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STORIA MILITARE
DELL’
ARGENTINA
I. DA CEVALLOS A YRIGOYEN
(1758 - 1917)
INDICE
Ma il nerbo della difesa erano 3.000 indios delle sette reducciones fondate dai gesuiti al posto di
quelle distrutte dai bandeirantes brasiliani e poste sotto il protettorato spagnolo. I cosiddetti Sete
Povos, situati nella parte occidentale dell’attuale stato del Rio Grande do Sul e abitati da circa 30.000
persone, costituivano non soltanto una fiorente impresa economica, ma anche la principale riserva
militare a disposizione della Spagna nel lato atlantico del Sudamerica. Armata di archi e lance, ma con
aliquote di moschettieri e archibugieri, la milizia dei Sette Popoli era organizzata in compagnie
soggette a regolare addestramento da parte di istruttori europei, talora gli stessi padri gesuiti (per lo più
italiani, inglesi e tedeschi).
La cavalleria della campagna di Buenos Aires era già stata mobilitata per la spedizione del 1762-63,
distinguendosi nella presa della Colonia di Sacramento e nelle campagne di San Tomé e Rio Grande.
Venivano considerate parte integrante della milizia anche le 3 compagnie di 54 blandengues costituite
il 7 settembre 1760 alla Frontiera di Buenos Aires. A differenza della normale cavalleria miliziana, i
reparti di cavalleria “di casta” - soppressi nel 1772 - non dovevano provvedersi di armi e cavallo a
proprie spese, ma li ricevevano dallo Stato.
La principale differenza tra le unità di miliziani bianchi e quelle di meticci e negri, riguardava la scelta
degli ufficiali. Il colonnello dei bianchi era scelto dal governatore in una terna di facoltosi e influenti
cittadini sottopostagli dalle autorità locali e una volta scelto il colonnello nominava gli ufficiali delle
compagnie scegliendoli con criteri esclusivamente sociali e familiari. Le unità di colore erano invece
inquadrate da ufficiali di carriera, tra i quali il governatore sceglieva anche il colonnello
.1.384 fanti “pronti a imbarcarsi” (978 del R. I. Mallorca, 406 del B.I.L.Vol. de Catalunya);
1.116 presidiari (526 del Batallon Tropa Antigua; 424 del Batallon Moderno de Buenos Aires; 166 di 3 compagnie
distaccate a Santa Fe);
.507 dragoni;
.144 artiglieri e maestranze.
Cevallos riordinò queste truppe secondo lo schema peninsulare, formando un Regimiento de Infanteria
su 2 battaglioni di 9 compagnie (8 fucilieri e 1 granatieri) e uno di Dragones su 4 squadroni di 3
compagnie. I due reggimenti contavano rispettivamente 56 e 47 ufficiali. Gli organici prevedevano
complessivamente 2.096 sergenti, caporali e soldati (14 guastatori, 146 granatieri, 1.215 fucilieri e 720
dragoni). Inoltre il personale anziano fu posto fuori organico, passando a costituire un corpo di
invalidos impiegato in servizi sedentari.
Rientrato in Spagna, Cevallos assunse la capitania generale di Madrid. A Buenos Aires gli subentrò
Juan José de Vértiz y Salcedo, che il 15 marzo 1772 riordinò anche la cavalleria provinciale in
reggimenti di 47 ufficiali e 720 dragoni, sopprimendo le unità di casta.
Quando i portoghesi varcarono il rio Yacuy prendendo il forte di Tabatingay, Vértiz accorse a
ricacciarli con 1.000 veterani e, giudicando troppo arretrati i due fortini di Santa Teresa e San Miguel,
il 5 febbraio 1774 ne stabilì un terzo a Santa Tecla, punto di passaggio obbligato per i nuovi
insediamenti delle missioni gesuitiche. Intanto giunsero 1 fregata e il Reggimento Galicia, portando le
forze del Plata a 4 fregate e 3.165 veterani: effettivo subito intaccato dalle 224 diserzioni verificatesi
nel solo Reggimento Galicia. Nel 1775 metà delle forze (1.450) era distaccata nel Rio Grande e il
presidio dei tre fortini impegnava 229 regolari. Santa Tecla era custodita da 80 blandengues della
compagnia santafesina, rinforzati da un picchetto di milizia e da 400 indigeni militarizzati delle
missioni.
Nel febbraio 1776 nove navi da guerra portoghesi fallirono un’incursione contro le 4 fregate spagnole
di picchetto all’entrata del Rio della Plata, ma il generale Boehm varcò la frontiera con 6.000 uomini e
a fine marzo ottenne la resa di Santa Tecla. Demolita e data alle fiamme, fu poi recuperata dal
governatore militare di Yapeyù, capitano Juan de San Martin, padre del Libertador, accorso col suo
distaccamento di 40 indigeni militarizzati.
Carlo III di Spagna richiamò allora il tenente generale Cevallos e il 1° agosto 1776 lo nominò “viceré,
governatore e capitano generale” delle province di Buenos Aires, Paraguay e Charcas, con il compito
di condurre un corpo di spedizione di 9.510 uomini e 42 pezzi:
.4 brigate con 12 battaglioni (2° Saboya, 2° Sevilla e 2° Princesa; 1° e 2° Zamora e 1° Primero R. I. Ligera de Catalunya;
1° e 2° Cordoba e 2° Toledo; 1° Hibernia, 2° Guadalajara e 2° Murcia);
4 squadroni di diversi Reggimenti (Rey, Sagunto, Numancia e Lusitania);
.16 cannoni di battaglione, 24 pesanti e 2 mortai.
.4 battaglioni di fanteria: blancos (1° Buenos Aires e Montevideo), morenos libres (2° Buenos Aires) e pardos (Cordoba
del Tucuman)
3 compagnie di fanteria autonome (Mendoza, San Juan e San Luis);
.7 reggimenti di cavalleria su 4 squadroni (Buenos Aires, Montevideo, Cordoba, Sauce, Tìo, 1° e 2° Rio Seco)
.117 compagnie di cavalleria autonome (45 della campagna di Buenos Aires, 15 di Mendoza, 17 di San Juan, 18 di San
Luis e 22 de La Rioja)
.4 compagnie di artiglieria: 2 di 100 uomini a Buenos Aires, 1 di 150 a Montevideo e 1 di 50 a Mendoza.
Vértiz fece poi parte, nel 1786-95, della Junta de Generales incaricata di pianificare la difesa delle
piazzeforti e dei domini d’America, organo collegiale consultivo del ministero delle Indie. Tuttavia il
suo governo si caratterizzò anche per varie iniziative sociali (pavimentazione delle strade, ospizio di
mendicità, casa degli esposti), economiche (liberalizzazione del commercio) e culturali (collegio di San
Carlo, Imprenta de nignos expòsitos e Casa de comedias).
Durante la crociera scientifica da Cadice alle Filippine allestita dal ministro della Marina e delle Indie
Antonio Valdés y Bazan ed effettuata nel 1789-94 via Montevideo, Malvine e Capo Horn dalle
corvette Descubierta e Atrevida, il comandante della spedizione - lo sfortunato capitano parmense
Alessandro Malaspina (1754-1810) poi travolto dagli intrighi di corte contro il favorito della regina
Manuel Godoy - annotò perspicaci e dettagliate osservazioni sulla colonia rioplatense (Malaspina
rilevava le radicali contraddizioni socioeconomiche tra la regione costiera e le province dell’interno e
denunciava l’anarchia e il malgoverno dei funzionari, “uccelli di passo” che fornivano alla Corona
notizie e statistiche di fantasia oppure deformate dai loro interessi particolari).
4. LA FRONTIERA INTERNA
.320 granaderos (100 pardos e 60 morenos libres a Buenos Aires: altrettanti a Montevideo);
1.388 voluntarios de infanteria su 2 battaglioni con 18 compagnie (694 Buenos Aires: 694 Montevideo);
.11.682 voluntarios de caballeria su 15 reggimenti con complessivi 46 squadroni (724 Buenos Aires: 1.204 Frontera de
Lujar: 301 Santa Fe: 724 Montevideo: 362 Plaza de Maldonado: 362 Colonia de Sacramento: 180 Rio Negro: 625
Corrientes: 2.400 Paraguay 1° e 2°: 1.200 Cordoba: 600 Mendoza: 600 San Luis y su Frontera; 1.200 Salta: 600 San
Miguel del Tucuman; 600 Cochabamba)
.776 artilleros provinciales ripartiti in 9 compagnie (150 Buenos Aires, 230 Montevideo 1a e 2a, 100 Maldonado, 80
Colonia, 54 Mendoza, 62 Potosì, 100 Paraguay 1a e 2a).
Non sono compresi nel totale gli effettivi degli altri reparti di milizia urbana, vale a dire le 6
compagnie assegnate ai 6 forti della Frontera de Buenos Aires e istruite dagli ufficiali dei
Blandengues, 2 compagnie autonome (100 commercianti della città di Potosì e 100 granatieri della
Plata del Charcas), il battaglione di Santa Cruz de la Sierra (8 compagnie) e quello della città di La Paz
(9 compagnie e 450 uomini) ed i 3 reggimenti di cavalleria (di forza variabile) della Frontera de Indios
Barbaros (Tomina, Cinti e Tarija).
A titolo di raffronto, ricordiamo che per il 1799 gli organici delle truppe veterane delle colonie
americane si possono stimare a circa 27.000 teste, distribuite in 12 reggimenti e 6 battaglioni fissi, 3
reggimenti e 2 squadroni dragoni e una cinquantina di reparti minori, per un totale di 407 compagnie
(334 di fanteria, 40 di dragoni, 15 di blandengues e 18 d’artiglieria con 40 ingegneri). Peraltro va
sottolineato che la forza effettiva era notevolmente inferiore: nel viceregno rioplatense erano in
servizio soltanto 2.800 uomini, cioè il 62 per cento dell’organico (4.536) e nel 1810 in tutte le colonie
americane servivano soltanto 16.000 veterani, pari al 59 per cento degli organici. Ai veterani si
aggiungevano, ancor più sulla carta, circa 82.000 miliziani “disciplinati” (uno ogni 1.500 abitanti),
senza contare le milizie urbane, di entità precisata solo nel caso peruviano (450 compagnie con 30.299
iscritti). Gli effettivi (in alcuni casi stimati in base al solo numero di unità, congetturando il relativo
organico, non sempre indicato dagli elenchi amministrativi del 1799 e 1801) erano così distribuiti:
Malgrado ciò nel 1802 l’esercito stabilì 21 posti militari per assicurare la corrispondenza tra Colonia,
Montevideo e Maldonado, mentre nel 1803 la frequenza della posta per Lima fu triplicata con tre
corrieri mensili. Morto Del Pino all’inizio del 1804, gli successe l’intendente di Cordoba, marchese de
Sobremonte.
Tra i provvedimenti militari, nel 1802 fu completata la batteria dell’Ensenada de Barragan che
proteggeva l’unico approdo sulla sponda occidentale del Plata e nel 1804 fu potenziata anche
l’artiglieria veterana della sponda orientale, riordinandola su 2 brigate di 2 compagnie, con un effettivo
di 20 ufficiali, 20 sergenti e 312 artiglieri. Una delle brigate era addetta alla piazzaforte di Montevideo
e alle batterie costiere, l’altra alle 2 batterie “volanti” (8 cannoni e 4 obici). In compenso il 29 aprile
1804 le compagnie di artiglieria provinciale dell’interno furono sciolte, passando il personale alla
fanteria. Rimasero soltanto 4 compagnie di 100 artiglieri a Buenos Aires, Montevideo, Maldonado e
Colonia.
Tuttavia nel maggio 1805 gli organici dell’artiglieria di Montevideo furono nuovamente accresciuti di
24 veterani e 100 provinciali, riducendo a 60 effettivi la compagnia provinciale di Colonia e
ristabilendo 100 artiglieri provinciali in Paraguay e 60 a Mendoza. Inoltre il comandante
dell’artiglieria, colonnello Francisco de Ordugna, fece un nuovo sopralluogo a Maldonado. Il
comandante dell’apostadero di Montevideo segnalò a sua volta la debolezza dell’Ensenada de
Barragan, proponendo di abbandonarla, ma Sobremonte, ora viceré, preferì invece rinforzarla con
artiglieri veterani, blandengues e cavalleria provinciale. Infine i servizi interni nelle città di Buenos
Aires e Montevideo vennero attribuiti alla milicia urbana de comercio (6 compagnie in ciascuna città)
istituita sul modello degli analoghi reparti di Potosì, La Paz e Santa Cruz della Sierra.
b) 15 squadroni di cavalleria
.4 del Regimiento Dragones de Buenos Aires (ten. col. Florencio Nugnez)
2 con 268 Blandengues de la Frontera (ten. col. Esteban Hernandez e Benito Chaim)
.3 con 615 husares (1° Pueyrredon, 2° Lucas Vivas, 3° Pedro Ramon Nugnez);
.1 di 200 cazadores Correntinos (4° husares o Infernales, Diego Herrera: il 2 ottobre trasformato in batallon de
infanteria ligera o de cazadores de Carlos IV);
.2 di reclute (quinteros) tratte dai labradores (Antonio Luciano Ballester) licenziati il 5 febbraio 1808;
.3 reclutati a spese di privati (221 della Real Maestranza de Artilleria, Manuel Rivera Indarte; 219 Carabineros de Carlo
IV, Lucas Fernandez; Migueletes de Caballeria, Alejo Castex e José Diaz);
.395 Artilleros Voluntarios Patriotas de la Union: 7 compagnie di creoli reclutati da Martin da Alzaga e pagati con fondi
municipali, con ufficiali spagnoli, aggregate all’artiglieria da campagna (col. Gerardo Esteve y Llach, catalano);
100 artilleros de milicia provincial (José Maria Pizarro);
.426 Indios, Pardos y Morenos su 8 compagnie (Francisco Agustin e alfiere di marina Domingo de Ugalde) aggregati
all’artiglieria da fortezza per compiti di manovalanza .
.1a colonna (2.550): 5th (Northumberland), 38th (1st Staffordshire) e 87th (Prince of Wales’s Irish) Foot;
2a colonna (2.000): 17th Light Dragoons, 38th e 88th (Connaught Rangers) Foot;
.3a colonna (1.700): 95th (The Rifle Corps) e 3rd/60th (Royal Americans) Foot;
.4a colonna (1.650): 6th (Inniskilling) Dragoons, 9th Light Dragoons, 40th (2nd Somersetshire) e 45th
(Nottinghamshire) Foot;
.5a colonna (1.150): dragoni appiedati;
.3rd Brigade, Royal Artillery (750).
Liniers approfittò dell’inazione inglese per spedire il colonnello spagnolo Francisco Javier de Elio
(1767-1822) a riprendere la Colonia di Sacramento, ma l’8 giugno fu sconfitto a San Pedro, riuscendo
a stento a reimbarcarsi. Così Whitelocke potè raggiungere Colonia, dove si imbarcò con Gower e metà
delle sue forze (8 mezzi battaglioni, 8 compagnie leggere reggimentali, 6th e 17th Dragoons e 21
pezzi). Sbarcato il 29 giugno all’Ensenada de Barragan e proseguì poi per Quilmes e Paso Chico senza
incontrare alcuna resistenza.
Liniers lo attendeva infatti 4 chilometri a Sud della città, con le spalle al Riachuelo, schierato su 3 forti
brigate (Izquierda, Centro e Derecha) al comando di colonnelli regolari, gli spagnoli Bernardo Velazco
e F. J. de Elio e l’italiano Cesare Balbiani, già ufficiale del presidio cileno e aiutante di campo di
Liniers. Juan Gutierrez de la Concha comandava la riserva e José de Figueroa l’artiglieria, ben 52 pezzi
in 11 batterie disposte a semicerchio davanti al Riachuelo e intervallate da 14 battaglioni e 6 squadroni
(di forza pari a quella, ridotta, delle corrispondenti unità inglesi).
Il nemico spuntò al mattino del 2 luglio. Era Gower con l’avanguardia (4 battaglioni, 2 squadroni e 2
cannoni) che, sfilando davanti all’intero esercito nemico, passò il Riachuelo più a monte. Paralizzato
dalla mancanza di informazioni, Liniers abbozzò un tardivo attacco contro il fianco destro di Gower e,
abbandonate le batterie, lo inseguì con tutto l’esercito fino ai Corrales del Miserere, dove il fuoco
metodico dei veterani inglesi inchiodò l’assalto tumultuario delle milizie bonearensi.
La disfatta inglese (5-7 luglio 1807)
A difendere Buenos Aires erano rimasti meno di 200 soldati, quelli che Liniers aveva lasciato in città.
Ma la decisione di resistere ad ogni costo, mobilitando i civili, fu imposta al riluttante cabildo
dall’energico alcalde Martin de Alzaga y Olavarria (1756-1812), capofila dei commercianti
peninsulari. Per tre giorni la popolazione fortificò gli avamposti del Retiro e della Residencia ed eresse
batterie sotto la direzione del colonnello di marina Juan Bautista Azopardo (1774-1848). Inoltre sbarrò
il centro della città con barricate e case fortificate: un’area di un chilometro quadrato, a ridosso del
lungomare tra le chiese di San Francisco e della Merced, che includeva il collegio dei gesuiti, la
rancheria, il palazzo del cabildo, il forte e la cattedrale.
Intanto, lasciati di riserva a Quilmes 2 reggimenti (40th Foot e 17th Dragoons) e 200 marines con 5
cannoni, Whithelocke raggiunse Gower al Matadero del Miserere, ponendo il quartier generale a casa
de White, e all’alba del 5 luglio si schierò verso il lato occidentale della città con 10 mezzi battaglioni
(24 compagnie fucilieri, 8 leggere, 4 di rifles e 4 di carabinieri), il 6th Light Dragoons e 16 pezzi. Ma i
due avamposti nemici apparvero talmente deboli che Whitelocke rinunciò a cannoneggiarli.
Alle 6 e mezza del mattino gli inglesi avanzarono a raggera. Il tenente colonnello Guard (45th Foot e 2
cannoni da tre libbre) prese l’avamposto meridionale (La Residencia) mentre Crawford entrava in città
col resto dell’ala destra (16 compagnie leggere, rifles e carabinieri), raggiungendo la Piedad, la casa
della Virreina e il convento di San Domenico, trecento metri a Sud del Forte. Intanto la 2nd Brigade di
Lumley (88th e 36th) attaccava il lato settentrionale del ridotto nemico, tra la chiesa di San Miguel e la
casa del Socorro, mentre più a Nord il tenente colonnello Davie (5th Foot) espugnava il Parque e Las
Catalinas e il resto della 1st Brigade di Auchmuty (87th e 38th) attaccava l’avamposto settentrionale
del Retiro e la batteria Abascal accerchiando i difensori a Plaza de Toros.
Ma a quel punto crollò la disciplina degli attaccanti, caso non raro nella storia militare. Credendosi già
vincitori, i soldati si sbandarono per saccheggiare, stuprare e ubriacarsi. Non ancora sconfitti, i patrioti
ne approfittarono per bersagliarli dalle finestre e dagli incroci e per intrappolarli con nuove barricate.
Decimati, separati e imbottigliati in strade sconosciute, i reparti nemici furono costretti a combattere
alla cieca, casa per casa e in tutte le direzioni, ignorando la propria posizione e cercando
disperatamente di segnalarla con le bandiere piantate sui tetti delle case e i campanili delle chiese,
come fece il maggiore Henry King del 5th Foot. A mezzogiorno il Tercio de Andaluces e una colonna
di formazione accerchiarono Crawford nel convento di San Domenico. Demoralizzate, le varie sacche
cominciarono ad arrendersi, prima la brigata Lumley, e alle 3 e mezza del pomeriggio Crawford, con
960 uomini. La vittoria era costata 1.600 perdite bonearensi, contro 800 morti e feriti e 2.000
prigionieri inglesi.
Whithelocke manteneva ancora i due capisaldi periferici, ma aveva perso 2.800 uomini contro 1.600.
Dopo un giorno di incertezza, fu lo stesso comandante inglese a chiedere di poter negoziare
un’umiliante ritirata. L’accordo del 7 luglio lo impegnava infatti a sgombrare anche Montevideo in
cambio del rilascio dei 3.300 prigionieri in mano nemica (inclusi i 1.300 catturati il 12 agosto dell’anno
precedente).
Eseguite le clausole dell’accordo, il 23 luglio la milizia fu smobilitata, ad eccezione del 1° squadrone
husares de Pueyrredon e di 10 compagnie scelte, una per ciascun battaglione, riunite temporaneamente
in un Cuerpo Voluntario del Rio de la Plata che agli ordini di Elio e Prudencio Murguiondo si recò a
riprendere possesso di Montevideo.
La corte marziale giudicò Whitelocke “totally unfit and unworthy to serve His Majesty in any military
capacity whatever” e il re gli revocò la colonelcy dell’89th Foot, unico caso durante le guerre
napoleoniche. Al contrario, la figura di Liniers fu esaltata anche in Europa, le città dell’Alto Perù gli
spedirono trofei d’oro massiccio e il 16 ottobre 1807 il reparto dei granatieri bonearensi, elevato a
battaglione di 240 uomini, fu intitolato al suo nome.
In ogni modo il secondo sbarco inglese a Buenos Aires finì ugualmente per raggiungere il suo scopo
principale, vale a dire imporre l’apertura della colonia alle merci inglesi. Infatti a Montevideo era
rimasto un grande stock di merci pregiate, soprattutto tessili. Le autorità vicereali ne vietarono la
vendita minacciando pene gravissime, ma naturalmente non poterono impedirla. La vendita sottocosto
provocò il desiderato effetto dumping, assestando un colpo mortale alle rozze manifatture rioplatensi. E
i commercianti londinesi, rappresentati da Alexander Mackinnon, si insediarono a Buenos Aires
avviando anche attività industriali che già nel marzo 1810 suscitavano l’allarme e le proteste del
consolato.
6. LA CADUTA DEL GOVERNO VICEREALE
a) tropa veterana
b) milicias disciplinadas
.1 Batallon de granaderos su 6 compagnie (de Fernando VII , ex-de Liniers)(Juan Florencio Terrada);
5 Batallones de infanteria su 1 compagnia granatieri e 8 fucilieri (N. 1 e N. 2 ex-cuerpo de patricios, N. 3 ex-tercio de
montagneses, N. 4 ex-tercio de andaluces, N. 5 ex-batallon de arribegnos);
.1 Batallon de artilleria volante su 6 compagnie (ex-voluntarios de la Union);
.1 Batallon de castas su 6 compagnie (formato con i due corpi di Indios, Pardos y morenos.)
.1 Escuadron Husares del Rey su 3 compagnie di 50 uomini (ex-1° Husares de Pueyrredon) (Domingo French)
c) milicias urbanas
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Aires, 1954).
II - LA DIFESA DELLA RIVOLUZIONE
(1810-16)
Il 5 agosto Ocampo entrò trionfalmente a Cordoba. Subito inseguiti, Liniers, il colonnello Allende, il
vescovo e gli altri capi ribelli furono catturati, ma, pressati dagli appelli del notabilato locale, Ocampo
e Vieytes disobbedirono all’ordine di fucilarli sul posto, preferendo inviarli a Buenos Aires. Ma a
mezza strada la scorta dei prigionieri incontrò Castelli, il giovane ideologo del partito rivoluzionario
mandato dalla giunta a sostituire l’irresoluto Vieytes, che il 26 agosto li fece fucilare alla Cabeza del
Tigre, ad eccezione del vescovo, spedito nelle carceri della capitale. Come gesto di conciliazione, il
governo conferì il grado di Allende al nipote Tomas, in premio del suo lealismo rivoluzionario.
Chiclana rimase a Tucuman quale governatore intendente, lasciando l’uditorato di guerra a Norberto
del Signo, e Ocampo, caduto in disgrazia, fu sostituito da Balcarce alla testa dell’esercito, ribattezzato
Ejército Auxiliar a las Provincias del Norte e rinforzato dalle milicias regladas e da 1 compagnia di
alabarderos tucumani. Intanto altre giunte rivoluzionarie furono proclamate il 20 luglio a Bogota, il 24
luglio ad Asuncion e il 18 settembre a Santiago.
Il comandante realista dell’Alto Perù, generale José Cordoba y Rojas, era attestato al confine di
Tupiza, trincerato con 1.300 uomini e 10 cannoni nella posizione di Cotagaita. Il 27 ottobre Balcarce lo
attaccò invano, per quattro ore, con appena 300 uomini e 2 cannoni, ritirandosi poi senza essere
inseguito. Soltanto alcuni giorni dopo, raggiunto dal maresciallo Nieto, Cordoba mosse a cercare il
nemico con 1.000 uomini e il 7 novembre individuò i 500 uomini di Balcarce, accampato oltre il guado
del Suipacha. Ingannati da una finta ritirata, i realisti furono attaccati in mezzo al guado e sbaragliati in
mezz’ora. Cordoba e Nieto, che la Gaceta del 6 settembre aveva definito “sudicio, incivile, indecente
vecchio immondo”, furono catturati e fucilati sul posto, assieme a Saenz, altro protagonista della
repressione del 1809.
Il 15 novembre, nella pampa di Arohuma, 2.000 insorti di Cochabamba, male armati e mal montani,
sconfissero 450 fanti e 150 dragoni veterani del colonnello Pierola. Due giorni dopo Balcarce e Castelli
entrarono a Potosì, dove il 29 novembre Balcarce proclamò la completa pacificazione dell’Alto Perù.
Intanto accresceva le sue forze con il materiale catturato al nemico (inclusi 4 cannoni presi a Suipacha)
e formava 2 nuovi reggimenti di fanteria (N. 6 di Tucuman e N. 7 di Cochabamba) e 1 di cavalleria
(Dragones Ligeros del Peru). Ingrossato dalla cavalleria miliziana (Reggimenti di Tucuman,
Canelones e Cochabamba) la forza dell’esercito dell’Alto Perù salì fino a 9.000 uomini.
Ma il governatore intendente di La Paz segnalava che il popolo pretendeva di essere armato e che gli
indiani rifiutavano di pagare il loro tributo fino all’arrivo dei soldati bonearensi. Riconoscendo
l’importanza strategica della popolazione indigena, che tra l’altro forniva i servizi ausiliari dell’esercito
(indiada) la giunta incoraggiò la convinta politica indianista di Castelli e il 10 gennaio 1811 dispose
l’elezione di un rappresentante indigeno in ogni intendenza provinciale, eccettuate però quelle di
Cordoba e Salta, dove i contraccolpi sociali sarebbero stati maggiori.
L’alto comando (25 maggio - 6 dicembre 1810)
Fin dal 25 maggio 1810 il presidente della giunta, Cornelio Saavedra, aveva assunto il comando
general de Armas col grado di brigadiere, mentre il 28 il capo della fazione giacobina, Mariano
Moreno, era stato nominato segretario del Dipartimento di governo e di guerra.
Poco a poco la fazione moderata ispirata da Saavedra prevalse su quella giacobina di Moreno, che
tentò invano di opporsi all’incorporazione nella giunta dei rappresentanti delle province e fu costretto a
dimettersi. La nuova giunta fu proclamata il 18 novembre. Pur essendo ormai a netta prevalenza
federale e conservatrice (15 membri contro 5) la giunta attuò un giro di vite nei confronti degli
oppositori e dei peninsulari.
Il decreto del 21 novembre impose la lettura della Gaceta dai pulpiti delle chiese, intimò ai vescovi di
fornire la lista dei parroci e curati e requisì come caserme il collegio di San Carlos e l’edificio attiguo
alla cappella della Cabeza. Inoltre intimò al vescovo di Buenos Aires, mons. Benito de Lue y Riega, di
approvare, nella sua qualità di teniente vicario general del Ejército, una lista di candidati cappellani
militari stilata dal governo. La circolare del 3 dicembre riservò ai soli americani il conferimento di
nuovi impieghi civili e militari.
Ma anche il potere personale di Saavedra fu ridimensionato, perchè il decreto del 6 dicembre sulla
soppressione degli onori gli sottrasse il comando militare attribuendolo collegialmente alla giunta.
.Reg. de Granaderos de Fernando VII - ten. col. Juan Florencio Terrada (incompleto);
.Reg. N. 1 de Patricios - brigadiere Cornelio Saavedra, interinale ten. col. Esteban Romero;
Reg. N. 2 de Patricios (+ 1 compagnia de Indios) - ten. col. Esteban Romero;
.Reg. N. 3 (ex-Arribegnos + 1 compagnia de Indios) - int. ten. col. Juan Bautista Bustos;
Reg. N. 4 (ex-Montagneses) - col. Pedro Andres Garcia (frontiera indiana);
.Reg. América N. 5 - col. Domingo French;
.Reg. N. 6 (Alto Perù) - ten. col. Juan José Viamonte e José Bolagnos;
.Reg. de Cochabamba N. 7 (Alto Perù) - col. magg. Eustaquio Diaz Vélez;
.Bat. de Pardos y Morenos patricios (presidio di Buenos Aires) - ten. col. Miguel Estanislao Soler;
.Reg. de Dragones de la Patria (4 squadroni) - col. José Rondeau;
.Reg. de Dragones Ligeros del Peru (4 squadroni) - ???;
.Reg. de Voluntarios de Caballeria de la Patria (2 squadroni. 1812: de la Frontera);
.Esc. de Husares Patricios - ten. col. Martin Rodriguez;
.Cuerpo de la Real Artilleria - capitani Angel Monasterio, Manuel Herrera e Mauricio Berlanga;
.Bat. R.. de Artilleria Volante (poi Regimiento de Artilleria Ligera) - ten. col. Francisco Xavier de Viana.
Questo riordino implicava una nuova epurazione dell’esercito. Ne fecero le spese anche i colonnelli
Agustin e Ambrosio de Pinedo, figli dell’ex-governatore del Paraguay e presidente del Charcas, il
primo dei quali si rifugiò a Montevideo (ma suo figlio, omonimo, continuò a servire nell’esercito
rioplatense diventando poi colonnello e generale).
Nel gennaio-marzo del 1811 le milizie bonearensi furono riordinate su 8 reggimenti (uno negro di
fanteria e sette bianchi di cavalleria):
Altri 3 battaglioni di patricios locali furono organizzati nelle province di Cordoba, Salta e Jujuy, i
primi due al comando del serg. magg. Juan Gregorio de Las Heras (1780-1866) e del colonnello Juan
José Cornejo.
2. LE CAMPAGNE DI ASUNCION E MONTEVIDEO
(1810-11)
L’11 febbraio la giunta estese il blocco navale anche alla Banda Oriental proibendo ogni commercio
con Montevideo e Belgrano spiccò i pardos y morenos patricios del tenente colonnello Miguel
Estanislao Soler (1783-1849) ad impiantare una batteria a Soriano, alla confluenza del Rio Negro
nell’Uruguay. Per proteggere alle spalle la posizione portegna, il 28 febbraio Pedro Viera e Venancio
Benavidez formarono sulla sponda dell’arroyo Asencio la prima banda a cavallo orientale, con un
centinaio di contadini della valle del Rio Yì.
A rimuovere il blocco provvide però la divisione navale spagnola di Montevideo, comandata da
Romarate, che, risalito il Paranà, piombò il 2 marzo sulla base di San Nicolas, catturando il grosso
della flottiglia portegna. Romarate si recò poi a stappare anche la foce dell’Uruguay e il 5 aprile
bombardò Soriano, sgombrando il Rio Negro sino a Mercedes. Infine tornò alla fice del Paranà a porre
a sua volta il blocco a Buenos Aires. Tuttavia il mercantile comandato dal diciassettenne Francesco
Saguì, nipote del ricco armatore orientale Juan José Seco, continuò ugualmente ad assicurare i
collegamenti clandestini con i rivoluzionari di Montevideo.
La crisi del triumvirato e la congiura di Alzaga (31 dicembre 1811 - 11 settembre 1812)
Il clima di apparente concordia nazionale fu presto dissolto dalla crisi politica e finanziaria. Nel
dicembre 1811, sbarazzatosi dei saavedristi, il triumvirato dette un giro di vite anche contro il
radicalismo democratico e contro la fronda peninsulare, istituendo l’Intendenza di polizia. Il 31
dicembre ridusse provvisoriamente gli stipendi dei pubblici funzionari e dei militari (di un decimo da
450 a 700 pesos, di un sesto da 700 a 1.000, di un quarto da 1.000 a 2.000, riducendo a 1.500 quelli
superiori a 2.000) e ridusse il descuento a due sole aliquote, un decimo oltre i 600 pesos e un sesto oltre
i 1.500. Il 4 febbraio 1812 dimezzò il soldo agli impiegati civili e militari non in servizio attivo e il 14
aprile la mezza paga fu estesa anche agli ufficiali, sergenti e caporali eccedenti i nuovi organici
reggimentali e aggregati agli stati maggiori di piazza (eccettuati però gli artiglieri). Infine il triumvirato
impose ai commercianti due prestiti forzosi di 150.000 pesos al 5 per cento, uno nel dicembre 1811 e
l’altro nell’aprile 1812, quest’ultimo gravante anche sugli stranieri.
Il 5 luglio fu scoperta una vasta congiura realista capeggiata da Alzaga, accusata di progettare lo
sterminio della classe dirigente rivoluzionaria in concomitanza con il previsto arrivo dell’esercito
realista del generale Goyeneche, il quale, schiacciata la ribellione di Cochabamba, stava ormai per
lanciare l’offensiva decisiva sul fronte saltegno. La reazione del triumvirato, che aveva inizialmente
cercato un modus vivendi con i realisti, fece impallidire il ricordo della furia giacobina di Moreno e
Castelli. Plaza mayor fu teatro di numerose esecuzioni - inclusa quella del docente militare di
matematica, tenente colonnello Santenach - e più di un migliaio di peninsulari furono
precauzionalmente deportati nell’inospitale frontiera di Lujan sotto la guardia dei blandengues e della
milizia.
Per rinforzare la sorveglianza nella capitale, l’11 settembre 1812 furono costituiti due nuovi squadroni,
uno di milizia (lanceros civiles) e uno regolare (2° granaderos a caballo). Il 7 dicembre fu costituito
anche il 3° granaderos, elevando il corpo al rango di Reggimento e il grado di San Martin a
colonnello.
Il colpo di stato della loggia “Lautaro” e la costituente di Alvear (8 ottobre 1812 - 30 gennaio 1813)
L’annunzio della vittoria di Tucuman giunse a Buenos Aires il 4 ottobre, quando già il triumvirato
traballava sotto la dura opposizione della Sociedad Patriotica e della loggia Lautaro, la quale
propugnava l’immediata proclamazione dell’indipendenza e della sovranità nazionale. L’opposizione
democratica sostenne che il merito della vittoria era esclusivamente di Belgrano, il quale aveva
opportunamente trasgredito gli ordini contraddittori del triumvirato.
Il colpo di stato democratico ricalcò il medesimo schema di quello conservatore del 5-6 aprile 1811,
ma con una maggiore enfasi “militare”, segno dell’accresciuto potere dell’esercito. L’8 ottobre 1812 il
popolo riempì le piazze, reclamando un cabildo abierto e marciando sul palazzo capitolare assieme ai
principali reggimenti della guarnigione, incluso San Martin alla testa dei suoi granaderos. Rimarcando
implicitamente che stava soltanto cedendo alla forza, il cabildo volle ricevere i colonnelli per rimettere
a loro la responsabilità di designare il nuovo governo. Ma i militari sventarono questa astuzia
legalistica, replicando che l’esercito interveniva soltanto per difendere i diritti del popolo e che toccava
al cabildo designare il nuovo triumvirato (ovviamente, però, scegliendo gli uomini discretamente
suggeriti dagli stessi colonnelli).
In tal modo fu confermato Juan Estéban de Paso, che il 19 giugno 1815, dopo la caduta di Alvear,
sarebbe divenuto asesor y auditor general de guerra, mentre gli altri due triumviri furono sostituiti dal
brigadiere Nicolas Rodriguez Pegna (1775-1853) e da Antonio Alvarez de Jonte, futuro uditore di
guerra con San Martin (1814 Ejército del Norte, 1816 de los Andes, 1820 Libertador del Peru).
Nella stessa occasione fu convocata un’assemblea costituente, la cui prima sessione si tenne la sera del
30 gennaio 1813. Era dominata dal partito repubblicano: infatti su 34 membri ben 25 erano iscritti alla
loggia Lautaro e 10 di costoro erano anche ammessi alle sessioni ristrette in cui venivano prese le
decisioni politiche. Tra costoro c’era anche il ventitreenne Alvear, designato dalla Loggia a presiedere
l’assemblea. Quel consesso di solidi massoni si rifletteva bene nella rassicurante personalità di Alvear,
il quale concepiva la politica in termini di mero potere personale, clientele e accordi interfamiliari,
garantendo la classe dirigente dal pericoloso idealismo e dalle grandiose visioni strategiche del suo
collega e rivale San Martin.
L’assemblea soppresse il nome di Fernando VII dalla formula del giuramento pubblico, dalle
preghiere religiose per le autorità delle Province Unite e infine dal nome del Reggimento dei
granaderos, ribattezzato de infanteria, come pure la sua effige sulle monete, sostituendola con il
proprio simbolo, tipicamente repubblicano: due mani che si stringono sotto il berretto frigio. Per alcuni
mesi l’assemblea rese obbligatorio calzarlo in pubblico, sotto minaccia di severe sanzioni. Inoltre
aumentò la pensione alla vedova di Mariano Moreno. Tuttavia si guardò da qualsiasi definitivo
pronunciamento repubblicano o independentista.
Alla fine dell’anno la scoperta di una nuova cospirazione realista produsse una nuova ondata di
repressione e di terrore. Furono rafforzati i controlli di polizia istituendo commissariati decentrati e
comminate nuove condanne a morte di presunti congiurati e nuove deportazioni precauzionali di
pensinsulari, ai quali fu inoltre interdetto l’esercizio di alcune attività commerciali e artigianali. Inoltre
il 7 febbraio 1813, applicando il concetto giacobino della “nazione” come selezione politica del
popolo, la costituente istituì la “carta di cittadinanza”, concessa soltanto ai peninsulari che potessero
dimostrare servizi resi alla causa patriottica. Il decreto consentiva alla classe dirigente di salvaguardare
a propria discrezione - mediante dichiarazioni e testimonianze - i peninsulari con i quali aveva stabilito
relazioni familiari, di amicizia o di affari, ma al tempo stesso anche di consumare vendette e di epurare
i più ambiti impieghi governativi, ora riservati esclusivamente a quanti potessero esibire la carta. Il 5
marzo la costituente ridusse i gradi dell’esercito lasciando come grado pià elevato quello di brigadiere,
con stipendio mensile di 333 pesos.
5. IL NUOVO ORDINAMENTO DEL’ESERCITO
(1813)
.Regimiento América N. 3 de linea - col. Domingo French (da maggio a settembre 1812);
Regimiento N. 1(5) de linea (ex-Patricios) - ten. col. Gregorio F. Perdriel e Francisco Pico (dal settembre 1812. Il 30
gennaio 1814 incorpora il N. 6 e il comando passa al ten. col. Carlos Forest);
.Regimiento N. 6 de linea - ten. col. Juan José Viamonte, poi Ignacio Arnes, Miguel Aràoz e Francisco Pico. Il 24
novembre 1813 contratto a Battaglione, ten. col. Carlos Forest. Il 30 gennaio 1814 incorporato nel N. 1);
.Batallon de cazadores de infanteria - ten. col. Ignacio Warnes, poi Manuel Dorrego (distrutto a Vilcapujo il 1° ottobre
1813);
.Batallon de pardos y morenos cordobeses - ten. col. José Superì (distrutto a Vilcapujo il 1° ottobre 1813);
.Batallon Alvarez del N. 2 de linea - col. Benito Alvarez. 300 uomini a Tucuman dal 9 dicembre 1812, poi N. 7, il 13
luglio 1813 2°/N. 8);
.Batallon N. 2 del Perù (indios dell’Alto Perù e Potosì) (il 13 luglio 1813 diviene I Bat. del N. 8);
.Regimiento N. 8 de linea - col. B. Alvarez. Costituito il 13 luglio e distrutto il 1° ottobre 1813 a Vilcapujo;
.Batallon N. 7 de Libertos - ten. col. Toribio Luzuriaga (dal 30 gennaio 1814);
.Regimiento de Dragones del Peru (4 squadroni) - col. Zelaya (costituito .
.1° e 2° Escuadron granaderos a caballo (dal gennaio 1814);
.Batallon de Decididos (milizia di Salta);
.Milicianos de Tucuman - col. Bernabé Aràoz e Geronimo Zelarrayan;
.Regimiento de Dragones de Milicias Patrioticas (Tucuman);
.Regimiento Granaderos de Fernando VII - col. Juan Florencio Terrada (fino gennaio 1813);
.Regimiento Granaderos de Infanteria - col. José Moldas (dal settembre 1813);
.Regimiento Granaderos a caballo (3 squadroni) - col. José de San Martin (fino gennaio 1813 e poi dal luglio 1813. 4°
Escuadron costituito il 28 agosto 1813);
.Regimiento de Artilleria de la Patria (12 compagnie) - col. Francisco Xavier de Viana;
.Cuartel general de Reclutas - ten. col. Prudencio Murguiondo (cost. 1° gennaio, sciolto 13 dicembre 1813);
.Columna de Auxiliares Argentinos - col. Marcos Balcarce (cost. marzo 1813 poi trasferito in Cile sull’Itata);
.Batallon N. 7 de Libertos - ten. col. Toribio Luzuriaga (costituito 31 maggio 1813, il 3 dicembre a Salta);
.Compagnia de zapadores - ten. col. von Holmberg (cost. 8 settembre - disc. 13 dicembre 1813);
.Regimiento civico de morenos y pardos libres
.Escuadron de Lanceros Civiles (sett. 1813 Caballeria de la Guardia Civil);
.Regimiento Voluntarios de Caballeria de la Frontera (2 squadroni);
.Regimientos N. 1- N. 6 de caballeria de milicia de campagna.
6. LA FALLITA OFFENSIVA SU LIMA
E LA PRESA DI MONTEVIDEO
(1812-14)
La riapertura del fronte orientale e la battaglia del Cerrito (20 novembre 1811 - 31 dicembre 1812)
Dopo estenuanti scaramucce diplomatiche col governatore realista Vigodet, il 20 novembre 1811 il
primo triumvirato portegno aveva ratificato l’armistizio di Montevideo, cercando di rabbonire Artigas
con la nomina a governatore di Yapeyù (capoluogo delle missioni gesuitiche) e con l’invio di un
commissario di governo (Sarratea) e del 4° squadrone dragoni al campo correntino di Ayuì. Ma,
obbedendo alle direttiva politiche di Rio de Janeiro, Vigodet aveva di fatto rinviato sine die
l’esecuzione della clausola relativa al ritiro delle forze portoghesi e infine, nell’aprile 1812, aveva
dichiarato esplicitamente che tali forze sarebbero rimaste nella Banda Oriental per impedire alle forze
di Artigas di portarsi sul fronte di Salta in soccorso di Belgrano.
Il 26 aprile il triumvirato aveva risposto mandando in rinforzo di Artigas il colonnello Rondeau, con
gli altri 3 squadroni dragoni e 1 battaglione del N. 2. Il 6 maggio i portoghesi avevano aperto le ostilità
attaccando senza successo l’avamposto correntino di Santo Tomé (sull’Uruguay) e il 9 una loro
squadriglia fluviale aveva anche tentato di sbarcare truppe al Rincon. Tuttavia l’offensiva realista, la
ritirata di Belgrano da Salta e poi la scoperta della congiura di Alzaga avevano sconsigliato di
impegnarsi anche su un fronte ormai secondario come quello orientale. E in settembre, a causa
dell’ulteriore peggioramento della situazione militare nell’Alto Peru, il triumvirato aveva ordinato a
Sarratea di muovere su Tucuman con 8 pezzi (7 cannoni e 1 obice), 2 battaglioni (N. 4 ex-blandengues
orientales e N. 6 de pardos y morenos patricios) e 2 reggimenti (dragones de la patria e cavaleria
oriental di Vargas).
Ma la sconfitta dei realisti e il colpo di stato di Buenos Aires mutarono di colpo la situazione strategica
e il nuovo triumvirato, ridesignate le forze oltre il Paranà Vanguardia del Ejército Oriental, ordinò loro
di marciare immediatamente su Montevideo, promettendo solleciti rinforzi. Le truppe si misero in
marcia il 20 ottobre, attestandosi pochi giorni dopo al Cerrito presso Montevideo, in attesa dei rinforzi.
Nel frattempo Vigodet, ben informato sui dissidi politici e personali tra Sarratea e Artigas, aveva
spiccato il brigadiere Muesas, con 3.000 uomini, a cercare le due colonne nemiche e tentare di batterle
separatamente. Tornato a Montevideo, la notte sul 31 dicembre Muesas tentò di sorprendere il Cerrito e
all’alba espugnò gli avamposti tenuti dagli orientali, catturando il comandante Vargas. Riuscì poi a
sloggiare i morenos di Soler dalla cima della collina e a respingere un primo contrattacco. Ma, caduto
Muesas, i realisti cedettero la cima fuggendo in disordine e finendo sciabolati dai dragoni di
Hortiguera.
Lo scontro di San Lorenzo e il blocco terrestre di Montevideo (14 gennaio - 8 settembre 1813)
Benchè rinforzato in gennaio da altri 5 battaglioni (1°/N. 1, 1°/N. 2, 1° e 2°/América N.3 e granaderos
de Fernando VII) Rondeau aveva appena 10 bocche da fuoco, insufficienti per un vero assedio di
Montevideo. L’esercito sitiador dovette quindi limitarsi a tagliare le comunicazioni terrestri nel
tentativo di affamare il nemico. Ma gli effetti erano abbastanza limitati, dal momento che la marina
spagnola dominava ancora il mare e l’intero sistema fluviale.
Intanto il 14 gennaio i capitani José Luna e Gregorio Samariengo fecero un’incursione sulla sponda
entrerriana dell’Uruguay, catturando 3 imbarcazioni e 5 cannoni al Bellaco di Gualeguaychù. Non
poterono però impedire alla flottiglia spagnola di Romarate, forte di 3 unità maggiori e 6 minori, di
risalire il Paranà minacciando uno sbarco sulla riva destra. La difesa costiera mobile venne affidata a
San Martin, con 125 granaderos a caballo (su 384 effettivi) dei primi due squadroni già costituiti. Il 31
gennaio la flottiglia spagnola dette fonda davanti al convento di San Lorenzo, presidiato da 100
miliziani del picchetto del Rosario, sbarcando il comandante Zabala con 250 soldati e marinai e 2
cannoncini.
Meno veloce della flottiglia nemica, la cavalleria portegna aveva uno svantaggio di due giorni. Ma il
nemico non attaccò subito la posizione e con marce forzate al trotto e galoppo San Martin potè
raggiungere San Lorenzo nascondendosi dietro il convento. All’alba del 3 febbraio i due squadroni
caricarono dai due lati. Sorpreso mentre bivaccava, dopo breve resistenza il nemico corse verso la
flottiglia, i cui cannoni non potevano coprirlo a causa della riva fortemente scarpata. In un quarto d’ora
Zabala perse 40 morti, 14 feriti e prigionieri, i cannoncini, 50 fucili e una bandiera, presa dall’alfiere
Hipolito Bouchard a prezzo della vita. I granatieri Cabral e Baigorria caddero per salvare San Martin,
disarcionato in mezzo al nemico. Il giorno seguente gli argentini concessero viveri freschi richiesti dal
nemico per i propri feriti. L’impresa consolidò la fama del reggimento di San Martin, che in maggio fu
elevato a 664 effettivi.
Il provveditorato dell’Ejército sitiador fu naturalmente appaltato all’erede di Juan José Seco (deceduto
nel 1812), mentre suo nipote Francisco Saguì continuò a curare gli interessi e la persona della vedova
rimasta a Montevideo, nonché a forzare il blocco delle marine spagnola e portoghese. In maggio la
costituente istituì un contributo sulle principali attività artigianali e accrebbe l’imposta sul valore
aggiunto da 8.200 a 20.000 pesos, nonostante la diminuzione del volume commerciale.
La direzione dei lavori d’assedio fu attribuita a von Holmberg, che in agosto ottenne, su sua richiesta,
il titolo ufficiale di ingeniero. Tuttavia il barone austriaco non si recò sul posto, dove sembra abbiano
operato altri ufficiali (Monasterio, Manuel Herrera e Mauricio Berlanga). In ogni modo a dirigere le
batterie e i lavori rimasero i capitani Mathias Yrigoyen e Jaime Martì de Jaume. Non esistendo ancora
specifici reparti del genio, i lavori furono effettuati dai soldati di fanteria e soprattutto da manovali
(peones a jornal).
L’8 settembre, su proposta di San Martin, fu costituita nella capitale 1 compagnia di 100 zappatori,
comandata da von Holmberg e dal capitano Martì de Jaume, con i subalterni José Maria de La Oyuela
e Mariano Antonio Duran. Tuttavia non raggiunse l’esercito assediante, perché in dicembre fu
utilizzata per ripianare le perdite dei granaderos de infanteria rientrati da Montevideo. Qui tuttavia
Rondeau formò un’altra unità zappatori con i morenos fuggiti dalla piazzaforte, che raggiunse la forza
di 1 battaglione di 457 uomini su 3 compagnie.
Nel frattempo anche il Paraguay sfuggì definitivamente alla sovranità rioplatense. Il 30 settembre il
congresso costituente di Asuncion proclamò la Repubblica e la rottura con la giunta di Buenos Aires e
il 14 ottobre Francia fu eletto dittatore supremo, carica che tenne vitalizia sino al 1840.
La fallita offensiva su Lima e la sostituzione di Belgrano con San Martin (19 giugno 1813 - 30
gennaio 1814)
Sul piano strategico della guerra contro il viceré di Lima, la vittoria argentina di Salta fu bilanciata dal
contemporaneo sbarco realista nel Cile meridionale e dalla riconquista di Talcahuano, Concepcion e
Chillan, favorita dalla predicazione controrivoluzionaria dei francescani. Sopravvalutando le proprie
forze e contando sulla ribellione indiana e sulla defezione dei reggimenti americani dell’esercito
realista, Belgrano decise allora di sferrare una grandiosa offensiva finale su Lima, attraverso
l’altipiano.
Primo obiettivo era Potosì, dove si trovava Goyeneche col grosso dei realisti. Il 19 giugno, a Condor
Condo, Zelaya avvistò l’armata nemica in ritirata verso Oruro, mentre a Pequereque le pattuglie
avanzate si scontrarono con la retroguardia realista. Il 21 Potosì accoglieva nuovamente i liberatori.
A Potosì Belgrano pianificò la seconda fase dell’offensiva, accordandosi con il cacicco Càrdenas, al
quale conferì il grado di colonnello e il comando di una forza ausiliaria di 2.000 indios. Il 13 luglio
formò un nuovo reggimento (N. 8) col battaglione portegno di Benito Alvarez e uno peruviano (N. 2
del Peru). Ma intanto l’inazione minava la disciplina delle truppe e favoriva la propaganda disfattista,
mentre i realisti, destituito Goyeneche e affidato il comando al generale Joaquin de la Pezuela, in
settembre ripresero l’iniziativa battendo gli indios ad Ancaicato e impadronendosi della corrispondenza
di Belgrano, dalla quale appresero in dettaglio il piano offensivo avversario.
Prevenendo il nemico, Pezuela marciò contro Belgrano, accampato nella pampa di Vilcapugio con 6
battaglioni (cazadores, morenos, 1° e 2°/N. 6, 1° e 2°/N. 8), 4 squadroni e 8 cannoni. La notte sul 1°
ottobre i realisti valicarono le alture circostanti convergendo sul campo dei patrioti. Colto di sorpresa,
Belgrano riuscì comunque a schierarsi e ad aprire il fuoco, caricando poi frontalmente a sciabola e
baionetta. Verso mezzogiorno la linea realista cominciava a cedere, quando sul fianco della sinistra
patriota piombò una colonna aggirante nemica, mentre all’ala opposta i dragoni sospesero l’attacco
rientrando nelle linee. Nella fanteria si sparse il panico e i fuggiaschi travolsero la riserva. Perduta
l’artiglieria e fallito ogni tentativo di rannodare le file, Belgrado dovette ritirarsi con poche centinaia di
superstiti.
Non inseguito da Pezuela, Belgrano potè ricostituire l’esercito a Potosì, con 1.000 veterani, 2.000
reclute e 6 cannoni leggeri e alla fine del mese spinse in ricognizione il tenente colonnello Gregorio
Aràoz de Lamadrid (1795-1857). In questa occasione avvenne il famoso episodio dei “sergenti di
Tambo Nuevo” - tre soldati (Gòmez, Albarracin e Salazar) promossi sottufficiali per aver catturato da
soli un picchetto di 12 realisti.
Convinto di poter ancora battere Pezuela, Belgrano decise di attenderlo nella pianura di Ayohuma, per
schiacciarlo con il fuoco delle batterie e una carica frontale una volta sboccato da un passaggio
obbligato. Era una mossa classica nelle guerre sudamericane dell’epoca, la stessa adottata da Tristan a
Salta: ma, come Tristan, Belgrano commise l’errore di trascurare le vedette e soprattutto di occupare il
cerro alla sua destra. Così il 14 novembre, mentre i patrioti caricavano frontalmente il nemico sboccato
in pianura, furono colti sul fianco dalla colonna aggirante scesa dal cerro trascurato, secondo lo schema
d’attacco già sperimentato da Pezuela a Vilcapugio.
Coperti dalle cariche di Zelaya, scamparono soltanto 400 fanti e 80 dragoni, che dopo una marcia
estenuante, con Dorrego in retroguardia, raggiunsero Salta. La notizia del disastro dette ad Alvear
l’occasione per sbarazzarsi di tutti i suoi rivali attuali o potenziali. Manovrando attraverso la Loggia
Lautaro sia la costituente che il secondo triumvirato, fece richiamare Belgrano e lo fece spedire in
Europa assieme a Rivadavia, con la missione ufficiale di presentare a Ferdinando VII i reclami degli
Americani contro gli abusi dei viceré e con l’istruzione segreta di negoziare con l’Inghilterra gli aiuti
necessari al mantenimento dell’indipendenza.
Il comando dell’esercito del Nord fu invece assegnato a San Martin, il quale partì il 3 dicembre col
nuovo Batallon N. 7 de Libertos (reclutato da Luzuriaga fra gli ex-schiavi portegni e comandato dal
colonnello Celestino Vidal) e da 250 granaderos (i primi due squadroni, lasciando gli altri due, con
Zapiola, disposizione di Alvear).
Il 14 gennaio 1814, prima dell’arrivo di San Martin, Belgrano dette il suo ultimo ordine, disponendo
l’evacuazione di Salta e la ritirata a Tucuman, dove, il 30 gennaio, trasmise il comando al suo
successore, che lo salutò con un caldo abbraccio di stima e solidarietà.
Il 1° giugno fu anche costituito 1 squadrone escolta del direttore supremo (husares de la guardia).
L’alleanza tra clan familiari, vera base del potere alvearista, viziava col sospetto e l’arbitrio anche la
disciplina e la coesione dell’esercito. In marzo un modesto accenno di ammutinamento in una
compagnia granatieri scontenta di imbarcarsi per Montevideo fu represso con insolita durezza,
fucilando tre caporioni e passando tutti gli altri sotto un giro di bacchetta. Ma il comandante
Fernandez, che in un accesso d’ira aveva ucciso un sergente di fronte al suo accampamento, sfuggì al
castigo grazie alle sue relazioni familiari. Invece French, che pure era imparentato sia con Alvear che
con Posadas, fu confinato sotto forte scorta, per decisione insondabile del direttore Posadas.
Brown salpò l’8 marzo, diretto ad impadronirsi dello strategico isolotto di Martin Garcia, che domina
nel raggio del cannone l’accesso al Paranà e all’Uruguay. Fallito un primo tentativo l’11 marzo, riuscì
quello del 19 e il giorno seguente Brown mise il blocco a Montevideo, fallendo il 28 un’azione navale
all’arroyo de la China.
Il 14 maggio quattordici unità spagnole forzarono il blocco. Non potendo affrontarle nel raggio delle
batterie terrestri, Brown si ritirò per attirare il nemico in mare aperto, ma un’improvvisa bonaccia
rinviò lo scontro al 16, all’altezza del Buceo, dove si arresero 3 navi spagnole. Ripresa l’azione all’alba
del 17, altre 2 unità furono consegnate dagli equipaggi ammutinati e una sesta fu catturata. Seguì infine
lo scontro finale, concluso con la distruzione delle 10 maggiori unità spagnole (4 corvette, 3 brigantini
e 3 golette).
La guerra gaucha, la sconfitta di Sipe-Sipe e la resistenza india (26 gennaio 1815 - 14 settembre
1816)
Nel Nordovest la campagna del 1815 si era aperta il 26 gennaio con l’infausta cattura del colonnello
Martin Rodriguez, sorpreso con 40 uomini al campo del Tejar. L’11 marzo il maresciallo realista
Ramirez aveva inoltre sconfitto al Valle de Santa Rosa, sulle rive del Rio Llalli, l’esercito indio del
brigadiere Mateo Garcia Pumakahua.
All’inizio di aprile Rondeau riapriva le operazioni con 4.000 uomini e il 17, lo stesso giorno del ritiro
di Alvear, l’avanguardia del colonnello Francisco Fernandez de la Cruz catturava 100 realisti
all’avamposto del Marques. Fu tuttavia l’unico successo della campagna, presto arenatasi per l’alto
tasso di diserzioni e le carenze logistiche. Comunque Rondeau riuscì a raggiungere Cochabamba, dove
le forze di Arenales furono regolarizzate col nome ufficiale di Regimiento N. 12 de linea, mentre
Warnes scorreva il territorio occupato dal nemico.
Ma l’autorità di Rondeau non era riconosciuta a Salta, dove il cabildo aveva già esautorato il
governatore Quintana e in maggio, appresa la caduta di Alvear, aveva conferito a Guemes il comando
politico e militare della provincia, costringendo Rondeau a dichiaralo fuorilegge. Abbandonando
Rondeau e Arenales alla propria sorte, Guemes riorganizzò la difesa della provincia esclusivamente
con forze locali, aggiungendo agli infernales 2.000 provinciali di linea e 5.000 miliziani gauchos.
Giunto ad un massimo di 334 ufficiali e 7-8.000 uomini (su una popolazione provinciale di 50.000
abitanti), l’Ejército gaucho di Guemes finì per operare su un fronte di 800 km tra Tarija e Tucuman e
comprendeva le seguenti unità:
7 Reggimenti di gauchos: Salta (5 squadroni); Jujuy (più piccolo del precedente): Oran; Quebrada de Humahuaca;
Frontera del Rosario; Santa Victoria; San Andres y la Puna;
Guardias de Guemes: 3 squadroni scelti distaccati dai gauchos di Salta, Oran e della Frontera;
Infernales de caballeria de linea de Salta: bande irregolari di Bermejo, San Lorenzo e Salinas;
Regimiento Partidario (=partigiano) Veteranos de Salta;
Regimiento granaderos a caballo de Salta;
3 unità di milizia (Escuadron de Saltenos: Coraceros de Salta: Dragones de Vanguardia);
Regimiento de Decididos;
Batallon Peruano (1.000);
Compagnia Coronela (di guarnigione a città del Salta);
Artilleria de Salta;
7 unità “corsarias” (La Coronela, La Corsaria, Valor, Pirata, Nazareno, Guemes, Carmen, Gobernador).
In settembre il governo direttoriale pianificò una spedizione navale contro il Callao, per costringere le
forze realiste del Cile e dell’Alto Peru a mantenersi sulla difensiva. Ma in ottobre Pezuela riprese
l’iniziativa marciando su Cochabamba. Il 20 ottobre Rodriguez - liberato da un scambio di prigionieri e
tornato alla testa dell’avanguardia argentina (350 fanti e 150 dragoni di Lamadrid) - tentò di
sorprendere a Villa y Media 2 battaglioni realisti comandati dal famoso colonnello Olagneta, un’azione
avventata che gli costò tutta la fanteria. Inseguito dai realisti, Warnes dovette cessare ogni operazione
in territorio altoperuviano e il 27 novembre dovette riconquistare, con uno scontro a Santa Barbara,
anche la sua base di Santa Cruz de la Sierra, che durante la sua assenza era stata occupata dal realista
Altolaguirre.
Intanto Pezuela vibrava il colpo decisivo puntando su Sipe-Sipe, a 16 chilometri da Cochabamba,
dove era accampato Rondeau con 8 reggimenti e 6 squadroni. Ripetendo la manovra attuata ad
Ayohuma contro Belgrano, il 28 novembre Pezuela fissò il nemico con un attacco frontale, mentre la
colonna aggirante lo sorprendeva sul fianco destro dalla costa di Viluma, annientando 2 battaglioni di
negri portegni (N. 6 de pardos y morenos patricios e N. 7 de libertos) e 2 reggimenti locali (N. 11
tucumano e N. 12 cochabambino). Pur con forti perdite gli altri 4 reggimenti poterono rannodarsi a
Chuquisaca, salvati dalle furiose cariche degli squadroni granaderos di Manuel P. Rojas (1792-1857) e
Mariano Necochea (1792-1849).
Iniziò poi la penosa ritirata, coperta dai dragoni peruviani di Lamadrid e dagli indios del cacicco
Camargo, che il 31 gennaio e il 2, 3,12 febbraio e 27 marzo1816 sostennero vari scontri con
l’avanguardia realista del brigadiere Alvarez, a Culpira, alla quebrada di Uturango, a Cinti, sulla riva
del San Juan e ad Aucapunima, attestandosi poi a Tarija. Non trovando ospitalità a Salta, Rondeau
dovette proseguire la ritirata fino a Tucuman, dove il colonnello Carlos Forest (N. 1 de Patricios)
cospirò per deporlo. Ma Pagola (N. 9), che pure aveva espresso dure critiche contro il comandante,
rifiutò la sua adesione, mentre Bustos (N. 2) e French (América N. 3) rimasero fedeli a Rondeau,
consentendogli di destituire Forest e sciogliere il suo reggimento, incorporandone la truppa nel N. 9.
Nell’Alto Peru continuarono a resistere le guerriglie indie di Ildefonso Escolastico de las Mugnecas
(ucciso il 27 marzo a Cololo dal colonnello Camarra) e di Manuel Asensio Padilla, che, attaccato il 3
marzo al pueblito del Villar e sconfitto il 28 maggio a Yauparaez dal colonnello La Hera, l’11 luglio lo
bloccò a Chuquisaca, continuando a combattere sino al 14 settembre, quando venne sorpreso dal
colonnello Javier Aguilera e decapitato insieme alla moglie, la valorosa Juana Azurduy, alla quale
Pueyrredon aveva concesso il grado di tenente colonnello.
9. LA GUERRA CONTRO ARTIGAS
E L’INVASIONE PORTOGHESE
(1816-17)
L’occupazione portoghese di Montevideo e la difesa di Buenos Aires (18 settembre 1816 - 20 gennaio
1817)
Sotto il profilo politico, il bilancio dell’operazione fu assolutamente catastrofico, dando il pretesto ad
Artigas di proclamarsi “jefe de los Orientales y protector de los Pueblos Libres”, vale a dire le tre
province del Litorale (Entre Rios, Corrientes e Montevideo), sottoposte ad un regime di vergogna e di
terrore dalle sue feroci milizie personali, reclutate tra gli indios guaranies delle Missioni gesuitiche e
comandate da José Eusebio Heregnù, “Andresito” (Andrés Cuacurari) e Fernando Otorgues,
quest’ultimo poi sostituito dal più duttile Miguel Barreiro. Però proprio i metodi degli indios
raffreddarono la propensione autonomista delle altre province rappresentate al congresso di Tucuman.
Così l’8 ottobre la fedeltà delle milizie cordobesi e del picchetto veterano consentì al maggiore
Francisco Sayos di soffocare sul nascere il tentativo del federalista Bulnes di sollevare Cordoba.
Inoltre, proprio mentre Artigas pianificava una grande offensiva interprovinciale contro l’odiata
capitale portegna, il governo portoghese spedì il generale Federico Lecor, con 5.000 uomini, ad
occupare la Banda Oriental, ridesignata dai portoghesi “capitania Cisplatina”. Il 18 settembre Lecor
occupò Maldonado, mentre il generale Curado rastrellava la zona circostante. Alla fine di settembre il
colonnello Abreu costringeva le forze artiguiste del Rio Grande, comandate da Pantaleon Sotelo, a
rifugiarsi sulla sponda entrerriana dell’Uruguay. Pochi giorni dopo Sotelo ripasssò il fiume per unirsi
ad Andresito, che aveva accerchiato il vice di Curado, colonnello Chagas, ma il 5 ottobre fu intercettato
a San Borje da Abreu, che gli inflisse 500 perdite. Un analogo tentativo del capo artiguista Verdun
venne bloccato il 19 ottobre a Ibiracahy dal colonnello Menna Barreto.
Intervenne allora lo stesso Artigas, con la sua riserva strategica di 1.200 uomini scelti, ma il 27 ottobre
ne perse 400 a Corumbe nel vano tentativo di avvolgere la forza del brigadiere d’Oliveira Alvarez, che
subì soltanto 70 perdite. Resosi conto della superiorità militare portoghese, Artigas stimò più
conveniente approfittare della debolezza militare e politica del governo argentino per coalizzare tutte le
forze federaliste dell’Interno e vibrare il colpo finale alla supremazia bonearense, lasciando José
Fructuoso Rivera (1790?-1854) con 1.000 uomini e Andresito con 500 a contrastare l’avanzata
portoghese verso l’Uruguay e la piazzaforte di Montevideo. Ma il 19 novembre la forza di Rivera fu
annientata a India Muerta dai 900 uomini del brigadiere Sebastian Pinto de Araujo.
Artigas, che aveva concentrato 6.000 uomini in territorio santafesino, mosse ugualmente sulla capitale,
dove il 16 dicembre fu disposta una leva di 2.000 schiavi dai 15 ai 60 anni, reclutati fra quelli residenti
nel pomerio della capitale, inclusi stavolta anche quelli di proprietà degli hijos del pais, per costituire
una Brigada de auxiliares argentinos su 4 battaglioni (1° Benito Lynch, 2° Miguel Riglos, 3° Manuel
Luzuriaga e 4° Felipe Pereyra Lucena) al comando del brigadiere Antonio Gonzalo Balcarce.
Intanto il governatore di Santiago del Estero fu rovesciato dal colonnello Juan Francisco Borges, che
rifiutava di riconoscere l’autorità di Belgrano, al quale Pueyrredon aveva conferito il comando
dell’Esercito del Nordovest. Sconfitto da Lamadrid il 27 dicembre a Pitambale, Borges venne fucilato
ai primi di gennaio. Questo episodio, assieme alle misure difensive adottate a Buenos Aires e ai rapidi
successi portoghesi, indusse Artigas a fare un estremo tentativo di scongiurare l’occupazione di
Montevideo.
Il 3 gennaio 1817, a Arapey, Abreu inflisse altre 80 perdite ad Artigas e il giorno dopo il maggior
generale artiguista, colonnello Latorre, fallì una sorpresa a Catalan, lasciando i portoghesi padroni della
strada per Montevideo. Il marchese di Alegrete rastrellava la parte occidentale della Cisplatina,
distaccando Chagas per compiere una spedizione punitiva sulla riva dell’Uruguay. Annientati il 19
gennaio 500 indios di Andresito, Chagas saccheggiò e distrusse uno dopo l’altro Santa Cruz, Yapeyù,
Santo Angel de la Guardia, Santo Tomé, Concepcion, Santa Maria e Martinez, lasciandosi dietro oltre
4.000 cadaveri. Intanto, il 20 gennaio, Lecor entrava trionfalmente in Montevideo.
Il piano strategico realista e l’offensiva abortita da Tupiza su Mendoza (19 settembre 1816 -
marzo 1817)
Sulla carta la forza dell’esercito delle Ande (3.819 regolari, 17 pezzi e 1.200 ausiliari) era leggermente
inferiore a quella del nemico. L’Armata realista del Cile contava infatti 4.550 regolari, per quattro
quinti cileni, più 2.000 miliziani di Concepcion. Spagnoli erano 700 fanti (battaglione Talaveras) e 400
dragoni, cileni altri 2.800 fanti (battaglioni Concepcion, Chillan, Chiloé e Valdivia), 260 Carabineros
de Abascal, 140 Husares de la Concordia e 250 artiglieri con 16 pezzi.
Ma le forze realiste non potevano sfruttare la propria superiorità, perchè non conoscevano la direttrice
d’attacco e non erano in grado di concentrarsi più rapidamente del nemico, essendo vincolate al terreno
dalle incursioni delle guerriglie repubblicane (montoneras) comandate dal leggendario Manuel
Rodriguez ed esposte al piano insurrezionale che doveva scattare in tutti i centri abitati al momento in
cui l’esercito di San Martin avesse iniziato la discesa sul versante cileno.
Tuttavia, nel quadro del piano strategico definito a Lima, all’armata realista del Cile era affidato un
compito strettamente difensivo. Dovevano infatti resistere allo sbocco dei passi andini facendo da
incudine al grande martello che doveva abbattersi sulle retrovie cuyane partendo dall’Alto Peru. Il
comando dell’operazione era stato affidato all’energico generale José de La Serna (1770-1832), futuro
protagonista dell’ultima tenace resistenza nel cuore del Peru.
L’operazione era eccessivamente ambiziosa, perchè si trattava di coprire in territorio impervio e ostile
una distanza immensa - 1.300 chilometri in linea d’aria fra la base di partenza (Tupiza) e Mendoza.
Non era però assurda, perchè sfruttava abilmente la frammentazione politica delle province argentine e
il contrasto tra Guemes e Rondeau. Senza attaccare le roccaforti di Salta e Tucuman, La Serna doveva
sfilare ad occidente col fianco destro coperto dalla Cordigliera e quello sinistro dal presidio di Tarija e
da due diversioni su Jujuy e a Sud di Salta, che doveva essere occupata preventivamente per attirarvi le
temibili forze saltegne.
La diversione su Jujuy, difesa con 800 gauchos dal vice di Guemes, Campero, venne affidata al
colonnello Antonio Pedro Olagneta che il 16, 19 e 23 settembre 1816 a Colpaio, Tilcara, Huacalera e
Santa Victoria, ebbero i primi scontri con lo squadrone gaucho di Santa Victoria-La Puna (Antonio
Ruiz). Il 15 novembre Olagneta riuscì a sorprendere Campero a Yavì, catturandolo con 300 gauchos ed
entrò a Jujuy il 6 gennaio 1817 - nelle stesse ore in cui a Mendoza San Martin dava rapporto finale ai
comandanti di colonna e distaccamento.
Più contrastata fu la diversione del colonnello Marquiegui a Sud di Salta, che dal 13 al 22 gennaio
dovette sostenere scontri a Oran, Rio de las Piedras, Sora-Sora, Rio San Lorenzo, Rio Negro e Sierra di
Zapla per poi raggiungere Jujuy, dove i realisti furono bloccati dagli infernales del maggiore Juan
Antonio Rojas (che il 6 febbraio, a San Pedrito, decimò 200 cavalieri usciti a foraggiare) e poi dallo
stesso Guemes con 17 compagnie locali (squadroni de la Corte, La Quintana, Carrillo e Iramain).
Intanto a metà gennaio, mentre le avanguardie di San Martin iniziavano la marcia verso le Ande, il
grosso di La Serna aveva occupato Humacahua, chiave dell’omonima quebrada a Nord di Jujuy,
lasciandovi un piccolo presidio di 130 uomini e 7 cannoni, bloccato dai 3 squadroni gauchos della
vallata (Prado, Pastor e Belmonte). Alla fine di febbraio, appresa la notizia della sconfitta di
Chacabuco e del reimbarco di Marcò del Pont, La Serna abbandonò l’offensiva iniziando la ritirata
verso Tupiza.
Nel tentativo di tagliargli la ritirata, il 1° marzo Manuel Arias riprese Humacahua col 1° squadrone di
Oran e due giorni dopo Lamadrid mosse da Tucuman su Tarija. Dopo aver catturato importante
corrispondenza realista, il 14 marzo Lamadrid intimò la resa al presidio, che, sotto la minaccia di essere
“pasado a cuchillo”, si arrese con 330 uomini, armamento e munizioni. Il giorno dopo, a Jujuy,
Guemes ricacciò una rabbiosa sortita del colonnello Jerònimo Valdéz mentre, al pascolo dell’Alto de
la Quintana, 40 infernales di Juan A. Rojas piombarono su 85 fanti del battaglione Gerona che
custodivano la mandria di bovini e ovini destinata al vettovagliamento nemico. Il 19 Lamadrid catturò
altri 50 realisti a Cachimayo e il 21 marzo attaccò invano La Serna, trincerato a Chuquisaca, senza
potergli impedire di raggiungere Tupiza ai primi di maggio. Anzi, il 6 giugno, Lamadrid fu sorpreso da
La Hera a Supachuy, perdendo molti prigionieri e una bandiera e tornando a Tucuman.
In ricordo della campagna fu coniata una medaglia e Guemes, pienamente riabilitato da Pueyrredon, fu
promosso brigadiere. Dopo di allora, da Yavì, i colonnelli realisti Olagneta, Valdéz, Antonio Vigil e
Ramirez sferrarono soltanto offensive limitate, saccheggiando due volte Jujuy (14 gennaio 1818 e 28
maggio 1820) e due volte anche Salta (31 maggio 1820 e 7 giugno 1821), sempre però ricacciati dalla
guerriglia gaucha (uno degli episodi più famosi avvenne il 2 febbraio 1818 ad Acoyte, dove 20
gauchos di Antonio Ruiz passarono al deguello 40 soldati del reggimento Extremadura).
2. LA LIBERAZIONE DEL CILE
(1817-19)
.Cuartel General: 1 comandante in capo e capitano generale (San Martin); 1 segretario di guerra (Zenteno); 1 segretario
particolare (cap. S. Iglesias); 1 uditore (Antonio Alvarez de Jonte); 1 cappellano (fray L. Guiraldes); 3 edecanes (col.
Hilarion de la Quintana, ten. col. chirurgo Diego Paroissien, magg. Alvarez Condarco); 2 aiutanti (cap. Manuel Escalada
e ten. J. O’Brien); 1 direttore del Parque (magg. cileno Picarte);
Estado Mayor: 1 quartiermastro e maggior generale (brigadiere Soler); 1 primo aiutante e sottocapo (colonnello Antonio
Beruti); 2 capitani aiutanti (Aguirre e Acosta); 3 ufficiali d’ordinanza (Marigno, Francisco Meneses e F. A. Novoa), 1
colonnello cileno aggregato (J. M. Portus);
.nucleo ufficiali cileni (Segunda Division): 1 comandante (brigadiere O’ Higgins), 1 colonnello aggregato (Francisco
Calderon), 4 capitani aiutanti (J. M. de la Cruz e Domingo Urrutia) e aiutanti aggiunti (M. Saavedra e L. Ruedas);
Il 31 dicembre 1816 l’Esercito delle Ande contava 5.200 uomini, di cui 4.026 combattenti, inclusi 3
generali, 21 ufficiali superiori, 208 ufficiali e 16 assimilati:
. 2.928 fanti (inclusi 9 ufficiali superiori e 124 ufficiali) su 4 battaglioni: N. 7 (Ambrosio Cramer), N. 8 (Pedro Conde),
N. 11 (Juan G. de Las Heras) e cazadores de los Andes (Rudecindo Alvarado);
801 granaderos a caballo (inclusi 4 ufficiali superiori e 55 ufficiali) su 4 squadroni (Matias Zapiola, Medina, Melian e
Mariano Necochea) più 5° Escolta de San Martin (Victor Soler);
. 288 artiglieri (inclusi 1 ufficiale superiore e 16 ufficiali) con 21 cannoni, inclusi 9 da montagna da 4 libbre (3°
battaglione Artilleria de la Patria - ten. col. Pedro Reglado de la Plaza - su 2 compagnie).
Un decimo dei regolari era assente per diserzione, malattia, congedo o invalidità, ma furono in parte
compensati da 200 complementi. In definitiva i regolari che presero effettivamente parte alla campagna
erano 3.819, esclusi 90 guastatori e 1.200 miliziani addetti ai servizi logistici, nonchè 500 volontari
cileni e 150 miliziani aggregati ai 4 distaccamenti incaricati di ingannare il nemico sull’effettiva
direzione di marcia del corpo principale. I regolari erano tutti argentini: gli unici cileni erano il
brigadiere O’Higgins, i colonnelli Calderon, Hermidia e Dios Vidal e altri 27 ufficiali e graduati del
corpo de reserva, destinati ad inquadrare i reparti che si prevedeva di reclutare oltre le Ande per
formare il nucleo del nuovo esercito repubblicano.
Le salmerie, comandate dal colonnello cileno Hermidia, contavano 1.200 mulattieri e zappatori
d’artiglieria con 1.200 cavalli (tutti ferrati) dei granaderos, degli stati maggiori e del quartier generale e
13.000 muli (7.359 da sella, 1.922 da basto e 2.719 per i distaccamenti). L’alto numero dei muli da
sella dipendeva dalla decisione di risparmiare quanto più possibile le forze fisiche della truppa, in
modo da consentirle di combattere una volta scesa in piano. I muli erano calcolati nella seguente
proporzione: 3 da sella e 1 da basto ogni due ufficiali, 3 da sella ogni due granaderos o artilleros e 6
ogni cinque fanti, più 5 da soma per ciascuna compagnia.
La piccola armata includeva infine 1 ospedale da campo, 1 compagnia di artificieri e operai, 1 parco e
1 treno d’artiglieria da campagna con 110 palle per ciascun pezzo, con un equipaggio da ponte e una
riserva di mezzo milione di cartucce per la fanteria (altrettante erano distribuite ai reparti, in media 270
per ogni fucile). Il treno contava 180 carri con armi di riserva e viveri per 15 giorni (carne bovina,
grano indiano tostato, biscotto, formaggio, aglio e cipolle).
.1° da Chilecito (comandante Davila e maggiore Francisco Zelada: 12 regolari e 200 cileni) per il passo di Come
Caballos (5.160 m.) sulla provincia di Atacama (Copiapò) (20 gennaio - 12 febbraio);
2° da San Juan (comandante Juan M. Cabot e Ceballos: 60 regolari, 120 miliziani e 200 cileni) per Pismanta, Cordigliera di
Olivares, passo di Azufre (3.600 m.), passo di Agua Negra e capanna di Los Patos sulla provincia di Coquimbo (La
Serena) (20 gennaio - 14 febbraio);
.3° dal Melocoton (capitano Lemus: 26 blandengues e 30 miliziani) per il passo del Portillo de Los Pinquenes, sulla
provincia di Coquimbo (El Yeso) (27 gennaio - 6 febbraio);
.4° da Mendoza (capitano Ramon Freyre: 100 regolari e 100 cileni) per Lujan, Carrizal, Rio Atuel, sorgenti del
Tinguririca, costa della Cordigliera e passo del Planchon de Curicò (4.090 m.) sulla provincia di Colchagua (Rio
Colorado, Rio Claro, Cumpeo, Curicò e Talca) collegandosi con i guerriglieri di Rodriguez (14 gennaio - 12 febbraio).
I primi movimenti ebbero inizio il 9 gennaio, quando il 1° distaccamento dimostrativo lasciò La Rioja
per raggingere la base di partenza di Chilecito. Il 12 Rodriguez prese San Fernando (Colchagua)
costringendo il presidio realista a ritirarsi a Rancagua e sgombrando il passo al 4° distaccamento,
partito dal Plumerillo il 14. Il 15-16 gennaio i cavalli degli stati maggiori e dei granaderos furono
spediti al deposito dei Manantiales in tre scaglioni di 400, per provvedere alla loro ferratura. Il 18 il
bestiame da macello fu avviato alle varie tappe (Jahuel, La Higuera, Las Cuevas, Yalguaraz, Uretilla)
per predisporre il vettovagliamento delle colonne.
Lo stesso giorno partì dal Plumerillo la colonna Las Heras (800 fanti del N. 11, 30 granaderos, 1
squadrone della milizia di San Luis e 20 artiglieri con 2 cannoni comandati dal capitano cileno Picarte)
seguita il 19 dal treno da campagna comandato da fra Beltran. Fatta tappa a Canota, il 20 Las Heras
raggiunse Uspallata, salendo all’avamposto che fin dal 1814 guarniva l’omonimo passo (5.021). Il suo
compito era di coprire il fianco sinistro del grosso mentre marciava verso Nord-Ovest per raggiungere
Valle Hermoso e il passo di Los Patos (3.565 m.).
La scarsità delle risorse idriche aveva imposto di suddividere il grosso (2.745 regolari, 7 cannoni da
montagna e 3.750 muli) in sei piccoli scaglioni (Melian, Alvarado, O’ Higgins, Cramer, Zapiola e San
Martin), che partirono dal 19 al 25 gennaio, con 24 ore di intervallo l’uno dall’altro, per dar tempo ai
pozzi di riempirsi. Il 20 partirono, da Chilecito e San Juan, anche i distaccamenti 1° e 2°. Il capo di
stato maggiore Soler partì il 22 per prendere la testa della Vanguardia, formata dai primi due scaglioni
(gli altri, comandati da O’Higgins, formavano il Centro). Il 24 gennaio un disguido del provveditore ai
viveri (che portò i rifornimenti a Villavicencio anzichè alla tappa di Jahuel) determinò un giorno di
ritardo sulla tabella di marcia.
Il 25, mentre partiva l’ultimo scaglione, San Martin fece una breve visita a Mendoza per salutare gli
amici e la famiglia. Trasferito il governo interinale della provincia cuyana al fedele colonnello Toribio
Luzuriaga, lasciò poi la città salutato dal rombo delle campane, dalle autorità e dall’intera popolazione.
Ultimo a partire fu, il 27 gennaio, il minuscolo distaccamento del capitano Lemus.
Fu la colonna Las Heras a sostenere la prima scaramuccia con i realisti del maggiore Marquelli (250
uomini di Talaveras e Chiloé). Fin dal 17 la vedetta del posto di Uspallata, situata a Picheuta, aveva
avvistato una pattuglia nemica. Il 24 Marquelli sorprese i 13 miliziani della vedetta, ma fu
contrattaccato dal maggiore Enrique Martinez (1779-1870) con 83 fucilieri e dal tenente José Félix
Aldao con 30 granaderos e costretto a ritirarsi a Los Andes con 17 perdite contro 11 feriti argentini.
Il 31 gennaio, mentre i distaccamenti settentrionali di Davila e Lemus sorprendevano i posti di guardia
realisti sulla Cordigliera sopra Atacama e Coquimbo, tutti gli scaglioni del grosso erano riuniti ai
Manantiales e Las Heras, ripresa la marcia il 29, aveva raggiunto l’arroyo di Santa Maria.
.1a Division o Derecha (Las Heras): 2.371 (135 ufficiali) con 3 battaglioni (N. 11 de los Andes, Cazadores de Coquimbo
e Infantes de la Patria al comando di Guerrero, Isaac Thompson e Bustamante), 4 squadroni granaderos y escolta de
San Martin (Zapiola, Necochea e Bueras) e 8 cannoni (1° grupo de Chile di Manuel Blanco Encalada);
.2a Division o Izquierda (Alvarado): 2.351 (134 ufficiali) con 3 battaglioni (cazadores de los Andes; N. 8 de los Andes;
N. 2 de Chile comandati da Sequeira, E. Martinez e I. B. Caceres), 4 squadroni (lanceros de Chile y escolta de
O’Higgins, comandati da Freyre e Ramirez de Arellano) e 9 cannoni (2° grupo de Chile di Borgogno);
.Division de Reserva (Quintana): 1.721 (103 ufficiali) con 3 battaglioni (N. 7 de los Andes, N. 1 e Arauco N. 3 de Chile al
comando di Conde, Rivera e Lopez), 1 squadrone escolta (Pizarro) e 4 cannoni (artilleria de los Andes di Reglado de la
Plaza).
Osorio aveva circa 5.000 uomini (un numero imprecisato di ufficiali e 4.670 sergenti e militari di
truppa) su 3 brigate, comandate dal brigadiere José Ordognez e dai colonnelli José M. Baeza e Joaquin
Primo de Rivera (capo di stato maggiore):
.1a Brigada Derecha (Ordognez) con 2 battaglioni (2° Infante don Carlos e Concepcion), 1 compagnia zapadores, 3
squadroni (Lanceros del Rey, Dragones de Arequipa e de Chillan) e 4 cannoni (compagnia a caballo);
.2a Brigada Centro (Baeza) con 2 battaglioni (2° Burgos e Arequipa), 2 squadroni (Dragones de la Frontera) e 4
cannoni (compagnia a pie);
.Reserva o 3a Brigada Izquierda (Primo de Rivera) con 1 battaglione misto (le 8 compagnie scelte - granaderos e
cazadores - dei 4 battaglioni di fanteria) e 4 cannoni.
Grazie alle spie e alla ricognizione, entrambi gli avversari conoscevano perfettamente le reciproche
posizioni e sapevano che quella che si apprestavano a combattere sarebbe stata la battaglia decisiva.
Per un paio d’ore si fronteggiarono in silenzio, consapevoli dei rischi di un attacco e sperando che
l’avversario facesse la prima mossa. I rischi peggiori li correvano i patrioti, perchè anche attaccando
nel punto più vicino, dovevano comunque percorrere mille metri allo scoperto sotto il fuoco del
nemico.
Alla fine, poco prima di mezzogiorno, San Martin fece aprire il fuoco, per rilevare dalla risposta
nemica l’esatta posizione delle sue batterie. Ciò gli consentì di comprendere che il punto più debole di
Osorio era l’ala destra. Fece allora un diversivo dalla parte opposta, mandando all’attacco il N. 11, che
resse la carica della cavalleria realista (Morgado), a sua volta controcaricata dai granaderos di Zapiola.
Intanto, all’altro capo del fronte, la fanteria di Alvarado retrocedevano sotto il fuoco della destra
nemica. Ordognez provò a inseguirli con quasi tutta la fanteria realista (3.500), a sua volta accolta a
mitraglia dalla batteria cilena di Borgogno. Quest’ultima fu attaccata dalla cavalleria realista, giunta
fino ai pezzi ma subito volta in fuga dalla carica dei lanceros cileni di Freyre e Bueras, che venne
ucciso. San Martin ordinò allora l’attacco generale, spiccando la riserva contro la sinistra e avanzando
tutta l’artiglieria in appoggio a Las Heras e Alvarado per attaccare il centro e la destra nemici. Ma i 4
battaglioni di Baeza e Ordognez formarono i quadrati, sostenendo bravamente mitraglia, fucileria e
cariche di lanceros.
Lanceros cileni e cazadores andini travolsero le compagnie scelte nemiche, investendo poi con
Alvarado il valoroso quadrato di Burgos. Alle 2 e mezza del pomeriggio Osorio fece suonare la ritirata.
Decimata ma in ordine, tutta la fanteria realista ripiegò nel caserio, dove si trincerò fortemente, in
attesa di potersi sganciare e ritirare col favore delle tenebre. Intanto protesse la ritirata di Osorio e della
cavalleria.
Benchè stremato, l’esercito patriota tallonò la fanteria nemica, avanzando tutta l’artiglieria, inclusa
quella appena catturata. In quel mentre dalla capitale arrivò O’Higgins, in testa agli husares de la
muerte e alle milizie di Aconcagua, Colchagua e Santiago, comandate dai colonnelli Tomas Vicugna,
José Maria Palacios e Pedro Prado e seguite dai cadetti dell’Escuela Militar e da grande moltitudine di
cittadini. Alle 17, dopo aver abbracciato il suo compagno d’armi cileno, San Martin ordinò l’attacco
generale, che fu respinto. Intervenuta l’artiglieria, il secondo assalto ebbe successo. Poi fu matanza,
casa per casa. Sul campo di battaglia i realisti lasciarono 1.300 morti e 2.289 prigionieri (inclusi 74
ufficiali), 12 cannoni, 4.000 fucili e 1.200 terzarole. Le perdite alleate ammontarono a 800 morti e
1.000 feriti.
Il crollo del “protettorato” artiguista del Litorale (26 dicembre 1817 - 22 gennaio 1820)
La vittoria di Maipu e la fucilazione di fratelli Carrera, invano denunciata da José Miguel in un famoso
Manifiesto a la América, ebbero contraccolpi indiretti anche nel Litorale rioplatense. La fedeltà delle
milizie guaranies e il vessillo federalista impugnato da Artigas contro l’arroganza e l’egoismo della
borghesia portegna non erano sufficienti per consolidare una vera confederazione politica fra le tre
province “libere” del Litorale.
Dopo l’occupazione portoghese di Montevideo, Artigas si era messo sulla difensiva, per conservare
almeno il controllo di Corrientes, Entre Rios e Santa Fe tramite i suoi luogotenenti Andresito,
Francisco Ramirez e Mariano Vera. Nella parte occidentale della provincia mesopotamica dominava
però José Eusebio Heregnù, il quale non riconosceva l’autorità di Ramirez, pretendendo di dipendere
direttamente da Artigas. Impressionato dai successi portoghesi, nel secondo semestre del 1817
Heregnù aveva avviato una trattativa segreta con Pueyrredon e in dicembre aveva chiesto anche una
protezione militare.
In aiuto di Heregnù era stato spiccato il colonnello Luciano Montes de Oca, ma, con abili negoziati
dilatori, Ramirez lo aveva trattenuto il tempo necessario a ricevere rinforzi e il 26 dicembre lo aveva
sconfitto completamente all’arroyo de Ceballos, consolidando la propria supremazia. Ma Artigas non
gli consentì di estenderla anche alla parte occidentale del territorio entrerriano, preferendo mettervi a
capo José Ignacio Vera, fratello del suo luogotenente santafesino.
Fuggito a Buenos Aires, Heregnù tornò con le truppe di Balcarce e von Holmberg, sollevando le
milizie comarcali di Gualegaychù e Gualeguay. Ma il 25 marzo 1818 Ramirez decimò i bonearensi a
Saucesito, costringendoli a reimbarcarsi e assicurandosi il controllo totale della provincia. A questo
punto il caudillo, pur restando formalmente alleato di Artigas, si rese del tutto indipendente,
sostituendo i capi comarcali con i suoi ufficiali e organizzando un esercito ben più disciplinato delle
milizie artiguiste e delle stesse truppe nazionali. Anche ad Entre Rios, come nelle altre province del
Nordovest e del Litorale, il nerbo restava però la cavalleria miliziana: combattevano come i parti, con
rapidi attacchi e finte ritirate per attirare la cavalleria regolare lontano dalla fanteria e dai cannoni e
dividerla in piccoli reparti isolati da distruggere con le imboscate.
Intanto, dalla Banda Oriental, il colonnello portoghese Chagas aveva invaso anche il “santuario”
artiguista di Corrientes, penetrando fino alla riva sinistra del Paranà. Sconfitto a Nord della cittadina il
3 aprile 1818, Andresito vinse il 21 maggio e il 14 giugno a Queguay e Chapicuy (presso Guaviyù).
Ma il 25 maggio la guarnigione veterana del capoluogo depose il governatore artiguista, iniziando un
cauto riavvicinamento a Buenos Aires, subito troncato da una rapida incursione di guaranies
capeggiata da Andrés Artigas. Sul fronte dell’Uruguay, il 4 luglio 100 irregolari riogradensi guidati dal
generale portoghese Bentos Manuel occuparono di sorpresa il campo artiguista del Queguay Chico,
dove il giorno dopo furono annientati da José Fructuoso Rivera. Il 3 ottobre toccò ai portoghesi
respingere un analogo colpo di mano tentato da Rivera al Rabon.
Il 15 giugno 1819 il colonnello Abreu catturò Andresito al passo di Hacurupì, sul Rio Camacuan, a
Nord di San Borje. Invaso nuovamente il Rio Grande, il 14 dicembre Artigas sconfisse Abreu a Santa
Maria (o Guirapita), infiggendogli 500 perdite e inseguendolo poi per 45 chilometri prima di essere
ricacciato a Corrientes dai rinforzi portoghesi. Il conte di Figueiras varcò poi il confine con 3.000
uomini, fronteggiato da Andrés Latorre (che in assenza di Artigas comandava l’esercito orientale) con
2.000, battendolo in dicembre alla quebrada di Belarmino e il 22 gennaio, a Tacuarembò-Chico.
Questa vittoria decisiva e la defezione del prestigioso Rivera (nominato dai portoghesi comandante
generale di campagna), consentirono a Lisbona di proclamare, l’anno seguente, l’annessione della
Provincia Cisplatina, conservata sino alla guerra del 1825.
L’ammutinamento di San Juan e il ritorno di San Martin in Cile (9 gennaio - 5 agosto 1820)
Il 9 gennaio, il giorno prima di Arequito, un sergente di colore aveva sollevato a San Juan anche il
battaglione dei cazadores de los Andes, che non voleva tornare in Cile. Arrestati gli ufficiali e sconfitta
la resistenza di una parte della milizia sanjuanina, i ribelli deposero il tenente governatore, il portegno
de la Rosa, eleggendo suo cognato Mariano Mendizàbal (un capitano degradato ed espulso da San
Martin per condotta immorale) il quale proclamò la Repubblica di San Juan. Dal canto suo Rondeau
fece buon viso a cattivo gioco, acconciandosi a riconoscere la legittimità della sollevazione dei
cazadores.
Invece San Martin tornò subito in Cile per impedire che il contagio si estendesse alle truppe argentine
rimaste a Rancagua. A Mendoza restava però Luzuriaga, il quale a sua volta spedì Alvarado a castigare
il suo vecchio reggimento. La punizione venne però rinviata, non tanto per le suppliche del cabildo
sanjuanino, quanto perchè a Luzuriaga giunse l’ordine di San Martin di raggiungerlo subito in Cile con
i soli granaderos a caballo, cedendo il governo al cabildo mendosino e abbandonando al loro destino i
cazadores ribelli. - Mendizàbal fu peraltro deposto dal suo vice, tenente Cono, che lo consegnò a
Guemes (un anno e mezzo dopo, liberato il Peru, il caudillo saltegno lo spedì a Lima, dove Mendizàbal
venne fucilato il 30 gennaio 1822). Quanto al battaglione, nel maggio 1820 marciò ostilmente su
Mendoza, ma fu respinto dalla locale milizia del generale Cruz, che il 5 agosto lo annientò sul Rio San
Juan.
Intanto, dopo aver miracolosamente salvato dal naufragio la nave ammiraglia, Cochrane aveva
attaccato le ultime basi spagnole del Cile meridionale. Nella notte sul 14 febbraio i maggiori Miller e
Beauchef, con 75 marinos e 250 fanti scelti ceduti da Freire, avevano espugnato con incredibile
audacia i poderosi forti di Valdivia, catturandovi il colonnello Hojo del Reggimento Cantabria. Miller
era stato gravemente ferito il 19, perdendo 38 uomini nel vano tentativo di prendere anche il forte
principale di Chiloé, difeso dal colonnello Quintanilla.
Guerra di caudillos a Buenos Aires ed Entre Rios (14 giugno - 4 ottobre 1820)
Ottenuti gli obiettivi politici della guerra, Ramirez era rientrato nella provincia mesopotamica per
ristabilirvi la propria autorità, minacciata dalle pretese di Artigas, che, dopo la vittoria portoghese, si
era ritirato ad Entre Rios con 2.200 uomini. Rimasto da solo a controllare la situazione bonearense,
Lopez pose la candidatura di Alvear al governatorato della provincia e per sostenerla il 14 giugno
avanzò con 1.500 santafesini e cileni verso la capitale, ormai in preda all’anarchia. Da tempo malato,
Belgrano morì il 20 giugno: ma quello passò alla storia come “il giorno dei tre governatori” (Ildefonso
Ramos Mejia, il cabildo e Soler).
Il 28 giugno Soler tentò di resistere alla cagnada della Cruz, ma l’ala sinistra del brigadiere French si
impantanò nel punto più profondo dello stagno, cadendo prigioniera di Carrera senza aver sparato un
solo colpo. Al centro, invece, Soler respinse Alvear, ma una carica dei dragoni santafesini lo costrinse
a ritirarsi, lasciando sul terreno 200 morti, 200 prigionieri e 3 cannoni. Dimessosi Soler, i portegni
elessero governatore Dorrego, mentre Lopez fece eleggere Alvear dal cabildo di Lujan. A contrastare
questa mossa, che cercava di sfruttare l’antico risentimento della campagna bonearense contro la
capitale, fu Juan Manuel Ortiz de Rozas, detto “Rosas” (1795-1877), proprietario dell’estancia “Los
Cerritos”, una delle maggiori della provincia, il quale venne a rendere omaggio a Dorrego alla testa del
reggimento di milizia di cui l’8 giugno Martinez l’aveva nominato colonnello.
(A proposito del reggimento di Rosas vale la pena chiarire un equivoco piuttosto diffuso. Era il
reggimento del distretto del Monte, il N. 5 de colorados: un appellativo che poi lo rese famoso, ma che
in realtà era comune anche agli altri reggimenti della campagna bonearense e che induce talora a
confonderlo con il N. 2 di Las Conchas, fondato nel 1810 da José Maria Vilela, uno dei futuri avversari
unitari di Rosas. Fu il N. 2 di Vilela, e non il N. 5 di Rosas, a prendere parte alla guerra del 1826-28
contro l’Impero brasiliano. Quanto al nomignolo di colorados, indicava il tipico color ruggine della
casacca e del copricapo dei gauchos, lo stesso dei camiciotti da fatica indossati dalla Legione Italiana
che vent’anni dopo, al comando di Giuseppe Garibaldi, avrebbe difeso Montevideo contro le truppe di
Rosas.)
Dorrego poté così marciare contro Lopez, Carrera e Alvear alla testa di 3.000 uomini e il 1° agosto
sorprese a San Nicolas 700 cileni e alvearisti, facendo 60 morti e 450 prigionieri. Il 12, all’arroyo del
Pavon, sconfisse anche 500 santafesini. Lasciata la fanteria a San Nicolas, Dorrego proseguì le
operazioni con 600 cavalieri, che furono però annientati da 1.000 santafesini il 2 settembre al Gamonal,
perdendo 300 morti e 100 feriti. In tal modo, riequilibrati i rapporti di forza, Lopez e Dorrego
conclusero un accordo, che tra l’altro prevedeva la consegna di Carrera. Il 26 settembre l’ex-presidente
cileno, con gli ultimi 140 fedeli, si mise in salvo rifugiandosi nel deserto. A Buenos Aires l’accordo
con Lopez e la fuga di Carrera provocarono la caduta di Dorrego, sostituito da Martin Rodriguez.
Un’ennesima sollevazione militare, tentata il 1° ottobre da Manuel Vicente Pagola, fu schiacciata tre
giorni dopo dall’intervento dei mille colorados di Rosas.
Negli stessi mesi Ramirez riuscì a riprendere il controllo della provincia mesopotamica. Malgrado la
dura sconfitta subita il 15 giugno a Las Guachas dai suoi 400 dragoni, Ramirez si rifece il 24 alla
Bajada del Paranà, dove la sua cavalleria riuscì ad attirare quella artiguista sotto il fuoco della fanteria
entrerriana. Decimato dalla tattica montonera e risospinto verso Corrientes, Artigas tentò tre volte di
costringere l’avversario a battaglia: il 17 e 22 luglio e il 3 agosto, a Sauce de Luna, al Rincon de los
Yuquerus e ad Abalos. Finalmente, il 23 settembre, Artigas dovette rassegnarsi a passare in territorio
paraguayano, dove, internato dal dittatore Francia, rimase fino alla morte, avvenuta ad Asuncion nel
1850.
.Ejército de los Andes (145 ufficiali, 4 cappellani, 305 graduati, 1.518 fanti, 701 cavalieri e 213 artiglieri) su 3 battaglioni
(N. 7 Conde, N. 8 Martinez e N. 11 Deheza), 1 reggimento di cavalleria (granaderos di Alvarado), 1 squadrone escolta
(cazadores di Necochea) e 1 battaglione d’artiglieria (maggiore Luna, 249 uomini);
.Ejército de Chile (163 ufficiali, 2 cappellani, 176 graduati e 1.646 truppa) su 3 battaglioni di linea (N. 2, N. 4 e N. 5) e 1
d’artiglieria (301 uomini) più i quadri di 1 battaglione (N. 6) e 1 squadrone dragoni.
Argentino era anche il capo di stato maggiore, brigadiere Las Heras, con 22 aiutanti. Aiutante di
campo di San Martin era il colonnello de Castillo. Monteagudo dirigeva la segreteria politica.
L’artiglieria, comandata dal cileno Borgogno, contava 413 effettivi e 35 pezzi: 2 mortai, 2 obici, 10
cannoni da montagna e 21 da campagna (inclusi 4 da ventiquattro libbre, 2 da otto e 2 da sei pollici).
Alla spedizione erano assegnati viveri per cinque mesi, un buon servizio di ambulanza e una tipografia
per la propaganda, nonchè una riserva di altri 10.000 fucili e 4.000 uniformi per armare gli insorti
peruviani.
L’allestimento della flotta fu laborioso. Occorreva riparare l’avaria dell’O’Higgins, disincagliare
l’Intrepido e sostituire gli equipaggi del vascello San Martin e della corvetta Independencia (acquistata
negli Stati Uniti per 150.000 pesos) decimati da un’epidemia di chavalongo e quello della Chacabuco,
ammutinatosi . Ma in agosto la squadra di Cochrane e Blanco Encalada contava 35 unità con 264
cannoni e 1.600 marinai, di cui 624 inglesi:
Sulla carta i realisti erano molto più forti dell’armata rivoluzionaria. Il viceré Pezuela disponeva infatti
di ben 17.000 uomini, di cui 1.000 al Callao, 4.500 a Nord di Lima (tra Asnapuquio e Chancay) e
2.700 a Sud-Est (sulla Sierra di Cuzco). Altri 2.400 erano nelle province meridionali di Arequipa e
Puno e 6.500 in Alto Perù, al comando dei generali Ricafort e La Serna. La squadra di Coig, ancorata
sotto le batterie del Callao, contava 2 fregate da 44 e 42 (Esmeralda e Venganza), 1 corvetta da 28
(Sebastiana), 3 brigantini, 6 mercantili armati e 27 cannoniere. Senza contare la fregata Prueba, da 44
cannoni: l’unica delle 3 unità salpate da Cadice il 10 maggio 1819 che era riuscita a doppiare il Capo
Horn e che in dicembre si era abilmente sottratta alla caccia di Cochrane risalendo l’insidiosa
insenatura di Punà, nella costa settentrionale del Peru.
Lo sbarco a Pisco, la spedizione alla Sierra e il blocco di Lima (8 settembre - 30 ottobre 1820)
Salpato da Valparaiso nel pomeriggio del 20 agosto, l’8 settembre 1820 Cochrane sbarcò l’Ejército
Libertador 280 chilometri a Sud del Callao, nella baia di Pisco, che gli spagnoli avevano evacuato
dieci mesi prima dopo l’incursione effettuata il 12 novembre 1819 dal comandante Guise con la
Lautaro e il Galvarino. Nei giorni seguenti l’esercito occupò Saa, mentre la tipografia stampava il
materiale di propaganda e si requisivano per l’esercito 650 schiavi negri impiegati nelle haciendas di
Pisco, con lo stesso metodo usato per reclutare i battaglioni di libertos e rescatados portegni. Intanto,
appreso dello sbarco cileno, anche la giunta di Guayaquil dichiarava l’indipendenza dalla Spagna.
Il 4 ottobre San Martin spiccò una colonna di 1.138 uomini (N. 2 Chile, N. 11 Andes e 4 squadroni) e 4
cannoni al comando di Arenales e Lavalle per sollevare Huancavelica e Jauja e tagliare le
comunicazioni tra Lima e la Sierra (Cuzco, Arequipa e La Paz) e in seguito gli mandò dietro altre due
colonne (Bermudez e Aldao) di rinforzi e rifornimenti, con il materiale necessario per armare la
guardia nazionale istituita nei villaggi via via attraversati. Sloggiati da Ica il 6 ottobre, perdute 2
compagnie passate al nemico e ridotti a 700 uomini, il 16 ottobre i realisti del colonnello Quimper
persero altri 40 morti e 100 prigionieri a Nazca e Arenales poté iniziare la marcia alla Sierra.
Nonostante la spedizione alla Sierra, la lunga sosta di Pisco esasperò Cochrane, le cui memorie
stillano disprezzo per la pretesa “irrisolutezza” del capitano generale argentino. Finalmente il 29
ottobre le truppe si reimbarcarono, ma invece di sbarcare al Callao, come voleva Cochrane, San Martin
prese terra ad Ancon, 20 chilometri più a Nord, per tagliare l’ultima linea di rifornimento terrestre del
nemico. Cochrane rimase al blocco del Callao dove - senza informarne San Martin - aveva deciso di
impadronirsi dell’Esmeralda (ammiraglia spagnola) e di un’altra nave sulla quale Pezuela aveva fatto
caricare il tesoro vicereale - un milione di pesos (una precauzione contro eventuali insurrezioni o colpi
di mano terrestri).
L’incursione avvenne la notte del 30 ottobre. Forzato lo stretto passaggio tra le catene che sbarravano
il porto, Cochrane penetrò in silenzio, con 11 lance cariche di 160 marinai e 80 marinos armati di
pistola e machete. La sorpresa riuscì perfettamente, ma fu abbordata soltanto l’Esmeralda, dove si
svolse una lotta ravvicinata e senza quartiere contro i marinai spagnoli che cercavano di resistere, sotto
il fuoco delle batterie costiere che mitragliavano amici e nemici. Cochrane voleva rispondere coi
cannoni di bordo, ma rimase ferito e il suo secondo Guise tagliò gli ormeggi prendendo il largo,
alzando un segnale luminoso identico a quello che gli spagnoli avevano convenuto con due fregate
neutrali (una nordamericana, l’altra inglese) le quali incassarono di conseguenza metà delle cannonate
destinate all’Esmeralda. Cochrane la ribattezzò Valdivia, in ricordo della sua prima vittoria.
Le spedizioni a Guayaquil e Arica e i colloqui con La Serna (29 gennaio - 27 maggio 1821)
Esasperati dall’indecisione di Pezuela, il 29 gennaio 1821 i suoi ufficiali - e in particolare i colonnelli
Jerònimo Valdéz e José Canterac (1775-1835) - lo obbligarono a dimettersi trasferendo i propri poteri
al prode José de La Serna (1770-1832), il quale nominò Valdés capo di stato maggiore e Canterac
comandante della Divisione di Asnapuquio, ma si mantenne sulla stretta difensiva. In caso di offensiva
nemica, il suo piano era di abbandonare la capitale, destinata a capitolare per fame, per guadagnare le
risorse logistiche ed operative dell’immenso e ben conosciuto altipiano, naturalmente lasciando al
Callao una guarnigione di sovranità al comando del generale José La Mar y Cortazar.
Ancora impegnato nella liberazione del Venezuela, nel gennaio 1821 Bolìvar spiccò il suo
luogotenente Antonio José de Sucre (1785-1830) con 930 uomini (inclusi 100 volontari anglo-
irlandesi) in soccorso di Guayaquil, difesa da 1.400 repubblicani contro 9.000 realisti attestati sulle
Ande tra Quito e Pasto. Era il primo segnale di un grande disegno geopolitico speculare a quello di San
Martin: e potenzialmente confliggente. Sembrava che il perno strategico della storia sudamericana
continuasse dannatamente a sgusciargli di mano, su per la costa del Pacifico: l’aveva inseguito da
Mendoza a Santiago a Lima e adesso lo vedeva rimbalzare da Bogotà a Guayaquil. E San Martin non
poteva accorrervi di persona, obbligato a bloccare Lima senza poterla conquistare, se voleva trovarvi
una legittimazione politica paragonabile con quella accordata da Bogotà al suo più fortunato emulo
venezuelano.
A Guayaquil spedì intanto Cochrane, esasperato dalla flemma della Real Armada, a sbarcarvi Santa
Cruz con 1.200 fanti della Legion Peruana di Trujillo e 96 granaderos a caballo argentini. Blanco
Encalada, col resto della squadra, condusse invece a Sud il tenente colonnello William Miller, con 600
fanti e 100 granaderos, sbarcandolo il 6 maggio alla foce del rio Sama, poco a Nord di Arica, occupata
l’11 con breve scaramuccia. Di qui Miller iniziò la cosiddetta “campagna dei porti intermedi” per
propagare l’insurrezione, distrarre le forze nemiche e tagliare le comunicazioni con Arequipa e Puno.
Inoltratasi verso la Sierra, il 14 la colonna prese Tacna e il 20 Tarma. Il 22 e 24 si scontrò a Mirave e
Moquega con 520 realisti di La Hera, uccidendone 80 e catturandone 100. Occupata Jauja il 23, il 26
Miller disperse alla Calera le truppe di Rivero (in parte passate con i patrioti) e il 27 entrò ad
Huancayo.
Già modificato dalla sostituzione di Pezuela con La Serna e dall’arrivo di Sucre a Guayaquil, il quadro
politico della campagna peruviana fu ulteriormente influenzato dall’esempio del Messico, dove, il 24
febbraio 1821, il comandante delle forze vicereali Agustin de Itùrbide (1783-1824) e il capo dei ribelli
Vicente Guerrero (1782-1831) concordarono il “piano” di Iguala - poi accettato dall’ultimo viceré col
trattato di Cordoba - che trasformava il Messico in una monarchia costituzionale, indipendente sì dalla
Spagna e basata su nuovi principi democratici (primo fra tutti l’uguaglianza tra le razze), ma governata
dal medesimo sovrano della Spagna.
La formula di Iguala rilanciava, almeno nei suoi aspetti costituzionali se non in quelli geopolitici, il
grand dessein di San Martin. E La Serna gli offerse la grande occasione proponendogli di incontrarsi a
Punchauca. Qui San Martin propose di riunire il Peru e l’Alto Peru sotto un’unica monarchia
costituzionale, alla quale si dovevano poi aggregare anche il Cile e l’Argentina. La designazione del
sovrano del Sudamerica sarebbe stata rimessa alle Cortes spagnole e in via transitoria il Regno del Peru
sarebbe stato governato da un consiglio di reggenza presieduto dal viceré.
Ma l’ostentata assenza di O’Higgins e dello stesso Las Heras dai colloqui manifestò che San Martin
era politicamente isolato e che l’esercito e la marina cileni non gli avrebbero consentito di proporsi
come l’Iturbide del Peru. Senza contare che gli aspetti geopolitici del piano di San Martin cozzavano
contro la rivalità commerciale delle borghesie sudamericane, con le ambizioni egemoniche di Bolìvar e
con gli obiettivi strategici dell’imperialismo britannico. Inoltre, accettando le condizioni di San Martin,
La Serna avrebbe rischiato la sollevazione dell’ala reazionaria dell’esercito realista. Senza respingerle,
il viceré chiese di poter consultare Madrid: mera mossa dilatoria, con un re prigioniero e una
costituzione paralizzata dalle sollevazioni militari, dalle guerre locali e dagli opposti complotti dei
reazionari, dei moderados e degli exaltados.
In attesa della risposta spagnola, il viceré contropropose un mero armistizio sulla linea del Rio
Chaucai, all’altezza di Reyes. Ma, per sua natura, l’offerta di San Martin non era negoziabile né
rinviabile: solo l’immediata fusione dei due eserciti poteva dare qualche sostanza al progetto di una
monarchia liberale sudamericana. Preso atto della non fattibilità, il capitano generale dichiarò chiuso il
negoziato. Più tardi, pressato dal partito della pace, il viceré chiese un nuovo incontro nel sobborgo
limegno di Miraflores, che, almeno ufficialmente, non ebbe miglior esito: per quanto gli sviluppi
successivi della drole de guerre lascino supporre esattamente il contrario.
Il Regimiento Rio de la Plata e l’ammutinamento del Callao (settembre 1822 - gennaio 1824)
Nel frattempo, con legge bonearense del 29 luglio 1823 il governo della provincia portegna aveva
dichiarato alle proprie dirette dipendenze i resti della Division de los Andes, senza però assumersene il
carico finanziario. Alla fine dell’anno, dopo aver speso circa 250.000 pesos per mantenere i due
reggimenti argentini, il governo peruviano non era più in grado non soltanto di pagarli, ma neppure di
vettovagliarli.
Il 2 gennaio 1824 una delegazione di ufficiali della Divisione Argentina fu ricevuta dai
rappresentanti peruviani ma il generale Martinez ne fece arrestare tre. Appresa la notizia, la notte stessa
il Reggimento Rio de la Plata si sollevò per liberare gli ufficiali. La rivolta fu però soffocata dallo
stesso Alvarado, governatore della Fortezza, e dalle truppe peruviane e il capo fu passato per le armi.
Tuttavia in seguito molti argentini disertarono calandosi dalle mura del castello. Una delegazione di 4
uomini inviata a Lima per spiegare le loro ragioni fu arrestata. Ma intanto gli argentini si erano
segretamente accordati con i soldati realisti detenuti al Callao e il 4 febbraio consentirono loro di
sollevarsi e prendere il controllo della fortezza al comando del generale Casariego, che il 29 febbraio la
consegnò ad un distaccamento accorso dalla base realista di Chincha.
Per la storia politica generale cfr. Bartolomé MITRE, Historia de Belgrano, B. Aires, Ecyla Atanasio Martinez,
1927; M. GARCIA MEROU, Historia constitucional de la Republica Argentina, La Plata, 1904, 4 volumi; Adolfo SALDIAS,
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2 voll.
IV - PROVINCE DISUNITE
E DIFESA DELLE FRONTIERE
(1825 - 1839)
SOMMARIO: 1. L’esercito della Provincia di Buenos Aires (1820-25). - 2. L’Ejército Nacional e la guerra contro il
Brasile (1825-28). - 3. La guerra civile e la vittoria federale (1826-31). - 4. La politica militare del generale Rosas (1829-34). -
5. L’occupazione inglese delle Malvine, la guerra contro la Bolivia, la difesa della frontiera indiana e il conflitto con la Francia
(1831-39).
Il nuovo ordinamento dell’esercito permanente stabilito dalla ley de milicias del 17 dicembre 1823,
prevedeva un organico di 4.000 uomini, con un aumento del 60 per cento rispetto al precedente:
In realtà entrambi gli ordinamenti rimasero in larga misura inattuati, in particolare per la fanteria, limitata di
fatto ad appena 520 uomini (otto compagnie di 64 fucilieri o cacciatori). Il Battaglione di linea (N. 1) fu
costituito soltanto il 1° novembre 1822, sulla base del soppresso regimiento fijo, al comando del colonnello
Benito José Martinez. Nel febbraio 1823 fu designato batallon de fusileros. Comandante dei cazadores era
il maggiore Agustin Rabelo.
ØN. 1 de husares (Lujan) - col. Antonio Souvidet, ten. col. Federico Rauch;
ØN. 2 de blandengues de la Frontera (Lobos) - col. Manuel Ibarrola;
ØN. 3 de coraceros (Chascomus) - col. Lavalle, poi Ramon Estomba (ten. col. Andrés Morel).
Nel luglio-agosto 1825 fu costituito anche il quarto reggimento di linea bonearense, autorizzato il 18 agosto
1824 (N. 4 de linea del ten. col. Nicolas Medina). Il 31 ottobre 1825 il 2° e 3° squadrone coraceros
(comandante Andrés Morel) furono assegnati alla Commissione incaricata di rivedere la linea dei fortini
(composta da Lavalle, dal colonnello del genio Felipe Senillosa e dall’hacendado Juan Manuel de Rosas) e
rimasero di guarnigione a Chascomus.
Come si è già detto, rientrato dal Peru il 13 febbraio 1826, lo squadrone granaderos de los Andes del
tenente colonnello Félix Bogado formò l’escolta presidencial di Rivadavia. A seguito del decreto 10 luglio
1826 che sopprimeva i nomi particolari dei reggimenti allo scopo di rafforzare il carattere unitario e
nazionale dell’esercito, i reggimenti coraceros, blandengues e husares bonearensi furono ribattezzati N. 5,
N. 6 e N. 7 de linea, sempre restando in servizio alla frontiera.
Altri due reggimenti di frontiera furono costituiti il 14 settembre (N. 17) e il 18 dicembre (Defensores del
Honor Nacional o N. 11) comandati dal tenente colonnello Juan Pascual Pringles e dal colonnello maggiore
Mariano Necochea. Il N. 17 venne formato dall’Escolta e dalla milizia della Guardia del Monte, mentre i
Defensores raggiunsero la forza di 4 squadroni e 800 uomini. Il 29 gennaio 1827 Necochea fu nominato
comandante generale della cavalleria di linea nella capitale e territorio di Buenos Aires. Nel giugno 1827 il
N. 17 fu trasferito all’Ejército Oriental e il N. 11 fu disciolto il 1° aprile 1828.
Ø1 Reggimento di fanteria nella capitale, con 15 ufficiali e 52 sottufficiali veterani, 70 ufficiali di milizia, 1.440 fucilieri
(3 battaglioni e 18 compagnie di 80), 150 artiglieri (3 compagnie) e 20 bandisti:
Ø4 Reggimenti di cavalleria con 12 ufficiali e 80 sottufficiali veterani, 96 ufficiali di milizia e 2.240 effettivi (16 squadroni
e 32 compagnie di 70): il 1° (patricios) della capitale , gli altri tre (colorados) corrispondenti ai distretti di
campagna dell’Est (2 Las Conchas, 3 Lobos), del Sud (1 Chascomus, 5 del Monte) e del Nord (4 Lujan e 6 Junin).
Il 15 luglio 1825 la forza del Reggimento di fanteria fu accresciuta a 2.700 fucilieri e 150 artiglieri (3
battaglioni di 950 effettivi) e venne costituito un battaglione di formazione (N. 4 de la Capital) inviato
all’esercito di osservazione alla frontiera dell’Uruguay. Il 7 settembre si aggiunse anche 1 Battaglione di
pardos y morenos su 1 ufficiale e 17 militari veterani, 31 ufficiali di milizia, 720 fucilieri e 100 artiglieri,
mentre il termine di congedamento fu esteso a 45 anni per gli ammogliati e 50 per gli scapoli. Alla fine del
1826 ad ogni reggimento permanente fu aggregato uno squadrone di 200 colorados in servizio attivo. Il 27
settembre 1827 la provincia bonearense dispose un nuovo arruolamento generale di milizia attiva sotto il
controllo dell’Ispettorato generale. Per la prima volta la renitenza fu sanzionata da multe convertibili in
arresto (10 pesos oppure 15 giorni per la prima mancanza, 20 o 30 in caso di recidiva).
Importanti modifiche alle norme sul reclutamento dell’ejército permanente furono apportate però dalla
legge del 10 dicembre 1824, rimasta in vigore con scarse varianti fino alla ley de reclutamiento del ejército
del 22 settembre 1872. Stabiliva l’arruolamento per ingaggio volontario con ferma di 4 anni e premio di 25
pesos, con rafferme annuali a premio di 10 pesos. Inoltre prorogava il congedo del personale alle armi fino
al 1825, fissando per quell’anno un contingente di 400 nuove reclute ripartito fra la capitale e i 6 distretti in
proporzione della popolazione. Responsabili del reclutamento erano i giudici di pace distrettuali, con
l’obbligo di esentare i capifamiglia e gli individui indispensabili all’agricoltura, industria e commercio
nonchè di mantenere il numero di uomini prescritto per la propria giurisdizione, rimpiazzando gli eventuali
disertori.
2. L’EJERCITO NACIONAL
E LA GUERRA COL BRASILE
(1825-28)
Ø2.400 di fanteria con 144 ufficiali, su 4 battaglioni con 24 compagnie di 100 effettivi;
Ø4.800 di cavalleria con 306 ufficiali, su 6 reggimenti con 24 squadroni e 48 compagnie;
Ø420 d’artiglieria con 30 ufficiali, su 6 compagnie;
Ø70 zappatori con 4 ufficiali (1 compagnia aggregata all’artiglieria).
Con decreto 10 giugno 1825 l’esecutivo nazionale approvò l’invio di una forza di sicurezza (Ejército de
observacion, detto anche nacional, republicano o de vanguardia) da schierare nella provincia
mesopotamica al campo dell’arroyo del Molino sulla riva occidentale dell’Uruguay.
Il congresso di Florida, la dichiarazione di guerra e l’elezione di Rivadavia (28 agosto 1825 - 16 febbraio
1826)
Intanto la sollevazione orientale aveva attecchito, grazie soprattutto all’adesione dei due autorevoli capi
orientali che nel 1821 avevano accettato la sovranità portoghese, Julian Laguna e José Fructuoso Rivera, il
quale era stato nominato dai portoghesi comandante generale di campagna. Grazie al loro appoggio,
Lavalleja potè organizzare un governo provvisorio al pueblo di Florida, dove il 28 agosto un congresso
orientale dichiarò nulla l’annessione della Provincia Cisplatina e proclamò al tempo stesso l’indipendenza
della Banda Oriental e la sua alleanza con le altre Province Unite del Plata.
Il primo scontro all’arroyo del Aguila, all’inizio di settembre, fu favorevole agli imperiali, ma il 29
settembre, al Rincon de las Gallinas, i 700 orientali di Rivera sorpresero e annientarono altrettanti imperiali
del colonnello Gerònimo Jardim, uccidendone 140 e catturandone 200, con 800 cavalli. Il 12 ottobre, a
Sarandì, i generali Bento Manuel Riveiro e Bento Manuel Gonçalves persero metà dei loro 2.200 uomini in
una breve ma sanguinosa battaglia con i 2.000 di Lavalleja.
Poco dopo la forza d’osservazione argentina, 4.000 uomini (3 battaglioni di fanteria e 5 reggimenti di
cavalleria) con 4 cannoni, al comando del brigadiere Martin Rodriguez, raggiunse il campo dell’arroyo del
Molino. Era composta dalle seguenti aliquote:
Øcontingente bonearense: a) truppe regolari: 2 compagnie fusileros (colonnello Félix Olazabal), 2 squadroni (3° husares,
colonnello Juan Lavalle e 1° coraceros, aiutante Alejandro Damel) e 2 cannoni da campagna; b) milicia activa:
Batallon N. 4 de la capital e Regimiento N. 2 de colorados de linea (350 miliziani di Las Conchas comandati dal
colonnello José Maria Vilela);
Øtruppe regolari delle province: a) Entre Rios: Escuadron Granaderos a Caballo, Batallon de Infanteria, 2 pezzi da
quattro e Dragones de Mandisovì); b) Cordoba: Regimiento de Dragones e Batallon N. 2; c) Salta: Batallon de
Cazadores trasformato in Regimiento N. 2 de caballeria de linea.
Øcontingenti minori: 125 cavalieri di Corrientes (maggiore Manuel Urdinarrain), 71 santafesini, altri di Catamarca,
Tucuman, La Rioja, Mendoza, San Juan e San Luis.
Il 25 ottobre il congreso general constituyente (convocato da Rodriguez e Rivadavia, ma gestito poi da Las
Heras) riconobbe, d’accordo col voto espresso dal congresso orientale di Florida, l’incorporazione della
Banda Oriental nelle Province Unite e lo notificò al governo imperiale. L’imperatore Dom Pedro I replicò il
10 dicembre, dichiarando guerra alle Province rioplatensi. Il 21 la squadra brasiliana mise il blocco al Rio
della Plata.
Il 1° gennaio 1826 il colonnello orientale Leandro Oliveira, varcata la frontiera con la provincia brasiliana
di Rio Grande, sloggiava il maggiore Cabral y Costa dal Forte di Santa Tecla. Lo stesso giorno, a Buenos
Aires, il congresso autorizzava il Potere esecutivo a “resistere all’aggressione dell’Impero brasiliano con
tutti i modi consentiti dal diritto di guerra”. Il 2 gennaio l’esecutivo dichiarò nacionales tutte le forze
regolarmente stipendiate dalle province, rivendicò il controllo centrale di tutte le milizie e dispose una
nuova leva con un contingente massimo di 4.000 uomini a carico delle province.
La nuova costituzione argentina, approvata il 6 febbraio, riservava al governo centrale la designazione dei
governatori provinciali su proposta delle assemblee legislative locali, norma che impediva la riconferma
vitalizia dei caudillos. Il giorno seguente, con una rivoluzione parlamentare, gli unitari sfiduciarono Las
Heras ed elessero Rivadavia primo presidente costituzionale della Repubblica Argentina, il quale chiamò al
ministero di guerra e marina Carlos Maria Alvear. Sia l’impronta unitaria della costituzione che le nomine
di Rivadavia e Alvear suscitarono però reazioni negative, innescando nuovi conflitti armati tra i caudillos
unitari e federali e accrescendo la renitenza delle province nei confronti della guerra, i cui oneri finanziari
furono interamente scaricati sul governo bonearense, già fortemente penalizzato dal blocco navale
brasiliano.
Prive di adeguato supporto finanziario e logistico, le truppe di Martin Rodriguez, che avevano passato
l’Uruguay dal 27 gennaio al 16 febbraio marciando poi verso il tradizionale campo dell’Arroyo Grande, 140
chilometri a Nord-Ovest di Montevideo, furono di fatto abbandonate a sé stesse. Formate da reclute forzate,
prive di addestramento, mal inquadrate ed equipaggiate, non ebbero alcun sostegno da Lavalleja, geloso
dell’autonomia orientale: anzi uno dei capi orientali, Bernabé Rivera, intercettava sistematicamente i
rifornimenti destinati all’esercito alleato. Si aggiunse poi la mancata collaborazione delle autorità
entrerriane, culminata in luglio nel rifiuto di consentire il transito del reggimento N. 13 che intendeva
raggiungere Misiones per effettuare una diversione su Arapiles. Di conseguenza le operazioni terrestri
slittarono di un anno, fino alla seconda invasione del Rio Grande do Sul comandata personalmente da
Alvear. Nel frattempo si svolsero quelle navali per contrastare, con qualche limitato successo, il micidiale
blocco nemico.
Le operazioni navali: a) il blocco brasiliano e la vittoria di Juncal (9 febbraio 1826 - 27 febbraio 1829)
Guillermo Brown aveva accettato il 12 gennaio di riprendere il comando della marina e già il 21 aveva
catturato le prime prede: 1 cannoniera e 1 mercantile. Furono le prime unità della nuova flottiglia argentina,
assieme a 2 vecchi brigantini (Belgrano e Balcarce) richiamati in servizio. Si fece poi ricorso a
sottoscrizioni private per acquistare in Cile 3 gloriose unità della guerra di indipendenza, le fregate
O’Higgins (ex-ammiraglia di Lord Cochrane) e Independencia e la corvetta Chacabuco, rispettivamente da
1.220, 830 e 450 tonnellate e con 44, 28 e 20 cannoni, ribattezzate 25 de Mayo, Republica Argentina e
Congreso Nacional, cui si aggiunsero la goletta Sarandì e la goletta ospedale Pepa.
Inoltre furono ampliati i porti bonearensi della Boca e dell’Ensenada di Barragan, dove il capitano José
Maria Reyes modernizzò l’antica batteria. Il capitano Martiniano Chilabert (1801-52) ne eresse un’altra a
Punta Gorda (Diamante) utilizzando manodopera entrerriana. Nel 1827, per difendere le batterie e le
installazioni portuali contro le incursioni brasiliane, fu costituito anche un battaglione di Infanteria de
Marina.
Sfruttando i bassi fondali della costa occidentale, che impedivano alle maggiori unità brasiliane di inseguire
le sottili unità argentine, Brown effettuava veloci sortite dalla fascia di sicurezza per attaccare le navi
nemiche. Nel primo scontro, svoltosi il 9 febbraio a Punta Colares, di fronte a Buenos Aires, Brown catturò
una delle 3 corvette imperiali, la Itaparica, che non fu riutilizzata, perdendo 1 morto e 25 feriti e rientrando
alla fonda di Los Pozos, poco a Nord della capitale.
Il 26 febbraio Brown si spinse addirittura ad intimare la resa a Colonia, sprezzando 4 navi e una
guarnigione di 1.500 uomini con poderose batterie, con l’unico risultato di perdere la Belgrano, incagliatasi
nel banco dell’Isola di San Gabriel. L’attacco fu però ripetuto il 1° marzo e stavolta, con un’incursione
notturna, i capitani Leonardo Rosales e Tomas Espora riuscirono a incendiare il brigantino Real Pedro e
ritirarsi sotto intenso fuoco nemico, che affondò 3 delle loro cannoniere.
L’11 aprile Brown si spinse fino a Montevideo, dove l’ammiraglia 25 de Mayo perse 13 uomini in due ore
e mezza di fuoco con la fregata imperiale Nitcheroy, ammiraglia del commodoro Norton. Il 25 maggio
Norton tentò di rovinare la festa nazionale argentina attaccando di sorpresa, con 31 vele, la flottiglia nemica
alla fonda a Los Pozos. Ma il pescaggio impedì alle 7 navi maggiori di portarsi a distanza di tiro e un deciso
contrattacco di Brown costrinse il nemico a ritirarsi. Identico esito ebbe l’analoga sorpresa tentata l’11
giugno dall’ammiraglio Pinto Guedes, che aveva sostituito Norton. Ma il 29 e 30 luglio la flottiglia fu
nuovamente attaccata di fronte a Quilmes: accerchiata da forze superiori, la 25 de Mayo fu salvata dal resto
delle altre navi e rimorchiata fino alla zona di sicurezza, ma la Rio di Rosales venne affondata. Tuttavia,
rimesse in mare 2 unità, dal 26 ottobre al 25 dicembre Brown scorse le coste brasiliane fino a Rio de
Janeiro, sfuggendo abilmente alla caccia nemica e tornando incolume a Buenos Aires.
L’8 febbraio 1827, mentre Alvear aveva già iniziato l’invasione del Rio Grande, Brown intercettò all’Isola
di Juncal, nell’estuario del Paranà Guazù, una forza brasiliana equivalente. L’azione fu sospesa dopo 2 ore
di fuoco a causa del forte vento: riprese però il 9, concludendosi con la distruzione o la cattura di 10 delle 17
unità imperiali. Altre 5, rifugiatesi a Gualeguaychù, si arresero pochi giorni dopo. Tornando a Buenos
Aires, il 24 febbraio Brown incontrò a Quilmes il resto della squadra nemica, che si sottrasse al
combattimento. Tre giorni dopo Brown catturò altre 4 navi nemiche che avevano tentato di impadronirsi dei
magazzini navali argentini di Villarino, sulla sponda orientale dell’Uruguay.
ØN. 1 - 10.1.1826 - col. Federico Brandsen (3° husares, 1° coraceros, granaderos saltegnos);
ØN. 2 - 10.1.1826 - col. José Maria Paz e ten. col. Daniel Ferreyra (cazadores saltegnos e puntanos);
ØN. 3 - 1.3.1826 - col. riformato Manuel Escalada, poi Angel Pacheco (1795-1869) (2 squadroni);
ØN. 4 - ?.8.1825 - ten. col. Nicolas Medina (bonearense, arrivato nel maggio 1826);
ØN. 8 - 19.7.1826 - col. Juan Zufriàtegui (costituito al fronte);
ØN. 9 - 19.7.1826 - col. Manuel Oribe, uno dei “Trentatré Immortali” (Dragones Orientales);
ØN. 16 - 4.8.1826 - col. José Olavarria (lanceros bonearensi di Lobos e Lujan);
ØN. 10 - 30.11.1826 - col. Pablo Zufriàtegui (ctg. prov.minori: costituito al campo dell’Arroyo Grande);
ØColorados - col. Juan Maria Vilela e magg. Mariano Pestagna (riordinato all’Arroyo Grande);
ØN. 17 - 14.9.1826 - ten. col. Pascual Pringles (escolta pres. e guardia del Monte, arrivato nel maggio 1827).
Il 1° agosto 1826 fu costituito anche il N. 15, con contingenti di Tucuman e Catamarca, al comando del
governatore di Tucuman, Gregorio Aràoz de Lamadrid, ma, paralizzato dalla guerra civile, non poté
raggiungere il fronte. Il 6 dicembre fu autorizzata la costituzione del N. 18, sulla base degli squadroni
formati a San Juan, ma l’unità non venne attivata a causa della guerra civile.
Le operazioni terrestri: a) la prima invasione del Rio Grande (1° dicembre 1826 - 19 febbraio 1827)
Come si è detto, sul fronte terrestre non vi furono operazioni di rilievo per tutto il 1826, a parte, il 17 marzo
e il 13 luglio, le modeste incursioni del maggiore José Maria Rana a Belen e del capitano Claudio Verdun
alla Punta del Hospital. Ma il 6 agosto la partida di Verdun fu annientata alla Salida delle Palme. Di
conseguenza, come era avvenuto nella prima campagna orientale del 1812-14, i brasiliani mantennero il
controllo delle piazzeforti costiere di Colonia, Montevideo e Punta del Este e delle comunicazioni marittime
e fluviali.
Lo stallo fu sbloccato soltanto in luglio, quando Alvear assunse il comando delle truppe accampate agli
arroyos Grande e Toledo, riorganizzandole e inquadrandovi anche i dragones orientali di Manuel Oribe. In
dicembre, lasciato Rodriguez al campo con 500 cavalieri (N. 10), Alvear iniziò l’offensiva per tagliare le
comunicazioni tra Rio Grande e Cisplatina, con 2.600 fanti, 400 artiglieri e altri 4.000 cavalieri - 8
reggimenti riuniti in due cuerpos de ejército, il II al diretto comando di Alvear (NN. 1-4 e 8-16) e il III di
Soler (NN. 2-3 e 9-colorados). Raggiunto il Cerro Largo e gittato un ponte sul Rio Tacuarì, Alvear fece
tappa a Melo, varcando poi l’arroyo delle Canne e risalendo il Rio Yaguaron fino a Bagé, primo villaggio in
territorio riogradense.
Di qui il 31 gennaio mosse in direzione Nord-Est, superando il forte di Santa Tecla e varcando il Rio
Camacuà per minacciare il marchese di Barbacena, attestato con 9.000 uomini (5 battaglioni e 9 reggimenti
di cavalleria) ai piedi della Sierra di Camacuà. Barbacena non dette battaglia e Alvear continuò la marcia a
Nord-Ovest con la sinistra al Rio Yaguarì - Santa Maria e la destra protetta dal Rio Bacacay. Raggiunta
Batovì, Alvear piegò nuovamente a Nord-Est raggiungendo il Bacacay a San Gabriel quasi
contemporaneamente a Barbacena, il quale, passato il fiume più a valle, intendeva dare battaglia sulla riva
sinistra.
Il 13 febbraio, con le pattuglie avanzate del N. 8, Lavalle prese contatto con un distaccamento
dell’avanguardia nemica (1.100 uomini, generale Bentos Manuel Rivera), costringendo Barbacena a ritirarsi
più a Nord, con l’intento di schierarsi dietro il Rio Ibicuy. Alvear spiccò a inseguirlo il brigadiere Lucio
Mansilla con 800 cavalieri (NN. 1, 2 e 16), che il 15 febbraio raggiunsero la retroguardia imperiale mentre
passava il Rio Ibicuy al guado di Ombù, dove si svolse un sanguinoso combattimento.
Comprendendo di non poter proseguire l’avanzata, Alvear decise allora di piegare ad Est per rientrare nella
Cisplatina e, guadato il Rio Cacequi, affluente dell’Ibicuy, il 19 febbraio, con l’avanguardia, raggiunse il
guado del Rosario do Sul sul confluente Rio Santa Maria. Ma il fiume era in piena e Alvear fu costretto ad
acquartierarsi nei corrales. Intanto Barbacena aveva varcato Ibicuy e Cacequi e risalito il Santa Maria,
sostando dietro le alture a Nord del nemico.
All’ala destra, Lavalleja caricò coi dragones orientali e i coraceros bonearensi, mettendo in fuga i 5
reggimenti di cavalleria comandati dal brigadiere Abreu. I 2 battaglioni della sinistra brasiliana riuscirono a
fermarlo, ma poi ripiegarono sotto la carica dei reggimenti 8 e 16 lanceros. Quest’ultimo cooperò poi con la
carica dell’ala sinistra, condotta da Lavalle con altri 2 reggimenti bonearensi (N. 4 e colorados), che
scompagnò anche l’ala destra nemica, formata dalla 2a brigata leggera (2 reggimenti) di Bentos Manuel
Gonçalves.
Ma i 3 battaglioni imperiali del centro (tra cui il N. 27 alemanno) ripresero l’avanzata contro i primi tre
battaglioni cazadores, sia pur rallentati dalle cariche di Paz e Brandsen, caduto alla testa del suo reggimento
(N. 1). Tuttavia Barbacena non osò continuare il combattimento, per non rischiare l’accerchiamento e la
distruzione dell’esercito, e a mezzogiorno ordinò la ritirata. Aveva perso 1.200 uomini contro 397 (quasi
tutti di cavalleria: i cazadores del N. 5 ebbero soltanto 3 morti e 6 feriti).
segue: c) la seconda invasione del Rio Grande (13 aprile 1827 - 15 aprile 1828)
Debolmente inseguito, Barbacena protrasse la ritirata fino al 3 marzo, mentre Alvear si attestò a Corrales,
150 chilometri a Sud-Ovest del guado di Rosario do Sul e 100 a Ovest di Bagé. Riorganizzate le truppe, il
13 aprile Alvear riprese l’offensiva contro il Rio Grande e il 18, dopo cinque giorni di marcia sotto una
pioggia torrenziale, entrò nuovamente a Bagé. Ripetendo la manovra compiuta due mesi prima, il 23 aprile
2.500 cavalieri argentini e orientali (N. 1, 2, 8 e 9) varcarono il Camacuà Chico per sorprendere 1.600
brasiliani, i quali riuscirono a sganciarsi con 50 perdite. Gli argentini tornarono a Bagé per Santa Tecla,
tuttavia l’azione provocò la dispersione delle 3 divisioni imperiali e lo stesso giorno Barbacena fu sostituito
dal generale Carlos Federico Lecor.
Ma Alvear rimase bloccato a Bagé per mancanza di cavalli e il 16 maggio dovette distaccare Lavalle a
procurare nuove cavalcature. La colonna si spinse a Sud-Est verso la Laguna Mirim. Raggiunta Yerbal il 21
senza aver trovato un solo cavallo, nel viaggio di ritorno Lavalle fu molestato da 200 irregolari di Calderon
e Yucas Teodoro, con i quali ebbe uno scontro il 25.
Il 19 agosto 1827 un distaccamento di 400 uomini, agli ordini del colonnello Isaac Thompson, fallì un
attacco contro la munita fortezza di Punta del Este, espugnata però il 28 con l’apporto degli orientali di
Arellano. Nel 1827 i colorados e i dragones orientales fecero una diversione sul Cerro Largo e nel 1828
accamparono successivamente a Sarandì, agli arroyos delle Canne e del Chivy, a Tacuarì e Sarandì.
L’ultima operazione terrestre fu una seconda spedizione verso Yerbal e la Laguna Mirim alla ricerca di
cavalcature fresche. La guidò Lavalleja, il quale si spinse poco più a Sud di Yerbal, fino all’accampamento
nemico di Padre Filiberto, dove, il 22 febbraio 1828, sostenne uno scontro con gli avamposti. Ritiratosi,
lasciò in retroguardia Laguna con il N. 16, che il 15 aprile, all’arroyo delle Canne, fu sorpreso da 3
battaglioni e 3 reggimenti imperiali comandati dal maresciallo Brown e costretto a ritirarsi su Melo (Cerro
Largo) con gravi perdite.
Il governo Lavalle, la ribellione di Rosas e l’intervento di Lopez (1° dicembre 1828 - 29 marzo 1829)
Restava però in piedi l’esercito nazionale (ma di fatto bonearense), agguerrito da due anni di campagna
contro l’esercito imperiale e furibondo per la svendita diplomatica della gloriosa vittoria di Ituzaingò. Non
più controllato da Alvear, rimosso assieme a Rivadavia, le due divisioni nazionali erano rimaste al comando
dei generali Paz e Lavalle. Come abbiamo visto, quest’ultimo aveva dato nel 1824 un contributo decisivo
alla ribellione federale mendosina, ma la polemica con Dorrego lo riavvicinò alla fazione unitaria, vinta ma
non doma. Il trattato di Montevideo consentì loro di ritorcere l’accusa di tradimento contro Dorrego, il quale
reagì sospendendo la libertà di stampa. Ma intanto tornava la 1a Divisione nazionale al comando di Lavalle,
che il 1° dicembre occupò piazza della Vittoria con i lanceros di Olavarria, i cazadores di Olazabal e i
colorados di Vilela, impadronendosi della Fortaleza. La sera stessa, arringata dal dottor Julian Segundo
Aguero, un’assemblea popolare riunitasi nella cappella di San Rocco dichiarò decaduto Dorrego eleggendo
governatore Lavalle, il cui primo atto fu lo scioglimento della legislatura. In suo sostegno venne costituita
anche una Legione formata dai residenti francesi e italiani.
Il governatore spodestato raggiunse Juan Manuel Rosas, che aveva già riunito 2.000 colorados federali.
Stimando però di non potersi opporre da soli ai 1.500 veterani di Lavalle, i due capi federali invocarono
l’intervento del caudillo santafesino Estanislao Lopez. Il 6 dicembre, delegato il potere politico al
contrammiraglio Brown, Lavalle marciò su Navarro, 80 chilometri a Sud-Ovest della capitale, dove si
trovava il suo nemico. L’8 Dorrego respinse la resa onorevole offertagli da Lamadrid e il 9 si fece
sconfiggere in battaglia, ritirandosi poi verso Areco con gli ultimi seguaci. Catturato dagli inseguitori, fu
riportato a Navarro, dove il 13 venne fucilato per ordine di Lavalle.
La fucilazione di Dorrego determinò la coalizione delle otto province più agguerrite (Cordoba, Mendoza,
San Luis, San Juan, La Rioja, Santiago del Estero, Santa Fe e Entre Rios). Neutrali rimasero soltanto le
quattro settentrionali, Tucuman, Catamarca, Salta e Corrientes, già devastate dalla guerra precedente. La
coalizione ebbe però un valore esclusivamente politico e non militare: non venne infatti costituito alcun
esercito comune, benchè Lopez si autonominasse “primo generale della Confederazione”, dando a Rosas
(ripiegato a Rosario dopo la sconfitta di Navarro) il titolo di “secondo”.
Intanto Lavalle venne rinforzato dalla 2a Divisione nazionale di Paz, rimpatriata dalla Banda Oriental ai
primi di gennaio. L’asse strategico della seconda guerra bonearense - santafesina fu ancora una volta il
Paranà. Il primo scontro si ebbe il 28 gennaio 1829 all’avamposto federale dell’arroyo del Medio (confine
interprovinciale), sorpreso da una pattuglia di 17 husares lavallisti. Il 5 febbraio, al Rincon di Santa Fe, vi fu
una sparatoria tra 150 montoneros santafesini e l’equipaggio della goletta Sarandì. Ma l’insurrezione
federale della campagna bonearense aperse stavolta un nuovo fronte a Sud della capitale. Il 7 febbraio, alla
Laguna delle Palmette, 500 montoneros rosisti di Manuel Mesa e José Luis Molina furono annientati dai
colonnelli Isidoro Suarez e Juan Pascual Pringles con reparti del N. 5 husares e del N. 17.
Pronto ormai a marciare contro i santafesini, Lavalle lasciò a fronteggiare i rosisti, a Nord-Ovest e a Sud
della capitale, i colonnelli Federico Rauch e Ramon Estomba. L’uccisione di quest’ultimo, comandante
della Frontera Sur (2 squadroni del N. 7 e 1 compagnia di fanteria a Fortaleza Protectora Argentina, Bahia
Blanca) determinò subito lo sbandamento della colonna. Rauch fu invece sorpreso e ucciso il 28 febbraio
alle Vizcàcheras presso il Rio Salado. Il 29 marzo, nello stesso luogo, subì identica sorte anche il colonnello
del N. 4 Nicolas Medina, attirato nell’imboscata con un finto attacco su Monte.
Prima che avesse inizio la spedizione, il colonnello Narciso del Valle, nuovo comandante del N. 5
colorados di Monte, dovette affrontare una razzia araucana sulle estancias di Madrid, Baudriz, Loberì e
Arroyo de las Balleras, agganciando l’indiada il 20 gennaio e il 28 febbraio 1833 a Salinas Chicas e
Cristiano Muerto e recuperando 3.000 capi.
Quiroga partì poco dopo da San José del Morro con la Divisione centrale, riannodandosi a metà marzo a
Rio Cuarto assieme al contingente cordobese fornito dal nuovo caudillo federale Reynafé. Ma l’avanzata
nel deserto fu lenta e faticosa perchè ad ogni tappa occorreva scavare i pozzi per abbeverare uomini e
quadrupedi. Il 16 marzo, alle Acollaradas (o Acolladeras), presso la Laguna Soven, i mille uomini di Ruiz
Huidobro formarono i quadrati per respingere le cariche frontali di un migliaio di indiani guidati dal cacicco
Yanquetruz.
Alle operazioni cooperò anche la Divisione occidentale, che il 23 e il 31 marzo distrusse due tolderias,
costringendo Yanquetruz a ritirarsi a Meuco e attestandosi poi a Limay Mahuida in attesa di collegarsi con
le altre due Divisioni. Ma il 16 maggio gli araucani si vendicarono massacrando 30 soldati di Aldao,
catturati in un’imboscata al Passo della Balsa.
Rosas e Pacheco erano partiti per ultimi, il 22 marzo. Alleatosi strada facendo con alcune tribù di indios
amigos e stabilita una linea di collegamento con Monte, l’11 maggio Rosas si accampò a Médano Redondo
sul Colorado. Dopo essersi fortificato, il 26 maggio spiccò vari distaccamenti a riconoscere il Rio Negro e
collegarsi con le altre colonne: Delgado, Ramos, Miranda, Ibagnez e Pacheco, che il 26 giugno distrusse la
tolderia del cacicco Payllarén. Il giorno seguente anche l’avanguardia della Divisione centrale (Torres) ebbe
uno scontro con la banda dei cacicchi Coronado e Huinca Renanco, senza però poterla inseguire e
annientare.
Ma alla fine di luglio una grave crisi politica col governatore cordobese Reynafé costrinse Quiroga a
ritirarsi e poi a sciogliere la Divisione rinviando i contingenti alle rispettive province. Reynafé lo sospettava
infatti, probabilmente a torto, di aver istigato un complotto dei suoi nemici per togliergli il governo della
provincia, peraltro sventato dalle truppe lealiste che il 14 luglio avevano schiacciato i ribelli alla Tablada.
La ritirata di Quiroga scaricò su di lui la responsabilità del fallimento della spedizione al deserto, intrapresa
con forze insufficienti, sparpagliate su un territorio immenso, con una caballada di pessima qualità e senza
un previo accordo con il Cile, consentendo così agli indiani di rifugiarsi in un territorio sicuro. Rosas, che
era il vero responsabile degli errori strategici, ebbe invece l’occasione di apparire come il salvatore della
spedizione compromessa da Quiroga. Infatti Pacheco risalì il Rio Negro con uno squadrone del N. 4
stendendo fortini, alla fine di ottobre raggiunse la confluenza Neuquen-Limay e un mese dopo tornò al
campo di Rosas a Médano Redondo, non senza aver annientato per via - il 25 novembre sul Rio Colorado -
la piccola banda dei cacicchi Cayupan e Archiman.
Le dimissioni di Balcarce, l’uccisione di Quiroga e la dittatura di Rosas (11 ottobre 1833 - 1835)
L’11 ottobre 1833, mentre Rosas era impegnato nel deserto, scoppiò nella capitale la cosiddetta revolucion
de los Restauradores, vale a dire la sollevazione del 2° battaglione di fanteria di linea che aveva fatto parte
della spedizione di Balcarce su Cordoba tornando poi nella vecchia caserma dell’Arsenale di Barracas.
Capeggiati dal ministro Martìnez e da Pinedo, i partigiani di Rosas imposero le dimissioni di Balcarce,
accusato di essersi allontanato dall’ortodossia unitaria.
Si aperse in tal modo una intricata crisi istituzionale abilmente pilotata da Rosas, perchè lui ufficialmente
rifiutava la rielezione al governatorato, ma nessun altro osava accettare la carica temendo di fare la fine di
Balcarce. Il primo a rifiutare l’elezione fu Viamonte, il secondo lo stesso Rosas, malgrado la supplica
rivoltagli dalla Sala de representantes. Seguirono i rifiuti di Tomas Manuel de Anchorena, Juan
Nepomuceno Terrero e Angel Pacheco, finchè la carica fu assunta interinalmente dallo stesso presidente
dell’assemblea, Manuel Vicente Maza, in modo da tenerla pronta per Rosas non appena tornato dalla
campagna del deserto.
Il rifiuto di Rosas rifletteva anche un certo timore di Quiroga, l’unico avversario potenziale rimastogli. La
ritirata della sua Divisione aveva indebolito El Tigre del Llano, ma nel gennaio 1835 aveva riguadagnato
prestigio mediando un accordo tra le province di Tucuman, Santiago del Estero e Salta, dopo la secessione
di Jujuy sobillata dalla Bolivia e la battaglia di Castagnares, dove in dicembre i juguegni del neogovernatore
José Maria Fascio avevano sconfitto i saltegni del governatore Pablo Latorre, fatto prigioniero e in seguito
assassinato.
Ma il timore di Rosas era inferiore a quello dei fratelli Reynafé, convinti che Quiroga avesse già tentato di
prendersi Cordoba e che ci potesse riprovare. Con ogni probabilità furono proprio loro a commissionarne
l’omicidio, mascherato da aggressione bandolera, avvenuto il 16 febbraio 1835 a Barranca Yaco, mentre
tornava in carrozza a Buenos Aires. I due Reynafé furono poi condannati quali mandanti e fucilati il 25
ottobre 1836 assieme all’esecutore materiale, capitano Santos Perez, ma gli avversari di Rosas lo
accusarono di essere il vero mandante dell’omicidio e di averne scaricato la colpa sui Reynafé.
La notizia dell’uccisione di Quiroga sbloccò la crisi istiruzionale determinando, il 7 marzo 1835, l’elezione
di Rosas, al quale fu inoltre conferita “la somma dei pubblici poteri”, formula più ampia delle “facoltà
straordinarie” godute nel precedente mandato. Inoltre la durata del nuovo mandato era stabilita in termini
ambigui: all’articolo 1 si parlava di “un quinquennio”, all’articolo 3 di una durata discrezionale (“tutto il
tempo necessario a giudizio del governatore”). I sei coraggiosi deputati che avevano espresso voto contrario
furono destituiti e il provvedimento fu ratificato, con appena quattro voti contrari, da un farsesco plebiscito
popolare.
“Restauratore delle leggi”, come si definiva, o “nuovo Caligola”, come lo chiamavano i suoi nemici, Rosas
continuò a definirsi federalista bollando gli avversari col titolo di “selvaggi immondi unitari”. Ma di fatto
divenne il campione dell’egoismo economico portegno e il più fanatico assertore della sovranità della
capitale sulle province. La sua politica fu improntata ad un liberalismo di fatto, privo però della
progettualità riformista di Rivadavia e con un irrigidimento nazionalista nei confronti dell’influenza
europea, in particolare quella francese, ritenuta potenzialmente sovversiva e dunque assai più pericolosa
della dipendenza finanziaria dall’Inghilterra. Ossessionato dai nemici interni, instaurò un regime poliziesco
protrattosi per 17 anni e, soprattutto negli ultimi dieci, di vero e proprio terrorismo, attuato dalla cosiddetta
Mazorca (da “màs horcas” = “ancora forche”), una polizia segreta composta da sbirri, gauchos e
delinquenti comuni, soprattutto di colore.
Ø2 battaglioni di fanteria di 400 uomini formati il 1° ottobre 1829 sulla base dei N. 1 e 4 di cazadores: N. 1 “Guardia
Argentina” (col. Félix Olazabal: 1830 “Rio de la Plata”; 1832 “Guardia Argentina”; 1833 col. Antonio Ramirez;
1834 Mariano Benito Rolon) e N. 2 “Restauradores” (sciolto nel 1834 e ricostituito nel 1835 con personale di
colore);
Ø4 reggimenti di cavalleria di 640 uomini (inclusi 128 carabineros) formati il 1° ottobre 1829; N. 1 (ex-N. 3) ten. col.
Hilario Lagos, con sede a Guardia de Rojas; N. 3 (4°/ N. 5 + Escolta) col. Gervasio Espinosa con sede a Buenos
Aires; N. 4 (N. 4 + N. 7) ten. col. José Maria Cortina con sede a Junin (Fuerte Federacion); N. 5 (1°-3° e 5°/N. 5)
col. Prudencio Rozas, 1831 José Maria Cortina, con sede alla Frontera Oeste;
Ø1 reggimento di 522 blandengues (N. 6) ricostituito nel 1831 (col. Prudencio Rozas) con sede alla Frontera Sur
(Chascomus, Quilmes e Lomas de la Ensenada);
Ø2 compagnie con 48 e 52 blandengues de la Nueva Frontera (col. Martiniano Rodriguez e ten. col. Manuelde Molina)
costituite il 17.8. 1832 a Guardia Argentina (Bahia Blanca) in sostituzione del disciolto reggimento N. 2 de
caballeria (costituito il 1°.10. 1829, col. Ramon Rodriguez) e poi raddoppiate a 4 compagnie (3 dragones e 1
cazadores);
Ø1 Regimiento de Auxiliares de los Andes, formato a San Juan, incorporato nell’essrcito di Balcarce e poi trasferito alla
Frontiera bonearense;
Ø1 battaglione di artilleria (ten. col. José Maria Torres) a Barracas - 4 compagnie a piedi di 115 uomini;
Øsquadrone di artilleria volante (col. Juan Pedro Luna) con sede a Monte, su 2 compagnie di 115 u. e 6 pezzi, più altre 2
di milizia aggregate;
ØParque de artilleria (col. Luis Argerich) all’Arsenale di Barracas.
Quanto agli organici, il 1° battaglione Guardia Argentina contava 6 compagnie di 64 effettivi - quattro di
fucilieri e due scelte (granatieri e cacciatori) più un picchetto di guastatori. Il 2° battaglione Restauradores -
sciolto a seguito dell’ammutinamento e ricostituito il 16 giugno 1835 sulla base del reparto negro della
milizia attiva (defensores de Buenos Aires) e alloggiato nel vecchio ospedale Betlemitico e a Barracas - non
aveva i guastatori, ma in compenso aveva una settima compagnia di artiglieri (capitano José Antonio
Barbarin) distaccata all’Isola di Martin Garcia. Nel 1836 vennero costituiti altri 2 battaglioni, Independencia
(2 compagnie scelte) e Libertad (7 compagnie inclusi granatieri, cacciatori e artiglieri) con sede
nell’accampamernto generale di Santos Lugares, presso la capitale. In tutto 22 compagnie (12 fucilieri, 4
granatieri, 4 cacciatori e 2 artiglieri): dunque, in teoria, 1.400 uomini.
Il Reglamento de exercicio y maniobras della fanteria fu pubblicato soltanto nel 1846, dodici anni dopo
quello per la cavalleria. I reggimenti di cavalleria di linea contavano 4 squadroni su 2 compagnie di 64
effettivi, più 2 compagnie scelte di carabineros e 1 di milizia. Secondo l’ordinamento del 1829 l’artiglieria
contava 6 compagnie attive (quattro a piedi e due volanti), ciascuna su 115 uomini e 6 pezzi, più altre 2 di
milizia aggregate. Ma il battaglione d’artiglieria di Barracas fu sciolto nel 1834 per aver preso parte
all’ammutinamento dei Restauradores e sostituito da deboli picchetti. Il 14 aprile 1835 fu ricostituita 1 sola
compagnia con 3 soli ufficiali, al comando del maggiore Fernando Abramo. Tuttavia, come si è detto,
furono poi costituite altre due compagnie autonome di artiglieria, aggregate ai battaglioni 2° Restauradores
e 3° Libertad, con sede all’Isola di Martin Garcia e a Santos Lugares.
La milizia attiva
I corpi di milizia attiva bonearense organizzati durante la guerra civile (come ad esempio i granaderos de
la guardia di Juan Esteban Rodriguez) furono sciolti dal governatore interinale Viamonte il 2 settembre
1829, mente Celestino Vidal riordinò i ruoli dei patricios della capitale (3 battaglioni e 1 squadrone
lanceros) e dei colorados della campagna (12 squadroni a piedi e a cavallo di peones e gauchos riuniti in 6
reggimenti distrettuali). Aliquote di miliziani attivi prestavano servizio a rotazione semestrale presso le 6
compagnie di milizia aggregate (il 19 settembre 1829) allo squadrone di artiglieria volante di Monte e ai 4
reggimenti di cavalleria di linea, per un totale di 230 artiglieri e 256 cavalieri. Il minuscolo cuerpo médico
permanente (appena 5 chirurghi e 3 farmacisti) era integrato dagli studenti di medicina, che il decreto 15
maggio 1834 assoggettò a 3 anni di servizio presso l’esercito (sostituibili con la partecipazione a 3
campagne).
Il 14 ottobre 1830 il governatore delegato Marcos Balcarce riordinò la milizia attiva della capitale, sotto il
controllo ispettivo del brigadiere Enrique Martinez, in due ruoli distinti per razza: il Reggimento dei
patricios, nel quale erano iscritti i bianchi dai 17 ai 45 anni, inclusi gli stranieri e il Battaglione dei
defensores de Buenos Aires, vale a dire negri e mulatti. Fu istituito inoltre un ruolo speciale degli auxiliares
de policia (vale a dire la forza pubblica assegnata ai giudici di pace, agli alcaldi e ai loro luogotenenti)
mentre alla milicia pasiva formata dagli esenti e dalle classi anziane si aggiunsero i ruoli speciali della plana
mayor inactiva e quelli d’onore degli ufficiali senza incarico (guardia de honor) e dei veterani di San
Martin (Division de los Andes). Il decreto 4 dicembre 1830 sanzionava con 6 mesi di servizio di piazza la
mancanza agli esercizi: in caso di recidiva la sanzione era di un anno di servizio nell’asamblea veterana.
Nel 1840 il reggimento patricios fu riorganizzato su 20 compagnie (12 fucilieri, 4 granatieri e 4 artiglieri)
raggruppate in 4 battaglioni (il 2°, 3° e 4° comandati dal generale Mariano Benito Rolon e dai colonnelli
Augusto Robelo e Mariano Maza). Le disposizioni del 1845 prevedevano che l’istruzione avesse luogo nel
tardo pomeriggio, nelle due ore prima del tramonto, ma poi fu spostata al primo mattino e portata a quattro
ore, due prima e due dopo l’alba.
La milizia passiva fu allertata soltanto nel 1831, al comando di Miguel de Azcuénaga, ma fu smobilitata il
19 settembre. Lo stesso anno, per sostituire le truppe di linea partite con Balcarce per il fronte cordobese,
furono mobilitati 3 battaglioni (uno bianco e due negri) di milizia attiva. Il battaglione bianco, chiamato alle
armi il 30 aprile, prese il nome di 4° patricios (colonnello Félix Alzaga e maggiore Juan Olleros) come il
precedente battaglione mobilitato nel 1825 per la guerra contro il Brasile. I due battaglioni negri erano
quello dei liberi (defensores de Buenos Aires) e quello dei liberti, costituito il 7 maggio col nome di Milicia
activa de infanteria de libertos, reclutata in base ai decreti del 19 e 26 febbraio che obbligavano tutori e
patroni a consegnare i liberti di oltre 15 anni alla caserma della guardia nazionale in Piazza di Marte (ex-
Retiro), sotto pena di 400 pesos di multa da utilizzarsi per riscattare gli schiavi idonei che intendessero
arruolarsi nelle truppe a piedi.
Per la spedizione al deserto del 1833 le 4 compagnie di milizia aggregate alla cavalleria di linea
mobilitarono altri 4 reggimenti di forza ridotta (N. 7 Junin, 8 Lobos, 9 Monte e 10 Chascomus) al comando
del colonnello José Luis Molina, del tenente colonnello Francisco Sosa e dei comandanti del Valle e Juan
Pablo Sosa.
La stazione navale arda e il secondo conflitto con la Francia (30 novembre 1837 - 11 ottobre 1838)
Lo sviluppo del porto e dei cantieri navali della Boca, presso la capitale, fu dovuto sia al finanziamento
della Baring Brothers sia alla massiccia immigrazione di marinai liguri, che fornivano capitano ed
equipaggio al 70 per cento dei mercantili argentini, molti dei quali costruiti da cantieri “italiani” (come
Cichero e Badaracco). Inoltre la laboriosa colonia italiana della Boca era non soltanto più numerosa, ma
anche più omogenea sotto il profilo regionale (essendo a netta prevalenza ligure) e meno turbolenta di
quelle di Montevideo e di Rio de Janeiro, che erano invece le mete preferite dei fuoriusciti per ragioni
politiche e gli epicentri delle attività rivoluzionarie italiane in Sudamerica.
Ciò spiega l’interesse dimostrato dal Regno di Sardegna per il Rio della Plata, che fu visitato per la prima
volta nel 1834 dalla fregata sarda Des Geneys. Nel 1837 - mentre l’ex-marinaio sabaudo Giuseppe
Garibaldi (1807-82) combatteva contro il Brasile al comando della flottiglia della Repubblica Riogradense -
il Piemonte decise di istituire nel Plata, con base nell’isola di fronte a Montevideo, una Stazione Navale
permanente. La prima unità assegnata alla Stazione fu la corvetta Euridice.
Gli eccellenti rapporti con le banche inglesi, non turbati dall’occupazione delle Malvinas, e il sostegno alla
comunità italiana, sponsorizzata dalla celebre Manuelita, la figlia adorata del dittatore, contraddicono la tesi
della storiografia liberale che la politica estera di Rosas fosse improntata ad un cieco nazionalismo,
addirittura con tratti xenofobi. Non va dimenticato che non fu Rosas, ma proprio il suo mortale avversario
Lavalle a suscitare, nel 1829, il primo grave screzio con la Francia, relativo ai passaporti di uscita da
Buenos Aires negati ai residenti stranieri che avessero contravvenuto all’obbligo di farsi registrare nella
milizia bonearense.
Il primo conflitto tra Rosas e la Francia scoppiò soltanto otto anni dopo, anche come reazione contro
l’eccessiva influenza inglese. L’occasione fu la cattura di due cittadini francesi e la chiusura di una fabbrica
di proprietà di un altro francese. Alla vibrata protesta elevata il 30 novembre 1837 dal viceconsole, seguì
uno scambio di note diplomatiche, finchè il 24 marzo 1838 una divisione navale francese, comandata
dall’ammiraglio Louis Leblanc, si presentò davanti a Buenos Aires intimando soddisfazione. Rosas replicò
orgogliosamente di non riconoscere statuto diplomatico all’ammiraglio e il 28 marzo Leblanc mise il blocco
ai porti occidentali del Plata.
Poco tempo prima, per ragioni analoghe, un’altra divisione di 3 fregate, comandata dall’ammiraglio
Charles Bandin, aveva bombardato il villaggio messicano di San Juan de Ulua costringendo la popolazione
ad evacuarla. Nell’aprile 1838 i francesi occuparono Vera Cruz restandovi finchè, nel marzo 1839, non
ottennero la soddisfazione pretesa dal governo messicano. Nel 1839 la Francia intervenne indirettamente
anche nel conflitto tra il Brasile e la provincia secessionista del Rio Grande del Sud, occupando una parte
del Brasile settentrionale, ufficialmente per impedire che l’anarchia si diffondesse anche alle limitrofe
colonie francesi.
Nel Plata l’unica azione di guerra francese avvenne l’11 ottobre 1838, quando la Stazione Navale del Plata,
composta da 8 unità principali e altre minori, sbarcò a Martin Garcia 50 marinai e 500 tra colorados
orientali ed esuli argentini comandati da Lavalle. L’isolotto era difeso da appena 3 cannoni e 125 uomini,
comandati dal tenente colonnello Jerònimo Costa e del maggiore Juan Bautista Thorne, che si arresero dopo
accanita ed eroica resistenza, costata 54 perdite argentine.
Per rendere effettivo il blocco, il governo Thiers dovette allestire nelPlata una imponente squadra di 42
navi, comandata dall’ammiraglio Ange-René barone di Mackau. Ma nell’estate 1840, quando l’Ejército
Libertador di Lavalle si imbarcò sulla flottiglia orientale del Paranà per attaccare Buenos Aires, l’Inghilterra
fece pressione sulla Francia convincendola a togliere il blocco per riequilibrare i rapporti di forza regionali.
Le relazioni franco-argentine furono poi normalizzate il 29 ottobre dal trattato Arana-Mackau, con il quale
la Francia ottenne soddisfazione nell’essenza dei suoi reclami e le installazioni militari bonearensi furono
ripristinate nello stato anteriore alle ostilità.
V - LA DIFESA DELLA CONFEDERAZIONE
(1840-50)
SOMMARIO: 1. L’invasione dei fuoriusciti (1840-41). 2. L’assedio di Montevideo e la sconfitta di Rivera (1842-44). 3.
L’intervento anglo-francese e la vittoria di Rosas e Urquiza (1845-50).
Il ritorno di Lavalle e l’offensiva unitaria su Entre Rios e Corrientes (15 giugno 1838 - 3 febbraio 1840)
Nel luglio 1830 Rosas aveva dovuto accettare la proclamazione della Repubblica della Banda Oriental
dell’Uruguay, ma vi manteneva l’influenza argentina attraverso la sua alleanza con il generale Manuel
Oribe (1790-1857), detto corta-cabezas, che rappresentava gli allevatori, i piccoli commercianti e il clero e
il 1° marzo 1835 fu eletto presidente. Contro di lui insorse il suo rivale José Fructuoso Rivera, che il 19
settembre 1836 fu tuttavia sconfitto a Carpinteria e costretto a rifugiarsi nel Rio Grande.
Riunito un esercito, per un terzo composto da esuli argentini comandati da Lavalle, il 15 giugno 1838
Rivera rientrò nella Banda Orientale e, dopo una fulminea vittoria al Palmar, marciò ad assediare
Montevideo. Sostenuto dalla marina francese - alla quale, come si è detto, fornì 500 uomini per conquistare
l’isolotto argentino di Martin Garcia - e ottenuta la capitolazione di Oribe l’11 novembre Rivera assunse il
governo provvisorio dell’Uruguay. Con il consenso di Rivera Oribe si rifugiò a Buenos Aires. Rosas lo
accolse però come legittimo presidente uruguayano, rifiutandosi di riconoscere Rivera a causa del suo
stretto legame con i fuoriusciti argentini e delle truppe fornite alla Francia.
Alleatosi il 31 dicembre con il caudillo correntino Genaro Beròn de Astrada, il 24 febbraio 1839 Rivera
dichiarò la guerra: non contro il popolo argentino, ma contro la persona di Rosas. Pochi giorni dopo anche
Astrada dichiarò guerra a Rosas e al suo alleato entrerriano Pascual Echague, che però lo annientò il 31
marzo alla battaglia di Pago Largo, a Sud-Ovest di Curuzù-Cuaitià. La battaglia fu caratterizzata dalla
manovra della divisione entrerriana del colonnello Justo José de Urquiza (1801-70) che, dopo aver
sbaragliato la sinistra correntina (Manuel de Olazabal), sfilò dietro la linea di battaglia per aggirare l’ala
opposta del nemico (Antonio Ramirez), nel frattempo impegnata dall’ala sinistra entrerriana. Inutili furono i
prodigi di valore dei correntini e la carica dei granaderos a caballo guidata personalmente da Astrada,
caduto nell’azione. L’esercito correntino ebbe 2.000 morti, metà degli effettivi, inclusi 800 prigionieri che
Echague ordinò di sgozzare. La manovra di Urquiza fu applicata altre tre volte, nel 1840-41, dalla cavalleria
federale ma il 28 novembre 1841 venne ritorta proprio contro Echague dal generale unitario Paz.
Installato a Corrientes un governatore federale, Echague tornò ad Entre Rios e poco dopo invase a sua volta
la Banda Oriental con 5.000 uomini, fronteggiati da altrettanti orientali. In giugno Lavalle cominciò ad
organizzare a Martin Garcia, ancora occupata dai francesi, l’Ejército Libertador, forte inizialmente di 160
esuli argentini. Forte ormai di 800 volontari, il 2 settembre Lavalle sbarcò a Landa, 20 chilometri a Sud di
Gualeguaychù e il 12, all’arroyo Yeruà, sconfisse il colonnello Zapata, governatore delegato in assenza di
Echague, che l’aveva affrontato con forze doppie, tagliando in tal modo le retrovie del caudillo entrerriano,
bloccato nella Banda Oriental. Ma contro Lavalle scese in campo l’esercito federale santafesino guidato da
Juan Pablo Lopez e, constatata l’ostilità della popolazione entrerriana, Lavalle preferì abbandonare Entre
Rios e rifugiarsi a Corrientes, dove gli unitari avevano ripreso il potere deponendo il governatore federale
installato da Echague.
La ritirata da Entre Rios annullò il progettato sbarco lavallista a Nord di Buenos Aires, che, secondo i piani,
doveva essere appoggiato dall’insurrezione unitaria della capitale e degli hacendados meridionali (“los
libres del Sur”). Alla fine di ottobre i congiurati della capitale furono arrestati dalla polizia rosista e il capo,
Manuel Vicente Maza, venne fucilato. Ma gli hacendados si sollevarono ugualmente, riunendo a Dolores un
esercito di 4.000 uomini al comando di Pedro Castelli.
Per reprimere l’insurrezione Rosas ordinò alle guarnigioni di Monte, Azul e Tapalqué, comandate dai
colonnelli Bernardo Vicente Gonzalez, Prudencio Rosas e Nicolas Granada, di convergere su Chascomus. Il
7 novembre, in tre ore di battaglia, i 1.300 veterani di Rosas annientarono l’armata raccogliticcia dei ribelli,
facendo 500 morti e tornando nella capitale con la testa di Castelli infilzata su una picca.
Intanto l’armata santafesina proseguiva l’avanzata su Corrientes per impedire a Lavalle di riorganizzare le
proprie forze. Appoggiate dagli indios amigos del cacicco Nacitoquin, il 29 novembre le colonne
santafesine di Dionisio Cabral e Jacinto Andrada distrusserro i gruppi lavallisti di Felipe Zalazar e Patricio
Maciel al Paso de las Piedras e all’arroyo Balacuà, ma l’offensiva si arenò e Lopez ordinò la ritirata nella
sua provincia.
Echague fu allora costretto a rompere gli indugi e a dare battaglia a Rivera per non dar tempo a Lavalle di
raggiungere il suo alleato. Come si è detto aveva forze equivalenti a quelle orientali (5.000 uomini), ma la
superiorità della cavalleria entrerriana si rovesciava per la fanteria e l’artiglieria (quella riverista contava 20
cannoni). La battaglia, molto sanguinosa, si svolse a Cagancha il 29 dicembre, secondo il classico schema
tattico entrerriano: attacco frontale con tentativo di avvolgimento su entrambe le ali nemiche, in questo caso
frustrato dall’intervento della riserva orientale. Sconfitto con gravi perdite, Echague dovette ritirarsi ad
Entre Rios.
La vittoria terrestre di Rivera fu tuttavia compensata, il 17 gennaio 1840, dalla perdita della flottiglia
orientale del commodoro Read, sorpresa e distrutta a Belen dai santafesini. Il successo federale fu
completato il 3 febbraio da Cabral, che al Rincon de los Espinillos respinse il reparto unitario di Gregorio
Barbosa, caduto nell’azione con altri 22 uomini.
Il ridotto tucumano e la sconfitta della confederazione unitaria (22 luglio - 4 novembre 1841)
La ritirata di Oribe consentì a Lamadrid di marciare su Cuyo, rioccupando La Rioja il 22 luglio. Acha,
distaccato con 500 uomini a San Juan, la occupò il 13 agosto, trincerandosi ad Angaco, con le spalle ad una
acequia. Aldao e Benavidez attaccarono il 16, con 1.300 uomini esausti per la marcia forzata, e le prime due
cariche della cavalleria federale furono prese di infilata dai cannoni di Acha e respinte. Nella breve pausa,
Acha ritirò la fanteria oltre l’acequia. Accortosene, Aldao vi lanciò contro invano prima la cavalleria (più
volte respinta da quella unitaria) e poi anche la fanteria. Le perdite mendosine (mille morti su 1.300) fecero
di Angaco la battaglia più sanguinosa della storia militare argentina in rapporto agli effettivi impiegati.
Convinto di aver ormai annientato il nemico, durante la notte Acha ripiegò verso San Juan. Ma nelle stesse
ore Benavidez riunì vari distaccamenti e, raccolti 700 uomini, il 18 sorprese gli unitari al sobborgo di
Chacarilla. Pur decimato, Acha riuscì a raggiungere San Juan arroccandosi nelle case con 100 superstiti, ma
il 22, terminate l’acqua e le munizioni, fu costretto ad arrendersi. Benavidez gli aveva garantito la vita, ma il
15 settembre Aldao lo fece ugualmente fucilare e decapitare. La sua testa, infilzata su una picca, fu esposta
alla Represa de la Cabra, in territorio puntano.
San Juan fu poi ripresa da Lamadrid, che ai primi di settembre entrò in territorio mendosino, obbligando
Aldao e Benavidez a riunirsi col resto dell’armata federale di Mendoza comandata da Pacheco. Sempre ai
primi di settembre ripresero le operazioni anche Lavalle e Oribe. I due eserciti avversari avanzarono
paralleli, gli unitari da Tucuman e i federali da Cordoba, ma Lavalle, inferiore di numero, riuscì ad eludere
l’incontro. Così, raggiunta Tucuman, Oribe dovette tornare indietro a cercare il nemico, e Lavalle ne
approfittò per interporsi tra la capitale tucumana e la retroguardia federale, costringendola, il 19 settembre, a
dare battaglia con le spalle al Rio Famailla. Lavalle aveva 1.300 cavalieri (in gran parte tucumani del
colonnello Torres) e appena 70 fanti con 3 cannoni, contro 1700 cavalieri e 700 fanti federali. Furono questi
ultimi a travolgere il debole centro nemico e ad assicurare la schiacciante vittoria federale. Sul terreno
rimasero un migliaio di unitari e appena 200 seguirono Lavalle nella fuga verso Jujuy.
Cinque giorni dopo, il 24 settembre, anche l’esercito di Lamadrid venne annientato a Rodeo del Medio, 25
chilometri ad Est di Mendoza. Pachecho aveva atteso il nemico dietro una estesa ciénaga attraversata da un
solo ponte, ma Lamadrid non cadde nella trappola, schierandosi di fronte al ponte a 1.200 metri di distanza,
per tenersi fuori portata delle batterie federali. Non ebbe però il tempo (o la volontà?) di piazzare i suoi 9
cannoni in modo da battere il ponte, consentendo così a Pacheco di attraversarlo con tutto il suo esercito.
Inoltre, invece di caricare i reparti nemici man mano che giungevano nella spianata, Lamadrid dette loro il
tempo di schierarsi a battaglia, con le spalle alla ciénaga, lasciandosi dietro la linea anche lo spazio per la
famosa manovra “urquiziana” delle ali di cavalleria (in questo caso la sinistra comandata da José Maria
Flores, che durante la battaglia si spostò dalla parte opposta per avvolgere la sinistra unitaria). Con appena
200 uomini, Lamadrid riuscì a guadagnare la Cordigliera, lasciando sul campo 400 morti, 500 prigionieri, 9
cannoni, il parque, i bagagli e 4 bandiere.
Il 9 ottobre, infermo, Lavalle lasciò il campo sotto Jujuy per andare a dormire in città, in casa del dottor
Elias Bedoya. La stessa notte fu ucciso da una fucilata sparata dall’esterno attraverso la porta chiusa. Prive
ormai di ogni difesa, le province ribelli furono rioccupate dai federali. Solo la Catamarca dovette subire
ancora cinque giorni di violenza, dal 29 ottobre al 4 novembre, per la resistenza opposta al colpo di stato del
colonnello Mariano Maza dal governatore Juan José Cubas, infine sorpreso e subito decapitato alla
Quebrada del Infiernillo. Identica sorte subì anche il governatore tucumano Marco Avellaneda, sostituito
dal colonnello Celedonio Gutierrez.
Rifugiatosi in Cile dopo Rodeo del Medio, per un altro anno e mezzo Pegnaloza continuò a minacciare San
Juan, ma Benavidez respinse i suoi ripetuti sconfinamenti battendolo il 18 luglio 1842 ai Manantiales, il 15
e 17 gennaio 1843 ai Bagnados de Illisca (175 chilometri a Sud della Rioja) e a Saquilan e l’8 maggio a
Leoncito. Tornato in Cile, nel 1844 Pegnaloza offerse la resa a Benavidez, riconoscendo la Confederazione
e rinunciando ad ogni attività politica.
La coalizione del Litorale, la flottiglia di Garibaldi e la vittoria confederata(18 marzo - 6 dicembre 1842)
Benchè non definitiva, la sconfitta entrerriana determinò la defezione del caudillo santafesino Lopez, il
quale strinse una precaria alleanza antirosista con Rivera e Ferré, il governatore correntino, per formare un
esercito comune al comando di Paz. Urquiza spedì Echague a fronteggiare la nuova minaccia, mentre Rosas
richiamava dal Nord le forze federali di Oribe e Pacheco e, malgrado l’amnistia prevista dal trattato del
1840 con la Francia, intensificava la repressione interna (secondo un ecclesiastico italiano, nel solo mese di
aprile del 1842 la Mazorca rosista avrebbe assassinato 300 oppositori del regime, mettendone al bando altri
500).
Il 18 marzo 1842 l’avanguardia di Echague, comandata dal colonnello Manuel Bàrcena, mise in fuga
all’Arroyo del Pavon quella santafesina di Santiago Cardozo, Juan Arenas e Santos J. Figueredo. Analogo
successo ottenne il 26, alla Cruz Alta, l’avanguardia di Pacheco, comandata dal colonnello José Maria
Flores, contro il capo unitario Santiago Orogno. Fu però Oribe, il 12 aprile, a scontrarsi con Lopez a
Coronda, dove l’esercito santafesino, forte di 3.000 uomini, fu costretto a ritirarsi su Corrientes, forzando il
16 aprile il Paso de Aguirre sul Colastiné e subendo altre perdite il 20, quando fu inseguito e sciabolato per
15 chilometri dalla cavalleria di Flores e Jacinto Andrada.
Pur indebolito dagli scontri e dalle diserzioni, l’esercito santafesino poté comunque congiungersi con quelli
correntino ed orientale a San José. Ma l’esercito comune era indebolito dai diversi e contrastanti scopi di
guerra perseguiti dai tre caudillos. Ferré voleva soltanto difendere la sua provincia, Lopez intendeva
riprendere lo stesso ruolo regionale esercitato dal defunto fratello, mentre Rivera si considerava l’erede di
Artigas, cioè il “protettore” delle province del Litorale e, per liberarsi di Paz, proponeva di mandarlo a
ripetere l’offensiva su Buenos Aires già tentata da Lavalle. Anche Paz voleva attaccare subito oltre il
Paranà, ma Ferré non volle arrischiare la divisione correntina, facendo fallire il progetto e alla fine il
generale, disgustato dalle rivalità politiche e dai ripetuti tentativi di screditarlo, rassegnò il comando, di fatto
assunto da Rivera, che assunse una postura difensiva, ordinando all’esule nizzardo Giuseppe Garibaldi
(1807-82), che lo serviva col grado di colonnello al comando della la flottiglia uruguayana (300 uomini e 3
piccoli velieri con 40 cannoni) di risalire il Paranà per portare armi a Corrientes e impedire ad Oribe di
passare il Paranà.
Ma la flottiglia fu allestita con grave ritardo, tanto che il 25 giugno Oribe poté sbarcare senza ostacoli alla
Bajada del Paranà, collegandosi con l’esercito di Urquiza. Soltanto il giorno dopo, sfilando sotto la batteria
rosista di Martin Garcia, Garibaldi poté forzare l’accesso al Paranà, inseguita da Brown. Dopo aver predato
qualche mercantile a San Nicolàs, aver sostenuto qualche scaramuccia ed essersi collegato con Ferré alla
Bajada, il 15 agosto Garibaldi si arenò a Costa Brava, presso San Juan, alla frontiera tra Entre Rios e
Corrientes. Il 18 fu raggiunto da Brown con 7 navi e 3 lancioni, e dopo aver valorosamente sostenuto un
impari combattimento, dovette sbarcare e trincerarsi. Attaccato a terra dalle truppe da sbarco federali
comandate dal tenente Mariano Cordero, il 19 Garibaldi distrusse le sue navi e si internò nel tentativo, non
riuscito, di raggiungere l’esercito alleato.
In ottobre la convenzione di Paysandù riconobbe formalmente a Rivera il comando supremo dei tre eserciti
alleati, forti complessivamente di 2.000 fanti, 5.500 cavalieri e 16 cannoni, che in novembre si misero in
marcia verso il Rio Gualeguay, attestandosi ai primi di dicembre all’Arroyo Grande per sbarrare il passo
all’esercito confederato di Oribe, leggermente superiore (2.500 fanti, 6.500 cavalieri e 18 cannoni), il quale
marciava a sua volta verso l’Uruguay.
La notte del 5 dicembre i due eserciti bivaccarono a breve distanza, schierandosi al mattino per la battaglia,
nell’ordine consueto, cavalleria alle ali e fanteria al centro. Più numerosa del solito, stavolta la fanteria
giocò un ruolo decisivo. Fu infatti quella confederata ad iniziare la battaglia, sfondando alla baionetta il
centro dello schieramento alleato e catturando i cannoni. Il varco consentì alla cavalleria di Oribe di
avvolgere entrambe le ali nemiche. Urquiza, con l’ala destra confederata, travolse la cavalleria santafesina
di Lopez e poi anche quella correntina dei fratelli Juan e Joaquin Madariaga. Perduti 2.000 morti e 1.500
prigionieri, l’esercito alleato si dissolse.
La fine del blocco inglese, la vittoria di Urquiza e la resistenza di Rivera (1° gennaio 1847 - 9 marzo 1850)
Il 9 gennaio 1847 Salto si arrese ad Urdinarrain, mentre in Uruguay le forze di Oribe ripresero l’offensiva,
battendo le colonne Flores e Rivera a Campo de Colla (1° gennaio), ai campi di Solis Grande (27 gennaio) e
a Picada de Lobos sul Rio Negro (10 febbraio) e prendendo le avanzate di San Carlos (11 gennaio), la
piazza di Villa Mercedes (27 gennaio) e l’avamposto della Retama di Colonia (9 febbraio). Incalzate anche
dalle truppe entrerriane, le forze riveriste subirono altre sanguinose sconfitte il 3 maggio alla Picada del
Sarandì, il 1° e il 13 agosto ai Rincones di Araza e della Coronilla e il 29 settembre alla Barra de los Tapes.
I nuovi rovesci subiti da Rivera convinsero l’Inghilterra ad affrettare la normalizzazione dei rapporti con
l’Argentina. Il 15 luglio, dopo un colloquio con Rosas e un armistizio con Oribe, l’ammiraglio Howden
tolse il blocco inglese (quello francese rimase sino al 15 giugno 1848, quando fu rimosso dal nuovo governo
repubblicano: il 24 novembre 1849 il rappresentante inglese Souther stipulò un trattato di pace che nella
sostanza accoglieva tutte le posizoni argentine, riconoscendo ai fiumi Paranà e Uruguay la qualità di acque
“interne”).
Riannodate le relazioni con l’Inghilterra, Rosas poté annullare il trattato di Alcaraz, ordinando ad Urquiza
di sottomettere Corrientes. L’esercito entrerriano, forte di 6.000 uomini, partì il 20 ottobre da San Cala,
marciando per la strada della Cuchilla Grande, utilizzata anche nelle precedenti invasioni. Man mano che
avanzava, vari comandabti correntini passarono dalla sua parte: Càceres alla frontiera interprovinciale,
Beron a Mercedes e Soto al Rio Corrientes.
Imitando la strategia difensiva di Paz, anche Madariaga si era ritirato tra le paludi settentrionali, ma non nel
vecchio ridotto di Ubajahì, bensì nel potrero di Vences, circondato da esteros, malezales e profondi
zanjones. Sloggiate il 25 novembre le avanzate unitarie da Caà-Catì e completata la ricognizione
preliminare, Urquiza decise di attaccare frontalmente, con la fanteria del comandante José Maria Francia,
attraverso la stretta bocca del potrero, mentre le ali di cavalleria (Urquiza e Garzon) dovevano avvolgere il
nemico attraversando stagni e fossati.
Francia attaccò alle 11 del 27 novembre, appoggiato sulla sinistra da 5 cannoni, mentre la cavalleria
guadava gli esteros per poi gettarsi su entrambe le ali nemiche. Malgrado la valorosa resistenza della
Divisione santafesina di Lopez, l’esercito unitario fu annientato, lasciando sul campo 500 morti e 2.000
prigionieri. Il 14 dicembre, deposto Madariaga, Urquiza consegnava la provincia al suo luogotenente
Benjamin Virasoro.
Rifiutando di accettare la sconfitta, Rivera accorse allora a sbarrare la linea dell’Uruguay, marciando con
un nuovo esercito su Paysandù. Avendo forze inferiori, Servando Gomez dovette ritirarsi e il 26 dicembre
Rivera prese la piazza, malgrado la valorosa difesa del comandante Felipe Argento. All’inizio del 1848,
tuttavia, Rivera controllava soltanto tre piazzeforti orientali: la capitale, Salto e Colonia, queste ultime
assediate dai colonnelli José Maria Flores e Lucas Moreno. Difesa da Anacleto Medina, Colonia fu
conquistata d’assalto il 18 agosto, con un breve ma sanguinoso combattimento (cento caduti in un’ora). Il
21 e 22 ottobre i difensori di Montevideo fallirono due sortite di 300 e 250 uomini contro il Pantanoso e il
Cerro, respinte da Jerònimo Serrano e Baldomero Lamela, il primo con appena 100 uomini, l’altro con 70.
Il 17 novembre ne fallì anche una terza, di 300 fanti e 70 cavalieri, fermata al Saladero de Sayago dalla
resstenza di 60 federali del capitano Ubal e costretta a ripiegare dal contrattacco di Serrano.
Lo stallo si protrasse fino all’ottobre 1851, appena interrotto all’inizio del 1850 da un fallito tentativo di
sbloccare Salto condotto dal barone di Yacuy con truppe riogradensi e riveriste, sconfitte e respinte dal
colonnello Lamas il 5 gennaio ai campi del Catalan e il 9 marzo al Paso de las Piedras.
Nota: la Stazione Navale della Regia Marina Sarda (1843-48)
Nel corso della guerra anche la piccola Reale Marina Sarda tornò a “mostrare bandiera” nelle acque del
Plata, soprattutto per controllare le attività della centrale rivoluzionaria italiana, trasferitasi da Rio de Janeiro
a Montevideo, ma anche per difendere i sudditi sardi dai soprusi di Rosas, il quale li sospettava di simpatie
unitarie. Nel 1843 la fregata Des Geneys dette prova di grande perizia nautica risalendo il Rio della Plata e
nel 1844 fu avvicendata dal brigantino Eridano.
La stazione sarda di Montevideo, inizialmente comandata dal contrammiraglio Giorgio Mameli, padre del
patriota Goffredo, fu retta in quegli anni da MaurizioVillarey e infine dal barone nizzardo Augusto
Corporandi d’Auvare, che durante la rappresaglia anglo-francese del 1845 mise in salvo sulla corvetta
Aquila centinaia di quei sudditi francesi e inglesi di cui il consolato sardo aveva assunto, su preghiera dei
rappresentanti, la tutela.
Ma le relazioni diplomatiche col Regno di Sardegna si interruppero nel 1848, quando Rosas, prendendo a
pretesto la mancata notifica dell’adozione del Tricolore quale nuovo vessillo sabaudo, espulse l’incaricato
d’affari d’Hermillon, accusandolo di essere “il nemico più perverso, più feroce e più sanguinario” e di aver
intrigato “con sfacciata insolenza contro la pace” curando gli interessi della Francia (Incisa, pp. 102-117).
VI - LA QUESTIONE PORTEGNA
(1851-1863)
Ø8 battaglioni di 600 uomini: 2 entrerriani (Entrerriano, Urquiza), 4 bonearensi (1° Federacion, 2° Constitucion, 3° San
Martin, 4° Buenos Aires) e 2 correntini (Defensor e Patricios);
Ø22 divisioni di cavalleria: 10 entrerriane (1-9 e San Juan), 7 correntine (1-6 e Escolta) e 5 bonearensi (1-5);
Ø2 squadroni di artiglieria: 1 entrerriano e 1 correntino.
Ø3 squadroni di artiglieria volante: 1 entrerriano e 2 bonearensi.
Col medesimo trattato, Uruguay e Brasile si impegnarono a fornire ciascuno una Divisione ausiliaria di
3.000 uomini, e il Brasile anche una squadra navale nonchè le somme necessarie per la guerra, da restituirsi
dopo la vittoria ad un interesse annuo del 6 per cento. Nel frattempo il Brasile concentrava in Uruguay una
forza di 16.200 uomini al comando del generale Luiz Alves de Lima e Silva, duca de Caxias (1803-80).
Ø7.500 Division Norte (Echague) tra Coronda, San Lorenzo e Rosario, con tre nuclei a Ramallo (Martin de Santa
Coloma), San Pedro (Jeronimo Serrano) e Zarate (Lucio Mansilla);
Ø5.800 Divison Centro (Pacheco) a Lujan, con nuclei a Cortina (Manuel Rojas) e Aguilera (Barrancosa);
Ø2.800 Division Sur (Cornet e Pedro Rosas) alla laguna de los Pardos, Tuyù, Salado ed Ensenada;
Ø6.500 veterani al campo di Palermo;
Ø6.200 veterani al campo di Santos Lugares;
Ø17.800 miliziotti e ausiliari di polizia in città.
Il 9 dicembre il generale Santa Coloma riuscì a piegare facilmente la ribellione del colonnello Serrano. Ma
il 17 dicembre 11 navi da guerra brasiliane, pur con qualche lieve perdita, forzarono il passo del Tonelero,
invano difeso dal generale Mansilla con 7 bocche da fuoco, sbarcando la Divisione ausiliaria del marchese
di Porto Alegre. E l’8 gennaio 1852, varcato il Paranà in più punti, l’esercito confederato si concentrò ad
Espinillo. Tuttavia il morale dei confederati fu scosso dalla ribellione della Divisione Aquino, formata da
veterani di Oribe che il 12 gennaio uccisero i comandanti e passarono dalla parte di Rosas. Urquiza li
condannò tutti a morte, non appena fossero stati catturati.
In ogni modo le truppe rosiste si ritirarono di fronte all’avanzata nemica. Un conato di resistenza fu
schiacciato il 18 gennaio a Lomas Negras, mentre il 31, ai campi di Alvarez, 3.000 cavalieri confederati di
Juan Pablo Lopez respinsero i 3.500 rosisti del colonnello Hilario Lagos, causandogli 200 morti e 200
prigionieri e obbligandolo a ritirarsi a Santos Lugares, dove si trovava il grosso dell’esercito rosista.
Lo scontro finale avvenne il 3 febbraio a Monte Caseros, dove il dittatore attese passivamente l’attacco.
Urquiza condusse personalmente l’ala destra, ben 10.000 cavalieri veterani contro 2.000 lancieri di Lagos.
Poi avanzò la fanteria del centro (Division Oriental e Brigada Rivera), seguita con qualche ritardo dalla
Divisione brasiliana e affiancata dall’ala sinistra di Urdinarrain. Vi fu una accanita resistenza nel caposaldo
della casa di Caseros, dove l’artiglieria del colonnello Martiniano Chilabert sparò tutte le sue munizioni
prima di ritirarsi. Ma sotto l’impeto della preponderante e agguerrita cavalleria mesopotamica l’esercito
governativo si sbandò lasciando sul campo 7.000 prigionieri e 56 cannoni. Gran parte della Divisione
Aquino fu catturata mentre cercava di raggiungere il campo di Palermo e subito passata per le armi. Rosas
scappò travestito nella capitale, dove, firmate le dimissioni, si mise sotto la protezione del governo inglese
che lo fece imbarcare su una nave da guerra relegandolo poi a Southampton.
Mentre marciava verso Monte Caseros, Urquiza aveva distaccato il colonnello Juan Crisostomo Alvarez
contro il governatore di Tucuman, Celadonio Gutierrez, l’unico caudillo provinciale rimasto fedele a Rosas.
Il 4 e il 10 febbraio Alvarez aveva facilmente sconfitto le avanguardie tucumane ai Cardenas e a Tapia, ma
il 15 Gutierrez lo aveva catturato a Manantial e il 17 lo aveva fatto fucilare assieme a vari ufficiali. Questa
esperienza consigliò ad Urquiza di riconoscere come autorità legittime tutti i governatori in carica, incluso
Gutierrez, ingoiando la fucilazione di Alvarez (Una nuova rivolta, diretta da Manuel Espinosa e appoggiata
dal caudillo santiaguegno Taboada, scoppiò nel febbraio 1853, mentre Gutierrez si trovava al congresso di
San Nicolas. Sconfitto e ucciso Espinosa, in ottobre il caudillo tucumano fece una spedizione punitiva
contro Taboada, interrotta da un nuovo conato rivoluzionario).
2. LA SECESSIONE BONEARENSE
(1852-59)
Il trattato di San Nicolas e la secessione di Buenos Aires (31 maggio - 11 settembre 1852)
La facile caduta dell’odiato tiranno infranse la precaria unità del fronte antirosista. E’ vero che Urquiza non
seppe governare la politica di riconciliazione che gli aveva assicurato la supremazia militare e la vittoria di
Monte Caseros. Forse sarebbe stato ancora possibile, in qualche modo, far convivere i caudillos in una
confederazione nominale, continuando di fatto l’astuta politica del dittatore deposto. Ma, come Rosas aveva
giustamente compreso, rimettere mano alla costituzione significava inevitabilmente far riesplodere tutte le
contraddizioni geoeconomiche dell’Argentina e dunque riaprire l’irrisolvibile conflitto di interessi tra
Buenos Aires e le province dell’interno di cui i caudillos e la violenza politica erano non la causa, ma
l’effetto.
Urquiza si illuse di poter dominare la fronda dei liberali bonearensi con l’occupazione militare della
provincia e nella capitale e col reimpiego di molti esponenti di secondo piano del vecchio regime, a
cominciare dal colonnello Manuel Rojas, nominato l’8 marzo comandante della nuova Guardia Nacional
bonearense, che il 17 marzo assorbì anche le vecchie milizie urbana e di campagna. Anche il cruciale settore
del Centro, includente la capitale, venne affidato ad un ex-rosista, il valente colonnello Hilario Lagos.
In cambio della conferma, i caudillos provinciali riconobbero ad Urquiza, col trattato di San Nicolàs del 31
maggio 1852, la rappresentanza esterna della Nazione e il comando in capo degli Eserciti della
Confederazione, dandogli mandato di convocare a Santa Fe una nuova Costituente per procedere alla
“organizacion nacional” in base ai principi repubblicano e federale. Ma l’appoggio degli ex-rosisti e
l’impegno sul carattere federele della nuova costituzione costarono ad Urquiza il residuo sostegno dei
liberali portegni, scontentati anche dal criterio paritario, anzichè proporzionale alla popolazione, fissato per
le rappresentanze provinciali al congresso costituente.
Di conseguenza il 23 giugno la legislatura bonearense respinse la ratifica del trattato di San Nicolas,
costringendo il governatore Vicente Lopez y Planes a presentare le dimissioni. Urquiza aggravò il conflitto
imponendo a Lopez y Planes di restare e sciogliendo la legislatura, un atto che esorbitava dai poteri
provvisori riconosciutigli dallo stesso trattato di San Nicolas. Dieci giorni dopo, quando Lopez y Planes
presentò nuovamente dimissioni irrevocabili, Urquiza commissariò la provincia dandone il comando al suo
luogotenente, generale José Miguel Galan.
Questo intervento esterno fu controproducente, saldando il blocco del patriottismo bonearense e riportando
sulla scena politica la borghesia, che trovò il suo esponente politico nel dottor Valentin Alsina e il suo
dirigente tecnico-militare nel generale José Maria Piran. In agosto i congiurati si assicurarono il controllo
della Guardia Nazionale, il cui comando fu assunto dal colonnello Bartolomé Mitre, veterano della difesa di
Montevideo e molto gradito all’influente comunità italiana. L’insurrezione avvenne l’11 settembre e
l’adesione non soltanto delle truppe bonearensi (Battaglioni San Martin, Buenos Aires e Federacion e
cavalleria di Hornos e Ocampo) ma anche dei due battaglioni correntini costrinse Galan e Lagos ad
abbandonare la città per raggiungere il quartier generale di Urquiza a Rosario. Deposte le autorità
urquiziane, i rivoluzionari convocarono la vecchia legislatura che elesse governatore il generale Manuel
Pinto.
Naturalmente erano reparti puramente nominali, con organici minimi, appena sufficienti per i servizi di
guarnigione. Del resto quello era allora il modello militare diffuso in tutto il Continente americano. Nello
stesso periodo l’esercito uruguayano contava infatti appena 1.830 uomini (2 battaglioni, 4 squadroni e 1
brigata d’artiglieria) senza neppure la guardia nazionale, ripristinata soltanto nel 1858 dopo il rimpatrio del
corpo di sicurezza brasiliano. L’esercito più potente del vecchio viceregno del Plata, e il secondo del
Sudamerica dopo quello brasiliano (25.000), era in quel momento quello paraguayano, con 6.018 effettivi
permanenti (4 reggimenti granatieri, 6 battaglioni fucilieri, 4 reggimenti di cavalleria).
Era un esercito moderno, dotato di 90 pezzi d’artiglieria, un buon arsenale con maestranze inglesi,
collegamenti telegrafici e servizio sanitario. I servizi tecnici erano diretti da due ufficiali inglesi (il
colonnello George Thompson e l’ingegnere capo William Whitehead) e da uno tedesco (Robert Herman
von Fischer). Inoltre, caso unico in Sudamerica, il Paraguay disponeva di una riserva addestrata di 25.000
uomini, alimentata dalla coscrizione obbligatoria con ferma selettiva integrata da periodici richiami delle
classi in congedo. Nei paesi confinanti, al contrario, il reclutamento continuava ad essere basato sugli
ingaggi volontari integrati dall’arruolamento forzato dei vagabondi e degli asociali, il che assicurava agli
immigrati italiani, tra i quali non pochi espatriati per reati comuni e politici, una buona fetta dei soldati e dei
marinai argentini.
Il patto di San José de Flores e la convenzione integrativa (10 novembre 1859 - 6 giugno 1860)
Il 7 novembre l’esercito confederato si attestò a San José de Flores, circondando la capitale nemica con
20.000 uomini, privi però di artiglieria d’assedio e con poca fanteria. Stavolta, grazie alla mediazione
paraguayana, il governo portegno accettò il negoziato e il 10 firmò il Patto di San José de Flores, ratificato il
giorno successivo, con il quale, in cambio del ritiro delle forze confederate, la provincia accettava di
rientrare nella Confederazione, rinviandone le modalità a successivi accordi.
La sconfitta bonearense provocò anche la caduta del caudillo liberale di San Juan. Sfuggito ad un attentato
il 22 dicembre 1859, Bustos fu rovesciato nel gennaio 1860 da una cospirazione ispirata dal generale Angel
Vicente Pegnaloza (1803-63) detto El Chaco, sceso in campo per vendicare la morte del suo amico
Benavidez.
Poco dopo la vittoria Urquiza si dimise dalla presidenza e si ritirò a vita privata, pur conservando il
comando in capo dell’esercito di linea e non mancando di manifestare pubblicamente il suo dissenso sulla
politica del suo successore Derqui. Fu quest’ultimo a concludere con Mitre la convenzione del 6 giugno
1860 sul rientro di Buenos Aires nella confederazione, subordinato all’accoglimento, da parte di una
apposita convenzione nazionale, di alcune modifiche costituzionali proposte dalla legislatura portegna.
L’accordo prevedeva che il Congresso nazionale costituente di Paranà avrebbe prolungato le sue sessioni
con l’integrazione dei deputati portegni, rinviando ogni decisione sulla sede definitiva della capitale
nazionale e sull’eventuale nazionalizzazione della dogana bonearense. Fino a quel momento la provincia
avrebbe conservato la propria autonomia (ad eccezione delle relazioni esterne) e corrisposto alla
Confederazione un sussidio mensile di 1 milione e mezzo di pesos per il controllo della dogana.
La sconfitta di Urquiza e il crollo della Confederazione (16 settembre 1860 - 13 dicembre 1861)
Il compromesso non funzionò, anche perchè Mitre continuò ad appoggiare le cospirazioni liberali nelle
altre province. Il 16-23 settembre l860 le fazioni filomitriste presero il potere a Santiago del Estero e il 16
novembre anche a San Juan, dove il governatore federale José Virasoro fu assassinato. Derqui reagì
decretando l’intervento federale a San Juan, concluso con l’esecuzione sommaria del nuovo caudillo
liberale Antonio Aberastain, catturato l’11 gennaio 1861 alla Rinconada del Pocito dalle truppe federali del
colonnello Mariano Clavero. La propaganda mitrista sfruttò l’episodio per screditare il governo di Paranà,
benchè Derqui avesse sconfessato l’esecuzione deferendo il responsabile alla giustizia.
La rottura definitiva tra Buenos Aires e la Confederazione si consumò tuttavia soltanto il 15 aprile 1861,
quando il Congresso nazionale invalidò l’elezione dei deputati portegni, svoltasi secondo la legge
provinciale e non secondo la procedura fissata dalla costituzione nazionale. Buenos Aires insorse contro
quello schiaffo: Mitre dichiarò di respingere, “anche a costo della guerra”, la richiesta di Derqui di ripetere
le elezioni. Derqui rispose a sua volta inducendo il Congresso a porre al bando la provincia ribelle,
dichiarando decadute tutte le sue autorità, sostituendole con delegati federali e ponendo le forze bonearensi
al comando di Urquiza.
La virata bellicista di Mitre, incoraggiata dall’Inghilterra, poggiava sul sostegno del Brasile e della più
importante banca del Sudamerica, il Banco del barone de Manà. L’ingente finanziamento brasiliano gli
costò la rottura col Paraguay, ma gli consentì di armare un esercito di 16.000 uomini, del quale facevano
parte la Legione di Bahia Blanca e una seconda Legione italiana inquadrata dai veterani di Montevideo.
Inoltre Mitre spedì a Roma il poeta Manuel Ascasubi, tenente colonnello della guardia nazionale, per
tentare di reclutare 1.000 mercenari svizzeri già al servizio pontificio, mentre il consolato di Roma
trasmetteva un elenco nominativo di 120 ex-ufficiali e sottufficiali del disciolto esercito delle Due Sicilie
rifugiatisi in territorio pontificio disposti a “servire nelle Americhe”, aggiungendo che erano disponibili altri
400-500 veterani siciliani accompagnati dalle famiglie (Incisa, op. cit., p. 143).
Urquiza disponeva di forze equivalenti, ma con diversa composizione fra le tre armi. Era in vantaggio per
numero di cannoni (42 a 35) e per entità (11.000 contro 7.000) e soprattutto qualità della cavalleria, ma
Mitre prevaleva nella fanteria, non solo più numerosa di quella confederata (9.000 a 5.000) ma soprattutto
più solida e addestrata. Questa volta fu Mitre, certo della vittoria, a prendere l’offensiva, mentre Urquiza si
tenne sulla difensiva, attendendo il nemico sulla sinistra dell’Arroyo del Medio. Sostenuto dalla flottiglia
del Paranà, l’esercito portegno raggiunse la frontiera santafesina l’8 settembre, varcandola otto giorni più
tardi.
La battaglia avvenne il 17 settembre, sui campi del Pavon. Appresa la dura lezione di Cepeda, stavolta
Mitre predispose una solida riserva, tenendola a distanza di sicurezza dal nemico. L’attaccò portegno fu
immediato e frontale, si tutto il fronte. Le deboli ali di cavalleria bonearense si sacrificarono contro quelle
entrerriane per attirarle lontano dal centro. Qui la superiore fanteria bonearense caricò alla baionetta,
abituata a proteggersi i fianchi con i bersaglieri, anzichè con la cavalleria, e prese le batterie confederate,
voltando i pezzi contro il nemico. Impegnata dalla riserva portegna, la cavalleria confederata non potè
prendere alle spalle la fanteria nemica. Urquiza ne salvò a stento una parte, sacrificando interamente le altre
due armi.
Il 4 ottobre Mitre si mise in marcia per Rosario con 14.000 uomini, preceduto da un proclama che
prometteva pace, ordine e libertà. Vari corpi santafesini passarono con gli unitari, il governo federale si
ritirò a Paranà e Rosario fu occupata l’11 ottobre senza colpo ferire e dichiarata libera. Fu il principio del
crollo: gli avanzi dell’esercito federale si dispersero per il paese dandosi al saccheggio e solo con grande
difficoltà il nuovo comandante, generale Benjamin Virasoro (1812-97), riuscì a riunire un nucleo ancora in
grado di combattere.
Il 5 novembre Derqui rimise i poteri al vicepresidente Pedernera e si imbarcò per Montevideo sulla nave
inglese Ardent. Il 13 il governatore federale di Cordoba, Allende, fu rovesciato dal colonnello mitrista
Manuel J. Olascoaga. In soccorso di Allende intervennero i caudillos di Mendoza e San Luis e Mendoza,
Juan de Dios Videla e Juan Saà, comandante dell’Ejército confederato del Centro. Ma da Rosario Mitre
spiccò su Cordoba il colonnello Luis Alvarez con 400 cavalieri, seguito il 20 novembre dal commissario di
governo Marcos Paz e del generale Wenceslao Paunero con altri 200 cavalieri e 2.400 fanti (I cuerpo de
ejército). Lo stesso giorno Olascoaga e Alvarez sbloccarono l’assedio di Cordoba con una sortita su Molino
di Lopez.
Il 22 novembre gli ultimi 1.300 uomini di Virasoro furono sorpresi e battuti dal generale mitrista Venancio
Flores alla Cagnada di Gomez, in territorio santafesino, e, perduti 300 morti e 150 prigionieri, l’esercito
confederato cessò di esistere. Videla si rifugiò in Cile, mentre Saà si sottomise a Paunero il 7 dicembre,
rinunciando al governo di San Luis. Il 13 dicembre Pedernera dichiarò dimissionario l’esecutivo
confederale e sciolte le autorità nazionali. In Argentina l’unica autorità effettiva restava quella di Mitre.
Sulle guerre del periodo, cfr. Félix BEST, Historia de las guerras argentinas: de la independencia, internacionales,
civiles y con Indio, Buenos Aires, Peuser, 1960; 2 voll. Amedeo G. BALDRICH, Historia de la guerra con el Bresil, ; José A.
CERMENSONI, Guerra del Bresil. Las fortificaciones, Monografia 13, Archivo de la Direccon de Estudios Historicos del Ejército.
Sul caudillismo, cfr. Domingo Faustino SARMIENTO, Facundo (Quiroga), 1843; Eduardo GUTIERREZ, Los Montoneros (1886),
Hachette, Buenos Aires, 1961; Ludovico INCISA DI CAMERANA, I Caudillos. Biografia di un continente, Corbaccio, Milano,
1994; L. AYARRAGARAY, La anarquia argentina y el caudillismo, 1925; L. LUGONES, La guerra gaucha, 1926. Sulle campagne
di Garibaldi in Sudamerica, cfr. Francesco Saverio GRAZIOLI, “Le campagne d’America”, in Garibaldi condottiero, Ministero
della Guerra - Ufficio storico, Roma, 1932, pp. 11-39; Ivan BORIS, Gli anni di Garibaldi in Sud America 1836-1848, Longanesi,
Milano, 1970. Cfr. pure i saggi di Massimiliano MARANDINO, Salvatore CANDIDO e Mario GARDELIN in Aldo Alessando MOLA
(cur.), Garibaldi generale della Libertà. Atti del convegno internazionale di Roma, 29-31 maggio 1982, Ministero della Difesa -
Comitato storico per lo studio della figura e dell’opera militare del generale Giuseppe Garibaldi, Roma, 1984, pp. 165-202;
Gustavo SACERDOTE, La vita di Giuseppe Garibaldi, Rizzoli, Milano, 1933; Filippo MAZZONIS (cur.), Garibaldi condottiero.
Storia, teoria, prassi, Angeli, Milano, 1984. Cfr. pure Antonio BANDINI BUTI, Una epopea sconosciuta, Ceschina, Milano, 1967.
Sull’ordinamento dell’esercito argentino, cfr. Ercilio DOMINGUEZ, Coleccion de Leyes y Decretos militares, tomi I e II. A.
Rodriguez, Resegna historica del Ejército Argentino (1862-1930). COMANDO EN JEFE DEL EJERCITO, Resegna historica y
organica del Ejército Argentino (diretta dal colonnello Fued G. NELLAR), Biblioteca del Oficial, B. Aires, Circulo Militar, 1972,
tomi I (sulle uniformi e le decorazini cfr. tomo III). COMANDO EN JEFE DEL EJERCITO, Ejército Argentino. Cronologia militar
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de Estudios Historicos (D.E.H.) del Ejército; Adolfo SALDIAS, Los numeros de linea, ; José E. RODRIGUEZ, El 3° de Infanteria
de linea (ensayo historico), Buenos Aires, 1904; Raul M. OCAMPO, Historia del Regimiento 7 de Caballeria de linea, Salta,
1930; Camilo ANSCHUETZ, Historia del Regimiento Granaderos a caballo, Biblioteca del Oficial N. 323, B. Aires, Circulo
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Aires, Circulo Militar, 1969. Sul genio e i servizi logistici, cfr. Rosa MELI, “Antecedentes del arma de ingenieros”, in Boletin
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precursores en el desarrollo argentino, B. Aires, Ed. Fabricaciones Militares, 1976; Juan BEVERINA, “El Servicio de Arsenal de
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organico, B. Aires, Secreteria de Estado de Marina, Departamento de Estudios Historicos Navales, 1960; R. PICCIRILLI e L.
GIANNELLI, Biografias navales (cuarenta y cinco semblazas de marinos), B. Aires, Secreteria de Estado de Marina,
Departamento de Estudios Historicos Navales, 1963. Sulla polizia federale, cfr. Francisco H. ROMAY, Historia de la Policia
Federal Argentina, B. Aires, 1958, 2 voll.
VII - LA GUERRA DEL PARAGUAY
(1865-70)
SOMMARIO: 1. La Triplice Alleanza (1864-65). - 2. La Sebastopoli del Sudamerica (1866-67). 3. Il fronte interno (1866-
69). 4. L’offensiva alleata e la ritirata paraguaiana (1867-68). - 5. La vittoria mutilata (1869-70).
1. LA TRIPLICE ALLEANZA
(1864-65)
Per completare gli organici, con legge 13 luglio 1864 la guardia nazionale (cavalleria) fu
assoggettata anche al servicio de fronteras interiores, limitato alle province minacciate dalle
incursioni degli indiani, con ferma massima di due anni e cambio ogni sei mesi (la diserzione da
questo iniquo e micidiale servizio è il tema iniziale del Martin Fierro, il famoso poema gaucho
pubblicato da José Hernandez nel 1872).
La legge di bilancio del 1864 aveva previsto di spedire giovani argentini al Politecnico militare
francese di Saint Cyr, ma nessuno degli aspiranti aveva la formazione liceale necessaria per
frequentare un’accademia militare europea. Così nel gennaio 1865 si pensò di effettuare corsi
triennali di preparazione e a tale scopo il ministro Juan Andrés Gelly y Obes riservò alcuni posti
presso la Escuela de Artes, Oficios y Argonomia di Palermo diretta dall’ingegner Jacinto Febrés de
Rovira, dando la soprintendenza degli allievi militari al tenente colonnello Mariano Moreno.
L’iniziativa peraltro abortì per effetto della guerra.
Le offensive paraguayane sul Mato Grosso e su Corrientes (29 dicembre 1864-13 aprile 1865)
In ottobre Lopez intimò il ritiro delle truppe brasiliane, ma invece di puntare subito e in forze
sull’obiettivo principale, distaccò 6.000 uomini per un attacco indiretto contro lo stato brasiliano
del Mato Grosso, dove il 29 dicembre 1864 le sue truppe espugnarono con gravi perdite il forte di
Coimbra. Ma nello stesso momento i brasiliani sferravano il colpo decisivo al regime blanco: il 2
gennaio 1865, dopo uno spietato bombardamento, catturarono il presidio blanco di Paysandù
passando per le armi gli ufficiali. Poco dopo Montevideo si arrese ai colorados di Flores.
Ormai tardivamente, Lopez decise di invadere l’Uruguay e il 14 gennaio chiese all’Argentina di
concedergli il passo attraverso la provincia di Corrientes, allegando il precedente del 1855, quando
il governo liberale di Buenos Aires aveva consentito alla squadra brasiliana di risalire il Paranà. In
febbraio Mitre comunicò il rifiuto argentino, conforme alla neutralità proclamata nel 1863 e al
rifiuto già opposto ad analoga richiesta del governo brasiliano. Il 18 marzo, su proposta di Lopez,
il parlamento di Asuncion deliberò segretamente la guerra, offrendogli il titolo e la spada di
Mariscal, con uno strabiliante stipendio annuo di 60.000 pesos, quindici volte quello percepito dal
padre.
Sottovalutando le immense difficoltà logistiche e il rischio di epidemie, il disastroso piano
strategico del Mariscal - che i suoi scalzi soldati chiamavano Caray guazù (“grande padre”) -
prevedeva una grandiosa quanto irrealizzabile manovra a tenaglia, con 10.000 uomini (generale
Antonio Estigarribia) lungo l’Uruguay e 20.000 (generale Robles) lungo il Paranà. Per aprire la
strada a Robles, il 13 aprile 1865 cinque vapori paraguayani piombarono di sorpresa sul porto
argentino di Corrientes, bombardando e occupando la città, con la cattura di 2 delle tre navi da
guerra argentine (Veinteycinco de Mayo e Gualeguay) e di molti prigionieri, tra i quali numerosi
marinai nordamericani, italiani e francesi.
La Triplice Alleanza e l’alto comando argentino (17 aprile-17 luglio 1865)
In risposta all’aggressione paraguayana, il 17 aprile l’Argentina decretò la creazione di un
Ejército Nacional de campagna di 14.000 uomini:
Ø4.500 regolari con 6 battaglioni di fanteria (N. 1-6) e 1 di zappatori (maggiore Alejandro Diaz) e 2 reggimenti di
cavalleria (N. 1 e 3) e 1 di artiglieria leggera (colonnello Joaquin Viejobueno);
Ø9.500 guardie nazionali su 19 battaglioni inquadrati da ufficiali improvvisati, purchè di sicura fede liberale, più 1
battaglione studenti (Belgrano) e 3 reggimenti di cavalleria (1 santafesino e 2 bonearensi).
Riunitisi a Buenos Aires, il 1° maggio i ministri degli esteri brasiliano, argentino e uruguaiano
firmarono la cosiddetta Triplice Alleanza contro Lopez. Il trattato impegnava le tre Potenze a non
concludere pace separata e affidava a Mitre il comando supremo (ma di fatto nominale) delle
operazioni terrestri e all’ammiraglio brasiliano Tamandaré quello delle operazioni navali. Il 3
maggio l’Argentina ricevette la dichiarazione di guerra paraguayana e il giorno seguente deliberò a
sua volta la guerra, formalmente dichiarata il 9. Le forze alleate ammontavano complessivamente
a 50.000 uomini: 8.500 argentini, 5.000 orientali e 36.000 brasiliani (di cui 13.000 in Uruguay e
altrettanti nel Rio Grande del Sud).
L’armamento e l’equipaggiamento del contingente argentino erano un campionario di mezzi di
fortuna, assegnati con priorità alla linea, in prevalenza armata di fucili ad avancarica americani
(Springfield mod. 1859 cal. .58) e belgi (J.J. Gerard mod. 1860 cal. 15 mm). Erano in dotazione
anche 1.000 baionette francesi St-Etienne, pochi fucili rigati Minié e qualche mitragliatrice a 10
canne Gatling mod. 1865 (30 colpi al minuto e gittata di 1.200 metri). Sei fucili Enfield a
retrocarica furono assegnati il 4 dicembre 1865 a titolo sperimentale. Gli ambasciatori a
Washington e Parigi, Domingo Faustino Sarmiento e Mariano Balcarce, acquistarono
rispettivamente una partita di fucili Sharp e 6.500 uniformi (3.000 di fanteria, 3.000 di cavalleria e
500 di artiglieria). Nel 1863 il parco d’artiglieria allineava 285 bocche da fuoco di tutti i calibri.
Nel 1865 fu commissionata ad un artigiano italiano, l’“ingegnere” Antonio Massa, la rigatura di 4
batterie di cannoni di bronzo ad anima liscia destinate ad armare il 1° reggimento leggero (su 2
squadroni di 2 batterie).
L’ordinamento delle forze argentine era “binario”: inizialmente ciascuno dei 2 Corpi d’Armata
contava 2 Divisioni di 2 Brigate (su 1 battaglione di linea e 1 di guardia nazionale). Si deve
osservare che secondo gli standard europei, la forza dell’intero esercito da campagna argentino
corrispondeva al coevo organico di guerra di una Divisione rinforzata, con brigate equivalenti a
semplici battaglioni europei. Nella primavera del 1866 le Divisioni argentine furono raddoppiate
ad 8 (numerate 1a-4a per ciascun corpo d’armata), metà delle quali con appena 3 battaglioni. I due
Corpi d’armata brasiliani avevano invece organici europei, contando ciascuno 2 Divisioni su 3
brigate di 3 battaglioni, più robusti di quelli argentini.
Il 12 luglio 1865, assumendo il comando supremo di campagna, Mitre delegò le funzioni di
governo al vicepresidente Marcos Paz. Analogamente, assumendo le funzioni di capo di stato
maggiore del comandante in capo, il generale Juan Andrés Gelly y Obes delegò interinalmente le
funzioni di ministro della guerra e marina al colonnello Julian Martinez. Invece il generale
Wenceslao Paunero, Ispettore e Comandante generale delle Armi, cumulò l’incarico con il
comando del I Corpo d’Esercito (nel 1867 Paunero sostituì Martinez alla guida interinale del
ministero). Quello del II Corpo fu attribuito inizialmente al generale Nicanor Caceres, presto
sostituito da Emilio Mitre. I primi due divisionari del I Corpo furono i colonnelli Ignacio Rivas e
José Miguel Arredondo (oriundo orientale), cui poi si aggiunsero Luis Maria Campos (1838-1907)
e José Iseas. Divisionari del II Corpo erano i generali José Maria Bustillo, Emilio Conesa e
Arguero e il colonnello Giuseppe Antonio Susini-Millelire (1819-1900), un ufficiale d’artiglieria
sardo ex-garibaldino.
Circa un decimo dei 500 ufficiali mobilitati era addetto agli stati maggiori. Quello del
Comandante in capo ne contava 25 (il capo, l’aiutante di campo con 3 ausiliari, l’aiutante del capo,
il capo ufficio con 5 ausiliari, 12 aiutanti “di dettaglio” e il capo della polizia dell’esercito).
Ciascuno dei due stati maggiori di corpo ne contava 10, più l’auditore di guerra, il chirurgo
maggiore e il farmacista.
Nel 1865 erano in servizio appena 15 medici militari. Il servizio sanitario di campagna, diretto dal
chirurgo maggiore Hilario Almeira e dai chirurghi principali Caupolican Molina e Joaquin Diaz de
Bedoya, prevedeva 46 chirurghi e 4 farmacisti, più gli infermieri tratti dall’Ospedale di Buenos
Aires, presso il quale funzionava una sezione per i feriti di guerra (Hospital de Sangre del Retiro)
gestita da una Commissione medica presieduta dal dottor Juan José Montes de Oca.
L’ “invasion grande” e la “Maginot del deserto” (14 dicembre 1875 - 16 ottobre 1876)
Ma proprio le voci sull’imminente avanzata della frontiera scatenarono la disperata reazione di
una parte degli indiani, decisi a morire da guerrieri piuttosto che rassegnarsi a vivere alle
condizioni dettate dai bianchi. A scatenare la guerra furono le tribù di Namuncurà e Pincén, che
odiavano i cristiani, ma stavolta, dopo aver rinnegato la politica di Cipriano Catriel per quella del
fratricida Juan José, si ribellarono anche gli indios amigos insediati all’interno della Frontera
Oeste di Buenos Aires. Così nel dicembre 1875 i cacicchi Namuncurà, Baigorrita e Pincen scesero
con 4.000 guerrieri dalla Sierra della Ventana, varcarono la Frontera Sur fra Tres Arroyos e
Alvear, uccisero 400 persone nelle estencias comprese fra i pueblos di Tandil, Azul e Tapalqué e
infine cercarono di rientrare alla base con 500 ostaggi e 300.000 capi di bestiame.
L’invasione sparse il terrore anche nella capitale e per calmare l’opinione pubblica con decreto 14
dicembre 1875 Alsina dovette ordinare il licenziamento di tutte le guardie nazionali in servizio
ordinario di frontiera, riservando d’ora in poi la difesa dei fortini esclusivamente alla truppa di
linea. Ma anche stavolta, come era avvenuto nel 1872, il malon si era spinto troppo in profondità,
facilitando la reazione dell’esercito, che durante l’inverno 1876 concentrò alla frontiera
bonearense 7 battaglioni (BI 1-3, 5, 6, 8 e 11) e 6 reggimenti di cavalleria (RC 1-5 e 11).
Comandante della Division Sur (BI 1 e 5 e RC 1, 2, 5 e 11) era l’oriundo ligure Nicolas Levalle
(Levaggi).
Il 1° gennaio 1876 il comandante del Forte Lavalle, Lorenzo Wintter, intercettò una parte
dell’indiada recuperando 170.000 capi. Il giorno seguente, dal campo di Blanca Grande, il
colonnello Conrado Villegas si gettò all’inseguimento di altri indigeni che cercavano di sfilare tra i
fortini Rodriguez e Reunion, recuperando altri 2.800 capi. Il 10 marzo 400 regolari del
comandante Salvador Maldonado agganciarono 2.000 guerrieri di Catriel a Horqueta del Sauce,
uccidendone 130. Otto giorni dopo Levalle ne uccise altri 30 presso la piccola laguna Paraguil (nel
partido di Laprida, a metà strada tra Azul e la Sierra de la Ventana).
Respinta l’invasione, Alsina diresse personalmente l’avanzata verso la nuova frontiera
meridionale, ripartendo le truppe di Levalle in 3 piccole Divisioni - ciascuna su 1 battaglione di
fanteria (BI 1, 2 e 3) e 1 reggimento di cavalleria (RC 2, 3 e 8). Partite rispettivamente da
Olavarria, Nueve de Julio e Rio Cuarto al comando dei colonnelli Marcelino Freyre, Villegas e
Leopoldo Nelson, le Divisioni raggiunsero rispettivamente Guaminì il 30 maggio, Trenque
Lauquen il 12 aprile e Ita-lò il 25 maggio. Si distinse in particolare il RC 2 del comandante e poi
tenente colonnello Enrique Godoy, che scontratosi il 30 marzo a Laguna del Monte con 300
guerrieri di Catriel, due mesi più tardi distrusse le loro tolderias sulla riva del Guaminì. Intanto il
24 aprile, dopo dieci giorni di marcia e di combattimenti, Levalle occupò Carhué e il 31 maggio
respinse una controffensiva tentata da un migliaio di guerrieri.
Alla fine di luglio Namuncurà e Catriel fecero una nuova scorreria su Olavarria con 1.600
guerrieri. Il 4 agosto Freyre ne uccise 30 a Laguna del Monte, e l’8 furono dispersi da Antonio
Donovan con un reparto di costruttori della linea Alsina (Batallon N. 8 de ingenieria), che
recuperò anche 50.000 capi razziati. Ai primi di ottobre altri 1.500 guerrieri del cacicco Alvarito
devastarono l’area di Nueve de Julio e e General Paz, scontrandosi il 10 alla Laguna del Cardon
con i colonnelli Ignacio Garmendia e Maximo Matoso e l’11 alle Salinas Grandes con Levalle. Il
16 ottobre, durante l’occupazione di Masallé, il RC 2 incontrò ancora qualche resistenza da parte
degli indiani “cileni”.
Furono le tribù già pacificate a fornire la mano d’opera per la costruzione della zanja da Carhué a
Nord-Ovest fino a Fuerte Sarmiento Nuevo (Frontera Sur di Cordoba). La linea correva quasi
lungo il confine attuale della provincia di Buenos Aires. Da Bahia Blanca a Nord-Ovest i nuovi
presidi avanzati erano Fuerte Argentino, Puan, Belgrano, Carhué, Guaminì, Trenque Lauquen,
Lamadrid e Ita-lò. Quella “Maginot del deserto” escludeva la pampa occidentale guardando le
provenienze dai fiumi Salado e Colorado e formando con la linea dei vecchi fortini una fascia di
sicurezza con circa 200 chilometri di profondità e una superficie di 56.000 chilometri quadrati.
Inoltre, su rilievi topografici del sergente maggiore Jordan Wysocki, tra la capitale e le 5
comandancias della frontiera bonearense fu impiantato il Telegrafo Militar con 12 uffici e 42
addetti, diretti dal tenente colonnello Higino Vallejos e dal professor Carlos Segui. Oltre ad
accorciare i tempi di reazione in caso di malon, il telegrafo consentiva di risparmiare personale e
quadrupedi. In ogni modo il rischio era fortemente diminuito perchè si calcolava che le perdite
subite nel 1872 e 1876 avessero neutralizzato due terzi dei guerrieri (indios de pelea) riducendoli
ad appena 2.000.
Il nuovo sistema difensivo pose fine all’epoca plurisecolare dei malones. Il 10 dicembre i presidi
dei forti Lavalle e Junin (colonnello Manuel Sarabia e comandante Ataliva Roca) bloccarono
l’ultima offensiva del cacicco Pincén. Un mese dopo, il 10 gennaio 1877, attaccato da Levalle
nelle sue tolderias, Namuncurà offerse la pace. Il governo la accettò, respingendo tuttavia
l’assurda condizione posta dal cacicco, vale a dire la restituzione di Carhué. La reazione contro i
minimi disordini fu immediata e severa. Il 22 ottobre 1877 i maggiori German Sosa e Rafael Solìs
punirono la tolderia di Trenque Lauquen che il giorno prima aveva rubato 120 quadrupedi della
Divisione Villegas, uccidendo 52 indigeni e sequestrando 300 cavalli. L’11 novembre toccò alla
tolderia di Treyco, della tribù di Catriel, devastata dal colonnello Teodoro Garcia. Il 17, dopo una
marcia di quattro giorni, Villegas disperse i guerrieri riuniti da Pincén ai Monti di Malal.
Compito della 1a e della 4a divisione era di rastrellare e occupare la linea più lontana dalla
vecchia frontiera, vale a dire quella formata dal Rio Negro e dal suo affluente settentrionale
(Neuquen), aggiungendo al vecchio forte spagnolo di Carmen de Patagones quello intermedio di
Choele Choel (Fuerte General Roca) e un altro all’estremità andina, per sbarrare l’alta valle del
Neuquen (Fuerte 4a Division). La 3a e la 5a divisione dovevano invece assicurare il collegamento
e le retrovie di Roca e Uriburu convergendo, rispettivamente da Nord e da Est, verso la linea più
prossima alla zanja Alsina, formata dal Rio Colorado e dal suo affluente Salado e avente alle
estremità Bahia Blanca e San Luis (queste due divisioni dovevano effettuare la marcia più breve,
attestando i rispettivi comandi a Leuvucò e Luan Lauquen). Parallela alla 5a Divisione di Lagos,
ma 100 chilometri più a Sud, doveva marciare anche la 2a Divisione di Lavalle, non però per
concorrere al rastrellamento del Rio Salado, bensì per proteggere le retrovie della 1a attestandosi
alla laguna Trahué (Trarù) Lauquen, 270 chilometri a Nord di Choele Choel. La spedizione non
contava artiglieria, tranne 2 batterie (4° squadrone del RAL 1) destinate al futuro presidio di
Choele Choel.
La traversata di centinaia di chilometri di deserto fu una prova durissima per l’esercito argentino.
Oltre al tifo, molti soldati contrassero il vaiolo dagli indiani. Le tappe erano calibrate in funzione
del rifornimento idrico ed ogni ritardo sulla tabella di marcia poteva costare la vita all’intera
colonna. Per accrescere la mobilità si rinunciò alla carne bovina, assegnando alle salmerie mandrie
di yegua.
In compenso gli ultimi guerrieri sopravvissuti alle ricognizioni preliminari fecero scarsa
resistenza. Il 15 gennaio 1879, sorpresa a Cochicò da 40 cavalieri del capitano Vicente Lasciar,
l’intera tribù di Cahuil si lasciò catturare senza opporre resistenza. La 4a Divisione fu l’unica a
dover sostenere qualche scaramuccia mentre discendeva la pianura tra la Cordigliera e il Rio
Atuel, affluente del Salado. L’8 gennaio e il 14 marzo reparti del RC 2 si scontrarono con i
cacicchi Pichun e Payué e il 15 marzo catturarono ad Aincò il capitanejo Huinca. Ricevuta la resa
dei cacicchi Catriel e Cagnumil, il BI 8 si fermò sul medio Colorado, per collegarsi con la 3a
Divisione. Il BI 12 proseguì invece per il Neuquen, che risalì fin sotto il passo di Pino Hachado,
dove piantò il fortino Cuarta Division. Il 18 luglio, al Paso de los Indios, Manuel Baigorrita,
l’ultimo dei ranqueles, attese il nemico da solo, con lancia e pugnale. Gravemente ferito, si
sottrasse ad ogni soccorso dandosi la morte.
La 5a Divisione raggiunse Luan Lauquen il 23 maggio. Il BI 2, avanguardia della 1a Divisione,
raggiunse la riva del Rio Negro il 24. Il giorno seguente Roca vi celebrò la festa nazionale e
ricevette la visita dell’ufficiale di marina Martin Guerrico, che, ripetendo l’impresa del 1872,
aveva risalito il Rio Negro col vapore Triunfo. L’11 giugno reparti della 1a e 4a Divisione si
incontrarono alla confluenza del Neuquen e Limay nel Rio Negro. A presidiare la linea Roca e la
zanja Alsina rimasero Villegas e Levalle, con i quartieri generali rispettivamente a Choele Choel e
Carhué. Tra le due linee correva una nuova fascia di sicurezza di 75.000 chilometri quadrati. Il 30
dicembre 1880 fu inaugurata una linea marittima con Buenos Aires, servita da un vapore intitolato
a Villarino, il piloto della Real Armada spagnola che giusto un secolo prima aveva esplorato la
foce del Rio Negro.
Gli scontri di Barracas, Puente Alsina e Los Corrales (17-22 giugno 1880)
Il 17, giunto alla stazione Olivera, tra Mercedes e Lujan, Arias dovette accettare un combattimento
difensivo, riuscendo però a ricacciare Racedo. Le truppe ribelli raggiunsero poi la stazione Remos
Mejìa, dove, distrutto il treno, proseguirono a piedi, schivando lo sbarramento governativo di San
José de Flores e piegando a Sud per San Justo. Al mattino del 18 Arias si accampò con 7.000
uomini di fronte a Puente Alsina, sulla sponda settentrionale del Rio Matanza (Riachuelo),
aspettando invano la colonna di rinforzo del collega Julio Campos e scontrandosi con le prime
pattuglie del RC 1. Il 20 giugno l’avanguardia governativa, comandata da Levalle e forte di 800
uomini, attaccò l’avamposto ribelle del ponte di Barracas, ma fu respinta dal comandante Leyria.
Il mattino del 21 Levalle, Racedo e Luis Maria Campos attaccarono rispettivamente i ponti
Barracas e Alsina e la Meseta de Los Corrales, difesi da Leyria, Arias e Lagos. Leyra fu il primo a
dover ripiegare sino alla barranca di Santa Lucia e Plaza Constitucion, consentendo a Levalle di
varcare il Riachuelo. Poi, minacciato di aggiramento, anche Arias ripiegò sui Corrales, riunendosi
con Lagos. Due reggimenti bonearensi (1° Buenos Aires, 2° Policia Rural) e 1 compagnia di
“bersaglieri” italiani sostennero tre assalti della Division governativa di Olascoaga (BI 8,
battaglione provinciale entrerriano e 4 cannoni), ma alle due del pomeriggio, quando Lagos si
stava preparando ad inseguire i governativi del colonnello Manuel J. Campos in ritirata su Las
Flores, Gainza ordinò il ripiegamento sulle trincee interne della città. Nei quattro giorni di scontri
erano stati coinvolti 20.000 uomini e 80 cannoni, con l’impressionante bilancio di 3.000 morti.
Il 22 Avellaneda dichiarò lo stato d’assedio e Tejedor rispose dichiarando Buenos Aires en estado
de asamblea e creando, il 23, un Consejo militar de defensa presieduto da Mitre. L’ex-presidente
si recò allora a Belgrano per negoziare con Avellaneda le dimissioni di Tejedor e il disarmo della
guardia civica in cambio dell’amnistia.
4. LE FRONTIERE NATURALI
Il trattato con il Cile e la campagna di Nahuel Huapi (23 luglio 1881- 24 marzo 1884)
La duplice avanzata parallela del 1879 sui due versanti della Cordigliera - quella cilena verso
Nord contro il Perù e la Bolivia e quella argentiva verso Sud fino alla valle del Neuquen - fu
preceduta nel 1878 dal primo confronto armato tra le due Potenze sudamericane circa la Terra del
Fuoco e lo Stretto di Magellano. Entrambe le marine furono mobilitate ed entrambe le camere
respinsero sia l’accordo Barros Arana - Elizalde sia quello raggiunto in dicembre da Fierro e
Sarratea. Ma in seguito l’impegno bellico del Cile, la stretta neutralità osservata dall’Argentina,
l’occupazione del Camino de los Chilenos e la mediazione inglese favorirono la ratifica del trattato
confinario del 23 luglio 1881, con il quale al Cile restava il controllo dello Stretto di Magellano e
all’Argentina veniva riconosciuto quello della Patagonia orientale.
Il Cile riconosceva come frontiera, sino al 52° parallelo Sud, la linea della Cordigliera corrente
per le cime più elevate; l’Argentina lasciava al Cile la quasi totalità dello Stretto di Magellano
tranne una piccola striscia costiera di 10 chilometri tra Lobo Virgenes e Punta Dungenes. Quanto
alla Terra del Fuoco il confine era definito in forma equitativa. All’Argentina toccavano le Isole
degli Stati, gli isolotti vicini alle Isole atlantiche ad Est della Terra del Fuoco e le coste orientali
della Patagonia, mentre il Cile ottenne le Isole a Sud del Canale di Beagle fino a Capo Horn e ad
Est del territorio fuegino. Restava tuttavia pendente la precisa delimitazione del confine sulla
Cordigliera, ma il trattato rimetteva ogni futura controversia all’arbitrato di Sua Maestà britannica.
A seguito di uno scontro con un centinaio di indios verificatosi il 3 ottobre 1881 ad Anca
Mahuida, Roca affidò al collega Villegas il compito di raggiungere l’obiettivo finale, vale a dire il
lago Nahuel Huapì. Ai primi di gennaio, mentre il maggiore Carlos O’Donnell effettuava una
ricognizione preliminare sulle coste del Rio Agria, l’indomito cacicco Namuncurà riunì per
l’ultima volta un migliaio di guerrieri. Il 6 gennaio 1882, durante un inseguimento, due ufficiali
del RC N. 5 furono uccisi a Pulmary. Il 16 il piccolo presidio del Fuerte 1a Division (17 uomini)
respinse un breve attacco diversivo di Namuncurà, ma tre giorni dopo 300 guerrieri sorpresero il
Forte Guanacos massacrando l’intera guarnigione di 30 uomini. Altri scontri con indios tehueles si
verificarono il 10 e 22 febbraio ancora a Pulmary e nelle pianure di Apulé, mentre il 10 marzo un
distaccamento di Forte Belgrano (tenente colonnello Benito Herrero) annientò la tribù del cacicco
Domingo a Isla Monzon sul Rio Salado.
In aprile, finalmente, la 1a Brigada (BI 2 e 12) avanzò dal Forte Cuarta Division nella valle del
Norquin, rastrellando la zona del Rio Agria e soffocando gli ultimi focolai di resistenza indiana.
Assicurato così il fianco destro, in settembre il BI 6 (colonnello Ignacio Fotheringham) risalì il Rio
Negro e il Limay, raggiungendo Nahuel Huapi in ottobre. Qui si diresse dal Rio Negro anche il
colonnello Rufino Ortega con i RC 2 e 11, sostenendo vari scontri a Chimehuin, La Trinchera,
Pulmary e Lonquimay e sottomettendo il cacicco Villarain detto “Buitre de Oro” (novembre 1882
- gennaio 1883). Ormai isolato e braccato, il 24 marzo 1884 Namuncurà finì per consegnarsi con
gli ultimi 300 superstiti al tenente colonnello Pablo Bellisle.
SOMMARIO: 1. Le riforme militari degli anni Ottanta. - 2. La politica degli anni Novanta. 3. Pace armata
sulle Ande. 4. La parità navale col Cile.
a) Reggimenti di fanteria
RI 1 (A. Donovan) - BI N. 1 (G.ral Acha) e N. 8 (Capital Federal poi Chaco): 45 uff., 596 tr.;
RI 2 (Rufino Ortega) - BI N. 2 (G.ral Roca) e N. 12 (Norquin, San Martin e Mendoza);
RI 3 - BI N. 3 (Corrientes) e N. 10 (Entre Rios);
RI 4 - BI N. 4 (Cordoba, poi Norte S. Fe) e N. 5 (Norte S. Fe);
RI 5 (Fotheringham) - BI N. 6 e N. 7 (Capital). 1885 N. 7 (Formosa) e N. 9 (Resistencia);
RI 6 (Franc. Bosch) - BI N. 9 (Resistencia) e N. 11 (Formosa). 1885 N. 6 e N. 11 (Capital);
b) Divisioni territoriali
Inoltre furono soppresse le Oficinas de Enganche e per accrescere la forza di linea a 8.188 uomini
si fece ricorso per la prima volta al sorteggio di mille reclute provinciali, di cui 357 portegne e
bonearensi. Tuttavia si dovette presto tornare al reclutamento per ingaggio, che nel 1891 lo stato
maggiore cercò di centralizzare istituendo alle sue dirette dipendenze un Deposito di reclute su 6
compagnie più il reparto musicanti. Ma il 24 ottobre 1892 il deposito fu soppresso ripristinando 15
uffici di reclutamento provinciali, inclusi uno centrale gestito dallo stato maggiore e due nei centri
portuali di La Plata e San Nicolas.
La legge 5 giugno 1888 sanzionò l’amalgama fra l’esercito di linea e le prime 17 classi della
guardia nazionale (17-34 anni). In caso di mobilitazione costoro dovevano formare un Ejército
activo di 100.000 uomini, mentre le 7 classi più anziane (35-40) della Capitale e delle province di
Buenos Aires, Cordoba, Santa Fe e Entre Rios dovevano costituire una riserva di 33.000. Gli
esenti e le ultime 10 classi (40-50 anni) formavano il cosiddetto ejército pasivo.
Ordinato per la prima volta con parametri europei, l’esercito di prima linea era ripartito in 3 corpi
d’armata (Cuerpos de Ejército, C. E.) di 33.000 uomini, con 6 Divisioni di 16.000 e 12 Brigate di
8.000:
La guardia nazionale della capitale era stata riorganizzata dal colonnello di milizia Hortensio
Miguens, nominato ispettore generale il 6 maggio 1881. I decreti 12 marzo e 23 dicembre 1883
regolarono l’aggiornamento delle liste e il 29 aprile 1885 il contingente fu riordinato su 8
reggimenti di fanteria con 25 battaglioni. Nel 1887, con l’incorporazione di Flores e Belgrano, il
contingente portegno salì a 9 reggimenti di fanteria e 4 di cavalleria e nel 1888 disponeva di un
nucleo permanente di 55 istruttori (2 colonnelli, 15 tenenti colonnelli, 13 capitani, 12 subalterni e
13 sergenti).
Le paghe mensili variavano dai 100 pesos dell’alfiere ai 200 del capitano, aumentando di cento
pesos per ogni grado successivo sino ai 500 del colonnello. I generali di brigata e divisione e il
tenente generale avevano paghe di 600, 800 e 1.000 pesos, più, qualora fossero in comando di
Grandi Unità, indennità di 100, 200 e 300 pesos per spese di rappresentanza e mensa e 500 per
spese d’ufficio. Agli altri ufficiali spettava un sopprassoldo per il servizio presso le truppe (50
pesos per gli ufficiali superiori e 30 per gli inferiori). Al soldato di prima classe, come al
trombettiere e al tamburino, spettavano appena 12 pesos, 20 al caporale, 35 al sergente di seconda
classe, 40 al furiere, 60 al calzolaio, 80 al maniscalco, 100 al sellaio e 120 all’armaiolo.
Nel periodo 1884-91 il bilancio dell’esercito si mantenne su una media di oltre 7 milioni di pesos
carta, pari al 70 per cento delle spese militari. Peraltro le spese militari aumentarono meno
velocemente della spesa pubblica, per cui la loro incidenza complessiva scese nel periodo
considerato dal 25 al 20, e quella del solo esercito dal 17 al 14 per cento (proprio nell’anno, 1890,
in cui il bilancio toccò il tetto eccezionale di 9 milioni e mezzo in conseguenza del colpo di stato
contro il presidente Juarez Celman):
Addestramento (1884-92)
Varie riforme furono attuate in campo scolastico e addestrativo. Nel 1884, su proposta del
colonnello Czetz, caposezione del genio e direttore del Colegio Militar, il 5° anno del corso fu reso
facoltativo per quanti volevano uscire col grado di tenente anzichè sottotenente (soltanto in
quest’ultimo anno si insegnavano “arte militare” e, dal 1886, anche diritto costituzionale e
internazionale). Nel 1888 il quadro permante contava 14 ufficiali e 23 militari di truppa. Gli allievi
erano 124, con 30 promozioni all’anno (14 fanteria, 12 cavalleria e 4 artiglieria).
Su proposta del nuovo direttore, generale Alberto Capdevilla, nel 1891 il 5° anno fu riservato agli
ufficiali d’artiglieria, genio e stato maggiore e il numero dei cadetti scese a cento, 75 becados e 25
pensionados. Metà dei cadetti era destinata alla fanteria, 30 alla cavalleria e 20 alle armi dotte, in
modo da formare 24 ufficiali all’anno (12, 8 e 4) cioè uno per reggimento. Il Colegio non era però
l’unico canale di reclutamento degli ufficiali. Un’aliquota era riservata ai sergenti con 4 anni di
anzianità nel grado, mentre il grado di tenente poteva essere concesso, a domanda, a naturalizzati
che fossero già ufficiali di eserciti esteri.
Dopo il Colegio Militar gli ufficiali del genio completavano la formazione presso la facoltà di
ingegneria, ma per evitarne l’esodo verso la professione civile, il 1° dicembre 1884 il colonnello
Czetz istituì un corso speciale (academia) presso la 4a sezione dello S. M. G., regolamentato il 5
febbraio 1886, divenuto biennale nel 1893 e infine soppresso il 7 settembre 1895. Invece per i
corsi di stato maggiore, fino al 1900 l’Argentina continuò a dipendere dall’estero, inviando i
migliori ufficiali presso scuole e accademie di guerra straniere. Tra costoro due ufficiali di origine
italiana, il tenente Angel Allaria, allievo alla scuola di guerra di Torino e il capitano Pablo
Ricchieri, futuro direttore degli arsenali, capo di stato maggiore e infine ministro della guerra
all’inizio del nuovo secolo, formatosi a Bruxelles.
Nel giugno 1888 il maggiore d’artiglieria Ricardo A. Day e il capitano di fanteria Augusto A.
Maligne furono incaricati di redigere un regolamento unico di tattica e di servizio. Nel dicembre
1883 furono istituite le scuole serali reggimentali per i militari analfabeti, mentre la scuola
sottufficiali (cabos y sargentos) d’artiglieria fu estesa anche alle altre armi. Nel 1888 contava 13
ufficiali, 6 militari di truppa e 112 allievi. Il 2 settembre 1890 fu ridesignata Escuela normal de
clases de tropa del Ejército - con corsi di tiro, ginnastica, scherma, armi, amministrazione e
regolamenti - e gli allievi furono ridotti a 100 caporali o sergenti annualmente distaccati dai
reggimenti (uno per ogni compagnia, squadrone e batteria). Va comunque sottolineato che la
scuola era un istituto di addestramento e non di reclutamento dei sottufficiali. Infatti caporali e
sergenti erano scelti dai rispettivi colonnelli fra i militari di truppa con almeno sei mesi di anzianità
nel grado precedente.
Il 28 marzo 1887 lo stato maggiore istituì una escuela normal de tiro con corsi quadrimestrali per
istruttori. Corsi analoghi furono organizzati dalla guardia nazionale a Corrientes, Cordoba, Salta,
Entre Rios, San Juan e Jujuy.
Come Sarmiento, neanche Roca riuscì ad aggiornare le Ordenanzas del 1768. Non produssero
alcun risultato le due commissioni nominate il 21 gennaio 1881 rispettivamente per le norme
penali e amministrative (includevano i generali Octavio Olascoaga, il sergente maggiore
d’artiglieria Cesareo Dominguez e i dottori Manuel Obarrio, Estanislao Zeballos, Carlos Pellegrini
e Rafael Ruiz de los Llanos).
Si deve osservare che soltanto 7 interventi, poco più di un terzo, furono effettuati per difendere le
autorità costituite contro sollevazioni armate dell’opposizione (3 volte a San Luis, 1 a Mendoza,
Catamarca, Santa Fe e La Rioja). Oltre la metà degli interventi, 10, furono diretti contro ribellioni
dell’autorità locale e a favore dell’opposizione (ben 4 volte a Santiago del Estero, 1 a Mendoza,
San Luis, Catamarca, La Rioja, Tucuman e Corrientes) mentre in altre 2 occasioni (Buenos Aires e
Tucuman) il governo rimase neutrale tra le fazioni in lotta.
Nel luglio 1891 un gruppo di sottufficiali sollevò il battaglione provinciale di Corrientes e il RI 3
dovette intervenire nella provincia di Catamarca, ma l’episodio più grave fu l’insurrezione civica
di Cordoba, repressa con un bilancio di 23 morti e 171 feriti.
Il 26 luglio scoppiò una nuova insurrezione diretta da Manuel Campos. Gruppi radicali guidati da
Marcelo T. de Alvear bloccarono a Temperley l’avanzata delle truppe lealiste. In varie località si
svolsero combattimenti, il più importante a Ringuelet. A San Luis vi furono 4 morti. Il 30, dopo 38
ore di combattimenti con un bilancio di 104 morti e 268 feriti, i radicali si impadronirono anche di
Santa Fe e Rosario, formando una milizia di 8.000 uomini a Buenos Aires e un governo
provvisorio a La Plata. Il gabinetto d’emergenza presieduto da Aristobulo del Valle intavolò un
negoziato coi ribelli, mentre il generale Rudecindo Roca riprendeva Rosario. Ma in settembre i
radicali ripresero Santa Fe e Tucuman. Il presidente Saenz Pegna proclamò lo stato d’assedio e
spedì Pellegrini a ristabilire l’ordine col generale Francisco Bosch e 1.200 uomini (2 battaglioni di
fanteria, 1 del genio, 1 squadrone e 2 batterie, trasferiti per ferrovia (3 convogli e 93 vagoni). Il 2
ottobre Alem fu catturato. L’ultima insurrezione dell’anno avvenne in dicembre ancora a
Tucuman, dove il RI 3 schiacciò la sollevazione del RI 11.
Intanto l’industrializzazione, la caduta dei salari reali degli operai favorita dall’immigrazione (da
1.5 a 0.81 pesos nel decennio 1880-91), la sindacalizzazione e la cospirazione anarco-comunista
importata dagli italiani configurarono un nuovo tipo di resistenza sociale all’ordine borghese. Nel
1895, l’anno in cui venne ufficialmente costituito il Partito socialista operaio internazionale, si
verificarono 19 scioperi, coinvolgendo 22.000 partecipanti e una trentina di categorie, in
particolare ferrovieri, grafici, metallurgici, portuali, muratori, tranvieri carrettieri e panettieri (il cui
sindacato era la roccaforte degli anarco-comunisti). L’ondata di scioperi dei marittimi, portuali e
ferrovieri proseguì fino al 1898 (vi fu anche un tentativo di piegare lo sciopero dei ferrovieri
ingaggiando crumiri a Genova, frustrato dalla solidarietà internazionalista dei disoccupati italiani).
* l’incidenza si riferisce al solo bilancio ordinario: le spese straordinarie dell’esercito e della marina incidono
complessivamente per un ulteriore 17% del Bilancio dello Stato.
Nel 1897, a seguito di una risoluzione della Corte suprema, l’esercito dovette congedare i
militari ventenni coniugati. Per quanto riguarda gli ingaggi volontari, nel 1898 si tornò brevemente
al sistema centralizzato, ma il 24 ottobre il Deposito delle reclute fu nuovamente soppresso (ad
eccezione del reparto musicanti) ripristinando per la seconda volta gli uffici di ingaggio
provinciali.
1. DA ROCA A YRIGOYEN
D’altra parte Roca offerse spazi di rappresentanza all’opposizione con la riforma del sistema
elettorale, proposta dal ministro degli interni Joaquin V. Gonzalez, che adottava il voto segreto e il
collegio uninominale, approvata il 12 dicembre 1902. Pellegrini, che aveva osteggiato la riforma e
difeso il diritto di vendere il voto, convocò assieme a R. Saenz Pegna una “conferenza dei
notabili”, dalla quale si riprometteva di trarre la propria candidatura alle presidenziali del 1904.
Ma la fazione di Roca e del governatore bonearense Ugarte sabotò l’iniziativa, garantendo
l’elezione del portegno Manuel Quintana, antiroquista ma isolato, in coppia con il cordobese J.
Figueroa Alcorta (peraltro gradito a Pellegrini).
Tra le prime misure di Quintana vi fu il ripristino del vecchio sistema elettorale della lista
completa. Fu la causa scatenante della terza ed ultima insurrezione civico-militar, scoppiata il 4
febbraio 1905 ed estesasi ad una dozzina di unità dell’esercito, in particolare del genio. Nella
capitale il piano, nel quale erano coinvolti i RI 2 e 6, il RC 9 (Escolta) e la scuola sottufficiali, fu
scoperto e neutralizzato, ma nell’interno si sollevarono varie guarnigioni, a Bahia Blanca il 1°
zappatori, a Rosario il RI 9, a San Lorenzo il RAC 3. A Cordoba il RI 8, il RC 10, il 3° ferrovieri e
il 4° telegrafisti attaccarono senza successo la caserma del RAC 2, rimasto fedele al governo. Ma
gli scontri più duri si verificarono a Mendoza, dove si sollevarono il Batallon Cazadores de los
Andes, il RC 1 e i RAM 1 e 2, in tutto alcune centinaia di uomini con 11 cannoni, sconfitti a
Panquehua dalle truppe lealiste del colonnello Antonio Tiscornia.
Il bilancio fu di almeno 300 vittime: un centinaio a Cordoba, 80 (20 morti e 60 feriti) nella
capitale, 41 (12 m. e 29 f.) a Santa Fe e 50 a Mendoza. A seguito della rivolta, il 28 settembre
furono approvate le leggi n. 4707 e 4708, che ribadivano l’incompatibilità tra il comando di truppe
attive e la partecipazione ad attività politiche (consentendo però la candidatura elettorale) e
autorizzavano il presidente, in caso di emergenza interna, a istituire tribunali speciali di guerra,
dove non si ammettevano difensori civili.
La politica estera
Fu in definitiva l’integrazione nel mercato imperiale britannico ad assicurare lo sviluppo
dell’Argentina a spese dell’Europa continentale. Questa ormai secolare dipendenza economica e
finanziaria dagli inglesi imponeva una coesistenza pacifica con gli altri Stati sudamericani, e in
particolare col Cile e il Brasile, rispettivamente tutelati dall’Inghilterra e dagli Stati Uniti. Da Roca
a Yrigoyen, tutti i governi argentini cercarono di bilanciare il capitale inglese con la cooperazione
navale e militare con l’Italia e la Germania e con la rivendicazione di un ruolo guida sui tre stati
limitrofi che avevano fatto parte del viceregno spagnolo del Plata (Bolivia, Paraguay e Uruguay) e
perfino sul Cile e il Perù.
Per questa ragione, proprio mentre gli Stati Uniti conquistavano con la forza gli ultimi due bastioni
dell’impero coloniale spagnolo, Cuba e le Filippine, Roca intensificò i rapporti di amicizia e
cooperazione culturale con la Spagna e omise dall’inno nazionale le strofe antispagnole. Anche i
suoi successori contrapposero l’hispanidad alla latinidad dei brasiliani, rifiutando ogni progetto di
unità “panamericana”. Proprio Luis Maria Drago - il ministro degli esteri di Roca che nel 1902
aveva provocato il “corollario Roosevelt” alla dottrina Monroe - contrapponeva una concezione
“globalista” dell’America a quella “emisferica” di Monroe: “l’America all’umanità”, anzichè
“l’America agli americani”.
In ogni modo l’Argentina non poté impedire a Cile e Inghilterra di consolidare il rispettivo
controllo dei passaggi a Sud-Ovest e dell’Antartide. Nel 1904, dopo averle gradualmente
occupate, il Cile reclamò la sovranità sulle tre isole all’imboccatura atlantica del canale di Beagle
(Picton, Nuova e Lennox) e nel 1908 il governo inglese dichiarò che le isole Georgie, Shetland e
Sandwich Australi e la Terra di Graham facevano parte della giurisdizione delle Falkland.
Nel 1909 Figueroa Alcorta e il suo ministro Estanislao Zeballos ruppero le relazioni diplomatiche
con La Paz a causa delle violente proteste di piazza contro l’arbitrato argentino nella controversia
territoriale boliviano-peruviana. I rapporti furono ristabiliti solo il 13 dicembre 1910, con le scuse
del governo boliviano. Saenz Pegna e il suo ministro Ernesto Bosch dovettero invece affrontare la
crisi paraguayana del 1911, sfociata nella guerra civile tra il governo colorado del generale
Caballero, sostenuto dagli agrari e dal Brasile, e gli insorti liberali, espressione dei ceti medi urbani
e degli esportatori.
Diversamente dal governo, gli insorti rifiutarono di aderire all’invito del corpo diplomatico di
Asuncion, promosso dalla legazione argentina, di dichiarare la capitale “città aperta” e le
cannoniere ribelli colpirono anche navi argentine. Alla proteste ufficiali, Buenos Aires fece seguire
l’invio della cannoniera Paranà che più tardi, assieme al vapore Lambaré, accolse a bordo
oppositori e ribelli, di fatto sostenuti dal nuovo governo riformista argentino. Il 23 gennaio 1912
quest’ultimo ruppe le relazioni diplomatiche con i colorados, subito ristabilite dal nuovo governo
liberale di Liberato Rojas.
* acquisti straordinari (1911-12 +6% Bil. Stato, 1913 +3%, 1914 +2%, 1915/16 +0.6%).
3. LO STATO MAGGIORE
4. LE TRUPPE
Fu il nuovo ministro della guerra della presidenza Figueroa Alcorta, generale Fraga, a proporre il
nuovo ordinamento approvato con decreto 31 gennaio 1907. Senza ancora variare la forza
bilanciata, l’esercito fu riordinato per la prima volta su 5 Divisioni quadro, una per ciascuna
regione, su 2.400 uomini in pace e 8.000 in guerra, così ordinate:
Ø12 compagnie in pace e 48 in guerra;
Ø4 squadroni;
Ø4 batterie (3 di cannoni e 1 di obici):
Ø3 compagnie genio (zappatori, pontieri, telegrafisti);
Ø1 compagnie del treno.
Dal comando dell’Esercito dipendevano inoltre la Divisione di cavalleria del Chaco (16
squadroni), 6 batterie da montagna e 2 compagnie ferrovieri, per un totale di altri 2.400 uomini. In
definitiva, rispetto all’ordinamento Ricchieri del 1902 quello del 1907 soppresse 8 compagnie, 16
squadroni e 3 batterie da montagna, mentre furono aggiunte 5 batterie obici, 8 compagnie del
genio e 2 del treno, con un saldo negativo di 12 unità minori (scese da 155 a 144).
Il numero complessivo dei reggimenti rimase quasi invariato, perchè quelli di fanteria furono
ridotti da 4 a 3 compagnie (una delle quali, tuttavia, con effettivi di guerra) e con le quarte
compagnie furono costituiti 6 nuovi “reggimenti” (RI 15-20). Venne anche razionalizzata la
numerazione progressiva, assegnando i primi quattro (RI 1-4) alla RM 1, i seguenti quattro (RI 5-8)
alla RM 2 e così via fino alla RM 5.
In compenso la cavalleria fu ridotta da 13 a 9 reggimenti (e da 52 a 36 squadroni) di cui 5
divisionali e 4 riuniti in 1 Divisione su 2 brigate di stanza nel Chaco. I 5 reggimenti d’artiglieria
divisionale (artilleria montada) aggiunsero alle 3 batterie cannoni da 75/28 una 4a di obici da
105/12, mentre l’artiglieria da montagna fu contratta a 2 gruppi da montagna su 3 batterie cannoni
da 75/13. Il genio formò a sua volta 6 battaglioni (1 ferrovieri su 2 compagnie e 5 misti divisionali
su 3), mentre il Battaglione del treno fu sostituito da 5 compagnie divisionali.
Nel 1910 furono incorporate 16.410 reclute su 45.000 iscritti di leva (36.5%) e nel 1911 l’esercito
attivo contava già 21.531 effettivi, saliti nel 1920 a 25.904.
L’armamento dell’esercito
All’inizio del XX secolo l’armamento dell’esercito includeva:
Ø210.000 fucili e carabine Mauser mod. 1891
Ørivoltelle Colt mod. argentino 1895 cal. 9.22
Ø200 mitragliatrici Maxim-Nordenfelt mod. 1891
Ø180 cannoni da campagna da 75/24 Krupp mod 1895
Ø180 cannoni da campagna da 75/28 Krupp mod 1898
Øcannoni da montagna da 75/13 Krupp mod 1896 e 1898
Ø26 cannoni da 105 Krupp
Ø36 obici da 105/12 Krupp mod. 1898/1902
Ø12 pezzi da assedio da 130/26 Krupp mod. 1902
Ø10 mortai Schneider-Cannot da 220 mm
Già negli anni Ottanta una parte delle artiglierie Krupp era stata assemblata in Argentina, ma le
capacità tecniche degli arsenali argentini erano limitati alla produzione di armi bianche. Soltanto a
partire dal 1911 venne seriamente avviata la produzione di armi leggere (fucili e carabine Mauser
mod. 1909 modelo argentino) e munizioni per l’esercito. Nel maggio 1917 l’arsenale principale
(Buenos Aires) e i 2 regionali del Centro (Rio Quarto) e del Litorale furono intitolati ad eroi e
battaglie dell’indipendenza (“Esteban de Luca”, “José Maria Rojas” e “San Lorenzo”).
Con decreto 1° febbraio 1902 fu istituita presso l’arsenale principale la scuola operai militari
(EOM) con 60 becarios e 10 aggregati ammessi tra i 14 e i 18 anni, con preferenza tra figli e
parenti di militari. Gli apprendisti, con diritto a vitto e salario mensile di 3 pesos, contraevano
l’impegno a lavorare per sei anni presso gli arsenali militari. Nel 1909 si aggiunse alla scuola il
corso armieri (EOMA) e la durata dei corsi fu elevata a due bienni, con due esami pratici di
qualificazione per meccanici di 2a e di 1a categoria. Nel 1913 la scuola fu specializzata per i soli
armieri (EAM) con corsi triennali per 80 apprendisti, tutti becarios non retribuiti, con impegno di
lavoro quinquennale al termine dei corsi.
5. MARINA ED AVIAZIONE
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