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IL SISTEMA LINFATICO e l’IMMUNITA’

(Riconoscimento e comunicazione)
Immunità
Immunità: capacità di resistenza, innata o acquisita, di un organismo nei
confronti di malattie o di sostanze tossiche e cellule tumorali.

Immunità innata (aspecifica):


• Presente dalla nascita
• Fornisce risposte rapide
• E’ aspecifica
• Non presenta la componente memoria

Immunità adattativa o acquisita (specifica)


• Si acquisisce per contatto con il patogeno
• È specifica
• Richiede il riconoscimento
• E’ più lenta
• Ha la componente memoria
SISTEMA LINFATICO

• Formato da vasi in cui scorre la linfa, fluido simile al


liquido interstiziale fluido ma meno ricco di
proteine, strutture e organi contenenti tessuto
linfatico.
• La linfa scorre in un’unica direzione dai vasi più
piccoli verso i due dotti toracici che riversano la
linfa nelle due grosse vene alla base del collo.
• La linfa è spinta dalle contrazioni dei muscoli
scheletrici e dai movimenti respiratori.
• Sono presenti valvole che dirigono il flusso in
un’unica direzione
Sistema linfatico
FUNZIONI:
• Defluisce l’eccesso di liquido interstiziale riportandolo al sangue
• Preleva e trasporta i lipidi e vitamine introdotti con
l’alimentazione;
• Veicola le risposte immunitarie (risposta specifica)

− Il sistema linfatico raccoglie il liquido interstiziale, che esce dai


capillari e rimane nei tessuti, per ricondurlo nella corrente
sanguigna.
− Grazie alla linfa i globuli bianchi, prodotti dal midollo osseo,
raggiungono gli organi cosiddetti linfoidi
Edema: accumolo ecessivo di liquido interstiziale (linfonodo infetto,
vaso intasato, aumento pressione nei capillari sanguigni,
mancata contrazione della muscolatura scheletrica)
Sistema linfatico
Gli organi linfatici comprendono:
• midollo osseo rosso
Organi linfatici primari
• ghiandola del timo

• linfonodi
• milza
• tonsille, placche di Peyer Organi linfatici secondari
• appendice
Sistema linfatico
Midollo osseo rosso Timo

Emopoiesi - maturazione I linfociti T migrano dal midollo osseo


linfociti B attraverso il sangue nel timo, dove
maturano.
Sistema linfatico
I linfonodi
• I linfonodi sono piccole strutture ovoidali dislocate
lungo i vasi linfatici.
• Sono masse di tessuto spugnoso rivestite da una
capsula e contenenti linfociti T e B, macrofagi e
cellule dendritiche.
• Sono circa 600, sia superficiali che profondi con la
funzione di filtrare la linfa per rimuovere microbi,
particelle estranee, cellule morte.
• Ogni linfonodo presenta al suo interno numerosi
spazi chiamati seni; quando la linfa scorre nei seni
viene filtrata dai macrofagi, globuli bianchi che
fagocitano detriti, agenti patogeni e cellule
tumorali.
Sistema linfatico
La milza
• La milza è formata in gran parte da polpa
rossa, che ha il compito di filtrare il sangue. È
formata da seni venosi ricchi di sangue e
tessuto splenico ricco di eritrociti, macrofagi,
linfociti, plasmacellule. Funzione di rimozione
di globuli rossi e piastrine non funzionanti,
immagazzinamento piastrine, nel feto
produce cellule del sangue

• Essa contiene anche polpa bianca, che si


trova all’interno della polpa rossa ed è
costituita da piccoli ammassi di tessuto
linfatico in cui si accumulano linfociti B e
linfociti T e macrofagi
Sistema linfatico
Noduli linfatici: masse ovoidali di tessuto linfoide
prive di capsule, concentrati nel tessuto connettivo,
mucose del tratto gastro-intestinale, urinario,
genitale e respiratorio. Placche di Peyer (Ileo).
Tonsille: ammassi di tessuto linfatico di grandi
dimensioni
• Adenoidi (rinofaringe)
• Palatine (cavità orale posteriore)
• Linguali (base della lingua)
Disposte ad anello intorno alla faringe, eliminano
batteri e altri microorganismi
Appendice:
Formazione tubulare dell’intestino crasso,
contenente cellule linfoidi
Sistema immunitario
E’ costituito da:
• cellule diverse, ognuna con funzione specifica che risiedono negli
organi linfatici
• molecole circolanti che lavorano insieme alle cellule per eliminare gli
agenti estranei all’organismo come batteri, parassiti, funghi e
virus ma anche cellule infettate da agenti patogeni e cellule
tumorali.
Immunità
Immunità: capacità di resistenza, innata o acquisita, di un organismo nei
confronti di malattie o di sostanze tossiche e cellule tumorali.

Immunità innata (aspecifica):


• Presente dalla nascita
• Fornisce risposte rapide
• E’ aspecifica
• Non presenta la componente memoria

Immunità adattativa o acquisita (specifica)


• Si acquisisce per contatto con il patogeno
• È specifica
• Richiede il riconoscimento
• E’ più lenta
• Ha la componente memoria
Immunità innata
Difese esterne
Cute: è una barriera meccanica che impedisce, se integra, l’entrata dei patogeni
ma anche una barriera chimica grazie al pH leggermente acido (5-6) per la presenza di
ac. grassi e ac. lattico che limita lo sviluppo di batteri e funghi. Ospita un microbiota
(organismi che competono con agenti patogeni)
Mucose: producono muco che intrappola germi e sostanze estranee, la presenza di
ciglia spinge il muco. Producono le difensine molecole peptidiche tossiche per molto
patogeni (aprono fori nelle membrane provocando fuoriuscita di materiale), sono anche
prodotte dai fagociti.
Muco nasale intrappola microrganismi presenti nell’aria.
Secrezioni: lacrime, saliva, sudore contengono lisozima un potente antibatterico e
altre sostanze antimicrobiche.
Cerume: intrappola agenti estranei nel canale uditivo.
Secrezioni acide: succhi gastrici, secrezioni vaginali, urine.
Immunità innata
Difese interne (per i microorganismi che riescono ad oltrepassare la prima linea
di difesa)
Difese aspecifiche che hanno le seguenti funzioni:
1. identificare le violazioni delle barriere esterne e verificare l’ingresso dei
patogeni
2. emettere segnali chimici di rinforzo (es. citochine)
3. distruggere agenti patogeni e cellule infettate
Immunità aspecifica: funzione1
1) Identificazione del non-self: è resa possibile dalla presenza di proteine di
membrana dette recettori per antigeni sulla superficie delle cellule
immunitarie. Tramite questi recettori, le cellule immunitarie si legano alla
superficie dei patogeni, in maniera aspecifica (antigene appartiene ad una
classe di invasori, non ad un singolo invasore).

Antigene: qualsiasi macromolecola (generalmente proteine o polisaccaridi) in


grado di scatenare una risposta immunitaria: si distinguono antigeni self
(endogeni), presenti nelle cellule dell’individuo, e antigeni non-self (esogeni),
appartenenti a qualsiasi struttura esterna all’organismo.
Immunità aspecifica: funzione 2
2) Emissione segnali chimici: dopo il riconoscimento, è necessario chiamare
rinforzi. Le cellule emettono proteine di segnale, dette citochine, che vanno a
legarsi ad altre cellule immunitarie modulandone il comportamento, es.
inducendole ad avvicinarsi.
Interferoni: glicoproteine appartenenti alla famiglia delle citochine con attività
antivirale, antitumorale (attivano macrofagi e NK) e stimolano il SI. Ne esistono
diverse tipologie.
α e β sono prodotti da tutte le cellule infettate da virus ( impediscono la
diffusione del virus) aumentano la resistenza delle cellule circostanti, legandosi a
recettori e formando complessi che attivano geni per la produzione di proteine
antivirali). I frammenti delle proteine virali vengono esposti sulla membrana dei
macrofagi attivando la risposta specifica
γ sono prodotti da alcuni linfociti (cellule dendritiche, linfociti T e NK) stimolano il
SI attivando macrofagi e NK.
Immunità aspecifica: funzione 2
Proteine del complemento (circa 30) presenti nel sangue e sulle membrane
cellulari che, una volta attivate, possono:
• aderire alla superficie dei patogeni, coadiuvando e stimolando i fagociti
(opsonizzazione)
• attivare altri meccanismi di difesa, richiamando cellule immunitarie (per
chemiotassi) e avviando risposta infiammatoria
• perforare la membrana delle cellule estranee, provocandone la lisi

Transferrine: proteine con funzione antimicrobica presenti nel sangue,


saliva, lacrime, latte, sottraggono Fe indispensabile per il metabolismo
batterico
Immunità aspecifica: funzione 3
3) Distruzione e fagocitosi: le cellule immunitarie responsabili della immunità
aspecifica sono i leucociti (globuli bianchi), alcuni dei quali presentano attività
fagocitica:
Neutrofili sono presenti nei siti di lesioni o perforazioni (siti di infiammazione).
Fagocitano piccoli microrganismi e producono sostanze chimiche (piccoli peptidi)
che uccidono i patogeni (difensine). Si autodistruggono dopo la fagocitosi,
producendo il pus.
Macrofagi sono globuli bianchi di grandi dimensioni in grado di fagocitare interi
microrganismi. NON si autodistruggono dopo la fagocitosi ma ripresentano i
frammenti microbici alle altre cellule del S.I. (presentazione dell’antigene, crocevia
con la immunità specifica, cellule APC). Alcuni sono fissi (pelle, linfonodi, cervello,
fegato, polmoni…) altri sono mobili ed in grado di raggiungere le zone infette.
Cellula APC

Tortora, Derrickson Conosciamo il corpo umano © Zanichelli editore 2009


Immunità aspecifica: funzione 3
Riconoscimento fagociti – patogeni o cellule danneggiate
• I recettori dei fagociti individuano i microbi riconoscendo proteine formilate (i
batteri sono costituiti da proteine che a differenza delle nostre iniziano con la
formilmetionina).
• Individuano tessuti danneggiati in quanto le cellule morte liberano i mitocondri
che contengono proteine formilate (i mitocondri derivano da cellule batteriche).
• Alcuni recettori riconoscono il mannosio, uno zucchero che è presente nelle
glicoproteine dei batteri e funghi e non degli organismi superiori.
• Dopo aver ingerito i microbi i fagociti respirano molto velocemente producendo
sostanze tossiche come l’ipoclorito di sodio in grado di uccidere i germi
Immunità aspecifica: funzione 3
Cellule dendritiche: (scoperte nel 1973 da Steinman), sono particolari fagociti che si trovano
soprattutto nei tessuti a contatto con l’ambiente esterno, sono cellule molto ramificate (dal
greco dendron= albero) e rappresentano il tramite tra immunità aspecifica e specifica.
Sono cellule che fagocitano, degradano il patogeno e ne esprimono gli antigeni sulla propria
superficie in modo che le cellule del SI si attivino per combatterli. Presentano gli Ag ai linfociti
T che li riconoscono e ai linfociti B che producono Ac specifici
Senza cellule dendritiche la risposta specifica non può essere attivata: con le loro
ramificazioni pattugliano ed esaminano le zone circostanti e quando rilevano un patogeno
danno l’allarme all’immunità specifica. Si spostano dal tessuto in cui si trovano e migrano nel
linfonodo più vicino (centro operativo dei linfociti T e B). Presentano recettori Toll in grado di
riconoscere strutture tipiche di patogeni. L’ attivazione inappropriata contribuisce allo
sviluppo di molte malattie autoimmuni
Oggi è possibile prelevare cellule dendritiche, espanderle modificarle e reiniettarle nel
paziente per riattivare la risposta immunitaria (terapie in sperimentazione per linfomi,
infezioni legate a trapianti, tumori solidi)
Immunità aspecifica: funzione 3
Linfociti Natural Killer (NK)
• Sono globuli bianchi, non sono fagociti ma riconoscono e distruggono le cellule
infettate tramite la produzione di perforine, proteine che distruggono le
membrane cellulari.
• Riconoscono i patogeni perché privi di identità (non hanno antigeni del complesso
MHC),
• Presentano recettori per gli antigeni self, il cui legame blocca la produzione di
perforine.
• Sono presenti nel sangue, milza, linfonodi e midollo osseo rosso.
• Rappresentano una delle prime linee di difesa dell’organismo, in grado di eliminare
batteri, cellule infettate, cellule tumorali direttamente (le cellule tumorali
presentano antigeni scarsamente immunogeni e non producono citochine).
• Sono coinvolte anche nella risposta specifica
Immunità aspecifica
La risposta infiammatoria: reazione aspecifica in risposta a un danno tessutale
(trauma, sostanze irritanti, infezioni…), rappresenta una combinazione di eventi
che hanno le seguenti funzioni:
• richiamare fagociti e altre cellule immunitarie nel sito dell’infezione
• ostacolare la diffusione di agenti nocivi nei tessuti circostanti
• contribuire alla distruzione del patogeno,
• eliminare detriti e agenti patogeni
• favorire la rigenerazione dei tessuti danneggiati.

Caratteristiche della risposta infiammatoria (schematizzate da Galeno di


Pergamo) sono:
arrossamento, calore, gonfiore e dolore (terminazioni nervose irritate).
Risposta infiammatoria
Entro un’ora dalla lesione:
• I neutrofili attraversano la parete dei vasi (fondamentale è il ruolo delle integrine che
bloccano i leucociti circolanti permettendo la loro uscita) e per chemiotassi migrano nella
zona lesionata. Fagocitano cellule danneggiate o morte e agenti patogeni.
• Successivamente dai vasi escono i monociti che entro 8-12 ore maturano in macrofagi
(potenti fagociti) essi inglobano i patogeni e rilasciano prostaglandine e citochine
(interleuchina 1, prodotta anche da altre cellule, attiva la via della sonnolenza e della
febbre ed è fondamentale per l’attivazione del processo infiammatorio). Per l’attivazione
dell’ Il1 è necessaria la formazione di un complesso chiamato inflammosoma.
• Le citochine richiamano basofili (presenti in circolo) e mastociti (dal tessuto connettivo,
cute, sottocute, epiteli di rivestimento). Queste cellule rilasciano istamina, che innesca
due fenomeni:
− Vasodilatazione (aumento del flusso sanguigno, arrossamento e calore)
− Aumento della permeabilità dei capillari (fuoriuscita di liquidi, gonfiore e dolore)
• Se nella zona infiammata vi sono microorganismi si attiva la risposta immunitaria.
Risposta infiammatoria
• Se la risposta infiammatoria è efficace, nella zona infiammata si forma un ammasso di
cellule morte, detriti e liquidi (pus) che viene gradualmente riassorbito dai macrofagi. Un
accumulo di pus in uno spazio ristretto si chiama ascesso.
• La stimolazione continua dei macrofagi provoca accumulo di citochine pirogeniche, che
provocano la febbre, un aumento anomalo della temperatura corporea. L’aumento
stimola la risposta immunitaria (aumenta attività dell’interferone), rallenta la crescita dei
batteri, facilita la migrazione dei leucociti nei tessuti infiammati, aumenta la
comunicazione tra citochine e accelera il processo riparativo.
• Le citochine agiscono sul centro termoregolatore nell’ipotalamo (cervello), che viene
starato e produce sensazione di freddo: i muscoli si contraggono in risposta per generare
calore (brividi di febbre).
• Già Aristotele aveva intuito che febbre, sonno e infiammazione fossero collegati, oggi
conosciamo le basi molecolari (serotonina e interleuchina 1)
Risposta infiammatoria
• PCR (proteina C reattiva): importante marcatore di infiammazione presente nel
sangue, utile sia per valutare la presenza che l’entità della risposta
infiammatoria, il progresso della malattia e l’efficacia della terapia.
• Riconosce antigeni presenti sulla superficie dei microbi, viene prodotta dal
fegato in risposta ad uno stato infiammatorio.
• Utilizzata anche per diagnosi di malattie immunitarie e come marcatore di
rischio cardiovascolare (spia di connessione tra infiammazione e rischio di infarto
del miocardio
Le cellule dell’immunità
Sia la risposta innata sia quella acquisita dipendono dall’interazione di numerose cellule.
Immunità specifica
La risposta specifica viene elaborata a livello degli organi linfoidi, dove stazionano i
linfociti B (formati e differenziati nel midollo osseo) e i linfociti T (formati nel midollo e
maturati nel timo).
E’ sempre indotta, deve esserci l’esposizione diretta delle cellule del sistema immunitario
e l’antigene.
Caratteristiche del S.I:
• Specificità: riconosce tutte le molecole estranee (antigeni) e attiva una risposta
specifica nei loro confronti
• Memoria: dopo un primo contatto con l’antigene (risposta primaria) si può attivare una
risposta secondaria (secondo contatto con l’antigene)
• Tolleranza: Il S.I. non si attiva verso gli Ag self. La capacità di sviluppare tolleranza
permane per un breve periodo dopo la nascita. (Protezione garantita da IgG materne)
Immunità specifica
La risposta specifica può essere umorale e cellulare:
R. umorale:
• generalmente attivata da Ag liberi come tossine, batteri e virus presenti nei
fluidi corporei.
• attivazione dei linfociti B a plasmacellule che producono anticorpi.
• Il complesso antigene anticorpo diventa riconoscibile dai fagociti.
R. cellulare:
• attiva contro batteri e virus presenti in cellule infette e contro protozoi, vermi,
funghi e parassiti, cellule tumorali e cellule trapiantate.
• dipendente dai linfociti T.
• Alcuni linfociti T eleminano direttamente i patogeni altri indirettamente
stimolando i linfociti B a produrre anticorpi
Antigeni e immunogeni
• Antigene: molecole in grado di legarsi ad un Ac o a una cellula T
• Immunogeni: molecole in grado di stimolare una risposta immunitaria. Non tutti gli
antigeni sono immunogeni per esserlo devono:
- essere estranei (non self)
- avere una composizione chimica complessa (ricchi di epitopi)
- avere dimensioni elevate
- penetrare per via parenterale (via diversa da quella gastrointestinale)
- essere facilmente processati da parte delle cellule APC.
• Apteni: Ag incompleti (piccole molecole non immunogene ma che lo diventano se si
legano a carrier)
• Epitopi (determinanti antigenici): piccole parti dell’ Ag che legano gli Ac. Un singolo Ag
può avere diversi epitopi (valenza dell’antigene).
Riconoscimento degli antigeni
• I linfociti T e B riconoscono antigeni attraverso i
recettori antigenici posti sulla membrana cellulare
• Ogni linfocita presenta circa 100.000 recettori tutti
uguali tra loro ma diversi da quelli di un altro linfocita
• Gli antigeni vengono riconosciuti in quanto si adattano e
interagiscono con la forma del recettore.
• I siti dell’antigene che vengono riconosciuti da un
recettore vengono definiti determinanti antigenici.
• Un antigene può avere molti determinanti antigenici
diversi
• Ogni recettore è specifico per un solo determinante
antigenico
Varietà dei recettori antigenici
• Il nostro S.I. è in grado di rispondere ad una varietà enorme di
antigeni mai incontrati prima.
• La diversità dei recettori antigenici è generata da ri-arrangiamenti
genici e mutazioni che si verificano nei linfociti T e B durante la loro
maturazione negli organi linfatici
• Ogni linfocita avrà un solo tipo di recettore
• Durante la vita fetale vengono eliminati tutti i linfociti che potrebbero
riconoscere antigeni self
Selezione clonale
Quando un linfocita T o B
riconosce un Ag, viene
attivato, si moltiplica
formando un clone di cellule
(cellule tutte identiche).
Questo processo è definito
selezione clonale
Cellule memoria
Un linfocita attivato produce sempre due
tipologie di cellule:
- Cellule effettrici (sono la maggior parte) sono
responsabili della risposta primaria eliminano
gli agenti estranei e poi muoiono. Hanno vita
breve.
- Cellule memoria rimangano inattive e
permangono per quasi tutta la vita. Queste
cellule, quando l’Ag si ripresenta generano la
risposta secondaria, molto più veloce ed
efficace. Generano cellule effettrici e altre
cellule della memoria
Risposta Umorale
• La risposta è umorale perchè si sviluppa negli «umori», cioè nel plasma e
nella linfa.
• E’ dovuta a linee di cloni di linfociti B, che producono anticorpi specifici per
ogni singolo antigene. Essi possiedono un solo tipo di recettore anticorpale
e sono programmati per esprimere milioni di copie di un singolo anticorpo.
• L’agente infettivo viene trasportato ai linfonodi, dove viene «bloccato» ed
esposto a flusso di B, fino a incontro con il corretto B (selezione clonale).
Una volta riconosciuto, questo linfocita B si moltiplica (espansione clonale),
diventando in gran parte plasmacellule (o cellule B effettrici) che esprimono
l’anticorpo, oppure cellule della memoria (di tipo B) che permangono
nell’organismo.
• La risposta primaria è dunque più lenta della risposta secondaria (che non
ha più bisogno di selezione clonale)
Risposta Umorale
• I linfociti B: vita di pochi giorni o settimane, presentano sulla superficie recettori (IgD
e IgM) specifici per gli Ag.
- Ag polisaccaridici o lipidici: stimolano direttamente i linf. B a produrre Ac
- Ag proteici: il linfocita B processa l’Ag e lo espone in associazione a MHC II.
Il complesso Ag-MHC viene presentato ai Th che attivati, producono
citochine che stimolano la differenziazione dei linf. B e produzione di Ac
specifici.
Risposta primaria: vengono prodotti prima Ac IgM (a bassa affinità per l’Ag) e poi IgG
Risposta secondaria: Vengono prodotti IgG, IgA, IgE (alta affinità per l’Ag)
Il linf. B passa dalla produzione di IgM a quella di IgG mantenendo la stessa specificità,
per switching (commutazione di classe) mediato da citochine processo che avviene per
ricombinazione del DNA (delezioni e riarrangiamento) e a splicing alternativo
Cellula APC

Tortora, Derrickson Conosciamo il corpo umano © Zanichelli editore 2009


Immunoglobuline (anticorpi)
Sono glicoproteine globulari a struttura
quaternaria, e sono presenti in cinque
tipi (IgG, IgM, IgA, IgD, IgE).
Ogni Ac è formato da due regioni:
Paratopo (sito combinatorio per l’Ag)
varia da Ac a Ac.
Porzione costante: ha funzione
effettrice, partecipa alla fagocitosi
dell’immunocomplesso, attiva la via
classica del complemento e le risposte
allergiche
Immunoglobuline (anticorpi)
Ogni Ac è formato da 4 catene peptidiche: due catene pesanti (H) più
lunghe e uguali tra loro e due e due catene leggere (L), più corte e
uguali tra loro. Le catene sono unite da ponti disolfuro.
La cerniera unisce le due catene H, è una regione molto flessibile
permette la rotazione dei bracci (possibilità di legare Ag distanti).

Esistono due tipologie di catene L: K e λ


Esistono cinque classi di catene H che determinano la classe di Ig (IgG,
IgA, IgM, IgD, IgE)

Le catene sono formate da una serie di unità di circa 110 aa chiamate


domini, ogni catena contiene un dominio variabile e uno o più domini Se si digeriscono gli Ac con papaina si
producono due frammenti identici
costanti.
chiamati Fab che si combinano con l’Ag
Dominio variabile: contiene una regione ipervariabile responsabile
e un frammento Fc (cristallizzabile) che
della specificità per l’Ag, conferisce a ciascun Ac la sua unicità si lega alla componente C1q del
(Idiotipo) complemento e ai recettori di superficie
Dominio costante: conferisce la classe di Ac e il suo ruolo biologico dei macrofagi
Immunoglobuline (anticorpi)
IgA: - Monomeri (nel siero), dimeri (nelle secrezioni).
- Proteggono le superfici delle mucose intestinali e respiratorie (neutralizzazione).
- Sono presenti soprattutto nelle secrezioni (latte, lacrime, saliva, muco).
- Fissano il complemento.

IgM: - Pentamero a struttura radiale (nel siero).


- Sono le prime Ig prodotte nella risposta primaria (elevati livelli di IgM indicano
recente esposizione all’Ag).
- Hanno azione agglutinante.
- Attivano la via classica del complemento.
- Sono molto efficienti come prima linea di difesa nei confronti di batteri, poco efficienti nel
neutralizzare virus e tossine.
- in forma monomerica costituiscono recettori di superficie dei linfociti B.
Immunoglobuline (anticorpi)
IgG: - monomeri bivalenti
- costituiscono il 75% delle Ig del siero
- attraversano la placenta (immunità passiva del feto)
- attivano il complemento
- legano macrofagi e cellule NK ( mediano la reazione di citotossicità), azione
opsonizzante
- neutralizzano virus e tossine batteriche
- azione agglutinante.

IgD: - monomeri bivalenti


- si trovano sulle membrane linf. B (recettori)
- attivano i linfociti B
- non attivano il complemento
Immunoglobuline (anticorpi)
IgE:
− Monomeri
− si trovano nel sangue a concentrazione molto
bassa, sono secreti da plasmacellule che si trovano
nelle mucose del tratto gastro intestinale e
respiratorio
− con la porzione Fc si legano a mastociti, basofili ed
eosinofili
− sono responsabili delle reazioni di ipersensibilità I
(risposta allergica)
− sono attive nella difesa di alcuni parassiti (vermi)
Larva di schistosoma opsonizzata da
IgE e attaccata da eosinofili
Immunità acquisita

Tortora, Derrickson Conosciamo il corpo umano © Zanichelli editore 2009


Reazione Ag-Ac
Neutralizzazione: gli Ac si legano a
tossine o a virus impedendo a questi
danneggiare le cellule.
Agglutinazione: ogni Ac lega due
molecole di Ag formando complessi
anche con altri Ac facilmente
riconosciuti dai macrofagi.
Precipitazione: i complessi prodotti
sono insolubili, precipitano e
vengono più facilmente fagocitati.
Fissazione del complemento: gli Ac
attivano le molecole del
complemento.
Meccanismi genetici alla base della specificità della
risposta immunitaria

• Ogni linfocita B produce un solo tipo di Ac


• Il nostro S.I. può produrre moltissimi Ac diversi e moltissimi linfociti T differenti
• Tutti i linfociti derivano da cellule staminali uguali che durante il processo di
differenziamento e maturazione diventano in grado di reagire con un solo Ag
indipendentemente dal fatto che l’abbiano o meno incontrato.
• La specificità dipende dalle proteine recettoriali presenti sulla membrana dei
linfociti
• Le proteine sono codificate da geni.
Meccanismi genetici alla base della
specificità degli anticorpi
• Sia le catene leggere che le catene pesanti sono codificate da famiglie
multi-geniche separate
• Nel DNA della linea germinale ciascuna famiglia multigenica contiene diverse
sequenze codificanti, dette segmenti genici, separate da regioni non codificanti.

•Durante la maturazione dei linfociti B questi segmenti genici vengono


riarrangiati.
• Il riarrangiamento crea un esone funzionale corrispondente alla regione variabile
N.B. : il riarrangiamento avviene durante il processo di maturazione dei linfociti
(cellule somatiche) quindi non è trasmissibile alle generazioni successive
Diversità anticorpale
Ricombinazione V-D-J (finalizzata alla
sintesi di una porzione del recettore
BCR (catena pesante).
• Si noti come il prodotto finale
Vh-Dk-Jp-Cμ deriva da una
selezione casuale operata su
molteplici segmenti che vengono
riarrangiati.
• La combinazione fra molteplicità
dei segmenti a disposizione e
scelta casuale è sufficiente a
generare la diversità recettoriale
(107 -109 ).
Ricombinazione somatica della catena leggera K
Ricombinazione somatica della catena pesante K
Meccanismi genetici alla base della specificità degli
anticorpi
• Diversità combinatoria (presenza di molti segmenti genici V,D,J nel DNA germinale).
• Diversità nell’associazione tra catena leggera e pesante.

• Ipermutazione somatica (dopo il legame con l’Ag il linfocita viene stimolato e le regioni che codificano
per la regione variabile sono soggette a frequenti mutazioni che aumentano la specificità)
Selezione clonale

Quando un linfocita
riconosce un Ag, viene
attivato e inizia a dividersi
mantenendo la stessa
combinazione JVD quindi
forma dei cloni cellulari
che producono lo stesso
Ac.
Cellule memoria
La memoria immunologica si forma durante la
risposta primaria:
• la maggior parte delle cellule partecipano alla
reazione immunitaria (Plasmacellule - cellule
effettrici) e hanno vita breve,
• altre cellule rimangano inattive (cellule
memoria) e permangono per tutta la vita.
Queste cellule, quando l’Ag si ripresenta
generano la risposta secondaria, molto più
veloce ed efficace
Anticorpi monoclonali
• Anticorpi Monoclonali: sono anticorpi prodotti da un singolo clone
linfocitario B (progenie di un unico linfocita B) e quindi tutti identici tra loro
e specifici per un unico determinante antigenico.
• G. Khöler e C. Milstein nel 1984 vengono insigniti del premio Nobel per la
Medicina per aver messo a punto la tecnica per la produzione di Ac
monoclonali (1975)
• Le plasmacellule hanno vita breve e non si riescono a conservare in coltura
per un tempo sufficiente a raccogliere quantità rilevanti di Ac.
• Vengono utilizzati nelle diagnosi precise di tumori (identificazione di
sottotipi differenti), e questo permette un trattamento più mirato.
• Vengono utilizzati nelle terapie di numerosi tumori e nelle malattie
infiammatorie.
Anticorpi monoclonali
• Immunizzazione di un topo.
• Prelievo di linfociti dalla milza.
• Fusione dei linfociti con cellule tumorali
murine indotta da glicol polietilenico (Peg)
per produrre ibridomi.
• Selezione degli ibridomi in terreno HAT
(contiene molecole che interferiscono con il
metabolismo di DNA).
• Selezione degli ibridomi attivi che producono
l’Ac specifico.
• Espansione in coltura di questi ibridomi.
• Oggi si possono produrre Ac monoclonali
umani.
Anticorpi monoclonali
Anticorpi monoclonali
Anticorpi monoclonali e terapia
Anticorpi monoclonali (terapia)
Test Elisa (test immunoenzimatico)
Test diagnostico immunoenzimatico
• L’antigene viene purificato e legato alla piastra.
• Si aggiunge il siero/plasma da analizzare. Se presenti, le Lettura a
405 nm
immunoglobuline specifiche per l’antigene formano il Fosfatasi
alcalina
complesso antigene-anticorpo.
• Le molecole che non si sono legate vengono eliminate
P-NPP
tramite lavaggi.
• Si aggiunge un secondo anticorpo marcato (coniugato ad
una perossidasi), che abbia specificità per le
immunoglobuline della specie da cui il siero/plasma testati
derivano. Il secondo anticorpo si lega al complesso
antigene-anticorpo immobilizzato sulla piastra.
• Si incuba il substrato specifico per l’enzima
• La quantificazione avviene misurando la quantità di
anticorpo secondario legato, grazie all’utilizzo di substrati
colorimetrici. L’ossidazione tramite la perossidasi di diversi Metodo indiretto
substrati permette di ottenere composti cromogenici
Test ELISA
Il sistema del complemento
• Ha azione “complementare” a quella degli anticorpi
• E’ costituito da una trentina di proteine plasmatiche (molte sono zimogeni ovvero proenzimi che
richiedono un scissione proteolitica per essere attivati).
• E’ componente termolabile del plasma.
• Funzioni: 1. Reclutamento cell. infiammatorie (azione chemiotattica e rilascio di istamina)
2. Aumento opsonizzazione dei batteri
2. Induzione lisi batteri (citolisi per danno alla membrana cellulare)
3. Azione antivirale
• I fagociti hanno recettori per il complemento (CR)
• Tre vie di attivazione: classica, alternativa, della lectina
Il sistema del complemento
Risposta cellula-mediata
• E’ innescata dal riconoscimento
dell’antigene da parte dei linfociti T
specifici (Tc e Th).
• Anche i T presentano recettori di
membrana specifici (glicoproteine
formate da due catene polipeptidiche
codificati da geni diversi , formate da una
porzione variabile e una costante)
• E’ necessaria una costimolazione (Il2)
• I linfociti T riconoscono frammenti di Ag
(e non antigeni interi) che sono stati
processati dalle cellule APC e che sono
stati esposti sulla loro superficie in
associazione con le proteine del
complesso MHC.
• I linfociti attivati vanno incontro
all’espansione clonale.
• Si differenziano in cellule effettrici e
cellule memoria
Risposta cellula-mediata
Termine della fase effettrice:
• La risposta si attenua quando l’Ag
viene eliminato
• L’assenza dell’Ag induce l’apoptosi
• Sopravvivono solo le cellule
memoria.
Immunità specifica: proteine MHC
(HLA nell’uomo)
• Il riconoscimento più preciso del self avviene attraverso antigeni particolari, dette
proteine MHC (Major Histocompatibility Complex), estremamente specifiche da
individuo a individuo (eccetto gemelli omozigoti), che appartengono a tre classi:
- MHC di classe I: sono presenti su tutte le cellule nucleate, tranne spermatozoi,
sono glicoproteine implicate nel rigetto dei trapianti, nell’individuazione dell’Ag
da parte dei linfociti T citotossici (CD8+)
- MHC di classe II: presenti solo su macrofagi, cellule dendritiche, linfociti e cellule
epiteliali del timo. Permettono il riconoscimento dell’Ag da parte dei linfociti Th
(CD4+). Le MHC delle cellule del timo permettono la tolleranza immunitaria nei
confronti degli Ag self durante la maturazione del SI (vengono eliminati tutti i
cloni autoreattivi). Facilitano l’attivazione dei linfociti B.
- MHC di classe III: proteine citotossiche e alcune proteine del complemento.
Tolleranza immunologica
• Le proteine MHC sono fondamentali nel determinare la tolleranza verso il self
• Durante la vita, i linfociti T in via di sviluppo prima di differenziarsi in Tc e Th,
vengono selezionati nel timo: vengono eliminati tutti quelli incapaci di
riconoscere le MHC self e quelli che si legano a MHC self o Ag propri
(delezione clonale).
• Nei tessuti periferici viene soppressa la risposta nei confronti di Ag self
(anergia clonale); i linfociti autoreattivi vengono inattivati. L’anergia è il
risultato di alterazioni biochimiche e genetiche che riducono la capacità del
linfocita di rispondere.
• Nelle fasi di sviluppo, l’organismo impara a riconoscere il self; iniezioni di Ag
in questo periodo compartano il riconoscimento di questi come self
• MHC di altri organismi vengono riconosciute come Ag non self (fenomeno del
rigetto dei trapianti)
Risposta cellula-mediata
1) Attivazione linfociti T Helper
• Avviene quando si forma il legame tra il loro recettore e i frammenti di Ag esposti in
associazione con il complesso MHC II, sulla membrana delle cellule APC (c. dendritiche,
macrofagi, linfociti B)
− C. dendritiche: importanti per indurre la risposta primaria
− Macrofagi: ruolo fondamentale per avviare la risposta secondaria
− Linfociti B: inizio della risposta umorale.
• L’unione cellula APC e Th è rafforzata dal legame tra i recettori CD4 dei Th e una
porzione invariante delle proteine MHC II non impegnata nel legame con il peptide
antigenico.
• Successivamente intervengono altre proteine che contribuiscono a formare le sinapsi
immunologiche (stabili per diverse ore) le quali rilasciano molecole che attivano i
linfociti B ( es: Il 2)
• I Th: stimolano i macrofagi
stimolano i T citotossici
attivano i Linf. B
Risposta cellula-mediata
2) Attivazione linfociti T citotossici
• Avviene dopo il riconoscimento da parte del recettore di un frammento antigenico associato
al complesso MHC di classe I.
• Qualsiasi cellula dell’organismo che è stata infettata da un virus o che presenta Ag estranei
sulla superficie può esporre sulla membrana frammenti di Ag associati a MHC I.
• I linfociti T citotossici devono essere sottoposti a segnali rilasciati dai T helper dopo che è
avvenuta l’interazione con una cellula APC.
• La stabilità del legame Tc e cellula infettata o tumorale è mediata dai recettori CD8
• La sinapsi immunologica che si forma induce il rilascio di sostanze che provocano la morte
cellulare attraverso:
- Rilascio di perforina (distruzione della membrana cellulare)
- Rilascio di linfotossina ( frammentazione del DNA)
- Rilascio di interferone (attivazione fagociti)
Il doppio riconoscimento Ag- MHC I e la formazione delle sinapsi immunologiche permette ai
Tc di distruggere solamente le cellule infette, quest’ultime liberano Ag che possono essere
riconosciuti da Ac.
Cellula APC

Tortora, Derrickson Conosciamo il corpo umano © Zanichelli editore 2009


Risposta cellula-mediata
3) Linfociti Regolatori (sopressori)
• Sono i meno conosciuti.
• Prevengono reazioni eccessive dei linfociti T attivatori e sopprimono
l’attività di quelli autoreattivi.

Ricorda:
l’attività fisica moderata potenzia la funzionalità del sistema immunitario,
lo sforzo troppo intenso la riduce.
La risposta immunitaria
• https://www.youtube.com/watch?v=LRMTm_bkQ94
Risposta
umorale
e
cellulare

74
Sadava et al. Biologia.blu © Zanichelli editore, 2012
Immunità
acquisita

Passiva Attiva

Naturale Artificiale Naturale Artificiale


(Passaggio (Sieroprofilassi) (Infezione) (Vaccinazione)
transplacentare
Ac materni)
Disordini immunitari
Immunodeficienze
• Primarie: sono congenite, cause genetiche o di sviluppo
SCID (immunodeficienza combinata grave), insufficienza di cellule staminali
del midollo osseo rosso.
Sindrome di DiGeorge (mancato sviluppo del Timo)
• Secondarie: acquisite dopo la nascita per agenti biologici o chimici
Malnutrizione, tumori, esposizione a radiazioni, ustioni, infezioni, farmaci
Disordini immunitari
Malattie autoimmuni
• Presenza di autoanticorpi e linfociti T autoreattivi
• Ruolo importante dei Linfociti T regolatori
• Perdita della tolleranza nei confronti di Ag self.
• Generalmente sono più colpite le donne
Es: Diabete mellito tipo I (Ac contro cellule Beta del pancreas)
Sclerosi multipla (Ac contro guaina mielinica)
Artrite reumatoide ( Ac contro le articolazioni)
Lupus eritematoso sistemico (Ac contro DNA )
Morbo di Crohn (Ac contro i tessuti delle vie gastrointestinali)
Celiachia (Ac contro i villi intestinali)
Disordini immunitari
Ipersensibilità
Risposta immunitaria indotta che si manifesta in forma esagerata o inappropriata
• Tipo I anafilattica
Coinvolgono la risposta umorale
• Tipo II citotossica Ac-dipendente Sono immediate (20 minuti dopo il secondo
contatto con l’Ag)
• Tipo III da immunocomplessi
Coinvolge la risposta cellulare
• Tipo IV cellule T – mediata E’ ritardata (24-48 ore dopo il secondo
contatto con l’Ag)
Disordini immunitari
Ipersensibilità tipo I (Allergia)
• E’ mediata dalle IgE, prodotte nei confronti di Ag innocui (allergeni)
• E’ immediata
• Il soggetto che è predisposto viene sensibilizzato dopo il primo contatto con l’allergene,
produzione di IgE ( IgE con la porzione Fc si legano a mastociti e basofili)
• Dopo successive esposizioni si verificano reazioni tessutali dannose per rilascio di istamina,
serotonina, leucotrieni, prostaglandine, eparina (contrazione della muscolatura liscia delle
pareti bronchiali e delle cellule endoteliali dei vasi, si instaura una risposta infiammatoria)
• Vengono attivati gli eosinofili.
Possono essere
Generalizzate (sistemiche): insorgono generalmente quando l’allergene entra per via
parenterale in soggetti già sensibilizzati ( ipotensione, collasso cardiocircolatorio,
broncocostrizione, dispnea, edema).
Allergeni: farmaci, veleni di insetti, sieri eterologhi…
Localizzate: reazioni cutanee (eczema atopico, orticaria), mucose (asma, febbre da fieno),
apparato digerente (allergie alimentari)
Allergeni: pollini, acari, polvere, peli di animali, alimenti…
Ipersensibilità di tipo I
AIDS (Sindrome da immunodeficienza acquisita)
• Trasmessa da un virus –Human Immunodeficiency Virus (HIV)- che attacca i linfociti con
recettori CD4 (T-helper).
• Diffusione della sindrome a partire dagli anni 80 del novecento, primi casi descritti nel 1981
(in omosessuali).
• 1983, viene isolato il virus nei tessuti linfatici di un omosessuale francese.

Trasmissione:
- Esposizione di cute lacerata o mucose a liquidi corporei (sangue o sperma) di individuo
infetto
- Scambio di sangue tramite ago con individuo infetto
- Contatto sanguigno tra feto e madre infetta durante il parto
HIV
• Retrovirus (110nm), provvisto di capside e pericapside
(glicoproteine 120 e 41)
• L’RNA viene retrotrascritto in DNA che è in grado di integrarsi
con il il DNA della cellula ospite (stato di provirus) grazie a
proteine dette integrasi. Può uscire dallo stato di latenza ed
esprimere il proprio genoma virale grazie all’attivazione di
proteasi
• Cellule ospiti: linfociti Th (soprattutto quelli già attivati
presenti nei linfonodi), macrofagi, linfociti B…
• Provoca la distruzione di queste cellule con conseguente grave
immunodeficienza (i Th fungono da stimolatori di tutte le
cellule del S.I.)
• Sembra che il virus sia in grado di attivare in modo selettivo
l’apoptosi.
• Virus maestro di trasformismo, continua a mutare nel gene
per le glicoproteine (in particolare gl120)
• E’ poco resistente nell’ambiente, alle variazioni di temperatura
e di pH, molto sensibile ai disinfettanti.
HIV: penetrazione nelle cellule
Avviene in tre passaggi:
• La proteina gp 120, presente nell’involucro nucleare si aggancia al recettore
CD4 della membrana della cellula bersaglio
• Il virus si lega anche ai co-recettori CCR5 e CXCR4 (fondamentali per poter
entrare)
• Si lega anche con la proteina gp41 che ripiegandosi a cerniera favorisce la
fusione della membrana del virus con quella della cellula ospite.
• Una variazione genetica naturale porta al non funzionamento del
co-recettore CCR5, gli individui portatori risultano naturalmente resistenti
all’HIV
AIDS: quadro clinico
Si distinguono vari fasi che non sono sempre presenti tutte in tutti i contagi:
• Fase acuta: dopo una settimana dal contagio si presentano sintomi aspecifici
(febbre, cefalea, eruzioni cutanee) tipiche di un’infezione virale in fase acuta.
• Fase asintomatica: il soggetto diventa sieropositivo (il virus è integrato e nascosto
nel genoma delle cellule ospiti ed è presente in circolo). Compaiono Ac specifici non
protettivi. Non vi sono sintomi.
• Linfoadenopatia sistemica: ingrossamento dei linfonodi (dura più di tre mesi). Non ci
sono sintomi.
• Inizio fase sintomatica: malessere generale, dolori addominali, diarrea, febbre,
perdita di peso, di memoria, sudorazione notturna, lesioni erpetiche, dermatiti
seborroiche…(il virus si riproduce velocemente eliminando cellule del SI).
• AIDS conclamato: dopo alcuni anni di incubazione si completa la distruzione dei
linfociti Th, meno di 200 Th/ml di sangue. Il soggetto diviene suscettibile ad agenti
patogeni opportunisti e a patologie tumorali.
L’HIV
fasi del contagio
AIDS: terapie
Perché è cosi difficile trovare una terapia efficace?
• Il virus attacca le cellule del sistema immunitario, le stesse cellule che
dovrebbero riconoscerlo e distruggerlo, aggredisce soprattutto le
cellule T memoria.
• Una volta entrato nelle cellule il virus ha due possibilità: replicarsi e
distruggere la cellula ospite o integrarsi nel DNA della stessa
rimanendo nascosto.
• Il virus muta continuamente, quindi diventa sempre meno
riconoscibile dal SI, gli anticorpi prodotti nelle fasi iniziali
dell’infezione non sono in grado di riconoscere le nuove particelle.
AIDS: terapie
• Sono presenti farmaci antivirali, il primo prodotto solo 4 anni dopo
l’isolamento del virus (AZT azidotimidina).
• Oggi i farmaci utilizzati sono tutti inibitori della trascrittasi inversa e delle
proteasi.
• Questi farmaci riescono a ridurre drasticamente e per molto tempo la carica
virale nel sangue dei pazienti infetti (il virus non è rilevabile), ma non
riescono a eliminare il virus.
• Sono in sperimentazione altre terapie innovative (terapia genica, Rnai)
• Immunoterapia: un vaccino universale ed efficace non è ancora presente,
ma ci sono farmaci in via sperimentale che lasciano ben sperare… (farmaco
che legando CCR5 e gp 120 impedisce al virus di entrare nelle cellule).
I Vaccini
• La vaccinazione è una misura di profilassi che ha lo scopo di dare
un’immunità attiva specifica nei confronti di una determinata
malattia infettiva, sovrapponibile a quella data dalla malattia stessa.
• Per alcune vaccinazioni, la protezione immunitaria indotta, dura tutta
la vita. In altri casi, per ottenere una immunità protratta, sono
necessari periodici richiami.
• I vaccini sono preparati biologici somministrati per indurre uno stato
di immunità attiva (formazione di cellule B memoria) nei riguardi di
determinati microrganismi patogeni
Obiettivi delle vaccinazioni
• VERSO IL SINGOLO
Provocare una risposta immune nei confronti di uno o più antigeni di
un agente patogeno per proteggere il soggetto dalla patologia da esso
causata.
• VERSO LA COLLETTIVITA’
Limitare la diffusione di una patologia e ove possibile eradicarla
definitivamente (es. vaiolo).
Requisiti fondamentali delle vaccinazioni
• Immunogenicità: deve indurre livelli anticorpali elevati nei confronti
degli antigeni in esso contenuti (immunità da infezione e/o immunità
da malattia).
• Efficacia: gli anticorpi indotti devono proteggere il soggetto dalla
malattia per cui è sviluppato il vaccino e tale protezione deve essere il
più lunga possibile.
• Sicurezza: alla sua somministrazione deve seguire una percentuale
minima di effetti collaterali, che deve essere commisurata con la
gravità della malattia.
Un pò di storia…
• 1796: Edward Jenner effettuò la prima
vaccinazione antivaiolosa su di un
bambino sano di 8 anni.
• Il vaiolo è stata una delle malattie più terribili
dell’umanità. Quando scoppiavano epidemie
di vaiolo una persona su tre moriva e chi
sfuggiva alla morte portava segni indelebili sul
viso o rimaneva cieco. Di origine antichissima
Ramses V (1157 a.C.)
(circa 10000 a.C.) i primi casi si ebbero in Nord mummia con probabili macchie di vaiolo.

Africa. Fu diffusa in Asia nell’ultimo millennio


a.C. dai mercanti egiziani..
Un po’ di storia…
• Alla fine del XVII secolo in Europa si assiste
ad un declino della peste bubbonica, a
seguito degli interventi di sanificazione
ambientale, mentre una mutazione del
virus del vaiolo produce un ceppo più
virulento. Così nel XVIII secolo il vaiolo
provoca la morte di circa 1/5 della
popolazione europea.
• Nel 1707 in Islanda muore il 36% della
popolazione, nel 1709 nella sola Parigi
muoiono 14000 persone.
• Esistevano due varianti: Variola major
responsabile della maggioranza delle morti The Triumph of Death (Pieter Bruegel il vecchio)
e Variola minor responsabile di circa 1%
della mortalità.
Un po’ di storia…
Moglie dell’ambasciatore britannico in Turchia ebbe
un ruolo rilevante nella lotta contro il vaiolo.
Fu suo merito l’introduzione in Inghilterra nel 1721
della pratica della variolizzazione, in uso in Turchia.

Lady Montague ebbe il coraggio di inoculare il


materiale estratto dalle bolle piene di pus di malati
non gravi di vaiolo a suo figlio di 5 anni. Più tardi
convinse il suo medico, in Inghilterra, a fare lo stesso
per l’altra sua figlia di 4 anni. Lady Mary Wortley
Montague (1689-1762)
Un po’ di storia…
Edward Jenner (1749-1823)
Esercitava la sua professione di medico nel villaggio di Berkeley
nella contea di Gloucestershire.
Jenner fu colpito dal fatto che diversi allevatori di bovini, che
avevano avuto il vaiolo bovino, rifiutavano di farsi variolizzare in
quanto convinti che non avrebbero comunque contratto il vaiolo
umano.
Jenner, dopo aver raccolto ulteriori informazioni sulla “malattia
dei mungitori” e sul fatto che questa rendeva “immuni” dal
vaiolo, decise di effettuare il famoso esperimento sul bambino
di 8 anni.
Chiamò la sua pratica vaccinazione, cioè derivante da una vacca
per distinguerla dalla inoculazione.
Composizione dei Vaccini
• Microrganismi virali o batterici interi
- vivi e attenuati
- inattivati
- uccisi
• A subunità: componenti del microrganismo, componenti della superficie
dei virus o della capsula esterna dei batteri, sostanze da esso sintetizzate,
proteine ottenute per sintesi chimica.
• Ricombinanti: ottenuti con tecniche di DNA ricombinante
− proteine immunogene prodotte da microrganismi geneticamente
modificati.
− Attenuazione di virus per eliminazione di geni
− Espressione di antigeni immunogeni in virus innocui
− a mRNA (inserisce molecole di mRNA nelle cellule, la molecola tradotta
produce antigeni di agenti patogeni o di cellule tumorali)
Vaccini di ultima generazione
Vaccini a DNA ricombinante
Sono formati da plasmidi modificati con tecniche di ingegneria genetica,
in modo da trasportare geni che codificano per una o più proteine
antigeniche prodotte normalmente da un patogeno.
• Questi vaccini, contenendo solo piccoli frammenti del genoma, non
possono indurre la malattia.
• Un meccanismo per veicolare i plasmidi nelle cellule consiste
nell’iniettare direttamente i geni (tipicamente nelle cellule della cute o
delle mucose).
• Una volta all’interno delle cellule, alcuni dei plasmidi ricombinanti si
dirigono verso il nucleo e istruiscono la cellula a sintetizzare le
proteine antigeniche per cui il plasmide codifica.
• Queste proteine possono suscitare un’immunità umorale (anticorpale)
quando sfuggono dalle cellule, e un’immunità di tipo cellulare
(mediata dai linfociti killer) quando vengono frammentate e
successivamente esposte sulla superficie cellulare (come accade
quando le cellule ospitano un patogeno attivo).
Adiuvanti e conservanti
Nei vaccini sono presenti anche piccolissime quantità di sostanze
necessarie per prevenire contaminazioni batteriche, evitare la perdita
di efficacia nel tempo, potenziare la risposta immunitaria
• Alluminio (aumenta la stimolazione immunitaria e la produzione di
Ac)
• Antibiotici (prevengono la crescita batterica nelle colture vaccinali)
• Monossido di glutammato (mantiene stabile il vaccino in caso di
variazioni di temperatura, pH, umidità)
• Solfato (stabilizzante)
Adiuvanti e conservanti
• I sali di alluminio rappresentano una componente vaccinale molto
importante aumentano l'efficacia del vaccino, stimolando il sistema
immunitario e permettendo di ridurre la quantità di antigeni
necessari per produrre il vaccino e il numero di dosi da somministrare
• prolungano la protezione immunologica
• riducono la frequenza e gravità di diverse reazioni sistemiche e locali
legando e rilasciando solo lentamente molecole biologicamente
attive presenti nei vaccini
Adiuvanti e conservanti
• I vaccini pediatrici attualmente disponibili non contengono thiomersal
(e quindi non contengono mercurio). Da diversi anni il thiomersal non
è più utilizzato come conservante;
• la sua eliminazione è stata dettata dal principio di precauzione,
sebbene vari studi epidemiologici non abbiano dimostrato
conseguenze per la salute dei bambini a suo tempo vaccinati con
prodotti contenenti tale conservante
Falsi miti legati alle vaccinazioni
• Gli operatori sanitari non si vaccinano
• I vaccini causano autismo, SIDS (sindrome da morte improvvisa),
encefaliti ed encefalopatie, sclerosi multipla, diabete, ecc
• Migliori condizioni igieniche sostituiscono le vaccinazioni
• Gli adiuvanti usati nei vaccini causano patologie neurologiche
• I vaccini sono imposti per far un favore alle aziende farmaceutiche
I protagonisti dei movimenti anti-vaccinali
• Medici che hanno abbandonato la scienza
• Avvocati specializzati in cause di risarcimento
• Fanatici di esoterismo, veganismo, crudismo
• Genitori di figli con veri o presunti danni da vaccino

La gran maggioranza sono genitori in buona fede!


Obbligo vaccinazioni
Il decreto n. 73/2017, convertito in legge n. 119/2017, ha reso obbligatorie le vaccinazioni
per i bambini da 0 a 16 anni, compresi i minori stranieri non accompagnati.

• anti-poliomielitica
• anti-difterica
• anti-tetanica
• anti-epatite B
• anti-pertosse
• anti Haemophilus influenzae tipo B
• anti-morbillo
• anti-rosolia
• anti-parotite
• anti-varicella (solo a partire dai nati 2017. La vaccinazione viene offerta dopo il 13° mese di vita del
bambino)
Obbligo vaccinazioni
Non sono invece obbligatorie ma “fortemente raccomandate” le
vaccinazioni:
• anti-meningococco B
• anti-meningococco C
• anti-rota virus
• anti-pneumococco

La violazione dell’obbligo vaccinale comporta l’applicazione di


sanzioni pecuniarie

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