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E ORGANICI
@ I principali composti inorganici
PEROSSIDO DI IDROGENO
Il perossido di idrogeno (H ). chiamato co-
munemente acqua OS5igenata, è acqua con un
ossigeno in più. È un composto instabile e si de- H
compone in H O e O. È un liquido corrosivo e
pericoloso, per cui non viene mai usata in forma
pura. L’acqua ossigenata che si compra in farma-
cia è una soluzione acquosa al 2-3 */o e può essere H k6 un ossigeno in piu
maneggiata con tranquillità: viene di solito usa- dell’art a, ù 0.
ta come disinfettante. In forma più concentrata Hz 2
H viene usata come sbiancante della cellulosa
nella produzione della carta.
£AkB0NAT0 DI SODIO
Il carbonato di sodio (Na CO,) viene chiamato
soda da bucato perché è usato solitamente nel bu-
cato per il suo potere sbiancante e sgrassante.
Può essere preparato mediante decomposizione
termica del bicarbonato di sodio (NaHCO ): c |l tarbo»ato di .odio
ha d e ato i di sodio.
Na+— : Ogi . Ó: Na+
2NaHCO, N **2 CO 3 + H z +C 2
IDROSSIDO DI SODIO
L5drossido di sodio (NaOH) è noto anche come
soda caustica perché ha la proprietà di scottare la Na+ :OH
pelle. Si ottiene per elettrolisi di una soluzione ac-
U:drossido di sodio è
quosa di NaC1 (cloruro di sodio). Viene usato per d SO d ÓduS Cd.
fabbricare il vetro e i saponi.
OSSIDO DI CAL£I0
0ss’i eno
Chiamato anche calce viva, l’ossido di calcio
(CaO) viene preparato per decomposizione ter-
mica del carbonato di calcio a 800 °C. Aggiun-
gendo acqua alla calce viva si forma lfidrossido di
calcio o calce 5penta, una base forte e poco solu-
bile. Quest’ultima reazione è detta «spegnimento
della calce». Il latte di calce invece è costituito da
una sospensione di idrossido di calcio in acqua.
L’ossido di calcio è anche un costituente di base
del cemento, che infatti si ottiene dalla cottura di
calcare e argilla.
’
m« • mw• ChimiC@ COMPOSTI INORGANICI E ORGANICI
§•esfe sono
le due forme
112,8 pm dì risonanza
gell’ossigo gi
.e
:C O
CON 180º
rison6nz.6 óke
la rendono
AMMOFIIACA
hJon confondere L’ammoniaca (NH,) è un gas irritante da11’odore pungente. È solubile in acqua e, una volta
l'ommonioco con H Mq, disciolta, rende la soluzione basica formando idrossido di ammonio (NH4OH). Scioglie i metalli
CON Ò Ì’OC ÌÒ O OZOtÌ Ò FÌCO,
molto i-eattivo e del gruppo I e Il formando soluzioni di colore blu. Viene usata come fertilizzante e nella sintesi
i Il fiO IT MO Ò iI e . di acido nitrico, coloranti e prodotti farmaceutici.
piramidale
NH, ‘ H N H N 107,3°
H
triangolare
H H
H
IDRAZINA
L’idrazina (N2H4) è un liquido incolore e tossico.
È un forte agente riducente e brucia con violenza
producendo No e H O. È solubile in acqua ed è una
base debole.
H 2 N — NH 2
Model lo a sfere e basR»6ini
IDROSSILAMMINA
Ne1l’idrossi1ammina (NH2 H) l’atomo di azoto ha numero di ossidazione —1. E un solido
bianco cristallino che può esplodere facilmente. È una base debole con proprietà ossidanti.
BIOSSIDO DI ZOLFO
Il diossido di zolfo (SO2) è un gas ed è uno dei principali inquinanti atmosferici. Presenta tre
forme di risonanza che lo rendono molto stabile. È un composto anfotero, perché può com-
portarsi sia da base sia da acido di Lewis. È solubile in acqua formando acido solforoso, che è
responsabile delle piogge acide.
NN
O. . O. O'-tO. .O. Le tre forme di
risongnz.a del diossido
ETAIJOLO
Comunemente chiamato alcol (etilico), l’etanolo (CH,CH 2 H) è prodotto dalla fermentazio-
ne alcolica. È un liquido incolore, volatile ed estremamente infiammabile. È solubile in molti
solventi organici e in acqua. È usato come combustibile al posto della benzina e per la produzio-
ne di profumi.
H H
1 1
H —C —C — O — H
1 1
H H
CLOROFORMIO
Il cloroformio (CHC1,) è un alogenuro alchilico, noto anche come freon 20 o CFC 20. A tempe-
ratura ambiente è un liquido trasparente abbastanza volatile. Non è infiammabile. È nocivo. A
livello industriale è prodotto riscaldando una miscela di cloro e metano a 500 °C (CH4 + 3< 2
CHC1, + 3HCl). Un tempo era usato come anestetico.
Cl
1
H — C — Cl
l
Cl
fiSfiIYiPI0 $V0tT0
La calce viva ha formula:
aO C££(OH)z Ca 2
La calce viva è l’os- Questa è la formula Questa formula non Questa è la formula Questa è la formula
sido di calcio. dell’idrossido di cal- esiste perché il calcio del perossido di del carbonato di cal-
cio (calce spenta). è bivalente. calcio, in quanto il cio, comunemente
numero di ossidazio- chiamato calcare.
ne dell’ossigeno è — 1.
LE REGIO NI CHIMICHE •
Q Le equozioni di reozione
Le reazioni chimiche sono trasformazioni in cui una o più sostanze chiamate reagenti si tra-
sformano in nuove sostanze chiamate prodotti. Quando i reagenti si trasformano in prodotti,
gli atomi dei reagenti si ricombinano tra loro in modo diverso e modificano anche la loro posi-
zione reciproca nello spazio.
Per rappresentare una reazione chimica, utilizziamo il seguente 5chema di reazione o equazione
chimica:
in cui reagenti e prodotti sono descritti da formule che si ricavano grazie alle indagini dell’ana-
lisi chimica.
CO2
CHE l molecola di diossido di carbonio
(IC; 20) 2H O
1 molecola di metano 2O 2 molecole di acqua
(IC; 4H) 2 molecole di ossigeno (4H; 2O)
(40)
La reazione di combustione del metano con l’ossigeno produce acqua e diossido di carbo-
nio e viene schematizzata in questo modo:
CH4(g) + 2 zp) z9› + 2 H z $)
Poiché qualsiasi reazione chimica ubbidisce alla legge di conservazione della massa (legge di
Lavoisier), i coefficienti stechiometrici vengono scelti in modo che il numero totale di atomi di
ogni elemento presente nei reagenti sia uguale a quello presente nei prodotti. Il procedimento
da seguire per trovare i coefficienti stechiometrici si chiama bilanciamento.
Bilanciare una reazione significa trovare i coefficienti stechiometrici giusti, in modo che
il numero di atomi di ogni elemento sia uguale nei due membri dell’equazione.
C H 4$ ) + 2 zg 2H z g)+ C 2(g)
Essa ci informa che, se vogliamo bruciare una molecola di metano, sono necessarie due mole-
INQUADRA E GUARDA!
cole di ossigeno gassoso: il numero di molecole di ossigeno necessario per la combustione è il
Bilanciare le
equazioni chimiche doppio di quelle di metano.
(non redox) L’equazione di reazione di una qualsiasi trasformazione chimica rende evidenti i rapporti se-
condo cui si combinano i reagenti e si formano i prodotti.
Talvolta è sufficiente conoscere la natura e la formula dei reagenti per prevedere quali pro-
dotti si formeranno.
Molte reazioni chimiche avvengono secondo schemi abbastanza semplici, che si possono ricon-
durre a quattro tipi fondamentali, in base a come si ricombinano tra loro gli atomi dei reagenti.
Le reazioni di sintesi sono reazioni in cui da due o più sostanze si ottiene un solo prodotto.
|l SimbOlO Ó (Cielo mgi\^SóOlg) L•C rgg¥ùoni in óUi Ung SO nZ.ò Si óornbind óOn
in¢lióa óke la reazione l’ossigeno con emissione ¢li luce e ¢|i valore sono
richiede ris6dlddmee{o. de(te reazioni di to•b«dione
• Reazione di sintesi Esempio
1 non metallo + ossigeno —• ossido acido Cg( )
5 idrossidi
Ni(OH) (5) —• NiO(,) + H z 9)
liberazione di acqua
Fra le reazioni di decomposizione sono particolarmente significative quelle che portano alla
liberazione di ossigeno gassoso ( ) ppure di diossido di carbonio (C )
Le reazioni di formazione dei sali rientrano nelle quattro categorie di reazione viste finora.
ESEMPIO SV0£T0
Dalla reazione di quale delle seguenti coppie di sostanze si ottiene come prodotto un sale?
CaO + H2 2 -r C 2 Li ‘l• H z
La reazione tra un La reazione tra un La reazione tra un La reazione tra un La reazione tra
ossido e l’acqua metallo e lossigeno ossido e un’anidride metallo e l’acqua un’anidride e acqua
dà un idrossido. dà un ossido. dà un sale. dà un idrossido. dà un acido.
m« • x•tw ChimiC@ LE REAZIONI CHIMICHE
Reazione Esempio
15 C
Spostamento 5C(g) + 2P2Os‹s ” su olo› + 4(g)
di un elemento
dal proprio ossido 2Al(,) + Cr O 3(s) AlzO , + 2Cr(,
Al
Si
La scala di reattività consente di prevedere come reagiscono i metalli.
Zn
Cr Nelle reazioni di scambio semplice un metallo più reattivo (in alto nella scala) sostituisce un
Fe
(H )
metallo meno reattivo (in basso nella scala) all’interno di un composto.
Ni Inoltre, un metallo che si trova in cima alla scala si ossida più facilmente di uno che si trova in
(C)
pg basso.
Cu
Hg Le reattività del carbonio e dell’idrogeno dipendono molto dalle condizioni di reazione.
Ag
Au
Q Le ossidoriduzioni
Le ossidoriduzioni o redox sono reazioni in cui alcuni elementi variano il loro numero di os- Puoi i ipassa i e le regole
pei l’assepiJazioiJe del
sidazione. r U ITìeFO Ò i OSS i Ò ZiOIJ e
L’ossidazione è un aumento del numero di ossidazione di un elemento, la riduzione è una di- in e I I O Sez iOiJ e 1 S .
ossidazione
Le reazioni
redox cons istono
essen zia I mente i n un
flUSSO d i e lettI”OId i d 0
Ò riduzione u il elemento O u il Oltro.
Per ri6orddre ld La sostanza che si ossida permette a un’altra specie di ridursi, e quindi si dice riducente.
la ya•ola “OPERE”:
Ossidazione Perde,
i UZùOfiC É \xIS • La sostanza che si riduce permette a un’altra specie di ossidarsi, e quindi si dice ossidante.
Generalmente gli elementi del gruppo I e Il sono forti riducenti, mentre gli elementi degli ulti-
mi gruppi sono ossidanti.
Sono tipici ossidanti l’ossigeno molecolare (Oh). il cio o molecolare (Cli). gli ioni permangana-
to (MnO,) e dicromato ( 2 ). Si deve tuttavia ricordare che nelle reazioni redox non ci sono
categorie assolute. L’acqua ossigenata (H ). per esempio, ossida parecchie specie trasforman-
dosi in acqua: H H
L’agente ossidante effettivo è costituito da11’atomo di ossigeno, il cui n.o. diminuisce: O(—1)
—• O(—2). In ambiente acido, l’acqua ossigenata viene però ossidata da un ossidante ancor più
energico, come lo ione dicromato (Cr 2 )
—eduriminuis du one —
0 0 +2 —2
2Mg + z MgO
0
Elemento Mq 2
Consideriamo ora la reazione redox tra magnesio e ossigeno per sottolineare la terminolo-
gia caratteristica di questo tipo di reazioni. Diciamo che:
• il magnesio si ossida perché il suo n.o. aumenta (Mg(0) —• Mg(+2));
• l’ossigeno si riduce perché il suo n.o. diminuisce (O(0) —• O(—2));
• il magnesio metallico è l’agente riducente perché provoca la riduzione dell’ossigeno, cioè
la diminuzione del suo n.o.;
• l’ossigeno è l’agente ossidante perché provoca l’ossidazione del magnesio metallico, cioè
l’aumento del suo n.o.;
• le due forme Mg(0)/Mg(+2) con cui si presenta il magnesio costituiscono una coppia
coniugata redox: Mg(0) è la forma ridotta perché ha n.o. minore; Mg(+2) è la forma
ossidata perché ha n.o. maggiore. Un discorso analogo vale per la coppia (O(0)/O(—2).
Ci sono poi reazioni di ossidoriduzione in cui uno stesso elemento si ossida e si riduce; a tali
reazioni si dà il nome di di5mutazioni o di5proporzioni.
La dismutazione o disproporzioneè una reazione redox in cui uno stesso elemento in
parte si ossida e in parte si riduce.
Per esempio, la reazione del cloro con l’acqua per formare acido cloridrico (HCI) e acido ipo-
cloroso (HCIO) è una disproporzione, perché un atomo di cloro si ossida passando da 0 a +1, un
altro si riduce passando da 0 a —1:
Entrambi i metodi, comunque, possono essere applicati a qualsiasi tipo di reazione redox e por- II e i p FoSS i IT i p F g I” li
ESEMPIO SVOLTO
Bilancia la seguente reazione di ossidoriduzione con il metodo della variazione del numero di ossidazione.
HYPO + Na Cr O, + HNO, —› H3PO4 + Cr(NO,), + NaNO3 -b Hz
SOLUZIONE
1) Calcolare il numero di ossidazione di tutti gli atomi. Ricorda che l’ossigeno ha sempre numero di ossidazione
—2 (tranne nei perossidi in cui il numero di ossidazione di O è —1) e l’idrogeno ha sempre numero di ossidazione +1
(tranne negli idruri in cui vale —1).
3) Scrivere due semireazioni: una per l’ossidazione e una per la riduzione. Una semireazione riguarda il fosforo,
l’altra il cromo:
H3P z H3PO4
Na Cr —› Cr(NO,),
4) Bilanciare gli atomi che si ossidano e si riducono. La prima semireazione è già bilanciata in termini di P, per cui
viene lasciata così com’è. Nella seconda semireazione ci sono due atomi di cromo a sinistra e uno a destra, per cui
aggiungiamo il coefficiente 2 di fronte a Cr(NO,) :
H3P z H3P 4
Na Cr O, —r 2Cr(NO )
5) Aggiungere il numero di elettroni persi e acquistati. L’atomo di fosforo perde quattro elettroni passando da +1
a +5. Il cromo acquista tre elettroni, passando da +6 a +3. Ci sono però due atomi di cromo, quindi in totale vengono
acquistati sei elettroni:
H,P —+ H,PO4 + 4e
Na C• + 6e —r 2Cr(NO,)
6) Bilanciare gli elettroni persi e acquistati. Le due semireazioni sono sbilanciate in termini di elettroni:
H,P H PO4 + 4e* Sarivi gli elettroni a66anto al l'ele ent Non il n« ero di ossidaNone
Na Cr + 6e —› Cr(NO ) ’ re, cos yo(rai iden(ific8re subit» ehi si ossida e ehi si riduce.
Nella prima vengono persi quattro elettroni, mentre nella seconda ne vengono acquistati sei. Per rendere uguale il
numero di elettroni persi e acquistati, moltiplichiamo tutti i coefficienti della prima semireazione per 3 e tutti i coef-
ficienti della seconda semireazione per 2:
3(H,P H P 4 + 4e*)
2(Na Cr2O + 6e* —› 2Cr(NO ) )
ottenendo:
3H,P 2 3H,PO4 + 12e*
2Na r2O7 + l2e —r 4Cr(NO,),
7) Inserire i coefficienti stechiometrici nell’equazionedi reazione complessiva. Otteniamo così:
3H PO + 2Na Cr O + HNO —+ 3H P 4 + 4Cr(NO ) + Ni1NO3 + Hz
8) Bilanciare tutti gli atomi diversi da O e H. Osserviamo che ci sono quattro atomi di Na a sinistra e uno solo a
destra. Aggiungiamo quindi il coefficiente 4 davanti a NaNO,:
3H P 2 + 2Na Cr + HNO —r 3H,PO4 + 4Cr(NO,)3 + 4NilNO3 + Hz
Occupiamoci ora di N. C’è un solo atomo di N a sinistra, mentre ce ne sono 16 a destra. Aggiungiamo quindi il coef-
ficiente 16 davanti a HNO :
3H P 2 + 2Na Cr O + 16HNO —r 3H P 4 + 4Cr(NO,) + 4NàNO3 -b Hz
9) Bilanciare O e H. Gli atomi di ossigeno sono:
a sinistra: O = 3 x 2 + 2 x 7 + 16 x 3 = 6 + 14 + 48 = 68;
a destra: O = 3 x 4 + 4 x 3 x 3 + 4 x 3 + 1 = 12 + 36 + 12 + 1 = 61.
Mancano sette atomi di ossigeno a destra. L’unico modo per aggiungere ossigeno a destra è aumentare il numero
di molecole d’acqua, perché tutti gli altri coefficienti stechiometrici risultano già calcolati e quindi sono «bloccati».
Aggiungendo 7H O a destra, il numero totale di molecole d’acqua diventa otto:
3H P 2 + 2Na Cr O + 16HNO —r 3H PO4 + 4Cr(NO ) + 4NàNO3 -b 8Hz
A questo punto l’idrogeno risulta automaticamente bilanciato:
a sinistra: H = 3 x 3 + 16 = 9 + 16 = 25;
a destra: H = 3 x 3 + S x 2 = 9 + 16 = 25.
Se si bilanciano prima gli idrogeni, gli ossigeni risultano automaticamente bilanciati.
@ Il metodo ione-eleNrone
Molte reazioni di ossidoriduzione avvengono fra composti ionici in soluzione acquosa. Poiché
in acqua tutti i composti ionici sono di5Sociati in ioni, per studiare le ossidoriduzioni è spesso
utile scrivere l’equazione in forma ionica, considerando soltanto gli ioni che prendono effettiva-
mente parte alla reazione e tralasciando gli ioni spettatori, che invece non reagiscono.
Nel metodo ione-elettrone, scriviamo un’equazione dove sono riportati soltanto gli ioni in-
teressati alla reazione, poi dividiamo la reazione in due semireazioni (una per l’ossidazione e
l’altra per la riduzione) che vengono bilanciate separatamente.
Gli ioni H“ e OH giocano spesso un ruolo importante nelle reazioni redox in soluzione acquo-
sa e quindi si ritrovano spesso inclusi nell’equazione netta.
In ambiente acido la reazione usa H* come reagente e produce H come uno dei prodotti. In
ambiente basico viene consumato OH* per formare acqua; in altre ancora Hai si comporta da
reagente producendo H+ o OH . Quindi, prima di applicare il metodo ione-elettrone, dobbia-
mo sapere se la reazione redox avviene in soluzione acida o basica.
Il metodo ione-elettrone è molto più semplice del metodo della variazione del numero di ossi-
dazione, perché non richiede il calcolo del numero di ossidazione degli elementi.
ESEMPIO SVOLTO
Quale delle seguenti combinazioni di coefficienti stechiometrici e, b, c, d, e deve essere utilizzata per bilanciare
la reazione che segue?
a deve essere •g•ale d c her bilanciare C•JJ
aCu + bHNO, —• cCu(NO3)2 + dNO + eH2O 6 deve essere il ¢Ìoyyio di e (per loil6nói6• kJ
<' i ' i = i a = 3; ti = fì, c = 3, fr = 2; ò = 8; c = 2; = 3; b = 8; a = 4; Il = 6; c = 2;
d = 1; e= 2 d - 2; e = 4 d = 4; e= 4 c = 3; d = 2; e = 4 d - 2; e = 3
ESEMPIO SVOLTO
Quale affermazione riferita alla seguente equazione chimica, che deve essere bilanciata, è corretta?
Mn 2 + HCI —• MnC 2 + C 2 + H2
11 manganese usi forma nn 2 iiioli Il cloro si riduce D) Sono necessarie fi una rearione
è l agente di Cl2 pé r ogni 4 moli di HCl di dismutazione
riducente molt di MnO2 per ogni mole
di Mn
La reazione bilanciata é:
MnO + 4HCl MnCl› + Cl + 2H2
11 inanganese (Mn) passa da n.o. +4 in MnO2 +2 in MnC12. riducendosi.
II cloro (CI) passa da n.o. — l in HCl a 0 in Cl„ ossidandosi.
m« • x•tw ChimiC@ LE REAZIONI CHIMICHE
Nella cella elettrolitica, invece, si usa energia elettrica per far avvenire una redox nel verso op-
posto rispetto a quello spontaneo.
CONFRONTO TRA CELLA GALVANICA E CELLA ELETTROLITICA
SOMI GLIANZE
Una reazione chimica spontanea viene Una reazione chimica non spontanea viene
di ridu oee Sp e sfruttata per produrre energia elettrica. resa possibile grazie a energia elettrica.
so nz.a a subire iÌ
yroóesso ¢Ìi ricluzione.
ogni ser•icel1d,
in riferimento
all’ele(tr•do di
idrogeno, the in corrente continua maggiore di 1,10 V
óon¢Ìizioni s{an¢Ìar¢t
•g•dle a 0.
Zu Cu
anioni •
L dell’anodo.
SO,
R TEO ODINAMICA
@ Lo termodinamica
La termodinamica è la scienza che studia le leggi con cui i corpi scambiano (cedono
e ricevono) energia con l’ambiente sotto forma di calore e di lavoro.
sia energ io. Il nostro
organismo ò un classico
esempio d i sistema aperto:
La termochimica è una branca della termodinamica che studia gli scambi di calore che UO i CO II SU M i MO C i ÒO e
p rOd ue iO if O e n e rg i O , c h e
avvengono durante le reazioni chimiche. cedo mo OI I O mbiea te.
I sisfemi chiusi scambiano
con I‘a mbiente sOlta nto
eiJei“g io, iTìa non matei”ia.
PeF eSeI< piO, l’OCC| UO
soluzioni e le reazioni chimiche propriamente dette) sono accompagnate da produzione o as- I sistemi isolati non
'2C 0 ITI Ò10 IX O CO ‘Ì 0 fTÌ Ò Ì e IX IN
sorbimento di calore. e M IeF Ó e el“ i
L’energia potenziale del sistema diminuisce: L’energia potenziale del sistema aumenta:
il sistema trasforma una parte della sua il sistema assorbe calore dall’ambiente
energia potenziale in calore e lo cede e lo trasforma in energia potenziale.
all’ambiente.
energia potenziale dei reagenti energia potenziale dei prodotti ;y
L‘energia termico di un
coi po ò I‘e nei-g io ci n etica
di tutte le sue pa i“ticeIIe
(a to m i , m aI ec o I e a oi in i) .
L‘energia chimico di
un corpo ò I‘energio
Il calore liberato nelle reazioni esotermiche è dovuto alla formazione di prodotti con legami più forti
dei reagenti. I prodotti sono più stabili dei reagenti, cioè hanno un’energia potenziale minore.
energia potenziale
*j J Le funzioni di stoto
11 lovoro e il colore non Una funzione di stato è una grandezza fisica che dipende soltanto dallo stato in cui si trova un
SOIO O tUId ZiOI0 i @ i StO IO,
|DOFC IOÓ CO M Òi 0 ISO SOC OIL Ò O
sistema e non dal modo in cui il sistema ha raggiunto tale stato. Sono funzioni di stato: l’energia
il tipo particolare di interna (U), l’entalpia (H), l’entropia (S) e l’energia libera (C).
trO sformozione. Essi n on
d Ì pelo ÙOId O SOIO dOIIO StOtO
I IJ izio le e ÓO llO StOtO tÌlflole
Le vDriazioni delle funzioni di stato dipendono soltanto dallo stato iniziale e dallo stato finale
della ti asfoi mazione, iva della trasformazione e non dal percorso attraverso il quale si realizza la trasformazione stessa.
vengono scambiati con
l‘a mbiente.
L’energia interna U di un sistema è una grandezza estensiva che corrisponde alla somma dell’e-
nergia cinetica e dell’energia potenziale di tutte le particelle che compongono il sistema.
àH
L’energia interna
del sistema di-
óloridrióo,
minuisce perché
esso perde ener-
gia sotto forma
sia di calore sia di
lavoro.
\ n’6l rg Dgr e vienc us6 per óo••/ierc \•n l6Voro L. sul)’6r•/ien e s/os ndo il
La variazione di entalpia CH che si verifica durante una reazione, essendo una funzione di stato, è
anche uguale alla differenza tra l’entalpia dei prodotti e l’entalpia dei reagenti:
‘’ reagenti prodotti
energia
energia
prodotti reagenti
negdtivd(cede valore)
Il grado di disordine di un sistema può essere espresso mediante una grandezza chiamata
entropia, che indichiamo con S ed esprimiamo in J/K.
m«> « • w* Ch im ÈC@ LA TERMODINAMICA
C = H — TS
Questa equazione lega tra loro le grandezze fondamentali della termodinamica chimica: ener-
gia libera, entalpia ed entropia.
A partire dalla variazione di energia libera è possibile spiegare anche l’esistenza delle reazioni en-
dotermiche spontanee e delle reazioni spontanee che avvengono con una diminuzione di entropia.
Nel primo caso, l’aumento dell’energia immagazzinata nei legami (AH > 0), che li rende più de-
VO I Ì O Zi OIL e Ò i
energ io li bero
boli, è compensato da un aumento di temperatura, tanto che il termine TAS diventa maggiore
bG —— bH— TbS. di AH e il AL risulta negativo. Il termine contenente l’entropia, infatti, ha segno negativo; una
trasformazione che avviene con aumento di entropia contribuisce alla diminuzione dell’energia
libera C. Nel secondo caso, la diminuzione di entropia (òS < 0), che fa aumentare l’ordine del
sistema e rende positivo il termine — TGS, è compensata dalla diminuzione di entalpia, cioè dal
rafforzamento complessivo dei legami.
Segno Segno Segno
Tipo di reazione Spontanea? Esempio
di AH di AS di —'rAS
Endotermica, con
+ no, òC > 0 Nza) -b 2 zp 2N zp
diminuzione di entropia
Un’altra definizione di trasformazione spontanea è data dal secondo principio della termodi-
namica, che può essere enunciato facendo riferimento alla variazione di entropia dell’Universo.
Quindi, in una reazione spontanea l’entropia del sistema può aumentare o diminuire, ma l’en-
tropia dell’Universo (sistema + ambiente) aumenta sempre. Ciò significa che l’entropia del
sistema può anche diminuire, purché vi sia un aumento di entropia dell’ambiente; in questo
modo, la variazione netta dell’entropia è positiva.
Siamo ora in grado di stabilire in quale verso procede spontaneamente una trasformazione.
Ogni reazione chimica può avvenire in due possibili direzioni:
LO d i stiiJzio il e frO
reagenti e prodohi
lla un sign ificato
re*gee(i — ,r•dotti oppure ,rodotti - re*ge•ti
soltonto convenzione le;
Una reazione non spontanea in un verso diventa spontanea nel verso opposto (e viceversa),
perché cambiando la direzione della freccia tutti i valori di AL, CH e AS cambiano di segno. reagenti e viceversa.
Q Le reazioni di combustione
Una categoria di reazioni molto importante dal punto di vista termochimico è quella delle
reazioni di combustione.
i prodotti della combustione in genere sono costituiti da molecole 5tabili, cioè poco reattive.
m«> « • w* Ch im ÈC@ LA TERMODINAMICA
y 2 —• xC 2 + 2
H2
4
Combustibili Comburenti
Hz 2
C (carbone) F2
idrocarburi (CH4, C H , butano,
Clz
benzina, gasolio)
grassi, oli
N2H 4 (idrazina)
|Ì óo@rókio del
pallone non e a
z*
Di re per ese mp io che
La massa atomica relativa MA di un elemento è il rapporto tra la massa assoluta
dell’elemento stesso e la dodicesima parte della massa assoluta dell’atomo di ' 2C.
la MA dell‘ossig en o
ò I Ó sig n ifica alle la La massa atomica relativa esprime quante volte la massa di un atomo è maggiore rispetto alla
IT SS Òi O e 1 6 VOI Ie
|D i Ù Q FO I0Òi2 Ò i C] Ue I IO
massa della dodicesima parte del carbonio-12.
della dodicesimo parte
del carbon io-1 2, cosi
MA = a/ 1 u dove 1 u equivale a 1,661- l0* 27 kg, che corrisponde alla massa del protone. La
CO ITI 0 0Ì MO '2SO Ò Ì U IX massa atomica relativa, essendo un rapporto tra due masse assolute, è una grandezza adimen-
oggetto di 1 Ó kg ò I Ó sionale, cioè un numero puro. Ciò nonostante, a volte la massa atomica viene seguita dal simbo-
volle mapg ioi”e della
lo u (unità di misura della massa atomica) per ricordare che la massa atomica relativa si riferisce
campione. all’unità di massa atomica. Si tratta però di un abuso di notazione che va evitato.
Per calcolare la media ponderata bisogna moltiplicare la massa di ciascun isotopo per la sua
percentuale, sommare i vari prodotti e dividere la somma per 100.
Lo strumento che oggi usiamo per determinare la massa atomica è lo spettrometro di massa.
In uno spettrometro di massa gli atomi del campione sono trasformati in ioni positivi, poi accele-
rati da un campo elettrico e deviati da un campo magnetico. La velocità e la curvatura dipendono
dal rapporto massa/carica di ciascuno ione.
Per un dato valore di campo magnetico, solo gli ioni che hanno una determinata massa attraver-
sano la fenditura e giungono al rivelatore. Esso registra una corrente elettrica proporzionale al
numero di ioni che lo colpiscono. Si possono quindi determinare sia la massa de11’isotopo sia la
sua percentuale nel campione.
I ó6my ore e v6qor zz6& e
/VgS OVmd In IOnI /OSI/IVI
sono seyarafi
rivelatore
Rel t.b *« t , il t» i• di
aa(ioni ydssa al l’interno di
ue 6dm$o md§ne(i6o vdridbiÌe.
ESEIYIPIO SVOLTO
A partire dal grafico, determina la massa atomica del boro sapendo ’0
che il boro-10 ha una massa di 10,01294 e il boro-11 ha una massa '0 80,23
di 11,00931. +•' 0
60
Confronta il valore ottenuto con quello riportato nella tavola pe- -
riodica. ’0
o 40
c -0
SOìUZONE É20
Media ponderata = [(10,01294 x 19,77) + (11,00931 x 80,23)] /100 = 10
= 10,81 o
0 10 is
massa atc›mica
La massa di una mole è chiamata massa molare (M) e la sua unità di misura è g/mo1.
ț w ChimiC@ LA MOLE E I CALCOLI STECHIOMETRICI
La massa molare M di una sostanza è uguale alla sua massa atomica o molecolare
(o peso formula) espressa in g/mol.
‹ ‹xaci› — M 12 g/mol
^s,śś 9/-•i rn, 12- l,66l · 10 2ᵉ g
- 10 2" mol*'
= 6,02
Unomoleinlco Il numero che abbiamo ottenuto si chiama costante o numero di Avogadro, No Si tratta di un
b,02.10" oggetti numero enorme: un numero di Avogadro di lattine di bibite ricoprirebbe tutta la Terra con uno
MO IeCO I e, İOIJ i , el ettI”O n İ . . . strato spesso 320 km!
La mole, come abbiamo visto, ci consente di contare indirettamente le particelle. Quindi, dato
un certo campione di sostanza, è importante sapere quante moli contiene. Il numero di moli n
si ottiene dividendo la massa m del campione per la massa molare M della sostanza di cui è co-
stituito.
olare
Per conoscere il numero Il numero di moli n può essere determinato anche dividendo il numero delle particelle Np per la
d İ atom İ d İ id rogeno costante di Avogadro No
@ I SOA Id 0 IO I“ß:
(2 mol H/l mol HCO)
x (ó,02 x 1 0** atomi H/
l mol H] = l 2,04 x 1 0 s2
atomi H/mol HCO,
pei“c lie in unO no lecolo
CÌ I OCC] UO C I SOFIO Ó Uß OtOM I
@ CÌ FO@O TO
SOMEONE
La massa molare dell’argento è:
M (Ag) = 107,9 g/mol.
Il numero di moli contenute in 63,8 g è:
63,8 g
"' 107,9 g/mol = 0,591 mol.
Per conoscere il numero di atomi, è sufficiente moltiplicare le moli per la costante di Avogadro:
0,591 mol 6,02 102" atomi/mol = 3,56- 10 2" atomi.
J Il volume molare
Il volume molare Vp è il volume occupato da una mole di sostanza. Nei solidi e nei
liquidi il suo valore cambia a seconda della sostanza; per il principio di Avogadro, invece,
il volume occupato da una mole di qualsiasi gas è lo stesso, nelle medesime condizioni
di pressione e temperatura.
un volu •e
22,4
litri
1 mole di CO
2Àg
monossido
di carbonio
Q Lo composizione percentuale
Quando si conosce la formula di un composto, è molto facile risalire alla sua composizione per-
centuale, cioè alla percentuale in massa di ogni elemento presente nel composto. La percentuale
in massa di un elemento in un composto è il numero di grammi di que1l’elemento presente in
100 grammi di composto.
- ț Chimifl@ LA MOLE E I CALCOLI STECHIOMETRICI
SOLUZIONE
Dopo aver calcolato la massa molecolare del fluoruro di calcio:
PM(Cd. z) - 40 08 + 2 • 19,00 = 78,08
si imposta la seguente proporzione per determinare la composizione percentuale dei singoli elementi:
MA(Ca) : MM(CaF ) = x : 100
40,08 : 78,08 = x : 100
@ Lo stechiometria
La stechiometria è il ramo della chimica che si occupa delle relazioni quantitative fra reagenti e
prodotti. I calcoli relativi ai rapporti di reazione sono chiamati calcoli 5techiometrici e si impo-
stano sempre a partire dall’equazione di reazione.
I coefficienti di una reazione bilanciata indicano sia il numero di molecole (o unità formula)
delle sostanze coinvolte sia il loro numero di moli.
Per esempio, nella reazione tra idrogeno e ossigeno che dà acqua, l’equazione:
2H z + 2 2H z
significa:
In generale, il procedimento da seguire nei calcoli stechiometrici si articola nelle seguenti fasi:
• scrivere e bilanciare l’equazione di reazione;
• determinare le masse molari delle sostanze coinvolte;
• trasformare la massa o il volume delle sostanze in moli;
• utilizzare i coefficienti stechiometrici per determinare, tramite una proporzione,1e moli delle
sostanze richieste;
• trasformare le moli in grammi o in litri.
A volte, a seconda dei dati forniti dal problema, alcuni passaggi possono essere saltati.
ESEMPIO SVOLTO
Lo smalto dei denti è costituito per la maggior parte da idrossiapatite, la cui formula è Cas(P 4)3(OH).
In ambiente acido per acido solforico, essa può essere decomposta secondo la seguente reazione:
2
5 (PO4) (OH) + 4H+ —• 5Ca + + 3HPO4* + H z
Quante moli di H2SO4 sono necessarie per produrre 0,3 moli di ioni HPO} ?
H2SO4 non compare nella reazione, ma sappiamo che è un acido diprotico e rilascia due H*.
Stabiliamo quindi quante moli di H+ ci servono.
Per produrre 3 moli di HPO4 servono 4 moli di H+, quindi occorre impostare la proporzione:
4 : 3 = x : 0,3, da cui x —— 0,4 mo1 (H*).
Dato che H SO4 rilascia 2 H“, per avere 0,4 mo1 di H* servono 0,2 mol dÌ HzSO4.
ESEIgFIO SVOLTO
Secondo la reazione 2KCl 3( ) —• 2KCl(e) + 3 &) quale volume di 2 viene prodotto a STP
dalla decomposizione di 0,4 mol di KClO3*
B ,4 L 0,6 L 22,4 L
ESEMPIO SYOLTO
Quanti grammi di H2O reagiscono completamente con 1 mole di Na (M = 23 g/mo1) secondo la seguente rea-
zione?
2Na + 2H2 —• 2NaOH + H2
Dato che il rapporto molare tra sodio e acqua è 2 a 2, l mole di sodio reagirà con 1 mole di acqua, cioè con
18 grammi di acqua. Ricorda che la massa molare dell’acqua è 18 g/mol.
ChimiC@ LA MOLE E I CALCOLI STECHIOMETRICI
Legge di combinazione dei volumi (o di Gay-Lussac): il rapporto tra i volumi di gas che
reagiscono tra loro è espresso da un numero intero e piccolo.
Consideriamo per esempio la reazione tra cloro e idrogeno per dare acido cloridrico rappresen-
tata nella figura qui sotto.
Di conseguenza il volume di un gas dipende dal numero di particelle, ma non dal tipo di mole-
cola o dalle sue dimensioni. Avogadro sottolinea anche che alcune molecole sono biatomiche,
cioè costituite da due atomi (H2› Nz› z› z. Clu. Bri. I )
Q Il reagente limitonte
In qualsiasi reazione, i reagenti reagiscono secondo un rapporto ben preciso, determinato dai
coefficienti stechiometrici. Se uno dei due reagenti è in eccesso rispetto a un altro, al termine
della reazione uno dei due reagenti si consuma completamente (reagente limitante), mentre
una parte dell’altro reagente non reagisce e rimane in eccesso (reagente in eccesso).
Il reagente limitante è il reagente che si esaurisce per primo durante una reazione
chimica e che limita la quantità di prodotto da essa ottenibile.
S0tbll0fifi
L’equazione di reazione non viene fornita, ma dalla formula del prodotto (KCI) si ricava che i due sali di partenza
danno una reazione di metatesi scambiandos La reazione è:
K 2S 4 + CaCl2 CaS 4 + 2KCl
Coefficienti
stechiometrici
Moli/coeff.
20/1 = 20
stechiometrici
Moli consumate
e moli prodotte x —— 32 mo1
fiSfilhPl0 SVOlJO
Zolfo e ferro reagiscono completamente con un rapporto in peso di 1:1,74 e producono solfuro di ferro (II)
(FeS). Che cosa succede mettendo a reagire 0,5 g di zolfo con 1,74 g di ferro?
La reazione è: Fe + S — FeS.
Impostiaino la proporzione:
1 g (S) : 1,74 g (Fe) = 0,5 g (S) : x g (Fe),
da cui x = 0,87 p (Fe).
0,87 g di ferro reagiscono con 0,5 g di zolfo formancto (0,87 + 0,5) g = 1,37 g di FeS.
I restanti 1,74 g — 0,S7 g = 0,87 g di ferro sono in eccesso e non reagiscono.
ț w ChimiC@ LA MOLE E I CALCOLI STECHIOMETRICI
Supponiamo che l’analisi di una sostanza sconosciuta abbia rivelato una composizione percen-
tuale con i seguenti risultati: ossigeno 49,95*/o, zolfo 50,05%.
Per determinare la formula dobbiamo innanzitutto calcolare il rapporto tra gli atomi di ossi-
geno e di zolfo presenti nella molecola, utilizzando il seguente procedimento.
1) Dalle percentuali ricaviamo che 100 g di composto contengono 49,95 g di ossigeno e 50,05 g
di zolfo.
2) Dividiamo la massa in grammi di ciascun elemento per la sua massa molare. Determiniamo
così il numero di moli n di ogni elemento presente nella molecola:
49,95 g 50,05 g
per l’ossigeno: —— 3,12 mol; per lo zolfo: = 1,56 mol.
16 g/mol 32,07 g/mol
3) Dividiamo tutti i valori trovati (in questo caso 3,12 e 1,5d) per il numero più piccolo (1,56),
ottenendo cosi gli indici di ogni singolo elemento presente.
In questo caso la formula minima coincide con la formula molecolare, perché S e un com-
posto realmente esistente.
Adesempo/lglucoso
A volte, però, la formula minima non corrisponde a un composto esistente e quindi non coinci-
hoformulominimo de con la formula molecolare. In questo caso, per risalire alla formula molecolare del composto,
CH 2O (Io mOleCOla dobbiamo conoscere la massa molecolare.
ûOO eSiStC) C OIFMUO
molecoloreC,H Œ¿
(molecolo reole). Proviamo anche in questo caso a fare un esempio, utilizzando una tabella come quella precedente.
Da11’ana1isi del composto in esame ricaviamo la sua composizione percentuale (C = 85,6%;
H = 14,4%) e la sua massa molecolare (56,104 u).
2) dividere la massa molecolare del composto per la massa molecolare della formula minima:
56,104 : 14,026 = 4
3) moltiplicare il numero ottenuto per gli indici della formula minima; si ottiene così la formula
molecolare del composto, che in questo caso sarà <4Hg.
for ••la molecolare
ESEMPIO SVOLTO
Un idrocarburo formato da idrogeno e carbonio, per ossidazione in presenza di eccesso
di ossigeno, produce 44 g di CO e 18 g di acqua. Qualè la formula minima del composto?
S0fUllONfi
Come prima cosa troviamo le moli di anidride carbonica e di acqua:
44
• moli di anidride carbonica = =l
44
• moli di acqua = =1
1
Dato che questa è una reazione di combustione in eccesso di ossigeno, gli atomi di carbonio
de1l’idrocarburo si trasformano tutti in anidride carbonica, mentre gli atomi di idrogeno
sono il doppio delle moli di acqua.
Da ciò ne deriva che la formula minima è CH AN
Per esempio, facendo reagire 56 g di ossido di calcio con l’anidride carbonica si ottengono al
massimo 100 g di ossido di calcio; infatti, l’equazione di reazione:
CaO + C CaCO,
indica che da una mole di CaO (56 g) si ottiene una mole di CaCO (100 g).
La resa effettiva è la resa reale della reazione, cioè la quantità di prodotto che si ottiene
alla fine della reazione.
La resa relativa è il rapporto tra resa effettiva e resa teorica; essa viene di solito espressa in forma
percentuale.
La resa percentuale è il rapporto tra resa effettiva e resa teorica moltiplicato per 100:
resa effettiva
Resa % = resa teorica X 100
La resa teorica può sempre essere calcolata a partire dalla stechiometria di reazione. La resa
effettiva, invece, non può essere calcolata perché è un dato sperimentale; deve quindi essere
fornita da1 problema per poter calcolare la resa percentuale.
ESEMPIO SVOLTO
Data la reazione:
CuO + H 2 Cu + H 2
0,2 moli di ossido di rame vengono ridotte a 5,6 g di rame.
Qual èla resa percentuale di reazione?
S0tßll09fi
Il problema fornisce già la resa reale di Cu (5,d› g). Dobbiamo calcolare la resa teorica e poi
dividere la resa reale per quella teorica in modo da trovare la resa relativa.
La stechiometria di reazione indica che 1 mol CuO produce 1 mol Cu, quindi 0,2 mol CuO
producono 0,2 mol Cu, ossia:
64 g Cu
0,2 tin-IT . = 12,8 g Cu
resa effettiva Cu
Resa */« Cu = X 100 = x 100 = 43,8*Ż›.
resa teorica Cu
Se una reazione chimica viene effettuata in un sistema chiuso, che non scambia materia con
l’ambiente, la massa rimarrà costante nel corso della reazione. Se però la reazione avviene in un
sistema aperto, attraverso il quale l’aria può entrare e uscire, la massa può variare. I cambiamen-
ti di massa si verificano soltanto quando un gas viene rilasciato nell’atmosfera oppure quando
un gas proveniente dall’atmosfera entra ne1 sistema e prende parte alla reazione.
Per esempio, quando il magnesio brucia all’aria la sua massa aumenta, perché si combina con
l’ossigeno formando ossido di magnesio, che è un solido più pesante del magnesio di partenza:
Quando invece il carbonio brucia all’aria la massa diminuisce, perché il carbonio si combina
con l’ossigeno formando diossido di carbonio, che è un composto gassoso e quindi viene rila-
sciato nell’atmosfera:
Attenzione: dal punto di vista chimico la combustione del magnesio e quella del carbonio sono
uguali, perché entrambe comportano la formazione di un ossido a partire da un elemento + os-
sigeno. In termini di massa, però, le due reazioni sono diverse: l’ossido di magnesio è un solido
che resta nel recipiente di reazione facendo aumentare la massa del sistema, mentre l’anidride
carbonica è un gas che viene rilasciato nell’atmosfera e abbandona il sistema, facendone dimi-
nuire la massa.
Vediamo ora altri due esempi di reazioni che avvengono con perdita di sostanza.
Uno è dato dal carbonato di calcio, che per riscaldamento perde anidride carbonica gassosa
trasformandosi in ossido di calcio:
” /0/ abbandona il reói§ien/e di redzJone sodio forma
CaCO (,) —r CaO(,) + COLL)
Un altro esempio ancora è costituito dalla reazione di ossido di rame e idrogeno per formare hJelle i”eazioiJi condotte
OÒ O ItO te M pel“OtUI”O ,
rame metallico e acqua:
l'acqua viene prodolla
SOttO fOFMo cÌ Ì Q S, FìOn
ù 0 abbandona il reóiyiente di reazione soldo
CuO(,) + Hu› Cu(,) + H )
Nel problema precedente, abbiamo visto che da 16,0 g CuO si ottengono 5,6 g Cu. La variazione
di sostanza è quindi:
La concentrazione dei
prodotti aumenta nel
tempo.
ò[R]
La concentrazione dei
reagenti diminuisce nel
tempo.
tempo
La velocità di reazione calcolata con questa equazione è una velocità media, perché considera
tutto l’arco di tempo necessario a completare la reazione. Essa non ci dà quindi informazioni
sulla velocità istante per istante.
J Lo Iegge di velocitÒ
La velOCÌtÒ i5tontanea di una reazione, cioè la velocità di reazione in un determinato istante di
tempo, viene espressa dall’eqlìozione cinetica o legge di velocità.
La legge di velocità è una relazione matematica che lega la velocità v di una reazione alla
concentrazione molare dei reagenti in un determinato istante di tempo.
Per la generica reazione:
aA + ùB prodotti
possiamo scrivere la seguente espressione:
gli CS/OnCn i n C m SOnO S/CSSO
|l Ìd(tore è, che dipende dallo «meri interi che devono essere
femyeraf•ra a ó•i la reafione e/CFming/i S CFimen )mCn/C
yroóede, e dello óos{ante di
ueloòi@.
L’ordine di reazione è la somma degli esponenti (ri + m) della legge di velocità. I valori degli L’ un ica eccezione
esponenti ri e m possono essere determinati soltanto per via sperimentale. a questa i egola è
costituita daIle reazioni
che avvengono in un
Le reazioni possono quindi essere di tre ordini: unico stadio. In una
i eazione nJ onostaÓ io g li
• di ordine zero: v = k[A] = k (la velocità è indipendente dalla concentrazione dei reagenti); esp Onein ti m ecÌ sono
Ug UOI i O i CO e i Ci e I fi
• di primo ordine: v = k[A] (la velocità è direttamente proporzionale alla concentrazione di 5teCh ÌOfTletFÌCÌ deIIO
uno dei reagenti); reazione b ilO nc iato, per
c ui diventa possibile
• di secondo ordine: v = k[A][B] oppure v= k[A] 2 (la velocità è direttamente proporzionale o al pro- pi“evedei“e I a legge
dotto delle concentrazioni di due reagenti o al quadrato della concentrazione di un solo reagente). cinetica pei“ via teorica.
In una reazione di primo ordine è costante il tempo di semitrasformazione, /2. cioè il tempo
necessario affinché la quantità iniziale di una sostanza si riduca a metà. Un tipico esempio di
reazione di primo ordine è il processo di decadimento degli isotopi radioattivi. Reaz ion i di oi di ne
Il tempo di semitrasfor—
concentrazione "'I
16 24 32
tempo (giorni) Il tempo di
A ogni intervallo di tempo pari a f e semitrasformazione
la quantità del reagente si dimezza. va i”ia da un isotopo
ESEMPIO SVOiTO
L’equazione 2A + B —• C + 2D rappresenta una reazione che avviene in un unico stadio. Quale tra le seguenti
scritture ne rappresenta la legge della velocità?
La velocità di reazione è direttamente proporzionale alle concentrazioni dei reagenti, non dei prodotti,
secondo l’equazione cinetica: v = k " [B] ”'. Nelle reazioni che avvengono in un unico stactio (ina non
nelle reazioni multistadio), gli esponenti ri ed m sono uguali ai coefficienti stechiometrici della reazione
bilanciata.
Data la reazione 2A + B —• C + 2D, v = k A] .
ChimiC@ LA CINETICA CHIMICA
ESEMPIO SVOLTO
In una reazione di decomposizione di N2O5(g) la concentrazione iniziale del gas è pari a 0,1200 M. Dopo mezz’o-
ra la concentrazione del gas è scesa a 0,0600 M. Sapendo che la reazione è di primo ordine rispetto a N , quale
sarà la concentrazione del reagente dopo due ore?
A temperatura a mbiente,
procedono a velocitÒ
apprezzabile le i”eazioni
con E infei iore
onOSSi O
o80M/oL
Appartengono a quesfo
gruppo le reazioni di
CO(g) + N z$) C O zg) + NO(g).
precipitazione e di
in e u ti”O I i zz O z i O in e; esse
avvengono ti‘o ioni in Secondo la teoria degli urti, le molecole possono reagire soltanto se si urtano secondo un’o-
solu zione e quindi non rientazione ben precisa e se possiedono un’energia cinetica sufficientemente elevata. L’energia
ò necessario rompere
legami di apprezzabile di attivazione £, è l’energia cinetica minima che le molecole devono possedere durante l’urto
forzo per ottivorle. affinché la reazione avvenga.
Durante l’urto, tale energia cinetica viene usata per rompere alcuni legami e iniziare la reazione,
trasformandosi in energia potenziale.
Durante una reazione, i reagenti non si trasformano istantaneamente nei prodotti, ma passano
attraverso uno stato di transizione in cui i reagenti sono parzialmente legati tra loro e in cui i
vecchi legami si stanno rompendo, mentre i nuovi si stanno formando. Lo stato di transizione,
detto anche complesso attivato, esiste solo per un istante di tempo perché è estremamente in-
stabile, in quanto contiene solo legami parziali. Lo stato di transizione ha un’energia potenziale
più alta sia dei reagenti sia dei prodotti.
La differenza tra l’energia potenziale dello stato di transizione e l’energia potenziale dei
reagenti è detta energia di attivazione.
L’energia di attivazione è dunque una barriera che i reagenti devono superare per trasformarsi
in prodotti.
Energia di attivazione della reazione:
CO(g) + N z ) z9› + NO(g).
Energia di attivazione inversa:
C 2(g) -r NO(g) —+ CO(g) -b N z$)-
11 ta£aliz-z-a(ore abbassa
l’«»ergi» d: a(tivozione e
a•••enfi la velo6iU di redzione
sennd scopre l’e•{•ilibrio
della reazione
energia
2 HIV
w“
prodotti; avviene
cioè la reazione
diretta:
H z ) + Iz ) 2 HIV)
In generale:
1) Un sistema è in equilibrio quando non variano più le sue proprietà macroscopiche osservabili.
2) L’equilibrio chimico è dinamico, perché è il risultato di due processi opposti che avvengono
alla stessa velocità.
Quando una trasformazione raggiunge l’equilibrio, le condizioni di reversibilità e dinamicità
sono indicate da una doppia freccia; le due frecce hanno la stessa lunghezza per sottolineare che
all’equilibrio la reazione diretta e la reazione inversa procedono con uguale velocità.
Lo stato di equilibrio si raggiunge sia a partire dai soli reagenti sia a partire dai soli prodotti.
Q Lo costante di equilibrio
Sperimentalmente si osserva che all’equilibrio esiste un rapporto costante tra le concentrazioni L’ un itò di in isura
deIIO costante
molari dei prodotti e quelle dei reagenti, ciascuna elevata al proprio coefficiente stechiometrico.
di equilibrio
di una reazione
A tale valore viene dato il nome di costante di equilibrio, K„. dipende dai valori dei
A ciascuna reazione che ha raggiunto lo stato di equilibrio corrisponde una costante di equilibrio, cOefficienti d i i”eaziOne
(pei“ esempio mol/L) .
il cui valore dipende solo dalla temperatura. Questa affermazione costituisce la legge dell’equilibrio PuÒ essere calcola la
chimico, nota come legge dell’azione di massa. Per una generica reazione: 0 IX C Ìd e COIL 0 Ì tFe tOFFFÌ U Ì e
ed essere espressa
fieagen(i Prodo(t;i i n atmosfei”e o essei-e
A seconda della reazione, il valore della costante può essere grande, K,q >> 1, piccolo, K,q << 1,
o intermedio, K,q - 1. Il valore della costante di equilibrio ci fornisce un’indicazione diretta
z*
In realtò una reazione non
si ferma ma i: ragù iunge
di quanto la reazione sia spostata verso la formazione dei prodotti, una volta che l’equilibrio è solo uno stoto di equilibrio
stato raggiunto. con la i-eazione invei”sa.
Situazione all’equilibrio:
Posizione
Esempio reagenti (in blu) e prodotti dell’equilibrio
a
(iii rosso)
K,q molto grande: la Equilibrio molto
H 2 g) + 1( 2 ) . • 2HC1()
K —— 4 10”
concentrazione del
prodotto HCI
(al numeratore) è molto
e spostato a destra.
Reazione
pressoché
grande e quella dei reagenti completa.
H2 e Cl i (al denominatore)
è molto piccola.
1: la concentrazione
e e Reazione con una
e
dei prodotti SO3 e NO resa del 50% circa.
e*
„ 2 ) + No 2(g ‘
SO SO,(g) + NO(g) ( al numeratore) è molto
simile a quella dei
reagenti SO2 e NO
(al denominatore).
ee e
ee e
K„ molto piccola: Equilibrio molto
la concentrazione spostato a sinistra.
' 2( ' 2C’(g) del prodotto Cl è molto
(al numeratore) La reazione
praticamente non
e ee
piccola e quella del reagente avviene.
Cli (al denominatore)
è molto grande.
ou •,pw• ChimiC@ L’EQUILIBRIO
Nelle reazioni omogenee in fase gassosa possiamo esprimere la costante di equilibrio non sol-
tanto in funzione delle concentrazioni, ma anche in funzione delle pressioni parziali dei gas. Per
distinguere le due costanti l’una dall’altra, si utilizzano i simboli K e Kp, dove le lettere «c» e «p»
indicano il riferimento, rispettivamente, alla concentrazione molare e alla pressione parziale.
AtteiJ zione O coiJsidei-a i e Quando la costante è indicata con K„ nella legge dell’azione di massa non saranno presenti le
solo le sostanze in fase concentrazioni dei gas bensì le loro pressioni parziali, ciascuna elevata al proprio coefficiente
gassoso. degli equilibri
eterogenei, non bisog n a
stechiometrico. Per una reazione generica:
te in e i cO in tO d e i sOIi d i e
dei liquid i, clie lla il no oA() + òB() = cC() +dD()
cOiJcenti“OziOiJe cOstO nte.
si ha:
i° °
dove An = ri — ri indica la differenza tra la somma dei coefficienti stechiometrici dei prodotti, (n é’),
e la somma dei coefficienti stechiometrici dei reagenti, (ri,), ne11’equazione di reazione bilanciata.
In generale, si può affermare che nelle reazioni endotermiche il valore della costante
di equilibrio aumenta all’aumentare della temperatura; nelle reazioni esotermiche, invece,
il valore diminuisce all’aumentare della temperatura.
Q Lo termodinamica dell’equilibrio
dell’energia
liloera Ài
energia libera (G)
Cambiando la concentrazione dei prodotti e dei reagenti, illoro rapporto (cioè la costante di equi-
librio, K„) resta invariato, purché la temperatura rimanga costante prima e dopo l’aggiunta.
1) Aggiunta o sottrazione di un reagente o di un prodotto. Se un reagente o un prodotto viene
aggiunto o sottratto, una delle concentrazioni del sistema cambia. Di conseguenza, il rapporto
di reazione ([C]‘[D]‘)/([A] [B]’) non è più uguale it eg e il sistema non è più all’equilibrio.
Il sistema reagisce e la reazione procede a destra o a sinistra in modo da far cambiare le con-
centrazioni e rendere il rapporto di reazione ancora uguale £t eg Per esempio, aggiungendo
un reagente a un sistema a1l’equilibrio, l’equilibrio si sposta verso i prodotti, in modo da far
scomparire una parte del reagente aggiunto. Viceversa, se aggiungiamo un prodotto a1 sistema
a11’equilibrio, provochiamo una reazione opposta.
2) Variazioni di pressione. Le reazioni che coinvolgono soltanto solidi o liquidi sono pressoché in-
sensibili ai cambiamenti di pressione. Le reazioni in fase gassosa, invece, sono molto sensibili ai
cambiamenti di pressione, purché esse avvengano con variazione del numero di moli gassose.
[N z 4 ] 8M
æ [N z 4 ]'
[NO 2 ] = 6 M
9M
Un aumento della pressione spinge sempre la reazione nella direzione in cui è presente il
minor numero di molecole di gas. Se la somma dei coefficienti stechiometrici dei reagenti è
uguale alla somma dei coefficienti stechiometrici dei prodotti, pressione e volume non han- Afien zİOne: CPU IJÒO Vo I İo
ÌO teM|DeFOtU FO İ Ì VOÌOF+2 @İ
no alcun effetto su11’equilibrio.
3) Variazioni di temperaturD. Possiamo trattare il calore Q come un reagente. Una reazione en- Invece Ie ve i”İazİOn İ d İ
COIJCe In tI“aZîO In e, VOI U ITì e e
dotermica avviene con assorbimento di calore e può essere scritta come: reagenti + Q pro- pressione nOl3 lLOdiËCOno
dotti. Fornendo calore, il sistema reagisce in modo da consumare Q, cioè facendo reagire il VOlOfe di Kg
Q$, • ,m' Chimico ! L’EQUILIBRIO
Q con i reagenti: l’equilibrio si sposta quindi verso i prodotti. Invece, se il calore viene sottrat-
to al sistema, l’equilibrio di sposta verso i reagenti. Il contrario accade per le reazioni eso-
termiche (reagenti —r prodotti + Q): fornendo calore l’equilibrio si sposta verso i reagenti.
In generale, se si riscalda un sistema all’equilibrio, si favorisce la reazione endotermica; se invece
lo si raffredda si favorisce la reazione esotermica.
4) Aggiunta di un catalizzatore. Un catalizzatore non altera l’equilibrio chimico perché non compa-
re ne11’equazione di reazione. Un catalizzatore accelera allo stesso modo sia la reazione diretta sia
la reazione inversa, per cui non modifica la costante di equilibrio. L’unico effetto dei catalizzatori
sulle reazioni chimiche è di portarle all’equilibrio più velocemente, non di spostare l’equilibrio.
Data la reazione:
N 2 (g) ’l’ 3H z g) 2 NH3 (g)
all’equilibrio quale intervento permette di avere una quantità maggiore di ammoniaca?
si seyarano.
lecole di solvente,
quindi l’energia Quando le particelle di soluto occupano
2
potenziale del si- gli spazi vuoti tra le molecole di solven-
stema diminuisce. te, si libera energia grazie alla formazio-
Il processo di dis- ne di nuovi legami tra soluto e solvente.
soluzione è eso- L’energia che si libera dalla formazione
termico (AH < 0). di legami tra soluto e solvente è chiamata
1
energia di solvatazione.
lo uzione
Le forze attrattive che si instaurano fra soluto e solvente inducono le molecole di solvente a cir-
fondare quelle di soluto. Tale fenomeno è chiamato solvatazione. Quando il solvente è l’acqua,
la solvatazione prende il nome di idratazione. Poiché l’acqua è il solvente liquido più diffuso in
natura, approfondiremo in modo particolare il comportamento delle soluzioni acquose.
ou •• cv m ChimiC@ LE SOLUZIONI
La solubilità è la massima quantità di soluto che si può scogliere in una data quantità
di solvente a una determinata temperatura e pressione.
2 SO e NEO La solubilità, essendo una concentrazione, può essere espressa in vari modi e presentare diverse
i“eag iscoiJo con l’acqua unità di misura. Spesso la si esprime in grammi di soluto presenti in 100 mL di soluzione (% m/v).
ÌOrm O ndo i”ispeflivO me ia fe
HpCO , HpSO e H MO In generale, la solubilità dipende da due fattori.
Per questi ga s I a I eg ge 1) Natura del 5oluto del 5olvente: soluti diversi hanno solubilità diversa in uno stesso solvente.
di H en i y n on va I e.
Uno stesso soluto ha solubilità diverse in solventi diversi.
2) Temperatura: nella maggior parte dei casi, i soluti solidi sono più solubili in acqua calda che
in acqua fredda. Per questo motivo, se raffreddiamo una soluzione calda molto concentrata
possiamo osservare la comparsa di un corpo di fondo.
A differenza di quanto avviene per i soluti solidi e liquidi, la solubilità di un gas dipende molto
anche dalla pressione. La solubilità dei gas nei liquidi viene descritta dalla legge di Henry.
dove k è una costante di proporzionalità nota come co5tDH t0 di Henry, che dipende dalla tempe-
ratura, dalla natura del gas e dalla natura del solvente.
La legge di Henry vale soltanto per soluzioni diluite a condizione che il gas non reagisca chi-
micamente con il solvente. Gas di questo tipo sono 2. N2 e He che, quando si sciolgono in
acqua, rimangono inalterati e non reagiscono con essa.
fiSfiIhPI0 SVOtTO
Quale tra le seguenti affermazioni riferite alla solubilità NON è corretta?
Un aumento di temperatura favorisce in alcuni casi la solubilità dei solidi nei liquidi, ma non quella dei gas.
La solubilità di un gas in un liquido diminuisce sempre all’aumentare della temperatura, perché le molecole
di gas acquistano un’energia cinetica sufficiente per rompere i legami intermolecolari con le molecole di solvente
e abbandonare la massa di liquido.
Alcuni composti polari si sciolgono in acqua senza reagire: si rompono i legami intermole-
colari (dipolo-dipolo o idrogeno) tra le molecole di soluto e se ne formano altri tra solvente
e soluto. Per esempio, quando lo zucchero si scioglie in acqua, l’acqua rompe i legami inter-
molecolari tra le molecole di zucchero e le circonda formando legami idrogeno. In questo
modo le molecole di soluto si disperdono in acqua formando la soluzione. Le molecole di
zucchero rimangono intatte: semplicemente si separano tra loro.
H H H H
H
H '’ H
ou •• cv m ChimiC@ LE SOLUZIONI
Altri composti polari, come l’acido cloridrico (HCI), quando si sciolgono reagiscono con l’ac-
qua: l’acqua rompe il legame covalente polare e la molecola si dissocia in due ioni di segno
opposto (H“ e Cl ). Questo fenomeno è chiamato ionizzazione. I composti che in acqua si dis-
sociano in ioni sono chiamati elettroliti.
Un elettrolita è una sostanza che sciolta in acqua si dissocia in ioni e rende la soluzione
elettricamente conduttrice.
Ec{uilibri di solubilità
Nonostante i sali siano elettroliti forti, alcuni di essi sono poco solubili in acqua. La solubili-
tà di un sale può essere calcolata a partire da una grandezza chiamata prodotto di solubilità,
Per esempio, quando A SO4 viene posto in acqua, se ne scioglie una piccola quantità e si
stabilisce l’equilibrio:
I solidi puri hanno concentrazione costante. Quindi, [A S(,)] è costante e viene inglobata
nella K,„ per cui non compare nella legge dell’azione di massa.
A partire dal valore di K¿, possiamo ricavare la solubilità del sale costruendo una tabella
come quella che segue.
Ag S (,) 2 Ag2+ s2—
Concentrazioni all’equilibrio 2S S
Con 5 si indica la molarità dello ione. Sostituendo le quantità finali presenti all’equilibrio
ne1l’espressione dÌ Opz otteniamo:
Se il prodotto della concentrazione iniziale degli ioni in soluzione è maggiore dÌ dpi iì11ora il
composto precipita, se è minore il composto rimane in soluzione.
AB • " A+ + B
Q Lo concentrazione
La concentrazione di una soluzione è il rapporto tra la quantità di soluto e la quantità
di solvente o di soluzione in cui il soluto è disciolto.
- 100 = d- %› mfm
cioò pei” iind icai”iJe il La concentrazione in parti per milione, ppm, indica il numero di parti di soluto presenti
grado alcolico. Il grado in un milione di parti di soluzione.
alcolico d i un a bevanda
corrisponde a i m L
di OlcOl disc i olti Poiché le parti possono riferirsi sia a unità di massa sia a unità di volume, distinguiamo le parti
in 100 mL dl bexondo. per milione in massa
" soluzione ( @)
per riscaIdamento
molarità = M =
e si contrae per
I”O ttI”OÒ Ò 0 ATI+2 Id IO, C| U Ì Id Ò I IÌ
SUO VO I!JITì e V I”i e CO IL La relazione che lega la molarità M, il numero di moli ri e il volume Y di soluzione consente di
esso lo concenfi e zione. determinare una delle grandezze conoscendo le altre due:
r-i = M V e V=—
M
A differenza della molarità, che è espressa in funzione del volume di soluzione, la modalità (m),
o concentrazione molale, si riferisce alla massa di solvente utilizzato.
La molalità è il rapporto tra il numero ri di moli di soluto e la massa m del solvente La mololitò si espi ime
q imOI I d I sOlutO per Èg
espressa in kilogrammi. i s/velo (mÀ/kg),
e si ind ica normalmente
n„„„ (mol) con m (si legge
molalità = m = «isola le»).
, ,(km)
Se una soluzione è costituita da tanti componenti, può essere utile esprimere la concentrazione
di un componente specificando il suo numero di moli in rapporto al numero totale di moli
presenti.
La frazione molare Z di un componente della soluzione è il rapporto tra il numero La frazione molare ò
U IX IX UITÌ 0 FO COIT1 |D FUSO
di moli di quel componente e il numero totale di moli di tutti i componenti. tro 0 e l
’A _ ’A
XA'
n ToTAr n A+ n p f- n +... + n
massa massa
“eq
7(L) 7(L)
n, M
molarità normalità
M N (eq/L)
N
ou •• cv m ChimiC@ LE SOLUZIONI
Lo diluizione
Quando si aggiunge un solvente puro a una soluzione, si ottiene una soluzione diluÌtD. Quindi una
soluzione può essere preparata sia sciogliendo il soluto in un solvente sia diluendo una soluzione
più concentrata. Conoscendo il volume e la concentrazione di una soluzione iniziale, possiamo
calcolare il volume di solvente da aggiungere per ottenere una soluzione finale a una determinata
concentrazione. Infatti, con la diluizione, il numero di moli ri di soluto resta invariato:
Poiché il numero di moli è uguale al prodotto della molarità M per il volume U, possiamo scrivere:
Y, x M; = Yt x Mt cioè Yt= U, x
ESEMPIO SVOLTO
Quale delle seguenti azioni produce una soluzione acquosa di NaNO, (M —— 85 g/mol) con concentrazione
0,20 M?
SOLUZIONE
La soluzione risultante sarà formata non da acido e base ma dal sale (cloruro di sodio) che si è formato dalla reazione:
Acido e base sono nelle stesse quantità stechiometriche e reagiscono nel rapporto di 1:1, quindi si consumano total-
mente e producono 0,1 moli di NaCl. Dopo la reazione, la soluzione ha una concentrazione pari a:
ESEF/IPIO SVOLTO
Qual è la normalità di una soluzione risultante dal mescolamento di:
• 200 mL di una soluzione contenente 0,2 mol Ca(OH )2 (soluzione A)
• 300 mL di una soluzione contenente 0,3 mol NaOH (soluzione B)?
SOLUIIOIJE
I due idrossidi non possono reagire, quindi gli ioni OH* si sommano semplicemente:
Q Le proprietà colligotive
Una proprietà colligativa è una proprietà che dipende soltanto dal numero di particelle
di soluto presenti in soluzione e non dalla loro natura.
Le proprietà colligative sono: l’abbassamento della tensione di vapore, l’innalzamento del pun-
to di ebollizione, l’abbassamento della temperatura di solidificazione e la pressione osmotica.
In soluzione diluita, tutte le proprietà colligative b y dipendono dalla frazione molare di solu-
to X„t„, secondo un’equazione del tipo:
by —— costante X „,„t
LeziOne Ù].
Legge di Raoult: la tensione di vapore di una soluzione il cui soluto non è volatile
è direttamente proporzionale alla frazione molare del solvente.
Q L6nnolzomento ebullioscopico
e l’obbossomento crioscopico
Quando un soluto non volatile viene sciolto in un solvente, la temperatura di ebollizione del
liquido aumenta, mentre la sua temperatura di congelamento diminuisce. In altre parole, una
soluzione ha un punto di ebollizione maggiore e un punto di congelamento minore rispetto al
solvente puro. L’innalzamento ebullioscopico è l’aumento della temperatura di ebollizione di
un liquido che si verifica per aggiunta di un soluto non volatile. L’abbassamento crioscopico è
la diminuzione del punto di congelamento (o solidificazione) di un liquido che si verifica per
aggiunta di un soluto non volatile. A parità di concentrazione, nel caso di una soluzione acquosa,
l’abbassamento crioscopico è circa quattro volte più grande de1l’innalzamento ebullioscopico.
di valore cala Sappiamo che un liquido bolle quando la sua tensione di vapore
o 1 atm uguaglia la pressione esterna e che la tensione di vapore di un liquido
aumenta all’aumentare della temperatura. La tensione di vapore di
una soluzione (con soluto non volatile) è minore di quella del solven-
te puro, quindi, affinché la soluzione bolla, è necessario raggiungere
0 temperature superiori a quella di ebollizione del solvente puro.
temperatura
Sia l’innalzamento ebullioscopico sia l’abbassamento crioscopico sono tanto più grandi quanto
maggiore è la concentrazione del soluto:
di eloolliTone
il segno - ci la óayire
¢ke si la un
abbassa ent crioscopico Z ucc IJeri , urea, glicerolO
e g licol i non sono
Le equazioni prima riportate sono valide soltanto se il soluto non si dissocia in ioni, cioè è un elettrOliti .
non elettrolita.
Con le soluzioni di elettroliti (acidi, basi, sali), invece, bisogna tener conto del numero di ioni
che derivano dalla dissociazione. Nel caso di elettroliti forti, cioè di composti che in soluzione
acquosa sono completamente dissociati in ioni, le formule relative all’innalzamento ebulliosco-
pio e all’abbassamento crioscopico devono essere corrette con l’introduzione del coefficiente i (/ = 2)
(coefficiente di Van’t Hof9 nel modo seguente: CaCI, - Ca** + 2CI—
Q Lo pressione osmotica
L’osmosi è il flusso di solvente attraverso una membrana semipermeabile da una
Trotteremo losmosi onche soluzione mento concentrata a una più concentrata.
nello Lezone9 di Bologio.
H 2O
e I I’OS III OS I I I II U SSO SI
+
i O/Oni£g NaCl
M UOVe pe F Ò i ffU Si O II e Ò I I iter nicd
soluzione ipotonica a lla
soluzione ipertonica.
HNO flusso HNO“ flusso
Quanto maggiore è il numero delle particelle disciolte, tanto più alta è la pressione osmotica.
Nelle soluzioni ideali, cioè in soluzioni molto diluite, la pressione osmotica è proporzionale al
numero di molecole di soluto nell’unità di volume, cioè alla concentrazione, e alla temperatura
assoluta. La relazione che lega tali grandezze è analoga a11’equazione di stato dei gas ideali, con
la differenza che contiene la pressione osmotica ri al posto della pressione P:
Tale relazione è nota come equazione di van’t Hoff. Le soluzioni ideali, quindi, assomigliano
molto ai gas ideali.
Se la sostanza presente in soluzione è un elettrolita, libera ioni ed è quindi necessario introdurre
il coefficiente i definito nel paragrafo precedente; l’equazione, pertanto, diventa:
Per ese Dio, nel caso
d: NaCl i tale z
Q L’osmoloritÒ
Il prodotto i-M viene chiamato osmolarità. L’osmolarità è il numero di osmoli di soluto
presenti in un litro di soluzione. Le osmoli sono le moli di particelle che derivano dalla
dissociazione di una mole di composto e che contribuiscono a determinare la pressione
osmotica della soluzione.
Per esempio, una soluzione di NaC1 0,3 M (i = 2) è 0,3 x 2 = 0,6 osm. Una soluzione di
glucosio 0,3 M (che non si dissocia) è invece 0,3 osm.
fiSfiIYiPI0 SVOtTO
Quale dei seguenti composti ha la pressione osmotica maggiore a parità di temperatura?
fi8fiMPI0 SY0£T0
La pressione osmotica di una soluzione di KCI a 27 °C è pari 10 atin. Qual è la molarità della soluzione?
(R = 0,082 (atm • L)/(K • mo1) )
NaOH ,) Na+(„) + OH „)
Per la sua semplicità, la teoria di Arrhenius è ancora oggi utilizzata, ma la sua definizione di
acidi e basi è piuttosto restrittiva. Essa, infatti, è applicabile soltanto alle sostanze solubili in
acqua e non spiega il comportamento basico di sostanze che non contengono gruppi OH (come
l’ammoniaca, NH,).
Nelle soluzioni acquose degli acidi, in realtà, non esistono ioni H’ liberi. Questi, infatti,
si combinano istantaneamente con una molecola di acqua con cui, attraverso un legame
dativo, formano lo ione H3O“ (chiamato ione idronio).
In i”ealfÒ, la ionizzazione
d i HCI in acqua deve
|one idronio, Y 0’
essere scritta nella
Una teoria più generale fu elaborata nel 1922 dal chimico danese Johannes N. Bransted e
dall’inglese Thomas M. Lowry. Essi, indipendentemente l’uno dall’altro, proposero la seguente
definizione di acido e di base.
Secondo Bransted e Lowry, una sostanza può comportarsi da acido soltanto in presenza di
un’altra sostanza capace di accettare il protone; viceversa, una base accetta un protone soltan-
to se c’è un acido che lo cede. Il punto fermo della teoria è che ci deve essere sempre una rea-
zione di trasferimento del protone affinché possano manifestarsi le proprietà acide e basiche
di una sostanza.
2-
H 2O(t) 4(,g)
base ione idronio base coniugata
acido coniugato di SO,
di HNO »• Nella i eazioiJe, HSOq—
'' 2— OI I ’ OCC| UO e C] U i II Ò i Si
OH ,q) + NH4 q)
O!*pO! base acido base coniugata acido coniugato
di HNO di NH,
N Hg accetta un pi otone
dona un protone a NH e
dunque si comporta
Una reazione acido-bà5e consiste quindi in un trasferimento protonico. La conseguenza più
importante di tale trasferimento è che un acido e una base reagiscono tra loro per formare un
altro acido e un’altra base. Ogni acido, donando il proprio protone, si trasforma in una base,
chiamata base coniugata; analogamente ogni base, accettando il protone, si converte nel corri-
Tanto più fai-te è
spondente acido coniugato. UIC OCiÒo, tO ntO pÌ ù
debole ò la sua base
Alcune molecole e ioni possono comportarsi sia da acido sia da base a seconda della sostanza CO IL ÌUg to . L Òose
con cui reagiscono. Per esempio, quando l’acido cloridrico viene sciolto in acqua, l’acqua accet- coniugata di un acido
ta un protone da HCI e si comporta da base: debole è debole.
Invece, quando l’acqua reagisce con l’ammoniaca, si comporta da acido perché dona un proto-
ne a NH .
Le sostanze che possono comportarsi sia da acido sia da base sono dette anfotere (dal greco
amfotero5, «l’uno e l’altro»). L’acqua, oltre a essere anfotera, è anfiprotica perché può sia donare
sia accettare un protone. I due termini, però, non sono esattamente sinonimi, come puoi osser-
vare dalla tabella.
Un’ulteriore estensione dei concetti di acido e base fu realizzata dal chimico statunitense Gil-
bert N. Lewis (1876-1946). Sono acidi e basi di Lewis le specie chimiche in grado di formare
Anfotero: ò sia un ac ido sia un legame covalente coordinato nel quale entrambi gli elettroni provengono da un solo atomo.
una base (Bi sn sted o Lewis]
Anfiprotico: può sia doiJai e
sia accetta i“e un pi”otOiJe Un acido è una sostanza che può accettare una coppia libera di elettroni.
Una base è una sostanza che può donare una coppia libera di elettroni.
Un classico esempio di reazione acido-base di Lewis è la reazione fra ammoniaca e tricloruro di boro:
Come abbiamo visto, gli acidi e le basi possono essere sia molecole neutre sia ioni.
endoterm ica, un
e dimiiJuii e il pH.
L’acqua pura (a qualsiasi temperatura) è neutra, perché la concentrazione degli ioni H“ è uguale
alla concentrazione degli ioni OH*. Questo ci fornisce un criterio per distinguere tra soluzioni
acide e basiche.
Il fatto che il prodotto delle concentrazioni degli ioni H+ e OH* sia costante ci dice che le
due concentrazioni sono inversamente proporzionali. All’aumentare dell’una deve quindi
diminuire l’altra, in modo tale che il loro prodotto resti costante. Le [H“] e [OH ] sono,
quindi, in «perenne altalena». Attraverso il controllo di uno solo dei due ioni, in genere lo
ione idrogeno H“, possiamo stabilire se una soluzione è acida oppure basica. In particolare:
quando [H+] > 10*’ M la soluzione è acida; quando [H+] < 10*’ M la soluzione è basica.
[OH j 10 " 10 " 10 '2 10 ' ' 10 '" 10 10 ' 10 10 10 " 10 10 " 10 2 10 ' 1
molL
pOH 12 10 9 S 7
La scala cromatica
òolorafioni assunte
diii’.d:.i&.. pH
[HSO“]
0
i
1
10 '
2
i0 2
3
i0 "
4
i0
S
i0
6
10 10
7
10 ' 10
10
i0 '" 10 '
12
moI/L
acidità crescente neutralità basicità crescente -
m« • cv ChimiC@ GLI ACIDI E LE BASI
B + Hz ' ”‘ BH+ + OH
-[BH*] [OH*]
[B]
U na ba se ò tanto più
Kb > l: base forte (in acqua è completamente protonata)
forte qu O nto ma gg ioi”e
ò IO S!JO K¿, CÌOÒ IO sUO
a 1: base debole (in acqua è debolmente protonata)
COSTANTI DI IONIZZAZIONE /ft DI ALCUNE BASI DEBOLI COMPORTAMENTO DI ALCUNE BASI FORTI IN SOLUZIONE ACQUOSA
Nome Formula Kb it 298 K Nome Formula Ioni in soluzione acquosa
dimetilammina (CH ) NH 5,-4 10*4 idrossido di magnesio Mg(OH )2‹s) 2OH (ag) + 82’(uq)
Q Il colcolo del pH
Gli acidi forti in soluzione acquosa sono completamente dissociati in ioni. Per calcolare il pH di lNCìUADRA E GUARDA!
tali soluzioni basta conoscere la concentrazione dell’acido. Colcolore il pH di uno
soluzione
In generale, il pH di una soluzione di un acido forte HA sufficientemente concentrato ([HA]
10*‘ M) corrisponde a:
fsse••9io: per ù zZ0 q
pH = —log [H*] = —log (M HA numero di H*) devo ol(iyliaare
la olariU per 2..
degli ioni 0ù" y0ù --
Analogamente, le basi forti in soluzione acquosa sono completamente dissociate in ioni. Dalla -lo§£0h‘J — - log(/g
[OH ] si calcola prima il pOH e poi il pH, ricordando che pH + pOH = 14.
m« • cv ChimiC@ GLI ACIDI E LE BASI
Gli acidi deboli, invece, non sono completamente dissociati in soluzione acquosa. Di conse-
guenza,1a concentrazione molare di acido non è uguale al valore di [H+]. Un acido debole HA si
ionizza in acqua secondo il seguente equilibrio:
Attenzione alla
concentrazione HA(t) + H 2O/ {) • HSO“ )+A (
dell’acido o della
POSA, pI2I C!d Ó SI Ò
Conoscendo il valore di pa e la concentrazione dell’acido in soluzione, possiamo risalire alla
considera re anche pli concentrazione di ioni H*:
H“ e g li OH— provenienti
NO Ì ÌO Ò Ì SSOC Ì 0 ZÌ OICR HSO“] $A*]
Òe Ì Ì ‘OCC| UO . ÀÌ II Ì ITI 0 Id tÌ SI K, ——'
il pH d i un a so luzione d i
[HA]
HCI I 0-^ M ò 8!
In genero le per All’equilibrio, la concentrazione degli ioni positivi è uguale a quella degli ioni negativi, cioè
[H’]< 10—’ il volore del [HSO*] = [A ], o più semplicemente [H+] = [A ]. Quindi:
pH si VViCi Is Z.
[HA]
Poiché si tratta di un acido debole, possiamo ritenere che solo una piccola percentuale di mole-
cole siano ionizzate, e che la maggior parte dell’acido sia presente in forma non ionizzata. All’e-
quilibrio, [HA] sarà quasi uguale alla concentrazione iniziale dell’acido, [acido], da cui:
Dui ante il test non poti ai
U SO I-0 IO CO lCOlOtI”iCe.
Pei calcolai e il pH [H“]
SC FÌVÌ Ì Ì VO Ì OFF @ +2 Ì Ì 0
concentrazione in [acido]
notazione esponenziale,
pi“endi l’esponente e
ca mbia il sepiJo, pei“ [acido]
esempo — log 0,001
= log 10 ' = —(—3)
pH = 3. e quindi
CH l Ì CO Ì C0 0Ì Ò IU
pH = — log H’ = — log drado]
complesso, i”icoi”dati
di usare le sfi”afegie di
calcolo, per esempio:
In modo analogo, per calcolare il pH di una soluzione di una base debole, possiamo determina-
=3, 10—’ re prima il pOH:
Devi qui ndi scegliere
I a risposta che pOH = — log O H* = —l g [base]
piÙ si avvio i na a I
valore cOIcoIOto
O ppi“ossimOtivO iTìente. e poi risalire al pH. L’esempio seguente mostra entrambi i procedimenti.
ESEMPIO SVOLTO
Quante moli di HCI sono presenti in 100 L di soluzione acquosa di tale sostanza a pH 5?
il colore é; se si a i n e na base, gli ioni k’ vengono ‹ons mali dalla base e l’equilibrio
Ùi reazione si sposò a destra, per cui la soluzione assume il colore .
Quando le due specie colorate hanno la medesima concentrazione, si ha il passaggio da un colo- U n ind icatore molto
re all’altro, che è chiamato punto di viraggio dell’indicatore. usato ò il tornosole:
Ì 0 CO Ftl ISO 0 Ì tOI”I3OSOÌe
I chimici hanno preparato una miscela di più indicatori capace di assumere un colore diverso
diven la rossa i il
per ogni valore di pH della soluzione. Tale miscela è chiamata indicatore univer5ale e viene uti- ambiente acido e blu
lizzata sia in forma liquida sia assorbita su strisce di carta. in a mbiente basico.
ESEMPIO SVOLTO
In una soluzione acquosa la concentrazione molare degli ioni OH* è 5,8 10*9 . Qual è il valore del pH della solu-
zione?
4,2
SOìUZON
Strotegio 1 pOH = —Log (5,8 x 10* ) = S,2; pH = 14 — 8,2 = 5,8.
Strotegio 2 Vai per esclusione: sapendo che gli ioni OH* sono moltiplicati per un fattore 10*’, il pOH è tra 8 e 9 poiché:
pOH = —Log (5,8 x 10*’) = —Log 5,8 — Log 10*’ = —Log 5,8 + 9.
Di conseguenza il pH è tra 5 e 6.
ESEMPIO SVOLTO
Quali volumi di soluzioni acquose di HI 0,012 M e HC1O 4 0,004 M devono essere mescolati per ottenere un litro
di soluzione con pH = 2?
0,4 I. di soluzione B) 0,2 L di soluzione 0,5 I.di stiluzi‹ine 0,75 L di soluzio- @o,«s i di *.›cuii»-
di HI e 0,6 L di solu- di HI e 0,8 L di so- di HI e 0,5 L di so- ne di HI e 0,25 L ne di HI e 0,35 L
zione di HC1O4 luzione di HClO4 luzione di HC1O4 di soluzione di di soluzione di
HC1O4 HC1O4
Dato che entrambi sono acidi forti e totalmente dissociati in soluzione acquosa, la soluzione finale è 0,01 M
(se il pH = 2, la concentrazione molare è 10 ’, cioè 0,01 M):
(nHI+ nHCIO ) 0,012 + 0,004
M —— 0 i »
1 1
'Ù Lo neutralizzazione
Gli acidi e le basi hanno la proprietà di reagire tra loro neutralizzandosi a vicenda. Per esempio,
se si mescola una soluzione di HCl con una di NaOH nelle giuste proporzioni, si ottiene una
soluzione che contiene soltanto sale da cucina (NaCl):
La reazione di un acido con una base si chiama neutralizzazione, perché gli ioni H“ provenienti
da1l’acido e gli ioni OH provenienti dalla base si eliminano (o si neutralizzano) reciprocamente:
H+(a ) + OH*(O ) Hz ( )
La reazione di neutralizzazione viene sfruttata nella tecnica della titolazione, che serve a determi-
nare la quantità precisa di acido o di base contenuta in una soluzione a concentrazione incognita.
La titolazione si chiama cosi perché la concentrazione di una soluzione è detta anche fifofo.
dd4a dissoCidzJone
in §u6n/i@ u§u6le,
Ìg so|uzùone la
gIì — 1.
fiSfiIiàPl0 SV0£I0
Quale delle seguenti soluzioni consente di neutralizzare 500 mL di una soluzione di Ca(OH )2 1 M?
Perché la soluzione sia neutralizzata, le moli di acido devono essere uguali a quelle di base:
Dato che una mole di idrossido di calcio rilascia 2 moli di OH*, una soluzione di Ca(OH ) 1 M equivale
a una soluzione di ioni OH* 2 M.
OH— = M V — 2 mol OH /L X 0,5 L = 1 mol OH .
Serve quindi l mole di H“.
250 mL di una soluzione di HCI 4 M contengono 250 mL x 4 mol HCI/1000 mL = 1 mol HCI.
Poiché HCl è un acido monoprotico, 1 mol HC1 libera 1 mo1 H*.
Q L’idrolisi salina
Molti sali reagiscono con l’acqua e provocano variazioni di pH. Questa reazione è chiamata
idrolisi dei sali.
• Gli anioni provenienti da acidi forti (per esempio Cl*) non si idrolizzano.
• Gli anioni provenienti da acidi deboli reagiscono con l’acqua accettando un protone
e formando OH (idrolisi basica). Esempio:
HS + H 2 HzS + OH*
ESEIgFIO SVOLTO
Qual è il pH di una soluzione ottenuta mescolando 100 mL di una soluzione 0,1 M di acido solforico (H2S 4) e
100 mL di una soluzione 0,1 M di idrossido di sodio (NaOH)? Tratta H2S O4 come un acido che cede interamente
entrambi i protoni.
t,3 ', 10
Troviamo le moli equivalenti che derivano dalla dissociazione dell’acido e della base. Sia l’acido sia la base sono
forti e totalmente dissociati in acqua.
100 mL di una soluzione di H2S 4 0,1 M contengono 0,1 mo1 H SO4/L x 0,1 L = 0,01 mo1 HzSO4.
H2SO4 e un acido biprotico, quindi 0,01 mol H2S 4 liberano 0,02 moli equivalenti.
100 mL di una soluzione di NaOH 0,1 M contengono 0,1 mol NaOH/L x 0,1 L = 0,01 mol NaOH.
NaOH contiene un solo gruppo OH, quindi 0,01 mol NaOH liberano 0,01 moli equivalenti.
Dato che le moli equivalenti dell’acido sono in eccesso rispetto a quelle della base, possiamo scrivere:
[H*] = n eqa eqb' >a + > @ = 0,02 — 0,01/0,2 = 0,05. gg le soli d: base fossero in e6tesso,
Da cui si ricava: pH = —log [H*] = —log 0,05 = 1,3. il tro‹ediment. sarebbe lo «»sso ma
@ Le soluzioni tampone
Per yiC¢ole
Il becher contiene una (be¢her yi¢óolo)
l’equilibrio si sposta
CH COOH( y) H“ ( ) + CH COO—(,›
addizione di OH —• H2O
l’equilibrio si sposta
Il pH di una soluzione tampone dipende dalla natura dei costituenti del tampone e dalla loro
concentrazione. Il pH di una soluzione tampone del tipo HA/A* è:
pH = p a +
[HA] .-- J ¿, volerti dell’acido
dove è la costante di acidità dell’acido HA.
iA coaispondeollo
Quando un tampone contiene acido e base coniugata in concentrazioni uguali, cioè quando co cenkozonedel
[HA] = [A*], si verificano due cose: solesolto tose l moI
isolelibero l moI
1) Il rapporto [A*]/[HA] = 1; poiché logl = 0, l’equazione diventa pH = pK,. Ciò significa che il Ó I O II O B O, CO QJ R D 6g
caso ÓO I OcOtOto d Í
pH di una soluzione tampone contenente acido e base coniugata in concentrazioni uguali è sem- soda, CH COONa
plicemente uguale al P a dell’acido; di conseguenza, può essere trovato facilmente consultando se il sae fosse
una tabella dei valori di pK,. lacetato d i mag nesio,
(CH COO)Mg, alloa
2) Il tampone presenta il massimo potere tamponante, cioè la massima capacità di resistere a t O CO D CGd tOZi O N Q
@ É O II O D C SO I’R@ /R
variazioni di pH. Infatti, quando [HA] = [A ], il tampone riesce a opporsi efficacemente alle varia-
zioni di pH in entrambi i versi, sia a quelle provocate dall’aggiunta di un acido sia a quelle provo-
cate dal1’aggiunta di una base.
Affinché una soluzione tampone possa agire efficacemente, il rapporto [A*]/[HA] deve essere
compreso nell'intervallo 0,1-10.
Il più importante sistema tampone presente nel sangue è la coppia acido-base coniugata H2CO / II pH d i un a soluzione
HCO/; questo tampone contribuisce anche a mantenere pressoché costante il pH (8,4) degli ta in pone del tipo B/BH' ò:
oceani. Altri sistemi tampone nel sangue sono costituiti dalle proteine (come l’emoglobina) o log [catione]
pOH = pK
dai sali potassici dell’acido fosforico. + [base]
In natura si trovano principalmente nei combustibili fossili come carbone, petrolio e gas natu-
rale. Gli idrocarburi possono essere divisi in alifatici e aromatici. Gli idrocarburi alifatici sono
costituiti da catene di atomi di carbonio lineari (aperte o chiuse) o ramificate; a questo gruppo
appartengono, per esempio, alcani e cicloalcani. Gli idrocarburi aromatici, invece, presentano
una particolare struttura ciclica con proprietà del tutto specifiche.
Gli idrocarburi possono essere classificati anche in saturi e insaturi. Gli idrocarburi saturi con-
tengono soltanto legami semplici e ogni atomo di carbonio lega il massimo numero possibile di
atomi, cioè quattro.
109,fi° 109,W°
In tutti gli altri alcani gli atomi di carbonio si uniscono tra loro per formare una catena e ciò
comporta che essi non possano più legarsi a quattro atomi di idrogeno.
H H H—C— H H H H H H H
C—H H H
H H H H H H H
H H
H
H H H ’H
H*
Una serie omologa è una serie di composti in cui ciascun termine differisce dal
precedente di una unità costante.
I composti che appartengono a una stessa serie omologa hanno proprietà chimiche
simili ma proprietà fisiche diverse, che variano a seconda della vtà55a molecolDre e
della forma della molecola.
Secondo le regole della IUPAC, a parte i primi quattro termini (metano, etano, propano e
Le reg ole d i nomencl atui”O
butano), il nome degli alcani è costituito da un prefisso numerico seguito dal suffisso -ano; sono ti”attate pi ù ava nti
così la molecola con cinque atomi di carbonio si chiama pentano, con sei esano e via dicendo. nello lezione.
A partire dal propano, è possibile «chiudere» la catena di atomi di carbonio; si forma così il cor-
rispondente cicloalcano. Per chiudere una catena occorre rimuovere due idrogeni. La formula
generale dei cicloalcani, pertanto, corrisponde a . Ha.. I principali termini della serie omologa
CH 2
CH, degli altheni
H 2C CH 2
CH, H 2C — CH H zC CH 2
2 HOC
^. ‘'
HOC — CHj HzC CH z HzC — CH 2 CH 2
I O €O dbO l O O bO Ùicloesgno
La struttura più interessante per lo studio delle molecole biologiche è quella del cicloesano. Essa
può assumere diverse conformazioni spaziali; le due più importanti sono quelle a sedia e a barca.
H/
Il punto di ebollizione degli alcani a catena lineare cresce regolarmente all’aumentare della
massa molecolare. A temperatura ambiente, gli alcani si trovano nei seguenti stati fisici:
• gas, da a Ci;
• liquidi, da C a Ct,;
• solidi, da C„ in poi.
m« </¿mr ChimiC@ GLI IDROCARBURI
Come tutti gli idrocarburi, alcani e cicloalcani sono composti apolari e sono quindi buoni
solventi per sostanze apolari, quali i grassi o gli alogeni. Sono invece insolubili in acqua poi-
ché non possono instaurare con essa né legami idrogeno né legami dipolo-dipolo.
Gli alcani e i cicloalcani non sono molto reattivi. Tuttavia, essi danno due reazioni importanti.fi
1) Combustione. In presenza di un innesco (una fonte di calore o una scintilla), gli alcani e i ci-
cloalcani reagiscono facilmente con l’ossigeno mediante una reazione di combustione:
H H
|so••eria Le reazioni in cui un atomo (o un gruppo di atomi) ne sostituisce un altro si chiamano reazioni
di sostituzione radicalica.
tOS UùOWflR
Alcani, alcheni e alchini possono trasformarsi gli uni negli altri mediante reazioni di ossidori-
(isomeria di s(ru(turaJ
duzione in cui:
di tate»a
• gli alcani sono ossidati ad alcheni e alchini; ^
• gli alchini sono ridotti ad alcheni e alcani. S”i ac!di ona una ••olecoIa
statale di idrogeno (idro§enazJoneJ
(s{ereoisomeviaJ
Q L6somerio
L5someria è il fenomeno per cui due composti hanno la stessa composizione chimica ma
differiscono per il modo in cui gli atomi sono legati tra loro o sono disposti nello spazio.
Glisomeri Gli isomeri di struttura sono composti che hanno la stessa formula bruta ma diversa for-
coùfigurozionoÙ soùo mula di struttura.
per rottura e ricostruzione
di un lega me e sono
fisicamente se pai abili. Gli Essi contengono lo stesso numero e lo stesso tipo di atomi ma differiscono per il modo in cui gli
isomeri conformozionoli atomi sono legati tra loro. Un esempio è quello del butano:
sOlJ O COIJVe I“ti Ò i I i ’I U I O
neII‘aIfi”o per semplice
rotazione attorno a CH
un lega me e non sono
!i0LUZI0NE
La prima formula di struttura da cui partire è quella lineare: si tratta di cinque atomi di carbonio legati tra loro, men-
tre gli atomi di idrogeno si dispongono in modo che ciascun atomo di carbonio formi quattro legami.
L’isomero successivo si ottiene scrivendo una catena a quattro atomi di carbonio e legando il carbonio rimanente a
uno degli atomi di carbonio intermedi. È possibile scrivere due strutture diverse, ma che in realtà rappresentano lo
stesso composto.
CH,
Mantenendo la catena a quattro atomi di carbonio e cercando di legare il quinto atomo al primo o all’ultimo atomo
di carbonio, si ottengono le seguenti strutture:
leg0to al Cl a al CX
Non si tratta però di nuove strutture, perché hanno catene carboniose lineari. Esattamente come il primo isomero.
È possibile scrivere un terzo isomero riducendo la catena lineare a tre atomi di carbonio e unendo altri due atomi di
carbonio all’atomo centrale. Completando poi con gli idrogeni, si ricava:
C CH,
C—C—C CH,—C—CH,
C CH,
Adoperando la modalità di scrittura con una linea spezzata, è possibile mettere in evidenza la diversa struttura nello
spazio dei tre isomeri del C,H 2
ESEMPIO SVOLTO
Quanti isomeri costituzionali sono possibili nella molecola C3HgO*
C) 3
OH
Q Lo stereoisomeria
Talvolta, la differenza tra un isomero e l’altro è ancora più sottile, perché essi si distinguono
unicamente per la diversa orientazione dei loro atomi nello spazio. Isomeri di questo tipo sono
INOUADRA E GUARDA!
chiamati stereoisomeri.
Chiralitò e
stereoisomeria
Gli stereoisomeri sono composti con la stessa formula grezza e la stessa formula
di struttura, ma diversa orientazione degli atomi nello spazio.
CI CI Esistono due importanti tipi di stereoisomeria: l’isomeria geometrica e l’isomeria ottica. L5so-
’C C meria geometrica si incontra frequentemente nelle molecole contenenti doppi legami carbo-
s H H nio-carbonio e negli idrocarburi a struttura ciclica, in cui la rotazione è impedita.
La geometria che caratterizza l’unità C = C e planare: i suoi sei atomi, due di carbonio e i
Cl quattro a essi legati, si trovano sullo stesso piano. Le loro posizioni sono fisse perché la presenza
del legame ri impedisce la rotazione degli atomi di carbonio insaturi intorno al doppio legame.
H
Se i due atomi di carbonio impegnati nel doppio legame sono legati ad atomi o a gruppi di atomi
diversi sono possibili due isomeri geometrici: cis e tra ns. Per esempio, il composto CIHC = CHCl
può avere due isomeri geometrici. Se i due gruppi si trovano dalla stessa parte del piano rispetto
al doppio legame, l’isomero si definisce ci5,- se, invece, i due gruppi sono situati da parti opposte,
l’isomero si definisce traH5.
Nell’isomero bis i due atomi di cloro si trovano dalla stessa parte rispetto al doppio legame,
mentre nell5somero trane si trovano dalla parte opposta. L’isomeria ottica riveste grande im-
portanza per le molecole biologiche.
Tutti gli oggetti che, come le mani, sono privi di un piano di simmetria (piedi, viti, conchiglie)
vengono chiamati chirali, ovvero distinguibili dalla loro immagine speculare.
Anche le molecole possono essere chirali, a patto che la loro struttura non presenti piani di
simmetria. Ciò accade, per esempio, quando un atomo di carbonio lega a sé, secondo una
geometria tetraedrica, quattro atomi (o gruppi atomici) diversi; in tal caso, si dice che l’atomo
di carbonio è un centro chirale o stereocentro.
Pei” rappresentare la
struttura tetraedrica
si usano spesso le
pi oiezfo/1/ df ffshe/,
dove le linee verticali
i”appi”eseiataiJo i lega iei
C Ìdi2 vO Il FIO @ IelFO I Ì
piano del foglio mentre
le li nee orizzontali
? i@S gtCOiSOMSti?
Un racemo è una miscela di due enantiomeri in quantità uguali e non è otticamente COOH COOH
attivo.
H OH OH H
H OH HO H
Alcune molecole, pur possedendo stereocentri, sono otticamente inattive perché contengono un COOH COOH
piano di simmetria interno, per cui diventano sovrapponibili alla propria immagine speculare.
Le forme me5o sono molecole che contegono più stereocentri ma risultano otticamente
inattive a causa dell’esistenza di un piano di simmetria interno.
La geometria che caratterizza l’unità /C = C è planare; gli angoli di legame che si formano so-
no circa di 120º. Nel caso del triplo legame —C-C—, invece, la geometria è lineare e gli angoli
di legame sono di 180º.
Quando nella catena
La formula generale degli alcheni è C, H2. e quella degli alchini è C, H2.- 2 Gli alchini sono iso- ci sono due o più legam i
, O SU l i SSO -P3P
meri dei cicloalcheni e dei dieni, composti che presentano due doppi legami . o -i il a si a iJfepoiJe
i I p I e li SsO c/f-, /rf- e Vi
La nomenclatura di questi idrocarburi prevede la sostituzione del suffisso -ano del corrispon- dicendo.
dente alcano con il suffisso -ene per gli alcheni e -ino per gli alchini.
La reazione tipica di alcheni e alchini è l’addizionr: gli atomi provenienti dal reagente si somma-
no ai due carboni del legame multiplo, che vengono così saturati.
Poiché la reazione di addizione è dovuta alla presenza di elettroni ri, i reagenti che vanno ad GG IVA I SOLO QI Ù +C 6 I
deg li Olchen i, che
addizionarsi sono detti elettrofili («che amano gli elettroni») e la reazione addizione elettrofila. 0 ÌOFO vO Ì IO SOldO |DI U
Ocid i degl i O IcO ni.
Gli elettrofdi sono molecole o ioni positivi che possono accettare un doppietto elettronico.
m« </¿mr ChimiC@ GLI IDROCARBURI
Le più importanti reazioni di addizione degli alcheni sono riportate nello schema sottostante. Esse
valgono anche per gli alchini; per saturare una mole di alchino, però, servono due moli di reagente.
Adlzonondo molte
molecolediolheni
e dieni (addi zione OH OH
eIelli”otiIa) sl toi”ma izo
polimeri detti plosfiche
(Teflon, PVC).
H
HC
’ CH ,— CH — CH 2
CI
Br
Br
H,
yalladìo Nome CH,—CH —CH2 —H
I cicloalcheni hanno formula C, H 2 -2. i Cicloalchini hanno formula C, H2.- 4 ed esistono soltan-
to a partire dal ciclottino per via dell’energia torsionale presente nel legame triplo, che impedi-
sce la chiusura di anelli molto piccoli.
La catena più lunga contiene quattro atomi di carbonio. Il composto è quindi un derivato del
butano, anche se la formula bruta è C,H
I gruppi legati alla catena principale si chiamano sostituenti.
2) Numerare gli atomi della catena principale. Una volta individuata la catena principale, è
necessario numerarla in modo da attribuire il numero più basso possibile agli atomi di carbonio
che legano i sostituenti.
CH, CH.
!
CH —CH—CH2 —CH CH —CH— CH2 —CH.
1 2 3 4 4 5 2 l
3) Identificare e numerare i sostituenti. I sostituenti saturi che presentano solo atomi di car-
bonio e idrogeno si chiamano gruppi alchilici e vengono indicati con il simbolo R— .
I gruppi alchilici si ricavano formalmente rimuovendo un atomo di idrogeno dal1’a1cano corri-
spondente e il loro nome si ottiene sostituendo il suffisso -ano con -ile.
A partire dal propano, uno stesso alcano può dare vita a gruppi alchilici diversi. Per distinguerli,
è utile classificare gli atomi di carbonio in primari, 50COHdari, terziari o quaternari a seconda che
siano legati, rispettivamente, a uno, due, tre o quattro atomi di carbonio:
CH CH
CH CH CH CH CH,—C—CH.
Se dal propano o dal n-butano si allontana un idrogeno legato a un carbonio secondario si ot-
tengono, rispettivamente, il gruppo isopropile e Sec-butile.
Rimuovendo un atomo di idrogeno dal carbonio terziario dell’isomero ramificato del butano, si
ottiene invece il gruppo fer-butile.
CH, CH,
CH, CH,
|sogroyile Sez-b•(ile
Ogni sostituente deve avere un nome e un numero. Nel nostro caso la molecola contiene un
gruppo metile legato alla catena principale in posizione 2, quindi è un 2-meti1e.
4) Scrivere il nome seguendo le regole della punteggiatura. Il nome va scritto in una sola
parola, senza interruzioni. Si elencano prima i sostituenti in ordine alfabetico (per esempio etil
precede metil), poi la catena principale.
Tra il nome di un sostituente e l’altro si mette un trattino, mentre fra il nome dell’ultimo sosti-
tuente e il nome della catena principale non va lasciato spazio. Il nome del nostro composto è
quindi: 2-meti1butano.
Se sono presenti due o più sostituenti identici si adoperano i prefissi di-, tri-, tetra- e via dicendo
(che non vengono però considerati in ordine alfabetico).
Se due sostituenti sono legati allo stesso atomo di carbonio, il numero che indica la posizione deve
essere ripetuto. Ricorda che nel nome della molecola devono risultare tanti numeri quanti sono i
sostituenti: questo permette di identificare in modo univoco ciascun sostituente nella catena.
CH
CH CH
la la yreceÀenzó
su| §ru§§o 6ló ilióo. CH — CH CH—CH—CH
1 2 C 4 5 l 4 5 2 1
caratter istico odore dei primi Ogniatomo dicarboniodell’aneflo benzenicO hatreorbitaliibridisp2e unorbitalep nonibridato
composti isolati. perpendicolare al piano degli altri tre. Ciascuno dei quattro orbitali è associato a un elettrone.
Oggi il termine «o‹omoticitò» La sovrapposizione degli orbitali ibridi sp2 porta alla formazione dell’anello e dei lega-
mi con gli atomi di idrogeno. La sovrapposizione due a due dei sei orbitali p origina i lega-
pa r ticolo re struttura eleffron ica mi ri; essi, però, possono instaurarsi con l’uno o l’altro degli atomi di carbonio adiacenti.
di questi id roca rburi.
La delocolizzozione
elettronica coiJfei“isce
Alcuni derivati
H H H del benzene sono:
H C H C¿H¿ — NH z anilina e
^c c^ C¿H¿ — OH fenolo
H c ’C H
C,H/ — CH = CH 2 tirene
C¿Ht — CHO benzoldeide
H H H o aldeide benzoica
C/Ht — COOH acido
benzoico
C¿H¿ — NOz itrobenzene
Quando sull’anello ci sono due sostituenti, sono possibili tre isomeri di struttura, che ven-
gono indicati con i prefissi orto-, meta- e para- (abbreviati in o-, m- ep-).
X
1
orto 6
meta 5 3 meta
4
para
CH3
2 CH3
6
5 3
m-/ilenc
I GRUPPI FUNZIONALI
“ I gruppi funzionali
O
à C1 d1 C at b S 1 C1 R—COOH acido etanoico
c£f r bossile — C CH,— C (acido acetico)
’OH
esteri R—COoR’ O
etanoato di metile
II (acetato di metile)
estere — C )
OH
R
R— CH2 -OH “CH —OH R—C—OH
O O
alcol secondario
Anche gli eteri, R—O—R', contengono un atomo di ossigeno ma, a differenza di fenoli e alcoli,
esso lega due gruppi alchilici o arilici. Lo ione leila lo ò sfabilizzato
da lla risonanza perche la
A parità di massa molecolare, gli alcoli e i fenoli hanno punti di ebollizione più elevati sia degli carica negativa puÒ essere
Negli alcoli e nei fenoli le molecole si legano tra loro mediante legami idrogeno, che sono
molto più forti delle forze di London che agiscono tra le molecole di idrocarburo o delle forze
dipolo-dipolo presenti negli eteri. I legami idrogeno spiegano anche la completa miscibilità
dei primi tre termini della serie degli alcoli (metanolo, etanolo, propanolo) con l’acqua.
Gli eteri, invece, non possono associarsi tramite legami idrogeno perché non possie-
dono gruppi OH; possono però accettare legami idrogeno da composti contenenti il
gruppo —OH. Questo spiega la solubilità in acqua e in alcol degli eteri più semplici, Gli eteri si formano per
come per esempio il dimetiletere. eliminazione di una molecola
di acqua tra due molecole
#ololold0°C;ol80°C
I a d i si d i”a tazi one d ive in ta
i nti amolecolai e e si for mano
" O’ gli alcheni.
140 ”C
R H R R—O—R'
• etei”e
O,' H Ò‘ ’
H R 180 ”C
R—CH—CH, R— H
HSO’ H —HSO a cHene
’O’ R
H
Gli alcoli danno reazioni di sostituzione nucleofila. A causa della maggiore elettronegati-
vità dell’atomo di ossigeno, il carbonio che lega il gruppo —OH è parzialmente positivo e
quindi può essere attaccato da un nucleofilo (Nu:), che è una specie ricca di elettroni. In se-
guito all’attacco nucleofilo, il legame C—O si rompe e il gruppo OH viene sostituito da Nu.
O
X
—C —OH ‘ —C — OH
ss’i 8 zione del 6aP onio
Negli alcoli primari e secondari l’atomo di carbonio che lega l’ossidrile possiede atomi di
idrogeno che possono essere rimossi da un agente ossidante.
Il carbonio è tanto più ossidato quanti più legami forma con l’ossigeno e quanti meno ne
forma con l’idrogeno.
Gli alcoli primari sono ossidati prima ad aldeidi e poi ad acidi carbossilici; gli alcoli secon-
dari sono invece ossidati a chetoni.
OX ?' OX
R CHz H R C — R—C
red red
OH
p c‘ido 68rbossili6o
Gli alcoli terziari non OH
possono essere ossidati,
se non pei” i”OtlurO deIIO
OX Z’
MOIeCOIO, peFC Idé IdOI3 R—CH—R’ R—C
red
possiedono idrogen i alcol secondario R'
legati al carbonio clie
poi”ta I’ossidi ile. Cke&•e
Q Le oldeidi e i chetoni
Il gruppo funzionale caratteristico delle aldeidi, R—CHO, e dei chetoni, R—CO—R', è molto simile:
R R
H R'
gide:de Ckefone
Entrambi contengono il gruppo ”iC=O, chiamato carbonile. Come gli alcheni, aldeidi e cheto-
Nucleofilo: molecola o ni danno reazioni di addizione.
iOIJ e II eQ O tiVO i II g I”O Ò O
di cedere un doppiefto Il gruppo “C=O di aldeidi e chetoni, come quello degli alcoli, è polarizzato: il carbonio porta
elettronico. una parziale carica positiva, l’ossigeno una parziale carica negativa. Di conseguenza, il carbonio
I n UCI eOfi I Ì SOI O ÒoSÌ d Ì carbonilico può essere attaccato da una specie ricca di elettroni (nucleofilo). I nucleofili usano
LeWÌ S . P i ù ‘I tO fTi O
ò elettroiJegativo, meno un doppietto elettronico libero per sommarsi al carbonio del gruppo CO. Il risultato complessi-
Ò Iù UC lOOfi I O. vo è una reazione di addizione nucleofila.
Il meccanismo con cui procede l’addizione di un nucleofilo, Nu: , ad aldeidi e chetoni è così
schematizzabile:
•-H“ Il meccaiJ ismo e una
serie d i reazioni semplici
Nu:* + C O: Nu—C—O,' Nu—C—O—H
clie spiega come i
Ie Qe II tÌ Si tl” s(OI-ITA II O
Una reazione di addizione nucleofila di particolare importanza avviene quando il gruppo —CHO l3 e i p FOÒ Otti . E U Iq
di un’aldeide reagisce con il gruppo —OH di un alcol: il prodotto che si forma è un emiacetale. pa sso di come avvieiJ e
L’ossigeno del gruppo —OH possiede coppie elettroniche libere e funge da nucleofilo. IO reazione.
Poiché gli alcoli sono nucleofili deboli, è necessario catalizzare la reazione con un acido, per
esempio acido solforico. Per addizione nucleofila aldeidi e chetoni possono formare anche: cia-
nidrine, se addizionano HCN; dioli, se addizionano acqua; immine o ba5i di Schiff, se addiziona- Fai mule impoi ta nti:
no ammoniaca o ammine. • HCHO
(aldeide form ica)
• CH/CHO
.. RO RO (Oldeide Ocetic O]
f + ROH *y • CH/COCH/
.,C — OH (OcetOne)
—H’ —ROH R j R' @ • HCOOH
H H H H (OCI@ O NOI”ITì I CO)
éldeide • CH/COOH
(acido acetico)
Per ossidazione delle aldeidi si ottiene un acido carbossilico con lo stesso numero di atomi di
carbonio. I chetoni, invece, si ossidano solo in condizioni drastiche che portano alla rottura dei
legami carbonio-carbonio.
L’ossidazioiae e la
Per riduzione delle aldeidi e dei chetoni si formano rispettivamente alcoli primari e secondari. riduzione delle aldeidi
e dei chetoni sono
entrambe reazioni
Ó Ì OSSÌ CÌ O I”l Ó UZ i O Id e .
ESEMPIO SVOLTO
Quale delle seguenti affermazioni riguardanti chetoni e aldeidi è corretta?
R—C
“
m« • vw• Chimici I GRUPPI FUNZIONALI
produce un Ocido
arbossilico R-COOH. _
Le proprietà fisiche degli acidi carbossilici sono condizionate dalla formazione di legami idroge-
no intermolecolari che portano spesso all’unione di due molecole di acido per formare un dimero.
L‘aciditò degli acidi
Nel caso dell’acido acetico, per esempio, si ha:
CO F ÒOSSÌ I ÌCÌ O U fT1e rl IO
0 Ì Ì ‘0 UIT1+2 Id IO I R Ò e Ì 0Ì
Ò
C — CH,
1,2-dlorooce!icoò
pÌù acÌdo delI’acÌdo
cloroacetico) e se i
bmeto e|dt o8te to
Gli acidi carbossilici presentano pertanto punti di ebollizione abbastanza alti (>100 °C).
2 c ÌOFO@UIO I3OÌCO Ò
pÌù acÌdo delI’ac Ìdo Gli acidi carbossilici sono generalmente deboli con K, = 10 ’; la loro acidità è molto superiore a
-C Ì O I”O ÒUIO Id O ÌCO t . quella dei fenoli e ancora di più rispetto a quella degli alcoli.
li oIti”e, I‘ac i ditò Per questa loro acidità, gli acidi carbossilici reagiscono con le basi forti e formano dei sali:
O u mento O I I’O u mento re
deII‘eIettroiJepativitò
del sostituente: l’ac ido
R— COOH + Na“OH R— COO la“ + HzO
II U OFO Cet ÌC O Ò p i ù C icÌ O
g‹ido ‹›rrossiIi‹o s›se norme tale
Ó+BÌ Ì‘OCÌÓO C NOI OOC it iC O.
Il nome dell’anione carbossilato si ottiene cambiando la desinenza -orco dell’acido in -ato. I sali
CH,COO Na“ e C,H,COO K’, per esempio, sono rispettivamente etanoato di sodio e benzoa-
to di potassio.
I sali degli acidi grassi (cioè degli acidi a catena lunga) costituiscono i saponi.
Dagli acidi carbossilici si ottengono, per reazione con opportuni reagenti, altri composti chia-
Le onidridi si formano
mati per questo derivati degli acidi. La loro struttura è simile a quella degli acidi perché, oltre
per d isidratazione di allo stesso gruppo R—C o, il gruppo acilico, hanno altri gruppi (evidenziati in rosso) che
Ò Ue CÌ Ò Ì C I ÒOSs Ì I ÌC i .
UIJ c i ÂO C FDOsS iI i CO e
Per trasformare un alcol in un acido occorre togliere ictrogeni e aggiungere ossigeni alla molecola.
La reazione è quindi un’ossidazione.
@ Gli esteri
Quando un acido carbossilico e un alcol sono riscaldati insieme si producono un estere e acqua.
La reazione è catalizzata dagli ioni H“ e tutti gli stadi sono reversibili. La trasformazione, che è
nota con il nome di e5t0rifiC£lZÌOH0 di Fi5cher, è quindi una reazione di equilibrio. Lo schema di
reazione è:
Il nome degli esteri, R—CO-OR’, si ricava da quello del corrispondente acido eliminando
il termine acido e sostituendo la desinenza -orco (oppure -ico) con -ato; segue poi il nome del Un esfere si puÒ forma re
anche da lla reazione di
gruppo R'. Esteri naturali di elevato peso molecolare sono le cere, i grassi e gli oli. Le cere sono U IX 0 Ì CO Ì COFì U IX ‘0 IX Ì CÌ FÌ CÌ E°
esteri provenienti da un acido carbossilico e un alcol, entrambi a catena lunga:
I grassi e gli oli si formano dalla reazione tra glicerolo (1,2,3-propantriolo) e acidi carbossilici a Gli omega 3 sono acidi
gra ssi pOIi nsatui i in c ui
catena lunga, con un numero pari di atomi di carbonio variabile da 12 a 20. Sono triesteri del il pi“inao d OppiO leg O ifìe
glicerolo e per questo vengono chiamati trigliceridi. La loro struttura generale è: si trova i il posi zione 3
O partire dOl metile
terminale.
! R [Parte che deriva
R—COOH
R— NH2
I grassi contegono prevalentemente acidi saturi e a temperatura ambiente sono solidi; gli oli,
invece, contengono in gran parte acidi insaturi e a temperatura ambiente sono liquidi.
R—NH—R’
mmin6 secon¢ 6Fi6
@ Le ammine
Le ammine sono composti che contengono come gruppo funzionale il gruppo amminico. R"
/tmmira ferzJaria
Le ammine derivano da1l’ammoniaca (NH ) per sostituzione degli atomi di idrogeno con
uno, due o tre gruppi alchilici (R) o arilici (Ar). Si distinguono, rispettivamente, in primarie, NHz
50COHdarie e terziarie, a seconda che abbiano uno, due o tre gruppi organici legati al1’atomo
di azoto.
Le ammine primarie e secondarie formano legami idrogeno intermolecolari. Per questo motivo
i loro punti di ebollizione sono più alti di quelli degli alcani di corrispondente massa molecolare
e le ammine con pochi atomi di carbonio risultano solubili in acqua.
ou • vw• Chimici I GRUPPI FUNZIONALI
Le ammine possiedono un doppietto
elettronico libero sul1’atomo di azoto,
per cui possono comportarsi sia da basi
Le ammine primarie
reog i sconO con I‘Ocido
sia da nucleofili. Le ammine sono più
n itrOso liberando Mg, basiche dell’acqua, ma sono in genere
HSO e l'OIcoI: basi deboli. Le ammine secondarie so-
no più basiche delle terziarie, che a loro
volta sono più basiche delle primarie.
L’anilina è meno basica delle ammine
alifatiche, perché il doppietto elettroni-
co libero de11’azoto è delocalizzato per
risonanza sull’anello benzenico e quindi
Le ammidi si fOrmO no per è poco disponibile per la protonazione.
eli m i nazione di una
fT1O!PCO!O @’OCC| UO Il0
Q Le ommidi
UU OCiÒO COl”ÒOSSiI iCO
e uiJO moIecoIO
d i a mmoniaca o a mm i na .
O Le ammine primarie e secondarie, attraverso reazioni di sostituzione nucleofila acilica, pos-
CH; C OH * H M H
sono trasformarsi in ammidi. Le ammidi sono largamente diffuse in natura, soprattutto sot-
to forma di proteine. Le più semplici, o ammidi primarie, hanno formula R—CO—NH
O
Se gli atomi di idrogeno legati al1’azoto sono sostituiti da uno o due gruppi R, la formula è, ri-
spettivamente, R—CO—NHR (ammide secondaria) e R—CO—NR ( mmide terziaria).
Mentre le soluzioni acquose delle ammine sono basiche, quelle delle ammidi risultano neutre. In-
O
fatti il doppietto elettronico de11’azoto è delocalizzato e quindi poco disponibile a legare un protone:
.Ò' Ò'
ele(t;ronizo +
libero dell’azofo e
O R H2 R NH2 R N' z
C elOógli2.Z.Ù Q Slx) |’OSsi/enO
CH , C OH H N
R
O
CH, C NR, H,O
Q I composti eterociclici
Reagiscono cOn acido
n itroso, dO ndo Ozoto e I composti eterociclici sono composti ciclici che contengono uno o più atomi div0Y5i dal car-
! ‘OCI@ O COI“Fl S|DOId@ e Id IO:
bonio. Gli anelli eterociclici possono presentare dimensioni diverse, contenere legami multipli
CHE-CO-N H, + HNO
o portare catene carboniose. Possono essere classificati in alifatici e aromatici. La pirrolidina, il
CH,-COOH + HSO + N, tetraidrofurano e il tetraidropirano sono esempi di composti alifatici.
Tra i composti eterociclici aromatici sono particolarmente importanti gli anelli della pirimidi-
na e della purina, che si trovano nel DNA e nell’RNA.
‘N“ N
N
Q I nitrili
I nitrili presentano come gruppo funzionale il gruppo ciano, —C N. Il carbonio e l’azoto del
gruppo CN hanno entrambi ibridazione 5p (180º). I nitrili sono derivati dell’acido cianidrico
(HCN). Reagendo con acqua (in ambiente basico o acido) formano acidi carbossilici e per ridu-
zione formano le ammine.
f g • Dio' ‹i»•••O di mutil , 603C h ’
I MECCANISMI
DI REAZI ONE
DEI COMPOSTI ORGANICI
Stadio di inizio
fotoni UV
2 •Cl •
Stadio di propagazione
R—H + Cl- —• H—Cl + R•
R- + C1—CI—• R—Cl + Cl-
La reazione di sostituzione radicalica può avvenire più di una volta e quindi conduce a una miscela
di prodotti variamente alogenati. I prodotti della clorurazione del metano, per esempio, sono
riportati nel seguente schema di reazione:
fotoni UV
CH4 : Cl : Cl : CH, —Cl + CH 2 Cl 2 CHC1, + CC14 HCI
cloruro ctiólorome Ino ólor@ormio fefra¢loruro
m« • ›tw Chimici I MECCANISMI DI REAZIONE DEI COMPOSTI ORGANICI
2º stadio
H H H H H H H H H H H H
H H H H H H H H H H H H
La reazione tipica degli anelli aromatici è la sostituzione elettrofila aromatica, in cui uno dei
sei atomi di idrogeno dell’anello viene sostituito da un elettrofilo.
In questo modo il numero di elettroni ri, da cui dipende la stabilità della molecola, rimane inal-
terato.
Il meccanismo di reazione si sviluppa in due stadi; per un generico elettrofilo E+ si ha:
H+
H H H
Nel primo stadio risultano legati al carbonio dell’anello sia l’idrogeno che l’elettrofilo; si forma
così un carbocatione la cui carica positiva è delocalizzata per risonanza su tutti gli atomi di car-
bonio dell’anello tranne quello legato a11’e1ettrofi1o, che è saturo. Il distacco dello ione H“ nel
secondo stadio porta alla formazione del prodotto elettricamente neutro.
CH Cl
HBr CH,—Br
Br
AlCl,
+ HBr
FeBr,
+ AgI + HNO,
AgNO,
CH COCl
HCI
AlCl, SO,
m« • ›tw Chimici I MECCANISMI DI REAZIONE DEI COMPOSTI ORGANICI
C=C + BX + H 2O
eliminazione
+ BOH (base forte)
Sia nella sostituzione sia nell’eliminazione il meccanismo di reazione può essere bimolecolare o
monomolecolare. Nel meccanismo bimolecolare (SN2 ed E2) i due reagenti, l’alogenuro alchi-
lico e il nucleofilo, reagiscono in un solo stadio. Sperimentalmente si osserva che la velocità di
reazione è direttamente proporzionale alla concentrazione dei due reagenti e quindi si tratta di
una reazione di secondo ordine.
agire da n•cleotilo
e da base
— C—C OH + X
SN2 SN2
E2
+ H X—
Nel meccanismo monomolecolare (SN1 ed El) la reazione si svolge in due stadi. Dapprima l’a-
logenuro alchilico libera X con formazione di un carbocatione intermedio, poi il carbocatione
reagisce con il nucleofilo. Lo stadio lento, che determina la velocità di reazione, è il primo, perché
comporta la rottura di un legame. Poiché nel primo stadio reagisce una sola molecola, la reazione
complessiva è del primo ordine.
SN1 C — C —O
H R SN1
— C — C !—X c — c+
R
+ H — O —H + X
Lo stobilitò dei coi hoc i › „ i Ci sono prove sperimentali secondo cui, se l’alogenuro alchilico è primario, il meccanismo di reazio-
cemento oll’oumentore ne è bimolecolare e si ottiene una miscela del prodotto di sostituzione e del prodotto di eliminazione.
del numero d i sostituenti
o ChlÙCl legofl ol CO FAO13 0i
OH CH CH E OH + Cl
CH CH 2 C1 + OH —+ CH 2
CH 2 + H 2 O + C1
Se l’alogenuro alchilico è terziario, il meccanismo è monomolecolare: prima si forma il carbo-
catione e poi avvengono le reazioni SN1 ed El. La formazione del carbocatione è favorita dalla
vicinanza dei gruppi alchilici, che tendono a espandere le loro nuvole elettroniche, stabilizzan-
do così la carica positiva.
Un altro esempio di sostituzione nucleofila è dato dagli alcoli: ;
CH —C— OH H Cl
OH H
—H .(3
O:
6*
R—C + :Nu R—C—Nu R—C + *L
’L L‘ Nu
_ &etOW4O SU6iO'
eliminazione del gr•yyo k
Gli acidi carbossilici reagiscono secondo questo meccanismo: la reazione più significativa è la
loro trasformazione in esteri, che si verifica quando il carbonio del gruppo C O è attaccato
dal nucleofilo R—OH.
In questo modo si formano esteri, ammidi, alogenuri acilici e anidridi.
m« • ›tw Chimici I MECCANISMI DI REAZIONE DEI COMPOSTI ORGANICI
Per esempio, gli alcheni presentano solo atomi di carbonio e idrogeno e hanno un legame
doppio: danno reazioni di addizione elettrofilai invece le aldeidi, che hanno un gruppo
carbonilico C=O, danno reazioni di addizione nucleofila.
ESEMPIO SVOLTO
Quale dei seguenti composti dà una reazione di addizione elettrofila?
I carboidrati
I monosaccaridi contengono carboni chirali e quindi presentano isomeri ottici D ed L. Dal pun-
to di vista stereochimico esistono tre tipi di stereoisomeri: enantiomeri, diastereomeri ed epi-
meri. Gli enantiomeri hanno configurazione opposta in tutti gli stereocentri; per esempio, le
forme D ed L sono enantiomeri. I diastereomeri contengono alcuni carboni chirali di configura-
zione uguale e altri di configurazione opposta. Gli epimeri presentano configurazione uguale in
tutti gli stereocentri tranne uno; per esempio, il galattosio è un epimero del glucosio.
ou ••. • m ChimiC@ LE BIOMOLECOLE
H
HO— @ — H HO— —H
H — @ — OH H— —OH
H — @ — OH H — @ — OH
H — @ — OH H— —OH
H H
§lurosio (aldosoJ Fruttosio (rketoso)
Goloftosio e mannosio Tutte le cellule contengono il monosaccaride glucosio, che viene utilizzato soprattutto come
sono aldoesosi. fonte di energia.
Ribosio e desossiribosio
sono a Idopentos i. Le due molecole di glucosio hanno la stessa formula grezza
I I glucosio ò un
numeri in rosso inÀió6no (C, HI2 6). ma diversa formula di struttura. Quando il gluco-
0 Ì@OOSOSO 0 I Ì t£U!!O5IO
Ìg ¢onvenzùone standard per
sio si chiude ad anello avviene una reazione tra il gruppo car-
la n• erazJo•e degli alzi
bonilico e l’atomo di ossigeno di un gruppo —OH, che diventa
così l’ossigeno che chiude l’anello: si forma un emiacetale.
Ossidrile
H
H —OH \ H
4
OH H
HO — —H emiace@lico
HO -H
4 ' 2
H— — OH
H
H— — OH
OH
La linea scura indica il bordo della
H molecola che <<esce dalla
Lo mutorotozione e la I inea sottile si estende
il pi”ocesso per cui in L.a forma a balena lineare del §Iuóosio
Lame SC Si g|)on naSSC.
SOIUziOIVA OCC]UOSO IO /FeSCn un /Vu /o g)¢ ei ito Sul ògFbonio / .
zucchero passa dalla
forma aperta a quella L-esame §licosidi¢o
chiusa, raggiungendo un
0•sidrile ano erica
CH jOH (legame ace@lico)
pOtel e OttiCO iIJteI”fTi eÒ Ì O CHOH
OH hOr••aNone
tl- i Ò Ue II OM e I”i
H H H OH
ÓOllO zUCCl1eI”O. Ùi ÈO
H H H
l’onomero alfa quando OH H ' ' l HO
OH H
l'ossidrile legato aI H
OH OH OH o’ CHOH
ca i bonio em iaceta lico
H OH OH H HSO H OH
si ti ova sotto aI piano; OH H
si UO l’anomero beta
C| U I ÒO Si II”OVo SOpF
0 Ì |D ÌO Id O.
H OH H GH
H LJH H OH H OH H OH
Q Le proteine
Le proteine sono formate da e-amminoacidi. Gli a-amminoacidi possiedono un carbonio a,
chirale e ibridato sp", legato a quattro sostituenti diversi: un gruppo carbossilico, uno ammi-
nico, un atomo di idrogeno e un gruppo R che varia a seconda de11’amminoacido. Di conse-
guenza, gli e-amminoacidi sono chirali e possono esistere nelle due forme enantiomere D e L.
La glicina è l’unico e-amminoacido non chirale (R H). Nelle proteine umane si trovano solo e-
amminoacidi (o L-amminoacidi); i più comuni sono venti.
HCN* COO
e(t O COO—
COO- J H COO’
CH H H—C—OH H
CHE
La g
d
Alanina Isoleucina Leucina Metionina Fenilalanina Triptofano Valina
(Ala; A) (Ile; I) (Leu; L) (Met; M) (Phe; F) (TrF' ) (Val; V)
H H H H H H H
HCN" COO HjN’ COO HCN* COO HCN* COO HCN* COO H3N* C HCN" COO°
H — C — CHE CH j CHE CH CH CH
HOC CHE
CH CH =CH
CH; CHE S H
CH3
Gli amminoacidi con catene laterali polari cariche sono idrofili perché possono formare le-
G I Ì O ITI ITA Ì II OO C i Ò i SO II O
gami idrogeno e interazioni ione-dipolo con l’acqua e altri solventi polari. Gli amminoacidi
anfoliti, cioò contengono con catene laterali polari neutre sono anch’essi idrofili perché possono formare legami idro-
S Ìo U n g FU ppO Ò SÌCO geno e interazioni dipolo-dipolo. Gli amminoacidi con catene laterali apolari, invece, sono
(N H ) sia un gruppo
acido (COOH).
idrofobi perché non possono formare interazioni polari ma soltanto idrofobe. Nell’ambien-
I gruppo COOH te acquoso tipico delle cellule le catene laterali idrofobe tendono a raggrupparsi all’interno
cede un protone OI della proteina.
g ruppo M Hp i n una
reazione acido base
i ntro molecol a re, per
Nella polimerizzazione degli amminoacidi, i gruppi che partecipano alla reazione sono il grup-
c ui si foi mO unO ione
dipolare a zwitterione. po amminico e il gruppo carbossilico legati al carbonio n. Il gruppo carbossilico di un ammino-
acido reagisce con il gruppo amminico di un altro amminoacido e, per condensazione, dà origi-
ne a un legame peptidico. Il prodotto della reazione è chiamato dipeptide, perché è costituito da
due amminoacidi; con lo stesso procedimento si possono aggiungere altri amminoacidi. G I Ì O III fTìÌ Il OOCÌ Ò Ì SOII O
composti anfoteri, cioò si
possono compOrfOi”e siO
Si ottengono così:
• oligopeptidi (da 2 a 20 amminoacidi); A pH bassi sono
completamente protonati,
• peptidi (da 20 a100 amminoacidi); menti e a pH alti
• proteine (da 100 a diverse migliaia di amminoacidi). sono completamente
depi”ofoiJati. Il punto
isoeleltrico ò il pH al
Ogni proteina ha quattro livelli di organizzazione detti struttura primaria, secondaria, terziaria quale l’amminoacido
e quaternaria. si tl OVP i Il fOI”ITì Ò ipOI I e
I monomeri amminoacidici sono uniti, formando una catena La struttura secondaria, terziaria e quater-
polipeptidica. La struttura primaria di una proteina è la se- naria derivano tutte dalla struttura prima-
quenza di amminoacidi nella catena. ria di una proteina.
La struttura se- O
condaria di una
proteina consi-
ste nella rego-
lare ripetizione
@ O @ O Ò O
di ripiegamenti
caratteristici
che interessano
regioni diver-
se della catena
polipeptidica. p
Esistono due ti- o
pi principali di
struttura secon- Legame
daria, entrambi
determinati dalla
formazione di
legami idrogeno
fra gli amminoa-
cidi che formano
la struttura pri-
maria: e elica e idrogeno
foglietto §.
denaf•ra@
I gruppi tiolici (— Esistono amminoacidi Nella glicina questo Il legame peptidico Lasparagina
CH) ctelle cisteinesi con catene laterali non avviene: il unisce le catene presenta una catena
ossidano per elettricamente cariche, carbonio alfa lega principali degli laterale di natura
deidrogenazione sia positivamente sia due atomi uguali amminoacidi, non ammidica.
e formano i ponti negativamente. Nel di idrogeno. quelle laterali;
disolfuro fi—S, primo caso hanno si forma tra il
che stabilizzano la carattere basico gruppo carbossilico
struttura terziaria (arginina, istidina, di un amminoacido
delle proteine. lisina), nel secondo e quello amminico
hanno carattere acido di un altro
(acido aspartico, acido amminoacido.
glutamico).
@ I lipidi
Negli organismi viventi esistono vari tipi di lipidi, che svolgono funzioni diverse: i grassi e gli
oli immagazzinano energia o servono da isolanti termici e meccanici; i fosfolipidi svolgono
importanti funzioni strutturali nelle membrane cellulari; i carotenoidi servono alle piante per
catturare l’energia luminosa; gli steroidi e gli acidi grassi svolgono un ruolo regolatore sotto
forma di ormoni o di vitamine.
Ilipidi sono biomolecole insolubili in acqua a causa dei loro numerosi legami covalenti apolari.
O 3 H2 O O
II II
CHO — H HO — C R CHO C R
CH2O — H HO — C — R CH2 O — C — R
Tr:gli«•:d:
Se i trigliceridi sono solidi a temperatura ambiente vengono chiamati grassi, se sono liquidi
vengono detti oli.
I tre acidi grassi di un trigliceride possono essere uguali o diversi tra loro.
Gli acidi grassi saturi contengono solo le- Gli acidi grassi insaturi contengono uno o più legami
gami semplici fra gli atomi di carbonio della doppi. Gli acidi grassi monoinsaturi (per esempio l’aci-
catena; tutti i carboni sono saturati con atomi do oleico) hanno un solo doppio legame; gli acidi grassi
di idrogeno. Le molecole hanno una forma polinsaturi ne hanno più di uno. Il doppio legame de-
lineare e si affiancano in modo compatto co- termina la formazione di un «gomito» che impedisce
me le matite dentro un portamatite. Le forze alle molecole di allinearsi. Le forze intermolecolari sono
intermolecolari sono intense, per cui il punto deboli, quindi il punto di fusione è basso e il composto è
di fusione è elevato e il composto è solido a liquido a temperatura ambiente.
temperatura ambiente.
ou ••. • w ChimiC@ LE BIOMOLECOLE
I fosfolipidi sono simili ai trigliceridi, ma al posto della terza molecola di acido grasso conten-
gono acido fosforico legato al glicerolo con un legame covalente. Il gruppo fosfato, a sua volta,
può essere legato ad altri gruppi polari come la colina.
Oltre alla colina possiamo trovare altre moleco- La «testa» idrofila è attratta dalle molecole polari
le polari come inositolo, etanolammina e serina. di acqua.
• Teste
Coda
Gli sfingolipidi sono simili ai fosfolipidi, ma al posto del glicerolo contengono l’amminoalcol
sfingosina. Comprendono ceramidi e sfingomieline, che sono costituenti importanti delle mem-
brane cellulari.
I glicolipidi contengono il glicerolo o la sfingomielina come molecola di attacco. Essa lega una o
due unità di acido grasso più una molecola di zucchero o un breve oligosaccaride. I glicolipidi
svolgono un ruolo importante nel riconoscimento tra cellule e ne1l’identificazione di sostanze
extracellulari.
Le cere sono esteri di acidi a catena lunga (con più di 16 atomi di carbonio) con alcoli a catena
lunga, di origine vegetale o animale, impermeabili all’acqua. Rivestono penne e piume degli uccelli.
Alcuni lipidi non sono esteri e contengono quasi esclusivamente carbonio e idrogeno. Ciò nono-
stante questi composti vengono classificati tra i lipidi in quanto sono apolari.
I carotenoidi sono pigmenti che assorbono la luce, presenti nelle piante e negli animali. Da essi
deriva la vitamina A, necessaria alla funzionalità della vista.
Gli steroidi sono composti organici contraddistinti da uno scheletro di anelli di carbonio fusi
tra loro. Tutti gli steroidi hanno la stessa struttura ciclica. Tuttavia, piccole variazioni chimiche,
come la presenza o l’assenza di un gruppo ossidrilico, possono generare enormi differenze fun-
zionali tra queste molecole.
Le vitamine sono piccole molecole che il corpo umano non è capace di sintetizzare e che quindi
devono essere assunte con gli alimenti. Per esempio, la vitamina A si forma dal b-carotene. Sono
lipidi anche le vitamine D, E e K; tutte queste vitamine (A, D, E e K) sono liposolubili. Altre vitami-
ne invece, come quelle del gruppo B, non sono sostanze di natura lipidica e hanno composizione
completamente diversa; sono dette vitamine idro5olubili.
Q$, ••. • m Chimico LE BIOMOLECOLE
LE BIOMOLECOLE IN S//f7£S/
Biomolecola Monomeri Costituenti Legame covalente
presente nel polimero
polisaccaride monosaccaridi C, H, O glicosidico
(acetalico)
lipide alcol + acido grasso C, H, O estere
glicerolo + acidi grassi C, H, O estere
carotenoidi, steroidi, C, H, O non formano polimeri
vitamine liposolubili
proteina amminoacidi C, H, O, N peptidico (ammidico)
fiSfiFIPI0 SV0tT0
Quale tra le seguenti affermazioni sui trigliceridi è corretta?
A) Possono Si formano per Quelli che Quelli che Gli acidi graasi
contenere acidi idrolisi da una contengono contengono di un trigliceride
grassi saturi molecola di solo acidi grassi solo acidi grassi hanno sempre
e insaturi nella glicerolo e tre polinsaturi a saturi, a parità catene carboniose
stessa molecola molecole di acido catena corta sono di lunghezza tutte della stessa
grasso generalmente delle catene lunghezza
solidi carboniose,
a temperatura hanno un punto
ambiente di fusione più
basso di quelli
che contengono
solo acidi grassi
polinsaturi
I trigliceridi sono I trigliceridi si Negli acidi grassi Gli acidi grassi saturi Gli acidi grassi
costituiti da acidi formano dalla insaturi la catena hanno un punto di di un trigliceride
grassi saturi o reazione di idrocarburica fusione più alto degli possono avere un
insaturi legati a condensazione di contiene legami acidi grassi insaturi, numero variabile
una molecola di tre acidi grassi con doppi, che perché le loro catene di atomi di carbonio,
glicerolo attraverso una molecola di producono curvature laterali sono ben e quindi una diversa
tre legami estere. glicerolo, non da una nella molecola e impacchettate e lunghezza.
reazione di idrolisi. le impediscono di tenute insieme da
La condensazione formare aggregati un maggior numero
avviene con compatti. Di di interazioni
eliminazione di una conseguenza, idrofobiche rispetto
molecola d’acqua, i trigliceridi agli acidi grassi
mentre nell’idrolisi contenenti acidi insaturi (dove invece
l’acqua entra come grassi insaturi sono le catene sono
reagente. liquidi a temperatura lontane tra loro
ambiente. a causa della forma
a gomito).
CHIMICA APPLICATA
Q Le trasformazioni chimiche nello vito quotidiono
I prodotti chimici fanno parte della nostra vita quotidiana più di quanto possiamo immaginare:
compongono i detergenti con cui laviamo i piatti, i fertilizzanti con cui concimiamo le piante,
gli additivi alimentari, ma anche i telefoni cellulari, gli elettrodomestici, per fare solo qualche
esempio. E molte sono le reazioni chimiche che avvengono spesso sotto i nostri occhi. Vediamo
le più comuni.
LE REAZIONI DI COMBUSTIONE
Un altro tipo di reazione con cui veniamo a contatto molto di frequente
è la combustione. Per esempio, la combustione della benzina nel moto-
re della macchina o quella del metano nell’impianto di riscaldamento.
In queste reazioni la molecola organica, detta combustibile, reagisce con
lossigeno, il comburente, per produrre anidride carbonica e acqua.
LA CHIMICA IN CUCINA
La cottura dei cibi provoca reazioni chimiche. Per esempio, il calore
polimerizza le proteine nel bianco d'uovo e provoca la formazione di
caramello con lo zucchero.
La reazione di Maillard è responsabile del colore e del sapore della carne rosolata o alla griglia,
ma anche dell’aroma di alcuni champagne e spumanti. In realtà si tratta di un complesso insieme
di reazioni relative principalmente all’interazione di zuccheri e proteine. Quando carboidrati e
proteine sono riscaldati insieme, i gruppi funzionali degli zuccheri riducenti, —CHO oppure
CO, reagendo con gli —NH di amminoacidi e proteine formano i nuovi prodotti della rea-
zione di Maillard, e il sapore dei cibi migliora.
Un ambiente basico generato dal bicarbonato di sodio rende disponibi-
le un maggior numero di gruppi —NH2 e quindi facilita la reazione di
condensazione fra i gruppi riducenti degli zuccheri e il gruppo ammini-
co degli amminoacidi, cosa che comporta l’imbrunimento dei cibi.
Nella preparazione di biscotti secchi si può usare come unico agente lievitante l’idrogeno carbo-
nato di ammonio (bicarbonato di ammonio). La polvere lievitante, durante la cottura in forno a
180-200 °C, si decompone in diossido di carbonio e ammoniaca. I due gas fanno lievitare i bi-
scotti e poi evaporano.
NH4HCO,t,) C 2(g) Hz
lOSSi O
Rispetto al GHS, il regolamento CLP considera anche gli aspetti di imballaggio non contemplati
Tossiòo ne1 GHS; conserva inoltre alcune frasi e classi di pericolo non contemplate da1 GHS. Lo scopo
del regolamento è di garantire un elevato livello di protezione d0llO 5alute d0ll’0S5ere umano e
dell’ambiente e la libera circolazione delle $O5tOnze e delle miscele.
Le sostanze e le miscele sono classificate in base ai seguenti parametri:
• classe di pericolo: identifica la natura del pericolo, che può essere di tipo isico, per la 5Dlute o
per l’amfiienfe;
• categoria di pericolo: la suddivisione dei criteri entro ciascuna classe di pericolo, che specifi-
ca la gravità del pericolo;
• pittogramma di pericolo: destinato a comunicare informazioni specifiche sul pericolo in que-
stione;
INOUADRA E GUARDA! • avvertenza: una parola che indica il grado relativo di gravità del pericolo; si distinguono
I joittogra mmi e Ie due gradi di pericolo: pericolo (per le categorie di pericolo più gravi) e attenzione (per le
classi di pericolo categorie di pericolo meno gravi);
• indicazione di pericolo: codici alfanumerici che iniziano con la lettera H (Hazard) seguita da
un numero di 3 cifre, descrivono la natura del pericolo di una sostanza o miscela pericolosa:
H2 pericoli di natura fisica;
H3 pericoli per la salute;
H4 pericoli per l’ambiente acquatico.
Tutte le sostanze e le miscele appartenenti a una o più classi di pericolo sono considerate
pericolose.
I due strumenti previsti dal regolamento CLP per comunicare i pericoli sono:
• l’etichetta,
• la scheda dei dati di sicurezza (o, più brevemente, scheda di sicurezza).
J La scheda di sicurezza
ÈO SC e@ 0 @ İ S İCU F+2ZZC1 Il produttore che immette sul mercato una sostanza o una miscela pericolosa è obbligato a forni-
deve essere redatła re una scheda dei dati di sicurezza (abbreviata in SDS). La scheda è un documento informativo
secondo le seguenti lb
SPZiOl3i O iQOtOlP'
che contiene tutte le informazioni utili per operare in sicurezza durante le operazioni di traspor-
1 j IÒeI3 fi fİ C z İ One Òe I I
to, commercializzazione, stoccaggio e utilizzo di una sostanza. Le schede di sicurezza sono molto
sostanza a dello miscela più dettagliate delle etichette.
e della socİetÒ/impress
2) ldenti ficozioiJe dei Gli utilizzatori della sostanza hanno il diritto e il dovere di leggere, comprendere e rispettare
pei-icol î questo strumento per evitare danni a sé, agli altri e all’ambiente. Questa scheda deve essere con-
3) Composİ zioiJe/ tinuamente aggiornata a cura della ditta produttrice.
in formozione sugli
İ ng i-edienti Il rivenditore al dettaglio deve fornire la scheda di sicurezza della sostanza o della miscela all’uti-
lizzatore finale a1 suo primo acquisto e ogniqualvolta venga revisionata da1 produttore.
5) Mİsure antİncendio
7) Mr iJ ipOlOzİone e
i m mug Ozzi no mentO
Q L’eticheNo degli olimenti
Lètichetta di un prodotto alimentare rappresenta la carta d’identità del prodotto. Ogni azienda
pi“ołezioiae İndividuale è obbligata per legge a specificare sulla confezione del prodotto alcune informazioni, in modo
9) ProprİetÒ fisiche e chiaro e comprensibile per il consumatore:
ch İmiche
10) Mobil e eottiv
• il nome del prodotto
l l ) Inlormozio,i • l’elenco degli ingredienti in ordine di peso decrescente
tossİcologiclae
• l’indicazione degli allergeni
12) Informazİoni
ecologiclJe • la data di scadenza
13) Considei”azioiai sulla • la sede dello stabilimento di produzione
sma IU men to
14) Information İ sul • la quantità netta
trO s poi tO • le istruzioni d’uso
1 Ù ) I IJ fOl”MOZÌO IJ Ì SU I I O
repolamenfazione • il paese di origine
lóAte inormoioni • illuogo di provenienza
• la dichiarazione nutrizionale
il titolo alcolimetrico, se si tratta di una bevanda alcolica
Per ingrediente si intende ogni sostanza usata nella preparazione di un prodotto alimentare e
ancora presente ne1 prodotto finito, anche se in forma modificata. Gli ingredienti comprendono
i nutrienti, i conservanti, gli antiossidanti e i lievitanti. Tra questi possono essere presenti anche
degli allergeni, che devono essere chiaramente distinti attraverso un tipo di carattere con di-
mensioni, stile o colore di sfondo differente (per esempio in grassetto).
Ace
@ Il foglio illustrativo dei medicinali
Ogni confezione di medicinale, deve contenere per legge il foglio illustrativo, conosciuto anche co-
meJogfieffo illustrativo o bugiardino, che fornisce le istruzioni necessarie per usare il farmaco in mo-
do corretto e sicuro. È un documento ufficiale approvato dallAIFA (Agenzia Italiana del Farmaco), il
cui contenuto è aggiornato periodicamente.
Il foglio illustrativo deve riportare:
• la composizione: principi attivi, eccipienti ecc.
• la categoria farmacoterapeutica, cioè la classificazione del farmaco ATC (classe anatomico-
terapeutica)
• la posologia (cioè dosi e frequenza di assunzione)
• le malattie o condizioni per cui è indicato
• i casi in cui non deve essere usato (avvertenze)
• eventuali effetti collaterali
• le modalità di assunzione e di conservazione
• la data di scadenza
• i rischi legati all’uso di dosi eccessive
• l’interazione con altri farmaci, cibi e bevande assunti simultaneamente
• il produttore del medicinale
• il responsabile della commercializzazione
somministrata all’uomo allo scopo di ripristinare, correggere o modificare funzioni 2) med icina li di oi ig i ne
f/J IL/5fi”lO/E'' OVVE I O
fisiologiche, esercitando un’azione farmacologica, immunologica o metabolica, ovvero medi ci n eli per‘ oso
di stabilire una diagnosi medica.
biolog ici, preparati
Tutti i medicinali sono costituiti da principi attivi e da vari eccipienti. industrialmente o
nella cui produzione
Il principio attivo è il componente del medicinale da cui dipende la sua azione curativa, cioè il i II te FVi e II e U I3 p I“OCeSSO
medicinale vero e proprio (per esempio paracetamolo, ibuprofene ecc.). iiJdusti”iaIe.
Gli eccipienti sono invece componenti privi di azione farmacologica, che hanno la funzione di
proteggere il principio attivo dagli agenti esterni che potrebbero danneggiarlo (come il caldo,
il freddo, l’umidità o altre sostanze chimiche), di aumentare il volume per consentire la pre-
parazione di compresse di dimensioni accettabili, di rendere stabili soluzioni o sospensioni, di
facilitare l’assorbimento o modificare la velocità di rilascio nell’organismo, di rendere il sapore
i| sgóó6rosio,
più gradevole ecc.
Un medicinale generico è un medicinale bioequivalente rispetto a un medicinale di riferimen-
to con brevetto scaduto, autorizzato con la stessa composizione quali-quantitativa in principi
attivi, la stessa forma farmaceutica, la stessa via di somministrazione e le stesse indicazioni te-
rapeutiche. I medicinali generici sono sottoposti agli stessi controlli che lAIFA riserva a tutte le
specialità in commercio.
I farmaci vengono classificati sulla base di criteri complessi, che tengono conto:
• dell’apparatO/5i5tema su cui agiscono (es. sistema cardiovascolare)
• delle patologie che contrastano (es. antiinfiammatori, antipiretici)
• delle/sezioni che stimolano (es.lassativi)
• della 5truttura chimica (es. antiinfiammatori non steroidei FANS) INQUADRA E GUARDA!
• del meccanismo d’azione (es. inibitori della pompa protonica) I detergenti
m« • ‹ ț a ChimiC@ CHIMICA APPLICATA
Ğ La chimico e l’ombiente
LE PIOGGE ACIDE
I1 pH naturale de11’acqua piovana non è neutro, ma ha un valore intorno a 5,5. Questo avviene
perché il diossido di carbonio presente in atmosfera si discioglie in acqua producendo acido
triossocarbonico, H,CO , per la reazione:
Nz 5+ H z 2HNO2
SO3+ H z 1 H zS 4
Quando il vapore acqueo condensa a formare le nubi, gli acidi si mescolano all’ac-
qua e ricadono a1 suolo sotto forma di piogge acide.
Tali precipitazioni acidificano i laghi e i fiumi, causando gravi danni agli organismi
che vi abitano. Anche il suolo si acidifica e la vegetazione si indebolisce; i semi fati-
cano a germinare. Nemmeno le opere umane sono risparmiate: gli acidi intaccano
il calcestruzzo di edifici e ponti, compromettendo la stabilità delle strutture. I mo-
numenti storici vengono corrosi e danneggiati in maniera irreversibile.