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Processi Cognitivi

Approccio cognitivo dell’apprendimento


di una lingua, si basa su due teorie: - ASPETTI E FUNZIONI DEI PROCESSI COGNITIVI

- LINGUISTICA COGNITIVA, che ha permesso di descrivere il rapporto tra LINGUAGGIO E


CONOSCENZA descrivendo le relazioni tra PAROLE E PENSIERO

Quali sono i processi cognitivi coinvolti nell’apprendimento di una lingua?


1. PERCEZIONE: È quel processo cognitivo che ci permette di INTERPRETARE LE INFORMAZIONI (consciamente o
inconsciamente), che riceviamo attraverso i sensi
E BISOGNA PERÒ FARE UNA
DISTINZIONE CON LA SENSAZIONE!
Infatti
Sensazione = risposta inconscia agli
Il mondo non viene percepito dagli esseri umani così IMPUT SENSORIALI
com’è, bensì secondo il modo in cui esso lo
percepisce mediante gli stimoli, come avviene per l’illuminazione
degli spazi che influenza ciò che percepiamo.

Bisogna fare una distinzione tra:


PERCEZIONE DIRETTA: frutto dell’analisi dello stimolo = INFORMAZIONI IMMEDIATE GIÀ PRESENTI NEGLI STIMOLI PERCEPITI,
non sono quindi frutto di elaborazione da parte del soggetto, e nessun tipo di apprendimento è richiesto da parte del soggetto
(BOTTOM UP). Tale tipologia di percezione, nel campo degli stimoli linguistici, entra in gioco ad esempio nel momento in cui si viene
esposti in modo inconscio agli stimoli della lingua madre (processo che si viene a creare nella pratica degli automatismi)
PERCEZIONE INDIRETTA: processo inconscio di tipo integrativo secondo cui riusciamo a raggiungere a delle conoscenze, attraverso
altre che sono a noi già note (TOP DOWN). Quest’ultima si attiva nei processi di apprendimento linguistico nei quali si interpretano
nuovi stimoli, sulla base di ciò di cui si è appreso precedentemente.

La percezione è stata anche studiata dal punto di vista della Psicologia della “Gestalt”, secondo cui la PERCEZIONE è si INDIRETTA
MA BASATA SU PRINCIPI INNATI, essa è quindi da considerare come la conoscenza globale di quanto ricevuto dai sensi, e non la
somma di elementi sensoriali, come già si può comprendere dal significato della parola GESTALT=FORMA, che appunto rinvia alla
PERCEZIONE COME AL RISULTATO DI DARE UNA FORMA AGLI STIMOLI RICEVUTI.

Principi di unificazione delle conoscenza percettiva del mondo:


• PRINCIPIO DI VICINANZA, per il quale si tende a raggruppare in un’unità di significato stimoli spazialmente o temporalmente
vicini
• PRINCIPIO DI SOMIGLIANZA, raggruppiamo elementi simili
• PRINCIPIO DI CHIUSURA, percepiamo come unità quelli elementi che generano nel loro insieme una chiusura
• PRINCIPIO DI CONTINUITÀ, unifichiamo elementi che appaiono in continuità senza interruzioni
• PRINCIPIO DI PREGNANZA, si da priorità a quegli stimoli che danno una configurazione semplice e densa di valore

Tali principi, sebbene considerati innati, NON a


SONO IMPERMEABILI ALL’ESPERIENZA!
ES. Somiglianza tra elementi percepiti è
influenzata dall’ambiente, circostanze, ecc.
PERCEZIONE VISIVA
Percezione e linguaggio sono strettamente legati, la ragione principale alla base di tale relazione è il fatto che il sistema percettivo è il
mezzo primario attraverso cui i segni linguistici acquisiscono significato

All’interno di questa relazione la PERCEZIONE VISIVA svolge un ruolo fondamentale

Quest’ultima infatti caratterizza il linguaggio e può MODELLARNE L’ELABORAZIONE, infatti


soprattutto nei primi stadi dell’apprendimento, la percezione visiva è in grado di attivare
le informazioni relative al linguaggio

La relazione tra percezione visiva e comprensione Il linguaggio influenza la percezione a più livelli secondo il MODELLO
linguistica è complessa e basata su meccanismi DEL PARADIGMA VISIVO, il quale afferma che il linguaggio fa da
impliciti e soggetta a variabili personali, oltre che alle intermediario tra i movimenti oculari e le immagini presenti nel
condizioni ambientali contesto visivo, e nell’elaborazione degli stimoli visivi

PERCEZIONE VISIVA E EDUCAZIONE LINGUISTICA


È possibile osservare che tutte le TECNICHE GLOTTODIDATTICHE che uniscono gli imput linguistici uditivi da apprendere a un
contesto visivo attraverso ad esempio video, o immagini, o facendo creare agli studenti delle scene OFFRONO UN
APPRENDIMENTO VANTAGGIOSO, NONCHè UNA ELABORAZIONE MULTIMODALE DEGLI IMPUT LINGUISTICI

I GESTI SVOLGONO UN RUOLO FONDAMENTALE, in quanto integrano gli imput uditivi con la percezione visiva,
permettendo di apprendere con maggior facilità ciò che si ascolta. Pensando ai GESTI COVERBALI, ad esempio, questi
supportando il significato delle parole dette, svolgono funzioni concettuali imprescindibili e collocandosi nel contesto
visivo, sono strumenti utili e indispensabili per la didattica delle lingue.

Occorre poi tenere presente che la PROGETTAZIONE DEGLI SPAZI e degli STRUMENTI FUNZIONALI ALL’EDUCAZIONE LINGUISTICA sono in
grado di condizionare la percezione visiva degli studenti, e se non predisposti nella maniera corretta possono influire negativamente
sull’attenzione dello studente. È necessario quindi porre attenzione a:
• ILLUMINAZIONE DEGLI SPAZI • DIMENSIONE DEL CARATTERE DEI TESTI
• DISTANZA TRA DOCENTE E STUDENTE • COLORE DEI CARATTERI

I colori svolgono un ruolo fondamentale nell’apprendimento, in quanto ciascuno di essi è associato a delle
EMOZIONI. Questi producono degli effetti sulle emozioni che però non sono da considerare universali, in
quanto possono cambiare in base alla cultura (colore del lutto in Oriente/Occidente) o possono essere
influenzati dalla lingua (giallo per il segnale di attenzione in Italia che in realtà è arancione.
È utile osservare le emozioni attribuite ad ogni colore in base alla PSICOLOGIA DEI COLORI:
• BLU: calma
• ROSSO: calore, energia, attira l’attenzione
• GIALLO: stati emotivi positivi, sposta il focus attentivo su di se
• ARANCIONE: sensazioni positive, predispone al successo
• VERDE, equilibrio, permette di percepire una visione omogenea dei contenuti
• NERO: sicurezza e autorevolezza, utilizzato per contenuti essenziali e imprescindibili, ma da evitare come
sfondo in quanto cattura la luce, e compromette la percezione visiva
• BIANCO: tranquillità e pace, da prediligere negli sfondi
PERCEZIONE UDITIVA
La percezione uditiva è una componente importante dei processi di acquisizione (esposizione indiretta agli imput) e di apprendimento
linguistico, essa fa infatti riferimento all’ELABORAZIONE DI IMPUT FONOLOGICI.

Ciò nonostante…
Il suo ruolo è stato a lungo trascurato per quanto concerne l’acquisizione della lingua madre. Ciò è dovuto allo sbilanciamento, negli
studi della linguistica nei confronti:
1. Della LANGUE = sistema linguistico come prodotto
2. Del SIGNIFICANTE = considerato di natura mentale e quindi ineffabile PREVALSERO GLI STUDI
3. Del PARLANTE = sembrava offrirsi agli studi linguistici più facilmente rispetto all’ascoltatore LINGUISTICI

Con l’affermarsi della linguistica generativa è stata data più importanza al ruolo del parlante nella costruzione della lingua attraverso la
combinazione di fonemi, morfemi e grafemi, che nella comunicazione orale e scritta quotidiana non vengono in realtà percepiti come
tali. Perciò se consideriamo che la PERCEZIONE UDITIVA INIZIA GIÀ DAL GREMBO MATERNO ci rendiamo conto di quanta importanza
essa assuma nello sviluppo del linguaggio, è stato infatti solo con lo studio della linguistica cognitiva che lo studio della percezione
uditiva e dei suoni linguistici assume il ruolo primario che gli spetta.

Nell’apprendimento linguistico la percezione uditiva deve essere stimolata attraverso esercizi che coinvolgono processi di TOP-DOWN,
affinché il parlato possa essere appreso così com’è effettivamente utilizzato.
Degli studi neurocognitivi, hanno infatti ben compreso la difficoltà della percezione uditiva del parlato, proponendosi di analizzarne
diversi aspetti, considerando il livello di apprendimento del parlante. Tali studi hanno dato come risultato che l’apprendente che
consegue migliori risultati di apprendimento della lingua target, è quello che presenta capacità uditive migliori dimostrando il rilievo
della percezione uditiva nello sviluppo della competenza linguistica.
L’ATTENZIONE
È un sistema cognitivo composto da processi, i cosiddetti processi attentivi, che permettono:
• di mettere a fuoco selettivamente uno o più stimoli
• mantenere concentrata la focalizzazione il tempo necessario per lo svolgimento di una determinata attività
• concentrare l’attenzione su stimoli eterogenei contemporaneamente
• concentrare l’attenzione in modo alternato sugli stimoli
Tali processi sono però LIMITATI :
• nel TEMPO, che si può riservare a uno stimolo
• nella QUANTITÀ di stimoli su cui ci si può concentrare
• nella QUALITÀ, in quanto azioni che richiedono l’attenzione protratta nel tempo, subiscono un deterioramento

In cosa sono utili i processi attentivi?


Questi ultimi sono NECESSARI per il FUNZIONAMENTO DELLA MEMORIA DI LAVORO, e quindi essenziali nella MEMORIZZAZIONE dei
concetti a cui si è esposti, il ruolo dell’attenzione è essenziale nella memorizzazione, infatti nell’apprendimento linguistico per
codificare IMPUT(=stimoli a cui si è esposti) visivi e uditivi è necessaria la concentrazione, affinché essi diventino INTAKE
(=informazioni acquisite e archiviate)
Occorre distinguere:
• ATTENZIONE PERCETTIVA: tipologia di attenzione inconscia che prevede la concentrazione su informazioni già note
per lo svolgimento di attività già apprese (ESEMPIO: conversazione in lingua madre su argomenti noti, oppure
per un bambino non lo è la lettura)
• ATTENZIONE FOCALE: al contrario di quella percettiva, è un’attenzione di tipo conscio, cioè il soggetto in modo
intenzionale decide di porre attenzione su stimoli che ad egli sono del tutto o parzialmente nuovi. (ESEMPIO:
conversazione in lingua straniera)

È l’ESECUTIVO CENTRALE che supervisona la distribuzione delle risorse attentivi quando più stimoli richiedono
l’attenzione per lo svolgimento di un compito, esso infatti, permette di mantenere attiva l’attenzione sugli imput
pertinenti o bloccare l’accesso a quelli che sono invece irrilevanti

In molte attività cognitive di apprendimento linguistico, le due attenzioni esplicita e implicita INTERAGISCONO e si ALTERNANO, che si
tratti di attività nuove o familiari. Infatti, nonostante spesso alcune procedure basate su conoscenze già concretizzate vengono svolte come
se si trattasse di “automatismi”, è anche vero che si possa venire incontro a degli intoppi per cui bisogna far uso di un’attenzione di tipo
focale e soffermarsi di più. Ciò avviene ad esempio quando un’informazione anche nella lingua madre stessa, non viene compresa, o
viene fraintesa, per cui c’è bisogno di porre la nostra attenzione su imput che non siamo riusciti a comprendere automaticamente.

Tipologie di Attenzione
L’attenzione si CONFIGURA IN UNA COMPLESSA RETE DI PROSSI DEPUTATI A SVOLGERE DIVERSE FUNZIONI, tra i quali è possibile
distinguere:
1. AUROUSAL
2. ATTENZIONE SELETTIVA
3. ATTENZIONE SOSTENUTA
4. ATTENZIONE DISTRIBUITA
5. ATTENZIONE ALTERNATA
Tipologie di Attenzione
1. L’Arousal= sistema attentivo di allerta e vigilanza , è di fatto un processo fisiologico attraverso cui si prepara l’attenzione cosciente.
Data la sua posizione (parte inferiore del cervello) è fortemente influenzato dalle emozioni, strettamente legate ai processi
attentivi, infatti è coinvolto nella sua attivazione il sistema limbico, che è in grado di influenzare positivamente o
negativamente l’attenzione

2. L’Attenzione Selettiva = è quel sistema attentivo che permette di fare una selezione tra i vari stimoli, in modo tale da poter
ignorare quelli meno pertinenti o distraenti rispetto al compito che il soggetto deve compiere

Può essere distinta in :


• ATTENZIONE SELETTIVA BOTTOM-UP, in cui l’attenzione si concentra involontariamente su stimoli ambientali, ad esempio
quando si è attratti da una conversazione alla quale non si dovrebbe prendere parte e per cui non sarebbe necessario
concentrarsi. Tale processo può generare un rallentamento dello svolgimento di un’attività, dal momento che genera
interferenze con gli stimoli pertinenti
• ATTENZIONE SELETTIVA TOP-DOWN, in cui l’attenzione selezione volontariamente imput sui quali soffermarsi in modo più
approfondito, ad esempio quando si sta prendendo parte ad una conversazione in un ambiente rumoroso. In questo caso
possono essere adottate strategie cognitive per favorire il soddisfacimento delle aspettative.
COCKTAIL PARTY PROBLEM

La selezione degli imput operata dall’attenzione selettiva è stata studiata attraverso diversi modelli:
• BROADBENT, sviluppa un modello basato sui sensi, che però non fu in grado di risolvere il cocktail party problem
• TREISMAN, il cui modello afferma che è possibile filtrare le informazioni in base alla loro importanza, che riuscì a spiegare il cocktail
party problem, e quindi il motivo per cui in mezzo a tanto rumore si possa riuscire ad esempio a distinguere la voce di qualcuno
che chiama il nostro nome.
(Entrambe le teorie prevedono che non si possa prestare consapevolmente attenzione a tutti gli stimoli in arrivo)
Tali teorie sono state in seguito superate da altre più moderne che hanno cercato di superare le cricità precedenti.

3. L’Attenzione Sostenuta = ci permette di mantenere concentrata l’attenzione su uno stimolo per una durata di tempo prolungata
4. L’Attenzione Distribuita = consente di porre l’attenzione su PIÙ IMPUT CONTEMPORANEAMENTE, grazie a tale attenzione è
possibile rispondere a stimolazioni multiple provenienti dall’ambiente

5. L’Attenzione Alternata = processo che permette di SPOSTARE IL PROPRIO FOCUS ATTENTIVO da uno stimolo ad un altro, passare
da un compito a un altro e ritornare su quello lasciato

I COMPITI ATTENTIVI COMPLESSI, seppur quotidiani e quindi per noi svolti automaticamente, richiedono per quanto riguarda l’attenzione
focale lo sforzo di tutti i processi di attenzione selettiva menzionati. Questo avviene ad esempio quando si guida l’auto, in particolare per
quanto riguarda percorsi che al guidatore sono nuovi, per cui richiedono un grado di attenzione maggiore, che si attiva previamente
attraverso l’arousal. Si deve attivare poi l’attenzione sui vari stimoli presenti nell’ambiente della strada, e quindi fare una selezione
attraverso l’attenzione selettiva, ripetuto poi tutte le volte che occorre rimuovere la propria attenzione da stimoli irrilevante. Alla guida è
richiesto poi mantenere la propria attenzione per una durata di tempo, a seconda dei casi, prolungata. È inoltre necessario, mantenere
l’attenzione su più stimoli contemporaneamente, ad esempio ai movimenti del pedale e del freno, e può essere necessario anche
l’utilizzo dell’attenzione dell’attenzione distribuita in quanto in alcuni contesti è necessario spostare il proprio focus attentivo, ad
esempio da dallo specchietto retrovisore allo spazio visivo frontale.
Processi attentivi e educazione linguistica
I compiti di apprendimento impiegano tutte le tipologie di attenzione, infatti…
È necessario predisporsi al compito di apprendimento (AROUSAL), focalizzare l’attenzione in modo selettivo inibendo gli imput non
necessari (ATTENZIONE SELETTIVA), e ciò può avvenire abbastanza a lungo (ATTENZIONE SOSTENUTA), ad esempio questo può avvenire
nel momento in cui uno studente si concentra nella preparazione di un’esame o un’interrogazione; nell’ambito della classe invece, può
avvenire che il docente richieda allo studente di concentrare la propria attenzione su più imput diversi (ATTENZIONE ALTERNATA), o che
lo studente debba porre la propria attenzione su più imput contemporaneamente (ATTENZIONE DISTRIBUITA).
In qualsiasi compito di attenzione essi svolgano, gli studenti devono selezionare gli imput e non “lasciarsi distrarre” da stimoli
estranei, che possono generare interferenze. Tali interferenze possono essere generate sia da fattori esterni, ma possono provenire
anche dalla propria mente = fenomeno del MIND WANDERING
Sono distrazioni che nascono da particolari
(Fenomeno per cui lo SPOSTAMENTO DELL’ATTENZIONE INVOLONTARIO
condizioni emotive dello studente e variano in
studente a fine pagina E INCONSAPEVOLE VERSO PENSIERI O RAPPRESENTAZIONI
base all’età(= nei soggetti più anziani
non sa cosa ha letto) MENTALI
risultano più pervasive)

Sull’attenzione inoltre influiscono fattori psico-fisici:


• Lo stato di riposo della persona
• Il clima sereno e un ambiente in cui le distrazioni
sono limitate
• La disposizione emotiva e lo stato motivazionale

• STATO EMOTIVO NEGATIVO = diventa difficile inibire


Tuttavia condizioni soggettive possono pensieri legati all’ansia o preoccupazione
influire sul ciclo circadiano possono • STATO PSICO-FISICO OTTIMALE = è strettamente legato
influire condizioni soggettive: al CICLO CIRCADIANO, cioè il livello di rendimento
• privazione del sonno dell’attenzione varia nell’arco della giornata, i livelli
• età ottimali sono intorno alle nove o nel pomeriggio e nelle
• uso di farmaci o droghe ore serali

Attenzione Congiunta
Affinché prenda forma una struttura intenzionale condivisa di apprendimento è necessario che docente e studente si instauri
un’ATTENZIONE CONGIUNTA = situazione attentiva in cui due persone si prestano attenzione reciprocamente in modo consapevole,
monitorandosi a vicenda nello stesso spazio. Fondamentale poiché scaturisce un insegnamento ed è alla base dello sviluppo di tutte la
abilità sociali, ed è inoltre alla base dello sviluppo del linguaggio dei primi ominidi

PER VIA DI QUESTO SUO CARATTERE FONDAMENTALE è OPPORTUNO CONSIDERARE IN MODO


PRIORITARIO IL RUOLO DELL’ATTENZIONE CONGIUNTA NELL’APPRENDIMENTO LINGUISTICO, INFATTI
NESSUNA AZIONE DIDATTICA PUÒ ESISTERE SENZA UN’ATTENZIONE CONGIUNTA IN CLASSE

Quest’ultima si sviluppa in tre periodi:


• Primi 9 mesi di vita le abilita di attenzione congiunta non emergono pienamente
• Tra i 9 e 18 mesi di vita gli infanti iniziano a seguire l’attenzione e gli atteggiamenti delle altre persone
• Tra i 18 e i 24 mesi di vita l’attenzione congiunta si manifesta in modo strutturato nell’apprendimento e nell’uso della lingua
L’attenzione congiunta è:
• VOLONTARIA
• CONSAPEVOLE Occorre che si tenga conto di tutti quegli elementi strategici che favoriscano l’attenzione congiunta, come un
• INTENZIONALE ambiente scolastico sereno, la disponibilità alla comunicazione da parte del docente, ma anche la mimica
facciale e la gestualità

L’Arousal nella classe di lingua


L’Arousal che lo studente pone in un compito di apprendimento è necessario poiché coinvolge sia la mente che le emozioni, infatti
quest’ultimo può essere influenzato sia da fattori esterni presenti nell’ambiente, ma anche da fattori interni, legati per cui a contingenze
emotive o fisiche del soggetto apprendente.
OCCORRE QUINDI ADOTTARE STRATEGIE DIDATTICHE TRA CUI:
• Accentuazione della novità degli imput
• Introduzione dell’importanza che il compito svolto ha e quindi dare un obbiettivo a quello che si svolge durante le lezioni
• La presentazione delle difficolta del compito da svolgere
• Variazione delle tecniche didattiche
• Uso di materiale esteticamente piacevole
• Utilizzo di spazi belli e funzionali
• Disposizione empatica nei confronti degli studenti, mettendo in evidenza la normalità del compiere un errore nel corso
dell’apprendimento e la volontà di superare assieme a questi ultimi tale errore

Attenzione Selettiva e Distribuita: problemi di interferenze e strategie


L’attenzione selettiva permette di “fare una selezione” tra gli imput e inibire quelli non necessari. Quest’ultima può essere:

VISIVA UDITIVA
Permette di selezionar imput visivi. Permette di selezionare imput uditivi. Quest’ultima è importante
Quest’ultima è essenziale nei compiti di lettura e viene nei compiti di comprensione orale, e affinché non ci siano
attivata volontariamente dallo studente, quest’ultimo interferenze in classe è necessario innanzi tutto che non si crei il
deve infatti essere guidato dal docente per quanto cocktail party problem e che quindi le voci non si sovrappongono
riguarda la difficoltà del compito svolto, che deve tra di loro, ma è oltretutto necessario che non si creino situazioni
essere proporzionale alle capacità linguistiche dello di interferenza strutturale (quando ad esempio si svolgono più
studente. Inoltre è necessario non selezionare imput abilità linguistiche simultaneamente), perciò è sempre
simili tra di loro in quanto potrebbero causare necessario introdurre ciò che si sta per ascoltare. Da questo
confusione nello studente, come ad esempio avviene punto di vista svolgono un ruolo importante le esperienze
quando si svolge un cruciverba pregresse nonché le conoscenze già archiviate nella memoria a
lungo termine

In entrambi i casi è bene tener conto del fenomeno dell’EFFETTO PRIMING, un effetto che espone lo studente a essere influenzato nella
risposta agli stimoli da quanto visto, letto, ascoltato poco prima, quest’ultimo può influenzare:
• positivamente, e che quindi agevoli nella risposta
• Negativamente, poiché potrebbe occorrere che l’attenzione selettiva debba fare un “cambio di filtro” riguardo uno stimolo che era
stato precedentemente inibito
Attenzione Alternata e Sostenuta nella classe di lingua

Per quanto concerne l’attenzione sostenuta il docente può adottare alcune


Tutte le attività didattiche basate su abilita
strategie per evitare il declino volontario dell’attenzione, ad esempio:
integrate possono richiedere l’utilizzo
• occorre che il materiale didattico sia coerente con gli scopi che si vuole
dell’attenzione alternata, in particolare nella
raggiungere nella lingua target, e che quindi essi siano accattivanti e
classe di lingua, nel passaggio dalla
esteticamente attraenti
comprensione degli imput da una lingua ad
• scegliere temi da affrontare in classe in base agli interessi degli studenti
un’altra.
• flessibilità del docente e coinvolgimento dello studente, per cui la lezione
In questo caso risulta necessario per uno
deve essere interattiva, e lo studente deve essere chiamato a parteciparvi
studente la capacità di effettuare uno switch
da una lingua all’altra, tanto più è elevata la
competenza acquisita nella lingua, meno
risulta faticoso effettuarlo

CONSAPEVOLEZZA E META-ATTENZIONE
Attenzione + Consapevolezza = STRETTAMENTE CONNESSI, e possono essere distinti sul piano operativo in quanto non abbiamo
sempre consapevolezza degli imput su cui poniamo la nostra attenzione, tuttavia se attenzione e consapevolezza possono essere
combinate, il docente può adottare delle strategie che favoriscano lo SVILUPPO DI STRATEGIE METACOGNITIVE

DIVENTARE CONSAPEVOLI DELLA PROPRIA


ATTENZIONE E CONTROLLARLA PER RENDERE PIÙ
EFFICIENTI I PROCESSI ATTENTIVI

Cosa influenza la meta-attenzione quindi?


• consapevolezza delle proprie attitudini verso alcune attività
linguistiche, predispone in modo più favorevole l’attenzione
• consapevolezza circa la propria motivazione, influenza sia i livelli
di arousal sia la capacita di mantenere alto il livello di attenzione
durante lo svolgimento della lezione
• le esperienze pregresse di apprendimento linguistico possono
fornire allo studente consapevolezza circa gli elementi che
generano interferenze, inibendoli
LA MEMORIA
La memoria è un sistema multi-componenziale di processi cognitivi che permettono di codificare, conservare e recuperare le
informazioni, in magazzini, capacita spaziali e con disponibilità temporali diverse, per renderle disponibili a nuove interazioni con
l’ambiente. Data la complessità e il grande numero di compiti svolti dalla memoria, parliamo di un sistemi e processi di memoria,
anziché di un sistema unitario poiché le diverse componenti di quest’ultima interagiscono tra di loro in differenti aree neurali.

Per lo stesso motivo, nel corso della storia gli intellettuali si son a lungo interrogati sul ruolo della memoria e sulla sua importanza,
infatti, quest’ultima venne trattata sin dalla prima antichità dai GRECI, i quali tramandarono la loro cultura poi ai ROMANI, ma fu
trattata da un punto di vista psicologico, solo a partire dall’800, in particolare lo vediamo nell’opera di Marcel Proust, “Alla ricerca
del tempo perduto”, in cui assume un ruolo essenziale la madleine, il cui assaggio risveglia nel protagonista ricordi fino ad allora
dimenticati. Emergono da qui due piani della memoria: l’inconscio, quindi una memoria che non ha consapevolezza di essere attivata,
come avviene nel primo assaggio della madleine, e la presa di coscienza, attraverso cui il protagonista rivive i momenti del passato.

Nonostante le diverse interpretazioni della memoria da un punto di vista letterario, queste non possono essere considerate corrette da
uno meramente scientifico. Infatti, l’attività mnestica e il ricordo sono il frutto di un insieme di processi interagenti, non indipendenti
tra di loro, per cui la capacita di recuperare un’informazione depositata nella memoria, dipende dalla modalità in cui questa è stata
codificata, motivo per cui è più corretto parlare di un insieme di processi distinti che si attivano in funzione del tipo di attività cognitiva
che il soggetto svolge.

Tipi di memoria
È stato solo a partire del 900, che da un punto di vista scientifico, son stati svolti degli studi a proposito del funzionamento del
cervello nel compito di memoria, e che quindi la psicologia cognitiva ha proposto diversi modelli di funzionamento della
memoria.
Un primo studio su quest’ultima fu svolto da Ebbinghaus, alla fine del XIX secolo. Nonostante fosse già noto agli antichi che
l’apprendimento era frutto di ripetizione costante, egli cerco di stabilire un criterio a riguardo del funzionamento di
apprendimento, ricordo e oblio. Egli prese se stesso come oggetto di studio, e provò ad apprendere una serie di sequenze
(triagrammi), per un determinato periodo di tempo. Il suo studio diede come risultato alcuni aspetti che sarebbero stati oggetto di
studio di ricerche sperimentali del primo Novecento, in particolare si rese conto che l’apprendimento migliora se distribuito nel
tempo, in più sedute, piuttosto che una. L’apprendimento trae vantaggio, dunque, da un recupero dello stimolo
distribuito nel tempo. Ciò nonostante tale studio aveva due limiti:
• il fatto che Ebbinghaus fosse l’unico oggetto di studio
• le condizioni non ecologiche di apprendimento I suoi studi si basavano su una possibile misurazione dei fenomeni
psicologici a livello sperimentale

Una prima distinzione dell’organizzazione della memoria viene effettuata tra memoria dichiarativa esplicita e memoria non
dichiarativa implicita.
• MDE (knowning that) : recupera i ricordi attraverso un coinvolgimento della coscienza, quindi con consapevolezza (ricordare il
significato di una parola in lingua straniera)
• MNDI (knowing how): riguarda aspetti procedurali che svogliamo senza consapevolezza, quindi in automatico (andare in bici,
nuotare). A quest’ultima sono riconducibili i fenomeni di priming e soprattutto quelli che riguardano la memoria emotiva.
CARATTERISTICHE DELLA MEMORIA DICHIARATIVA: MLT E MBT
Già alla fine degli anni 40 dello scorso secolo, lo studioso Weiner, aveva ipotizzato l’esistenza di un sistema di memoria attivo a breve
termine, e di uno a lungo termine. L’anno successivo Hebb, nell’ambito degli studi sulla plasticità sinaptica, secondo cui nel momento in
cui vengono apprese nuove informazioni, il cervello si adatta a questi nuovi stimoli, aveva avanzato ipotesi sull’esistenza di memoria a
due componenti, il cui primo modello venne descritto da James, in ambito psicologico, il quale propose una distinzione tra una
“memoria primaria”, in cui i contenuti permanevano per poco tempo, e una “memoria secondaria”, in cui le informazioni rimanevano
per più tempo.
La distinzione tra memoria a breve termine e memoria a lungo termine, è stata indagata scientificamente solo negli anni 50
del Novcento, e questa suddivisione destò un ampio dibattito in ambito scientifico, e diede luogo ad un fiorire di modelli che si
basavano sul concetto di una memoria a più sistemi interagenti, tra questi il modello modale.

Nonostante questo modello abbia costituito Tale modello elaborato da Atkinson e Shiffrin, nel 1968, ha provato
un’importante base per lo sviluppo di modelli successivi, in qualche modo a chiarire il passaggio di una traccia nella mente. Vi è
presentava due criticità a livello neurologico: dunque un percorso dell’informazione che viene inizialmente
• alcuni pazienti che presentavano la MBT seriamente trattenuta ed elaborata da una memoria sensoriale, a brevissima
danneggiata, risultavano comunque in grado di durata. Dopodiché, l’informazione viene trasferita alla MBT, ed
mantenere un buon apprendimento a lungo termine elaborata a livello fonologico, in seguito verrà poi trasferita alla MLT,
• la probabilità che il trasferimento di un’informazione attraverso la ripetizione, che la elabora sul piano semantico. In questo
dalla MBT alla MLT, dipendesse dalla permanenza di percorso è importante tener conto:
quest’ultima nella MBT, è quindi dalla ripetizione non 1. Della centralità della MBT,senza cui l’informazione non avrebbe
è stata provata, infatti, le informazioni possono accesso alla MLT
raggiungere la MLT, indipendentemente dall’attività 2. Il tempo e la quantità di ripetizione necessarie al trasferimento
della MBT. dell’informazione nella MLT

Modello di Craick e Lockhart: I LIVELLI DI ELABORAZIONE


Craick e Lockhart si soffermano non su quanto un’informazione venga ripetuta, bensì sul tipo di elaborazione a cui essa è
sottoposta. Secondo tale modello l’informazione viene trasferita da MBT a MLT, in base alla profondità della codifica
semantica. Il processo di elaborazione avviene per cui attraverso un continuum, e non per stadi definiti, che procede dalla
percezione degli aspetti sensoriale, all’elaborazione fonologica, fino a giungere alla profondità di codifica, i quali dipendono dalle
caratteristiche intrinseche del materiale e dalle strategie richieste per il suo apprendimento.
I due studiosi proposero inoltre una distinzione tra ripasso di mantenimento e ripasso elaborativo. Sulla base di questa
distinzione, essi affermarono che la ripetizione è si funzionale all’apprendimento ma solo se essa avviene con il coinvolgimento
della dimensione semantica, in caso contrario si tratta semplicemente di un ripasso di mantenimento, che può essere utile solo
per ricordare ad esempio un numero di telefono, ma non contribuisce un apprendimento stabile.
Implicazioni per l’educazione linguistica
• la semplice codifica a livello fonologico non garantisce l’acquisizione della lingua straniera
• il ripasso elaborativo e la profondità di codifica possono realizzarsi solo a partire da un materiale linguistico significativo, per
cui il testo deve essere l’unità minima di studio
LA MEMORIA A BREVE TERMINE
Sulle basi del modello modale si consolida attorno agli anni 60/70, l’idea che la memoria fosse costituita da più sistemi
interagenti. Molti studi furono effettuati a partire da questo, sulla base dei quali nacque una distinzione tra memoria di lavoro e
memoria a breve termine. Per quanto concerne la memoria a breve termine è il sistema di memoria che presiede alla
conservazione di informazioni necessarie per una quantità di tempo limitata allo svolgimento di un determinato
compito, ad esempio trascrivere le misure prese col metro su di un foglio.
Caratteristiche:
• l’informazione processata dalla MBT ha una durata di tempo limitata, e l’oblio di quest’ultima può avvenire per decadimento
della traccia o a causa di interferenze
• la capacita di informazioni contenute è limitata e viene descritta attraverso il concetto di span di memoria

L’ interferenza
Può essere di due tipi:
1. Retroattiva : nuovo materiale compromette ciò che è stato precedentemente appreso, ciò dipende da quanto il materiale
appreso in precedenza è debole e da qun’auto significativo è il nuovo materiale. Ciò avviene principalmente per elementi
simili tra di loto
2. Proattiva: ciò che abbiamo appreso precedentemente ostacola la codifica di ciò stiamo apprendendo, anche in questo caso la
similarità degli elementi gioca un ruolo fondamentale, per cui è necessario a livello dell’educazione linguistica
contestualizzare il materiale a livello semantico

Lo SPAN di memoria
Lo span di memoria si riferisce all’ampiezza dello spazio disponibile nella memoria a breve termine che secondo degli studi di
Miller corrisponde a 7+ o — 2, per indicare il numero di elementi generalmente appreso attraverso liste di parole o numeri.
Questi ultimi devono pero essere considerati come raggruppamenti di elementi che vengono integrati nella memoria a breve
termine ogni qual volta possibile. In base a tale osservazione è dunque possibile aumentare lo spazio ella MBT raggruppando
gli elementi nei cosiddetti chunks.
Questa caratteristica della MBT suggerisce un importante suggerimento per la classe di lingua : se vengono proposte all’allievo
liste di parole non associabili tra di loro e non raggruppabili, questo avrà difficolta nell’apprenderne piu di un certo numero.

LA MEMORIA DI LAVORO
La memoria di lavoro è un sistema di memoria che si attiva in funzione di ciò a cui stiamo pensando o ciò di cui ci stiamo occupando.
Dunque è quel sistema che si attiva mentre stiamo svolgendo un’attività di ragionamento, come può essere quella dello studio, o più in
generale mentre svolgiamo un’attività.
Data la sua centralità nei processi di apprendimento, è stata soggetto di diversi studi, in particolare del modello multicomponenziale di
Baddley e Hitchcock, da cui nacquero diverse interpretazioni sul funzionamento della memoria di lavoro.
Borella, Cornoldi e De Beni hanno riassunto le caratteristiche comuni a tutti i modelli studiati:
• la capacita della memoria di lavoro è limitata
• La gestione delle risorse attentive è un compito fondamentale della MDL
• Nelle prove di MDL sono anche coinvolte conoscenze della MLT
• La memoria di lavoro non è un sistema a se, poiché il suo funzionamento non può essere distinto dai processi cognitivi complessi
• Il controllo e la regolazione della MDL dipendono: monitoraggio e aggiornamento del contenuto, pianificazione dell’inibizione
• Tutte le prove di MDL prevedono il mantenimento delle informazioni da rievocare una volta completata la loro manipolazione
richiesta dal compito
L’esecutivo centrale ossia il sistema i controllo
Il Modello Multicomponenziale si articola in: attentivo e distribuisce in base al compito da
svolgere un determinato carico cognitivo.
Quest’ultimo rappresenta l’elemento centrale del
ESECUTIVO modello essendo in grado di gestire e distribuire
CENTRALE le risorse attentive agli altri sistemi

CICLO
TACCUINO FONOLOGICO
VISUOSPAZIALE
BUFFER
Questo sottosistema si occupa dell’elaborazione EPISODICO Si occupa dell’elaborazione di imput
delle rappresentazioni visuospaziali e immagini fonologici. Esso è costituito da un
mentali. Quest’ultimo è a sua volta composto da magazzino fonologico che trattiene per
due sottosistemi, uno che elabora gli stimoli, ed pochi secondi l’informazione e da un
Introdotto successivamente ha la
un altro che attribuisce una collocazione circuito articolatorio, che attraverso la
funzione di interagire le informazioni
spaziale agli oggetti. Quest’ultimo, è stato a ripetizione rinfresca la traccia e la invia
del ciclo fonologico e quelle del
lungo studiato, data la sua natura complessa, nuovamente al magazzino fonologico.
taccuino visuo-spaziale in espisodi
dal momento che è in grado di mantenere Esso infatti, converte in una traccia
coerenti, ma soprattutto rappresenta
contemporaneamente le informazioni visuo- fonologica corrispondente il materiale
un’interfaccia tra MDL e MLT
spaziali provenienti dall’esterno (sistema verbale, per inviarlo al magazzino
percettivo) che le immagini mentali (MLT) fonologico

LA MEMORIA A LUNGO TERMINE


È quell’archivio in cui sono custodite tutte le nostre conoscenze, acquisite nel cosare del tempo. Non è possibile stabilire la
grandezza o la durata di conservazione delle informazioni all’interno di quest’ultima, infatti le informazioni possono permanere per
pochi minuti o tutta la vita, motivo per cui essa è illimitata.
Quindi ha come caratteristiche:
• conservare le nostre conoscenze del mondo
• conservare tali informazioni in maniere permanente e duratura
• È distribuita in varie aree neurali, motivo per cui ha un’architettura complessa in funzione della diversa natura di ricordi che
essa deve custodire
Architettura della Memoria a Lungo Termine c

La memoria dichiarativa si suddivide a sua volta in:


Memoria Episodica: Sistema di memoria deputato alla codifica, immagazzinamento, e recupero di eventi personali con precise
coordinate spaziali e temporali. Ad esempio ricordare gli eventi di un Natale passato.
Il suo ruolo più importante è quello di permettere al soggetto di rivivere eventi passati, e ciò non sarebbe possibile se quest’ultimo
non avesse coscienza di tali avvenimenti, infatti svolge un ruolo importante la coscienza autonoetica, che è appunto l’esperienza
consapevole di rivivere un episodio del passato.
Un ulteriore aspetto che caratterizza la memoria episodica è la cosiddetta ecforia sinergica, quest’ultima descrive il concetto di
rievocazione di un ricordo attraverso uno stimolo che lo produce (madleine proustiana). È importante però ricordare che tale
rievocazione non è una copia esatta dell’evento, bensì essa interagisce con l’ambiente cognitivo interno del soggetto, e quell’insieme
di emozioni e concetti relative all’evento.

Memoria Semantica: La possiamo considerare una sorta di encilcopedia della conoscenze, infatti quest’ultima immagazzina e
organizza i concetti attraverso i quali descriviamo il mondo attraverso un processo dinamico di organizzazione delle conoscenze.
L’archivio e il recupero delle informazioni della memoria semantica avviene tramite connessione, cioè un’informazione viene
recuperata tramite un’altra. È infatti qui che collochiamo il nostro lessico mentale, ovvero tutti i vocaboli appresi sino ad ora, di
qualsiasi lingua, caratterizzati da variabili soggettive e sovrapponibili.
COME SI ORGANIZZANO LE PAROLE?
• Le reti semantiche : Il primo modello di Collins e Quillian, ha una struttura piramidale, e prevede una serie di nodi,
corrispondenti a concetti legati gli uni agli atri da una serie di proprietà, che si riferiscono a tratti semantici specifici.
Tale modello tuttavia presentava delle criticità:
1. Rete gerarchica troppo rigida
2. L’equidistanza tra i nodi e la loro valenza
3. I tratti semantici afferenti a un determinato concetto non sono condivisi in egual misura da altri concetti della stessa categoria
Per questo motivo in seguito fu sviluppato un nuovo modello da Collins e Loftus, il quale si basava sul principio della diffusione
dell’attivazione. I nodi per cui distano l’uno dall’altro in base alla somiglianza semantica tra i concetti. Tanto più quest’ultima è forte,
minore è la distanza e il tempo di attivazione. Quanto maggiori son i tratti di somiglianza tra due concetti, maggiori sono le
connessioni che li mettono in relazione. Attivando dunque uno dei due, sarà possibile attivare anche il secondo. Per appartenere ad
una certa categoria dunque, una determinata entità deve avere delle caratteristiche specifiche, altrimenti ne è esclusa. Ciò
nonostante quest’ottica non sempre può soddisfare tutti i termini (scapolo), che possono assumere accezioni differenti da quelle
ideali.
• La Teoria dei Prototipi: questo modello proposto da Rosh si basa sulla categorizzazione dei concetti in base alla teoria dei
prototipi secondo cui la realtà si presenta in una serie di categorie. Gli elementi in una determinata categoria posseggono
caratteristiche che li accomunano, e li rendono vicini ad un certo concetto prototipico. Quante più caratteristiche un elemento
condivide rispetto alla categoria di appartenenza, tanto più si avvicina al concetto prototipico di quella categoria. Quindi
l’organizzazione dei concetti nella memoria semantica in base alla teoria dei prototipi consente di categorizzazre il mondo
attraverso un principio di economia cognitiva, in quanto è possibile ricavare il maggior numero di informazioni con il minor
sforzo cognitivo possibile.
La teoria di Rosh si riferisce a categorie concettuali naturali, tuttavia nella vita quotidiana spesso vengono create spontaneamente
alcune categorie all’interno di contesti specifici, queste ultime create ad hoc vengono create a seconda di obbiettivi contingenti di
chi le produce e possono contenere elementi le cui proprietà non hanno nulla in comune (cose di casa da salvare durante un
incendio). In questo modo possono crearsi nuovi concetti che riflettono l’aspetto creativo dell’intelligenza umana. La teoria dei
prototipi dimostra che i confini tra categorie concettuali sono in natura molto più sfumati.
• Gli Schemi o Script: sono delle organizzazioni schematiche che si attivano ogni qual volta che la situazione in cui ci si ritrova è
familiare. Questi consistono in strutture astratte e flessibili che l’individuo applica nelle sue interazioni con il mondo, e che
diventa tale in base alle esperienze accumulate nel corso della vita.

La Memoria Autobiografica
La memoria autobiografica si occupa dell’archiviazione e rievocazione degli eventi della nostra vita. Quest’ultima dipende da processi
di ricollezione e familiarità , e per questo motivo costituisce un aspetto importante della MLT, coinvolgendo memoria episodica e
semantica. I ricordi della memoria autobiografica dipendono:
• PERCEZIONE DI Sè, come siamo ora e in che modo vediamo il fenomeno passato
• CONOSCENZA AUTONOETICA: avere a consapevolezza di aver vissuto in quello spazio/tempo
• ASSOCIAZIONE EMOTIVA: emozioni che associamo a ricordi risvegliati dal passato
• CONNOTAZIONE POSITIVA o NEGATIVA, quindi se si tratta di un ricordo piacevole o no
• IMMAGINE DI NOI STESSI RISPETTO AL RICORDO

I ricordi autobiografici contribuiscono alla formazione del proprio sè in relazione al mondo = contribuisce a formare la nostra identità,
organizza e da significato alla nostra vita passata ma è anche la base su cui progettiamo il nostro futuro

I ricordi autobiografici possiedono diversi gradi di specificità:


• I periodi di vita, i quali si riferiscono a momenti della vita facilmente identificabili da un inizio o una fine (liceo, università,
infanzia), questi possono avere una durata variabile, e sono una rete di conoscenze che identificano e danno un significato all’intera
vita;
• Gli eventi generali, sono invece aspetti più propriamente specifici della conoscenza autobiografica di base. Essi si riferiscono a
periodi di breve durata (giorni, settimane) e sono legati ad un singolo evento (il giorno dell’esame). Gli eventi generarli possono
organizzarsi: in “mini storie” riferite al ricordo dettagliato di obbiettivi raggiunti (andare in bici); determinate conoscenze sul piano
delle relazioni ad esempio (il giorno in cui ho conosciuto Maria). Questa categoria è rappresentata da ricordi in cui si è fatto qualcosa di
particolarmente rilevante con esito positivo o negativo.
• Gli eventi specifici, costituiscono dei dettagli, e hanno la durata di secondi o ore. Sono spesso caratterizzate da informazioni di tipo
sensoriale/percettivo o da immagini e emozioni di un evento in particolare (madleine, profumo particolare)
La Curva Del Ricordo
La rievocazione dei ricordi cambia con il cambiare dell’età, infatti ci sono tre differenti fasi in cui essa si sviluppa:
1. AMNESIA INFANTILE: i primi ricordi, sino all’età dei 5 anni sono sempre molto pochi e difficili da rievocare
2. ETA TRA 10-30 ANNI: è un periodo della vita in cui il soggetto sta affermando la propria identità, per cui è quel periodo di cui è più
facile rievocare i ricordi, infatti parliamo di balzo del ricordo, poiché vi è un picco della reminiscenza
3. ETA TRA I 40-50 ANNI: è un periodo i cui ricordi vengono rievocati con più difficoltà, e in particolare vediamo l’avvenimento di un
fenomeno detto effetto di recenza, per cui il soggetto tende a ricordare eventi in funzione di ciò che dovrà svolgere prossimamente
Ci sono inoltre alcune caratteristiche del ricordo da evidenziare:
• La curva del ricordo non varia a seconda delle culture, ma ciò che varia è la sensibilità alla memoria, che è soggettiva e di qui
vediamo il fenomeno del “leopardismo”
• Nel rievocare i ricordi nella fase adolescenziale vi è una differenza di genere, infatti le ragazze tendono a ricordare con più
sensibilità rispetto ai maschi. Tale interesse per il ricordo però quando riaffiora nell’età anziana, non fa alcuna differenza tra uomo
o donna
• Nell’educazione linguistica è molto efficace svolgere attività che riguardino la rievocazione di ricordi autobiografici, in quanto
questo permette di sviluppare le proprie competenze linguistiche per poter esprimere le proprie idee ed emozioni in una lingua
altra

La Memoria Prospettica La memoria prospettica presiede al ricordo di azioni ed eventi programmati in futuro più o meno
lontano. È quella tipologia di memoria che riguarda azioni o intenzioni di azioni che devono ancora realizzarsi, quindi una memoria
di uso quotidiano.
Un compito di memoria prospettica richiede:
1. Ricordarsi che c’è qualcosa da fare
2. Ricordarsi cosa c’è da fare
3. Eseguire il compito
4. Ricordarsi di aver già svolto il compito per non eseguirlo nuovamente
Errori di Memoria Prospettica La memoria prospettica è influenzata da:
Un errore della memoria prospettica può dipendere • contesto sociale
dall’adottamento di strategie sbagliate nel ricordare • ansia
di svolgere un’azione da eseguire, ovvero • motivazione intrinseca o estrinseca
• come viene pianificata l’intenzione d’azione • importanza che si attribuisce ad un determinato I compito
• strategie utilizzate per ricordarsi dell’azione Per questi fattori è importante il valore emotivo che si attribuisce nella
• come vengono realizzate le azioni pianificazione di un determinato evento

Un compito di memoria prospettica si basa su due aspetti: l’evento e il tempo. Nel primo caso è possibile ricorrere a supporti esterni
che ne facilitino il ricordo, mentre il il secondo tipo non può contare su tali supporti. Affinché ci si possa ricordare di svolgere un
determinato compito, si può ricorrere a diverse strategie, ad esempio associare un’azione a quella che si deve svolgere (prendere
una pillola subito dopo il caffè) , o è possibile prendere un appunto o affidarsi alla propria memoria.
Modello di Memoria Prospettica
Un compito di memoria prospettica segue diverse fasi, riassunte nel seguente modello:
Dal punto di vista dell’educazione linguistica la memoria
prospettica svolge un ruolo importante , infatti:
• L’organizzazione e la pianificazione dello studio sono
attività indispensabili per il successo di quest’ultimo
• È inoltre importante una pianificazione condivisa del
lavoro in classe e a casa (dedicare tempo adeguato alla
pianificazione esplicita, lasciare il tempo necessario a
produrre strategie pensate, programmare orari,
scadenze compiti e impegni didattici)

La Memoria Impicita (Non Dichiarativa)


La memoria implicita, a lungo tempo frutto di numerosi studi, è quel tipo di memoria che produce un ricordo che agisce nel tempo
senza che il soggetto ne sia consapevole. Il suo funzionamento si basa sull’effetto priming.

Questo fenomeno svolge un ruolo di pre-attivazione, per cui rievoca uno stimolo di qualsiasi tipo precedentemente acquisito
e agisce involontariamente sullo svolgimento di un’attività, come avviene per esempio nel completamento di una frase.
Quest’ultimo può è essere:
• PERCETTIVO, che si verifica nel completamento di parole frammentate (T_V_LO)
• CONCETTUALE, è il caso in cui viene sollecitata una riflessione sul significato delle parole, quindi avviene un’associazione
(quale parola si associa a tavolo?)

Abilità di Lettura e Comprensione del testo


Quest’ultima è un’abilità molto complessa, in quanto richiede l’attivazione di percezione, attenzione e memoria. Ha un ruolo importante
perché.
• è ESSENZIALE nella vita di tutti i giorni, infatti, essa viene esercitata in diversi momenti della nostra giornata, anche inconsciamente
quando leggiamo ad esempio gli ingredienti di un prodotto, per cui senza di essa sarebbe difficile svolgere azioni alla base della
nostra vita
• Svolge un ruolo essenziale nell’APPRENDIMENTO, in quanto permette di sviluppare la competenza linguistica e poter agire nella
comunità della lingua target, e quindi integrarsi con essa

Nell’attività di lettura agiscono:


• ELEMENTI FISIOLOGICI/NEUROFISIOLOGICI: l’occhio e il suo movimento, quindi l’efficienza del sistema visivo
• PROCESSI COGNITIVI: percezione, attenzione, memoria
La lettura inoltre non è una capacità che l’uomo già possedeva, per cui può essere considerata una capacita evolutiva conquistata dalla
specie umana. Essa è pero un’attività complicata in quanto richiede:
• riconoscere il significante (articolazione fonologica, traduzione dei suoni nella lettura)
• riconoscere la posizione delle parole attraverso i processi di bottom-up e top-down, per comprendere il significato e il senso del
testo
Durante la lettura le parole vengono comprese attraverso delle fissazioni e i movimenti saccadici, i quali permettono di spostare lo
sguardo da una parola all’altra. Questi ultimi i sono soggetti a due variabili:
1. il livello di abilità del lettore
2. il livello di competenza linguistica nella lingua in cui il testo è scritto
3. Il grado di difficolta del testo
4. Le capacita di memoria del lettore, rispetto alla codifica del materiale linguistico e alla capacità di utilizzare le strategie di lettura
più adatte

Da queste variabili è possibile dedurre che:


• il tempo di lettura varia da uno studente ad un altro
• Nei compiti di lettura e comprensione del testo è necessario introdurre l’argomento di cui tratta il testo per evidenziare
quali informazioni devono essere captate, per cui gli studenti ricorreranno alla Pragmatic Expectancy Grammar,
processo che consente di anticipare lo svolgimento di un compito

Strategie di Lettura

• COMPITO DI LETURA AUTONOMO


Lo studente deve
1. Svolgere un compito di prelettura del testo rispetto
agli obiettivi del compito di lettura
2. A seconda di tali obiettivi, della tipologia testuale e
delle proprie capacita, seguono tre letture del testo
basate su:
• IL DOCENTE DEVE CONSIDERARE UNA
SEQUENZA DA SEGUIRE:
1. Prelettura, e quindi esposizione del tema che sta per
essere trattato e degli obiettivi didattici
2. Consegna del testo
3. Prima lettura individuale e silenziosa degli studenti
4. Seconda lettura condivisa
5. Verifica della comprensione globale del testo
6. Terza lettura attenta, volta all’individuazione dei
passaggi chiabe del testo
LE EMOZIONI
Per molto tempo l’importanza svolta dalle emozioni è stata notevolmente trascurata.
Ciò è dovuto alla loro visione nel corso della storia, in particolare al modo in cui esse venivano subordinate alla ragione. Questo è
chiaro sin dall’antichità classica con PLATONE, il quale spiega attraverso la metafora della biga alata, che il spere poteva essere
ottenuto solo attraverso la razionalità. Anche, in seguito, CARTESIO, confermerà tale visione, mettendo in evidenza la divisione tra
mente e corpo, la sua principale teoria, secondo cui ciò che che accade nella mente non deve essere condizionare poiché superiore.
Solo in tempi recenti le emoziono sono stati effettuata degli studi scientifici a riguardo, dai quali osserviamo due aspetti
fondamentali:
• mente e corpo non sono separati, ma entrambi concorrono allo sviluppo dei processi emotivi, superando quindi la dicotomia
cartesiana tra razionalità e emozioni
• superamento della separazione tra mente, cervello e corpo cartesiana, passando da una visione cognitivo-riduzionista a una
cognitivo-emozionale
Inoltre, le emozioni sono strettamente legate con i processi cognitivi in quanto esse influenzano l’apprendimento.

La natura delle emozioni


Una delle caratteristiche fondamentali delle emozioni è la loro complessità di interpretazione, infatti esse sono uno dei campi di
indagine più complessi della mente umana. Quando si parla di emozioni ci si riferisce ad un insieme complesso di fenomeni all’interno
della mente umana. Anche considerando il lessico emotivo si possono evidenziare le complessità della definizione degli stati emotivi,
infatti ogni cultura ricorre a un repertorio lessicale emotivo diverso. Vi sono quindi delle sfumature semantiche che rispecchiano la
specificità culturale delle emozioni.
Alcune emozioni sono considerate innate nell’uomo per cui primarie, infatti queste svolgono un ruolo essenziale per la sopravvivenza
(paura). Gli studi di Ekman, hanno dimostrato che un certo numero di emozioni sono geneticamente determinate, definendole
emozioni di base o primarie: gioia, tristezza, paura, disgusto, rabbia, sono le emozioni primarie da lui messe in evidenza attraverso
lo studio delle espressioni umane nelle diverse culture.
In seguito, diversi studiosi individuano altre emozioni di base:
• Tomkins, individua: sorpresa, interesse, vergogna, interesse, gioia, ira, paura, disgusto, angoscia
• Ekman, in seguito individua: sorpresa, gioia, ira, paura, disgusto e tristezza 7 Per conventioner definite come
• Pluntichk, aggiunge sorpresa e attesa principali
• Izard ne elenca dieci: tristezza, gioia, sorpresa, sconforto rabbia, disgusto, disprezzo, paura, vergogna, colpa

Plunthick descrive le emozioni umane attraverso lo spettro dei colori, distinguendo le emozioni di base, indicate con i colori primari al
centro dello spettro, dalle emozioni secondarie, le quali si formano a partire dalle primarie sulla base dell’interazione dell’individuo
con la società. È stata inoltre individuata un’importante funzione delle emozioni, ovvero la funzione omeostatica, che ha l’importante
compito di ricondurre l’individuo alterato da eventi improvvisi, ripristinando lo stato
normale, infatti le emozioni hanno un compito fondamentale nell’indirizzare i
comportamenti umani. Per cui svolgono due funzioni fondamentali:
1. Producono una reazione ad un determinato stimolo
2. Contribuiscono a regolare lo stato interno dell’organismo
Ogni individuo infatti nel corso della vita associa emozioni a determinate situazioni o
eventi della vita attraverso l’esperienza che fa nel mondo, e ciò gli permette di
sviluppare una memoria emotiva.
Emozione e Cognizione
La natura del rapporto tra emozione e cognizioni è stato per molto tempo frutto di dibattiti, e per questo la ricerca ha prodotto nel
corso del tempio diverse teorie nell’ambito delle scienze cognitive e delle neuroscienze, tra queste:
• La teoria di James-Lange, secondo cui le emozioni sono una serie di risposte a cambiamenti fisiologici. James sostenne che in
determinate situazioni, ad esempio in una situazione di pericolo, i nostri sistemi sensoriali inviano informazioni al nostro
cervello, il quale a sua volta invia segnali al corpo richiedendo determinati cambiamenti, ad esempio il battito cardiaco
accelerato o la sudorazione, e sono quei cambiamenti fisiologici che costituiscono l’emozione secondo James.
Tale teoria presentava però delle criticità: 1. È possibile provare delle emozioni anche senza cambiamenti fisiologici, per cui lo stato
emotivo può mantenersi attivo anche una volta terminato il momento, ad esempio di paura; 2. Alcuni cambiamenti fisiologici
possono essere attribuiti a diverse emozioni, per cui non si possono attribuire specificatamente ad una.
• La teoria Cannon-Bard, individuava il ruolo fondamentale svolto da talamo e ipotalamo, motivo per cui fu detta “centralista”,
secondo cui il cervello opera autonomamente nella formazione delle emozioni e non a partire dalla risposta somatica
• Teoria cognitiva di Schachter e Singer, secondo i due studiosi è la valutazione cognitiva delle esperienze a produrre determinate
emozioni, e il cervello una volta informato di tale cambiamento fisiologico, vi associa un’emozione specifica. In effetti dalle teoria
è corretto, poiché altrimenti non saremmo in grado di controllare le nostre emozioni (competenza emotiva). Da qui anche il
concetto di valutazione, studiato da Magda Arnold, secondo cui la valutazione inconscia di una determinata situazione avviene
prima di provare una determinata emozione, mentre i sentimenti sono espressione di tale valutazione.

Come si configura il funzionamento delle emozioni?


Per comprendere ciò sono stati fondamentali gli studi condotti dalle neuroscienze le quali hanno aperto nuovi orizzonti anche grazie
alla possibilità di disporre di sofisticati strumenti di indagine . In anni recenti è stato possibile chiarire molti aspetti riguardanti il
funzionamento delle emozioni, in particolare lo studioso Ledoux, ha condotto importanti studi a riguardo del funzionamento
dell’amigdala nei processi emotivi.

È una delle parti fondamentali del cervello nella trasmissione delle emozioni, essa è infatti interconnessa a diverse aree
sensoriali del cervello coinvolte nei processi emotivi. Prende il suo nome dalla sua forma a mandorla, ed è collocata
nell’area limbica all’interno del lobo temporale

L’interazione tra cognizione ed emozione e il modo in cui esseri concorrono alla formazione di ricordi della memoria emotiva, è stata
spiegata da Ledoux attraverso i concetti di “strada alta e strada bassa”.
Uno stimolo emotivo percorre due strade. Entrambe passano per il talamo e conducono all’amigdala, ma la strada bassa vi giunge
direttamente, quindi è più veloce e meno precisa di quella alta, la quale a sua differenza passa per le aree corticali.

Tale meccanismo è stato probabilmente fondamentale per lo sviluppo della specie umana, in quanto ci sono situazioni, di
pericolo ad esempio, in cui non ci si può soffermare a pensare su le possibile cause del pericolo, ma bisogna agire per
salvarsi da quest’ultimo

L’ipotesi del Marcatore Somatico


Tale studio effettuato da Damasio, nasce dalla tesi secondo cui il corpo ci indica la strada in base alle sue conoscenze, e ci orienta quindi
ad escludere determinate risposte, considerate pericolose, attraverso un preciso segnale, il marcatore somatico.
Egli infatti afferma ciò a seguito di studi si pazienti con le lesioni sull’area della corteccia prefontale, i quali dimostravano cambiamenti
caratteriali ed emotivi ed una notevole incapacità di pianificare ed organizzare la propria vita.
Per prendere delle decisioni nella nostra vita noi ragioniamo, valutiamo le possibili ipotesi, e alla fine giungiamo ad una conclusione
che consideriamo la più adatta alla situazione (buon senso). In questo processo, il marcatore somatico, secondo Damasio, opera
antecedentemente orientando le nostre scelte, e ha la funzione di aiutare il processo di decisione rendendo più selettivo. I marcatori
somatici sono un’ulteriore prova della relazione tra cognizione ed emozioni, essi infatti si formano a partire dell’infanzia e si
definiscono con lo scorrere degli anni in base alle convenzioni sociali e il contesto socio-culturale in cui il soggetto vive.

L’intelligenza Emotiva
A seguito di alcune ricerche di Gardner a riguardo delle intelligenze multiple, che appunto affermavano l’esistenza di più
intelligenze a cui l’uomo fa ricorso, non presenti in egual misura per tutti, quindi ognuno di noi possiede una tipologia di esse più
sviluppata rispetto ad un’altra, proprio per questo motivo è importante tenerne conto in ambito educazionale, in quanto questa
caratteristica dell’uomo contribuisce alle differenze individuali, nasce la teoria sull’intelligenza emotiva.

Avere coscienza delle proprie emozioni e saperle


Quest’ultima come affermato da Salovey e Mayer è una componente
riconoscere è dunque essenziale per la loro
dell’intelligenza sociale che comprende l’abilita di controllare le proprie
gestione, e sulla base di ciò Oatley riassume
emozioni e le altrui emozioni, saperle distinguere e utilizzare le
l’interazione tra pensiero e intelligenza
conseguenti informazioni per guidare il nostro pensiero e le nostre azioni
emotiva nei seguenti punti:
1. Capacità di dirigere il pensiero sulla base
delle emozioni In ambito educativo…
2. Capacità di immaginare le emozioni e dare L’applicazione dell’intelligenza emotiva ha aperto una profonda
giudizi riflessione sul suo ruolo nell’apprendimento, infatti saper riconoscere le
3. Capacità di servirsi dello stato d’animo per proprie emozioni e gestirle costituisce l’essenza della cosiddetta
valutare punti di vista diversi “competenza emotiva”, fondamentale per ogni forma di interazione e
4. Capacità di utilizzare le emozioni per favorire comunicazione nella società
la creatività e risolvere problemi

La dimensione COGNITIVO-EMOZIONALE
Alcune ricerche hanno stabilito che l’apprendimento è frutto dell’interazione tra cognizione, emozione e motivazione, i quali
congiungono nella formazione del pensiero emotivo, che è appunto alla base dell’apprendimento.

Nasce nell’interazione tra aspetti cognitivi ed affettivi, e ci orienta verso uno scopo da raggiungere, essa può prevedere:
• aspetti intrinseci, quindi che riguardano il proprio stato interiore (imparo una lingua per piacere)
• aspetti estrinseci, quindi con finalità esterne (imparo la lingua perché mi serve ai fini di trovare un lavoro che mi soddisfi)
Tali motivazioni in genere convivono, ed è in questo tipo di situazione che esse possono essere funzionali all’apprendimento.

Un altro aspetto di cui si deve tener conto è il filtro emotivo teorizzato da Krashen. Egli dopo aver fatto una distinzione tra
apprendimento e acquisizione, afferma che tale filtro è essenziale ai fini dell’apprendimento. Solo quando lo studente riesce ad
elaborare positivamente i nuovi imput vi potrà essere un’acquisizione profonda, sostenuta attraverso il pensiero emotivo.

Per questo motivo risulta essenziale per un docente:


• riflesso ere sullo strategie di apprendimento, valutando i vari aspetti affettivi e sociali che possono fornire fattori di impatto
positivo o negativo
• un’adeguata formazione sui principi fondamentai dei processi cognitivi e delle neuroscienze per raggiungere nell’educazione
linguistica una dimensione interdisciplinare
IL PENSIERO MENTE-CORPO-LINGUA
Il pensiero è un processo cognitivo alla base della conoscenza e delle azioni umane, svolge un ruolo fondamentale nelle attività di
apprendimento e ci permette di organizzare le informazioni, ragionare ed è essenziale nel problem solving.

Quest’ultimo è strettamente correlato al linguaggio, infatti per molto tempo la loro relazione è stato frutto di studi in diversi
ambiti, dalla filosofia alla linguistica, nei quali ci si è domandato se uno prescindesse dall’altro, o se i due interagiscono o ancora
quali sono i loro limiti. Alcune espressioni quotidiane rispondono a questi quesiti:
“Prima di parlare pensa” Deduciamo che:
“Ho parlato senza riflettere” • c’è una sorta di filosofia popolare secondo cui il pensiero è superiore alle parole , infatti si è per molto
“Ho mille pensieri che non tempo lavorato contro la credenza cartesiana del dualismo mente-corpo, proprio perché la lingua è il
riesco ad esprimere” modo in cui viene concettualizzato il proprio vissuto
• sembra che il pensiero preceda/accompagni le parole perché esse siano adatte alle situazioni, ragioni
per cui le due facoltà sono distinguibili e separabili
• pensiero e linguaggio non coincidono in quanto la prima eccede sempre rispetto all’altra

Nel dibattito sulla relazione tra pensiero e linguaggio si sono definite due correnti opposte:
• comportamentismo, secondo sui pensiero e linguaggio coincidono sulla base di uno schema stimolo-risposta
• cognitivismo chomskiano secondo cui pensiero e linguaggio non coincidono, ma il primo precede e governa l’altro, infatti
secondo Chomsky l’essere umano nasce dotato di un Language Acquisition Device, che permette di produrre e comprendere il
linguaggio verbale attraverso regole universali e automatiche, ed è inoltre grazie all’embodied cognition, che vi è stata una
riduzione della separazione tra mente e corpo.

L’EPISTEMOLOGIA GENETICA DI PIAGET


L’epistemologia genetica di PIAGET è considerata una dei fondamenti del cognitivismo, essa infatti prevede diversi stadi dello sviluppo
congitivo: 1. Stadio senso-motorio, prevede un approccio al mondo basato sull’azione motoria
2. Stadio preoperativo,bambini rappresentano le conoscenze accumulate attraverso immagini o associazioni di immagini
3. Stadio operativo-concreto,c’è un primo vero impegno del pensiero astratto
4. Stadio operativo, si è in grado di operare un pensiero logico

I processi del pensiero sono la base per formulare ipotesi e predisporre il problem solving
L’organizzazione delle informazioni e l’adattamento sono alla base del funzionamento del processo cognitivo del pensiero.
Questo adattamento avviene attraverso due processi dello sviluppo cognitivo della persona:
• assimilazione, che si ha quando le nuove informazioni vengono incorporate negli schemi cognitivi già posseduti
aggiungendosi alle conoscenze del mondo già accumulate
• accomodamento, quando le nuove informazioni vengono modificate per essere integrate al meglio con quanto già noto

VYGOTSKIJ: LA RELAZIONE DINAMICA TRA PENSIERO E LINGUAGGIO


Secondo Vygotskij pensiero e linguaggio dal punto di vista dello sviluppo cognitivo umano sono interrelati, cioè sono processi orientati
l’uno verso l’altro. Pertanto i due sono distinguibili ma non separabili. La loro relazione si costruisce con l0avanzare della conoscenza
umana, allora laddove c’è un pensiero c’è un linguaggio che lo struttura e sostiene. Nel significato della parola ritroviamo l’unità tra
linguaggio e pensiero, per questo motivo ritroviamo il dinamismo di quest’ultimo in quanto il significato essendo soggetto al mutare
della parola, cambia esso stesso. Per cui, il linguaggio è il medium tra mente e ambiente di crescita.
L’IPOTESI DI SAPHIR-WORF
Tale ipotesi è a favore della “relatività linguistica”, afferma dunque che la lingua possa esse in grado di cambiare il pensiero. Saphir e
Worf formulano tale ipotesi a partire dallo studio della lingua hopi, le cui strutture grammaticali non fanno distinzione tra presente-
passato-futuro, quindi non vi è una concezione del tempo. A partire da questa ipotesi essi hanno sostenuto che tra lingua e pensiero
non c’è un rapporto deterministico, bensì di influenza reciproca, le lingue dunque con le proprie strutture grammaticali sono in grado
di influenzare le strutture di pensiero. Si pensi ad esempio, nella lingua italiana, all’introduzione del genere femminile per alcuni
mestieri che sino ad un certo momento erano riservati solo agli uomini.

Dalla Mente Computer all’Embodied Cognition


Come si è arrivati all’elaborazione dell’embodied cognition:
• MODULARISMO: concepisce i processi mentali come dei moduli distinti e separati. La mente risulta dunque strutturata in sistemi
di imput, che processano in modo meccanico (STIMOLO/RISPOSTA), LEGGE LA MENTE COME UN COMPUTER, noi gli chiediamo
delle cose lui ci da qualcosa. Si sviluppa a cavallo degli studi sui computer, la mente viene metaforizzata con la figura di un
computer. Entro questa prospettiva le funzioni di mente e linguaggio prendono forma in modi distinti e separati, indipendenti
dal punto di vista evolutivo e nell’esecuzione delle attività
• CONNESSIONISMO: nega la corrispondenza tra un modulo cognitivo e una precisa struttura neutrale sostenendo che una
funzione cognitiva richieda l’attivazione a RETE di diverse aree neurali. Le stesse aree neurali intervengono in molteplici funzioni
cognitive partecipando alle funzioni con differenti livelli di attivazione. Tali reti di connessione si modificano nel tempo e sulla
base delle conoscenze acquisite, e questo ci dice che sono soggettive, infatti, le nostre sinapsi sono l’esito di quello che noi siamo,
dei luoghi che abbiamo visitato, delle persone incontrate = la mente,è unica per ciascuno di noi, e questo è il motivo per cui il
suo studi è talmente complesso, forte elemento di imprevedibilità, quello che si applica a uno potrebbe non essere vero per
un’altro.
L’embodied cognition, come il modularismo guarda al pensiero come qualcosa di esterno al nostro linguaggio, ma è in essa che
consistono tutte le attività cognitive umane. Tutto viene riportato all’interno di una prospettiva che vede alla base dell’apprendimento
l’INTERAZIONE COSTANRE TRA MENTE E LINGUAGGIO, non c’è più un elemento superiore all’altro, ma semplicemente una distinzione
tra interno ed esterno. La mente è legata al corpo, sebbene possano essere distinti, linguaggio e mente sono strettamente connessi.

Sistema Integrato: PENSIERO-GESTO-PAROLA


Indagare sulle modalità in cui il pensiero agisce non solo in una produzione verbale, ma anche corporea, diventa importante in una
prospettiva che evidenzia l’unità tra mente e corpo. Uno scrittore (McNeil) ha messo a punto un modellato che illustra come questi tre
elementi interagiscono tra di loro, integrandosi l’uno con l’altro. Il gesto, a differenza delle parole che possono solo essere ascoltate,
opera su un piano prettamente visivo, per cui crea un’immagine di ciò che stiamo ascoltano. McNeil, infatti, afferma che le parole non
possono funzionare senza quella preparazione concettuale , quella organizzazione di pensiero proposta dai gesti.

In questi studi viene presa in considerazione l’INFORMATION


I gesti attivano il PENSIERO SPAZIO MOTORIO, che
PACKAGING HYPOTESIS, secondo la quale le informazioni
offre un’organizzazione integrativa e
vengono organizzate in pacchetti, unità concettuali, ed è in
complementare, va quindi a completare ciò che fa
questo senso che i gesti concettualizzano ciò che viene detto a
il pensiero analitico
parole = GROWTH POINT, ciò che prende forma coi gesti

COSA PERMETTONO DI FARE I GESTI ALL’INTERNO DI QUESTO SISTEMA INTERAGENTE?


• Organizzare il pensiero in una dimensione visuospaziale, la quale cattura maggiormente l’attenzione dll’altro rendendo la
comunicazione più efficace. Se qualcuno da un’indicazione e viene fornita ricorrendo ai gesti, la comprensione è più immediata.
• Permettono di collocare nello spazio ciò che sto pensando e ciò che sto dicendo. Ciò è importante perché, già nel momento in
cui si parla si attiva la corteccia senso motoria, se la attiviamo anche dando una collocazione spazio motoria, questa rendo più
concreto ciò che viene detto a parole.
• Supportano le funzioni delle parola, Ciò che facciamo vedere e ascoltare riceve una doppia codifica dalla memoria di lavoro,
per cui un’idea viene codificata in modo più evidenziato garantendo una maggiore possibilità di trasferimento all’interno dei
magazzini della MLT.
• I gesti sono esempio di ciò che accade nella mente, per cui possono essere considerati espressione diretta della natura
incarnata della parola.
• Più modalità di rappresentare le idee

I gesti danno un grande contributo all’interno di questa interazione, essi infatti hanno un doppio uso:
1. INCONSCIO, che è quello che avviene nella maggior parte dei casi, legato alla necessita di farsi comprendere meglio, ad esempio è
ciò che avviene quando il docente spiega
2. INTENZIONALE, avviene quando si vuole comunicare messaggi specifici, viene quindi usato con consapevolezza (okay)

↳ L’uso di tale gesto è però soggetto alle differenze culturali, infatti ci sono gesti specifici che variano di significato da una
comunità culturale all’altra (discorso di Giorgia Meloni)
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Per questo motivo, è importante sottolineare che l’apprendimento della lingua allo stadio infantile passa attirverso i gesti, i quali sono
per questo motivo uno strumento essenziale e indispensabile all’apprendimento linguistico.

I GESTI
Già a partire dal medioevo, i gesti venivano utilizzati in maniera strategica dai francescani per rendere più efficaci le loro prediche, ciò
nonostante questi nel corso dell’antichità venivano considerati forvianti, e quindi messi da parte. Solo nel 1800, con uno studio di un
archeologo napoletano, destinato a diventare una pietra miliare in questo campo, ci si è resi conto che i gesti hanno una grande
importanza, in quanto questi, come già facevano gli antichi greci, arricchivano il significato di ciò che veniva detto a parole.
COSA SONO IN GRADO DI FARE I GESTI NELLA COMUNICAZIONE?
• POSSONO COMUNICARE ANCHE SENZA L’UTILIZZO DI PAROLE, questo vale soprattutto per i gesti simbolici (autostop)
• SONO IN GRADO DI ENFATIZZARE O CHIARIRE UN MESSAGGIO aiutando le parole ad aggiungere l’obbitivo della comunicazione,
possono aggiungere qualcosa a ciò che si dice o enfatizzarlo

A seconda di ciò che si vuole comunicare abbiamo a che fare con diverse tipologie di gesti, infatti essi come le parole sono
classificabili in base all’analisi di essi che si vuole condurre.
Tra di essi ricordiamo in particolare i GESTI DEITTICI, sono gesti che direttamente o indirettamente indicano la nostra volontà, quindi
si riferiscono ad un evento direttamente toccante o indicando il referente, hanno un legame stringente con la comprensione di
CONTENUTI IMPLICITI, cioè quando vengon utilizzati è stato osservato che l’esito della comprensione ha risultati molto più ottimali
rispetto a quando non cè. Ad esempio “Sta facendo caldo qui dentro” se lo dico indicando la finestre, implicitamente si sta
comunicando di aprire la finestre = ricorso alla deissi, con i gesti indico ciò che vorrei si facesse.

L’uso dei Gesti e la Fluenza Verbale


Quando ai parlanti è proibito di gesticolare durante un discorso con contenuto spaziale, quest’ultimo risulta meno fluente rispetto
a quando vi è la gesticolazione. Attraverso il gesto quindi viene creato qualcosa di concreto, che influenza il pensiero, e quindi i
gesti possono essere pensati come un mezzo per esternare il contenuto del discorso e del proprio pensiero.
Lo Sviluppo Del Linguaggio Vocale
Ripercorrere i passi dello sviluppo del linguaggio vocale è essenziale ai fini della comprensione dell’importanza dei gesti, nonostante
siano stati trascurati per molto tempo.
Possiamo considerare i gesti originari, per due motivi
• essi venivano utilizzati dai nostri progenitori, nonché coloro che hanno dato vita alla specie umana, come prima forma di
comunicazione, non avendo i mezzi per comunicare attraverso le parole, i nostri progenitori congiungevano le proprie necessita
(unirsi per cacciare un animale ad esempio), e intenzioni per comunicare un messaggio.
• nello stadio infantile si tende a comunicare con i gesti, in quanto gli adulti interagiscono con l’infante attraverso la gestualità
accompagnata dalle parole, in questo modo il bambino è in grado di comprendere di cio che si sta parlando, e di replicarlo a sua
volta una volta appreso.
Quindi il gesto è originario poiché molto più della parola è innato e istintivo, nessuno lo insegna, a differenza delle parole, occorre per
questo motivo distinguerlo dalla lingua dei segni, che è un sistema di comunicazione a se stante, al pari della lingua italiana, avendo
una sua grammatica.

La Facoltà di Linguaggio
Data l’importanza dei gesti per i nostri progenitori e per gli infatti, è altrettanto importante fare una distinzione tra linguaggio e
lingua. Tale distinzione è importante perché :
• il linguaggio è inteso come la capacità di utilizzare un mezzo percepibile, suoni, gesti e tutte le forme che sono in grado di
comunicare un significato
• la lingua è il prodotto dell’esercizio del linguaggio , un prodotto storico-sociale, in quanto la lingua varia a seconda degli eventi
storici ed ha una unzione sincronica, cioè quest’ultima con il passare del tempo si modifica, si arricchisce di neologismi, e perde
parole più arcaiche.

Per questo motivo il linguaggio è una capacita indispensabile per


Questo è indice del fatto che il significato
l’uso e l’apprendimento di tutte le lingue, ed è importante
delle parole è ARBITRARIO=GLI UOMINI SI
distinguerlo dalla lingua, infatti a lungo ci si è posti la domanda…
ACCORDANO CONSAPEVOLMENTE SU DI ESSO
“LA FACOLTÀ DI LINGUAGGIO è INNATA O ACQUISITA?”

Di qui nacque un dibattito tra:


È una facoltà diventata innata, in quanto essa non serve solamente a
• comportamentisti, secondo cui il linguaggio è un
comunicare le nostre necessità, ma anche per soddisfare necessità
comportamento umano che si rifà agli stimoli
simboliche, come ad esempio avviene con la poesia, crea mondi
dell’ambiente
alternativi da condividere con gli altri individui della nostra specie.
• innatisti, che affermano invece che gli umani
nascono dotato di un insieme finito di regole, i
Lo studioso Lemberg ha affermato che ogni essere umano nasce fornito
principi universali, poiché alla base della
di un Language Acquisition Device, il quale permette di acquisire le
generazione di qualsiasi lingua, e sono dei mezzi
lingue, e avanza un’ipotesi secondo i questo dispositivo lavora sino ai 12
finiti attraverso cui essi imparano a parlare
anni. Ancora oggi si continua a dibattere su tale studio, e c’è chi afferma
che dopo una certa età apprendere le lingue diventa più faticoso, chi dice
GRAMMATICA GENERATIVA che è assolutamente impossibile e chi afferma il contrario dicendo che è
Che cioè si è inscritta nel possibile. In realtà ci sono molto fattori di diverso tipo che influenzano
nostro DNA nel corso della l’apprendimento delle lingue, per cui può essere possibile che una
storia persona apprenda una lingua anche all’età di 50 anni.

• C’è innanzi tutto un’ipotesi che distingue le modalità di apprendimento della L1 rispetto ad altre lingue, infatti a meno che non si tratti
di un soggetto completamente isolato dal resto del mondi, è. Impossibile che entro i dodici anni questo non riesca ad apprendere la
propria lingua madre, questa considerazione vale pero solo per la L1
• Per quanto concerne l’apprendimento di info e straniere, alcuni studi hanno permesso di distinguere le modalità di apprendimento tra
adulti e bambini, se da un lato i bambini hanno bisogno di essere esposti ad un certo numero di stimoli, per la maggior parte di natura
implicita, per apprendere la lingua, dai 12 anni in su c’è bisogno di lavorare su una strategia più razionale, non basta dunque
l’esposizione inconscia, e bisogna avere la consapevolezza delle regole di una lingua, per parlarla correttamente

↳ A partire da queste ipotesi, gli studiosi che non è sufficiente per apprendere una lingua essere in possesso del Language
Acquisition Device, poiché questo avrà sempre bisogno di un Language Acquisition Support System, dunque un ambiente
con degli stimoli ed un interlocutore che li offra. Quindi per apprendere una lingua occorre che ci sia un ambiente socio-
culturale che stimoli tale apprendimento.

Come si è passati dal linguaggio gestuale al dialogo?


Comprendere le modalità in cui si sia arrivati a comunicare attraverso il linguaggio vocale, è tutt’ora un elemento piuttosto critico
da comprendere. Si ipotizza che questa capacita abbia iniziato a svilupparsi nel momenti in cui gli australopitechi hanno iniziato
ad accogliere questa capacita genetica, ad esempio quando iniziato a staccare le mani da terra con l’uomo erectus, portandoli a
svolgere diverse attività tra cui appunto quella della comunicazione = INCREMENTO DELLA NEUROCORTECCIA, le cui dimensioni
sono aumentate. Alcuni studiosi hanno sostenuto che gli ominidi abbiano iniziato a comunicare attraverso l’utilizzo di VOCALIZZI,
perché il loro apparato vocatorio ha avuto bisogno di svilupparsi in modo tale da permettergli di comunicare in quella maniera.
Egli ha formulato tale ipotesi a partire da studi riguardanti lo studio di lingue parlate all’interno di tribù che mischiano parole
provenenti da altre lingue, ed egli sostiene che per i nostri progenitori sia avvenuto lo stesso tipo di procedimento
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Quando il linguaggio vocale ha fatto la sua comparsa c’era solo l’INFRASTRUTTURA COGNITIVA, cioè gli ominidi erano in grado di
condividere intenzioni, abitare in gruppo alcuni luoghi, comunicare pericoli in funzione di una difesa, ma avevano bisogno di costruire
tali intenzioni in maniera più strutturata anche grazie al linguaggio, in situazioni in cui i gesti non bastavano (buio)

Quali sono quindi le proprietà generali del linguaggio?
1. GENE FOXP2, corrispettivo genetico del LAD, la cui presenza è stata acquistata col tempo, esso infatti non era presente nei primi
ominidi
2. ESPERIENZA DEL MONDO CON L’ALTRO, che ci espone agli stimoli linguistici
3. PRINCIPI NON LINGUISTICI EGATI ALLA STRUTTURA SOCIALE, trovarsi dunque in un contesto in cui ci sono almeno due persone,
anche legate al contesto culturale che è molto rilevante all’interno della comunicazione in quanto alcuni mezzi comunicativi
sono specifici di alcune culture (mmm buono)
Sulle origini del linguaggio sono state formulate diverse ipotesi…
• una di queste afferma che il linguaggio umano sia nato come un RAPPORTO DI CONTINUITÀ CON IL LINGUAGGIO ANIMALE, proprio
perché gli animale comunicano attraverso segnale, che hanno a differenza dei simboli SIGNIFICATI UNIVOCI (es. segnali stradali)
• un’altra teoria invece ipotizza che il linguaggio si sia evoluto da una sua forma più semplice, il PROTOLINGUAGGIO
• l’ultima teoria invece afferma che il linguaggio nasce in funzione della RIORGANIZZAZIONE DELLE FUNZIONI DEL CERVELLO e della
sua struttura mentale > C’è una verità comune a tutte queste ipotesi…
-


Negli studi del protolinguaggio, cioè delle prime forme di comunicazione si è notato una mancanza della sintassi, per cui il
linguaggio si sviluppa in funzione della riorganizzazione del cervello e della sua struttura mentale= Chmosky ipotizza che ad un
certo punto si sia instaurato nel DNA umano, a partire dagli studi del protolinguaggio.
L’Evoluzione dei Sistemi di Comunicazione Precedenti
Alcuni dati ci hanno lasciato supporre che le lingue sono sistemi evoluti e che la facoltà di linguaggio acquisita dai nostri progenitori,
abbia iniziato a svilupparsi in essi più di due milioni di anni fa. È stato possibile affermare ciò attraverso lo studio dell’evoluzione dei
crani, i cui cambiamenti strutturali sono frutto dell’acquisizione di nuove conoscenze. Infatti, una delle caratteristiche del cervello è la
sua plasticità, poiché appunto nel corso della nostra vita esso cambia attraverso un processo detto di encefalizzazione.

A partire dallo studio delle lingue pidgin, ovvero delle lingue delle isole Hawaii, dalla struttura molto semplice che si adatta alle
lingue dei commercianti che passano per le isole, Bickreton ha ipotizzato che le lingue siano il frutto di evoluzioni sovrapposte,
infatti esse hanno una forma evolutiva, cioè sono passate da forme più semplici, fino ad essere come le conosciamo noi oggi.

Sviluppo dell’Apparato Fonatorio


Si pensa che l’apparato fonatorio si sia sviluppato nell’uomo a partire dall’uomo erectus, in quanto la sua caratteristica principale è
quello di essere diventato bipede, quindi staccando le mani da terra, queste potevano essere utilizzate per svolgere varie attività,
tra queste la comunicazione. È stato visto che non solo per via di queste esigenze comunicative si è sviluppata la corteccia laterale,
ma abbiamo anche un cambiamento insorto a carico dello sviluppo dell’apparato fonatorio, che è lo stesso che ci permette di
respirare, che si è sviluppato in funzione dell’articolazione di suoni. Homo abilis e herectus, non erano in grado di comunicare
attraverso i suoni, perché non avevano ancora sviluppato l’apparato fonatorio. Studiando i diversi crani nell’evoluzioe, si è arrivati a
costruire dei prototipi, e si è ipotizzato che solo l’uomo di Neandertal è stato in grado di sviluppare i suoni, sebbene non
pienamente perché non riusciva a produrre le vocali. L’ apparato fonatorio si è sviluppato anatomicamente con l’uomo sapiens,
infatti in esso possiamo notare un abbassamento della laringe, e l’ allargamento dell’apparato fonatorio con l’ arretramento della
lingua che è diventata mobile e flessibile in modo da è porter modellare i suoni.

Chi impara a parlare lo fa a prescindere dal linguaggio gestuale?


Il linguaggio vocale si è evoluto come adattamento biologico, mentale e sociale che ha permesso all’uomo di far fronte ad
esigenze nuove e crescenti delle attività cooperative umane. La RICORSIVITA ha avuto un ruolo importante, in quanto LA
POSSIBILITÀ DI RISPECCHIARSI NELLE AZIONI ALTRUI HA PERMESSO AI NOSTRI ANTENATI DI AVVIARE PROCESSI DI MUTUA
COLLABORAZIONE PER SOPRAVVIVERE.
Quando il linguaggio vocale ha fatto la sua comparsa gli umani possedevano già l’INFRASTRUTTURA SOCIO-COGNITIVA E
MOTIVAZIONALE alla base della comunicazione umana = avere intenzioni comuni che pongono in comunicazione gli individui
per lo sviluppo sociale. Per comunicare dovevano avere la necessità di condividere le proprie intenzioni, e di cooperare e muoversi
insieme, infatti nelle fasi iniziali dell’evoluzione umana il linguaggio aveva la caratteristica di essere silenzioso, per cui non
metteva in fuga la preda, e permetteva di comunicare in funzione delle esigenza della caccia. Gli ominidi avevano un rapporto
legato all’emozione della paura, tutto ciò che facevano era in funzione della sopravvivenza. Man mano hanno sviluppato una
capacità simbolica, attraverso cui costruivano qualcosa attribuendo a tali strumenti un ruolo, che si è sviluppata portando alla
costruzione di strumenti sempre più sofisticati.
Per quanto riguarda lo sviluppo della comunicazione umana Tommasello ha individuato tre fasi (ADDITARE E MIMARE SONO
STATE LE FORME PRIMORDIALI DI COMUNICAZIONE, attraverso cui si è costruita la rete sociale):
• LA MUTUA COMUNICAZIONE, condividere strumenti, vincolata ad attività ad attività immediate (richiesta d’aiuto o offerta di
aiuto=aiutami a cacciare quella preda), qui tutto si basava sul GESTO DEITTICO. IN QUESTA FASE SONO EMERSI I LIMITI DI TALE
GESTO, non bastava
• FASE DELLA RECIPROCITÀ INDIRETTA, fornire informazioni che si ritengono utili sulla base della LETTURA RICORSIVA DELLA
MENTE (dal richiamare l’attenzione al comprendere la necessita, intenzionalità altrui)
• LA SELEZIONE CULTURALE DI GRUPPO fase in cui c’è un ruolo determinante dato da una selezione cultuale dato dall’Israele la
comunicazione una funzione sociale, è nato dall’emulazione, e indica l’appartenenza ad un gruppo , fase della condivisione
vera e propria che motiva la comunicazione e fa in modo che un gruppo sociale sia tale (funzione sociale dell’imitazione)
La DEISSI
TOMMASELLO ha il merito di osservare come a differenza delle grandi scimmie i bambini sviluppano la comunicazione attraverso
un’INTENZIONE CONGIUNTA, cosa che la scimmia non fa che sebbene comunichi con l’adulto NON NE SEGUONO LO SGUARDIO,
come fanno i bambini, che lo fanno col desiderio di emularlo per entrare in relazione con esso, la scimmia invece segue oil gesto
pechè sa per esperienze passate che quest’ultimo soddisfa bisogni ed esigenze di carattere primario che esulano dal voler
condividere, essi considerano gli altri come dei collaboratori con cui cooperare nella vita quotidiana.
I bambini tra i 9-10 mesi attirano l’attenzione dell’adulto su qualcosa che li ha interessati, e imparano a parlare verso i 12 mesi,
sebbene non si riescano ancora a formulare delle frasi vere e proprie, infatti da quest’età sino ai 2 anni troviamo gesti misti a
parole, e pian piano sulla deissi vengono a integrarsi delle parole che andranno poi a sostituirla.
C’è una grande questione legata alla deissi, gli studiosi suppongono che questa sia universale, e che valga per tutti i popoli del
mondo, in realtà è una supposizione un po’ illegittima, poiché è vero che secondo diversi studi in diverse parti del mondo ciò
avviene, pero non disponiamo di dati sufficienti per determinarla come verità assoluta. È sicuramente istintiva e naturale pero è
possibile che da una cultura all’altra possa essere diverse, le funzioni che la deissi assolve possono essere CULTURALMENTE
SPECIFICHE.
C’è una correlazione tra DEISSI E LINGUAGGIO VERBALE:
• Più maturo è l’apprendimento inconscio delle parole, cioè le comprende ma non le utilizza, e lo notiam all’intensificarsi fdella
deissi poiché impara a descrivere sempre più informazioni facendo sempre più uso dei gesti
• Quando il bambino impara ad indicare la pasta dicendo pappa sta già sviluppando quella capacita di ESPRIMERE UN
MESSAGGIO

FUNZIONI DELL’USO DEI GESTI DEITTICI


• FUNZIONE IMPERATIVA (richiesta di oggetti), la quale implica un continuum che va dall’ordinare al suggerire all’influenzare
l’azione altrui
• FUNZIONE DICHIARATIVA (condivisioni di emozioni), si distingue in espressiva (tenta di suscitare la stessa emozione che si sta
provando) e informativa (comunicare informazioni)
• TOMMASELLO: uso profondamente altruistico e articolato che va oltre le semplici funzioni imperative e dichiarative
Tommmasello sottolinea come alla base della deissi infantile ci siano MOTIVAZIONE INTRINSECAMENTE SOCIALI
(condividere/informare/richiedere) GUIDATE DA INTENZIONALITÀ CONDIVISE (I bambini sono in gradi di porsi nella mente
dell’altro e di comunicare i modo cooperativo).
La conclusione di questo discorso è che senza una qualche forma di comunicazione sociale con l’adulto, i bambini di fatto sentono
soltanto un rumore che fuoriesce dalla bocca altrui e non comprende l’intenzione d voler comunicare qualcosa, egli riesce a
correlare il significato di qualcosa alle parole attraverso il congiungimento dell’ATTENZIONE CON I GESTI. Essi, quindi, sembra
quasi come se comportino dei pappagalli perché ripetono ciò che sentono, ma man mano riescono a evolvere la loro capacita di
linguaggio.

Frame of Scaffolding
L’evoluzione si basa su una SERIE DI IMPALCATURE, in un contesto di interazioni sociali quotidiane fatte di abitudini, azioni
ripetutiìe attraverso le quali l’ADULTO STIMOLA IL BAMBINO (dialoghi, domande che stimolano risposte l’adulto crea i supporti er
l’acquisizione di una lingua) .
Uno studioso che distingue due tipologie di impalcature:
• verticali, costituite dalle domande poste dall’adulto al bambino, essenziali per estendere la lingua del bambino
• sequenziali, attività abitudinarie condivise da adulto e bambino (fare bagnetto, pranzare) nel corso di queste sequenze
temporali, vengono usate in modo abituale delle parole, e questo di giorno in giorno rafforza la competenza linguistica del
bambino, infatti egli si aspetta che il bambino che l’adulto gli dica queste parole, poiché è quella abitualità che gli permette
di predire le parole dell’adulto
Tipologie di Gesti
Quando parliamo di gesti, non parliamo mai di una solo tipologia di gesti, in verità le funzioni dei gesti sono SVARIATE, per questo è
abbastanza complesso definirli una volta per tutte poiché sono continuamente soggetti ad un cambiamento principalmente culturale, in
particolare ciò riguarda i gesti culturalmente specifici, si parla di una FORTE CARATTERIZZAZIONE CULTURALE dei cosiddetti GESTI
SIMBOLICI.
IN RELAZIONE AL LINGUAGGIO VERBALE, gli studiosi distinguono i GESTI COVERBALI, cioè tutti quei gesti che significano
simultaneamente conl’uso delle parole, mentre quelli INDIPENDENTI, che cioè bastano DA SOLI, nonostante questi siano spesso
complessi da distinguere POICHE SPESSO I GESTI INDIPENDENTI HANNO BISOGNO DELLE PAROLE PER RAFFORZARE IL LORO
SIGNIFICATO, dipende quindi dai contesti e rende difficile classificare una distinzione valida dell’uso che dobbiamo fare dei gesti.
La classificazione più nota è quella fra (ERIKSEN E FRIESEN):
• GESTI EMBLEMATICI O SIMBOLICI
• GESTI ILLUSTRATORI, (rappresentatori) hanno il compito di RAFFIGURARE UN CONTENUTO NELLO SPAZIO, e quindi la funzione di
accompagnare le parole, aiutandole, supportandole contribuendo a raggiungere gli obbiettivi della comunicazione, hanno un grado
di intenzionalità minore, dal momento che il loro valore comunicativo è in stretta relazione con le parole che accompagnano. Essi
possono e devono utilizzati strategicamente nell’insegnamento della lingua ( a differenza di quelli simbolici che devono essere
appresi) Abbiamo tra questi diversi gesti
1. GESTI DEITTICI, indicare luogo, oggetto, direzione a cui si fa riferimento. Il dito puntato che accompagna “questo” o “li”, funziona
anche senza un effettivo aggancio alla realtà= assegno allo spazio davanti a me un significato metaforico (gesti che indicano il
futuro)
2. GESTI ICONICI, rappresentano il contenuto semantico di una parola in modo diretto e trasparente = descrivono la forma di un
oggetto, rappresentano quel contenuto nello spazio, riproducendo la forma (gesti delle dita corrispondenti ai numeri o al gesto che
disegna una sfera)
3. I GESTI METAFORICI, sono quelli attraverso cui si rappresenta il contenuto di contcetti astratti o di esepressioni metaforiche relative a
metafore concettuali. Hanno un rapporto diretto con il linguaggio verbale ma anche con il nostro modo di vivere, essi riescono a
esibire il rapporto tra vita quotidiana e metafora. (Dita a forbice per invitare qualcuno a accorciare un discorso) Metafora del Canale,
metafora che concettualizza il modo in cui intendiamo la comunicazione = tantissimi studiosi per molto tempo hanno inteso la
comunicazione con un mittente, un ricevente, e c’è l’idea che questo messaggio che si scambiano sia contenuto in un contenitore
che passi attraverso un canale, e che va da A a B, Lakoff e jHONSON dicono l’idea che io possa tagliare ciò che sto dicendo è legata
all’idea della comunicazione in questi termini, che cioè quindi passi per un canale, e che interrompa il passaggio. La stessa parola ha
una sua faccia esterna che fa da contenitore e una interna che è ciò che vuole trasmettere, quindi di fatto quando si pensa ai gesti
metaforici ci si riferisce alle dita a forbice.
4. GESTI RITIMICI, cosi detti poiche rappresentano il ritmo del discorso, importanti dal punto di vista didattico per comprendere come si
deve pronunciare una parola
• ESTERNALIZZATORI, che manifestano uno stato d’animo e che rappresentano o mostrano le attività mentali. Possono funzionare sia
in odo autonomo sia in accompagnamento alle parole (tenersi la testa tra le mani usato inconsciamente e l’altro puo sia capire che
non ci si senta bene, o che si possa comunicare il proprio stato d’animo mentre lo si fa)
• ADATTATORI, che permettono di adattare la postura quando si interagisce con l’altro, essi sono tendenzialmente inconsapevoli e
hanno lo scopo di riequilibrare gli stati di tensioni a livello somatico. Possono essere gesti auto adattatori se usati contestualmente
ad azioni o posizioni in una parte del corpo viene in contatto con un’altra parte del corpo del soggetto (urtare una persona vicina)
possono anche essere di adattamento quando si entra in contato con un oggetto (postura seduta di laurea)
• REGOLATORI e gli INDICATORI EMOZIONALI, i primi permettono di gestire i turni di parola nell’interazione, i secondi interagiscono
con altri mezzi espressivi e sono in grado di connotare dal punto di vista emotivo la comunicazione. Essi sono in grado di veicolare le
emozioni fornendo un’immagine dello stato emotivo in cui si trova il parlante . QUESTI risentono tantissimo delle differenze
culturali, in alcune culture viene insegnato a non lasciar trasparire le proprie emozioni, occorre sempre in ottica di apprendimento
linguistico comprendere tali differenze.
Qualsiasi classificazione si voglia dare dei gesti è suscettibile di diverse considerazione. QUINDI SEBBENE SIA POSSIBILE
CLASSIFICARE I GESTI, TALE CLASSIFICAZIONE può cambiare, poichè CI SONO UNA SERIE DI VARIABILI CHE RENDE DIFFICILE
DISTINGUERE UN VOLTA PER TUTTE I GESTI.

FUNZIONI COMUCATIVE DEI GESTI


• Arricchiscono la comunicazione
• Rafforzano il messaggio
• Enfatizzare o de-enfatizzare o contraddire quanto detto a parole
• Compensano le parole quando sono carenti
• LE sostituiscono
• Trasmettono valori culturali

I Gesti Simbolici
I gesti simbolici sono tipologie di gesti che vengono usati intenzionalmente per
trasmettere un determinato messaggio. Questi ultimi non possono avere un valore
universale, poiché sono soggetti ai cambiamenti culturali, e alle tradizioni del
luogo in cui vengono utilizzati.
Ci sono alcuni parametri che determinano il significato di tali gesti:
• Configurazione della mano
Se uno di questi cambia,
• Orientamento
cambia anche il senso del
• Movimento
gesto
• Luogo

I gesti simbolici non hanno una loro grammatica, ma possono essere distinti in
gesto-frase e gesto-parola a seconda che corrispondano al significato di una frase
intera o di una singola parola (gesto dell’ok)
Nella cultura italiana i gesti hanno una grande rilevanza in quanto vanno considerati da due prospettive:
1. Gli italiani studenti di lingue straniere, i quali non devono trasporre tali gesti nelle lingue studiate
2. Gli studenti stranieri che studiano l’italiano, i quai per sentirsi a pieno parte della comunità italiana necessitano di apprendere
il significato di tali gesti

Ciò è importante per acquisire la cosiddetta COMPETENZA INTERCULTURALE, per cui i gesti simbolici sono gesti che hanno un
VALORE COMUNICATIVO AUTONOMO e sono importanti nell’apprendimento linguistico, ed è altrettanto importante comprendere
come collocarli nei processi educativi

Uno studio di Graziano e Burberg ha analizzato come il mancato supporto della gestualità nel corso di un discorso influisca
negativamente sull’affluenza verbale, questo ci fa capire il ruolo fondamentale dei gesti per la cooperazione con le parole. Questo
studio parte dall’uso di un cartone animato “Pingu”, in cui non vi è l’uso della parola, utilizzato la visione del cartone e la conseguente
richiesta di riportare ciò che avvenisse nel cartone, hanno scelto una serie quindi dove tutto si basa su una comunicazione non
verbale. In questo studio hanno diviso i partecipanti in tre gruppi:
• il primo era composta da bambini che una volta visto l’espisodio dovevano raccontare ad un adulto ciò che avevano visto, il quale
dava loro dei riscontri
• Il secondo gruppo era un gruppo di coppie di adulti italiani, di cui solo un componente guardava l’episodio che doveva riportare
all’altro il contenuto
• Il terzo era composto da adulti madrelingua olandese, e studenti di lingua francese di cui avevano una competenza intermedia,
essi dovevano raccontare l’episodio ad un madrelingua francese
È stato visto che tutti e tre i gruppi utilizzano i gesti in maniera abbastanza fluida e potevano comunicare bene le parole, in presenza
di interruzioni, cosi come si interrompeva l’affluenza verbale si interrompeva la gestualità. Tutti e tre i gruppi ricorrevano ai gesti
referenziali ogni qual volta che erano in difficolta, ma ciò era più frequente nel caso degli adulti L2, e si trattava per lo più di gesti
rappresentativi. Tutti i parlanti testati producono dei gesti pragmatici che vanno un po’ a riempire la difficolta, o per trovare un
aggancio per comunicare =questo ci fa capire che i gesti molto più delle parole ci permettono di agire creando un aggancio
completo con la realtà. Questo dato ci fa comprendere quanto i gesti siano importanti nella comunicazione, quello che noi vediamo
sul piano comunicativo e strettamente correlato alla funzione cognitiva dei gesti, è proprio perché i gesti ci aiutano a memorizzare
che vengono usati con più frequenza . È IMPORTANTE ricordare che quella stessa concettualizzazione (guarda avanti) delle parole è
riscontrabile anche nell’uso dei gesti, che accompagna tale espressione, (indica qualcosa che si trova avanti = futuro)

WHAT THE HANDS CAN TELL US ABOUT LANGUAGE EMERGENCE , Susan Goldin-Medaow
Uno delle più importanti linguiste viventi, ha un laboratorio a Chicago dedicato allo studio dei gesti, che spazia dai bambini molto
piccoli, fino allo studio delle persone sorde, sia quelle che hanno acquisito sin da piccole la lingua dei segni, sia quelle che lo hanno
fatto dopo, c’è una grande differenza tra i bambini sordi cresciuti con una famiglia che parla la lingua dei segni, e altri invece che non
hanno i genitori sordi. Nel caso ci sia una famiglia di udenti, il bambino ha attorno a se un ambiente fatto di vocalità che non riesce a
comprendere.
Meadow afferma: UN BABINO CHE NASCE SORDO è POTENZIALMENTE IN GRADO DI COMUNICARE TRAMITE UNA LINGUA TANTO
QUANTO UN BAMBINO CHE VIENE ESPOSTO A UN BAMBINO ESPOSTO AD UNA LINGUA MANUALE CHE A UNA IN FORMA ORALE,
sebbene si pensi che la capacita di combinare suoni in maniera variabile e non determinabile dando luogo alle lingue verbali sia
riservata solo alla lingua orale, anche i gesti possono segmentare le unita concettuali e dar vita a una svariata quantità di unita
linguistiche. Nell’articolo si sofferma sul dato secondo cui nella comunicazione umana è importante tanto la codifica segmentale
quanto quella mimetica: si presuppone che in modo specifico, che i gesti sono riservati in maniera e specifica alla codifica gestuale
mentre quella segmentale sia a carico della modalità orale (fonologica).
Argomenti a favore delle capacità segmentare e combinatorie della modalità manuale
• Nonostante la mancata esposizione dalla nascita e durante il periodo scolastico a una lingua dei segni convenzionali, i bambini
nati sordi nati da genitori udenti riescono a creare in autonomia un proprio sistema di comunicazione manuale che viene
denominato “homesign” (Come funziona l’Homesign Language ? Si tratta di sitemi che presentano varie somiglianze con le
proprietà delle lingue tra queste la segmentazione e la combinazione. Per esempio che nel caso del voler aprire una scatola di
biscotti, cosa accade, che il bambino addita il biscotto e dopo più volte va a mimare il movimento verso la sua bocca, facendo
capire che quello che vuole dire è “mangiare biscotto”, viene data più priorità all’oggetto rispetto all’azione, e con il gesto
indicare l’azione che si vuole svolgere. Segmentando quindi oggetto e verbo viene fuori la frase. )Quello che in questa prima
parte va sottolineato è il fatto che i gesti possono segmentare e combinare.
• Ogni gesto è composto da una configurazione della mano e da un movimento: il significato che assume ogni gesto determinato
da quello che viene assunto da ciascuna di queste componenti. Per esempio la configurazione della mano (oggetto di piccolo
diametro) a pugno che ruota (cosa vuole che venga fatto) =mettere un moto il gioco, questo dimostra come ogni gesto sia
composto da configurazione della mano più movimento
• Gli homesigner possono ricorrere a dei marcatori grammaticali, quindi distinguendo un sostantivo da un verbo, per specificare
la funzione di un gesto, prende forma una vera a propria morfologia.
La codifica mimetica è importante per la comuncazione ed è assolta meglio dalla modalità manuale
I gesti utilizzati dai parlanti udenti forniscono un sopporto a questa idea, cioè tutti i gesti coverbali utilizzati spontaneamente fanno
capire quanto essenziale sia la gestualità nella comunicazione. Infatti, tutti i gesti coverbali veicolano i significati differentemente
rispetto al discorso, i gesti veicolano i significati in modo mimetico.
I gesti permettono di raffigurare molto di più di quanto facciano le parole, e quando al gesto viene associata anche una parola
evidentemente si ottengono risultati di contenuti, quindi questa giustapposizione di due differenti messaggi (uno in forma mauale,
l’altro in forma verbale) è cognitivamente rilevante. Non è casuale che occorrano i gesti con le parole proprio perché noi come esseri
umani abbiamo bisogno tanto della codifica mimetica quanto di quella manuale.
Le Funzioni Cognitive dei Gesti
Le informazioni date con il supporto dei gesti hanno un impatto più elevato e vengono ricordate meglio di quelle date solo a
parole. I gesti si configurano come un’estensione della nostra attività cognitiva, la quale, grazie ai gesti, può usufruire di
un’organizzazione spaziale che facilita quella mentale e verbale.
Nelle fasi di apprendimento di una lingua straniera o di comunicazione in lingua straniera l’espressione gestuale risulta più
diretta e trasparente di quella verbale.
I gesti infatti:
• permettono di dirigere e concentrare l’attenzione e rappresentano nello spazio pensieri e intenzioni entro cui
prende forma la concettualizzazione del proprio pensiero
• la possibilità di ricorrere ai gesti durante il ragionamento, offre delle prestazioni migliori nell’apprendimento
• I gesti offrono una relazione diretta e immediata con il pensiero e sulla base di questa facilitano la comprensione delle
parole
• Permettono di esprimere ciò che non padroneggiamo ancora a parole
• Congiungono l’attenzione dei parlanti su uno spazio comune, permettendo l’interazione sociale
• Migliorano la memorizzazione delle informazioni anche in lingua straniera
• Arricchiscono la comunicazione aggiungendo informazioni nello spazio o connotando culturalmente il messaggio
• Compensano le parole quando queste sono carenti o inadeguate per comunicare

Learning From Gesture: How our hands change our minds, Novack, Goldin-Meadow
Le persone quando parlano gesticolano. Gesticolano anche quando parlano al telefono e le altre persone non le vedono.
Gesticolano anche i non vedenti dalla nascita, che non hanno mai visto qualcuno gesticolare.
I gesti non sono dunque costretti ad esprimersi sul piano lineare amato sulle regole della lingua orale, e perciò, possono
esprimere idee che potrebbe essere difficile trasmettere a parole.
L’uso dei gesti ha conseguenze importanti non solo per la comprensione linguistica, bensì anche per il pensiero e l’apprendimento.
Più che chiarire o migliorare il messaggio di una lezione, il gesto può portare gli studenti all’intuizione e promuovere lo sviluppo
concettuale.
Gli studenti che producono nei gesti informazioni diverse rispetto a quelle trasmesse a parole rivelano (attraverso i gesti) che sanno
più di quanto dicono. Le informazioni che uno studente trasmette unicamente nel gesto fanno spesso parte di un sapere implicito
non ancora accessibile alla comprensione. Questo può essere il segno che lo studente è in uno stato di transizione verso
l’acquisizione e l’uso di importanti informazioni.
Produrre spontaneamente strategie corrette unicamente attraverso il gesto porta all’apprendimento, ma anche insegnare a usare
strategie corrette unicamente attraverso il gesto lo fa.

Come i gesti promuovono l’apprendimento?


• I gesti possono collegare tra di loro concetti astratti e l’ambiente circostante
• Possono ridurre il carico cognitivo, migliorando la comprensione
• Possono enfatizzare il linguaggio vocale
• Dal momento che il gesto è un movimento corporeo, i suoi effetti sull’apprendimento, possono influenzare, almeno in parte, la
sua capacità di utilizzare il sistema motorio. I gesti possono dunque supportare l’apprendimento poiché sono una tipologia di
azione, in particolare un’azione rappresentativa, rappresenta funzioni e non idee

I GESTI POSSONO AGEVOLARE L’APPRENDIMENTO ANCHE QUANDO VENGONO SEMPLICEMENTE VISTI E NON
DIRETTAMENTE PRODOTTI
In assenza di oggetti fisici, vedere i gesti può agevolare l’apprendimento, infatti, i bambini che hanno ricevuto istruzioni anche attraverso
i gesti presentano un avanzamento di conoscenza che non è presente nei bambini che non hanno ricevuto istruzioni attraverso i gesti.
Ciò suggerisce che l’istruzione basata sui gesti favorisce l’apprendimento nn solo in quanto focalizza l’attenzione, bensì anche
trasmettendo le idee attraverso la realizzazione di forme rappresentazionali. L’inclusione dei gesti nell’educazione consente ai docenti
di fornire più strategie contemporaneamente: educazione multimodale.

Apprendere attraverso i gesti nella prima infanzia


Il gesto è uno strumento molto utile nell’apprendimento della prima infanzia in quanto i gesti prodotti dai bambini molto piccoli
permettono di intuire ciò che loro sanno prima ancora che quella conoscenza diventi esprimibile a parole. I bambini iniziano a riferirsi
al mondo attraverso i gesti, per poi passare a combinazioni di gesti e parole, per cui concettualizzano ed esprimono pensieri ancora
troppo complessi da esprimere a parole, attraverso i gesti.

Docenti ed educatori devono introdurre con fiducia il gesto in classe in diversi modi
Ogni docente può dare la possibilità agli studenti di rispondere ai problemi con i gesti incoraggiando l’uso dei gesti durante le
spiegazioni. I docenti devono dunque prestare attenzione alle informazioni che gli studenti forniscono a gesti per evitare di perdersi
cio che di importante viene espresso manualmente.
Gli stessi docenti possono gesticolare mentre insegnano. Ciò migliora l’attenzione degli studenti e favorisce un incremento della
gesticolazione da parte loro durante le attività di apprendimento. Dunque gesticolando il docente non solo migliora la qualità della
lezione, ma introduce anche una cultura di classe che include il gesto.
I gesti possono essere utili in classe quando altri strumenti non sono disponibili. Possono essere usati per rappresentare idee molto
impegnative da apprendere. Possono essere usati dagli studenti a scopi di manipolazione, al osto degli oggetti, senza ingombro, con il
vantaggio di spostarsi con gli studenti.
I gesti sono portatili, flessibili e ideali per migliorare i contesti di apprendimento. Essi possono essere strumenti didattici per gli
insegnanti e di apprendimento per gli studenti, se riconosciuti come qualcosa di più di un semplice movimento della mano.

USO STRATEGICO DEI GESTI NELLA CLASSE DI LINGUA STRANIERA


Quando parliamo di lingua straniera e lingua seconda? Lingua seconda si impara stando nel luogo in cui si sta (immigrato che
parlano italiano) mentre lingua straniera è la lingua che si studia a scuola
L’uso strategico dei gesti consente di far arrivare l’imput verbale, facendo arrivare l’attenzione in maniera diretta allo studente, ma
tutta la gestualità che accompagna la lezione mantiene alta l’attenzione, e ciò è propedeutico all’attività di memorizzazione. Diadori
ha sottolineato come i gesti permettono di condurre l’attenzione non solo sui contenuti ma anche su ciò che lui fa, definendo ciò
EFFETTO MIRRORING = RISPECCHIARSI IN CIÒ CHE IL PROFESSORE FA, sentirsi coinvolti.
L’ipotesi dell’imput comprensibile che sottolinea il fatto che tutti i nuovi imput presentati nel contesto dell’insegnamento elle lingue
devono essere comprensibili (ad esempio non posso introdurre il presente perfect prima del simile past, ci deve essere una serie di
conoscenze che se non alla portata dello studente, l’apprendimento risulta fallimentare). In questo senso c’è una modalità che offre
uno strumento di presentazione piu efficace, cioè ciò che non può essere compreso a livello dialogico con l’aspetto tessa
immediatezza, ci arriv il gesto che rendendo visibile ciò che vien detto supplisce a questa eventuale incomprensione.
Il TOTAL PHYSICAL RESPONSE, elaborato negli anni 60 da Asher. Lo studente è coinvolto fisicamente e mentalmente e questo vuol
dure che occorrerebbe associare ai comandi verbali una risposta fisica, doppia codifica sia a livello di produzione che recettivo,
l’importanza strategica dei gesti non sta solo al docente, ma bisogna che anche gli studenti vengano incoraggiati per migliorare la
loro capacita di memoria, questo metodo ha il merito di ingaggiare il corpo nell’apprendimento.
È anche considerato importante nell’approccio affettivo, che pone particolare attenzione sulle emozioni dello studenti, e viene
collocato in questo approccio poiché la possibilità di sentirsi coinvolti sia a livello fisico oltre che orale, conforta lo studente, poiché
dove non arriva a comprendere ciò che viene detto sente di poterci arrivare vedendolo, e ciò conforta poiché si ha la consapevolezza
di avere un supporto in un’altra modalità. Quindi i docenti impegnati nell’insegnamento delle lingue devono essere coscienti del
potenziale didattico dei gesti, sia per favorire l’interazione in classe che per favorire l’apprendimento dello studente. Ad esempio per
quanto riguarda dare un feedback usando la gestualità per arrivare empaticamente allo studente per fargli comprendere l’errore è
sicuramente un modo per non inibire future comunicazioni nella lingua dello studente, se inibiamo la capacita di comunicare,
compromettiamo la capacita di poter raggiungere la capacita di parlare la suddetta lingua. Oppure invitare a partecipare alla lezione
attraverso i gesti, la mimica facciale.

Ci sono diversi studi che hanno dimostrato l’efficienza dei gesti nella classe di lingua:
• Tellier, dimostra come i gesti siano in grado di influenzare attenzione e memoria nell’apprendimento del lessico in una lingua
straniera, lo studente viene chiamato a codificare l’imput linguistico non solo dall’aspetto fonologico che da quello visivo, attivando
un’elaborazione multimodale di tipo visivo e motorio
• Macedonia, ha proposto di adottare una tecnica di presentazione del nuovo lessico agli studenti di lingua straniera producendo
in modo simultaneo le parole e i gesti iconici ad esse corrispondenti
• Calarck E Trofimock dove gli studenti si sono resi conto che nei casi in cui avevano appreso il lessico senza la rappresentazione
gestuale, non ricordavano in maniera tanto efficace come per il contrario. Non sempre le parole possono essere associate ad un
gesto, e quindi è chiaro che questo uso strategico può anche non essere sempre utilizzato
In definitiva sono una strategia che permette di rendere è più immediati gli imput verbali e meglio memorizzabili o alcuni aspetti di
essi,che risultano spesso difficili da apprendere. RIENTRANO A PIENO TITOLO FRA LE STARTEGIE CHE L’INSEFNANTE PUÒ USARE PER
FACILITARE L’APPRENDIMENTO ID UNA LINGUA STRANIERA.

In funzione della capacita dei gesti si può associare una particolare funzione:
• Gesti deittici sono in grado di attivare l’attenzione congiunta, chi utilizza la deissi attira l’attenzione dell’altro che si sente
richiamato a prestare attenzione. Ricorrere a tali gesti è spontaneo ed essenziale, nel momento in cui mancano le parole per
comunicare qualcosa tutto si basa sulla gestualità, tuttavia, anche in fasi non iniziali dell’apprendimento della lingua l’utilizzo dei
gesti può essere funzionale all’apprendimento
• Gesti iconici, possono fornire un valido supporto delle parole mancanti in una lingua straniera. Si crea una vera e propria
immagina, lo studente rappresenta i contenuti e possono facilitare l’apprendimento offrendo una rappresentazione spazio-
motoria direttamente connessa con l’organizzazione di pensiero
• Gesti metaforici, possono sembrare meno efficaci, ma in realtà partendo dall’idea che la metafora nella lingua non abbia un
ruolo marginale, bensì struttura quotidiana nella nostra lingua, tutto il nostro parlare in termini ironici e affettivi si fonda sempre
su questo tipo di modalità creativa, infatti anche a livello di competenza linguistica base, la metafora ha il merito di
esprimere questa caratteristica della lingua in maniera più immediata, nonostante le difficoltà causata dalla differenza
culturale questi tipi di gestì possono essere comunicativi non solo da un punto di vista linguistico bensì anche culturale
• Gesti ritmici, si mostrano particolarmente utili nell’apprendimento di intonazione o accenti

Per quanto riguarda i gesti simbolici, questi non possono essere utilizzati come mezzo didattico, bensì devono essere un obbiettivo
didattico da parte del docente, non sono adatti per migliorare l’apprendimento poiché sono gesti con un significato specifico, e
motivo per il quale presentano una variabilità culturale.
Un esempio di gesti codificati o emblematici, sono quelli riguardanti i gesti contro la violenza domestica, affinché si comprenda e lo si
compia, bisogna innanzitutto conoscerne il significato, tant’è esso circola in modo istruttivo, viene mostrato come bisogna porre la
mano per esprimere quel determinato significato, è un gesto che ha per cui un valore importante dal punto di vista sociale.
Morris, si è reso conto viaggiando, studiando altre lingue e comunicando con stranieri, che alcuni gesti a noi familiari scompaiono.
Altri a noi estranei entrano a far parte della comunicazione, altri ancora assumono un significato diverso.
Si è inoltre ipotizzato che i gesti siano diventati una parte importante della comunicazione degli italiani in quanto codice più
trasparente e condivisibile con il quale intendersi nella babele dei dialetti (prima affermazione lingua nazionale l’Italia era
linguisticamente frammentata) dei dialetti in cui si esprimevano gli italiani prima della diffusione della lingua italiana.
Esempi di gesti che cambiano il loro significato nelle diverse culture

Gesto dell’Avvitare
• In Italia si utilizza per indicare qualcosa di buono, o per fare apprezzamenti
fisici.
• Mentre al Sud della Spagna si utilizza per dire che qualcuno è effemminato.
• In Germania per accusare qualcuno di follia

Gesto del morso


• In Italia viene usato per esprimere rabbia
• Mentre in Arabia Saudita per scusarsi

Gesti Simbolici di Educazione Linguistica


A causa delle specificità culturali della gestualità spesso possono sorgere problemi a livello comunicativo e
pragmatico, se passando da una cultura ad un’altra, si ignorano i diversi significati che i gesti simbolici possono
assumere. È necessario dunque essere consapevoli delle variazioni culturali del significato a cui i gesti sono esposti, in
modo da farsi trovare pronti in contesti interculturali, a sospendere il giudizio sui gesti che osserviamo sviluppando
una sensibilità culturale.
Un fraintendimento dei gesti può compromettere la motivazione necessaria per “fare” lingua, la quale è al centro
dell’approccio comunicativo e comprende elementi extra linguistici e ci permette di mettere in pratica quanto
appreso, inibendo l’indipendenza comunicativa in lingua straniera. ~

COMPETENZA
COMUNICATIVA
COMPETENZA INTERCULTURALE

I
Capacità di usare la lingua in modo appropriato agli
La competenza interculturale consiste nel conoscere le differenze e scopi e alle situazioni, in relazione agli aspetti sociali,
archiviare i nuovi significati per poi scambiarli con quelli familiari al pragmatici e interculturali del contesto comunicativo.
momento opportuno, quindi essere disposti a rinegoziare il Essa comprende:
significato dei propri gesti all’interno di uno spazio culturale nuovo e • La competenza linguistica (CAPACITÀ DI
diverso, Occorre dunque assumere il ruolo dei gesti simbolici entro COMPRENDERE ENUNCIATI DAL PUNTO DI VISTA
la cultura di riferimento della L2 in modo da evitare incomprensioni. FONOLOGICO, SINTATTICO, ETC.)
Per questo motivo l’insegnamento dei gesti simbolici andrebbe • Le competenze extra linguistiche (COMPRENDERE
considerato sin dai primi livelli di apprendimento della competenza ESPRESSIONI E GESTI DEL CORPO AD ESEMPIO)
linguistica per evitare fraintendimenti • Le competenze contestuali riferite alla lingua in uso
Perché è importante l’insegnamento dei gesti quando si apprende una lingua straniera?
• Per comprendere l’intenzionalità comunicativa nei contesti di lingua e cultura straniera
• Per evitare di generare equivoci
• Per trasmettere conoscenze circa abitudini, usanze, modi di pensare del popolo che li usa

Tecniche di Insegnamento dei Gesti Simbolici


• Video e film (con traduzione verbale dei gesti)
• Analisi condivise di immagini
• Riproduzione di gesti in simulazioni di comunicazioni reali lavorando in coppie o piccoli gruppi
• Tecniche teatrali/giochi di ruolo

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