattutto per il suo encomiabile e coraggioso percorso dell'ex giovane con problemi di droga e di carcere (ricostruito nella recente

autobiografia Non mi avranno mai) che nel 2000 fonda nell'area nord di Napoli l'Associazione Culturale Figli del Bronx, impegnata in attivit di promozione culturale e sociale volte a comunicare il disagio nelle aree a rischio per poi prolungarne nel 2007 le finalit nel settore dell'audiovisivo cominciando a produrre opere cinematografiche socialmente forti, che in alcuni casi hanno messo a dura prova i gi precari equilibri dell'egemone rappresentazione politicamente corretta di una realt molto autoreferenziale come quella partenopea e campana. E cos infischiandosene dei compromessi con le istituzioni, con i colleghi napoletani, con le lobby e con i clan culturali, Di Vaio andato per la sua strada producendo tra gli altri Sotto la stessa luna di Carlo Luglio, Napoli, Napoli, Napoli di Abel Ferrara, Il loro Natale e Interdizione perpetua diretti da lui stesso, L-bas di Guido Lombardi, presentati in vari festival nazionali e internazionali. I due film presenti nel programma del Festival Internazionale del Film di Roma ambedue prodotti da lui, Take Five in concorso e Ritratti abusivi in Prospettive Doc Italia, portano il marchio d'autore di Di Vaio e pur essendo molto diversi tra loro - una fiction di genere il primo, un documentario sociale il secondo trasudano un cinema fatto di idee,

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FIRENZE CINEMA E DONNE


Italiano di Cultura di Los Angeles nel marzo 2012, tratto dal testo teatrale di Franco DAlessandro, Roman nights, diretto da Eva Minemar. Lattrice Lidia Vitale (interprete di La bellezza del somaro di Castellitto, di Tutti contro tutti di Rolando Ravello), che per questa interpretazione ha vinto il Premio Anna Magnani nel 2012 e il Premio Enriquez nel 2013 sar anche al prossimo Festival del Film di Roma con il film La santa, di Cosimo Alem (luned 11 novembre allAuditorium sala Santa Cecilia, ore 22.30): quattro disperati cercano di rubare la statua di santa Vittoria patrona di Nebula e le reazioni della comunit saranno imprevedibili e violente

Inedita e fuori del tempo la Passione secondo la cineasta svizzera Sverine Cornamuzas
di ESTER DE MIRO
FIRENZE

Un alpeggio in alta montagna, la roccia dura e lucente di metalli, la luce breve delle vette che presto nascondono il sole, il bestiame da governare, la pioggia sferzante, il vento gelido, la neve. Questo lo scenario primitivo, tuttaltro che tenero, in cui vivono Paul e sua moglie Rosine in una specie di rozzo rifugio la cui modernit sta solo nellacqua, nellelettricit e negli attrezzi per mungere e fare formaggi. Paul (Olivier Rabourdin, un teatrante intellettuale rapito dal cinema) taciturno, ha rapporti brutali con Rosine (Camille Japy, che sembra uscita da un film di Fassbinder), che gli appartiene come il bestiame, e vale solo perch lavora e far figli. In questo mnage dominato dalluomo non c posto per laffettivit. Fino a quando Rosine non star male e non sar pi

efficiente. Paul prende allora a lavorare uno straniero, che chiamer Spagna, dal suo paese dorigine. Lingresso di questo personaggio come un cuneo che si insinua nella stabilit autoritaria del nucleo familiare. Spagna vivace, sa come trattare una donna, gli piace bere e mangiare, e prendersi il meritato riposo settimanale. Inevitabile che tra i due uomini scoppi il conflitto, violento e radicale, in cui Paul, che il pi forte, si trattiene solo allultimo momento dallo spingere Spagna gi da un burrone. Intanto Rosine, che Paul crede incinta, pur resistendo ai dolori, soccombe e viene presa in elicottero per essere portata in ospedale, dove le dignosticano un tumore alle ovaie. Qui inizia la conversione di Paul, che non sa vivere senza di lei. Tenta un primo approccio quando Rosine, dopo loperazione, si rifugiata da sua madre, ma non riesce a riprenderla. Sar dopo molto tempo, vedendola

saggezza produttiva, capacit di sganciarsi dalla tentazione del ruffiano e ammiccante prodotto medio italiano. Take Five, prodotto da Di Vaio con la sua factory Figli del Bronx, da Gianluca Curti per Minerva Pictures e da Dario Formisano per Eskimo con Rai Cinema, l'opera seconda di Guido Lombardi che ha esordito con il pluripremiato L-bas. il titolo di un classico del jazz del Dave Brubeck Quartet celebre soprattutto per il suo ritmo caratteristico, per il suo tempo irregolare ma anche un'espressione idiomatica che vuole dire Prendine cinque. E cinque sono i protagonisti del film che ruota intorno a una rocambolesca rapina messa a punto da irregolari del crimine che nella finzione hanno gli stessi nomi (e in qualche caso le stesse esperienze) dei loro interpreti. Un ricettatore. Un gangster leggendario e depresso. Un pugile squalificato a vita. Un fotografo di matrimoni, ex rapinatore, reduce da un infarto. E un idraulico con il vizio del gioco, che un giorno si ritrova nel caveau di una banca, per riparare una perdita della rete fognaria. E si fa venire unidea... Cinque irregolari alle prese con una rapina milionaria. Diffidenti, solidali, infine travolti da un reciproco

gioco al massacro. Dove contano soltanto il denaro e la lotta per la sopravvivenza. Cinque assolo per una rapina dunque, che poi prende la forma - per restare sul piano jazzistico - di una jam session. Perch Lombardi - e questo il grande pregio del film - sa come usare gli archetipi del genere senza farsi schiacciare dalla convenzione, per andare oltre il plot, per parlare anche di altro. E lo fa oscillando tra il thriller malinconico e la commedia nera, entrando e uscendo dai modelli citati e inevitabili, facendo interagire la banda scalcagnata dei Soliti ignoti e i rapinatori professionisti alla Sette uomini d'oro con il gioco al massacro e il cannibalismo sanguinario de Le iene di Tarantino. L'autore ha allestito un cast efficace che mette insieme i consumati Peppe Lanzetta, lo scrittore-attore qui in veste Kurzbrandiana e Antonio Pennarella e Gianfranco Gallo e i meno conosciuti Salvatore Striano, Salvatore Ruocco, Carmine Paternoster e lo stesso Di Vaio, facce vere e incisive qualcuno con storie di camorra alle spalle che rende credibile (grazie anche alla bella fotografia malinconica di Francesca Amitrano) la fragilit del sogno, del desiderio di arricchirsi con il grande colpo che lega cinque uomini solo per pochi giorni, cinque solitudini che si aggrappano disperatamente al denaro per riscattarsi dall'anonimato. Ritratti abusivi di Romano Montesarchio, prodotto da Figli del Bronx e Rai Cinema in coproduzione con Minerva Pictures montato da Roberto Perpignani, invece un documentario realistico su una periferia italiana e i suoi surreali abitanti: la comunit abusiva del Parco Saraceno. Gli abitanti del Parco vivono da almeno dieci anni come rinchiusi in un luogo infinitamente degradato e senza tempo, dove la vita scorre tra miserie e illegalit, sospesa tra violenze quotidiane e il sogno di una vita normale. Il destino del Parco Saraceno per segnato: nellarco di qualche anno verr infatti smantellato per far posto a un enorme porto turistico, simbolo del rilancio del territorio. Ritratto corale e grottesco composto dai volti e dalle parole dei suoi abitanti,

il film segue le vicende di questa varia umanit reietta e dimenticata che non ha altro posto al mondo, se non questo piccolo luogo abusivo nel sud Italia. Attraverso personaggi di straordinaria incisivit, i classici attori naturali che raccontano con seducente teatralit le loro drammatiche storie, Montesarchio, documentarista casertano autore di altri film premiati in vari festival e trasmessi da emittenti televisive anche straniere, mette in cortocircuito le immagini dell'abbandono e del degrado del Parco e le parole delle vittime di questo con i bla bla rituali, le promesse poco credibili di politici di destra e di sinistra, la comunit considerata abusiva e l'abusivismo morale di chi corresponsabile dello scempio. Storie che contemplano anche momenti tragicamente divertenti, personaggi (con i classici soprannomi che identificano caratteristiche e tic in una comunit a guardia, o sceicco, o drink, a lapide, o ferraro, a cinese, o mericano, o cantante, lacrobata) che con la loro comunicazione diretta e le loro considerazioni della post/anti politica (formidabile quello che parla di felicit e di quel luogo come paese dei balocchi) ridicolizzano per contrasto le sempre pi vuote parole e le sempre pi ipocrite promesse dei politici di mestiere.

nuotare nel lago del villaggio, che Paul tenter nuovamente di avvicinarla, destando la sua ira, che si scatena in un corpo a corpo feroce. Ma inaspettatamente Paul non si difende, e lei potrebbe ucciderlo con una pietra, ma non lo fa. un amore violento quello che Sverine Cornamuzas, la regista, riesce a descrivere nella scena finale in cui i due si ritrovano, ma una vera passione, di corpi che con la loro fisicit riescono ad esprimere tutta la disperazione dellattesa e limmensa felicit del ritrovarsi, quasi senza parole. Un film potente, insolito e geniale, che sembra eliminare alla radice ogni possibile letteratura sullamore per andare al fondo dellaffettivit e della sessualit, portando alla luce il sommerso e larcaico che sta spesso sotto le stratificazioni della brutalit come delledulcorazione. Splendide le immagini della montagna che sembrano un controcanto dellanimo di Paul, del suo carattere scontroso e roccioso. Non a caso il film ha ottenuto ben tre premi al Festival di Mannheim del 2009, quello della giuria, quello della critica e quello della commissione ecumenica, lasciando esterrefatta lautrice che era alla sua prima prova di regia. Ho impiegato sette anni a realizzare questo film dice Sverine che abbiamo incontrato al festival di Cinema e donne di Firenze partendo da un libro che era un lungo monologo (Rapport aux betes di Noelle Revaz) per farne un film quasi senza parole. Ed stato difficilissimo trovare un attore privo di quella mondanit borghese, di quelleleganza che ormai li caratterizza tutti. Doveva anche avere un fisico possente, e non ce ne sono molti in Europa. Vengo dalla montagna svizzera e allinizio volevo raccontare la storia di mia nonna Rosine, una donna forte che aveva vissuto in un alpeggio e avuto cinque figli. Ed questo il nome della protagonista, unattrice che ha accettato di sobbarcarsi a tutte le fatiche di una montagna che non quella di chi va a sciare. Volevo parlare di questa gente che vive una strana vita a cavallo tra abitudini arcaiche e mondo moderno, che sverna a valle, che potrebbe restare in citt, ma non vede lora di tornare sugli alpeggi malgrado le difficolt di una vita dura. Perch la montagna d a queste persone unimpagabile senso di libert, e perch hanno un affetto per la natura e una cura per il paesaggio senza i quali le foreste invaderebbero tutto lo spazio disponibile. Ma trasformare degli attori in montanari non era facile. Gli attori avevano paura. Cos ho scelto la strada dellimmersione nellambiente, confidando nel potere arcaico della montagna. La miglior scuola per ottenere dei personaggi credibili stata farli vivere per tre settimane in alpeggio con i piedi nella merda degli animali. stato cos che Sverine riuscita ad arrivare al cuore del problema, al cuore animalesco di una coppia, appunto. Aiutata anche dal terzo personaggio, lo straniero spagnolo dalla vita devastata che riesce comunque, malgrado i suoi errori e la prospettiva di un divorzio, a trasmettere il calore del suo temperamento meridionale, operando un cambiamento nella vita di Paul e di Rosine. Sverine tiene molto a definire il suo come un cinema contadino e non borghese, che non adotta nessuna maschera sociale. Ma, come spesso

Pag. 4 Vincenzo Marra con Umberto Montella, foto grande: Montella, protagonista di LAmministratore. In basso: Take five e Ritratti abusivi. A destra: ritratto di Sevrine Cornamuzas e una scena da Cyanure

Il produttore partenopeo portain concorso Take Five di Guido Lombardi e per la sezione Prospettive Doc Italia Ritratti abusivi di Romano Montesarchio

accade, pi i film scavano allinterno di una condizione particolare, pi la loro risonanza diventa universale e coinvolge spettatori di qualsiasi contesto. Bisogna dire che spesso gli autori svizzeri hanno realizzato film dalle loro storie particolari, ma qui la forza, lenergia e limmedesimazione nella vicenda raggiungono un livello di profondit singolare. Il secondo film di solito lo scoglio pi duro per un esordiente. E invece, con Cyanure, la regista porta alla ribalta un altro personaggio forte, pescato questa volta nellemarginazione della vita carceraria, anche se il punto di vista da cui si guarda alla vicenda quello del figlio adolescente del detenuto. Lidea le venuta sfogliando un libro di foto realizzate in un penitenziario, con delle semplici didascalie. In una di esse un ladro recidivo accusato inverosimilmente di un delitto sessuale confessava di aver chiesto a suo figlio, nella disperazione, di procurargli del cianuro per farla finita. Sverine si messa subito al lavoro con il suo sceneggiatore canadese Marcel Beaulieu, prima delluscita di Coeur animal, ma non voleva farne un dramma sociale. Cos ha scelto la prospettiva del figlio tredicenne di Joe, Achille, che non conosce il padre e lo ha mitizzato identificandolo con i suoi eroi da fumetto. E quando finalmente Joe esce di prigione su una spyder rossa ed arriva a casa con lintenzione di riconquistare la moglie, sembra che il sogno del ragazzo si realizzi. Ma il padre lo rifiuta e Penelope, la madre, cassiera di un supermercato, dopo tredici anni di attesa, conta di andare a vivere con Alexis, il suo datore di lavoro, e vuole il divorzio. Joe (un fascinoso e prestante Roy Dupuis, canadese gioviale, che assicura carisma, veridicit e simpatia al suo ruolo) tenta in tutti i modi di riconquistare Penelope, si illude di ricreare una famiglia che non mai esistita se non nella fantasia del figlio ma ricade nellunico mestiere che sa fare e torna in prigione. Di qui lagghiacciante richiesta di cianuro fatta al figlio, senza pensare che Alexis vorr imitarlo...Il film, costellato dalle fantasie del ragazzo, gioioso e movimentato, contrariamente alle sue premesse. I personaggi nascono da uno sguardo amorevole ed accurato, e da unintensa partecipazione dellautrice che ha scelto attori perfetti per i loro ruoli. Ma ci che rende il film importante limplicito giudizio su una societ che con i suoi miti fasulli modella un uomo come Joe, per il quale il danaro, il sesso e lavventura sono gli unici valori da perseguire, presto e ad ogni costo, al prezzo sproporzionato di un fallimento totale. Nella scena della corsa in auto con il padre e dellincidente che rischia di far perdere un occhio ad Alexis c tutta linfantile incoscienza e lesibizionismo - di un uomo maturo che vuole affermarsi solo e sempre con delle bravate. Superato il trauma, Alexis immaginer di guardare il mondo con un occhio azzurro come quelli del padre ed uno castano come quelli della madre. Sverine ha detto di essersi sbizzarrita e divertita ad inventare le fantasie di Alexis, un vero godimento e una scrittura felice e rapida dopo sette anni di gestazione per partorire il primo film.

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LA MOSTRA DELLE FOTOGRAFIE DI WIM WENDERS IN ARMENIA, GIAPPONE, GERMANIA

LALFABETO NEL DESERTO

Il regista incontra il pubblico e loccasione diventa una piccola masterclass di cinema su tempo filmico e tempo fotografico, ma anche un emozionante racconto delle fotografie in esposizione, tratte dal suo libro Places Strange and Quite

Wim Wenders, cittadino del mondo


di ALBERTO CASTELLANO
NAPOLI

Ora che rimasto senza il suo angelo (custode) de Il cielo sopra Berlino, uno dei suoi film pi famosi (il grande attore tedesco Otto Sander che lo interpretava scomparso qualche mese fa), Wim Wenders pu recidere il forte legame anche simbolico che ha con la metropoli tedesca, il feeling privilegiato con la citt culturale e intellettuale per eccellenza (lui nato a Dsseldorf). Almeno questo quello che lui (forse involontariamente) ha fatto credere e che molti suoi fans amano credere. Perch in realt l'autore di Paris, Texas nel corso dell'affollato incontro a Napoli a Villa Pignatelli Casa della fotografia dove allestita la sua mostra fotografica Appunti di viaggio. Armenia Giappone Germania (la prima tappa italiana), ha confermato di essere sostanzialmente un intellettuale apolide, che ritagliandosi una cifra stilistica cinematografica costruita come pochi nella forma e nella narrazione dello spazio e del tempo, le due componenti strutturali del cinema, ha trovato

nella fotografia il prolungamento ideale per esplicitare la sua vocazione di cittadino del mondo, di viaggiatore oltre lo spazio e il tempo. E lo ha fatto proprio schivando gli insidiosi colpi mediatici, respingendo l'assalto dei famelici cronisti locali che nella solita logica del ricatto emotivo innescato da una delle citt pi belle e particolari del mondo ma con vocazione autoreferenziale e autocelebrativa, hanno cercato in tutti i modi di estorcergli qualche dichiarazione d'amore, di disponibilit e di progettualit (con le solite domande Le piace Napoli?, Girerebbe un film a Napoli? per poi magari fare il titolo Il cielo sopra Napoli). Wenders ha tagliato corto rispondendo come se si trovasse in qualsiasi altro posto del mondo Certo che farei un film a Napoli ma ci vogliono i soldi. Non per questo per si sottratto al caloroso bagno di folla firmando autografi e concedendosi scherzosamente al fuoco di fila di fotografi professionisti e di giovani armati di smartphone e tablet Complimenti vedo che a Napoli siete tutti fotografi. Oltre tutto il maestro del Nuovo cinema

tedesco Napoli la conosce poco, non si mai fermato a lungo e anche questa volta come la precedente del 2006 quando ricevette il Premium Extraordinarium degli Annali dell'Architettura, ha fatto solo un blitz accompagnato dalla moglie artista Donata. Quanto gli bastato per fare un giro e vedere l'allestimento della sua mostra, 20 scatti tratti dalla sua pi recente pubblicazione Places Strange and Quite, curata da Adriana Rispoli, promossa e organizzata dalla Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico e per il Polo Museale della citt di Napoli con Incontri Internazionali d'Arte e Civita. L'incontro con il pubblico si trasformato in una piccola masterclass, una lezione di cinema e fotografia nel corso della quale riecheggiavano i concetti e le intuizioni teoriche del John Berger di Sul guardare, della Susan Sontag di Sulla fotografia, del Roland Barthes di La camera chiara, del Deleuze di L'immagine-tempo e L'immagine-movimento e dello stesso Wenders di L'atto di vedere. Il tempo filmico e il tempo fotografico appunto. Chi ha

dimestichezza con il crontopo wendersiano che ha assunto la forma di un lungo viaggio che ha portato il regista di volta in volta nel corso del tempo dalle citt di Alice a Berlino, da Lisbona al Texas, da Cuba a Palermo a Los Angeles, qui si trova al cospetto di immagini fotografiche enunciative/evocative, di scatti significanti che restituiscono una dimensione spazio-temporale focalizzata sui paesaggi, gli squarci, i luoghi dell'Armenia, del Giappone e della Germania. Le foto accompagnate da brevi appunti di Wenders che introducono nell'intimo del suo pensiero al momento dello scatto del muro del vecchio quartiere ebraico di Berlino devastato dai fori dei proiettili e sostituito dopo 20 anni da un negozio di souvenir, della ruota panoramica, del monumentale alfabeto scultoreo e di un distributore di benzina in Armenia, del mare di Naoshima e della cittadina di Onomichi in Giappone e ancora di una piazza piena di macerie, di una radura nella foresta, di un cielo nuvoloso, di una scritta su un muro esaltano come scrive nella presentazione della mostra il Direttore di Villa Pignatelli Denise Pagano la

sensibilit di Wenders all' ascolto in scenari talvolta desolati e in paesaggi spesso solitari, il suo modo di guardare il mondo superando la semplice dimensione visuale. E la curatrice Adriana Rispoli scrive Ammettendo l'impossibilit della rappresentazione della realt, le fotografie di Wenders sono nell'istante dello scatto il tentativo di una sintesi in frammenti di una realt incommensurabile. () Il tema del paesaggio caro all'artista s'intreccia indissolubilmente con quello della memoria, dell'attesa e dell'assenza, declinati attraverso immagini che emanano una sensazione di nostalgia e di desolazione, ma anche di naturale calma e bellezza. E l'autore descrive il complesso percorso che ha partorito alcuni scatti: L'Armenia un paese piccolo e povero ma ha un legame forte con la cultura, soprattutto con l'alfabeto. Visitando la capitale Yerevan, ho potuto conoscere la biblioteca nazionale che l'attrazione principale, ha un grande tesoro, scritti del 3 secolo e migliaia di volumi, poi sono partito per il mio viaggio verso il paese come faccio di solito senza guida, senza piantine alla scoperta del luogo. In questo paesaggio ho trovato posti e luoghi e l'alfabeto armeno di grandi dimensioni situato in un deserto, ho scoperto che la gente non sapeva che la ruota panoramica alla quale ho dedicato una foto della mostra un relitto dell'occupazione sovietica. A volte viaggiando ho la sensazione che non sono io alla ricerca dei posti, dei monumenti ma sono loro che vengono a cercarmi. E forse mi sono convinto che ho un certo senso per i luoghi che mi aiuta a trovare dei luoghi particolari, dimenticati rispetto ad altri. Si sofferma a lungo sul rapporto tra cinema e fotografia : Il legame che fa nascere un film molto complesso, un punto d'incontro tra la storia da raccontare e il luogo, nel cinema come regista posso lavorare solo quando trovo questo legame, nella fotografia diverso. Quando arrivo in un luogo non ho una storia in testa, anzi cerco di essere vuoto per farmi trovare dal luogo. Quello che mi affascina dei vari luoghi ci che non si vede, mi attirano le tracce del passato non i personaggi, preferisco vedere luoghi abbandonati dove si vede la storia, dove ci sono stati emozioni, desideri che per il tempo ha cancellato, come se il luogo si mettesse a raccontare da solo, spesso aspetto che la gente va via o si fa buio. In fotografia preferisco l'analogico, la vecchia macchina fotografica con rollino e negativo non per nostalgia, sono pi di 20 anni che uso il digitale nel cinema e recentemente ho sperimentato anche il 3D, ma per la foto si tratta di un altro mestiere, fotografo luoghi, paesaggi con persone e la vecchia macchina pi funzionale, cerco di registrare quello che vedo e sento e spero che il luogo racconti la sua storia, succede che il luogo crei un dialogo con vecchie presenze, quando lascio questi luoghi non so se sono riuscito a catturare ci che volevo. Per l'Armenia ho aspettato un mese prima di sviluppare il negativo, non voglio sapere se la foto riuscita o meno, voglio solo essere presente, col digitale si pu verificare in tempo

A destra un primo piano del regista; a sinistra unimmagine dellantico quartiere ebraico di Berlino, 1992. Al centro, Goerlitz, Germania dellEst Distruggi il Capitalismo, 2006

reale l'esito della foto e questo per me interrompe il dialogo che creo. Il formato 16/9 pi ricorrente nel cinema col cinemascope, per la fotografia lo scelgo per restituire uno sguardo panoramico, per cogliere l'orizzonte pi spettacolare. Il nesso tra il mio cinema e la fotografia pu essere il silenzio, i luoghi. Unisco il

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LA RECENSIONE

A Napoli fino al 17 novembre, negli spazi di Villa Pignatelli, la mostra fotografica Wim Wenders - Appunti di viaggio. Armenia Giappone Germania

Venti foto di Wim Wenders per ascoltare la voce del silenzio


di ANTONELLO TOLVE

fotografo e il cineasta, forse per il fatto che da sempre volevo fare il pittore, sono stato influenzato da alcuni pittori in particolare Vermeer che non conoscevo fino a quando non l'ho scoperto da giovane ad Amsterdam, sono stato folgorato dai suoi quadri, ho capito cosa vuol dire l'occhio, lo sguardo del pittore, da certe sensazioni che

ho provato nato il desiderio di diventare pittore, purtroppo non ci sono riuscito ma sono felice lo stesso. E ancora : Mi piace il concetto del non-luogo, molti luoghi si presentano come non-luoghi, che esprimono un passato, quei distributori di benzina, quei supermarket potrebbero essere in qualsiasi

posto, il senso del luogo in via d'estinzione, non lo usiamo pi, una volta serviva per sopravvivere, oggi stato sostituito dalla guida, dalla carta geografica per sapere dove si vive, conoscere la luce, il tempo che varia da paese a paese, da luogo a luogo, i non-luoghi per un fotografo sono pi interessanti per scoprire la storia.

Sotto a destra Palast der Republik a Berlino, 2008; a sinistra Ferris Wheel Armenia, 2008

Rappresentare lo spettacolo irrequieto del mondo e, nel contempo, costruire una testimonianza in divenire, un percorso interiore sull'orizzonte implacabile di eventi che intrecciano, in uno stretto e articolato gioco di interazioni, il piano sociale a quello geografico, politico, culturale. A questa parabola riflessiva, a questo sfondo nervoso e nodoso, Wim Wenders (Dsseldorf, 1945) ha dedicato, sin dalle sue prime battute, una progettualit fondata sul recupero della memoria per riunire, sotto una stessa prospettiva etica ed estetica, i lembi di una verit ricercata con vivace trasporto emotivo. Quello che amo soprattutto nella fotografia analogica, non per nostalgia, ma per puro piacere, ha suggerito in un documento poetico, che essa pu ancora rappresentare la realt. L'atto di fotografare , non a caso, un lavoro costante contro la sua progressiva scomparsa. Un lavoro critico, appunto, che mira a trattenere, attraverso due linguaggi privilegiati la fotografia e il cinema l'ardore del mondo, la fragranza delle cose stesse. Regista tra i pi apprezzati a livello planetario, Wim Wenders accanto a Werner Herzog e, tra gli altri, Fassbinder uno degli attori del Junger Deutscher Film, di un panorama che mira a rivalutare il neorealismo italiano e la nouvelle vague francese per concepire spazi intimi e psicologici, climi allucinati, feroci polemiche sociali, poetiche accuse. Ma anche un pensatore per immagini che, attraverso un lungo viaggio per il mondo (avviato nel 1984 con Paris, Texas), ha perlustrato luoghi isolati in cui pensare il pensiero e mettere in gioco se stesso come un antropologo impegnato. Seguendo questa inclinazione di natura etnoestetica gli scatti fotografici esposti a Napoli (fino al 19 novembre) negli spazi di Villa Pignatelli / Casa della fotografia (Riviera di Chiaia, 200) centrano l'attenzione su un cammino, ormai trentennale, che porta l'artista alla scoperta di verit laterali. I suoi scatti sono, difatti, appunti della memoria (ogni scatto in mostra affiancato da un appunto di viaggio del fotografo), spazi vissuti con la precisione di un occhio che scruta etnograficamente i brani della vita per suggere, da angolazioni differenti, le varie ossature del mondo. Con Wim Wenders / Appunti di

viaggio. Armenia Giappone Germania, Villa Pignatelli propone, allora, una retrospettiva, curata da Adriana Rispoli, che sottopone il visitatore, attraverso venti memorabili scatti fotografici, ad un paesaggio visuale in continuo divenire, ad un'impaginazione in cui ogni immagine racconta il desiderio di conoscere il palpitare del mondo. Quando si viaggia molto, e quando si ama semplicemente vagare e perdersi, si pu finire nei luoghi pi bizzarri ha suggerito in una dichiarazione pubblicata nel 2010 (Lugares, estranhos posta quietos / Places, strange and quiet, Imprensa Oficial, 2010), quasi ad indicare un percorso di conoscenza che parte da assunti tesi ad intessere l'arte alle trame sottili dell'esperienze estetica: la realt che scopro, ogni volta e in ogni dove, quei luoghi inconsueti e solitari, sono cos pi coinvolgenti ed emozionali, nel mio book, per il semplice motivo che esistono. La maggior parte delle volte con umilt, talvolta con orgoglio, spesso dimenticati e raramente noti. Ferris Wheel, scatto realizzato in Armenia nel 2008, fa da viatico alla mostra per evidenziare un approccio alla realt che alleggerisce la malinconia e pigia sul pulsante dell'immaginazione con il desiderio di bloccare il tempo, ammorbidire le distanze, ascoltare la voce del silenzio. Il vento spostava leggermente la grande ruota, che di tanto in tanto cigolava. L'eco che immaginavo: musica da fiera, e voci, risate e grida, come se il mondo non esistesse scrive l'artista in un taccuino che racconta le varie stazioni, i vari momenti, i vari scatti fotografici. Una serie preziosa di fotografie (sette, pi precisamente) dedicate al Giappone e in particolare alla cittadina di Onomichi sulle tracce del regista Yasujiro Ozu che tanto ha influenzato la sua visione (Rispoli), offre, nel percorso, alcuni brani di un genere artistico, il paesaggio, con il quale l'artista si misura, da tempo, per allacciare la calma della natura alle lontananze della storia. Immobilizzati come pensieri sulla metamorfosi delle cose e della vita, gli ambienti urbani di Berlino, rappresentano, poi, un ulteriore taglio critico che pone l'accento sulla citt. Le finestre di Berlino est, il quartiere ebraico e i nuovi edifici Alles oder Nichts (Tutto o niente) una critica feroce ai cambiamenti radicali che seppelliscono la memoria rappresentano, per Wenders, per il Wenders di Der Himmel ber Berlin (1987) e In weiter Ferne, so nah! (1993), luoghi attraverso i quali fare i conti con gli artigli di un futurisme de l'istant che inquieta. Con una temperatura, ancora, in cui all'uomo, per dirla con Brandi, non rimasta che la nuda flagranza della realt del presente. Viaggiatore planetario, intellettuale che naviga nell'intimo del pensiero umano, esploratore solitario e inviato speciale nella realt, Wim Wenders mostra, cos, attraverso questi suoi scatti scelti (venti in tutto), un percorso arguto che spinge lo sguardo dello spettatore in atmosfere traslucide, cremose, pungenti e nostalgiche. Atmosfere che prendono il tempo per la coda e invitano a leggere, con attenzione, una testimonianza lirica su quel che stato, che mai pi sar.

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I suoi personaggi sono dei lottatori ingenui ma coriacei, ingaggiano sfide da supereroi involontari, come lAngelo nero, sorta di Uomo ragno africano, met Malcom X e met Superman
di ANGELO FERRACUTI

Mauro Cicar un tiratardi, disegna di notte le sue creature colorate, spaventosamente piene di energia ed eccentricissime, ed esce di solito in tarda mattinata a piedi per un caff, una sosta al tabacchi per accaparrarsi una scatola di toscano Classico, poi si rintana subito dopo nel suo studiolo rabbuiato, molto raccolto e ingorgato di albi sugli scaffali. La vecchia lampada fissata sulla scrivania come quelle che usano per gli interrogatori nelle questure, le matite sono tutte pronte alluso, e mentre lui lavora, aspira il suo mezzo toscano, gli sbuffi di fumo conquistano lo spazio. qui che sono nati tutti i suoi personaggi da vecchio poliziesco americano, le atmosfere anni 40 alla Bogart, coi mascelluti energumeni nati dai ricordi di celluloide di mille film, venuti su da un condensato di letture che sicuramente hanno avuto a che fare anche con i gialli Hammett, Chandler, Spillane. I suoi personaggi sono dei lottatori ingenui ma coriacei, ingaggiano sfide da supereroi involontari, sono disegnati ma umanissimi, come lultimo Angelo nero, una sorta di Uomo ragno africano, met Malcom X e met Superman, plastico e non meno umano di quello di Wenders, che vola sopra i cieli dItalia, a Lampedusa dove i migranti muoiono, ma anche a caccia di sfruttatori, feroci caporali nelle terre amare del Meridione; o come lindimenticabile Eddie mano pesante, che sembra uscito da Cinquanta bigliettoni di Hemingway, meglio da Mai venga il mattino di Nelson Algreen, un personaggio metropolitano un po pulp, inguaribile sciupafemmine e pugile indomabile nato col mito della lotta. Un altro soggetto che ama particolarmente sono le automobili, forse per il fatto che il suo autore si sposta da sempre in treno e non ha mai preso la patente di guida. Sono sfreccianti, sgargianti, coloratissime. Le macchine futuristiche eppure dal design vintage di Cicar ci appaiono fascinose come quelle cantate da Lucio Dalla, il loro motore feroce/mentre taglia ruggendo. Sono una citazione del passato, a tinte forti rosso fuoco, e sgommano furiosamente come quelle dei cartoni animati. Ironico e parossistico, questo disegnatore marchigiano quando usa i colori ha un suo tratto originale di eccessiva materica furia, come se non riuscisse a contenere il troppo pieno caotico di una realt sempre pi artefatta, spettacolare, e laspetto formale, quello creativo del disegno, i suoi equilibrismi e

azzardi, prevale su tutto quanto il resto, come a dirci che il gioco, la messinscena, vale persino di pi dei contenuti, che siano sociali o culturali. E per questo, forse, anche uno dei pi letterari in senso classico. Senza colore, disegnando solo a china, fa cose pi stilizzate, come i bozzetti sul mondo del lavoro Articolo 1, pensati per le riviste del sindacato, o i calciatori al carboncino de La partita, molto amati da Ascanio Celestini che nella prefazione ne coglie gli aspetti pi marcatamente politici: ...Dietro al ricciolo teso, nella controra di questo calcio senza spettacolo riconsegna il sudore e la fatica al silenzio che meritano. () Lo stadio torna a essere solo un campo da calcio come quello delle partitelle dei ragazzini dove non ci stanno spettatori... Cicar abita al primo piano di uno stabile delle case popolari a Civitanova Marche, grigio e un po spettrale, in un quartiere una volta abitato da operai, popolare e di sinistra, a un tiro di schioppo dal centro. qui che in genere lo incontro. Un luogo che forse ha ispirato un altro suo filone narrativo, lEnigma del condominio, quello pi esistenziale ed intimistico, dove cura di pi la vena di pittore tout court, un artista che ricorda le periferie desolate di Sironi, come queste, ma ancor di pi il Buzzati fantastico e nero. Appena varcata la soglia dellappartamento, chiuso il portone, mi viene un po incontro il suo mondo. Le grandi tele appese alle pareti, la rossa Ferrari scintillante 8C del 1935, sembra proprio quella del grande Tazio Nuvolari, la sagoma identica. I romanzi noir sulle scaffalature in legno, ma anche molta letteratura colta, i vhs con i pi grandi incontri di boxe, compreso quello tra Cassius Clay e George Foreman, disputato a Kinshasa, nello Zaire, di cui abbiamo parlato tante volte, facendo la scherma con le mani, quasi a imitarne, impacciati come siamo, la potenza di quegli ultimi risolutivi, micidiali jab e uppercut, che fecero volare al tappeto Big George. Sono venuto a trovarlo perch sta per tornare in libreria il personaggio che ventanni fa lo ha fatto conoscere al pubblico italiano, Fuori di testa (Edizioni DI, 2013), che sembra ispirato da un altro boxeur leggendario, Primo Carnera, che ha la stessa mastodontica fisicit, forza e goffaggine insieme e da vendere, oltre a un che di bambinesco posseduto da tutti gli uomini giganti. Quando glielo faccio notare mi dice sorpreso che vero, non ci aveva mai pensato ma ho ragione. Anzi, rilancia: infatti il mio personaggio famoso per il pugno, la castagna potente, ma lui davvero buono come un bambino. Il libro sar uno dei classici della rivista Il grifo che Vincenzo Mollica ha voluto ripubblicare in questi giorni.

Cicar, storie masticate dalla vita

ALIAS 9 NOVEMBRE 2013 FUORI DI TESTA


Il fumetto Fuori di testa stato presentato a Lucca Comics & Games il 2 novembre nello stand 233 delle Edizioni del Grifo, editore storico che con la direzione artistica di Vincenzo Mollica realizz la famosa rivista in cui pubblicava i suoi sogni Federico Fellini. Mauro Cicar nato a Macerata nel 1957. disegnatore di fumetti, illustratore e pittore. Ha pubblicato su Frzzer, Tempi Supplementari, Frigidaire, LEternauta, Il Grifo, Heavy Metal USA, Global Magazine, Il Falcone Maltese, Il Caff Illustrato, Panorama Economy, La Repubblica, Alias, il Manifesto, Gang Bang e realizzato

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immagini dai fumetti di Mauro Cicar

libri di illustrazione e fumetto tra cui Fuori di Testa (Editori del Grifo, 1993), Le forbici di Paolino su testi di Vincenzo Mollica (Edizioni Di , 1999), Quasi (Edizioni Di, 2001), Fellini Sognato (aa.vv. - Grifo Edizioni, 2002), Lenigma del condominio (Nicola Pesce Editore, 2007), La partita, con un testo di Ascanio Celestini, (Editrice Tricromia Roma, 2008), Z e r o Tolleranza (aa.vv. - Becco Giallo, 2008), Eddy Mano Pesante (NPE, 2009), Dupa Grave et la chat Mimine (Ed. La Debrouille, Francia, 2010), Sibilla di Fabio Santilli (Art. & Co. 2010), Angelo Nero, su testi di Angelo Ferracuti (il manifesto/Edizioni BD, 2011), Le avventure del gigante Morgante (Edizioni Di, 2012).

Proprio lui che aveva fatto incontrare nella sua casa romana Cicar con lo sceneggiatore Franco Porcarelli, linventore del bestione tutto muscoli e niente cervello, che allora cercava un disegnatore capace di dargli la vita. Il soggettista ricorda cos quellincontro: Vincenzo Mollica voleva un fumetto nuovo per Il Grifo, e mi mise in contatto con Mauro Cicar. Era una scommessa (soprattutto per quel che mi riguardava), e lo ringrazio ancora. Non posso giudicare il mio apporto letterario a questa impresa, ma gli sono riconoscente per avermi fatto collaborare con una persona e un artista di primordine. Cicar dota le sue immagini duna forza spaventosa. Anche il colore, veramente, lo usa come un pugno nello stomaco, e lo dico in senso pi che positivo: come uno shock estetico. Mentre Cicar accende uno dei suoi sigari con gusto, meticolosit, continuo a curiosare tra i libri. Ci sono anche quelli illustrati da lui: Gli scrittori inutili di Ermanno Cavazzoni, Spiriti di Benni, Spinoza di Paolo Nori, tra gli altri, anche se il suo rapporto con al letteratura, coi classici, avvenuta grazie Walter Pedull che gli ha chiesto di disegnare alcuni opere letterarie per la rivista Il caff, cos sono nati i Classici illustrati: lOrlando furioso, lEneide, lIliade, Don Chisciotte, persino Il Partigiano Johnny di Fenoglio. Fuori di testa ha 35 anni, questo scritto nella sua carta didentit in uno dei tre episodi del libro. Gli altri segni particolari sono abbastanza pazzeschi: Multischizofrenico pericoloso. Decerebrato cronico. Processi mentali esteriori. Muto. Pluriventriloquo. Internato allet di 5 anni. Condannato a 95 anni per vari reati. I suoi nemici conclamati, coi quali si scontrer nei tre episodi che compongono la compilation Il giustiziere monco e Il Flagello dellUmanit, il pi avvincente e spettacolare, con le tavole pi ricche, colorate. Nei tre capitoli si comincia da una gangster story, dove oltre alleroe di riferimento ci sono molti altri personaggi bizzarri (Ma-scin-gan Nano, lEsibizionista timido, e il roccioso Maldoror, pluriergastolano condannato per genocidio che vien sicuramente da Lautramont), a unavventura magica, fino al western parodico con Stroncita immorales, la vergine di Norimbergamo Alta, che chiude la bizzarra trilogia. un antieroe, un supereroe inimmaginabile racconta il disegnatore marchigiano, che ancora si diverte a guardare quelle

Fuori di testa anche un lontano parente di Rank Xerox, pure se non c quella cattiveria, come avverte Cicar, e nasce nella stessa Bologna del 77 e del Dams, di Radio Alice e degli indiani metropolitani
tavole dei primi anni 90. Volevo fare qualcosa che fosse un po un classico, un cartoon-comics alla Will Eisner, con precisi riferimenti al linguaggio fumettistico. Un antieroe esagerato, come molte cose che disegna, gli faccio notare, dove ogni cosa eccessiva. Mi fa capire che tutto questo una molla espressiva, gli serve per far vivere il suo personaggio: deve essere per natura esagerato, ma forse allora, ventanni fa, ero anche pi giovane, con pi energie e meno esperienza si difende. E con in testa il mito americano, con tutto il suo immaginario potente che certo deve aver colonizzato linconscio artistico di un ragazzo nato a met degli anni50 in una terra appartata, coi paesaggi naturali e i piccoli borghi antichi come le Marche. Ho sempre subito il fascino dellAmerica ammette, il cinema, certo, la letteratura, Sherwood Anderson, le poesie di Walt Whitman, Edgard Lee Masters, e naturalmente la musica, Woody Guthrie, voglio dire, il mito della Frontiera. E poi New York dice che gli brillano gli occhi mentre continua a discorrere. Ripete New York, poi dice una citt simbolo, mitologica, un continuo set cinematografico, davvero lo scenario ideale per raccontare una storia. Ma forse anche il sogno di chi nato in provincia ammette alla fine sconsolato. Fuori di testa anche un lontano parente di Rank Xerox e del nasuto Zanardi, pure se non c quella cattiveria, come avverte Cicar, quasi prendendo le distanze, quel cinismo, quellatmosfera di fumetti legati a unepoca politica, nasce dalla stessa temperie, la Bologna del 77 e del Dams, quella di Radio Alice e degli indiani metropolitani, e lui si formato nelle stesse riviste davanguardia di allora, Frigidaire, Frizzer e Tempi supplementari, il nostro vero underground, dove pubblicavano Filippo Scozzari, Liberatore, Tamburini e Andrea Pazienza. Anche se Fuori di testa nasce dopo continua a dirmi filologico, negli ambienti del Grifo dove cerano Pratt, Manara, Federico Fellini. Gli anni in cui Vincenzo Mollica sinnamor del suo lavoro, al punto di scriverne con questa singolare

ammirazione: mi piacciono i suoi colori, i suoi scenari, le sue macchine, le facce che materializza, le donne che il destino fa incrociare nelle sue strisce. Mi piacciono le sue storie masticate dalla vita, i suoi sogni fumettistici che sono ponti che portano alla fonte dei sentimenti.

Mi piace anche pensare che Cicar sia un mago o meglio un illusionista che sta inventando, con pazienza certosina, un mondo parallelo al nostro, un universo in cui ci potremo infilare abbandonando questa contemporaneit che sempre pi spesso fa rima con volgarit.

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ALIAS 9 NOVEMBRE 2013

MOVIMENTI SPORTIVI DI MASSA

SPORT
INTERVISTA NICOLA PORRO AUTOMOBILISMO

Sociologia dei movimenti collettivi


di PASQUALE COCCIA

Altre corse altro cinema. Non pi tempo di Fangio e Steve McQueen


di FEDERICO CARTELLI

Il ruolo dei movimenti sportivi di massa in Europa e i processi di nazionalizzazione, lo sport come arena politica, il rapporto tra lo sport e le ideologie del Novecento, lo sport per tutti come caposaldo delle politiche del welfare in Europa. Ne parliamo con Nicola Porro, professore di Sociologia allUniversit di Cassino e del Lazio meridionale, gi presiedente dellAssociazione europea dei sociologi dello sport. Porro ha dedicato numerosi lavori al fenomeno sportivo, ha scritto insieme a S. Martelli, Manuale di sociologia dello sport e dellattivit fisica (Franco Angeli, 2013). autore di Movimenti collettivi e culture sociali dello sport europeo (Euro 15, Bonanno editore). Perch descrivi l'esperienza sportiva europea con la categoria sociologica dei movimenti collettivi? Le organizzazioni sportive di massa generano identificazione, producono conflitti, partecipano a mobilitazioni politiche. Un fenomeno non circoscritto solo alla competizione e tuttaltro che politicamente asettico. Qualche esempio fra quelli analizzati nella tua ricerca sullo sport europeo? Gi a cavallo fra Settecento e Ottocento lattivit fisico-motoria viene elaborata come profilassi sociale della povert. Le ginnastiche scandinave, ad esempio, mirano a prevenire le patologie indotte dal clima rigido e dallalimentazione insufficiente. Unesperienza che concorrer pi tardi alla costruzione di un avanzato sistema di welfare. I Turnen tedeschi e il Sokol in area slava vanno invece collegati ai processi di nazionalizzazione ottocenteschi. I Turnen di Jahn, un ginnasiarca visionario seguace del filosofo Fichte, avverso al professionismo e allo sport competitivo inglese, fecero del corpo disciplinato degli atleti una metafora della comunit politica. Per Mosse rappresentarono anche un pilastro sociale dellunificazione politica della Germania. Il Sokol si costitu invece a Praga nel 1862 associando patriottismo ceco, ideale panslavista ed educazione laica. Protagonista della lotta anti-asburgica per lindipendenza nazionale, combatter prima lespansionismo nazista e poi la dominazione sovietica. I suoi raduni di massa, gli Slety, fornirono tuttavia nel periodo comunista limprinting alle Spartachiadi, che sino al 1952 rappresentarono lalternativa proletaria allolimpismo borghese. Forme di associazionismo sportivo ispirate a ideali patriottici e civici non mancano nella stessa Italia risorgimentale, come nel caso del movimento garibaldino. Lultimo capitolo del lavoro dedicato alla promozione sportiva italiana, gemmata dal collateralismo politico e religioso del secondo dopoguerra.

Il rapporto tra attivit fisica, ideologie del Novecento, identit nazionali e politiche del welfare in Europa. Una storia segnata da pulsioni progressiste e derive reazionarie
In passato lo sport stato percepito dalla sinistra come oppio dei popoli o strumento del potere. In che senso lo descrivi come una arena politica? Quello che ai primi del Novecento fu chiamato antisportismo socialista costituisce un fenomeno carsico della sinistra europea, ma sempre fortemente minoritario. Il modello dellarena politica si ispira invece alle teorie sociologiche del conflitto, studiando i movimenti sportivi come attori che operano entro uno spazio sociale attraversato da interessi in competizione, negoziazioni di potere e dinamiche simboliche. In qualcuno dei casi osservati sostengono e persino promuovono forme esplicite di mobilitazione politica. una storia segnata da pulsioni progressiste e

derive reazionarie, che meriterebbe di essere approfondita. Perch negli ultimi decenni le pratiche sportive antagonistiche, rispetto agli ordinamenti sportivi ufficiali, non sono state oggetto di studi? Lanalisi del caso nazionale britannico, proposta dalla sociologia storica, ha generato lillusione che esistesse un modello universale di sportivizzazione e che questa coincidesse con la formazione di istituzioni specializzate, come i comitati olimpici e le federazioni di disciplina. Altre esperienze, altrettanto importanti, sono state relegate nel cono dombra. Le narrazioni campionistiche dei grandi media hanno fatto il resto, oscurando lo sport dei cittadini o declassandolo a mero folclore. Che rapporto istituisci fra lo sport europeo, le ideologie del Novecento, figlie dell'industrializzazione e delle nazionalizzazioni, e la domanda di diritti sociali? La filosofia del risultato misurabile e del record costituisce una perfetta metafora del produttivismo industriale. I totalitarismi del Novecento hanno usato il campionismo in funzione della celebrazione nazionalistica e le associazioni sportive di regime come strumento di controllo sociale. Il racconto cinematografico delle Olimpiadi di Berlino da parte di Leni Riefenstahl una testimonianza esemplare di estetizzazione delle ideologie reazionarie. La contemporanea sperimentazione espressiva del movimento per una risposta allestetizzazione fascista della corporeit: abbattendo le barriere linguistiche, favorisce linclusione e la contaminazione fra culture. Lo sport per tutti e a misura di ciascuno, considerato in Europa un caposaldo del welfare, promuove prevenzione sanitaria, educazione alla socialit, pratiche di inclusione. Dal 1998 al 2005 sei stato presidente di un grande movimento sportivo di massa, come l'Uisp. Come ricordi questa esperienza? Non provenivo dalla dirigenza associativa e fui il primo presidente eletto in un congresso in competizione con altri candidati. Durante la mia presidenza la Uisp consolid il suo primato fra gli enti di promozione, superando il milione di soci e accredita ndosi fra le associazion i leader del nascente Terzo settore. Le aspettative riposte nel centrosinistra al governo,

per una riforma dello sport che mettesse fine al paradosso di un paese leader nel medagliere olimpico e fanalino di coda nella pratica diffusa, furono per in parte deluse. A partire dal 2001 subimmo lattacco scatenato contro il non profit dai governi di centrodestra, interessati solo, come il loro capo, allo sport professionistico spettacolare. La crisi finanziaria e organizzativa del Coni ebbe ripercussioni sul nostro movimento, senza produrre per quella separazione consensuale dello sport di cittadinanza dallente olimpico che sembrava matura e che ci avrebbe, seppur tardivamente, allineato ai modelli prevalenti in Europa. Rimproveri all'Uisp di essere ancora seduta al tavolo del doppio collateralismo, vittima e fruitore di finanziamenti del Coni? una critica e in parte unautocritica. Gi nei primi anni Novanta avevamo compreso linnovazione politica e culturale europea dello sport per tutti, la crescente differenziazione delle pratiche e la conseguente necessit di una riforma radicale del sistema. Lo sport di cittadinanza andava inserito nellagenda del welfare, promuovendone lautonomia organizzativa e restituendo il Coni, che amministrava a favore della promozione risorse dello Stato, alle responsabilit che sa assolvere efficacemente: valorizzare i talenti tecnici e difendere i colori nazionali nella competizione agonistica internazionale. Il nostro progetto non aveva nulla di eversivo. Tuttavia non incontr soltanto lostilit prevedibile dei governi di centrodestra. Si sald un fronte che andava dai nostalgici della diroccata casa comune dello sport ad ambienti degli stessi enti di promozione, timorosi di perdere i modesti benefici derivanti dal regime di scambio politico fra partiti e sistema sportivo. Resistenze serpeggiarono persino in ambienti Uisp. Ci manc la forza di rompere la tenaglia a rischio dellisolamento. La vertenza aperta nel 2002 con la Carta dei princpi dello sport per tutti fu progressivamente depotenziata negli anni successivi. Le sue ragioni rimangono per attuali e andrebbero rilanciate senza timidezze. Come vedi il futuro dei movimenti collettivi sportivi nei prossimi anni in Italia e in Europa? Si delineano tre tendenze non in opposizione fra loro. Una affonda radici nel tradizionale sport amatoriale di competizione. Unaltra si orienta a unofferta non profit di servizi specializzati per il benessere. Cresce per anche un associazionismo di cittadinanza che ha per partner privilegiati i movimenti per lambiente, i diritti e la qualit della vita.

In alto, immagine della maratona di New York, 3 novembre 2013 sotto: atleta, da un vaso greco

La monotonia sportiva della Formula 1, con Sebastian Vettel che si aggiudica il 4 mondiale consecutivo e il filotto degli ultimi sette gran premi, fa passare Rush come una storia avvincente. Non che non lo sia il film di Ron Howard, che fa rivivere i duelli sulle piste di met anni 70 fra i piloti Niki Lauda e James Hunt, ma magari fa palpitare di meno lo spettatore dello sport automobilistico gi consumato allimpatto con certa cinematografia del genere. Le televisioni che riprendono le gare del campionato mondiale segnano il passo, per non dire che laudience ormai al di sotto delle aspettative. Bernie Ecclestone, imperituro magnate di quel gran baraccone che divenuta la Formula 1, ha paventato durante lanno la possibilit che lEuropa possa perdere alcuni circuiti che hanno scritto la storia delle corse (addirittura Monza?) a favore di gran premi da disputare in paesi emergenti i cui bacini di utenza sono pi appetibili sotto laspetto commerciale. Le gare del mondiale sono indubbiamente troppe, una ventina. Pi del doppio di quelle che si correvano in passato. Le vincono sempre gli stessi piloti, con le stesse macchine: oggi Vettel con la Red Bull, ieri (primo lustro del Duemila) Schumacher con la Ferrari. Anche agli albori della Formula 1 cera qualcuno che i mondiali li vinceva in serie, ma ogni anno con macchine diverse: Manuel Fangio, parliamo di lui, vinse il campionato del 1954 con vetture di due marchi sportivi differenti. Arriv primo in sei gran premi: nei primi due con la Maserati, negli altri quattro con la Mercedes. La variet davvero non mancava. Film come Rush devono essere accolti con favore se riescono a determinare un ritorno di spettatori per le corse automobilistiche, specie ora che perlomeno sono progredite tecnicamente in termini di sicurezza. Certo, al cinema digitale non capita pi di vedere in azione un tipo alla Steve McQueen, attore e pilota a tutto tondo senza controfigura, per film come La 24 ore di Le Mans del 1971; o Paul Newman impegnato in Indianapolis, pista infernale (1969) e ancor prima James Caan in Linea rossa 7000 (1965) di Howard Hawks. In questa carrellata ci piace ricordare il famoso Gran prix (1966) del regista di fantapolitica John Frankenheimer: insieme con i protagonisti James Garner, Yves Montand e il simpatico Toshiro Mifune che per loccasione aveva smesso i panni delleterno samurai, comparivano piloti autentici come lamericano Phil Hill, linglese Graham Hill, laustraliano Jack Brabham. Questi piloti peraltro erano tutti degli ex-campioni del mondo. Le riprese si svolgevano sui circuiti storici della Formula 1 dove si sempre gareggiato: Montecarlo, Spa in Belgio, Monza. Sul cofano delle monoposto venivano montate le macchine da presa in cinerama per i primi piani dei piloti che correvano affiancati ruota a ruota per le scuderie Ferrari, BRM, Lotus, McLaren. Dei veri bolidi insomma. Altre corse, altro cinema.

ALIAS 9 NOVEMBRE 2013

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SINTONIE
IO SONO NATA VIAGGIANDO
DI IRISH BRASCHI, CON DACIA MARAINI, ITALIA 2013

A CURA DI SILVANA SILVESTRI CON ANTONELLO CATACCHIO, ARIANNA DI GENOVA, GIULIA DAGNOLO VALLAN, MARCO GIUSTI, GIONA A. NAZZARO, CRISTINA PICCINO

IL FILM
THE CANYONS
DI PAUL SCHRADER, CON JAMES DEEN, LINDSAY LOHAN, NOLAN GERARD FUNK, GUS VAN SANT. USA 2013

Ritratto di una delle pi importanti scrittrici italiane, un diario di viaggio tra documentario e finzione, dopo lincontro tra il regista e la scrittrice, si creata questa alleanza cinematografica, che porter sul grande schermo tra foto e filmati di repertorio anche una ricostruzione fiction con i viaggi pi importanti e i suoi rapporti con personaggi illustri del panorama storico italiano del 900. IL PARADISO DEGLI ORCHI

ha insanguinato il Medioriente da dietro le quinte, un racconto diretto, brutale, con interviste alternate a rari materiali d'archivio. Il titolo indica il meccanismo per cui si lasciano o meno filtrare le informazioni sui media. THIRD PERSON
DI PAUL HAGGIS, CON MILA KUNIS, LIAM NEESON

DI NICOLAS BARY, CON RAPHAEL PERSONNAZ, EMIR KUSTURICA, FRANCIA 2013

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JOBS

Dopo lOscar per Crash e le sceneggiature di Million Dollar Baby e Nella Valle di Elah, il nuovo film racconta le storie di tre coppie che vivono in tre citt diverse: New York, Parigi e Roma. La coppia in Italia l'inizio, Parigi il durante e New York la fine ha detto Haggis. Nel cast James Franco e Riccardo Scamarcio. VENERE IN PELLICCIA
DI ROMAN POLANSKI, CON EMMANUELLE SEIGNER, MATHIEU AMALRIC. FRANCIA 2013

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film del regista francese. Nei quali i personaggi femminili sono al centro (da 8 donne a Sotto la sabbia, forse anche per questo un raffinato scopritore di nuovi talenti), sempre amatissimi pure quando sfumati in chiaroscuri di ambiguit. Non lo psicologismo che interessa Ozon, e tantomeno le spiegazioni sociologiche, ci che fa vibrare la sua macchina da presa il rispetto dellindividualit di questi personaggi, e la loro libert. (c.pi.) MACHETE
DI ROBERT RODRIGUEZ, CON MICHELLE RODRIGUEZ, CUBA GOODING JR. USA 2013

Tratto dallultimo libro di Daniel Pennac. Il film racconta le stravaganti vicende di Benjamin Malaussne e il suo bizzarro impiego: il capro espiatorio nei grandi magazzini di Parigi. Per evitare una denuncia o un reclamo per un prodotto, Benjamin viene strapazzato dal capo per impietosire il cliente e ritirare la denuncia. Quando per i grandi magazzini vengono bersagliati con esplosivi la colpa ricade su di lui. Sar allora che dovr trovare il vero colpevole.

In un teatro parigino, Thomas si lamenta al telefono per lo scarso rendimento delle candidate. Nessuna ha le doti necessarie per interpretare il ruolo della protagonista e si sta preparando per uscire, quando si presenta Vanda, volgare e senza cervello, proprio quello che ci vuole. BEFORE MIDNIGHT
DI RICHARD LINKLATER, CON ETHAN HAWKE, JULIE DELPY. USA 2013

DI JOSHUA MICHEAL STERN, CON ASTHON KUTCHER, MATTHEW MODINE, USA 2013

Dopo la sua morte arriva sul grande schermo la storia biografica di uno dei pi grandi innovatori del ventesimo secolo, Steve Jobs. Cresciuto in un sobborgo della California e ritiratosi dal College cerca di trovare un significato alla sua vita. Grazie alle sue innate capacit di marketing convince un negozio di elettronica a comprare cento unit di una scheda di computer creata dallamico genio, costruite nel suo garage. LULTIMA RUOTA DEL CARRO

Jesse e Celine, lo scrittore newyorkese e lattivista francese li vediamo in Grecia, sposati e con due bambine: sono passati quasi due decenni dal loro primo incontro su un treno per Vienna e nove anni dal secondo a Parigi. Il rapporto tra Jesse e Celine, fotografato, a distanza di anni, in tre momenti diversi della giornata (alba, tramonto, mezzanotte) riflette con dolcezza linesorabilit di ogni storia damore. (g.d.v.) UN CASTELLO IN ITALIA
DI E CON VALERIA BRUNI TEDESCHI, CON LOUIS GARREL, FILIPPO TIMI. FRANCIA 2013

Per Rodriguez, il Messico un laboratorio rivoluzionario. Cormaniano fino al midollo, sfrutta sino alle estreme conseguenze lidioletto del cinema di genere trasformandolo nel processo in un raffinato esercizio di agit-prop pulp. Machete, assurto ormai al rango degli eroi sottoproletari che da Maciste passando per Bruce Lee, Stallone e Jackie Chan, confondono in unico segno attore e ruolo, il grimaldello con il quale Rodriguez fa saltare tutto ci che resta della sintassi dei generi e di eventuali residui di tassonomie. Attraverso un filo di straccio di storia, sempre uguale poi, da James Bond a Austin Powers, ossia salvare il mondo da un pazzo, Rodriguez rimette in scena il suo petit thatre che sa di cordite e fumetti, sessappiglio russmeyeriano e kung fu di serie Z. (g.a.n.) QUESTIONE DI TEMPO

GIACARTA IN PALMO DI MANO


ROYALS
Nuova Zelanda, 2013, 403, musica: Lorde, regia: Joel Kefali, fonte: Mtv

Il post impero di Bret Easton Ellis incontra il post cinema di Paul Schrader. Un film ipnotico, concettualmente incandescente e, pi di ogni cosa, una riflessione su fare cinema (in America) oggi. Ancor pi spericolata, e coraggiosa, perch realizzata da un regista/sceneggiatore emerso - insieme a Coppola, Scorsese, Lucas, Spielberg... - in un momento della storia hollywoodiana in cui gli autori dalla visione forte avevano, nei confronti dell'industria, un potere che adesso non hanno pi. Dice Paul Schrader: The Canyons stato inteso fin dall'inizio come un film da distribuire in video on demand. Da l le immagini dei cinema chiusi che si vedono all'inizio. cinema post sala cinematografica...Anche in un altro senso: quando ci siamo riuniti con il cast ho detto a tutti di immaginarsi una fila di losangelini che stanno aspettando di vedere un film. In realt il cinema ha chiuso, ma loro rimangono l davanti perch non hanno nessun altro posto in cui andare. in quella chiave che ho pensato alla sceneggiatura di Bret. Come se fosse ambientata in un aldil popolato di giovani che parlano di un film da fare di cui non importa niente a nessuno. il post-impero di Bret nel mio post-cinema...Questo film stato disegnato da Bret e da me per essere freddo, morto dentro. Dal 14 novembre nelle sale (g.d.v.)

DI RICHARD CURTIS, CON DOMHALL GLEESON, RACHEL MCADAMS. GB 2013

DI GIOVANNI VERONESI, CON ELIO GERMANO, RICKY MEMPHIS, ITALIA 2013

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La storia italiana dagli anni 70 ad oggi, raccontata nella vita di un uomo qualunque. Giovanni Veronesi prova a rappresentare lesperienza degli italiani di questi ultimi trentanni, con un personaggio comune come quello rappresentato da Elio Germano, che tenta di conservare i suoi valori nonostante la realt politica del paese. MR. MORGANS LAST LOVE

DI SANDRA NETTELBECK, CON MICHEAL CANE, GILLIAN ANDERSON, FRANCIA 2013

Storie di rinascita a Parigi. Un professore di filosofia in pensione, vedovo da tre anni, pensa di farla finita, fino a che non incontra una bella e giovane parigina insegnante di canto e ballo. Trascinati dalloscurit dellesistenza troveranno il modo di rinascere insieme. Tratto dal romando La Douceur Assassine di Franoise Dorner. STAI LONTANA DA ME

Louise unattrice che non vuole pi recitare, ai set preferisce la vita, lamore. Come nei film precedenti anche qui la regista ritrova la prima persona degli ambienti che conosce bene, e a cui appartiene, ovvero l'alta borghesia coi doppi cognomi e il mondo del cinema. Ma sempre senza presunzione, o generico giudizio. Lautofinzione di una biografia familiare persino sfacciata trasforma il paesaggio privato in commedia, in riso e in pianto, in uno slapstick emozionale di cui Bruni Tedeschi fa vibrare le corde con sapiente dolcezza. (c.pi.) LA GABBIA DORATA
DI DIEGO QUEMADA-DIEZ, CON BRANDON LPEZ, KAREN MARTNEZ. SPAGNA MESSICO 2013

Tim Lake ha ventuno anni e la sua vita sembra gi essere segnata dalla banalit. Almeno sino a quando babbo non gli svela il segreto di famiglia: i maschi di casa hanno la possibilit di viaggiare nel tempo, basta chiudersi nellarmadio. il talento di Richard Curtis il vero collante di una commedia che altrimenti non avrebbe chance. Curtis un vecchio volpone come sceneggiatore, oltre al sodalizio con Mister Bean, ha scritto Quattro matrimoni e un funerale, Notting Hill, Il diario di Bridget Jones, oltre essere stato anche regista di Love actually e I love radio Rock. Sa come dosare i suoi ingredienti per ottenere il giusto cocktail in grado di intrattenere e di offrire buonumore. (a.ca.) IL PASTICCIERE

Una narrazione secca, essenziale, fatta perlopi di inquadrature fisse in interni, che racconta le esistenze di adolescenti della periferia di Auckland. La loro successione scandita dal ritmo del brano della cantautrice Ella Yelich-O'Connor (in arte Lorde), che compare solo un paio di volte (anche lei in piano fisso). In realt in Royals non accade nulla di particolare, ma vengono solamente descritte nella loro silenziosa apatia le azioni quotidiane di ragazzi che sembrano vivere in solitudine, allinterno di un habitat freddo, grigio, geometrico, senza adulti. Kefali concepisce con grande abilit il cadrage di ciascuna immagine, caricandola di sospensione e di attesa, di una tensione spaziale e drammaturgica, come se, da un momento allaltro, dovesse succedere qualcosa di sconvolgente. ANIMALS

IL FESTIVAL
LO SCHERMO DELLARTE FILM FESTIVAL
FIRENZE, CINEMA ODEON, 13-17 NOVEMBRE

Olanda, 2013, 313, musica: Martin Garrix, regia: Mark Loonen, fonte: Mtv

Nella sesta edizione del festival a cura di Silvia Lucchesi si inaugurano i Festival Talks, preziose occasioni di incontro con autori ed artisti. Le tradizionali sezioni Cinema dArtista, Sguardi, film in prima visione italiana dedicati ai protagonisti dellarte contemporanea, tra cui Memories of Origin dedicato al giapponese Hiroshi Sugimoto che sar presente alla proiezione, cos come Simon Sterling (Black Drop) e lartista albanese Adrian Paci. Focus on dedicato allopera cinematografica dellartista lituano Deimantas Narkevicius, ospite del festival. Inoltre Visio-European Workshop on Artists Moving Images e il premio Lo schermo dellArte. Tra le Visioni dartista Pippa Barca che ha trovato la morte in Turchia, i rifiuti tossici del dopo Chernobyl che tornano in forma di radiazioni nascoste, le connessioni tra astronomia e origini del cinema, le gigantografie degli abitanti delle citt del mondo esposti sui tetti di Rio de Janeiro, le fotografie di Letizia Battaglia, il cileno Alfredo Jaar. I luoghi del festival oltre al cinema Odeon, sono la CCC Strozzina, il museo Marino Marini e Villa Romana.

DI LUIGI SARDIELLO, CON ANTONIO CATANIA, ROSARIA RUSSO. ITALIA 2013

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DI ALESSIO MARIA FEDERICI, CON ENRICO BRIGNANO, AMBRA ANGIOLINI. ITALIA 2013

Uno stimato psicologo ha un problema serio: tutte le ragazze che lo frequentano subiscono strani incidenti. E questo va avanti finch non trover la sua anima gemella. Remake del film Per sfortuna che ci sei di Nicolas Cuche. THE GATEKEEPERS - I GUARDIANI D'ISRAELE

Tre adolescenti decidono di partire dal loro misero villaggio guatemalteco per poi attraversare il confine del Messico ed entrare negli Stati Uniti alla ricerca di una vita migliore. Un lungo viaggio di migrazione attraverso pericoli inaspettati, durissimi scontri con la realt. Un racconto che si apre su paesaggi di impressionante bellezza, anche se privi di possibilit di sussistenza, romanzo di formazione, finale fulminante. Esordio del regista spagnolo che stato assistente di Ken Loach in Terra e libert. (s.s.) GIOVANE E BELLA
DI FRANOIS OZON, CON MARINE VACTH, GRALDINE PAILHAS. FRANCIA 2013

Sardiello contamina due generi televisivi, la cucina e il poliziesco utilizzandoli per riproporre un linguaggio cinematografico reinventato, uno stile che vuole il pi possibile surreale. un tentativo forse non del tutto riuscito, ma Antonio Catania il buono e Ennio Fantastichino il cattivo si fronteggiano come figure archetipiche del cinema in un duello che decodifica in qualche modo i due linguaggi. (s.s.) LA PRIMA NEVE

La furia bestiale della dance elettronica del diciassettenne dj olandese, si traduce in immagini di ragazzi con felpa e maschere di animali che prima si scatenano in discoteca e poi sfasciano automobili dandole alle fiamme. Alla fine del video lo stesso Garrix mostra il suo placido volto bambinesco togliendosi la maschera di leone, logo-cover dellalbum che d il titolo a questo singolo. Violenza e sensualit al ralenti, una stroboscopia interpolazione tra il volto di una donna e quello del felino il classico stereotipo che funziona sempre (vedi anche Roar

LA RASSEGNA
RASSEGNA DEL CINEMA UNGHERESE A ROMA
ROMA, ACCADEMIA DUNGHERIA, VIA GIULIA 1, 11-15 NOVEMBRE

della Perri). Si spera solo che il clip di Animals non istighi a delinquere, dal momento che le metropoli sono piene di piromani in azione. Lottima fotografia di Shane Muller.

SNOW ON THE SAHARA


Usa/Indonesia, 1998, 356, musica: Anggun, regia: Anthea Benton, fonte: Youtube

DI ANDREA SEGRE, CON JEAN-CRISTOPHE FOLLY, MATTEO MARCEL. ITALIA 2013

DI DROR MOREH. ISRAELE FRANCIA GERMANIA 2012

Sei comandanti in capo dei servizi antiterrorismo israeliani raccontano per la prima volta la loro verit. Osserviamo il conflitto che

L adolescente bunuealiana che si prostituisce dalle 5 alle 7, per poi tornare nella calda casa borghese, si accorda alla grazia ludica, e alla seduzione infantile che animano i

In un villaggio sulle Alpi ha trovato accoglienza fraterna un rifugiato che ha perso la moglie. Il suo destino incrocia la tristezza di Michele, un ragazzino che soffre per la perdita del padre: parlano un linguaggio comune. Losservazione documentaria che scorre sotterranea al linguaggio di Andrea Segre, si espande nel racconto, approfondisce il dato sociologico nellindividuazione dei personaggi. La natura una compagna muta e anche misteriosa e cupa, nasconde luoghi dove si sono concentrati i ricordi, sentieri dove non si vorr pi passare. (s.s.)

Il volto della seducente cantante indonesiana naturalizzata francese domina il video di questo brano che ha lasciato una traccia nella musica pop fine anni 90. La Benton non si inventa nulla di eccezionale, limitandosi a riprendere in studio Anggun, spesso stagliata su un fondo azzurro luminoso o intarsiando il suo volto in un paio di punti sul palmo della sua mano (come se fosse proiettato) o dentro i contorni di una fiamma scontornata su fondo nero. Non costruisce neppure una coreografia la vocalist di Giakarta, ma accenna a minimi movimenti orientaleggianti. Snow on the Sahara, comunque, resta un lavoro di pregevole raffinatezza formale.

Presso lAccademia dUngheria a Palazzo Falconieri (ingresso gratuito fino ad esaurimento posti), in programma la rassegna di nove film della produzione cinematografica ungherese pi recente, in lingua originale, con sottotitoli in italiano (eccetto La porta di Istvn Szab in inglese, con sottotitoli in italiano e LEredit di Eszter in italiano). luned 11 novembre, Il cuore del tiranno, ovvero Boccaccio in Ungheria di Mikls Jancs (1981), ore 18, con Ninetto Davoli. Alle ore 20.30 sar in programma lo spettacolare Made in Hungaria di Gergely Fony (2009) una storia ambientata nel 1963 che ha per protagonista un adolescente, Miki, che torna a Budapest dopo 4 anni vissuti negli Usa. Il 12: Kamleon di Krisztina Goda (2008) e alle 20.30 Il cavallo di Torino di Bla Tarr, (2011, 149) vincitore dellOrso dargento a Berlino. Il 13 i film di Mrta Mszros Luomo di Budapest (2004) e Lultimo rapporto su Anna (2009). Nei giorni seguenti: LEredit di Eszter di Jzsef Spos(2008), da Sndor Mrai, La porta di Istvn Szab(2012), Ladies and Gentlemen di Gyrgy Plfi.

IL TEATRO
SORELLA ACQUA
ORBETELLO (GROSSETO), AUDITORIUM, 10 NOVEMBRE

MAGICO

Uninedita elaborazione del dolore ha preso forma in un laboratorio e una messa in scena teatrale: in ricordo dellalluvione dello scorso anno lo spettacolo Sorella Acqua si terr allAuditorium di Orbetello il 10 novembre 2013 alle ore 17. Gli interpreti, diretti da Pamela Villoresi saranno accompagnati da musicisti diretti dal maestro Luciano Vavolo e dalla cantante Evelina Meghnagi. Lo spettacolo si basa sui pensieri, le riflessioni, le paure e speranze degli alluvionati del 12 novembre 2012 per ricordare, raccontare ed esprimere gratitudine a quanti si sono prodigati nel disastro dovuto pi allincuria umana che alla natura. Opera corale, con una compagnia formata da tutte le persone comuni che hanno subito danni, che hanno scritto componimenti di vario genere sullalluvione e hanno lavorato anche su testi poetici e classici. Con gli allievi del laboratorio teatrale di Orbetello, Evelina Meghnagi, Luciano Vavolo e Pamela Villoresi, con il coro Le Donne di Magliano diretto da Carla Baldini, il corpo bandistico citt di Orbetello, l'associazione musicale Ceccherini, il centro Studi Danza Orbetello e associazione Costa d'Argento Danza.

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di GUIDO MARIANI

Alcuni sociologi e politologi sostengono che i simboli siano in grado, grazie al loro contenuto espressivo e alla loro capacit di sintetizzare un messaggio, di coinvolgere e mobilitare le masse. Il mondo del rock e del pop vive di musica tanto quanto di apparenza e ha saputo spesso mettere in campo un immaginario simbolico per sedurre e rendere sempre pi fedeli i propri seguaci. Di questo apparato fanno senza dubbio parte anche i marchi, i loghi e le elaborazioni grafiche che identificano gli artisti. La musica contemporanea non solo si ascolta, ma si vive e si indossa e, in alcuni casi, si ostenta come un vessillo. Alcuni marchi legati al mondo del rock sono diventati brand internazionali di straordinario valore artistico e commerciale o simboli che identificano l'appartenenza a una trib. I nuovi artisti spesso scelgono il loro logo prima di scrivere una sola canzone. L'uso di un carattere grafico o di un'immagine pu segnare e definire la loro intera carriera. In alcuni casi i marchi sono stati in grado di creare un intero mondo parallelo a quello musicale e di vivere di una straordinaria storia a s stante.

BLACK FLAG, BARRE SPAZIALI


Semplice, ma memorabile. Il logo dei Black Flag uno di quei simboli la cui popolarit ha di gran lunga oscurato la fama della band a cui faceva riferimento. Il gruppo nacque in California nel 1976 e si sciolse dieci anni dopo (andrebbe steso un velo pietoso sulle successive reunion). Furono anni turbolenti. Guidati dal chitarrista Greg Ginn e caratterizzati da una line-up totalmente instabile, i bandiera nera, che a dispetto del nome erano anarchici antifascisti, dal 1981 ebbero come frontman Henry Rollins e divennero una forza dirompente nella nascente scena hardcore americana. Il loro segno distintivo era un punk isterico ed eclettico contaminato dal jazz. Le loro esibizioni live finivano quasi regolarmente in rissa. Il loro simbolo divenne inconfondibile: 4 barre nere parallele, uguali in altezza e larghezza, ma non allineate e leggermente spostate una rispetto all'altra. I Black Flag furono il primo vero brand dell'hardcore punk. Presentavano i loro concerti con locandine disegnate che oggi fanno parte della storia iconografica del rock. Erano disegni dissacranti, vignette comiche o grottesche che se la prendevano con i benpensanti, la societ borghese, la religione, la polizia e che sembravano preannunciare che dove c'erano i Black Flag c'erano guai in vista. L'immaginario della band fu una delle scelte vincenti del gruppo ed era il prodotto della fantasia tormentata di un loro membro-ombra: Raymond Ginn. Fratello di Greg, era stato uno dei fondatori del gruppo di cui fu per

STORIE LE ELABORAZIONI GRAFICHE CHE IDENTIFICANO GLI ARTISTI

Loghi sacri. Il marchio della rockstar


breve tempo il bassista. Lasci presto gli strumenti per dedicarsi all'arte e alla grafica con il nome di Raymond Pettibon. Da lui nascevano le locandine dei concerti e le copertine dei dischi. Fu lui a inventare lo storico logo che non rappresenta come tutti pensano quattro barre, bens una bandiera nera mossa dal vento. Pettibon ha poi firmato negli anni decine di copertine di ellep, la sua pi celebre forse quella di Goo lo storico album dei Sonic Youth del 1990. ormai un nome noto nel mondo dell'arte contemporanea e ha esposto nei maggiori musei d'arte moderna e alla Biennale di Venezia. Al suo lavoro stato dedicato anche un breve documentario realizzato dal Museum of Contemporary Art di Los Angeles. Ancora prima di sapere chi fossero i Black Flag dice Flea dei Red Hot Chili Peppers in una scena del corto mi ricordo che camminavo per le strade di Hollywood e vedevo le loro locandine e mi chiedevo: ma che cazzo sono? Questa roba pesante. Si narra che il logo dei Black Flag sia uno dei tatuaggi rock pi riprodotti in assoluto. Esiste un intero libro fotografico, intitolato Barred for Life che raccoglie storie e foto di chi ha scelto di marchiarsi a vita con il simbolo della band. Tra le celebrit che hanno sulla pelle il marchio, oltre a Henry Rollins, Dave Grohl (che se lo fece da solo a 12 anni), Bryan Adams, Frank Turner e gli attori Edward Norton e Johnny Depp.

LA MELA DEI BEATLES


Il logo ufficiale dei Beatles, quello con la B maiuscola e la T allungata, nacque per puro caso. Fu Ivor Arbiter, gestore del negozio di strumenti musicali Drum City di Londra a metterlo gi di fretta quando vendette, nel 1963, una batteria a Ringo Starr. Schizz il logo perch la band aveva espressamente richiesto,

Non solo musica ma anche segni, disegni e scritte. Ecco come il mondo del rock e del pop seduce i fan

qualora fosse comparso in evidenza il nome della batteria (una Ludwig) che ci fosse anche il nome del gruppo. Arbiter scrisse su un pezzo di carta Beatles e mise in risalto la B e la T per enfatizzare il beat. Vendette la batteria a Ringo. Per l'ideazione grafica pass alla storia, ma non divenne ricco visto che intasc un extra di appena 5 sterline. Ma c' un altro logo, oggi onnipresente, per cui i Beatles sono forse responsabili: quello della mela. La Apple, ideatrice di iPhone e iPad oggi un'azienda che raggiunge una capitalizzazione di 400miliardi di dollari. Nel 1968 la Apple Electronics era una divisione della Apple Corps Ltd. fondata dai Fab Four. Il legame tra i due marchi stato a lungo dibattuto, anche in ambienti legali. I Beatles si trovarono costretti a fondare un'azienda dopo una consulenza fiscale che spieg come creare un proprio marchio di business avrebbe fatto loro risparmiare due milioni di sterline. Nacque cos, nel 1967, la Beatles Ltd. Paul McCartney per pens che fondare qualcosa dal nulla fosse come tornare all'abc e quindi, ripescando tra i suoi ricordi d'infanzia, immagin qualcosa di estremamente semplice: A come Apple. Per il logo McCartney si ispir ai quadri di Ren Magritte La camera d'ascolto e Il figlio dell'uomo che rappresentano mele verdi. Il disegno fu alla fine

fatto da Gene Mahon, un designer pubblicitario, in collaborazione con l'illustratore Alan Aldridge, autore di tanti disegni beatlesiani. Nel gennaio 1968 la Beatles Ltd. diventava ufficialmente la Apple Corps Ltd. e il marchio della mela venne registrato in 47 paesi e in tutte le sue possibili declinazioni tra cui anche la Apple Electronics. Di fatto fin per istoriare soprattutto i dischi dei Beatles, ma come tutte le cose prodotte dal quartetto entr nel mito. Il primo aprile del 1976 a Cupertino in California nasceva la Apple Computer Company fondata da due giovani genietti dell'informatica Steve Jobs e Steve Wozniak con l'imprenditore Ronald Wayne. I due Steve erano fan dei Beatles, ma l'idea della mela, si disse, veniva dalle manie dietetiche di Jobs. Non appena la Apple emerse come azienda promettente lo scontro legale con la mela beatlesiana fu quasi inevitabile. Nel 1981 un primo accordo fu stipulato con il pagamento da parte di Steve Jobs e soci di 80mila dollari e la promessa di starsene fuori dal mercato musicale. Con iTunes alla fine la Apple diventata il mercato musicale e si mangiata la mela sempreverde dei Beatles. Dal 2007 la compagnia fondata dai Fab Four ha dato in licenza i marchi alla compagnia californiana.

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intitolato On Your Feet or on Your Knees . Sulla copertina c'era una chiesa ecos decisi di fare delle ricerche sulla grafica delle lettere bibliche andando a rivedere la Bibbia Gutenberg , il primo libro stampato. Ripresi quella grafica e decisi di rendere le lettere in metallo come se fossero un marchio di una macchina, perch in quella copertina compariva anche una limousine. Nel 1976 Gerard Herta disegn poi la grafica dell'album degli Ac/Dc High Voltage e decise di incorporare nel logo un fulmine per rappresentare la scarica di elettricit che riassumeva la filosofia del disco. Ma la scritta non lasciava ancora il segno e il vero logo della band nacque l'anno dopo quando il gruppo australiano pubblic Let There Be Rock . Il riferimento biblico del titolo ricord a Herta il lavoro fatto per i Blue yster Cult. Decise cos di riprendere il lettering aggiungendo spessore alle lettere e scegliendo un colore arancione. Il logo rimase per sempre. Alla fine degli anni Settanta - ha ricordato Herta - questo stile tipografico divenne di moda e venne definito Goth. Forse in relazione proprio agli Ac/Dc e ai Blue yster Cult si cominci ad associare questa grafica con la musica heavy metal. Ma dal mio punto di vista sempre stato pi Gutenberg che Goth. Herta poi passato dal rock ai prodotti di consumo, firmando loghi come quello della Pepsi, del profumo Eternity, del canale tv Hbo e ideando la grafica di diverse testate di giornali. Ma nessun logo stato indossato, amato e riprodotto come quelle quattro lettere con un fulmine nel mezzo.

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e innovativi loghi mai creati. Un'opera di un artista inglese per una band inglese. bello che abbia trovato ora la sua definitiva casa a Londra.

LA DOPPIA ESSE DEI KISS


Un gruppo che ha fatto della propria immagine, sin dagli esordi, una ragion d'essere. Una firma diventata un marchio finito su qualsiasi bene di consumo si possa pensare (e ancora di pi). Il brand Kiss fu disegnato nel 1973 dal chitarrista della band Ace Frehley. Il musicista si ispir al logo della precedente band di Gene Simmons e Paul Stanley, i Wicked Lester, la cui immagine grafica (pare creata da Stanley) era dominata da una s disegnata come un fulmine. Cos accadde anche per le due s nel nome dei Kiss che danno dinamicit e potenza al marchio divenuto cos celebre. La scritta non mai cambiata anche quando i Kiss negli anni Ottanta pensarono, sbagliando, di poter abbandonare le loro maschere e di diventare una rock band come tante altre. Le due s furono per anche un problema. In Germania i due fulmini ricordavano troppo da vicino il logo in caratteri runici delle SS hitleriane. Fu cos che per evitare le polemiche, solo per il pubblico tedesco, la scritta del gruppo divenne diversa: al posto dei due fulmini compaiono due lettere disegnate come due z rovesciate.

EDDIE, UNO ZOMBIE PER GLI IRON MAIDEN


Gli Iron Maiden nella loro carriera hanno probabilmente fatto pi soldi con le magliette che con i dischi pur avendo venduto milioni di album. Questo successo senza dubbio dovuto alla fortuna del personaggio che li accompagna dall'inizio della loro carriera: Eddie. Il mostriciattolo, una sorta di zombie senza pelle, stato rappresentato in tutte le loro copertine e oggi sta al metal come il cavallino della Ferrari sta al mondo delle automobili. Eddie comparve agli albori della band per idea del manager Dave Beasley che si invent una testa che sputava sangue da esporre durante i concerti. Successivamente l'artista Derek Riggs riprese l'idea e ridisegn Eddie dandogli anche un corpo e ideando un vero e proprio personaggio a tutto tondo. Il debutto grafico avvenne sulle copertine dei primi singoli della band. Per il 45 giri di debutto The Sanctuary Eddie si cimentava nell'omicidio, accoltellando a morte l'odiato premier britannico di allora, Margaret Thatcher. Era il 1980 e la trasgressione politica del punk faceva sentire ancora la sua influenza. Ma i Maiden e Eddie abbandonarono ben presto la ribellione per dedicarsi ad avventure tra l'horror, l'occultismo e la fantascienza. Tuttavia Eddie si ritrov ancora coinvolto in questioni politiche verso la met degli anni Ottanta quando divenne il simbolo di un gruppo lealista paramilitare nord-irlandese, gli Ulster Freedom Fighters, che lo ritrassero in diversi murales di propaganda. A insaputa dei Maiden, Eddie si era trasformato da killer anarchico a simbolo della fedelt al governo inglese.

ROLLING STONES, QUESTIONE DI LINGUA


Quando i Rolling Stones decisero di identificarsi con un logo, i Beatles erano gi storia e loro, rimasti la pi grande rock band del pianeta, cercarono di dare un marchio alla loro leggenda. Gli Stones non erano soddisfatti dal design troppo blando che la loro casa discografica dell'epoca, la Decca, gli imponeva e cercavano qualcosa che li distinguesse. Jagger si rivolse cos al Royal College of Arts di Londra dove incontr uno studente che stava conseguendo un Master of Arts. Il giovane artista, chiamato John Pasche, appena vide di persona il rocker rimase visivamente impressionato dai tratti del volto e dalla sua caratteristica pi celebre, la bocca smisurata. Da quel momento per l'illustratore fu un gioco da ragazzi. La caricatura della bocca e della lingua di Mick era un misto di sensualit, ironia e ribellione e divenne la nuova firma della band che in quel periodo si era definitivamente staccata dalla Decca e aveva fatto nascere una propria etichetta, la Rolling Stone Records. Il disegno fu stampato per la prima volta all'interno del disco Sticky Fingers, il celebre album con la zip in copertina, e accompagner il gruppo fino ad oggi diventando un brand universale che ha dato anche fortuna commerciale al costosissimo merchandising degli Stones. John Pasche divenne negli anni Settanta uno dei grafici di riferimento della scena rock firmando i poster delle tourne dei Rolling Stones nei primi anni Settanta, ma anche copertine e locandine per band come The Stranglers, The Who, Judas Priest, Art of Noise e Jethro Tull. Il disegno originale del logo fu acquistato a un'asta negli Stati Uniti per 92.500 dollari nel settembre del 2008 a un'asta dal Victoria and Albert Museum di Londra dove oggi esposto. un logo iconico - ha detto uno dei responsabili del museo -. Uno dei pi dinamici

PRINCE, IL SIMBOLO SI FA NOME


Nell'eterna corsa a cambiare sempre pelle e a sfuggire alle convenzioni, nel 1992 Prince, per il suo quattordicesimo album, decise di cancellare il proprio nome e di adottare un logo per presentarsi al pubblico. L'immagine, una rielaborazione di un simbolo astrologico, diventava cos alfabeto e l'artista si rendeva indefinibile. La mossa per era dettata pi dallo spirito polemico del folletto di Minneapolis che da un sincero desiderio di cambiare pelle. Ai tempi infatti il cantante era ai ferri corti con la sua casa discografica, la Warner, e non perdeva occasione per farlo notare. Non potendo uscire dal contratto che lo legava all'etichetta, scelse di cancellarsi il nome rendendo difficile la promozione del disco. I giornalisti non senza ironia iniziarono a chiamarlo the artsit formerly known as Prince (l'artista noto un tempo come Prince), qualcuno si invent la sigla Tafkap e qualcuno per facilitare le cose lo ribattezz The Artist. Il tutto era reso ancora pi paradossale e caotico perch uno dei singoli tratti da quel disco si intitolava My Name Is Prince, il mio nome Prince. Nella sua fretta di uscire dal contratto con l'odiata Warner, Prince pubblic a quell'epoca cinque album in due anni, alcuni contrassegnati dal nuovo logo, inondando il mercato e annoiando il pubblico. Alla fine la Warner lo lasci andare senza tanti rimpianti e Prince trov un nuovo contratto e dal 2000 decise di riappropriarsi del suo nome. Il simbolo finito nel 2010, seminascosto, nel disegno di copertina realizzato dal pittore Kadir Nelson per il primo disco postumo di Michael Jackson, una citazione non apprezzata affatto dal bizzoso Prince che ricorse a vie legali per far cancellare il marchio.

CBGB, UN LOCALE CHE INSEGNA


Un logo celebre come quello di tante rock band, ma appartenuto a un locale. Il Cbgb stato, dagli anni Settanta fino al decennio scorso, il tempio underground della musica newyorkese. L'indirizzo 315 Bowery era il luogo sacro del punk e della new wave americana, la Mecca dell'undergrond della Grande Mela. Ma nella frizzante scena di Manhattan nessun locale di successo dura in eterno. Nel 2006 ha chiuso i battenti trasformandosi in una boutique dello stilista John Varvatos (vedi Alias del 9 ottobre 2010, pagg. 12-13). La sigla Cbgb vive nella leggenda e in un brand ormai onnipresente sulle magliette dei giovani che oggi frequentano concerti e festival punk. Nel locale tutto era un po' paradossale, si sono consumati concerti epici e risse incontrollabili, ma il posto era nato, nelle intenzioni del fondatore Hilly Kristal, per ospitare country, bluegrass e blues da cui lo storico acronimo Cbgb. L'insegna, disegnata da Karen la moglie di Kristal, era una scritta assai vicina a un certo clima western e sarebbe stata perfetta per un saloon frequentato da cowboy. Ma diventato un vessillo del punk e un marchio che riporta all'et dell'oro della ribellione rock newyorkese. Curiosamente il locale sfoggiava un'altra sigla sotto l'acronimo Cbgb: Omfug che significa Other Music for Uplifting Gormandizers cio altra musica per ispirati

buongustai. Insomma un posto per palati fini che amavano gruppi e artisti come Ramones, Patti Smith, Television, Dead Boys, Fleshtones, Cramps, B-52's, Blondie e Talking Heads.

PUBLIC ENEMY E LUOMO NEL MIRINO


C'era un'epoca in cui l'hip hop faceva paura. C'era un'epoca in cui i rapper non celebravano se stessi, ma cantavano la rivolta. E il loro simbolo era un uomo in un mirino: il logo dei Public Enemy. L'immagine iconica associata al gruppo rap guidato da Chuck D e Flavor Flav stato parte della loro leggenda e riassumeva in un sigillo perentorio la loro visione di unAmerica in cui i giovani neri finivano troppo spesso nella linea di fuoco delle armi delle gang o della polizia. Il logo fu pensato dallo stesso Chuck D. Lo disegnai nel 1986 - ha ricordato il rapper -. Ero diplomato in grafica e lo ideai per altre formazioni, ma quando i Public Enemy furono scritturati dalla Def Jam quello divenne il nostro logo. L'artista di New York, Eric Haze lo mise a posto per l'uscita dell'album Yo! Bum

Rush the Show nell'87. Per molto tempo il simbolo fu frainteso e si pens che l'uomo nel mirino fosse un poliziotto, in realt era un giovane nero vestito alla moda dell'epoca e ricalcato da Chuck sul profilo di E-Love, rapper che faceva parte dell'entourage di LL Cool J. All'epoca i b-boy amavano indossare cappelli modello fedora o quelli sportivi della Kangols, io semplicemente ricalcai la silhouette di E-Love da un'immagine presa da una fanzine chiamata Right On . Da quel momento in poi il partito del rap aveva il suo simbolo.

AC/DC, IL FULMINE DEL METAL


La storia di uno dei brand pi riconosciuti della storia del rock simile a quella di tanti marchi commerciali. L'indimenticabile scritta Ac/Dc frutto del lavoro di un designer americano chiamato Gerard Herta e che negli anni Settanta si occupava della grafica delle copertine per l'etichetta Cbs. Nel 1975 - ha raccontato l'artista - avevo disegnato la copertina di un disco dei Blue yster Cult

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RITMI
RICORDI PATTI SU REED, LEON HENDRIX SU JIMI

I SOGNI DI GUY
di F. AD. Immagini vivide, ipercolorate, profondamente pop. Affiorano dalle pagine di Rock Dreams (foto), testo sacro delliconografia rock apparso per la prima volta nel 1974 (in Italia uscito nell82 da Gremese). Nel 2003 stato ristampato da Taschen. Nacque da

unidea del belga Guy Peellaert in collaborazione con Nik Cohn, tra i pi noti critici musicali inglesi. Peellaert, scomparso nel 2008, stato pittore, illustratore, fotografo. Sollecitato dalla lettura di Awopbopaloobop Alopbamboom, storico saggio musicale di Cohn, decide di incontrare lautore proponendogli la sua visione rock. Cohn scriver alcuni testi e lartista dipinger. Passeranno tre anni ma alla

fine i folli ritratti di Peellaert vedranno la luce. Un Jim Morrison leonino, un Bob Dylan in pelliccia con il gatto in grembo, i Rolling Stones in calze e giarrettiere. David Bowie proporr a Peellaert di disegnargli la copertina canina dellalbum Diamond Dogs, Mick Jagger gli affider la copertina di Its Only RocknRoll. Lennon incornicer a casa la copertina del libro (lui seduto a un bancone da bar con Elvis, Dylan, non ci vedevamo da tre anni e mentre lui era diventato famoso io mi comportavo male, spacciavo, rubavo. Si present con il road manager Gerry Stickells, che aveva in mano un borsa piena di soldi, mi dette un biglietto d'aereo e mi disse, 'Vieni in California la prossima settimana'. L'ho fatto e l'ho seguito ovunque. Quelli del management, Chas Chandler e Mike Jeffery, odiavano che stessi con loro. Mi davano anche 50 dollari pur di farmi andare via ma io niente. (....) Stare nel camerino con loro era incredibile. Io ci stavo ogni sera e mi scopavo le sue amiche. O piuttosto quelle che lui non riusciva a farsi perch ce n'erano tantissime che volevano arrivare a Jimi. Allora se la facevano con me e si raccomandavano che dicessi a Jimi come si erano comportate. () Al tempo avevo 18 anni e potevo incontrare i Rolling Stones, gli Who, John Kay (Steppenwolf), i Doors, Eric Burdon. Andavamo a casa di Eric e tutti a farsi di coca. Io no, ero ancora un ragazzo di strada, nemmeno un hippy. Tutte quelle rockstar bianche amavano Jimi finch non si scopava le loro fidanzate. Anche lui apprezzava Mick Jagger, Brian Jones, Keith Richards. Si fece una storia con Michelle Phillips dei Mamas and Papas, con Linda Keith (la fidanzata di Keith Richards) e Uschi Obermaier, una splendida modella. () La sua vita consisteva nell'alzarsi un'ora prima del concerto, fare il concerto e poi suonare tutta la notte o registrare. Ha fatto fare un sacco di soldi alle persone che gli stavano intorno. (...) Jimi aveva un pessimo rapporto con i soldi, pensava che bloccassero la sua creativit. Poteva capitare che a natale ci mandasse a casa 10mila dollari e che telefonasse per chiederci se erano arrivati. Aveva chiesto a qualcuno di inviarceli via Western Union ma noi non li abbiamo mai visti. Si faceva fregare sempre. Alle feste vedevo gente che gli metteva le mani in tasca e si portava via i soldi e lui mi diceva, non ti preoccupare, tanto dentro c' poco. Anche qui il racconto vivo, presente. Travolgente quando Leon ricorda come Jimi volesse evolversi, progredire. Voleva scrivere sinfonie come Wagner. Amava la musica classica, ma al tempo non c'era spazio per esperimenti del genere.

Lou & Jimi, il senso del rocknroll

La poetessa ha scritto un accorato ricordo sul New Yorker dellartista appena scomparso, il fratello minore racconta la magia del chitarrista e gli anni a Seattle

di FRANCESCO ADINOLFI

Patti Smith tra gli artisti che pi si sono nutriti di Lou Reed, cannibalizzando il suo modo noir e istantaneo di raccontare e suonare New York. uscito sulla rivista The New Yorker un sentito e accorato tributo della poetessa al musicista scomparso di recente; ecco alcuni frammenti. Racconta Smith: Domenica (27 ottobre) mi sono alzata presto. La sera prima avevo deciso di andare al mare, cos ho ficcato un libro e una bottiglia d'acqua nello zaino e sono andata a Rockaway Beach. Sembrava un giorno importante, ma non mi veniva in mente nulla. La spiaggia era vuota e con l'anniversario imminente dell'uragano Sandy, quel mare cos tranquillo sembrava incarnare la verit contraddittoria della natura. Sono rimasta l un po', stavo guardando la scia che un aereo lasciava in cielo quando mi arrivato un sms di mia figlia Jesse. Lou Reed era morto. Ho avuto un sobbalzo e fatto un respiro profondo. Lo avevo visto di recente in citt con Laurie (Anderson) sua moglie; si capiva che era malato. Lo splendore consueto di Laurie era come offuscato. Quando Lou mi ha salutata i suoi occhi scuri sembravano contenere una tristezza infinita, benevola. Lo avevo incontrato nel 1970 al Max's Kansas City. Quell'estate i Velvet Underground avevano fatto per diverse settimane due concerti a sera. Il giornalista e intellettuale Donald Lyons era sconvolto che non li avessi mai visti, mi port a vederli, era il secondo concerto della prima sera. Mi piaceva ballare e con i Velvet Underground si poteva ballare ore; una specie di surf doo wop dissonante che ti faceva muovere svelto o lento. Fu la mia tarda e rivelatoria introduzione a Sister Ray. Anni dopo in quella stessa stanza al piano di sopra del Max's, io, Lenny Kaye e Richard Sohl avremmo inaugurato le nostre danze. Lou spesso si fermava per vedere cosa combinavamo; persona molto complicata, in coraggiava i

Sopra Patti Smith e Lou Reed, qui accanto Leon Hendrix e Jimi Hendrix in moto

nostri sforzi, poi si voltava e mi provocava come uno scolaretto monello. Cercavo di stargli alla larga, ma come un gatto, mi tornava sotto, disarmandomi con qualche verso di Delmore Schwartz sull'amore e il coraggio. L'incontro di Patti Smith con Lou Reed fondamentale; se Reed stato il poeta di New York, se ha cantato le contraddizioni di una citt mai tenera - come peraltro conferm in un'intervista a chi scrive - con gli artisti, Smith tra le prime destinatarie di quelle sollecitazioni verbali. Lei che migra a New York (da Filadelfia va a Glassboro, New Jersey e di l nella grande mela) vive sulla sua pelle tutte le contraddizioni - povert, droga, disoccupazione - cantate da Reed. Entrambi, poi, sono legati da un filo che li terr sempre stretti: la poesia. Una volta - racconta Smith avevo con me un libro di Rupert Brooke, me lo sfil dalle mani e guardammo insieme la foto del poeta. Cos bello, disse, cos triste. Fu un momento di pace assoluta. Continua: Non capivo i suoi comportamenti strambi o l'intensit del suo umore che cambiava - come il modo di parlare - da veloce a laconico. () Era curioso, a volte sospettoso, un lettore vorace, un esploratore sonico. Per lui scoprire un pedale per chitarra poco diffuso era come trovare una poesia. () Fu lui a introdurci alla Factory. Warhol gli sussurrava nelle orecchie. () stato il poeta newyorkese della nostra generazione. Patti Smith racconta anche come con l'evolversi del suo gruppo, Lou si fece pi vicino e interessato. Del

resto il Patti Smith Group eseguiva dal vivo i pezzi di Reed e questo contribu a cementare per sempre il rapporto tra i due. Nel testo per il New Yorker, l'artista ricorda la sequela di messaggi che

cominciano ad arrivarle quando si diffonde la notizia della morte di Reed. Le scrive Sam Shepard, a cui stata anche legata sentimentalmente, mentre guida un camion in Kentucky. E conclude sulle due immagini che le vengono in mente appena appresa la notizia. Una riguarda Laurie Anderson, sincera, gentile. La seconda direttamente Lou. Ho pensato al veliero veloce di cui parla in Heroin, il suo capolavoro. Ho pensato che stesse ad aspettarlo al disotto della costellazione formata dalle anime dei poeti a cui tanto voleva unirsi. Prima di addormentarmi ho fatto attenzione alla data, il 27 ottobre. Ho scoperto che era il compleanno di Dylan Thomas e di Sylvia Plath. Lou aveva scelto il giorno perfetto per salpare, il giorno dei poeti, una domenica mattina, il mondo dietro di lui. Struggente. Grazie al New Yorker per aver consegnato alla storia del rock, frammenti, istanti di un rapporto irripetibile. Altro ricordo toccante quello apparso in Gran Bretagna sulla rivista Classic Rock. Tra le pagine un'intervista a Leon Hendrix, fratello minore di Jimi in occasione del documentario Jimi Hendrix The Guitar Hero (narrato da Slash). Leon racconta la difficolt di una

vita tra servizi sociali, arresti, genitori prima in perenne lita (tra alterchi sollecitati dall'alcol e una vita di stenti) e poi separati, la trasformazione di Jimi dal ragazzo che amava Flash Gordon alla star pi pagata degli anni Settanta. Ricordo - dice Leon - una sola giornata di gioia. Il natale del 1955. Jimi ricevette in regalo la prima bicicletta e io un camion giocattolo. (...) Pap, a cui eravavamo affidati, ci diceva di stare attenti al furgone dei servizi sociali, quando lo vedevamo dovevamo nasconderci. () Ogni sabato mattina Jimi, che si prendeva cura di me, mi portava al cinema a vedere gli episodi Flash Gordon interpretati da Buster Crabble. Cominci a farsi chiamare Buster e quel nome gli rest per un po'. Era affascinato da tutto ci che avesse a che fare con lo spazio. Alla fine quelli dei servizi sociali mi beccarono mentre giocavamo alla guerra nel bosco. Jimi ne scrisse nel pezzo Castles Made of Sand. () Jimi ha cominciato a suonare la chitarra quando in un bidone della spazzatura scov un ukulele con una sola corda. Impar il tema di Peter Gunn di Henry Mancini. Era il 1958. Poi arrivarono i dischi di Robert Johnson e Willie Dixon. () Quando torn negli Stati Uniti noi

ON THE ROAD
Arctic Monkeys
Dopo i successi estivi torna per una data il quartetto indie rock di Sheffield. Assago (Mi) MERCOLEDI' 13 NOVEMBRE
(MEDIOLANUM FORUM)

Suede
Brett Anderson e soci vanno avanti con il loro pop molto brit. Bologna GIOVEDI' 14 NOVEMBRE
(ESTRAGON)

Amanda Palmer
La met femminile dei Dresden Dolls, duo statunitense che si rif al dark, in Italia per una sola data. Milano SABATO 9 NOVEMBRE (FACTORY)

The Naked and Famous


Una data per la band neozelandese, tra pop e elettronica. Segrate (Mi) SABATO 16 NOVEMBRE
(MAGNOLIA)

Local Natives
La band indie rock statunitense, tra Fleet Foxes e Coldplay. Ad aprire i concerti i Cloud Control. Bologna SABATO 9 NOVEMBRE (ESTRAGON) Roma LUNEDI' 11 NOVEMBRE (BLACKOUT) Firenze MARTEDI' 12 NOVEMBRE (VIPER)

Kaki King
La bravissima cantante e autrice nonch ottima chitarrista acustica. Conegliano Veneto (Tv) SABATO
9 NOVEMBRE (APARTAMENTO HOFFMAN)

ZZZ's
Dal Giappone un mix di post punk e no wave. San Vito di Leguzzano (Vi)
SABATO 9 NOVEMBRE (CENTRO STABILE DI CULTURA)

Suuns
Gli alfieri del rock canadese in Italia. Torino MERCOLEDI' 13 NOVEMBRE (SPAZIO
211)

White Lies
La band inglese, che si rif alle sonorit degli anni Ottanta, torna nel nostro paese. Milano SABATO 16 NOVEMBRE (MAGAZZINI
GENERALI)

Steven Wilson
Il leader di Porcupine Tree, Blackfield e No-Man torna nel nostro paese in versione solista per presentare il nuovo album. Bologna MERCOLEDI' 13 NOVEMBRE
(TEATRO DUSE)

Uzi & Ari


Indie pop e rock per la band Usa. Pisa VENERDI' 15 NOVEMBRE (ALBATROSS) Montefano (An) SABATO
16 NOVEMBRE (TEATRO LA RONDINELLA)

Roma VENERDI' 15 NOVEMBRE (CIRCOLO DEGLI ARTISTI) Bologna SABATO 16 NOVEMBRE (COVO)

Pretty & Nice


Indie pop per il quartetto di Boston. Brescia MARTEDI' 12 NOVEMBRE (LIO BAR) Milano MERCOLEDI' 13 NOVEMBRE (TNT) Torino GIOVEDI' 14 NOVEMBRE (VELVET) Firenze VENERDI' 15 NOVEMBRE (TENDER) San Salvo Marina (Ch) SABATO
16 NOVEMBRE (BEAT)

Shannon Wright
La brava cantante/autrice di Jacksonville (Florida) in tour con Kyle Crabtree e Todd Cook di Shipping News. Cagliari DOMENICA 10 NOVEMBRE
(CAGLIARI)

Julia Kent
In Italia la violoncellista di Antony and The Johnsons. Ferrara GIOVEDI' 14 NOVEMBRE (ZUNI) Schio (Vi) VENERDI' 15 NOVEMBRE (CHIESA
DI SAN FRANCESCO)

Padova GIOVEDI' 14 NOVEMBRE (GRAN


TEATRO GEOX)

These New Puritans


Un mix di indie rock, chamber pop e rock sinfonico per la band inglese che si conferma con il nuovo, terzo lavoro in studio, Fields of Reeds. Bologna MARTEDI' 12 NOVEMBRE
(LOCOMOTIV)

No Joy
Psichedelia e shoegaze per il duo femminile canadese. Milano VENERDI' 15 NOVEMBRE (LO FI,
CON RDGLDGRN)

Pharmakon
Progetto noise sperimentale per l'artista newyorkese Margaret Chardiet. Madonna dell'Albero (Ra)
SABATO 9 NOVEMBRE (BRONSON) Carpi (Mo) DOMENICA 10 NOVEMBRE (MATTATOIO) Milano MARTEDI' 12 NOVEMBRE (ROCKET) Padova MERCOLEDI' 13 NOVEMBRE (BASTIONE ALICORNO)

Adam Green
Un capostipite della nuova scena anti-folk newyorkese. Poggio Berni (Rn) SABATO
9 NOVEMBRE (CIRCOLO DEI MALFATTORI)

Carpi (Mo) SABATO 16 NOVEMBRE


(MATTATOIO)

Emiliana Torrini
Le delicate armonie della cantante e autrice islandese. Milano LUNEDI' 11 NOVEMBRE (MAGAZZINI
GENERALI)

Daughter
Il giovane trio inglese, sulla scia di The Xx. Bologna VENERDI' 15 NOVEMBRE (TEATRO
ANTONIANO)

Dent May
Il pop esistenziale del polistrumentista e autore del Mississippi. Legnano (Mi) VENERDI' 15 NOVEMBRE
(CIRCOLONE)

ALIAS 9 NOVEMBRE 2013

(15)

Jagger e Bowie). Jack Nicholson acquister quasi tutti gli originali. Splendide alcune opere: ad esempio quella di The Greatest Show on Earth, con sullo sfondo le immagini di Jim Morrison, Janis Joplin, Jimi Hendrix e Brian Jones. Peellaert dipingeva con la tecnica del fotorealismo usando spesso i pastelli. A dieci anni dalla ristampa e a 39 dalla prima stampa, Rock Dreams resta un testo essenziale. MULATU ASTATKE SKETCHES OF ETHIOPIA (Jazz Village/ Harmonia Mundi) Sullo sfondo lepocale Sketches of Spain di Miles Davis, lethio-jazz del settantenne vibrafonista e compositore etiope mescola funky jazz e tradizioni extraoccidentali. Dopo la splendida antologia New YorkAddis-London questi schizzi dEtiopia si inerpicano su unimpalcatura orchestrale attraverso moduli upbeat, strumenti tradizionali e grazie allintervento delle voci della maliana Fatoumata Diawara e delletiope Tesfaye sotto il segno di una ritrovata dimensione panafricana. (s.fr.) TIM BERNES SNAKEOIL SHADOW MAN (Ecm/Ducale) Berne non si evolve. Organizza i suoi brani su molte pagine scritte neo-boppistiche che echeggiano non poco certe analoghe pagine braxtoniane. Lhorror vacui lo insidia quasi sempre. Molti unisoni nervosi, certo molto articolati (ma non sfociano mai in vera polifonia), nei quali unisce il suo sax alto ai clarinetti di Oscar Noriega e al pianoforte di Matt Mitchell. Poche uscite in assolo. Atmosfera piuttosto claustrofobica. Pregevole il brano OC/DC perch vi si trovano interludi meditati e pacati. (m.ga.) PAUL MC CARTNEY NEW (Universal) 4 Beh, a intitolare New un album del baronetto fa un po' sorridere. Ma il ragazzo dotato di enorme senso dell'ironia. Certo che quando ci si mette, dopo un decennio di prove opache, d ancora i punti alle giovani generazioni. Circondato da ottimi produttori, con un pugno di pi che degne canzoni, non fa mai venire voglia di saltare traccia. E Alligator, fra le pop song che pi ricorderemo quest'anno... (s.cr.) MOP MOP ISLE OF MAGIC (agfogo) Volete farvi una passeggiata nellesotistico senza sentirvi asserviti per la violenza delle immagini sonore? Questa registrazione dei Mop Mop ve ne offre loccasione. Sono un settetto organizzato da Andrea Benini, percussionista, cui si uniscono 10 ospiti. Sono molto afro soft, forse pi caraibici che afro, con un non invadente gusto per una qualche sorta di pan naturalismo che li tiene lontani dalla villania della violenza. Il mondo quello dello Ju Ju, ma le tinte sono assai meno cariche di quelle che furono di Archie Shepp. (g.ca.)

ULTRASUONATI DA GIAMPIERO CANE STEFANO CRIPPA VIOLA DE SOTO GIANLUCA DIANA SIMONA FRASCA GUIDO FESTINESE ROBERTO PECIOLA

DI SIMONA FRASCA

INDIE ITALIA

POP ITALIA

ROCK

JAZZ

Ipnotizzati dalle scimmie


Italia indipendente che tenta di esprimersi al meglio. Il via con i sardi The Erotik Monkey di Tutti i colori del buio (Ruf Records), i quali in undici brani tiratissimi ed energici propongono un riuscito sound che incrocia suoni metal, attitudini quasi hardcore e linee melodiche ipnotiche che rallentano le battute in modo saggio e avveduto. Il quartetto mostra personalit, particolarmente in Asbesto e Non pensi. Complimenti. Meno riuscito ma un incentivo a proseguire nella strada del rock semplice e sincero che propongono per i Les Fleurs des Maladives che editano Medioevo (ZetaFactory): ai posteri solo Amoxicillinela e Ennio. Concludiamo con i davvero bravi Aedi, e il loro Hata Kata (Gusstaff Records). Nove brani di un rock mescolato con una infinit di cose. Dentro ci trovate aspetti corali e istrionici degni dei Menomena, una trasparenza folk vagamente scandinava e sferzate psych dell'ultimo lustro. Ci sar un motivo se A. Hacke degli Esturzende li ha prodotti. La (difficile) scelta sui brani da segnalarvi, cade su Idea, Tomasz e la estatica Prayer of the Wind. (Gianluca Diana)

Rita Pavone, oltre il mattone


il suo primo album interamente cantato nella lingua madre, Elisa (L'anima vola, Sugar) e lei si schernisce dicendo che con la sola licenza media non si mai sentita troppo sicura con la lingua di Dante... Sar, comunque il ritorno della cantante di Monfalcone di impatto pur senza stravolgere le sue attitudini di scrittura. Belle melodie, aperture rock e qualche ospite in veste d'autore (Ligabue, Sangiorgi) e anche in voce (Ferro). Chi era scomparsa - per scelta - Rita Pavone (Masters, Rita Pavone/Sony), classe 1945, che per fare un disco come voleva lei ha dovuto produrselo e (auto) promuoverselo. Sono gli standard della sua giovinezza, in originale nel primo cd, tradotti da Migliacci, Gay, Wertmuller e Ruggeri nel secondo. Lei bravissima e fa rimpiangere troppo tempo perduto dietro balli del mattone e geghege... Operazione al contrario per Renzo Arbore che insieme agli Arboriginals (...) d alle stampe una rilettura di classici italiani tradotti in inglese (My American Way, SonyMusic). L'inglese di Renzo maccheronico, ma gli arrangiamenti cautamente swingati sono deliziosi e lui si rivela credibile crooner. (Stefano Crippa) PERELMAN/MORRIS/PANDI ONE (RareNoise Records) Un power trio energico quanto dinamico. Basta guardare ai curricola dei componenti per farsi un'idea della versatilit del progetto, capace di abbracciare le pi diverse sfumature del free jazz. Musica a tratti incalzante, a tratti seducente, per poi attraversare molteplici umori. Il disco il frutto di una manciata di giorni di improvvisazione musicale, e fotografa una sinergia quasi telepatica fra i tre musicisti. (v.d.s.)

Miscellanea Arcane Roots


Nell'esordio del trio inglese Arcane Roots, Blood and Chemistry (Pias/Self) le cose sembrano semplici da definire: alt rock con reminiscenze indie, prog e qualche puntatina punk hardcore, insomma, un pout-pourri che va dai Mars Volta ai Tool passando per i Rush e i Converge. Il disco per scorre grazie alle melodie disegnate dalla voce, apprezzabile sia per timbrica che per estensione, di Andrew Groves. Da Londra arrivano, su altre coordinate musicali, anche i Clarence Clarity che pubblicano un ep d'esordio, Save Thyself (37 Adventures/ Pias-Coop/Self). La ricetta si ha prendendo estratti di lo-fi miscelati con gocce di soul, r'n'b e elettronica. I brani sono solo tre (quattro con l'intro, troppo breve per essere considerato tale), ma ci che si ascolta ci fa pensare a qualcosa di molto interessante e da tenere d'occhio in futuro. A Sheffield fanno base i 65dayofstatic che tornano con Wild Light (Hassle/Self), un album bello, lo diciamo subito, in cui sviluppano sempre meglio il loro sound che unisce post rock british e elettronica sperimentale per un unicum che sembra arrivare dallo spazio siderale. (Roberto Peciola) MATANA ROBERTS COIN COIN CHAPTER TWO: MISSISSIPPI MOONCHILE (Constellation/Goodfellas) Vola leggiadra e sicura nei 18 temi che compongono questo lavoro intriso di musica e cultura afroamericana. La sassofonista si muove tanto nelle forme improvvisative che in modelli pi melodici senza problemi. Lo spoken word consapevolezza ulteriore e a tratti sembrano affacciarsi la leggerezza di Olu Dara e la forza di Cooper Moore. Tra le migliori uscite del 2013. (g.di.)

Il Giappone improvvisamente
Il Giappone onnivoro dal punto di vista musicale e anche nel jazz il fenomeno si avverte con scelte eterogenee, accomunate sempre da alti livelli di tecnica e di virtuosismo. La nuova label Circum Libra propone ora uno sperimentalismo che a tratti pu ricordare il periodo free o certa improvised music, bench a Tokyo si suoni con maggior lirismo e forse meno enfasi. Gi con il Gato Libre Quartet, la pianista Sotoko Fujii in Gen Himmel con undici improvvisazioni perlopi brevi (due-quattro minuti, salvo Take Right di otto) alterna momenti lirici a sprazzi caotici. Lo stesso vale per un altro disco in solo, Dragon Nat di Natsuki Tamura alla tromba, che sembra fare eco ai lavori di Leo Smith o di Guido Mazzon di quarantanni fa, accentuando un ct romantico precipuamente nipponico. Infine Fujii e Tamura si ritrovano in Kaze del quartetto Tornado, con i francesi Christian Prevost (tromba) e Peter Orins (batteria): formazione anomala che potenzia gli aspetti timbrici agendo sia in totale libert sia in rigide strutture a dimostrare lancora urgente creativit del free jazz. (Guido Michelone) SHE OWL SHE OWL (Broken Toys & PPZK) Debutto per la cantante, autrice e polistrumentista Usa Jolanda Moletta, qui accompagnata da Dave Mihaly alla batteria, Demian Eridian e altri musicisti di San Francisco. Il clich chiaro: brani intimi e cupi con nella mente la lezione di gente come Bat for Lashes e, soprattutto, My Brightest Diamond. Un buon esordio, ma per arrivare alle vette delle due artiste citate manca ancora molto, in particolare in personalit e originalit. (r.pe.)

LUCANIA VS GHANA
Due ritratti dal Ghana di Nicola Scaldaferri (Squilibri, pp. 65 + dvd, 14 euro) il resoconto di una ricerca compiuta nel 2006 dalletnomusicologo lucano con laiuto di Elisa Piria e Tommaso Vitali e indaga le figure di Alhaji Abubakari Lunna, celebre suonatore di lunna, il tamburo parlante della tradizione Dagomba, e studioso noto in Usa per la sua attivit didattica, e William Thomas Cheetham, capo di una comunit religiosa carismatico-pentecostale nella capitale Accra che utilizza la musica in maniera funzionale alla sua attivit sacerdotale. I due ritratti rispondono allidea che la musica sia una forma di comportamento nella quale si riflettono dinamiche sociali, desideri e storia di un popolo e che in quanto tale essa diventi simbolo e metafora di altri aspetti non musicali della vita socio-economica di una comunit. Ritroviamo la stessa equipe di studiosi ne I suoni dellalbero. Il maggio di S. Giuliano di Accettura (Nota, pp. 130 + 2 cd, 25 euro). Scaldaferri con Steven Feld il curatore di questa interessante indagine che analizza una delle principali feste arboree (maggio nel significato di cerro, albero) lucane quella di Accettura, paese delle Dolomiti Lucane internazionalmente noto proprio per questa festa. Il volume presenta una ricca produzione di fotografie e 2 cd, il primo una soundscape composition che interviene creativamente sulle diverse fasi della festa, il secondo raccoglie 25 brani originali della giornata ripresa nel maggio 2005. I saggi e le registrazioni sul campo sono di Giuseppe Filardi, Ferdinando Mirizzi, Stefano Vaja, Fabio Calzia, Cristina Ghirardini, Elisa Piria e Guido Raschieri. Lantecedente di questa ricerca la storica spedizione di De Martino e Carpitella: anche qui raccontata nel dettaglio la ricostruzione delle varie fasi della ricerca e la fascinazione per un campo di indagine ancora ricco di stimoli e dagli esiti intriganti.

A CURA DI ROBERTO PECIOLA CON LUIGI ONORI SEGNALAZIONI: rpeciola@ilmanifesto.it EVENTUALI VARIAZIONI DI DATI E LUOGHI SONO INDIPENDENTI DALLA NOSTRA VOLONT

Perpianoearchi (con Luca Bulgarelli, Mauro Beggio, lOrchestra d Padova e del Veneto) su musiche di Morricone e Trovajoli, Abdullah Ibrahim solo piano, Christian McBride Trio, American Quartet di Antonio Fara composto da Joe Lovano, Ira Coleman e Billy Hart. Padova DA LUNEDI' 11 A SABATO
16 NOVEMBRE (VARIE SEDI)

Roma SABATO 16 NOVEMBRE (CIRCOLO DEGLI ARTISTI)

Roma LUNEDI' 11 NOVEMBRE (ATLANTICO


LIVE)

passato al folk contemporaneo. Bologna SABATO 9 NOVEMBRE (FREAKOUT)

Milano LUNEDI' 11 NOVEMBRE (ALCATRAZ)

Rdgldgrn
Red Gold Green, un mix di funk hip hop e indie rock per la band di Washington Dc. Roma MERCOLEDI' 13 NOVEMBRE (XS) Milano VENERDI' 15 NOVEMBRE (LO FI, CON
NO JOY)

Assago (Mi) MARTEDI' 12 NOVEMBRE


(MEDIOLANUM FORUM)

Tegan and Sara


Una data per il duo electropop canadese al femminile. Milano DOMENICA 10 NOVEMBRE
(MAGAZZINI GENERALI)

MoAvast Band
Unica data italiana per la MoAvast Band del contrabbassista Mauro Gargano, con i sassofonisti Francesco Bearzatti e Stefane Mercier e il batterista Antone Banville. Roma SABATO 9 NOVEMBRE (28DIVINO JAZZ
CLUB)

Hardcore Superstar
Il metal estremo della formazione svedese. Roncade (Tv) VENERDI' 15 NOVEMBRE
(NEW AGE)

Dilated Peoples
Il duo rap underground della west coast. Milano SABATO 9 NOVEMBRE (TUNNEL)

French Films
Pop rock psichedelico per la band finlandese, Roma SABATO 9 NOVEMBRE (XS)

Bologna SABATO 16 NOVEMBRE


(ESTRAGON)

Pomigliano jazz
Prima nazionale per la presentazione de Il Pergolese, progetto discografico (Ecm) che vede protagonisti Maria Pia De Vito, Franois Couturier, Anja Lechter e Michele Rabbia nella rilettura di pagine di G.B. Pergolesi. Napoli SABATO 9 NOVEMBRE (CHIESA
S. MARIA DONNAREGINA)

Trentino in Jazz
La rassegna ha in serbo il piano solo di Craig Taborn, di recente approdato alla Ecm, il concerto di Emilio Galante ed Enrico Merlin Ddi to King Crimson, abbinato alla presentazione del volume Islands (Arcana) di Donato Zoppo. Trento LUNEDI' 11 E GIOVEDI' 14 NOVEMBRE
(MUSEO DELLE SCIENZE)

Teenage Bottlerocket
Una sola data per il punk della band di Laramie, Wyoming. Assago (Mi) VENERDI' 15 NOVEMBRE
(MEDIOLANUM FORUM)

Four Tet
Al secolo Kieran Hebden, tra i precursori della cosiddetta bedroom music, una delicata miscela tra tecnologia elettronica e le calde sonorit acustiche. Torino SABATO 9 NOVEMBRE (OVAL
LINGOTTO)

Carla Bozulich
L'artista losangelina (conosciuta anche come Evangelista) torna in Italia. Genova GIOVEDI' 14 NOVEMBRE (TEATRO
HOP ALTROVE)

The Growlers
La band californiana si muove in ambito psych garage. Varazze (Sv) MARTEDI' 12 NOVEMBRE
(RAIN DOGS) Roma MERCOLEDI' 13 NOVEMBRE (INIT) Legnano (Mi) GIOVEDI' 14 NOVEMBRE (CIRCOLONE)

La Spezia VENERDI' 15 NOVEMBRE


(BTOMIC)

Rassegne a Milano
Aperitivo in Concerto propone il trio di Aaron Parks (unica data italiana) mentre Atelier Musicale presenta Stefania Tallini ed Elisabetta Vergani ne Il suono delle parole, le parole deI suoni. Milano DOMENICA 10 E SABATO
16 NOVEMBRE (TEATRO MANZONI, ORE 11; AUDITORIUM G. DI VITTORIO, ORE 17)

Gezziamoci
Due recital degli Area allinterno della rassegna dellOnyx Jazz Club di Matera; saranno arricchiti da un incontro intitolato Gioia e rivoluzione e da una masterclass con i membri del gruppo. Matera GIOVEDI' 14 E VENERDI'
15 NOVEMBRE (CASA CAVA)

100% American di Giovanni Ippolito (Aracne, pp. 172, 13 euro) un agile saggio che dal punto di vista di un giovane critico italiano con la mente dellingegnere e con un piede negli Stati Uniti analizza il portato culturale e non solo musicale del lascito artistico di Bob Dylan, Bruce Springsteen, Jackson Browne, John Mellencamp e Counting Crows. Ippolito affronta i repertori scelti con la chiarezza dello studioso di formazione angloamericana sostenendo la tesi secondo la quale il rock sia una musica di invenzione americana al 100% sia perch partecipa e si inserisce a pieno titolo nel concetto di mercato inteso come business, giacch ne adotta le modalit di produzione e fruizione, sia perch il linguaggio musicale di Dylan e compagni espressione della cultura americana poich assorbe e restituisce alcuni temi specifici di quel paese (afroamericanismo, pacifismo, mito della frontiera).

Teleman
Una rock band formata da ex membri dei Pete & The Pirates. Fucecchio (Fi) MERCOLEDI'
13 NOVEMBRE (LA LIMONAIA)

Marlene Kuntz
Torna dal vivo la rock band piemontese, con un nuovo bellissimo disco. Moncalieri (To) SABATO 9 NOVEMBRE
(AUDIODROME) Trezzo d'Adda (Mi) VENERDI' 15 NOVEMBRE (LIVE) Roma SABATO 16 NOVEMBRE (STAZIONE BIRRA)

Bombino
Il desert blues del chitarrista tuareg Omara Bombino Moctar. Roma GIOVEDI' 14 NOVEMBRE (TEATRO
PALLADIUM)

Airbourne
Dall'Australia, hard & heavy. Milano GIOVEDI' 14 NOVEMBRE (ALCATRAZ)

Padova Jazz Festival


Il ricco cartellone del festival ha in serbo concerti del Ruggero Robin Trio, dellEnsemble Nuevo Tango con Javier Girotto, Spin Walker Trio, Enrico Pieranunzi con il progetto

Parmajazz Frontiere
Ledizione 2013 prosegue con il Jim Black Trio, formazione del batterista che vede Elias Stemseder al pianoforte e Thomas Morgan al contrabbasso. Parma SABATO 16 NOVEMBRE (TEATRO
DUE)

Alter Bridge
Il grunge-hard rock della band di Mark Tremonti e Scott Phillips dei Creed.

Matt Elliott Band


Dai trascorsi elettronici con i Third Eye Foundation, l'inglese Matt Elliott

The Bloody Beetroots


Sir Bob Cornelius Rifo, il producer e musicista italiano in concerto.

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ALIAS 9 NOVEMBRE 2013

AL CINEMA
Nelle immagini tratte dal film, i tre protagonisti: Karen Martnez, Brandon Lpez, Rodolfo Domnguez

LAJAULADEORO
vamente il tetto, occupato da centinaia di immigrati reali; lungo il percorso della ferrovia si muove anche la troupe per girare in locations sempre reali e nuove, per registare i luoghi dell'odissea degli immigranti sudamericani. Il regista ammette che lavora al progetto dal 2003 ma che le sue scelte documentaristiche, operate in seno alla volont di rendere tributo a tutti gli immigrati che gli hanno raccontato la propria storia, implicavano alti costi e rischi tangibili alla produzione (quasi interamente messicana). Mi ha sempre interessato la contaminazione tra documentario e finzione, o la finzione basata su fatti reali; il film il tentativo di raccontare l'esperienza migratoria da un punto di vista altro, che non si limiti a trattare la militarizzazione della frontiera degli Usa. La scelta di affidare la parte drammatica ad una figura adolescente assicura l'immedesimazione dello spettatore. La purezza, la sfrontatezza e la proverbiale crudelt dell'infanzia, specialmente di quella costretta a crescere troppo in fretta, addolciscono la narrativa schietta del film e palpitano nell'interpretazione perfetta dei tre giovani protagonisti, selezionati tra seimila ragazzini e che, come nella tradizione del miglior cinema sociale e umano, non sono attori professionisti. Del resto, pur appartendo al genere della non fiction, La jaula de oro un film artistico: la ciclicit del viaggio che ricomincia tra mille difficolt dopo brusche e violente interruzioni, pervade tutta la pellicola e il regista si concede un respiro poetico inserendo un breve quadro che appare nei momenti cruciali della storia. un cielo visto dal basso dal quale scende una neve sottile, sublimazione filmica del desiderio dei protagonisti di conoscere lignoto. Lo stesso regista spiega: Volevo che il film avesse un accento poetico, che ho ottenuto attraverso il contrasto di certe immagini, di giustapposizioni nel sonoro, di metafore e, come nel caso della neve, nella ripetizione di un quadro e di un suono, come se si trattasse di una rima in poesia. Mi sono ispirato a Il settimo continente di Mikael Haneke, con l'immagine della spiaggia che si ripete apparentemente senza motivo. Qui la neve a riapparire e a collocarci in uno spazio onirico, nel mondo interiore, astratto, vicino all'ideale al quale tutti cerchiamo di arrivare, vicino alla poesia, e all'eternit, alla luce nell'oscurit. Cosa sarebbe la vita senza il mistero, la poesia, senza la magia o l'arte? Tutti gli immigrati con i quali ho parlato, avevano un sogno materiale, ma a un certo punto ne incontrai uno che mi disse di voler vedere i fiocchi bianchi che cadevano dal cielo, che qualcuno gli aveva raccontato che al nord succedeva, ma che nel suo paese d'origine faceva troppo caldo... Mi ricordo che piansi e sent l'innocenza del sogno del bambino che dentro ognuno di noi, come quando abiti lontano dalla costa e vuoi vedere il mare per la prima volta e, quando lo vedi, diventa la cosa pi bella che ti sia mai successa. Poi pensai di assegnare questo sogno al protagonista indigeno, affinch la sua cosmogonia pi poetica acquistasse un altro elemento di contrasto con la visione materialistica, egoista e opportunista del suo compagno di viaggio, meticcio e con gli stivali da cowboy. Tutto sommato il mio vuole essere anche un film d'avventura, un western, un film di cowboy e indiani; un film politico e di genere, i cui protagonisti fossero dei bambini. Senza tirarsi indietro, Quemada Diez li accompagna fino all'altro lato della frontiera, dove altre centinaia di immigrati ugualmente miserevoli e disperati sopravvivono lavorando in un mattatoio. La metafora degli immigrati come carne da macello che viene sfruttata al massimo per poi essere gettata e abbandonata per terra come una sporcizia malodorante il colpo di grazia per lo spettatore. La jaula de oro attinge quindi dai classici il suo emozionante tono poetico, ma sa infonderlo nella trattazione del reale e il risultato non pu lasciarci indifferenti: un progetto molto ambizioso e perfettamente riuscito, ma cosa ci aspettiamo dal giovane ispano-messicano per il futuro? Il prossimo progetto, al momento ancora in fase di scrittura, si basa sulla stessa idea di partire da una ricerca su una particolare realt contemporanea e plasmarla in una finzione capace di aprirci gli occhi e ispirarci a crescere e a creare un mondo pi giusto. I media e i governi ci fanno credere che non possiamo, ma gli artisti, i musicisti e i poeti hanno dimostrato spesso che non cos. Dobbiamo prima guardarci allo specchio e imparare a sentire e vivere tutto, l'allegria e il dolore, la vita e la morte. Proprio come nell'ultima scena: nella citt industriale statunitense, la neve non scende pi leggera, a fiocchi, sugli occhi di chi la sogna, ma invade con la sua silenziosa presenza la grande strada anonima e male illuminata.

di VIRGINIA TONFONI

Samuel, Sara e Juan vivono in una favela guatemalteca e, come un'altro mezzo milione di persone che ogni anno prova ad attraversare il confine tra Messico e Stati Uniti, sognano di arrivare a Los Angeles e di trovarvi una vita migliore. Appena adolescenti e senza niente da perdere, intraprendono un viaggio in treno lungo e pericoloso al quale si aggiunge Chauk, un giovane indio tzoztil che non parla spagnolo e che altera gli equilibri del gruppo. Dopo un'umiliante perquisizione di poliziotti messicani, Samuel abbandona il progetto e nel nuovo trio si stabilisce un equilibrio difficile che ruota attorno all'attrazione di Juan e Chauk per Sara. La diffidenza iniziale verso Chauk e la rivalit che Juan nutre nei suoi confronti la rappresentazione ridotta e intima di uno degli aspetti fondamentali della problematica macroscopica che affronta il primo lungometraggio di Diego Quemada-Diez: l'immigrazione come confronto e accettazione del diverso. In questo assetto narrativo, che vede protagonisti della terribile epopea proprio tre adolescenti, risiede la prima grande virt de La jaula de oro. La loro storia, raccontata in modo magistrale da Diego Quemada-Diez, che firma il suo primo lungometraggio , a detta dello stesso regista, la condensazione di centinaia di racconti di immigrati da lui stesso raccolti. Il cinema deve raccontare la realt, e quella dell'immigrazione illegale tragicamente attuale afferma QuemadaDiez, amante del Neorealismo e della Nouvelle Vague. Il regista spagnolo, stabilitosi in Messico, ammette poi la tensione autobiografica del soggetto Io stesso sono emigrato dalla Spagna agli Stati Uniti, ed ho finito per stabilirmi in Messico. Rispettoso nello stile a quel compromesso con la realt che resta il pi importante tra gli insegnamenti di Ken Loach, con il quale lavor nel 1995 come assistente operatore nel fondamentale Terra e Libert, il regista afferma che nel film la camera intenzionalmente posta all'altezza degli occhi dei protagonisti e che la narrazione segue l'ordine cronologico della vicenda, proprio perch gli attori vivano l'esperienza dei fatti narrati, pi che recitarla; applica cos una regia indiretta, tacendo agli attori la trama della vicenda e offrendo loro la possibilit di essere il pi spontanei possibili. Ogni dettaglio superfluo o possibile indugio stilistico bandito sin dalle prime sequenze in cui si presentano i personaggi: un'energica camera a spalla segue Juan mentre si aggira spavaldo nei vicoli della favela dove vive e si prepara alla partenza cucendo un centinaio di dollari dentro il cintolo dei suoi jeans. Porta un paio di vistosi stivali da cowboy su cui si poseranno gli occhi dei poliziotti messicani che lo incarcereranno per averlo colto senza documenti. Sara, invece, ha altro di cui preoccuparsi: la vediamo entrare in una toilette, tagliarsi i lunghi capelli neri, nascondere il seno sotto una fasciatura stretta e prendere comunque la pillola contraccettiva prima di indossare un berretto da baseball e disfarsi senza troppe esitazioni della propria identit femminile. I suoi tratti delicati incuriosiscono uno dei coyotes (trafficanti di immigranti clandestini) che intercettano il treno su cui viaggiano insieme a centi-

INTERVISTA DIEGO QUEMADA-DIEZ

La Gabbia dorata l'uguaglianza oltre la frontiera


naia di immigranti e lo fermano per fare una scrematura, separare le donne dagli uomini. Sara viene presa con la forza, Juan e Chouk provano a difenderla mentre scompare dentro una jeep dai vetri oscurati. Da quel momento la mancanza dell'amica li unisce rendendoli inseparabili. Ancora la camera a spalla che segue il movimento pesante e faticoso della locomotiva, come lo sguardo di chi del treno conosce esclusi-

Il film il tentativo di raccontare l'esperienza migratoria da un punto di vista che non si limiti a trattare la militarizzazione della frontiera degli Usa ed anche un romanzo di crescita

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