Sei sulla pagina 1di 1

BIOGRAFIA STAZIO

Publio Papinio Stazio nacque a Napoli tra il 40 e il 50 d.C., figlio di un maestro di retorica e poeta. Fin
da giovane partecipò a gare poetiche, ottenendo successi, come la vittoria nei Ludi Augustali nel 70 (o
80 d.C.). Tuttavia, nonostante i riconoscimenti poetici, affrontò problemi economici, e secondo
Giovenale, sopravvisse grazie ai proventi della fabula saltica "Agave," dedicata all'amante di Domizia,
moglie di Domiziano.

Si trasferì a Roma durante l'impero di Domiziano (80-92 d.C.) e compose la Tebaide, partecipando
attivamente alla vita culturale della capitale. Tornò a Napoli verso il 94 d.C., stanco della vita romana,
e iniziò a scrivere l'Achilleide. Morì probabilmente nel 96 d.C.

Le sue opere principali sono la Tebaide e l'Achilleide, ispirate all'Eneide di Virgilio, oltre a una raccolta
di versi chiamata Silvae. La Tebaide tratta della guerra dei sette contro Tebe, mentre l'Achilleide rimase
incompiuta e avrebbe dovuto narrare le gesta di Achille. Stazio prende Lucano e Virgilio come modelli,
ma le intenzioni e il contesto politico differiscono notevolmente.

Nella Tebaide, Stazio si distingue per il gusto del macabro e dell'orrido, utilizzando personaggi statici e
disumanizzati. Le Silvae, invece, sono una raccolta di componimenti lirici ed epigrammatici su vari
temi, offrendo uno sguardo sulla vita e i gusti della borghesia del tempo.

Stazio ebbe un impatto significativo sulla cultura letteraria, influenzando Dante, che lo chiama "lo
dolce poeta" nel Convivio e lo inserisce nella Divina Commedia. Nella Commedia, Stazio svolge un
ruolo cruciale nel Purgatorio, fungendo da tramite tra Virgilio e Beatrice e istruendo Dante su questioni
dottrinali complesse. La biografia di Stazio in Dante presenta alcune inesattezze, ma la sua figura resta
centrale nell'opera.

BIOGRAFIA SORDELLO DA GOITO

Il noto trovatore italiano, nato a Goito all'inizio del XIII secolo, si distinse in varie corti in Italia e
Provenza. Di nobile ma decaduta famiglia, frequentò la corte del conte Riccardo di S. Bonifacio, a
Verona, celebrando la moglie Cunizza, sorella di Ezzelino da Romano. La sua vita errante lo portò
anche alla corte di Raimondo Berengario IV e al servizio di Carlo I d'Angiò, ricevendo da quest'ultimo
feudi negli Abruzzi nel 1269.

Durante il soggiorno in Provenza, approfondì la conoscenza della lingua occitanica e compose il suo
componimento più celebre, il Compianto in morte di Ser Blacatz (1236). Questa satira invettiva passa
in rassegna i principali personaggi politici del tempo, criticandone la codardia e suggerendo di cibarsi
del cuore di Blacatz per acquisirne virtù e coraggio.

Dante lo cita nel De vulgari eloquentia come un poeta illustre che ha abbandonato il suo dialetto
municipale. Nella Divina Commedia, Sordello è presente nel Purgatorio, ma il suo gruppo è ambiguo.
Dante, Virgilio e Sordello lo incontrano nel Canto VI, dove si distingue per un atteggiamento altezzoso.
Nel Canto VII, Sordello si inchina in ammirazione a Virgilio. Nel Canto VIII, un serpente minaccia la
valletta dove si trovano, ma è respinto dagli angeli. Nel Canto IX, Dante si risveglia presso la porta del
Purgatorio grazie all'intercessione di santa Lucia.

La figura di Sordello rappresenta un elemento intrigante nella trama della Divina Commedia,
evidenziando le complessità dell'aldilà e fornendo spunti di riflessione su temi politici e morali. Il suo
ruolo nell'opera di Dante contribuisce a enfatizzare il contesto storico e culturale dell'epoca.

Potrebbero piacerti anche