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(Riconoscimento e comunicazione)
Immunità
Immunità: capacità di resistenza, innata o acquisita, di un organismo nei
confronti di malattie o di sostanze tossiche e cellule tumorali.
• linfonodi
• milza
• tonsille, placche di Peyer Organi linfatici secondari
• appendice
Sistema linfatico
Midollo osseo rosso Timo
• Ipermutazione somatica (dopo il legame con l’Ag il linfocita viene stimolato e le regioni che codificano
per la regione variabile sono soggette a frequenti mutazioni che aumentano la specificità)
Selezione clonale
Quando un linfocita
riconosce un Ag, viene
attivato e inizia a dividersi
mantenendo la stessa
combinazione JVD quindi
forma dei cloni cellulari
che producono lo stesso
Ac.
Cellule memoria
La memoria immunologica si forma durante la
risposta primaria:
• la maggior parte delle cellule partecipano alla
reazione immunitaria (Plasmacellule - cellule
effettrici) e hanno vita breve,
• altre cellule rimangano inattive (cellule
memoria) e permangono per tutta la vita.
Queste cellule, quando l’Ag si ripresenta
generano la risposta secondaria, molto più
veloce ed efficace
Anticorpi monoclonali
• Anticorpi Monoclonali: sono anticorpi prodotti da un singolo clone
linfocitario B (progenie di un unico linfocita B) e quindi tutti identici tra loro
e specifici per un unico determinante antigenico.
• G. Khöler e C. Milstein nel 1984 vengono insigniti del premio Nobel per la
Medicina per aver messo a punto la tecnica per la produzione di Ac
monoclonali (1975)
• Le plasmacellule hanno vita breve e non si riescono a conservare in coltura
per un tempo sufficiente a raccogliere quantità rilevanti di Ac.
• Vengono utilizzati nelle diagnosi precise di tumori (identificazione di
sottotipi differenti), e questo permette un trattamento più mirato.
• Vengono utilizzati nelle terapie di numerosi tumori e nelle malattie
infiammatorie.
Anticorpi monoclonali
• Immunizzazione di un topo.
• Prelievo di linfociti dalla milza.
• Fusione dei linfociti con cellule tumorali
murine indotta da glicol polietilenico (Peg)
per produrre ibridomi.
• Selezione degli ibridomi in terreno HAT
(contiene molecole che interferiscono con il
metabolismo di DNA).
• Selezione degli ibridomi attivi che producono
l’Ac specifico.
• Espansione in coltura di questi ibridomi.
• Oggi si possono produrre Ac monoclonali
umani.
Anticorpi monoclonali
Anticorpi monoclonali
Anticorpi monoclonali e terapia
Anticorpi monoclonali (terapia)
Test Elisa (test immunoenzimatico)
Test diagnostico immunoenzimatico
• L’antigene viene purificato e legato alla piastra.
• Si aggiunge il siero/plasma da analizzare. Se presenti, le Lettura a
405 nm
immunoglobuline specifiche per l’antigene formano il Fosfatasi
alcalina
complesso antigene-anticorpo.
• Le molecole che non si sono legate vengono eliminate
P-NPP
tramite lavaggi.
• Si aggiunge un secondo anticorpo marcato (coniugato ad
una perossidasi), che abbia specificità per le
immunoglobuline della specie da cui il siero/plasma testati
derivano. Il secondo anticorpo si lega al complesso
antigene-anticorpo immobilizzato sulla piastra.
• Si incuba il substrato specifico per l’enzima
• La quantificazione avviene misurando la quantità di
anticorpo secondario legato, grazie all’utilizzo di substrati
colorimetrici. L’ossidazione tramite la perossidasi di diversi Metodo indiretto
substrati permette di ottenere composti cromogenici
Test ELISA
Il sistema del complemento
• Ha azione “complementare” a quella degli anticorpi
• E’ costituito da una trentina di proteine plasmatiche (molte sono zimogeni ovvero proenzimi che
richiedono un scissione proteolitica per essere attivati).
• E’ componente termolabile del plasma.
• Funzioni: 1. Reclutamento cell. infiammatorie (azione chemiotattica e rilascio di istamina)
2. Aumento opsonizzazione dei batteri
2. Induzione lisi batteri (citolisi per danno alla membrana cellulare)
3. Azione antivirale
• I fagociti hanno recettori per il complemento (CR)
• Tre vie di attivazione: classica, alternativa, della lectina
Il sistema del complemento
Risposta cellula-mediata
• E’ innescata dal riconoscimento
dell’antigene da parte dei linfociti T
specifici (Tc e Th).
• Anche i T presentano recettori di
membrana specifici (glicoproteine
formate da due catene polipeptidiche
codificati da geni diversi , formate da una
porzione variabile e una costante)
• E’ necessaria una costimolazione (Il2)
• I linfociti T riconoscono frammenti di Ag
(e non antigeni interi) che sono stati
processati dalle cellule APC e che sono
stati esposti sulla loro superficie in
associazione con le proteine del
complesso MHC.
• I linfociti attivati vanno incontro
all’espansione clonale.
• Si differenziano in cellule effettrici e
cellule memoria
Risposta cellula-mediata
Termine della fase effettrice:
• La risposta si attenua quando l’Ag
viene eliminato
• L’assenza dell’Ag induce l’apoptosi
• Sopravvivono solo le cellule
memoria.
Immunità specifica: proteine MHC
(HLA nell’uomo)
• Il riconoscimento più preciso del self avviene attraverso antigeni particolari, dette
proteine MHC (Major Histocompatibility Complex), estremamente specifiche da
individuo a individuo (eccetto gemelli omozigoti), che appartengono a tre classi:
- MHC di classe I: sono presenti su tutte le cellule nucleate, tranne spermatozoi,
sono glicoproteine implicate nel rigetto dei trapianti, nell’individuazione dell’Ag
da parte dei linfociti T citotossici (CD8+)
- MHC di classe II: presenti solo su macrofagi, cellule dendritiche, linfociti e cellule
epiteliali del timo. Permettono il riconoscimento dell’Ag da parte dei linfociti Th
(CD4+). Le MHC delle cellule del timo permettono la tolleranza immunitaria nei
confronti degli Ag self durante la maturazione del SI (vengono eliminati tutti i
cloni autoreattivi). Facilitano l’attivazione dei linfociti B.
- MHC di classe III: proteine citotossiche e alcune proteine del complemento.
Tolleranza immunologica
• Le proteine MHC sono fondamentali nel determinare la tolleranza verso il self
• Durante la vita, i linfociti T in via di sviluppo prima di differenziarsi in Tc e Th,
vengono selezionati nel timo: vengono eliminati tutti quelli incapaci di
riconoscere le MHC self e quelli che si legano a MHC self o Ag propri
(delezione clonale).
• Nei tessuti periferici viene soppressa la risposta nei confronti di Ag self
(anergia clonale); i linfociti autoreattivi vengono inattivati. L’anergia è il
risultato di alterazioni biochimiche e genetiche che riducono la capacità del
linfocita di rispondere.
• Nelle fasi di sviluppo, l’organismo impara a riconoscere il self; iniezioni di Ag
in questo periodo compartano il riconoscimento di questi come self
• MHC di altri organismi vengono riconosciute come Ag non self (fenomeno del
rigetto dei trapianti)
Risposta cellula-mediata
1) Attivazione linfociti T Helper
• Avviene quando si forma il legame tra il loro recettore e i frammenti di Ag esposti in
associazione con il complesso MHC II, sulla membrana delle cellule APC (c. dendritiche,
macrofagi, linfociti B)
− C. dendritiche: importanti per indurre la risposta primaria
− Macrofagi: ruolo fondamentale per avviare la risposta secondaria
− Linfociti B: inizio della risposta umorale.
• L’unione cellula APC e Th è rafforzata dal legame tra i recettori CD4 dei Th e una
porzione invariante delle proteine MHC II non impegnata nel legame con il peptide
antigenico.
• Successivamente intervengono altre proteine che contribuiscono a formare le sinapsi
immunologiche (stabili per diverse ore) le quali rilasciano molecole che attivano i
linfociti B ( es: Il 2)
• I Th: stimolano i macrofagi
stimolano i T citotossici
attivano i Linf. B
Risposta cellula-mediata
2) Attivazione linfociti T citotossici
• Avviene dopo il riconoscimento da parte del recettore di un frammento antigenico associato
al complesso MHC di classe I.
• Qualsiasi cellula dell’organismo che è stata infettata da un virus o che presenta Ag estranei
sulla superficie può esporre sulla membrana frammenti di Ag associati a MHC I.
• I linfociti T citotossici devono essere sottoposti a segnali rilasciati dai T helper dopo che è
avvenuta l’interazione con una cellula APC.
• La stabilità del legame Tc e cellula infettata o tumorale è mediata dai recettori CD8
• La sinapsi immunologica che si forma induce il rilascio di sostanze che provocano la morte
cellulare attraverso:
- Rilascio di perforina (distruzione della membrana cellulare)
- Rilascio di linfotossina ( frammentazione del DNA)
- Rilascio di interferone (attivazione fagociti)
Il doppio riconoscimento Ag- MHC I e la formazione delle sinapsi immunologiche permette ai
Tc di distruggere solamente le cellule infette, quest’ultime liberano Ag che possono essere
riconosciuti da Ac.
Cellula APC
Ricorda:
l’attività fisica moderata potenzia la funzionalità del sistema immunitario,
lo sforzo troppo intenso la riduce.
La risposta immunitaria
• https://www.youtube.com/watch?v=LRMTm_bkQ94
Risposta
umorale
e
cellulare
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Sadava et al. Biologia.blu © Zanichelli editore, 2012
Immunità
acquisita
Passiva Attiva
Trasmissione:
- Esposizione di cute lacerata o mucose a liquidi corporei (sangue o sperma) di individuo
infetto
- Scambio di sangue tramite ago con individuo infetto
- Contatto sanguigno tra feto e madre infetta durante il parto
HIV
• Retrovirus (110nm), provvisto di capside e pericapside
(glicoproteine 120 e 41)
• L’RNA viene retrotrascritto in DNA che è in grado di integrarsi
con il il DNA della cellula ospite (stato di provirus) grazie a
proteine dette integrasi. Può uscire dallo stato di latenza ed
esprimere il proprio genoma virale grazie all’attivazione di
proteasi
• Cellule ospiti: linfociti Th (soprattutto quelli già attivati
presenti nei linfonodi), macrofagi, linfociti B…
• Provoca la distruzione di queste cellule con conseguente grave
immunodeficienza (i Th fungono da stimolatori di tutte le
cellule del S.I.)
• Sembra che il virus sia in grado di attivare in modo selettivo
l’apoptosi.
• Virus maestro di trasformismo, continua a mutare nel gene
per le glicoproteine (in particolare gl120)
• E’ poco resistente nell’ambiente, alle variazioni di temperatura
e di pH, molto sensibile ai disinfettanti.
HIV: penetrazione nelle cellule
Avviene in tre passaggi:
• La proteina gp 120, presente nell’involucro nucleare si aggancia al recettore
CD4 della membrana della cellula bersaglio
• Il virus si lega anche ai co-recettori CCR5 e CXCR4 (fondamentali per poter
entrare)
• Si lega anche con la proteina gp41 che ripiegandosi a cerniera favorisce la
fusione della membrana del virus con quella della cellula ospite.
• Una variazione genetica naturale porta al non funzionamento del
co-recettore CCR5, gli individui portatori risultano naturalmente resistenti
all’HIV
AIDS: quadro clinico
Si distinguono vari fasi che non sono sempre presenti tutte in tutti i contagi:
• Fase acuta: dopo una settimana dal contagio si presentano sintomi aspecifici
(febbre, cefalea, eruzioni cutanee) tipiche di un’infezione virale in fase acuta.
• Fase asintomatica: il soggetto diventa sieropositivo (il virus è integrato e nascosto
nel genoma delle cellule ospiti ed è presente in circolo). Compaiono Ac specifici non
protettivi. Non vi sono sintomi.
• Linfoadenopatia sistemica: ingrossamento dei linfonodi (dura più di tre mesi). Non ci
sono sintomi.
• Inizio fase sintomatica: malessere generale, dolori addominali, diarrea, febbre,
perdita di peso, di memoria, sudorazione notturna, lesioni erpetiche, dermatiti
seborroiche…(il virus si riproduce velocemente eliminando cellule del SI).
• AIDS conclamato: dopo alcuni anni di incubazione si completa la distruzione dei
linfociti Th, meno di 200 Th/ml di sangue. Il soggetto diviene suscettibile ad agenti
patogeni opportunisti e a patologie tumorali.
L’HIV
fasi del contagio
AIDS: terapie
Perché è cosi difficile trovare una terapia efficace?
• Il virus attacca le cellule del sistema immunitario, le stesse cellule che
dovrebbero riconoscerlo e distruggerlo, aggredisce soprattutto le
cellule T memoria.
• Una volta entrato nelle cellule il virus ha due possibilità: replicarsi e
distruggere la cellula ospite o integrarsi nel DNA della stessa
rimanendo nascosto.
• Il virus muta continuamente, quindi diventa sempre meno
riconoscibile dal SI, gli anticorpi prodotti nelle fasi iniziali
dell’infezione non sono in grado di riconoscere le nuove particelle.
AIDS: terapie
• Sono presenti farmaci antivirali, il primo prodotto solo 4 anni dopo
l’isolamento del virus (AZT azidotimidina).
• Oggi i farmaci utilizzati sono tutti inibitori della trascrittasi inversa e delle
proteasi.
• Questi farmaci riescono a ridurre drasticamente e per molto tempo la carica
virale nel sangue dei pazienti infetti (il virus non è rilevabile), ma non
riescono a eliminare il virus.
• Sono in sperimentazione altre terapie innovative (terapia genica, Rnai)
• Immunoterapia: un vaccino universale ed efficace non è ancora presente,
ma ci sono farmaci in via sperimentale che lasciano ben sperare… (farmaco
che legando CCR5 e gp 120 impedisce al virus di entrare nelle cellule).
I Vaccini
• La vaccinazione è una misura di profilassi che ha lo scopo di dare
un’immunità attiva specifica nei confronti di una determinata
malattia infettiva, sovrapponibile a quella data dalla malattia stessa.
• Per alcune vaccinazioni, la protezione immunitaria indotta, dura tutta
la vita. In altri casi, per ottenere una immunità protratta, sono
necessari periodici richiami.
• I vaccini sono preparati biologici somministrati per indurre uno stato
di immunità attiva (formazione di cellule B memoria) nei riguardi di
determinati microrganismi patogeni
Obiettivi delle vaccinazioni
• VERSO IL SINGOLO
Provocare una risposta immune nei confronti di uno o più antigeni di
un agente patogeno per proteggere il soggetto dalla patologia da esso
causata.
• VERSO LA COLLETTIVITA’
Limitare la diffusione di una patologia e ove possibile eradicarla
definitivamente (es. vaiolo).
Requisiti fondamentali delle vaccinazioni
• Immunogenicità: deve indurre livelli anticorpali elevati nei confronti
degli antigeni in esso contenuti (immunità da infezione e/o immunità
da malattia).
• Efficacia: gli anticorpi indotti devono proteggere il soggetto dalla
malattia per cui è sviluppato il vaccino e tale protezione deve essere il
più lunga possibile.
• Sicurezza: alla sua somministrazione deve seguire una percentuale
minima di effetti collaterali, che deve essere commisurata con la
gravità della malattia.
Un pò di storia…
• 1796: Edward Jenner effettuò la prima
vaccinazione antivaiolosa su di un
bambino sano di 8 anni.
• Il vaiolo è stata una delle malattie più terribili
dell’umanità. Quando scoppiavano epidemie
di vaiolo una persona su tre moriva e chi
sfuggiva alla morte portava segni indelebili sul
viso o rimaneva cieco. Di origine antichissima
Ramses V (1157 a.C.)
(circa 10000 a.C.) i primi casi si ebbero in Nord mummia con probabili macchie di vaiolo.
• anti-poliomielitica
• anti-difterica
• anti-tetanica
• anti-epatite B
• anti-pertosse
• anti Haemophilus influenzae tipo B
• anti-morbillo
• anti-rosolia
• anti-parotite
• anti-varicella (solo a partire dai nati 2017. La vaccinazione viene offerta dopo il 13° mese di vita del
bambino)
Obbligo vaccinazioni
Non sono invece obbligatorie ma “fortemente raccomandate” le
vaccinazioni:
• anti-meningococco B
• anti-meningococco C
• anti-rota virus
• anti-pneumococco