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COMPOSTI INORGANICI

E ORGANICI
@ I principali composti inorganici
PEROSSIDO DI IDROGENO
Il perossido di idrogeno (H ). chiamato co-
munemente acqua OS5igenata, è acqua con un
ossigeno in più. È un composto instabile e si de- H
compone in H O e O. È un liquido corrosivo e
pericoloso, per cui non viene mai usata in forma
pura. L’acqua ossigenata che si compra in farma-
cia è una soluzione acquosa al 2-3 */o e può essere H k6 un ossigeno in piu
maneggiata con tranquillità: viene di solito usa- dell’art a, ù 0.
ta come disinfettante. In forma più concentrata Hz 2
H viene usata come sbiancante della cellulosa
nella produzione della carta.

£AkB0NAT0 DI SODIO
Il carbonato di sodio (Na CO,) viene chiamato
soda da bucato perché è usato solitamente nel bu-
cato per il suo potere sbiancante e sgrassante.
Può essere preparato mediante decomposizione
termica del bicarbonato di sodio (NaHCO ): c |l tarbo»ato di .odio
ha d e ato i di sodio.
Na+— : Ogi . Ó: Na+
2NaHCO, N **2 CO 3 + H z +C 2

IDROSSIDO DI SODIO
L5drossido di sodio (NaOH) è noto anche come
soda caustica perché ha la proprietà di scottare la Na+ :OH
pelle. Si ottiene per elettrolisi di una soluzione ac-
U:drossido di sodio è
quosa di NaC1 (cloruro di sodio). Viene usato per d SO d ÓduS Cd.
fabbricare il vetro e i saponi.

OSSIDO DI CAL£I0
0ss’i eno
Chiamato anche calce viva, l’ossido di calcio
(CaO) viene preparato per decomposizione ter-
mica del carbonato di calcio a 800 °C. Aggiun-
gendo acqua alla calce viva si forma lfidrossido di
calcio o calce 5penta, una base forte e poco solu-
bile. Quest’ultima reazione è detta «spegnimento
della calce». Il latte di calce invece è costituito da
una sospensione di idrossido di calcio in acqua.
L’ossido di calcio è anche un costituente di base
del cemento, che infatti si ottiene dalla cottura di
calcare e argilla.


m« • mw• ChimiC@ COMPOSTI INORGANICI E ORGANICI

OSSIDO DI CARBONIO 0 MONOSSIDO DI CARBONIO


L’ossido di carbonio (CO) è un gas velenoso ed estremamente pericoloso perché incolore, ino-
dore e insapore. È contenuto nei gas di scarico dei motori, dove si forma per combustione in-
completa degli idrocarburi.
È una molecola molto stabile perché presenta due forme di risonanza e una di queste possiede
un triplo legame carbonio-ossigeno. Nell’industria viene prodotto per ossidazione parziale del
metano (2CH4 + - 2CO + 4H ) È usato principalmente per produrre il metanolo.
Viene anche usato nell’industria metallurgica per ridurre certi ossidi a metalli. Per esempio:
FeO + CO *e + 2•

§•esfe sono
le due forme
112,8 pm dì risonanza
gell’ossigo gi

.e
:C O

ANIDRIDE CARBONICA 0 DIOSSIDO DI £ARB0NI0


Lanidride carbonica (CO ) è il prodotto finale della combustione completa dei composti orga-
nici. Si prepara in laboratorio per reazione di un carbonato con un acido e, industrialmente, per
decomposizione termica del carbonato di calcio. È usata nella fabbricazione del carbonato di
sodio, nella produzione di bevande gassate, negli estintori e come refrigerante (ghiaccio secco).

CON 180º
rison6nz.6 óke
la rendono

AMMOFIIACA
hJon confondere L’ammoniaca (NH,) è un gas irritante da11’odore pungente. È solubile in acqua e, una volta
l'ommonioco con H Mq, disciolta, rende la soluzione basica formando idrossido di ammonio (NH4OH). Scioglie i metalli
CON Ò Ì’OC ÌÒ O OZOtÌ Ò FÌCO,
molto i-eattivo e del gruppo I e Il formando soluzioni di colore blu. Viene usata come fertilizzante e nella sintesi
i Il fiO IT MO Ò iI e . di acido nitrico, coloranti e prodotti farmaceutici.

piramidale
NH, ‘ H N H N 107,3°
H
triangolare
H H
H
IDRAZINA
L’idrazina (N2H4) è un liquido incolore e tossico.
È un forte agente riducente e brucia con violenza
producendo No e H O. È solubile in acqua ed è una
base debole.

H 2 N — NH 2
Model lo a sfere e basR»6ini

IDROSSILAMMINA
Ne1l’idrossi1ammina (NH2 H) l’atomo di azoto ha numero di ossidazione —1. E un solido
bianco cristallino che può esplodere facilmente. È una base debole con proprietà ossidanti.

BIOSSIDO DI ZOLFO
Il diossido di zolfo (SO2) è un gas ed è uno dei principali inquinanti atmosferici. Presenta tre
forme di risonanza che lo rendono molto stabile. È un composto anfotero, perché può com-
portarsi sia da base sia da acido di Lewis. È solubile in acqua formando acido solforoso, che è
responsabile delle piogge acide.

NN
O. . O. O'-tO. .O. Le tre forme di
risongnz.a del diossido

Q I principali composti organici


METANOLO 11 cetriolo ha
Noto anche come spirito di legno, il metanolo
(CH,OH) ha una struttura tetraedrica. A tem-
peratura ambiente si presenta come un liquido H
incolore dal1’odore caratteristico. È molto vola- H — C — OH
tile ed estremamente infiammabile. È completa- H
mente solubile in acqua e in molti solventi orga-
nici come il cloroformio. E tossico. Viene prepa-
rato per combinazione diretta di monossido di
carbonio e idrogeno:
CO + 2H z U ÙH3OH.
Q$, • m,m• Chimico COMPOSTI INORGANICI E ORGANICI

ETAIJOLO
Comunemente chiamato alcol (etilico), l’etanolo (CH,CH 2 H) è prodotto dalla fermentazio-
ne alcolica. È un liquido incolore, volatile ed estremamente infiammabile. È solubile in molti
solventi organici e in acqua. È usato come combustibile al posto della benzina e per la produzio-
ne di profumi.
H H
1 1
H —C —C — O — H
1 1
H H

CLOROFORMIO
Il cloroformio (CHC1,) è un alogenuro alchilico, noto anche come freon 20 o CFC 20. A tempe-
ratura ambiente è un liquido trasparente abbastanza volatile. Non è infiammabile. È nocivo. A
livello industriale è prodotto riscaldando una miscela di cloro e metano a 500 °C (CH4 + 3< 2
CHC1, + 3HCl). Un tempo era usato come anestetico.

Cl
1
H — C — Cl
l
Cl

fiSfiIYiPI0 $V0tT0
La calce viva ha formula:

aO C££(OH)z Ca 2

La calce viva è l’os- Questa è la formula Questa formula non Questa è la formula Questa è la formula
sido di calcio. dell’idrossido di cal- esiste perché il calcio del perossido di del carbonato di cal-
cio (calce spenta). è bivalente. calcio, in quanto il cio, comunemente
numero di ossidazio- chiamato calcare.
ne dell’ossigeno è — 1.
LE REGIO NI CHIMICHE •
Q Le equozioni di reozione
Le reazioni chimiche sono trasformazioni in cui una o più sostanze chiamate reagenti si tra-
sformano in nuove sostanze chiamate prodotti. Quando i reagenti si trasformano in prodotti,
gli atomi dei reagenti si ricombinano tra loro in modo diverso e modificano anche la loro posi-
zione reciproca nello spazio.
Per rappresentare una reazione chimica, utilizziamo il seguente 5chema di reazione o equazione
chimica:

in cui reagenti e prodotti sono descritti da formule che si ricavano grazie alle indagini dell’ana-
lisi chimica.

CO2
CHE l molecola di diossido di carbonio
(IC; 20) 2H O
1 molecola di metano 2O 2 molecole di acqua
(IC; 4H) 2 molecole di ossigeno (4H; 2O)
(40)

La reazione di combustione del metano con l’ossigeno produce acqua e diossido di carbo-
nio e viene schematizzata in questo modo:
CH4(g) + 2 zp) z9› + 2 H z $)

In uno schema di reazione compaiono due tipi di numeri:


• gli indici delle formule (scritti in piccolo sotto i simboli degli elementi) ci dicono quanti
atomi di un elemento sono presenti nella molecola,-
• i coefficienti stechiometrici (scritti in grande davanti alle formule dei reagenti e dei pro-
dotti) indicano quante molecole di reagenti e di prodotti prendono parte alla reazione.
In basso a destra di ogni formula compaiono anche dei simboli tra parentesi che indicano lo sta-
to fisico delle sostanze, cioè: lg) = gassoso, (/) =1iquido, (e) = solido e (ag) = soluzione acquosa.

Poiché qualsiasi reazione chimica ubbidisce alla legge di conservazione della massa (legge di
Lavoisier), i coefficienti stechiometrici vengono scelti in modo che il numero totale di atomi di
ogni elemento presente nei reagenti sia uguale a quello presente nei prodotti. Il procedimento
da seguire per trovare i coefficienti stechiometrici si chiama bilanciamento.

Bilanciare una reazione significa trovare i coefficienti stechiometrici giusti, in modo che
il numero di atomi di ogni elemento sia uguale nei due membri dell’equazione.

I passaggi per scrivere una reazione chimica sono i seguenti.


1) Stabilire quali sono i reagenti e i prodotti.
2) Scrivere le formule dei reagenti separate dal segno «+», poi una freccia orientata verso destra
e quindi le formule dei prodotti.
3) Bilanciare lo schema di reazione introducendo i coefficienti stechiometrici che consentono
di conservare inalterato il numero di atomi di ciascun elemento. Attenzione: non cambiare
mai gli indici al piede dei simboli per ottenere il bilanciamento di una reazione, perché altri-
menti la formula del composto cambia e la sostanza diventa completamente diversa.
m« • x•tw ChimiC@ LE REAZIONI CHIMICHE
Non esistono istruzioni precise per bilanciare una reazione. I coefficienti stechiometrici vanno
scelti di volta in volta e introdotti in successione, fino a che il numero di atomi di ciascuna specie
non coincide da una parte e dall’altra della freccia. Possiamo tuttavia seguire tre semplici regole:
1) bilanciare per primi gli atomi diversi da idrogeno e ossigeno;
2) se uno ione poliatomico compare sia nei reagenti sia nei prodotti (per esempio SO4 ), deve
essere bilanciato come gruppo di atomi (cioè come un tutt’uno);
3) bilanciare per ultimi gli atomi di idrogeno e ossigeno, se presenti.
Riconsideriamo l’equazione della reazione di combustione del metano:

C H 4$ ) + 2 zg 2H z g)+ C 2(g)

Essa ci informa che, se vogliamo bruciare una molecola di metano, sono necessarie due mole-
INQUADRA E GUARDA!
cole di ossigeno gassoso: il numero di molecole di ossigeno necessario per la combustione è il
Bilanciare le
equazioni chimiche doppio di quelle di metano.
(non redox) L’equazione di reazione di una qualsiasi trasformazione chimica rende evidenti i rapporti se-
condo cui si combinano i reagenti e si formano i prodotti.

J I diversi Pipi di reazione

Talvolta è sufficiente conoscere la natura e la formula dei reagenti per prevedere quali pro-
dotti si formeranno.
Molte reazioni chimiche avvengono secondo schemi abbastanza semplici, che si possono ricon-
durre a quattro tipi fondamentali, in base a come si ricombinano tra loro gli atomi dei reagenti.

Tipo di reazione Schema di reazione


° sintesi A + B —• C
decomposizione C —• A + B
scambio semplice (sostituzione) A + BC B + AC
scambio doppio (metatesi) AB + CD —• AD + CB
é, B, C e D sono All armi o
che yarteciya»o alla rea=io»e

Le reazioni di sintesi sono reazioni in cui da due o più sostanze si ottiene un solo prodotto.

|l SimbOlO Ó (Cielo mgi\^SóOlg) L•C rgg¥ùoni in óUi Ung SO nZ.ò Si óornbind óOn
in¢lióa óke la reazione l’ossigeno con emissione ¢li luce e ¢|i valore sono
richiede ris6dlddmee{o. de(te reazioni di to•b«dione
• Reazione di sintesi Esempio
1 non metallo + ossigeno —• ossido acido Cg( )

2 metallo + ossigeno —• ossido basico 2Cu ls) + 2(9) —• 2CuO (s)

3 metallo + non metallo —• sale binario 2Al,) + 3I2(s) 2AlI@$g/


4 metallo + idrogeno —• idruro 2Li(,) + Htp) —• 2LiH(s)
5 alogeno + idrogeno —• idracido Cl2() + Hzgi —• 2HCl¿j
6 ossido acido + acqua —• ossiacido S 3(g) + HMO(/ H 2S O4(ag)

7 ossido basico + acqua —• idrossido BaO(,) + H 2 (d —• B à(OH )ztaqj


Si ha una reazione di decomposizione quando un reagente si scinde in due o più
prodotti. Le reazioni di decomposizione possono essere considerate l’inverso delle
reazioni di sintesi. Sono tutte favorite dal riscaldamento a temperatura elevata.

Sostanze decomposte Esempio ... con


1 perossido di idrogeno MnOz
2H,O,t 2H,O ” 2$) liberazione
di ossigeno
2 clorato di potassio 2KClO3(s) - 2KClt,j + 3Otg)
3 carbonati
(eccetto quelli dei metalli alcalini) CaCO,(y) CaO(y) + C 3) liberazione
4 bicarbonati g di anidride carbonica
2NaHCO3( ) -•-• N à zCO3(y) + C zg) + H zO $)

5 idrossidi
Ni(OH) (5) —• NiO(,) + H z 9)
liberazione di acqua

Fra le reazioni di decomposizione sono particolarmente significative quelle che portano alla
liberazione di ossigeno gassoso ( ) ppure di diossido di carbonio (C )

Le reazioni di formazione dei sali rientrano nelle quattro categorie di reazione viste finora.

L-d piu imyorHnH redzioee di frormdzione


de: soli C la reazione di ne•(raliz.z.azione.

Reazioni di formazione dei sali Esempio


acido + base (idrossido) sale + acqua H2SO4 + Mg(OH )2 MgSO4 + 2H2
acido + ossido basico —• sale + acqua H S 4 + MgO —• MgSO# -b Hz
anidride + ossido basico sale SO, + MgO —• MgSO4
acido + metallo —• sale + idrogeno Mg + H2S 4 MgS 4 + Hz
anidride + idrossido sale + acqua SO, + Mg(OH ) MgSO4 + H2
acido + sale —• acido + sale H S 4 + MgS —• MgSO4 + H22S
sale + sale sale + sale MgCl + N**z CO3 MECO + 2 NaC1

la Jor••azione dei sali deriva anche dalle reazioni di doppio


s68mbio (ra due soli o (r8 ue atido e ue sale.

ESEMPIO SV0£T0
Dalla reazione di quale delle seguenti coppie di sostanze si ottiene come prodotto un sale?

CaO + H2 2 -r C 2 Li ‘l• H z

La reazione tra un La reazione tra un La reazione tra un La reazione tra un La reazione tra
ossido e l’acqua metallo e lossigeno ossido e un’anidride metallo e l’acqua un’anidride e acqua
dà un idrossido. dà un ossido. dà un sale. dà un idrossido. dà un acido.
m« • x•tw ChimiC@ LE REAZIONI CHIMICHE

Q Le reazioni di scambio o spostamento


Nelle reazioni di scambio semplice, un elemento sposta un altro elemento da un suo compo-
sto. Non tutte le reazioni di scambio possono avvenire spontaneamente; affinché ciò accada è
necessario che l’elemento libero (A) sia più reattivo di quello (B) che deve essere ‹spostato» dal
suo composto.

elemento composto elemento composto


più reattivo dell'elemento B meno reattivo dell’elemento A
A BC B AC

Reazione Esempio

Him + CuO ,) —• H 2O¿) + Cu,j

15 C
Spostamento 5C(g) + 2P2Os‹s ” su olo› + 4(g)
di un elemento
dal proprio ossido 2Al(,) + Cr O 3(s) AlzO , + 2Cr(,

2Mg,) + SiO i.i 2MgO ,) + Si(g)

2N¿s+2HgO( -+H zO)+2NàOH gQ)


Spostamento
dell’idrogeno Ni,j + H2O —• nes5una reazione
dai suoi composti

Ni ,j + 2HC (aq) H 2(Q) + NiC 2(aq)

Cu, + 2A NON(@q) 2Ag(,j + Cu(NO ),t„


Spostamento degli ioni
metallici dai loro sali Zn , + CuSO4(. —• Cu(,) + ZnSO4(. )

di ossidd Jd6i)rnenJe. Cu,j + ZnSO4 „ —• ne5suna reazione

Al
Si
La scala di reattività consente di prevedere come reagiscono i metalli.
Zn
Cr Nelle reazioni di scambio semplice un metallo più reattivo (in alto nella scala) sostituisce un
Fe
(H )
metallo meno reattivo (in basso nella scala) all’interno di un composto.
Ni Inoltre, un metallo che si trova in cima alla scala si ossida più facilmente di uno che si trova in
(C)
pg basso.
Cu
Hg Le reattività del carbonio e dell’idrogeno dipendono molto dalle condizioni di reazione.
Ag
Au

baala di matti+i di al nei el«eeti.


Le reazioni di doppio scambio
Appartengono a questa categoria tutte le reazioni in cui due composti si scambiano i «partner».
Le reazioni di doppio scambio possono avvenire solo se comportano la formazione di un gas,
di un solido insolubile (precipitato) o di un composto molecolare, per esempio l’acqua.

Reazione Esempio ... con

sale + acido BàC1Q$@q$ + H 2SO4(,Q) —• BaS 4(s) + 2HC /@q/

Nas (. ) + CuClt(,q) —• CuSt,) + 2NaCl(,qj formazione


di precipitato
sale 1 + sale 2 NiìzS(pq) + KN 3(.+ ne5suna reazione
(gli ioni restano in soluzione)

idruro + idracido NaH(,) + HCl(ag) N Cl($) + Hz(g)

carbonato + acido C àCO 3(s) + 2HCl (@Q) CaC1t(pq) -t- C t z ) H(q2

idruro + acido formazione di gas

sale di ammonio + idrossido NH4C1( )+ KOH Q) KC1(gg) ) -b H z

idrossido + acido 2KOH$@q$ + HQSO4 (qq/ KQSO4(pq) + 2H z Od(


formazione di acqua
ossido + acido NiO(,) + 2HN 3(aq) —• N Ì(NO3)z(aq j + H 2 (# (reazione di neutraliz-
zazione)
anidride + idrossido 3() + 2NaOH(,q) —• Na zS 4(ag) + HNO(

Q Le ossidoriduzioni
Le ossidoriduzioni o redox sono reazioni in cui alcuni elementi variano il loro numero di os- Puoi i ipassa i e le regole
pei l’assepiJazioiJe del
sidazione. r U ITìeFO Ò i OSS i Ò ZiOIJ e

L’ossidazione è un aumento del numero di ossidazione di un elemento, la riduzione è una di- in e I I O Sez iOiJ e 1 S .

minuzione del numero di ossidazione.


Supponendo che i seguenti numeri relativi indichino lo stato di ossidazione di ipotetici elemen-
ti, possiamo costruire il seguente schema:

ossidazione
Le reazioni
redox cons istono
essen zia I mente i n un
flUSSO d i e lettI”OId i d 0
Ò riduzione u il elemento O u il Oltro.

L’ossidazione e la riduzione avvengono sempre contemporaneamente. Nessuna sostanza può


essere ossidata senza che un’altra sia ridotta nello stesso momento. Durante una reazione re-
dox, quindi, una sostanza deve accettare gli elettroni perduti da un’altra.
In una reazione di ossidoriduzione variano i numeri di ossidazione degli elementi coinvolti.
Nelle reazioni redox si verifica che: INQUADRA E GUARDA!
Identificare le reazioni
• un elemento aumenta il n.o., quindi si ossida (perde elettroni); di ossidoridUZione
• un altro elemento diminuisce il n.o., quindi si riduce (acquista elettroni). (redox)
m« y j Chimi LE REAZIONI CHIMICHE
L’ossidazione e la riduzione sono sempre accoppiate tra loro perché gli elettroni non possono
perdersi: devono per forza spostarsi da un elemento (che si ossida) a un altro (che si riduce).

Per ri6orddre ld La sostanza che si ossida permette a un’altra specie di ridursi, e quindi si dice riducente.
la ya•ola “OPERE”:
Ossidazione Perde,
i UZùOfiC É \xIS • La sostanza che si riduce permette a un’altra specie di ossidarsi, e quindi si dice ossidante.

Generalmente gli elementi del gruppo I e Il sono forti riducenti, mentre gli elementi degli ulti-
mi gruppi sono ossidanti.
Sono tipici ossidanti l’ossigeno molecolare (Oh). il cio o molecolare (Cli). gli ioni permangana-
to (MnO,) e dicromato ( 2 ). Si deve tuttavia ricordare che nelle reazioni redox non ci sono
categorie assolute. L’acqua ossigenata (H ). per esempio, ossida parecchie specie trasforman-
dosi in acqua: H H
L’agente ossidante effettivo è costituito da11’atomo di ossigeno, il cui n.o. diminuisce: O(—1)
—• O(—2). In ambiente acido, l’acqua ossigenata viene però ossidata da un ossidante ancor più
energico, come lo ione dicromato (Cr 2 )

ESEMPIO DI REAZIONE REDOX

au enta ossida one

—eduriminuis du one —

0 0 +2 —2
2Mg + z MgO
0
Elemento Mq 2

Come varia il suo n.o.? aumenta diminuisce


2 —2
Che cosa fa? ... si ossida a Mg .. . si riduce a O

... riduce Oh ... ossida Mg

... l’agente riducente .. . l’agente ossidante


Quindi è... (n) t—z)
... la forma ridotta coniugata di Mg .. . la forma ossidata coniugata di O

Consideriamo ora la reazione redox tra magnesio e ossigeno per sottolineare la terminolo-
gia caratteristica di questo tipo di reazioni. Diciamo che:
• il magnesio si ossida perché il suo n.o. aumenta (Mg(0) —• Mg(+2));
• l’ossigeno si riduce perché il suo n.o. diminuisce (O(0) —• O(—2));
• il magnesio metallico è l’agente riducente perché provoca la riduzione dell’ossigeno, cioè
la diminuzione del suo n.o.;
• l’ossigeno è l’agente ossidante perché provoca l’ossidazione del magnesio metallico, cioè
l’aumento del suo n.o.;
• le due forme Mg(0)/Mg(+2) con cui si presenta il magnesio costituiscono una coppia
coniugata redox: Mg(0) è la forma ridotta perché ha n.o. minore; Mg(+2) è la forma
ossidata perché ha n.o. maggiore. Un discorso analogo vale per la coppia (O(0)/O(—2).

Ci sono poi reazioni di ossidoriduzione in cui uno stesso elemento si ossida e si riduce; a tali
reazioni si dà il nome di di5mutazioni o di5proporzioni.
La dismutazione o disproporzioneè una reazione redox in cui uno stesso elemento in
parte si ossida e in parte si riduce.

Per esempio, la reazione del cloro con l’acqua per formare acido cloridrico (HCI) e acido ipo-
cloroso (HCIO) è una disproporzione, perché un atomo di cloro si ossida passando da 0 a +1, un
altro si riduce passando da 0 a —1:

Cl2 + Hz HCl + HCIO

Q Il bilanciamento delle ossidoriduzioni


Le reazioni redox non sono sempre facili da bilanciare, perché a volte nello schema di reazione I bilonciamenti dei test
di a mm i ssion e son o
compaiono altre specie oltre all’ossidante e al riducente. in genere piuttosto
Se la reazione è scritta in forma molecolare (cioè se nella reazione non compaiono ioni), vale la semplici e i quiz possono
pena di utilizzare il metodo della variazione del numero di O55idazione. essere risolfi a partire
da i coefficienti forn iti
Se invece la reazione è scritta in forma ionica (cioè se nell’equazione compaiono ioni), conviene nelle risposte. Per
usare il metodo ione-elettro ne. CO fTì |D Ì PtEZZO , Ì Ì Ì UStI”lO IT1O

Entrambi i metodi, comunque, possono essere applicati a qualsiasi tipo di reazione redox e por- II e i p FoSS i IT i p F g I” li

tano allo stesso risultato. bila idciameidto, clie Ò


utile conoscere in ogni

@ Il metodo dello variazione


del numero di ossidazione
Per applicare questo metodo bisogna operare nel seguente modo.
1) Si trovano i n.o. delle specie chimiche coinvolte nella reazione.
2) Si individuano la specie che si ossida e quella che si riduce e si scrivono gli elettroni acquistati
o ceduti.
3) Attenzione alle molecole biatomiche! Si devono bilanciare le masse di questi elementi.
4) Si moltiplicano entrambi i membri in modo da ottenere come prodotti delle due moltiplica-
zioni il loro minimo comune multiplo (m.c.m.).
5) Si moltiplicano per i fattori trovati i coefficienti stechiometrici della specie che si ossida e di
quella che si riduce.
6) Si bilanciano tutte le altre specie atomiche seguendo lordine: metalli, non metalli, eventuali
anioni poliatomici, idrogeno e infine ossigeno.

ESEMPIO SVOLTO
Bilancia la seguente reazione di ossidoriduzione con il metodo della variazione del numero di ossidazione.
HYPO + Na Cr O, + HNO, —› H3PO4 + Cr(NO,), + NaNO3 -b Hz

SOLUZIONE
1) Calcolare il numero di ossidazione di tutti gli atomi. Ricorda che l’ossigeno ha sempre numero di ossidazione
—2 (tranne nei perossidi in cui il numero di ossidazione di O è —1) e l’idrogeno ha sempre numero di ossidazione +1
(tranne negli idruri in cui vale —1).

H P 2 + NazC• + HNO, —r H PO4 + Cr(NO ), + NaNO, + H2


2) Identificare gli atomi che cambiano numero di ossidazione. Il numero di ossidazione di P aumenta, passando
da +1 a +5; quindi P si ossida. Il numero di ossidazione di Cr diminuisce, passando da +6 a +3; quindi Cr si riduce.

H P 2 + Na Cr O + HNO, —r H,PO4 + Cr(NO,) + NiìNO3 + Hz


• ChimiC@ LE REAZIONI CHIMICHE

3) Scrivere due semireazioni: una per l’ossidazione e una per la riduzione. Una semireazione riguarda il fosforo,
l’altra il cromo:
H3P z H3PO4
Na Cr —› Cr(NO,),
4) Bilanciare gli atomi che si ossidano e si riducono. La prima semireazione è già bilanciata in termini di P, per cui
viene lasciata così com’è. Nella seconda semireazione ci sono due atomi di cromo a sinistra e uno a destra, per cui
aggiungiamo il coefficiente 2 di fronte a Cr(NO,) :
H3P z H3P 4
Na Cr O, —r 2Cr(NO )
5) Aggiungere il numero di elettroni persi e acquistati. L’atomo di fosforo perde quattro elettroni passando da +1
a +5. Il cromo acquista tre elettroni, passando da +6 a +3. Ci sono però due atomi di cromo, quindi in totale vengono
acquistati sei elettroni:
H,P —+ H,PO4 + 4e
Na C• + 6e —r 2Cr(NO,)
6) Bilanciare gli elettroni persi e acquistati. Le due semireazioni sono sbilanciate in termini di elettroni:
H,P H PO4 + 4e* Sarivi gli elettroni a66anto al l'ele ent Non il n« ero di ossidaNone
Na Cr + 6e —› Cr(NO ) ’ re, cos yo(rai iden(ific8re subit» ehi si ossida e ehi si riduce.
Nella prima vengono persi quattro elettroni, mentre nella seconda ne vengono acquistati sei. Per rendere uguale il
numero di elettroni persi e acquistati, moltiplichiamo tutti i coefficienti della prima semireazione per 3 e tutti i coef-
ficienti della seconda semireazione per 2:
3(H,P H P 4 + 4e*)
2(Na Cr2O + 6e* —› 2Cr(NO ) )
ottenendo:
3H,P 2 3H,PO4 + 12e*
2Na r2O7 + l2e —r 4Cr(NO,),
7) Inserire i coefficienti stechiometrici nell’equazionedi reazione complessiva. Otteniamo così:
3H PO + 2Na Cr O + HNO —+ 3H P 4 + 4Cr(NO ) + Ni1NO3 + Hz
8) Bilanciare tutti gli atomi diversi da O e H. Osserviamo che ci sono quattro atomi di Na a sinistra e uno solo a
destra. Aggiungiamo quindi il coefficiente 4 davanti a NaNO,:
3H P 2 + 2Na Cr + HNO —r 3H,PO4 + 4Cr(NO,)3 + 4NilNO3 + Hz
Occupiamoci ora di N. C’è un solo atomo di N a sinistra, mentre ce ne sono 16 a destra. Aggiungiamo quindi il coef-
ficiente 16 davanti a HNO :
3H P 2 + 2Na Cr O + 16HNO —r 3H P 4 + 4Cr(NO,) + 4NàNO3 -b Hz
9) Bilanciare O e H. Gli atomi di ossigeno sono:
a sinistra: O = 3 x 2 + 2 x 7 + 16 x 3 = 6 + 14 + 48 = 68;
a destra: O = 3 x 4 + 4 x 3 x 3 + 4 x 3 + 1 = 12 + 36 + 12 + 1 = 61.
Mancano sette atomi di ossigeno a destra. L’unico modo per aggiungere ossigeno a destra è aumentare il numero
di molecole d’acqua, perché tutti gli altri coefficienti stechiometrici risultano già calcolati e quindi sono «bloccati».
Aggiungendo 7H O a destra, il numero totale di molecole d’acqua diventa otto:
3H P 2 + 2Na Cr O + 16HNO —r 3H PO4 + 4Cr(NO ) + 4NàNO3 -b 8Hz
A questo punto l’idrogeno risulta automaticamente bilanciato:
a sinistra: H = 3 x 3 + 16 = 9 + 16 = 25;
a destra: H = 3 x 3 + S x 2 = 9 + 16 = 25.
Se si bilanciano prima gli idrogeni, gli ossigeni risultano automaticamente bilanciati.
@ Il metodo ione-eleNrone
Molte reazioni di ossidoriduzione avvengono fra composti ionici in soluzione acquosa. Poiché
in acqua tutti i composti ionici sono di5Sociati in ioni, per studiare le ossidoriduzioni è spesso
utile scrivere l’equazione in forma ionica, considerando soltanto gli ioni che prendono effettiva-
mente parte alla reazione e tralasciando gli ioni spettatori, che invece non reagiscono.

Nel metodo ione-elettrone, scriviamo un’equazione dove sono riportati soltanto gli ioni in-
teressati alla reazione, poi dividiamo la reazione in due semireazioni (una per l’ossidazione e
l’altra per la riduzione) che vengono bilanciate separatamente.
Gli ioni H“ e OH giocano spesso un ruolo importante nelle reazioni redox in soluzione acquo-
sa e quindi si ritrovano spesso inclusi nell’equazione netta.
In ambiente acido la reazione usa H* come reagente e produce H come uno dei prodotti. In
ambiente basico viene consumato OH* per formare acqua; in altre ancora Hai si comporta da
reagente producendo H+ o OH . Quindi, prima di applicare il metodo ione-elettrone, dobbia-
mo sapere se la reazione redox avviene in soluzione acida o basica.
Il metodo ione-elettrone è molto più semplice del metodo della variazione del numero di ossi-
dazione, perché non richiede il calcolo del numero di ossidazione degli elementi.
ESEMPIO SVOLTO
Quale delle seguenti combinazioni di coefficienti stechiometrici e, b, c, d, e deve essere utilizzata per bilanciare
la reazione che segue?
a deve essere •g•ale d c her bilanciare C•JJ
aCu + bHNO, —• cCu(NO3)2 + dNO + eH2O 6 deve essere il ¢Ìoyyio di e (per loil6nói6• kJ
<' i ' i = i a = 3; ti = fì, c = 3, fr = 2; ò = 8; c = 2; = 3; b = 8; a = 4; Il = 6; c = 2;
d = 1; e= 2 d - 2; e = 4 d = 4; e= 4 c = 3; d = 2; e = 4 d - 2; e = 3

Questa è l’unica risposta in cui è bilanciato anche l’ossigeno.


Si può anche procedere con il bilanciamento secondo il metodo ione-elettrone. Lo riportiamo
per completezza. La reazione è un’ossidoriduzione in cui Cu si ossida da 0 a +2, cedendo due elettroni,
mentre N si riduce da +5 a +2 acquistando tre elettroni. Le seniireazioni sono:
3 Cu Cu’“ + 2e
2 x NON + 3e + 4H“ NO + 2H,O
da cui: 3Cu + SHNO, + 2NO + 4H,O

ESEMPIO SVOLTO
Quale affermazione riferita alla seguente equazione chimica, che deve essere bilanciata, è corretta?
Mn 2 + HCI —• MnC 2 + C 2 + H2

11 manganese usi forma nn 2 iiioli Il cloro si riduce D) Sono necessarie fi una rearione
è l agente di Cl2 pé r ogni 4 moli di HCl di dismutazione
riducente molt di MnO2 per ogni mole
di Mn

La reazione bilanciata é:
MnO + 4HCl MnCl› + Cl + 2H2
11 inanganese (Mn) passa da n.o. +4 in MnO2 +2 in MnC12. riducendosi.
II cloro (CI) passa da n.o. — l in HCl a 0 in Cl„ ossidandosi.
m« • x•tw ChimiC@ LE REAZIONI CHIMICHE

@ Le pile e le celle eleNrolitiche


La pila (o cella galvanica) è un dispositivo in cui avviene di una reazione redox spontanea che
libera energia elettrica.

Nella cella elettrolitica, invece, si usa energia elettrica per far avvenire una redox nel verso op-
posto rispetto a quello spontaneo.
CONFRONTO TRA CELLA GALVANICA E CELLA ELETTROLITICA

Pila (cella galvanica) Cella elettrolitica

SOMI GLIANZE

Per ricorcÌare q•es@ Il catodo è sede della riduzione


comÌoinafione, pieni a
mente che Ca@¢lo e L’anodo è sede de11’ossidazione.
$i¢Ìuz-ione iniz-iano per
óonson6nfe, mentre I cationi migrano verso il catodo e gli anioni verso l’anodo.
¢noÀo e Ossidafione
DIFFERENZE

g Avviene una redox spontanea. Avviene una redox non spontanea.

Converte energia chimica in energia Converte energia elettrica in energia


<< vig§§ig/ore>>. elettrica. chimica.

Necessita di un generatore di corrente


È un generatore di corrente continua.
continua.

Il catodo è il polo positivo. Il catodo è il polo negativo.

L’anodo è il polo negativo. L’anodo è il polo positivo.

Una reazione chimica spontanea viene Una reazione chimica non spontanea viene
di ridu oee Sp e sfruttata per produrre energia elettrica. resa possibile grazie a energia elettrica.
so nz.a a subire iÌ
yroóesso ¢Ìi ricluzione.

ogni ser•icel1d,

in riferimento
all’ele(tr•do di
idrogeno, the in corrente continua maggiore di 1,10 V

óon¢Ìizioni s{an¢Ìar¢t

•g•dle a 0.
Zu Cu
anioni •

general dalla fila si

L dell’anodo.

SO,
R TEO ODINAMICA

@ Lo termodinamica
La termodinamica è la scienza che studia le leggi con cui i corpi scambiano (cedono
e ricevono) energia con l’ambiente sotto forma di calore e di lavoro.
sia energ io. Il nostro
organismo ò un classico
esempio d i sistema aperto:
La termochimica è una branca della termodinamica che studia gli scambi di calore che UO i CO II SU M i MO C i ÒO e
p rOd ue iO if O e n e rg i O , c h e
avvengono durante le reazioni chimiche. cedo mo OI I O mbiea te.
I sisfemi chiusi scambiano
con I‘a mbiente sOlta nto
eiJei“g io, iTìa non matei”ia.
PeF eSeI< piO, l’OCC| UO

Q Le reazioni esotermiche ed endotermiche M i II e FO I e i II U r O ÒOtIi Q I iO


sigillata ò un sistema
ch iuso, che puÒ soltanto
L’energia è la capacità di compiere un lavoro. Perciò, nel Sistema Internazionale energia e lavo- cedei”e a assoi bii e
ro hanno la stessa unità di misura: il joule (J). CO! OI“e @ 0 ! !’ 0 III@ 10 Id IN,
rOffi”eddOndosi a
Tutte le trasformazioni fisiche e chimiche (per esempio i passaggi di stato, la formazione di FÌ SC O l ÓO f1Ó OS Ì .

soluzioni e le reazioni chimiche propriamente dette) sono accompagnate da produzione o as- I sistemi isolati non
'2C 0 ITI Ò10 IX O CO ‘Ì 0 fTÌ Ò Ì e IX IN
sorbimento di calore. e M IeF Ó e el“ i

esso O leun cOiJtO ftO. U n


• Le reazioni esotermiche producono calore, cioè trasferiscono calore dal sistema all’ambiente.
esempio d i sistem a isolato
• Le reazioni endotermiche assorbono calore dall’ambiente. ò il liqu ido contenuto i n
U IX t!d e I”IT1OS C!J I U NO: ! 0

resta costume gi”azie al


po F t i C OIL Fe C OF te Il itOFe Che
Reazioni esotermiche Reazioni endotermiche
impedisce Io scambio d i
caIoi”e con l‘a mbiente.
Si formano molecole più stabili, con legami Si formano molecole meno stabili, con
più forti. legami più deboli.

L’energia potenziale del sistema diminuisce: L’energia potenziale del sistema aumenta:
il sistema trasforma una parte della sua il sistema assorbe calore dall’ambiente
energia potenziale in calore e lo cede e lo trasforma in energia potenziale.
all’ambiente.
energia potenziale dei reagenti energia potenziale dei prodotti ;y

L‘energia termico di un
coi po ò I‘e nei-g io ci n etica
di tutte le sue pa i“ticeIIe
(a to m i , m aI ec o I e a oi in i) .
L‘energia chimico di
un corpo ò I‘energio

energia potenziale energia potenziale II e i IeQ o IT i CII i M iC i CII e


dei prodotti dei reagenti uniscono le sue particelle.
I n tutte le reazioni
esotermiche l’energ io
L’energia chimica si trasforma L’energia termica si trasforma clii m ica del sistema
Ò i fTi i II U i sC e |oe I”C II Ó UU
in energia termica. in energia chimica. p I te Si tF sfOI ITI i II
e iJergia tei”mica (caIoi”e).
m«> « • w* Ch im ÈC@ LA TERMODINAMICA

Il calore liberato nelle reazioni esotermiche è dovuto alla formazione di prodotti con legami più forti
dei reagenti. I prodotti sono più stabili dei reagenti, cioè hanno un’energia potenziale minore.

energia potenziale

*j J Le funzioni di stoto
11 lovoro e il colore non Una funzione di stato è una grandezza fisica che dipende soltanto dallo stato in cui si trova un
SOIO O tUId ZiOI0 i @ i StO IO,
|DOFC IOÓ CO M Òi 0 ISO SOC OIL Ò O
sistema e non dal modo in cui il sistema ha raggiunto tale stato. Sono funzioni di stato: l’energia
il tipo particolare di interna (U), l’entalpia (H), l’entropia (S) e l’energia libera (C).
trO sformozione. Essi n on
d Ì pelo ÙOId O SOIO dOIIO StOtO
I IJ izio le e ÓO llO StOtO tÌlflole
Le vDriazioni delle funzioni di stato dipendono soltanto dallo stato iniziale e dallo stato finale
della ti asfoi mazione, iva della trasformazione e non dal percorso attraverso il quale si realizza la trasformazione stessa.
vengono scambiati con
l‘a mbiente.
L’energia interna U di un sistema è una grandezza estensiva che corrisponde alla somma dell’e-
nergia cinetica e dell’energia potenziale di tutte le particelle che compongono il sistema.

Poiché ogni reazione chimica è accompagnata da emissione o assorbimento di calore, ciascuna


sostanza possiede in un certo senso un proprio contenuto termico (cioè una certa quantità di
energia), che viene chiamato entalpia.

Lentalpia (H) è il contenuto termico di un sistema ed è definita dall’equazione:

Per una reazione a pressione costante, la variazione di entalpia AH è:


AH= b U + pAV
Questa relazione mette in evidenza che la grandezza H dipende sia dall’energia interna del siste-
ma sia dal prodotto pV, associato al lavoro subito o effettuato dal sistema di reazione. Infatti, se
in una reazione sono coinvolte sostanze gassose e aumenta il numero di moli, allora il sistema
compie un lavoro.

La variazione di entalpia AH di una reazione chimica è uguale al calore Q, scambiato


(ceduto o assorbito) a pressione costante.

Essendo una forma di calore, l’entalpia si misura in joule (J).


Quando la reazione avviene a pressione co- Il calore (Qp) che si libera in queste
stante, il sistema si espande e compie un lavo- condizioni non corrisponde a AU,
ro L per respingere l’atmosfera sovrastante. ma alla variazione di entalpia CH.

àH
L’energia interna
del sistema di-
óloridrióo,
minuisce perché
esso perde ener-
gia sotto forma
sia di calore sia di
lavoro.

La re6zuone mg mgrz•o e guito ólori rito C esoer/onióg (li/er6 ener/i6).

\ n’6l rg Dgr e vienc us6 per óo••/ierc \•n l6Voro L. sul)’6r•/ien e s/os ndo il

La variazione di entalpia CH che si verifica durante una reazione, essendo una funzione di stato, è
anche uguale alla differenza tra l’entalpia dei prodotti e l’entalpia dei reagenti:

CH —— —Q¿: reazione esotermica ‹CH < 0)

AH= +Q¿: reazione endotermica (AH > 0)

Processo esotermico Processo endotermico

‘’ reagenti prodotti
energia

energia

prodotti reagenti

negdtivd(cede valore)

L’en/ftf@1A 5toHdard di formazione di un composto è la variazione di entalpia che accompagna la


formazione di una mole di composto a partire dagli elementi che lo costituiscono, ciascuno nel
proprio stato standard (1 bar, 25 °C).

Il grado di disordine di un sistema può essere espresso mediante una grandezza chiamata
entropia, che indichiamo con S ed esprimiamo in J/K.
m«> « • w* Ch im ÈC@ LA TERMODINAMICA

L’entropia (S) è il grado di disordine di un sistema. Maggiore è la libertà di movimento


delle particelle, maggiore è il disordine del sistema e l’entropia elevata.

L‘entropio d i una sosta nza


dipende non solo dallo
StOtO fiSiCO MO 0 IEC Iù e ÒO IIO
temperatura. All‘aumenfa re |n un jds e moRCoR S muoVonO
della temperatura il moto
di agitazione term ica
nel|o sygaio, yeròke sono lon@ne tra
Ò 0 Ì Ì 0 |DO I”tÌC e Ì Ì +2 0 UfTÌ 0 Id IO ,
qui ndi il sistema d iveiJta loro e inÈera§isóono minimamente.
p i ù Ò i SOI”Ò i Il otO e I’e Il tFOp i

|n un li ui¢ o le Wotekote sono meno


libere di doversi, yeróhe sono
vicine tra loro e legale le one
alle altre da legami iÀro§eno.

L’energia libera G è l’energia disponibile per compiere un lavoro.

L’equazione che definisce l’energia libera, detta equazione di Gibbs, è la seguente:

C = H — TS
Questa equazione lega tra loro le grandezze fondamentali della termodinamica chimica: ener-
gia libera, entalpia ed entropia.

J Lo spontaneità delle reazioni


Reazione esolerm ica:
bH < 0 Dall’equazione di Gibbs si ricava che la variazione di energia libera è:
Reaz ione endolei m ica:
bH > 0 MG —— CH — TGS
Reazione esoergoiJ ica:
AG < 0 Questa equazione permette di prevedere se una reazione è spontanea o meno.
Reazione endoei gon ica:
bC > 0 Una reazione è spontanea quando l’energia libera del sistema diminuisce (AG < 0).

A partire dalla variazione di energia libera è possibile spiegare anche l’esistenza delle reazioni en-
dotermiche spontanee e delle reazioni spontanee che avvengono con una diminuzione di entropia.
Nel primo caso, l’aumento dell’energia immagazzinata nei legami (AH > 0), che li rende più de-
VO I Ì O Zi OIL e Ò i
energ io li bero
boli, è compensato da un aumento di temperatura, tanto che il termine TAS diventa maggiore
bG —— bH— TbS. di AH e il AL risulta negativo. Il termine contenente l’entropia, infatti, ha segno negativo; una
trasformazione che avviene con aumento di entropia contribuisce alla diminuzione dell’energia
libera C. Nel secondo caso, la diminuzione di entropia (òS < 0), che fa aumentare l’ordine del
sistema e rende positivo il termine — TGS, è compensata dalla diminuzione di entalpia, cioè dal
rafforzamento complessivo dei legami.
Segno Segno Segno
Tipo di reazione Spontanea? Esempio
di AH di AS di —'rAS

Esotermica, con aumento


si,AG<0 (s)+ 2(g) 2(g)
di entropia

Endotermica, con
+ no, òC > 0 Nza) -b 2 zp 2N zp
diminuzione di entropia

Esotermica, con soltanto se TòS < CH


2H zp j + z(p) 2H z (#
diminuzione di entropia + (favorita a bassa D

Endotermica, con aumento + soltanto se AH < TGS CaC 3(s) —• C p) +


di entropia (favorita ad alta T) CaO,

R8 syonWeeiÀ di •ea reaNone dipende dalle diverse 6ombie8zioei di All e fiS

Un’altra definizione di trasformazione spontanea è data dal secondo principio della termodi-
namica, che può essere enunciato facendo riferimento alla variazione di entropia dell’Universo.

Secondo principio della termodinamica: quando avviene una trasformazione


spontanea, l’entropia del1’Universo aumenta.

Quindi, in una reazione spontanea l’entropia del sistema può aumentare o diminuire, ma l’en-
tropia dell’Universo (sistema + ambiente) aumenta sempre. Ciò significa che l’entropia del
sistema può anche diminuire, purché vi sia un aumento di entropia dell’ambiente; in questo
modo, la variazione netta dell’entropia è positiva.

Siamo ora in grado di stabilire in quale verso procede spontaneamente una trasformazione.
Ogni reazione chimica può avvenire in due possibili direzioni:
LO d i stiiJzio il e frO
reagenti e prodohi
lla un sign ificato
re*gee(i — ,r•dotti oppure ,rodotti - re*ge•ti
soltonto convenzione le;

Una reazione non spontanea in un verso diventa spontanea nel verso opposto (e viceversa),
perché cambiando la direzione della freccia tutti i valori di AL, CH e AS cambiano di segno. reagenti e viceversa.

Q Le reazioni di combustione
Una categoria di reazioni molto importante dal punto di vista termochimico è quella delle
reazioni di combustione.

La combustione è una reazione tra un combu5tibile e un comburente, dalla quale si libera


una grande quantità di energia sotto forma di luce e di calore.

Il combustibile è di solito un composto contenente carbonio o idrogeno, mentre il com-


burente è una sostanza contenente atomi a elevata elettronegatività (N, O, F), fra cui il più
diffuso è l’ossigeno dell’aria.

i prodotti della combustione in genere sono costituiti da molecole 5tabili, cioè poco reattive.
m«> « • w* Ch im ÈC@ LA TERMODINAMICA

In eccesso di ossigeno la combustione è completa: il carbonio e l’idrogeno dei combustibili si


trasformano rispettivamente in CO2 e H O. In difetto di ossigeno, la combustione è incompleta
e al posto di CO si forma CO.

Per esempio, la combustione del metano può avvenire in due modi:


• in eccesso di ossigeno: CH4(g) + 2 z(g) 2Hz (l) + CO (g) + calore;
La combustione e • in difetto di ossigeno: 2CH4g + 3 g› —r 4H2 (i) + 2CO(g) + calore.
un‘ossidoriduzione. hJeI
COSO CIII 0 COFìd SU Sf I OICR
Ò Kg I i i Ò I“OCO I“Ò U I“i ,
La co bus/ione ¢omyle@ ciel Lgs ta de
I Ì CO F@Old IO SI OSS iÒO temo Chiavvi in eóóesso Ài
e l'ossigeno si riduce.
I I C FbOrì iO SÌ OSSÌ d
0 CÌ 0 IX Ì Ò FÌ Òe CO I”NO Id ICO
(in eccesso di ossig en a)
O 0 MOI3 OSS i Ò O Ò i CO I“ÒO Iù iO
(in difetto di ossigeno)
e l'ossigeno si riduce

ii ‹ . U.a.t. i f .-a .aiia.«g . deiia la f•liggiee rende l• inosa la mar» a


e si Àeyosi{a su ung suyer/ióie fredda

L’equazione generale di una reazione di combustione completa è la seguente:

y 2 —• xC 2 + 2
H2
4

Combustibili Comburenti

Hz 2

C (carbone) F2
idrocarburi (CH4, C H , butano,
Clz
benzina, gasolio)

alcoli (metanolo, CH,OH; etanolo, H,OH) N 2 4

carboidrati (amido, cellulosa, zucchero) N2

grassi, oli

N2H 4 (idrazina)

metalli (Be, B, Al, Mg, Li, Ta, Zr)


Per misurare la variazione di entalpia di una reazione (cioè il calore scambiato a pressione co-
stante) si usa il calorimetro. Un calorimetro semplice è costituito da un recipiente isolato ter-
micamente pieno d’acqua, al cui interno sono inseriti un pallone di reazione, un agitatore e un
termometro.

|Ì óo@rókio del
pallone non e a

Quale di queste trasformazioni NON può avvenire spontaneamente?

I.a comhusti‹inc L’ossidazione la vaporir*a- La ionizzazione E) La formazione


del propano del glucosio zione dell’acido del monossido
ad anidride cloridrico di azoto a
carbonica in acqua temperatura
ambiente a
partire da azoto
e ossigeno

Le combustioni Lossidazione del Il passaggio di stato HCI è un acido A pressione


sono sempre glucosio è una da solido a liquido forte e quindi atmosferica,
reazioni spontanee combustione in cui il o da liquido a gas è completamente ossigeno e azoto
ed esoergoniche. glucosio si ossida ad spontaneo perché dissociato in acqua sono più stabili del
anidride carbonica. avviene con aumento (HCI + HzO monossido di azoto.
di entropia. Infatti, HNO* + Cl ). Una Quindi la reazione
il grado di disordine reazione completa non è spontanea.
aumenta passando è interamente Diventa spontanea
dallo stato solido a spostata verso i a temperature molto
quello liquido e dallo prodotti e quindi, elevate, come nei
stato liquido a quello per definizione, fulmini.
gassoso. spontanea.
LA MOLE E I CALCOLI
STECHI OMETRICI

Q Lo mosso atomico e molecolare


L‘unitò di mossa atomico La massa atomica assoluta m, è la massa di un atomo espressa in kg. Poiché si tratta di un nume-
(S Ì Ff1 SOIO ”U O ‘U.m.O.”
ro molto piccolo (compreso tra 10* 24 e 10*2’ kg) e scomodo da usare, si preferisce usare la massa
UU te ITA pC' C II Ì O lTìO tO
doltolj ò pol o l 12 atomica relativa.
delo mosso del0sotopo La massa atomica relativa di un elemento viene stabilita prendendo come riferimento l’atomo di '
dicorbonio-12. 2
C. All’atomo di ' 2C non viene però assegnata massa unitaria, bensì 12.

z*
Di re per ese mp io che
La massa atomica relativa MA di un elemento è il rapporto tra la massa assoluta
dell’elemento stesso e la dodicesima parte della massa assoluta dell’atomo di ' 2C.
la MA dell‘ossig en o
ò I Ó sig n ifica alle la La massa atomica relativa esprime quante volte la massa di un atomo è maggiore rispetto alla
IT SS Òi O e 1 6 VOI Ie
|D i Ù Q FO I0Òi2 Ò i C] Ue I IO
massa della dodicesima parte del carbonio-12.
della dodicesimo parte
del carbon io-1 2, cosi
MA = a/ 1 u dove 1 u equivale a 1,661- l0* 27 kg, che corrisponde alla massa del protone. La
CO ITI 0 0Ì MO '2SO Ò Ì U IX massa atomica relativa, essendo un rapporto tra due masse assolute, è una grandezza adimen-
oggetto di 1 Ó kg ò I Ó sionale, cioè un numero puro. Ciò nonostante, a volte la massa atomica viene seguita dal simbo-
volle mapg ioi”e della
lo u (unità di misura della massa atomica) per ricordare che la massa atomica relativa si riferisce
campione. all’unità di massa atomica. Si tratta però di un abuso di notazione che va evitato.

La massa molecolare relativa MM (detta impropriamente peso molecolare) di una


sostanza è la somma delle masse atomiche di tutti i suoi atomi.

Q Il calcolo dello medio pondero a


La maggior parte degli elementi presenti in natura è costituita da una miscela di isotopi. La mas-
sa atomica relativa che leggiamo sulla tavola periodica è una massa media, che tiene conto della
percentuale di ciascun isotopo nella miscela. La media calcolata in questo modo si dice media
ponderata.

Per calcolare la media ponderata bisogna moltiplicare la massa di ciascun isotopo per la sua
percentuale, sommare i vari prodotti e dividere la somma per 100.

Lo strumento che oggi usiamo per determinare la massa atomica è lo spettrometro di massa.
In uno spettrometro di massa gli atomi del campione sono trasformati in ioni positivi, poi accele-
rati da un campo elettrico e deviati da un campo magnetico. La velocità e la curvatura dipendono
dal rapporto massa/carica di ciascuno ione.
Per un dato valore di campo magnetico, solo gli ioni che hanno una determinata massa attraver-
sano la fenditura e giungono al rivelatore. Esso registra una corrente elettrica proporzionale al
numero di ioni che lo colpiscono. Si possono quindi determinare sia la massa de11’isotopo sia la
sua percentuale nel campione.
I ó6my ore e v6qor zz6& e
/VgS OVmd In IOnI /OSI/IVI
sono seyarafi

rivelatore

Mln fascio quà giungere


gl ViVeld/OVe SolO S£ l6

per •na fendi(•ra.

Rel t.b *« t , il t» i• di
aa(ioni ydssa al l’interno di
ue 6dm$o md§ne(i6o vdridbiÌe.

ESEIYIPIO SVOLTO
A partire dal grafico, determina la massa atomica del boro sapendo ’0
che il boro-10 ha una massa di 10,01294 e il boro-11 ha una massa '0 80,23

di 11,00931. +•' 0
60
Confronta il valore ottenuto con quello riportato nella tavola pe- -
riodica. ’0
o 40

c -0
SOìUZONE É20
Media ponderata = [(10,01294 x 19,77) + (11,00931 x 80,23)] /100 = 10
= 10,81 o
0 10 is
massa atc›mica

@ Lo mole e il numero di Avogodro


L’unità di massa atomica u è estremamente piccola: le misure sperimentali ci dicono infatti che
1 u = 1,66-1 10*24 g. Non esiste nessuna bilancia capace di misurare masse così piccole: le bilance di un paio d i scarpe
dipende dal tipo di
più sensibili determinano al massimo un centesimo di milligrammo, cioè 10*" g. Dobbiamo CO Ì ZOtU 10 , 0Ì WOSSO d T
trovare allora un collegamento tra il mondo microscopico degli atomi e delle molecole (che non uno mole di sostanza
(C iOÒ Ò i U riO SteSSO
vediamo) e il mondo macroscopico (che possiamo misurare). numero di particelle)
varia a I variare della
Una mole è la quantità di sostanza che contiene un numero di particelle uguale al numero
di atomi contenuti in 12 g di 12C.

La massa di una mole è chiamata massa molare (M) e la sua unità di misura è g/mo1.
ț w ChimiC@ LA MOLE E I CALCOLI STECHIOMETRICI

La massa molare M di una sostanza è uguale alla sua massa atomica o molecolare
(o peso formula) espressa in g/mol.

Quante sono le particelle contenute in 1 mol?


I b,OO g/vol Possiamo ricavare questo dato sapendo che la massa assoluta di un atomo di ' 2C è pari a 12 u,
y ($d5|) — ossia 12
- 1,661 · 10 24
g. Di conseguenza:

‹ ‹xaci› — M 12 g/mol
^s,śś 9/-•i rn, 12- l,66l · 10 2ᵉ g
- 10 2" mol*'
= 6,02

Unomoleinlco Il numero che abbiamo ottenuto si chiama costante o numero di Avogadro, No Si tratta di un
b,02.10" oggetti numero enorme: un numero di Avogadro di lattine di bibite ricoprirebbe tutta la Terra con uno
MO IeCO I e, İOIJ i , el ettI”O n İ . . . strato spesso 320 km!

La mole, come abbiamo visto, ci consente di contare indirettamente le particelle. Quindi, dato
un certo campione di sostanza, è importante sapere quante moli contiene. Il numero di moli n
si ottiene dividendo la massa m del campione per la massa molare M della sostanza di cui è co-
stituito.

olare

Per conoscere il numero Il numero di moli n può essere determinato anche dividendo il numero delle particelle Np per la
d İ atom İ d İ id rogeno costante di Avogadro No
@ I SOA Id 0 IO I“ß:
(2 mol H/l mol HCO)
x (ó,02 x 1 0** atomi H/
l mol H] = l 2,04 x 1 0 s2
atomi H/mol HCO,
pei“c lie in unO no lecolo
CÌ I OCC] UO C I SOFIO Ó Uß OtOM I
@ CÌ FO@O TO

Calcola il numero di atomi contenuti in 63,8 g di argento.

SOMEONE
La massa molare dell’argento è:
M (Ag) = 107,9 g/mol.
Il numero di moli contenute in 63,8 g è:
63,8 g
"' 107,9 g/mol = 0,591 mol.

Per conoscere il numero di atomi, è sufficiente moltiplicare le moli per la costante di Avogadro:
0,591 mol 6,02 102" atomi/mol = 3,56- 10 2" atomi.
J Il volume molare
Il volume molare Vp è il volume occupato da una mole di sostanza. Nei solidi e nei
liquidi il suo valore cambia a seconda della sostanza; per il principio di Avogadro, invece,
il volume occupato da una mole di qualsiasi gas è lo stesso, nelle medesime condizioni
di pressione e temperatura.

A temperatura e pressione standard (STP, Standard Temperature and PFe5sure), cioè a 0 °C


e 1 atm, una mole di gas occupa sempre un volume di 22,4 L, indipendentemente dal tipo
di gas. In altre parole, il volume molare dei gas a STP è 22,4 L.
Questa è un’informazione importante perché ci consente di determinare il numero
di moli ri presenti in un certo volume di gas misurato a STP, che si indica con HTTP:
_ STP

22,4 22,4 22,4


litri litri

un volu •e

mole di H2 1 mole di NH, 1 mole di CO2


2,0 g log 44 g
idrc*gerio ammoniaca diossido • le‹ lane della
ài carbonio

22,4
litri

1 mole di CO
2Àg
monossido
di carbonio

Q Lo composizione percentuale
Quando si conosce la formula di un composto, è molto facile risalire alla sua composizione per-
centuale, cioè alla percentuale in massa di ogni elemento presente nel composto. La percentuale
in massa di un elemento in un composto è il numero di grammi di que1l’elemento presente in
100 grammi di composto.
- ț Chimifl@ LA MOLE E I CALCOLI STECHIOMETRICI

Calcola la composizione percentuale degli elementi ne1fluoruro di calcio, C£tFz•

SOLUZIONE
Dopo aver calcolato la massa molecolare del fluoruro di calcio:
PM(Cd. z) - 40 08 + 2 • 19,00 = 78,08
si imposta la seguente proporzione per determinare la composizione percentuale dei singoli elementi:
MA(Ca) : MM(CaF ) = x : 100
40,08 : 78,08 = x : 100

X (% Ca) = 40,08 100 = 51,33% Ca


78,08
La percentuale di fluoro può essere calcolata come differenza tra 100 e la percentuale di Ca:
*/ F = 100*/o — % Ca = 100*/o — 51,33*/o = 48,67*/o F

@ Lo stechiometria
La stechiometria è il ramo della chimica che si occupa delle relazioni quantitative fra reagenti e
prodotti. I calcoli relativi ai rapporti di reazione sono chiamati calcoli 5techiometrici e si impo-
stano sempre a partire dall’equazione di reazione.

I coefficienti di una reazione bilanciata indicano sia il numero di molecole (o unità formula)
delle sostanze coinvolte sia il loro numero di moli.

Per esempio, nella reazione tra idrogeno e ossigeno che dà acqua, l’equazione:

2H z + 2 2H z

significa:

2 molecole He + 1 molecola On 2 molecole H O

2 mol Hz + 1 mol z 2 mol HzO

In generale, il procedimento da seguire nei calcoli stechiometrici si articola nelle seguenti fasi:
• scrivere e bilanciare l’equazione di reazione;
• determinare le masse molari delle sostanze coinvolte;
• trasformare la massa o il volume delle sostanze in moli;
• utilizzare i coefficienti stechiometrici per determinare, tramite una proporzione,1e moli delle
sostanze richieste;
• trasformare le moli in grammi o in litri.
A volte, a seconda dei dati forniti dal problema, alcuni passaggi possono essere saltati.
ESEMPIO SVOLTO
Lo smalto dei denti è costituito per la maggior parte da idrossiapatite, la cui formula è Cas(P 4)3(OH).
In ambiente acido per acido solforico, essa può essere decomposta secondo la seguente reazione:
2
5 (PO4) (OH) + 4H+ —• 5Ca + + 3HPO4* + H z
Quante moli di H2SO4 sono necessarie per produrre 0,3 moli di ioni HPO} ?

0,4 0,3 o,s

H2SO4 non compare nella reazione, ma sappiamo che è un acido diprotico e rilascia due H*.
Stabiliamo quindi quante moli di H+ ci servono.
Per produrre 3 moli di HPO4 servono 4 moli di H+, quindi occorre impostare la proporzione:
4 : 3 = x : 0,3, da cui x —— 0,4 mo1 (H*).
Dato che H SO4 rilascia 2 H“, per avere 0,4 mo1 di H* servono 0,2 mol dÌ HzSO4.

ESEIgFIO SVOLTO
Secondo la reazione 2KCl 3( ) —• 2KCl(e) + 3 &) quale volume di 2 viene prodotto a STP
dalla decomposizione di 0,4 mol di KClO3*

B ,4 L 0,6 L 22,4 L

Impostiamo la proporzione: 2 mol (KClO3) : 3 mo1 (Oh) = 0,4 mol (KClO3) : x


da cui ricaviamo x —— 0,6 mol (O )
Dato che 1 mole di qualunque gas ideale a STP occupa un volume di 22,4 litri, 0,6 moli occupano
un volume di 22,4 x 0,6 = (224 x 6)/100 = (200 x 6 + 20 x 6 + 4 x 6)/100 = (1200 + 120 + 24)/100 =
= 1344/100 = 13,44 L, ossia circa 13,4 litri.

ESEMPIO SYOLTO
Quanti grammi di H2O reagiscono completamente con 1 mole di Na (M = 23 g/mo1) secondo la seguente rea-
zione?
2Na + 2H2 —• 2NaOH + H2

Dato che il rapporto molare tra sodio e acqua è 2 a 2, l mole di sodio reagirà con 1 mole di acqua, cioè con
18 grammi di acqua. Ricorda che la massa molare dell’acqua è 18 g/mol.
ChimiC@ LA MOLE E I CALCOLI STECHIOMETRICI

Q Lo stechiometria delle reazioni in fase gassoso


Per le reazioni chimiche che avvengono fra sostanze allo stato gassoso, i calcoli stechiometrici pos-
sono essere effettuati usando non solo le masse dei reagenti e dei prodotti ma anche i loro volumi.

Legge di combinazione dei volumi (o di Gay-Lussac): il rapporto tra i volumi di gas che
reagiscono tra loro è espresso da un numero intero e piccolo.

Consideriamo per esempio la reazione tra cloro e idrogeno per dare acido cloridrico rappresen-
tata nella figura qui sotto.

tre m‹›lec‹›le tre m‹›Iec‹›Ie sei m‹›Iec‹›Ie

una mole di Clj una mole di Hj due moli di HCl

Il principio di Avogadro cp H 2HC1


ò u il a conseguenza
log ica della Iegge di
StOtO deÌ gO3 ÌdeO li. Osserviamo che volumi e moli hanno lo stesso rapporto (1:1:2) e che questo è uguale al rapporto
Sci“iveiJ do I‘equazione
tra i coefficienti stechiometrici (3:3:6). Questa constatazione ha portato alla formulazione del
si vede clie se due gas principio di Avogadro.
hanno gli stessi valori di
P, 7 e f devono avei”e
0 IEC!0O !O '2tUSSO VO!OI”O Principio di Avogadro: volumi uguali di gas diversi, nelle medesime condizioni di pressio-
di /1 e dunque IO StessO ne e temperatura, contengono lo stesso numero di molecole (non di atomi).

Di conseguenza il volume di un gas dipende dal numero di particelle, ma non dal tipo di mole-
cola o dalle sue dimensioni. Avogadro sottolinea anche che alcune molecole sono biatomiche,
cioè costituite da due atomi (H2› Nz› z› z. Clu. Bri. I )

Q Il reagente limitonte
In qualsiasi reazione, i reagenti reagiscono secondo un rapporto ben preciso, determinato dai
coefficienti stechiometrici. Se uno dei due reagenti è in eccesso rispetto a un altro, al termine
della reazione uno dei due reagenti si consuma completamente (reagente limitante), mentre
una parte dell’altro reagente non reagisce e rimane in eccesso (reagente in eccesso).

Il reagente limitante è il reagente che si esaurisce per primo durante una reazione
chimica e che limita la quantità di prodotto da essa ottenibile.

Per esempio, se uniamo tre molecole


di idrogeno e una di ossigeno si forma-
no al massimo due molecole di acqua,
mentre una molecola di idrogeno resta
inalterata. L’ossigeno, che si consuma
completamente, è il reagente limitan-
te, mentre l’idrogeno, che rimane in
5Hz O H 2H2O
eccesso, è il reagente in eccesso.
fiSfiiYlPl0 SVOtIO
In un recipiente si pongono a reagire 20 mol di solfato di potassio e 16 mol di cloruro di calcio in acqua. Dopo aver
individuato il reagente limitante e il reagente in eccesso, calcola le moli che hanno reagito, quelle residue e le
moli di KCI prodotte.

S0tbll0fifi
L’equazione di reazione non viene fornita, ma dalla formula del prodotto (KCI) si ricava che i due sali di partenza
danno una reazione di metatesi scambiandos La reazione è:
K 2S 4 + CaCl2 CaS 4 + 2KCl

Coefficienti
stechiometrici

Moli/coeff.
20/1 = 20
stechiometrici

Moli consumate
e moli prodotte x —— 32 mo1

fiSfilhPl0 SVOlJO
Zolfo e ferro reagiscono completamente con un rapporto in peso di 1:1,74 e producono solfuro di ferro (II)
(FeS). Che cosa succede mettendo a reagire 0,5 g di zolfo con 1,74 g di ferro?

Si nttengnnn B) Si ottengono Ferro e zolfo Si ottengono Si ottengono


1,37 g di FeS, 1,37 g di FeS, non reagiscono 2,24 g FeS 2,24 g di FeS
mentre 0,87 g di mentre
zolfo non 0,87 g di ferro
reagiscono non reagiscono

La reazione è: Fe + S — FeS.
Impostiaino la proporzione:
1 g (S) : 1,74 g (Fe) = 0,5 g (S) : x g (Fe),
da cui x = 0,87 p (Fe).
0,87 g di ferro reagiscono con 0,5 g di zolfo formancto (0,87 + 0,5) g = 1,37 g di FeS.
I restanti 1,74 g — 0,S7 g = 0,87 g di ferro sono in eccesso e non reagiscono.
ț w ChimiC@ LA MOLE E I CALCOLI STECHIOMETRICI

Ğ II colcolo della formula minima


e molecolare
La spettrometria di massa permette di conoscere la massa di un atomo o di una molecola. La
sostanza in esame viene bombardata da un fascio di elettroni. Il risultato di questa indagine è
uno spettro di massa, cioè un particolare grafico sul quale si evidenziano dei picchi, ognuno dei
quali corrisponde a uno degli elementi presenti nel campione.
Ogni sostanza chimica ha un proprio spettro caratteristico, che rappresenta una sorta di “im-
pronta digitale”.
Da11’ana1isi dello spettro è possibile risalire alla percentuale in massa di ognuno degli elementi
presenti nella sostanza. Questa percentuale rimane uguale qualunque sia la massa di composto
considerato, nel rispetto della legge delle proporzioni definite formulata da Proust. A partire
dalla composizione percentuale di un composto possiamo ricavare la sua formula minima e la
sua formula molecolare.

Supponiamo che l’analisi di una sostanza sconosciuta abbia rivelato una composizione percen-
tuale con i seguenti risultati: ossigeno 49,95*/o, zolfo 50,05%.
Per determinare la formula dobbiamo innanzitutto calcolare il rapporto tra gli atomi di ossi-
geno e di zolfo presenti nella molecola, utilizzando il seguente procedimento.
1) Dalle percentuali ricaviamo che 100 g di composto contengono 49,95 g di ossigeno e 50,05 g
di zolfo.
2) Dividiamo la massa in grammi di ciascun elemento per la sua massa molare. Determiniamo
così il numero di moli n di ogni elemento presente nella molecola:
49,95 g 50,05 g
per l’ossigeno: —— 3,12 mol; per lo zolfo: = 1,56 mol.
16 g/mol 32,07 g/mol
3) Dividiamo tutti i valori trovati (in questo caso 3,12 e 1,5d) per il numero più piccolo (1,56),
ottenendo cosi gli indici di ogni singolo elemento presente.

Percen(•ali in w dssíi O = 49,95%i S = 50,05%


O = 49,95 g; S = 50,05 g
49,95 50,05
mol = = 3,12 mols' = 1,56
16 32,07
O = 3,12 : 1,56 = 2; S = 1,56 : 1,56 = 1
SOz (diossido di zolfo o anidride solforosa)

In questo caso la formula minima coincide con la formula molecolare, perché S e un com-
posto realmente esistente.
Adesempo/lglucoso
A volte, però, la formula minima non corrisponde a un composto esistente e quindi non coinci-
hoformulominimo de con la formula molecolare. In questo caso, per risalire alla formula molecolare del composto,
CH 2O (Io mOleCOla dobbiamo conoscere la massa molecolare.
ûOO eSiStC) C OIFMUO
molecoloreC,H Œ¿
(molecolo reole). Proviamo anche in questo caso a fare un esempio, utilizzando una tabella come quella precedente.
Da11’ana1isi del composto in esame ricaviamo la sua composizione percentuale (C = 85,6%;
H = 14,4%) e la sua massa molecolare (56,104 u).

erćenf*ali in massg C = 85,6"% ; H = l4,4"%


/gssü in IOO § Ài ćomyos{o C = 85,6 g ; H = 14,4 g
85,6 14,4
= 14,4 mol
12 = 7,13 ; ' H
lnOly =
1
dțjot i mode C = 7,13 : 7,13 = 1; H = 14,4 : 7,13 = 2
kotmÚd minimd JQ COm OSS ÙHz
In questo caso la formula minima non coincide con la formula molecolare, perché la molecola
CH non esiste. Per determinare gli indici di ogni elemento, in questo caso, si dovrà ancora:
1) calcolare la massa molecolare della formula minima, che nel nostro caso è CH :
MM CH2 = 12,01 + 2 x 1,008 = 12,01 + 2,016 = 14,026

2) dividere la massa molecolare del composto per la massa molecolare della formula minima:

56,104 : 14,026 = 4
3) moltiplicare il numero ottenuto per gli indici della formula minima; si ottiene così la formula
molecolare del composto, che in questo caso sarà <4Hg.
for ••la molecolare

ESEMPIO SVOLTO
Un idrocarburo formato da idrogeno e carbonio, per ossidazione in presenza di eccesso
di ossigeno, produce 44 g di CO e 18 g di acqua. Qualè la formula minima del composto?

S0fUllONfi
Come prima cosa troviamo le moli di anidride carbonica e di acqua:
44
• moli di anidride carbonica = =l
44
• moli di acqua = =1
1
Dato che questa è una reazione di combustione in eccesso di ossigeno, gli atomi di carbonio
de1l’idrocarburo si trasformano tutti in anidride carbonica, mentre gli atomi di idrogeno
sono il doppio delle moli di acqua.
Da ciò ne deriva che la formula minima è CH AN

La formula molecolare potrà essere C H4. C,Hb , C4Hg. ..

Q Lo reso di uno reazione


La resa di una reazione è la quantità di prodotto che si ottiene alla fine di una reazione.
Esistono tre tipi di resa di una reazione: la resa teorica, la resa effettiva e la resa percentuale.
INQUADRA E GUARDA!
Determinare il
La resa teorica è la massima quantità di prodotto che si può ottenere da una certa massa reagente limitante e ìa
di reagente in base alla stechiometria di reazione. resa di una reazione

Per esempio, facendo reagire 56 g di ossido di calcio con l’anidride carbonica si ottengono al
massimo 100 g di ossido di calcio; infatti, l’equazione di reazione:

CaO + C CaCO,

indica che da una mole di CaO (56 g) si ottiene una mole di CaCO (100 g).

La maggior parte delle reazioni, però, è incompleta o è accompagnata da reazioni secondarie,


per cui la quantità di prodotto che si forma è spesso inferiore alla quantità massima teoricamen-
te ottenibile. Si dice, allora, che la resa effettiva del prodotto è inferiore alla resa teorica.
ț w ChimiC@ LA MOLE E I CALCOLI STECHIOMETRICI

La resa effettiva è la resa reale della reazione, cioè la quantità di prodotto che si ottiene
alla fine della reazione.

La resa relativa è il rapporto tra resa effettiva e resa teorica; essa viene di solito espressa in forma
percentuale.

La resa percentuale è il rapporto tra resa effettiva e resa teorica moltiplicato per 100:
resa effettiva
Resa % = resa teorica X 100

La resa teorica può sempre essere calcolata a partire dalla stechiometria di reazione. La resa
effettiva, invece, non può essere calcolata perché è un dato sperimentale; deve quindi essere
fornita da1 problema per poter calcolare la resa percentuale.

ESEMPIO SVOLTO
Data la reazione:
CuO + H 2 Cu + H 2
0,2 moli di ossido di rame vengono ridotte a 5,6 g di rame.
Qual èla resa percentuale di reazione?

S0tßll09fi
Il problema fornisce già la resa reale di Cu (5,d› g). Dobbiamo calcolare la resa teorica e poi
dividere la resa reale per quella teorica in modo da trovare la resa relativa.

La stechiometria di reazione indica che 1 mol CuO produce 1 mol Cu, quindi 0,2 mol CuO
producono 0,2 mol Cu, ossia:

64 g Cu
0,2 tin-IT . = 12,8 g Cu

Quindi la resa teorica di Cu è 12,8 g.

Possiamo ora calcolare la resa percentuale di Cu:

resa effettiva Cu
Resa */« Cu = X 100 = x 100 = 43,8*Ż›.
resa teorica Cu

J AumenPo e perdiPo di sostanza


Nel corso di una reazione chimica, gli atomi non si creano ne si distruggono; essi si combinano
semplicemente in modo diverso formando nuove sostanze. Proprio per questo motivo, le equa-
zioni di reazione devono essere bilanciate.

Se una reazione chimica viene effettuata in un sistema chiuso, che non scambia materia con
l’ambiente, la massa rimarrà costante nel corso della reazione. Se però la reazione avviene in un
sistema aperto, attraverso il quale l’aria può entrare e uscire, la massa può variare. I cambiamen-
ti di massa si verificano soltanto quando un gas viene rilasciato nell’atmosfera oppure quando
un gas proveniente dall’atmosfera entra ne1 sistema e prende parte alla reazione.
Per esempio, quando il magnesio brucia all’aria la sua massa aumenta, perché si combina con
l’ossigeno formando ossido di magnesio, che è un solido più pesante del magnesio di partenza:

quindi lg mgssd gumen@.

La reazione avviene quindi con aumento di sostanza.

Laumento di sostanza è l’aumento della massa di un solido o di un liquido che si verifica


durante una reazione chimica in un sistema aperto.

Quando invece il carbonio brucia all’aria la massa diminuisce, perché il carbonio si combina
con l’ossigeno formando diossido di carbonio, che è un composto gassoso e quindi viene rila-
sciato nell’atmosfera:

di reazione e la mgssg di inuisóe.


In questo caso la reazione avviene con perdita di sostanza.

La perdita di sostanza è la diminuzione della massa di un solido o di un liquido che si


verifica durante una reazione chimica in un sistema aperto.

Attenzione: dal punto di vista chimico la combustione del magnesio e quella del carbonio sono
uguali, perché entrambe comportano la formazione di un ossido a partire da un elemento + os-
sigeno. In termini di massa, però, le due reazioni sono diverse: l’ossido di magnesio è un solido
che resta nel recipiente di reazione facendo aumentare la massa del sistema, mentre l’anidride
carbonica è un gas che viene rilasciato nell’atmosfera e abbandona il sistema, facendone dimi-
nuire la massa.

Vediamo ora altri due esempi di reazioni che avvengono con perdita di sostanza.

Uno è dato dal carbonato di calcio, che per riscaldamento perde anidride carbonica gassosa
trasformandosi in ossido di calcio:
” /0/ abbandona il reói§ien/e di redzJone sodio forma
CaCO (,) —r CaO(,) + COLL)

Un altro esempio ancora è costituito dalla reazione di ossido di rame e idrogeno per formare hJelle i”eazioiJi condotte
OÒ O ItO te M pel“OtUI”O ,
rame metallico e acqua:
l'acqua viene prodolla
SOttO fOFMo cÌ Ì Q S, FìOn
ù 0 abbandona il reóiyiente di reazione soldo
CuO(,) + Hu› Cu(,) + H )

Nel problema precedente, abbiamo visto che da 16,0 g CuO si ottengono 5,6 g Cu. La variazione
di sostanza è quindi:

variazione di sostanza— ”(solido finale) " (soliclo iniziale)—


Cu CuO
= 5,6 g — 16,0 g =
= —10,4 g

La reazione comporta quindi una perdita di sostanza pari a 10,4 g.

Se il calcolo fornisce un numero negativo, è segno che la massa di solido diminuisce.


Nel caso di un aumento di massa si ottiene un numero positivo.
R CINETICA CHIMICA
Q Lo velocitÒ di reazione
La cinetica chimica studia la velocità di reazione e tutti i fattori che la influenzano.

In prima approssimazione, la velocità di reazione v può essere così definita:

_ quantità di reagente trasformato


tempo impiegato per la trasformazione

Più precisamente, la velocità di reazione è la variazione di concentrazione di un reagente, A[R],


o di un prodotto, A[P], divisa per l’intervallo di tempo At in cui avviene tale variazione.

La relazione che descrive la velocità di reazione è la seguente:

Le yare•fesi quadre i•dióano


)C óonÓen/Fd¥ùoni moldFi.
ò[R] A[P]
L’:.t...all d: t .t \z.i
esprime normal••enfe in secondi.
L’.ut Bi •i ••a deiia dei ‹iÀ
di re6zJone É quindi
ossi6 mal/(k ” s).

La concentrazione dei
prodotti aumenta nel
tempo.

ò[R]
La concentrazione dei
reagenti diminuisce nel
tempo.

tempo

La velocità di reazione calcolata con questa equazione è una velocità media, perché considera
tutto l’arco di tempo necessario a completare la reazione. Essa non ci dà quindi informazioni
sulla velocità istante per istante.

J Lo Iegge di velocitÒ
La velOCÌtÒ i5tontanea di una reazione, cioè la velocità di reazione in un determinato istante di
tempo, viene espressa dall’eqlìozione cinetica o legge di velocità.

La legge di velocità è una relazione matematica che lega la velocità v di una reazione alla
concentrazione molare dei reagenti in un determinato istante di tempo.
Per la generica reazione:

aA + ùB prodotti
possiamo scrivere la seguente espressione:
gli CS/OnCn i n C m SOnO S/CSSO
|l Ìd(tore è, che dipende dallo «meri interi che devono essere
femyeraf•ra a ó•i la reafione e/CFming/i S CFimen )mCn/C
yroóede, e dello óos{ante di
ueloòi@.

L’ordine di reazione è la somma degli esponenti (ri + m) della legge di velocità. I valori degli L’ un ica eccezione
esponenti ri e m possono essere determinati soltanto per via sperimentale. a questa i egola è
costituita daIle reazioni
che avvengono in un
Le reazioni possono quindi essere di tre ordini: unico stadio. In una
i eazione nJ onostaÓ io g li
• di ordine zero: v = k[A] = k (la velocità è indipendente dalla concentrazione dei reagenti); esp Onein ti m ecÌ sono
Ug UOI i O i CO e i Ci e I fi
• di primo ordine: v = k[A] (la velocità è direttamente proporzionale alla concentrazione di 5teCh ÌOfTletFÌCÌ deIIO
uno dei reagenti); reazione b ilO nc iato, per
c ui diventa possibile
• di secondo ordine: v = k[A][B] oppure v= k[A] 2 (la velocità è direttamente proporzionale o al pro- pi“evedei“e I a legge
dotto delle concentrazioni di due reagenti o al quadrato della concentrazione di un solo reagente). cinetica pei“ via teorica.

In una reazione di primo ordine è costante il tempo di semitrasformazione, /2. cioè il tempo
necessario affinché la quantità iniziale di una sostanza si riduca a metà. Un tipico esempio di
reazione di primo ordine è il processo di decadimento degli isotopi radioattivi. Reaz ion i di oi di ne

sono poco fi“equeiJti.

Il tempo di semitrasfor—
concentrazione "'I

mazione f di l' 1I è otto


giorni.

11 de‹ad:•e»t dell : d: -31


segue un6 óine/ió6 c|i primo
ordine, per ò•i il fe •yo

16 24 32
tempo (giorni) Il tempo di
A ogni intervallo di tempo pari a f e semitrasformazione
la quantità del reagente si dimezza. va i”ia da un isotopo

ESEMPIO SVOiTO
L’equazione 2A + B —• C + 2D rappresenta una reazione che avviene in un unico stadio. Quale tra le seguenti
scritture ne rappresenta la legge della velocità?

¥'elrtcità = Velocità = Velocità = Velocità = E clociti\ =


k[C] [D]2/[A]2[B] k[2A] [B] k[A] 2[B]/[C] [D]2 k[C] [D]/[A] [B] k[A] 2[B]

La velocità di reazione è direttamente proporzionale alle concentrazioni dei reagenti, non dei prodotti,
secondo l’equazione cinetica: v = k " [B] ”'. Nelle reazioni che avvengono in un unico stactio (ina non
nelle reazioni multistadio), gli esponenti ri ed m sono uguali ai coefficienti stechiometrici della reazione
bilanciata.
Data la reazione 2A + B —• C + 2D, v = k A] .
ChimiC@ LA CINETICA CHIMICA

ESEMPIO SVOLTO
In una reazione di decomposizione di N2O5(g) la concentrazione iniziale del gas è pari a 0,1200 M. Dopo mezz’o-
ra la concentrazione del gas è scesa a 0,0600 M. Sapendo che la reazione è di primo ordine rispetto a N , quale
sarà la concentrazione del reagente dopo due ore?

0,0200 M 0,0300 M 0075 M 0,0100 M

In una reazione di decomposizione AB — A + B di primo ordine, la velocita di reazione


è direttamente proporzionale alla concentrazione del reagente. Dato che dopo 30 minuti
la concentrazione di NEO si è dimezzata, dopo due ore la concentrazione del reagente sarà 1/16;
quindi 0,1200 M/16 = 0,0075 M.

0 min 30 min 60 min 90 min 120 min


0,12 0,06 0,03 0,015 0,0075

Q I foNori che influiscono sullo velocità di reazione


Gli enzimi sono La velocità delle reazioni chimiche dipende da vari fattori:
cotalizzotori biologici:
puoi ripossore il loro • natura dei reagenti (più i legami sono deboli più è facile la reazione);
lun z i onO mentO n e llO
Lezio il e 7 di Biolog iO. • concentrazione dei reagenti (la velocità di reazione è direttamente proporzionale alla con-
centrazione dei reagenti);
• stato di suddivisione dei reagenti (reagisce prima una sostanza in polvere di una in cubetti
perché la superficie di contatto fra i reagenti è maggiore);
• fattore sterico (più le molecole sono semplici, cioè composte da pochi atomi, più è probabile
che si urtino con l’orientazione giusta per reagire e maggiore è la velocità di reazione);
• temperatura (all’aumentare della temperatura aumenta la velocità di reazione in quanto au-
menta l’energia cinetica media delle molecole);
• presenza di catalizzatori (sostanze in grado di accelerare una reazione).

Q Lo teoria degli urti e l’energia di oNivozione


onOSS O

A temperatura a mbiente,
procedono a velocitÒ
apprezzabile le i”eazioni
con E infei iore
onOSSi O
o80M/oL
Appartengono a quesfo
gruppo le reazioni di
CO(g) + N z$) C O zg) + NO(g).
precipitazione e di
in e u ti”O I i zz O z i O in e; esse
avvengono ti‘o ioni in Secondo la teoria degli urti, le molecole possono reagire soltanto se si urtano secondo un’o-
solu zione e quindi non rientazione ben precisa e se possiedono un’energia cinetica sufficientemente elevata. L’energia
ò necessario rompere
legami di apprezzabile di attivazione £, è l’energia cinetica minima che le molecole devono possedere durante l’urto
forzo per ottivorle. affinché la reazione avvenga.
Durante l’urto, tale energia cinetica viene usata per rompere alcuni legami e iniziare la reazione,
trasformandosi in energia potenziale.
Durante una reazione, i reagenti non si trasformano istantaneamente nei prodotti, ma passano
attraverso uno stato di transizione in cui i reagenti sono parzialmente legati tra loro e in cui i
vecchi legami si stanno rompendo, mentre i nuovi si stanno formando. Lo stato di transizione,
detto anche complesso attivato, esiste solo per un istante di tempo perché è estremamente in-
stabile, in quanto contiene solo legami parziali. Lo stato di transizione ha un’energia potenziale
più alta sia dei reagenti sia dei prodotti.

La differenza tra l’energia potenziale dello stato di transizione e l’energia potenziale dei
reagenti è detta energia di attivazione.

L’energia di attivazione è l’energia potenziale che i reagenti devono raggiungere per


reagire.

L’energia di attivazione è dunque una barriera che i reagenti devono superare per trasformarsi
in prodotti.
Energia di attivazione della reazione:
CO(g) + N z ) z9› + NO(g).
Energia di attivazione inversa:
C 2(g) -r NO(g) —+ CO(g) -b N z$)-

11 ta£aliz-z-a(ore abbassa
l’«»ergi» d: a(tivozione e
a•••enfi la velo6iU di redzione
sennd scopre l’e•{•ilibrio
della reazione
energia

La reazione inversa è molto


più lenta a causa dell’eleva-
ta barriera energetica che le
molecole devono superare.

Se rappresentiamo l’andamento dell’energia potenziale durante una trasformazione chi-


mica, otteniamo un tracciato chiamato profilo di reazione. Sull’asse orizzontale non si
riporta il tempo, ma una grandezza che rappresenta l’avanzamento della reazione e che
chiamiamo parametro di reazione.
L’EQUILIBRI O
'Ù L’equilibrio chimico
In generale, le reazioni non arrivano a compimento perché raggiungono un particolare stato,
detto di equilibrio chimico, in cui reagenti e prodotti coesistono e si trasformano gli uni negli
altri con uguale velocità.
iodio r•ole£ol8re

tO RSO mO€COdtQ Àói¢lo iodidrióo

2 HIV

All’inizio della re- La reazione pro-


azione sono pre- cede verso de-
senti soltanto i re- stra e i reagenti si
agenti. trasformano nei

w“
prodotti; avviene
cioè la reazione
diretta:

H z ) + Iz ) 2 HIV)

I prodotti, man 4 A un certo punto,


mano che si for- la composizione 3
mano, comincia- della miscela non
no a reagire per ri- cambia più e la
formare i reagenti. reazione sembra
La reazione diretta fermarsi. In re-
continua ad avve- altà la reazione
nire, ma inizia ad diretta e inversa
avvenire anche la reazione inver5a (verso sinistra): continuano ad avvenire, ma si svolgono con la stessa
H z ) + Izo) s‘ 2 HIV) velocità, per cui le concentrazioni di Ha. Il e HI non
variano più nel tempo. Il sistema raggiunge uno stato
di equilibrio dinamico:
H zg) + Izo) •..• 2 HIV)

In generale:
1) Un sistema è in equilibrio quando non variano più le sue proprietà macroscopiche osservabili.
2) L’equilibrio chimico è dinamico, perché è il risultato di due processi opposti che avvengono
alla stessa velocità.
Quando una trasformazione raggiunge l’equilibrio, le condizioni di reversibilità e dinamicità
sono indicate da una doppia freccia; le due frecce hanno la stessa lunghezza per sottolineare che
all’equilibrio la reazione diretta e la reazione inversa procedono con uguale velocità.

A temperatura e pressione costanti, un sistema chimico chiuso è in equilibrio se la


concentrazione (o la pressione) dei reagenti e dei prodotti è costante nel tempo.

Lo stato di equilibrio si raggiunge sia a partire dai soli reagenti sia a partire dai soli prodotti.
Q Lo costante di equilibrio
Sperimentalmente si osserva che all’equilibrio esiste un rapporto costante tra le concentrazioni L’ un itò di in isura
deIIO costante
molari dei prodotti e quelle dei reagenti, ciascuna elevata al proprio coefficiente stechiometrico.
di equilibrio
di una reazione
A tale valore viene dato il nome di costante di equilibrio, K„. dipende dai valori dei
A ciascuna reazione che ha raggiunto lo stato di equilibrio corrisponde una costante di equilibrio, cOefficienti d i i”eaziOne
(pei“ esempio mol/L) .
il cui valore dipende solo dalla temperatura. Questa affermazione costituisce la legge dell’equilibrio PuÒ essere calcola la
chimico, nota come legge dell’azione di massa. Per una generica reazione: 0 IX C Ìd e COIL 0 Ì tFe tOFFFÌ U Ì e
ed essere espressa
fieagen(i Prodo(t;i i n atmosfei”e o essei-e

nA + òB cC dD cioò u il il umei“o puro.

essa si traduce nell’espressione:


[C]-’ [D]‘
" [A]‘ [B]

In un sistema chimico all’equilibrio, a una data temperatura, il rapporto tra il prodotto


delle concentrazioni molari dei prodotti e il prodotto delle concentrazioni molari dei
reagenti, ognuna elevata al proprio coefficiente stechiometrico, è costante.

A seconda della reazione, il valore della costante può essere grande, K,q >> 1, piccolo, K,q << 1,
o intermedio, K,q - 1. Il valore della costante di equilibrio ci fornisce un’indicazione diretta
z*
In realtò una reazione non
si ferma ma i: ragù iunge
di quanto la reazione sia spostata verso la formazione dei prodotti, una volta che l’equilibrio è solo uno stoto di equilibrio
stato raggiunto. con la i-eazione invei”sa.

IL VALORE DELLA /, INDICA 9UANT0 È AVANZATA LA REAZIONE

Situazione all’equilibrio:
Posizione
Esempio reagenti (in blu) e prodotti dell’equilibrio

a
(iii rosso)
K,q molto grande: la Equilibrio molto

H 2 g) + 1( 2 ) . • 2HC1()
K —— 4 10”
concentrazione del
prodotto HCI
(al numeratore) è molto
e spostato a destra.
Reazione
pressoché
grande e quella dei reagenti completa.
H2 e Cl i (al denominatore)
è molto piccola.
1: la concentrazione
e e Reazione con una

e
dei prodotti SO3 e NO resa del 50% circa.

e*
„ 2 ) + No 2(g ‘
SO SO,(g) + NO(g) ( al numeratore) è molto
simile a quella dei
reagenti SO2 e NO
(al denominatore).

ee e
ee e
K„ molto piccola: Equilibrio molto
la concentrazione spostato a sinistra.
' 2( ' 2C’(g) del prodotto Cl è molto
(al numeratore) La reazione
praticamente non

e ee
piccola e quella del reagente avviene.
Cli (al denominatore)
è molto grande.
ou •,pw• ChimiC@ L’EQUILIBRIO
Nelle reazioni omogenee in fase gassosa possiamo esprimere la costante di equilibrio non sol-
tanto in funzione delle concentrazioni, ma anche in funzione delle pressioni parziali dei gas. Per
distinguere le due costanti l’una dall’altra, si utilizzano i simboli K e Kp, dove le lettere «c» e «p»
indicano il riferimento, rispettivamente, alla concentrazione molare e alla pressione parziale.

AtteiJ zione O coiJsidei-a i e Quando la costante è indicata con K„ nella legge dell’azione di massa non saranno presenti le
solo le sostanze in fase concentrazioni dei gas bensì le loro pressioni parziali, ciascuna elevata al proprio coefficiente
gassoso. degli equilibri
eterogenei, non bisog n a
stechiometrico. Per una reazione generica:
te in e i cO in tO d e i sOIi d i e
dei liquid i, clie lla il no oA() + òB() = cC() +dD()
cOiJcenti“OziOiJe cOstO nte.

si ha:

Si può dimostrare che la relazione tra K, e K, è la seguente:

i° °

dove An = ri — ri indica la differenza tra la somma dei coefficienti stechiometrici dei prodotti, (n é’),
e la somma dei coefficienti stechiometrici dei reagenti, (ri,), ne11’equazione di reazione bilanciata.

Il valore della costante di equilibrio K,q varia con la temperatura.

In generale, si può affermare che nelle reazioni endotermiche il valore della costante
di equilibrio aumenta all’aumentare della temperatura; nelle reazioni esotermiche, invece,
il valore diminuisce all’aumentare della temperatura.

Q Lo termodinamica dell’equilibrio

dell’energia
liloera Ài
energia libera (G)

•n sistema al energia libera


vgri6re ¢ÌelÌ6 su6
Jfieageeti

aumento della quantità di prodotto

Lo stato di equilibrio A temperatura e pressione costanti, l’equilibrio chimico


si raggiunge sia a par- (in un sistema chiuso) corrisponde alla situazione di mi-
tire dai reagenti puri nima energia libera. All’equilibrio si ha AL = 0 perché il
sia a partire dai pro- valore di energia libera del sistema rimane costante nel
dotti puri. tempo.
Ø II principio di Le ChÔtelier
Lo stato di equilibrio di un sistema chiuso rimane inalterato se non vengono modificate le sue
condizioni, cioè la temperatura, la pressione e le quantità di reagenti e prodotti. Ma se uno di que-
sti fattori viene variato, che cosa accade ne1 sistema di reazione?
La risposta ci viene da11’applicazione del principio di Le Châtelier, meglio conosciuto come
principio de11’equi1ibrio mobile.

Se un sistema a1l’equilibrio viene perturbato, reagisce in modo da ripristinare l’equilibrio.

Cambiando la concentrazione dei prodotti e dei reagenti, illoro rapporto (cioè la costante di equi-
librio, K„) resta invariato, purché la temperatura rimanga costante prima e dopo l’aggiunta.
1) Aggiunta o sottrazione di un reagente o di un prodotto. Se un reagente o un prodotto viene
aggiunto o sottratto, una delle concentrazioni del sistema cambia. Di conseguenza, il rapporto
di reazione ([C]‘[D]‘)/([A] [B]’) non è più uguale it eg e il sistema non è più all’equilibrio.
Il sistema reagisce e la reazione procede a destra o a sinistra in modo da far cambiare le con-
centrazioni e rendere il rapporto di reazione ancora uguale £t eg Per esempio, aggiungendo
un reagente a un sistema a1l’equilibrio, l’equilibrio si sposta verso i prodotti, in modo da far
scomparire una parte del reagente aggiunto. Viceversa, se aggiungiamo un prodotto a1 sistema
a11’equilibrio, provochiamo una reazione opposta.
2) Variazioni di pressione. Le reazioni che coinvolgono soltanto solidi o liquidi sono pressoché in-
sensibili ai cambiamenti di pressione. Le reazioni in fase gassosa, invece, sono molto sensibili ai
cambiamenti di pressione, purché esse avvengano con variazione del numero di moli gassose.

L’aumento di pressio- Aumentando la quantità del reagente, si


ne modifica la costante ristabilisce il valore d1 eq. In questo modo
deII'a••«•h di equilibrio perché la diminuisce il numero di moli gassose e si
su| sistema a reazione presenta An = 1. riduce la pressione all’interno del sistema.
te yeratura

[N z 4 ] 8M

æ [N z 4 ]'
[NO 2 ] = 6 M
9M

[NO 2 ] - 8 M E ul.L . t. La£ : Nvovo e'\uiliÈrio:


2
8
-—-8
2 -8 -2 9

Un aumento della pressione spinge sempre la reazione nella direzione in cui è presente il
minor numero di molecole di gas. Se la somma dei coefficienti stechiometrici dei reagenti è
uguale alla somma dei coefficienti stechiometrici dei prodotti, pressione e volume non han- Afien zİOne: CPU IJÒO Vo I İo
ÌO teM|DeFOtU FO İ Ì VOÌOF+2 @İ
no alcun effetto su11’equilibrio.
3) Variazioni di temperaturD. Possiamo trattare il calore Q come un reagente. Una reazione en- Invece Ie ve i”İazİOn İ d İ
COIJCe In tI“aZîO In e, VOI U ITì e e
dotermica avviene con assorbimento di calore e può essere scritta come: reagenti + Q pro- pressione nOl3 lLOdiËCOno
dotti. Fornendo calore, il sistema reagisce in modo da consumare Q, cioè facendo reagire il VOlOfe di Kg
Q$, • ,m' Chimico ! L’EQUILIBRIO
Q con i reagenti: l’equilibrio si sposta quindi verso i prodotti. Invece, se il calore viene sottrat-
to al sistema, l’equilibrio di sposta verso i reagenti. Il contrario accade per le reazioni eso-
termiche (reagenti —r prodotti + Q): fornendo calore l’equilibrio si sposta verso i reagenti.
In generale, se si riscalda un sistema all’equilibrio, si favorisce la reazione endotermica; se invece
lo si raffredda si favorisce la reazione esotermica.
4) Aggiunta di un catalizzatore. Un catalizzatore non altera l’equilibrio chimico perché non compa-
re ne11’equazione di reazione. Un catalizzatore accelera allo stesso modo sia la reazione diretta sia
la reazione inversa, per cui non modifica la costante di equilibrio. L’unico effetto dei catalizzatori
sulle reazioni chimiche è di portarle all’equilibrio più velocemente, non di spostare l’equilibrio.

Data la reazione:
N 2 (g) ’l’ 3H z g) 2 NH3 (g)
all’equilibrio quale intervento permette di avere una quantità maggiore di ammoniaca?

aumento Un aumento L’aggiunta Qua diminunin- Un aumento


della pressione di volume di un ne della della
catalizzatore concentrazione concentrazione
di azoto di ammoniaca

Se la reazione In un gas a tem- I catalizzatori non Se diminuiamo i re- Un aumento della


procede verso peratura costante, hanno effetto agenti l’equilibrio si concentrazione di
destra, si formano pressione e volume sull’equilibrio sposta verso sinistra ammoniaca sposta
due molecole di sono inversamente chimico, perché in modo da produrre l’equilibrio verso i
NH3 e quattro proporzionali: un fanno aumentare un numero maggiore reagenti, non verso
molecole (una aumento di volu- allo stesso modo di moli di azoto. i prodotti, perché il
di azoto e tre me fa diminuire la la velocità della sistema reagisce in
di idrogeno) pressione. Il sistema reazione diretta modo da consumare
scompaiono, per si oppone a questa e inversa. una parte dell’ammo-
cui il numero variazione spostan- Lunico effetto niaca aggiunta.
di molecole nel do l’equilibrio verso dei catalizzatori
recipiente di sinistra. Se la rea- sulle reazioni
reazione si riduce. zione procede verso chimiche è di por
Diminuendo sinistra il numero tarie all’equilibrio
il numero di di molecole nel re- più velocemente.
molecole, anche cipiente di reazione
la pressione aumenta e quindi
diventa minore. anche la pressione
Quindi, questo diventa maggiore.
equilibrio risponde
a un aumento
Puoi anche ragionare a partire dalla risyosfd /I: poiche yressio»e
e volume ¢Ìi vn §as sono inversamen@ yroyorzionali a
di pressione
m{*erg rg corna, se un gumen /i pressione sposa
spostandosi Verso i §rodot i, un óur•en e di vo)ur•e ‹dVrd
verso destra. La
produzione di una
quantità maggiore
di ammoniaca
tende ad abbassare Per analiz.zare gli effetti ¢li •na variazione
la pressione e ¢li pressione, di ¢onvienC ¢on@re il numero ni
a contrastare mO)C¢O!C C) C sOs nz.e gssose Ag Cn/Fgm C C
l’aumento di §gr/i dell’e•{ugzione. in gumen di pressione
pressione introdotto spinge sempre la reazione nella direzione in tai e
nel sistema. presente il minor n• •ero di molecole di gds.
LE SOLUZIONI
Q Lo formazione delle soluzioni
Le soluzioni sono miscele omogenee solide, liquide, o gassose tra due o più sostanze. QUI IddO Si fOFMo
una soluzione si
La sostanza presente in maggior quantità è detta solvente; tutte le altre presenti in quantità verifica anche un
minore sono soluti. aumenfo di enfropio,
La formazione di una soluzione è un processo fisico, non chimico: sciogliere vuol dire rompere pei“chÓ solufo e solvente
SI Mi2SCOÌOI0O IFO ÌOFO e
e formare legami tra molecole, non tra atomi, come avviene nelle reazioni chimiche. quindi il disordine del
sistema aumenta (ÓS > 0).
La formazione di una
Quando si forma una soluzione si verifica una variazione di energia. L’energia scambiata soluzione puÒ avvenii”e
soltanto se compoi”ta
fra il sistema e l’ambiente quando un soluto si scioglie in un solvente si chiama calore di
soluzione. Il calore di soluzione è il risultato netto di due contributi energetici opposti: l'e- energia libera del sistema
nergia spesa per separare le particelle di soluto e di solvente e l’energia che si libera quando (AG < 0). Alcuni composti
IJOIJ si sC iOIQOIJO peIC IJÓ
le particelle di soluto e di solvente si legano tra loro. Se il calore di soluzione è negativo il
!dOId ISO UIC CO!OI“e @ I
processo è esotermico (AH < 0, per esempio NaOH); se è positivo, il processo è endotermi- SOI UZi OI e pOSiti VO CLe
co (AH > 0, per esempio NH4Cl). non viene compensato
dall‘aumento di entropia
(/\G > 0].

L’energia di sol- Quando il soluto si scioglie nel solvente,


vatazione che si serve energia per separare le particelle di
libera è maggiore soluto e creare spazi vuoti tra le molecole
dell’energia spesa di solvente. L’energia necessaria per se-
per rompere il re- parare le particelle di soluto e rompere
ticolo cristallino la struttura del loro reticolo cristallino è
del soluto e per Le particelle di sol•& detta energia reticolare.
allontanare le mo-
energia potenziale

si seyarano.
lecole di solvente,
quindi l’energia Quando le particelle di soluto occupano
2
potenziale del si- gli spazi vuoti tra le molecole di solven-
stema diminuisce. te, si libera energia grazie alla formazio-
Il processo di dis- ne di nuovi legami tra soluto e solvente.
soluzione è eso- L’energia che si libera dalla formazione
termico (AH < 0). di legami tra soluto e solvente è chiamata
1
energia di solvatazione.

vuoti /Vg le Y•o!eko!e ¢ i solVen/e.

lo uzione

Le forze attrattive che si instaurano fra soluto e solvente inducono le molecole di solvente a cir-
fondare quelle di soluto. Tale fenomeno è chiamato solvatazione. Quando il solvente è l’acqua,
la solvatazione prende il nome di idratazione. Poiché l’acqua è il solvente liquido più diffuso in
natura, approfondiremo in modo particolare il comportamento delle soluzioni acquose.
ou •• cv m ChimiC@ LE SOLUZIONI

Q Le soluzioni soture e insoture


Il sale da cucina si scioglie facilmente in acqua, ma si scioglie pochissimo nell’o1io; diciamo, per
questo, che il sale da cucina ha una maggiore solubilità in acqua che in olio. Per quanto la sua so-
lubilità sia grande, esiste un limite: infatti, continuando ad aggiungere sale a una quantità fissa
di acqua, a un certo punto esso rimane indisciolto e si deposita sul fondo del recipiente.
La soluzione così ottenuta presenta la massima concentrazione di sale (a quella temperatura)
e viene definita satura,- il soluto eccedente è invece chiamato corpo di fondo.

La solubilità è la massima quantità di soluto che si può scogliere in una data quantità
di solvente a una determinata temperatura e pressione.

In altre parole, la solubilità di un soluto è la concentrazione di una sua soluzione satura.

,' Noleùola di solvente

Pavtiielle di solufi indisciolto

2 SO e NEO La solubilità, essendo una concentrazione, può essere espressa in vari modi e presentare diverse
i“eag iscoiJo con l’acqua unità di misura. Spesso la si esprime in grammi di soluto presenti in 100 mL di soluzione (% m/v).
ÌOrm O ndo i”ispeflivO me ia fe
HpCO , HpSO e H MO In generale, la solubilità dipende da due fattori.
Per questi ga s I a I eg ge 1) Natura del 5oluto del 5olvente: soluti diversi hanno solubilità diversa in uno stesso solvente.
di H en i y n on va I e.
Uno stesso soluto ha solubilità diverse in solventi diversi.
2) Temperatura: nella maggior parte dei casi, i soluti solidi sono più solubili in acqua calda che
in acqua fredda. Per questo motivo, se raffreddiamo una soluzione calda molto concentrata
possiamo osservare la comparsa di un corpo di fondo.
A differenza di quanto avviene per i soluti solidi e liquidi, la solubilità di un gas dipende molto
anche dalla pressione. La solubilità dei gas nei liquidi viene descritta dalla legge di Henry.

Legge di Henry: la solubilità (S) di un gas in un liquido è direttamente proporzionale alla


pressione parziale del gas (p ) che si trova sopra la soluzione.

La relazione che esprime questa legge è:

dove k è una costante di proporzionalità nota come co5tDH t0 di Henry, che dipende dalla tempe-
ratura, dalla natura del gas e dalla natura del solvente.
La legge di Henry vale soltanto per soluzioni diluite a condizione che il gas non reagisca chi-
micamente con il solvente. Gas di questo tipo sono 2. N2 e He che, quando si sciolgono in
acqua, rimangono inalterati e non reagiscono con essa.
fiSfiIhPI0 SVOtTO
Quale tra le seguenti affermazioni riferite alla solubilità NON è corretta?

A) La solubilità La solubilità , In acqua a 20 °C La solubilità di Jn acqun a 20 °C


dei gas nei liquidi di alcuni solidi la solubilità di una sostanza in la solubilità di N2
generalmente nei liquidi C 2 è maggiore un solvente si è minore di quella
aumenta diminuisce di quella di riferisce alla di Oh
all’aumentare all’aumentare soluzione satura
della dalla
temperatura temperatura

Un aumento di temperatura favorisce in alcuni casi la solubilità dei solidi nei liquidi, ma non quella dei gas.
La solubilità di un gas in un liquido diminuisce sempre all’aumentare della temperatura, perché le molecole
di gas acquistano un’energia cinetica sufficiente per rompere i legami intermolecolari con le molecole di solvente
e abbandonare la massa di liquido.

M Il «simile scioglie il simile»


Per prevedere se un soluto si scioglierà o meno in un dato solvente, è utile ricordare che il «si-
mile scioglie il simile»: i solventi polari sciolgono i composti polari; i solventi apolari sciolgono
i composti apolari.

Alcuni composti polari si sciolgono in acqua senza reagire: si rompono i legami intermole-
colari (dipolo-dipolo o idrogeno) tra le molecole di soluto e se ne formano altri tra solvente
e soluto. Per esempio, quando lo zucchero si scioglie in acqua, l’acqua rompe i legami inter-
molecolari tra le molecole di zucchero e le circonda formando legami idrogeno. In questo
modo le molecole di soluto si disperdono in acqua formando la soluzione. Le molecole di
zucchero rimangono intatte: semplicemente si separano tra loro.

H H H H
H
H '’ H
ou •• cv m ChimiC@ LE SOLUZIONI
Altri composti polari, come l’acido cloridrico (HCI), quando si sciolgono reagiscono con l’ac-
qua: l’acqua rompe il legame covalente polare e la molecola si dissocia in due ioni di segno
opposto (H“ e Cl ). Questo fenomeno è chiamato ionizzazione. I composti che in acqua si dis-
sociano in ioni sono chiamati elettroliti.

Un elettrolita è una sostanza che sciolta in acqua si dissocia in ioni e rende la soluzione
elettricamente conduttrice.

Se tutte le molecole del1’e1ettrolita si dissociano in ioni (dissociazione completa) si dice che


l’elettrolita è /orfe; se solo una piccola parte delle molecole di elettrolita si dissocia in ioni
(dÌS5OCÌazione incompleta) l’elettrolita è debole.
• Elettroliti forti: sali, idrossidi e acidi forti (HC1, H2S 4. HC1O4 ecc.).
solvatazione e magg iore
dell‘emerg io i”eticOIa i”e, • Elettroliti deboli: acidi deboli (H2S, HCN, acidi organici), ammoniaca e basi organiche.
iI SOI i Ò O Si SCi OQI i e CO I
sviluppo d i caIoi“e (pei“ Le soluzioni elettrolitiche conducono la corrente elettrica perché gli ioni possiedono una
esempio acidi e basi forti
come MaOH e H SO ]; se
carica elettrica e quindi, muovendosi, trasportando la corrente.
e m in ore, si sciog lie con
0 S '2OI Ò I ITI 0 Id IO Ò Ì CO Ì O I”e Anche i liquidi possono miscelarsi tra loro formando una soluzione. I liquidi polari come
(pel eseifì pio hJHaOH); se
acqua e alcool etilico si mescolano tra loro grazie a1l’instaurarsi di attrazioni dipolo-dipolo;
va riazion i di eiJerg io invece i liquidi apolari come bromo e tetracloruro di carbonio, oppure naftalene e trielina, si
(per esempio NaCI). miscelano grazie al1’instaurarsi di forze di Van der Waals.

Ec{uilibri di solubilità
Nonostante i sali siano elettroliti forti, alcuni di essi sono poco solubili in acqua. La solubili-
tà di un sale può essere calcolata a partire da una grandezza chiamata prodotto di solubilità,

K¿, è una costante di equilibrio relativa al processo di solubilizzazione. Indicando con 5 la


solubilità in moli/litro di un sale, dpi e uguale a:

pp z — ( tti X S) " X ( y X S) "

dove m e n sono le cariche dei gruppi ionici nella formula.

Per esempio, quando A SO4 viene posto in acqua, se ne scioglie una piccola quantità e si
stabilisce l’equilibrio:

Ag2S(,) 2Ag* „) + 2 (ag)

La costante di equilibrio di questa reazione è:

dpi — [Ag“] 2[S2 ]

I solidi puri hanno concentrazione costante. Quindi, [A S(,)] è costante e viene inglobata
nella K,„ per cui non compare nella legge dell’azione di massa.

A partire dal valore di K¿, possiamo ricavare la solubilità del sale costruendo una tabella
come quella che segue.
Ag S (,) 2 Ag2+ s2—

Concentrazioni all’equilibrio 2S S

Con 5 si indica la molarità dello ione. Sostituendo le quantità finali presenti all’equilibrio
ne1l’espressione dÌ Opz otteniamo:

dpi — (2s)2(s) —— 4s"

Se per esempio K„ = -4 10*"' ._


i•#ica che il sale
4-s’ = 6 10 " e yoóo solubile.

5-— X'(6 10*"’)/4- = 1,1 10 '’ M

La solubilità molare di As 2S è 1,-1 10*1’ M (a 25 °C).


Vediamo ora alcuni casi particolari.
• Se a questa soluzione aggiungiamo un secondo sale, che abbia uno ione in comune con il pri-
mo sale, di cui si conosce p5y il secondo sale fa diminuire la solubilità del primo sale (effetto
dello ione comune). Per esempio, l’aggiunta di Na S alla soluzione di As2S, fa diminuire la
solubilità e di AfizS.
• Se nella soluzione ci sono due sali poco solubili, che non presentano ioni in comune, precipi-
ta prima quello con dpi ÌTiinore o pKp5 lTiaggiore.
• La solubilità degli idrossidi e di tutti i sali che contengono anioni provenienti dalla dissocia-
zione di acidi o basi deboli (per esempio, carbonati, solfuri, sali di ammonio, fosfati, solfati,
fosfiti, solfiti, nitriti ecc.) è influenzata dal pH. Nel caso di basi deboli e di sali provenienti da
un acido forte e una base debole, un pH acido favorisce la solubilità, uno basico la sfavorisce.

REGOLE GENERALI DI SOLUBILITÀ IN ACQUA PER I ¢0MP0STI I0IJI€I /// SIfìTtSI


1) Tutti i sali dei metalli alcalini e di ammonio sono solubili.
2) Tutti i nitrati, acetati e perclorati sono solubili.
3) Tutti i fluoruri sono solubili tranne quelli di Hg“ e Pb2’.
4) Tutti i cloruri, bromuri e ioduri sono solubili tranne quelli di Cu“, Ag’, Hg’ e Pb2’.
5) Tutti i solfati sono solubili tranne quelli di Ba2*, Ca2* e Sr2*.
6) Tutti i carbonati, cromati, solfuri, fosfati e idrossidi sono in5OlHbili tranne quelli dei metalli
alcalini e di ammonio; fanno anche eccezione gli idrossidi di Ba 2*, Ca2+ e Sr2*, che sono
leggermente solubili.

Se il prodotto della concentrazione iniziale degli ioni in soluzione è maggiore dÌ dpi iì11ora il
composto precipita, se è minore il composto rimane in soluzione.

AB • " A+ + B

5e Q > R„eq —•precipifa

5e Q > K„ eq — non precipita

5e Q > Kg, eq -• in equilibrio


ou •• cv m ChimiC@ LE SOLUZIONI

Q Lo concentrazione
La concentrazione di una soluzione è il rapporto tra la quantità di soluto e la quantità
di solvente o di soluzione in cui il soluto è disciolto.

La concentrazione indica la quantità di soluto presente in una quantità unitaria di solvente


o di soluzione. Poiché tali quantità possono essere espresse in vari modi, la concentrazione può
assumere diverse unità di misura.

La concentrazione percentuale in massa, % m/m, indica i grammi di soluto sciolti


in 100 g di soluzione:

La concentrazione percentuale in massa su volume, % m/U, indica i grammi di soluto


sciolti in 100 mL di soluzione:

- 100 = d- %› mfm

La concentrazione percentuale in volume, % V/V, indica i millilitri di soluto sciolti


in 100 mL di soluzione:
La concentrazione
percentuale in volume
ò usata, per esempio,
per esprimere la
C OIÙC VIA tFO ZI OIL+B Ò 1 0 ECO Ì

cioò pei” iind icai”iJe il La concentrazione in parti per milione, ppm, indica il numero di parti di soluto presenti
grado alcolico. Il grado in un milione di parti di soluzione.
alcolico d i un a bevanda
corrisponde a i m L
di OlcOl disc i olti Poiché le parti possono riferirsi sia a unità di massa sia a unità di volume, distinguiamo le parti
in 100 mL dl bexondo. per milione in massa

" soluzione ( @)

e le parti per milione in volume


pp V„„„, (qL J
- 10
V„,„„„, (gL }
L‘un itÒ di m isura della
MO I FÌ tÒ Ò FFiO I Ì SU
Se esprimiamo la quantità di soluto in moli e il volume di soluzione in litri, la concentrazione
iI Ò iC s pe ssO CO I iI prende il nome di molarità.
simbOlO M (clie si legge
«molare»). La moloritò
ò un‘un itÒ di misura La molarità (M) di una soluzione è il rapporto tra il numero ri di moli di soluto e il
dell a concentrazione volume V della soluzione espresso in litri.
alle di pen de dO llO
tempe i”Otui”O.

per riscaIdamento
molarità = M =
e si contrae per
I”O ttI”OÒ Ò 0 ATI+2 Id IO, C| U Ì Id Ò I IÌ
SUO VO I!JITì e V I”i e CO IL La relazione che lega la molarità M, il numero di moli ri e il volume Y di soluzione consente di
esso lo concenfi e zione. determinare una delle grandezze conoscendo le altre due:
r-i = M V e V=—
M
A differenza della molarità, che è espressa in funzione del volume di soluzione, la modalità (m),
o concentrazione molale, si riferisce alla massa di solvente utilizzato.

La molalità è il rapporto tra il numero ri di moli di soluto e la massa m del solvente La mololitò si espi ime
q imOI I d I sOlutO per Èg
espressa in kilogrammi. i s/velo (mÀ/kg),
e si ind ica normalmente
n„„„ (mol) con m (si legge
molalità = m = «isola le»).
, ,(km)
Se una soluzione è costituita da tanti componenti, può essere utile esprimere la concentrazione
di un componente specificando il suo numero di moli in rapporto al numero totale di moli
presenti.

La frazione molare Z di un componente della soluzione è il rapporto tra il numero La frazione molare ò
U IX IX UITÌ 0 FO COIT1 |D FUSO
di moli di quel componente e il numero totale di moli di tutti i componenti. tro 0 e l

Se •A e il numero di moli del componente A e nA + nB + nc + + ut è il numero totale di moli


dei componenti A, B, C, .. . Z, la frazione molare LA del componente A è:

’A _ ’A
XA'
n ToTAr n A+ n p f- n +... + n

La normalità (N) di una soluzione è il rapporto tra il numero di equivalenti di soluto e il


volume della soluzione espresso in litri.
U is equivalente (o pra mmo
equivalente) di un acido
è la quantitÒ di acido clie
normalità = N = UÒ NOI”II i I e UU fTìOI e Ò i Ì OIL i
H*; un equivalente di u Uo
base ò la quaiafilò di base
clie puÒ fornire una mole di
La normalità di una soluzione si esprime pertanto in equivalenti per litro di soluzione, ioni OH— (per le basi
cioè eq/L. /J = Il UITÌ e I O Ò i iOIJ Ì 0 H—) ;
U IX OC| U iVO!0 Id IN @ I Uld SO!0 Ò
la quanlitò di sale clie pei”
Un equivalente chimico è la quantità di composto che contiene una mole di unità dissoc iazioiJe produce una
mole di ca riche elettriche;
reattive (ri,).
un equivalente redox di
U I3o SOSt IJZo OSS iÒ IJte O
Fi Ò UCe I te e I O C] UO iJ ti tÒ d i
Tra normalità e molarità esiste una relazione data da11’espressione N = n,-M. SOSIA II z C II e CC] U isfo O
La relazione tra ri (numero di mOlÌ) e eq (numero di equivalenti)' e eq u• cede u Uo mole di elettroni.

massa molare massa equivalente

. :d e..id d: all..:.. 4lfoH›, — S


M (C]/fTJOI) “eq ( g/eq)

massa massa
“eq

quantità di sostanza quantità di sostanza


espressa in moli espressa in equivalenti
dòfe a delle relazioni (eq)

7(L) 7(L)

n, M
molarità normalità
M N (eq/L)
N
ou •• cv m ChimiC@ LE SOLUZIONI

Lo diluizione
Quando si aggiunge un solvente puro a una soluzione, si ottiene una soluzione diluÌtD. Quindi una
soluzione può essere preparata sia sciogliendo il soluto in un solvente sia diluendo una soluzione
più concentrata. Conoscendo il volume e la concentrazione di una soluzione iniziale, possiamo
calcolare il volume di solvente da aggiungere per ottenere una soluzione finale a una determinata
concentrazione. Infatti, con la diluizione, il numero di moli ri di soluto resta invariato:

Poiché il numero di moli è uguale al prodotto della molarità M per il volume U, possiamo scrivere:

Y, x M; = Yt x Mt cioè Yt= U, x

La differenza Ut — U, è uguale al volume di solvente da aggiungere per effettuare la diluizione.


Conoscendo il volume e la concentrazione di due soluzioni iniziali che vengono mescolate, pos-
siamo calcolare la concentrazione finale della soluzione risultante:

IL MESCOLAMENTO III S//ff£S/


Mescolamento reattivo Mescolamento non reattivo
Se mescoliamo: Se mescoliamo:
1) un acido e una base, 1) due acidi,
2) un sale e un acido, 2) due idrossidi,
3) un sale e un idrossido, i composti non reagiscono,’ gli ioni restano in soluzione e
4) due sali, si sommano tra loro.
i composti reagi5cono formando dei prodotti; gli ioni si
consumano.
Risolvi i problemi seguendo le regole del calcolo Puoi usare le formule per la molarità o la normalità:
stechiometrico (vedi Lezione 20). Mt = f•i + ^9/ 1+ 2
Nt = (n„ + n„ 2?/ <1 + 2)

ESEMPIO SVOLTO
Quale delle seguenti azioni produce una soluzione acquosa di NaNO, (M —— 85 g/mol) con concentrazione
0,20 M?

Sciogliere 17,0 g ! Diluite 50 mL C) Diluire 250 mL Aggiungere Mcscnlare lS8 ml.


di NaNO, in di una soluzione di una soluzione acqua a 8,5 g di una soluzione
250 IRL di Hz 2 M di NaNO, di NaNO, 0,8 M di NaNO, per di NaNO, 0,15 M
fino a 200 mL fino a 1,0 L ottenere 250 mL con 50 mL di una
di soluzione soluzione di
NaNO, 0,05 M

La concentrazione Applichiamo la for- 0,8 M x 250 inL = La concentrazione di La concentrazione di


di questa soluzione mula: M a x - M x 1000 mL. questa soluzione è: questa soluzione è:
è: [17 g/(85 g/mo1)]/ M, x v,. M, = 0,2 M. [s,s g/(8s g/mol)]/ (0,15 M x 150 mL +
0,250 L = 0,8 M. Mz (2 M X 50 mL)/ 0,250 L = 0,4 M. 0,05 M x 50 mL)/
200 mL = 0,50 M. 200 mL = 0,125 M.
ESEF/IPIO SVOLTO
Se mescoliamo 0,1 moli di acido cloridrico e 0,1 moli di idrossido di sodio in un volume totale di 100 mL, qual è la
concentrazione della soluzione che si forma?

SOLUZIONE
La soluzione risultante sarà formata non da acido e base ma dal sale (cloruro di sodio) che si è formato dalla reazione:

HC1 + NaOH N£tC + H z

Acido e base sono nelle stesse quantità stechiometriche e reagiscono nel rapporto di 1:1, quindi si consumano total-
mente e producono 0,1 moli di NaCl. Dopo la reazione, la soluzione ha una concentrazione pari a:

0,1 mol NaC1/0,1 L = 1 M

ESEF/IPIO SVOLTO
Qual è la normalità di una soluzione risultante dal mescolamento di:
• 200 mL di una soluzione contenente 0,2 mol Ca(OH )2 (soluzione A)
• 300 mL di una soluzione contenente 0,3 mol NaOH (soluzione B)?

SOLUIIOIJE
I due idrossidi non possono reagire, quindi gli ioni OH* si sommano semplicemente:

eqA' ^A • n —— 0,2 x 2 = 0,4


eqB' ^B • n —— 0,3 x 1 = 0,3
neqA + neqB _ 094 + 093
Nt= = 1,4
A+ B 0,2+ 0,3

0,2 mol Ca(OH )z' 0,4 mol OH*= 0,4 eq Ca(OH )2


0,3 mol NaOH = 0,3 mol OH*= 0,3 eq NaOH
neqi + neq2 0,4 eq Ca(OH ) + 0,3 eq Ca(OH )2 0,7 eq Ca(OH 2
Nt= ’ = 1,4 N
l+ 2 0,2 L + 0,3 L 0,5 L
LE PROPRIETÀ COLLIGATIVE

Q Le proprietà colligotive
Una proprietà colligativa è una proprietà che dipende soltanto dal numero di particelle
di soluto presenti in soluzione e non dalla loro natura.

Le proprietà colligative sono: l’abbassamento della tensione di vapore, l’innalzamento del pun-
to di ebollizione, l’abbassamento della temperatura di solidificazione e la pressione osmotica.

In soluzione diluita, tutte le proprietà colligative b y dipendono dalla frazione molare di solu-
to X„t„, secondo un’equazione del tipo:

by —— costante X „,„t

Q L’obbossomento dello tensione di vapore


La pressione di vapore La soluzione liquida di un soluto non volatile ha una pressione di vapore più bassa del solvente
ò la pi“essioiJe esei citata
da un vapore in eqU ili brio puro.

LeziOne Ù].

Quando un liquido evapora in un contenitore chiuso, le mole-


cole che passano in fase di vapore esercitano una pressione sia
sulla superficie del liquido sia sulle pareti del recipiente (pres-
sione di vapore).
Èolvenfe Quando un soluto non volatile viene sciolto in un solvente, la
tensione di vapore diminuisce, perché alcune molecole di sol-
vente in prossimità della superficie del liquido urtano le mole-
cole di soluto e tornano indietro, per cui non riescono ad ab-
bandonare la soluzione. Di conseguenza, la concentrazione di
vapore al di sopra del liquido diminuisce e con essa la pressione
di vapore.

Lo scienziato che ha studiato in modo approfondito la tensione di vapore di una grandissimavarietà


di soluzioni è stato il francese Franpois-Marie Raoult (1830-1901) cui si deve una legge generale.

Legge di Raoult: la tensione di vapore di una soluzione il cui soluto non è volatile
è direttamente proporzionale alla frazione molare del solvente.

soÌuzùone e aÈbgs{anza €lilui&, k”ioe se Ìg sug òonóenfrazJone


e inferiore 8 0,1 , r•8 Non buoni 8ggrossir•8zioee e v8lid8
anche per soluNoni 6on£en(vd(e.

Le soluzion i pei” cui va le la


legg e d i ROoult sOiJo dette
dove P,.sezione e la pressione di vapore del solvente sopra la soluzione, P5% lvente è la pressione di
soluzioni ideali. vapore del solvente puro e X.clvent, la frazione molare di solvente.
POiChé solvente è minore di 1, si ha P„„„, solvente e quindi si osserva un abbassamento della
pressione di vapore. Se conosciamo ,t„ invece di Xsolvente› b£tSta ricordare che X„t„ + solvente
= 1, per cui X„, ,t,)' 1 solvente e la formula diventa:

Q L6nnolzomento ebullioscopico
e l’obbossomento crioscopico
Quando un soluto non volatile viene sciolto in un solvente, la temperatura di ebollizione del
liquido aumenta, mentre la sua temperatura di congelamento diminuisce. In altre parole, una
soluzione ha un punto di ebollizione maggiore e un punto di congelamento minore rispetto al
solvente puro. L’innalzamento ebullioscopico è l’aumento della temperatura di ebollizione di
un liquido che si verifica per aggiunta di un soluto non volatile. L’abbassamento crioscopico è
la diminuzione del punto di congelamento (o solidificazione) di un liquido che si verifica per
aggiunta di un soluto non volatile. A parità di concentrazione, nel caso di una soluzione acquosa,
l’abbassamento crioscopico è circa quattro volte più grande de1l’innalzamento ebullioscopico.

di valore cala Sappiamo che un liquido bolle quando la sua tensione di vapore
o 1 atm uguaglia la pressione esterna e che la tensione di vapore di un liquido
aumenta all’aumentare della temperatura. La tensione di vapore di
una soluzione (con soluto non volatile) è minore di quella del solven-
te puro, quindi, affinché la soluzione bolla, è necessario raggiungere
0 temperature superiori a quella di ebollizione del solvente puro.

temperatura
Sia l’innalzamento ebullioscopico sia l’abbassamento crioscopico sono tanto più grandi quanto
maggiore è la concentrazione del soluto:

di eloolliTone

N lel:s dello 1.« .e

il segno - ci la óayire
¢ke si la un
abbassa ent crioscopico Z ucc IJeri , urea, glicerolO
e g licol i non sono
Le equazioni prima riportate sono valide soltanto se il soluto non si dissocia in ioni, cioè è un elettrOliti .

non elettrolita.
Con le soluzioni di elettroliti (acidi, basi, sali), invece, bisogna tener conto del numero di ioni
che derivano dalla dissociazione. Nel caso di elettroliti forti, cioè di composti che in soluzione
acquosa sono completamente dissociati in ioni, le formule relative all’innalzamento ebulliosco-
pio e all’abbassamento crioscopico devono essere corrette con l’introduzione del coefficiente i (/ = 2)
(coefficiente di Van’t Hof9 nel modo seguente: CaCI, - Ca** + 2CI—

AI (SOd J 3 ’ 2AI ^' +


m« •• y‹ m• ChimiC@ LE PROPRIETÀ COLLIGATIVE

Q Lo pressione osmotica
L’osmosi è il flusso di solvente attraverso una membrana semipermeabile da una
Trotteremo losmosi onche soluzione mento concentrata a una più concentrata.
nello Lezone9 di Bologio.

H 2O
e I I’OS III OS I I I II U SSO SI
+
i O/Oni£g NaCl
M UOVe pe F Ò i ffU Si O II e Ò I I iter nicd
soluzione ipotonica a lla
soluzione ipertonica.
HNO flusso HNO“ flusso

Me••brana se i r eabile /en^Èrgna sgmiyer eabile

Ricorda che, per la legge


di StevilJo, P = d-g Il, dove
P ò la pi“essioiJe, Durante l’osmosi il solvente si sposta verso la soluzione più concentrata e fa salire il suo
d la deiasitò del liquido,
Q ’I CC e I e F z iOl e Ò i g F Vi IÒ
livello nella colonna. La colonna li di liquido «in più» rispetto a quello del solvente puro
e à l‘a Itezza del liqu ido. genera una pressione che è tanto più grande quanto maggiore è il valore di h. Tale pres-
sione si oppone all’ingresso di altro solvente in soluzione; all’aumentare della pressione,
il flusso netto di solvente rallenta fino a che, a un certo punto, si arresta del tutto. Per im-
pedire l’osmosi e abbassare il liquido al livello iniziale è necessario esercitare una pressio-
ne contraria. Questa pressione si chiama pfeSSlOne Osmotica, il suo simbolo è n e si misura
in atmosfere o Pascal (atm o Pa) allo stesso modo della pressione gassosa.

La pressione osmotica di una soluzione è la pressione che bisogna esercitare sulla


soluzione per impedire il flusso di solvente attraverso una membrana semipermeabile
che la separa dal solvente puro.

Quanto maggiore è il numero delle particelle disciolte, tanto più alta è la pressione osmotica.
Nelle soluzioni ideali, cioè in soluzioni molto diluite, la pressione osmotica è proporzionale al
numero di molecole di soluto nell’unità di volume, cioè alla concentrazione, e alla temperatura
assoluta. La relazione che lega tali grandezze è analoga a11’equazione di stato dei gas ideali, con
la differenza che contiene la pressione osmotica ri al posto della pressione P:

riarrangiando y ,s .: delÌd soluzione

Tale relazione è nota come equazione di van’t Hoff. Le soluzioni ideali, quindi, assomigliano
molto ai gas ideali.
Se la sostanza presente in soluzione è un elettrolita, libera ioni ed è quindi necessario introdurre
il coefficiente i definito nel paragrafo precedente; l’equazione, pertanto, diventa:
Per ese Dio, nel caso
d: NaCl i tale z
Q L’osmoloritÒ
Il prodotto i-M viene chiamato osmolarità. L’osmolarità è il numero di osmoli di soluto
presenti in un litro di soluzione. Le osmoli sono le moli di particelle che derivano dalla
dissociazione di una mole di composto e che contribuiscono a determinare la pressione
osmotica della soluzione.

osm = osmol„t„,/ V (L)b o1uzione


osmol = mo1 x i (dove i = coefficiente di Van’t Hoff)

Per esempio, una soluzione di NaC1 0,3 M (i = 2) è 0,3 x 2 = 0,6 osm. Una soluzione di
glucosio 0,3 M (che non si dissocia) è invece 0,3 osm.

fiSfiIYiPI0 SVOtTO
Quale dei seguenti composti ha la pressione osmotica maggiore a parità di temperatura?

L.a pressione osmofióa e direttamente yroyorzùon6le alla ¢on¢enfrgzùone


molare delle ,arti‹eIle dl sol.+•. 4uestd › alla tonte•tra=ione
i: v«.'t »Hi, he t:e.e
AO AR#0 6iSSOAi0 OWR iOWiOY

Cloruro di sndio Cloruro di CalCiO romuro di allu- Diidrogenofosfa- Jj Q,l M


0,1 M 0,2 M minio 0,2 M to di calcio 0,1 M

In NaC1 i = 2, In CaC1 - 3, quindi In AlBr i = 4, In Ca(H2 04)2 L’urea è un non


quindi 0,2 M x 3 = 0,6 M. quindi i = 3, quindi elettrolita, quindi
0,1 M x 2 = 0,2 M. 0,2 M x 4 = 0,8 M. 0,1 M x 3 = 0,3 M. i = 1.

fi8fiMPI0 SY0£T0
La pressione osmotica di una soluzione di KCI a 27 °C è pari 10 atin. Qual è la molarità della soluzione?
(R = 0,082 (atm • L)/(K • mo1) )

0,02 M B) 0,2 M 0,4 M 0,04 M 2,25 M

KCI si dissocia in K* e Cl* e dunque i = 2. Trasformiamo la temperatura in Kelvin: 27 °C + 273 = 300 K.


10 at‘
Usiamo l’equazione ri = MfiTi da cui ricaviamo: M =
fi T i 0,08-2 atm- L/K mol -300K 2
1 1
= ' mol = ' = 0,2 mo1
0,082- 60 8,-2 10—- 2 -6 10* 4V,2 10—* 5*
GLI ACIDI E LE BASI
Q Le teorie acido-base
La prima definizione di acido e di base è stata data dal chimico svedese Arrhenius (1859-1927)
ed è fondata sulla capacità di tali sostanze di condurre la corrente elettrica in soluzione acquosa.

Un acido è una sostanza che, sciolta in acqua, libera ioni H*.


Una base è una sostanza che, sciolta in acqua, libera ioni OH*.

Per esempio, HCI è un acido perché in acqua si dissocia in ioni H* e Cl*:


H,O
HCI )

NaOH è una base perché in acqua si dissocia in ioni Na* e OH*:

NaOH ,) Na+(„) + OH „)

Per la sua semplicità, la teoria di Arrhenius è ancora oggi utilizzata, ma la sua definizione di
acidi e basi è piuttosto restrittiva. Essa, infatti, è applicabile soltanto alle sostanze solubili in
acqua e non spiega il comportamento basico di sostanze che non contengono gruppi OH (come
l’ammoniaca, NH,).

Nelle soluzioni acquose degli acidi, in realtà, non esistono ioni H’ liberi. Questi, infatti,
si combinano istantaneamente con una molecola di acqua con cui, attraverso un legame
dativo, formano lo ione H3O“ (chiamato ione idronio).

In i”ealfÒ, la ionizzazione
d i HCI in acqua deve
|one idronio, Y 0’
essere scritta nella

Una teoria più generale fu elaborata nel 1922 dal chimico danese Johannes N. Bransted e
dall’inglese Thomas M. Lowry. Essi, indipendentemente l’uno dall’altro, proposero la seguente
definizione di acido e di base.

Un acido è una sostanza capace di donare un protone.


Una base è una sostanza capace di accettare un protone.

Secondo Bransted e Lowry, una sostanza può comportarsi da acido soltanto in presenza di
un’altra sostanza capace di accettare il protone; viceversa, una base accetta un protone soltan-
to se c’è un acido che lo cede. Il punto fermo della teoria è che ci deve essere sempre una rea-
zione di trasferimento del protone affinché possano manifestarsi le proprietà acide e basiche
di una sostanza.
2-
H 2O(t) 4(,g)
base ione idronio base coniugata
acido coniugato di SO,
di HNO »• Nella i eazioiJe, HSOq—

'' 2— OI I ’ OCC| UO e C] U i II Ò i Si

l’Ocqua Occ etto un


|D I OtOId P @ 0 ! ! O lOId +B
HSO- e qui di
Si COMpOFtO ÓO ÓOSe.

OH ,q) + NH4 q)
O!*pO! base acido base coniugata acido coniugato
di HNO di NH,
N Hg accetta un pi otone

dona un protone a NH e
dunque si comporta
Una reazione acido-bà5e consiste quindi in un trasferimento protonico. La conseguenza più
importante di tale trasferimento è che un acido e una base reagiscono tra loro per formare un
altro acido e un’altra base. Ogni acido, donando il proprio protone, si trasforma in una base,
chiamata base coniugata; analogamente ogni base, accettando il protone, si converte nel corri-
Tanto più fai-te è
spondente acido coniugato. UIC OCiÒo, tO ntO pÌ ù
debole ò la sua base
Alcune molecole e ioni possono comportarsi sia da acido sia da base a seconda della sostanza CO IL ÌUg to . L Òose
con cui reagiscono. Per esempio, quando l’acido cloridrico viene sciolto in acqua, l’acqua accet- coniugata di un acido
ta un protone da HCI e si comporta da base: debole è debole.

Invece, quando l’acqua reagisce con l’ammoniaca, si comporta da acido perché dona un proto-
ne a NH .

gd$p NH3(gg) + H z NH 4’t , ) + OH (qy)

Le sostanze che possono comportarsi sia da acido sia da base sono dette anfotere (dal greco
amfotero5, «l’uno e l’altro»). L’acqua, oltre a essere anfotera, è anfiprotica perché può sia donare
sia accettare un protone. I due termini, però, non sono esattamente sinonimi, come puoi osser-
vare dalla tabella.

SOSTANZE ANFIPItOTICHE, ANFOTERE E ANFOLITI III SfffF£S/


Anfiiprotico Anfotero Anfolita
Sostanza che può donare o accetta- Sostanza che può comportarsi sia Molecola che presenta sia il gruppo
re protoni. da acido sia da base. funzionale acido sia quello basico.
Non tutte le sostanze anfiprotiche Non ha gruppi funzionali acidi o Gli amminoacidi sono anfoliti.
sono anfotere. basici.
Tutte le sostanze anfotere sono an-
fiprotiche.
L'idrossido di alluminio è anfotero
ma non anfolita.
m« • cv ChimiC@ GLI ACIDI E LE BASI
Per esempio, PbO è sia un acido sia una base di Lewis (anfotero) ma non contiene idroge-
ni da donare come protoni e quindi non è anfiprotico.
Un anfotero non è necessariamente una molecola: può essere anche uno ione. Per esem-
pio, gli ioni dei sali acidi, come lo ione bicarbonato, possono donare un protone allo ione
ossidrile (base), comportandosi da acido:

oppure accettare un protone dallo ione idronio (acido), comportandosi da base:

HCO (ag) + H/O+% ) HzCO,( + HSO

Un’ulteriore estensione dei concetti di acido e base fu realizzata dal chimico statunitense Gil-
bert N. Lewis (1876-1946). Sono acidi e basi di Lewis le specie chimiche in grado di formare
Anfotero: ò sia un ac ido sia un legame covalente coordinato nel quale entrambi gli elettroni provengono da un solo atomo.
una base (Bi sn sted o Lewis]
Anfiprotico: può sia doiJai e
sia accetta i“e un pi”otOiJe Un acido è una sostanza che può accettare una coppia libera di elettroni.
Una base è una sostanza che può donare una coppia libera di elettroni.

Un classico esempio di reazione acido-base di Lewis è la reazione fra ammoniaca e tricloruro di boro:

Id 0 CO|D |D IO ! I @R I”O H H H :Cl:


Ò Ì e I ettl”o II Ì Ò U Il COp p i
di eIefti”oni Uom impepiJata
nella formazione di alcun
H—N: B — Cl: H—N B — Cl:
legame.
L-ewis

Come abbiamo visto, gli acidi e le basi possono essere sia molecole neutre sia ioni.

Q Il prodoNo ionico dell’acqua


L’ CC| U Ò U II CO f i pOS IO Nell’acqua distillata sono presenti piccolissime quantità di ioni HSO* e OH*. La formazione de-
F fÌ p FOt i CO, OSSÌ pUÒ
COFFi pOFto FSÌ Sio cÌ o oC i d O SÌ
gli ioni avviene grazie allo scambio di un protone tra due molecole di acqua, secondo il seguente
da base. Di cOnseguenza, schema:
l’acqua puÒ reagire con
se stessa mediante una H z (jtH z (j - HO#¿+OHp¿
reazione acido-base in cu
una molecola d'acqua cede
un pi-otone all‘altra.
A questa reazione si dà il nome di autoprotolisi o autoionizzazione. Se, per semplicità, utiliz-
ziamo il simbolo H*(„) al posto del più corretto HSO’( ), l’equilibrio precedente diventa:
H z y •‘ H*(qq) + OH*(„) AH > 0 (reazione endotermica)
Poiché H ) è un liquido puro, la sua concentrazione è costante e quindi non compare ne11’e-
spressione della costante di equilibrio che, pertanto, risulta così definita:
Kp = [H*-] [OH ]
Kp è la costante dell’equilibrio di autoionizzazione e viene chiamata prodotto ionico dell’acqua;
la lettera w rappresenta l’iniziale della parola acqua in inglese (iraf"er) e in tedesco (Wa550F).
In acqua pura le concentrazioni molari degli ioni H“ e OH* sono uguali (si formano nel rappor-
to di 1 : 1) e, come abbiamo detto, sono molto piccole. Da accurate misure sperimentali effettua-
te sull’acqua pura sappiamo che, a 25 °C: È importa nte sottol i neare
che Km, essendo
[H“] = [OH*] = 1,00 10*’ mo1/L uno costante di
Pertanto, a 25 °C: equilibrio, va ”a con
Kp = [H+-] [OH ] = (1,00- 10 ’) 2 — 1,00- 10 14 la lew pei-atui“a. Poic lle
I’a U foiOi3 izzazione

endoterm ica, un

e dimiiJuii e il pH.
L’acqua pura (a qualsiasi temperatura) è neutra, perché la concentrazione degli ioni H“ è uguale
alla concentrazione degli ioni OH*. Questo ci fornisce un criterio per distinguere tra soluzioni
acide e basiche.

• Si dice neutra una soluzione in cui [H+] = [OH*].


• Se la concentrazione degli H+ è maggiore di quella degli OH*, la soluzione si dice
acida.
• Se la concentrazione degli OH* è superiore a quella degli H',1a soluzione si dice basica.

Il fatto che il prodotto delle concentrazioni degli ioni H+ e OH* sia costante ci dice che le
due concentrazioni sono inversamente proporzionali. All’aumentare dell’una deve quindi
diminuire l’altra, in modo tale che il loro prodotto resti costante. Le [H“] e [OH ] sono,
quindi, in «perenne altalena». Attraverso il controllo di uno solo dei due ioni, in genere lo
ione idrogeno H“, possiamo stabilire se una soluzione è acida oppure basica. In particolare:
quando [H+] > 10*’ M la soluzione è acida; quando [H+] < 10*’ M la soluzione è basica.

soluzione neutra soluzitane basica soluzione acida


[H“]

[H“] = [OH ] [H)<[OH) [H“] > [OH ]

[H“]' [OH°] = 10 " [H+] [OH ] — io '• [H+] [OH ] — 10 "


FH- y
Il pH di una soluzione è il logaritmo decimale negativo della concentrazione molare degli ioni H*:

pH = —log[H+] La Iettera p posta dava nti

CO ÌCOÌO FC i Ì ÌO@ 0 FI fMO


Analogamente, il pOH è il logaritmo decimale negativo della concentrazione molare degli ioni negativo in base 1 0
OH di quella grandezza:
p coi”risponde
pOH = —log [OH ] a «— log .».

[OH j 10 " 10 " 10 '2 10 ' ' 10 '" 10 10 ' 10 10 10 " 10 10 " 10 2 10 ' 1
molL
pOH 12 10 9 S 7

La scala cromatica

òolorafioni assunte
diii’.d:.i&.. pH

[HSO“]
0

i
1

10 '
2

i0 2
3

i0 "
4

i0
S

i0
6

10 10
7

10 ' 10
10

i0 '" 10 '
12

i0 '2 10 '" 10 "


14

moI/L
acidità crescente neutralità basicità crescente -
m« • cv ChimiC@ GLI ACIDI E LE BASI

Q Lo forza degli acidi e delle basi


La forza di un acido è la sua capacità di protonare l’acqua e può essere determinata misurando lil eq
della corrispondente reazione di ionizzazione. Essa, nel caso di un generico acido HA, è la seguente:
HA(t) + H 2 (f) H,O+(, ) + A (
La costante di tale equilibrio è:
HSO’ A
' = K,
[HA]
La concentrazione dell’acqua non si riporta perché l’acqua è un liquido puro; la concentrazione
di un liquido puro è costante e dunque viene incorporata nella costante di equilibrio. K, è chia-
mata costante di dissociazione acida o semplicemente costante di acidità.

K, > 1: acido forte (in acqua si dissocia completamente in ioni)


d6idi sono riyorH(i
• o dire 4i forza a 1: acido debole (in acqua si dissocia debolmente; rimane prevalentemente in forma
de6rescen(e: indissociata)

mani, óke hanno b >> I,


Dire acido forte e acido concentrato non è la stessa cosa: un acido forte è completamente ioniz-
•••o nella yarde alla
zato, ma la sua concentrazione in soluzione potrebbe essere anche molto piccola; un acido con-
della Stella
centrato, invece, ha un gran numero di moli in soluzione, ma potrebbe essere poco ionizzato.

COSTANTI DI IONIZZAZIONE /f. DI ALCUNI ACIDI


Nome Reazione di ionizzazione @ a 298 K
acido perclorico HClO4 H* + CI 4 molto grande ^-
(or(i:
• atidi alogenidri › aCido iodidrico HI H’ + I molto grande
fec6e(to b acido bromidrico HBr H’ + Br* molto grande
• acidi ossigenafi in r•i
acido cloridrico HCI H’ + C1 molto grande
1
,. acido solforico HzS 4 H’ + HSO4 molto grande
acido nitrico HNO3 H+ + NO3 molto grande
.p ione idronio H O* H* -b Hz 55
acdo ossalico 2C2 4 H+ + HC 2 4 - 5,9 10*2
' '<°^° *<' ' acido solforoso H2SO H+ + HSO, 1,-5 10— 2
óke possono óe¢lere ione idrogenosolfato HSO4 H+ + SO4 - 1,2 10 2

più di n Crotone acido fosforico H,P 4 H’ + Hz 4 - 7,5 10 ’


acido nitroso HN 2 H’ + N 2 - 4,6 10*’
acido fluoridrico HF H’ + F - 3,5 10 ’
acido acetico CH3COOH H’ + CH,COO* i, io—'
acido carbonico H CO H* + HCO, - 4,3 10 ’
$6iGÌi GÌe oÌ i:
. qp q ) acido solfidrico H2S H+ + HS - 9,1 10 '
ione diidrogenofosfato H2 4 H’ + HPO4* - 6,2 10*’
ione ammonio NH4 H+ + NH3 - 5,6 10 ’0
'' acido cianidrico HCN H’ + CN - 4,9 10 10
2
ionebicarbonato HCO, H+ + CO * - 5,6 10*1'
acqua H H’ + OH - 1,8 10 “
La forza delle basi viene definita in modo analogo a quella degli acidi.

B + Hz ' ”‘ BH+ + OH

-[BH*] [OH*]
[B]

Kb è la costante di ionizzazione basica.

U na ba se ò tanto più
Kb > l: base forte (in acqua è completamente protonata)
forte qu O nto ma gg ioi”e
ò IO S!JO K¿, CÌOÒ IO sUO
a 1: base debole (in acqua è debolmente protonata)

COSTANTI DI IONIZZAZIONE /ft DI ALCUNE BASI DEBOLI COMPORTAMENTO DI ALCUNE BASI FORTI IN SOLUZIONE ACQUOSA
Nome Formula Kb it 298 K Nome Formula Ioni in soluzione acquosa

ione ossidrile OH 55 idrossido di sodio NaOH ,) OH („) + Na+(„)

trietilammina (C Hb)3N 1,-0 10*" idrossido di litio rOHy OHE › + L\ )


etilammina H NH 2 6,5- 10 idrossido di potassio KOH(,) OH („) + K*(„)

dimetilammina (CH ) NH 5,-4 10*4 idrossido di magnesio Mg(OH )2‹s) 2OH (ag) + 82’(uq)

metilammina CH NH 3,-6 10 4 idrossido di calcio Ùà( H )z(›) 2OH*( g) + Ca 2 ( )

v“ trimetilammina (CH3)3N 6,5- 10 idrossido di bario Ba(O H )2(s) 2OH*(„) + Ba 2’(og) ’


w
z ammoniaca NH, 1,8 10”
idrazina NH z NH 2 - 10*’
1,7

“ nicotina C ioH i4N 2 1 0 • 10


• bgsi or§a ni óke
anilina C 6H , NH 2 4,3- 10 *10 • t.tt: 1. :d. ..id: te.-nti d» •«talli • Ègsi óoniu§ale

urea CO (NH z)2 1,3 • 10 *’ 4


8 I III lel la ..tt ‹k , • .••J• -•••
solubili i• a¢q•a, rencto•o la sol•z-ione
meno /dSiód, peró e li/erdno und @udn/i
acqua H2 1,8
- 10 ' 1

Q Il colcolo del pH
Gli acidi forti in soluzione acquosa sono completamente dissociati in ioni. Per calcolare il pH di lNCìUADRA E GUARDA!
tali soluzioni basta conoscere la concentrazione dell’acido. Colcolore il pH di uno
soluzione
In generale, il pH di una soluzione di un acido forte HA sufficientemente concentrato ([HA]
10*‘ M) corrisponde a:
fsse••9io: per ù zZ0 q
pH = —log [H*] = —log (M HA numero di H*) devo ol(iyliaare
la olariU per 2..
degli ioni 0ù" y0ù --
Analogamente, le basi forti in soluzione acquosa sono completamente dissociate in ioni. Dalla -lo§£0h‘J — - log(/g
[OH ] si calcola prima il pOH e poi il pH, ricordando che pH + pOH = 14.
m« • cv ChimiC@ GLI ACIDI E LE BASI
Gli acidi deboli, invece, non sono completamente dissociati in soluzione acquosa. Di conse-
guenza,1a concentrazione molare di acido non è uguale al valore di [H+]. Un acido debole HA si
ionizza in acqua secondo il seguente equilibrio:
Attenzione alla
concentrazione HA(t) + H 2O/ {) • HSO“ )+A (
dell’acido o della
POSA, pI2I C!d Ó SI Ò
Conoscendo il valore di pa e la concentrazione dell’acido in soluzione, possiamo risalire alla
considera re anche pli concentrazione di ioni H*:
H“ e g li OH— provenienti
NO Ì ÌO Ò Ì SSOC Ì 0 ZÌ OICR HSO“] $A*]
Òe Ì Ì ‘OCC| UO . ÀÌ II Ì ITI 0 Id tÌ SI K, ——'
il pH d i un a so luzione d i
[HA]
HCI I 0-^ M ò 8!
In genero le per All’equilibrio, la concentrazione degli ioni positivi è uguale a quella degli ioni negativi, cioè
[H’]< 10—’ il volore del [HSO*] = [A ], o più semplicemente [H+] = [A ]. Quindi:
pH si VViCi Is Z.

[HA]

Poiché si tratta di un acido debole, possiamo ritenere che solo una piccola percentuale di mole-
cole siano ionizzate, e che la maggior parte dell’acido sia presente in forma non ionizzata. All’e-
quilibrio, [HA] sarà quasi uguale alla concentrazione iniziale dell’acido, [acido], da cui:
Dui ante il test non poti ai
U SO I-0 IO CO lCOlOtI”iCe.
Pei calcolai e il pH [H“]
SC FÌVÌ Ì Ì VO Ì OFF @ +2 Ì Ì 0
concentrazione in [acido]
notazione esponenziale,
pi“endi l’esponente e
ca mbia il sepiJo, pei“ [acido]
esempo — log 0,001
= log 10 ' = —(—3)
pH = 3. e quindi
CH l Ì CO Ì C0 0Ì Ò IU
pH = — log H’ = — log drado]
complesso, i”icoi”dati
di usare le sfi”afegie di
calcolo, per esempio:
In modo analogo, per calcolare il pH di una soluzione di una base debole, possiamo determina-
=3, 10—’ re prima il pOH:
Devi qui ndi scegliere
I a risposta che pOH = — log O H* = —l g [base]
piÙ si avvio i na a I
valore cOIcoIOto
O ppi“ossimOtivO iTìente. e poi risalire al pH. L’esempio seguente mostra entrambi i procedimenti.

ESEMPIO SVOLTO
Quante moli di HCI sono presenti in 100 L di soluzione acquosa di tale sostanza a pH 5?

0,00000t ,005 0,00001 ) 001

HC1 è un acido forte totalmente dissociato in acqua, pertanto la concentrazione degli H“


coincide con la molarità dell’acido. Quindi: [H’] = 10 "H = 10 " mol/L.
n —— M- V —— 10 " mol/L- 100 L = 0,001 inol
Il pH può essere misurato sia con un piaccametro (un apparecchio elettronico) sia con un in-
dicatore. Gli indicatori sono sostanze che assumono un colore diverso a seconda del pH della
soluzione a cui sono aggiunti.
Gli indicatori sono acidi o basi deboli che hanno la forma indissociata di colore diverso da quel-
la dissociata. Ogni indicatore possiede due colori diversi. Per un generico indicatore acido, Hln,
possiamo scrivere:
HIn • ” H+ „) + In („)

il colore é; se si a i n e na base, gli ioni k’ vengono ‹ons mali dalla base e l’equilibrio
Ùi reazione si sposò a destra, per cui la soluzione assume il colore .

Quando le due specie colorate hanno la medesima concentrazione, si ha il passaggio da un colo- U n ind icatore molto
re all’altro, che è chiamato punto di viraggio dell’indicatore. usato ò il tornosole:
Ì 0 CO Ftl ISO 0 Ì tOI”I3OSOÌe
I chimici hanno preparato una miscela di più indicatori capace di assumere un colore diverso
diven la rossa i il
per ogni valore di pH della soluzione. Tale miscela è chiamata indicatore univer5ale e viene uti- ambiente acido e blu
lizzata sia in forma liquida sia assorbita su strisce di carta. in a mbiente basico.

ESEMPIO SVOLTO
In una soluzione acquosa la concentrazione molare degli ioni OH* è 5,8 10*9 . Qual è il valore del pH della solu-
zione?

4,2

SOìUZON
Strotegio 1 pOH = —Log (5,8 x 10* ) = S,2; pH = 14 — 8,2 = 5,8.

Strotegio 2 Vai per esclusione: sapendo che gli ioni OH* sono moltiplicati per un fattore 10*’, il pOH è tra 8 e 9 poiché:
pOH = —Log (5,8 x 10*’) = —Log 5,8 — Log 10*’ = —Log 5,8 + 9.
Di conseguenza il pH è tra 5 e 6.

ESEMPIO SVOLTO
Quali volumi di soluzioni acquose di HI 0,012 M e HC1O 4 0,004 M devono essere mescolati per ottenere un litro
di soluzione con pH = 2?

0,4 I. di soluzione B) 0,2 L di soluzione 0,5 I.di stiluzi‹ine 0,75 L di soluzio- @o,«s i di *.›cuii»-
di HI e 0,6 L di solu- di HI e 0,8 L di so- di HI e 0,5 L di so- ne di HI e 0,25 L ne di HI e 0,35 L
zione di HC1O4 luzione di HClO4 luzione di HC1O4 di soluzione di di soluzione di
HC1O4 HC1O4

Dato che entrambi sono acidi forti e totalmente dissociati in soluzione acquosa, la soluzione finale è 0,01 M
(se il pH = 2, la concentrazione molare è 10 ’, cioè 0,01 M):
(nHI+ nHCIO ) 0,012 + 0,004
M —— 0 i »
1 1

Sapendo che x + 1 L, possiamo ricavare x —— 0,75 L e = 0,25 L.


Possiamo anche ragionare in questo modo: dato che le concentrazioni molari di HI e HCIO, sono in rapporto
di 3:1, anche i loro volumi saranno in rapporto di 3:1.
m« • c=o• ChimiC@ GLI ACIDI E LE BASI

'Ù Lo neutralizzazione
Gli acidi e le basi hanno la proprietà di reagire tra loro neutralizzandosi a vicenda. Per esempio,
se si mescola una soluzione di HCl con una di NaOH nelle giuste proporzioni, si ottiene una
soluzione che contiene soltanto sale da cucina (NaCl):

HCI + NttOH NàC1 + H z

La reazione di un acido con una base si chiama neutralizzazione, perché gli ioni H“ provenienti
da1l’acido e gli ioni OH provenienti dalla base si eliminano (o si neutralizzano) reciprocamente:

H+(a ) + OH*(O ) Hz ( )

La neutralizzazione è la reazione tra un acido e una base in quantità stechiometricamen-


te equivalenti per dare sale più acqua.

La reazione di neutralizzazione viene sfruttata nella tecnica della titolazione, che serve a determi-
nare la quantità precisa di acido o di base contenuta in una soluzione a concentrazione incognita.
La titolazione si chiama cosi perché la concentrazione di una soluzione è detta anche fifofo.

La titolazione è una tecnica di analisi quantitativa che serve a determinare la concentra-


zione incognita di una soluzione tramite aggiunte progressive di un’altra soluzione a titolo
noto, detta titolante.
AI punto equivalente,
pli equivalenti di acido
sono uguali a quelli Una titolazione acido-base viene effettuata aggiungendo piccole quantità di una soluzione acida
della base: (o basica) a concentrazione nota a una soluzione di base (o di acido) a concentrazione ignota,
fino a quando l’acido e la base non hanno reagito completamente. Il punto equivalente, cioè il
punto al quale acido e base hanno reagito completamente, può essere identificato aggiungendo
un indicatore di pH alla soluzione di cui si vuole determinare la concentrazione.

e@uiVglen/e la soluzione dal •:magg: dell i•gicafore (blu t:lla le la del.* ..


a‹ida ger‹ke gli ioni It+ il numero di ioni kOmO imOO . ¢(iven@ |0gsióg peróte
SOLO in QCCQSSO provenienti dall’aóido hanno rea§i@ si la •n eccesso di ioni
gli ioni 0ù della Ègse òh-(£óH”J > IO- ••I/LJ
formanclo acqua. gli unici ioni h

dd4a dissoCidzJone

in §u6n/i@ u§u6le,
Ìg so|uzùone la
gIì — 1.
fiSfiIiàPl0 SV0£I0
Quale delle seguenti soluzioni consente di neutralizzare 500 mL di una soluzione di Ca(OH )2 1 M?

A) 250 mL 500 mL 500 mL 250 mL 250mL


HC14 M di HzSO4 2M di HCI 1 M di H zS 4 1 M dHCl2M

Perché la soluzione sia neutralizzata, le moli di acido devono essere uguali a quelle di base:

Dato che una mole di idrossido di calcio rilascia 2 moli di OH*, una soluzione di Ca(OH ) 1 M equivale
a una soluzione di ioni OH* 2 M.
OH— = M V — 2 mol OH /L X 0,5 L = 1 mol OH .
Serve quindi l mole di H“.
250 mL di una soluzione di HCI 4 M contengono 250 mL x 4 mol HCI/1000 mL = 1 mol HCI.
Poiché HCl è un acido monoprotico, 1 mol HC1 libera 1 mo1 H*.

Q L’idrolisi salina
Molti sali reagiscono con l’acqua e provocano variazioni di pH. Questa reazione è chiamata
idrolisi dei sali.

Per effetto dell’idrolisi la soluzione assume un pH che è maggiore o minore di 7. L’idrolisi


di un sale non è altro che la reazione di un acido o di una base Br‹ansted con l’acqua.

• Gli anioni provenienti da acidi forti (per esempio Cl*) non si idrolizzano.
• Gli anioni provenienti da acidi deboli reagiscono con l’acqua accettando un protone
e formando OH (idrolisi basica). Esempio:

HS + H 2 HzS + OH*

• I cationi provenienti da basi forti (per esempio Na+) non si idrolizzano.


• I cationi provenienti da basi deboli reagiscono con l’acqua cedendo un protone
e formando H3O+ (idrolisi acida). Esempio:

NH4 + H 2 NH3 -t- H3O’

Siamo ora in grado di prevedere se la soluzione di un sale è acida, basica o neutra.


Per prima cosa si individuano i cationi e gli anioni che si liberano in soluzione: Use>y::
• se l’anione e il catione provengono da acidi e basi forti, la soluzione è neutra; h8r› NICI
• se l’anione proviene da un acido debole e il catione da una base forte, la soluzione è basicai M KzàG0 z, GùzGOOKz
• se l’anione proviene da un acido forte e il catione da una base debole, la soluzione è acida; M NH Cl
• se l’anione e il catione derivano da acido e base entrambi deboli, ma con valori simili di la Jf200 f§
e <b. la soluzione è neutra; in caso contrario, l’ambiente è determinato dalla specie che ha la
costante di ionizzazione più alta.
Chimico GLI ACIDI E LE BASI

ESEIgFIO SVOLTO
Qual è il pH di una soluzione ottenuta mescolando 100 mL di una soluzione 0,1 M di acido solforico (H2S 4) e
100 mL di una soluzione 0,1 M di idrossido di sodio (NaOH)? Tratta H2S O4 come un acido che cede interamente
entrambi i protoni.

t,3 ', 10

Troviamo le moli equivalenti che derivano dalla dissociazione dell’acido e della base. Sia l’acido sia la base sono
forti e totalmente dissociati in acqua.
100 mL di una soluzione di H2S 4 0,1 M contengono 0,1 mo1 H SO4/L x 0,1 L = 0,01 mo1 HzSO4.
H2SO4 e un acido biprotico, quindi 0,01 mol H2S 4 liberano 0,02 moli equivalenti.
100 mL di una soluzione di NaOH 0,1 M contengono 0,1 mol NaOH/L x 0,1 L = 0,01 mol NaOH.
NaOH contiene un solo gruppo OH, quindi 0,01 mol NaOH liberano 0,01 moli equivalenti.
Dato che le moli equivalenti dell’acido sono in eccesso rispetto a quelle della base, possiamo scrivere:
[H*] = n eqa eqb' >a + > @ = 0,02 — 0,01/0,2 = 0,05. gg le soli d: base fossero in e6tesso,
Da cui si ricava: pH = —log [H*] = —log 0,05 = 1,3. il tro‹ediment. sarebbe lo «»sso ma

@ Le soluzioni tampone

Le soluzioni tampone sono soluzioni capaci di resistere a variazioni di pH provocate


dall’aggiunta di piccole quantità di acido o di base oppure dalla diluizione.

Per yiC¢ole
Il becher contiene una (be¢her yi¢óolo)

Es..ri ¢ii u•ro.. \asi‹o:


della • \a • a•k•i• + ai• 1H,/xH,ci
(in •t\ est mo¢ÌO }'uoi
Fi£OriOS£CFC
/6Cilmen@ un sis/em6
In accordo con il principio di Le Chàtelier, l’aggiunta di un prodotto (H*) sposta l’equilibrio
a sinistra, mentre una sua sottrazione provoca l’effetto contrario.

l’equilibrio si sposta

CH,COOH <- addizione di H“

CH COOH( y) H“ ( ) + CH COO—(,›

addizione di OH —• H2O

l’equilibrio si sposta

Il pH di una soluzione tampone dipende dalla natura dei costituenti del tampone e dalla loro
concentrazione. Il pH di una soluzione tampone del tipo HA/A* è:

pH = p a +
[HA] .-- J ¿, volerti dell’acido
dove è la costante di acidità dell’acido HA.

Questa relazione, nota come equazione di Henderson-Hasselbalch, ci consente di calcolare il È necessario


pH di una soluzione tampone conoscendo la concentrazione di acido e base coniugata. sottolineare clie

iA coaispondeollo
Quando un tampone contiene acido e base coniugata in concentrazioni uguali, cioè quando co cenkozonedel
[HA] = [A*], si verificano due cose: solesolto tose l moI
isolelibero l moI
1) Il rapporto [A*]/[HA] = 1; poiché logl = 0, l’equazione diventa pH = pK,. Ciò significa che il Ó I O II O B O, CO QJ R D 6g
caso ÓO I OcOtOto d Í
pH di una soluzione tampone contenente acido e base coniugata in concentrazioni uguali è sem- soda, CH COONa
plicemente uguale al P a dell’acido; di conseguenza, può essere trovato facilmente consultando se il sae fosse
una tabella dei valori di pK,. lacetato d i mag nesio,
(CH COO)Mg, alloa
2) Il tampone presenta il massimo potere tamponante, cioè la massima capacità di resistere a t O CO D CGd tOZi O N Q
@ É O II O D C SO I’R@ /R
variazioni di pH. Infatti, quando [HA] = [A ], il tampone riesce a opporsi efficacemente alle varia-
zioni di pH in entrambi i versi, sia a quelle provocate dall’aggiunta di un acido sia a quelle provo-
cate dal1’aggiunta di una base.

Affinché una soluzione tampone possa agire efficacemente, il rapporto [A*]/[HA] deve essere
compreso nell'intervallo 0,1-10.

Il più importante sistema tampone presente nel sangue è la coppia acido-base coniugata H2CO / II pH d i un a soluzione
HCO/; questo tampone contribuisce anche a mantenere pressoché costante il pH (8,4) degli ta in pone del tipo B/BH' ò:
oceani. Altri sistemi tampone nel sangue sono costituiti dalle proteine (come l’emoglobina) o log [catione]
pOH = pK
dai sali potassici dell’acido fosforico. + [base]

• in un impone 6ói¢ o/ SE óonóCn/FdzJon£ £) |'6ói o óonóCn/F6lone d£l S6l£/ /H //$


• in un m/onC b6Sióo, Se óonóCn/FgZùonC dell6 bgSC = òonóCn/V6ZùonC ICI SgIC, 0/ ‘- //g'
GLI IDROCARBURI
Q Gli idrocorburi
Le molecole organiche più semplici sono gli idrocarburi.

Gli idrocarburi sono composti binari formati soltanto da carbonio e idrogeno.

In natura si trovano principalmente nei combustibili fossili come carbone, petrolio e gas natu-
rale. Gli idrocarburi possono essere divisi in alifatici e aromatici. Gli idrocarburi alifatici sono
costituiti da catene di atomi di carbonio lineari (aperte o chiuse) o ramificate; a questo gruppo
appartengono, per esempio, alcani e cicloalcani. Gli idrocarburi aromatici, invece, presentano
una particolare struttura ciclica con proprietà del tutto specifiche.
Gli idrocarburi possono essere classificati anche in saturi e insaturi. Gli idrocarburi saturi con-
tengono soltanto legami semplici e ogni atomo di carbonio lega il massimo numero possibile di
atomi, cioè quattro.

Q Gli alcani e cicloolconi


Gli alcani sono idrocarburi che contengono soltanto legami semplici. L’a1cano più semplice è il
metano, CH4. La sua struttura è perfettamente tetraedrica con angoli di legame di 109,5°; i quat-
tro atomi di idrogeno che circondano l’atomo di carbonio sono legati a esso mediante legami n.

109,fi° 109,W°

In tutti gli altri alcani gli atomi di carbonio si uniscono tra loro per formare una catena e ciò
comporta che essi non possano più legarsi a quattro atomi di idrogeno.

In generale, a partire da11’etano, la struttura de11’a1cano successivo si ricava aggiungendo un


gruppo —CH — all’interno della catena. Proprio per questa caratteristica gli alcani costitui-
scono una 5erie omologa.

H H H—C— H H H H H H H

C—H H H
H H H H H H H

H H
H

H H H ’H
H*
Una serie omologa è una serie di composti in cui ciascun termine differisce dal
precedente di una unità costante.
I composti che appartengono a una stessa serie omologa hanno proprietà chimiche
simili ma proprietà fisiche diverse, che variano a seconda della vtà55a molecolDre e
della forma della molecola.

La formula generale degli alcani è C, H2.. 2. dove ri è un numero intero.

Secondo le regole della IUPAC, a parte i primi quattro termini (metano, etano, propano e
Le reg ole d i nomencl atui”O
butano), il nome degli alcani è costituito da un prefisso numerico seguito dal suffisso -ano; sono ti”attate pi ù ava nti
così la molecola con cinque atomi di carbonio si chiama pentano, con sei esano e via dicendo. nello lezione.

A partire dal propano, è possibile «chiudere» la catena di atomi di carbonio; si forma così il cor-
rispondente cicloalcano. Per chiudere una catena occorre rimuovere due idrogeni. La formula
generale dei cicloalcani, pertanto, corrisponde a . Ha.. I principali termini della serie omologa

CH 2
CH, degli altheni
H 2C CH 2

CH, H 2C — CH H zC CH 2
2 HOC
^. ‘'
HOC — CHj HzC CH z HzC — CH 2 CH 2

I O €O dbO l O O bO Ùicloesgno

La struttura più interessante per lo studio delle molecole biologiche è quella del cicloesano. Essa
può assumere diverse conformazioni spaziali; le due più importanti sono quelle a sedia e a barca.

dssi8li, in nero quelli e° u8(orldJi.

H/

conformazione a sedia d sedia («(ti gli dngoli conformazione a barca


(più stabile) (meno stabile)

Il punto di ebollizione degli alcani a catena lineare cresce regolarmente all’aumentare della
massa molecolare. A temperatura ambiente, gli alcani si trovano nei seguenti stati fisici:
• gas, da a Ci;
• liquidi, da C a Ct,;
• solidi, da C„ in poi.
m« </¿mr ChimiC@ GLI IDROCARBURI
Come tutti gli idrocarburi, alcani e cicloalcani sono composti apolari e sono quindi buoni
solventi per sostanze apolari, quali i grassi o gli alogeni. Sono invece insolubili in acqua poi-
ché non possono instaurare con essa né legami idrogeno né legami dipolo-dipolo.
Gli alcani e i cicloalcani non sono molto reattivi. Tuttavia, essi danno due reazioni importanti.fi
1) Combustione. In presenza di un innesco (una fonte di calore o una scintilla), gli alcani e i ci-
cloalcani reagiscono facilmente con l’ossigeno mediante una reazione di combustione:

CnH .. + eccesso nC + (ri+1)H2

2) Alogenazione. In presenza di un catalizzatore, alcani e cicloalcani reagiscono con gli alogeni


dando reazioni di alogenazione. In queste reazioni un atomo di idrogeno dell’idrocarburo
viene sostituito da un atomo di alogeno. Lidrogeno che esce dalla molecola si lega al secondo
atomo di alogeno formando un acido alogenidrico. Per esempio, la clorurazione del metano
produce clorometano e acido cloridrico:
H H

H—C—H + Cl—Cl H—C —Cl + H—Cl Sfido 6loridri6o

H H
|so••eria Le reazioni in cui un atomo (o un gruppo di atomi) ne sostituisce un altro si chiamano reazioni
di sostituzione radicalica.
tOS UùOWflR
Alcani, alcheni e alchini possono trasformarsi gli uni negli altri mediante reazioni di ossidori-
(isomeria di s(ru(turaJ
duzione in cui:
di tate»a
• gli alcani sono ossidati ad alcheni e alchini; ^
• gli alchini sono ridotti ad alcheni e alcani. S”i ac!di ona una ••olecoIa
statale di idrogeno (idro§enazJoneJ
(s{ereoisomeviaJ

Q L6somerio

L5someria è il fenomeno per cui due composti hanno la stessa composizione chimica ma
differiscono per il modo in cui gli atomi sono legati tra loro o sono disposti nello spazio.

Glisomeri Gli isomeri di struttura sono composti che hanno la stessa formula bruta ma diversa for-
coùfigurozionoÙ soùo mula di struttura.
per rottura e ricostruzione
di un lega me e sono
fisicamente se pai abili. Gli Essi contengono lo stesso numero e lo stesso tipo di atomi ma differiscono per il modo in cui gli
isomeri conformozionoli atomi sono legati tra loro. Un esempio è quello del butano:
sOlJ O COIJVe I“ti Ò i I i ’I U I O
neII‘aIfi”o per semplice
rotazione attorno a CH
un lega me e non sono

Q Ue StO li pO Òi Ì SOrn e I“Ì


e C I“otIeI“iStiCO Òel Ie
molecole con legami
sigma c le pOssO n O dO re -mQ ijtOjdbo
forme ecl issate o sfa Isate.
Queste ultime sOno p iù
SfO@ I Ì I PDF I“C id Ó 0 IO IO O UId
Negli isomeri di struttura, gli stessi atomi sono legati in modo diverso. Per esempio, le molecole
miil oi”e ing om bi”o slei”icO,
dato clie gli atom i sono (a) e (ò) sono isomeri di catena e sono caratterizzate da diverse proprietà fisiche (punto di ebol-
distanti tra I oro. lizione, punto di fusione e così via).
ESEF/IPIO SVOLTO
Scrivi i possibili isomeri di catena del pentano, C,H12-

!i0LUZI0NE
La prima formula di struttura da cui partire è quella lineare: si tratta di cinque atomi di carbonio legati tra loro, men-
tre gli atomi di idrogeno si dispongono in modo che ciascun atomo di carbonio formi quattro legami.

isomero lineare C—C—C—C—C

L’isomero successivo si ottiene scrivendo una catena a quattro atomi di carbonio e legando il carbonio rimanente a
uno degli atomi di carbonio intermedi. È possibile scrivere due strutture diverse, ma che in realtà rappresentano lo
stesso composto.

Si completa poi la struttura inserendo gli atomi di idrogeno.

CH, — CH — CH, — CH,

CH,
Mantenendo la catena a quattro atomi di carbonio e cercando di legare il quinto atomo al primo o all’ultimo atomo
di carbonio, si ottengono le seguenti strutture:

leg0to al Cl a al CX

Non si tratta però di nuove strutture, perché hanno catene carboniose lineari. Esattamente come il primo isomero.
È possibile scrivere un terzo isomero riducendo la catena lineare a tre atomi di carbonio e unendo altri due atomi di
carbonio all’atomo centrale. Completando poi con gli idrogeni, si ricava:
C CH,

C—C—C CH,—C—CH,

C CH,
Adoperando la modalità di scrittura con una linea spezzata, è possibile mettere in evidenza la diversa struttura nello
spazio dei tre isomeri del C,H 2

n-pentano isopentano neopentano

Se le molecole organiche contengono atomi diversi da C e H, possono presentare altri tipi di


isomeria di struttura. Per esempio, l’atomo di ossigeno presente nel composto C3HgO può le-
garsi a un carbonio o all’altro della catena e formare così due differenti isomeri di posizione:

( ) CH,— CH— CH, (6) CHE —CH 2 CHz


OH OH Gli isomeri (a) e (c) sono
isomeri di funzione, in
L’atomo di ossigeno, inoltre, può inserirsi tra due atomi di carbonio e originare, a parità di for- quanfo hanno la stessa
mula grezza, una struttura ancora diversa: formula molecolare
mo diverso gruppo
(f) CH3 CH z CH3 funzionale.
ChimiC@ GLI IDROCARBURI

ESEMPIO SVOLTO
Quanti isomeri costituzionali sono possibili nella molecola C3HgO*

C) 3

della molecola C,HtO sono tre: 1 -propanolo, 2-propanolo, etilmetiletere.


1- n-propanolo propanolo etilmetiletere
CH — CH — CH

OH

Q Lo stereoisomeria
Talvolta, la differenza tra un isomero e l’altro è ancora più sottile, perché essi si distinguono
unicamente per la diversa orientazione dei loro atomi nello spazio. Isomeri di questo tipo sono
INOUADRA E GUARDA!
chiamati stereoisomeri.
Chiralitò e
stereoisomeria
Gli stereoisomeri sono composti con la stessa formula grezza e la stessa formula
di struttura, ma diversa orientazione degli atomi nello spazio.

CI CI Esistono due importanti tipi di stereoisomeria: l’isomeria geometrica e l’isomeria ottica. L5so-
’C C meria geometrica si incontra frequentemente nelle molecole contenenti doppi legami carbo-
s H H nio-carbonio e negli idrocarburi a struttura ciclica, in cui la rotazione è impedita.
La geometria che caratterizza l’unità C = C e planare: i suoi sei atomi, due di carbonio e i
Cl quattro a essi legati, si trovano sullo stesso piano. Le loro posizioni sono fisse perché la presenza
del legame ri impedisce la rotazione degli atomi di carbonio insaturi intorno al doppio legame.
H
Se i due atomi di carbonio impegnati nel doppio legame sono legati ad atomi o a gruppi di atomi
diversi sono possibili due isomeri geometrici: cis e tra ns. Per esempio, il composto CIHC = CHCl
può avere due isomeri geometrici. Se i due gruppi si trovano dalla stessa parte del piano rispetto
al doppio legame, l’isomero si definisce ci5,- se, invece, i due gruppi sono situati da parti opposte,
l’isomero si definisce traH5.
Nell’isomero bis i due atomi di cloro si trovano dalla stessa parte rispetto al doppio legame,
mentre nell5somero trane si trovano dalla parte opposta. L’isomeria ottica riveste grande im-
portanza per le molecole biologiche.
Tutti gli oggetti che, come le mani, sono privi di un piano di simmetria (piedi, viti, conchiglie)
vengono chiamati chirali, ovvero distinguibili dalla loro immagine speculare.
Anche le molecole possono essere chirali, a patto che la loro struttura non presenti piani di
simmetria. Ciò accade, per esempio, quando un atomo di carbonio lega a sé, secondo una
geometria tetraedrica, quattro atomi (o gruppi atomici) diversi; in tal caso, si dice che l’atomo
di carbonio è un centro chirale o stereocentro.

Pei” rappresentare la
struttura tetraedrica
si usano spesso le
pi oiezfo/1/ df ffshe/,
dove le linee verticali
i”appi”eseiataiJo i lega iei
C Ìdi2 vO Il FIO @ IelFO I Ì
piano del foglio mentre
le li nee orizzontali

CIRO OSCOIL O ÒO I |DiOO Iù O Speathio


/l/|dno sinistra Mano desȥ-g
Coppie di molecole con queste caratteristiche sono isomeri ottici, cioè enantiomeri (dal greco
enàntios, «opposto», e méros, «parte»).
I diastereoisomeri, a
X diastei“eomeri sono
Due enantiomeri non sono sovrapponi- isomeri clie mail
bili; in qualsiasi modo si ruoti o si capo- SO n O SOVF p On Ì Ò Ì I Ì

volga un enantiomero rispetto all’altro, +B Id OIL SOIO O Ì UIC O
I ‘ i nJ ITIO Q i II e s eCUI O I”e
possono coincidere soltanto due dei quat-
tro atomi (o gruppi atomici) legati al car-
Enantiomeri
bonio che costituisce lo stereocentro. Essi
sono in grado di far ruotare il piano della COOH COOH
luce polarizzata o verso destra (de5trogiro) HO H H OH
o verso sinistra (levogiro) e per questo si H OH HO H
dicono otticamente attivi. COOH COOH

? i@S gtCOiSOMSti?

Un racemo è una miscela di due enantiomeri in quantità uguali e non è otticamente COOH COOH
attivo.
H OH OH H

H OH HO H
Alcune molecole, pur possedendo stereocentri, sono otticamente inattive perché contengono un COOH COOH
piano di simmetria interno, per cui diventano sovrapponibili alla propria immagine speculare.

Le forme me5o sono molecole che contegono più stereocentri ma risultano otticamente
inattive a causa dell’esistenza di un piano di simmetria interno.

Q Gli alcheni e gli olchini


degli olcan i il carbon io
Gli alcheni sono idrocarburi che presentano nella loro molecola un doppio legame carbonio- ò ibridoto sp , menti e
carbonio. Gli alchini, invece, sono caratterizzati da un triplo legame carbonio-carbonio. II eg I i OI C II e I i g I i O tOIT i
di cai”bonio coinvolti nel
doppio lega me hanno
ibridazione sp' e negli
oleh ini p.

La geometria che caratterizza l’unità /C = C è planare; gli angoli di legame che si formano so-
no circa di 120º. Nel caso del triplo legame —C-C—, invece, la geometria è lineare e gli angoli
di legame sono di 180º.
Quando nella catena
La formula generale degli alcheni è C, H2. e quella degli alchini è C, H2.- 2 Gli alchini sono iso- ci sono due o più legam i
, O SU l i SSO -P3P
meri dei cicloalcheni e dei dieni, composti che presentano due doppi legami . o -i il a si a iJfepoiJe
i I p I e li SsO c/f-, /rf- e Vi
La nomenclatura di questi idrocarburi prevede la sostituzione del suffisso -ano del corrispon- dicendo.
dente alcano con il suffisso -ene per gli alcheni e -ino per gli alchini.
La reazione tipica di alcheni e alchini è l’addizionr: gli atomi provenienti dal reagente si somma-
no ai due carboni del legame multiplo, che vengono così saturati.

Poiché la reazione di addizione è dovuta alla presenza di elettroni ri, i reagenti che vanno ad GG IVA I SOLO QI Ù +C 6 I
deg li Olchen i, che
addizionarsi sono detti elettrofili («che amano gli elettroni») e la reazione addizione elettrofila. 0 ÌOFO vO Ì IO SOldO |DI U
Ocid i degl i O IcO ni.

Gli elettrofdi sono molecole o ioni positivi che possono accettare un doppietto elettronico.
m« </¿mr ChimiC@ GLI IDROCARBURI
Le più importanti reazioni di addizione degli alcheni sono riportate nello schema sottostante. Esse
valgono anche per gli alchini; per saturare una mole di alchino, però, servono due moli di reagente.

Adlzonondo molte
molecolediolheni
e dieni (addi zione OH OH
eIelli”otiIa) sl toi”ma izo
polimeri detti plosfiche
(Teflon, PVC).
H
HC
’ CH ,— CH — CH 2

CI
Br

Br
H,
yalladìo Nome CH,—CH —CH2 —H

I cicloalcheni hanno formula C, H 2 -2. i Cicloalchini hanno formula C, H2.- 4 ed esistono soltan-
to a partire dal ciclottino per via dell’energia torsionale presente nel legame triplo, che impedi-
sce la chiusura di anelli molto piccoli.

I dieni presentano due doppi legami e hanno formula CCHE.- :


0,C—C=C112 • I dieni cumulati contengono due doppi legami consecutivi;
11,C=CÌ1-CO—C11¿ • i dieni coniugati presentano due doppi legami separati da un legame semplice;
11tC=C11—C0t— • i dieni isolDti persentano due doppi legami separati da due o più legami semplici.
I dieni coniugati sono i più stabili perché i due doppi legami sono delocalizzati e stabilizzati dal-
la risonanza (tratteremo la delocalizzazione e la risonanza nei prossimi paragrafi).

Q Lo nomenclatura degli idrocarburi soturi


Per assegnare il nome a un alcano è sufficiente seguire le seguenti tappe.
INQUADRA E GUARDA!
Lo nomenclatura degli
1) Trovare la catena principale. Innanzitutto bisogna individuare la catena più lunga di atomi
idrocarburi alifatici di carbonio. Per esempio, nella struttura:

La catena più lunga contiene quattro atomi di carbonio. Il composto è quindi un derivato del
butano, anche se la formula bruta è C,H
I gruppi legati alla catena principale si chiamano sostituenti.
2) Numerare gli atomi della catena principale. Una volta individuata la catena principale, è
necessario numerarla in modo da attribuire il numero più basso possibile agli atomi di carbonio
che legano i sostituenti.
CH, CH.
!
CH —CH—CH2 —CH CH —CH— CH2 —CH.
1 2 3 4 4 5 2 l
3) Identificare e numerare i sostituenti. I sostituenti saturi che presentano solo atomi di car-
bonio e idrogeno si chiamano gruppi alchilici e vengono indicati con il simbolo R— .
I gruppi alchilici si ricavano formalmente rimuovendo un atomo di idrogeno dal1’a1cano corri-
spondente e il loro nome si ottiene sostituendo il suffisso -ano con -ile.

A partire dal propano, uno stesso alcano può dare vita a gruppi alchilici diversi. Per distinguerli,
è utile classificare gli atomi di carbonio in primari, 50COHdari, terziari o quaternari a seconda che
siano legati, rispettivamente, a uno, due, tre o quattro atomi di carbonio:

CH CH

CH CH CH CH CH,—C—CH.

Se dal propano o dal n-butano si allontana un idrogeno legato a un carbonio secondario si ot-
tengono, rispettivamente, il gruppo isopropile e Sec-butile.
Rimuovendo un atomo di idrogeno dal carbonio terziario dell’isomero ramificato del butano, si
ottiene invece il gruppo fer-butile.

CH, CH,

CH — CH,— CH2— CH — CH,— C —

CH, CH,
|sogroyile Sez-b•(ile

Ogni sostituente deve avere un nome e un numero. Nel nostro caso la molecola contiene un
gruppo metile legato alla catena principale in posizione 2, quindi è un 2-meti1e.

4) Scrivere il nome seguendo le regole della punteggiatura. Il nome va scritto in una sola
parola, senza interruzioni. Si elencano prima i sostituenti in ordine alfabetico (per esempio etil
precede metil), poi la catena principale.
Tra il nome di un sostituente e l’altro si mette un trattino, mentre fra il nome dell’ultimo sosti-
tuente e il nome della catena principale non va lasciato spazio. Il nome del nostro composto è
quindi: 2-meti1butano.
Se sono presenti due o più sostituenti identici si adoperano i prefissi di-, tri-, tetra- e via dicendo
(che non vengono però considerati in ordine alfabetico).
Se due sostituenti sono legati allo stesso atomo di carbonio, il numero che indica la posizione deve
essere ripetuto. Ricorda che nel nome della molecola devono risultare tanti numeri quanti sono i
sostituenti: questo permette di identificare in modo univoco ciascun sostituente nella catena.

Q Lo nomenclatura degli idrocarburi insaturi


Se l’idrocarburo è insaturo è necessario individuare la catena più lunga che contiene l’insatura-
zione. Il nome di una catena laterale in cui compare un’insaturazione termina in -enil o -inil, a
seconda che si tratti di un doppio o di un triplo legame.
ou •/¿mr ChimiC@ GLI IDROCARBURI
Alcuni gruppi insaturi, però, sono molto importanti e quindi vengono ancora indicati con no-
mi comuni:

CH

CH 2 CH— CH2 CH —CH2 — CH2 C—


Y:.:ie ali:i. la.r• r..:l.
Le regole per assegnare il nome a un idrocarburo insaturo sono le seguenti.
1) Individuare la catena di atomi di carbonio più lunga che, possibilmente, contenga tutte le
insaturazioni presenti.
2) Numerarla in modo da attribuire il numero più basso possibile ai doppi e ai tripli legami
(i doppi risultano prioritari).
3) Nominare la catena principale indicando il numero di atomi di carbonio e sostituendo -ano
con -ene o -ino.

CH CH
la la yreceÀenzó
su| §ru§§o 6ló ilióo. CH — CH CH—CH—CH
1 2 C 4 5 l 4 5 2 1

Gli idrocarburi aromatici


Il principale composto degli idrocarburi aromatici è il benzene, C,H,.
INOUADRA E GUARDA! Il primo studioso a proporre, nel 1865, la possibile formula di struttura del benzene fu Friedrich
Aromaticitò August Kekulé (1829-1896). Egli avanzò l’ipotesi che i sei atomi di carbonio fossero disposti ai
vertici di un esagono regolare, con un atomo di idrogeno legato a ciascun carbonio. Per mantenere
la tetravalenza del carbonio, Kekulé stabilì un’a1ternanza di legami semplici e doppi lungo l’anello.
Le misure sperimentali confermano che la struttura del benzene è effettivamente esagonale pla-
nare. In base alla struttura di Kekulè, però, ci aspetteremmo un esagono irregolare, con tre lati
più lunghi e tre più corti. Invece, le lunghezze dei legami C—C sono tutte uguali (1,39 À) e in-
termedie tra un legame semplice (1,54 À) e uno doppio (1,33 À).
Oggi possiamo spiegare la struttura del benzene facendo ricorso alla teoria della risonanza o a
Il tei”nJ ine oromafico alle quella degli orbitali molecolari.
coiJti”addistiiag ue questa classe

caratter istico odore dei primi Ogniatomo dicarboniodell’aneflo benzenicO hatreorbitaliibridisp2e unorbitalep nonibridato
composti isolati. perpendicolare al piano degli altri tre. Ciascuno dei quattro orbitali è associato a un elettrone.
Oggi il termine «o‹omoticitò» La sovrapposizione degli orbitali ibridi sp2 porta alla formazione dell’anello e dei lega-
mi con gli atomi di idrogeno. La sovrapposizione due a due dei sei orbitali p origina i lega-
pa r ticolo re struttura eleffron ica mi ri; essi, però, possono instaurarsi con l’uno o l’altro degli atomi di carbonio adiacenti.
di questi id roca rburi.

La delocolizzozione
elettronica coiJfei“isce

quesfo mofivo il benzene


puÒ da re solo reazion i di
sostituzione elettrolita.

d isti“ug gei”eb be il sisteiTìo


aromatico e reiadei”ebbe IO
molecola troppo iidstabÌle.
Per questo motivo il benzene, secondo la teoria della risonanza, è rappresentato come un ibrido
tra due forme limite che differiscono solo per la posizione dei doppi legami:

Alcuni derivati
H H H del benzene sono:
H C H C¿H¿ — NH z anilina e
^c c^ C¿H¿ — OH fenolo

C CQH — CHE toluene

H c ’C H
C,H/ — CH = CH 2 tirene
C¿Ht — CHO benzoldeide
H H H o aldeide benzoica
C/Ht — COOH acido
benzoico
C¿H¿ — NOz itrobenzene

Quando sull’anello ci sono due sostituenti, sono possibili tre isomeri di struttura, che ven-
gono indicati con i prefissi orto-, meta- e para- (abbreviati in o-, m- ep-).

X
1
orto 6

meta 5 3 meta
4
para

CH3

2 CH3
6

5 3

m-/ilenc
I GRUPPI FUNZIONALI
“ I gruppi funzionali

Un gruppo funzionale è un atomo o un gruppo di atomi capace di conferire una particolare


reattività alla molecola di cui fa parte.

Classe Formula Gruppo Esempio Nome (la parte caratteri-


generale funzionale stica del nome è in rosso)

alogenuri R—X alogenuro (—X) CH,—Cl clorometano


alcoli R—OH ossidrile (—OH) CH3 OH metanolo

eteri CH,—O—CH, dimetiletere

aldeidi R—CHO carbonile (—C— H) O etanale (acetaldeide)


I! CH,— c’’
O “ H

chetoni R—CO—R’ carbonile (—C— H) propanone (acetone)

O
à C1 d1 C at b S 1 C1 R—COOH acido etanoico
c£f r bossile — C CH,— C (acido acetico)
’OH
esteri R—COoR’ O
etanoato di metile
II (acetato di metile)
estere — C )

ammidi R—CO NHz d.mmidico (—C— N—) O etanammide


II (acetammide)
O H NH,

ammine primarie R—NH 2 amminico (—NH ) CHE NH z metilammina

Q Gli alogenuri alchilici


Gli alogenuri alchilici R—X (X = alogeno) possiedono un
legame polare C’+—X’ che determina la loro reattività. A
seconda delle condizioni di reazione, gli alogenoderivati pos-
— C — C — X + Nu* sono dare reazioni di sostituzione nucleofila, SN. in cui l’a-
l logeno viene sostituito da un altro atomo o gruppo di atomi,
oppure reazioni di eliminazione, E, dove l’alogeno e un ato-
mo di idrogeno del carbonio adiacente vengono eliminati con
formazione di un nuovo legame (legame ri).
Per sostituzione nucleofila gli alogenoderivati possono formare alcoli, ammine o cianidrine. 1

• ci •y .•: Pt.:‹i . -eu.» cHCl, • cu.... d: -et:le cH,ci


• rlor.ro al metilenc (ai‹loromet‹no) cH,cl, • Tetra‹lor.ro di ‹a‹ronio (te‹ra‹Iorometano› rrl,
@ Gli alcoli, i fenoli e gli eteri
Sostituendo uno degli atomi di idrogeno di un idrocarburo con il gruppo OSSldri/e —OH si ot- GIiocoIisonoouJ
deboli. Gli alcoli
tengono gli alcoli. aromatici come il
I fenoli, invece, hanno l’ossidrile legato direttamente al carbonio dell’anello aromatico gruppo feiJolo sono più acidi
arilico); per questo motivo, i fenoli hanno caratteristiche chimiche diverse dagli alcoli. del li alcoli alifatici, in
quanto Io ione fenossido
A seconda del tipo di atomo di carbonio che lega il gruppo funzionale, gli alcoli si distinguono è stabilizzato pel
in primari, 50COHdari e terziari: I“lSOId 0 IX ZO .

OH
R
R— CH2 -OH “CH —OH R—C—OH

O O
alcol secondario

Anche gli eteri, R—O—R', contengono un atomo di ossigeno ma, a differenza di fenoli e alcoli,
esso lega due gruppi alchilici o arilici. Lo ione leila lo ò sfabilizzato
da lla risonanza perche la
A parità di massa molecolare, gli alcoli e i fenoli hanno punti di ebollizione più elevati sia degli carica negativa puÒ essere

idrocarburi sia degli eteri. Di con seg ueiJ zO , lo iOiJ e


feiaato ò una base debole
e il suo ac ida con i ugato
CH CHzCH CH OCH CH CH 2 OH C6 H CH C6 H OH (il fenolo) ò p i uttosto forte.
MM —— 44 u MM —— 46 u MM = 46 u MM = 92 u MM —— 94 u Gli alcoli alifatici non
|DO5S i O@ OIL O U IX 0 Id e Ì!O 0 I”OFT1O tÌCO
F.e. = —44 °C F.e. = —24,8 °C F.e. = 78 °C F.e. = l l l °* F.e. = 182 °C
e qui ind i la Ioi”o base coniugata

Negli alcoli e nei fenoli le molecole si legano tra loro mediante legami idrogeno, che sono
molto più forti delle forze di London che agiscono tra le molecole di idrocarburo o delle forze
dipolo-dipolo presenti negli eteri. I legami idrogeno spiegano anche la completa miscibilità
dei primi tre termini della serie degli alcoli (metanolo, etanolo, propanolo) con l’acqua.

Gli eteri, invece, non possono associarsi tramite legami idrogeno perché non possie-
dono gruppi OH; possono però accettare legami idrogeno da composti contenenti il
gruppo —OH. Questo spiega la solubilità in acqua e in alcol degli eteri più semplici, Gli eteri si formano per
come per esempio il dimetiletere. eliminazione di una molecola
di acqua tra due molecole
#ololold0°C;ol80°C
I a d i si d i”a tazi one d ive in ta
i nti amolecolai e e si for mano
" O’ gli alcheni.
140 ”C
R H R R—O—R'
• etei”e
O,' H Ò‘ ’
H R 180 ”C
R—CH—CH, R— H
HSO’ H —HSO a cHene
’O’ R
H

H R R QUO IùÙO gli OlCOli pI“eSOlJtOI0O


due gruppi — OH sono detti
dioli a glicoli (etandiolo
o qlicole etilenico); se
pi-ese nta no ti e g i uppi — OH
Come l’acqua, gli alcoli sono acidi molto deboli con valori di K, compresi tra 10*” e 10*”. I fe- sono detti trioli (pi“opaiati“iolo
noli, invece, sono circa un milione di volte più acidi degli alcoli (K, = 10*"). O g I iCeFOI O O g IiCeI”i ISO) .
m« • vw• Chimici I GRUPPI FUNZIONALI

Gli alcoli danno reazioni di sostituzione nucleofila. A causa della maggiore elettronegati-
vità dell’atomo di ossigeno, il carbonio che lega il gruppo —OH è parzialmente positivo e
quindi può essere attaccato da un nucleofilo (Nu:), che è una specie ricca di elettroni. In se-
guito all’attacco nucleofilo, il legame C—O si rompe e il gruppo OH viene sostituito da Nu.

Nu: + —C —OH — C —Nu + OH

O
X
—C —OH ‘ —C — OH
ss’i 8 zione del 6aP onio

Negli alcoli primari e secondari l’atomo di carbonio che lega l’ossidrile possiede atomi di
idrogeno che possono essere rimossi da un agente ossidante.

Il carbonio è tanto più ossidato quanti più legami forma con l’ossigeno e quanti meno ne
forma con l’idrogeno.

Gli alcoli primari sono ossidati prima ad aldeidi e poi ad acidi carbossilici; gli alcoli secon-
dari sono invece ossidati a chetoni.

OX ?' OX
R CHz H R C — R—C
red red
OH
p c‘ido 68rbossili6o
Gli alcoli terziari non OH
possono essere ossidati,
se non pei” i”OtlurO deIIO
OX Z’
MOIeCOIO, peFC Idé IdOI3 R—CH—R’ R—C
red
possiedono idrogen i alcol secondario R'
legati al carbonio clie
poi”ta I’ossidi ile. Cke&•e

Q Le oldeidi e i chetoni
Il gruppo funzionale caratteristico delle aldeidi, R—CHO, e dei chetoni, R—CO—R', è molto simile:

R R
H R'
gide:de Ckefone

Entrambi contengono il gruppo ”iC=O, chiamato carbonile. Come gli alcheni, aldeidi e cheto-
Nucleofilo: molecola o ni danno reazioni di addizione.
iOIJ e II eQ O tiVO i II g I”O Ò O
di cedere un doppiefto Il gruppo “C=O di aldeidi e chetoni, come quello degli alcoli, è polarizzato: il carbonio porta
elettronico. una parziale carica positiva, l’ossigeno una parziale carica negativa. Di conseguenza, il carbonio
I n UCI eOfi I Ì SOI O ÒoSÌ d Ì carbonilico può essere attaccato da una specie ricca di elettroni (nucleofilo). I nucleofili usano
LeWÌ S . P i ù ‘I tO fTi O
ò elettroiJegativo, meno un doppietto elettronico libero per sommarsi al carbonio del gruppo CO. Il risultato complessi-
Ò Iù UC lOOfi I O. vo è una reazione di addizione nucleofila.
Il meccanismo con cui procede l’addizione di un nucleofilo, Nu: , ad aldeidi e chetoni è così
schematizzabile:
•-H“ Il meccaiJ ismo e una
serie d i reazioni semplici
Nu:* + C O: Nu—C—O,' Nu—C—O—H
clie spiega come i
Ie Qe II tÌ Si tl” s(OI-ITA II O

Una reazione di addizione nucleofila di particolare importanza avviene quando il gruppo —CHO l3 e i p FOÒ Otti . E U Iq

di un’aldeide reagisce con il gruppo —OH di un alcol: il prodotto che si forma è un emiacetale. pa sso di come avvieiJ e
L’ossigeno del gruppo —OH possiede coppie elettroniche libere e funge da nucleofilo. IO reazione.

Poiché gli alcoli sono nucleofili deboli, è necessario catalizzare la reazione con un acido, per
esempio acido solforico. Per addizione nucleofila aldeidi e chetoni possono formare anche: cia-
nidrine, se addizionano HCN; dioli, se addizionano acqua; immine o ba5i di Schiff, se addiziona- Fai mule impoi ta nti:
no ammoniaca o ammine. • HCHO
(aldeide form ica)
• CH/CHO
.. RO RO (Oldeide Ocetic O]
f + ROH *y • CH/COCH/
.,C — OH (OcetOne)
—H’ —ROH R j R' @ • HCOOH
H H H H (OCI@ O NOI”ITì I CO)
éldeide • CH/COOH
(acido acetico)

Per ossidazione delle aldeidi si ottiene un acido carbossilico con lo stesso numero di atomi di
carbonio. I chetoni, invece, si ossidano solo in condizioni drastiche che portano alla rottura dei
legami carbonio-carbonio.
L’ossidazioiae e la
Per riduzione delle aldeidi e dei chetoni si formano rispettivamente alcoli primari e secondari. riduzione delle aldeidi
e dei chetoni sono
entrambe reazioni
Ó Ì OSSÌ CÌ O I”l Ó UZ i O Id e .

ESEMPIO SVOLTO
Quale delle seguenti affermazioni riguardanti chetoni e aldeidi è corretta?

A) Le aldeidi hanno Le aldeidi hanno Le aldeidi hanno I chetoni hanno l chetoni


un atomo di due atomi di due atomi di sempre un atomo contengono
ossigeno e uno ossigeno legati carbonio legati di idrogeno sempre doppi
di idrogeno al carbonio al carbonio legato al carbonio legami carbonio-
legati al carbonio carbonilico carbonilico carbonilico carbonio
carbonilico

Il gruppo Il gruppo funzionale Le aldeidi Sono le aldeidi che I chetoni contengono


funzionale delle delle aldeidi è contengono un hanno un atomo di un doppio legame
aldeidi è —CHO, —CHO, quindi gruppo carbonilico idrogeno legato al C O, non
quindi le aldeidi le aldeidi hanno legato a un atomo carbonio del gruppo C C.
hanno un atomo un solo atomo di di carbonio. carbonilico (—CHO), I composti che
di ossigeno e uno ossigeno legato al non i chetoni, che contengono il doppio
di idrogeno legati carbonio carbonilico. sono invece: legame C— C sono
al carbonio del gli alcheni.
gruppo carbonilico. o
R’

R—C

m« • vw• Chimici I GRUPPI FUNZIONALI

Gli acidi carbossilici e i Ioro derivati


L’ossidozione forte d i Il gruppo carbossilico caratteristico degli acidi organici deriva dalla «fusione» del gruppo car-
un chetone (R—CO—R‘),
C] U Ie Ò I‘ CetO Ue, i II bonile C=O e del gruppo ossidrile —OH:

produce un Ocido
arbossilico R-COOH. _

Le proprietà fisiche degli acidi carbossilici sono condizionate dalla formazione di legami idroge-
no intermolecolari che portano spesso all’unione di due molecole di acido per formare un dimero.
L‘aciditò degli acidi
Nel caso dell’acido acetico, per esempio, si ha:
CO F ÒOSSÌ I ÌCÌ O U fT1e rl IO
0 Ì Ì ‘0 UIT1+2 Id IO I R Ò e Ì 0Ì
Ò
C — CH,
1,2-dlorooce!icoò
pÌù acÌdo delI’acÌdo
cloroacetico) e se i
bmeto e|dt o8te to

Gli acidi carbossilici presentano pertanto punti di ebollizione abbastanza alti (>100 °C).
2 c ÌOFO@UIO I3OÌCO Ò
pÌù acÌdo delI’ac Ìdo Gli acidi carbossilici sono generalmente deboli con K, = 10 ’; la loro acidità è molto superiore a
-C Ì O I”O ÒUIO Id O ÌCO t . quella dei fenoli e ancora di più rispetto a quella degli alcoli.
li oIti”e, I‘ac i ditò Per questa loro acidità, gli acidi carbossilici reagiscono con le basi forti e formano dei sali:
O u mento O I I’O u mento re
deII‘eIettroiJepativitò
del sostituente: l’ac ido
R— COOH + Na“OH R— COO la“ + HzO
II U OFO Cet ÌC O Ò p i ù C icÌ O
g‹ido ‹›rrossiIi‹o s›se norme tale
Ó+BÌ Ì‘OCÌÓO C NOI OOC it iC O.

Il nome dell’anione carbossilato si ottiene cambiando la desinenza -orco dell’acido in -ato. I sali
CH,COO Na“ e C,H,COO K’, per esempio, sono rispettivamente etanoato di sodio e benzoa-
to di potassio.
I sali degli acidi grassi (cioè degli acidi a catena lunga) costituiscono i saponi.

Dagli acidi carbossilici si ottengono, per reazione con opportuni reagenti, altri composti chia-
Le onidridi si formano
mati per questo derivati degli acidi. La loro struttura è simile a quella degli acidi perché, oltre
per d isidratazione di allo stesso gruppo R—C o, il gruppo acilico, hanno altri gruppi (evidenziati in rosso) che
Ò Ue CÌ Ò Ì C I ÒOSs Ì I ÌC i .

sostituiscono il gruppo —OH:


per disidratazione tra
un acido carbossilico e O O O O O
Gli alogenuri si foi maiJo
p e I“ d i Si d I“O IO Zi O I e t I“O

UIJ c i ÂO C FDOsS iI i CO e

¢om¢os@ piu re6//ivo Composto meno Fe6/Èi vo

Quale delle seguenti reazioni trasforma un alcol in un acido carbossilico?

Addiz.ione Riduzione Sostituzione ossidazione Eliminazione

Per trasformare un alcol in un acido occorre togliere ictrogeni e aggiungere ossigeni alla molecola.
La reazione è quindi un’ossidazione.
@ Gli esteri
Quando un acido carbossilico e un alcol sono riscaldati insieme si producono un estere e acqua.
La reazione è catalizzata dagli ioni H“ e tutti gli stadi sono reversibili. La trasformazione, che è
nota con il nome di e5t0rifiC£lZÌOH0 di Fi5cher, è quindi una reazione di equilibrio. Lo schema di
reazione è:

Il nome degli esteri, R—CO-OR’, si ricava da quello del corrispondente acido eliminando
il termine acido e sostituendo la desinenza -orco (oppure -ico) con -ato; segue poi il nome del Un esfere si puÒ forma re
anche da lla reazione di
gruppo R'. Esteri naturali di elevato peso molecolare sono le cere, i grassi e gli oli. Le cere sono U IX 0 Ì CO Ì COFì U IX ‘0 IX Ì CÌ FÌ CÌ E°
esteri provenienti da un acido carbossilico e un alcol, entrambi a catena lunga:

CH (CH )2 —COO—(CH 2 )„CH, CH (CH 2 ) 4—COO (CHz)zsCH


PalmitaR di te(ile Palmikfo di mirirlle
Snella cera d'aria

I grassi e gli oli si formano dalla reazione tra glicerolo (1,2,3-propantriolo) e acidi carbossilici a Gli omega 3 sono acidi
gra ssi pOIi nsatui i in c ui
catena lunga, con un numero pari di atomi di carbonio variabile da 12 a 20. Sono triesteri del il pi“inao d OppiO leg O ifìe
glicerolo e per questo vengono chiamati trigliceridi. La loro struttura generale è: si trova i il posi zione 3
O partire dOl metile
terminale.
! R [Parte che deriva
R—COOH

[Parte che deriva


R'—COOH

parte che deriva


R”—COOH

R— NH2
I grassi contegono prevalentemente acidi saturi e a temperatura ambiente sono solidi; gli oli,
invece, contengono in gran parte acidi insaturi e a temperatura ambiente sono liquidi.

R—NH—R’
mmin6 secon¢ 6Fi6

@ Le ammine
Le ammine sono composti che contengono come gruppo funzionale il gruppo amminico. R"
/tmmira ferzJaria

Le ammine derivano da1l’ammoniaca (NH ) per sostituzione degli atomi di idrogeno con
uno, due o tre gruppi alchilici (R) o arilici (Ar). Si distinguono, rispettivamente, in primarie, NHz
50COHdarie e terziarie, a seconda che abbiano uno, due o tre gruppi organici legati al1’atomo
di azoto.
Le ammine primarie e secondarie formano legami idrogeno intermolecolari. Per questo motivo
i loro punti di ebollizione sono più alti di quelli degli alcani di corrispondente massa molecolare
e le ammine con pochi atomi di carbonio risultano solubili in acqua.
ou • vw• Chimici I GRUPPI FUNZIONALI
Le ammine possiedono un doppietto
elettronico libero sul1’atomo di azoto,
per cui possono comportarsi sia da basi
Le ammine primarie
reog i sconO con I‘Ocido
sia da nucleofili. Le ammine sono più
n itrOso liberando Mg, basiche dell’acqua, ma sono in genere
HSO e l'OIcoI: basi deboli. Le ammine secondarie so-
no più basiche delle terziarie, che a loro
volta sono più basiche delle primarie.
L’anilina è meno basica delle ammine
alifatiche, perché il doppietto elettroni-
co libero de11’azoto è delocalizzato per
risonanza sull’anello benzenico e quindi
Le ammidi si fOrmO no per è poco disponibile per la protonazione.
eli m i nazione di una
fT1O!PCO!O @’OCC| UO Il0

Q Le ommidi
UU OCiÒO COl”ÒOSSiI iCO
e uiJO moIecoIO
d i a mmoniaca o a mm i na .
O Le ammine primarie e secondarie, attraverso reazioni di sostituzione nucleofila acilica, pos-
CH; C OH * H M H
sono trasformarsi in ammidi. Le ammidi sono largamente diffuse in natura, soprattutto sot-
to forma di proteine. Le più semplici, o ammidi primarie, hanno formula R—CO—NH
O
Se gli atomi di idrogeno legati al1’azoto sono sostituiti da uno o due gruppi R, la formula è, ri-
spettivamente, R—CO—NHR (ammide secondaria) e R—CO—NR ( mmide terziaria).
Mentre le soluzioni acquose delle ammine sono basiche, quelle delle ammidi risultano neutre. In-
O
fatti il doppietto elettronico de11’azoto è delocalizzato e quindi poco disponibile a legare un protone:

.Ò' Ò'
ele(t;ronizo +
libero dell’azofo e
O R H2 R NH2 R N' z
C elOógli2.Z.Ù Q Slx) |’OSsi/enO
CH , C OH H N

R
O
CH, C NR, H,O
Q I composti eterociclici
Reagiscono cOn acido
n itroso, dO ndo Ozoto e I composti eterociclici sono composti ciclici che contengono uno o più atomi div0Y5i dal car-
! ‘OCI@ O COI“Fl S|DOId@ e Id IO:
bonio. Gli anelli eterociclici possono presentare dimensioni diverse, contenere legami multipli
CHE-CO-N H, + HNO
o portare catene carboniose. Possono essere classificati in alifatici e aromatici. La pirrolidina, il
CH,-COOH + HSO + N, tetraidrofurano e il tetraidropirano sono esempi di composti alifatici.
Tra i composti eterociclici aromatici sono particolarmente importanti gli anelli della pirimidi-
na e della purina, che si trovano nel DNA e nell’RNA.

‘N“ N
N

Q I nitrili
I nitrili presentano come gruppo funzionale il gruppo ciano, —C N. Il carbonio e l’azoto del
gruppo CN hanno entrambi ibridazione 5p (180º). I nitrili sono derivati dell’acido cianidrico
(HCN). Reagendo con acqua (in ambiente basico o acido) formano acidi carbossilici e per ridu-
zione formano le ammine.
f g • Dio' ‹i»•••O di mutil , 603C h ’
I MECCANISMI
DI REAZI ONE
DEI COMPOSTI ORGANICI

J Le reazioni di sostiPuzione radicalica *!"•'


Le reazioni di sostituzione radicalica si svolgono in tre stadi: inizio, propagazione, terminazione.

Stadio di inizio

fotoni UV
2 •Cl •

La freccia con una sola «aletta» indica lo spostamento di un solo elettrone.


L’inizio della catena comporta la rottura della molecola di alogeno, X2. in due radicali X•.
Segue poi la fase di propagazione in cui il radicale alogeno strappa un atomo di idrogeno
a1l’idrocarburo, che rimane così con un elettrone spaiato, cioè sotto forma di radicale alchilico R•.
Si forma in questo passaggio anche l’acido alogenidrico, HX.
Il radicale, a sua volta, strappa un atomo a una molecola di alogeno; il risultato è la formazione
dell’a1ogenuro alchilico, R-X, e di un radicale X•. Nel caso della clorurazione si ha:

Stadio di propagazione
R—H + Cl- —• H—Cl + R•
R- + C1—CI—• R—Cl + Cl-

Durante la fase di propagazione scompare un radicale, ma se ne forma subito un altro. La catena


di reazioni termina quando due radicali si combinano tra loro:

Stadio di terminazione 2Cl- Cl—C1


2R- —• R—R
R- + Cl- —• R—Cl

La reazione di sostituzione radicalica può avvenire più di una volta e quindi conduce a una miscela
di prodotti variamente alogenati. I prodotti della clorurazione del metano, per esempio, sono
riportati nel seguente schema di reazione:

fotoni UV
CH4 : Cl : Cl : CH, —Cl + CH 2 Cl 2 CHC1, + CC14 HCI
cloruro ctiólorome Ino ólor@ormio fefra¢loruro
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Q Le reazioni di addizione eleNrofilo


§lókeni e alchini
Gli elettrofili sono cationi o molecole neutre che possono accettare un doppietto elettronico;
i nucleofili sono anioni o molecole neutre che possono donare un doppietto elettronico.
Gli alcheni e gli alchini sono più reattivi degli alcani per la presenza del legame n.
Un corbocotione ò on La reazione di addizione elettrofila si svolge in due stadi:
cot o ac co a e coi ‘co , ,
pos vo sul carbonio 1) L elettrofilo attacca il doppio legame generando un carbocatione.

CH2 CH2 + H—Cl *CH2 —CH2 — H + Cl J” stadio


EleHrfiilo Carbotatio•e
2) Il carbocatione è attaccato dal nucleofilo.

2º stadio

Per gli idrocarburi insaturi asimmetrici si applica la regola di Markovnikov:

Quando un reagente asimmetrico si addiziona a un alchene asimmetrico, l’elettrofilo si lega al


carbonio a sua volta legato al maggior numero di atomi di idrogeno.

Q Le reazioni di polimerizzazione radicalica


Un polimero ò une Se si addizionano molte molecole di idrocarburi insaturi (reazioni di polimerizzazione), si
formano polimeri sintetici come per esempio il polietilene (PE).
eleVOtO , C OSt itU itO ÒO
p ÌCCO I e U I3 Ì tÒ C II e s Ì
ripetono dette monomeri. po1inierizzazir›iie
In base al meccanismo D CHz' CHz CHz CHz »
Ò i pO I Ì nJ e I Ì ZZO Z i O II e s Ì PoÌieÈilene
di sti iJguoiJo polimeri
di addizione (come
il PE) e polimeri di
condensazione in cui,
dalla ieazione tra due lNlZI0 DELLA CATENA
C! iVe I-Si Q I“U p i fUIJ Zi OIL I i ,
viene eIiit iiJata una
1) L’iniziatore si lega a una unità monomerica. Ciò provoca la separazione della coppia di elet-
molecola come HSO, troni del legame u e la formazione di un radicale alchilico che ha un elettrone spaiato.
HCI, H (esempi: PET,
polisacca rid i, proteine,
Ifl + CH z' CHz ID CH z CH z

PROPAGAZIOIJE DELLA CATENA


2) Il radicale si addiziona a un’altra unità monomerica e poi a un’altra ancora. Il processo si
ripete anche migliaia di volte.

a) l u—CH2—CH2 • + CH €“H, —› l u— CH2—CH2—CH —€?H •


b) In— CH 2—CH 2 —CH,—CH- + CH, CH 2
J —CH2—CH2—CH ,—CH —CH,—CH, -
c) i n— CH2—CH 2—CH —CH —CH —CH-, + riCH, CH,
—+ J —CHz— CHz— CH —CH —CH,—CH2 CH2—CH 2 CH2—CH 2 •
TERMINAZIONE DELLA CATENA
3) La catena si chiude per accoppiamento di due radicali.

H H H H H H H H H H H H

H H H H H H H H H H H H

@ Le reazioni di sosfituzione eleNrofilo - ” &enz.eric e derivati

La reazione tipica degli anelli aromatici è la sostituzione elettrofila aromatica, in cui uno dei
sei atomi di idrogeno dell’anello viene sostituito da un elettrofilo.
In questo modo il numero di elettroni ri, da cui dipende la stabilità della molecola, rimane inal-
terato.
Il meccanismo di reazione si sviluppa in due stadi; per un generico elettrofilo E+ si ha:

H+

H H H

Nel primo stadio risultano legati al carbonio dell’anello sia l’idrogeno che l’elettrofilo; si forma
così un carbocatione la cui carica positiva è delocalizzata per risonanza su tutti gli atomi di car-
bonio dell’anello tranne quello legato a11’e1ettrofi1o, che è saturo. Il distacco dello ione H“ nel
secondo stadio porta alla formazione del prodotto elettricamente neutro.

CH Cl

HBr CH,—Br
Br
AlCl,
+ HBr
FeBr,

+ AgI + HNO,
AgNO,

COCH, H—O — NO2


HzS 4

CH COCl
HCI
AlCl, SO,
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@lo§en•ri alókilici, Q Le reazioni di sostituzione nucleofilo


dCOi, dMmiW
e di eliminazione
A seconda delle condizioni di reazione, gli alogenuri alchilici possono dare reazioni di sostituzio-
ne o di eliminazione. , N,.
sostituzione I I
• — C — C — Nu + X
I I
—C — C—X

C=C + BX + H 2O
eliminazione
+ BOH (base forte)

Sia nella sostituzione sia nell’eliminazione il meccanismo di reazione può essere bimolecolare o
monomolecolare. Nel meccanismo bimolecolare (SN2 ed E2) i due reagenti, l’alogenuro alchi-
lico e il nucleofilo, reagiscono in un solo stadio. Sperimentalmente si osserva che la velocità di
reazione è direttamente proporzionale alla concentrazione dei due reagenti e quindi si tratta di
una reazione di secondo ordine.
agire da n•cleotilo
e da base

— C—C OH + X
SN2 SN2

E2
+ H X—

Nel meccanismo monomolecolare (SN1 ed El) la reazione si svolge in due stadi. Dapprima l’a-
logenuro alchilico libera X con formazione di un carbocatione intermedio, poi il carbocatione
reagisce con il nucleofilo. Lo stadio lento, che determina la velocità di reazione, è il primo, perché
comporta la rottura di un legame. Poiché nel primo stadio reagisce una sola molecola, la reazione
complessiva è del primo ordine.

SN1 C — C —O
H R SN1

— C — C !—X c — c+
R
+ H — O —H + X

Lo stobilitò dei coi hoc i › „ i Ci sono prove sperimentali secondo cui, se l’alogenuro alchilico è primario, il meccanismo di reazio-
cemento oll’oumentore ne è bimolecolare e si ottiene una miscela del prodotto di sostituzione e del prodotto di eliminazione.
del numero d i sostituenti
o ChlÙCl legofl ol CO FAO13 0i
OH CH CH E OH + Cl

CH CH 2 C1 + OH —+ CH 2
CH 2 + H 2 O + C1
Se l’alogenuro alchilico è terziario, il meccanismo è monomolecolare: prima si forma il carbo-
catione e poi avvengono le reazioni SN1 ed El. La formazione del carbocatione è favorita dalla
vicinanza dei gruppi alchilici, che tendono a espandere le loro nuvole elettroniche, stabilizzan-
do così la carica positiva.
Un altro esempio di sostituzione nucleofila è dato dagli alcoli: ;

CH, CH3 CH,

CH —C— OH H Cl

CH, CH, CH,

Anche gli alcoli possono dare reazioni di eliminazione.


l) Ad Olta temperaturD la disidratazione avviene a livello intra molecolare, in ambiente acido a
180 °C, e si ottengono gli alcheni.
H H 180 °C
H z ‘4
CH, — C — C — H * CH, — CH CH2 H2O

OH H
—H .(3

2) A ba5sa temperature la disidratazione è intermolecolare, a 140 °C, e si ottengono gli eteri.


O
140 C
CH, — OH + OH — CH, CH, — O — CH, + H2O
—H

@ Le reazioni di sostituzione nucleofilo


Questo tipo di reazione avviene in due fasi:
1) Addizione di un nucleofilo al carbonio carbonilico;
2) Eliminazione di un gruppo uscente (L) e riformazione del doppio legame —C O:

O:
6*
R—C + :Nu R—C—Nu R—C + *L
’L L‘ Nu
_ &etOW4O SU6iO'
eliminazione del gr•yyo k

Gli acidi carbossilici reagiscono secondo questo meccanismo: la reazione più significativa è la
loro trasformazione in esteri, che si verifica quando il carbonio del gruppo C O è attaccato
dal nucleofilo R—OH.
In questo modo si formano esteri, ammidi, alogenuri acilici e anidridi.
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ADDIZIONE, SOSTITUZIONE ED ELIMINAZIONE /ff S/57FS/


Addizione Sostituzione Eliminazione
Se sono presenti le- Se sono presenti: Se sono presenti:
1 d
' 1T 1 ^ ° '° t l
• legami e (sostituzione nucleofila o radi- • X (alogeno) o OH
calica) oppure • H in posizione adia-
• gruppi funzionali che danno ibridi di ri- cente
sonanza (sostituzione nucleofila acilica,
es. acidi carbossilici) oppure
• anelli aromatici (sostituzione elettrofila)

L’addizione e la sostituzione possono essere:


1) nucleofile: avvengono in presenza di un nucleofilo;
2) elettrofile: avvengono in presenza di un elettrofilo.
Con la tabella che segue puoi distinguere facilmente nucleofili ed elettrofili.

NUCLEOFILI ED ELETTROFILI //f S/àfF£S/


Nucleofilo Elettrofilo
Elettron-ricco: Elettron-povero:
,'" • ione negativo oppure • ione positivo oppure
• atomo neutro con doppietto elettroniCO lÌbero • atomo neutro senza l’ottetto

nCl|d moleóol6 /VoVi un d mO


come dzo(o, ossigeno di tarb•ni• e idrogeno ttore

Per esempio, gli alcheni presentano solo atomi di carbonio e idrogeno e hanno un legame
doppio: danno reazioni di addizione elettrofilai invece le aldeidi, che hanno un gruppo
carbonilico C=O, danno reazioni di addizione nucleofila.

ESEMPIO SVOLTO
Quale dei seguenti composti dà una reazione di addizione elettrofila?

A) Butene Propanale Acetone Benzene Acido acetico

E un alchene; E un’a1deide, che dà E un chetone, che dà E un composto Gli acidi carbossilici


gli alcheni danno reazioni di addizione reazioni di addizione aromatico, che dà danno reazioni di
reazion nucleofila. nucleofila. reazioni di sostituzione nucleo-
addizione elettrofila. sostituzione fila acilica.
' elettrofila.
LE BIOMOLECOLE
Le biomolecole sono sostanze esclusive degli esseri viventi che non si ritrovano nel mondo ina-
nimato. Le biomolecole possono essere suddivise in quattro classi fondamentali: carboidrati,
proteine, lipidi e acidi nucleici.
nucle ici sOno trattati
Si tratta molto spesso di molecole molto grandi, cioè di macromolecole: di solito vengono consi- nella Lezione 13 di
Biolog iO.
derate macromolecole le molecole con massa molecolare superiore a 1000 u. Molte macromole-
cole biologiche sono polimeri risultanti da11’assemblaggio tramite legami covalenti di molecole
più piccole dette monomeri. In particolare:
• i polisaccaridi sono formati da catene di monO5OCCàEidi,-
• le proteine sono formate da catene di Dmminoacidi,-
• gli acidi nucleici sono formati da catene di nucleotidi.

Tutte le biomolecole hanno due caratteristiche importanti:


1) Una precisa struttura tridimensionale. Alcune grosse proteine come l’emoglobina hanno una
forma compatta e raggomitolata. Altre, come la cheratina, di cui sono fatti i peli, si presentano
in filamenti lunghi e sottili. La forma di queste molecole è in relazione con la funzione che
svolgono nelle cellule.
2) Proprietà chimiche 5pecifiche che determinano, insieme alla forma, la funzione biologica delle
biomolecole.

I carboidrati

I carboidrati o zuccheri sono composti che contengono atomi di carbonio legati


ad atomi di idrogeno e gruppi ossidrile (H—C—OH).
Metterai mente sg nifco
‹d rato del carboÙ Ìo».
I carboidrati svolgono principalmente tre funzioni: costituiscono una fonte di energia rapida-
mente utilizzabile dalle cellule e dai tessuti; forniscono scheletri carboniosi che possono essere
rielaborati per formare nuove molecole; vengono utilizzati come materiali di sostegno e di rive-
stimento cellulare.
Le categorie di carboidrati biologicamente importanti sono quattro:

• i monosaccaridi (mono, uno; 5aCcaride, zucchero), come il glucosio, il ribosio e il fruttosio,


costituiscono i monomeri con cui si costruiscono i carboidrati di dimensioni maggiori;
• i disaccaridi (di, due) sono formati da due monosaccaridi tenuti insieme da legami covalenti;
• gli oligosaccaridi (oligo, pochi) sono composti da tre a 20 monosaccaridi;
• i polisaccaridi (poli, molti), come l’amido, il glicogeno e la cellulosa, sono polimeri di grosse
dimensioni formati da centinaia o migliaia di monosaccaridi.

I monosaccaridi contengono carboni chirali e quindi presentano isomeri ottici D ed L. Dal pun-
to di vista stereochimico esistono tre tipi di stereoisomeri: enantiomeri, diastereomeri ed epi-
meri. Gli enantiomeri hanno configurazione opposta in tutti gli stereocentri; per esempio, le
forme D ed L sono enantiomeri. I diastereomeri contengono alcuni carboni chirali di configura-
zione uguale e altri di configurazione opposta. Gli epimeri presentano configurazione uguale in
tutti gli stereocentri tranne uno; per esempio, il galattosio è un epimero del glucosio.
ou ••. • m ChimiC@ LE BIOMOLECOLE
H

HO — @— H I carboidrati si dividono in aldosi e chetosi in


base alla posizione del gruppo carbonilico.
H @ — OH

HO— @ — H HO— —H

H — @ — OH H— —OH

H — @ — OH H — @ — OH

H — @ — OH H— —OH

H H
§lurosio (aldosoJ Fruttosio (rketoso)

Goloftosio e mannosio Tutte le cellule contengono il monosaccaride glucosio, che viene utilizzato soprattutto come
sono aldoesosi. fonte di energia.
Ribosio e desossiribosio
sono a Idopentos i. Le due molecole di glucosio hanno la stessa formula grezza
I I glucosio ò un
numeri in rosso inÀió6no (C, HI2 6). ma diversa formula di struttura. Quando il gluco-
0 Ì@OOSOSO 0 I Ì t£U!!O5IO
Ìg ¢onvenzùone standard per
sio si chiude ad anello avviene una reazione tra il gruppo car-
la n• erazJo•e degli alzi
bonilico e l’atomo di ossigeno di un gruppo —OH, che diventa
così l’ossigeno che chiude l’anello: si forma un emiacetale.

Ossidrile
H
H —OH \ H
4
OH H
HO — —H emiace@lico
HO -H
4 ' 2
H— — OH
H
H— — OH

OH
La linea scura indica il bordo della
H molecola che <<esce dalla
Lo mutorotozione e la I inea sottile si estende
il pi”ocesso per cui in L.a forma a balena lineare del §Iuóosio
Lame SC Si g|)on naSSC.
SOIUziOIVA OCC]UOSO IO /FeSCn un /Vu /o g)¢ ei ito Sul ògFbonio / .
zucchero passa dalla
forma aperta a quella L-esame §licosidi¢o
chiusa, raggiungendo un
0•sidrile ano erica
CH jOH (legame ace@lico)
pOtel e OttiCO iIJteI”fTi eÒ Ì O CHOH
OH hOr••aNone
tl- i Ò Ue II OM e I”i
H H H OH
ÓOllO zUCCl1eI”O. Ùi ÈO
H H H
l’onomero alfa quando OH H ' ' l HO
OH H
l'ossidrile legato aI H
OH OH OH o’ CHOH
ca i bonio em iaceta lico
H OH OH H HSO H OH
si ti ova sotto aI piano; OH H
si UO l’anomero beta
C| U I ÒO Si II”OVo SOpF
0 Ì |D ÌO Id O.

Due monosaccaridi si uniscono formando un disaccaride. Nella reazione viene eliminata


una molecola d’acqua e si forma un legame covalente detto glicosidico che unisce le due
unità di zucchero. Per esempio, il saccarosio è un disaccaride formato da glucosio e fruttosio.
Aggiungendo altre molecole di monosaccaride, la catena si allunga: si ottengono così gli oli-
gosaccaridi e i polisaccaridi. Gli oligosaccaridi contengono da 3 a 10 unità monosaccaridi-
che, i polisaccaridi oltre le 10 unità.
La cellulosa è un po- Glicogeno e amido sono polimeri ramificati del
limero non ramifica- glucosio. Il glicogeno è più ramificato dell’amido.
to del §-glucosio.
cH,oH

H OH H GH

H LJH H OH H OH H OH

|n queste yosizJoni si quà realizzare la formazione


di lega i idro§e•o con altre molecole di òe||u|osg.

I disaccaridi più comuni sono: Il glucosÌo deII‘amido


e del glicogeno ò di tipo
• il saccarosio (glucosio + fruttosio) è l’unico zucchero non riducente perché entrambi gli ossi-
drili anomerici sono impegnati nel legame glucosidico; COÌÌO CON Ì U COSO Ò @ I Il |DO

• il maltosio (glucosio + glucosio); beta, now di@eribile


da I nostro organismo.
• il lattosio (glucosio + galattosio), contenuto nel latte.
I polisaccaridi più importanti sono tre e sono formati tutti da unità di glucosio:
• la cellulosa è il costituente della parete cellulare dei vegetali;
• l’amido è la riserva energetica delle piante; contiene da catene lineari di 1,4-a-amilosio e ca-
tene ramificate di 1,6-e-amilopectina;
• il glicogeno è la riserva energetica degli animali e si accumula nei muscoli e nel fegato; ha una
struttura simile a quella de1l’ami1opectina, ma più ramificata.

Quale tra le seguenti affermazioni riguardanti i polisaccaridi è corretta?

I.a cellulcxa ha amilopectina L’amido Dil11’idrolisi 11 glicngenn


prevalentemente e il glicogeno è formato dell’amilOSiO è formato da
funzione hanno entrambi prevalentemente Si ottengono lunghe catene
di riserva una struttura da amilopectina, molecole di lineari di unità di
energetica ramifiicata che ha struttura glucosio e glucosio, legate
lineare, e da d£tll’idfo1iSi tra loro mediante
amilosio, che dell’amilopectina legami idrogeno
ha struttura Si ottengono
ramificata molecole di
fruttosio

La cellulosa è Lamilopectina Lamido è formato Lamido è un Il glicogeno ha


un polisaccaride è il componente da amilosio, con omopolisaccaride una struttura
con funzione ramificato struttura lineare, e contiene solo simile a quella
strutturale. dell’amido; sia e da amilopectina, molecole di del1’amilopectina, ma
l’amilopectina sia con struttura glucosio, sia nelle molto più ramificata
il glicogeno hanno ramificata. catene lineari di e le sue unità di
una struttura amilosio sia in glucosio sono tenute
ramificata. quelle ramificate insieme da legami
di amilopectina. glicosidici, non da
legami idrogeno.
ou ••. • m ChimiC@ LE BIOMOLECOLE

Q Le proteine
Le proteine sono formate da e-amminoacidi. Gli a-amminoacidi possiedono un carbonio a,
chirale e ibridato sp", legato a quattro sostituenti diversi: un gruppo carbossilico, uno ammi-
nico, un atomo di idrogeno e un gruppo R che varia a seconda de11’amminoacido. Di conse-
guenza, gli e-amminoacidi sono chirali e possono esistere nelle due forme enantiomere D e L.
La glicina è l’unico e-amminoacido non chirale (R H). Nelle proteine umane si trovano solo e-
amminoacidi (o L-amminoacidi); i più comuni sono venti.

HCN* COO

e(t O COO—

COO- J H COO’
CH H H—C—OH H
CHE

La g
d
Alanina Isoleucina Leucina Metionina Fenilalanina Triptofano Valina
(Ala; A) (Ile; I) (Leu; L) (Met; M) (Phe; F) (TrF' ) (Val; V)
H H H H H H H

HCN" COO HjN’ COO HCN* COO HCN* COO HCN* COO H3N* C HCN" COO°

H — C — CHE CH j CHE CH CH CH

HOC CHE
CH CH =CH
CH; CHE S H

CH3

Gli amminoacidi con catene laterali polari cariche sono idrofili perché possono formare le-
G I Ì O ITI ITA Ì II OO C i Ò i SO II O
gami idrogeno e interazioni ione-dipolo con l’acqua e altri solventi polari. Gli amminoacidi
anfoliti, cioò contengono con catene laterali polari neutre sono anch’essi idrofili perché possono formare legami idro-
S Ìo U n g FU ppO Ò SÌCO geno e interazioni dipolo-dipolo. Gli amminoacidi con catene laterali apolari, invece, sono
(N H ) sia un gruppo
acido (COOH).
idrofobi perché non possono formare interazioni polari ma soltanto idrofobe. Nell’ambien-
I gruppo COOH te acquoso tipico delle cellule le catene laterali idrofobe tendono a raggrupparsi all’interno
cede un protone OI della proteina.
g ruppo M Hp i n una
reazione acido base
i ntro molecol a re, per
Nella polimerizzazione degli amminoacidi, i gruppi che partecipano alla reazione sono il grup-
c ui si foi mO unO ione
dipolare a zwitterione. po amminico e il gruppo carbossilico legati al carbonio n. Il gruppo carbossilico di un ammino-
acido reagisce con il gruppo amminico di un altro amminoacido e, per condensazione, dà origi-
ne a un legame peptidico. Il prodotto della reazione è chiamato dipeptide, perché è costituito da
due amminoacidi; con lo stesso procedimento si possono aggiungere altri amminoacidi. G I Ì O III fTìÌ Il OOCÌ Ò Ì SOII O
composti anfoteri, cioò si
possono compOrfOi”e siO
Si ottengono così:
• oligopeptidi (da 2 a 20 amminoacidi); A pH bassi sono
completamente protonati,
• peptidi (da 20 a100 amminoacidi); menti e a pH alti
• proteine (da 100 a diverse migliaia di amminoacidi). sono completamente
depi”ofoiJati. Il punto
isoeleltrico ò il pH al
Ogni proteina ha quattro livelli di organizzazione detti struttura primaria, secondaria, terziaria quale l’amminoacido
e quaternaria. si tl OVP i Il fOI”ITì Ò ipOI I e

carica netta upuale a zei”o.

I monomeri amminoacidici sono uniti, formando una catena La struttura secondaria, terziaria e quater-
polipeptidica. La struttura primaria di una proteina è la se- naria derivano tutte dalla struttura prima-
quenza di amminoacidi nella catena. ria di una proteina.

OfiOmCFi (gMmiz ogi ivi

La struttura se- O
condaria di una
proteina consi-
ste nella rego-
lare ripetizione
@ O @ O Ò O
di ripiegamenti
caratteristici
che interessano
regioni diver-
se della catena
polipeptidica. p
Esistono due ti- o
pi principali di
struttura secon- Legame
daria, entrambi
determinati dalla
formazione di
legami idrogeno
fra gli amminoa-
cidi che formano
la struttura pri-
maria: e elica e idrogeno
foglietto §.

La proteina si ripiega assumen- Q eli¢a


do una forma tridimensionale
(o conformazione) detta strut- •
tura terziaria. I ripiegamenti
sono stabilizzati da vari legami, Due o più proteine possono associarsi formando una proteina
tra cui legami idrogeno, ponti più grande. La molecola qui raffigurata è un tetramero costituito
disolfuro, legami ionici e inte- da quattro subunità proteiche. Sono poche le proteine che pre-
razioni idrofobiche. sentano anche una struttura quaternaria.
ou ••. • m ChimiC@ LE BIOMOLECOLE
La struttura tridimensionale di una proteina è tenuta insieme da legami deboli e quindi è molto
sensibile alle condizioni ambientali. Un aumento di temperatura e una variazione di pH non
riescono a spezzare legami forti come quelli covalenti, ma sono capaci di rompere i più deboli le-
La struhura terziario ò
stabil izzota da leg a mi gami non covalenti responsabili della struttura secondaria e terziaria di una proteina, e pertanto
cOvO lenti detti ponti possono modificarne la forma e la funzione.
€li5OlfUFO fOI“ndOti pel-
ossidazione dei g i”uppi
CH deII’amminoacido La denaturazione distrugge la struttura secondaria e terziaria
c i stei na .
di una proteina e comporta la perdita delle sue funzioni biologiche.
Gli agenti che possono provocare la denaturazione di una proteina
comprendono le alte temperature e alcune sostanze chimiche.

denaf•ra@

La rinaturazione (recupero della struttura


proteica funzionale) talvolta è possibile, ma di
solito la denaturazione è irreversibile.

Quale tra le seguenti affermazioni riferite agli a-amminoacidi è corretta?

A) Due molecole di Alcuni Il carbonio e lega Il legame In catena laterale


cisteina possOnO amminoacidi sempre quattro peptidiCo de1l’asparagina è
legarsi tra hanno catene atomi o gruppi unisce in modo aromatica
loro mediante laterali polari, tutti diversi fra covalente le
formazione di un ma nessun loro catene laterali di
ponte disolfuro amminoacido ha due amminoacidi
una catena laterale
elettricamente
carica

I gruppi tiolici (— Esistono amminoacidi Nella glicina questo Il legame peptidico Lasparagina
CH) ctelle cisteinesi con catene laterali non avviene: il unisce le catene presenta una catena
ossidano per elettricamente cariche, carbonio alfa lega principali degli laterale di natura
deidrogenazione sia positivamente sia due atomi uguali amminoacidi, non ammidica.
e formano i ponti negativamente. Nel di idrogeno. quelle laterali;
disolfuro fi—S, primo caso hanno si forma tra il
che stabilizzano la carattere basico gruppo carbossilico
struttura terziaria (arginina, istidina, di un amminoacido
delle proteine. lisina), nel secondo e quello amminico
hanno carattere acido di un altro
(acido aspartico, acido amminoacido.
glutamico).
@ I lipidi
Negli organismi viventi esistono vari tipi di lipidi, che svolgono funzioni diverse: i grassi e gli
oli immagazzinano energia o servono da isolanti termici e meccanici; i fosfolipidi svolgono
importanti funzioni strutturali nelle membrane cellulari; i carotenoidi servono alle piante per
catturare l’energia luminosa; gli steroidi e gli acidi grassi svolgono un ruolo regolatore sotto
forma di ormoni o di vitamine.

Ilipidi sono biomolecole insolubili in acqua a causa dei loro numerosi legami covalenti apolari.

I lipidi più semplici sono i trigliceridi.


I trigliceridi si formano dalla reazione di esterificazione tra una molecola di glicerolo e tre 1 lipidi complessi
molecole di acidi grassi, con formazione di tre legami esteri e l’eliminazione di tre molecole conteng ono Oc d i g rossi
e SO Ù O 50 OÙ lgCO /l I
d’acqua.
fOSfOlIpIdI e COI”i2).
O O I lipidi semplici non
II contengono Ocidi g rO ssi
CH2 O — C — R e n on sono sO pon ificabili
CH2O — H HO — C — R

O 3 H2 O O
II II
CHO — H HO — C R CHO C R

CH2O — H HO — C — R CH2 O — C — R

Tr:gli«•:d:

Se i trigliceridi sono solidi a temperatura ambiente vengono chiamati grassi, se sono liquidi
vengono detti oli.

I tre acidi grassi di un trigliceride possono essere uguali o diversi tra loro.

Gli acidi grassi saturi contengono solo le- Gli acidi grassi insaturi contengono uno o più legami
gami semplici fra gli atomi di carbonio della doppi. Gli acidi grassi monoinsaturi (per esempio l’aci-
catena; tutti i carboni sono saturati con atomi do oleico) hanno un solo doppio legame; gli acidi grassi
di idrogeno. Le molecole hanno una forma polinsaturi ne hanno più di uno. Il doppio legame de-
lineare e si affiancano in modo compatto co- termina la formazione di un «gomito» che impedisce
me le matite dentro un portamatite. Le forze alle molecole di allinearsi. Le forze intermolecolari sono
intermolecolari sono intense, per cui il punto deboli, quindi il punto di fusione è basso e il composto è
di fusione è elevato e il composto è solido a liquido a temperatura ambiente.
temperatura ambiente.
ou ••. • w ChimiC@ LE BIOMOLECOLE
I fosfolipidi sono simili ai trigliceridi, ma al posto della terza molecola di acido grasso conten-
gono acido fosforico legato al glicerolo con un legame covalente. Il gruppo fosfato, a sua volta,
può essere legato ad altri gruppi polari come la colina.

Oltre alla colina possiamo trovare altre moleco- La «testa» idrofila è attratta dalle molecole polari
le polari come inositolo, etanolammina e serina. di acqua.

In ambiente acquoso i fosfolipidi si organiz-


zano spontaneamente formando un doppio
strato fosfolipidico.
Le teste idrofile sono rivolte all’esterno su en-
trambi i lati del doppio strato fosfolipidico,
dove interagiscono con le molecole d’acqua
circostanti.
1?Ód POS IVd
Le code idrofobe sono rivolte all’interno e
‘“' sono tenute insieme da interazioni idrofobe.

• Teste
Coda

Le «code» idrofobe non sono attratte dall’acqua.

La lecitina (fosfatidilcolina) è un esempio di fosfolipide. In al-


tri fosfolipidi la colina è sostituita da un altro amminoacido o
da altri composti.

Gli sfingolipidi sono simili ai fosfolipidi, ma al posto del glicerolo contengono l’amminoalcol
sfingosina. Comprendono ceramidi e sfingomieline, che sono costituenti importanti delle mem-
brane cellulari.
I glicolipidi contengono il glicerolo o la sfingomielina come molecola di attacco. Essa lega una o
due unità di acido grasso più una molecola di zucchero o un breve oligosaccaride. I glicolipidi
svolgono un ruolo importante nel riconoscimento tra cellule e ne1l’identificazione di sostanze
extracellulari.

Le cere sono esteri di acidi a catena lunga (con più di 16 atomi di carbonio) con alcoli a catena
lunga, di origine vegetale o animale, impermeabili all’acqua. Rivestono penne e piume degli uccelli.

Alcuni lipidi non sono esteri e contengono quasi esclusivamente carbonio e idrogeno. Ciò nono-
stante questi composti vengono classificati tra i lipidi in quanto sono apolari.

I carotenoidi sono pigmenti che assorbono la luce, presenti nelle piante e negli animali. Da essi
deriva la vitamina A, necessaria alla funzionalità della vista.

Gli steroidi sono composti organici contraddistinti da uno scheletro di anelli di carbonio fusi
tra loro. Tutti gli steroidi hanno la stessa struttura ciclica. Tuttavia, piccole variazioni chimiche,
come la presenza o l’assenza di un gruppo ossidrilico, possono generare enormi differenze fun-
zionali tra queste molecole.

Il colesterolo è un costituente delle mem- La vitamina D2 si forma nella pelle per


brane cellulari, è sintetizzato nel fegato e azione della luce solare su un derivato del
da esso derivano gli ormoni steroidei. colesterolo.

Il cortisolo è un ormone secreto dalle Il testosterone è un ormone sessuale ma-


ghiandole surrenali. schile.

Le vitamine sono piccole molecole che il corpo umano non è capace di sintetizzare e che quindi
devono essere assunte con gli alimenti. Per esempio, la vitamina A si forma dal b-carotene. Sono
lipidi anche le vitamine D, E e K; tutte queste vitamine (A, D, E e K) sono liposolubili. Altre vitami-
ne invece, come quelle del gruppo B, non sono sostanze di natura lipidica e hanno composizione
completamente diversa; sono dette vitamine idro5olubili.
Q$, ••. • m Chimico LE BIOMOLECOLE

LE BIOMOLECOLE IN S//f7£S/
Biomolecola Monomeri Costituenti Legame covalente
presente nel polimero
polisaccaride monosaccaridi C, H, O glicosidico
(acetalico)
lipide alcol + acido grasso C, H, O estere
glicerolo + acidi grassi C, H, O estere
carotenoidi, steroidi, C, H, O non formano polimeri
vitamine liposolubili
proteina amminoacidi C, H, O, N peptidico (ammidico)

fiSfiFIPI0 SV0tT0
Quale tra le seguenti affermazioni sui trigliceridi è corretta?

A) Possono Si formano per Quelli che Quelli che Gli acidi graasi
contenere acidi idrolisi da una contengono contengono di un trigliceride
grassi saturi molecola di solo acidi grassi solo acidi grassi hanno sempre
e insaturi nella glicerolo e tre polinsaturi a saturi, a parità catene carboniose
stessa molecola molecole di acido catena corta sono di lunghezza tutte della stessa
grasso generalmente delle catene lunghezza
solidi carboniose,
a temperatura hanno un punto
ambiente di fusione più
basso di quelli
che contengono
solo acidi grassi
polinsaturi

I trigliceridi sono I trigliceridi si Negli acidi grassi Gli acidi grassi saturi Gli acidi grassi
costituiti da acidi formano dalla insaturi la catena hanno un punto di di un trigliceride
grassi saturi o reazione di idrocarburica fusione più alto degli possono avere un
insaturi legati a condensazione di contiene legami acidi grassi insaturi, numero variabile
una molecola di tre acidi grassi con doppi, che perché le loro catene di atomi di carbonio,
glicerolo attraverso una molecola di producono curvature laterali sono ben e quindi una diversa
tre legami estere. glicerolo, non da una nella molecola e impacchettate e lunghezza.
reazione di idrolisi. le impediscono di tenute insieme da
La condensazione formare aggregati un maggior numero
avviene con compatti. Di di interazioni
eliminazione di una conseguenza, idrofobiche rispetto
molecola d’acqua, i trigliceridi agli acidi grassi
mentre nell’idrolisi contenenti acidi insaturi (dove invece
l’acqua entra come grassi insaturi sono le catene sono
reagente. liquidi a temperatura lontane tra loro
ambiente. a causa della forma
a gomito).
CHIMICA APPLICATA
Q Le trasformazioni chimiche nello vito quotidiono
I prodotti chimici fanno parte della nostra vita quotidiana più di quanto possiamo immaginare:
compongono i detergenti con cui laviamo i piatti, i fertilizzanti con cui concimiamo le piante,
gli additivi alimentari, ma anche i telefoni cellulari, gli elettrodomestici, per fare solo qualche
esempio. E molte sono le reazioni chimiche che avvengono spesso sotto i nostri occhi. Vediamo
le più comuni.

LA FORMAZIOIJE DELLA kUGGIIJE


Il ferro reagisce con l’ossigeno dell’aria in presenza di acqua, formando
un ossido idrato di ferro (Fe - nH ), chiamato ruggine. Il ferro
passa dallo stato elementare con numero di ossidazione 0 a uno stato
di ossidazione +2 o +3. Il fenomeno è detto corrosione. Un modo per
proteggere il ferro consiste nel ricoprirlo di uno strato di un metallo
protettivo, come zinco o alluminio. Questi metalli hanno un compor-
tamento diverso dal ferro: gli ossidi che formano per reazione con l’os-
sigeno aderiscono al metallo stesso, formando uno strato protettivo: si
dice che si pa55Ìvano all’azione dell’ossigeno atmosferico.

LE REAZIONI DI COMBUSTIONE
Un altro tipo di reazione con cui veniamo a contatto molto di frequente
è la combustione. Per esempio, la combustione della benzina nel moto-
re della macchina o quella del metano nell’impianto di riscaldamento.
In queste reazioni la molecola organica, detta combustibile, reagisce con
lossigeno, il comburente, per produrre anidride carbonica e acqua.

LA CHIMICA IN CUCINA
La cottura dei cibi provoca reazioni chimiche. Per esempio, il calore
polimerizza le proteine nel bianco d'uovo e provoca la formazione di
caramello con lo zucchero.

La reazione di Maillard è responsabile del colore e del sapore della carne rosolata o alla griglia,
ma anche dell’aroma di alcuni champagne e spumanti. In realtà si tratta di un complesso insieme
di reazioni relative principalmente all’interazione di zuccheri e proteine. Quando carboidrati e
proteine sono riscaldati insieme, i gruppi funzionali degli zuccheri riducenti, —CHO oppure
CO, reagendo con gli —NH di amminoacidi e proteine formano i nuovi prodotti della rea-
zione di Maillard, e il sapore dei cibi migliora.
Un ambiente basico generato dal bicarbonato di sodio rende disponibi-
le un maggior numero di gruppi —NH2 e quindi facilita la reazione di
condensazione fra i gruppi riducenti degli zuccheri e il gruppo ammini-
co degli amminoacidi, cosa che comporta l’imbrunimento dei cibi.

Reazioni acido-base si verificano quando si mescola un acido (per


esempio succo di limone o aceto) con una base (per esempio bicar-
bonato di sodio). La lievitazione chimica si basa sulla produzione di
CO nella reazione fra un acido e il bicarbonato di sodio NaHCO .

CH — COOH + NaHCO —r CH — COONa + H2 +C 2


Gli acidi usati nelle polveri lievitanti in commercio sono illustrati nel-
la tabella che segue.
ou • ‹ț a ChimiC@ CHIMICA APPLICATA

Componente acido Formula Codice Velocità


europeo di reazione
Alcune polveri IievitaiJti, Idrogeno tartrato di potassio KOCO — (CHOH)z COOH E 336 Veloce
dette a doppia ozio/Je,
contengono due
(Cremor tartaro)
componenti acide: un
agente Iievİta nte ad Fosfato monocalcico idrato Ca(H2 4)2 H2 E 341 Veloce

(MCP), e u iJ agente Diidrogenopirofosfato di NãzHz z E 450 Lenta


lievitante acİ do ad
azione lenta, per sodio (SAPP)
esempio il SAPP.
S )o di sodio e alluminio NaAl(S 4)z E 521 Molto lenta

Idrogeno fosfato di sodio e NaAl H14( 4)8 E 554 Lenta


alluminio (SALP 1-3-8)
Glucone-delta-lattone C 6H io 6 E 575 Lenta
(GDL)

Nella preparazione di biscotti secchi si può usare come unico agente lievitante l’idrogeno carbo-
nato di ammonio (bicarbonato di ammonio). La polvere lievitante, durante la cottura in forno a
180-200 °C, si decompone in diossido di carbonio e ammoniaca. I due gas fanno lievitare i bi-
scotti e poi evaporano.

NH4HCO,t,) C 2(g) Hz

lOSSi O

@ Lo clossificozione degli ogenti chimici pericolosi


La normativa attualmente in vigore è il regolamento CE 1272/2008 del Parlamento Europeo e
del Consiglio de1l’Unione Europea del 16 dicembre 2008, identificato come CLP (Classification,
Labelling and PackDging ofsubstance and mixture). Questo regolamento consente l’applicazione
all’interno della Comunità Europea del sistema mondiale armonizzato di classificazione ed eti-
chettatura delle sostanze chimiche denominato GHS (Globally Harmonized Sÿ5t0iTl 0 ClOssijicO-
tion and Labelling of Chemicals) sviluppato dall’ONU.

Rispetto al GHS, il regolamento CLP considera anche gli aspetti di imballaggio non contemplati
Tossiòo ne1 GHS; conserva inoltre alcune frasi e classi di pericolo non contemplate da1 GHS. Lo scopo
del regolamento è di garantire un elevato livello di protezione d0llO 5alute d0ll’0S5ere umano e
dell’ambiente e la libera circolazione delle $O5tOnze e delle miscele.
Le sostanze e le miscele sono classificate in base ai seguenti parametri:

• classe di pericolo: identifica la natura del pericolo, che può essere di tipo isico, per la 5Dlute o
per l’amfiienfe;
• categoria di pericolo: la suddivisione dei criteri entro ciascuna classe di pericolo, che specifi-
ca la gravità del pericolo;
• pittogramma di pericolo: destinato a comunicare informazioni specifiche sul pericolo in que-
stione;
INOUADRA E GUARDA! • avvertenza: una parola che indica il grado relativo di gravità del pericolo; si distinguono
I joittogra mmi e Ie due gradi di pericolo: pericolo (per le categorie di pericolo più gravi) e attenzione (per le
classi di pericolo categorie di pericolo meno gravi);
• indicazione di pericolo: codici alfanumerici che iniziano con la lettera H (Hazard) seguita da
un numero di 3 cifre, descrivono la natura del pericolo di una sostanza o miscela pericolosa:
H2 pericoli di natura fisica;
H3 pericoli per la salute;
H4 pericoli per l’ambiente acquatico.

In aggiunta a queste indicazioni di pericolo, l’Unione Europea ne indica altre supplementari


attribuite a particolari sostanze o miscele già classificate per i pericoli; anche queste indica-
zioni sono identificate da un codice alfanumerico che inizia con le lettere EUH (European
Union Hazard) seguite da un numero a 3 cifre;
• consiglio di prudenza: codici alfanumerici che iniziano con la lettera P (Prudence) seguita
da un numero di 3 cifre, a ognuno dei quali corrisponde una precisa indicazione di precau-
zione che si deve osservare nell’utilizzo o nello smaltimento di quella determinata sostanza o
miscela pericolosa:
Plt consigli di prudenza di carattere generale;
P2 consigli riguardo la prevenzione;
P3 consigli riguardo alla reazione con parti del corpo;
P4 consigli riguardo alla conservazione;
P5 consigli riguardo lo smaltimento.

Tutte le sostanze e le miscele appartenenti a una o più classi di pericolo sono considerate
pericolose.

I due strumenti previsti dal regolamento CLP per comunicare i pericoli sono:
• l’etichetta,
• la scheda dei dati di sicurezza (o, più brevemente, scheda di sicurezza).

Letichetta è lo strumento per la comunicazione ai consumatori. La scheda di sicurezza è


invece lo strumento completo che segnala a chi maneggia le sostanze chimiche nei luoghi
di lavoro o nei laboratori tutte le informazioni sulle sostanze o le miscele.

@ L’eticheNo di sostanze o miscele pericolose


oL Pure and Appliecl
C/Jemisfry (IUPAC) ò
Letichetta di una sostanza o di una miscela pericolosa deve contenere i seguenti elementi: da tempo riconosciuta
come autoritÒ mondiale
• nome, indirizzo e numero di telefono del fornitore o dei fornitori; nel campo della
• quantità nominale della sostanza o miscela; iaomeiacIatui“a e della
fe FM i Il O I Og io C Il i M iC Il e .
• identificatori del prodotto: per le sostanze: il nome della sostanza secondo la nomenclatu- Ì Ì /ÈemfCO( AÙSIFOCIS
ra IUPAC o un’altra denominazione chimica internazionale, la formula empirica, il numero Servce (CAS) g estisce
u n re pe Io N O d e I I e
CAS, il numero EINECS o ELINCS; per le miscele: il nome commerciale o la designazione sosta nze, O ciascuno
della miscela, l’identità di tutte le sostanze componenti la miscela che contribuiscono alla sua delle quali ò assegnato
classificazione rispetto alla tossicità acuta, alla corrosione della pelle o a lesioni oculari gravi, un il umero un ico CAS.
I n umeri CAS sono
alla mutagenicità sulle cellule germinali, alla cancerogenicità, alla tossicità per la riproduzio- uti li zzoti in tutto il
ne, alla sensibilizzazione delle vie respiratorie o della pelle, alla tossicità specifica per organi fTl OIX@ O.

bersaglio o al pericolo in caso di aspirazione; EIMECS ò l’acc anima


d i European In vei tory
• pittogrammi di pericolo: uno per ciascuna classe di pericolo; ot ExÌstÌng Gommercial
• avvertenza; ÙlJQfTl iCOl ÙUbSlOI?CEì5.
ELI UC S è I’aci oil i izo di
• indicazioni di pericolo; Eui opeciiJ list oL Poli/led
• consigli di prudenza. Ùl3efTl iCOI Ub5lOI?CEìS.
ou • ‹ț a ChimiC@ CHIMICA APPLICATA

J La scheda di sicurezza
ÈO SC e@ 0 @ İ S İCU F+2ZZC1 Il produttore che immette sul mercato una sostanza o una miscela pericolosa è obbligato a forni-
deve essere redatła re una scheda dei dati di sicurezza (abbreviata in SDS). La scheda è un documento informativo
secondo le seguenti lb
SPZiOl3i O iQOtOlP'
che contiene tutte le informazioni utili per operare in sicurezza durante le operazioni di traspor-
1 j IÒeI3 fi fİ C z İ One Òe I I
to, commercializzazione, stoccaggio e utilizzo di una sostanza. Le schede di sicurezza sono molto
sostanza a dello miscela più dettagliate delle etichette.
e della socİetÒ/impress
2) ldenti ficozioiJe dei Gli utilizzatori della sostanza hanno il diritto e il dovere di leggere, comprendere e rispettare
pei-icol î questo strumento per evitare danni a sé, agli altri e all’ambiente. Questa scheda deve essere con-
3) Composİ zioiJe/ tinuamente aggiornata a cura della ditta produttrice.
in formozione sugli
İ ng i-edienti Il rivenditore al dettaglio deve fornire la scheda di sicurezza della sostanza o della miscela all’uti-
lizzatore finale a1 suo primo acquisto e ogniqualvolta venga revisionata da1 produttore.
5) Mİsure antİncendio

7) Mr iJ ipOlOzİone e
i m mug Ozzi no mentO
Q L’eticheNo degli olimenti
Lètichetta di un prodotto alimentare rappresenta la carta d’identità del prodotto. Ogni azienda
pi“ołezioiae İndividuale è obbligata per legge a specificare sulla confezione del prodotto alcune informazioni, in modo
9) ProprİetÒ fisiche e chiaro e comprensibile per il consumatore:
ch İmiche
10) Mobil e eottiv
• il nome del prodotto
l l ) Inlormozio,i • l’elenco degli ingredienti in ordine di peso decrescente
tossİcologiclae
• l’indicazione degli allergeni
12) Informazİoni
ecologiclJe • la data di scadenza
13) Considei”azioiai sulla • la sede dello stabilimento di produzione
sma IU men to
14) Information İ sul • la quantità netta
trO s poi tO • le istruzioni d’uso
1 Ù ) I IJ fOl”MOZÌO IJ Ì SU I I O
repolamenfazione • il paese di origine
lóAte inormoioni • illuogo di provenienza
• la dichiarazione nutrizionale
il titolo alcolimetrico, se si tratta di una bevanda alcolica
Per ingrediente si intende ogni sostanza usata nella preparazione di un prodotto alimentare e
ancora presente ne1 prodotto finito, anche se in forma modificata. Gli ingredienti comprendono
i nutrienti, i conservanti, gli antiossidanti e i lievitanti. Tra questi possono essere presenti anche
degli allergeni, che devono essere chiaramente distinti attraverso un tipo di carattere con di-
mensioni, stile o colore di sfondo differente (per esempio in grassetto).

Ace
@ Il foglio illustrativo dei medicinali
Ogni confezione di medicinale, deve contenere per legge il foglio illustrativo, conosciuto anche co-
meJogfieffo illustrativo o bugiardino, che fornisce le istruzioni necessarie per usare il farmaco in mo-
do corretto e sicuro. È un documento ufficiale approvato dallAIFA (Agenzia Italiana del Farmaco), il
cui contenuto è aggiornato periodicamente.
Il foglio illustrativo deve riportare:
• la composizione: principi attivi, eccipienti ecc.
• la categoria farmacoterapeutica, cioè la classificazione del farmaco ATC (classe anatomico-
terapeutica)
• la posologia (cioè dosi e frequenza di assunzione)
• le malattie o condizioni per cui è indicato
• i casi in cui non deve essere usato (avvertenze)
• eventuali effetti collaterali
• le modalità di assunzione e di conservazione
• la data di scadenza
• i rischi legati all’uso di dosi eccessive
• l’interazione con altri farmaci, cibi e bevande assunti simultaneamente
• il produttore del medicinale
• il responsabile della commercializzazione

Per medicinale si intende (D.lgs. 219/2006):


I medicinol i si
1) ogni sostanza o associazione di sostanze presentata come avente proprietà curative o
profilattiche delle malattie umane; 1) medici‹noI preporofi
2) ogni sostanza o associazione di sostanze che possa essere usata sull’uomo o in fa rmacia o galen ici;

somministrata all’uomo allo scopo di ripristinare, correggere o modificare funzioni 2) med icina li di oi ig i ne
f/J IL/5fi”lO/E'' OVVE I O
fisiologiche, esercitando un’azione farmacologica, immunologica o metabolica, ovvero medi ci n eli per‘ oso
di stabilire una diagnosi medica.
biolog ici, preparati
Tutti i medicinali sono costituiti da principi attivi e da vari eccipienti. industrialmente o
nella cui produzione
Il principio attivo è il componente del medicinale da cui dipende la sua azione curativa, cioè il i II te FVi e II e U I3 p I“OCeSSO
medicinale vero e proprio (per esempio paracetamolo, ibuprofene ecc.). iiJdusti”iaIe.
Gli eccipienti sono invece componenti privi di azione farmacologica, che hanno la funzione di
proteggere il principio attivo dagli agenti esterni che potrebbero danneggiarlo (come il caldo,
il freddo, l’umidità o altre sostanze chimiche), di aumentare il volume per consentire la pre-
parazione di compresse di dimensioni accettabili, di rendere stabili soluzioni o sospensioni, di
facilitare l’assorbimento o modificare la velocità di rilascio nell’organismo, di rendere il sapore
i| sgóó6rosio,
più gradevole ecc.
Un medicinale generico è un medicinale bioequivalente rispetto a un medicinale di riferimen-
to con brevetto scaduto, autorizzato con la stessa composizione quali-quantitativa in principi
attivi, la stessa forma farmaceutica, la stessa via di somministrazione e le stesse indicazioni te-
rapeutiche. I medicinali generici sono sottoposti agli stessi controlli che lAIFA riserva a tutte le
specialità in commercio.

I farmaci vengono classificati sulla base di criteri complessi, che tengono conto:
• dell’apparatO/5i5tema su cui agiscono (es. sistema cardiovascolare)
• delle patologie che contrastano (es. antiinfiammatori, antipiretici)
• delle/sezioni che stimolano (es.lassativi)
• della 5truttura chimica (es. antiinfiammatori non steroidei FANS) INQUADRA E GUARDA!
• del meccanismo d’azione (es. inibitori della pompa protonica) I detergenti
m« • ‹ ț a ChimiC@ CHIMICA APPLICATA

Ğ La chimico e l’ombiente
LE PIOGGE ACIDE
I1 pH naturale de11’acqua piovana non è neutro, ma ha un valore intorno a 5,5. Questo avviene
perché il diossido di carbonio presente in atmosfera si discioglie in acqua producendo acido
triossocarbonico, H,CO , per la reazione:

La coppia Hz 3/HCO tampona il sistema a un pH di 5,5.


La combustione di combustibili fossili contenenti zolfo e gli impianti industriali immettono in
atmosfera grandi quantità di ossidi di azoto e di zolfo. Questi ossidi, a contatto con il vapore ac-
queo presente ne11’aria, si trasformano in acido solforico, H2SO4. e acido nitrico, HNO :

Nz 5+ H z 2HNO2
SO3+ H z 1 H zS 4

Quando il vapore acqueo condensa a formare le nubi, gli acidi si mescolano all’ac-
qua e ricadono a1 suolo sotto forma di piogge acide.
Tali precipitazioni acidificano i laghi e i fiumi, causando gravi danni agli organismi
che vi abitano. Anche il suolo si acidifica e la vegetazione si indebolisce; i semi fati-
cano a germinare. Nemmeno le opere umane sono risparmiate: gli acidi intaccano
il calcestruzzo di edifici e ponti, compromettendo la stabilità delle strutture. I mo-
numenti storici vengono corrosi e danneggiati in maniera irreversibile.

L’EFFETTO SERRA E IL RISCALDAMENTO GLOBALE


Leffetto serra fu individuato per la prima volta sul pianeta Venere. I gas serra (vapore acqueo,
II calcestruzzo ò diossido di carbonio, metano e protossido di azoto, Not ) sono in grado di assorbire le radia-
composto per la magg İor zioni termiche a onda lunga emesse dalla superficie terrestre. Parte di queste radiazioni viene
parte do ca rbonato d İ rinviata verso la Terra, provocando il riscaldamento degli strati più bassi dell’atmosfera. Grazie a
C ICİO, e VİeIJe o II CC tO
dalle piogpe acide questo fenomeno, la temperatura media su1 nostro pianeta è di 15 °C ed è compatibile con la vita
seconda le i“eazioiJ i: (altrimenti sarebbe di —17 °C, con escursioni termiche molto accentuate).
CaCO, + H,CO, II forte incremento delle emissioni di gas serra generate dalle attività umane ha accentuato però
Ca(HCO3t2 il fenomeno, provocando il surriscaldamento del pianeta o riscaldamento globale.
CaCO/ + H2SO, Tra le conseguenze principali ci sono: il ritiro dei ghiacciai e il conseguente innalzamento del livello
• CaSO, + C 2 + H2 del mare, una maggiore frequenza di eventi meteorologici ad alta intensità (per esempio gli uragani),
Le a mature in ferro l’ampliamento delle zone caratterizzate da clima arido e secco, la perdita di habitat e di biodiversità.
subİscono il seguente
pi-ocesso dİ coi”i”osİone:
IL BUC0 DELL’0Z0N0
2Łe + 2H/SO, + O,
Lo strato di ozono (O ) presente nella stratosfera, assorbe le radiazioni ultraviolette provenienti
2 FeSO + 2 HNO
da1 Sole. Tali radiazioni sono pericolose per l’uomo, gli animali e le piante. Esse sono infatti in
2 FeSO, +0 + 2 HNO
grado di danneggiare il DNA e di inibire la fotosintesi. A partire dagli anni 1970, alcuni ricerca-
' 2 FeO(OH) + 2 HgSO¿
tori hanno rilevato un assottigliamento dello strato di ozono in corrispondenza dellAntartide,
che è stato denominato buco dell’ozono. La causa è stata identificata in alcuni gas, i clorofluo-
rocarburi (CFC), che erano molto usati nelle bombolette spray e negli impianti di refrigerazio-
ne. Questi gas sono composti da carbonio, cloro e fluoro (alogenuri alchilici di cloro e fluoro).
Nella stratosfera assorbono le radiazioni ultraviolette e liberano radicali di cloro, che attaccano
INQUADRA E GUARDA!
le molecole di ozono e, si combinano con un atomo di ossigeno, liberando ossigeno biatomico:
Le piogge acide
L’effetto serra
CFC1 + radazione elettromagnetica —› C1• -b •CFClz
II riscalcÏa mento
globale
II buco deII‘ozono Lo’ssigeno biatomico non è in grado di assorbire le radiazioni ultraviolette, che quindi raggiun-
Benvenuti a Plastisfera gono la superficie terrestre in maggiore quantità. Per via di questo effetto, sono stati stipulati
Risorse cercasi accordi internazionali grazie ai quali i CFC sono stati gradualmente messi a1 bando.

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