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POLITECNICO DI BARI

CORSO DI LAUREA SPECIALISTICA IN INGEGNERIA ELETTRONICA


CURRICULUM S.E.M.A.

OPTOELETTRONICA II

OPTOGENETICS
Controllo tramite luce di neuroni modificati geneticamente

Docente:
Prof. Ing. CATERINA CIMINELLI

Studente:
MICHELE FRANCHINI

INDICE GENERALE

Capitolo 1
1.1 Abstract: cosa si intende per optogenetica............................3
1.2 Le tecniche classiche .................4
In vitro/in vivo........................................................................4
Scale temporali ridotte..........................................................5
1.3 La strada verso le tecniche optogenetiche...........................6
Opsine microbiche................................................................8
Possibili danni ai tessuti e fototossicit...............................12
Capitolo 2
2.1 Light delivery ..................................................................14
2.2 Hardware utilizzato .....................................................16
Schema di firing...........................................................17
Sorgente laser: DPSSL - Laser a stato solido pompati da diodi19
Processo laser nel dettaglio................................................22
Generazione delle lunghezze donda utili nelloptogenetica...22
Simulazione del pompaggio di un cristallo di Nd:YAG24
Tipologie di fibra ottica........................................................27
Microelectrode array...........................................................30
Capitolo 3
3.1 Data collection & analysis...............................................31
Induzione di eventi epilettici in slice di tessuto neuronale......34
Controllo ottico dello stimolo motorio..................................35

CONCLUSIONI E SVILUPPI FUTURI...............................................................37


BIBLIOGRAFIA.................................................................................................39

CAPITOLO 1

1.1 - ABSTRACT: COSA SI INTENDE PER OPTOGENETICA?


Il termine optogenetics indica un insieme di tecniche emergenti
nellambito delle neuroscienze che gi dal nome non nasconde quello
che il suo concetto fondamentale: la combinazione di tecniche
tipiche dellottica con quelle genetiche.
Domande e problematiche fondamentali che i neuroscienziati hanno
gi affrontato in passato tramite la biochimica e lelettrofisiologia
classica possono essere nuovamente esplorate ed ampliate nella
comprensione utilizzando loptogenetica. Con la scoperta ed il
proficuo utilizzo di proteine attivate dalla luce come le opsine
microbiche per interagire con i circuiti neurali intatti, loptogenetica
diventata una tecnologia chiave nel corso degli ultimi anni.
Anche se di base parliamo di strumenti per controllare la tensione di
membrana (il potenziale di azione) dei neuroni, il concetto pi
generale di optogenetica include l'uso di sonde in tessuti neuronali
geneticamente modificati per il controllo di parametri fisiologici legati
al comportamento ed allevoluzione della risposta elettrica del
cervello, da cui derivare modelli utili alla comprensione di meccanismi
propri di circuiti neurali di una determinata famiglia.
una disciplina in rapidissima evoluzione (le prime applicazioni
pratiche sono del 2002), e come tale dai confini dinamici e sovrapposti
fra diverse discipline mediche e pi prettamente tecniche.
Volendo riassumere in una definizione, per optogenetica si intende
quel ramo delle biotecnologie che combina lingegneria genetica con
lottica per ottenere il controllo tramite luce di cellule modificate
tramite lintroduzione di proteine sensibili alla luce.

1.2 - LE TECNICHE CLASSICHE


Largomento di una vastit e complessit tale che tentare di
condensarlo in un breve paragrafo sicuramente riduttivo, ma
funzionale a evidenziare la grande innovazione che le tecniche
optogenetiche stanno introducendo nel campo delle neuroscienze.
Fra le tante innovazioni che sono state introdotte alcune sono
apprezzabili solo da chi abbia un background formativo in discipline
della medicina e nel campo specifico della neurologia, in quanto
riguardano le manipolazioni di proteine e la stimolazione di cellule
neuronali; ma le pi macroscopiche, che risultano evidenti
specialmente agli occhi dei tecnici che hanno lavorato per fornire
nuovi strumenti ai medici sono un paio: la possibilit di eseguire
diagnosi in vivo e la capacit di accedere a scale temporali ridotte.
La genetica tradizionalmente sonda il ruolo causale di specifiche
proteine allinterno delle cellule, mediante due grandi famiglie di
strumenti[1]:
Loss of function:
sono tecniche che consistono nella rimozione dellattivit di un
gene e nel successivo studio di come tale rimozione influisca
sul comportamento della cellula in cui viene inserita la proteina
modificata.
Gain of function:
la tecnica complementare della precedente, che permette di
aggiungere funzionalit ed effettuare un fine tuning preciso
dellattivit genetica.
In vitro/in vivo
Queste tecniche impongono una serie di limitazioni come il fatto che
debbano essere condotte su organismi molto semplici (ad esempio
unicellulari come la famiglia dei procarioti), ma soprattutto impongono
che gli studi avvengano su cellule in vitro, dunque separate da quello

che il resto del sistema neuronale e non pi interagenti con esso.


Loptogenetica permette di realizzare le tecniche di Loss e Gain of
function all'interno di cellule target direttamente in vivo, situate nel
cervello intatto di animali, mammiferi compresi.
Scale temporali ridotte
Le tecniche tradizionali proprie della genetica classica hanno scale
temporali che si misurano nellordine delle ore, e non di rado dei
giorni. il caso ad esempio dei test sul comportamento delle cavie
da laboratorio dopo che gli stato somministrato un qualche
composto organico di cui si volesse studiare limpatto sulle cellule
nervose, che pu richiedere protocolli dalla durata di giorni o
settimane.
Il cervello invece assimilabile ad un complesso sistema le cui
funzioni esistono e si completano in scale temporali ben diverse da
quelle che le tecniche classiche possono esplorare.
Per verificare con precisione schemi neuronali sono necessari tempi
nell'ordine del millisecondo; ad esempio un meccanismo basilare
come linvio di segnali fra neurone e neurone attraverso le sinapsi
determinante per comprendere i meccanismi neuronali di trasporto
dellinformazione che stanno alla base delle recenti tecniche di
indagine
funzionale.

Figura 1.1: Potenziale dazione di un neurone

Il grande sviluppo dellimaging funzionale in medicina nucleare un


altro indicatore che evidenzia quanto sia fondamentale per la
comunit medica ottenere dai tecnici strumenti di indagine avanzata
di meccanismi che altrimenti rimarrebbero elusivi ed incomprensibili.
La SPECT e la fMRI sono solo due esempi di tecnologie in grado di
misurare il metabolismo cerebrale, al fine di analizzare e studiare la
relazione tra lattivit di determinate aree cerebrali e specifiche
funzioni cerebrali; costituiscono uno strumento di primaria importanza
nelle neuroscienze cognitive e in neuropsicologia. Il loro limite sta
nella limitata quantit di traccianti e liquidi di contrasto inietabili nei
soggetti di studio.

1.3 - LA STRADA VERSO LE TECNICHE OPTOGENETICHE


Lidea che i neuroni potessero essere manipolati ed attivati tramite
lampi di luce cominci a circolare in unepoca, la fine degli anni 60, in
cui gli studi sullo scattering e sulla birifrangenza associata ai
cambiamenti del potenziali dazione erano alle prime fasi (Cohen et
al. 1968). La semplice manipolazione non era lunico obiettivo che ci
si poneva, ma doveva essere accompagnata dalla possibilit di
rendere target neuroni appartenenti alla stessa tipologia (unipolari,
bipolari, multipolari).
I passaggi evolutivi hanno visto i biologi molecolari passare attraverso
le seguenti fasi:

Approccio organico
Approccio genetico
Rodopsine
Opsine microbiche

Il primo step evolutivo consistito nello studio di molecole organiche


sensibili allapplicazione di una tensione elettrica; linserimento di

queste molecole allinterno della membrana neuronale, unito


allutilizzo di coloranti (dye) a base di Calcio che cambiano
fluorescenza in base allattivit dei neuroni ha garantito un primo
controllo di alcuni meccanismi neuronali.
Questi coloranti per non fanno differenza fra i diversi tipi di cellule ed
in una certa misura sono addirittura tossici.
Il passaggio evolutivo successivo stato quello dellapproccio
genetico: fondere una o pi proteine fluorescenti con altre proteine
sensibili a segnali come il potenziale transmembrana o quelli generati
dai neurotrasmettitori. Si concretizza il passaggio al controllo genetico
di specifiche famiglie di neuroni.
Primi approcci con la luce (Miesenbck, 2005) sono stati condotti
usando la luce come trigger ed inducendo comportamenti specifici in
organismi semplici. Usando un legante chimico si attivano specifiche
proteine recettori; possibile ad esempio un controllo dei recettori
della nicotina e dei canali per lo scambio del potassio.

Figura 1.2: Creazione di canali fotocontrollati tramite leganti chimici

Il limite consiste nellimpossibilit di andare oltre le colture, le slice di


tessuto cerebrale e gli organismi semplici come i moscerini della
frutta.

Un ulteriore passaggio ha indirizzato i microbiologi alla ricerca di


attuatori fotosensibili da poter usare in vivo, e la ricerca partita da
quelle cellule che gi sappiamo essere deputate al compito di
fototrasduttori nellorganismo: le cellule della retina, in particolare i
bastoncelli, che contengono una proteina, la Rodopsina, che ha
particolari propriet di fotosensibilit.
Le rodopsine sono composte da una proteina (lopsina) legata ad un
composto cromoforo (che cambia colorazione e propriet di
assorbimento in base alla luce). Una volta colpite dalla luce si
isomerizzano, cio cambiano conformazione fisica, e si attivano,
creando canali di passaggio nella membrana.
Ancora una volta il lavoro del gruppo di Miesenbck a scoprire come
un particolare tipo di rodopsina sia sensibile allattivazione tramite
luce blu ( compresa fra 450 e 500 nm).
Il limite questa volta costituito dalla cinetica lenta di questo tipo di
reazioni (dalle centinaia di millisecondi alle decine di secondi)
Opsine microbiche
La vera rivoluzione recente venuta da un campo che non
esattamente quello delle neuroscienze: lo studio del fototropismo di
alcuni tipi di alghe (Chlamydomonas reinhardtii). Questi organismi
unicellulari posseggono un particolare tipo di opsina, la
Channelrodopsine, che funziona da attivatore per canali ionici
controllati tramite luce (Nagel, 2005).
Ne sono stati scoperti alcuni tipi, principalmente sensibili alla luce blu:
ChR1: presenta particolare selettivit sui protoni
ChR2: presenta permeabilit ad altri cationi (Na+ , K + , Ca2+ )
NpHR: funziona da pompa per il cloro
I primi tentativi con la ChR1 su cellule ospiti ricavate da anfibi e
mammiferi hanno fatto intuire quali fossero le potenzialit delle
rodopsine e quanto fosse giusta la strada intrapresa.

In particolare la opsina ChR2 e le sue varianti risultano essere


particolarmente compatibili allimpianto nelle membrane delle cellule
neuronali animali (esperimenti su moscerini della frutta, scimmie).
Nello stato attivato, quando stimolata da luce blu, la ChR2
responsabile della depolarizzazione della cellula neuronale, in quanto
permette lingresso di sodio nella cellula.
La scoperta di una rodopsina che funzionasse in maniera
complementare alla ChR2 e che dunque permettesse un controllo
ottico bidirezionale si completata con la scoperta della
Halorhodopsin (NpHR). Attivabile tramite luce gialla, provoca
iperpolarizzazione legata al pompaggio del cloro allinterno della
membrana, e successiva inibizione di specifici neuroni:

Figura 1.3: Creazione di canali fotocontrollati tramite opsine

In questo modo l'introduzione di enzimi in canali cationici attivati dalla


luce consente la manipolazione dell'attivit neuronale con una
precisione al millisecondo, pur mantenendo una risoluzione cellulare
attraverso l'uso di specifici meccanismi bersaglio.

Lutilizzo delle due rodopsine fondamentale poich il neurone in s


non presenta fotosensibilit, ma devessere necessariamente
ingegnerizzato (modificato geneticamente) per poter esprimere i geni
che codificano per queste proteine e rispondere cos a specifici stimoli
luminosi.
Le proteine vengono impiantate nei neuroni tramite meccanismi molto
raffinati di targeting virale: tramite infezione controllata dei neuroni
che si vogliono rendere target per la fotostimolazione i virus riescono
a scrivere nel codice genetico le istruzioni per codificare le rodopsine
e dunque far esprimere le propriet di fotosensibilit desiderate[3].
A questo punto queste cellule vengono stimolate da impulsi di luce e
solamente il tipo di neuroni bersaglio sar capace di esprimere una
delle proteine canale e convertire lenergia luminosa in segnale
elettrico, fondamentale per la comunicazione neuronale. Ora
possibile scegliere se attivare o inibire le cellule bersaglio tramite luce
blu o luce gialla. Il vantaggio di questo metodo non limitato ad una
precisione spaziale, ma mostra anche una precisione temporale:
infatti, il tempo che decorre tra limpulso luminoso e linsorgere del
primo spike contenuto in circa 50s.
Inoltre, stato dimostrato come impulsi di luce intervallati da buio
siano pi efficaci nel controllare linsorgere degli spike rispetto ad
unilluminazione continua. In questo modo, in seguito a diverse serie
di impulsi luminosi, possibile generare dei treni di spike arbitrari che
mimano la normale attivit neurale.
Come risultato si potuto indurre, in specifiche cellule animali dei
treni di potenziali dazione a frequenze specifiche.
La ricerca sulle proteine fotosensibili in pieno fermento, e c una
grande quantit di possibili candidati per limpianto nella membrana
neuronale.
Nella seguente tabella[3] sono mostrate solo alcune fra le principali

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proteine light-sensitive con le loro propriet generali, i valori della


cinetica di spegnimento e quelli di lunghezza donda di attivazione:

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La figura seguente invece mostra un diagramma dellattivit in base


alla lunghezza donda a cui le due proteine sono sensibili:

Figura 1.4: Propriet spettrali tipiche delle principali opsine

Possibili danni ai tessuti e fototossicit


Oltre alla potenziale sovraesposizione chimica alle opsine da parte
delle cellule neuronali, la stimolazione stessa tramite luce pu
causare danni ai tessuti. Un gruppo di neuroscienziati stato in grado
di registrare con successo pi di 20 sessioni da ogni sito neuronale
illuminato con il design attuale delloptrode, notando che il danno
corticale stato causato pi che altro dal design degli optrode
attualmente in commercio[2]. Questo danno potrebbe essere
notevolmente ridotto passando dal design a doppia punta (fibra
ottica + elettrodo) ad un optrode coassiale con un singola punta pi
piccola. Un altro problema di sicurezza la potenziale fototossicit,
fenomeno osservato nelle cellule vive, quando illuminando una
molecola fluorescente si provoca la morte selettiva delle cellule che
la esprimono. Esperimenti condotti nel corso di oltre 60 prove
suggeriscono che la fototossicit non sia un problema di sicurezza

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per le manipolazioni optogenetiche con laser delle potenze e densit


usate tipicamente.
Infine, la regolarit di stimoli ottici ChR2 solleva la questione
delleventualit di evocazione involontaria di fenomeni convulsivi, ma
anche in questo caso non sono stati riscontrati fenomeni simili[2].
In conclusione, si pu affermare che comunque le tecniche
optogenetiche costituiscono un notevole salto evolutivo rispetto alla
stimolazione elettrica, che non ha assolutamente carattere selettivo e
stimola anche neuroni non target in un certo intorno dellapplicazione
dello stimolo. In questo caso il trade-off fra la potenza necessaria
per indurre una risposta e la probabilit di danneggiare le cellule per
effetto dellaumento locale di temperatura.

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CAPITOLO 2
2.1 - LIGHT DELIVERY
Una volta che le opsine sono state espresse nella membrana
neuronale, possibile passare alla fase successiva, quella
delleffettiva illuminazione dei tessuti.
I requisiti possono variare ampiamente a seconda del tipo di
esperimento che si vuole condurre; in questa sezione si
cercher di evidenziare una tipologia quanto pi possibile
standard di hardware e setup di base per un tipico esperimento
di optogenetica.
La risposta risultante da un impulso di luce dipender da molti
fattori, tra cui le propriet delle opsine espresse, la lunghezza
d'onda, lintensit e la durata della luce incidente; in tutti i casi,
tuttavia, il tasso di assorbimento di fotoni di una data lunghezza
d'onda proporzionale al flusso di fotoni locale, cio al numero
di fotoni incidenti per unit di tempo e per unit di superficie.
pi conveniente in genere riferirsi alla densit di potenza della
luce (tipicamente misurata in mWmm2 ), piuttosto che al flusso
di fotoni.
Per la opsina ChR2 illuminata con luce a =473 nm, densit di
potenza di luce da 1 a 5 mWmm2 sono inizialmente sufficienti
per innescare una risposta nel neurone; potenze variabili sono
state sperimentate da diversi gruppi di ricerca.
Abbiamo gi detto che le esigenze di luminosit variano in base
al tipo di indagine che si vuole condurre: ad esempio, l'inibizione
(proteina NpHR) pu richiedere luce continua finch non si
raggiunge lo stato di spegnimento del neurone, mentre un
controllo bistabile richiede brevi e distanziati impulsi di luce
(treni di 30s di impulsi larghi 5ms alla frequenza di 30Hz), con
potenze pi basse.
Gli altri parametri che influenzano fortemente la propagazione

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del fascio di luce incidente sono le propriet di assorbimento e


scattering del tessuto biologico.
Il profilo di penetrazione della luce influenzato dalla
consistenza dei tessuti che incontra, nonch dalla lunghezza
donda della luce, che quando aumenta risente meno dello
scattering.

Figura 2.1: Profilo di penetrazione della densit di potenza della luce nei tessuti

Sotto il valore di soglia PDmin il neurone non risulta pi stimolato


dalla luce.

Figura 2.2: Profili di diffusione della luce in soluzione salina e nel tessuto cerebrale di
un topo alle due lunghezze donda di interesse

La figura 2.2 si riferisce ad una fibra ottica di diametro 200m e


NA=0,37. Si pu notare che nel tessuto cerebrale la diffusione
pi limitata ed a simmetria sferica.

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2.2 - HARDWARE UTILIZZATO


A seconda delle applicazioni, alcuni esperimenti possono
richiedere una sorgente dai requisiti stringenti per emettere una
specifica distribuzione di lunghezze d'onda con rapida
modulazione temporale, alta potenza, e particolare distribuzione
spaziale del fascio.
Un tuning della sorgente deve essere perci previsto, ed anzi
critico nel caso si voglia bersagliare selettivamente un unico tipo
di opsina.
Alcuni primi tentativi sono stati effettuati con lampade ad
incandescenza ed appropriati filtri per selezionare la lunghezza
donda ma limpossibilit di modulare il fascio se non tramite
shutter rapidi, che comunque permettono solo un funzionamento
ON-OFF, hanno fatto rapidamente abbandonare questa strada.
I laser sono sicuramente lopzione pi attraente per
loptogenetica, in quanto presentano praticamente tutte le
caratteristiche utili al raggiungimento degli obiettivi di queste
tecniche:

larghezza di riga spettrale molto stretta (tipicam. <1nm)


ampia disponibilit di lunghezze donda di emissione
caratteristiche di modulazione di intensit e temporale
bassa divergenza del fascio
basse perdite attraverso la catena di strumentazione
richiesta (fibre, otturatori, divisori di fascio, lenti varie per
far convergere pi fasci sullo stesso punto, etc)

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Schema di firing
Nella figura seguente indicato un tipico schema di firing [3] :

Figura 2.3: Schema tipico di firing

due diversi laser a stato solido sono accoppiati in un unica


fibra ottica. Un otturatore veloce utilizzato per controllare
l'uscita del giallo
beam pick-off: consentono di indirizzare parte della
potenza del fascio verso fotorivelatori che possano
misurare con precisione il valore di potenza emessa
un giunto rotante permette agli animali di muoversi
liberamente nel dispositivo di comportamento senza
torsioni o rotture della fibra
una fibra ottica collega il commutatore ad un impianto
costituito da una boccola metallica che si unisce ad un
connettore fissato in modo permanente al cranio della
cavia e che conduce allultimo tratto di fibra che si estende
fino alla regione bersaglio.

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Nello specifico lultimo tratto della fibra arriva a contatto con il


neurone bersaglio e solo con quello. La precisione assicurata
da un controllo visivo tramite imaging con precisione
micrometrica. In tal modo la risposta evocata pu essere
ricollegata solo al neurone stimolato:

Figura 2.4: Dettaglio dellaccoppiamento fibra/neurone

Dalla consultazione di svariati paper in cui vengono descritti i


tipici setup dellhardware per la conduzione degli esperimenti
emergono alcuni modelli commerciali specifici di componenti
utilizzati [3][4][5] :

DPSS blue laser (=473nm, Crystalaser)


DPSS blue laser (=473nm, OptoEngine LLC)
Blue laser diode (=440nm, Nichia Corporation)
DPSS green laser (=561nm, Crystalaser)
Beam collimator Thorlabs Fiberport f=4,6mm
Fibra Thorlabs BFL37-200 (200m, NA=0,37)
Connettori Thorlabs Multimode SMA905
Blackrock Microsystems Microelectrode Arrays (modificati
con laggiunta di un optrode per la misurazione della
propagazione della risposta elettrica in 2D)
Power meter (Thorlabs S130A)

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Sorgente laser: DPSSL - Laser a stato solido pompati da diodi


I DPSSL sono una variazione delle pi note tipologie di laser pompati
da una lampada ad incandescenza o altra fonte di luce intensa, in cui
invece un diodo o una matrice di diodi laser a permettere
l'eccitazione del mezzo di guadagno.
I tipi pi comuni utilizzano un cristallo drogato Nd:YAG (Granato di
Ittrio e Alluminio, Y3 Al5 O12 ), o Nd:YV04 (Ittrio ortovanadato), che
emette luce laser a circa 1064nm, nella regione dello spettro del
vicino IR.

Figura 2.5: Livelli energetici per Nd:YAG. Sono illustrati i processi di eccitazione laser a
diodi e le varie transizioni possibili per il Nd:YAG.

Rispetto a molti altri mezzi laser a stato solido il neodimio presenta


una soglia di pompaggio relativamente bassa, quindi richiede meno
energia ed pi efficiente rispetto ad esempio al rubino.
Il pompaggio a lampada altamente inefficiente, e presenta
tipicamente solo l1% di energia elettrica convertita in energia ottica;
inoltre le lampade hanno bisogno di sostituzione dopo circa 200 ore
di lavoro in modalit continua. Sorgenti laser a diodo di pompa

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consentono il funzionamento a maggiore efficienza (fino al 10%) e


vita pi lunga (fino a 20.000 ore)[6].
La lunghezza d'onda dei diodi di pompa selezionata per matchare
una linea di assorbimento nel mezzo di guadagno: da qui discende la
maggiore efficienza di questa tecnica di pompaggio rispetto all'utilizzo
di una sorgente a banda larga come una lampada flash allo xeno:

Figura 2.6: Spettro di assorbimento di Nd:YAG e spettri di emissione di un diodo laser


e di una lampada pulsata

I DPSSL in genere non possono ottenere la stessa potenza di picco


rispetto alla controparte pompata tramite lampade, ma hanno
numerosi vantaggi in compattezza ed efficienza; modelli ad alta
potenza hanno preso piede in molte applicazioni scientifiche ed
industriali, e compaiono ora comunemente in unampia gamma di
colori. Il range di potenza di uscita pu variare da pochi mW per i
puntatori laser a luce verde fino a pi di un kW per laser industriali.
Altro vantaggio degno di nota quello termico: i laser pompati da diodi
dissipano meno energia rispetto a quelli pompati da lampade e,

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necessitando di meccanismi di raffreddamento decisamente meno


ingombranti, rendono questi laser pi compatti e dalle dimensioni
contenute.
Ci sono due tipi di geometria per il pompaggio:
pompaggio longitudinale (fascio di pompa entra nel mezzo
attivo lungo l'asse risonatore)
pompaggio trasversale (fascio di pompa incidente sul mezzo
attivo da direzioni trasversali all'asse risonatore).

Figura 2.7: Pompaggio longitudinale (a). Diverse geometrie, anche a pi diodi (b) e (c).

Nella geometria longitudinale il fascio devessere concentrato in un


piccolo spot (tramite lenti e collimatori di altissima precisione) per
poter aumentare al massimo la potenza di pompa trasferita al mezzo.

Figura 2.8: Pompaggio trasversale.

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Processo laser nel dettaglio:


Il laser DPSS pi comune in uso quello che emette luce verde a
532nm di lunghezza d'onda. Un diodo laser IR in GaAlAs che emette
a 808nm di lunghezza d'onda pompa un cristallo (Nd:YAG o
Nd:YVO4) che produce luce a 1064nm dalla principale transizione
spettrale degli ioni di neodimio. Questa luce viene duplicata in
frequenza utilizzando un processo ottico non lineare in un cristallo di
titanilfosfato di potassio (KTiOPO4, KTP), producendo luce a 532nm.
Laser verdi DPSS hanno di solito efficienze fino al 20%, anche se
alcuni possono raggiungere efficienze maggiori (fino al 35%). In altre
parole, un laser DPSS verde, utilizzando un diodo di pompa a 10W,
dovrebbe fornire in uscita circa 2W di luce a 532nm.
In condizioni ottimali, il cristallo Nd:YVO4 ha unefficienza di
conversione del 60%, mentre il KTP ha unefficienza di conversione
dell80%. Teoricamente un laser verde pu avere un rendimento
complessivo del 48%, ma in condizioni di alto rendimento il cristallo
KTP diventa suscettibile al danneggiamento ottico.
I laser ad alta potenza DPSS generalmente hanno un fascio pi
diffuso, difatti il fascio laser a 1064nm viene allargato prima che
raggiunga il cristallo di KTP tramite riduzione dell'irraggiamento dalla
luce infrarossa. Al fine di mantenere un diametro del fascio il pi
possibile ridotto, possibile adottare un cristallo con una maggiore
soglia di danneggiamento, come il triborato di litio (LBO).
Materiali che sono ora ampiamente disponibili includono anche KTP,
LBO niobato di potassio (KNB) e betaborato di bario (BBO).
Generazione delle lunghezze donda utili alloptogenetica
Laser blu: utilizzano un processo quasi identico, tranne per il fatto
che la luce a 808nm viene convertita da un cristallo Nd:YAG in luce a
946nm (selezionando questa linea spettrale non principale del
neodimio nello stesso cristallo drogato), che viene poi raddoppiato in
frequenza fino a 473nm da un cristallo BBO o LBO.
A causa del guadagno pi basso legato a questi materiali, i laser blu

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sono relativamente deboli ed hanno efficienze solo del 3-5%.


Recentemente si scoperto che i cristalli di triborato di bismuto
(BIBO) sono pi efficienti di BBO e LBO e non hanno lo svantaggio di
essere igroscopici, condizione che degrada le propriet ottiche del
cristallo se esposto ad umidit.
Laser giallo: le modalit di generazione della lunghezza donda dei
laser gialli sono pi complicate; un diodo di pompa ad 808nm viene
utilizzato per generare luce a 1.064 e 1.342nm, che si sommano a
diventare 593,5nm. A causa della loro complessit, i laser DPSS gialli
hanno unefficienza dell'1%, e mediamente pi costosi a parit di
potenza.
Un approccio alternativo[8] passa tramite la generazione di luce a
1064 e 1319nm, che viene poi sommata in un processo di mixing
intra-cavity per ottenere 589nm; un processo che aumenta
lefficienza fino al 3% della potenza di pompa utilizzata.

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Simulazione del pompaggio di un cristallo di Nd:YAG


Tramite il tool LasKin 5.0 della DDC Technologies[12] si voluto
analizzare uno schema di pompaggio di un DPSSL; si cercata
conferma circa i dati sullefficienza tipica di conversione per un
cristallo di Nd:YAG pompato da un diodo IR a 808nm.
Il software utilizzato in grado di simulare le dinamiche tipiche dei
processi laser nei dispositivi a stato solido, con possibilit di
selezionare diverse geometrie di pompaggio, regimi di funzionamento
(CW, pulsed) e modalit free-running o Q-Switching.
La simulazione stata condotta utilizzando una geometria di side
pumping (pompaggio trasversale), che si rivelata essere pi
efficiente rispetto allend pumping (pompaggio longitudinale) a parit
di parametri.
I parametri del cristallo sono stati lasciati come impostati da default
dal software:

Figura 2.9: Parametri del cristallo Nd:YAG

La lunghezza donda di emissione quella principale a 1064nm, che


abbiamo visto essere utilizzata per la generazione della luce verde e
di quella gialla (questultima tramite successivi processi non lineari).

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Le propriet della cavit (dimensioni, perdite del mezzo attivo) sono


le seguenti:

Figura 2.10: Propriet della cavit

Si utilizzata la simulazione in regime CW, impostando una potenza


di pompa di 10W:

Figura 2.11: Parametri del side pumping

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Risultati della simulazione:

Figura 2.12: Risultati della simulazione

La linea blu indica le dinamiche di uscita del laser, mentre quella in


rosso relativa alle dinamiche dinversione. Il tempo di assestamento
al valor medio di potenza di uscita nellordine dei 500s.
La potenza media in uscita pari a 2,025W, per unefficienza di
conversione di circa il 20,25% (al netto di quelli che sono i successivi
passaggi a cui il fascio sottoposto per arrivare alla lunghezza donda
desiderata); il dato conferma lordine di grandezza riscontrato in
letteratura[6] per un tipico DPSSL verde.

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Tipologie di fibra ottica


La decisione sul tipo di fibra da utilizzare mediata da diversi fattori
come ad esempio:

diametro
apertura numerica
rigidit (possibilit per la cavia di muoversi liberamente)
danni collaterali ai tessuti
richiesto livello di illuminazione

Ricordiamo che nellambito degli esperimenti optogenetici molto


importante il fattore della minore invasivit possibile nei confronti della
cavia piuttosto che parametri tecnologici legati alla qualit in se della
luce (che deve rispettare pi che altro il livello di potenza necessario
e la lunghezza donda desiderata).
La fibra subisce diverse interruzioni attraverso i vari giunti cui va
collegata (abbiamo gi citato i giunti rotanti per scongiurare la
torsione della fibra) e viene spesso collegata e scollegata dal
ricettacolo impiantato sulla superficie del cranio.
Usare un ricettacolo fisso rispetto allimpiantazione cronica di una
cannula che trasporti la fibra ha dei vantaggi:
il diametro dell'impianto ridotto alla dimensione della fibra
non vi rischio di infezione causata da ripetuta introduzione
della fibra
possibilit di collegare e scollegare la sorgente luminosa con
lanimale sveglio
Le caratteristiche di assorbimento del tessuto cerebrale fanno si che
alla lunghezza donda di 473nm circa la met dellintensit luminosa
vada persa dopo circa 0,1mm di distanza dalla punta della fibra.
Sappiamo che la fibra pu guidare solo la quota parte di luce che
rientra nel suo cono di accettazione; dunque importante scegliere il
giusto valore di diametro della fibra e soprattutto di apertura numerica

27

( = con angolo di accettazione), parametro che ci dice


anche come si diffonde il fascio allinterfaccia fibra/tessuto:

Figura 2.13: Valori tipici di NA per le fibre ottiche utilizzate in optogenetica.

Il valore ricorrente quello di NA=0,37, per una fibra dal diametro del
core di 200m. Langolo del fascio diminuisce al crescere dellindice
di rifrazione e dunque nei tessuti il cono ancora pi ristretto.
Per ovviare a questo problema bisogna utilizzare geometrie diverse
nella zona terminale della fibra:

Figura 2.14: Diverse possibilit di shaping della terminazione della fibra

28

La geometria diffused layer permette una distribuzione del fascio


in un ampio angolo di circa 300

Figura 2.15: Grafico della diffusione angolare del fascio con una punta a geometria
diffused layer.

Larea illuminata notevolmente pi vasta nellintorno della


terminazione, e questo permette lilluminazione di circuiti
neuronali pi estesi, seppur con unintensit luminosa pi bassa.
In conclusione, i vantaggi di una terminazione cos sagomata
sono:
diffusione della luce in angolo solido 70 volte maggiore
vari elettrodi adiacenti possono essere illuminati (utile
specialmente nel caso si usino array di elettrodi)
Gli inconvenienti:
l'ampia illuminazione richiede potenza in ingresso pi
elevata per avere la stessa intensit
perdita intrinseca del diffusore: 50% in aria e 25% in acqua
strato diffondente sensibile a solventi come acetone.

29

Microelectrode array
Per poter misurare la propagazione in 2D dellimpulso neurale
stimolato tramite laser alcuni gruppi di ricerca [7] hanno utilizzato
un particolare strumento di registrazione degli impulsi elettrici
formato da una matrice di elettrodi.
La stimolazione ottica stata resa possibile modificando un
microelectrode array commerciale disponibile da Blackrock
Microsystems. Sostituendo uno dei microelettrodi con un
optrode (elettrodo con fibra coassiale al suo interno) possibile
stimolare le cellule e quasi istantaneamente rilevare la risposta
elettrica in tutte le direzioni, ottenendo una mappatura
bidimensionale che rende pi evidenti i circuiti neurali interessati
dalla stimolazione:

Figura 2.16: Microelectrode array, specifiche tecniche. Il rettangolo indica loptrode.

Lo spacing fra elettrodi adiacenti di 400m; esistono versioni con


matrici da 6x6 e da 10x10.

30

CAPITOLO 3

3.1 - DATA COLLECTION & ANALYSIS


I segnali elettrici di interesse in elettrofisiologia neurale sono lLFP
(Local Field Potential) ed il MUA (MultiUnit Activity): entrambi sono
segnali extracellulari che descrivono le dinamiche locali delle reti
neurali. dunque lacquisizione e lanalisi di segnali elettrici lobiettivo
finale delle tecniche optogenetiche, tramite i quali ricostruire i legami
funzionali che sottostanno alle diverse famiglie e circuiti di neuroni.
Analizzando vari paper basati su esperimenti in vitro ed in vivo non
emergono protocolli rigorosi da seguire, piuttosto ogni gruppo di
ricerca propone un proprio personale modus operandi e sperimenta
diversi valori di durata/ampiezza/frequenza della stimolazione.
Ad esempio per lopsina ChR2 si sono riscontrati i seguenti valori:
epoche della durata di 30s con treni di impulsi a 5Hz, 20Hz,
130Hz con larghezza dimpulso 5ms e intensit di 5-12
mWmm2 a 0,5mm dalla punta[7]
treni di 5s a frequenza di 30Hz
stimolazione lunga 10min a 10Hz e larghezza dimpulso 25ms[9]

Consideriamo nel particolare lesperimento condotto da un gruppo di


ricerca americano nel 2012[7] utilizzando il Multielectrode Array (6x6)
citato nella sezione precedente.
La stimolazione ottica dei neuroni che hanno espresso la proteina
ChR2 condotta attivando il laser blu tramite una modulazione TTL
(serie di impulsi square realizzati ciclando il voltaggio fra 0V e 5-12V
a seconda della tensione operativa del laser), per realizzare treni di
impulsi alla frequenza di 30Hz.

31

Gli impulsi TTL sono generati in Matlab e trasferiti tramite


uninterfaccia digitale di I/O (NI USB-6501). La potenza ottica
massima uscita dalla apertura ottica delloptrode al cervello stata
misurata in 1,8 mW, sufficiente per eccitare i neuroni ChR2 sulla
punta delloptrode. Questa potenza si rivelata tale da stimolare gli
elettrodi immediatamente adiacenti con unintensit pari a
5 mWmm2 , sufficiente per valutare la risposta di un ampio
circuito neurale.
Per lanalisi elettrofisiologica, un amplificatore Headstage (guadagno
pari a 20) stato utilizzato tra il preamplificatore ed il connettore
montato sul cranio. I segnali che passano attraverso il
preamplificatore, che fornisce guadagno programmabile e filtraggio
(passa-banda fra 150 e 8000Hz), sono stati poi registrati ed elaborati
da un processore Plexon Multichannel Acquisition (Plexon Inc.), in
grado di digitalizzare fino a 32 canali simultaneamente ad una
frequenza di campionamento di 40kHz. Potenziali locali di alcuni
canali selezionati sono stati registrati anche con filtro passa banda tra
0,7 e 170 Hz e digitalizzati ad una fc=1kHz.

Figura 3.1: MAP (Multichannel Acquisition Processor)

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Il filtraggio serve ad eliminare possibili artefatti legati al movimento


della cavia.
Dopo lacquisizione i dati vengono generalmente analizzati tramite dei
software di offline spike sorting, in grado di eseguire tutta una serie di
analisi statistiche e di clustering sui dati; possibile isolare le singole
risposte ed evidenziare i potenziali dattivazione evocati:

Figura 3.2: Sovrapposizione delle risposte evocate (a sinistra). LFP registrato dal
singolo canale (a destra)

Lacquisizione multicanale permette di creare mappe 2D; nella figura


seguente sono mostrati i LFP acquisiti tramite larray 6x6 di elettrodi:

Figura 3.3: Visualizzazione della propagazione in 2D dello stimolo evocato

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A sinistra sono mostrati diversi LFP triggerati dalla stimolazione ottica


della durata di 1ms. La linea verticale indica listante di applicazione,
mentre le varie tracce indicano la propagazione alle diverse distanze
misurate dagli elettrodi della matrice. Nella figura a destra invece
mappata la distribuzione di potenza dellLFP sullarea di corteccia
cerebrale su cui stato impiantato larray. Tutti i valori sono mediati
su 30 misurazioni successive.

Figura 3.4: Esempi di risposta dei neuroni in differenti punti della matrice di elettrodi

Negli esempi riportati nella figura qui sopra, relativi invece a


stimolazioni con luce continua, si nota come la risposta sia molto
diversa se presa in luoghi diversi della matrice. Emerge lestrema
complessit del tessuto neurale e la grande variet di comportamento
riscontrabile nelle diverse famiglie di cellule. Gli scienziati sono
interessati a correlare le risposte con specifici comportamenti e
movimenti riscontrati nelle cavie durante le stimolazioni (da qui
limportanza di poter condurre quasti esperimenti in vivo).

Induzione di eventi epilettici in slice di tessuto neuronale


Un altro esperimento[10] interessante per delineare il rapporto fra
fotostimolazione e potenziali evocati stato condotto inducendo
episodi epilettici in campioni di tessuto cerebrale tramite array pi

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grandi (10x10) e registrando le risposte con le metodiche gi


affrontate nel paragrafo precedente:

Figura 3.5: Propagazione dellonda epilettica indotta nellintorno del punto di


applicazione

Le onde epilettiche sono provocate tramite stimolazione ottica


continua (500 s) con 15mW di potenza, un valore sicuramente pi
alto rispetto agli esperimenti in vivo gi citati.

Controllo ottico dello stimolo motorio


Un altro obiettivo pi specifico quello di poter indurre la stimolazione
di neuroni motori per poter delineare quali circuiti neurali sottostanno
a determinati movimenti.
Questo uno dei campi pi interessanti dello sviluppo
delloptogenetica, in quanto si intravede la possibilit in un futuro di

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poter riattivare tramite pacemaker ottici quei circuiti neurali spenti da


patologie neurodegenerative come ad esempio il morbo di Parkinson.
Nellesempio riportato[11] (evocazione del riflesso motorio delle
vibrisse di una cavia) i valori di stimolazione dellNpHR tramite luce
blu sono: treni di impulsi lunghi 10ms a frequenze di 5, 10, 20 Hz e
intensit di 10 mW/mm2.

Figura 3.6: Setup per il rilevamento del movimento indotto e grafici dellattivit
neuronale pre-intra-post stimolazione ottica

La vibrissa stata dotata di un elemento magnetico per renderla


sensibile alla strumentazione di rilevamento del movimento.
I risultati confermano la tesi degli autori, e cio che durante la
stimolazione ottica lattivit motoria notevolmente superiore e
dunque confermata la possibilit di attivazione selettiva sui neuroni
che esprimono il movimento.

36

CONCLUSIONI E SVILUPPI FUTURI


Le tecniche introdotte in questo approfondimento sono tuttora in una
forte fase di espansione, e si avvalgono sia di strumenti tecnici da
tempo disponibili (i laser) che di nuovi meccanismi di
somministrazione della luce e rilevamento della risposta (i
microelectrode array).
L'optogenetica ha favorito la comprensione di come specifici tipi di
neuroni contribuiscano alla funzione dei circuiti neurali in vivo.
Sul versante clinico le ricadute della ricerca forniscono preziose
informazioni per la comprensione dei meccanismi di sviluppo di
malattie quali morbo di Parkinson (tramite la creazione di targeted
lesions per la simulazione di modelli di neurodegenerazione),
autismo,
schizofrenia,
depressione
e
dipendenze
varie
(tossicodipendenza, tabagismo).
Le potenziali applicazioni sull'essere umano sono ancora molto
lontane ma tendono a risultati come:
lo sviluppo di elettrodi senza fili in grado di somministrare fasci
di luce a gruppi di neuroni di un cervello vivo, in salute e
racchiuso nella scatola cranica
la progettazione di pacemaker ottici
limpiantazione in regioni periferiche del sistema nervoso (spina
dorsale, cervelletto, nervi)
recupero parziale della visione tramite stimolazione delle zone
della corteccia deputate alla fotosensibilit
Si vuole arrivare ad un fotocontrollo con risoluzione temporale
adeguata per una serie di meccanismi che avvengono a scale
temporali ancora pi ridotte (traslocazione delle proteine, splicing,
ricombinazione del DNA).
Dal punto di vista prettamente tecnico gli spazi di intervento possono
essere molteplici, in quanto ci si trova in una situazione nella quale gli
strumenti attualmente disponibili sono addirittura pi raffinati ed

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avanzati rispetto allutilizzo che ne viene fatto in questo specifico


campo. La visione di numerosi filmati di laboratorio evidenzia come in
alcuni casi gli spazi di intervento risiedano pi nelle procedure di
preparazione (taglio della fibra, giunzione dei vari elementi per
minimizzare le perdite) che nella scelta dei componenti.
Sicuramente la fibra uno dei componenti pi sensibili, in quanto
quello che fisicamente entra in contatto con i tessuti, ed una
miniaturizzazione pi spinta andrebbe incontro a quei requisiti di non
invasivit che sono alla base di ogni tecnica applicativa nelle
neuroscienze.
Lanalisi post-acquisizione laltro anello della catena dove i tecnici
possono migliorare ed introdurre innovazioni nei metodi di analisi
statistica della grande mole di dati raccolti, che possono fornire quel
grado di correlazione e quegli incroci di cui hanno bisogno i
neuroscienziati per comprendere la complessit delle reazioni
cerebrali agli stimoli ottici. Inoltre come risultato complementare
vengono forniti molti spunti utili per lavanzamento della teoria sulle
reti neurali.

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BIBLIOGRAFIA
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optogenetics - Progress in Brain Research, Vol. 196
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