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Quella che vediamo è una carta dell’Europa del 1815, data del Congresso di Vienna, e vi ricordo

che nel 700 le capitali più importanti erano proprio Napoli, Parigi, Vienna in particolare, Londra e
poi Madrid anche se quest’ultima era già un po’ più marginale rispetto al centro dell’Europa che
girava intorno a Francia, Austria e diciamo Italia e comunque Napoli. Potete osservare quanto era
grande il Regno delle Due Sicilie che andava dal Tirreno all’Adriatico, prendeva la Sicilia ed anche
una gran parte delle Marche. Lo Stato della Chiesa faceva da cuscinetto ed è stato una zona
tampone per tutto ciò che veniva da sopra lo stivale che era anche frammentato: il Regno di
Sardegna, il Gran Ducato di Toscana, i Ducati di Parma e Piacenza. Ciò di cui dobbiamo avere
consapevolezza è che il Regno di Napoli, delle Due Sicilie con capitale Napoli è stato un’unità
culturale che affonda le proprie radici da secoli prima di Cristo, con la Magna Grecia, arrivando al
1861, quindi non vi dimenticate che è una condizione più unica che rara in tutta Europa questa
unità culturale e questo riconoscimento di Napoli come un riferimento, una capitale culturale.
TRINCHESE: Questa è l’Italia prima dell’unità. Dobbiamo immaginare che su tutti i territori del nord
i francesi hanno sempre avuto pretese nel corso dei secoli essendo anche più vicini alla Francia.
Ma dopo la Rivoluzione francese (1789, dieci anni dopo c’è stata una rivoluzione partenopea che
ha creato una cortissima Repubblica partenopea che era fomentata dai francesi, osteggiata dagli
inglesi e pertanto stoppata miseramente) iniziano delle pretese non solo sull’Italia settentrionale,
sulla quale storicamente ci erano già state, ma nell’ottobre del 1798 i rivoluzionari francesi vanno
alla presa di Roma e cercano di instaurare la Repubblica romana, spodestando il papa. Allora il
Regno delle Due Sicilie, guidato da Ferdinando IV, va in soccorso del papa guidato dalla Marina
inglese ma viene sconfitto e quindi i soldati napoletani tornano a Napoli. Ferdinando IV intuisce la
minaccia dei rivoluzionari francesi che erano pronti ad instaurare una repubblica nel Regno delle
Due Sicilie e quindi fugge da Napoli e si reca, prima nella Regia di Caserta, dalla quale si organizza
per poi fuggire a Palermo. Intanto Napoli viene, il 23 gennaio, presa dai francesi, viene instaurata
la Repubblica napoletana e quindi crolla il Regno delle Due Sicilie. (INTERVENTO PROF: la
repubblica napoletana era voluta da un’elitè istruita mentre il popolo napoletano non era istruito
e su di esso non c’è stato nessun ascendente da parte di questa elite). Il re Ferdinando IV fugge a
Palermo e cerca di riorganizzarsi ed a dare una mano al re, anche per ridare dei diritti che una
repubblica poteva togliere, fu il cardinale Ruffo di Napoli che inizia una risalita del Regno delle Due
Sicilie e guida la Lega della Santa Fede. Quest’ultima si dice fosse costituita da briganti ma in realtà
era popolo basso, erano perlopiù contadini che guidati dal cardinale Ruffo si dirigono verso Napoli.
Riconquista la Calabria, riconquista la Lucania e prima di arrivare a Napoli deve riconquistare
anche il popolo e lo fa attraverso uno stratagemma, facendo leva sulla fede. Il 23 gennaio, quando
i francesi arrivano a Napoli fanno riferimento a San Gennaro e alla fede dei napoletani, infatti
obbligano il cardinale a far sciogliere il sangue che grazie ad un surriscaldamento dovuto a delle
candele si scioglie. Quindi i napoletani vanno contro San Gennaro, non credono più nel patronato
di San Gennaro e allora il cardinale Ruffo, nella risalita di Napoli, cambia patrono e dice di aver
avuto in sogno Sant’Antonio il quale gli aveva indicato di riconquistare Napoli e gli suggerisce
anche una cosa: nelle cantine dei rivoluzionari e di quelli che vogliono la repubblica già sono pronti
i cappi per impiccare il popolo napoletano. Contemporaneamente fa inserire all’interno delle
cantine, attraverso le bocche, delle funi e quando annuncia il sogno i napoletani si recano in
queste cantine e trovano davvero queste corde per cui decidono di combattere anche loro a
favore del re. Si riconquista Napoli, cambia patrono che per circa 30 anni diventa Sant’Antonio e
non più San Gennaro visto che li aveva salvati dai francesi mentre quest’ultimo si era messo a
favore dei francesi. Quindi Napoli ritorna, l’8 luglio, a Ferdinando IV di Borbone e tutto ciò è
accompagnato anche dalla musica: i rivoluzionari francesi cantavano una canzone nata in realtà in
una cittadina in Piemonte che si chiamava Carmagnola da cui la canzone prendeva il nome; il
cardinale Ruffo e quindi il popolo crea una contro canzone che è la canzone della Lega della Santa
Fede ed è napoletana.
Il cardinale Ruffo aveva tra l’altro fatto un patto con Ferdinando IV affinchè non ci fossero
giustiziati ma solo imprigionati, ma così non fu e furono salvate solo le religiose anche se avevano
partecipato indirettamente dando rifugio a dei rivoluzionari. (INTERVENTO PROF: il vescovo di Vico
Equense, Monsignor Natale, il più alto prelato Giacobino ed è stata una tale vergogna che nella
sagrestia della cattedrale di Vico tra i medaglioni con tutti i volti dei vescovi non compare quello di
Monsignor Natale; un’altra storia interessante e Palazzo Serra di Cassano a Monte di Dio dove alla
morte del giovane Cassano, il padre chiuse il portone principale che è rimasto sempre chiuso
anche se quella è la sede dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, in forma di lutto e di protesta
di questa famiglia nobile e quindi ci sono ancora echi di questa vicenda).
Parte TRASH con la Carmagnola e la canzone dei San Fedisti…………..Quest’ultima sottolinea tutto
l’odio del popolo napoletano verso i francesi perché un popolo conquista la libertà e la democrazia
solo se viene da dentro e non se imposta. Per cui fallì il sogno della repubblica napoletana e forse
il popolo non era abbastanza maturo pe arrivarci e inoltre occorre dire che c’era una
frammentazione all’interno dello stesso Regno delle Due Sicilie. Tutto questo per dire cosa? Che i
fenomeni socio – politici dell’Italia e dell’Europa nell’800 influenzano fortemente anche
l’architettura e in particolare i restauratori si trovano a dover affrontare dei restauri anche per
operazioni fatte dopo manifestazioni di odio verso l’antico regime. Notre Dame rappresentava
anche il fasto del regime, del Regno di Francia e quindi delle modifiche avvennero nella cattedrale
dopo la rivoluzione francese e Viollet le Duc si trova anche a dover affrontare questo cioè se
ripristinare anche i simboli, le statue, i bassorilievi che rappresentavano l’antico regime oppure
proseguire con la storia. Quindi tutto questo per dire quanto la società e gli eventi storici
influenzino l’architettura, il restauro e il recupero.

LOMBARDI: L’incendio di Notre Dame è avvenuto il 15 aprile del 2019 e a distanza di un anno sono
tantissimi gli articoli che sono usciti e addirittura sul sito della chiesa ufficialmente verrà fatta una
mostra e poi verrà aperta anche al pubblico quando sarà possibile, su tutti i disegni storici della
cattedrale ed inoltre è stata fatta una piccola raccolta di disegni, realizzati da bambini, su come si
immaginano la cattedrale del futuro. Perché i bambini? Perché hanno una forte immaginazione e
vederne dei disegni porterà a tantissime idee innovative. Un’altra cosa molto importante è che dal
1991 la chiesa fa parte del patrimonio UNESCO e in quanto tale, leggendo molti articoli, mi sono
resa conto che soprattutto il popolo parigino non vede la cattedrale come simbolo della propria
religione ma come simbolo della città. In molti articoli si dice che i parigini non hanno molta fede o
comunque che Parigi è una città in cui le religioni sono tante e vedono Notre Dame come simbolo
della città, come simbolo sia del passato che del futuro ed infatti si dice che il 55% dei parigini si
immagina la cattedrale del futuro con la stessa forma del passato. Anche se in realtà vi è un sito
internet che raccoglie tutti i progetti futuristici degli architetti che hanno immaginato una nuova
copertura. Un vero e proprio progetto finale per la copertura non è stato ancora scelto anche se
secondo alcune interviste ci sarebbe un’idea finale che è quella di lasciare l’idea e il ricordo della
chiesa così com’era. Ma al concorso indetto l’anno scorso hanno partecipato architetti provenienti
da tutto il mondo, c’è anche un napoletano, Paolo di Martino e in questi progetti si vedono le idee
più disparate tra cui uno addirittura proponeva l’immagine di un fiamma per ricordare l’incendio
avvenuto appunto l’anno scorso. Il progetto che a me divertiva molto è quello della fontana
(l’acqua che vince il fuoco, si tratta di un concetto astratto) però c’è anche un progetto più ardito
che riguarda la realizzazione di una piscina, una sorta di fonte battesimale a forma di croce.
Ma perché è divampato l’incendio? In realtà mi sono resa conto che vista la complessità della
struttura completamente in legno, si era pensato di non installare un sistema antincendio ed è per
questo che si è dipanato il fuoco. Infatti nella struttura erano stati messi soltanto dei sensori, dei
rilevatori di fumo e forse se fossero stati inseriti dei sistemi antincendio il fuoco non avrebbe
avuto la meglio. Tra l’altro quando c’è stato l’incendio c’erano dei lavori di manutenzione , per cui
non è capitato a caso, lavori che sarebbero dovuti durare 15 anni con una spesa di 15 milioni.
Macron disse che i lavori sarebbero durati soltanto 5 anni e con una spesa di 2 miliardi ma questi
fondi non sono ancora arrivati ma sono arrivati a coprire a stento 1 miliardo e i lavori, a causa del
Covid, sono stati bloccati quindi direi che questa ipotesi di ricostruire la copertura in 5 anni sia una
follia, considerando anche che ci sono circa 14 milioni di visitatori l’anno e continuano a poterla
visitare perché la struttura è stata messa in sicurezza ed una parte è accessibile al pubblico.
Un’altra cosa molto interessante è stato l’attacco degli americani a Macron, perché una parte della
struttura era in piombo e con l’incendio si sono diffuse polveri sottili nocive, per cui il New York
Times ha richiesto delle indagini. In realtà i francesi avevano già isolato quasi tutta l’area facendo
allontanare le persone dalle proprie abitazioni. (Intervento prof: ciò che hanno di diverso i cantieri
gotici dai nostri è che tutte le lavorazioni si fanno in quota, noi diciamo che può essere una
lavorazione in opera o a piè d’opera mentre lì si usa molto in quota per cui se si sta facendo il
tetto, il legno si tagliA a quota del tetto, tutto viene fatto sopra e ci sono una specie di piccoli
padiglioncini destinati ad ogni gruppo di artigiani ed è bellissimo vedere che il cantiere medioevale
francese ancora sopravvive. Il loro modo di costruire è sempre lo stesso perché le condizioni
climatiche non permettono a Parigi di poter lavorare a piè d’opera, per strada quando nevica e
piove e devono lavorare il legno. Per cui se lo portano su con delle strutture provvisorie che a
mano a mano si tolgono ed emerge la copertura nella sua versione finale. La nostra ingegneria
nasce su basi greche ma è fondamentalmente romana, la loro è invece ancora medioevale per cui
quello che diceva Viollet le Duc era assolutamente vero e cioè che la matrice francese
ingegneristica è medioevale e quindi se loro hanno continuato questa tradizione è solo la
conferma che non hanno mai perso questo tipo di attività mentre invece da noi diventa difficile
pure ricostruire un arco in pietra. Da noi gli scalpellini non esistono più per cui se vuoi fare una
volta in muratura nessuno la sa fare mentre in Francia non è così e del resto vi ricordo che esiste
una società segreta che si chiama Massoneria che deriva da masson che in francese significa
proprio muratore e il segreto dell’arte muraria era costituito dai massoni, i masson, i capi mastri.)

Questa immagine mostra le parti che sono andate distrutte: il tetto, la guglia ovvero la fleche che è
quel pinnacolo realizzato proprio da Le Duc che non c’era prima dell’800.
Rispetto a Le Duc abbiamo detto che secondo lui il restauro non deve ripetere la stessa cosa ma si
deve fare in stile per cui vi dico che chiunque dica si dovrebbe fare com’era sicuramente sta
andando contro l’idea del suo stesso progettista. In Francia però è molto diffusa la moda del
ricostruire alla maniera identica è anche il fatto di inserire degli elementi, i francesi continuano a
destreggiarsi tra il costruire com’era oppure inserire elementi completamente nuovi, diversissimi e
impattanti rispetto all’esistente. Vi faccio l’esempio dell’intervento, questo è su scala urbana, della
grande piramide del Louvre che sta di fronte al museo. Questa piramide di acciaio e vetro in Italia
non l’avremmo mai fatta perché ha un impatto proprio sul disegno di quel piazzale, di quello
spazio che chiude una prospettiva del grande viale del Parco dell’Etullerie, che si chiude appunto
con il palazzo del Louvre. È stato fatto però perché c’era una difficoltà nell’accogliere le migliaia di
turisti che volessero visitare il Louvre e dovessero fare la fila alle biglietterie infatti facendo la
piramide si fa prendere luce ad uno spazio sottostante e si crea una specie di grande sala d’attesa
in modo che la gente stia protetta. In Francia hanno anche il coraggio di fare queste cose. Claudia
prima diceva che Notre
Dame è sicuramente l’icona di Parigi così come la Torre Eiffel è l’icona della Francia e possiamo
dire che a Parigi ci sono due icone una a livello nazionale e una a livello invece cittadino, urbano.
Con Giuseppe abbiamo visto quale fosse lo scenario di fine 700 inizio 800 proprio per far capire
quale fosse l’Europa dell’800 dopo il Congresso di Vienna, per far capire quali fossero gli stati,
quali fossero le condizioni culturali. Avete anche visto che l’Inghilterra, vi ho parlato di Ruskin, è
comunque sempre stato un territorio autonomo e viveva molto anche di commerci come sempre
marittimi, come sempre è stato. Alla fine dell’800 la situazione cambia, in particolare per l’Italia
perché gli altri stati nazionali erano già formati, era già formata la Gran Bretagna, la Francia, la
Spagna, ma c’era un po’ di turbolenza nella zona centrale, Austria, Germania, Italia, e questo
braccio di ferro diciamo tra l’Impero Austro – Ungarico che cercava di arrivare con un’uscita a
mare e in questo è stato bravissima Maria Teresa d’Austria con i suoi figli, ad avere Trieste che per
un certo periodo è stata austriaca, quello era lo sbocco a mare dell’importante e ricchissimo
impero austro ungarico. Poi con la prima guerra mondiale è cambiato tutto questo e si è
rivoluzionata un po’ tutta la scena politica internazionale e l’Italia come sapete, con favore anche
di altri stati, è diventata a giuda del Regno di Sardegna che comprendeva quello che era il
Piemonte, vicino alla Francia e la Sardegna. Quindi fondamentalmente chi è andato meglio da
questa unità d’Italia sono stati i francesi perché comunque hanno avuto degli alleati e dei vicini
che già conoscevano. Gli inglesi ci avrebbero tenuto invece alla Sicilia e non è un caso che quando
arriva Garibaldi arrivano a Marsala e cominciano a salire, quindi hanno cominciato pensando di
poter prendere la Sicilia e renderla autonoma, cosa che non è accaduta e gli inglesi hanno dovuto
rinunciare alla Sicilia ed accontentarsi della sola piccola Malta. Per gli inglesi sarebbe stato
importantissimo avere un’isola grande come la Sicilia con tutto quello che produce, con la storia,
con la grandezza e soprattutto per la posizione strategica nel mediterraneo.
Abbiamo visto la prima Carta italiana del restauro del 1883, abbiamo detto che c’è questa
aspirazione a creare dei criteri comuni sulla questione costruttiva, della rappresentatività
dell’architettura e passato il momento di revival e quindi del ritorno a vari stili precedenti che
fossero quelli nazionali che vengono rinforzati, rinnovati e come dice la parola stessa tradizione
non è la replica dell’antico ma una tradizione è qualcosa che viene dal passato e si evolve verso il
futuro e quindi è qualcosa che si va innovando. In Italia quindi vediamo anche cose neogotiche ma
anche nella stessa Napoli se ne trovano, pensate a Via del Parco Margherita che parte da Piazza
Amedeo e sale verso il corso, pensate a Via Palizzi, lungo quelle strade ci sono tante cose che sono
anche neogotiche. C’è stato un architetto molto interessante a Napoli di origine inglese,
Lemontyoung, e affacciandosi dalla terrazza della Floridiana si può vedere una torre dell’hotel
Bertolini che è lesionata e quella lesione è un falso fatto da Lemontyoung proprio nel gusto inglese
romantico che un poco riecheggia quello che abbiamo capito essere un poco il sentimento anche
di Ruskin, cioè un edificio anche se antico deve essere lasciato anche in uno stato di semi rovina. E
talmente questa idea è cara allo spirito inglese che venendo a Napoli, vedendo tante antichità,
Lemontyoung immagina un edificio in tutta pietra a vista con torrini rappresentando anche il
degrado, perché rappresentare il degrado, come abbiamo visto che diceva Camillo Boito,
ingegnere, significa rappresentare il passaggio della storia, non c’è degrado se un oggetto è nuovo
evidentemente. Quindi il degrado di un edificio, la presenza di lesioni, vuol dire che ha una storia
addirittura al punto da progettare la lesione finta.
Oggi vi parlo della Carta di Atene ed è un documento che è stato stilato nel 1931 ma se voi cercate
Carta di Atene in internet vi potete trovare delle cose differenti, ad esempio dall’Enciclopedia
Treccani: manifesto di urbanistica , nato dal dibattito in seno al 4° Congresso Internazionale di
Architettura Moderna che si chiamano CIAM di cui è proprio l’acronimo e che è stato fatto ad
Atene nel 33. Il tema di questo incontro è la città funzionale, anche Le Corbousier partecipa a
questo incontro e ci sono anche dei libri che ne riportano il pensiero. La Carte venne stampata 10
anni dopo, rivista e commentata dal gruppo francese dei CIAM e quindi riguarda l’architettura
moderna questo documento. Su wikipedia possiamo anche trovare com’è articolata questa carta
ed è interessante perché per la prima volta, nel 33, in cui si pensa alla zonizazzione della città in
cui devono quindi esserci le zone residenziali, le zone industriali, del tempo libero, dei centri storici
ed è la prima volta che a livello internazionale il movimento moderno a questa visione
dell’urbanistica moderna per zoning.
Invece la Carta di Atene che a noi interessa è quella internazionale del restauro e questa
conferenza di Atene fu fatta nel 1931 e si incontrarono sempre ingegneri, architetti, archeologi e
tutti coloro che avessero a cuore la tutela e la cosa interessante è che questa conferenza
internazionale produce un documento finale. 1931, vi ho detto ieri che nell’800 la maggior parte
dell’esperienza sul costruito storico era legata all’archeologia quindi vedrete che questa Carta e
non quella dei CIAM, si preoccupa un po’ di tutto, della definizione di monumento ma si da molta
importanza alla parte archeologica perché è quella sulla quale tutti i convenuti a questo convegno
avevano più esperienza.

CONFERENZA INTERNAZIONALE DI ATENE

I – La Conferenza, convinta che la conservazione del patrimonio artistico ed archeologico


dell’umanità interesso tutti gli Stati tutori della civilità, augura che gli Stati si prestino
reciprocamente una collaborazione sempre piè estesa e concreta per favorire la conservazione
dei monumenti d’arte e di storia;
già questa locuzione, monumenti di arte e di storia, è molto vicina al sentimento italiano in cui
storia ed arte vanno abbinati.
ritiene altamente desiderabile che le istituzioni e i gruppi qualificati, senza minimamente
intaccare il diritto pubblico internazionale, possano manifestare il loro interesse per la
salvaguardia dei capolavori in cui la civiltà ha trovato la sua più alta espressione e che appaiono
minacciati; emette il voto che le richieste a questo effetto siano sottoposte alla organizzazione
della cooperazione intellettuale, dopo inchieste fatte dall'Ufficio internazionale dei musei e
benevola attenzione dei singoli Stati. Spetterà alla Commissione internazionale della
cooperazione intellettuale, dopo richieste fatte dall'Ufficio internazionale dei musei e dopo aver
raccolto dai suoi organi locali le informazioni utili, di pronunciarsi sulla opportunità di passi da
compiere e sulla procedura da seguire in ogni caso particolare.
Quindi nel primo articolo si manifesta questa collaborazione internazionale, perché l’Europa è
nata prima dell’euro, ed esisteva nel 1931 la Commissione Internazionale per la cooperazione
intellettuale ma esisteva anche un Ufficio internazionale dei musei dove i musei erano considerati
come dei contenitori di documenti preziosi e non quei propulsori culturali come oggi sono intesi.
L’articolo I parla dell’esigenza di salvaguardare i capolavori minacciati e questo in collaborazione
tra gli stati.

II - La Conferenza ha inteso la esposizione dei principi generali e delle dottrine concernenti la


protezione di monumenti. Essa constata che, pur nella diversità dei casi speciali a cui possono
rispondere particolari soluzioni, predomina nei vari Stati rappresentati una tendenza generale
ad abbandonare le restituzioni integrali e ad evitare i rischi mediante la istituzione di
manutenzioni regolari e permanenti atte ad assicurare la conservazione degli edifici. Già dal
1931 si dice che si devono abbandonare le restituzioni integrali e la cosa importante è mantenere
la manutenzione regolare e permanente che possa far conservare gli edifici.
Nel caso in cui un restauro appaia indispensabile in seguito a degradazioni o distruzioni,
raccomanda di rispettare l'opera storica ed artistica del passato, senza proscrivere lo stile di
alcuna epoca. Si dice quindi di non fare un restauro stilistico, non si deve mirare all’unità di stile
perché se un edificio si è modificato, è stato adeguato aik gusti attraverso i secoli, non si deve
tornare ad una sua unità espressiva, stilistica, riferendosi ad un’epoca particolare ma si dovranno
vedere tutte.
La Conferenza raccomanda di mantenere, quando sia possibile, la occupazione dei monumenti
che ne assicura la continuità vitale, purché tuttavia la moderna destinazione sia tale da
rispettare il carattere storico ed artistico. Tenete presente che il fine ultimo di questo corso è che
dovrete fare un progetto di recupero di un edificio nel vostro comune e non potrete usare
quell’edificio come un contenitore nel quale mettere qualunque cosa ma quel contenitore è un
monumento, un edificio che richiede rispetto della sua storia, della sua arte dove l’arte è anche
quella del fabbricare e quindi si dovrà pensare una destinazione moderna che rispetti questo
carattere storico ed artistico. Potrete mettere a fuoco un edificio anche in funzione della sua
localizzazione e della sua suscettività di funzioni nuove che presenta.
Nell’articolo II si dice che la Conferenza ha ascoltato i principi che riguardano la protezione dei
monumenti.

III - La Conferenza ha inteso la esposizione delle legislazioni aventi per scopo nelle differenti
nazioni la protezione dei monumenti d'interesse storico, artistico o scientifico; ed ha
unanimemente approvato la tendenza generale che consacra in questa maniera un diritto della
collettività di contro all'interesse privato. Questo vuol dire che se un edificio è considerato un
monumento cioè ha un valore che trascende l’uso che ne possa fare il proprietario ma che ha un
interesse perché è rappresentativo, è simbolico della storia di quella comunità e della sua arte, il
suo godimento deve essere pubblico, di tutta la collettività. Quindi quell’edificio non è più
proprietà dei soli proprietari ma diventa anche un diritto di godimento collettivo. In questo la
Conferenza di Atene ci dice che pur ascoltate le legislazioni di tutte le nazioni tutti, perché
convenivano anche legislatori e competenze di ogni tipo interessate alla tutela, l’interesse
collettivo deve prevalere su quello privato. Essa ha constatato come la differenza di questa
legislazioni provenga dalla difficoltà di conciliare il diritto pubblico col diritto dei particolari; ed
in conseguenza, pur approvandone la tendenza generale, stimano che debba essere appropriata
alle circostanze locali ed allo stato dell'opinione pubblica, in modo da incontrare le minori
opposizioni possibili e di tenere conto dei sacrifici che i proprietari subiscono nell'interesse
generale. La dichiarazione che si fa è molto elastica, c’è una tendenza generale a questo
godimento però ogni singolo stato, nelle singole circostanze locali, vedrà in funzione del valore che
l’opinione pubblica da al singolo edificio, come non edere gli interessi dei privati che non devono
sacrificarsi perché l’edificio sia goduto anche dalla collettività.

Essa emette il voto che in ogni Stato la pubblica autorità sia investita del potere di prendere
misure conservative nei casi d'urgenza. Essa augura in fine che l'Ufficio internazionale dei musei
pubblici tenga a giorno una raccolta ed un elenco comparato delle legislazioni vigenti nei
differenti Stati su questo oggetto. Quindi questo articolo dice che dal punto di vista legislativo
bisogna tener conto dei propri stati, delle leggi vigenti, però bisogna anche essere informati su
quello che succede negli altri stati e per questo l’Ufficio Internazionale dei Musei si dovrà occupare
di aggiornare una raccolta con le legislazioni allora vigenti e le modifiche fatte, di diversi stati in
modo da avere un archivio aggiornato della legislazione in materia di protezione dei monumenti.

IV – In questo articolo si parla di restauro archeologico. La Conferenza constata con soddisfazione


che i principi e le tecniche esposte nelle differenti comunicazioni particolari si ispirano ad una
comune tendenza per fortuna la conferenza ha notato che pur provenendo da tanti stati,
immaginate che allora non vi era nemmeno la diffusione delle lingue e quella più parlata all’inizio
del 900 era il francese e c’erano i traduttori e gli interpreti, quando si tratta di rovine una
conservazione scrupolosa si impone, cioè: quando si tratta di rovine, ma conservazione
scrupolosa si impone, e, quando le condizioni lo permettono, è opera felice il rimettere in posto
gli elementi originari ritrovati (anastilosi) dunque l’anastilosi è il rimontaggio di elementi originali
scomposti cioè se in terra, accanto ad un tempio, si trovano dei rocchi che sono crollati, si sono
rotti, sono in parte frantumati, si ricompongono e questa si chiama anastilosi; e i materiali nuovi
necessari a questo scopo dovranno sempre essere riconoscibili cioè se mi manca qualcosa perché
la colonna si è frantumata è c’è una lacuna intervengo non con la stessa pietra perché creerei
confusione, ma intervengo con una pietra un poco diversa o comunque non altrettanto lavorata in
modo che sia riconoscibile. Quando invece la conservazione di rovine messe in luce in uno scavo
fosse riconosciuta impossibile, sarà consigliabile, piuttosto che votarle alla distruzione, di
seppellirle nuovamente, dopo, beninteso, averne preso precisi rilievi questo è proprio in totale
risonanza con quello che pensava Ruskin, cioè è inutile tirare fuori delle cose che poi non possono
nemmeno essere tenute in vita per cui tanto vale lasciarle sotterrate. Per cui viene messo nero su
bianco che se continuiamo a scavare e tiriamo fuori qualcosa dobbiamo già essere preparati ed
avere i fondi per manutenere, tenere in piedi, per consolidare, ecc.. È ben evidente che la tecnica
dello scavo e la conservazione dei resti impongono la stretta collaborazione tra l'archeologo e
l'architetto badate che si parla di archeologo e di architetto e non di ingegnere e solo
successivamente sono arrivati nell’area archeologica. Quanto agli altri monumenti quindi quello
che non è archeologia, gli esperti, riconoscendo che ogni caso si presenta con carattere speciale,
si sono trovati d'accordo nel consigliare, prima di ogni opera di consolidamento o di parziale
restauro, una indagine scrupolosa delle malattie a cui occorre portare rimedio. A parte il
linguaggio un po’ vetusto se pensiamo al termine malattie, il concetto di base è che, secondo il
criterio anche italiano del restauro filologico scientifico, di quello che abbiamo visto dicevano sia
Boito che Giovannoni, si deve vedere caso per caso. Cioè alla fine di questa conferenza, gli esperti
che erano convenuti ad Atene non si sentono in grado di dare delle linee guida che valessero a
carattere generale, hanno preferito dire che hanno riconosciuto che ogni caso ha un carattere
speciale per cui occorre prima un’indagine scrupolosa prima di ogni opera di consolidamento o di
parziale restauro. Vi ricordo che stiamo parlando dei capolavori che sono minacciati e quindi dei
capolavori in pericolo.

V – In questo articolo si parla di materiali per cui ci interessa molto ed è un articolo molto tecnico.
Gli esperti hanno inteso varie comunicazioni relative all'impiego di materiali moderni per il
consolidamento degli antichi edifici; ed approvano l'impiego giudizioso di tutte le risorse della
tecnica moderna, e più specialmente del cemento armato quindi nero su bianco, in un
documento internazionale, si dice che il cemento armato può essere impiegato in maniera
giudiziosa. Essi esprimono il parere che ordinariamente questi mezzi di rinforzo debbano essere
dissimulati per non alterare l'aspetto e il carattere dell'edificio da restaurare; e ne
raccomandano l'impiego specialmente nei casi in cui essi permettono di conservare gli elementi
in situ evitando i rischi della disfattura e della ricostruzione. Si sta quindi dicendo, così come nella
prima Carta Italiana del restauro, e qua capite che Camillo Boito ha partecipato e con lui tanti
italiani che la pensavano ugualmente ed hanno anche condizionato la redazione della Carta di
Atene, che quando si fa un consolidamento con il cemento armato o con altri materiali, questi non
devono essere visibili, devono essere dissimulati perché non devono alterare l’aspetto
dell’edificio. E comunque si possono usare solo quando il loro uso permette di evitare la
distruzione, il degrado degli edifici, consolidando ma senza mostrare le tecniche ed i materiali di
consolidamento.

VI - La conferenza constata che nelle condizioni della vita moderna i monumenti del mondo
intero si trovano sempre più minacciati dagli agenti esterni; e, pur non potendo formulare
regole generali che si adattino alla complessità dei casi, raccomanda:

1) la collaborazione in ogni paese dei conservatori dei monumenti e degli architetti coi
rappresentanti delle scienze fisiche, chimiche, naturali per raggiungere risultati sicuri di sempre
maggiore applicazione; questo vuol dire che le patine biologiche o chimiche che si possono creare
con l’inquinamento o comunque anche naturali come microorganismi, insetti, i conservatori dei
monumenti, gli architetti devono collaborare tra loro, con questi tecnici delle scienze naturali,
fisicochimiche affinchè possano avere delle consulenze su come operare per arrestare il degrado o
comunque riportare in uno stato migliore questi edifici monumentali;

2) la diffusione, da parte dell'Ufficio internazionale dei Musei, di tali risultati mediante notizie
sui lavori intrapresi nei vari Paesi e le regolari pubblicazioni. La Conferenza, nei riguardi della
conservazione della scultura monumentale, considera che l'asportazione delle opere dal quadro
pel quale furono create è come principio da ritenersi inopportuna. La conferenza sta in questo
caso dicendo che non si devono portare via le sculture dalla collocazione che era stata prevista, si
parla anche delle piccole sculture. Ma se non le avessero asportate sarebbero state rubate e per
evitare ciò sono state messe delle copie in situ tenendo le originali presso i musei. Penso al caso di
Pompei dove tantissimi elementi scultorei di diversa grandezza, sono state portate via lasciando
spazio a delle copie. Essa raccomanda a titolo di precauzione la conservazione dei modelli
originari, quando ancora esistono, e l'esecuzione dei calchi quando essi mancano.

VII - La Conferenza raccomanda di rispettare, nelle costruzioni degli edifici, il carattere e la


fisionomia della città, specialmente in prossimità dei monumenti antichi, per i quali l'ambiente
deve essere oggetto di cure particolari anche questo l’abbiamo visto nella prima Carta italiana del
Restauro, e quindi il quadro, l’ambiente immediatamente circostante il monumento deve essere
curato anch’esso con pari attenzione. Uguale rispetto deve aversi per talune prospettive
particolarmente pittoresche non so quanti di voi sanno che su Napoli girava una cartolina fino ad
una quarantina di anni fa, ripresa da Sant’Antonio a Posillipo dove si vedeva il lungomare di
Napoli, il Vesuvio ma in primo piano un pino il quale non c’è più, ma quella era la cartolina di
Napoli e guai a togliere quel pino e a modificare, secondo la Carta di Atene, tutto ciò che stava
dentro questo cannocchiale ottico. Poi intorno poteva succedere qualunque cose ma l’importante
è che quello che rientrava in un quadro pittoresco non venisse turbato. Oggetto di studio possono
anche essere le piantagioni e le ornamentazioni vegetali adatte a certi monumenti per
conservare l'antico carattere ieri dicevamo che anche un’edera che va ad attorcigliarsi su una
colonna può essere un’ornamentazione gradevole perché comunque essa non distrugge la
colonna di marmo ma da quel carattere di pittoresco che tanto piaceva negli anni 30. Essa
raccomanda soprattutto la soppressione di ogni pubblicità, di ogni sovrapposizione abusiva di
pali e fili telegrafici, di ogni industria rumorosa ed invadente, in prossimità di monumenti d'arte
e di storia. Certamente l’industria di allora è un’industria molto più rumorosa e caratterizzata da
una maggiore produzione di fumi tossici. Inoltre si parlava di soppressione di pubblicità quando la
pubblicità di allora erano semplicemente dei poster , dei manifesti di carta e niente di luminoso,
inquinante anzi oggi si usano cartelloni pubblicitari con i led che fanno un inquinamento luminoso
pazzesco e ci rovinano la vista. Questo era comunque lo scenario degli anni 30 dove si raccomanda
di conservare quelli che c’è intorno all’edificio monumentale, al capolavoro.

VIII - La Conferenza emette il voto:

1. che i vari Stati,ovvero le istituzioni in essi create o riconosciute competenti a questo fine,
pubblichino un inventario dei monumenti storici nazionali accompagnato da fotografie e
da notizie;
2. che ogni Stato crei un archivio ove siano conservati i documenti relativi ai propri
monumenti storici quindi una cosa è fare un inventario, un elenco, un catalogo, altro è dire
un archivio in cui vengono conservati tutti i documenti relativi ai monumenti che significa
sia documenti che riguardano la sua fondazione, ma anche e soprattutto i progetti
successivi;
3. che l'Ufficio internazionale dei Musei che è nominato in moltissimi articoli dedichi nelle
sue pubblicazioni alcuni articoli ai procedimenti ed ai metodi di conservazione dei
monumenti storici qui vi chiedo una riflessione su quanto fosse difficile la disseminazione
dell’informazione nel 1931 e con la volontà di voler diffondere e confrontarsi, discutere, su
metodi, tecniche e anche per avere diciamo conforto di quello che si facesse dalla parte
all’altra di uno stesso paese o da una parte all’altra di paesi diversi. C’era un’enorme
difficoltà perché se qualcuno avesse fatto un intervento che considerava di particolare
interesse avrebbe dovuto metterlo per iscritto, stamparlo con macchina da scrivere e
spedirlo con la posta, e l’ufficio internazionale dei Musei che lo riceveva doveva fare
proprio questo documento riscrivendo, facendone delle fotografie pubblicandolo e poi
diffondere sempre via posta presso i vari uffici internazionali dislocati nei vari paesi queste
pubblicazioni. Capite quindi la difficoltà di evolversi perché questi tempi lunghi significano
che per avere riscontro di una tecnica che si vuole utilizzare, di come sia stata sperimentata
in altre parti d’Europa, di quanto il mio intervento sia originale e quanto non lo è perché lo
stanno facendo altri, doveva passare molto tempo;
4. che l'Ufficio stesso studi la migliore diffusione ed utilizzazione delle indicazioni e dei dati
architettonici, storici e tecnici così centralizzati quindi hanno raccolto tutto questo ma
devono capire loro come fare con tutto il materiale raccolto. Negli articoli precedenti c’è
scritto che all’Ufficio devono pervenire tutti i progetti delle nuove teorie, quindi una parte
di riflessione critica sulla materia, una parte applicata quindi di progetti, di lavori effettuati
con foto di cantiere, ma devono avere anche le legislazioni dei vari paesi e qualunque
articolo che riguardi la cosa per poterlo poi diffondere.

IX – Si tratta di un articolo di ringraziamento. I membri della Conferenza, dopo aver visitato, nel
corso dei loro lavori e della crociera di studio eseguita, alcuni (lei principali campi di scavo e dei
monumenti antichi della Grecia, sono stati unanimi nel rendere omaggio al Governo ellenico,
che da lunghi anni mentre ha assicurato esso stesso l'attuazione di lavori considerevoli, ha
accettato la collaborazione degli archeologi e degli specialisti di tutti i paesi. Essi hanno in ciò
veduto un esempio che non può che contribuire alla realizzazione degli scopi di cooperazione
intellettuale, di cui è apparsa così viva la necessità nel corso dei loro lavori. Dunque i membri
della conferenza si compiacciono con la Grecia perché stato ospitale e soprattutto perché senza
avere timore di mostrare quello che si stesse facendo nel loro paese, hanno fatto entrare gli
specialisti nei loro scavi archeologici. Non hanno quindi avuto paura delle critiche e hanno fatto
vedere che cosa stessero facendo e soprattutto hanno accettato la collaborazione di specialisti di
tutti i paesi già prima della conferenza. Siamo negli anni 30 e in Italia siamo nel periodo del regime
fascista e tenente conto che sono andati nel Dodecanneso per vedere questi lavori che si stavano
facendo in altri ambiti archeologici e non solo l’acropoli di Atene e gli immediati dintorni, ma sono
andati sulle isole e quindi si sono confrontati tutti i tecnici che stessero lavorando, gli archeologi,
gli esperti che hanno presentato il loro lavoro. Quindi in quel momento, alla conclusione della
conferenza che è stata fatta ad Atene perché in quel momento rappresentava il nonplusultra
dell’esperienza archeologica, però Atene rappresentava anche la capitale della Grecia che
comunque è la culla della civiltà mediterranea per cui aveva un forte valore simbolico e scegliere
di fare li la conferenza significa riconoscere, da parte di chi ha accettato di partecipare, questa
centralità culturale di Atene, significa riconoscerla come un grande laboratorio di cooperazione.
Cooperazione è uno slogan importantissimo, internazionale e infatti la Carta di Atene sarà il primo
documento internazionale a cui ne seguiranno tanti.

X - La Conferenza, profondamente convinta che la miglior garanzia di conservazione dei


monumenti e delle opere d'arte venga dall'affetto e dal rispetto del popolo e considerando che
questi sentimenti possono essere assai favoriti da una azione appropriata dei pubblici poteri,
emette il voto che gli educatori volgano ogni cura ad abituare l'infanzia e la giovinezza ad
astenersi da ogni atto che possa degradare i monumenti e le inducano ad intendere il significato
e ad interessarsi, più in generale, alla protezione delle testimonianze d'ogni civiltà.

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