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Lezione del 07/04/2020

Seminario Genius Loci.


Relatore1: EMMA BUONDONNO
Voglio farvi vedere alcune considerazioni prese da un convegno sui cambiamenti climatici. Le
organizzazioni dell’addensamento
urbano nel mondo, si dividono in due
macrogruppi, da un lato le
megalopoli, le galassie
megalopolitane, e dall’altro la citta, le
città metropolitane, ecc. Che
differenza c’è? Consideriamo che tra i
capisaldi fondamentali, uno è il libro
del 1961 sulle megalopoli di Gottman,
sostituito oggi da “caldo, piatto e
affollato” di Friedman. La suddivisione
dei due macrogruppi riguarda
l’organizzazione degli addensamenti
urbani fondati sulle infrastrutture.
Mentre le megalopoli si riferivano agli addensamenti urbani dei paesi in via di sviluppo, le altre
appartengono alle regioni dei paesi sviluppati. Tale separazione si sta affievolendo, perché anche i
paesi dove le metropoli erano fondate sui sistemi infrastrutturali, tendono ad assumere oggi le
caratteristiche delle galassie megalopolitane, cioè addensamenti urbani dove la crescita di tali
contesti è fondato NON sull’infrastrutturazione. Le parti centrali della città, come spiega Norton
nella teoria del ciclo di vita urbana, tendono ad essere trasformate, attraverso incessanti opere
infrastrutturali, adeguate alla nuova dimensione del centro, perché man mano che si espande la
città, ancora di più sono necessari interventi di adeguamento del proprio centro alla nuova
dimensione. Tale ciclo è incessante. Infatti, le nostre città sono spesso oggetto di interventi, non
solo di riqualificazione, ma anche di rigenerazione delle aree centrali, poiché la dimensione del
centro diventa sempre più estesa. Negli anni ’70 abbiamo la prima grande crisi energetica, il club di
roma da vita ad una collana di opere scientifiche essenziali, dove scienziati di confrontano su
problematiche di carattere
planetario.
Sappiamo bene che le teorie
dell’urbanistica si allontanano
dall’urbanistica tradizionale,
rendendo i paradigmi basilari
oggigiorno inadeguati alle
megalopoli. Dalla figura accanto, tutti
i paesi hanno un trend di crescita della
propria popolazione. Solo l’Europa ha
una flessione e il nord America, che ha
una curva ancora in crescita, che si sta
appiattendo. Questo fenomeno di
decrescita della popolazione europea è stato considerato da molti antropologi come il risultato delle
mortalità che si sono avute in seguito alla perdita delle due guerre mondiali, avvenute in Europa.
Ciò ha comportato la perdita di individui maschi in età riproduttiva. Quindi si considera che tale
evento abbia costituito il trend della popolazione europea. Il fenomeno della sovrappopolazione si
aggancia a quello della sovraurbanizzazione. Uno dei principi a cui bisogna rifarsi durante la fase di
riqualificazione urbana è il consumo di suolo zero.
In un articolo de il mattino si mappavano le regioni italiane dove era fortemente accentuato il

consumo del suolo per i processi di urbanizzazione. Ogni volta che ci troviamo di fronte alla necessità
di trasformare un territorio tramite puc o pdr, si considera il territorio come una superficie da
urbanizzare. Il problema del consumo del suolo è tangibile, perché per consumare 1 cm2 di suolo
per 3m di profondità, si perdono 2000 anni di storia. Ancora oggi, la questione è sul tavolo del
parlamento poiché tutti gli operatori del campo civile ed edile, non intendono retrocedere. Ogni
volta che si parla di riqualificazione del territorio, già urbanizzato, si valuta un delta che riguarda un
costo, rappresentato da demolizione e ricostruzione. Tale delta viene ricompensato alle imprese di
costruzioni attraverso una premialità in superfici e cubature. Tale processo si trasforma nella
densificazione urbana. Noi ci troveremo in aree dove già dal secondo dopoguerra ad oggi, è stato
forte il consumo del suolo, con una densità edilizia molto alta, con un valore medio delle popolazioni
nelle grandi città, ad esclusione di Parigi, che si aggira intorno ai 500/1000 ab/km2 volendo garantire
i m2 necessari all’igiene urbana. Facciamo un riferimento al trend di rafforzamento delle grandi linee
della mobilità e dell’alta velocità e capacità, in Europa, perché da qui ai prossimi 20 anni, la
concentrazione delle richieste di alloggi, sarà concentrata lungo i grandi assi a scorrimento veloce.
In rosa è evidenziato il primo corridoio transeuropeo nord-sud ed il corridoio tirrenico. Napoli è
ubicata su questa grande direttrice, come snodo sull’alta velocità Napoli bari, diretta sui Balcani, è
l’ottavo corridoio transeuropeo. Da Ancona a Bari il corridoio adriatico non ha altrettanta
importanza. Ciò significa che il nostro corridoio tirrenico è già saturo per quanto riguarda gli
attraversamenti da nord a sud. A Bologna abbiamo un’altra cerniera. Tutte le gallerie del sud Europa
non consentono il passaggio di treni che superano i 500m; oggi i grandi flussi delle merci devono
essere posizionati su treni con lunghezza maggiore di 700m. Ciò comporta che il traffico che prima
si svolgeva nei porti della puglia o dello stesso bacino sud occidentale, adesso sono diretti al porto
di Trieste e di Genova, che si stanno ridimensionando per questi flussi, perché sono più vicini al
corridoio in verde, ma anche perché il porto Genova si aggancia direttamente a quello di Rotterdam,
mentre quello di Trieste si aggancia a quello di Amburgo. Questo quadrilatero presenterà il cuore
dell’economia europea. In questa dimensione il sud però è retrocesso, anche se rappresenta il
collegamento con la direttrice della costa africana e Napoli conserva il ruolo di cerniera. Cosa
sarebbe necessario per il riequilibrio di questo sistema? Intanto sarebbe necessario rafforzare e
separare il corridoio tirrenico, alleggerirlo e separarlo da quello da quello Adriatico, in più aveva
altri attraversamenti tra il Tirreno e l'Adriatico uno di questi potrebbe essere costituito da una
cerniera di Tertiano, città che invece è in via di spopolamento. Devo accelerare per arrivare al tema
della nostra chiacchierata più su Ercolano, sull'aria Vesuviana. Questa è un’ipotesi che pubblicai nel
2009: pubblicando su un volume della regione metropolitana campana in cui suggerivo il trend della
popolazione, in questo potete vedere la differenza tra le colonnine rosse, istogrammi Rossi, che
rappresentano la popolazione residente al 2009, e in verde quella che invece sarebbe la popolazione
sostenibile dal punto di vista dell’impatto antropico sui territori rispetto alle loro caratteristiche
geomorfologiche, idrogeologiche, vulcaniche e sismiche, bradisismiche e quelle che invece sono poi
le stratificazioni storiche.

Vi dicevo che quando mi rivolgo per studiare un territorio, separo sempre tre campi: il primo quello
appunto che rappresenta lo studio delle caratteristiche naturali, le caratteristiche orografiche
idrografiche geomorfologiche pedologiche cioè quelle che sono le strutture che costruiscono il
paesaggio; poi esiste lo studio di quello che rappresenta il significato, la stratificazione storica del
territorio, quindi l'uso che gli esseri umani hanno fatto del territorio nell'arco dei secoli; il terzo
settore invece è quello della comunità insediata Oggi, cioè quali attrezzature quali servizi quali valori
urbani sono necessari ad una comunità per svolgere oggi delle attività, che sono quelle dell'abitare,
il lavorare, il muoversi, ma anche del ricrearsi anche del godere per esempio di uno spazio verde.
Come potete vedere questo squilibrio così potente che noi verifichiamo tra la popolazione insediata
e quella sostenibile all’impatto antropico ci rende complessa la soluzione dei problemi, cioè quando
noi affrontiamo una pianificazione, come del comprensorio del Vesuvio, ci rendiamo conto che noi
avremo una contesa sullo spazio perché se dobbiamo garantire 9 metri quadrati ad abitante di
parchi, di giardini che oggi sono necessari sia per la qualità dell'aria che per la qualità dell'ambiente
in cui vivere, si capisce bene che non troviamo lo spazio fisico necessario per garantire le case le
scuole gli ospedali la viabilità i parcheggi e anche quella quota di spazio naturale in parte
antropizzato per avere i parchi di quartiere, i parchi urbani. Questo studio a che cosa mirava? A mio
avviso alla necessità che un'area metropolitana non potesse essere costituita da 92 comuni. Sono
decenni che dico che una delle arretratezze della politica amministrativa e anche del governo del
territorio della regione Campania è la polverizzazione in 551 comuni, oggi 550. Soltanto uno si è
salvato, Montoro superiore e Montoro inferiore nella provincia di Avellino, ma gli altri sono rimasti
così. Invece io già dal 2009 proponevo la composizione di aree omogenee per far aggregare i comuni.
Ho lavorato anche in comuni della provincia di Caserta, che erano 18 comuni e mi sono resa conto
che non è sufficiente l'aggregazione in unioni. Questa composizione teneva conto della natura, per
esempio tutta la zona del giuglianese dei crateri, le isole, il Vesuvio, la zona acerrano-nolana e la
dorsale dei monti lattari. Ora con il piano in discussione della città metropolitana di Napoli, si stanno

individuando dei comprensori. Il Vesuvio è spaccato in due, con la zona nolana e la zona costiera,
che si aggancia alla penisola sorrentina. Quindi non tiene conto della struttura geomorfologica del
vulcano. Quello che vedete il rosso è il perimetro del comune di Ercolano ma la gran parte della
popolazione è concentrata nel centro storico. I fondamenti della revisione degli strumenti
urbanistici di Ercolano sono stati fondati su questi principi: la realizzazione di due corridoi ecologici,
che corrispondevano alle lave del Vesuvio che raggiungevano questi punti tramite le grotte laviche
del Granatello e della zona dei quattro venti, il mare. In questo modo si poteva costruire una specie
di ring di natura che si sviluppava, col sito borbonico della reggia di Portici e l'altro sito borbonico
della Favorita, verso Torre del Greco con 2 sistemi ambientali di importanza storico-architettonica.
Questo perché sono due siti Reali con due regge, ma che consentivano l'aggancio del mare al sistema
naturale del parco nazionale del Vesuvio attraverso appunto due sistemi di natura. Ma questi
avevano anche una funzione, cioè quello di sganciare la continuità urbanistica tra Portici (50-60.000
abitanti) e Torre del Greco, quindi si sarebbe in un certo senso separato il centro storico di Ercolano
dall'addensamento costiero delle altre due città. Per quanto riguarda il sistema infrastrutturale,
abbiamo tutte le grandi reti, a cominciare dalla rete ferroviaria, il miglio d'Oro, l'autostrada, che è
un sistema infrastrutturale che taglia a fasce tutta la Costa e il sistema insediativo, direzione opposta
a tutta la linea idrogeologica del ruscellamento delle acque che provengono da 1200 m, che sarebbe
il Vesuvio. Poi si entrava nel dettaglio attraverso il centro storico. Pensate che nel vecchio piano
regolatore redatto da Luigi Cosenza il centro storico era solo quello che da piazza Pugliano
agganciava Resina, mentre con il nuovo piano le linee e gli indizi che ho pubblicato, abbiamo esteso
tutti i 3 km del miglio d'Oro, su cui si affacciano le 21 ville vesuviane; quindi alla natura si associa la
stratificazione storica delle ville vesuviane e per l’attrezzatura dalla città dovevano entrare in gioco
grandi parchi, come questo di Villa Matarazzo che vedete al parco del miglio d'Oro, che si trova qua
di fronte Villa Campolieto, la reggia della Favorita di Ercolano.
Relatore2: ROBERTO CASTELLUCCIO
Nel 2008 fui chiamato come tecnico per una giunta comunale tecnica, ci trovammo d’avanti la sfida
della programmazione urbanistica, connessa all’erogazione dei finanziamenti europei destinati a
comuni con residenti superiore a 50000 abitanti. Trovammo una situazione di ritardo nelle
procedure, e siccome in quegli anni c’era un ristagno economico incredibile, ci demmo da fare per
accelerare le procedure di redazione del programma. Immediatamente corsi a casa a chiedere aiuto
alla Federico II e chiesi ad Emma Buondonno, che oltre ad essere una grandissima professionista, ha
avuto una serie di partecipazione nella vita amministrativa dei comuni, avendo praticità nel
relazionare la programmazione degli interventi con l’effettiva fattibilità degli stessi. Sviluppammo il
documento strategico, una planimetria di Giugliano dove mettemmo giù quelle che dovevano
essere le linee di sviluppo programmatiche della città. Iniziammo a ragionare, perché credo che
quello che forse manchi oggi agli amministratori pubblici è la capacità di ragionare nel medio
periodo, perché purtroppo la politica, come molti settori della società, è legata a dei tempi
eccessivamente brevi e ciò non ti consente di pianificare, né di progettare, né ti consente di avere
una visione di medio termine e quindi ti consente esclusivamente di fare l’urgente. Invece noi
iniziammo proprio a ragionare sul comune di Giugliano su quelle che erano le criticità di una terra
meravigliosa; Io non sono mai stato a Giugliano, non sono giulianese anzi sono proprio l'opposto,
nel senso che ero visto come quello che veniva dal Vomero, con la puzza sotto al naso che si trovava
in una realtà completamente diversa ma assolutamente affascinante, della quale poi sono rimasto
innamorato. Giuliano è la seconda città della regione Campania dopo Salerno ovviamente, fatta
salva Napoli come estensione territoriale perché si sviluppa su un territorio di 157 chilometri
quadrati e aveva una popolazione dichiarata di circa 100.000 abitanti e questo fu il primo dato.
Come approcciare una progettazione di sviluppo di una città? Prima di tutto conoscendola. Anche
qua il primo passaggio fu proprio quello di capire se creare un documento di orientamento
strategico che definisse le linee di sviluppo su cui incardinare i vari finanziamenti. Quindi avviai
anche qui uno studio sulla reale consistenza urbanistica del comune di Giugliano. Posso condividere
con voi un una piccola planimetria del comune e conoscere la città su cui stavamo parlando. Come
potevamo conoscere questa città? Studiandola e non affidandoci ai dati ufficiali. Anche qua io corsi
all’università di Salerno a Fisciano dove insegna un professionista Alberto Gerundo, dove insegna
urbanistica, con grande esperienza nella gestione dei territori, aprimmo questo ragionamento sulla
conoscenza del comune. Giuliano era una città in cui si stimavano residenti per circa 100.000 abitanti
ma viveva una situazione assolutamente paradossale, cioè che parti di territorio erano non
urbanizzate, c’erano case abusive e spontane, o meglio non condonabili perché non oggetto di
abusivismo edilizio, ma addirittura di abusivismo urbanistico, in quanto questi insediamenti
venivano realizzati all'interno di vere e propri fondi lottizzati. Tutta questa popolazione poi sfuggiva
ovviamente al vecchio censimento. Dunque facendo questa operazione di conoscenza realistica
della città iniziammo a capire quanto poi erano le carenze rispetto a una popolazione assolutamente
maggiore rispetto a quella ipotizzata inizialmente, semmai residenti in altri comuni ma che vivevano
di fatto nella
città di
Giugliano. Per
ottenere tale
informazione,
fummo
costretti a
chiedere
l'aiuto delle
società di
fornitura
dell’energia
elettrica. Con
questo
chiudemmo una prima fase di conoscenza della città di Giugliano e quindi come vedete sullo
schermo è una città enorme che ha il suo centro antico incastonato nell'entroterra e quindi tra i
comuni di Qualiano, Marano, Villaricca ed è un centro storico incastonato all'interno di una
continuità edilizia sconfinata. Però poi Giuliano ha una particolarità, si estende verso il mare
arrivando nelle zone di Licola, Varcaturo, Lago patria, attraversando tutta una campagna
meravigliosa, invasa da distese di rifiuti e impianti fotovoltaici.
Sulla zona litorale, c’erano dei nuclei, dei parchi molto carini, ma non tutti legittimi. Quindi la
configurazione è completamente diversa, con una densità urbana molto alta nel centro, che si dirada
verso la costa. Da
qui la decisione di
non stimare la
quantità della
popolazione
tramite una media,
perché altrimenti
poteva risultare
che le condizioni
fossero quelle
ideali, cosa che
invece non è. Dal
punto di vista dei
servizi, a livello
scolastico è ben
servito, le aree
verdi ci sono, verso
il mare si verifica
un’assenza totale
di servizi, non sono
presenti acquedotti e fognature. Tale territorio aveva ospitato un nuovo insediamento della NATO,
che ovviamente prevedeva un ulteriore affollamento, in assenza di adeguamenti impiantistici.
Facemmo una trattativa con il Governo e con le forze armate, perché ovviamente avremmo
consentito l'inaugurazione di questa base solamente a fronte di interventi compensatori di carattere
almeno fognario che erano necessari a chi abitava quella vera e propria cittadella. Perché pensate
che la NATO è andata via da Agnano, trasferendosi a Grazzanise e creando questa cittadella, in un
insediamento abitativo importante che ovviamente doveva necessitare di infrastrutture. Quindi su
una planimetria di tutto il comune Giugliano iniziammo a disegnare una ipotetica linea di sviluppo
che ovviamente prevedeva la riqualificazione del centro, la creazione di una zona sportiva, che oggi
è realizzata ed è meravigliosa perché siamo riusciti anche a farla finanziare, dopodiché c'è questo
asse di collegamento con la zona verso il mare che doveva trovare uno snodo, che noi individuammo
all'epoca in corrispondenza della vecchia stazione ferroviaria dismessa, che si trovava poi sull'asse
direttrice tra Napoli e Caserta, per poi andare a usufruire del litorale meraviglioso, perché c'era la
presenza di lago patria, con valori naturalistici e anche sportivi, c'è tutta la presenza della foce, della
pineta ,delle dune, del retrodunale, veramente una sorta di paradiso terrestre che, se fosse liberato
dall'inquinamento delle acque, sarebbe una delle coste più belle che noi possiamo vedere. Ancora
oggi io invito ad andare a visitare il parco degli uccelli, piuttosto che la pineta, che rimangono però
delle isole incastonate in un panorama generale ancora degradato. Quindi sulla base di questa
pianificazione, che però non si è mai più trovata, iniziammo a disegnare quelle che potevano essere
linee di sviluppo della città e poi ovviamente all'interno di questo documento strategico, riuscimmo
a trovare spazio per alcuni interventi puntuali che avevano il vantaggio che venivano finanziati, ma
all'interno di un progetto generale ed è quello il grande valore aggiunto di questo documento, cioè
quello di riuscire a prevedere degli interventi puntuali inseriti in un ragionamento complessivo, che,
se portato avanti negli anni, dovrebbe dare luogo a una riqualificazione globale della città. E quindi,
portammo a finanziamento il progetto di riqualificazione di Corso Campano, che è la strada
principale di Giugliano, ragionando sulla problematica del commercio diffuso, perché in queste zone
il commercio al dettaglio subisce un sistema commerciale diffuso, come un grande centro
commerciale all'interno della città che veniva connesso attraverso una serie di percorsi, anche
invertiti, e che venivano messi in collegamento da corso Campano che doveva essere anche
infrastrutturato. Purtroppo io sono andato via prima e ho lasciato le funzioni all'amministrazione,
alla quale però se ne è alternata una successiva, che credo di aver capito abbia trascurato
l’esecuzione prima degli assi dei sottoservizi ma ha fatto direttamente il corso campano, che
ovviamente così come è stato fatto dà problemi, perché bisognava fare prima sotto tutta una serie
di sotto servizi di fognatura acquedotto e quant'altro, cosa che non è stato fatto e quindi
erratamente è stato eseguito sul lavoro sono in superficie. Abbiamo progettato tutta quanta la zona
sportiva di Casacelle e poi abbiamo progettato tutti gli interventi sul litorale, la riqualificazione del
centro nautico, della patria per ridare vita al lago, che se no è un'altra di quelle che chiamiamo
potenzialità abbandonate, oltre ad alcuni piccoli interventi sull'asse di collegamento. Questa è l’ idea
di pianificazione di tutta quanta la città e contestualmente si pose un altro problema, cioè quello
della pianificazione anche normativa, quindi la redazione del puc, per cui decidemmo e riuscimmo
con gran forza ad affidare la pianificazione del puc ad un gruppo di fama nazionale, e io da assessore
però posi un quesito molto cogente del quale sono assolutamente convinto, così come sono
convinto che la l'assetto urbanistico Campano deve rispondere a criteri di individuazione delle
macroaree: oggi purtroppo il sistema comunale a mio avviso è saltato, non si riesce più ad
equilibrare il fabbisogno all'interno delle singole città, ma per far sì che ci sia il soddisfacimento di
tutti i fabbisogni e di una qualità di vita molto elevata bisogna ragionare sul territorio e gli impianti.
Giugliano ha una serie di aree agricole che possono anche andare a compensare gli squilibri di una
conurbazione intensa che avvolge questa città, che non hanno spazi da destinare ad attività a
standard a sostegno della qualità di vita delle persone. Questo significa fare una pianificazione
onesta, capire tutto quello che c’è e prendere per buono se c'è qualcosa di buono e ovviamente
denunciare tutto quello che non è acquisibile. Quindi si è passati anche per un piano di demolizioni,
demolendo circa 100 immobili. Questo passo fu fatto, sotto giurisdizione della procura, seguendo
dei criteri, tra cui quello dell’economia, cioè risultava più conveniente abbattere immobili che si
trovavano allo stato grezzo, piuttosto che far completare la costruzione e poi demolire. Il piano di
demolizioni partì dall’ecomostro di Alimuri, che si erigeva a ridosso del parco archeologico di
Liternum, che ricorda il passaggio di Scipione l'Africano, dove pare ci sia la sua tomba; avanti a
questo parco archeologico c’è uno scheletro strutturale che dalla strada principale impediva la
percezione del sito archeologico e del Lago retrostante. Questo suscitò grande scalpore, ma in realtà
fu un segnale chiaro di rispetto per il territorio.
L’episodio che racconto con grande soddisfazione è quello del waterfront. Insieme ancora una volta
mamma Federico II, questa volta con l’aiuto di Claudio Crivellini, portammo avanti tutta una
pianificazione del litorale della zona retrodunale. Per portare avanti questa pianificazione
ambientale dovevamo procedere alla demolizione di moltissime strutture che occupavano suoli
demaniali, che occupavano la spiaggia, dando, contestualmente a una pianificazione di interventi di
demolizione, un piano di sviluppo dell'area che era sostanzialmente votata al turismo, alla natura
all'ambiente e alla valorizzazione delle potenzialità territoriali. Quando presentammo il progetto agli
stakeholders notai la preoccupazione, non di dover demolire quello che era spontaneo, ma la
preoccupazione di avere il giorno dopo la certezza che ci fosse uno strumento che consentisse poi
di sviluppare delle attività in quel luogo. Cioè il concetto era: noi siamo disposti anche a demolire
tutto però dobbiamo avere dal giorno stesso la certezza di quello che possiamo legittimamente fare.
È nell'assenza della pianificazione che si sviluppa la spontaneità. Il messaggio che voglio lanciare a
tutti quanti i nostri studenti è che con il territorio bisogna ragionare in termini di pianificazione e
chiudo con un pensiero neoborbonico cioè: oggi si è capito che noi dobbiamo sviluppare
un'economia idonea al nostro territorio. Se non avessimo subito l'Unità d'Italia, non avessimo perso
la Seconda guerra mondiale, se non fossimo stati il Meridione che aveva perso il confronto con il
settentrione, in una nazione che aveva perso le due grandi guerre, probabilmente a Bagnoli non
avrebbero fatto l’Italsider. Certamente se ci fosse stato qualcuno che avesse impostato
un’economia territoriale autonoma non avrebbe messo un’acciaieria a Bagnoli, ma ci avrebbe
messo il centro turistico più bello del mondo, non avrebbe ingolfato la città e l’hinterland di tutte
funzioni incognite. Dobbiamo iniziare a ragionare, a valorizzare il nostro territorio, perché
comunque se iniziamo a valorizzare le nostre potenzialità faremo un salto indietro enorme a quando
l'economia reale si faceva da queste parti.
Relatore3: BENEDETTO MIGLIACCIO
Tutto il ragionamento che andremo a fare presuppone la condivisione del concetto che “territorio”
“ambiente” e “paesaggio” non siano sinonimi. “Territorio” è ciò che ovviamente costituisce la base
principale del nostro ragionamento, cioè tutto ciò che viene prima dell'insediamento antropico e
tutto ciò che la naturalità ha disegnato, verificando in modo particolare tutta una serie di territori,
come quello di Giugliano, le interne aree della Campania Felix, tutto ciò che ha costituito una
ricchezza strumentale data dai nostri antenati e che oggi temiamo di aver perso. Ciò perché le
problematiche di estrema conurbazione, che sono state eccellentemente ricostruite dalla
professoressa buondonno, hanno fatto perdere di vista quelle che sono le caratteristiche principali
dei singoli territori. Come se ne può uscire? certamente con i piani strategici, anzi con un piano
strategico che, forse la città di Napoli più che ogni altra città, avrebbe la forza e la valenza per
imporre, perché quello napoletano è un vero un bacino metropolitano che si estende dalla piana
del Volturno fino al Cilento. È un bacino che costituisce un unicum assolutamente straordinario, che
non può che essere condiviso da tutti coloro che qui vi operano. Con questo voglio dire che un piano
strategico deve raccogliere le forze dei vari territori e unirle in un disegno unitario. Un vero piano
strategico della Città metropolitana di Napoli potrebbe dare e dovrebbe dare quella valenza e quella
forza ai territori che oggi purtroppo sono considerati quasi come delle molle. Non è così perché
ovviamente se l'area costiera costituisce l'eccellenza sotto il profilo paesaggistico è chiaro che è
intrinsecamente legata a tutto il sistema degli enormi valori culturali dell'area metropolitana, che si
estende la Città metropolitana di Napoli attraversa Ercolano, Pompei, giunge fino alla piana del
Cilento. Considerare questa forza discinta da quella che è la forza dei territori dell'area interna
Vesuviana, del nolano, dell'area nord di Napoli è un errore essenziale che noi continuiamo a pagare.
Cioè bisogna considerare un sistema metropolitano dove ciascun territorio possa svolgere un ruolo
non soltanto per la propria economia ma per l'economia del comprensorio, momento fondamentale
per uscire da quella che può essere la crisi che oggi c’è. Come si fa? Partendo dalla conoscenza del
territorio, dalle valenze territoriali che sono presenti. Questa fu l’arma vincente che convinse il
sovrintendente Carella alla rielaborazione del restauro della cattedrale, vedendo l'estraneità di quel
tipo di pigmentazione usato e confrontandolo con le immagini del costruito storico sorrentino ed
alle immagini che, atteso l’utilizzo delle materialità legate all’uso del costruito dell’area sorrentina,
poteva costituire l’immagine storica. Anche l'amministratore locale, nell'elaborazione di un piano
urbanistico territoriale, di un documento strutturare, non può che partire dall'analisi del territorio,
inserendo poi quelle che sono le caratteristiche delle genti che hanno costruito il paesaggio nel corso
del tempo, cioè il Genius loci. Tutto questo per arrivare a costruire quello che poi è l'ambiente e
quello che è il tessuto nel quale noi operiamo e viviamo, contando che l'obiettivo principale della
pianificazione moderna e contemporanea non deve essere più quello di considerare il territorio
come una risorsa da sfruttare ma bensì quello da considerare i limiti che il territorio pone alla
sostenibilità dell'insediamento antropico e cioè invertire radicalmente il modo di pensare. Partire
dallo studio del territorio, comprendere quella che è la storia del paesaggio, quello che oggi si
presenta di fronte ai nostri occhi, perché il paesaggio è leggibile, il paesaggio è storia, il paesaggio è
tutto ciò che dimostra quello che gli individui hanno creato. Vedere un castello in rovina o un castello
restaurato è storia. Ne parlammo in occasione del convegno fatto proprio dalla professoressa lo
scorso anno, non è la stessa cosa se in un dato paesaggio, un elemento storico si presenta in
abbandono o si presenta restaurato o in condizioni di fruibilità o di rifunzionalizzazione, assumendo
un nuovo significato agli occhi delle nuove generazioni. Cioè significa che c'è stata una sensibilità
verso una serie di risorse, che altri popoli non hanno avuto, per cui un castello sarà in abbandono o
sarà manutenuto, rifunzionalizzato e oggi atto all’uso. Il costruito rappresenta la storia del genius
loci e anche il modo in cui non le manuteniamo. In questo, dal messaggio dell'altro intervento a cui
avete fatto cenno, la demolizione dell'ecomostro, voglio partire dal sogno di Lucio Dalla. Egli non
comprendeva come le popolazioni tollerassero la presenza di quel manufatto all'interno del
panorama costiero; che messaggio avrebbe tramandato il Genius loci Sorrentino a tutti coloro che
si affacciavano al territorio? Un messaggio devastante di incuria e l'incapacità. Vico Equense è il
punto di cesura tra i ritmi urbani e quelli della costiera sorrentina; oltretutto è di collegamento tra i
due sistemi delle eccellenze riconosciute dall’UNESCO, quella del sistema culturale relativo all’area
metropolitana di napoli, pompei ed ercolano e quella riferita alla costiera amalfitana. Questo ruolo
può essere immaginato anche se si ha presente quella che è la fondamentale lettura dei territori, il
decongestionamento della linea di costa con lo sviluppo armonico della linea di costa, cioè l’opposto
di quello che è stato fatto con la galleria di Bolzano, assolutamente folle, che trasporta come un
nastro trasportatore enorme tutta una serie infinita di veicoli a una strozzatura costituita dall’
eccezionale ponte borbonico. L’approccio resta sempre lo stesso: esame del territorio, esame del
genius loci, cioè di quello è stata la storia di quella modifica apportata dall'uomo, lettura della
sostenibilità di quell’insediamento, perché la sostenibilità pensa a risorse che non sono più
riproducibili ma consumabili. La città di Vico ha una composizione stellare ancora oggi riconoscibile,
ancora oggi è riconoscibile l’insediamento del trecento, l'espansione rinascimentale, l'espansione
durante il periodo dell'illuminismo dell'800 e oggi le periferie integrate nel centro costituiscono
l'allargamento di quell’insediamento, replicato per tutti i 13 casali disseminati lungo la dorsale del
Monte Faito. L’analisi dei dati di crescita della popolazione è fondamentale. Vico disponeva di 10000
ab nel ‘700, oggi ne abbiamo 20000, in antitesi con Torre del Greco che da 10000 ab oggi ne dispone
quasi 100000. Crescite tumultuose, che poi si evidenziano nella lettura del paesaggio; la
riconoscibilità dell’insediamento antropico si perde perché abbiamo avuto una crescita non
governata, che assomiglia un pochettino allo sviluppo delle megalopoli. Detto questo andiamo a
parlare specificamente di quella che potrebbe essere la forza del paesaggio, la forza di quello che
deve essere l'evento condutture della pianificazione e cioè la sostenibilità dell'insediamento umano
su quel territorio. Cioè non possiamo considerare il territorio in termini di fabbisogno umano, bensì
dobbiamo pensare alla presenza umana in termini di sostenibilità territoriale. Oggi la grande
industria è in uno stato di crisi, consideriamo tutto ciò che è avvenuto lungo la nostra linea di costa,
consideriamo Bagnoli; tutte queste vicende tutti i recuperi di queste aree ovviamente devono
tenere presente però la forza impressa dalla storia e dal Genius loci che vi ha operato. È possibile
esprimere e coordinare tutta questa crescita con un'economia che sia sostenibile. Nel convegno del
2011 che facemmo con la professoressa, venne fuori questa dimensione straordinaria del paesaggio
rurale, cioè la forza straordinaria del paesaggio rurale del Mediterraneo, che appartiene non
soltanto in termini di turismo tradizionale ma anche di nuova economia. La responsabilità che hanno
i progettisti e coloro che tra gli studenti si apprestano a diventare futuri amministratori è proprio
quella di garantire che il nuovo operato sia alla ricerca di una strategia per un futuro economico
sostenibile sempre più florido, ma partendo sempre dalla fondamentale considerazione della
sostenibilità degli insediamenti e delle strategie che si vanno disegnando. Parlando del convegno
sulle strutture rurali devo dire che quel convegno ha costituito poi la matrice che ha informato tutto
il documento strategico che ne è venuto fuori per il puc, venne fuori un messaggio di valenza lunare,
un messaggio per la conservazione del fabbricato, le caratteristiche architettoniche, il Genius loci. Il
caratteristico costruito che si avuto attorno a questi fabbricati è un valore essenziale da conservare,
anche al di là di quella dimensione ricordiamo quel calcolo assurdo che fu fatto dopo il terremoto,
cioè la sostenibilità economica, facendo un errore strategico che avrebbe ucciso il paesaggio. Allora
io vi voglio lasciare con un invito e cioè creare un percorso pedonale protetto che dimostri che si
possono attraversare tali eccellenze, sotto il profilo storico-culturale paesaggistico, attraverso una
semplice passeggiata. Sarebbe un messaggio mondiale da lasciare a tutti quanti gli ospiti di questo
territorio ma soprattutto dimostrerebbe che la forza e la valenza in questi territori, sta nella loro
Unione, cioè Sorrento non sarebbe nulla se non ci fossero capri e Pompei, Vico non sarebbe nulla se
non fosse inserito in un sistema paesaggistico. Il governo di tutti questi sistemi paesaggistici deve
essere la principale tendenza che dovrà informare tutta la pianificazione, se vogliamo assicurare un
futuro sostenibile e uno sviluppo corretto e morale di questi territori, coerentemente alla grande
tradizione che abbiamo richiamato e della quale non dobbiamo soltanto riempirci la bocca, ma
dobbiamo essere autori e continuatori.

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