Sei sulla pagina 1di 5

Nella primavera del 1941 quindi, quando Rommel sta per scatenare le sue colonne attraverso la Cirenaica, il

leader nazionalista iracheno Rashid Alì Al Gaylani, già primo ministro dal marzo 1940 al gennaio 41,
(sostenuto dall'esercito e dalle cellule di Husseini, Gran Muftì palestinese di Gerusalemme),dà inizio a una
sommossa antibritannica. Rashid Alì obbliga il neo primo ministro iracheno, il filo-inglese Nuri Said Pasha, a
dare le dimissioni, dopodiché ordina alle sue truppe di chiudere i rubinetti del petrolio.

Hitler e Mussolini, impegnati ancora in Grecia (in aprile la conquista di Atene è vicina ma poi ci sarà Creta a
maggio), non potranno inviare agli iracheni ribelli che qualche dozzina di consiglieri, meno di 50 aerei da
trasporto e da combattimento e, tramite il compiacente governo della Francia di Vichy in Siria, un solo
convoglio ferroviario d'armi e munizioni. A completare l'insuccesso ci pensa poi il Comando supremo
iracheno che non riesce ad eliminare i pochi presidi inglesi. Dall'Egitto, dalla Palestina, dalla Legione Araba e
dall'India arrivano i soccorsi inglesi che riprendono il controllo del paese. Husseini troverà poi rifugio in
Italia. A fine Agosto lo stesso trattamento viene riservato a Reza Khan Pahlavi il Grande, Imperatore di
Persia che non aveva rescisso i legami con l'Asse e che stava su uno dei corridoi di rifornimento della Russia
già attaccata dai Tedeschi. Inglesi da Sud, dall'Iraq e Russi dal Caspio e dal Caucaso piegano in poche
settimane la debole resistenza della Persia. Ora tutto il petrolio mediorientale è sotto il loro controllo. Il
vecchio imperatore è costretto a dimettersi e al suo posto va il giovane figlio Reza Pahlavi. Le sorgenti del
petrolio e la pista per soccorrere la Russia è aperta e sicura. Le vicende militari del mediterraneo saranno
d'ora in poi tutte interdipendenti.

Nonostante si avviassero altre interessanti prospezioni il regime fascista, da questo momento


(1936), fu costretto a dipendere da compagnie straniere (americane) e dopo il 1940 quasi
esclusivamente dai tedeschi e dai campi petroliferi rumeni e albanesi. Ardito Desio, il grande
geologo, esploratore e alpinista visitò nel 1930 con scopi scientifici, la Cirenaica, la Sirtica e la
Marmarica e l'anno successivo attraversò il Sahara Libico. Nel 1936 venne incaricato dal Governo
della Libia di creare il Museo Libico di Storia Naturale e di dirigere ricerche geologico-minerarie e
di acque artesiane nel sottosuolo. Invece dell'acqua, scoprì un giacimento di magnesio e potassio
(carnallite) nell'Oasi di Marada, e un liquido oleoso scuro che non poteva che essere petrolio. Dal
sottosuolo furono estratti, nel 1938, alcuni litri di petrolio (si disse che riportò in patria la bottiglia
della foto sotto). Lo scoppio della guerra impedì di fatto lo sviluppo di tutto il programma non
avendo noi la tecnologia di perforazione e ricerca. Sempre alla vigilia della seconda guerra
mondiale, una società americana dotata delle nuove tecnologie, identificò a Caviaga (Lodi ) una
struttura geologica promettente per l’esplorazione petrolifera. Gli americani rimpatriarono nel
giugno 1940 lasciando all’AGIP l’onere delle esplorazioni che portarono nel 1944 alla messa in
funzione del pozzo. Nel dopoguerra ci fu l'ulteriore scoperta di Cortemaggiore (Piacenza).

Il culmine di questa attività si ebbe ai primi del Novecento, quando venne realizzato un oleodotto
che trasportava il petrolio parmense-piacentino sino a Fiorenzuola. Le località maggiormente
interessate dalle trivellazioni furono Montechino in Val Riglio e Velleia in Val Chero, dove sorsero
ben 354 pozzi.Nel 1905, su iniziativa del maestro piacentino Luigi Scotti, fu costituita la Società
Petrolifera Italiana, che dopo un primo periodo pionieristico, procedette allo sfruttamento
industriale della miniera di Vallezza negli anni ‘20. Nel 1911 la produzione complessiva di benzina
dell'industria italiana dei derivati del petrolio non raggiungeva le 4.000 tonnellate. Durante la
Grande Guerra, tra il 30 giugno 1915 e il 31 ottobre 1918, finì all'esercito il 48% della benzina
disponibile. Il resto non fu sufficiente per l'aviazione e la marina.
Nel 1932 la Società Petrolifera Italiana, disponendo finalmente di moderne attrezzature, superò la
produzione di 20.000 tonn. di greggio, pari all’82% della produzione italiana.

Con la guerra le ricerche vennero sospese e nel dopoguerra le estrazioni non furono più
economiche. Ancora oggi però un petrolio eccezionale in quanto a purezza sgorga
spontaneamente in diversi punti di queste vallate e in quelle di altre valli emiliane. I modesti
incrementi della produttività furono ottenuti solo con il miglioramento della tecnica estrattiva
piuttosto che con l'individuazione e sfruttamento di nuovi giacimenti. Infatti si registra un
incremento nelle tonnellate di olio estratte che passa dalle 1000 tonnellate del 1891, alle 10.000
del 1911 e oltre 21.000 nel '31, insufficienti comunque per il consumo italiano. Nel 1939 l’Agip,
prima in Europa, condusse con società americane le prime prospezioni con la tecnica della sismica
a riflessione. L’introduzione di questa tecnica, l’adozione dei carotaggi, i progressi nella
micropaleontologia, lo sviluppo dei laboratori chimici e petrografici segnarono una svolta nelle
ricerche. Un giacimento individuato subito fu quello Ferrarese in località Consandolo e Boccaleone
(comune di Argenta) con un insieme di 70 pozzi. L’insieme di questi fattori portò infatti alla
scoperta, nel 1944, del più importante giacimento di gas, per quel tempo, dell’Europa Occidentale
a Caviaga.

Nel luglio 1944 un reparto della "Leonessa" (R.S.I.) venne dislocato nella zona dell'Appennino
Emiliano fra Parma, Piacenza e la Val Trebbia in missione antipartigiana. Il reparto al comando del
Capitano Bodda e dopo che questi fu ferito, dal Tenente Loffredi doveva controllare la zona e in
particolare i pozzi di petrolio di Montechino dell'Agip. Il greggio prelevato dai pozzi veniva
trasportato di notte con cisterne al fine di evitare gli attacchi aerei. Dopo una sosta a Piacenza la
colonna motorizzata, su pontoni predisposti dal genio tedesco, attraversava il Po per raggiungere
Milano, ove la Oleobliz procedeva alla distillazione. Una parte del carburante restava alla
"Leonessa" e comunque in quantità tale da assicurare il funzionamento dei mezzi motocorazzati
del Gruppo. Il resto andava
alla Wermacht ed alle Forze
Armate Repubblicane.

Nota: nella nostra timeline, fino al 1945 non furono registrati bombardamenti o attacchi all’impianto.
LA BENZINA SINTETICA

Trasformare il carbone solido in combustibile liquido. Trattando il carbone con idrogeno (un gas che si
ottiene industrialmente da varie fonti, fra l'altro per scomposizione dell'acqua che contiene due atomi di
idrogeno per ogni atomo di ossigeno) si sarebbero dovuti ottenere dei composti liquidi con le proprietà dei
prodotti petroliferi..

Nel 1925 la produzione di benzina sintetica attrasse l'attenzione della grande compagnia tedesca Badische
Anilin und Soda Fabrik (BASF), produttrice di nastri per registratori (avevano inventato loro il magnetofono).
Le grandi fabbriche chimiche tedesche decisero di consorziarsi dando vita, il 9 dicembre 1925, a un
gigantesco "cartello" monopolistico la IG Farben che tanto peso avrebbe avuto nel nazionalsocialismo e
nella guerra. Il direttore generale della IG Farben, Carl Bosch (1874-1940) prese in mano lo sviluppo del
processo Bergius costruendo a Leuna la prima grande fabbrica di benzina sintetica in grado di produrre nel
1931 300.000 tonnellate annue. Nello stesso anno a Bosch e Bergius venne assegnato il premio Nobel per la
chimica. Quasi negli stessi anni altri due chimici tedeschi, Franz Fischer (1877-1947) e Hans Tropsch (1889-
1935), inventavano un differente processo di produzione della benzina sintetica. Già alla fine del 1933 il
ministero dell'economia del terzo Reich e le industrie IG Farben si accordarono per la produzione entro il
1935 di 400.000 tonnellate di benzina sintetica all'anno fino al 1944; lo stato avrebbe pagato alla IG Farben
la differenza fra il costo di produzione e il prezzo sul mercato libero della benzina. Con il finanziamento
governativo furono costruite altre fabbriche di benzina sintetica. In questa operazione fu coinvolta anche
l’Italia con l’ANIC, Azienda Nazionale Idrogenazione Combustibili, per trasformare i carboni italiani e i
bitumi albanesi (scadenti) in benzina. Furono costruiti due stabilimenti gemelli, uno a Livorno e uno a Bari. I
processi di idrogenazione a Bari mossero pochi passi. Livorno non entrò mai in produzione. La produzione di
benzina sintetica in Germania continuò negli anni successivi fino a raggiungere nel 1944 i tre milioni di
tonnellate annue; di queste, due milioni di tonnellate erano di benzina ad alto numero di ottani, adatta per i
motori d'aviazione.

I nomi di alcune di queste fabbriche suscitano ancora ricordi terribili; uno degli stabilimenti di benzina e
gomma sintetica si trovava ad Auschwitz ed usava, come mano d'opera ebrei catturati in tutti i paesi
d'Europa. In questa fabbrica lavorò Primo Levi che era un chimico e che parla a lungo di questa esperienza
nei suoi drammatici libri: "Se questo è un uomo" e "Il sistema periodico". Il carbone, il sangue e uno
sterminato dolore erano le materie prime per questa gigantesca impresa industriale.

Le fabbriche di benzina sintetica furono esposte ai bombardamenti alleati. Quella di Leuna, una delle più
grandi, fu distrutta il 12 maggio 1944.

Da “IL TEMPO” primavera 1940 - LA PRODUZIONE MONDIALE DEL PETROLIO

Dalla guerra mondiale del 1914 ad oggi (febbraio 1940) la produzione del petrolio nel mondo ha subito un
incremento notevolissimo. Le statistiche mondiali del 1939 non sono ancora note; quelle del 1938 ci dicono
che in quell'anno la produzione mondiale raggiunse i 270,000.000 di tonn..Il primato della produzione
spetta agli Stati Uniti, che producono il 62% del petrolio mondiale, pari a 166 milioni di tonnellate, -
estraendolo dai numerosissimi bacini petroliferi della Pennsylvania, dell'Oklahoma, del Kansas, del Texas,
della California. Dal mezzo milione di barili estratti ottant'anni fa si è giunti oggi" al miliardo. A parecchie
lunghezze viene poi l'U.R.S.S. che dai pozzi del Caucaso, del Turkmenistan, di Sakalin e del lago Baikal
estrae, secondo le più recenti cifre, 28 milioni di tonnellate di petrolio, in massima parte assorbite dal
consumo interno, come avviene per quasi tutta la produzione ,degli Stati Uniti. Il Venezuela, altro grande
paese produttore di olio minerale, ha conteso per molti anni il secondo posto alla Russia ed è stato per
molto tempo uno dei campi di battaglia sul quale si sono scontrati i due più grandi trusts petrolieri: la
Standard e la Shell : la sua produzione di 26 milioni di tonnellate lo spiega e lo giustifica. Al quarto posto
della produzione mondiale è l'Iran, fino al 1931 asservito agli interessi dell'Ammiragliato britannico,
attraverso l'Anglo-Persian Oil C0. Ltd. Agli 11 milioni di tonnellate della produzione iraniana fanno riscontro
i 7 milioni di tonnellate delle Indie Olandesi, feudo della Royal Dutch-Shell Co. I petroli rumeni sono al sesto
posto della produzione, mondiale, ma in questi giorni sono passati al primo posto dell'attenzione
internazionale in seguito alla campagna allarmistica franco-inglese originata dal recente provvedimento del
Governo di Bucarest di mettere sotto controllo statale tutta la produzione rumena che supera ì 6 milioni e
mezzo di tonnellate.

Gassogeno

Impianto per la trasformazione in gas di un combustibile solido. Il gas di gasogeno si ottiene bruciando
combustibile a basso potere calorifico (ad esempio la lignite) in un recipiente chiuso, attraversato da un
flusso di vapore e d'aria. Contiene circa il 50% di azoto non combustibile, che deriva dall'aria presente nel
recipiente, e ha perciò un basso potere calorifico. Tuttavia, in periodi di scarsa disponibilità di derivati del
petrolio (ad esempio, durante la seconda guerra mondiale), è stato usato anche come carburante per
motori a combustione interna: in quei casi veniva prodotto da un piccolo gassogeno installato direttamente
sull'autoveicolo. L’impianto era semplice: occorreva una specie di pentola-stufa con fornelletto e un
recipiente per la legna. Da un bruciatore arrivava un getto di vapore d’acqua che a contatto con il carbone
ardente produceva il gas carburante che veniva pompato al motore. Per la verità, il sistema non riscontrò
mai i consensi degli automobilisti: troppo inferiore il rendimento rispetto al carburante. Per quante
modifiche avesse sperimentato la Saf (Società Autogasogeni Ferraguti, con sede a Roma in via Francesco
Crispi, 9), non si poteva evitare quella perdita di potenza fisiologica del 30 per cento. Il nuovo propellente
che era stato denominato “gas power”, “gas arricchito”, venne ribattezzato dalla gente “gas povero”. Il
processo di gassificazione consisteva nel trasformare legna e carbonella (carbone di legna ottenuto in
genere da Acacie) in ossido di carbonio mediante combustione incompleta, esotermica (che avviene cioè
con lo sviluppo di calore). All’interno dei gassogeni, il gas veniva filtrato e raffreddato prima di essere
inviato al motore. Qualora l’operazione si fosse limitata a produrre ossido di carbonio, si sarebbe ottenuto
un gas eccessivamente povero, sia per il basso potere calorifico che per l’eccessiva quantità di azoto
introdotto con l’aria di combustione. A questo problema poneva rimedio la dissociazione di una certa
quantità di acqua, presente nel carbone umido e ancor di più nella legna. La reazione, questa volta
endotermica, recuperava il calore necessario dalla reazione precedente. In questo modo, l’azione
combinata, aumentava il potere calorifico del gas. Il potere calorifico inferiore che si otteneva in questo
modo era di circa 1600 cal/kg, ben lontano però da quello della benzina che oscillava sulle 10.500. Nel
carburatore il rapporto di miscelazione con l’aria diventava di 1 a 1, contro l’1 a 2 del carburante. L’unica
soluzione e anche la più semplice, era di aumentare la compressione nei cilindri abbassando la testata.

Potrebbero piacerti anche