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La concentrazione e l’allenamento ideomotorio nelle attività motorie

La concentrazione
Cos’è la concentrazione? Essere concentrati significa focalizzare la propria attenzione sull’obiettivo che si vuole
raggiungere in quel momento, senza distrazioni, senza pensieri estranei. La capacità di concentrarsi è dunque la
capacità di dirigere la propria attenzione sugli elementi determinanti per la prestazione e cioè: obiettivo e mezzi per
ottenerlo. Nel campo sportivo i mezzi sono i programmi di movimento (tecniche) che l’atleta già possiede e che attiva
al momento opportuno quando percepisce i segnali scatenanti, cioè quelle “informazioni precise e particolari” che il
sistema sensorio dell’atleta individua come condizioni di “via!” o di controllo. Esempio: il giocatore di pallacanestro
esperto e concentrato percepisce immediatamente da segnalatori molto precisi (sguardo degli occhi, movimento delle
mani) quando il proprio avversario in possesso di palla sta passando o tirando e di conseguenza mette in atto il
comportamento difensivo adeguato (es. braccia in alto per impedire il tiro, braccia in fuori per il passaggio).
Essere concentrati significa essere attenti ma anche e soprattutto sapere a che cosa essere sensibili cioè a che cosa
prestare attenzione. Altri esempi: lo sciatore è molto sensibile all’attrito delle lamine sulla neve che gli viene trasmesso
dalle sensazioni di pressione dello scarpone sui piedi e sul collo della gamba (se non sai sciare questo esempio non ti
sarà assolutamente comprensibile). Il ginnasta o la ballerina di solito è molto sensibile a percepire l’azione fine dei
segmenti corporei, sapendo regolare forza ed escursioni spaziali con elevata precisione. Il tiratore di pistola è in grado
di controllare al centesimo di millimetro la posizione della sua mano quando prende la mira.
Sapere a che cosa prestare attenzione (cioè su cosa concentrarsi) per la buona riuscita dell’azione motoria significa
anche allenare la propria sensibilità cioè la capacità di discriminare finemente le variazioni.
La capacità di dirigere l’attenzione è anche una questione di volontà e questa è direttamente proporzionale alla
motivazione e quindi a quel desiderio interiore che mobilizza energie psichiche e nervose. Infatti senza motivazione,
o desiderio profondo di riuscire in una certa cosa, è difficile essere concentrati. Quando non abbiamo voglia di fare
una cosa è difficile poniamo una attenzione elevata su di essa. La strategia vincente è crearsi delle motivazioni, degli
interessi, spiegando a noi stessi perché è importante portare a termine quel compito, affinché si mobilizzino delle
energie psiconervose che permettono di applicarci. Questo significa ragionare in termini di vantaggi: “Qual è il
vantaggio che ne potrei ricavare nel fare questa cosa?” – è la domanda fondamentale da porsi per automotivarsi
(automotivazione).
A volte dei pensieri estranei non permettono di concentraci pur avendo interesse di riuscire in un certo compito. In
realtà la parte inconscia della nostra mente ritiene più interessante occuparsi di quei pensieri estranei e quindi si crea
un conflitto di interessi tra parte conscia e parte inconscia di noi stessi. Occorre prendere coscienza dei pensieri
estranei e già questo ne fa perdere buona parte del loro “potere distraente”; poi occorre capire quali bisogni tenta di
soddisfare l’inconscio con tali pensieri con una autoanalisi profonda che presuppone una certa conoscenza di se
stessi (autoanalisi). Il più delle volte scoprire ciò che ci turba ne scarica notevolmente il potere distraente e anche se il
problema non può essere risolto al momento si può far capire alla mente che se ne può occupare in un secondo
tempo (esercizio della scatola nera – vedi dispensa “Concentrazione e allenamento ideomotorio”).
La concentrazione è favorita anche dall’assenza di stimolazioni non necessarie alla prestazione (distrazioni)
quantunque sia molto allenabile anche la capacità di escludere dal proprio sistema percettivo stimolazioni non
pertinenti. È certamente più difficile concentrarsi in un ambiente rumoroso o con interferenze di altri piuttosto che in
un ambiente isolato. Questo significa nello studio non avere distrazioni a portata di mano/vista/orecchio come radio o
TV accesi, oggetti di gioco nelle vicinanze ecc. Alcuni infatti trovano utile studiare in altri luoghi (es. biblioteca, parco
pubblico) dove non ci sono distrazioni. Ma la capacità di concentrarsi è altamente allenabile anche in ambienti
distraenti; con la giusta gradualità (proprio come nell’esercizio fisico) partendo da situazioni di isolamento e passando
man mano a situazioni con interferenze si può giungere a concentrarsi anche in mezzo al caos più totale.
Adottare inoltre tecniche di rilassamento può aiutare a concentrarsi giacché occorre una certa “pace interiore” per
poter focalizzare l’occhio della mente su ciò che si vuole “vedere” con più chiarezza
Esiste un esercizio apposito da svolgere proprio quando pensieri estranei non ci permettono di concentraci su un
compito: la scatola nera.

Esercizio della scatola nera


In condizioni di rilassamento globale (posizione comoda, ambiente tranquillo) compiere dieci respirazioni lente e
profonde ad occhi chiusi. Se ci sono problemi a rilassarsi eseguire una seduta di rilassamento totale (vedi articolo
precedente).
Visualizzate ora casa vostra in un locale o in uno spazio che solitamente avete a vostra disposizione per scrivere o
leggere; cercate di percepire bene tutti gli elementi che stanno attorno a voi: mobili, luci, odori, oggetti, soliti rumori,;
siate molto vividi in questa visualizzazione; ……………visualizzate ora la poltrona o la sedia su cui solitamente vi
sedete …. Cercate di vederne tutti particolari: costituzione del materiale, colori, superficie; …………. arricchite la cosa
di sensazioni tattili della vostra mano che vedete accarezzare l’oggetto (voi siete in piedi vicino ad essa nella vostra
visualizzazione); ……….. ora sedetevi sulla sedia/poltrona e sentite il movimento del vostro corpo e le sensazioni tattili
di contatto unitamente agli eventuali rumori che la cosa produce;……… ora siete comodamente e tranquillamente
seduti sulla vostra sedia/poltrona; visualizzate sul tavolo davanti a voi un foglio di carta bianco e una matita; prendeteli
in mano e cercate di sentire le sensazioni tattili che tali azioni producono; state visualizzando le vostre mani con il
foglio di carta e la matita;……….. ora scrivete lentamente sul foglio di carta il pensiero estraneo che vi sta turbando
sintetizzandolo in 2-3 parole al massimo; visualizzate la vostra mano che scrive lentamente il pensiero estraneo con la
vostra calligrafia; cercate di percepire le sensazioni tattili di pressione della matita sul foglio oltre che visualizzare la
vostra mano; ……………. Terminato di scrivere appoggiate la matita e piegate il foglio in quattro in modo che la
scritta non sia più visibile; ………. Ora volgete lo sguardo al vostro fianco e notate per terra una scatola nera delle
dimensioni più o meno di una scatola da scarpe;… prendetela e apritene il coperchio; … ponetevi dentro il foglio di
carta (continuate ad arricchire la visualizzazione di sensazioni tattili, cinestesiche e uditive) e richiudete la scatola;
………. Ora alzatevi con la scatola in mano e camminate in direzione dell’armadio; giungete ora di fronte ad esso e
vedete la mano che lo apre e vi pone dentro la scatola; ……… richiudete l’armadio con dentro la scatola e il pensiero
estraneo al suo interno; …. Voltate le spalle, visualizzate la stanza da quel punto di vista (spalle all’armadio) e
allontanatevi; sentite il rumore dei vostri passi e le sensazioni di movimento di tutto il corpo, ….. il vostro pensiero
estraneo è ora al sicuro e lo riprenderete dopo ……..

L’allenamento ideomotorio
L’allenamento ideomotorio (o visualizzazione) è una
tecnica facente parte del mental training (o allenamento
mentale) di un atleta, finalizzato all’apprendimento di un
gesto sportivo o al suo perfezionamento. Consiste nel
ripetersi mentalmente il gesto (senza cioè eseguire
realmente il movimento) – in condizione di rilassamento e di
concentrazione – “percependosi” molto vividamente con
TUTTI i canali sensitivi: visivo interno, uditivo (ritmico) e
soprattutto cinestesico (vedi oltre).
Il principio su cui si basa è quello affermato da un noto
psicologo americano: "La mente non fa differenza tra una
esperienza realmente vissuta e una immaginata molto
vividamente". Tant’è vero che nel sogno viviamo
l’esperienza come reale pur non avendo alcuna stimolazione
sensoriale, cioè non vediamo realmente e non sentiamo con
gli altri sensi alcunché eppure crediamo di vivere realmente
quell’esperienza. Il successo che nella nostra cultura ha il
cinema e la televisione si basa ancora su questo principio: ciò che vediamo suscita in noi sentimenti ed emozioni
proprio come se fossimo “in scena” ed è dunque fonte di piacere. Pur sapendo che si tratta di finzione, la nostra mente
si abbandona coscientemente all’illusione di vivere realmente l’esperienza scenica. Anche il piacere di leggere un
libro, pur con il passaggio della codifica dal verbale-scritto all’immaginato, si basa sullo stesso principio: immaginare
molto vividamente una cosa è come viverla realmente.
L’allenamento ideomotorio dunque, con le sue ripetizioni mentali immaginate, è un’esperienza altrettanto utile che la
pratica stessa1 e migliora l’apprendimento e il perfezionamento di un gesto motorio.
Quando immaginiamo di compiere un certo gesto, inconsciamente i muscoli deputati a quel gesto aumentano il loro
tono muscolare (stato di leggera contrazione a riposo determinato dal sistema nevoso centrale) dimostrando come ci
sia una preattivazione nervosa solo “pensando” al movimento. Tant’è che negli stati emotivi il tono muscolare generale
aumenta (sensazione di pericolo, paura, lotta, oppure euforia ecc) o diminuisce (sensazione di abbandono,
rilassamento, depressione). L’aumento del tono muscolare ha la funzione di pre-attivare la contrazione per essere
pronti all’azione. La diminuzione del tono muscolare nei momenti di rilassamento svolge il compito di risparmio
energetico e di silenziare le sensazioni provenienti dal corpo per porre maggiore attenzione agli stimoli esterni o al
lavoro mentale (es. nella meditazione contemplativa).
Ma come si realizza l’apprendimento di un gesto complesso? Gli impulsi nervosi che circolano nel nostro cervello
quando viviamo una esperienza motoria (ma non solo motoria) determinano una sorta di traccia del percorso tra le
cellule cerebrali che ne facilitano un successivo passaggio determinando quello che chiamiamo apprendimento. Il
meccanismo è il seguente. Quando un segnale passa attraverso delle connessioni (sinapsi) tra un particolare
gruppo di cellule nervose, esso lascia in qualche modo una traccia in tali connessioni in modo che il passaggio in
tempi successivi attraverso le stesse sinapsi sia facilitato.
Pertanto, quando nel cervello prende il via un certo programma d'azione (o anche un pensiero) esso lascia una traccia
nelle sinapsi utilizzate e ciò rende più facile il richiamo dello stesso programma (o pensiero) in un momento
successivo. Questa traccia nelle connessioni tra cellule nervose sembra essere influenzata dalla quantità di passaggi
dello stimolo nervoso che determina lo sviluppo (trofismo) dei neuroni dei dendriti, degli assoni e delle sinapsi
utilizzati. Quindi questo fa comprendere la funzione dell'esercizio e della ripetizione nell'apprendimento in genere.
Quelli che inizialmente erano sentieri, con l’esercizio diventano delle autostrade.
Perciò se ci ripetiamo mentalmente delle azioni (visualizzazione) è come se le facessimo veramente e quindi è come
se ci allenassimo. Per cui possiamo aumentare notevolmente il carico di esercizio per l'apprendimento di un gesto,
visualizzando mentalmente le azioni che dobbiamo fare nel compierlo.

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Ciò non deve essere però travisato: fondamentale è la pratica dell’esercizio; la mancanza di questa rende nulle le possibilità di
miglioramento dell’allenamento ideomotorio che deve essere visto come mezzo integrativo (per il perfezionamento) e aggiuntivo
all’esercizio pratico. Infatti l’allenamento ideomotorio si focalizza soprattutto sull’aspetto cinestesico (vedi più avanti) che si
sviluppa solamente con la pratica. Dunque memorizzare un gesto molto complesso che non si sa eseguire e ripeterlo mentalmente
senza avere fatto nessuna esperienza pratica simile ha pochissima influenza sull’apprendimento.
Ma ci sono delle condizioni affinché l'allenamento ideomotorio sia veramente efficace e produttivo:
1. bisogna sapersi concentrare
2. bisogna avere una certa esperienza motoria realmente vissuta (anche di diverso genere rispetto al
gesto da apprendere ma che abbia un carattere di similitudine - es. bracciata nel nuoto azione del braccio
nella schiacciata di pallavolo)
3. la visualizzazione deve essere molto vivida cioè ricchissima di sensazioni non solo visive ma anche
muscolo-articolari, uditive, tattili, organiche (interiorizzazione).
4. Ci deve essere ripetizione.
Infatti la capacità di “lavorare con le immagini della mente” richiede una certa capacità di saper dirigere l’attenzione e
non farla fuggire in pensieri secondari e non necessari. Inoltre non si può imparare una cosa se non si ha fatto mai
movimento giacché la visualizzazione sarebbe molto povera di sensazioni specifiche (scarsa sensibilizzazione) e
quindi l'allenamento ideomotorio non funzionerebbe. Inoltre la visualizzazione deve essere molto ricca di particolari
(interiorizzazione) altrimenti sarebbe troppo superficiale e non innescherebbe quei passaggi neuronali necessari a
determinare l'apprendimento. La ripetizione ha parimenti importanza: non si può visualizzare una certa cosa una volta
ogni tanto e pretendere di imparare! I sentieri neuronali si allargano man mano che si continuano a calpestarli.
La visualizzazione non è la ripetizione di parole o frasi, ma è l’utilizzo di rappresentazioni mentali; non deve essere
rapida e superficiale. La sua efficacia è potente solo se è molto vivida.
L’evoluzione dell’uomo dal regno animale è dovuta proprio a questa capacità della razza umana di lavorare con le
immagini2. Capacità determinata dallo sviluppo del sistema nervoso centrale, e in particolare della corteccia cerebrale
frontale, la dove ha sede l’attività immaginativa. Le capacità intellettive dell’uomo hanno determinato la possibilità di
modificare l’ambiente in cui vive anziché subirlo, costruendo attrezzi e oggetti. Tale possibilità si deve al fatto che
l’uomo costruisce nella propria mente prima che materialmente. È la facoltà di anticipare le azioni e dunque di
programmare che determina le facoltà operatorie mentali che sottendono la capacità di progettare prima ancora che
costruire oggetti. Tutto ciò è permesso anche dalla grande sensibilità e operatività della mano, che si è liberata dal
dover essere una “zampa” necessaria per appendersi, quando l’ambiente è mutato da foresta a savana costringendo i
nostri progenitori primati a scendere dagli alberi e a conquistare la stazione eretta e il cammino. La grande possibilità
manipolativa della mano ha permesso ai nostri progenitori di costruire con le mani e nel contempo a sviluppare le
nostre facoltà intellettive, determinando appunto la capacità di immaginare azioni prima di compierle secondo uno
schema di pensiero ipotetico-deduttivo (“Se faccio così forse posso ottenere questo risultato”) che caratterizza le
azioni di causa-effetto e obiettivo-mezzo per ottenerlo.

Ripassarsi mentalmente il gesto nei momenti di pausa, di riposo anche lontano dall'allenamento e più volte al giorno è
comunque allenante quasi quanto la pratica vera e propria.

Voglio citarvi una mia esperienza personale che mi fece comprendere la rivoluzionaria efficacia dell'allenamento
ideomotorio a tal punto da decidere di sviluppare la mia tesi ISEF sull'argomento. Con questa tesi vinsi il premio del
CONI e Ministero Pubblica Istruzione come miglior tesi ISEF in Italia nel 1986.
Al terzo anno ISEF decisi di dedicarmi al decathlon e quindi cominciai ad allenarmi alle specialità tecniche che non
sapevo ancora eseguire tra cui il salto con l'asta. Nei primi due anni di ISEF mi ero impegnato tantissimo nella
ginnastica artistica poiché non avevo mai fatto questa esperienza nella mia vita. Appresi dunque un sacco di
movimenti al corpo libero e agli attrezzi (parallele e sbarra soprattutto) di cui prima non ne sapevo neanche l'esistenza
poiché non avevo avuto purtroppo l'occasione di praticare molti sport di coordinazione.
Per imparare a saltare con l'asta avevo bisogno di un buon allenatore e al campo dove ero solito allenarmi c'era uno
dei migliori allenatori di decathlon italiani nonché ex primatista italiano di questa specialità e anche del salto con l'asta
(Francesco Sar). Prima di presentarmi a lui mi studiai nei dettagli tutte le azioni del salto con l'asta, guardandomi le
gare dei campionati mondiali di atletica e delle olimpiadi. Quasi inconsciamente mi ritrovai a cercare di sentire il mio
corpo (muscoli, articolazioni, ritmo delle azioni) mentre guardavo la sequenza delle immagini. Quando me ne accorsi
capii che stavo cercando di applicare degli schemi di movimento della ginnastica artistica: l'oscillazione del corpo dopo
l'imbucata dell'asta mi richiamava l'oscillazione alla sbarra, la raccolta del corpo prima della spinta in alto la capovolta
indietro, la distensione verso l'asticella la salita alla verticale dalla capovolta indietro e il movimento di kippe alle
parallele e alla sbarra.
Mi presentai dunque all'allenatore e mi fece saltare quasi subito. Si stupì e mi chiese se avevo già saltato in
precedenza in quanto avevo già una gesto grezzo ma completo ed ero in grado di valicare già 3 metri. E tutto questo
con un handicap: braccia molto poco forti. Analogamente successe con il lancio del giavellotto.
Quello che è successo si chiama transfert cioè il trasferimento di abilità acquisite precedentemente
all'apprendimento di gesti nuovi. Ecco dunque l'importanza dell'esperienza: fornire un substrato di elementi da cui
attingere per imparare cose nuove. A ben vedere tutto ciò che si apprende è utile poiché può essere trasferito a delle
situazioni ben diverse. Certi schemi logici, pensieri o comportamenti che si mettono in atto a cose anche molto
differenti nella forma si applicano imparando cose nuove.
Allenarsi al mental training può essere molto utile nello studio. Quando vidi l'utilità dell'allenamento ideomotorio
nell'apprendimento di gesti nuovi cominciai ad applicare questa tecnica nello studio. Quando studiavo cercavo di
immaginarmi davanti al docente che parlavo dell'argomento in oggetto. Nel ripasso facevo sostanzialmente proprio
2
Qui al termine “immagine” si da un significato ampio e non solo in senso “visivo”. Si può infatti avere un ”immagine” di un
suono o di una qualsiasi altra sensazione intesa come rappresentazione mentale della sensazione stessa senza che nulla giunga hai
nostri organi di senso.
questo: mi mettevo alla prova facendomi domande e rispondendo proprio come se fossi all'esame. Molto utile era
anche andare agli esami degli altri e vedere l'ambiente dove avvenivano gli esami per arricchire la mia visualizzazione
di percezioni più precise. La visualizzazione è dunque uno strumento potente.

Riassumendo affinché il tuo mental training funzioni devi:


ripetere la visualizzazione più volte possibile; ogni volta che la ripeti è come se ti allenassi veramente. Stimolare il
cervello a ripetere tante volte la visualizzazione di azioni/pensieri o tecniche da affinare, ogni qualvolta ti è possibile.
visualizzare in modo approfondito, completo e concentrato. La visualizzazione non deve essere rapida e
superficiale. La sua efficacia è potente solo se è molto vivida.

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